Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.245 del 09/10/07 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



(Alle ore 10.02 il Presidente Gariglio comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.31)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bresso, Chieppa, Clement e Pizzale.



PRESIDENTE

Colleghi, vi comunico che nel corso della seduta sarà distribuita una copia ufficiosa del calendario dei lavori del Consiglio e delle Commissioni, in maniera tale da costituire un utile promemoria sugli impegni della prossima settimana. Ovviamente fanno fede le convocazioni ufficiali, secondo Regolamento.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame proposta di deliberazione n. 162 inerente a "Individuazione delle Aziende Sanitarie Locali e dei relativi ambiti territoriali"


PRESIDENTE

Esame proposta di deliberazione n. 161 inerente a "Piano Socio Sanitario regionale 2006-2010"



PRESIDENTE

Colleghi, si è convenuto di tenere un dibattito unico sulle proposte di deliberazione n. 161, "Piano Socio Sanitario regionale 2006-2010" e n. 162 "Individuazione delle Aziende Sanitarie Locali e dei relativi ambiti territoriali", di cui al punto 2) e al punto 3) all'o.d.g.
L'accordo, raggiunto in sede di Conferenza dei Presidenti dei Gruppi prevede un unico dibattito sul complesso dei due provvedimenti; ovviamente gli emendamenti saranno poi presentati sulle singole deliberazioni e quindi saranno poi discussi separatamente.
Apriamo dunque la discussione generale congiunta sulle proposte di deliberazione n. 161 e n. 162.
Ha chiesto la parola il Consigliere Cavallera; ne ha facoltà.



CAVALLERA Ugo

Grazie, Presidente. Prendo atto di quanto è stato stabilito nella Conferenza dei Capigruppo, tuttavia ritengo opportuno organizzare i nostri lavori dando una progressione agli interventi.
Ricordo che in Commissione si era esaminato la proposta di deliberazione n. 161, che viene prima della n. 162 ed è anche quella più voluminoso, area per area, capitolo per capitolo (sono cinque capitoli). In questo modo avevamo iniziato un lavoro proficuo, che poi è stato interrotto dal passaggio in Aula.
Ebbene, credo che sarebbe opportuno seguire il malloppo del Piano Sanitario andando sui cinque capitoli, che sono (a parte la premessa per la nuova politica per la salute): 1) opportunità di crescita, governo delle risorse e innovazione; 2) governo del servizio sanitario regionale; 3) promozione della salute e prevenzione; 4) integrazione socio-sanitaria e cure primarie; 5) rete ospedaliera del Piemonte. Poi si farà la votazione finale Discutendo i vari capitoli, gli emendamenti possono essere esaminati progressivamente, così la discussione avanza in modo razionale. Ciò anche per evitare che, se uno ha più sensibilità su un tema e un altro sull'altro, si salti da una parte all'altra.
Ma naturalmente è chiaro che spetta a lei, signor Presidente, dover organizzare i nostri lavori, perché le ho solo esposto una modalità di lavoro che nella Commissione aveva dato buoni frutti.



PRESIDENTE

Il collega Cavallera propone sostanzialmente di articolare il dibattito generale in cinque sottodibattiti, tenendo conto della ripartizione del Piano Sanitario.
La ripartizione per materia che solleva il collega Cavallera ha una sua profonda ragionevolezza, ma il rischio di quest'operazione è che si riproducano cinque volte gli interventi.
Di conseguenza, propongo di articolare un'unica discussione generale cercando di affrontarla, per quanto possibile, in ordine d'argomento.
Quindi cercherò di organizzare i primi interventi secondo l'oggetto della loro richiesta. Va da sé che, se alcuni colleghi con un intervento desiderano parlare su due, tre o quattro punti, non posso impedire loro di farlo.
Coloro che desiderano parlare sul quinto punto tendenzialmente potrebbero intervenire al termine della discussione generale, ma altrimenti dividere nettamente il dibattito in cinque discussioni generali diventa impossibile, anche perché dovrei frammentare i relativi tempi su cinque minidiscussioni generali.
Vista la complessità della discussione che affrontiamo e il clima costruttivo che ci sarà, seppur nella contrapposizione delle idee, vi chiedo di aiutarmi nella conduzione dei lavori.
Iniziamo la discussione generale con l'intervento dell'Assessore alla sanità.
La parola all'Assessore Artesio.



ARTESIO Eleonora, Assessore alla programmazione socio-sanitaria di concerto con l'Assessore al welfare

Il tempo che il Consiglio, nelle sue diverse articolazioni d'Aula e di Commissione, ha voluto dedicare all'esame dei due atti deliberativi è già indicativo della complessità, del valore e delle attese che derivano da questo Piano Socio Sanitario, e soprattutto esime da un'illustrazione puntuale dei contenuti degli stessi atti, quindi da parte mia saranno svolte alcune brevi e generali riflessioni sulla deliberazione di Piano e una più specifica comunicazione d'illustrazione degli emendamenti alla deliberazione n. 162, che aveva già compiuto all'interno delle Commissioni il percorso d'esame.
Rispetto agli elementi di carattere generale, relativi allo strumento di programmazione socio-sanitaria, nel ringraziare per l'attenzione che è stata dedicata, mi permetto di riassumere il calore del dibattito che su questa materia si è svolto, con la seguente valutazione.
Se così fortemente e acutamente ci si è impegnati nella definizione di strumenti integrativi attraverso la presentazione di emendamenti e nel confronto rispetto alla visione politica del sistema delle prestazioni e dei servizi è perché questo documento di programmazione è un documento vero, pur nella sua difficoltà, pur nella complessità di coniugare approcci culturali, conoscenze del livello empirico del sistema delle prestazioni letture del cambiamento della domanda di salute nella nostra società, in ragione del cambiamento sociale, economico e demografico, ma anche del livello della specializzazione, della tecnologia e della ricerca.
Quindi, mi sembra importante svolgere due riflessioni per indicare più la strada che abbiamo di fronte, che quella che abbiamo compiuto.
La prima riflessione riguarda l'aspetto partecipativo e democratico del Piano Socio Sanitario. Non mi riferisco esclusivamente al percorso di consultazione avviato dall'Assessore e dalla Commissione consiliare competente; mi riferisco anche al principio di responsabilità e di coinvolgimento che il Piano prevede per l'assunzione pubblica di una responsabilità sulle politiche per la salute, in capo, in primo luogo, ai livelli istituzionali e, in maniera sussidiaria e integrata, a tutte le forme di rappresentanza della cittadinanza attiva e della rappresentanza dei cittadini.
Dico questo perché è previsto, all'interno del Piano, non una retorica evocazione del principio di responsabilità, ma un preciso percorso istituzionale che mette in capo al Comitato dei Sindaci del Distretto e alla Conferenza dei Sindaci di ASL una funzione di esame, indirizzo individuazione di priorità. Tale funzione, se costruita con il senso e con i contenuti, sicuramente promuoverà nei territori un alto livello di sensibilità intorno ai temi della salute e, soprattutto, una condivisione di questa responsabilità tra tutte le politiche che, come è noto solitamente si misurano attraverso indicatori di altro tipo (quello economico, la coerenza organistica, la produzione), piuttosto che per la promozione di salute implicita in ogni leva delle politiche pubbliche.
Questo percorso ha sicuramente bisogno di produrre esperienza e conoscenza; non a caso, l'attivazione dei profili di salute - che, come dice il termine, è la scrittura dei tratti distintivi della condizione di salute di un ambito territoriale - è oggi in corso, a livello delle singole situazioni distrettuali, attraverso un'azione di accompagnamento professionale e dell'epidemiologia ed un'azione ancora più intensa di partecipazione culturale e politica degli amministratori e delle organizzazioni sociali.
Questo, secondo una stagione che io mi auguro possa essere altrettanto produttiva, quale quella tenuta nella preparazione dei Piani di zona, ai sensi dell'applicazione della legge regionale n. 1, che credo abbia modificato veramente la consapevolezza del ruolo pubblico nella qualità della costruzione del sistema di sicurezza del territorio regionale.
dicevo - un percorso di assunzione di responsabilità, di produzione di cultura e di definizione di priorità. Un percorso che produce e vuole produrre - ma questa è la scommessa o la sfida che percorriamo - anche un sistema di alleanze più consolidato e più esplicito tra i decisori pubblici, il sistema professionale - che traduce in metodi, in azioni e in percorsi operativi le linee politiche e gli obiettivi - e la rappresentanza dei cittadini, che assume in questo ruolo, come ben dice il Piano Socio Sanitario, una triplice funzione, che è assegnata: quella di essere i maggiori azionisti del sistema socio sanitario e quindi di averne consapevolezza e responsabilità, non solo dal punto di vista della qualità che vorremmo, ma della necessità che, per mantenere questa realtà dobbiamo promuovere, la necessità di cofinanziamento. Dall'altro lato, essere portatori, come cittadini, di un interesse collettivo e di una tutela dei diritti esigibili e, in terzo luogo, essere utilizzatori del sistema e quindi destinatari finali.
In questo quadro, che non è affatto originale e nuovo, ma è semplicemente la trasposizione della cultura che da più parti, in modo particolare dagli indirizzi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si propone, discendono gli aspetti operativi che il Piano non caratterizza come momenti organizzativi, essendo strumento di programmazione, ma indica come vie da percorrere.
Di questo, ricordo solo tre aspetti, che a me sembrano sinteticamente centrali: il primo, è che se tutte le politiche promuovono salute certamente il tema della prevenzione aumenta il capitolo che gli è dedicato, e questo merito deriva non solo dall'indicazione degli atti di prevenzione primaria e secondaria, ma anche dalla promozione di quegli aspetti di cultura della salute che prevalgono - e parliamo appunto di prevenzione - o meglio, favoriscono e inducono un clima positivo per la crescita della salute, e che non sono in capo al sistema assistenziale e sanitario.
L'aspetto rilevante ed impegnativo - forse qualcuno potrebbe dire "quello di contenuto" - che il Piano promuove, è il fatto di prendere l'impegno del raggiungimento di un obiettivo anche finanziario, che è quello di procedere verso la realizzazione dell'obiettivo nazionale di dedicare il 5% degli investimenti sulla salute ai temi della prevenzione.
Il secondo aspetto è quello della centralità della persona nell'ambito territoriale. Il dato del territorio l'ho già trattato sul versante istituzionale, quando ho parlato dei Comitati dei Sindaci di Distretto.
Il Distretto diventa uno strumento, oltre che, per quanto previsto dalla legge istitutiva, fin dalla legge n. 833, il regista di quella relazione circolare che s'immagina intorno al profilo di salute delle persone, per la quale, come esperienza di ciascuno di noi, l'incontro con il sistema delle prestazioni avviene, per gran parte della vita (i due terzi o i quattro quinti), in relazione ai servizi di prossimità, e quindi a tutta quella dimensione di rete della medicina di famiglia, della prestazione ambulatoriale, della congiunzione nell'integrazione tra funzioni sanitarie e funzioni socio-assistenziali che costruiscono il percorso di continuità e la soddisfazione - fortunatamente - dei bisogni comuni, meno complessi, del nostro percorso esistenziale, dal punto di vista della salute.
Dichiarare questo, che apparentemente è opzione di buonsenso, introduce non l'idea di gerarchia rispetto alle diverse funzioni e prestazioni quindi non l'identità, l'immagine, la metafora di una scala, bensì quella della circolarità.
Costruire la circolarità - quindi prossimità, medico di medicina generale, prestazioni ambulatoriali, continuità assistenziale, cura ospedaliera - è forse efficace e suggestivo nella descrizione del sistema e dell'idea, e molto difficile da praticarsi nella definizione dei protocolli operativi, nella messa a disposizione delle risorse logistiche nell'utilizzo condiviso delle risorse economiche, nell'evidenza per i cittadini di questo percorso possibile e circolare, nell'individuazione del punto unico di accesso al sistema delle prestazioni.
Quindi, come si vede, il Piano enuncia, come è d'uopo in un atto di programma, delle linee di indirizzo che avranno bisogno di un intenso lavoro di traduzione operativa, rispetto alla costruzione di tutto quel clima di lavoro professionale e di sistema di opportunità dislocate, che le renderà possibili.
In ultimo, l'aspetto relativo alle vulnerabilità che caratterizzano il nostro cambiamento sociale. Cito, in modo particolare, tutta la tematica relativa alla protezione della nascita e della maternità, con la soddisfazione di ricordare a questo Consiglio che il nostro Paese ha i più alti indici di protezione della nascita.
Negli ultimi dieci anni sono di molto migliorati i rischi e le mortalità infantili; migliorati nel senso che sono regrediti, quindi abbiamo una scarsa esposizione al rischio, che è comunque obiettivo da tutelare e da mantenere, in particolare per le famiglie nelle condizioni di maggiore povertà materiale e culturale.
Voglio ricordare gli aspetti legati alla qualità della nostra durata di vita, alla connessione con condizioni di patologia cronica nella fase dell'invecchiamento. Voglio ricordare tutte le tematiche della sofferenza mentale e delle dipendenze.
Il fatto di aver ricordato nelle politiche socio-assistenziali attraverso la normativa che regola tutta la programmazione assistenziale e altrettanto, nei piani di zona, quanto il Piano Socio Sanitario ripromuove e ricorda dal punto di vista della tutela della salute, mi sembra sia dato di civiltà comune che caratterizza questo territorio per l'attenzione che viene dedicata alla conservazione della salute nei soggetti più deboli, ma anche per la valutazione del fatto che il diritto di salute è una garanzia dell'insieme della collettività. Questione alla quale non si dedicano coloro che rappresentano le fasce deboli soltanto, ma che diventa responsabilità generale.
Questi sono i tre capisaldi. Abbiamo ora, qualora il Consiglio decidesse di arrivare all'approvazione dello strumento, davanti la dimensione più complicata che è quella, appunto, di trasferire negli aspetti organizzativi, operativi, di decisione e della dislocazione delle risorse quanto gli obiettivi qui definiscono.
Credo, ma lo considererò una ricchezza e un valore, che non smetterà la discussione in quest'aula quando i documenti deliberativi saranno approvati, ma riprenderà e continuerà i contenuti, sulle determinazioni concrete rispetto a tutti gli atti di indirizzo - sia pure di Giunta alcuni e di Consiglio altri - che dovremmo adottare per rendere vero, nella realtà soprattutto dei cittadini, quanto qui dichiariamo di voler promuovere.
Questo viene fatto in questa Regione in un momento di particolare delicatezza, ed è questa la difficoltà e la complessità che affrontiamo.
Non solo rendere chiaro e misurabile tutti quanto gli elementi di impostazione teorica sono praticabili nel concreto dispiegarsi dei servizi ma anche il farlo in una condizione di maggiore difficoltà dal punto di vista economico.
Non ripercorro qui gli aspetti già profondamente discussi in Aula sul patto per la salute e sul piano di riequilibrio finanziario in cui le aziende sono impegnate. I risparmi attesi dai risultati dell'applicazione della delibera n. 162 sono stati comunicati e riguardano, sostanzialmente la possibilità di immaginare e attendere dei risparmi e delle economie sulle funzioni di carattere amministrativo e di service all'esercizio della funzione primaria che alla produzione della salute.
Tuttavia, la costruzione economica di questo triennio ha un altissimo livello di complessità: tenere insieme l'alta ambizione - che qualcuno potrebbe chiamare presunzione - della cultura del piano, con le progressive indicazioni operative ed economiche date dai programmi di riqualificazione assistenziale e di riequilibrio economico.
una grande e faticosa strada di lavoro che abbiamo tutti di fronte di cui sono convinta il Consiglio abbia già misurato una prima realizzazione. La prima realizzazione è che nella diversità delle interpretazioni e delle soluzioni che possono essere immaginate a partire dai riferimenti culturali e politici di ciascuno, o dalla conoscenza di modelli organizzativi che ciascuno ha in mente di promuovere, l'aver trovato la volontà di dedicare questo tempo, in Consiglio e su questo strumento, significa che abbiamo assunto la programmazione socio-sanitaria come un passaggio vero dell'identità politica del Consiglio.
Non dubito che anche nella dimensione operativa e nelle differenze troveremo modo di discutere concretamente di ciò che i cittadini attendono cioè di come i decisori pubblici sanno interpretare, rappresentare e organizzare i loro bisogni fondamentali.
In questo quadro, che è stato necessariamente sintetico perché rende conto della conoscenza e della competenza che i Consiglieri hanno sulla materia, mi limito soltanto a introdurre gli aspetti della deliberazione n.
162 per ricordare che gli emendamenti discussi in Aula segnalano gli allegati che distinguono le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende Ospedaliere e le aziende miste, quelle dell'ospedale di insegnamento quindi la parte sanitaria e quella universitaria. Infine introducono i criteri per la determinazione dei distretti, in modo particolare facendo riferimento a un dibattito che ha molto coinvolto non solo il Consiglio regionale, ma anche, nelle consultazioni, tutti i livelli istituzionali relativamente alla dimensione ottimale per l'esercizio della funzione distrettuale.
Facendo riferimento al fatto che standard statistici sono buona norma per definire un modello organizzativo - e qui si è individuato lo standard della popolazione riferito ai 70 mila abitanti - l'articolazione, la complessità e la differenziazione del territorio regionale pretendono anche di rendere visibili gli aspetti di differenza, altrimenti l'applicazione di una conduzione media produrrebbe delle disuguaglianze nell'accesso alle opportunità. Ecco perché sono stati considerati i cinque criteri che consentono la deroga al tetto di popolazione e che tengono conto della dispersione territoriale e delle amministrazioni con un basso numero di popolazione.
Spero di non aver eccessivamente tediato il Consiglio nell'aver introdotto la discussione per le giornate che ci attendono. Grazie.



