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Dettaglio seduta n.254 del 23/10/07 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


GARIGLIO DAVIDE



(La seduta ha inizio alle ore 9.50)


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

"Città della Salute" nell'area torinese


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Buongiorno a tutti.
Su decisione della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari, il Consiglio regionale ha deciso di tenere, per la giornata attuale, una seduta di Consiglio regionale aperto, ai sensi dell'articolo 46 del Regolamento interno del Consiglio regionale, che prevede che il Consiglio in particolari circostanze, su proposta della Conferenza dei Presidenti possa riunirsi in Assemblea aperta cui partecipano, con diritto di parola i rappresentanti degli Enti locali, dei sindacati dei lavoratori, delle organizzazioni di categoria, delle formazioni sociali.
L'oggetto di quest'incontro è "la Città della Salute nell'area torinese", tema che penso sia ormai di pubblico dominio e pubblica conoscenza e che, pertanto, non ha bisogno di ulteriori specificazioni.
Sono stati invitati al Consiglio regionale aperto i rappresentanti delle Istituzioni interessate, quindi i Comuni interessati della provincia di Torino, l'Università degli Studi, il Politecnico di Torino, le Fondazioni bancarie, gli Ordini e i Collegi professionali direttamente interessati da questa materia, i Parlamentari piemontesi, le Confederazioni Sindacali e le Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative sottoscriventi i contratti di categoria.
L'organizzazione dei lavori è stata pianificata nel seguente modo: apriranno i lavori due relazioni, della durata di dieci minuti l'una dell'Assessore all'università e alla ricerca, Andrea Bairati, e dell'Assessore alla sanità, Eleonora Artesio.
Seguiranno una serie di interventi, la cui durata è stata rigorosamente stabilita in cinque minuti. Si alterneranno membri del Consiglio regionale in rappresentanza dei vari Gruppi consiliari, e ospiti, quindi prenderemo tramite i commessi, le richieste di parola.
Abbiamo preventivato di far effettuare agli inizi del dibattito gli interventi della rappresentante della Provincia di Torino e dei Comuni di Torino, Collegno e Grugliasco, nonché dell'Università e del Politecnico, in ragione del maggiore coinvolgimento di queste Istituzioni nella materia in esame.
Ovviamente, se le persone interessate lo desiderano, possiamo calendarizzare momenti diversi di intervento.
Apriamo dunque la nostra discussione.
La parola, per la prima introduzione introduttiva, all'Assessore alla ricerca, Andrea Bairati.



BAIRATI Andrea, Assessore agli interventi per la ristrutturazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare delle Aziende sanitarie regionali

Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti, soprattutto ai nostri ospiti.
Nei dieci minuti che mi sono stati concessi, cercherò di dare conto e di rispondere a due domande fondamentali, in merito all'oggetto della discussione di oggi e cioè: perché riteniamo sia importante dar corso alla realizzazione di un Parco della Scienza e della Salute nell'area torinese (anche se l'oggetto del dibattito di oggi è limitato a Torino, ricordo a tutti che analogo intervento è previsto a Novara), e quali sono le ragioni che hanno portato, nel lavoro che è stato condotto finora, alla sua localizzazione nell'area nord-ovest dell'area metropolitana.
Sapendo che stiamo parlando di un concetto complesso, che richiede anche visioni di relazione e di progetto innovative, risponde a esigenze che rientrano in questo nuovo concetto organizzativo di funzioni e opportunità, che riteniamo assolutamente strategiche per lo sviluppo del nostro territorio.
La premessa parte dal fatto che non è una convinzione né personale come è stato richiamato in qualche occasione, ovviamente, né della Giunta ma è una convinzione su cui ormai convergono le voci di importanti analisti dello sviluppo territoriale e non solo italiano, sul fatto che il settore della salute sia uno dei settori a più alto tasso di crescita per i prossimi anni e su cui notevoli sono le opportunità di intercettare nuove e innovative traiettorie per lo sviluppo della nostra regione.
Ovviamente, a questa ci riferiamo, anche se si tratta di un concetto che ha un valore territoriale decisamente più ampio, cioè vale per l'intero nostro Paese che su questo sconta significativi ritardi.
Parliamo di un settore interamente dominato dalla spesa pubblica, che nella configurazione attuale del territorio piemontese, è basato essenzialmente sull'acquisto di forniture materiali e tecnologie prodotte all'esterno, in molti casi all'estero.
Di questo si tratta, in fondo, cioè costruire una nuova funzione localmente basata, che abbia la capacità di intercettare investimenti competenze, opportunità di crescita, di lavoro e di imprese per il nostro territorio.
Come sappiamo, non è un dibattito di questi giorni; è un progetto che nelle sue diverse letture, occupa da anni l'attenzione degli operatori della Pubblica Amministrazione e della Regione in particolare, per le sue competenze.
Conforta il fatto che altri Paesi, che hanno modelli di sanità e di assistenza del tutto confrontabili con il nostro - sto parlando di Paesi del Nord Europa, piuttosto che della Spagna o della Francia - abbiano già avviato questo percorso, con significativi investimenti pubblici e privati e, in qualche modo, con risultati che confortano questa tesi.
Nel corso del lavoro che abbiamo svolto in questa prima fase, con i diversi interlocutori che si sono seduti intorno al tavolo, in primo luogo ovviamente gli interlocutori di alta formazione e di ricerca, cioè l'Università di Torino, in particolare, abbiamo svolto una prima disamina delle esperienze straniere. Ne cito tre, ma potrebbero essere più ampie: una è il sistema del Karolinska svedese, l'altro è il sistema del Parco della Salute e della Scienza della Catalogna, il terzo è il caso del Polo sulla ricerca oncologica di Tolosa.
Stiamo parlando di sistemi che, negli anni, oltre a costituire poli clinici e di assistenza di assoluto rilievo mondiale, hanno prodotto un'importantissima crescita sia sul versante dell'occupazione sia sul versante degli operatori. Basti sapere che in cinque anni il Karolinska di Stoccolma è arrivato ad avere 30 mila occupati esterni al sistema di sanità pubblica in questo settore; che il sistema della Catalogna, cioè il sistema barcellonese, che, peraltro, in materia ha una tradizione di ricerca e sviluppo piuttosto solida, conta oggi 187 mila studenti su due atenei, 12 parchi scientifici, tre parchi di bioscienze, tre parchi nelle scienze agroalimentari e sei ospedali collegati al Parco, che, ovviamente, svolgono attività di assistenza clinica e anche di ricerca.
Questo quadro di valutazione di carattere internazionale ci ha portati ad esaminare quali sono le funzioni fondamentali di un Parco della Salute e della Scienza; ovviamente, sono complesse e il loro successo sta soprattutto nella loro capacità di integrarsi. Parliamo di quattro elementi: un elemento, ovviamente, clinico-ospedaliero; una scuola di alta formazione e di ricerca, quindi un insediamento universitario; un elemento del polo specificamente dedicato alla ricerca in campo biomedico e - questo è uno degli elementi delicati che, in qualche modo, è anche alla base dell'ipotesi localizzativa da noi formulata nel nostro studio di prefattibilità - una piattaforma per l'attrazione di imprese operanti nel settore biomedicale, per un insediamento che ha una certa complessità realizzativa e, conseguentemente, anche la necessità di aree di crescita e di sviluppo coerenti con la missione e adeguate al ruolo strategico che noi gli attribuiamo.
Stiamo parlando di aree - anche in questo caso ci siamo confrontati con altri esempi esteri, non solo quelli che ho citato - dimensionate in cifre molto rilevanti, in quanto stiamo parlando di superfici complessive per soddisfare queste esigenze intorno ai 250 mila metri quadrati, per questo complesso di funzioni, più, ovviamente, le funzioni residenziali collegate sia per gli aspetti clinico-ospedalieri sia per gli aspetti universitari e di ricerca.
Conseguentemente, stiamo parlando anche di un impegno finanziario considerevole. La prima stima dei costi e delle risorse necessarie per sostenere un progetto di questo genere è di rilevante impegno. Stiamo parlando, per l'intero complesso progettuale, di una cifra oscillante intorno agli 800 milioni di euro, che, in qualche modo, non è rubricabile come è stato fatto in questi mesi, alla realizzazione di un nuovo insediamento clinico o alla realizzazione di una scuola di alta specializzazione, ma deve essere considerata come un investimento strategico per il territorio nella costruzione di una vera e propria nuova polarità dello sviluppo.
In relazione a questo è stato condotto un lavoro in collaborazione con le Amministrazioni locali, con l'Università di Torino e, a Novara, con l'Università del Piemonte Orientale, che è partito anche da una considerazione laterale, ma non secondaria, che riguarda l'assoluta necessità di intervenire per il rinnovamento e l'adeguamento delle nostre dotazioni strutturali e tecnologiche che - ahimè - scontano un sensibile ritardo.
Presidente, le chiedo di lasciarmi ancora un minuto a disposizione per esprimere tre considerazioni finali che vanno assolutamente tenute in considerazione per valutare il lavoro finora svolto.
In primo luogo, sono stati esaminati gli elementi essenziali per l'avvio di un progetto che ha il valore di costruzione di una nuova vocazione produttiva per il nostro territorio.
In secondo luogo, ci sono tutte le condizioni - ricordo, soprattutto ai Consiglieri, che quest'Aula, prima della pausa estiva, ha approvata un Piano di rinnovamento strutturale della nostra edilizia - e sono stati anche esplicitati importanti investimenti perché durante questo processo che dovrà portarci alla costruzione del Parco della Salute e della Scienza ci sia anche un intervento di adeguamento, rinnovo e - uso le parole del Rettore Pelizzetti, con cui più volte ci siamo confrontati su questo tema potenziamento delle strutture attuali, che sono una condizione assolutamente imprescindibile per percorrere questo complesso di realizzazioni senza - nessuno lo ha mai scritto o sostenuto e nessuno francamente, lo ha mai pensato - abbandonare o sguarnire la rete metropolitana di assistenza e di ricerca.
In relazione alla terza considerazione, perché è utile nell'area nord? Alcuni vincoli erano alla base della possibilità di realizzare con successo un Parco della Salute e della Scienza, in primo luogo, l'unitarietà delle dotazioni scientifiche e di insegnamento. Abbiamo discusso a lungo dell'importanza di arrivare a costruire una moderna school of medicine per il nostro territorio, moderna perché il nostro territorio la merita, avendo grandi qualità scientifiche in materia, ma soffre spesso della polverizzazione delle strutture.
Pertanto, la realizzazione nell'area di Grugliasco di importanti insediamenti di insegnamento e di ricerca in campo scientifico era un fattore che agevolava e, in qualche modo, sosteneva la decisione di collocare in quel luogo il Parco della Salute e della Scienza. In secondo luogo, esistono tutte le condizioni materiali, territoriali e di sviluppo infrastrutturale. Ricordo che - qui c'è l'Assessore Campia che meglio di me potrà dirlo - il progetto di Corso Marche, che definisce una nuova assialità dell'area metropolitana, è in questo senso molto coerente e ha un'integrazione positiva con il progetto di Parco della Salute e della Scienza.
Nella sostanza, esistono le tre condizioni perché quella fascia di area metropolitana, che certamente fa riferimento a quei lotti specifici di Grugliasco, ma non è limitabile a quei lotti specifici, possa costituire positivamente il luogo dove realizzare il Parco della Salute e della Scienza di Torino, sapendo - concludo chiedendo scusa per l'abuso di tempo che, ovviamente, non tutti i nodi sono stati sciolti, i contenuti sono in via di approfondimento, sono stati riaperti i tavoli con l'Università e con gli operatori economici e finanziari, per giungere ad una più puntuale precisazione e formulazione dei contenuti.
Credo si debba arrivare rapidamente a una fase operativa, perché - mi riferisco alla mia introduzione - le opportunità che sono collegate alla costruzione di un attrattore così forte sono occasioni che il nostro territorio non può permettersi di trascurare o di lasciare inespresse per la lentezza o l'incapacità di prendere decisioni che non possono essere limitate semplicemente alla collocazione fisica. Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Bairati.
La parola all'Assessore Artesio, per la seconda relazione introduttiva.



ARTESIO Eleonora, Assessore alla tutela della salute e sanità

Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.
All'interno dello scenario prefigurato dall'Assessore Bairati proverò a sviluppare l'aspetto relativo al Polo clinico didattico e di ricerca cominciando da una fotografia della situazione attuale in relazione alle funzioni dell'attuale Azienda Ospedaliera multispecialistica San Giovanni Battista, che, proprio con la delibera approvata ieri da questo Consiglio regionale, abbiamo rinominato Azienda Ospedaliera Universitaria e ribadito che in questo profilo si comprendono le comuni responsabilità in ordine alla programmazione strategica, alla conduzione del patrimonio logistico e del patrimonio professionale, e alla definizioni delle attività dipartimentali.
In questo quadro, la fotografia della situazione esistente dell'Azienda Molinette, rilevata al 31 dicembre 2006, ci racconta di un'attività di cura che prevede un'accoglienza organizzata su 1.185 posti letto in ricovero ordinario, 185 in day hospital (1.370 complessivamente). Rispetto alle attività di accesso, e quindi alle attività di pronto soccorso, che annualmente, regista 82.000 accessi (di cui il 65% sono trattati in area medica, il 35% in area chirurgica), voglio sottolineare la provenienza e la qualificazione: l'84% delle persone che accedono al pronto soccorso Molinette lo raggiungono con mezzi propri; il 12% vi arriva con i servizi di emergenza-urgenza. Di questi accessi, il 25% sono codici bianchi, il 62 sono codici verdi, il 12% quelli gialli, l'1% quelli rossi. In seguito a questi accessi, il 18% prevede un percorso di ricovero.
Ho voluto sottolineare questa sintesi per far riferimento alle caratteristiche delle funzioni e delle prestazioni sanitarie oggi svolte dal San Giovanni Battista, che, anche in relazione ai dati che ho appena illustrato, ci fanno dire che questa struttura ospedaliera assolve ad una funzione per il 52% erogata alla Città di Torino, per il 35% erogata ai residenti in provincia di Torino e per il resto erogata alle altre province e alle altre Regioni. Quindi, correttamente, è un'Azienda multispecialistica con una funzione non territoriale, che, però, assolve significativamente - per il 52% che ho ricordato - ad una funzione di carattere territoriale.
Quali sono le caratteristiche delle funzioni territoriali e di quelle specialistiche e di area vasta svolte attualmente dall'Azienda Molinette? Se esaminiamo i dati delle prestazioni in base ai loro livelli di complessità, ricaveremo, ai dati del 2006, che sui DRG di maggiore complessità (che sono 11.765), di questi il 18% sono dedicati alla popolazione torinese, il 21% ai residenti nella provincia, il 25% ai residenti nelle altre province e quasi il 26% ai residenti provenienti da altre Regioni.
Altra articolazione troveremmo se esaminassimo i DRG di bassa complessità o di quella intermedia. Cosa se ne deduce? Se ne deduce che questa Azienda presta una funzione sostitutiva rispetto agli altri presidi ospedalieri della città di Torino, per basse e medie complessità; mentre conserva e potenzia funzioni di alta complessità con un potere di attrazione significativamente sull'aree metropolitana e sulla dimensione regionale, nonché sulla dimensione extraregionale.
Questo produce due conseguenze. La prima conseguenza è quella per cui i percorsi di continuità assistenziale, le dimissioni, le postacuzie e la gestione della cronicità, sono più complesse su un'Azienda multispecialistica che non in modo istituzionale alla missione di costruire una filiera territoriale. Quindi occorre una maggiore complessità nel definire i percorsi delle dimissioni e della continuità della cura diversamente da come accade ai presidi ospedalieri territoriali. Dall'altro lato, rileviamo che la mobilità dei pazienti che accedono alle Molinette è una mobilità di area così vasta da produrre trasferimenti significativi e impossibilità di accoglienza per i familiari in condizioni di confort e di gestione alberghiera di vicinanza e di accompagnamento per il periodo della cura. Questi sono i due elementi che oggi deduciamo.
Se poi analizziamo, per quel che ci è possibile (cioè sull'ambito di competenza più diretta), quali sono le provenienze in ambito cittadino possiamo rilevare che le provenienze più rilevanti per bassa e media complessità nell'ambito urbano riguardano esattamente le ASL 1 e 2, vale a dire quelle ASL che hanno presidi ospedalieri o monospecialistici (quindi non adibiti all'accoglienza complessiva) o hanno presidi ospedalieri sottodimensionati rispetto alle esigenze della popolazione di Torino Sud (penso all'ASL 2), oppure provengono dall'area metropolitana, in modo particolare dai territori di Collegno, di Chieri, di Moncalieri, Distretto di Nichelino, di cui conosciamo - perché il Consiglio se n'è occupato - le problematiche della distribuzione dei presidi ospedalieri.
Questo è il quadro della situazione attuale, che ci fa dire che una collocazione che dislochi, dei 1.350 letti, 750 luoghi di accoglienza in un nuovo Polo clinico multispecialistico e didattico, non sottrae, rispetto ai dati che ho citato, l'opportunità di offerta sanitaria sul territorio della città di Torino e sull'area metropolitana, casomai rende esplicita qual è l'articolazione dell'offerta oggi e pone nuove domande sullo scenario futuro.
Veniamo, quindi, allo scenario futuro. Non ripercorro, per il poco tempo che è concesso, quanto è previsto (in modo particolare rimando allo studio di prefattibilità) rispetto all'organizzazione delle funzioni cliniche nella Città della Salute di Grugliasco.
Voglio solo ricordare che si tratta di una composizione caratterizzata da livelli di alta e media complessità funzionali alla qualificazione dell'offerta sanitaria, ma anche al compimento del percorso di studio.
All'interno di questo quadro, quindi, poiché credo che non si possa sfuggire, in questa discussione, alla dimensione di programmazione, quali sono gli esiti che si producono con questa impostazione? Una prima questione riguarda, con tutta evidenza, la riorganizzazione della rete ospedaliera all'interno dell'ambito di Torino Sud. Su questo già l'Amministrazione regionale aveva prodotto una propria documentazione prima dell'estate. Io la vorrei ripercorrere brevemente.
Abbiamo rilevato, dai dati che ho citato, come metà della casistica trattata attualmente da Molinette sia Medicina, Neurologia, Chirurgia generale, Dermatologia, Otorinolaringoiatria.
Questa metà della casistica trattata, che ne riconferma la qualità di una struttura ospedaliera specialistica e di media complessità, pone la questione in un nuovo presidio ospedaliero di caratteristiche generali che risponda alla domanda di salute di Torino Sud. Accanto a questo dato, un primo elemento di decantazione dell'accesso verso Molinette riguarda la programmazione della rete ospedaliera, che vede il nuovo presidio per l'ASL di Moncalieri, e che quindi potrebbe sottrarre una significativa mobilità che oggi registriamo verso Molinette.
Ma in questo quadro, l'insieme dell'area di Torino Sud ha una diffusione ed è innervata da un sistema di prestazioni sanitarie di carattere monospecialistico e di carattere di ospedale generale e di specializzazione, che sono gli aspetti legati all'offerta sanitaria dell'attuale Molinette, Sant'Anna, Regina Margherita e Mauriziano.
In questo contesto della programmazione della nuova Città della Salute dalla documentazione e dalle scelte di investimento, è forse sostenibile che si sta depotenziando l'investimento strutturale e di qualità dei servizi di questo ambito territoriale? Io direi di no.
Vorrei ricordare il motivo per cui sostengo che questa preoccupazione non è fondata.
Per due ragioni; una riguarda la previsione della legge approvata il 18 giugno da questo Consiglio sull'edilizia sanitaria. Accanto a questo, la bozza di accordo di programma ex articolo 20, che ridistribuisce una serie di previsioni economiche in ordine agli interventi di ristrutturazione e manutenzione sull'insieme dei presidi di Torino Sud che ho citato. Ma in particolare vorrei ricordare, rispetto all'ospedale San Giovanni, la previsione di 270 milioni di euro in manutenzione e ristrutturazione diluita su otto anni e la considerazione, all'interno di questa previsione dell'operazione dedicata alla maggiore funzionalità dell'attività chirurgica, definita in modo sintetico come la "torre di cardiochirurgia" per la quale si programmano 150 milioni.
Questa è una programmazione di funzionalità, sulle prestazioni attuali e sulle prestazioni che, nella fase intermedia, dovranno essere garantite all'ambito di Torino Sud, che ha dei numeri e delle cifre dedicate. Ma leggendo dal punto di vista degli obiettivi di salute, come credo sia mio obbligo, esattamente dalla presentazione dei programmi di riqualificazione dell'assistenza di tutti i presidi che ho qui citato - e in modo particolare, voglio ricordare i Piani di riqualificazione di Mauriziano, di Regina Margherita, di Sant'Anna, di Giovanni Battista e di CTO - gli indirizzi di salute sono puntualmente perseguiti attraverso attività di potenziamento.
Ricordo in modo particolare la richiesta di incremento della dotazione complessiva di posti letto (50 nel triennio) dell'ospedale Mauriziano, la creazione della terapia semintensiva, gli interventi di razionalizzazione dell'emergenza pediatrica e della sperimentazione di un'area della disabilità e cronicità ad alta complessità del Regina Margherita.
Voglio ricordare l'attenzione che il San Giovanni vuole dedicare alla continuità assistenziale, ma anche il potenziamento del Centro di Ricerca di Medicina Sperimentale e la costituzione del Centro di Medicina Rigenerativa, insieme ai due livelli di specifica specializzazione, che è all'interno dell'area di Torino Sud (ricordiamo le attività di dental school e nella scuola di interfacoltà delle biotecnologie).
Questo è quindi il quadro che abbiamo di fronte. In questo quadro una domanda è evidentemente necessaria ed è quella di come raggiungere contestualmente i due obiettivi, il volano di Città della Salute e della Scienza nel polo che si è definito a Grugliasco, la qualificazione dell'offerta ospedaliera in Torino Sud, mantenendo diversi livelli di complessità e di offerta nell'ambito di strutture che sono caratterizzate per i livelli di vetustà che qui abbiamo descritto presentando la legge sull'edilizia sanitaria.
evidente che mentre l'Amministrazione non demorde dagli investimenti in manutenzione e qualificazione, che sono quelli che ho citato, e mentre la programmazione sul nuovo polo produce step successivi di realizzazione andrà definita la qualità dell'offerta sanitaria nel polo di Torino Sud con due principi: in primis, il mantenimento dell'ospedale pediatrico; in secondo luogo, la necessaria programmazione, che ho detto in premessa e da cui sono partita, dell'attività clinica d'assistenza e di cura con quella di formazione. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Artesio.
Passiamo al primo degli interventi dei nostri ospiti.
Interviene l'Assessore Franco Campia, in rappresentanza della Provincia di Torino.



CAMPIA Franco, Assessore ai trasporti Provincia di Torino

Ringraziamo per l'invito il Consiglio regionale e vediamo di comprimere in cinque minuti quanto la Provincia può dire.
Innanzitutto il mio Ente non è entrato nel merito di questioni che sono strettamente legate alla riorganizzazione del sistema sanitario, perch questo non rientra nelle competenze della Provincia, che rimane invece all'interno di ciò che le compete, che è l'assetto di pianificazione del territorio.
Quando però è nata la questione Città della Salute, è parso doveroso confrontarla con il grande progetto di riorganizzazione territoriale legata al corridoio di Corso Marche.
necessario in poche parole richiamare di cosa si tratta, anche se è un tema che molti in quest'aula conoscono, sia perché se n'è occupata la stessa Regione nella passata tornata amministrativa, sia perché molti dei presenti, a cominciare dalla Presidente Bresso, hanno conosciuto questa questione quando operavano in Provincia.
Il corridoio di Corso Marche dovrà ospitare un importante raccordo tra il polo logistico di Orbassano e la cosiddetta "gronda" dell'Alta Capacità ferroviaria, il che costituirà un'occasione per mettere mano ed ordinare un territorio sfrangiato, che separa la periferia occidentale di Torino dai Comuni di confine.
nato, sulla base di tali premesse, un accordo tra la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, i Comuni di Torino, Collegno, Grugliasco e Venaria, che ha messo ordine sul problema e ha consentito l'avvio di un lavoro di studio e progettazione.
La Provincia ha avuto il compito di guidare l'aspetto di questo lavoro rivolto a definire una nuova strategia d'uso di questo territorio e lo ha fatto, oltre che con il sottoscritto, con l'Assessore Rivalta prima, ed attualmente con il collega Giani.
Per i non torinesi vorrei solo fare una battuta.
Mentre la cosiddetta "Spina Centrale", che è in via di realizzazione in Torino città, rappresenta una nuova centralità per la Città di Torino - e se ne incominciano a vedere ormai molti vistosi aspetti - il disegno di Corso Marche vorrebbe riprodurre, a livello di Area metropolitana, lo stesso effetto. Si disegna cioè una centralità metropolitana che, in realtà, ad oggi non esiste, perché Torino ha le sue centralità, Grugliasco ha la sua centralità e Collegno ha la sua centralità.
L'asse di Corso Marche può costituire insomma, la centralità della grande Area metropolitana torinese.
Un corridoio con queste caratteristiche, dotato di accessibilità molto elevata sia su ferro che su gomma, sarà naturalmente destinato ad accogliere prevalentemente funzioni di tipo terziario, servizi di tipo innovativo e attività di livello superiore, in un contesto di alta qualità ambientale.
naturale quindi che se l'idea della Città della Salute prendesse corpo e prendesse corpo secondo quei modelli organizzativi richiamati dall'Assessore Bairati nella sua introduzione, c'è evidente compatibilità tra l'ubicazione della Città della Salute e questo corridoio territoriale su cui si sta lavorando.
Naturalmente si tratta poi di definire meglio i contenuti.
Se non dovesse prendere corpo il progetto di Corso Marche, come l'ho cercato sommariamente di descrivere, anche la stessa ipotesi di una collocazione della Città della Salute verrebbe meno.
Aggiungo che abbiamo esaminato il lavoro che il Politecnico e SITI hanno effettuato per conto della Regione, dove si è ipotizzato un utilizzo di suolo di circa 800 mila metri quadrati, per ospitare le diverse attività che dovrebbero fare parte della Città della Salute.
Il primo livello di studi che sono stati effettuati per conto di Provincia, Regione, ecc. da parte della Gregotti Associati, che ha avuto l'incarico di coordinare questo lavoro, porta a dire che, volendo, si pu comprimere questo consumo di suolo riducendolo da circa 800 mila a poco meno di 500 mila metri quadrati, facendo anche ricorso ad un pacchetto di aree di proprietà della Provincia di Torino, che fino ad oggi sono state in larga parte salvaguardate, in funzione di futuri usi strategici da definirsi e non messe quindi sul mercato, semplicemente per fare cassa.
Quest'opportunità permane e quindi si mette in conto di approfondirla se il progetto procederà.
Direi che con questo il nostro contributo si può considerare esaurito.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Campia, anche per il rispetto sabaudo dei tempi.
Passiamo al primo degli interventi programmati da parte dei Gruppi consiliari.
La parola al Consigliere Scanderebech.



