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Dettaglio seduta n.217 del 24/07/07 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO



(Alle ore 14.30 il Vicepresidente Placido comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.00)



(La seduta ha inizio alle ore 15.04)


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Gariglio e Rutallo.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori, in particolare su:

Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Richiesta di comunicazione della Giunta regionale, da parte della Consigliera Cotto, relativamente ai "Buoni vendemmia"

Argomento: Zootecnia

Richiesta di comunicazione, da parte del Consigliere Cavallera relativamente alla "Caccia agli ungulati - piani di censimento"


PRESIDENTE

La Consigliera Cotto ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori.
Ne ha facoltà.



COTTO Mariangela

Grazie, Presidente.
Ne avevo già parlato con l'Assessore all'agricoltura, che si era dichiarato disponibile.
Chiederei, se possibile, per oggi pomeriggio, domani mattina o, al massimo domani pomeriggio, che l'Assessore relazioni sullo stato dei cosiddetti "buoni vendemmia". Giungono voci che, a livello nazionale, sarebbe il Sindacato della CGIL ad impedire il cosiddetto "Piano dei buoni vendemmia" che risolverebbe tanti problemi ai viticultori del Piemonte. È una questione che ha visto convocate le Commissioni agricoltura e lavoro quindi é un problema serio che la Regione non può assolutamente ignorare.
Si avverte la necessità di conoscere se c'è il veto di un importante Sindacato, affinché la Regione possa far capire le ragioni dei viticultori del Piemonte.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Grazie, Presidente.
Avevo già chiesto, qualche settimana fa, una comunicazione in ordine alla tematica degli ungulati, relativamente alla caccia, per quanto riguarda i Piani di censimento e di selezione ai fini del contenimento delle varie specie.
Purtroppo la comunicazione non è avvenuta, e adesso ci sono di nuovo, a mio avviso, le avvisaglie che il mese d'agosto diventi, per il Piemonte un'ulteriore occasione per un'immagine negativa.
noto a tutti che la caccia di selezione agli ungulati ruminanti avviene in tutte le Regioni. Anzi, in alcune Regioni avviene senza alcun riferimento numerico per determinate specie, mentre da noi tutto è basato su censimenti, in altre parole su quantitativi di animali da abbattere ben precisi e articolati sul territorio.
Credo che dia fastidio a tutti passare come "Regione di Attila" sotto questo profilo. Ragion per cui, credo sia urgente un'assunzione di responsabilità e di conoscenza da parte del Consiglio sulla materia, con una comunicazione del Presidente oppure dell'Assessore competente in materia, vale a dire dell'Assessore Taricco.
Sollecito, Presidente, che prima della chiusura dei lavori del Consiglio del 3 agosto, come previsto, si trovi il tempo per svolgere questa comunicazione e qualche breve considerazione da parte dei vari Gruppi per dare un'indicazione precisa e comunicare all'esterno che noi stiamo attuando le leggi nazionali e regionali sulla caccia e non concediamo nulla né all'improvvisazione, ma neanche ad atteggiamenti contro gli animali.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ricca.



RICCA Luigi Sergio

Grazie, Presidente.
La questione sollevata dal Consigliere Cavallera è reale e interessa gran parte del territorio piemontese, compreso quello che conosco e mi tocca più da vicino. Quindi, compatibilmente con il calendario dei lavori che ci siamo dati e nell'organizzazione dei medesimi, sarebbe opportuno trovare prima del 3 agosto mezz'oretta per affrontare la questione questione che avevo già sollevato all'Assessore attraverso un'interrogazione mirata, ma che finora non ha trovato risposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Muliere



MULIERE Rocco

Grazie, Presidente.
Volevo chiedere se era possibile convocare una breve Conferenza dei Capigruppo per verificare l'andamento dei nostri lavori.
Visto il numero consistente di emendamenti sul disegno di legge che stiamo discutendo, credo che sia opportuno fare una breve verifica su come intendiamo condurre i lavori di oggi e di domani.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giovine.



GIOVINE Michele

Sulla richiesta del Presidente Muliere lascio all'ottima Presidenza la scelta che ne consegue.
So che riceverà risposta negativa, tuttavia affinché rimanga a verbale e perché venga fugato il dubbio sul fatto che le mie richieste in tema di comunicazione siano strumentali e soggiacciano ad altri desideri, gradirei ricevere dall'Assessore Bairati una comunicazione riguardo la Lumiq. Avevo già argomentato questa mattina il perché.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Giovine.
Per fare il punto della situazione, sono state richieste, fra la seduta di questa mattina e quella di oggi pomeriggio, comunicazioni della Giunta in merito al nuovo telegiornale del Piemonte, alla Lumiq, a Sinatec, a Finpiemonte, ai buoni vendemmia e alla caccia agli ungulati.
Come ho poc'anzi precisato, nei due appuntamenti previsti per le comunicazioni della Giunta della prossima settimana, tali richieste saranno evase e potranno aggiungersi anche altre richieste di comunicazione della Giunta.
Sono nel frattempo pervenute n. 62 richieste di iscrizione di nuovi punti all'o.d.g., che vanno ad aggiungersi ai circa cento emendamenti relativi al provvedimento, la cui trattazione è iniziata questa mattina.
Considerando la proposta del Consigliere Muliere, sospendiamo i lavori del Consiglio e convochiamo la Conferenza dei Capigruppo in sala A.



(La seduta, sospesa alle ore 15.13 riprende alle ore 16.31)


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Richiesta, da parte del Consigliere Giovine, di sospensione esame disegno di legge n. 421 "Riorganizzazione societaria dell'Istituto Finanziario Regionale Piemontese e costituzione della Finpiemonte Partecipazioni S.p.A." ed esame punto 2) disegno di legge n. 267 "Norme per la programmazione socio-sanitaria e il riassetto del servizio sanitario regionale")


PRESIDENTE

Riprendiamo i lavori del Consiglio.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Giovine; ne ha facoltà.



GIOVINE Michele

Se c'è questo tumulto in aula solo perché chiedo la parola, recedo subito.
Presidente, ci sono 62 richieste di inserimento all'o.d.g.. Chiedo secondo il Regolamento dovrebbero venire prima - un'inversione dell'o.d.g.
dei lavori anteponendo invece la discussione del disegno di legge n. 267 al disegno di legge n. 421 attualmente in discussione.
Questo per permettere finalmente all'Aula di discutere di sanità, magari posporre alla giornata di domani, con più tempo, un'ampia discussione del disegno di legge n. 421: "Riorganizzazione societaria dell'Istituto Finanziario Regionale Piemontese e costituzione della Finpiemonte Partecipazioni S.p.A"., con tutto ciò che potrebbe da ciò derivarne.
Vorrei chiedere formalmente una votazione in merito a ciò.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Giovine. Se l'Aula acconsente, potremmo anche non votare ma sospendere la trattazione del disegno di legge n. 421. Si passa al punto successivo, che è il disegno di legge n. 267, lo trattiamo fino alla fine dei lavori di questo pomeriggio. Sospenderei la seduta serale e riprenderei i lavori domani mattina con discussione del disegno di legge n.421 "Riorganizzazione Società dell'istituto finanziario regionale piemontese e costituzione della Finpiemonte partecipazione S.p.A".
Se l'Aula acconsente, procediamo in questo senso.



(L'Aula, tacitamente, acconsente)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giovine.



GIOVINE Michele

Intervengo per confermare che le richieste di iscrizione di nuovi punti all'o.d.g. sono ritirate anche a nome del Consigliere Lupi.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame disegno di legge n. 267 inerente a "Norme per la programmazione socio sanitaria e il riassetto del servizio sanitario regionale"


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare il disegno di legge n. 267 "Norme per la programmazione socio-sanitaria e il riassetto del servizio sanitario regionale" di cui al punto 2) all'o.d.g.
La parola al relatore, Consigliere Boeti.