PRESIDENTE

Il Consigliere Vignale ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Probabilmente l'Assessore Migliasso ha dimenticato che il Piano è socio sanitario e non soltanto sanitario. Sarebbe opportuno non soltanto che fosse presente l'Assessore, ma credo che un pezzo della relazione che la Giunta deve svolgere toccherebbe - uso il condizionale vedendo anche il lavoro svolto in Commissione - anche all'Assessore Migliasso.
Le toccherebbe, sempre che non sia occupata in altre cose più importanti, anche la presenza in aula.



PRESIDENTE

L'Assessore Migliasso aveva annunciato che sarebbe intervenuta. È solo fuori dell'aula.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Cotto; ne ha facoltà.



COTTO Mariangela

Penso che il Consigliere Vignale si sia dimenticato di chiedere anche la relazione e la presenza dell'Assessore Bairati, per quanto di sua competenza. Stiamo parlando del Piano Socio Sanitario.
Ringraziamo l'Assessore Artesio, che da settembre non si è mai sottratta ad un concreto confronto, tuttavia sentiamo la necessità che la Giunta, proprio per il principio di responsabilità, sia presente in aula specialmente gli Assessori che hanno competenza.
Altrimenti diventa facile fare valutazioni diverse.



PRESIDENTE

Trovo assolutamente pertinenti le osservazioni avanzate e sospendo brevemente la seduta.
L'Assessore Migliasso aveva preannunciato che sarebbe intervenuta e anche l'Assessore Bairati sta arrivando. Vi ricordo che siamo in sede di discussione generale sulle proposte di deliberazione n. 161 e n. 162.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 11.00 riprende alle ore 11.01)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola all'Assessore Migliasso; ne ha facoltà.



MIGLIASSO Teresa Angela, Assessore alla programmazione socio-sanitaria di concerto con l'Assessore alla sanità