SCANDEREBECH Deodato

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.
Oggi mi aspettavo una relazione più corposa e più significativa da parte di questa Giunta, in modo particolare dell'Assessore Bairati. Ma vuol dire che aspetteremo per sapere qualcosa di più preciso e di più importante.
Premetto che la campagna di sensibilizzazione portata avanti da me sul tema in questione ha il solo obiettivo di far sì che ogni decisione sul futuro della sanità piemontese sia positiva per gli utenti e si traduca in un miglioramento complessivo del servizio reso alla comunità e al territorio.
Una cosa più di altre sorprende nel dibattito di questi ultimi tempi: la quasi totale assenza dell'oggetto principale in funzione del quale la Città della Salute dovrebbe sorgere, ovvero l'interesse dei cittadini.
Parliamo di costruire una trasformazione positiva e una crescita qualitativa dell'offerta assistenziale senza smantellare il medio per edificare il peggio. Non si può quindi parlare della Città della Salute in una Regione che deve fare della salute e della qualità della vita il suo obiettivo primario.
Qualità della vita. Sono usciti ultimamente i dati in cui Torino. Su 103 Province prese in esame in Italia, scivola dal 43° al 66° posto per ci che riguarda servizi, ambiente e salute. Quindi non possiamo fare niente senza potenziare e migliorare efficienza ed efficacia di quello che abbiamo già, per cui non andiamo a cercare a Barcellona, non andiamo a cercare idoli, non andiamo a cercare modelli, a prendere progettisti: ne abbiamo da vendere qui a Torino, Assessore Bairati.
Ha detto giustamente l'Assessore Artesio sul polo già esistente a Torino: abbiamo dei primati da vendere. Qui ce n'è una pagina e mezza, ma non la posso leggere perché il tempo non me lo permette. Abbiamo dei primati da vendere a livello nazionale, a livello europeo e a livello mondiale. E i primati sono quelli che ha già citato l'Assessore, quindi abbiamo già dove potenziare e dove fare la Città della Salute.
Infatti, il progetto iniziale della Città della Salute non è quello di Corso Marche, è antecedente. Il progetto iniziale doveva collocare la Città della Salute negli ex Mercati Generali. Perché? Perché doveva essere adiacente alle Molinette, al Regina Margherita, al Sant'Anna, al CTO e al Mauriziano.
Non fu possibile praticare quell'ipotesi e si passò poi all'Avio dall'Avio a Corso Marche; da Corso Marche al Campo Volo; al Campo Volo siamo decollati con una riunione tecnica arbitraria...
Poi voglio capire perché ci sono due firme nell'ultima pagina, la firma del Rettore e la firma dell'Assessore, dove si parla dei 285 milioni di euro per il San Giovanni, ma dove viene decisa la parte tecnica - peraltro voglio capire di quali persone sono le due firme - dove viene ubicata la Città della Salute, guarda caso, ci sono solo due firme. Due firme, questo è il protocollo tecnico. Poi arriviamo alle quattro firme: Bresso Pelizzetti... Quindi voglio capire perché.
In sostanza, non c'è un documento su cui l'Università di Torino dice che va bene Grugliasco, perché il documento non esiste. Esiste un documento dove ci sono i 285 milioni di euro e il potenziamento del San Giovanni quindi quello che ha detto l'Assessore, ma non c'è la firma del Rettore e non c'è la firma della Presidente dove viene ubicata la Città della Salute.
Non lo so, comunque questa è carta: carta canta. Allora ho capito tutte le dichiarazioni fatte ai media dal Rettore, adesso lo scenario è chiaro, è ben chiaro.
Assessore Bairati, mi ero preparato un discorso, ma non è il caso di leggerlo: cerchiamo di venire alla sostanza più che alle parole. Lei è andato a prendere degli architetti e li ha portati qui Torino - così ho letto, poi non so se sia vero - per consultarsi, ecc. Ma - ripeto - questo polo sanitario è già un'eccellenza che tutti al mondo ci invidiano.
Allora, per la Città della Salute è il caso di andare a scegliere un territorio come Grugliasco, dove peraltro i terreni sono quasi tutti agricoli? Non capisco dove sono i Verdi, dove sono gli agricoltori comunque i terreni sono quasi tutti agricoli: 180 mila metri quadri di cave e 12 mila metri quadri di rifiuti nocivi tossici; tra l'altro, la distanza dal nuovo inceneritore è esattamente 1,2 chilometri e invece la Provincia ha fissato come vincolo sensibile due chilometri di distanza. Mi chiedo cosa c'è di più sensibile di un ospedale! Visto che ho poco tempo, lascio in memoria tutto il mio discorso scritto, che contiene veramente molte cose interessanti.
Chiedo alla Presidente Bresso e al Sindaco di Torino: come può un Sindaco, che ha vinto col 67% di consenso elettorale, lasciar scappare un progetto così importante per il futuro dello sviluppo territoriale, per andare a tingere di rosso Grugliasco così come è stato fatto per l'acqua della Fontana di Trevi? Ma come può un Sindaco che ha vinto col 67% lasciar fare tutto questo? Il suo assenteismo, il suo silenzio a che cosa è dovuto? Peraltro, qui non c'è nemmeno una firma, malgrado il protocollo prevedesse la Città di Torino, il Comune di Torino...
Allora, Presidente Bresso, le lancio un messaggio o un consiglio. Se si vuole ricandidare, essere competitiva e ritornare a fare il Presidente della Regione Piemonte, le do un consiglio: lasci la Città della Salute a Torino nella sua naturale collocazione, vicino alle Molinette possibilmente, e faccia tutto quello che deve fare nel solo interesse dei cittadini e non dei partiti. Grazie.
(La parte successiva dell'intervento del Consigliere Scanderebech prosegue in forma scritta)



SCANDEREBECH Deodato

Parliamo di costruire una trasformazione positiva e una crescita qualitativa dell'offerta assistenziale senza smantellare il meglio per edificare il peggio.
Non si può quindi parlare della Città della Salute in una Regione che deve fare della salute e della qualità della vita il suo obiettivo primario.
A tal proposito, faccio presente che dalle ultime statistiche si rileva che su 103 province prese in esame, Torino scivola dal 43° posto del 2006 al 66° posto nell'anno in corso, relativamente ai servizi, all'ambiente e alla salute.
Ciò dimostra che è necessario potenziare le strutture esistenti e dare un servizio più efficiente e umanamente sensibile al cittadino malato e sofferente.
bene precisare che il progetto della Città della Salute e della Scienza è stato elaborato nel 2001 dal professor Verme e da un gruppo di architetti, tra cui Virano e Maggiora. Esso consisteva nella realizzazione di un poliambulatorio d'eccellenza, altamente specializzato e strutturato su un forte polo di ricerca, in modo tale da trattenere in Italia i cervelli di cui spesso si assiste la fuga. Il "Turin Health Park", questa la denominazione originaria, era stato progettato come un importante investimento per la città di Torino, basato su una lungimirante valorizzazione del capoluogo piemontese e delle risorse esistenti ipotizzandone la costruzione sull'area degli ex mercati generali, in quanto la sua ubicazione non doveva essere lontana dal poker di ospedali Sant'Anna, Regina Margherita, CTO e Molinette.
Inoltre, non possiamo dimenticare quello che Torino e i suoi ospedali hanno rappresentato per l'Italia nel campo della medicina e della scienza.
Infatti, a Torino nel 1866 sorse primo in Europa "l'Ufficio Municipale d'Igiene"; nel 1890 in via Lombroso nacque il primo "Ospedale Omeopatico Italiano".
Nel 1893 fu Torino ad ospitare il primo Congresso di Ortopedia della società italiana. Nel 1907 sorse a Torino la benemerita "Croce Verde" con il primo presidente Cesare Lombroso.
In tempi recenti nel 2000, sempre a Torino, è stato redatto il primo Trattato Europeo di Tecnica Chirurgica per l'Ortopedia, realizzato dai maggiori specialisti dei 35 paesi membri della Federazione Europea, che raggruppa tutte le società d'ortopedia, il cui presidente è il Professore Paolo Gallinaro del CTO.
A Torino nasce altresì, nel medesimo anno, la prima Università Internazionale Europeo-Statunitense, per la formazione e l'aggiornamento dei medici del futuro.
Il 12 giugno 2001, all'ospedale Sant'Anna di Torino è stato effettuato un intervento chirurgico, mai compiuto prima in Europa: una bambina è stata operata nel grembo materno, ancor prima di venir al mondo, di una terribile malformazione denominata "Spina bifida". Hanno collaborato cinque equipe di tre diversi ospedali: Sant'Anna, Mauriziano e Regina Margherita. Il direttore del Sant'Anna, Boveri ha affermato: "Lo straordinario intervento è frutto del coordinamento tra specialisti diversi ed è la conferma che il polo ospedaliero Sant'Anna-Regina Margherita è un centro d'eccellenza in Italia".
Nel giugno del 2001 è stata presentata via satellite, in diretta da Torino, al Congresso Internazionale di Montecarlo, una nuova cura contro le aritmie cardiache. Per la prima volta in Europa, e per la seconda al mondo le disfunzioni del cuore sono state corrette congelando a meno 75 gradi il tessuto malato anziché bruciandolo. Si tratta di un primato per l'Ospedale Mauriziano e per il cardiologo Gaita.
Dall'estate 2001 è operativo a Torino il day hospital oncologico più grande d'Italia e forse d'Europa, che si trova accanto al nuovo eliporto a poche decine di metri dal parcheggio dell'ospedale Molinette.
Nel 2002 è stato eseguito alle Molinette il primo intervento al mondo di ricostruzione di vescica con tessuto di maiale ad opera dei chirurghi Sedigh e Ferrando. Ad oggi l'ospedale Molinette è, per complessità di casi il primo in Italia pertanto esiste già a Torino la base per la Città della Salute.
Invece, la Giunta Bresso, scegliendo Grugliasco per la realizzazione della Città della Salute, non tenendo conto dei nobili e storici primati torinesi, ha completamente stravolto i principi fondamentali del progetto originario, al punto da produrre quello che è stato tristemente denominato "progetto spezzatino", che scontenta tutti.
Ciò che è ancora più grave è che tale decisione è stata presa in modo arbitrario l'11 giugno 2007 dal tavolo tecnico composto da Regione Università degli Studi di Torino e Città di Torino senza aver discusso prima con i rappresentanti degli Enti locali, dei sindacati dei lavoratori del comparto medico, delle organizzazioni di categoria e delle formazioni sociali i cui pareri sulla scelta del sito, finora, non sono stati presi minimamente in considerazione.
altrettanto grave per i cittadini torinesi il fatto che tale scelta prevede il depauperamento dei nostri quattro ospedali e l'abbattimento di una parte degli stessi, per finanziare ed investire al buio su un progetto che, ad oggi, non è supportato da alcun studio di fattibilità e localizzato in una zona priva di servizi, su terreni quasi tutti agricoli, di cui 180.000 metri quadri di cave da bonificare.
Inoltre, i terreni su cui dovrebbero sorgere l'area della struttura ospedaliera, l'area con funzione ricettiva a servizio sia della didattica sia dell'assistenza e l'area da destinare alla ricerca applicata-incubatori d'imprese, sono di proprietà privata, il che potrebbe innescare un sistema di speculazione a danno della collettività. Ed ancora, tale zona è a rischio ambientale in quanto inquinata da oltre 12.000 metri quadri di terreno che fungono da deposito per rifiuti tossico-nocivi. A tal proposito è bene non dimenticare il problema della vicinanza con il nuovo inceneritore del Gerbido, dato che la Provincia ha fissato due chilometri come distanza minima fra il termovalorizzatore e insediamenti classificati sensibili. Il nuovo insediamento ospedaliero disterebbe solo 1,2 chilometri dall'inceneritore: "Mi chiedo quindi cosa ci sia di più sensibile di un ospedale!" Di conseguenza a quanto esposto, il capoluogo piemontese non merita di essere espropriato del patrimonio e in modo particolare delle eccellenze sanitarie e il Sindaco Chiamparino, che ha ottenuto il 67% circa dei consensi, non può essere silente e assente davanti ad un simile scenario in cui viene barattato per 270 milioni di euro un progetto così importante per la collettività e strategico in quanto veicolo di sviluppo sociale ed economico del proprio territorio a vantaggio di altri.
Non possiamo permettere che tale progetto, che dovrebbe essere realizzato al fine di garantire efficienza, efficacia delle prestazioni e perfetta funzionalità di una struttura articolata quale l'Azienda Ospedaliera San Giovanni Battista di Torino e delle sue dotazioni strutturalmente più delicate e complesse, venga politicizzato e imbrattato di rosso come è successo in questi giorni con l'acqua della Fontana di Trevi a Roma.
Concludo permettendomi di dare un consiglio alla Presidente Bresso, che per altro stimo per la sua grinta e determinazione, oltre che per la sua apparente indipendenza dalle lobby sabaude: "Sia nel caso in cui lei non si candiderà più a Presidente o a maggior ragione, se vorrà essere rieletta lasci a Torino, sua naturale sede, la Città della Salute, inserendola in un programma di riorganizzazione degli ospedali esistenti e faccia tutto quello che deve fare nel solo interesse dei cittadini e non dei partiti".



PRESIDENTE

Passiamo al secondo degli interventi fra le autorità nostre ospiti.
La parola all'Assessore Viano, in rappresentanza del Comune di Torino.



VIANO Mario, Assessore all'urbanistica Comune di Torino

Grazie, Presidente. Ringrazio per l'invito a questa consultazione.
Rapidamente, visto che il tempo è stretto, mi riferisco principalmente agli aspetti che, anche sulla base delle sollecitazioni che vengono dagli interventi precedenti, ci coinvolgono in modo più diretto.
Noi abbiamo partecipato al gruppo di lavoro come osservatori, e questa è la spiegazione e la ragione per cui il documento, dal punto di vista formale, non è stato sottoscritto, ma l'abbiamo condiviso - e l'abbiamo dichiarato in modo pubblico - perché riteniamo che intanto occorra superare le pregiudiziali municipalistiche, assumendo la scala metropolitana come scala territoriale di riferimento per qualsiasi politica che non sia angusta, che non sia di corto respiro, che non sia miope, alla fine.
Sarebbe francamente in una situazione istituzionale che vede la costruzione o, comunque, il percorso di costruzione della Città metropolitana avviato certo da costruire poi attraverso processi di governance locale che sono naturalmente tutti davanti a noi. Questa è certamente la prospettiva nella quale noi ci collochiamo.
Riteniamo che atteggiamenti preclusi, rispetto anche alla localizzazione di iniziative importanti, significative da tutti i punti di vista, anche dal punto di vista economico oltre che simbolico, debbano essere viste in modo laico. Laico non rispetto ai temi classici della laicità, ma rispetto ad una più possibile chiusura entro angustie municipalistiche.
In questo senso, nell'ambito del gruppo di lavoro, abbiamo messo a disposizione del gruppo stesso una serie di informazioni che testimoniavano come, a partire dal riconoscimento assolutamente unanime di una condizione di obsolescenza fisica e funzionale grave sui cui intervenire, in particolare del complesso delle Molinette ma, in generale, del sistema ospedaliero del quadrante sud est della città, occorreva assolutamente mettere in campo, da un lato, politiche di prospettiva ma, dall'altro farsi carico fino in fondo, nel breve e medio periodo, della garanzia di un livello adeguato di servizio, sanitario in particolare, in senso lato, per la città di Torino e il quadrante che gravita, dal punto di vista del bacino di utenza, su questo complesso.
Mi pare che sia il documento, sia quanto riferito, anche le attenzioni segnalate dall'Assessore Artesio in questa sede, testimonino come questa attenzione sia ben presente, assolutamente condivisa. È contenuta ed esplicitata nel documento attraverso l'individuazione di interventi improcrastinabili ed essenziali a garantire un livello adeguato di servizio per la città e il suo intorno immediato.
Da questo punto di vista, ci è parso che gli elementi di garanzia fossero sufficienti, quindi non ci siamo, e non ci potevamo, sottrarre ad una valutazione di scelta localizzativa che assumesse la scala metropolitana come riferimento.
In questo senso, ne è testimonianza la nostra partecipazione a pieno titolo e in modo attivo al lavoro promosso dalla Provincia sull'asse di Corso Marche. Riteniamo che l'asse di Corso Marche possa giocare un ruolo essenziale di riequilibrio territoriale, costituendo un nuovo asse di polarità metropolitana. È indubbio che, da questo punto di vista, ha un significato importante nella scelta organizzativa, perché rappresenta canali infrastrutturali attraverso cui si può migliorare radicalmente il livello di accessibilità con il mezzo pubblico e con il mezzo privato.
Questa condizione di reale fattibilità di questa infrastruttura è elemento imprescindibile.
Noi abbiamo - naturalmente contribuendo con gli altri soggetti presenti a quel tavolo - marcato come doveva considerarsi il lavoro compiuto da City, come una prefattibilità che deve completarsi con analisi puntuali sul piano infrastrutturale, sul piano strutturale, ma anche sul piano delle partnership con aziende che siano in grado di tradurre concretamente le prospettive che si sono affacciate, senza di che si rischia di ragionare su un progetto che poi manca di un contenuto e di una componente essenziale.
importante che la verifica sia condotta anche a questo livello, cioè sul piano delle partnership possibili con aziende del settore che dimostrino chi ha la volontà di insediamento e di collegamento all'interno dell'iniziativa Città della Salute.
Abbiamo rimarcato che è importante che queste verifiche di fattibilità infrastrutturale e strutturale, e di rapporto con i partner industriali siano condotte per accertare - ma non fintamente, non per dimostrare avendo già effettuato la scelta - concretamente se ci sono le condizioni per attuare il disegno generale su cui la condivisione della Città è stata espressa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio, esponente dei gruppi di maggioranza; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Un saluto a tutti i presenti e agli ospiti.
Indubbiamente cercare, come altri che mi hanno preceduto, di riassumere il tutto in cinque minuti, è impresa ardua, per cui rinuncio ad una serie di considerazioni cercando di far emergere quelle che mi sembrano più pregnanti.
Anzitutto vorrei esprimere il desiderio di non definire, in termini terminologici, l'oggetto della discussione, Città della Salute. Non mi sembra un nome appropriato, mi sembra abbastanza riduttivo. Riprenderei a parlare, come si è sempre fatto, di policlinici o di ospedali.
Così come anche non ritengo opportuno parlare di poli di eccellenza perché così come esistono i poli di eccellenza dovrebbero esistere - stando eccellente per ottimo - poli buoni, poli discreti, poli sufficienti, poli insufficienti e poli scarsi.
Detto ciò, penso che su questo argomento, come purtroppo per molti altri in politica, ma su questo in particolare, sembra di affrontare un confronto da Babele, sembra che ognuno parli la sua lingua, non voglia comprendere quella degli altri e così si ingenerano incomprensioni ed equivoci continui.
Per scongiurare la strumentalizzazione fatta in modo corposo sulla perdita, da parte della città di Torino, di una serie di servizi, secondo me occorre puntualizzare alcune cose. Le Molinette, quindi la storica area ospedaliera di Torino Sud, è stata concepita più di un secolo fa, quando i criteri architettonici e urbanistici erano completamente diversi. Tanto è vero che, nonostante fosse molto ampia la superficie su cui insistono le Molinette, alcuni ospedali, quindi istituti universitari, sono stati collocati fuori dalle mura storiche delle Molinette. Penso al Sant'Anna all'Istituto universitario ostetrico, penso al Regina Margherita. Penso non solo perché insiste nelle vicinanze, ad una nuova struttura, quella nata successivamente, cioè al CTO che nasceva con criteri completamente diversi.
Sfatiamo un mito: su quella superficie su cui insistono Molinette e strutture limitrofe, secondo logiche urbanistiche, architettoniche e di ingegneria edile diverse, potrebbe insistere tutto e più di tutto, se si volesse.
L'Assessore Artesio ci ha illustrato delle motivazioni per cui nell'ambito di un'ottica non più di campanile, un po' più ampia, quindi con una visione metropolitana, sia opportuno decentrare questo policlinico. Si è parlato di Grugliasco. Per quel che mi riguarda, Grugliasco è solo un'ipotesi alla pari di altre, da valutare e da approfondire.
Per concludere, chiedo che cosa fare nell'ipotesi in cui si vada a localizzare il nuovo Policlinico fuori dalle mura di Torino. Cosa rimane dell'area storica delle strutture ospedaliere (Molinette e istituti biologici di Corso Massimo d'Azeglio)? La mia è una proposta e anche una domanda che rivolgo all'interlocutore principale, che non può che essere l'Università, quindi, la Facoltà di Medicina.
Come si fa a pensare di ricollocare un policlinico universitario senza giungere ad una condivisione di intenti e di programmi oltre che di progetti? L'Università può ritenere valida l'ipotesi di lasciare in vita ovviamente ristrutturata in modo radicale, l'area storica, dove collocare determinati istituti, compresi quelli biologici, e i primi quattro anni del corso di laurea che non vedono la necessità delle cliniche, e di collocare invece tutte le cliniche e le scuole di specializzazione in un polo alternativo? In questo modo non avremmo due poli, ma avremmo un unico polo collocato e integrato secondo moduli assistenziali, didattici e di ricerca funzionali.
una domanda oltre che una proposta.



PRESIDENTE

La parola al professor Pelizzetti.