BOETI Antonino, relatore

Illustre Presidente Egregi Consiglieri Sono trascorsi quasi dieci anni dall'entrata in vigore della legge regionale 61/1997 che ha stabilito il quadro normativo generale in tema di programmazione sanitaria ed ha approvato il Piano Sanitario regionale per il triennio 1997-1999. Oggi la Regione è chiamata ad un'importante revisione della propria normativa in tema di tutela della salute e di organizzazione sanitaria.
Il piano sanitario vigente, ormai cronologicamente scaduto, ma valido in regime di prorogatio grazie alla clausola di salvaguardia racchiusa nell'articolo 6 della citata legge regionale, mostra ormai in modo evidente un'esigenza di revisione improcrastinabile, al fine di adeguarsi alle mutate esigenze di salute della popolazione e nuovi assetti organizzativi delineati dall'evoluzione normativa.
L'entrata in vigore del decreto legislativo 229/1999, con le importanti modifiche arrecate al decreto legislativo 502/1992 di riordino della disciplina sanitaria e, soprattutto, la revisione del titolo V della Costituzione, ha modificato in modo strutturale e funzionale i confini di competenza della legislazione regionale in materia di sanità, ed ha consentito alle Regioni di passare da un ventaglio di ambiti di natura strettamente organizzativa ad una sfera più ampia di potestà normativa.
Tale quadro normativo impone una riflessione di più ampio respiro che conduca ad una revisione generale delle disposizioni regionali che delineano la cornice dell'organizzazione regionale e della programmazione socio-sanitaria.
L'obiettivo di questo disegno di legge ora in approvazione è pertanto duplice: da un lato si procede alla definizione degli strumenti della programmazione, identificando in maniera precisa gli ambiti ed i confini in cui interagiscono i diversi atti di pianificazione regionale e locale mentre, dall'altro lato, si provvede ad individuare la vasta gamma di soggetti istituzionali coinvolti a vario titolo nella programmazione e nella gestione delle funzioni.
Ulteriore obiettivo del disegno di legge è riscontrabile nella precisa individuazione di principi e criteri direttivi, delineati dall'intrecciarsi della normativa costituzionale e nazionale in materia, alla luce dei quali deve muoversi l'intero impianto della programmazione regionale.
Il provvedimento, perciò, introduce il concetto di tutela e promozione della salute come bene comune, interesse della collettività e diritto inalienabile di tutti i cittadini a prescindere dalle condizioni sociali ed economiche individuali, e ribadisce il ruolo primario e strategico attribuito alle attività di prevenzione e promozione della salute.
Il disegno di legge inoltre fa assurgere a principi guida della programmazione socio-sanitaria valori quali la solidarietà, la centralità dell'utente, la dignità e l'umanizzazione nell'erogazione della prestazione, che devono peraltro essere ispirate ad un criterio di omogeneità ed uniformità di trattamento su tutto il territorio regionale con l'obiettivo di realizzare un sistema socio-sanitario che sia equo ed universale.
Elemento fondamentale è infine il richiamo alla partecipazione dei cittadini e degli operatori alla definizione delle linee programmatiche dell'azione regionale nonché al concetto di integrazione socio-sanitaria valore imprescindibile in un corretto assetto di programmazione regionale: a dimostrazione di ciò il disegno di legge esplicitamente afferma l'adeguamento della pianificazione socio-sanitaria ai principi derivanti sia dal citato decreto legislativo 502/1992, sia a quelli derivanti dalla legge 328/2000 di realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Nell'ambito dell'identificazione degli strumenti di pianificazione merita poi di essere ricordato il percorso di delegificazione proposto per l'adozione del piano socio-sanitario regionale che, pur nella riserva statutaria di competenza in capo al Consiglio regionale, sarà in futuro adottato con atto deliberativo, strumento più adatto, per la sua versatilità contenutistica, all'approvazione di atti di programmazione...



PRESIDENTE

Mi scusi, Consigliere Boeti, colleghi, per un argomento come il Piano Socio sanitario penso che anche la relazione meriti assoluta attenzione.
Diventa oggettivamente complicato per chi legge, per chi ascolta e per chi è interessato.
Mi scusi, Consigliere, prosegua.