Grazie, Presidente.
Come i colleghi avranno notato, il nostro Piano Socio Sanitario - la delibera in modo particolare - fonda la propria cultura, come immagino sia stato detto dalla collega nel suo intervento introduttivo, sull'idea di "salute" intesa come obiettivo cui necessariamente contribuiscono non solo e non tanto le politiche socio-sanitarie assistenziali, ma tutta una serie di azioni che altri soggetti istituzionali (in modo particolare i Comuni) sono tenuti a fare per conseguire il benessere psicofisico.
All'interno del Piano è altresì precisato che occorre puntare molto sulla prevenzione - non mi dilungherò su questo concetto - sapendo che pu essere di diversi tipi, ma presuppone, comunque, una serie di azioni che coinvolgono le attività e l'allocazione di risorse sia da parte dei diversi Assessorati, sia da parte di altri Enti istituzionali, e fa dell'integrazione socio-sanitaria quello che io considero il "cuore" o il "centro motore" della delibera stessa, di un rinnovato sistema di welfare inteso come quel complesso di prestazioni - sanitarie e sociali sicuramente che vanno ancora oltre le prestazioni sanitarie e sociali.
Non a caso, l'Assessore Valpreda, la sottoscritta, soprattutto la Presidente e tutta la Giunta, hanno voluto che fosse un Piano Socio Sanitario, perché al di là di un astratto omaggio ai principi dell'integrazione, è attraverso le concrete azioni che si fanno per raggiungere il miglior risultato possibile che noi possiamo servire meglio i cittadini del Piemonte, ampliando da un lato, e qualificando dall'altro l'offerta nei confronti della totalità della popolazione.
Siamo fieri di aver approvato un Piano di Edilizia Sanitaria che ammoderna un vecchio, se non antico, parco ospedaliero della nostra Regione, che, come sapete, ha un indice di invecchiamento, per quanto riguarda le proprie strutture ospedaliere, pari a 70 (su una base di 100).
Siamo fieri che la Regione si sia dotata di un Piano che preveda la creazione delle Case della Salute. Siamo altresì convinti che dobbiamo ampliare e qualificare l'offerta per quella parte di popolazione che sebbene non sia numericamente rilevante (sto parlando, in particolare degli anziani non autosufficienti), è sicuramente bisognevole di una pluralità di interventi. Interventi la cui efficacia può essere garantita solo da una corretta presa in carico, da una corretto percorso di continuità assistenziale e dall'approdo a quel sistema di servizi che per la persona sono i più adatti e che quasi sempre vedono intervenire sulla persona e spesso sulla famiglia, quando questa c'è, non soltanto il sistema dei servizi sanitari, ma anche il sistema dei servizi sociali.
Servizi sanitari e servizi sociali devono lavorare insieme in modo integrato, avendo individuato, nella parte che riguarda l'integrazione socio-sanitaria come cuore del sistema da sviluppare e da valorizzare, non solo i gruppi delle cure primarie, ma anche i luoghi fisici (o virtuali come ad esempio alcune sperimentazioni nell'alto Verbano-Cusio-Ossola stanno a dimostrare), verso i quali poter dirigere le richieste dei soggetti che hanno bisogno di interventi.
Un front office riceve la domanda, e un back office, rappresentato da persone e da strumentazioni che, per conto della persona che si rivolge allo sportello, attiva il percorso all'interno del complicato mondo della sanità e dei servizi sociali, facilitandolo. Ciò consente alla persona, che normalmente si lamenta non tanto della qualità delle prestazioni ma della parte burocratica, di vedere eliminata dalla sua vita e dal suo percorso già doloroso all'interno del sistema sanitario socio-assistenziale (quando ci si rivolge a questi servizi vuol dire che si ha un problema), una componente fondamentale che genera disagio e spesso dissenso anche violento.
Sotto questo profilo, mi riferisco all'esperienza dello sportello unico, sul quale, sia pure in modi diversi, dovuti alle diverse specificità nei territori, alcuni nostri consorzi, insieme con le Aziende Sanitarie di riferimento, non solo stanno ragionando, ma stanno già sperimentando avendo avuto tra l'altro a loro disposizione non molto tempo fa (un mese e mezzo o due mesi fa) la possibilità di confrontare queste esperienze plurime ma confacenti ai territori di riferimento, quindi in grado di cogliere le specificità dei territori, per comprendere se fra le varie pratiche dello sportello unico (ovvero tra le diverse modalità di presa in carico da parte dello sportello unico) ci possano essere, pure in sistemi diversi che devono dialogare con territori diversi, delle questioni comuni che possono comunemente essere accettate e portate a sistema.
Dunque, integrazione socio-sanitaria (intesa come cuore del sistema) da sviluppare, da potenziare e da integrare con altre azioni che si vanno facendo in queste settimane e che, a mio giudizio, daranno valore aggiunto alle prestazioni sanitarie e sociali integrate, laddove, insieme a tutte le azioni che si stanno promuovendo nei confronti delle fasce più deboli della popolazione. Sto parlando delle persone anziane come delle persone con handicap, dei minori con alta intensità assistenziale a causa di patologie.
Sto parlando di persone che necessariamente necessitano anch'esse di interventi sanitari e sociali (persone con disagio psichico tossicodipendenti e quant'altro).
Mi riferisco a tutta una serie di azioni che, sicuramente, hanno molto a che spartire anche con l'integrazione socio-sanitaria e con possibili moltiplicatori dell'efficacia degli interventi e dell'integrazione socio sanitaria, ma che vogliamo rivolgere a tutti. Sto parlando delle azioni che già hanno trovato la loro esplicitazione più o meno chiara all'interno del primo triennio dei Piani di Zona, che noi stiamo scrupolosamente leggendo e monitorando, che molto ci serviranno per il Piano Sociale.
Abbiamo lanciato il Piano Sociale come grande cantiere aperto all'interno del quale non solo ci sono i livelli istituzionali. Sto parlando del sistema delle Autonomie locali, ma anche del sistema delle Aziende Sanitarie, oltre che delle varie Direzioni della nostra Regione insieme al più vasto mondo del terzo settore (cooperazione, volontariato associazionismo).
Noi stiamo lavorando per definire la fotografia sociale del Piemonte considerando l'economia sociale e, quindi, l'economia dell'integrazione socio-sanitaria, che comprende anche quel tipo di prestazioni e non soltanto atti dovuti nei confronti di una popolazione, che, giustamente rivendica l'esigibilità di diritti. Noi speriamo che presto i LIVEAS possano vedere la luce, anche in considerazione del fatto che tutto ciò che è servizio sociale e sanitario - a maggiore ragione, sociale e sanitario integrato - non costituisce solo una spesa da comprimere e ridurre, ma una spesa per lo sviluppo. Noi sappiamo che uno sviluppo buono e sostenibile consiste non solo nel dare risposte dovute ai cittadini, laddove si tutela il benessere, la salute presente e futura dei cittadini e delle cittadine ma nello sviluppo di una rete integrata ed efficacie dei servizi.
Come sanno gli amministratori locali, noi tutti e anche l'economia più avanzata, che ragiona su questo non solo a livello italiano, ma europeo dotare un territorio di infrastrutture sociali, sanitarie e socio assistenziali vuol dire provvedere ad altre prestazioni, nelle quali non sono solo ricomprese quelle di tipo strettamente materiale (fabbriche fognature, strade e quant'altro), ma, i servizi sociali e sanitari integrati; vuol dire garantire alla popolazione tutta quella rete di servizi, compresi i servizi educativi, secondo principi che, ormai unanimemente vengono accettati a livello nazionale e internazionale come servizi che possono, da un lato, prevenire ampiamente le aree di disagio nelle quali potrebbero manifestarsi problemi futuri e, dall'altro, formare la nuova classe dirigente.
Naturalmente, i nostri filoni di lavoro privilegiato all'interno dell'area socio-sanitaria integrata sono ben delineati, così come le criticità, le azioni mediante le quali si vogliono superare queste criticità e gli obiettivi che si intendono conseguire, certamente, in un arco di tempo ragionevole. Il comparto sanitario e il comparto sociale, per quanto riguarda l'area dell'integrazione e la presenza diffusa sul territorio - a noi molto cara - sia pure secondo le forme ritenute più opportune dal territorio, essendo esso molto differenziato, in questi anni hanno investito moltissimo nella domicialiarità, sia in quella più pesante data dal comparto sanitario, sia in quella più leggera, data dal comparto socio-assistenziale, che spesso si integrano nel PAI, cioè nel Piano individualizzato che si stila in relazione alle persone.
Quindi, si intende proseguire in questa direzione sapendo che, in riferimento alla mia cultura e alla parte che più mi compete, per quanto riguarda la collaborazione e l'utilizzo integrato delle risorse, a cominciare da quelle umane, che si rendono disponibili negli sportelli unici, che dovranno vedere la contaminazione di culture provenienti da comparti diversi, dunque, anche formazione integrata di queste figure, la mia collaborazione per quanto riguarda la parte sanitaria - mi riferisco alla collega Artesio - e la collaborazione del mio Direttore per la parte sociale, ma non solo, è di totale disponibilità.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bairati per il completamento della propria parte di relazione sui due provvedimenti.



BAIRATI Andrea, Assessore agli interventi per la ristrutturazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare delle Aziende sanitarie regionali e per l'innovazione nella sua gestione di concerto con l'Assessore alla sanità