PELIZZETTI Ezio, Rettore Università degli Studi di Torino

Buongiorno a tutti. Desidero, in primo luogo, ringraziare il Consiglio Regionale per l'opportunità che ci offre di riferire circa il punto di vista dell'Università sulla questione della Città della Salute, punto di vista peraltro ribadito più volte attraverso interventi, documenti pubblici e allegati a disposizione di chiunque ne sia interessato. Cercherò in ogni caso e in breve di riassumere, anche in questa sede autorevole, il senso e i contenuti della posizione dell'Ateneo, perché è nostra intenzione fare sì che nessuno dimentichi il ruolo di necessario e imprescindibile interlocutore che l'Università ha l'onore e l'onere di svolgere.
Devo dire che in questi giorni sono rimasto stupito dal modo parziale o fuorviante con cui a livello mediatico si è affrontato il problema e anche dal modo con cui viene percepito il ruolo dell'Università nella realtà torinese e regionale. Per esempio, è stato completamente ignorato, in una proiezione futuribile di Torino, il grande contributo che il programma edilizio dell'Università offrirà nella trasformazione di vaste aree del tessuto urbano metropolitano. Tra l'altro si tratta di un piano edilizio già avviato e nella sostanza più realistico di altre ipotesi di intervento edilizio e urbanistico su cui assai più si discute e ci si sofferma. In particolare, mi fa piacere ricordare come l'asse che va dal centro a via Verdi fino all'Italgas e fino alla Manifattura Tabacchi, con il prossimo insediamento in quell'area della scuola di Scienze Motorie, vada a costituire un vero e proprio Campus urbano innestando su una linea continua che va dal centro alla periferia un percorso della conoscenza capace di agire anche da motore di sviluppo e di riqualificazione urbana. D'altra parte l'Università non è solo protagonista principale di modificazioni strutturali e urbanistiche di Torino, ma essa agisce in egual senso su tutta l'area metropolitana e su molteplici zone del Piemonte occidentale.
Ma veniamo alla Città della Salute e della Scienza.
Anche qui una premessa: voglio ricordare come effettivamente l'eccellenza della ricerca biomedica universitaria non sia frutto di una valutazione autoreferenziale, ma risulti certificata dal primo posto conseguito nell'esame dei risultati scientifici 2001/2003 a livello nazionale compiuta dal Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca - CIVR. Tale eccellenza, che si pone sullo stesso piano di altre eccellenze, è riconosciuta anche in altre aree della ricerca dell'Università, come i settori chimico, fisico, bio e nanotecnologico informatico, storico-filosofico e, soprattutto, della formazione.
Per quanto più specificatamente si riferisce alla localizzazione della futura città che amerei definire "Parco della Salute e della Scienza", non possiamo che ribadire con forza i punti che abbiamo sottoscritto nel documento l'11 giugno scorso, siglato dalla Presidente della Regione e dal sottoscritto, in qualità di Rettore dell'Università di Torino.
In particolare, quale che sia la collocazione che sarà individuata e decisa in sede politica, l'Università di Torino considera irrinunciabile la garanzia del mantenimento, nel periodo transitorio (che è facile collocare credo - nella misura di almeno dieci anni), dei livelli di eccellenza operativa medica, certificata da organismi internazionali, cui prima si alludeva e su cui non è assolutamente possibile arretrare. E' assolutamente indispensabile, cioè, non disperdere questo patrimonio di ricerca formativo e assistenziale riconosciuto e apprezzato a livello nazionale e internazionale.
In quest'ottica è pregiudiziale che si provveda alla reale costituzione delle Aziende Integrate e a mantenere e potenziare il polo sanitario attuale, dotandolo, come concordato, di un'attrezzata e moderna piastra chirurgica e di tutte le più avanzate strutture scientifiche e sanitarie che ad essa si connettono: le radiodiagnostiche, le radioterapie e la rianimazione.
Le Molinette vanno, a nostro avviso, valorizzate e potenziate, ma a tale fine occorre disporre di strutture più razionali per la ricerca, la didattica e l'assistenza; occorre operare investimenti economici che consentano lo sviluppo ulteriore della ricerca, anche nella prospettiva di innescare - attraverso i nessi con la realtà produttiva - un circuito virtuoso che miri a costruire un modello di assistenza all'avanguardia adeguato all'evoluzione dei tempi; è indispensabile concepire il problema della salute e dell'assistenza in un'ottica di lungo periodo (almeno ventennale), prevedendo i progressi imminenti negli ambiti della genomica dell'informatica applicata, della stessa struttura assistenziale e non ricorrendo a schemi oggi, forse, ancora validi, ma destinati ad essere rapidamente superati.
Il mio invito è quello che si predisponga un Parco della Salute e della Scienza che fra vent'anni venga citato come modello. Il futuro Parco della Salute e della Scienza, avendo preventivamente superato tutti gli ostacoli e i problemi infrastrutturali, deve quindi porsi come punto di riferimento di una rete ospedaliera, clinica, sanitaria e di assistenza, che preveda al suo interno anche la formazione e la ricerca, e che determini quel salto complessivo di qualità di cui tutta la Regione deve potere usufruire.
Non è in alcun modo accettabile per l'Università di Torino alcuna ipotesi di frammentazione o di separazione tra formazione, ricerca e ospedale. La scuola di medicina deve porre assieme laboratori di ricerca laboratori di formazione, residenze per gli studenti e per i professori che vengono a visitarci, e deve ovviamente soddisfare tutta una serie di requisiti di contorno. Si tratta di qualche cosa di completamente diverso da un ospedale, sia pure etichettato come ospedale di eccellenza.
Non dimentichiamo che l'Università ha un ruolo importantissimo: la qualità dei medici che vengono formati e vanno ad operare dipende dalla qualità della scuola di medicina.
Se formiamo ottimi medici, sicuramente la sanità piemontese ne guadagna e probabilmente ne trae profitto anche, da un punto di vista economico, la Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Casoni.



CASONI William

Grazie, Presidente. Inizio dicendo, perché è bene che si sappia in quest'Aula, anche per coloro che non la frequentano abitualmente, che il bilancio della Regione oggi è gravato, per i sette/otto decimi, dal quoziente sanità.
Ieri, nelle motivazioni che hanno portato questa Giunta e questa maggioranza a tentare di razionalizzare i costi, c'è stata la riduzione e l'accorpamento delle ASL piemontesi, che sono state drasticamente ridotte nel numero ed unificate.
Chiedo, allora, all'Assessore Artesio - che abbiamo avuto modo di apprezzare perlomeno nel metodo, nel senso che siamo sempre riusciti a discutere con lei - se non si renda conto che dire che si può potenziare l'attuale struttura sud della città di Torino e, contemporaneamente costruire la nuova Città della Salute, è un'utopia economica e strutturale.
Se lei oggi vuole intervenire sulle Molinette, cosa può fare? Se lei oggi vuole intervenire su altri ospedali, cosa può fare? Anche il Rettore diceva: "Sono politiche ventennali, quindi cosa facciamo?".
Se dobbiamo seguire e non perdere l'eccellenza di questa regione dobbiamo, da subito, lavorare nel migliorarla; dobbiamo, da subito, nei prossimi anni, stare al passo, non inseguire chimere, sia dal punto di vista strutturale sia sanitario, per i cittadini.
In questi giorni si parla molto di crisi della politica, del fatto cioè, che i cittadini non credono più nella politica.
Come Gruppi di minoranza, abbiamo voluto fare un sondaggio rispetto a questo; ebbene, avendo interpellato i cittadini di Torino e della cintura di Torino, più dei due terzi hanno chiesto che i servizi di Torino rimangano ubicati nelle mura di Torino.
Questo lo dicono gli studenti, gli operatori, i pazienti, coloro che dovranno andare a visitare i pazienti nelle strutture.
E allora, qui nasce anche lo scostamento tra la società civile e la politica.
Prima sentivo parlare di Corso Marche. Io sono stato Assessore ai trasporti per dieci anni, ma anche l'Assessore Campia sa benissimo che Corso Marche non sarà realizzato, oppure sarà realizzato fra molti anni.
E allora, solo su quella base potremo pensare di localizzare un ospedale, perché non si possono fare le scelte dicendo: "Poiché si sta pianificando la spina di Torino e poiché si sta pianificando Corso Marche (tra l'altro, nessuno dei due è stato progettato né finanziato), la Città della Salute si farà a Grugliasco.
Chiedo, pertanto: quanto impiega un cittadino, uno studente di Torino che non ha la macchina, ad andare a Grugliasco? Altra domanda: perché facciamo arrivare la metropolitana fino al Lingotto, se poi correrà vuota, perché è stata pensata in prospettiva di potenziare gli ospedali e l'area del Lingotto? Queste sono scelte reali; oggi i cittadini vivono, si muovono, la metropolitana in parte è già costruita, in parte deve essere terminata, ma allora perché andiamo a pontificare altre zone, di altre situazioni sul territorio? Penso che il potenziamento di alcune attuali strutture e una semplice ricollocazione - e seguo anche quello che diceva il Rettore - non di eccellenza, ma di nuove tecnologie, di quello che la sanità diventerà, non ha bisogno di grandissimi spazi, di aree come quelle di cui abbiamo sentito parlare, ma ha bisogno di una struttura efficiente, comoda, raggiungibile facile da raggiungere per tutti i torinesi e coloro che sono nella cintura per tenere quei livelli di eccellenza che dobbiamo avere.
Nel frattempo, si possono potenziare tutte le strutture e non stravolgere la vita dei torinesi che oggi sono giustamente molto preoccupati da questa prospettiva.
Mi chiedo, a questo punto: il buonsenso direbbe che si può fare più velocemente e più semplicemente; i cittadini ci dicono che deve essere fatto possibilmente entro le mura di Torino. Mi chiedo allora: quali interessi pubblici o privati si celano dietro a questa operazione?



PRESIDENTE

Grazie, consigliere Casoni, anche per il puntuale rispetto dei tempi.
La parola al professor Gilli, in rappresentanza del Politecnico di Torino.



GILLI Marco, Pro Rettore Politecnico di Torino

Grazie, Presidente.
Ringrazio il Consiglio per questo invito. Intervengo esclusivamente in merito al ruolo che il Politecnico di Torino, un'Università Tecnica con una qualche reputazione in ambito europeo, può svolgere nell'ambito di un Parco della Scienza e della Salute, anche avvalendosi dell'esperienza maturata con la realizzazione della Cittadella Politecnica.
Siccome sono tre le principali missioni di un'Università, ed in particolare di un'Università tecnica (alta formazione, ricerca scientifica e trasferimento tecnologico e servizi al territorio), cercherò di illustrare l'attività che il Politecnico potrebbe compiere in questi ambiti.
Per quanto riguarda la formazione, da alcuni anni il Politecnico ha attivato un corso di laurea in Ingegneria Biomedica che ha visto il numero di iscritti crescere e sostanzialmente raddoppiare in cinque anni arrivando ad essere, con oltre 150 immatricolati, il quarto corso di laurea dell'Ateneo, dopo quelli tradizionali (la meccanica, l'informatica e l'aerospaziale). Un corso di laurea che prepara ingegneri clinici di primo livello, cioè quegli ingegneri che collaborano alla cura della salute attraverso un uso sicuro, appropriato ed economico delle tecnologie, ed ingegneri di secondo livello, prevalentemente orientati al progetto di dispositivi biomedici in ambito bioelettronico e biomeccanico. Il Corso di Laurea in Ingegneria Biomedica è sicuramente una delle iniziative, come già è avvenuto in molti Paesi europei, che potrebbe integrarsi nell'ambito di un Parco della Salute e della Scienza.
Per quanto riguarda la Ricerca Biomedica, che al Politecnico è condotta prevalentemente (ma non solo) nell'ambito dell'ingegneria biomedica conviene guardare alle esperienze oltre frontiera, ove troviamo frequenti esempi di integrazione tra le competenze tecnologiche degli ingegneri, le competenze cliniche dei medici e le competenze scientifiche di base di fisici, chimici e biologi.
L'integrazione di competenze è essenziale non solo in ambito strettamente scientifico (e qui penso alla bioinformatica, alla geonomica alla proteomica, alla biologia computazionale ed alle neuroscienze) ma anche negli ambiti più propriamente tecnologici. Penso alla bioelettronica alle applicazioni della tecnologia dell'informazione alla cura della salute, dove peraltro al Politecnico c'è già un'attività svolta anche in partnership con alcune aziende; penso alla "neuromorphic information processing", cioè all'elaborazione dell'informazione per mezzo di algoritmi ispirati da sistemi biologici.
Cito soltanto alcuni esempi: il grande esempio di integrazione, che è stato attuato in California, dove si è realizzato un Centro di Ricerca sull'Ingegneria Biomedica quantitativa, mettendo insieme le competenze cliniche di una grande scuola medica, il Campus della "University of California" (UC) a San Francisco, e le competenze scientifiche e tecnologiche di UC Berkeley e di UC Santa Cruz; il modello attuato dalla Scuola Politecnica di Losanna (EPFL), sorta più o meno negli stessi anni in cui nascevano tutte le grandi scuole politecniche in Europa, che ha creato una scuola di scienza della vita, proprio integrando le competenze di cui sopra.
Penso infine al fatto che, ormai, nella comunità scientifica dell'ingegneria, sempre di più, c'è interesse verso le applicazioni dell'ingegneria alla biologia ed alla medicina. Ad esempio l'Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE), che è la più grande associazione professionale del mondo, con più di trecentomila iscritti, ha recentemente creato una società che si chiama Engineering in Medicine and Biology che non vuol dire bioingegneria, ma integrazione tra ingegneria medicina e biologia.
Infine, per quanto riguarda la terza missione, il Politecnico ha sicuramente le competenze per dare un contributo significativo.
Nell'ambito della logistica e dell'energetica sanitaria c'è già un Accordo di Programma Quadro, che coinvolge Università, Politecnico Regione, Ministero delle Università e Ministero dell'Economia. I risultati di questa attività avranno sicuramente un qualche impatto anche nell'ambito dell'edilizia sanitaria.
Spero di avervi dato alcuni elementi significativi. Posso confermare che il Politecnico ha l'interesse, la volontà e la disponibilità ad integrarsi, per quanto di sua competenza, nell'ambito del Parco della Salute e della Scienza, in sinergia con il sistema delle Università piemontesi ed in particolare con l'Università di Torino.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ricca; ne ha facoltà.



RICCA Luigi Sergio

Grazie, Presidente.
Il Gruppo SDI è favorevole alla realizzazione del Parco della Salute e della Scienza non solo perché le Molinette sono strutturalmente un malato terminale prossimo al collasso e sempre più ingestibile come spesa, ma perché la costruzione di una struttura di nuova concezione e a tutto tondo dove si allacciano e intrecciano elevate capacità assistenziali e cliniche a capacità di ricerca e innovazione, di formazione, anche se andranno considerati anche i ruoli formativi di ricerca di altri centri ospedalieri è una grande opportunità per la nostra Regione. Non solo come risposta alle esigenze di salute dei cittadini, ma anche come motore di sviluppo per il territori. Deve risultare come una vera, grande azienda della salute autonoma, che crea posti di lavoro in vari ambiti, non solo strettamente inerenti al bene salute, quella nuova vocazione produttiva di cui diceva l'Assessore Bairati.
Deve essere un'eccellenza anche per la qualità e l'umanità dell'assistenza, dell'accoglienza per ricoverati e parenti, per i pazienti anche in fase di breve convalescenza dopo la dimissione, con possibilità di accedere rapidamente a controlli senza soggiornare inutilmente in ospedale in attesa di intervento.
Deve prevedere collegamenti, scambi e collaborazioni possibili anche con l'altra eccellenza della città che è il Politecnico, come abbiamo appena sentito; deve avere facilità di accesso con mezzi pubblici dalla città e per chi giunge da fuori città.
Grugliasco o Collegno sono la collocazione giusta? Io dico di sì, se ragioniamo in un'ottica di scala metropolitana e se viene data la garanzia assoluta di collegamento metropolitano con la città di Torino, in particolare con le stazioni ferroviarie di Porta Nuova e Lingotto, e se gli studi puntuali e successivi confermeranno questo orientamento e soprattutto, una realizzazione concepita come città e non come arcipelago della salute.
Comunque, una collocazione va decisa in funzione delle caratteristiche richiamate prima, della necessità preminente di garantire ai cittadini un miglior livello di assistenza, anche grazie alla razionalizzazione delle risorse e della migliore accessibilità e integrazione con il territorio.
L'abbandono di Molinette non può prescindere però dal destino degli altri nosocomi torinesi. Richiamo alcune questioni con una premessa. Deve essere assolutamente chiaro che non s'intende sguarnire l'offerta sanitaria di qualità in Torino sud e i cittadini non dovranno essere, né saranno penalizzati con nessun potenziamento dei servizi in quell'area. È evidente che il progetto di una nuova Città della Salute deve essere parte e dare vita a un riordino e ammodernamento complessivo della sanità torinese e piemontese comunque in gran parte già necessario.
Lascio alcune riflessioni. L'occasione deve consentire la razionalizzazione dei posti letto complessivi che non devono crescere, ma dimensionarsi secondo la programmazione del Piano regionale.
Non si può ignorare che strutture come il Mauriziano, il Sant'Anna e il San Luigi sono strutturalmente inadeguate e con il tempo dovranno essere superate. Anche se per il San Luigi dico che va subito potenziato il DEA anzi creato un DEA di secondo livello.
Nell'area di Torino sud, è già stato richiamato, deve essere prevista una nuova struttura ospedaliera nella quale garantire circa 400 posti, da collocare in un'area strategica non in aumento, ma a compenso delle riduzioni di Molinette e altri, tenendo conto anche per la sua collocazione degli effetti che la nuova struttura ospedaliera di Moncalieri e Nichelino potrà produrre.
Per il CTO, siamo per il mantenimento di questa struttura. L'unità spinale necessita al suo interno di una divisione di chirurgia generale e del potenziamento del Trauma Center multidisciplinare, in cui sia presente anche l'oftalmologia.
Infine, non siamo contrari al mantenimento dell'ospedale infantile Regina Margherita, ma più favorevoli alla creazione di un centro specializzato materno-infantile della nuova struttura che si andrà a realizzare.
Lo scenario è ampio, come si vede, e va affrontato con razionalità ragionandoci con il tempo e tenendo conto anche dei tempi di realizzazione delle fasi con cui realizzare il riordino e l'ammodernamento, e della necessità di non penalizzare i cittadini nella fase di transizione tra la situazione attuale e il futuro assetto o regime che si può ipotizzare in quell'arco decennale che è stato richiamato prima. Devo dire che, da questo punto di vista, l'Assessore Artesio è stata rassicurante circa gli interventi di manutenzione straordinaria.
Una riflessione, infine, va fatta su quale destino dare ai palazzi universitari, che dovranno essere lasciati liberi. Attualmente, sono sede di trienni di laurea in medicina, che non dovranno avere destinazioni del tutto immaginarie anche per compensare una perdita di lavoro "indotto" che lo svuotamento di quei luoghi indubbiamente produrrà.
Quella che stiamo affrontando è una grande scommessa, nella quale si gioca la capacità di dare risposte innovative ai bisogni di salute sempre più crescenti, sapendo cogliere nel contempo l'occasione anche in questo settore, così come per le storiche evocazioni tecnologiche e scientifiche della nostra città, di fare di Torino un punto di riferimento nazionale ancora più forte.



PRESIDENTE

Interviene in rappresentanza dei Gruppi di minoranza il Presidente Rossi; ne ha facoltà.



ROSSI Oreste

Signor Presidente, oggi credo sia una giornata molto importante per quanto riguarda la nostra Regione e il futuro di quella che sarà la Città della Salute.
Mi è piaciuto moltissimo il nome che il Rettore Pelizzetti vorrebbe dare alla Città della Salute: "Parco della Salute e della Scienza". Penso che, veramente, possa essere così denominata quella realtà che ci apprestiamo a costruire: Parco della Salute e della Scienza, proprio perch l'area in cui avverrà la sua edificazione costituirà un insieme di ricerca ospedali, formazione, residenza universitaria, ma non solo. Intorno a questa realtà dovranno crescere dai centri congressi ai centri alberghieri dovranno crescere servizi adeguati alle esigenze di chi in quell'area si recherà per lavoro, per ricerca, per studio oppure per sottoporsi a cure esami e analisi.
Si tratta di un'area che può essere ricompresa all'interno della città di Torino, dando così a Torino quel di più di capoluogo o, se preferiamo capitale di regione; potrà essere, se lo decideranno in comune accordo le forze politiche, le forze sociali, le forze economiche, l'Università e il Politecnico, localizzata anche fuori Torino, perché no, ci mancherebbe altro.
Noi abbiamo criticato la questione per la quale non può essere un gruppo di politici a decidere il luogo in cui costruire questa realtà, che è la più importante realtà che verrà costruita in Piemonte, sia dal punto di vista economico che della scienza e della cultura. È l'opera più grande che abbiamo davanti da realizzare, quindi non possono poche persone decidere per tutti.
Sono molto d'accordo con il Rettore anche quando - me lo sono appuntato ha dichiarato irrinunciabile il mantenimento delle eccellenze esistenti delle Molinette, che, anzi, vanno potenziate con le necessarie attrezzature e tecnologie. Ancora, il Rettore Pelizzetti ha detto che, di fatto, le Molinette vanno potenziate. È quello che abbiamo sempre detto noi. Noi riteniamo che Torino abbia già la sua Città della Salute. Siamo d'accordo che quanto si va a costruire si possa chiamare Parco della Salute e della Scienza, ma Torino non può perdere quel polo, comunque culturale e sanitario, che si chiama Molinette, con tutto quell'insieme di realtà ospedaliere e di ricerca che lì insistono.
Torino ha diritto a mantenere, qualunque sia la decisione dell'altra la propria Città della Salute funzionale, all'avanguardia e di qualità perché Torino è e rimane la capitale del Piemonte, perché Torino è e rimane una città di fatto metropolitana, perché Torino è e rimane un richiamo internazionale per la cultura, per la scienza, per la tecnologia, perch Torino è e deve rimanere il cuore del nostro Piemonte.
questo il messaggio che rivolgiamo alla Presidente Bresso, che invece, aveva dichiarato sui giornali l'intenzione di smantellare la realtà delle Molinette, addirittura, aveva parlato di chiudere alcune realtà e altre di trasferirle 500-600 metri più avanti nell'area che possiamo chiamare "Italia 61" e così via; le dichiarazioni apparse sui giornali non sono mai state smentite in modo ufficiale.
Su questo noi non possiamo essere d'accordo. È ben diverso il discorso svolto dal Rettore dell'Università, poi seguito anche dal rappresentante del Politecnico, su cui noi cadiamo proprio a piombo, siamo perfettamente d'accordo, facciamo nostre le parole del Rettore. Non si decida più dove realizzare la Città della Salute, ma si definisca la localizzazione del Parco della Salute e della Scienza, a prescindere dal fatto che la realtà delle Molinette deve rimanere dov'è, a disposizione della città di Torino e del Piemonte.
Non solo, deve rimanere dov'è con le sue qualità, le sue eccellenze e la sua Università; deve rimanere dov'è non solo per il periodo in cui si costruirà questa nuova grande realtà, ma deve rimanere dov'è per il futuro di Torino. Anzi - anche su questo concordiamo - dobbiamo investire in qualità, tecnologia e apparecchiature, per dare il massimo possibile a coloro che hanno necessità di rivolgersi a quelle strutture per tutto, per la ricerca, la cura, la scienza, la cultura e la tecnologia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deambrogio, che interviene in rappresentanza dei Gruppi di maggioranza.