BOETI Antonino

La relazione ha un carattere più normativo, per cui capisco le difficoltà da parte dei Consiglieri di seguirlo. Sono sicuro che la discussione sarà più partecipata e vissuta.
Il disegno di legge inoltre fa assurgere a principi guida della programmazione socio-sanitaria valori quali la solidarietà, la centralità del cittadino, la dignità e l'umanizzazione nell'erogazione della prestazione, che devono peraltro essere ispirate ad un criterio di omogeneità ed uniformità di trattamento su tutto il territorio regionale con l'obiettivo di realizzare un sistema socio-sanitario che sia equo ed universale.
Elemento fondamentale è infine il richiamo alla partecipazione dei cittadini e degli operatori alla definizione delle linee programmatiche dell'azione regionale nonché al concetto d'integrazione socio- sanitaria valore imprescindibile in un corretto assetto di programmazione regionale: a dimostrazione di ciò il disegno di legge esplicitamente afferma l'adeguamento della pianificazione socio-sanitaria ai principi derivanti sia dal citato decreto legislativo 502/1992, sia a quelli derivanti dalla legge n. 328/2000 di realizzazione del sistema integrato in interventi e servizi sociali.
Nell'ambito dell'identificazione degli strumenti di pianificazione merita poi di essere ricordato il percorso di delegificazione proposto per l'adozione del piano socio-sanitario regionale che, pure nella riserva statutaria e di competenza in capo al Consiglio regionale, sarà in futuro adottato con atto deliberativo, strumento più adatto, per la sua versatilità contenutistica, all'approvazione di atti di programmazione.
Il disegno di legge, di cui si chiede all'Aula sollecita approvazione in seguito al licenziamento da parte della IV Commissione, è stato sottoposto ad un ampio ventaglio di consultazione con gli enti istituzionali e le forze sociali.
Le consultazioni, articolate su tutte le province del Piemonte, hanno visto la concreta e numerosa partecipazione degli enti locali, delle organizzazioni sindacali, delle forze del terzo settore e degli ordini professionali interessati.
L'analisi di tutte le osservazioni raccolte è stata preziosa ed ha consentito di introdurre, nell'ambito del dibattito di Commissione importanti modifiche al testo presentato, che hanno permesso di presentare all'Aula consiliare, per la definitiva approvazione, un testo organico condiviso ed approfondito, reso più ricco e più consono alle aspettative di miglioramento delle condizioni di salute dei cittadini piemontesi.
Il testo del provvedimento è suddiviso in quattro titoli.
Il titolo I, che racchiude l'articolo 1, è dedicato alle disposizioni generali, provvedendo ad identificare le finalità e i principi della programmazione socio-sanitaria, come già si è ampiamente descritto nella prima parte di questa relazione.
Il titolo II, dedicato alla programmazione socio-sanitaria, provvede ad identificare le tipologie dei vari strumenti di pianificazione, regionale e locale, nonché a delineare l'apporto dei soggetti istituzionali e partecipativi al processo di programmazione.
Nel dettaglio, l'articolo 2, dopo aver proclamato l'ossequio della programmazione socio-sanitaria regionale ai principi e criteri derivanti dal decreto legislativo 502/1992 e dalla legge 328/2000, provvede ad elencare nel concreto gli atti di pianificazione regionale e locale, cui si affiancano, a titolo di strumenti di valutazione, le relazioni socio sanitarie regionali e territoriali.
L'articolo 3 delinea le competenze del Consiglio e della Giunta regionale in materia socio-sanitaria: in particolare viene affidata al Consiglio regionale la competenza ad approvare, con atto deliberativo, il piano socio-sanitario regionale, di cui viene definita la durata e gli aggiornamenti, mentre sono attribuiti alla Giunta, anche tramite l'apporto del Consiglio regionale di sanità ed assistenza e dell'Agenzia regionale per i servizi sanitari, compiti di indirizzo tecnico e coordinamento delle attività delle aziende sanitarie, nonché funzioni di controllo e vigilanza sulle stesse.
Gli articolo 4 e 5 provvedono ad una nuova rimodulazione del ruolo delle competenze e del funzionamento del Consiglio regionale di sanità e assistenza, anche attraverso una revisione testuale della relativa legge istitutiva.
L'articolo 6, attraverso una riformulazione testuale dell'articolo 108 della legge regionale 44/2000, è dedicato ad una revisione della composizione e delle funzioni della Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria.
Gli articoli 7 e 8, attraverso un richiamo alla vigente normativa nazionale, delineano rispettivamente le competenze attribuite alla Conferenza dei sindaci di ASL ed al Comitato dei sindaci di distretto.
L'articolo 9 definisce la partecipazione delle università piemontesi e del Politecnico di Torino alla programmazione socio-sanitaria, nell'ambito di specifici rapporti convenzionali.
L'articolo 10 definisce le modalità di partecipazione degli utenti delle organizzazioni sindacali e del terzo settore alla fase di elaborazione degli atti di programmazione.
Gli articoli 11 e 12 provvedono a delineare i contenuti e le modalità di approvazione del piano socio-sanitario regionale, mentre l'articolo 13 definisce gli ambiti contenutistici e le procedure di presentazione della relazione socio-sanitaria regionale e dei documenti informativi periodici ad essa correlati.
L'articolo 14 identifica nei Profili e piani di salute (PEPS) lo strumento con cui le comunità locali, a livello distrettuale, definiscono i propri obiettivi di salute e le linee di indirizzo volte ad orientare le politiche del territorio.
Gli articoli 15 e 16 definiscono rispettivamente, quali strumenti di programmazione territoriale, i piani attuativi locali delle ASL ed i piani attuativi delle aziende ospedaliere, mentre l'articolo 17 affida alla relazione socio-sanitaria aziendale il compito di svolgere funzioni di accertamento e documentazione dei risultati raggiunti a livello locale a fronte degli obiettivi definiti dai citati strumenti di pianificazione regionale e territoriale.
Il titolo III è dedicato al riassetto del servizio sanitario regionale.
In tale ambito, l'articolo 18 affida al Consiglio regionale l'individuazione, con atto deliberativo, delle nuove aziende sanitarie locali e dei relativi ambiti territoriali, mentre l'articolo 19 definisce il percorso di articolazione distrettuale delle ASL.
L'articolo 20 attribuisce al Consiglio regionale l'istituzione e la soppressione delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero universitarie, fermo restando il mantenimento delle aziende ospedaliere operanti alla data di entrata in vigore della legge.
L'articolo 21 delinea l'articolazione territoriale degli enti gestori dei servizi socio-assistenziali, proclamando come obiettivo di pianificazione la coincidenza degli stessi con l'articolazione distrettuale delle ASL.
L'articolo 22 affida alla Giunta regionale l'individuazione dei servizi amministrativi e di supporto che vengono espletati a livello d'area di coordinamento sovrazonale, articolazione funzionale destinata a sostituire l'attuale impianto territoriale per quadranti sanitari.
Il titolo IV, dedicato alle disposizioni finali contiene l'articolo 23 finalizzato all'abrogazione di alcune disposizioni regionali divenute obsolete e l'articolo 24, che introduce nell'articolato una dichiarazione di urgenza ai sensi dell'articolo 47 dello Statuto.
Signor Presidente, ho voluto mantenere questa relazione ad un livello istituzionale, conservandone la linea sul carattere normativo così come definito dai nostri uffici, il personale dei quali voglio ringraziare per l'impegno e la gran professionalità con le quali ha seguito in questi due anni il lavoro della Commissione.
Riserverò nell'intervento in Aula le considerazioni di tipo politico come rappresentante del mio Partito.
Come relatore mi auguro che, pure all'interno di una discussione aspra si possa infine giungere all'approvazione del disegno di legge.
L'obiettivo che abbiamo è quello di realizzare un sistema sanitario disponibile ed amico dei cittadini; sono sicuro che questo è l'interesse e l'obiettivo dell'intero Consiglio regionale.
Vorrei aggiungere ancora, Presidente, un ringraziamento all'Assessore Valpreda per la serietà, l'onestà e la correttezza con le quali ha gestito l'Assessorato in questi due anni. Ringraziarlo per l'impegno con il quale ha seguito le audizioni, tutte e in tutto il Piemonte, dalla prima all'ultima, senza mancare una sola volta.
Questo Piano Socio Sanitario ha la sua impronta forte, qualche volta anche un po' scorbutica, ma capace ed onesta. Come diceva l'altro giorno il Consigliere Deambrogio, credo che la sua approvazione sia anche il modo migliore per tutti noi di salutarlo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Dalla relazione del Consigliere che mi ha preceduto, e che ho seguito con attenzione, mi sarei aspettato qualcosa di più dal punto di vista politico.
L'articolo 9 definisce la partecipazione delle Università piemontesi che proprio nei mesi scorsi hanno sollevato la questione relativa all'ubicazione e alle modalità di realizzazione della Città della Salute.
Ad oggi le Università piemontesi non hanno ricevuto alcuna risposta in merito, così come non è stata data ancora nessuna risposta politica al sottoscritto.
Consiglieri di maggioranza e minoranza, visto e considerato che prima si è tenuta una Conferenza dei Capigruppo ne approfitto per dire e sottolineare, con tutta la mia onestà intellettuale, che non condivido e non accetto quel "presumibilmente" che voi avete inserito nell'ultimo periodo come punto di arrivo per approvare il Piano Socio Sanitario.
Sia ben chiaro che fino a quando non verranno date risposte politiche forti e chiare sul Piano Socio Sanitario che, riguardano, ripeto, la collocazione della Città della Salute tutto il lavoro di trattative politiche sapientemente svolto in precedenza, per me, non avrà alcun risvolto concreto..
E' ora di porre un freno alle dichiarazioni apparse in questi giorni sui quotidiani secondo le quali è già stato deciso che, entro il 30 settembre, verrà approvato il Piano Socio Sanitario, quando in realtà non è stato deciso niente proprio in virtù del fatto che non sono state ancora date risposte politiche chiare su cosa succederà agli ospedali torinesi., e su quali comparti dovranno essere abbattuti per poi essere ricostruiti.
Assessore Peveraro, Vicepresidente, vorrei capire e vorrei avere delle risposte, mi rivolgo a voi visto e considerato che la Presidente non è presente, benchè il dibattito sia incentrato sull'esame della legge quadro n. 267 e la presenza dell'Assessore ad interim alla Sanità sarebbe stata alquanto opportuna.
Ringrazio i colleghi che sono riusciti ad ottenere un accordo coerente e importante che ha permesso di rimandare il confronto dopo la pausa estiva, quando a mente fresca decideremo come affrontare questo spinoso argomento. La mia macchina è carica di documenti e di tutto quanto aveva fatto l'ex Consigliere Saitta nella Commissione d'indagine, libro compreso materiale indispensabile per arrivare a settembre e parlare seriamente di sanità.
A tal proposito vorrei alcune delucidazioni in merito ad un allegato che la Presidente Bresso e la Giunta hanno presentato e che è stato consegnato al Ministro Turco, ma non a noi Capigruppo. Come faccio a capire se veramente la Città della Salute può essere realizzata a Grugliasco data la confusione creata dalle dichiarazioni dello stesso Assessore Bairati che in passato aveva fatto trapelare che non si poteva realizzare la Città della Salute a Italia 61 perché costava tre volte di più di Campo Volo in netta contraddizione con quanto dichiarato sui giornali dalla Bresso che ha affermato: "Realizziamo un nuovo modello, una nuova Città della Salute anche a Italia 61, demoliamo parte delle Molinette" - perché una parte è vincolata dalla Sovrintendenza - "demoliamo il Sant'Anna e il Regina Margherita e in 24 ore facciamo tutto".
Aspettiamo di avere risposte politiche chiare e forti in merito a tutto quello che è il comparto sanitario e la rete ospedaliera di Torino e Provincia.
Ripeto, aspettiamo risposte chiare e precise, non vorrei che nella Conferenza dei Capigruppo si dicesse: "Scanderebech, tu non rispetti gli impegni, non sei un uomo". No. Sia ben chiara una cosa, devono essere date risposte chiare e precise sulla Città della Salute, lo dico in modo tale che entri nelle orecchie di tutti, in modo che non si affermi che non lo avevo detto. Lo ribadisco in quest'Aula che è l'assemblea preposta, che è il luogo preposto per dire le cose con chiarezza dal momento in cui c'è in gioco l'interesse di tutti i cittadini torinesi e che stiamo parlando di diritto alla salute di quei cittadini che incontro per strada.
In questi giorni sono andato a fare la spesa al mercato, ho fatto un sondaggio personale tra la gente e tutti soffrono di qualche malattia e tutti mi hanno detto: "Devo andare a Grugliasco? Come faccio? È un problema, sono solo. Il pullman c'è?". Voi non ci credete, voi non immaginate, ma la gente è spaventata, dice: "Ma come, abbattono il Sant'Anna?" Andate a leggere su Specchio dei Tempi su La Stampa la lettera che ha scritto una signora! Quella lettera è indicativa della tensione, della paura e dell'allarmismo che abbiamo creato nei confronti dei cittadini torinesi, che non capiscono. Oltre alla difficoltà di pagare un ticket per tutte le analisi che devono fare, hanno anche il problema di capire dove devono andare e quali mezzi devono utilizzare.
Il confronto è indispensabile per capire in quale modo è possibile ottimizzare e migliorare le eccellenze esistenti, in qual modo è possibile trarre un guadagno, soprattutto, ridurre i costi esosi cui oggi, tutta la sanità in generale, deve fare fronte. Ridurli non vuole dire ridimensionare le ASL passare da 8 a 4, raggruppare tre ASL in una. Ci sono problemi che dovranno essere studiati, ci deve essere uno studio di fattibilità per capire perché tre ASL di Torino nord, sto parlando della provincia, devono essere unite in una sola. Questo è un problema che, in questi giorni, i cittadini stanno vivendo con paura perché non sono stati informati.
Chiedo anche a tutti i colleghi, in modo particolare a quelli della Giunta, di fare informazione su quello che sta succedendo, che non si dica solo e soltanto che una volta approvato il Piano Socio Sanitario verranno ridotte le liste di attesa, aumentati i posti letto e i posti nelle case di riposo. E' indispensabile fare estrema attenzione nel dire certe cose perché creiamo ulteriori delusioni nei cittadini piemontesi. Dobbiamo dire bene come stanno le cose, non basta fare un elenco di ASL per potere poi in qualche modo, stabilire o comunicare che si ottimizzano i servizi.
La gente ha bisogno di risposte concrete. Non possiamo comunicare che il Piano Socio Sanitario snellirà le liste di attesa, ottimizzerà i servizi dal momento in cui abbiamo già affermato che la Città della Salute andiamo a farla a Grugliasco.
Presidente, lei ne è testimone, io confido in lei come uomo di mediazione. Al momento opportuno, a settembre, quando torneremo a discutere di Piano Socio Sanitario, fate in modo che la Bresso e la Giunta facciano qualcosa di concreto, non solo delle forzature, ma che diano delle risposte politiche perchè il Piano non passerà fino a quando non si deciderà che cosa succederà alla Città della Salute.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