Signor Presidente, il completamento delle informazioni date dalle colleghe riguarda quella parte di atto programmatorio concernente un tema molto delicato, sul quale, anche recentemente, si sono registrati interventi molto interessanti. Si tratta di capire come e se la salute intesa in senso ampio, come filiera, possa rappresentare una nuova opportunità di crescita per i nostri territori.
Relativamente a questo è interessante - è anche disponibile del materiale - un recentissimo rapporto dell'OCSE che riguarda lo stato di salute delle nostre economie occidentali, in cui, con particolare riferimento alle economie europee e all'economia italiana, si individua il settore salute come uno dei settori - pochi, peraltro - su cui l'economia del nostro continente e, in particolare, del Paese potrebbe intercettare una nuova traiettoria di crescita e di sviluppo.
La prima parte del Piano è sostanzialmente ispirata a queste considerazioni e a questa filosofia, cioè individuare una serie di interventi e di investimenti che inneschino una stagione di crescita e di attrazione degli investimenti sulla filiera salute generalmente intesa.
Chi ha potuto esaminare nel dettaglio stesso, il primo punto di indirizzo di programmazione e di riflessione che si pone questa parte del Piano riguarda le analisi di quali possono essere i terreni - lo dico in modo abbastanza schematico, ma per capirci - ragionevolmente alla portata del nostro territorio come potenziale intercettatore della crescita della Città della Salute. Su questo vale la pena di fare due riflessioni.
La prima riflessione è che il nostro Paese - il Piemonte, in particolare, non fa eccezione - sostanzialmente è ormai estraneo alla grande economia delle tecnologie della salute, ha subito un processo di fusione di agglomerazione che ha portato ad avere sul mercato internazionale quattro-cinque grandi operatori. Pertanto, nella fase di analisi che ha preceduto la stesura di questa parte, abbiamo individuato un segmento di questa filiera come quello più alla nostra portata, che è quello dell'integrazione tra terziario, tecnologie intermedie e information tecnologico e salute come terreno cui guardare in maniera prioritaria.
Per quanto riguarda le nostre possibilità di crescita nel settore dobbiamo sapere che l'altro grande segmento di spese di investimento, che è quello farmaceutico, rappresenta grosso modo una quota afferente tra 10-11 della spesa complessiva della salute piemontese, quindi è un altro terreno che offre al nostro Paese e alla Regione poche opportunità di intercettamento della crescita perché, come sappiamo tutti, siamo un grande produttore di farmaci in termini di volume, ma un bassissimo produttore di ricerche, sviluppo e tecnologie che, in campo farmaceutico, rappresentano il vero valore aggiunto.
Il secondo punto che riguarda questa parte del Piano è un terreno assai importante, il terreno dell'alta formazione in campo biomedicale (in questo caso, inteso nel senso di filiera). La nostra Regione produce circa 2.000 giovani laureati non solo nella professione medica, ma complessivamente nella formazione biomedicale, risultato che è un dato abbastanza significativo e anche qualitativamente posizionato sul ranking nazionale a livelli medio alti In particolare, la Scuola di medicina piemontese, non solo la scuola governata dall'Università di Torino, ma anche la scuola che sta sotto il secondo ateneo piemontese per le discipline biomediche, quello del Piemonte orientale, vanta posizionamenti e indici significativamente di buona qualità nel panorama nazionale.
Questa prima parte individua in questo campo, nel potenziamento delle scuole di medicina piemontesi, nell'integrazione tra tecnologia e software in particolare information tecnology, biotecnologie, escludendo quello che è comunemente chiamato il campo delle big tecnology per la sanità, un campo di possibile intercettamento delle traiettorie di crescita in questo settore, che saranno comunque molto consistenti sulla base di due considerazioni: la spesa è tendenzialmente in crescita in tutti i paesi e per certi versi, ha un andamento incomprimibile derivante dalla struttura demografica dei paesi delle economie mature (data la curva di invecchiamento, tenderemo a consumare più salute).
Comunque sia, tutti i dati ci fanno pensare che, sulla base della modificazione degli stili di vita, il consumo di wellness generalmente intesa è uno dei consumi che tenderà ad assumere maggiore rilevanza nel portafoglio dei cittadini della nostra economia.
Quindi, questa prima parte individua un segmento e delle azioni tese ad intercettare queste opportunità di crescita.
Come farlo? Secondo un diverso governo dei fattori. La prima questione su cui abbiamo fatto una riflessione e poi steso quella parte di programma riguarda la gestione dei patrimoni. Il sistema sanitario regionale, oltre che essere un sistema che fornisce servizi fondamentali di carattere universale ai nostri cittadini, è anche un grande proprietario immobiliare Ovviamente, dei beni cosiddetti "strumentali e indisponibili" (i beni dove vengono erogati i servizi sanitari), ma anche un grande proprietario di beni disponibili, cioè di beni che non sono rivolti alla strumentalità del servizio. Ce n'è di varia natura.
Lo dico a integrazione di informazione, e questo potrebbe essere oggetto di una riflessione quanto meno in Commissione: abbiamo pressoch concluso in maniera puntuale il censimento del patrimonio della sanità.
costituito, grosso modo, da circa un migliaio di cespiti, grosso modo articolati quasi sempre in maniera schematica. Una metà del patrimonio è destinato a fini strumentali, l'altra metà del patrimonio in beni disponibili.
Poiché riteniamo la modernità strutturale una delle leve essenziali di efficienza e anche una delle leve che mette il sistema di salute piemontese nelle condizioni di intercettare quelle traiettorie di cui dicevo poc'anzi il Consiglio ha approvato la delibera di edilizia sanitaria prima della pausa estiva. Delibera che individua una serie di investimenti fondamentali di ammodernamento del patrimonio, individuando nella leva do valorizzazione del patrimonio disponibile e poi indisponibile, una delle leve di intervento e credo, anche di giusta messa a valore a fini pubblici di un patrimonio pubblico.
Una delle ragioni che ci ha portato a fare questa considerazione è che spesso (non è una questione che riguarda soltanto in modo esclusivo la nostra sanità ma in generale la gestione del patrimonio pubblico italiano) viene messo a valore secondo modalità e secondo risultati largamente inefficienti o comunque largamente distanti dalle modalità e dall'efficienza che riesce a raggiungere il sistema privato. Questo non si capisce bene perché accada essendo un bene fondamentale la cui valorizzazione deve essere destinata a fini pubblici.
Su questo noi abbiamo preso un primo atto che è la legge costitutiva della stazione appaltante che sarà lo strumento operativo per mettere a valore quel patrimonio, preso un secondo che la delibera di edilizia sanitaria, si tratta, ora, di avviare la fase di valorizzazione vera e propria del patrimonio che ci consente di recuperare risorse da investire negli aspetti strutturali e infrastrutturali del sistema della salute piemontese. Una seconda questione a cui fa riferimento il Piano è una questione che ha una duplice lettura, una di recupero di efficienza e l'altra, anche in questo caso di utilizzare il patrimonio pubblico, il patrimonio in questo caso anche indisponibile, integrando le azioni di sviluppo tra la filiera della salute e la filiera dell'energia.
La salute piemontese è un grande consumatore di energia, presenta larghissimi livelli di dispersione e di inefficienza nelle sue strutture che derivano innanzitutto dalla loro età, quindi dalla loro inadeguatezza rispetto agli standard energetici e termo-tecnici attuali, ma oltre ad essere un problema di efficienza e di adeguamento ai criteri di sostenibilità a cui oggi tutti noi veniamo richiamati per le ovvie e note ragioni, il patrimonio pubblico sanitario può essere un importante volano della domanda di beni strumentali energetici, altro campo su cui riteniamo che la nostra economia piemontese possa fare significativi scatti in avanti.
Infine - su questo mi pare che si sia convenuto ieri che sarà oggetto di una seduta aperta del Consiglio, quindi avremo modo di dibatterne in modo molto approfondito - occorre individuare degli interventi che, da un lato, svolgano un ruolo di archetipo organizzativo, strutturale e tecnologico di questa modalità di lettura di innovazione del sistema, ma dall'altro possano diventare l'attrattore che fa partire quell'innesto di investimenti e di crescita nella filiera a cui facevo riferimento all'inizio.
Questi attrattori noi li abbiamo individuati nelle cosiddette Città della Salute. I due interventi prioritari, come sapete, riguardano Torino e Novara e sono in differenti stati di avanzamento, ma dal punto di vista programmatorio, concettuale e procedurale è importante ricordare - e credo che avremo modo di farlo in modo molto approfondito nel Consiglio aperto che non si tratta di dare semplicemente il via alla realizzazione di un nuovo insediamento clinico. Si tratta di dare il via ad insediamenti che integrano queste quattro dimensioni essenziali della filiera, che stanno alla base della nostra possibilità di fare crescita in quel settore: la dimensione più puramente clinico-assistenziale; la dimensione ad esso collegata della ricerca e, in particolare, della ricerca applicata; la dimensione dell'alta formazione universitaria; infine, quella più complessa, quella dell'attrazione di nuovi investimenti di natura privata in questo campo.
Avremo poi delle sessioni dedicate, quindi potremo entrare nel dettaglio delle modalità, delle cifre e anche delle difficoltà che ci sono nell'intercettare opportunità di questo tipo sul mercato globale, ma la convinzione che sta alla base della stesura del primo capitolo è che - lo dico in questo caso anche icasticamente - la filiera del wellness e della salute in particolare sia uno dei pochi campi di attività di produzione di beni e di servizi su cui la nostra Regione possa ragionevolmente intercettare dei tassi di crescita superiori a quelli delle economie tradizionali.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Bairati.
Apriamo la discussione generale. Vi sono due richieste da parte dei Gruppi di maggioranza e due dai gruppi di opposizione.
La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Chiederei soltanto se si può non essere fiscali sulla tempistica degli interventi, perché, come si è visto dalle illustrazioni degli Assessori mettendoci gli Assessori quasi un'ora nell'illustrazione del Piano, diventa per noi difficile affrontare un tema simile in dieci minuti. Proverò a farlo come è stato fatto in sede di Commissione per singoli capitoli partendo quindi dal punto 1, facendo però delle considerazioni generali perché il punto 1, essendo il capitolo delle "Premesse", pone inevitabilmente la necessità di fare considerazioni di carattere generale.
Credo che il Piano, nella sua genericità o meglio nel suo insieme abbia una serie di contrarietà, che successivamente cercheremo di evidenziare anche con gli emendamenti presentati, che non intervengono sui problemi della sanità piemontese.
Innanzitutto, per la sostenibilità economica, non è un piano programmatorio, ma è un piano di indirizzi, al quale dovranno seguire decine e decine di deliberazioni della Giunta regionale o determinazioni degli uffici dell'Assessorato alla sanità per dare attuazione al Piano stesso.
un piano che non introduce alcuno strumento di concorrenza positiva per singoli soggetti pubblici e soggetti privati. Non ha alcun intervento relativamente al controllo di gestione né dà risposte concrete al settore socio-assistenziale, ed ha un capitolo relativamente all'edilizia ospedaliera che è stato ampiamente superato dalle mille dichiarazioni fatte durante le modificazioni del Piano. Difatti, apprendiamo che c'è un nuovo emendamento, che dimostra che, nonostante la volontà programmatoria, non c'è una minima idea di quella che vorrà essere la rete ospedaliera piemontese.
Tale emendamento dimostra altresì che questo documento, non casualmente, viene affrontato nell'indifferenza dell'Aula, un po' come se dopo tanta discussione, vedendo la probabilità di un voto vicino, ormai si attenda il voto senza intervenire nel merito, dimenticandosi quindi che è l'Aula il luogo in cui dobbiamo esprimere le nostre valutazioni sugli atti di legge come il Piano stesso.
Partiamo dopo una brevissima premessa dal punto 1. Il punto 1 non affronta i problemi legati alla gestione della realtà piemontese e non li affronta soprattutto in merito ad un punto, che noi riteniamo fondamentale.
Come diciamo nel primo emendamento che abbiamo presentato in Commissione e che oggi presenteremo in aula, vi è oggettivamente una crescente insoddisfazione dei cittadini e degli operatori nei confronti di un'organizzazione sanitaria percepita sempre più spesso come non all'altezza per risolvere i problemi e fornire un prodotto sanitario paragonabile ad altre realtà.
Noi ci muoviamo come se tutto quanto accade fuori non fosse all'attenzione del Consiglio regionale o poco importasse. È vero che la sanità è una materia estremamente difficile da gestire, come diciamo nell'emendamento presentato, ma quando un legislatore stende un Piano non può non tenere conto delle realtà e delle necessità dei cittadini piemontesi.
Così come noi crediamo che il problema legato al disavanzo economico, o comunque a quello che al Capitolo 1.3 viene definito il Governo delle risorse finanziarie, non tenga atto di alcuni fattori, che dopo invece diremo, ma parta da presupposti meramente economicistici. Con un presupposto economicistico è destinato, certamente, all'insuccesso.
In primo luogo, un Piano deve preoccuparsi di ottenere buone prestazioni sanitarie per poi raggiungere una riduzione dei costi e quindi il rientro del disavanzo. Ma badate, l'aspetto della gestione finanziaria della sanità regionale è l'unico aspetto di Piano sul quale potremo fare una verifica puntuale. Colleghi, questo Piano non dice nulla rispetto a punti che l'opposizione, ma il Consiglio può andare a valutare.
Quei pochi punti che introduceva in modo opportuno sono stati abilmente cassati, dimenticandosi però che è un dato di fatto. Vi faccio due esempi: a pagina 21, il vecchio Piano sosteneva che vi è un aumento tendenziale dei costi della salute pubblica di circa il 5% annuo nel 2005 e nel 2006, che esige politiche di organizzazione del sistema di gestione che puntino al contenimento dell'aumento del livello dei costi.
Ovviamente, questo passaggio è stato cassato. Ma non perché viene cassato un passaggio, che fotografa una realtà obiettiva, si risolve il problema. Nel 2004, 6.967 milioni di euro; nel 2005, 7.341 milioni di euro quest'anno chiuderemo a 8.000 milioni di euro che fa sostanzialmente un aumento tra il 4-5% annuo, con una contribuzione del Governo nazionale che va dall'1,2-1,5% ne avremo un aumento costante del 2,5%. Ciò significa che se la sanità piemontese costava sei miliardi e novecento milioni di euro nel 2004 e ne costerà otto miliardi nel 2007, è facilissimo non profetizzare, ma sapere - come scrivevate anche voi nella prima bozza di Piano - che verosimilmente il 2009 lo chiuderemo a otto miliardi e seicento milioni.
Allora, al di là del nostro compito di Consiglieri regionali che discutono di Piano Socio Sanitario, credo che il Consiglio regionale, primo fra tutti, dovrebbe interrogarsi su questo aspetto. Il rischio concreto come diciamo sempre in un emendamento presentato, è che la Regione Piemonte diventi o rischi di diventare, come in altre Regioni d'Italia, l'agenzia regionale per la sanità.
Se fra due anni, facciamo la somma delle spese fisse della Regione Piemonte, cioè quelle in politiche, quelle che chiunque vinca deve pagare e le spese sanitarie arriveremo alla totalità del bilancio regionale. Su questo delle riflessioni vanno fatte, ma non vengono fatte.
Qual è la soluzione che indichiamo? Noi crediamo che un miglioramento investendo nella sanità faccia sì che, per esempio, la nostra Regione non chiuda a meno venti milioni il bilancio fra piemontesi che si curano fuori Regione e cittadini italiani che vengono a curarsi in Piemonte, ma faccia per esempio, il più quattrocento che ha fatto la Lombardia nell'anno scorso.
Perché noi abbiamo, soprattutto e purtroppo, dal Centro-Sud milioni di persone che fanno mobilità passiva. Noi non sappiamo intercettare la modalità attiva che è pari a quella della mobilità passiva che abbiamo all'interno della nostra regione.
Ma, così come, vi era - lo dico, soprattutto, ai colleghi che erano già presenti nella precedente legislatura e lo dico da lettore dei verbali e della stampa dell'epoca - un piccolo periodo, che peraltro riprendeva quello che era un programma di Governo, sul controllo di gestione. Dove si dicevano alcune cose - secondo noi insufficienti, perché c'era ancora il rischio dell'autoreferenzialità - come: "È necessaria la predisposizione di un Testo Unico dei principi contabili per la tenuta della contabilità dell'ASL per la predisposizione dei bilancio annuali".
Questo era l'unico periodo di dodici righe relativo al controllo di gestione, ma che all'interno di questo Piano Sanitario non c'è più. Se ci fosse il collega Saitta e molti altri colleghi, che con lui hanno fatto la battaglia, scritto libri e fatto conferenze! Credo che ci sia qualcosa di diverso perché è un po' anomalo, quando si è all'opposizione, pretendere il controllo di gestione e, quando si è in maggioranza, dire nessuno controlla. È difficile controllare.
Colleghi, sempre per ricordare quelli che erano principi che avete enunciato per molti e molti anni, alcuni sui quali concordo, per esempio la necessità di potenziare la medicina territoriale (i distretti, i poliambulatori e tutto ciò che è medicina preventiva) sulla quale avevate scritto un periodo, nell'attuale documento a pagina 21, che individuava la percentuale di risorse da destinare per il 5% alla prevenzione all'assistenza territoriale non meno del 51%, la quota restante in regime di ricovero.
Questa percentuale, che era il cuore del Piano perché poteva dare indicazioni differenti rispetto a quella che, secondo voi, era una gestione precedente - il che, da un punto di vista economico, non è vero - di nuovo è stata cassata. Allora, mi domando, relativamente al punto primo, quali siano le finalità - è una valutazione che faremo anche negli altri capitoli, ma i capitoli 1 e 5 sono i più eclatanti - e l'utilità di questo Piano.
Questo è un Piano che, di fatto, è un principio ideologico da rispettare. Avete accusato il centrodestra per x anni di non avere un piano socio-assistenziale e, poi, voi ne presentate uno che non affronta neppure un punto dei problemi della sanità piemontese, né quello legato alla sostenibilità finanziaria, né quello legato al controllo di gestione, n quello legato alla distribuzione delle risorse, né quello legato all'edilizia ospedaliera che, mi sembrano, i quattro aspetti fondamentali della stesura di un Piano. Ma, allora, cosa lo votiamo a fare? Vado a concludere l'intervento sul primo punto. Credo che sia positivo che vi votiate un documento fortemente negativo perché il giorno dopo in cui avrete votato il Piano non ci saranno più scuse per nessuno. I piemontesi devono ricordarsi che da due anni e mezzo gestite la sanità piemontese.
Come spesso ci ha ricordato la Presidente, senza Piano facciamo noi.
Infatti, senza Piano avete fatto voi. Ovviamente, augurandoci rispetto a quelle che sono le indicazioni che nel Piano vengono date, ma vi dimostreremo anche che, invece, non è così perché vi sono molte differenze tra la gestione della sanità di questa Regione e quanto c'è scritto all'interno di questo Piano.
Ma, a Piano votato, non ci sarà più nessuno che possa avere una scusante per ciò che riguarda la gestione della sanità piemontese. La governate da due anni e mezzo, vi voterete il Piano quindi da quel momento tutti i problemi riguardano voi.
Ricordate che quest'opposizione è stata di una signorilità che pochi altri esempi ha avuto. Qualcuno che era presente nella passata legislatura provi a ricordare tutti gli aspetti che sono intercorsi e tutti i passaggi che sono intercorsi nella gestione della sanità piemontese - ovviamente non la malattia di Mario Valpreda - se fossero stati posti dalla parte avversa, come sarebbero stati affrontati.
Noi siamo persone responsabili, un Piano lo discutiamo, non lo blocchiamo in Commissione dicendo "il Piano non lo voterete mai". Un Piano siamo disposti a discuterlo, a presentare emendamenti migliorativi, ma non modificativi rispetto a una struttura del Piano che è invotabile nella sua stessa filosofia e nella sua stessa modalità di pensiero. Ripeto, questa è la modalità con cui ci siamo comportati e questo è il modo con cui vi dovrete confrontare.
Chiudo con una sola richiesta al Presidente. Probabilmente il Piano interessa poco - questa è una questione che non riguarda me, per me potete ritirare il Piano e l'accorpamento delle ASL e oggi i piemontesi sarebbero più felici se non altro per l'accorpamento delle ASL - ma se lo vogliamo discutere, visto che già la Presidente ritiene di fare altro e non essere presente, l'Assessore Bairati, l'Assessore Artesio e l'Assessore Migliasso devono essere seduti qua, perché sono i tre Assessori che, con determina hanno avuto delega. Al di là della determina, per un fatto di rispetto dell'Aula, dovrebbero occuparsi (uso sempre il condizionale): uno delle strutture sanitarie, un'altra della parte assistenziale, la terza (per la verità è stata sempre presente sia in Commissione che in Aula) della parte sanitaria.
Sono necessari tutti e tre. Mi spiace, ma per qualche giorno dovranno stare anche in aula.