DEAMBROGIO Alberto

Grazie, Presidente.
Rifondazione Comunista ha condiviso e condivide la scelta complessiva che questa mattina è stata illustrata dai due Assessori di costituzione e collocazione della nuova Città della Salute a Grugliasco-Collegno. È una struttura che, come è stato detto, deve tenere insieme aspetti clinico ospedalieri, ricerca biomedica, deve essere un ospedale di insegnamento e deve avere nel suo ambito anche una piattaforma per incubatori d'impresa.
Come si vede, dei molti elementi che devono essere tenuti insieme, noi pensiamo che uno dei più importanti, non l'unico, consista nel consentire il mantenimento di anche tutti i percorsi universitari nel loro insieme e vicini ad altre Facoltà universitarie che su quel territorio insistono.
Il posizionamento è ottimo anche dal punto di vista logistico, in primo luogo, perché di tratta di terreni pressoché tutti pubblici; per quanto riguarda i collegamenti, relativamente ai quali sono stati fatti degli esempi, anche dal punto di vista problematico, noi pensiamo che il tempo intercorrente da qui alla realizzazione darà la possibilità di ragionare in tempo per una strutturazione in via definitiva. È uno spazio pubblico che come si diceva, darà la possibilità ad una struttura come questa di vivere anche nel futuro.
Ha ragione chi qui ha detto che occorre saper progettare qualcosa che guardi anche al futuro, pertanto la possibilità di espandersi va tenuta in debito conto.
Penso che questa scelta sia stata attivata facendo paragoni anche con altre scelte magari possibili, che, per costi e tempi, giustamente, sono state ritenute non fattibili.
Per quanto riguarda la piattaforma, quindi gli incubatori tecnologici riteniamo vada fatto un discorso da approfondire, perché la forma di governo di quel segmento del progetto, dal nostro punto di vista, in qualche modo, deve individuare una forma di gestione nell'interesse pubblico.
Si è detto che è una nuova struttura, complessa, come è stata descritta, con circa 700 posti letto, i quali, naturalmente, rappresentano un vincolo, che, però, non deve essere ritenuto un peso insopportabile comunque si deve tenerne conto anche per quanto riguarda la cosiddetta riorganizzazione della rete ospedaliera di tutta la città di Torino e in modo particolare per Torino sud.
Da questo punto di vista, ripartirei dai punti cardine già indicati dal Piano Socio Sanitario, cioè diffondere l'eccellenza e concentrare l'alta specializzazione.
Un altro punto dal quale occorrerebbe partire è l'invecchiamento della popolazione che da tempo registra questa città. C'è una tendenza ad espandersi verso nord e sappiamo molto bene che, invece, nella zona sud molto probabilmente, avremo un'eccedenza di posti letto, in modo particolare di posti letto per acuti. Quindi, nel tempo che avremo ancora davanti per discutere occorrerà tener conto di questa tendenza.
Su queste tendenze si sta già intervenendo - come detto dall'Assessore Artesio - in modo particolare nella zona sud con il nuovo ospedale di Moncalieri, per evitare un flusso indesiderato verso la città. Invece, per la zona nord si pensa di aumentare il numero di letti al San Giovanni Bosco e ad un nuovo Maria Vittoria.
Questo non basta, perché, al di là degli investimenti che qui sono stati ribaditi questa mattina, è necessario sapere che va riorganizzata tutta la rete dei servizi metropolitana. Se questa città invecchia significa che i problemi della lungodegenza, della riabilitazione e della domiciliarità - ovvero quegli interventi che seguono le acuzie - dovranno avere un punto di interesse molto alto da parte nostra, perché il mix di cure dovrà andare a favore di questa caratteristica.
Dicevamo prima dei tempi. In questo schema che ho provato a disegnare sia pure sommariamente, avremo bisogno di sfruttare tutto il tempo che abbiamo davanti per acquisire tutti gli elementi che magari oggi non abbiamo ancora. Non solo la scienza medica, ma anche l'organizzazione nel suo complesso, potranno subire nei prossimi anni dei cambiamenti che oggi non siamo neanche in grado di valutare. Pongo un solo esempio: a Novara, si sta ragionando di costruire la seconda Città della Salute secondo tre macrodipartimenti, aspetto che magari, fino a qualche tempo fa, neppure si poteva immaginare. Se questo oggi è possibile, è perché si tiene conto dell'evoluzione della scienza medica.
Noi dovremo tener conto di questo tipo di evoluzione anche in questa situazione. Pertanto, la riorganizzazione di tutta la rete ospedaliera dovrà basarsi anche su questo.
Da questo punto di vista, ribadisco, come ho avuto modo di fare anche pubblicamente in questi giorni, che non è interesse di nessuno, tanto meno nostro, chiudere alcun ospedale. D'altro canto, l'Assessore Artesio questa mattina ha detto cose importanti sugli investimenti che pure vogliamo fare.
Penso che la riorganizzazione definitiva, e quindi il numero delle ASO complessive in questa zona, dovrà essere un punto finale solo a seguito della riorganizzazione medesima.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Grazie, Presidente.
Vedo, purtroppo, che il dibattito sta un po' scemando per quanto riguarda l'attenzione. Per certi versi è inevitabile, ma confido di poter richiamare ancora un po' di attenzione, così come la garantiremo naturalmente anche per gli interventi che seguiranno.
Vorrei ringraziare, innanzitutto, i partecipanti a questo Consiglio aperto, che ci hanno fornito molti spunti o ci consentono di poter approfondire, anche in una sede diversa da quella Consiglio, questioni così delicate ma strategiche e decisive per il futuro della nostra sanità, come sono, appunto, la Città della Salute e il riordino della rete ospedaliera torinese.
Tre premesse: il nostro Gruppo è convintamente orientato, in una prospettiva di lungo periodo, a che siano realizzati due Poli ospedalieri ad alta complessità, di cui uno a Torino. Questa, in sintesi, è la proposta politica (solo in parte innovativa) che ci permettiamo di portare alla discussione di oggi.
Con ciò, vogliamo sottolineare che la Città della Salute non è tutto per cui la riorganizzazione della rete ospedaliera è evidentemente cruciale per sviluppare quell'idea così importante di una Città della Salute (o di un Parco della Salute e della Scienza) che tenga insieme non solo le alte complessità, ma anche l'attività di formazione, ricerca e sviluppo imprenditoriale.
Vorrei altresì ribadire - mi rivolgo, in modo particolare, agli amici e compagni della sinistra radicale - che occorre assumersi la responsabilità di scelte coraggiose; un coraggio riformista a cui siamo tutti chiamati.
Per evitare allarmismi che talvolta si colgono anche nel dibattito giornalistico, occorre precisare in maniera chiara che un conto sono le decisioni di breve periodo, cioè quelle che riguardano sostanzialmente il Piano Socio Sanitario, tempo nel quale è inevitabile che si possa dire che occorre razionalizzare, rimettere a norma e ristrutturare gli ospedali per quanto possibile, altro conto sono le decisioni di lungo periodo, cioè il tempo che noi abbiamo dato alla Città della Salute e della Scienza e quindi al riordino più generale della rete ospedaliera torinese. Riordino la cui necessità è sotto gli occhi di tutti. Voglio ricordare che solo a Torino e prima cintura abbiamo venti ospedali; un numero sicuramente eccessivo - non mi preoccupo di dirlo - ma ciò non significa, naturalmente, che tutte le attività che in essi vengono svolte siano inutili. Anzi, sono assolutamente tutte essenziali. Ma la responsabilità che dobbiamo di fronte e che dobbiamo esercitare è tesa a riorganizzare queste attività così importanti e preziose.
Occorre distinguere i due Piani e impegnarsi affinché entro un decennio ci sia un sistema di presidi rinnovato e riorganizzato.
In questa logica è importante distinguere chiaramente tra gli ospedali di territorio e quelli di ASO: i primi sono chiamati a rispondere alla gran parte delle domande di salute dei cittadini, mentre gli ospedali di ASO dovranno sempre più essere chiamati a rispondere ai bisogni di alta complessità e dovranno evidentemente essere concentrati in pochi punti di interesse regionale.
In questa logica ci appare oltremodo importante assumere comportamenti e decisioni coraggiose, anche rispetto alla valutazione delle condizioni di vetustà del nostro parco ospedaliero. Noi pensiamo che molti dei presidi ospedalieri oggi facenti capo alle ASO siano obsoleti o molto obsoleti, per cui crediamo che sia più ragionevole fare un coraggioso investimento teso a rinnovare questi ospedali, puntando al progressivo abbandono di presidi non più a norma o non convenientemente ristrutturabili.
In questa logica - arrivo alla proposta - noi pensiamo in prospettiva a due nuovi Poli ospedalieri di alta complessità, che possono essere non necessariamente Poli costruiti ex novo, ma in alcuni casi possono anche prevedere parte dei presidi più nuovi o meno obsoleti, attraverso una scomposizione-ricomposizione e composizione delle attuali cinque ASO che sono presenti nella provincia di Torino. Non ho tempo per esemplificare che cosa voglia dire questo, poiché ho già superato i cinque minuti previsti per l'intervento. Ma crediamo che sia possibile, alla fine, individuare e costruire due Poli di alta complessità che vedano, al loro interno l'attività di formazione e di ricerca. In modo particolare, a Grugliasco Collegno, ovvero l'area individuata per la nuova Città della Salute e della Scienza, sia possibile, piuttosto che a Torino Sud, sviluppare l'attività di ricerca applicata, di ingegneristica e di attività imprenditoriale esclusivamente perché non è possibile a Torino ospitare logisticamente anche quelle attività.
Noi pensiamo, in sostanza, a due novi Poli: uno nella zona di Torino Sud, in diverse aree che l'Assessore Viano ha ricordato; un altro evidentemente, nell'area già individuata dalla Giunta che sta tra Grugliasco e Collegno e l'Ospedale San Luigi.
Questa è la prospettiva che, in sostanza, garantisce i torinesi e quanti, magari anche in modo un po' strumentale, sono preoccupati della tenuta di un presidio significativo ospedaliero a Torino.
Concludo ricordando un ulteriore elemento: pensiamo che sia importante che nell'area di Torino Sud, oltre al Polo ospedaliero delle alte complessità, sia costruito (realizzato ex novo o previsto in uno degli ospedali attualmente operanti) quell'ospedale di territorio dell'ASL Torino 1 che oggi non c'è e che può simmetricamente e in modo opportuno operare in via complementare agli altri tre grandi ospedali di territorio della nostra città, che sono il San Giovanni Bosco, il Martini e il Maria Vittoria.
In conclusione, nella prospettiva del centrosinistra e della Margherita, Torino non sguarnisce i servizi per i cittadini; anzi, ha un'idea ambiziosa di rinnovamento e di rilancio.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Lepri.
Procediamo al primo degli interventi dei rappresentanti delle associazioni professionali e delle organizzazioni sindacali.
Interviene Piergiorgio Pich, Commissario regionale dell'ANPO Associazione Nazionale Primari Ospedalieri.



PICH Piergiorgio, Commissario regionale ANPO

Ringrazio il Presidente per l'invito e per avermi concesso la parola.
Ammetto che ho apprezzato ed ammirato l'opera dell'Assessore Bairati e dei suoi consulenti per la costruzione di un Piano industriale, che è veramente notevole e di grande capacità.
Però, devo ammettere, forse per l'età e forse per la preparazione, che è mia abitudine pensare ancora alle Molinette come la "mia" scuola: sono stato allievo di Beretta e di Dogliotti, indubbiamente il legame è ancora forte.
Apprezzo le parole del Rettore dell'Università; ha parlato di "Parco della Salute e della Scienza". Io direi piuttosto "Parco della Scienza e della Salute", perché nel Piano che è stato proposto vedo in forma molto ma molto riduttiva la presenza del malato, che tutto sommato, per noi medici, è ancora l'obiettivo fondamentale.
Come rappresentante dei Primari ospedalieri piemontesi, devo affermare che sono loro il nostro punto fondamentale, non altro.
Avere un Parco della Scienza è indubbiamente importante, è una visione per il futuro, ma per farlo anche la salute deve essere accessibile; non bisogna coartare la scelta del cittadino del dove farsi curare e da chi: non bisogna imporgliela, cosa che invece, leggendo questo Piano, mi pare sottintendere.
La mia è più che altro una domanda: certamente la necessità di mantenere, com'è stato proposto da molti Consiglieri, di sviluppare e rendere sempre più agibile il Centro Ospedaliero. Non parlo solo del gruppo Molinette e ospedali vicini, ma anche di quello che oggi è una situazione "disperata", cioè il Mauriziano. Indubbiamente sono punti che sono stati di riferimento per generazioni e lo sono ancora, e sono convinto che lo saranno anche in futuro; soprattutto non bisogna pensare né di penalizzarli né di distruggerli, perché a volte il presupposto "meglio" è nemico del "buono", per non dire dell'ottimo attuale.
E' da considerare inoltre che il PSSR in votazione non prevede, come si sente affermare, di mantenere gli attuali ospedali nella loro attuale struttura, ma con una riduzione notevole di posti letto e di conseguenza di specializzazioni con l'ovvio risultato di una riduzione di servizi a disposizione dei cittadini.
Credo di avere espresso tutte le perplessità della mia associazione e penso anche di buona parte dei cittadini piemontesi.
Vi ringrazio.



PRESIDENTE

Interviene ora, in rappresentanza della maggioranza, il Consigliere Boeti.



BOETI Antonino

Grazie, Presidente.
Questo è un progetto che in Piemonte arriva un po' in ritardo rispetto a scelte che altre parti di Italia e altre parti del mondo hanno fatto.
Faccio solo due esempi: il CERBA di Milano, in fase di realizzazione che consiste nell'ampliamento dell'Istituto Oncologico Europeo, del Centro cardiologico Monzino, dell'Istituto Europeo di radioterapia, della Scuola europea di Medicina molecolare.
Il CERBA di Milano viene realizzato all'interno di un'area di 62 ettari nel Parco agricolo sud di Milano. Nasce come Centro di ricerca biomedica sul genoma, sulla medicina molecolare, sulle biotecnologie; un centro di ricerca - e questo è importante e dovrà essere anche il nostro obiettivo che interagisce in modo diretto e costante con gli spazi in cui si svolgono le attività di cura, allo scopo di abbreviare i tempi che separano la ricerca dalla pratica applicativa.
Il primo step di lavori è previsto per il 2012 la fase completa è prevista per il 2017.
L'ospedale San Gerardo di Monza è un ente di rilievo nazionale di alta specializzazione, il quarto ospedale pubblico della Lombardia. Il nuovo ospedale, perché quello vecchio è nel centro storico, è stato realizzato a ridosso del parco di Monza, quindi non al centro della città.
Una nota storica, se mi è consentita: come molti Consiglieri sanno l'Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista della Città di Torino è nato nei primi anni dell'XI secolo in una casetta vicino al Duomo; già nel 1678 i canonici del tempo rappresentarono alle "autorità" la necessità di un sito nuovo, più ampio e libero da ogni parte. Noi crediamo che, oggi, dopo cento anni, esista la stessa esigenza.
I riferimenti internazionali, che sono quelli utilizzati per il lavoro prodotto dall'AReSS sono: il distretto medicale di Chicago con 42 mila persone che vi lavorano (la principale fonte di reddito e di attività per Chicago); quello di Stoccolma con 450 imprese e 26 mila dipendenti, su un'area di 150 chilometri ad est di Stoccolma. Altro che Grugliasco e Torino, separate da 500 metri! Il 60% dei congressi ha riguardato a Stoccolma il settore biomedicale nel 2005 Stoccolma ha accolto, in questo, settore più di 60 mila visitatori.
Nella Regione della Catalogna, dove è concentrata l'industria farmaceutica e medicale spagnola, è in fase di realizzazione un nuovo ospedale con incubatore di imprese e quattro centri di ricerca.
Secondo noi, quindi, la forza di questo progetto non risiede soltanto e non solo nella realizzazione di un ospedale di insegnamento e di ricerca plurispecialistico, capace di fornire interventi sanitari di elevata complessità. Quello che ci convince è il modello del bioincubatore, che dà un senso al termine che usiamo, l'idea di Parco della Salute e della Scienza.
Ricordo all'Aula che nel 1982 fu approvato il primo vero prodotto biotecnologico: si trattava dell'insulina umana. Ad oggi, l'industria biotech genera profitti per più di 100 miliardi di euro, attraverso 6 mila società nel mondo.
Ricordo ancora qualche dato: l'industria biomedicale europea conta oggi 2.163 imprese, un fatturato pari a 21,5 miliardi di euro e vi lavorano 96 mila persone.
L'industria biomedicale statunitense conta 1.991 imprese, vale 41,5 miliardi di euro di fatturato e vi lavorano 190 mila persone.
L'industria biomedicale italiana conta 122 società, un fatturato pari a quattro miliardi di euro e vi lavorano 14 mila persone.
Voglio dire, quindi, che anche se siamo sesti in Europa, questo è un grande settore, che ha straordinari spazi di crescita che dobbiamo sapere cogliere. Per il 2010 il 30% delle risorse informative nel campo della salute saranno sul web e noi, giustamente, pensiamo di investire in questo settore 20 miliardi di euro. Penso alla telemedicina, alla teleassistenza al grande ruolo che svolgono nel campo delle azioni di deospedalizzazione.
Siamo d'accordo con la scelta di Grugliasco e di Collegno, perché sono aree disponibili, di proprietà pubblica e perché Torino e la sua provincia hanno messo in rete la gestione dei servizi, da quelli trasportistici alla gestione dell'acqua al ciclo dei rifiuti.
A Stoccolma, quando è stata realizzata la Città della Scienza, è stato realizzato un nuovo ramo della metropolitana per collegare la Città della Salute con il resto delle città.
del resto una struttura che ha l'obiettivo di diventare polo di attrazione per tutto il Paese. Ricordo che abbiamo ancora 20 milioni di euro di mobilità passiva per la vicinanza di alcune parti del territorio con la Lombardia. Ovviamente non può diventare un problema la localizzazione a Grugliasco a 500 metri della Città di Torino.
E non credo che ci sia depauperamento della rete ospedaliera torinese: CTO con l'unità spinale, il Sant'Anna e il Regina Margherita nel polo materno-infantile, il Mauriziano e le Molinette - solo una parte delle Molinette, infatti, si sposterà - continuano a garantire il bisogno di salute dei torinese e dei piemontesi.
Lavoreremo alla loro ulteriore qualificazione, ma non da soli. Penso che dobbiamo farlo con l'Università, con le organizzazioni sindacali, con i medici e tecnici del settore, con gli Enti locali.
L'approvazione di un ambizioso Piano di edilizia sanitaria ci consente di guardare con più ottimismo al futuro, per la realizzazione di un sistema sanitario che sappia coniugare efficienza e competenza, disponibilità ed umanità.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Grazie, Presidente. Sarò brevissimo.
Penso molto spesso che il nostro mestiere - io faccio un mestiere, non so gli altri, ma io faccio un mestiere - sia quello di ascoltare. Oggi ho ascoltato delle cose; avendo una certa età, ho anche cercato di capire se le cose che ho ascoltato qui fossero simili alle cose che ho ascoltato fuori, perché poi uno si confonde, caro Buquicchio, confonde i giorni confonde i tempi, confonde le persone. Adesso, con calma, cercherò di capire se le cose che ho ascoltato qui - poche, non organizzate bene, ma questa non è una cosa originale, ne parleremo quando si tratterà di pensare a come organizzare i nostri lavori - siano simili a quelle ascoltate fuori.
Come voi sapete, penso sempre a mia madre, che, essendo una pervertita d'altronde, se non lo fosse, non potrebbe avere un figlio come me magari è una di quelle che ci segue via Internet, perché ogni tanto c'è anche qualcuno che segue queste sessioni che vengono trasmette on line.
Ebbene, che cosa ha capito? Poco. Allora cerco di aiutarla, Assessore Artesio, e, aiutandola, ricomincio dall'inizio.
Che cos'è, indipendentemente da come lo si chiami - devo dire che a me piace molto la definizione del Rettore, non soltanto perché del Rettore, ma anche perché è una definizione più ampia di quella che sin qui abbiamo dato, ma non è un problema di nominalismo - che cos'è un cluster di alta tecnologia? Perché è di questo che si parla, o un Parco o un...
Ebbene, è un tavolo dove attorno, da un lato, ci si mette un po' di sanità, perché bisogna mettercela la sanità, quanta la richiede il cuoco, e da un altro lato ci si mette un po' di ricerca. Quanta? Tanta, secondo me e non solo pubblica, perché mia madre lo sa che i soldi pubblici non bastano a fare tutta la ricerca che è necessaria e, se lo sa mia madre ritengo patrimonio comune che dovremmo sapere anche noi. Poi ci si mette l'Università, oserei dire che, al di là del poi, ce la si mette all'inizio.
Questa è una Regione che, può piacere o no, nasce fondamentalmente dallo sviluppo di due componenti della nostra storia: l'esercito... È così non a caso la nostra monarchia, la nostra casa regnante a suo tempo (i Savoia) non stati né i Medici né i Gonzaga, sono stati dei grandissimi guerrieri, mercenari che combattevano al soldo di alcuni, vincevano, si facevano pagare e da questo è nato il Piemonte. Se qualcuno ha dei dubbi vada a leggersi i libri di storia e troverà questa parte molto meglio raccontata di me.
L'altra componente è stata l'Università, perché in suo nome addirittura si sono fatte delle guerre per averla qui piuttosto che qui, altro che 500 metri o 600 o 100.000! Il problema è: che cosa ci mettiamo attorno al tavolo? Allora, abbiamo detto un po' di sanità, un po' di ricerca, molta Università e poi c'è l'impresa, Chieppa.
Dico Chieppa perché ieri il Consigliere Chieppa, nonché autorevole membro dell'ancor più autorevole Ufficio di Presidenza, che cosa ha detto (giustamente, d'altronde l'ha sempre detto, quindi non è una novità)? Che lui sente attorno alla Città o Parco della Salute puzza di privato.
Qui casca - oserei dire se non fossimo in presenza di mia madre, che se dico parolacce si arrabbia e giustamente mi rimprovera - l'asino, certo senza riferimento a nessuno, tanto meno a titolo personale. Casca l'asino perché, se non ci mettete il privato, l'impresa - la vogliate chiamare mercato, la vogliate chiamare eccellenza, la potete chiamare Carlotta, come volete - questa cosa qui non sta in piedi, che la mettiate qua, là e là. E sapete perché non sta in piedi? Perché mancano i soldi, queste cose drammatiche che si possono procurare o facendo dei buchi come in un groviera (chiedere al Vicepresidente Peveraro per esperienze precedenti) oppure trovandoli su questa cosa interessante che è il mercato, che finanzia la ricerca, finanzia la formazione, finanzia l'Università.
In altri Paesi, attorno a questo disegno possono nascere uno, due, tre quattro, dieci esperimenti che possono essere considerati certamente importanti sia per i cittadini, perché senza eccellenza dubito che verremo curati meglio, sia per i piemontesi, perché altrimenti continueremo a sentire qualcuno che dice che la mobilità passiva dipende dall'eccesso di vicinanza di alcune province al Ticino. Sembra di tornare, a volte, al guado varcato a Ticino, ma eravamo al marzo 1821, sono passati quasi 190 anni dal Risorgimento, crediamo che si possa e si debba andare avanti.
Quindi noi quello che dovevamo ascoltare l'abbiamo ascoltato. Ci sembra che la Regione Piemonte stia diventando come il Carso: fuori brullo e sotto tanta acqua. Trattasi di capire se è più importante ciò che si vede all'esterno o se, come noi riteniamo, sotto c'è tanta acqua, forse più del necessario. Ma auguro alla Giunta di realizzare questa eccellente impresa come pure il Piano della delibera e come tutti gli altri programmi che sin qui sono stati con grande lavoro comunicati ai cittadini, se e quando consultati ne terrete conto. Andate avanti così che a noi, dal punto di vista politico, va benissimo, ma ci spiace per i piemontesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Manolino.



MANOLINO Giuliano

Grazie, Presidente, anche per la dislocazione degli interventi per motivi logistici personali.
A nome dei Moderati, vorrei fare un brevissimo intervento e alcune considerazioni.
Poiché dal punto di vista tecnico e dal punto di vista scientifico sono già intervenuti e hanno già parlato ovviamente coloro che ne hanno piena competenza, vorrei parlare semplicemente di una dislocazione, perché il tema di oggi era proprio la Città della Salute: dove, perché, perché la si toglie a Torino.
Onestamente devo dire che non riesco a capire queste eccessive preoccupazioni che, anziché costituire - come qualcuno ha affermato - un taglio della sanità torinese, secondo me (e a quanto ho sentito, mi pare confermato) costituiscono una vera e propria innovazione e integrazione della sanità torinese. Che poi lo si chiami Parco della Salute, Parco della Scienza, Città della Salute non è un problema, il vero nodo da sciogliere è che questo non è un ospedale, questo non è un semplice presidio sanitario come quelli - tanti - che sono sulla città di Torino, alcuni dei quali costituiscono pure delle eccellenze.
Devo dire che in questi otto anni di Regione non ho mai avuto ovviamente, la possibilità di approvare e di discutere un progetto così grande. Si è sempre parlato di ampliamenti, di manutenzioni di ospedali e questo nel nome di una serie di fattori, quali il campanilismo l'assuefazione dei cittadini a certi presidi; mai un progetto strutturale con un intervento davvero radicale sul territorio. Quindi devo dire che oggi si guarda davvero avanti non con un mantenimento, non solo con un qualcosa di nuovo, ma si sta guardando al futuro.
Dico davvero: questo è un atto di coraggio. A me sembra davvero un atto coraggioso vuoi per le difficoltà delle risorse e dei sistemi di cui parlava anche il collega prima, ma credo che ci voglia un bel coraggio e si debba osare per il futuro e per le nuove generazioni.
Vorrei riprendere l'intervento che ha svolto l'Assessore Viano del Comune di Torino prima, che condivido pienamente perché faceva espresso riferimento all'Area Metropolitana.
A me pare di capire che da anni abbiamo in programmazione l'area metropolitana, naturalmente non solo per la città di Torino, e quest'area metropolitana, nell'ambito dello sviluppo dei servizi e delle infrastrutture, prima o poi sarà una realtà.
ovvio che un'area metropolitana raggiunge, interessa e coinvolge almeno altre quindici-venti Comuni che fanno corona all'attuale capoluogo.
Ebbene, se pensiamo che oggi a Torino centro, alla centralità di una città venga tolto qualcosa, dobbiamo anche pensare che una nuova Città della Salute, in realtà, anziché togliere, darà maggiore respiro ad una città nella quale non penso possa essere realizzato né il Parco della Salute, n la Città della Salute per mancanza di spazi (salvo che si vogliano eliminare quei pochi polmoni verdi che ancora oggi ci sono nella città magari si potrebbe utilizzare Piazza d'Armi, tanto per fare un esempio laddove l'espansione territoriale consentirebbe questi interventi).
Mi pare che questo progetto consenta a Torino - mi richiamo anche all'intervento del Consigliere Lepri di poco fa - non solo di avere una struttura in più, ma di avere un'eccellenza in più mantenendo le strutture attuali. Queste strutture, distribuite a macchia di leopardo sulla città oggi sono - da un punto di vista non dico statico, ma strutturale, da un punto di vista organizzativo e di servizi interni - in parte fatiscenti per cui si ipotizza un recupero delle stesse. Se poi il Polo di Torino Sud che fa perno dalle Molinette al CTO attuale, viene recuperato come polo sanitario, oltre che universitario, per completare il quadro delle strutture che rimangono nella città di Torino, mi pare davvero necessario pensare in grande. Pensare ad un'area metropolitana e pensare che l'individuazione fatta sul territorio di Torino-Grugliasco altro non è che una centralità di quella che sarà un'area metropolitana che, anziché avere 900 mila abitanti, avrà un milione e mezzo di abitanti e avrà, con un polmone di sfogo forte, la possibilità di espandere l'area raggiungendola con i nuovi servizi e le nuove infrastrutture.
Questa raggiungibilità, questa comodità che oggi non toglie servizi sanitari alla città, consente ai torinesi di guardare in grande, di pensare in grande, di avere, non dico fra vent'anni, la disponibilità di un'eccellenza, ma di far diventare realtà la modifica delle strutture sanitarie. Ho parlato di un atto di coraggio, e tale lo considero. Mi rendo conto che sia un coraggio proprio per la difficoltà dei costi e delle risorse.
In questo momento non capisco davvero la voglia di strumentalizzazione o, comunque, di contestazione di una dislocazione. Penso che la Città della Salute debba diventare patrimonio di tutti. Quando dico tutti, dico certamente i torinesi e il centro città, ma certamente anche tutte le città che nella periferia, nel contorno di Torino, non possono che plaudire alla migliore raggiungibilità, alla non necessaria penetrabilità della città storica e alla disponibilità di un'innovazione scientifica e tecnologica che, io credo davvero, sia non solo un atto di coraggio, ma un atto dovuto per il futuro dei nostri cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Vicesindaco del Comune di Grugliasco, Luigi Montiglio.