Voglio ringraziare il relatore, Consigliere Boeti perché, nell'esito del suo intervento, ha voluto ricordare, ancora una volta, come anche questa legge prova a sintetizzare, in alcuni articoli, lo spirito più generale che ritroveremo nel Piano Sanitario vero e proprio. Quello spirito vivente di cui parlavo l'altro giorno in Aula: lo spirito vivente del lavoro di Mario Valpreda. Voglio insistere sul punto per un attimo.
Anche a fronte di un testo come questo, che forse può non entusiasmare qualcuno, possiamo vedere qual è stato l'approccio dell'Assessore che io sintetizzerei in tre punti principali. Un Assessore che ha provato a disporre, davanti a tutti noi, una visione del mondo sanitario, magari non condivisa da tutti, ma sicuramente una visione del mondo. Una grande capacità di mediazione. Per ultimo, una capacità di porre l'elemento della partecipazione, come elemento determinante per la costruzione di un provvedimento di legge.
Credo che questo sia un insegnamento più in generale, ma sia persino un insegnamento sul terreno della politica. Questi tre elementi fanno di una persona che fa politica, dal mio punto di vista, una persona con le idee molto chiare.
Veniamo al testo. Il testo, secondo me, è caratterizzato, da un punto di vista generale, da una approccio che potrei definire innovativo. Come già veniva ricordato, qui ritroviamo la centralità attribuita al paziente nel funzionamento del servizio sanitario regionale. Il cittadino, qui, è soggetto attivo della prevenzione e della cura della propria salute avendo a disposizione una rete di assistenza territoriale finalmente in grado di andare incontro alle sue esigenze che, come dimostrano tutti i dati, si indirizzano sempre di più in questa regione per la cura di patologie croniche e di fragilità. Pensiamo a quanti anziani e disabili abbiamo (proprio ieri, rispetto ai disabili, la Giunta regionale ha approvato un'importantissima delibera). Anziani e disabili, dicevo, che richiedono una condivisione di responsabilità tra servizi sanitari e sociali, nonch un semplice accesso agli ambulatori, alle strutture residenziali e all'assistenza domiciliare. Questo è l'impianto generale.
D'altro canto, lo ritroviamo espresso per punti anche nell'articolo 1 di questo disegno di legge (vorrei ricordarlo ancora una volta, anche se lo ha già fatto il collega Boeti, perché mi pare veramente centrale dal momento che ne spiega la filosofia e l'approccio): la scelta è stata quella di valutare l'impatto sulla salute di tutte le decisioni e le scelte strategiche che la politica regionale in qualche modo intende fare e farà la salute come bene comune e come diritto inalienabile (tale aspetto è contenuto e codificato anche nella nostra Costituzione, all'articolo 32) la partecipazione dei cittadini e degli operatori per la definizione delle linee programmatiche (tornerò dopo su questo argomento, perché vi è un ulteriore elemento innovativo); l'appropriatezza delle prestazioni e la qualità in una continuità che si possa riscontrare anche attraverso l'integrazione fra il sociale e il sanitario (anche su questo tema intendo poi ritornare).
Anche per ragioni di tempo, non intendo intervenire su tutti gli articoli di questo disegno di legge, ma mi soffermerò su alcuni di essi.
Il primo è l'articolo in cui, sostanzialmente, vengono definiti i cosiddetti Profili e Piani di Salute (PEPS).
Mi voglio soffermare su questo tema perché in esso troviamo uno degli elementi più innovativi non solo di questa legge, ma dell'impianto del futuro Piano che andremo ad approvare.
Perché dico "innovativi"? Perché credo che in tutti questi anni abbiamo potuto verificare, tra le diverse manchevolezze della gestione sanitaria di questa Regione, la difficoltà, per gli Amministratori locali in modo particolare, ad essere protagonisti del processo di creazione e di costruzione della salute sul proprio territorio. Amministratori che spesso sono stati chiamati semplicemente ad alzare la mano per votare in Conferenza dei Servizi i bilanci che i Direttori generali portavano all'approvazione; Amministratori locali sempre più in balia di un sistema che non controllavano. Da questo punto di vista, forse la situazione stata anche voluta, perché per poter partecipare ed essere attori consapevoli occorre avere degli elementi per poter valutare e seguire passo per passo la costruzione delle politiche sanitarie sul proprio territorio di riferimento.
Con questo articolo tentiamo di sanare esattamente questo gap, questo limite. I Sindaci saranno dunque chiamati a definire gli obiettivi prioritari di salute e di benessere sul proprio territorio, ad identificare tutti i soggetti coinvolti, i rispettivi ruoli e i contributi specifici come vedete, non si parla semplicemente di Sindaci, ma il discorso della partecipazione si allarga - e ad attivare gli strumenti di valutazione del raggiungimento degli obiettivi.
Vi è, dunque, un combinato disposto, ovvero c'é una platea che si allarga e che può definire gli obiettivi e, allo stesso tempo, c'é qualcuno che può valutare questi obiettivi sul proprio territorio.
I Piani attuativi locali, com'è noto, devono recepire gli obiettivi di salute previsti dai PEPS e le ASL dovranno fornire l'assistenza necessaria assicurando la partecipazione anche da questo punto di vista. Come ricordavo poc'anzi - è un altro aspetto molto importante che istituiamo e che dovremmo porre a verifica - i Sindaci sono stati abituati per troppo tempo e poco alla volta a perdere una cultura che le lotte degli anni Settanta avevano accumulato non solo negli Amministratori, ma penso agli operatori e a tutti i Comitati che hanno contribuito a far nascere la legge di riforma sanitaria nazionale del 1978.
C'é la volontà, con il supporto delle ASL di riferimento, di tentare di ricostruire una coltura che dia la possibilità ai Sindaci di essere soggetti consapevoli. I PEPS, dunque, orienteranno la programmazione e terranno conto degli atti fondamentali di indirizzo regionali, provinciali e comunali, compresi i Piani di zona. Anche sotto questo aspetto, si assicura l'accordo con tutti gli altri Enti pubblici interessati, con le strutture di assistenza, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale.
Ho voluto insistere molto su questo punto perché, a mio giudizio rappresenta "l'esempio degli esempi" per capire la filosofia che ricordavo all'inizio di questo intervento, e comprendere come gli intrecci positivi che noi siamo in grado di mettere in campo potranno dare finalmente alla programmazione sanitaria di questa Regione nuovo protagonismo dal basso alle persone e agli Amministratori locali.
In ultimo, voglio semplicemente parlare dell'articolo 21, inerente all'articolazione territoriale degli enti gestori e dei servizi socio assistenziali.
Se negli anni passati vi è stato un altro elemento su cui si è insistito molto - oltre alla mancata programmazione in senso generale - è stato proprio questa mancata capacità di far interagire il settore più propriamente sanitario, quindi di cura e di prevenzione, con un settore solitamente considerato più negletto persino dalle leggi nazionali in vigore, che spesso non vengono finanziate, che è quello del cosiddetto socio-assistenziale.
Questo confine, che troppe volte è stato posto anche in maniera artefatta, ha fatto scivolare diritti dal settore socio-assistenziale, che non riesce a garantire, verso la sanità, anzi il contrario, dalla sanità verso il socio-assistenziale, un settore che in qualche modo non è riuscito a garantirli.
Oggi, con questa misura, cerchiamo anche di far combaciare e interagire questi due settori che hanno a che fare con le persone, in modo particolare con gli anziani, i minori e i disabili. Quest'idea di fare combaciare i territori dei distretti con i servizi socio-assistenziali, a mio giudizio punta proprio a ricostruire un canale di comunicazione proficuo tra questi settori, recuperando un concetto complessivo di presa in cura e in carico della persona umana in questa Regione.
Credo che un principio come questo debba essere all'attenzione di tutti coloro che voglio riprendere una discussione seria di programmazione sanitaria, che guarda appunto all'uomo come portatore di bisogni e di diritti.
Ritengo, comunque, che l'insieme, anche se ho citato semplicemente questi due articoli della legge, esprima il segno dell'innovazione complessiva; ma sarà più facile discuterne di fronte al Piano Sanitario che, com'è noto, rende questi principi in maniera più ampia e articolata.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Deambrogio.
Ha chiesto la parola il Consigliere Botta; ne ha facoltà.