PRESIDENTE

Collega Vignale, anch'io concordo sull'opportunità che la Giunta regionale, attraverso gli Assessori delegati, assicuri un'adeguata presenza ai lavori relativi a un documento così importante. Non l'avevamo comunicato formalmente alla Giunta regionale perché lo davamo per implicito nel fatto che si iniziava la discussione e si entrava nel merito dei provvedimenti quindi sono sicuro che gli Assessori assicureranno la massima attenzione e la massima presenza, peraltro come è loro costume.
Ha chiesto la parola il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

Grazie, Presidente.
Ritengo che ci troviamo di fronte a dei provvedimenti importanti, che derivano da un lavoro lungo, partecipato, il cui orientamento ed esito ha avuto sicuramente un protagonista in Mario Valpreda e che in questi giorni ha potuto passare il testimone all'Assessore Artesio, che voglio ringraziare per il lavoro accurato, che credo sia stato riconosciuto anche dalle opposizioni in questi giorni, un lavoro non solo in continuità, ma un lavoro aperto al futuro e anche alle sue difficoltà.
Penso che, in modo particolare quando parliamo di Piano sanitario dobbiamo essere coscienti del fatto che in quel Piano stanno dei principi racchiusi in ordinamenti anche internazionali - indicazioni che arrivano dall'OMS, com'è stato ricordato - ma credo che in quel Piano ci sia anche un pezzo di eredità importante che deriva dai decenni scorsi e dai movimenti sociali che hanno portato alla legge 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale.
Vi è una persistenza, dopo quegli anni, nelle coscienze dei cittadini del diritto alla salute sentito come proprio da vasti strati della popolazione della nostra regione e della nostra nazione, nonché dagli strati più deboli; una persistenza che ha resistito anche ai mutamenti enormi e alla tempesta neoliberista, l'idea cioè che lo sviluppo del welfare dovesse soddisfare i bisogni di base, i nuovi bisogni, nonch novità di questi ultimi anni - la richiesta particolare della presa in cura dell'individuo in quanto tale, quindi una domanda qualitativa e non soltanto quantitativa.
Penso che nel Piano ci sia una precisa scelta di campo, cioè l'idea - a differenza di altre regioni che hanno fatto scelte differenti - che non si debba passare attraverso il mercato, perché il mercato risponde e dà prestazioni in cambio di denaro. La grande illusione di questi anni, io credo, esemplificata nella cosiddetta libertà di scelta, ha caratterizzato e caratterizza le scelte della Regione Lombardia, per esempio.
Un Piano che fa decisamente i conti con i cambiamenti profondi della nostra società, sia dal punto di vista demografico che dal punto di vista epidemiologico, che tiene conto anche delle modifiche che sono intervenute nelle professioni, modifiche organizzative e modifiche economiche, e che ha come fulcro principale - già ricordato dall'Assessore Artesio molto bene l'idea che per tutelare la salute complessivamente bisogna agire - come ricordava anche l'Assessore Valpreda - sui determinanti di salute: il cibo l'abitazione, l'istruzione, il lavoro.
Un governo della sanità efficace deve garantire universalismo, come ricordava anche la legge n. 833: tutti i cittadini hanno il diritto di essere curati. Però anche un'attenzione centrale al paziente, che va accolto, vanno rispettati i suoi diritti e va rispettato anche un percorso di completa umanizzazione dei rapporti con esso, quando esso arriva in contatto con il servizio sanitario regionale.
Si è detto del potenziamento della prevenzione per la conservazione del benessere. A tal proposito, credo che il Piano segni un cambiamento di approccio anche per reggere il sistema, un sistema che richiede sempre più risorse. Le risorse vengono chieste in maggiore quantità non solo nel nostro paese e non solo nella nostra regione, ma come sappiamo il fondo sanitario nazionale continua a essere sottostimato. In questa condizione appunto il cambiamento di approccio e cioè il potenziamento della prevenzione e la ricaduta sanitaria di tutte le politiche segnano la possibilità di approcciare anche il tema delle risorse con un punto di vista alternativo, che fa i conti con la scarsità di risorse e che, allo stesso tempo, non fa della scarsità di risorse un limite insormontabile.
Voglio ricordare che la prevenzione non viene mai o quasi mai contestata a livello politico da nessuno schieramento. Il problema è che poi, quando si deve fare i conti e passare dal livello teorico al livello pratico, quindi con la possibilità/necessità anche di investire risorse arrivano le difficoltà. A mi parere, qui sta una delle sfide più grandi di questo Piano, che al suo interno ha principi molto importanti e che, da questo punto di vista, ha la necessità di investire risorse.
In seguito, il tema degli ospedali. Anche qui un approccio culturale che si può condividere o no, io penso un approccio culturale importante: l'ospedale deve diventare progressivamente il luogo dove si trovano tutte le tecnologie ad alta complessità ed intensità terapeutica.
In Piemonte abbiamo 113 ospedali, di cui 70 pubblici, e sappiamo benissimo quant'è difficile arrivare anche a una riconversione di quelli che sono chiamati piccoli ospedali. Noi qui abbiamo deciso semplicemente di non andare a chiudere questi presidi, ma di inserirli in una rete ospedaliera che viene ridefinita secondo criteri che sono cifrabili e che danno ai cosiddetti piccoli ospedali una funzione esatta perché inseriti pienamente in quella rete.
La rete dunque, e solo in un secondo momento l'idea dei Parchi della Salute, che naturalmente sono punti cardine della nuova filiera sanitaria piemontese a Torino, a Novara e vi sono pezzi di sperimentazione anche ad Alessandria, ma ci sarà la possibilità di discuterne nel prossimo Consiglio regionale dedicato. Questi luoghi e queste nuove progettazioni vanno considerati semplicemente come punti importanti, ma racchiusi dentro questa idea di rete ospedaliera, perché altrimenti non si capirebbe la filosofia di fondo che vogliamo imprimere all'organizzazione ospedaliera: un'integrazione di tutti gli ospedali piemontesi con le esperienze maturate sul campo, universitarie e non.
Abbiamo poi da affrontare - il Piano lo fa in modo preciso - la qualità professionale di tutti gli interventi. Sappiamo benissimo che gli interventi vanno misurati non semplicemente in quantità, ma anche in qualità, e abbiamo bisogno per questa via di sviluppare tutta l'assistenza ospedaliera, tutta la rete di servizi, il che significa anche - credo che finora non sia stato ricordato - pensare che cosa significa Casa della Salute, cure domiciliari, gruppi di cure primarie, un nuovo sistema di assistenza che fa perno anche sui medici di medicina generale e sui pediatri di libera scelta, una sinergia quindi tra tutti gli operatori che tenta di eliminare tutti gli steccati e le divisioni, anche corporative che pure ci sono e che non sono facili da superare, che affronta il tema della formazione degli operatori, la loro crescita culturale e persino etica.
Altro elemento di novità del Piano è l'integrazione con il settore socio-assistenziale; l'importanza, cioè, di una rete di protezione sociale di cui parlava anche l'Assessore Migliasso.
La coincidenza fisica tra ambiti territoriali, cioè tra i consorzi socio-assistenziali e i distretti sanitari, è l'indicazione precisa che vogliamo perseguire esattamente questo tipo di integrazione, che, come sappiamo, è decisiva per far fronte alle esigenze territoriali.
Il coinvolgimento, poi, degli Enti locali nella programmazione - ne ha parlato lungamente anche l'Assessore Artesio - dei PEPS.
la prima volta che si dà la possibilità, in una dinamica partecipativa, agli Enti locali e agli Amministratori locali di essere elementi centrali nella programmazione e, da questo punto di vista, credo che i Sindaci ci potranno anche aiutare in un'impresa che è tra le più ciclopiche, non solo per noi, ma in generale per tutti quelli che si avvicinano ai problemi della sanità.
Ci sono tante attese improprie nella sanità: spesso non si accettano gli elementi di insuccesso, che pure ci sono, come in tutte le attività umane, o ci si aspetta, naturalmente, interventi sempre eccellenti. Certo occorre fare uno sforzo in questa direzione, ma si deve capire anche quali possono essere i limiti, persino delle tecnologie.
Ha fatto bene l'Assessore Bairati a descrivere quali possono essere gli investimenti in questo senso, ma noi sappiamo benissimo che l'uso delle tecnologie può anche essere improprio, e per questo motivo in questo Piano si parla, in modo diffuso, anche del cosiddetto technology assessment.
Mi sia permesso fare, poiché stamattina parliamo delle due delibere complessivamente, un veloce accenno alla delibera che riguarda gli accorpamenti.
Tale delibera viene disegnata tenendo conto di due pilastri: da una parte, abbiamo la necessità di contribuire alla costruzione di un percorso che ci porti verso l'eliminazione del debito esistente. Abbiamo un patto per la salute da rispettare e questa delibera serve anche per fare questo ma non solo.
Penso che l'importanza di questa delibera si riconosca solo se la si vede connessa alla delibera del Piano Socio Sanitario, perché, ad esempio accorpare le ASL significa anche riconoscere una giusta centralizzazione degli acquisti e delle spese, che in sanità non può mai essere oltre una certa misura.
Le nuove ASL possono essere la giusta dimensione per questo; una dimensione degli acquisti vicina agli utilizzatori finali, e questo in sanità è molto importante. Penso - come dicevo - che la giusta dimensione delle ASL possa mettere in rete e far funzionare bene anche tutta quella ricca rete di presidi ospedalieri che non vogliamo chiudere e che possono lavorare bene in una dimensione integrata, così come possono lavorare bene su più sedi anche equipe mediche, che possono anche migliorare la propria qualità perché si pongono su più sedi e fanno più interventi (quindi, la qualità).
Infine, penso che un elemento centrale di questa riorganizzazione sarà quello affidato ai distretti, che finalmente potranno guadagnare dimensioni ottimali, vivere di un'autonomia, di una flessibilità e di un elenco di priorità che da moltissimo tempo cercavano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Grazie, Presidente. Devo subito sottolineare come il clima sia cambiato: è stato superato quell'atteggiamento - che ho già definito varie volte - "gladiatorio" che ha tenuto per parecchio tempo la Presidente Bresso, e siamo in una condizione nella quale ci si può confrontare in modo costruttivo.
L'abbiamo verificato anche in Commissione e, tolto il periodo nel quale abbiamo dovuto fermare una forzatura architettata a danno del Consiglio oggi mi auguro che si possa andare al termine dei lavori mantenendo questo spirito.
chiaro che da parte della maggioranza si sottolinea la svolta epocale che vorrebbe rappresentare questo Piano.
Devo subito ricordare che, se andiamo a confrontare il Piano Socio Sanitario presentato nella scorsa legislatura - e questo è un dato che non dovrebbe essere dimenticato, perché spesso si sostiene che la Giunta precedente non ha presentato nessun Piano Socio Sanitario - era un Piano che, da un punto di vista dell'impostazione, a parte i contenuti, che ovviamente erano diversi, aveva forti connotati di similitudine.
Mi riferisco soprattutto all'aver impostato e proposto dei criteri di indirizzo e l'aver previsto una serie di atti attuativi successivi.
Ovviamente, se allora il Piano non è stato approvato, è perch l'atteggiamento assunto dall'allora opposizione è stato diverso rispetto a quello assunto dall'attuale opposizione. Fermo e determinato da parte nostra, quando è il momento, ma anche disponibile a cogliere le necessità della nostra regione e a contribuire, non dico a cambiare - questo non è possibile, a causa dell'arroccamento, da parte della maggioranza, sui principi e sull'impostazione - ma impegnati a proporre dei miglioramenti come mi sembra si possa considerare la conclusione del lavoro che svolgeremo nell'ambito delle prossime settimane.