MONTIGLIO Luigi, Vicesindaco Comune di Grugliasco

Non mi avventuro in ragionamenti sostenuti da Consiglieri regionali e altre persone sicuramente più qualificate. Il mio compito è molto limitato e credo che, sostanzialmente, devo dire una cosa ai Consiglieri regionali che vogliono sapere da noi se la Città di Grugliasco è interessata e pronta a ricevere questa opportunità. Io chiamo opportunità.
Come tanti altri, siamo venuti in possesso di uno studio di prefattibilità sulla Città della Salute e della Scienza; l'abbiamo guardato, ci siamo resi conto che, ovviamente, alcune questioni le pone ma per la nostra città e per l'area attorno alla Città di Grugliasco sicuramente rappresenta un'opportunità.
La Città della Salute e della Scienza dovrebbe essere realizzata su aree che il piano regolatore di Grugliasco aveva destinato in buona parte alla Facoltà di Scienze motorie - l'ex SUISM - su aree della Provincia e in minima parte, su aree agricole.
Per quanto riguarda la scelta, non è sicuramente in contrasto con il nostro piano regolatore anche se occorrerà ripensare - questo credo sia giusto - ad alcune scelte, valutando le opportunità che per la nostra città si offrono.
Ho sentito da chi è intervenuto prima di me citare l'Assessore Viano che credo abbia fatto un ragionamento che anche a noi interessa fare e che stiamo cercando di fare come Città di Grugliasco, cioè agganciarci al piano strategico dell'Area metropolitana dove, sostanzialmente, si deve ridisegnare tutti insieme il futuro - io la chiamo così, se permettete della grande Torino.
La Città di Grugliasco si sente partecipe alla grande Torino, quindi siamo disponibili a dare il nostro contributo, a far sì che certe scelte vadano avanti.
Cosa vuol dire una Città della Salute che va ad inserirsi in un'area dove - ormai è decisa e sta andando avanti - si è scelto di portare tutte le facoltà scientifiche - vedo presenti dei rappresentati che stanno lavorando a questa cosa - per cui si inserisce in questo contesto? Si inserisce in un contesto dove, sempre nel sistema metropolitano, un terzo del nostro territorio lo abbiamo destinato a parco urbano che dovremmo realizzare attraverso le compensazioni del termovalorizzatore che arriverà ad alcuni chilometri dalla nostra Città ma, soprattutto, e credo che questo sia un ragionamento molto interessante da tener presente, è l'asse di Corso Marche la direzione nella quale si cerca di portare avanti questo progetto.
Dobbiamo pensare, non solo come Città di Grugliasco, ma tutti insieme a tre grosse questioni che coinvolgono quell'area: l'incremento delle facoltà scientifiche a Grugliasco, il parco urbano, Corso Marche. Come inseriamo la Città della Salute in questo contesto? Come facciamo sì che la Città della Salute diventi un'ulteriore opportunità per spostare il baricentro di tutta una serie di attività che avvengono nell'area metropolitana, verso quella zona? Credo di essere stato abbastanza chiaro nel dire che siamo pronti e disponibili. Chiediamo che questa scelta sia accompagnata da una serie di interventi che non penalizzino i nostri cittadini, ma li facciano vivere questo progetto come un'opportunità.
Soprattutto sono qui a chiedere una cosa questa mattina: che si decida in fretta, che si prenda una decisione. Stando a questo documento, le opportunità sono tre, se ho letto bene. Vi chiediamo di decidere il più in fretta possibile proprio per consentirci di continuare a programmare lo sviluppo della nostra Città.
La cosa peggiore per i cittadini e per noi che amministriamo una Città come Grugliasco è tenerci in ballo: si fa? Non si fa? Vi chiedo di prendere una decisione rispetto a questa scelta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Ferrero, come esponente dei Gruppi di minoranza; ne ha facoltà.



FERRERO Caterina

Grazie, Presidente.
Un saluto anche da parte mia a coloro che oggi sono intervenuti in Consiglio regionale. Un Consiglio molto utile anche alla riflessione personale di ognuno di noi che, in questi mesi, ha letto molti documenti e molti articoli sui giornali, e ascolta oggi, in questo contesto, l'esame di una situazione della quale ci siamo definitivamente convinti.
Al di là dell'impostazione che la Giunta ha voluto dare all'esterno e al Governo nazionale - vale a dire di un progetto ormai avanzato ed una scelta compiuta di dove, come e quando realizzare il Parco della Salute, la Città della Salute e della Scienza (mi limito al titolo delle numerose pagine che penso siano il progetto presentato a Roma) - oggi più che mai personalmente mi sono convinta che trattasi di un progetto di prefattibilità, nel senso che i contenuti di tutti gli interventi, sia della parte politica di maggioranza che sostiene questa Giunta, sia di questa Giunta, sia di coloro che teoricamente in questi mesi avrebbero dovuto partecipare alla definizione degli elementi essenziali (dove, come quando e perché), sono ancora a livello embrionale.
Questo è il primo dato che, secondo me, questo Consiglio deve prendere in considerazione. Perché dico questo? Dico questo perché non ho ancora capito che cosa volete fare con questo Parco della Salute. Nel senso che mi pare di aver colto molte ipotesi che nascono dal contributo delle parti sociali di questa maggioranza e delle parti politiche.
Qualcuno dice: "La Città della Salute deve essere un polo di ricerca ma anche di ricollocalizzazione di una parte ospedaliera". Qualcun altro dice: "Facciamo attenzione che, al di là di una giusta reale esigenza di razionalizzazione della rete ospedaliera che il nostro territorio ha come esigenza, abbiamo anche un'altra esigenza, che è quella di concentrarci prevalentemente sullo sviluppo della ricerca applicata, dello studio e dell'incubatore, che fa sì che in questa realtà possano essere inseriti spunti, stimoli e attività che possano portare a delle conseguenze positive sulle modalità di cura delle varie patologie. Questa deve essere la missione".
Parallelamente, altri sostengono che nella realtà questo Parco della Salute deve essere la seconda parte di un polo composto di due aree.
Prendiamo atto che oggi il problema non è il dove, al di là del fatto che il collega Manolino sia contento che oggi si sancisca che il tutto deve andare a Grugliasco perché questo era l'ultimo tassello di un quadro già ben definito. Invece, prendiamo atto che siamo in una situazione in cui dal nostro punto di vista, non si comprende ancora quale deve essere la missione di questo Parco della Salute.
Al di là delle idee che sono legittime, utili contributi evidenziati nella discussione di questo Consiglio regionale, direi, a questo punto, che il Parco della Salute che la Giunta ha in mente è una cosa all'interno della quale c'è l'ospedale, ed è un ospedale misto specialistico e misto media-alta qualità, che non è la considerazione più immediata rispetto ad un concetto di chi sostiene che lì ci debba essere solo ed esclusivamente l'alta specialità.
Io lo dico molto sommessamente: il problema qui non è tanto il "dove" il problema è che cosa ci vogliamo fare all'interno. Penso che un Parco della Salute, impostato su un percorso di lungo termine, di alta specialità, di alta ricerca e di alta applicazione, per avviare un percorso migliorativo delle cure che questo territorio offrirà al Piemonte, ma con l'ambizione di essere un'importante concorrente nei confronti del resto del nostro Paese e - perché no - anche a livello internazionale, deve porsi il problema di come individuarlo, staccandosi forse un po' da quelle che sono le esigenze di ricollocalizzazione, che alcuni vedono doversi realizzare in questa realtà. Diversamente, diventa difficile impostare un ragionamento di alta specialità, che però deve contenere un pezzettino di quella medio bassa e un pezzettino di quell'altra realtà.
ovvio che il tempo disponibile è molto limitato, ma inviterei veramente questa maggioranza a mettere anche l'opposizione nelle condizioni di ragionare su un punto di partenza che oggi non si è capito. Un polo di eccellenza deve essere un polo di eccellenza, dove le cure vengono fatte rispetto a situazioni che necessitano cure di altissima qualità all'interno della quale, dal mio punto di vista, non si può mettere tutta la fase formativa e tutta la fase applicativa, perché ci deve necessariamente essere un legame tra che cosa si cura e la ricerca che si fa in proposito.
Ribadisco un concetto che bene ha espresso il collega Capogruppo Burzi: deve essere un contesto di pubblico-privato molto consistente. Il pubblico non sarà mai in grado di poter mettere a disposizione non solo le risorse ma anche, dal mio punto di vista, le capacità per far sì che questo ragionamento funzioni. Non ce lo insegnano gli esempi europei o mondiali ce lo insegnano molte Regioni, che hanno sviluppato progetti all'interno dei quali il ruolo del privato ha creato un contesto per recuperare risorse e garantire professionalità ed esperienza.
Non si comprende quale ruolo debba avere il privato, quindi attendiamo pazientemente (nonostante i tempi limitati che abbiamo a disposizione per avere un quadro complessivo) di capire alla fine qual è la vostra proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Turigliatto.



TURIGLIATTO Mariano

L'ora è tarda, l'attenzione cala e il rischio di dire sciocchezze è aumentato esponenzialmente. Mi limiterò, pertanto, a tre suggestioni. La prima è riferita al modo e al processo attraverso il quale si arriva a produrre delle decisioni relativamente a un tema e ad un processo di trasformazione così importante.
Credo (ne sono fermamente convinto) che il modo con cui si assumono decisioni di questa portata e di questa natura deve essere un modo partecipato e condiviso, il che non vuol dire sbrodolato, ma vuol dire che è compito e dovere della politica mettere prima di tutto intorno ad un tavolo tutti i soggetti che sono coinvolti - nel nostro caso, sono molto evidenti: gli enti territorialmente competenti e l'Università - per cercare di trovare insieme modalità che ci permettano di disegnare il futuro modello di Parco della Salute o Città della Salute - chiamiamolo come lo si vuole - raccogliendo in questo senso la sollecitazione e anche la sfida culturale del Rettore.
Pertanto, mi pare riduttivo e pericoloso affidarsi a studi redatti da consulenti che rielaborano ed elaborano materiali nuovi, ma rielaborano materiali noti senza che in realtà si scateni e si apra davvero un dibattito culturale che non è tempo buttato o tempo sottratto alle decisioni che bisogna prendere per forza in fretta. È solo da lì che scaturiscono le ragioni di una scommessa sull'Università, sulla sanità e sull'ospedale del futuro. Diversamente, non credo che si possa arrivare a costruire un modello che possa avere lo stesso peso e la stessa valenza e forse, fra qualche anno la stessa attualità.
Di scorciatoie su decisioni importanti nella nostra Regione ne abbiamo viste tante perché bisognava decidere in fretta, con il risultato che non una di queste cose è arrivata a compimento, se non dopo che il processo decisionale e di discussione è stato rimesso sui binari della condivisione e della partecipazione.
Per quanto riguarda la seconda osservazione, devo dire che, sul tema del Parco della Salute, credo che esistano almeno due soggetti che devono stare sullo stesso piano e che devono darsi come obiettivo (qualora non se lo siano già dato) non di procedere a strappi, ma di procedere insieme quanto più possibile, scambiando e condividendo le informazioni necessarie a costruire un modello che permetta di rispondere a quella sfida culturale alta di cui si parlava prima: l'Università e la Regione. Poi ci sono tutti gli altri che ci devono stare, ma credo che questo sia imprescindibile e che perciò le due questioni, i due enti e le due esigenze, i due insiemi di problematiche culturali, operative, funzionali ecc. debbano procedere insieme e non in parallelo, per incontrarsi ogni tanto, quando si valuta che sia il momento che questo accada. Credo che su questo si debba, con ogni probabilità, lavorare molto ancora più di quanto non sia già peraltro stato fatto finora.
La localizzazione di un polo di questa natura, che sia sotto forma di arcipelago, che sia sottoforma di bi-polo o di un unico grande conglomerato non può prescindere dalla definizione della costruzione di un modello che non può solo essere enunciato per grandi funzioni. Bisogna che un po' alla volta, sulla base delle esigenze, di quella scommessa di sanità formazione, istruzione, ricerca del futuro si cominci a definire un modello prima di tutto funzionale e poi anche architettonico di dislocazione di spazi e di intreccio di funzioni che comportano perciò ragionamenti di ingegneristica e di architettura di un certo segno, piuttosto che di un altro.
Una volta individuato il modello funzionale, si sceglie la sua ubicazione e la sua localizzazione, scorporandone le parti che sono scorporabili, ma mantenendo insieme le parti unitarie, che per forza devono stare insieme.
Mi sembra che questo eccessivo insistere, oggi, sul tema della localizzazione preceda un po' troppo il problema fondamentale di questo futuro parco. Alla luce delle sfide che siamo in grado di cogliere non noi ma chi si occupa di questi temi, e alla luce delle sfide che vogliamo percorrere e di quello che sarà il futuro della sanità, lì dentro, che cosa ci si vuole mettere? In che modo? Con quali intrecci e sinergie? Questo mi sembra il tema intorno al quale, bene e in fretta e con il massimo coinvolgimento, è essenziale discutere, magari lanciando un convegno internazionale che ci dica un po' più da vicino quali sono le frontiere della medicina di domani nell'ambito della ricerca, della didattica e dell'applicazione. Credo che da questo dovrebbe partire il discorso che ci porti prima o poi a decidere per un posto piuttosto che per un altro. Altrimenti, ho l'impressione che questo dibattito continui ad essere un po' finto e, per certi versi, un po' surreale, perché stiamo parlando di dove mettere una cosa della quale conosciamo a malapena i titoli, ma non il contenuto e l'idea. Una politica che fa questo, non fa un buon servizio.



PRESIDENTE

La parola al dottor Ferdinando Mallamaci.



MALLAMACI Ferdinando, Segretario regionale della CISAL (Confederazione Italiana Sindacati Autonomi dei Lavoratori)