BOTTA Marco

Grazie, Presidente.
Spiace interrompere, su questo primo documento del pacchetto sul Piano Sanitario, questo clima di peana che si era creato con la relazione e con l'intervento del collega Deambrogio.
Ma senza voler mancare di rispetto a chi ha speso impegno, tempo e sicuramente anche capacità nella sua elaborazione, la nostra visione di massima su questo primo provvedimento, ovvero sulle norme per la programmazione, documento su cui poggia lo sviluppo di tutto il Piano Sanitario, non può essere certo positiva.
Dico questo - vi prego di crederlo - non per una questione ideologica politica o partitica; non per una posizione preconcetta e dettata dal fatto di essere "opposizione" in questo Consiglio regionale, ma perché riteniamo che anche da questo primo documento, il disegno di legge n. 267, e poi soprattutto da quello che rappresenta il vero corpo - la vera ciccia diremmo - della proposta sanitaria di questa Giunta si evince, a nostro avviso da entrambi i documenti, una visione molto tradizionale, non voglio dire vecchia, della nostra sanità.
Il documento che stiamo esaminando oggi è più snello rispetto al pesante sovraccarico e pletorico piano sanitario regionale, ma anche questo documento si distingue da quelli delle Regioni più avanzate dal punto di vista della programmazione sanitaria per la sua struttura sicuramente non essenziale.
Dicevo che quello sulle norme per la programmazione è un documento molto tradizionale, coerente con un'idea di razionalizzazione prospettica e omnicomprensiva della politica sanitaria.
E' un documento che si avvicina molto a quelli già redatti dalle Regioni del centro sud e non è un caso che sia così. Sono le Regioni che sostanzialmente hanno una visione di programmazione meno moderna e molto lontana da quelle del centro nord che hanno una visione di una programmazione più snella e sintetica.
Un documento quello che andiamo ad esaminare che fa da base a quel piano che poi vedremo come assolutamente dominato da un orientamento di tipo politico in cui la Regione svolge un ruolo molto centralizzatore.
Ma paradossalmente anche in questo documento per la programmazione sanitaria la carenza maggiore è la scarsissima attenzione che viene dedicata alle procedure di valutazione sia del sistema sanitario regionale sia delle aziende sanitarie. Basterebbe verificare quanto spazio e quanta attenzione è stata dedicata in questo documento alle procedure di valutazione e fare il confronto con quanto invece è stato dedicato dai piani e dai documenti ad essi collegati delle Regioni più avanzate, per capire quale sia il gap tra il documento che stiamo analizzando e poi il piano sanitario e la più moderna applicazione della programmazione sanitaria che, tendo a sottolineare, non è neanche soltanto quella della Regione Lombardia, per la quale uno direbbe che potrebbe esserci una vicinanza ideologica che ci fa forse propendere per quel tipo di programmazione, ma anche proprio quella della Regione Toscana dove c'è una valutazione molto rigorosa sia degli indicatori generali di effetti e di scelte strategiche che degli indicatori di azioni di piano e dei progetti e di quant'altro, cosa che assolutamente manca in questo documento per la programmazione, e quindi manca anche nel piano.
Quindi, scarsissime valutazioni, scarsissimi meccanismi di valutazione degli effetti del piano, ma a questo andiamo ad aggiungere un altro momento che va sottolineato, un'altra disattenzione a nostro avviso quasi sospetta: l'assoluta mancanza di criteri ed indicatori oggettivi per la valutazione dei Direttori generali, aumentando così a dismisura la discrezionalità nelle scelte e la difficoltà di chi eventualmente si vedesse scartato magari per meccanismi di non corrispondenza ideologica, a ricorrere in sede giudiziaria.
Quindi, sul momento valutativo noi fondiamo grandemente la nostra azione emendativa, perché riteniamo che la mancanza di elementi, l'assenza di adeguati, moderni, trasparenti ed oggettivi indicatori e criteri di valutazione sia un limite fortissimo sia per questo documento che per quello ad esso sotteso, che sarà poi anche quello maggiormente studiato ed esaminato, che è il piano vero e proprio.
Infine ci pare che anche gli stessi meccanismi di partecipazione risentano di una visione ideologica, quasi di una ricerca del consenso a tutti i costi tanto che si prevede in un articolo - mi pare l'articolo 8 del provvedimento - l'inserimento tra le persone con diritto di voto vicino al comitato dei sindaci anche dei Presidenti delle Province interessate dai meccanismi di consultazione, quando tutti noi sappiamo la non competenza ex lege delle Amministrazioni provinciali in tema di sanità e la competenza del tutto marginale in materia socio-sanitaria. Tutte competenze che sappiamo invece appartengono ai Comuni.
Questo inserimento avviene proprio tra l'altro quando esiste nel paese un significativo dibattito relativo alla possibile soppressione delle Province stesse.
Ugualmente potremmo dire qualcosa di più relativamente anche ad un organo importante come il CORESA, la cui azione andrà meglio organizzata e coordinata anche con l'ARES al fine di evitare sprechi di risorse sia finanziarie sia organizzative, in quanto i due enti (ARES e CORESA) nelle proposte che sono state avanzate da questo documento, per quanto si sa della mission dell'ARES, svolgono funzioni molto spesso sovrapponibili.
Tornando e volendo andare a concludere questo mio intervento, riteniamo assolutamente necessario che questo Consiglio intervenga con lo strumento emendativo relativamente al discorso dei criteri di valutazione delle azioni di politica sanitaria sia a livello regionale sia a livello provinciale sia a livello di aziende sanitarie.
La mancanza di seri strumenti di valutazione - perché nessuno pu venirci a raccontare che gli strumenti di valutazione validi sono la relazione triennale che viene proposta, così pure le relazioni annuali fatte agli enti locali - che facciano comprendere quali sono i risultati e il fatto che nelle norme per la programmazione socio-sanitaria non ci siano precisi impegni, ci fa molto sospettare rispetto alla vera volontà di andare a vedere che cosa comporta realmente l'applicazione di questo documento e soprattutto poi del successivo piano.
Per questo, Presidente, annunciamo l'avvenuta presentazione di alcuni emendamenti che riteniamo possano migliorare sia il documento in parola sia, in prospettiva, anche il piano sanitario.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Grazie, Presidente.
Ci accingiamo a discutere il piano socio-sanitario regionale partendo ovviamente dalla legge che modifica il quadro normativo. Credo che si debba prestare la massima attenzione all'aspetto normativo, perché poi da queste norme derivano le deliberazioni amministrative e vengono posti i paletti all'interno dei quali si dovrà svolgere l'attività di programmazione e di gestione dei servizi sanitari sul territorio regionale nei prossimi anni.
Devo dire che nell'avvio dell'intervento non posso non sottolineare - e qui ovviamente accomuno tutta la Giunta che in questi due anni ha operato - la negatività di un atteggiamento che ho definito eccessivamente gladiatorio sotto il profilo della valutazione di quello che si è fatto in precedenza sia sotto il profilo funzionale sia anche sotto il profilo gestionale che finanziario, accentuando difficoltà che sono generalizzate.
Mi sembra difficile da un lato parlare di sottostima del fondo sanitario nazionale che non corrispondeva in passato a quelle che erano le necessità delle varie Regioni e poi in sostanza accusare, a fronte di determinati squilibri di tipo finanziario, le Amministrazioni, magari l'Amministrazione precedente che, nel dubbio tra erogare i servizi e poi creare le condizioni con il livello governativo per coprire determinate situazioni o non erogare i servizi e al limite fare una politica della lesina, ha sempre correttamente seguito la strada del mantenere adeguati livelli di servizio sia come prestazione sia come strutture sia anche come adeguamento tecnologico nel limite del possibile.