Con un'impostazione di questo tipo, la nostra responsabilità e il nostro impegno di verifica e di stimolo, in fase attuativa, sarà massimo.
Credo anche che si debba chiudere, una volta per tutte, la vicenda del cosiddetto "profondo disavanzo" o "buco enorme" che è stato trovato dalla nuova Amministrazione, a carico dell'Amministrazione uscente, in quanto come leggiamo sui documenti di Piano, con l'operazione di cartolarizzazione, tanto cara - almeno così si dice - al neo Segretario regionale del PD, l'ex Vicepresidente Susta, quell'operazione si è conclusa.
Adesso dobbiamo esaminare i consuntivi del 2005 e del 2006.
Siamo in piena attività, ormai, della gestione della Giunta Bresso quindi dobbiamo puntare la nostra attenzione su questi dati.
Faccio un esempio: come mi faceva rilevare il collega Vignale, per quanto riguarda il nuovo Piano modificato con gli emendamenti che stiamo discutendo a pagina 15, laddove si presentano dei dati, questi sono abbastanza dissimulati all'interno di dizioni e definizioni di tipo diverso.
Per quanto riguarda la chiusura del 2004, si portava un dato finale di 6,9 miliardi di euro, con una voce specialistica accreditata del 2%, pari a 167 milioni.
Nel 2006, la voce è cambiata, con ogni probabilità va ascritta all'assistenza specialistica ambulatoriale, con 197 milioni di euro, 3% il privato concorre, come integrativo (l'ossatura è quella pubblica, su questo non abbiamo nulla da dire).
Se devo sottolineare una carenza nella relazione dell'Assessore Artesio è proprio sotto questo profilo, cioè quello di non aver identificato nell'arco di validità del piano, quello che sarà il ruolo della sanità accreditata che, sono io il primo a dirlo, data la consistenza della nostra regione, non potrà che essere un ruolo integrativo, soprattutto in grado di aiutare, dare quelle risposte anche di tempestività e idonee ad abbattere le liste di attesa soprattutto nella fase diagnostica, o determinate prestazioni specialistiche che le nostre strutture pubbliche non sono in grado di assicurare.
Non sarebbe neanche il caso di tarare al 100% la capacità di risposta del sistema pubblico visto anche che vi sono delle prestazioni fluttuanti o, come ha detto anche l'Assessore Bairati, vi è un divenire di ammodernamento tecnologico e di prestazioni che devono cambiare aspetto.
L'apporto del privato, sotto questo profilo, può essere utile.
Tornando un attimo alle articolazioni territoriali delle risposte che dobbiamo dare alla domanda di salute, dobbiamo sottolineare come vi sia stato un tentativo, un cercare di mettere un po' in ombra un'area della regione, come quella di Alessandria, in modo particolare quella del capoluogo, dove, per una serie di rivolgimenti - magari penso male, non sarà così - legati ai risultati elettorali si sono registrati, casuali o non casuali, dimenticanze in elencazioni. Parlo, ad esempio, della delibera che abbiamo esaminato a giugno per quanto riguarda l'edilizia sanitaria e ad una certa difficoltà, superata anche per la nostra insistenza, di individuare l'area di Alessandria caratterizzata dall'azienda ospedaliera di rilievo nazionale con l'ospedale civile e l'ospedale infantile e il nuovo ospedale Borsalino, l'Università, il Politecnico con scienza dei nuovi materiali. Sappiamo quanto sia importante, sotto questo profilo innescare una capacità produttiva e di ricerca nel campo dei nuovi materiali, fondamentali anche nelle attività terapeutiche; l'Università del Piemonte orientale, con la facoltà di scienze dell'ambiente, per tutte quelle che sono le vicende di prevenzione primaria.
Sotto questo profilo sono d'accordo con l'Assessore, la prevenzione primaria va sostenuta, va potenziata nell'ambito del perseguimento dell'obiettivo del 5% entro il quale si mettono anche le attività dell'ARPA.
Avremo modo di dettagliare sui singoli punti del Piano. Abbiamo cercato di contenere una spinta a chiudere in fretta per non affrontare nella loro articolazione, nel loro spessore, i problemi. Oggi abbiamo di fronte un prodotto che, pur nel suo complesso, essendo ritenuto da noi non adeguato rappresenta qualche caratteristica di condivisibilità, soprattutto su alcune parti modificate.
Sotto questo profilo richiamo, se si farà l'intervento specifico per quanto riguarda gli accorpamenti, una vicenda che non definisco bella, ma brutta. In barba ai declamati e, adesso, forse, attuati coinvolgimenti delle amministrazioni locali, vi è stata un'incursione dirigistica e dall'alto da parte della Presidente Bresso che, certamente, non ha aiutato a facilitare il dialogo, ma ha creato un momento di acuta tensione.
Mi auguro si possa buttare alle spalle la vicenda e si apra, anche grazie alla presenza di un nuovo Assessore, una fase nella quale ci sarà da confrontarsi, ci sarà da prendere delle decisioni, ci saranno delle contrapposizioni, ma, perlomeno, verranno rispettati i ruoli e si darà in prima battuta la possibilità al territorio di prendere le sue decisioni.
Non sarà facile, avremo i distretti che dovranno identificarsi con i territori dei consorzi socio-assistenziali, avremmo, ovviamente, una delle province nella quale affrontare a rete le risposte a livello ospedaliero che vorrà dire anche dei ridimensionamenti, l'abbiamo già visto per quanto riguarda le anticipazioni in materia di laboratori analisi ospedalieri e così via.
Torno a ripetere, noi saremo attivi, attenti e vigilanti in sede di attuazione del Piano, ma anche disponibili a comprendere le ragioni della Giunta e dell'Assessore nel momento in cui si procederà con la massima obiettività.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Anch'io, come il Consigliere Deambrogio, penso sia giusto ricordare questo come momento importante anche per l'amicizia che mi lega al dottor Valpreda, il cui nome, come possiamo vedere, compare nelle prime righe della delibera.
Devo ringraziare il buon lavoro dell'Assessore Artesio che si è presentata nel migliore dei modi a tutto il Consiglio.
Questo Piano è importante, comunque riveste un aspetto di ritualità. Il Piano precedente era datato '97/99 a distanza di dieci anni - invece dei tre della scadenza naturale del Piano - discutiamo di nuovo di Piano regionale.
Condivido l'impostazione generale del Piano, tuttavia mi limito a sottolineare alcuni punti che credo siano importanti nella discussione.
Anzitutto, voglio ricordare che abbiamo passato gli anni precedenti in lunghe discussioni sulla privatizzazione. È indubbio che, una parte politica, vede nella privatizzazione della sanità una soluzione.
Personalmente non demonizzo la privatizzazione, ma credo sia una soluzione sbagliata. Noi lavoreremo perché nell'applicazione del Piano non si sposti ulteriormente il confine del pubblico, a favore del privato.
L'altro punto che conosciamo bene, e anche questo è già stato accennato, è che tutti i Piani sanitari, di tutte le Regioni, si portano dietro un certo problema di carenza di risorse in senso generale. Questo è un elemento storico. Tuttavia noi crediamo che questo Piano riuscirà a raggiungere l'obiettivo che si pone, cioè il contenimento dei costi.
Credo che la discussione non si concluderà oggi, sarà una discussione su cui potremo dialogare. Relativamente alle voci di spesa, da sempre, noi dobbiamo ricordare che la seconda voce di spesa, a parte il personale, sono i beni e i servizi. Beni e servizi che rappresentano un quinto della spesa di tutta la sanità piemontese e, in questo senso, l'attenzione va al fatto che uno sviluppo troppo tecnologico della sanità, sicuramente, non farà diminuire i costi dei beni e dei servizi, semmai li farà aumentare.
Non si può dimenticare, infatti, che nella sanità è l'offerta che genera la domanda. Si innesca, cioè, un meccanismo per cui l'offerta tecnologica fa aumentare la domanda e rende difficile il contenimento della spesa.
Un altro punto fondamentale sul quale il Piano si esprime in modo chiaro è la prevenzione. Professionalmente lavoravo nel settore della prevenzione primaria come veterinario e la mia esperienza personale mi ha indotto a ritenere che le promesse di impegno economico a sostegno della prevenzione, negli anni passati e con le precedenti Giunte, non sono mai state mantenute. Ci saranno pur stati dei problemi, però questa è la realtà.
Noi chiediamo, appunto, che alla prevenzione (soprattutto a quella primaria) sia dedicata l'attenzione che merita, anche perché vorrei ricordare che la vera salute non è curare la malattia, ma la prevenzione della stessa: potrebbe sembrare una ovvietà, però mi pare doveroso ricordarlo comunque.
Siamo perfettamente consci che l'idea di creare una rete ospedaliere sia una soluzione importante per la sanità piemontese. Tuttavia, non va dimenticato che occorre creare quella rete di assistenza che accompagni i pazienti all'uscita dell'ospedale e dei centri di cura. Questo aspetto è ugualmente importante, come il momento terapeutico.
Fra le criticità che vorrei ancora sottolineare si riscontrano dei problemi di rapporto tra gli operatori in campo sanitario, dove emerge un diffuso malessere. Non si vuole, con questo, scaricare semplicemente delle colpe, ma viene segnalato da più parti che la gestione delle carriere delle promozioni degli operatori e le motivazioni degli stessi non sia sempre stata chiara e solare.
Noi auspichiamo che questo Piano serva anche a motivare gli operatori perché saranno proprio loro a doverne gestire l'applicazione a livello territoriale.
stato dedicato anche un capitolo ai nuovi ospedali e alla Città della Salute. Personalmente, continuo a nutrire dei dubbi innanzitutto dal punto di vista lessicale, in quanto non mi sembra così coerente la denominazione di "Città della Salute", perché l'ospedale non è il luogo in cui si "fa salute", ma in cui si curano le malattie, per cui è auspicabile che tutti i centri ospedalieri lavorino ad un livello ottimale.
Invece, la denominazione di "Città della Salute" potrebbe far sorgere il dubbio che gli altri ospedali siano di un livello inferiore. Pertanto preferirei mantenere una definizione che non alluda ad una scala di valori all'interno della rete ospedaliera.
Nello stesso tempo, per quanto riguarda le nuove strutture ospedaliere farei un approfondimento sul tipo di gestione che si può ipotizzare, perch in altre Regioni, ad esempio, sono state sviluppate o costruite (o si stanno per costruire) nuove strutture nelle quali si prevede che, per arrivare al "pareggio della gestione", sarebbero gestiti dai privati non solo i servizi generici come la mensa, la lavanderia, e quant'altro, ma anche il reparto diagnostico. Che cosa possa significare, possiamo immaginarlo tutti: sarebbe inevitabile un'esplosione dei servizi richiesti dal punto di vista diagnostico. Per cui, alla fine, non credo che questo servirà a ridurre i costi.
Comunque, sempre nell'ottica che la sanità è costituita da persone credo che una riflessione con gli operatori e con l'università, che peraltro è già stata avviata, debba inevitabilmente continuare.
Ancora una considerazione sugli accorpamenti. Non dobbiamo dimenticare come nella prima applicazione della legge sulla riforma sanitaria del 1978 già si prevedevano ASL territorialmente più ampie in Piemonte.
Questa strada non era stata seguita, per cui avevamo un numero elevato di ASL, che peraltro avevano già richiesto un ridimensionamento e un accorpamento.
Adesso si arriva ad una soluzione che è vicina a quell'ipotesi che era stata formulata all'inizio, che prevedeva un'ASL per ogni Provincia.
Sappiamo che ci sono state delle tensioni in tal senso. Io stesso provengo da una zona dove l'accorpamento è stato molto contestato. Ma, alla fine, è stato accettato nella consapevolezza di accettare una soluzione per arrivare ad un'ipotesi di migliore gestione dal punto di vista del risparmio dei costi.
Il sistema potrà funzionare se riusciremo a far funzionare bene i distretti: questa è l'altra scommessa sottintesa al discorso degli accorpamenti.
Complessivamente, il giudizio non può che essere ottimo per questo Piano e per tutto il lavoro scaturito dagli incontri che gli Assessori e la Giunta hanno fatto. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Cotto; ne ha facoltà.