Buongiorno a tutti.
Inizio il mio intervento citando e commentando alcuni dati: 1) Ho qui Torino Cronaca di sabato 20 ottobre 2007 (pag. 18): "None. è deciso il taglio di tre produzioni su sei. Produzioni trasferite in Polonia. L'Indesit dimezza lo stabilimento. A rischio 700 operai, ieri in sciopero ecc..." 2) Leggo ancora su La Stampa di venerdì 19 ottobre 2007 (pag. 33): "Enti Locali e derivati, si muovono i pm. Banche nel mirino per i contratti sui Bond emessi a partire dal 2002. La Procura di Milano indaga per truffa a Comune, Provincia e Regione".
3) Come se non bastasse, leggo sempre su La Stampa, venerdì 19 ottobre 2007 Cronaca di Torino, (pag. 67) (pag. 18): "Tre anni a Ferro. Dirigente corrotto. Tangenti nella sanità regionale ecc..." Commento i suddetti fatti constatando che, a suo tempo, il Piemonte ebbe una classe dirigente capace di costruire un grandissimo apparato industriale: metalmeccanico, chimico, tessile, ecc...; e questo, sia dopo il Risorgimento, con la Rivoluzione Industriale e sia dopo la Seconda Guerra Mondiale con la Ricostruzione.
Adesso, nel caso della Indesit, come in moltissimi altri casi simili in Piemonte, questa azienda viene smobilitata e smontata in parte o in tutto e disinvoltamente traslocata dal Piemonte all'estero in Polonia o altrove nel mondo.
Accanto al discorso sulla Indesit, ritengo, qui ed ora, utile ed importante per questo consiglio regionale riconsiderare il caso emblematico della Fiat.
Infatti, a suo tempo, alla FIAT (1969-1977), solo a Mirafiori c'erano centomila operai; adesso tutta la FIAT del Piemonte consta di solo trentamila addetti.
Nel caso Indesit, nel caso Fiat ed in tantissimi altri casi, ognuno pu vedere che gli interessi del Piemonte vengono del tutto trascurati o lesi addirittura proprio da certi esponenti e settori della classe dirigente piemontese; infatti pare proprio che essi non si considerino neanche più torinesi, o piemontesi, o Italiani o europei, ma solamente... "cittadini del mondo" senza alcuno spirito di solidarietà per i propri concittadini corregionali e compatrioti, o che siano comunque al "si salvi chi può" e stiano smobilitando e svendendo tutto quello che di importantissimo i padri, i nonni e i bisnonni avevano saputo costruire, far crescere e mantenere per la prosperità di tantissimi qui in Piemonte; e questo avviene senza per altro che in cambio essi sappiano o vogliano prospettare alternative realistiche o per lo meno... credibili.
A riguardo di questo ultimo argomento, sembra anzi che da parte di costoro o dei loro associati spesso vengano proposti quasi dei... castelli in aria, irrealizzabili, o estremamente dispendiosi, e soprattutto con un ritorno che molto egoisticamente non solo va ad esclusivo vantaggio di loro pochissimi eletti e della loro chiusa e ristretta cerchia, ma il più delle volte che va anche a sicuro e totale discapito di tutti noi e della gran massa della gente del Piemonte.
Tra l'altro, anche qui a Torino, come a Milano, sappiamo che c'è questa grana della Procura che indaga ed interviene nei conti della Regione.
Insomma, ad un certo punto si è costretti a constatare che mentre alla gente si chiedono tasse, tasse e tasse; poi, proprio su quegli stessi soldi raccolti con quelle discutibili tasse, vengono imbastite tutte queste truffe, truffe e truffe! Sottolineo ancora il fatto evidente a quasi tutti che in questo momento, c'è una pressione di tasse insopportabile sulla collettività e sui singoli, e che essa rende difficilissimo prosperare o impedisce addirittura di sopravvivere, specialmente ai socialmente più deboli, imprenditori o no che siano.
Di fatto, all'insegna di un darvinismo sociale senza misura, vengono oppresse in tutti i modi la maggior parte delle imprese specie se piccole deboli, locali ed individuali, mentre si favoriscono e si privilegiano in tutti i modi anche più spudorati, i più colossali e potenti dinosauri economici d'Italia, d'Europa e del mondo intero, anche se in realtà rappresentano gli interessi privati locali o stranieri di pochi ricchissimi, come ad esempio gli effettivi padroni delle grandissime catene di enormi supermercati, anche tipo: "La Coop sei tu", oppure "Carrefour" che è il secondo colosso a livello mondiale nella distribuzione dopo Wal Mart la quale, tra l'altro, ha scavalcato in grandezza anche la Esso, la General Motors e la Toyota, e quindi è la prima azienda in assoluto a livello mondiale.
In sostanza: una certa parte della classe dirigente italiana e piemontese, che si crede o si spaccia per "intelligentissima" e "moralmente ineccepibile", agisce, di fatto, come se desse per scontato che il popolo torinese e piemontese e italiano sia "bue" e "non sappia come spendere i suoi soldi"; per cui, ecco che questa "élite", preme con tutti i suoi potentissimi mezzi diretti ed indiretti sulle istituzioni affinch estorcano tutto il possibile dal popolo con infinite ed esorbitanti tasse imposte, multe, balzelli, penali, ecc.; e poi, dopo il danno la beffa, ecco che essa cerca di imporre alle stesse istituzioni di investire questi capitali a suo privato ed esclusivo vantaggio ad esempio, come nel caso oggi in questione, su progetti di "meravigliose città incantate" ed anzi di "paradisi in terra".
Tra l'altro, questi ristretti ambienti, che spesso si atteggiano come se avessero la "puzza al naso", affermano che le "città non sono più moda" non sono "vivibili"; perciò ecco che decantano i pregi della "campagna" e vorrebbero spingere tutti a desiderare e sognare l'Arcadia e le sue pastorellerie; costoro quindi favoleggiano di un "Parco della Salute e della Scienza" e come sua sede privilegiano ovviamente l'"aperta campagna" di...Grugliasco.
Tra l'altro, si stenta a credere alla buona fede o all'intelligenza di detti disinteressatissimi superecologisti visto che non sono minimamente turbati dal fatto che nella "aperta e salubre campagna" di Grugliasco che essi stanno perentoriamente indicando per questo loro idilliaco "Parco" sembra vi siano veleni, scarichi industriali, "et similia" e che insomma stanno, di fatto, proponendo un'"Arcadia" un po'... fasulla, e comunque molto discutibile e decisamente preoccupante.
Riassumendo si prospetta una "Città della Salute" anzi un "Parco della Salute... e della Scienza", con soldi che si sa fin troppo bene che vengono dalle tasche di tutti, e che da ben fastidio vedere che, al di là delle grandi messe in scena, alla fine sono destinati a finire nelle tasche dei soliti pochi: perché c'è chi se li frega direttamente e finisce in tribunale come Ferro; e chi invece se li frega indirettamente, perché, o per incoscienza o per malizia, pilota gli Enti pubblici al naufragio sugli scogli di debiti disastrosi con le banche; per cui alla fine da tutto questo spremilimoni delle tasse sulla massa dei contribuenti si capisce fin troppo bene che ci guadagneranno solo i soliti pochi superprivilegiati e pochi altri del loro seguito, ma non certo la gran massa della gente del Piemonte e di Torino nel suo complesso.
Poi, ci sono questi "luminari": professori universitari che parlano delle meraviglie mediche e scientifiche di Stoccolma, di Chicago, della Catalogna, ecc. e scalpitano per figurare anche loro a livello "international"! Ma io chiedo: "A spese di chi? A vantaggio di chi? Perché credo che pochi possano condividere ciò che questi, sia pure rispettabilissimi scienziati, propongono, specie se il fatto comporta che il tutto si faccia tramite fondi pubblici raccolti a spese dei sacrifici di tutta la comunità pagando le tasse; ma con l'esito finale a tutto esclusivo o prevalente vantaggio di costoro e delle banche ed a sostanziale discapito della collettività A questo proposito ritengo che si possano trarre indicazioni utili su cosa sia adesso più opportuno e che cosa sia del tutto fuori luogo riandando a certi grandi esempi del passato, che qualcuno qui ha anche in parte citato, e considerare che: Vi furono a suo tempo in Piemonte, personaggi come i Principi di Savoia-Carignano che con il loro spirito di intraprendenza e la loro iniziativa seppero acquisire grandi ricchezze, tanto è che costruirono l'ammirabile Palazzo Carignano; e anche se qualcuno dirà che per farlo andarono fino in America a fare i "mercenari". Rispondo che, si pu tollerare che, non trovando niente di meglio per sopravvivere o per prosperare, abbiano fatto i mercenari, perché per lo meno lo seppero fare con notevole fortuna, e, soprattutto, lo fecero rischiando non su beni pubblici, ma in proprio sui loro averi, ed anzi in prima persona sulla loro propria pelle.
Poi, ci fu il Risorgimento con le grandi conquiste realizzate con l'Unità d'Italia che per Torino ed il Piemonte furono avventure particolarmente fortunate; tanto è che, sui successi del Risorgimento e sull'Unità d'Italia c'è ancora adesso a Torino e in Piemonte certa tantissima gente che ci campa di rendita alla grande.
Poi, c'è stata la Rivoluzione industriale, con Torino importantissimo vertice del Triangolo... Industriale che tanta ricchezza ha portato in Torino ed in Piemonte.
Infine nell'ultimo dopoguerra ci fu il grande affare della "Ricostruzione", del "Piano Marshall" e del "Boom economico", e Torino ed i Piemonte ci prosperarono sopra come non mai.
Adesso, invece, certi elementi della classe dirigente del Piemonte che vorrebbero essere all'onor del mondo, come certi loro colleghi Americani Svedesi, ecc. da una parte non si curano per nulla della progressiva smobilitazione di fatto di tutto il vecchio apparato economico e produttivo e dell'impressionante impoverimento veloce e progressivo delle masse popolari di Torino del Piemonte e dall'altra, come in questo caso odierno pare ci vogliano distrarre ed illudere spingendoci a sognare una non ben chiara "Arcadia" come soluzione dei gravissimi problemi del Piemonte.
In realtà, a me sembra che a Torino, ai nostri giorni, si stia verificando, ma in peggio, un fenomeno simile a quello che successe a Venezia, quando, nel XV° secolo, essa fu tagliata fuori dai commerci con l'Oriente.
Nel momento in cui i Veneziani non riuscirono più a trarre profitti dal monopolio dei commerci con l'Oriente e, tra le altre, anche la loro famosa industria del vetro di Murano era stata ormai copiata in Francia e altrove allora rivolsero le loro iniziative verso l'interno, nelle campagne del retroterra veneziano, investendo soprattutto nell'agricoltura realizzando guadagni sia pure minori rispetto al passato, ma sempre abbastanza consistenti da permettergli di costruire le loro magnifiche e famose ville palladiane.
Quindi, ripeto che mi sembra che oggigiorno in Piemonte vi sia un fenomeno analogo, anche se non necessariamente altrettanto brillante come quello veneziano di allora. Di fatto, siccome ormai con le vecchie e tradizionali industrie rivolte verso il mercato esterno non si guadagna più come una volta, ecco che adesso, una parte dell'attuale classe dirigente piemontese ha escogitato... Slow Food! Cioè si è "riconvertita" "buttandosi" sull'agricoltura; ed insomma costoro vorrebbero far trionfare il ritorno alla campagna anche in nome di un epicureo e godereccio "mangiuma bin!".
Personalmente, per quanto io apprezzi anche in parte questa riconversione, dubito però fortemente che l'economia di più di cinque (5) milioni di Piemontesi possa basarsi solo o soprattutto sulla "grande risorsa" delle trifole, del barbera, dei gianduiotti fatti con la nocciola gentile delle Langhe, ecc..." Ma questi intraprendenti innovatori del "ritorno alla campagna" siccome hanno capito che "Naturalmente, subito dopo il "mangè bin", l'ovvio corollario è "Vanta sté bin! Pensuma a la salute!"; ecco che, da "gran dottori" quali sono, ci prospettano il loro progetto della "Città della Salute". Anzi, meglio ancora, in accoppiata con i "grandi ingegneri" del Politecnico, propongono il "Parco della Salute... e della Scienza", il tutto inserito in quella ben nota Arcadia locale che è... Grugliasco, dove appunto,... forse non abbondano le ecologiche pecorelle, ma in compenso sembra certo che non manchino... i veleni e gli scarichi industriali.
è comunque, a questo punto, interessante notare che come qui ed ora certuni ci hanno presentato questi idilliaci progetti; similmente, poco tempo fa è successo, che, qui in Italia, in Piemonte e a Torino, i "mitici" responsabili FIAT, con identica disinvoltura hanno fatto appello al nostro spirito patriottico di "Italiani", "Piemontesi" e "Torinesi", e ci hanno invitato con grandi fuochi d'artificio, a festeggiare e comprare la nuova auto "italiana, piemontese e torinese ": la "Cinquecento", che essi fabbricano "in... Polonia".
D'altra parte, ormai da un pezzo, quasi tutti hanno capito benissimo che i responsabili Fiat, se ne fregano altamente di Torino, del Piemonte e dell'Italia ed anzi dell'Europa intera perché è chiarissimo anche ai più sprovveduti che, tutto quello che costoro guadagneranno dalla vendita non solo della loro nuova "Cinquecento" "italiana di... Polonia", ma anche dalla vendita di tutta la Fiat "torinese del... mondo", essi sono più che seriamente intenzionati ad investirlo in... Cina, in India e comunque altrove all'estero, dovunque il dio Profitto li porti, ma non certo qui in Italia, e men che meno in Piemonte o a... Torino.
Di fatti, i titolari della Fiat sanno benissimo, come tutti noi, che se già ora la loro Cinquecento viene a costare diecimila o dodicimila euro e perciò non è per niente concorrenziale di fronte a molti modelli stranieri equivalenti; non si capisce affatto quali prospettive possano avere con la "loro" FIAT a Torino, in Piemonte ed in Italia, quando i Cinesi, gli Indiani ed altri, con capitali, tecnologia ed uomini, oltre che loro, anche di tutto l'Occidente ed anche della stessa Fiat, nel giro di due-tre anni, essendo dilagati sul mercato mondiale, arriveranno anche qua come uno "tsunami" sul "liberissimo" mercato locale di Torino, del Piemonte, d'Italia e d'Europa con le loro macchinette "usa e getta" da tremila euro...
A suo tempo, ho già detto che la Fiat, qui a Torino e in Italia, era ormai al canto del cigno; ma questo che sta per succedere mi sembra più simile al grido dell'oca, che, avendo finito da un pezzo di essere "l'oca dalle uova d'oro", sta per essere strozzata e per essere messa...
rapidamente in pentola.
Alla Fiat, più che far festa, sembra che stiano per farle la festa.
Dopo questa digressione, tornando, comunque nuovamente al tema specifico della seduta di questo Consiglio, ed ammettendo pure che si faccia questo "Parco della Salute e della Scienza"; bisogna comunque chiedersi: in realtà, lo si fa perché?... e per chi? Se tutti i grossissimi finanziamenti pubblici che saranno profusi serviranno in sostanza a costruire un nuovo "megaospedale" che, situato fuori Torino, soppianti tutti gli attuali ospedali distribuiti in Torino: le Molinette, il Mauriziano, il Maria Vittoria, ecc., di modo che esso concentri in sé le loro funzioni; se in altre parole si creerà un gran dinosauro organizzativo che divori gli organismi più piccoli, questo lo si farà principalmente per ottenere economie di scala sulle infrastrutture sulle apparecchiature, sulle spese d'esercizio e manutenzione e soprattutto sull'organico complessivo del personale addetto al servizio sanitario dedicato alla grandissima massa degli ospedalizzati che saranno lì concentrati; e pertanto il tutto servirà principalmente a diminuire il numero degli occupati e non necessariamente a migliorare la qualità del servizio stesso erogato.
Il fatto è che, se questo Parco della Salute e della Scienza pretende poi d'essere anche qualcosa a livello di Stoccolma, Chicago, Catalogna ecc., temo allora che, pur richiedendo esso altissimi investimenti pro capite per ogni singolo addetto, che dovrà perciò essere molto tecnico molto preparato e molto specializzato, non solo non porterà molta occupazione, ma soprattutto servirà per produrre servizi particolarmente rari e cari. Sarà cioè roba per pochi eletti e non certo per la moltitudine dei comuni mortali locali torinesi e piemontesi.
Sarà qualcosa di ... "international"! Cioè servizi di lusso da proporre a livello mondiale, un po'... come la... Ferrari che vende benissimo in Cina , in India, ecc.
Badiamo allora che, come per la Ferrari, che guarda tanto all'estero al consumo di lusso dei nuovi ricchi della Cina, all'India, ecc.
analogamente questo "Parco della Salute e della Scienza", se lo si farà secondo i desideri più o meno espliciti di questi luminari che volano tanto in alto, con ambizioni internazionali, lo si farà appunto prima di tutto per risparmiare sui servizi rivolti alla gran massa dei poveri il cui numero è attualmente in aumento tumultuoso tra il popolino locale, ma piuttosto lo si farà soprattutto rivolti con l'occhio fisso all'estero, e mirando avidamente al ben più redditizio mercato dei "malati stranieri di lusso" tra i nuovi ricchi sempre più numerosi in Cina, in India, ecc.
Temo perciò che, come certuni si danno tantissimo da fare per reclamizzare e far trionfare la Ferrari, industria di lusso per pochi eletti, ma contemporaneamente, senza troppo chiasso smobilitano, smontano traslocano ed alienano la Fiat, industria di massa per i tanti; così analogamente, sulla questione della ristrutturazione ed ammodernamento dei servizi sanitari a Torino e in Piemonte, vi è chi indebitando gli enti pubblici ed il paese vuol creare a suo pro privato una capacità ospedaliera d'élite di livello mondiale, e per converso sembra volere inevitabilmente smobilitare e smontare o comunque ridimensionare fortemente la capacità, la qualità, la tempestività, la comodità e l'efficacia dei servizi ospedalieri dedicati alle masse popolari a livello locale.
Se le cose, stanno effettivamente così, a quest'ambiziosissima e particolare ristretta frazione e fazione della classe dirigente piemontese e torinese che si sente d'altissimo livello culturale, scientifico ecc., e vuole volare tanto in alto a spese di tutti noi, vorrei pertanto dire una cosa e cioè che sono rimasto molto colpito, da alcuni casi esemplari a mio avviso particolarmente significativi che sono di tanto in tanto ricorsi nella storia degli ambienti tecnici e scientifici e di tutti i paesi e di tutti i tempi, come ad esempio il caso di: Pitagora, grandissimo filosofo e matematico dell'antichità, che, pur essendo giunto a grandissimi risultati scientifici e politici, ma avendo sponsorizzato oltre misura il partito di certi aristocratici particolarmente slegati ed ostili agli interessi del popolo, fece una pessima fine: perse tutte le sue grandi fortune e sembra che finisse bruciato vivo assieme a molti dei suoi seguaci in quel di Crotone duemilacinquecento anni fa.
Archimede di Siracusa, matematico, astronomo, fisico ed ingegnere geniale e superiore anche allo stesso Leonardo da Vinci, essendo legatissimo ai crudeli tiranni di Siracusa, fece una pessima fine anche lui, e tutta la sua avanzatissima e raffinata scienza fu travolta e non gli servì a granch di fronte ai rozzi, ma pragmatici ed efficaci Romani.
Ipazia, una delle donne più straordinarie di tutti i tempi, anche lei un'intellettuale ed una scienziata d'altissimo livello: matematica astronoma e ingegnere particolarmente valente; che, oltre ad essere particolarmente colta ed istruita, era bellissima e pur tuttavia priva di superbia e d'arroganza, ma gentile e disponibile al dialogo ed al confronto democratico con chicchessia, e per di più dotata di gran capacità dialettiche ed oratorie che ella esercitava con notevole successo di pubblico nel Foro d'Alessandria. Eppure, essa, di famiglia molto ricca e tra le più socialmente rilevanti, ma anche tra le più insensibili e slegate dagli interessi del popolo, in quel di Alessandria... d'Egitto, tra il 300 e il 400 d.C., era anche troppo distratta ed impegnata ad osservare studiare e prevedere i movimenti dei remoti corpi astrali del cielo; e così non seppe vedere, capire e prevedere i movimenti delle vicine masse popolari sulla terra, ed anzi fu talmente avulsa dalle necessità concrete e materiali del suo prossimo che, per niente cosciente dei pericoli che correva, sottovalutò gravemente la gelosia, l'invidia ed anzi l'odio feroce che destava negli avversari politici della sua fazione e della sua classe sociale; per cui, benché avesse tante belle qualità, anzi proprio a causa di quelle, finì in modo particolarmente crudele e raccapricciante: fu violentemente aggredita per strada dalla massa che, abbrutita dalla miseria e dall'ignoranza, era stata facilmente fanatizzata dai suoi nemici politici e religiosi; fu quindi stuprata, fatta a pezzi e cannibalizzata, ed i suoi resti finirono miseramente gettati nell'immondezzaio e nel porto della sua città! Certo oggi a Torino non siamo nella terribile situazione di allora ad Alessandria.
Ma,... Attenzione: le condizioni di vita delle masse popolari in Occidente ed anche qui Italia, in Piemonte ed a Torino, stanno attualmente peggiorando sempre più velocemente e drammaticamente.
Per cui a quelli che qui a Torino e in Piemonte credono di essere al di sopra di tutto e di tutti; a quelli che credono di poter sempre volare via altrove, sereni e tranquilli ed al di sopra delle tempeste che incombono e infuriano sui comuni mortali; a quelli che credono di poter vivere egoisticamente nelle loro torri d'avorio, dando importanza soprattutto alle cose di lusso, e mantenendosi accuratamente lontano da chi sta male e soffre; a coloro che, incuranti delle gelosie, delle invidie e dell'odio che provocano nei loro concorrenti avversari e nemici, credono di poter progettare, per sé ed a spese altrui, castelli incantati in idilliache campagne, e sono insensibili di fronte al prossimo che ha problemi di crescente povertà se non addirittura soffre di freddo, di fame e di solitudine per le strade delle città; a coloro che non si rendono conto che la crisi economica e sociale che avanza, rende gli individui e le masse più deboli di fronte alle tentazioni dell'illegalità e più facili prede del fanatismo per cui se manipolate con opportuna demagogia, esse possono essere spinte e trascinate a commettere qualsiasi delitto anche particolarmente efferato; a tutti costoro vorrei ricordare... che anche le Scienze e le Tecniche più grandi e meravigliose, quando si staccano troppo dalla realtà immediata e dai bisogni contingenti della gente più umile e più povera del loro stesso mondo, esse crollano disastrosamente proprio come capitò all'Icaro della favola che quando, con le sue fragili ali fatte di piume incollate con la cera, andò imprudentemente troppo in alto e troppo vicino al calore del sole, esse si sciolsero ed egli precipitò ed affogò proprio nel mare che cercava di superare in volo.
Concludendo, dovendo, secondo l'invito pervenutomi per la seduta di questo Consiglio, esprimere il mio seppur modesto parere, su questa questione della "Città della Salute e della Scienza nell'area torinese"; e tenendo conto dei dati a mia disposizione e che ho testé offerto all'attenzione di tutti voi, mi pare di dovere affermare che certe ipotesi e certi progetti qui proposti siano esagerati e sproporzionati rispetto ai mezzi della regione Piemonte ed oltretutto non si attagliano affatto agli interessi ed alle necessità della gente del Piemonte nel suo complesso; per cui, pur conscio del poco che possa valere il mio parere in questo consesso, consiglierei gli aventi diritto al voto di optare per quelle decisioni che prospettino una risoluzione del problema in questione che sia improntata ad uno spirito di maggiore realismo, prudenza e misura.
Saluto infine e ringrazio tutti per la gentile attenzione riservatami.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Robotti.



ROBOTTI Luca

Grazie, Presidente. Ritengo che, nelle prossime riunioni delle Conferenze dei Capigruppo, dovremmo valutare l'utilità dei Consigli aperti.
Non penso che discussioni come queste portino molto al confronto che si è aperto su un tema così delicato e credo che non siano neanche più una vetrina per chi li chiede. Oggi, infatti, non c'è stata una partecipazione popolare di massa, di consenso e sostegno nei confronti di chi ha promosso quest'iniziativa.
Pertanto - ripeto - sarà necessario valutare l'utilità, anche relativamente ai costi, di una giornata come quella di oggi.
Relativamente al progetto della Città della Salute, non ho mai nascosto di considerarlo un progetto di una certa importanza, necessità ed urgenza per il nostro territorio.
Un problema che non guarda all'oggi né a quello che accadrà tra pochi mesi o anni, ma che guarda ad un futuro che possiamo misurare nei prossimi dieci, quindici o vent'anni, così come ci diceva anche questa mattina il Rettore Pelizzetti.
Un progetto che ha come punto di partenza e di arrivo il sostegno e soprattutto, la rivalutazione - e quindi anche il percorso, affinché questa venga sempre garantita - della sanità pubblica. Soprattutto, un progetto che, per la prima volta, introduce il concetto di Città Metropolitana che noi avremmo tutti insieme introdotto con una riforma costituzionale, ma che nei fatti, a livello territoriale nessun Ente ha mai voluto organizzare e strutturare.
Oggi, forse, con il tema della Città della Salute s'introduce questa possibilità e quest'elemento di confronto tra enti territoriali diversi che possono costruire insieme un sistema di sanità pubblica, di economia privata, quindi anche di ricerca pubblica e privata, e di sviluppo industriale.
Ritengo fondamentale distinguere - ha fatto bene l'Assessore Bairati a indicarlo sulla stampa locale di oggi - con nettezza il tema del Parco della Salute (o Città della Salute) da quello della rete ospedaliera torinese. Non sono due temi sovrapponibili, e chi lo fa commette un errore grave, che cerca di intorpidire le acque.
Adesso dobbiamo discutere dell'utilità e della funzionalità di questo progetto, per stabilire il primato della sanità pubblica, anche da un punto di vista dello sviluppo del sistema di governance, degli insediamenti industriali e di ricerca privata.
Non possono esserci sistemi industriali privati, in questo Parco della Salute, contrari ad uno schema e ad un disegno più generale, governato voluto e pianificato dal sistema pubblico, quindi con chiarissime finalità di sostegno al sistema pubblico della sanità e dello sviluppo economico di questa nostra complessa realtà territoriale regionale.
Dobbiamo chiarire un aspetto: sul tema dell'insediamento dei sistemi privati, di ricerca e di produzione industriale, legati al settore medicale o biomedicale, sarà ancora necessario ragionare. È una discussione assolutamente in progress, che si apre oggi, ma che durerà ancora per chissà quanto tempo; soprattutto durerà molto, perché dovrà essere agganciata agli sviluppi della tecnologia medica e biomedicale.
Come diceva il Rettore Pelizzetti - scusate se lo cito nuovamente abbiamo la necessità che il Parco della Salute cammini alla stessa velocità con la quale si sviluppa il settore medico, biotecnologico e quant'altro.
necessario stabilire, ancora una volta, l'importanza della sanità pubblica, per noi che governiamo questa regione, ma credo per tutti, perch ritengo che su un tema così importante occorra costruire le convergenze e condividere i percorsi, e non farci sempre la guerra in modo stupido, che non porta nulla ai cittadini piemontesi.
Noi vogliamo che l'attività sanitaria sia, in questa regione un'attività universale, pubblica, che rende accessibile il sistema sanitario a tutti i cittadini.
Questo non è un concetto né di destra né di sinistra, ma è un concetto che riguarda la natura con la quale è stato costruito questo grande Paese e con la quale si è stabilito, negli anni '70, di trasformare il sistema sanitario in un unico sistema sanitario nazionale, quindi accessibile a tutti.
Lo vogliamo fare, non per curare gli interessi di un partito o di un gruppo di partiti o di una coalizione, ma per curare gli interessi dei cittadini che - ricordo a tutti, perché spesso il centrodestra lo rammenta invecchiano sempre di più, hanno sempre maggiori problemi, quindi richiedono sempre maggiori specializzazioni.
Se all'interno di questa possibilità di nuovi diritti e nuovi spazi per i cittadini piemontesi si possono aprire spazi nuovi per attirare nuovi studenti, che vengano a studiare nelle nostre università, o nuovi ricercatori che possano fare ricerca in un sistema pubblico e privato ampio, articolato, sostenuto dalla governance pubblica; se all'interno di questa ulteriore possibilità si creano condizioni per cui la rete sanitaria pubblica territoriale, quella capillare di un progetto di ammodernamento abbia un giovamento anche dall'idea che da questa Città della Salute si possono diramare competenze, capacità, professionalità, credo sia un bene per tutti.
una sfida che possiamo giocarci tutti insieme, non per una finalità di parte, ma per una finalità che riguarda lo sviluppo e il futuro di questa regione, che oggi - ricordo - ha nella sanità pubblica uno dei capitoli di spesa maggiori, e che, quindi, ha un assorbimento di PIL forse tra i più grandi esistenti in un territorio come il nostro.
Ricordo che più di sette miliardi di euro all'anno vengono spesi per la sanità e che il settore sanitario è uno di quelli che ha il maggior numero di occupati.
Allora, in questo sistema, oltre a dover amministrare nuove spese e nuove necessità di risorse, vogliamo avere anche la possibilità di fare degli investimenti, che facciano tornare parte del PIL che viene speso? Io credo che sia possibile, che sia giusto e credo anche che questo sia di sinistra, quindi credo sia giusto andare nella direzione per cui questo sistema trovi, nei prossimi anni, la possibilità di diventare sempre di più un punto di riferimento non solo regionale, ma nazionale ed internazionale.



PRESIDENTE

La parola al Segretario regionale della FIALS, Agostino Valenti.



VALENTI Agostino, Segretario regionale FIALS

Buongiorno a tutti. Grazie, Presidente, per l'invito; voglio ringraziare anche il Consiglio, che ha aperto al pubblico, nella fattispecie ai rappresentanti dei lavoratori e delle Associazioni delle parti sociali, questo dibattito.
Ritengo giusto e profondamente corretto che in alcuni momenti ci sia la possibilità di fare un confronto a 360 gradi, perché è un'opportunità per esprimere non soltanto pareri favorevoli e sfavorevoli, ma anche perplessità.



(Brusìo in aula)



VALENTI Agostino, Segretario regionale FIALS

Chiedo scusa, ma a me piace chiedere attenzione quando parlo, visto che presto molta attenzione quando parlano gli altri...
Dicevo, grazie Presidente e grazie al Consiglio, per questa opportunità.
Voglio esprimere quello che rappresento: sono un sindacalista che va tra i lavoratori, negli ospedali. È vero, abbiamo le sedi istituzionali dove discutere con l'Assessore Bairati e l'Assessore Artesio, in merito alle due grandi questioni: Cittadella della salute ed Accorpamenti delle Aziende Sanitarie, ma, le preoccupazioni ci sono - me ne daranno atto gli Assessori - e le abbiamo espresse in quelle sedi istituzionali, perché, nel rispetto dei ruoli, ognuno di noi deve giocare la propria parte.
Abbiamo espresso all'Assessore Bairati e all'Assessore Artesio che le attese e le preoccupazioni sono tante. Bisogna assolutamente fare attenzione a tutte le fasi dei progetti, perché è chiaro che un progetto ha le sue tappe,un suo studio di fattibilità, una sua implementazione. Se si fa un progetto di tale portata e a così lunga scadenza, bisogna necessariamente avere forti contatti tra le parti sociali. Entrando nel merito della discussione di oggi...



PRESIDENTE

Per cortesia, signori! Prego tutti coloro che non sono interessati alla discussione, a recarsi fuori dall'Aula e a silenziare i telefoni, se è possibile. Grazie.



VALENTI Agostino, Segretario regionale FIALS

Grazie, Presidente.
Come dicevo, è chiaro che le innovazioni creano preoccupazione, per cui bisogna adeguarsi alla trasformazione e al cambiamento. Ho ritenuto opportuno esprimere il mio punto di vista in qualità di rappresentante dei lavoratori.
Ritengo sia assolutamente condivisibile un progetto di questo genere perché nessun Gruppo consiliare può pensare che si possa andare contro al cittadino, ai suoi bisogni di assistenza e di tutela alla salute.
Credo, quindi, che dal punto di vista dei principi non ci siano assolutamente discussioni da fare, da ambo le parti.
Apprezzo molto l'impegno assunto in merito alla questione dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri, per cui auspico che il problema vada affrontato quanto prima, perché l'attuale situazione è davvero insostenibile.
Ho ascoltato tutti gli interventi espressi da un punto di vista logico logistico e strutturale. Ho sentito interventi che, al di là delle posizioni, mostrano comunque un'apertura rispetto al progetto.
Ciò che mi preme dirvi, come rappresentante dei lavoratori, è di prestare attenzione ai circa 6.000 dipendenti coinvolti in questo progetto perché se non li si considerasse, credo che faremmo, anzi fareste, una valutazione incompleta. Vorrei capire, visto che ci riguarda direttamente e posto che rappresentiamo questi lavoratori, cosa succederà ai 6.000 dipendenti distribuiti tra Molinette e Sant'Anna. Non sono due gatti! Io sindacalmente non saprei come spiegare loro, a seguito delle discussioni nelle sedi istituzionali, che cosa succederà a Grugliasco.
Per quanto riguarda la riorganizzazione delle reti ospedaliere, penso che non si possa non parlare di una ristrutturazione aziendale, perché è questo ciò che avverrà da un punto di vista tecnico. Però ogni ristrutturazione ha dei costi.
Voglio capire su chi ricadranno i costi economici e sociali dei tempi e del disagio di spostamento , delle maggior difficoltà di conciliazione di famiglia e lavoro, perché si tratta di mobilizzare migliaia di persone.
Anche se adesso si dice "stiamo tutti tranquilli", qualcuno dovrà pagare questi costi di ristrutturazione e non credo che questo percorso debba ricadere sui lavoratori.
Rivolgo, dunque, un appello al Consiglio, alla Giunta e a tutti coloro che ne hanno facoltà, di fare una valutazione rispetto ai costi della riorganizzazione e ridistribuzione della rete ospedaliera in funzione anche dei lavoratori.
Vi ringrazio e vi saluto, augurandovi un migliore e ancora più proficuo lavoro. Grazie.