Inoltre abbiamo dovuto assistere purtroppo in questi anni e in questi mesi, tra le varie cose certamente non positive e portate avanti dal Governo Prodi, che a fronte di disponibilità inserite nella finanziaria queste disponibilità sono state distribuite tra le cosiddette "Regioni canaglia" e non il becco di un centesimo di queste disponibilità straordinarie sono andate a Regioni che comunque nel passato avevano cercato di fare del loro meglio per mantenere la spesa entro argini accettabili.
Questo è un fatto grave, perché mi domando se le leggi in Italia valgano per tutti, se i deterrenti o quelle che sono le sanzioni da un punto di vista operativo e anche amministrativo valgono per tutti o solamente per quelle Regioni che cercano sempre di essere rispettose delle disposizioni.
Queste cose, a mio avviso, andavano dette, perché poi a volte si giustificano certe scelte di contenimento, facendole ascendere a comportamenti dei predecessori oppure a situazioni oggettive.
Ci sono certamente situazioni oggettive ed ereditate, ma ormai dopo due anni ci troviamo di fronte ad una Giunta regionale che ha notevolmente già inciso nella gestione della sanità piemontese. Prendiamo ad esempio tutta la partita dei commissari straordinari e della nomina dei direttori generali anche pluri-ASL, tant'è che vi sono ancora delle questioni pendenti presso la giustizia amministrativa. Così, com'è palpabile, ha ingenerato un clima di generalizzata incertezza all'interno delle strutture nella attesa di eventi, perché il discorso che avete fatto è un po' questo: "visto che finora abbiamo sbagliato tutto, adesso metteremo a posto tutto attraverso un documento di programmazione miracoloso; e poi ci sono quei cattivi dell'opposizione che non ci lasciano andare avanti e quindi ritardiamo alla quadratura del cerchio".
Le cose ovviamente non stanno così, noi indubbiamente abbiamo una certa esperienza di tipo personale. Ci rendiamo conto di quelle che sono le difficoltà e naturalmente avremmo voluto e vogliamo anche in questa sede partecipare alla definizione di una normativa o di un piano o di delibere il più possibile corrispondenti a quelle che sono le esigenze dei territori piemontesi.
Veniamo ora ai territori. Credo che si debba veramente guardare ai piemontesi e ai cittadini e prescindere da coloro che pro tempore sono incaricati di amministrarli in sede locale. Reazioni positive o negative concessioni oppure contenimenti sotto certi profili in determinate realtà non vanno certo collegate a colorazioni politiche o ad appetibilità o meno dei territori da un punto di vista elettorale. Questo è un fatto importante di giustizia, di coerenza e noi sotto questo profilo saremo molto attenti.
Quindi, non posso non rinvenire nelle decisioni della Giunta regionale alcuni elementi di torinocentrismo di ritorno, nel senso che mi rendo conto che ci sono tutte le necessità di riordinare gli ospedali e di riordinare i servizi sanitari nell'area metropolitana anche in collegamento con l'Università e con gli istituti di ricerca scientifica e di cura, per consideriamo che abbiamo una quantità di risorse disponibili e queste risorse devono essere, proprio perché parliamo di una sanità pubblica che è il risultato della contribuzione di tutti i cittadini, e deve essere a mio avviso organizzata con un livello d'efficienza, d'accessibilità, di professionalità e di risposta uguale per tutti.
Mi sembra che sotto questo profilo a volte assistiamo persino ad un eccesso d'attenzione in determinati territori: ospedali che al mattino si trovano da una parte, come diceva il collega Scanderebech, che il giorno dopo sono localizzati da un'altra parte, polemiche e scontri.
Noi preferiremmo come opposizione che ci fosse una voce univoca da parte della maggioranza e della Giunta. Per carità! Viva la ricchezza del dibattito politico, però capite che non dovete poi ribaltare su di noi le difficoltà per arrivare alle decisioni, perché molte volte le difficoltà sono le vostre e non è che gridando "al lupo! al lupo!". Mi riferisco ai buchi fatti dalle precedenti amministrazioni o quando voi pervicacemente cerchiamo di ricavarci degli spazi d'approfondimento e di riequilibrio sul territorio di quelle che sono le strutture sanitarie, alla fine veniamo accusati di essere dei tiratardi.
A questo punto è chiaro che alcuni principi contenuti nella legge sono ovviamente condivisi e condivisibili ed erano presenti anche nel disegno di legge che nella scorsa legislatura era stato presentato dalla precedente Giunta, così come attribuiamo molta importanza all'approfondimento e alla normativa riguardante i distretti e all'integrazione fra sanità ed assistenza.
Noi avremo sotto questo profilo diversi emendamenti, come anche noi saremo molto attenti a due cose: da un lato che ci sia veramente un ruolo effettivo d'indirizzo e di controllo da parte del Consiglio regionale e della Commissione competente e dall'altra che il ruolo dei Comuni e degli enti locali sia un ruolo reale.
E' inutile attribuire competenze onnicomprensive se poi non si è in grado di esercitarle; quindi, avranno bisogno di un supporto conoscitivo da parte delle strutture sanitarie centrali e locali perché, come voi m'insegnate, per deliberare bisogna conoscere.
I Comuni hanno sempre seguito le problematiche dell'igiene pubblica prima c'era il medico provinciale, poi l'ARPA, l'ASL - ma quando si deve entrare nei profili e nel programma di salute, è chiaro che un conto è manifestare esigenze di carattere generale, un altro è entrare nel dettaglio e avere un dialogo proficuo e veramente di concorso alla programmazione con i Direttori generali.
Ribadisco la nostra attenzione alla tematica sanitaria, l'importanza che attribuiamo al disegno di legge che seguiremo passo passo, articolo per articolo, affinché si trovino quei miglioramenti che, secondo me, sono assolutamente necessari.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Dutto; ne ha facoltà.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente.
Con questo provvedimento iniziamo in aula la discussione di quello che è il complesso Piano Sanitario. Piano Sanitario che ci vede, come già annunciato più volte, contrari, fortemente contrari, ad alcune norme della sua attuazione. Faccio soprattutto riferimento a quello che sarà, nella fase d'attuazione, l'accorpamento delle ASL, con speciale riferimento a quello che succederà nella Provincia di Alessandria. Su questo non posso che ribadire tutta la nostra contrarietà, ribadire quanto già espresso dal mio Capogruppo, Consigliere Rossi, che faremmo una ferrea opposizione, una grossa battaglia affinché, almeno una parte del Piano Sanitario, venga corretto.
Diversa è la questione del disegno di legge che trattiamo oggi. Una legge-quadro, un disegno di legge che contiene parecchi principi - oserei direi sacrosanti e incontestabili - e su cui anzi potremmo osservare che, a livello di legge quadro, pone una serie di principi per la programmazione.
Principi che poi vengono disattesi nel Piano Sanitario stesso. Soprattutto nella parte riguardante la nuova dislocazione delle ASL.
Tornando al disegno di legge n. 267 abbiamo preannunciato una serie di emendamenti. Sottolineo emendamenti costruttivi, emendamenti che, senza cercare assolutamente di modificare la struttura complessiva del provvedimento, lo correggono in alcune dimenticanze. Oserei affermare che alcuni emendamenti sono addirittura di origine tecnica, forse abbiamo fatto noi il lavoro degli uffici.
Pertanto inviterei la Presidente e la Giunta, prima di procedere magari d'ufficio e per motivazioni strettamente politiche, alla bocciatura degli emendamenti, di analizzarli con calma. Possono tranquillamente essere accettati. Questa è, dunque, la mia raccomandazione.
Il voto sarà comunque negativo nel complesso del provvedimento, non tanto per quanto riguarda quei principi generali espressi nel disegno di legge, ma per quanto riguarda l'attuazione del Piano nel suo complesso.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ricca; ne ha facoltà.