COTTO Mariangela

Grazie, Presidente.
Ringrazio gli Assessori per le relazioni, in particolare l'Assessore Artesio, per aver citato l'importanza della legge n. 1 del 2004 e i conseguenti Piani di zona nella "costruzione del benessere" nella nostra Regione.
Concordo con lei quando sostiene che tutte le politiche devono produrre salute. Cioè tutti gli Assessori, nelle loro attività, devono veramente puntare ad una crescita delle politiche della salute. Ed è in questo senso che va la richiesta dei colleghi Consiglieri di veder presenti gli Assessori e tutta la Giunta. Perché se riteniamo che tutte le politiche producono salute, non possiamo pensare che ci siano degli Assessori "estranei" a questa discussione.
Ringrazio dunque l'Assessore allo sport, che è presente, perch sappiamo quanto lo sport sia importante per le politiche della salute. Così come ringrazio l'Assessore all'agricoltura, perché l'alimentazione occupa un posto di rilievo. Ma pensiamo ancora all'Assessore ai trasporti, agli incidenti stradali, alla sicurezza dei treni, tema di particolare attualità. Spiace di vedere che non ci siano gli Assessori alla montagna ai lavori pubblici e infrastrutture, così come spiace che non ci siano altri Assessori: pensiamo alla scuola, all'istruzione, al sociale...



(Commenti fuori microfono dell'Assessore Sibille)



COTTO Mariangela

Forse, sono io che non la vedo, ma non ho ancora il dono di vedere chi non è presente. Se la parola all'Assessore Sibille dice che c'è probabilmente c'è, ma noi non riusciamo a vederla.
Dico questo perché nel momento in cui si parla di principio di responsabilità, quindi chiamare tutti i Sindaci, il Comitato dei Sindaci dando anche un ruolo in questo Comitato ai Presidenti delle Province, un ruolo alle Associazioni di volontariato e delle categorie, insomma tutti i presenti proprio per considerarli come elementi della programmazione. Penso che questo discorso debba, in primo luogo, coinvolgere, se si vuole essere credibili, tutti gli Assessori della Giunta.
Cultura della salute per prevenire. Come si fa a non essere d'accordo? Siamo sempre stati d'accordo, sono discorsi che abbiamo fatto anche noi nelle passate legislature. Abbiamo anche insistito molto, proprio grazie all'apporto del dottor Mario Valpreda, allora Direttore di salute pubblica e abbiamo investito proprio nella cultura della prevenzione.
Però, mi chiedo se, oltre a questo, noi non dovremmo investire nella cultura della diagnosi precoce. Quante volte avrete sentito qualche famigliare, parente o conoscente dirvi "ma, il mio medico mi ha detto: 'Ho visto qualcosa che non mi piace, ti consiglio un esame specialistico'".
Poi, questo esprime tarda. Noi conosciamo i tempi delle liste d'attesa.
Allora, è giusto investire in prevenzione, ci mancherebbe altro, ma siamo crudeli se permettiamo a dei cittadini di vivere un'angoscia terribile quella di non sapere se il medico ha visto bene, in modo sbagliato, non capire cosa può succedere.
Quindi, la prima programmazione, indipendente che il piano si approvi domani o la prossima settimana, deve essere quella della riduzione dei tempi delle visite specialistiche e degli esami. Basta consultare il sito della sanità per vedere la lunghezza di queste attese, basta parlare con la gente per conoscere la drammaticità di chi è costretto a vivere queste attese non sapendo se è stato colpito o meno da grave malattia.
Parliamo di centralità della persona. Sarebbe assurdo non parlare di centralità, ma nei fatti siamo credibili? La persona che viene ricoverata è veramente al centro di cure appropriate, di un percorso umano o invece, a volte, non è solo un numero? Noi su queste cose dobbiamo interrogarci. Sono convinta che lo specchio del territorio e dell'ospedale sia rappresentato dal pronto soccorso di ogni ospedale.
Con il collega Cavallera abbiamo fatto sopralluoghi nei vari pronto soccorso, in provincia di Alessandria, di Asti, di Torino e proseguiremo anche da altre parti. Abbiamo parlato con i responsabili, con chi nel pronto soccorso lavora e abbiamo sentito di persone che si rivolgono al pronto soccorso, anziché andare dal proprio medico di famiglia, ma questo non solo nel fine settimana, ma anche durante gli altri giorni.
D'altra parte diventa difficile per chi, sommessamente informato, pensa che quei sintomi che avverte in quel momento siano gravi per cui deve presentare ricorso al pronto soccorso. Abbiamo visto che per la stragrande maggioranza il pronto soccorso è pronto per i casi d'emergenza, ma abbiamo visto anche tante persone attendere ore, sostare su brandine perch nell'ospedale non c'è il posto letto. Noi vorremmo sapere quali sono i posti letto d'ogni singolo ospedale, d'ogni singola ASL.
Però, sappiamo anche che a volte il posto letto non c'è perché non si riesce a dimettere il paziente, perché il territorio non è in grado di garantire quel cosiddetto percorso di continuità assistenziale, perché sul territorio non ci sono casi di riposo che possono svolgere questa funzione sanitaria, perché le famiglie sempre meno numerose hanno paura ad accogliere il loro congiunto appena dimesso - quando la famiglia c'è paura di non essere all'altezza di garantirgli quelle cure sanitarie di cui ha bisogno.
Allora, ben vengano queste linee guida cui accennava - se ho capito bene - l'Assessore Artesio: diventa difficile contenere in un protocollo le ragioni dei tanti attori sul territorio. Quindi, bisogna declinare delle linea guida.
Noi ci saremo perché il nostro atteggiamento su queste materie vuole essere costruttivo e lo è anche stato quando facevamo ostruzionismo.
Facevamo ostruzionismo perché non si poteva accettare che il dialogo, il confronto appena iniziato con l'Assessore Artesio, il 3 settembre, iniziato anche con l'approvazione di emendamenti da parte della minoranza (ricordo il mio sull'Alzheimer). Emendamenti che non possono non essere condivisi.
Un dialogo che è stato bruscamente interrotto dalla Presidente Bresso con un'azione di prevaricazione nei confronti del Consiglio. La Presidente si chiedeva: "Ma quando mai ho prevaricato il Consiglio?". Io penso che noi quasi tutti i giorni, Presidente, troviamo prevaricazione. La troviamo qui.
Ovviamente, poi ci dirà che è il giornalista che ha sbagliato quando ha risposto alla domanda di Fiorello che gli chiede cosa fare per una badante.
Non sono fuori tema, Presidente, perché parliamo di anziani, parliamo di Piano Socio Sanitario. Alla Presidente vanno i complimenti di tutti perché, dopo aver ritrovato i soldi e averli restituiti, assicura un posto di lavoro a tempo indeterminato in Regione. Ricordo che quando abbiamo avuto il caso di un carabiniere morto in Nassiriya, per garantire alla figlioletta di sei anni la pensione, è stata presentata una legge votata da tutto il Consiglio. Qui la signora dice: "Nonostante l'interessamento del Sindaco per il posto di lavoro, per adesso non è successo niente".
Alla domanda di Fiorello, vi è stata la risposta positiva della Presidente Bresso, Governatrice del Piemonte, che ha promesso un lavoro a tempo indeterminato in Regione.
Sono felicissima per questi atteggiamenti di educazione civica. Mi riferisco a quanto è stato scritto e appreso dalla rassegna stampa (per fortuna, non c'è ancora una censura sulla rassegna stampa) e che ho potuto leggere. Se non è così, ci sarà modo di replicare, però questi atteggiamenti, ovviamente, al di là dell'esattezza della parola, fanno capire che c'è un tentativo di prevaricazione dell'attività del Consiglio che respingiamo con forza.
Ringraziamo l'Assessore Artesio e le auguriamo di non farsi contagiare ma di continuare così, per avere un dialogo assicurato.