PRESIDENTE

La ringrazio, anche per l'augurio.
Ha chiesto la parola il Consigliere Segretario Ghiglia, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



GHIGLIA Agostino

Grazie, Presidente.
Sinceramente, ho sentito solo due entità che hanno le idee chiare oggi: il Rettore dell'Università e alcuni alti esponenti (ma con accenni diversi perché ero fuori a manifestare, ma mi sono fatto riferire tutto perch c'era chi seguiva per noi in diretta la seduta) e il Gruppo di Alleanza Nazionale, ovviamente assieme ai colleghi dell'opposizione.
Perché mentre voi siete, come al solito, divisi su tutto, il collega Robotti ci ha fatto l'elenco di buoni sentimenti con cui bisognerebbe governare bene una Regione - una buona sanità per tutti, universale, bla bla, bla bla, bla bla... - ma ha omesso un piccolo particolare: oggi, a circa un anno dalla presentazione del progetto, voi Comunisti Italiani (o Comunisti in genere, perché ho sempre difficoltà a distinguervi fra Comunisti) vi dividete sui progetti e non sapete cosa fare. E avete il dovere del Governo.
Chi sta all'opposizione sa esattamente cosa vuole. Allora, la prima cosa che vogliamo è che le Molinette, la Città della Salute o il Parco della Salute - preciserò dopo perché faccio anche io confusione - rimangano a Torino.
Dobbiamo difendere il nostro territorio: ne dobbiamo difendere i lavoratori, la struttura economica, i quartieri e l'eccellenza sanitaria.
Perché questa città, a causa del vostro Governo impotente e della vostra incapacità, qui come nel comune di Torino, di scippi ne ha già subiti troppi. Noi non vogliamo che la Città della Salute vada a Grugliasco, è chiaro? Non vogliamo.
Secondo punto: decidete cosa fare. L'Assessore Bairati dichiara ad un quotidiano che proprio oggi é convocato a Roma un nucleo di valutazione su quel progetto scopiazzato da internet che avete presentato qualche mese fa e alla domanda: "Ma i tempi per la risposta sono lunghi?" risponde: "Su questo non saprei proprio dare una risposta".
Peccato che la Giunta di centrodestra avesse individuato tre anni fa l'allocazione - poi come la vogliamo chiamare, Molinette 2? Città della Salute? Parco della Salute? Prima di tutto chiariteci voi cosa volete fare poi magari parliamo di qualcosa di più concreto - sull'area di FIAT Avio. E allora? Facciamolo lì.
Assessore Bairati - tanto non mi darà ragione - abbiamo comprato le aree di Mirafiori e dopo due anni scoprite che sono anche da bonificare? Ve lo dicevamo prima che le acquistaste! Quindi, proprio voi le lezioni non le potete dare a nessuno.
Detto questo, colleghi, ho avuto l'impressione - ma è solo mia - che stiamo parlando di una sanità virtuale rispetto ad una sanità reale. C'è un grido di dolore di medici, di categorie professionali e sanitarie e del Rettore che v'implora soldi per ristrutturare dei reparti strutturali e strategici delle Molinette, e noi oggi ci facciamo elucubrazioni mentali se fossi in corridoio userei altri termini - sul "forse", sul "non sappiamo cosa fare" ma soprattutto sul "non sappiamo dove", tant'è che un giorno scrivete "Città della Salute", un giorno scrivete "Parco della Salute" e un altro giorno scrivete "Molinette 2". Prima sarebbe necessaria un po' meno confusione da parte vostra.
Presidente, a proposito di sanità virtuale, mentre noi discettiamo di tutto un po' - partigiani di Grugliasco, partigiani di Collegno, partigiani di Torino, eccetera - le istituzioni che dovrebbero avere l'interesse principale e precipuo a questa scelta non ci sono. Perché il Sindaco Chiamparino, ancora una volta, è scappato. È andato in ogni pertugio per la campagna elettorale delle primarie del PD; è andato a pranzo con l'operaio insieme a Veltroni; è andato a fare la "Sagra della patata" a Sauze, ma vigliacca terra se partecipa al Consiglio regionale aperto per dirci cosa ne pensa sul fatto che vogliate scippare Torino della Città della Salute! Ha mandato due Assessori che non hanno avuto neanche la buona creanza di attendere lo sviluppo del dibattito.
Questo, a nostro avviso, la dice lunga sulla scarsa serietà delle vostre proposte - quindi sul fatto che tanto non farete niente, che è tutta fuffa come al solito - ma soprattutto che non esiste un orgoglio di questa città nel mantenere le proprie eccellenze, anche in campo sanitario.
Questo è inaccettabile, Presidente Gariglio. Ma ci sono tanti altri che hanno fatto l'ovetto e poi sono andati a cuocerlo da un'altra parte. Fanno bene, Assessore Artesio: non vi prendono sul serio.
Ma lasciate che parlino questi qua, tanto sono i soliti farloc; dicono un po' di cose in libertà, lanciano i sassi, vedono le reazioni e poi non fanno niente.
Assessore Artesio, faccia una cosa: visto che sono aumentate in media del 30% negli ultimi due anni, cominci ad accorciare le liste d'attesa.
Cominciate a stanziare i soldi per i reparti. Cominciate a far sì che le Molinette non crollino nell'attesa che il vostro delirio onirico ci dica dove volete fare quelle nuove. Cominciate a fare qualcosa per la sanità reale, che ci tocca tutti e tutti i giorni. E poi, quando avrete deciso come, se, quando, cosa e dove, ce lo direte e magari riusciremo anche ad impostare una discussione seria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Mi sembra chiaro che questa mattina la discussione sia molto centrata sulla localizzazione di questa nuova struttura che si vuole realizzare.
Vorrei prima fare un discorso sulla funzione, nel senso che, per quanto riguarda il nostro Gruppo, come molte volte abbiamo già espresso, credo che sia importante ricordare che l'istituzione di una nuova struttura ospedaliera vada inserita in un contesto sanitario e giustamente viene inserita in un Piano Sanitario, perché vogliamo capire e siamo favorevoli ad un tipo di sanità nella quale il percorso della terapia non sia focalizzato solo sul punto centrale dell'ospedalizzazione, ma sia inserito in una rete e in un percorso assistito che si basi su una rete, che deve partire dal primo approccio sul territorio, continuare con le strutture di minore complessità per arrivare alla grande specializzazione, se serve, ma anche proseguire dopo la fine dell'ospedalizzazione.
questo che c'interessa ed è questo che controlleremo che sia sempre rispettato nel Piano Sanitario, così come un altro punto che riteniamo fondamentale è che la salute non è solo una cura efficace, che ci deve essere; è fondamentale, certo, ma salute è soprattutto prevenire e in questo senso è salute guardare l'ambiente territoriale, l'ambito territoriale e non solo l'aspetto ospedaliero. Anche perché se noi centralizziamo e focalizziamo la nostra attenzione solo sull'ospedalizzazione, emerge sempre di più quel problema che da sempre si denuncia nella sanità piemontese ed italiana, ovvero una prevalenza dell'ospedalizzazione rispetto a tutto il resto del sistema della terapia.
Questo ci teniamo a sottolinearlo, anche perché sono problemi che solleviamo da sempre.
Certo che per quanto riguarda la localizzazione, l'ultima proposta che è stata avanzata con i due poli d'alta complessità ci convince più che non la precedente soluzione.
Però credo che questa discussione d'oggi significa anche una presa di posizione importante, ovvero che noi, in questo discorso e in questo percorso sulla struttura d'alta specializzazione, pensiamo che sia giusto sentire il parere degli operatori e dei tecnici, così come il parere dell'Università, e vogliamo capire bene che cosa significa l'incubatore d'impresa.
Questo lo vogliamo capire bene insieme agli operatori, vogliamo capire ed ascoltare e cercare di dare risposte a quello che ci chiedono gli operatori della sanità. Anche perché dobbiamo ricordare che in medicina l'offerta genera la domanda, quindi il problema delle strutture d'alta complessità dipende anche dal fatto che, come ricordava l'Assessore Mario Valpreda, la tecnologia spinta può essere un fattore d'aumento indiscriminato della spesa.
Credo che anche quest'aspetto debba essere considerato, perch riteniamo che la salute si faccia anche sul territorio, anche con le politiche ambientali.
Inoltre, dobbiamo ricordare e riflettere sul rapporto - è stato detto già da qualcuno - tra il pubblico e il privato. È stato qui richiamato l'esempio della società statunitense. Modestamente, credo di ricordare che uno dei motivi per i quali negli USA non si fa un'assistenza sanitaria universale gratuita è proprio perché la pesante ingerenza del privato fa sì che il privato si opponga all'assistenza sanitaria pubblica, dicendo che se subentra il pubblico, non si farà più ricerca e quindi non ci sarà più la sanità d'alta tecnologia.
A me non sembra una soluzione ottimale per la salute e per dare delle risposte ai cittadini italiani e piemontesi. Su questo, credo che sia ancora necessario vigilare e noi vigileremo, perché non vorremmo che attraverso certi discorsi aumentasse l'influenza del privato rispetto al pubblico.
Noi siamo ancora convinti che sia necessario costruire uno Stato e una società nella quale il pubblico svolga il suo ruolo e lo svolga bene; siamo contrari agli sprechi, ma siamo ancora convinti che a livello pubblico si possano e si debbano fare delle cose.
Pensiamo che il privato ci sia, perché ormai opera nella sanità pubblica, però crediamo che sia giusto controllare e verificare fino a che punto questo privato può estendersi.
Noi non abbiamo paura delle discussioni, non siamo sulle posizioni del Consigliere Ghiglia, che auspica decisioni forti; noi vogliamo decisioni forti e condivise. Per questo siamo disposti a lavorare e ad impiegare il tempo che ci vuole.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Segretaria Spinosa, che interviene in qualità di Consigliera; ne ha facoltà.



SPINOSA Mariacristina

Grazie, Presidente.
Il dibattito che è avvenuto in questi mesi sulla cosiddetta Città della Salute c'è servito almeno a capire che le proposte, i contenuti e le possibili localizzazioni sono tante.
Sicuramente il polo ospedaliero torinese è vecchio, necessita di aggiornamenti, di adeguamenti e di sedi più rispondenti alla funzionalità del sistema sanitario, alle domande di qualità dei servizi da parte dei cittadini utenti, ma anche dei lavoratori sia della sanità che del polo universitario.
Va detto subito che il confronto e il coinvolgimento dell'Università è alla base di questo progetto. Senza l'Università è ovviamente un progetto parziale, privo dello sviluppo che necessiterebbe un progetto di tale portata.
Il punto è che si dovrebbe partire non solo dal concetto di localizzazione, ma dalla definizione di Città della Salute.
Se si parla di un polo ospedaliero (quindi, clinica, cura, ricerca e formazione), vi è la necessità di alcune risposte di funzionalità logistica e riorganizzativa che forse Torino potrebbe dare.
Se invece si parla di ciò che lo studio di prefattibilità ci presenta oltre alle cose dette poco fa, ci sono anche delle cose in più, come l'incubatore di impresa dove la ricerca trova applicazione, allora nasce il problema della collocazione.
chiaro che la localizzazione non può essere solo il frutto di contrattazioni, ma deve essere legata ad una logica di funzionalità e rispondere a dei requisiti di sostenibilità per noi fondamentali.
Quindi, ci deve essere una sostenibilità economica per la realizzazione unitaria e complessiva del progetto, ma anche la necessaria garanzia delle risorse economiche per il resto del sistema sanitario. Ci vuole una sostenibilità infrastrutturale legata all'accessibilità stradale e la ricerca di una sostenibilità ambientale, in quanto spesso criticità ambientali vengono sottostimate o addirittura dimenticate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dutto.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente.
Forse come ragionamento inizierò dalla fine, nel senso che in primo luogo tratterò della collocazione della Città della Salute o di come vogliamo chiamarla, ma mi sento in dovere di portare la voce e le aspettative non dei torinesi, ma di tutto il resto dei piemontesi.
E faccio una considerazione: oggi la zona degli ospedali è collocata in una posizione ideale per chi deve raggiungere Torino da fuori. È in una posizione ideale, perché vicinissima alla stazione ferroviaria di Lingotto che sarà servita tra qualche anno dalla metropolitana, da tram ed autobus ed è comunque collegata ad un corso che porta all'imbocco di due importantissime autostrade e della tangenziale.
Quindi, posizione ideale per chi deve raggiungere...



PRESIDENTE

Scusi, collega Dutto. Prego coloro che non sono interessati alla discussione di uscire dall'aula.



DUTTO Claudio

Sottolineo una cosa: la questione trasporti non riguarda tanto il malato, che normalmente raggiunge gli ospedali di eccellenza in ambulanza o comunque viene trasportato e poi vi resta, ma riguarda i parenti, gli amici, gli assistenti e riguarda pure tutte quelle persone che negli ospedali ci lavorano. Pertanto la collocazione, sotto il punto di vista di chi deve accedere alla Città della Salute, è una questione importantissima che va analizzata fin dall'inizio.
Le proposte nuove che sono state fatte mi sembra che non tengano affatto conto di queste cose, perché la collocazione dell'ospedale della Città della Salute in una zona come quella di Grugliasco non considera che si tratta di una zona ben lontana dalle stazioni ferroviarie, che la zona attualmente non è servita dalla metropolitana (tant'è che si parla di costruire appositamente una nuova linea di metropolitana, ma consideriamone i costi) e che la zona è, sì, vicina alla tangenziale, ma proprio in un tratto che è sempre particolarmente intasato.
Quindi, a mio avviso, questa scelta, sulla base degli elementi che ho appena citato, è decisamente sbagliata. E aggiungo una cosa. A mio parere la Città della Salute c'è già: è quella zona di ospedali che attualmente tutti usano, dove vi sono già centri di eccellenza, dove vi è già l'Università.
Secondo me, non c'è da costruire e da inventare nulla: è sufficiente andare avanti sulla base e sulla strada che finora è stata percorsa. Se ci sono delle strutture immobiliari obsolete, si possono sostituire. Si possono costruire nuovi ospedali, ma si possono tranquillamente costruire in quella zona accanto agli altri.
Faccio notare che la zona attuale degli ospedali ha comunque ampi spazi verdi attorno, ma anche ampi spazi, ad esempio, di industrie abbandonate, o altre aree dove l'espansione si può realizzare con una facilità estrema senza andare a spostare tutto. Con un vantaggio: se oggi collochiamo un nuovo ospedale o un nuovo centro di eccellenza in una zona dove già esistono altri ospedali e che - ripeto - è servita nel migliore dei modi aggiungiamo un elemento prezioso a tutte queste strutture esistenti. Se invece costruiamo un nuovo ospedale in una zona completamente nuova e completamente avulsa da tutta la realtà, andiamo a costruire una cattedrale nel deserto.
Quindi lancio quest'invito a ragionare soprattutto su quello che c'è e a ragionare non solo sui torinesi, ma anche su chi viene da fuori nuovamente pensando a tutte le strutture, questa volta nel campo dei trasporti, che già esistono e che non dovrebbero essere fatte, ammesso che ciò sia possibile, perché fare nuove ferrovie ormai è assolutamente impensabile.



PRESIDENTE

La parola a Paolo Trovato, Segretario regionale della CIMO-ASMD del Piemonte.



TROVATO Paolo, Segretario regionale CIMO-ASMD Piemonte

Ringrazio il Presidente di avermi invitato.
Il mio intervento vuole essere una testimonianza. Noi, come CIMO rappresentiamo una buona parte dei medici dipendenti di questa Regione, in particolare dell'area metropolitana torinese, e vogliamo dire che quest'ipotesi di spostare le Molinette (che adesso non è più le Molinette 2, ma la Città della Salute) nella zona prevista di Collegno-Grugliasco non ci convince.
L'avevamo già detto nelle sedi istituzionali di confronto all'Assessore Bairati. Non ci convince perché una cosa è costruire un polo di ricerca, un incubatore di imprese, che per noi può anche stare bene in quella zona, che attualmente non ha nessuna infrastruttura (se non ricordo male, ci hanno detto anche che la metropolitana da Collegno non può essere prolungata in quella zona perché ci sono dei problemi relativi all'attraversamento sotterraneo), mentre ciò che è assistenza sanitaria, quindi malati cittadini, operatori (5.000 sono solo quelli delle Molinette), secondo noi dovrebbe trovare un'altra allocazione possibilmente a Torino. E non crediamo che siano state esplorate completamente o con la necessaria volontà di perseguirle le altre ipotesi previste su Torino, anche perch Torino è una città in trasformazione, ci sono grandi aree che sono state dismesse e ci sembra un po' strano che non sia possibile trovare un'allocazione più congrua.
Non dimentichiamo che, dopo settant'anni d'attesa da quando si è cominciato a parlare del primo progetto, è stata fatta una parziale linea metropolitana a Torino che servirà tutta la zona che - guarda caso - è quella dove attualmente c'è la cittadella ospedaliera. È prevista inoltre ma, ahimè, ci vorranno almeno dieci anni, che forse però sono gli stessi tempi per la Città della Salute - una futura linea lungo asse nord-sud della città, ma anche da questa linea l'attuale ipotesi di allocamento della Città della Salute o Parco della Salute non ne trarrebbe giovamento.
Pertanto la richiesta che viene dagli operatori medici della realtà torinese è quella che ci si ripensi e si trovi, per quanto possibile un'allocazione alternativa.
Ho sentito l'intervento del Consigliere Lepri: l'ipotesi dei due poli ad alta complessità potrebbe andare bene, il problema è come modulare questi poli. Noi diciamo che l'assistenza sanitaria, nell'interesse dei cittadini, dei malati e degli operatori, deve rimanere in una zona che le infrastrutture le ha già e non deve essere realizzata partendo da zero in una zona dove queste infrastrutture non ci sono; in quest'ultima zona invece vediamo bene il discorso della ricerca più pura, più svincolata dal malato, dell'incubatore di imprese, perché i prodotti si possono spostare facilmente, i malati e le persone un po' meno.
Infine, un cenno sul problema della rete. Oggi si è parlato anche della rete ospedaliera, che è un problema che ci sta molto a cuore. È chiaro che la rete idealmente dovrebbe presupporre che si definisse dove, chi e che cosa si farà in questa nuova struttura sanitaria (una o due che siano) però il problema della riorganizzazione della rete, soprattutto alla luce degli accorpamenti delle aziende che sono diventati una realtà, è un problema pressante, quindi chiederei di mettere mano subito a questa riorganizzazione della rete, definire chi fa che cosa e non vincolarla al discorso Molinette 2, anche perché oggi mi sono reso conto che lo stesso in realtà, probabilmente è ancora in evoluzione. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallaro.



CAVALLARO Sergio

Grazie, Presidente. Inizierò subito con una domanda, da cui discenderà tutto il mio ragionamento.
Prima di tutto, voglio chiedermi: a chi serve una struttura come il Parco della Salute? Serve sicuramente ai cittadini di Torino, come faceva giustamente rilevare l'Assessore Artesio, per quelle prestazioni di alta media e altissima qualità; serve ai cittadini del Piemonte e anche a quelli fuori regione, ma può servire anche e soprattutto per i cittadini non italiani, sulla falsariga di una struttura come l'istituto Gustave Roussi che non è stato citato dal Consigliere Boeti perché è completamente diverso dagli esempi che ha portato ma che, guarda caso, è una struttura molto apprezzata dal punto di vista clinico in tutto il mondo, costruita in un sobborgo di Parigi, Ville Juif, anch'esso fuori dalle mura della città.
Sono molti e complessi i criteri che hanno portato alla localizzazione per cui è una scelta molto difficile sulla quale non mi addentro nel merito.
Vi chiedo una cosa: cosa deve essere il Parco della Salute? Prima di tutto deve essere un momento di integrazione tra l'Università e gli ospedali, soprattutto, come diceva l'Assessore, un momento dove si sperimentano nuove forme di governo clinico. Sarà il dipartimento o sarà qualcos'altro, non lo sappiamo. Al momento, sarà adottata la misura più opportuna. Ma sarà anche il posto dove si insegnerà la medicina soprattutto le specialità, ma anche, negli ultimi anni, le materie cliniche principalmente. Tuttavia, non concepisco il fatto che possano mancare materie di base come la chimica e la biologia, staccate da centri di ricerca sperimentale avanzata.
Sarà anche il posto dove verrà fatta la ricerca sperimentale come il San Raffale, come è stato citato; sarà un luogo di convegni, un campus universitario che accoglie studenti che vengono anche dall'estero. Ma sarà soprattutto, un centro dove l'umanizzazione, intesa non tanto come umanizzazione della struttura, ma come richiamo del paziente al centro dell'attenzione di tutto l'atto medico.
Sarà una legge fondamentale dalla quale non si può prescindere.
Dall'accompagnamento dei pazienti in tutto il percorso diagnostico terapeutico, all'informazione che sarà una legge assoluta da rispettare alla continuità assistenziale a cui faceva riferimento l'Assessore. Sarà molto complessa perché i pazienti che vengono curati in questa struttura provengono da molto lontano.
Detto questo, vi chiedo che cosa non deve essere il Parco della Città della Salute. Prima di tutto non deve essere un asso pigliatutto, cioè qualcosa che mortifichi e riduca la sanità, quell'eccellente sanità all'interno della Città di Torino. Non deve essere neanche una cattedrale nel deserto, non intesa come la intende il Consigliere Dutto, cioè lontana e staccata, ma una cattedrale nel deserto che non interagisce con altre strutture di eccellenza quali il futuro ospedale Maggiore di Novara, o il Centro di ricerca scientifica di Candiolo.
Da ultimo, non deve essere una macchina mangiasoldi, una specie di slot machine. Ogni finanziamento, per ogni programma, deve essere controllato e verificato che vada a buon fine secondo gli orientamenti e la programmazione sanitaria dell'Assessore alla sanità della Regione Piemonte.
Ci deve essere un ottimo organismo dirigenziale, un Consiglio di Amministrazione che segua strettamente la programmazione non solo sanitaria, ma anche nazionale.
Termino con due considerazioni. Sicuramente le eccellenze presenti negli ospedali di Torino vanno valorizzate e vanno messe in rete - mi riferisco al CTO, al Mauriziano e quant'altro - con questa nuova struttura.
In un complesso sistema di interazione non solo virtuale, ma oserei dire virtuoso.
Un'ultima considerazione sul rapporto tra technology assessment e incubazione di impresa. È fuori discussione che l'irrompere dell'industria sanitaria in medicina abbia fatto lievitare i prezzi e, molto spesso, abbia condizionato prestazioni sanitarie inappropriate, se non addirittura inefficaci e inefficienti.
Bisogna invertire il flusso tra impresa e medicina, capovolgerlo completamente: non più impresa che condiziona la classe medica, ma la classe medica che sperimenta le nuove tecnologie e le manda in produzione solo quando effettivamente servono e sono appropriate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Laus; ne ha facoltà.