RICCA Luigi Sergio

Grazie, Presidente.
La discussione che abbiamo avviato oggi si concluderà tra qualche settimana con l'approvazione del Piano Socio Sanitario regionale e consente, oggi, di avviare una discussione sulle linee di programmazione socio-sanitaria e il riassetto del servizio sanitario regionale. Una delle urgenze della politica piemontese.
L'urgenza di presentare una proposta sulla materia è quasi totalmente conseguenza dell'assenza decennale di una politica di programmazione della passata amministrazione di centrodestra, ma oggi inizia ad essere un problema nostro, un'urgenza nostra, non soltanto per le aspettative di cambiamento che la nostra affermazione elettorale di due anni fa ha determinato. Il percorso dell'ultimo anno e mezzo, dopo la presentazione della prima bozza di piano, un percorso che ha consentito quell'ampia consultazione e confronto con il territorio che il relatore ha già richiamato, è stato utile. Indubbiamente è passato molto tempo. Tempo che ha lasciata spazi vuoti nei quali si sono inserite voci eterogenee commentatori vari di esponenti politici, dei media, degli operatori del settore che hanno spesso introdotto proposte, a volte scoordinate, con conseguenti polemiche e che non hanno certamente agevolato o accelerato il percorso da compiere.
Alcune battute anche scherzose di chi mi ha preceduto, trovano fondamento in queste discussioni che ci sono state. La questione che affrontiamo è importante non solo perché attiene l'80% delle risorse del bilancio regionale, ma perché riguarda la salute dei cittadini. La sanità e la salute sono un bene fondamentale dei cittadini e, a noi legislatori regionali, compete oggi di individuare le linee per governare al meglio un bene che deve essere garantito ai cittadini di oggi, per i quali dobbiamo porre le base per garantire un futuro sociosanitario ai giovani, alle future generazioni in un quadro di risorse sempre più limitate.
Da socialista, lasciatemi dire, vorrei ricordare che il Sistema Sanitario Nazionale è stata una grande realizzazione del centrosinistra che nei decenni passati ha governato il Paese, condiviso dall'intera sinistra.
Vorrei ricordare come un grande Paese come gli Stati Uniti non abbia un servizio sanitario nazionale, che è una conquista importante del nostro sistema politico, che ha generato una situazione di eccellenza nel nostro Paese e nella nostra regione per quanto riguarda la sanità, anche se non sono mancati episodi di malasanità.
Il Servizio Sanitario Nazionale forse è la più granché conquista etica del nostro Paese ed è un servizio efficiente e voglio dire, sempre da socialista, che è uno dei pochi nei quali ci si avvicina di più, o almeno il più possibile, all'eguaglianza tra i cittadini: tutti hanno lo stesso diritto ad essere curati bene. Nella nostra sanità oggi, salvo casi eccezionali, è così.
A questi principi noi facciamo riferimento a quando pensiamo a nuove linee di programmazione della sanità piemontese e a questi principi si è certamente ispirato l'Assessore Valpreda cui va anche il mio salute, il ringraziamento per il lavoro svolto, oltre che l'augurio di potersi riprendere al meglio.
Le linee guida che discutiamo definiscono obiettivi che condividiamo e indicano strumenti per l'attuazione concreta delle linee e degli indirizzi il loro governo che parimenti riteniamo appropriati per tutelare e promuovere la salute come bene comune, diritto inalienabile di tutti i cittadini, con il coinvolgimento e concorso dei soggetti istituzionali, di quelli partecipativi e delle autonomie locali. Questo è un aspetto importante che voglio rimarcare.
Rimando alla discussione che si aprirà sul Piano Socio Sanitario altre considerazioni di carattere più generale e più puntuale.
In questa occasione, voglio riflettere solo sulla sanità quale capitolo importante ma non esaustivo nella tutela della salute dei cittadini. Per questo è necessario il coinvolgimento del territorio, dei Comuni e dei Sindaci nella definizione delle politiche per la tutela della salute che già sono state richiamate prima e che l'articolato della legge ben evidenzia.
Finora il Sindaco, che rappresenta l'autorità sanitaria locale, è stato escluso, di fatto, dalle scelte sulla programmazione sanitaria. Invece il nostro nuovo Piano Socio Sanitario individua nell'ente locale - nello specifico nel Sindaco - anche il riferimento per la definizione, in accordo con le Aziende Sanitarie Locali, delle politiche da attuare sul territorio per muoversi nella direzione di assicurare anche quel bisogno di partecipazione della cittadinanza e delle rappresentanze territoriali professionali e sociali alla definizione delle linee di programmazione.
Da questo punto di vista, grande rilievo dà la legge con la definizione dei Piani e dei Profili di Salute - PEPS - con sempre maggiore consapevolezza che i Sindaci e i territori devono avere nella costruzione di questi Piani, nell'organizzazione dei servizi di rete e nella definizione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni sociali.
Da questo punto di vista, mi auguro che il ruolo degli Amministratori locali possa spiccare un salto di qualità e porre rimedio a quelle che sono state le esperienza di distretto, che finora non hanno raggiunto un risultato soddisfacente, ma che devono essere poste in atto per dare efficienza ed efficacia al sistema e alle integrazioni intersettoriali e interistituzionali e nella valutazione delle politiche pubbliche per la promozione della salute, della qualità della vita, delle pari opportunità così com'è evidenziabile anche in altri strumenti amministrativi, quali il bilancio sociale, il bilancio di genere ma in particolare, per quanto ci riguarda, il Piano di zona.
Mi avvio alla conclusione, riconoscendo che abbiamo di fronte una sfida difficile. Operiamo in un quadro di risorse limitate; una popolazione che vede aumentare il tasso di invecchiamento - fortunatamente, da un lato con bisogni reali che aumentano, ma soprattutto con bisogni percepiti dalla popolazione che crescono ancora di più.
Sarà necessario definire e attivare il quadro programmatorio, ma sarà ancora più importante monitorare quanto realizzato sul territorio e creare le condizioni affinché si possano mettere in atto concretamente le nuove linee e i nuovi obiettivi della programmazione regionale.
Mi fermo qui, sottolineando che rimando alla discussione sul Piano Sanitario regionale le considerazioni più puntuali rispetto alle scelte di merito che questo compie, augurandomi che il disegno di legge in questione possa trovare rapida approvazione da parte di questo Consiglio.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Cotto; ne ha facoltà.