PRESIDENTE

L'ultimo intervento è quello del Consigliere Bossuto, dopodiché il dibattito generale proseguirà nella seduta pomeridiana.
La parola al Consigliere Bossuto; ne ha facoltà.



BOSSUTO Iuri

Voglio ancora fare delle considerazioni su una mattinata che è già stata ricca di considerazioni, di espressioni e di novità interessanti.
Non ho preso parte ai lavori della Commissione sanità, perché non sono un commissario di quella Commissione, però ugualmente oggi sono felice perché siamo finalmente giunti all'apertura del dibattito su un provvedimento che riteniamo molto importante. Un provvedimento legato anche ad una norma costituzionale importante, quella che riconosce il diritto alla salute come diritto assoluto e imprescindibile.
molto importante riconoscere il diritto alla salute, riconoscere che quest'Aula si occupi degli atti che, finalmente, tutelano questo diritto.
Oggi arriviamo a quest'appuntamento dopo un percorso molto lungo, che non sta a me ricordare, che ha visto molti Assessori cimentarsi: l'Assessore Migliasso, l'Assessore Bairati, l'Assessore Valpreda prima e l'Assessore Artesio ora. Quattro Assessori, quindi, che hanno lavorato molto su un Piano che già all'inizio era definito complesso; su un Piano che va a toccare molte corde della sanità, molti interessi, molte aspettative e molte speranze.
Arrivare alla discussione in Aula è un atto importante, ma arrivarci dopo momenti di dialogo e di confronto con la minoranza, tesi alla costruzione di un percorso comune, è ancora più importante. Il confronto costruttivo, il guardarsi negli occhi, discutere e affrontare così i problemi è sempre un passaggio importante per un'Aula consiliare e per quella che, a volte, banalmente viene chiamata democrazia di un sistema o di un Paese.
Diciamo che oggi è una giornata importante, perché si arriva finalmente ad un Piano che ha una grande aspirazione: ritornare a programmare la sanità. Programmare la sanità non da soli come istituzioni, giunte o Consiglieri, perché siamo ad un confronto fitto, che in questi ultimi giorni si è ancora più intensificato, con gli attori sociali, politici e territoriali. In altre parole, si è riusciti, o meglio si riuscirà, se il Consiglio lo approverà, ad uscire da quel modo di procedere che definirei un po' "a toppe".
Un sistema che reggeva, e che regge, potrà finalmente entrare nel vivo della programmazione e della visione generale della sanità in tutte le sue beghe, in tutti i suoi angolini, in tutte le sue dimensioni, che sono veramente tante. Consideriamo anche gli sviluppi che deriveranno, le possibilità e le potenzialità che la sanità finalmente potrà far vedere e dimostrare in progetti reali.
Dicevo prima che la sanità in questi anni ha retto, ma credo anche che reggere non sia sufficiente, perché resistere sul reggere è sempre un passo indietro, che può portare anche ad una facile sconfitta. Sono passati anni dall'epoca dei grandi presidi territoriali (i punti di riferimento del cittadino del territorio), della fiducia cieca e assoluta negli ospedali dei poliambulatori visti come una grande innovazione e come un grande momento di rinnovo dei territori. Ci ritroviamo nuovamente alle corsie alla fiducia piena nelle corsie, anche per una semplice influenza, perch magari non si hanno altri riferimenti cui rivolgersi. Si passa dai medici base ai medici condotti, che tutto risolvono e fanno analisi per qualsiasi cosa e per qualsiasi evento che possa essere diversamente diagnosticato evitando così di rivolgersi agli ospedali, fino ad ingolfare il sistema (non si capisce bene se per distrazione o per interesse di alcuni patentati).
Siamo arrivati ad un sistema che davvero sta stentando a reggere. A reggere anche in un tentativo di arginare (condivido in questo il pensiero di Moriconi) un'invadenza del privato sempre più forte, sempre più appariscente, sempre più visibile, che ha determinato anche nelle convenzioni, spesso e volentieri, con il privato stesso, delle crepe nel sistema, dando vita a convenzioni non sempre legittimate ad esistere e non sempre su presupposti di opportunità, spesso e volentieri basate su presupposti più banali di conoscenza o di semplice "favore", cosa che non risponde all'interesse di una collettività, ma a volte a interessi di parte.
Un sistema di questo tipo, che regge, genera il modello che, nei giorni scorsi, abbiamo visto esprimersi in tutta la sua pericolosa potenzialità.
un modello, mi dispiace dirlo, americano. Il Presidente Bush ha negato ai bambini l'assistenza sanitaria gratuita, l'ho letto sui giornali e non era una bufala. Mi riferisco ad un appello disperato di un bambino ammalato cui il Presidente ha risposto con un no netto in termini di assistenza.
Quello è un sistema spesso preso come riferimento e credo che sia giusto prenderlo come riferimento per le sue caratteristiche negative.
Per fortuna, fino ad oggi non siamo giunti al modello sanitario americano, anche se alcune crepe in un sistema che regge vi sono state in passato. In alcuni casi, quel sistema che reggeva ha rischiato più volte di degenerare proprio in un modello che crediamo non sia affatto da prendere in considerazione come termine di riferimento positivo, ma come riferimento negativo da non raggiungere mai.
Quindi reggere è sicuramente già molto. Che si sia retto lo dimostrano anche le varie lotte che in questi anni hanno caratterizzato i nostri territori. Alludo alle lotte per il mantenimento dei presidi e per il mantenimento del servizi (i poliambulatori promessi e troppo spesso mai realizzati). È stato anche un reggere l'esistenza, un resistere di fronte a situazioni in cui ancora oggi si trovano molti pronto soccorso, con quelle maledette barelle in corsia, quelle maledette situazioni di disagio che molti anziani, ogni qualvolta vi accedono, soffrono in queste strutture che esistono, reggono ma che, a volte, sembrano non farcela più.
Ecco allora che sembra sempre di dar vita ad un castello di carta, che in qualche modo un soffio di vento può far cadere. Questo è quel che avviene in assenza di una politica programmatoria. Quel castello ha retto ma credo che la politica programmatoria che oggi è stata illustrata, con la speranza che da questo Consiglio oggi prende piede e prende vita, possa creare non solo una stabilità a quel castello, ma addirittura sostituire le carte con dei mattoni veri, con una struttura vera che regga alle modifiche e ai cambiamenti della società, ai cambiamenti del vivere quotidiano e a tutto quello che comporta il cambiamento della persona in un contesto così complesso com'è quello nostro attualmente.
Il fatto che si parli di prevenzione - e l'hanno già detto altri colleghi come Deambrogio - credo che sia un punto di partenza importante.
La prevenzione è un'altra di quelle lotte che nei territori spesso è stata richiesta; quando si è avuto a che fare con il problema dell'elettrosmog quando si ha a che fare con il problema dell'inquinamento dell'aria, della salute nei posti di lavoro e delle malattie che si maturano nei posti di lavoro e di frequentazione.
Ecco che la prevenzione, guarda caso nei territori, è stata spesso richiesta come attività importante nella programmazione sanitaria. A me pare che l'Assessore Artesio, soprattutto in questa fase, abbia ben colto proprio quale amministratore che ha esperienza di territorio, quest'aspetto che fa sì che si vada a comporre la programmazione, che non è solo il frutto di una struttura o di un'istituzione, ma è il frutto di esigenze di territori che chiedono di potere essere fruitori di un servizio, ma anche titolari di un diritto che la Costituzione stessa garantisce in tutta la sua pienezza e in tutto il suo essere assoluto.
Abbiamo di fronte a noi dei concetti nuovi, abbiamo di fronte anche l'opportunità di vedere forse la struttura risistemata in qualcosa di più efficiente e più efficace nel suo rapporto con le malattie, e le strutture territoriali ristrutturate in un qualcosa che abbia una funzione più valida nella loro funzione di prevenzione delle malattie, perché ricordiamo che un radiologo di un poliambulatorio avrà un rapporto sempre più diretto con il malato rispetto ad un ospedale che arriva con gli esiti a volte troppo tardi rispetto al tracciato di una patologia.
Quindi, riscoprire questi concetti credo sia importante ed aggiungerne di nuovi sia altrettanto importante, purché non siano solo formule vuote ma azioni efficaci.
Concludo, rimarcando la speranza che oggi nasce da questo Consiglio e che sicuramente sarà condivisa da quei territori che la vedranno svilupparsi, e spero proprio che, con il confronto e il dialogo in questo Consiglio, questa speranza non si infranga, perché il nostro compito è portare avanti questi obiettivi con fiducia e con un sostegno reale che vada al di là delle nostre parole e delle nostre posizioni.



PRESIDENTE

Chiudiamo la seduta antimeridiana. La discussione generale riprenderà nella seduta pomeridiana, che è convocata alle ore 14.30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.55)



< torna indietro