LAUS Mauro

La Città della Salute e della Scienza non è semplicemente la rivisitazione in chiave moderna delle Molinette, come ci hanno insegnato a chiamarle i giornalisti che, bontà loro, devono combattere quotidianamente con problemi di spazio e sono costretti a strizzare i concetti in una manciata di caratteri Inizio il mio intervento con questa precisazione anche se, alle orecchie di qualcuno, potrebbe suonare scontata. Se noi scacciamo dalla mente l'errore o il presupposto che Città della Salute sia la prosecuzione di un film già visto - suggestioni del tipo Molinette 2, Molinette3, la vendetta di Corso Bramante cui seguirà, magari, la vendetta dei camici bianchi e così via - fatalmente ci convinceremo che la sua realizzazione al di fuori delle mura di Torino, sia un atto di impoverimento della città.
Ci convinceremo che sia un furto, uno scippo ai danni dei torinesi, per usare le parole dei miei fantasiosi avversari politici.
Se, invece, ci prendiamo la briga di dare la giusta definizione alla Città della Salute, se cominciamo a considerarla per quella che è, ovvero una nuova casa dove albergare eccellenze sanitarie, didattica, ricerca e imprese, un sistema di vasi comunicanti capaci non solo di generare scambio di saperi al suo interno, ma di irradiare un potere di attrazione verso l'esterno, allora comprenderemo come mai lo studio di prefattibilità che la Regione ha prodotto in primavera, dopo un confronto con l'Università, abbia esplorato scenari di insediamento diversi da quelli attuali. Come mai si è andati oltre l'area di Torino sud? Chi oggi vuole ridurre tutta la questione ad una bega di campanile dimostra, dunque, di non aver capito la portata del progetto oppure, ancora peggio, di non volerla evidenziare agli occhi della pubblica opinione, preferendo, alla corretta informazione e al leale confronto politico, una comunicazione capziosa e demagogica strumentale alla contesa e non utile al dialogo. Se così fosse, sarebbe un vero peccato.
Intanto perché il progetto Città della Salute iniziò a maturare quando il governo regionale aveva un'altra bandiera. Lo dico nella speranza di provocare uno scatto di orgoglio in quelli che furono i suoi promotori, i Consiglieri che oggi, dai banchi della minoranza, si mostrano più preoccupati di difendere i confini, invece di pensare ad adeguarli affinch il progetto abbia il respiro che merita.
Sarebbe un vero peccato proseguire con la strumentalizzazione, perch il nuovo distretto medicale della salute ha bisogno del senso di responsabilità di tutti. Esso si configura, infatti, come un'opportunità di sviluppo senza precedenti nella storia recente del sistema sanitario regionale. La sua buona riuscita dovrà per forza misurarsi con una ricaduta positiva su tutta la regione, e non soltanto sul capoluogo o sui territori ospitanti.
Il tema non si può ridurre ad una partita di monopoli. Nell'affrontare uno studio di prefattibilità, alla Giunta va riconosciuto il merito di aver saputo dare il giusto peso al progetto, di aver ragionato secondo la prospettiva geografica più attuale per Torino, che è quella di area metropolitana, e di aver rispettato impegni e scadenze per ottenere finanziamenti ministeriali: 486 milioni di euro per l'avvio del piano di edilizia sanitaria in tutto il Piemonte, di cui circa 200 alla Città della Salute.
Nessuno di noi intende ignorare le perplessità espresse sulla dislocazione del nuovo polo. Lo studio di prefattibilità è, per sua natura un cantiere aperto, ma un cantiere, sia chiaro, che questo governo regionale si è preso la responsabilità di aprire nei tempi e nei modi previsti, e nel quale sta impiegando i contributi provenienti da tutte le forze in campo, a cominciare dall'Università.
Non è con il metodo delle verità rivelate da questo o da quell'amministratore che, personalmente, intendo partecipare alle scelte per il futuro della sanità piemontese. Ma nemmeno intendo soggiacere al metodo delle bugie di chi continua a fare cattiva informazione, di chi parla di smantellamento degli ospedali, mentre i nostri sforzi e le ipotesi di investimento già definite vanno in una direzione diametralmente opposta.
Con l'avvio della Città della Salute, infatti, comincia un'opera di imponente revisione della rete ospedaliera torinese e la prospettiva evidente, dimostrabile, è quella di aggiungere servizi e non di tagliarli di migliorare la risposta alla domanda di salute e di aumentare la possibilità di accesso al sistema da parte dei cittadini, non di ridurle.
Chi afferma il contrario mente e sa di mentire, rendendo così un pessimo servizio alla popolazione.
Sono contento, quindi, che l'apertura del Consiglio su questo tema dove l'opposizione sperava saremmo scivolati, si stia rivelando una buona opportunità per fare chiarezza, per dialogare, per restituire il senso vero delle scelte fatte sinora e per rasserenare gli animi rispetto al metodo delle scelte che verranno.
Chiudo dicendo che chi afferma che abbiamo sbagliato direzione dichiarandosi interprete unico della volontà popolare, vuole in realtà disorientarci, portarci fuori strada. Noi, che invece sappiamo dove andare dovremo, con l'aiuto del buon senso, senza preconcetto alcuno, trovare il percorso migliore per arrivare alla meta. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Sono certo che i colleghi, in particolar modo i colleghi del centrosinistra che si stanno apprestando a votare il Piano Socio Sanitario hanno letto quello che il Piano Socio Sanitario dice. Lo dico ad alcuni colleghi che sono intervenuti oggi e che, a titolo differente - e poi entreremo anche nel merito di questo - hanno esposto la loro idea di Città della Salute, sancendo tutti un principio: la Città della Salute non depotenzia la rete ospedaliera torinese; anzi, parte un grande progetto di investimento nell'edilizia sanitaria e quant'altro.
Il Piano, a pagina 262, "La situazione della rete del presidio ospedaliero e la sua revisione", dice: "Pare opportuno che siano affrontati, in via prioritaria, i problemi che riguardano i nodi centrali della rete ospedaliera, che presentano particolari problematicità, come l'area metropolitana della salute, anche in relazione alle proposte inerenti alla progettazione della Città della Salute. Inoltre, sono state considerate quelle situazioni che possono prevedere una razionalizzazione dell'attuale attività con la riunificazione, in un unico presidio, di più stabilimenti ospedalieri". Rileggo : "con la riunificazione, in un unico presidio, di più stabilimenti ospedalieri".
Il difetto che, a volte, c'è in quest'Aula è che ognuno si alza e dice che cosa pensa della Città della Salute. Noi abbiamo, all'interno della maggioranza, tre ipotesi differenti rispetto alla Città della Salute: c'è chi dice: "Si facciano due poli specialistici, uno alla Città della Salute e uno sull'area di Torino sud; si faccia un polo specialistico che sostituisca una parte degli attuali presidi ospedalieri esistenti - e, per correttezza, relativamente a quanto c'è scritto nel Piano, sono le dichiarazioni che più volte ha fatto agli organi di stampa la Presidente Bresso - oppure si faccia la Città della Salute, senza toccare alcuno dei presidi ospedalieri esistenti".
La verità, quella scritta dagli atti, cioè quella scritta sul Piano Socio Sanitario, è la seconda. Questa Giunta ha l'intenzione, con questo Piano, di realizzare la Città della Salute a Grugliasco e chiudere una parte degli ospedali torinesi; razionalizzare in un unico presidio più stabilimenti ospedalieri, per portarli a Grugliasco.
Questo per un motivo ovvio. Noi, nel Piano, tagliamo 641 posti letto perché è stato firmato un protocollo fra Regioni e Ministero della Salute che prevede la riduzione dei posti letto. È ovvio che non si può pensare di mantenere lo stesso numero dei posti letto nei presidi ospedalieri di eccellenza, anche quelli del Polo Torino sud della nostra città e, al tempo stesso, creare dei posti letto nella Città della Salute di Grugliasco.
Non è possibile. Non è possibile perché avete firmato un protocollo che dice cose differenti e non è possibile per un altro motivo, di per s irrisorio, ma che in un'Amministrazione è fondamentale: l'assenza di risorse. La Città della Salute costerà all'incirca più di un miliardo di euro. Noi, ad oggi, abbiamo stanziato seicento milioni di euro, mancano i fondi rimanenti e mancano tutti quei fondi - che asserite esserci - per il potenziamento della Città ospedaliera presente sull'area di Torino sud.
E allora, perché Alleanza Nazionale sostiene la necessità del mantenimento della Città della Salute a Torino? Per un motivo molto semplice, che è di pragmatismo e di valorizzazione dell'esistente.
Noi abbiamo, di fatto, una sorta di Città della Salute già esistente che è la rete ospedaliera che insiste sull'area sud della città, con eccellenze diverse: il Regina Margherita, il CTO, le Molinette, il Sant'Anna e quant'altro. Quindi, è di per sé una cittadella universitaria esistente, con dentro le ASO, con dentro l'Università e con dentro tutti i soggetti che vorremmo portare a Grugliasco. Certamente manca la parte di sviluppo, che è estremamente importante.
Richiamo i dati che ricordava il collega Boeti rispetto alle potenzialità di sviluppo delle aziende farmaceutiche che, peraltro, si stanno sviluppando nelle nostre aree, ad esempio nella provincia di Torino e nell'area del Canavese, Certamente, è una possibilità che va sostenuta e rilanciata. Ciò però non significa che, per sostenere lo sviluppo di carattere economico e di ricerca affiancata alla sanità, si debba smantellare quanto esiste per portarlo in un altro luogo.
Il pragmatismo dice che bisogna insistere in quelle realtà, che bisogna migliorare profondamente quelle realtà e che bisogna potenziarle rispetto a ciò che oggi manca. Questo è fattibile, da un punto di vista della sostenibilità economica; non toglie i posti letto in un'area del torinese e, soprattutto, non fa un'operazione economicamente e socialmente incomprensibile, che è quella di depotenziare una Città della Salute nei fatti già esistente, per portarla da un'altra parte.
Non vorremmo (l'abbiamo già detto molti anni fa, quando non c'era ancora un'idea sulla localizzazione) che, dietro a tutto ciò, ci sia anche un interesse di carattere economico che qualche soggetto, presente in quell'area, potrebbe avere. Lo indichiamo come una possibilità.
Allo stesso modo, sorprende che il Torinese abbia ancora due aree verdi: l'area Borsetto e l'area dove si vorrà collocare la Città della Salute.
L'area Borsetto è intoccabile: qualunque proposta venga fatta, sembra di toccare un tesoro verde reale. Mentre sulla città della Salute si pu fare un intervento (come direbbero i colleghi della sinistra) di cementificazione: lì non importa, lì va benissimo. Il motivo non lo comprendiamo. Non comprendiamo perché un'area è intoccabile e un'altra pu essere tranquillamente urbanizzata, senza che ciò susciti gli strali di nessuno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chieppa.



CHIEPPA Vincenzo

Sicuramente non riuscirò, in cinque minuti, ad esprimere compiutamente il pensiero sulla discussione di oggi, ma colgo subito l'occasione per chiedere l'avvio di una discussione di merito sul progetto Città della Salute. In Commissione sanità, è depositato un ponderoso documento, studi e prefattibilità, della Giunta regionale: noi chiediamo che si avvii una discussione nel merito della proposta.
Aggiungo: partecipazione, partecipazione, partecipazione. Lo ripeto tre volte. Una questione di questo genere deve essere profondamente partecipata dal territorio, dai cittadini, dalle lavoratrici e dai lavoratori e dalle loro organizzazioni.
Noi vogliamo capire, vogliamo discutere di questa vicenda, vogliamo ribadire la necessità della centralità della sanità pubblica. Questo l'ho ascoltato in numerosissimi interventi e ne sono molto contento. Dovremo passare dall'affermazione di principio, di difesa della sanità pubblica alla discussione di merito di quelle 300 pagine depositate in Commissione su Città della salute, dove sono contenute delle affermazioni che confliggono con l'idea della centralità della sanità pubblica. Quindi chiedo di poter discutere e di poter modificare un'impostazione che parla di maggiore integrazione e sinergia fra sanità pubblica e privata, per quanto riguarda la modalità di gestione dei servizi.
Credo che dovremo approfondire con grande attenzione l'idea di centralizzare, diciamo così, in un unico luogo tutte le alte specializzazioni e, come si dice in quel documento, anche i DRG più pesanti. I DRG sono i rimborsi per le singole prestazioni che le aziende sanitarie introitano. Noi rischieremo - non ho certezze in questo campo a differenza di altri - di realizzare un punto di grande eccellenza e di grande complessità, inserito però in una rete sanitaria, regionale e, in particolare, dell'area metropolitana impoverita dal punto di vista professionale ed economico.
Questo non è nell'idea della Giunta? Io ne sono convinto. Quindi, non ci resta altro che modificare su quei punti il documento che è depositato in Commissione. Perché, purtroppo, non posso far finta di non aver letto alcune cose che sono scritte in quel documento.
Ricerca. Noi come Comunisti Italiani abbiamo tenuto un convegno proprio sulla Città della Salute, qualche settimana addietro (era presente anche l'Assessore Bairati). Ricordo l'affermazione del Rettore dell'Università di Torino, professor Pelizzetti, che mi aveva molto colpito. Il professor Pelizzetti afferma: "La ricerca deve essere pubblica, al servizio del pubblico". Il professor Pelizzetti non è certamente, come il sottoscritto un pericoloso bolscevico, diciamo così. Lo dico scherzosamente.
un'affermazione su cui siamo tutti d'accordo. Allora, chiedo di poter discutere e modificare in quella parte il documento di prefattibilità della Città della Salute, dove invece, come si dice, si auspica una formazione e ricerca integrata pubblico-privata.
Aggiungo ancora una battuta. Noi sappiamo già cosa significano i corsi di aggiornamento e la formazione pagate dalle industrie farmaceutiche.
Sappiamo che le multinazionali premono sulle scelte dei Governi. Lo sappiamo tutti, Assessore Bairati? Bene. Per esempio, in Italia non si è mai riusciti a fare un prontuario con le sole 500 molecole attive dal punto di vista farmacologico, ma si lascia invece campo libero, libero mercato alle oltre ventimila molecole in commercio. Questi sono i rischi di una ricerca mista pubblico-privata.
Sono rischi. Non sto accusando alcuno, né sto ascrivendo ad alcuno questa idea. È un rischio. Noi, da questo punto di vista, chiediamo di discutere. Vorremmo una ricerca pubblica, che sia al servizio del pubblico e non condizionata dalle multinazionali dei farmaci, per esempio. Dico cose estremiste? Non mi pare. Dico cose di buon senso. Alcune volte però è difficile anche fare affermazioni di buon senso, in termini generali, non qui dentro, naturalmente.
Siamo preoccupati. Anche di questo vogliamo discutere. Vogliamo introdurre gli incubatori famosi - io dico famigerati, dal mio punto di vista - gli incubatori di impresa all'interno del Parco della Salute.
Bisogna capirsi. Cosa sono gli incubatori di impresa? Chi non lo sa, si documenti, perché non si può sostenere una cosa senza conoscerne il funzionamento. Gli incubatori di impresa sono quei luoghi dove il pubblico finanzia la ricerca e le strutture a beneficio di imprese private. Sono aiuti pubblici verniciati di modernismo. Questo è sostanzialmente.
Noi siamo preoccupati che quel tipo di modello possa provocare un ulteriore impoverimento della ricerca pubblica e della possibilità del pubblico di stare in campo. È un abdicare a un ruolo. Non sto facendo un'affermazione, ma c'è il rischio di abdicare, anche senza volerlo, ad un ruolo che, invece, deve restare centrale, che è il ruolo pubblico.
Queste cose che ho detto vogliono essere di stimolo alla Giunta e al Presidente della Commissione sanità affinché si apra una discussione in Commissione stessa su questi temi. Nessuno di noi è così matto da non volere un ospedale di grande complessità, nuovo, nuovissimo, da non volere una formazione di eccellenza, da non volere una ricerca di eccellenza.
Vorremmo però discutere il come e, per quello che ci riguarda, il comparto pubblico deve restare centrale. Quindi, chiediamo una discussione.
Chiudo, come ho iniziato: partecipazione, partecipazione partecipazione. Non si può decidere al chiuso di una cosa così importante.



PRESIDENTE

Il Consigliere Burzi ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Grazie, Presidente.
Sono le 13.38. Volevo capire, dopo questo intervento di opposizione come si configurano quelli successivi. C'è qualcuno che parla di maggioranza, c'è qualcuno esterno...
Lo chiedo, solo per capire come vanno avanti i nostri lavori.



PRESIDENTE

Conformemente alle intese che hanno raggiunto, non abbiamo sospeso la seduta. Non ho più altre richieste di interventi.



BURZI Angelo

Tocca alla maggioranza parlare?



PRESIDENTE

La maggioranza non ha presentato altre richieste di intervento. Penso che, se non ci sono altre richieste di intervento dalle due parti dell'emiciclo, non essendovi altri interventi da parte degli ospiti possiamo chiudere la nostra giornata con due repliche degli Assessori.
La parola al Consigliere Scanderebech.



SCANDEREBECH Deodato

Dopo l'intervento del collega Chieppa, volevo sottolineare che il documento è qui presente, il sottoscritto l'ha letto più volte, ma siccome c'è Commissione e visto che è stata una richiesta fatta da parte di un Gruppo importante della maggioranza, è giusto che da domani venga messo in discussione.



PRESIDENTE

L'intervento è teso a sollecitare una discussione su quel documento.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Pozzi; ne ha facoltà.



POZZI Paola

Grazie, Presidente. Ritengo che la giornata odierna, a dispetto di quanto ci si potesse aspettare, di quanto io stessa mi aspettassi, è stata una giornata utile, perché finalmente abbiamo potuto ascoltare due sintetiche, ma ponderose, relazioni degli Assessori Bairati e Artesio, e il pensiero di nostri interlocutori importanti (penso al Comune di Torino all'Università, al Politecnico), non riferito da fonti giornalistiche - con tutto il rispetto per le suddette - ma dalla loro viva voce.
Per me questo è stato utile, perché oggi abbiamo parlato di quella parte del Piano Socio Sanitario che riguarda specificamente i luoghi di cura della malattia, o meglio i luoghi di cura della persona ammalata.
Quindi, il tema della qualità di questi luoghi, della umanizzazione e del rapporto tra questi luoghi e il territorio è estremamente importante così come il tema delle caratteristiche di questa cura, legata alle caratteristiche della patologia: bassa, media, alta complessità, richiesta di alta specializzazione, o richiesta di cure ordinarie.
Abbiamo oggi, a Torino, non una Città della Salute, come qualcuno ha detto, ma un'area dedicata alla salute, una zona della città dedicata alla salute, perché usare il termine "città" vuol dire indicare qualcosa che ha un impianto urbanistico, una razionalità, un disegno razionale nell'utilizzo degli spazi e nell'economia degli spazi.
Noi non abbiamo questo, oggi, nella zona sud di Torino, ma abbiamo una parte della città dedicata alla salute, che è un'altra cosa dalla Città della Salute.
un'altra cosa soprattutto rispetto a quello che abbiamo sentito definire dall'Assessore Bairati (oggi abbiamo ascoltato tutti e non possiamo prescindere da quanto la Giunta ci ha detto); un Parco della Salute dove clinica ospedaliera, scuola di alta formazione e ricerca ricerca biomedica, e - udite, udite - luoghi dove si installano delle imprese che fanno della ricerca e dell'applicazione della ricerca in campo biomedico occasione di sviluppo per la nostra regione e, perché no occasione di lavoro per quei giovani ricercatori, per i quali abbiamo previsto anche una parte di una legge sulla ricerca, bene credo sia un'altra cosa dal dedicare una parte della città a zona ospedali.
Chi è al governo ha il dovere di pensare lontano, non può essere miope.
Il Rettore Pelizzetti l'ha ricordato, chiedendoci di pensare a quelli che saranno i bisogni e le caratteristiche della sanità tra vent'anni.
Noi abbiamo questo dovere. Chi è all'opposizione può anche chiedere ci che meglio si adatta a non scontentare nessuno, per mettere più o meno tutti d'accordo e rispondere ai cittadini di Torino, che chiedono che i servizi rimangano all'interno delle mura della città di Torino.
Io mi chiedo, però, se questi cittadini vogliono veramente che le mura vengano oltrepassate da tutti gli abitanti di Nichelino o Moncalieri, che oggi le oltrepassano per venire in città.
Ragioniamo in termini di Città Metropolitana, come ci hanno suggerito in molti e come ci ha ricordato l'Assessore Viano del Comune di Torino, che mi sembra, in quanto amministratore di questa città, abbia dimostrato di avere una visione di sistema e di area metropolitana che fa sì che Grugliasco e Collegno non possano considerarsi extraterritoriali.
Tuttavia, come Consigliera di questa Regione e cittadina di questa Città, voglio rassicurazioni sul fatto che i cittadini dell'ASL 1 e dell'ASL 2, che oggi ricorrono all'ospedale Molinette per avere le cure possano continuare ad averle, perché la zona sud della città non sia sguarnita da presidi ospedalieri.
Ho ascoltato con molta attenzione i dati che l'Assessore Artesio ci ha comunicato; dati che mi sembra dimostrino come in alcune ASO che si occupano di alta specializzazione ci sia confusione tra alta specializzazione e media e bassa complessità, e questo rende più difficile rispondere adeguatamente all'una e all'altra.
Non ho i dati precisi, ma penso che qualcosa di analogo possa valere per il Regina Margherita: un ospedale dove giungono bambini da tutta Italia, per cure specialistiche, e il cui pronto soccorso è intasato per interventi di bassissima complessità (a volte soltanto per un antipiretico nei momenti in cui la medicina territoriale di base non è attiva).
Si tratta, quindi, di razionalizzare, di dedicare gli ospedali a quello per cui vengono realizzati; ospedali di territorio, ospedali per alta complessità e per alta specializzazione. L'area di Torino sud avrà i servizi per i suoi cittadini, avrà anche lode di formazione, ma non confondiamo questo con il Parco della Salute, che è tutt'altro, come abbiamo ascoltato in mattinata e come le Università, non solo le imprese, e gli amministratori di questa città ci hanno richiesto.



PRESIDENTE

Non essendoci altri interventi, la parola all'Assessore Artesio, per una replica.



ARTESIO Eleonora, Assessore alla tutela della salute e sanità

La Presidente e il collega Bairati mi delegano a una battuta di conclusione a questo dibattito e forse anche alla definizione di una prospettiva, per quello che riguarda almeno la relazione tra l'esecutivo e l'Assemblea.
Intanto, credo corra l'obbligo di ringraziare le persone invitate, che hanno portato il loro contributo ed hanno avuto la cortesia di ascoltare l'andamento del dibattito, nonché i signori Consiglieri che hanno avuto la compiacenza di seguire la discussione in tutto il suo sviluppo e quindi di riferirsi all'insieme delle comunicazioni che sono state fornite.
A sintesi di questa discussione, credo che gli elementi che possiamo riprendere come elementi di condivisione riguardino sostanzialmente l'evidenza del fatto che non stiamo ragionando di una riqualificazione dell'ospedale Molinette e della sua ricollocazione in funzione della riqualificazione, ma stiamo parlando di un'operazione che alternativamente è stata definita Città della Salute e della Scienza, piuttosto che Parco della Salute e della Scienza, e che esattamente nella condivisione delle funzioni trova la sua sostanza e definisce gli stili, lo studio di fattibilità e i percorsi di programmazione che sono stati evidenziati.
Con questo tipo di approccio, gli elementi che ne conseguono e che riguardano un processo, sono sostanzialmente due: da un lato, la relazione tra i diversi livelli di programmazione con i differenti interlocutori, che riguardano la possibilità di connettere l'attività di didattica e di ricerca, non solo con quella di assistenza e clinica, ma anche con l'attività di produzione, che è stata richiamata in alcuni interventi.
Il Tavolo degli interlocutori è una delle piste di lavoro che lo studio di fattibilità avanza relativamente alla praticabilità delle funzioni e dei loro livelli di coordinamento.
C'è un secondo livello, che riguarda il coordinamento tra l'attività di formazione e quella di assistenza e cura, le cui caratteristiche non derivano soltanto dalla dislocazione dei livelli di complessità di cui abbiamo parlato in premessa, ma derivano anche dalla capacità di dare un vestito organizzativo alle forme di relazione tra attività ospedaliera e sanitaria, e attività di formazione e di ricerca.
Tutto il capitolo dello studio di fattibilità che fa riferimento all'organizzazione dei Dipartimenti, indicando quali e con quali modalità di integrazione, è esattamente il riferimento che richiamo nel momento in cui parlo di questo secondo livello di relazione.
C'è un terzo livello di relazione, che riguarda i rapporti interistituzionali legati alla relazione tra l'ente e le amministrazioni locali in ordine alle questioni di accessibilità e di valorizzazione di questa nuova polarità dal punto di vista trasportistico, viabilistico e urbanistico. Tutti questi tre livelli, che sono i livelli da percorrere per trasformare un'idea guida di uno studio di prima fattibilità in tappe operative, hanno la necessità di poter procedere su tempi sufficientemente distesi per raccogliere l'opinione e il contributo degli interlocutori e rielaborarli, anche in forme di restituzione periodicamente organizzate presso il Consiglio o la Commissione.
un dato di fatto che l'accelerazione imposta alla discussione, anche per l'evidenza che il tema aveva nelle forme di comunicazione pubblica e per gli elementi di immediata concretezza sui quali si è soffermata la comunicazione (vale a dire, ad esempio, la localizzazione o i presunti conflitti istituzionali tra Regione e Università), ha prodotto anche uno stile della nostra discussione fortemente segnato da questa traduzione accelerazione e semplificazione.
Quindi un primo livello per percorrere l'obiettivo potrebbe essere quello di restituirgli la dimensione di complessità e di processo evidenziando insieme, nel rapporto con la Commissione, quali possono essere le tappe di restituzione di questo percorso al decisore politico, che è questa Assemblea elettiva.
La seconda questione, che riguarda il modo con il quale il tema del Parco-Città della Salute e delle Scienza è precipitato sul contesto torinese creando quelle condizioni di allarme e di preoccupazione in ordine ad una riduzione dell'offerta sanitaria nell'area sud della città preoccupazione che spero di aver, se non accantonato o allontanato, almeno disarticolato, restituendo i dati di quali sono gli afflussi, le provenienze e le forme di trattamento dei pazienti di quel Polo di Torino Sud - ha un altro livello di definizione, che non è certamente disgiunto dal primo, non fosse perché abbiamo parlato di posti letto da rilocalizzare, di livelli di complessità da ridefinire, di relazione da mantenere; perché non esiste un sistema di alta complessità che non si fondi su questa rete di relazioni. Perché non sarebbe evidente l'indice di qualità che oggi viene riconosciuto alle Molinette, ad esempio, se queste non si fondassero su una qualità di relazioni col resto dei presidi ospedalieri capaci di regolare l'accoglienza dei malati secondo il loro livello di complessità. Se così non fosse, non avremmo quei livelli che periodicamente vengono richiamati dagli organi di informazione come eccellenza.
Quindi il tema della costruzione delle connessioni e delle relazioni è del tutto evidente nella relazione con la Città della Salute, ma è altresì evidente nella definizione della rete di presidi di Torino Sud, dove quest'Amministrazione ha già definito uno strumento di approfondimento e di coordinamento, che è la struttura flessibile rappresentativa delle competenze di edilizia e di logistica in sanità, con quella della programmazione e della salute e le Direzioni generali interessate.
Anche questo è un elemento - mi spiace tornare a questa dimensione, che è quella del processo - che periodicamente potrà essere riferito e rimesso in circolo dal punto di vista della socializzazione delle informazioni e delle conoscenze, perché l'attenzione politica possa essere egualmente orientata al tema della valorizzazione delle opportunità nella distribuzione del sistema ospedaliero in città, rispetto all'attenzione che si vuole dedicare all'evidenza di un'altra scelta che è fondamentalmente di sviluppo locale, legata al Polo della Salute e della Scienza nell'ambito territoriale qui definito.
Se questo quadro può essere, nelle differenze, il livello minimo di condivisione cui anche questa discussione ci ha fatto pervenire, credo che la disponibilità che la Giunta può esprimere in questo momento, al termine di questa discussione, sia esattamente quella di costruire una modalità di comunicazione con l'Aula - con il Consiglio e con le Commissioni - che periodicamente dia evidenza dei progressi che si sono compiuti, delle soluzioni che vanno definite sul piano istituzionale e che solo in quelle sedi possono avere definizione (penso all'articolo 21 della legge n. 18 sulle Aziende miste, clinico-ospedaliere, che è il Tavolo istituzionale corretto di definizione e di programmazioni strategiche condivise) immaginando, con ciò, che in modo coeso si possa discutere e adoperare sull'idea complessiva di offerta sanitaria e di distretto della salute in un Consiglio che almeno abbia accantonato gli elementi di equivoco e di ambiguità che fino a questo momento hanno caratterizzato la discussione.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Artesio.
L'Assessore Bairati non intende replicare. Ringrazio tutti gli intervenuti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.57)



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