COTTO Mariangela

Grazie, Presidente.
Partirei da dove si è fermato il collega Ricca, che si augurava concretamente una rapida - e mi ripeto - "concretizzazione" degli interventi che queste norme per la programmazione socio sanitaria contengono.
Ha ragione a fare un appello alla concretezza, perché quando si legge "...il disegno di legge inoltre fa assurgere a principi guida della programmazione socio-sanitaria valori quali la solidarietà, la centralità dell'utente, la dignità e l'umanizzazione nell'erogazione della prestazione, che devono peraltro essere ispirate ad un criterio di omogeneità ed uniformità di trattamento su tutto il territorio regionale con l'obiettivo di realizzare un sistema socio-sanitario che sia equo ed universale".
Come si fa a non essere d'accordo? Tutti i cittadini che leggono una simile frase ovviamente concordano con questo sforzo. Ma se si leggono i giornali, si evince che non c'é molta umanizzazione in tanti ospedali anche se ci rendiamo conto che bisogna sempre saper fare delle distinzioni perché le brutte notizie "fanno notizia", mentre ciò che è positivo no.
Si auspica un sistema equo e universale su tutto il territorio regionale: da sempre l'assistenza nella nostra Regione è un po' a macchia di leopardo, proprio perché i titolari delle funzioni socio-assistenziali sono i Comuni, che, nella loro piena autonomia, decidono come dare le risposte ai bisogni dei cittadini. Mi si faceva notare, tuttavia, che se l'assistenza è a macchia di leopardo, talvolta anche la sanità si presenta col morbillo: tanti puntini diversi.
Ho ascoltato con molto interesse la relazione del collega Boeti; vedo però, che quando si parla di "adeguamento della pianificazione socio sanitaria" si cita il decreto legislativo n. 502 del 1992 per la sanità per il sociale si cita la legge n. 328 del 2000, dimenticando un'importante legge regionale che discende dalla n. 328 del 2000 che il Consiglio regionale ha approvato nel 2004. Sarebbe positivo ricordarla sempre, anche perché è stata una legge condivisa.
Esaminando attentamente i vari articoli, non si poteva ovviamente tacere questa legge per quanto riguarda l'aspetto dei Piani di zona. Vorrei dunque chiedere al Consigliere Ricca e a tutti gli altri colleghi come i PEPS riusciranno concretamente a dialogare con i Piani di zona.
Ricordo, per chi non lo sapesse, che i Piani di zona previsti dall'articolo 17 della legge n. 1 del 2004 sono dei veri "piani regolatori" del sociale: si stabilisce chi fa che cosa e con quali risorse, per dare le risposte. Qui si legge: "Il Comitato dei Sindaci di cui all'articolo 8 sentiti i soggetti interessati e previa concertazione con i soggetti di cui all'articolo 10, predispone il PEPS e lo approva a maggioranza". Vorrei ricordo che il Piano di zona viene anche approvato dai Sindaci e concorrono a tutto quello che esiste sul territorio, dal volontariato all'associazione di promozione sociale, cooperazione sociale, terzo settore, strutture d'assistenza, organizzazione di volontariato. Di positivo c'é che le ASL forniscono l'assistenza necessaria per la partecipazione al processo d'elaborazione e approvazione dei PEPS e garantiscono la disponibilità di tutte le informazioni epidemiologiche relative alla popolazione del distretto. La domanda sorge legittima: non correremo il rischio che poi non sarà il Comitato dei Sindaci a predisporre il PEPS, ma l'ASL? Fatto sicuramente non positivo, perché pur parlando molto di partecipazione scrivendo le cose in questo modo - l'Assessore Migliasso ha riferito che il 50% ha predisposto i Piani di zona sul territorio regionale - la preoccupazione è che il Direttore generale dell'ASL conferisca l'incarico a qualcuno di predisporre il piano zonale e che ci sia il rischio, non per cattiva volontà dei Sindaci, ma oggettivamente per le difficoltà che un Sindaco di un piccolo Comune può avere non disponendo di tanti dati, e far sì che il discorso venga calato dall'alto.
Un'altra preoccupazione ce l'ho leggendo l'articolo 9, quando si parla di convenzione tra Regione e Università. Noi sappiamo che si tratta dell'Università di Torino e quella del Piemonte orientale; inoltre c'è il passaggio più "regionale": "...la Regione elabora Protocolli d'Intesa con le Università per la regolamentazione dell'apporto delle Facoltà di medicina e chirurgia alle attività assistenziali del servizio sanitario regionale, contestualmente dell'apporto di quest'ultimo alle attività didattiche, nel rispetto delle specifiche finalità istituzionali". A questo punto, mi chiedo, gli ospedali che non sono sede d'Università, ma che hanno dei docenti eccezionali, come saranno coinvolti e quale garanzia avremo da questa Commissione paritetica con la Commissione di supporto tecnico nominata dalla Giunta regionale. Il collega Cavallera ha già presentato degli emendamenti di merito. Non sono assolutamente emendamenti ostruzionistici, lo vedrete quando li andremo ad esaminare. Voglio presentarne uno subito per quanto riguarda il titolo: "Norme per la programmazione socio sanitaria e riassetto del servizio sanitario regionale" per poter rendere questo discorso più sociale ricordando che deve essere, non è solo l'assenza di malattia, aggiungerei "e individuazione di soggetti e attività ad integrazione delle attività dei servizi sociali". Penso che sia veramente importante. Lo diceva il collega De Ambrogio nel suo intervento quando diceva che bisogna far coincidere di più l'attività socio assistenziale con l'attività sanitaria, allora bisogna essere o perlomeno tentare d'essere più incisivi in questo coordinamento sempre ricordando comunque che per legge i Comuni sono titolari delle funzioni socio assistenziali e noi abbiamo il dovere di rispettare la loro autonomia. Se non lo facessimo sarebbe un atto grave. Ma sono certa che chi crede nel federalismo, non potrà comportarsi diversamente.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Anch'io voglio iniziare quest'intervento, ricordando Mario Valpreda. Io credo di essere, forse, la persona che ha la più lunga frequentazione con Mario. L'ho conosciuto negli anni '70, quando ancora dovevo laurearmi in medicina veterinaria e con lui abbiamo anche lavorato in quegli anni quando la veterinaria, passando da un sistema all'altro, diventando veterinaria pubblica, ha dovuto affrontare il problema della tubercolosi bovina, che era stato un problema di gran rilievo in Piemonte.
Ricordo anche che avevo vissuto il precedente Piano sanitario del '97 '99 come veterinario del servizio pubblico; insieme avevamo discusso sulle parti del documento riguardanti le competenze e il ruolo del Servizio veterinario.
Io credo, quindi. Come tanti hanno ammesso, che noi non possiamo non pensare che in questo Piano sanitario non ci sia la presenza, la competenza l'impegno di Mario Valpreda.
Io vorrei sottolineare solo alcuni principi, che mi sembra importante ricordare. Giustamente, la legge che ci accingiamo ad esaminare prevede tra le finalità e i principi, gli obiettivi di salute tramite il metodo della valutazione dell'impatto sulla salute stessa di tutte le decisioni e scelte strategiche. Credo che su questo punto valga la pena di spendere due parole, perché noi spesso parliamo di salute, ma dobbiamo sempre ricordare che la salute non è solo la cura e la terapia. La salute - è doveroso ricordare - è soprattutto prevenzione. Non a caso, sempre nello stesso articolo, al comma 3, lo stesso disegno di legge ricorda proprio la prevenzione. Io credo che su questo sia comunque il caso di ricordare che quando pensiamo alla salute, dobbiamo pensare a tutte le attività che svolgiamo, dobbiamo pensare a tutto il nostro sistema di vita. Ad esempio quando d'inverno ritorna periodicamente il problema dei PM10 e di quelli di minore taglia, credo che quello sia un problema di salute. Questo è solo un esempio, ma ce ne sono tantissimi altri. Ad esempio, voglio ancora ricordare come gli inquinanti numerosissimi che ormai noi facciamo entrare nella nostra vita, nella nostra catena alimentare nell'aria, nell'acqua che costituisce il nostro ambiente naturale. Questi inquinanti sono la causa prima di molte forme di cancro che poi ritornano in questa legge, nel senso che la programmazione socio sanitaria e il riassetto socio sanitario regionale devono poi fare i conti con tutte queste forme di cancro che stanno aumentando.
Questo è solo per ricordare come noi anche a livello intellettuale non dobbiamo scordarci di non fare l'errore di pensare che la salute sia semplicemente la terapia e la cura.
Credo che l'altro punto fondamentale sul quale, discutendo di questo disegno di legge regionale possiamo fare una riflessione è il rapporto tra il pubblico e il privato. È inutile far finta di non sapere che questi anni, sul campo della sanità, si sono svolte molte discussioni su quale doveva essere il ruolo del pubblico e su come la sanità potesse e dovesse essere privatizzata e quale dovesse essere il ruolo del privato.
Nella settima legislatura, tutte le discussioni che abbiamo avuto in quest'Aula sulla gestione della sanità si sono svolte essenzialmente proprio su come e quanti pezzi della sanità pubblica dovevano e potevano essere gestiti da servizi privati.
Credo che questo disegno di legge, segni una scelta strategica, ovvero prendere l'impegno perché la sanità rimanga essenzialmente un servizio pubblico gestito dal pubblico. È un compito difficile e complesso. Si tratta di un impegno gravoso e credo che sicuramente l'obiettivo di intervenire sulla programmazione socio sanitaria sia proprio nel senso di riuscire a svolgere questo ruolo nel modo più chiaro e migliore possibile.
Sia per gli operatori, sia per i cittadini.
Penso che l'approvazione di questo disegno di legge aprirà una fase per la Regione Piemonte nella quale si potrà andare ad una gestione più sobria e più di risparmio della sanità piemontese.
Presterò particolare attenzione a quanto si discuterà prossimamente anche con il Piano Sanitario, per quanto riguarda la ristrutturazione e la realizzazione della rete ospedaliera.
Mi auguro che porre l'accento sulla ristrutturazione della rete ospedaliera, non significhi far venire meno gli obiettivi indicati nell'articolo I. Vigileremo su questo punto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Giovine; ne ha facoltà.



GIOVINE Michele

Grazie, Presidente.
Mi ero assentato un attimo per portare quattro emendamenti di merito voglio assicurare i Consiglieri - all'Ufficio di Presidenza. Avevo lasciato anche la cravatta sulla sedia a testimonianza del fatto che non avevo abbandonato l'aula, ma non volevo che nel frattempo faceste un'altra inversione dell'ordine dei lavori e ci ritrovassimo a discutere casualmente della legge n. 421. Sapete com'è: fidarsi è bene, ma con qualcuno non fidarsi è meglio.
Sono molto contento che finalmente si parli di sanità nel modo e nel metodo che era corretto fare. Il disegno di legge n.267 comporterà una discussione di qualche giorno, ma con assoluta tranquillità e serenità da parte di tutti i Gruppi e con il giusto contributo. Peraltro, vedo che sono stati presentati un po' di emendamenti non solo da parte della minoranza ma anche della maggioranza, alcuni anche dalla Bresso per conto di qualche Gruppo che ne ha fatto richiesta.
Il mio Gruppo chiederà alla Presidente di rivedere in parte alcune funzioni di un Ente che, probabilmente, per certi versi, da una parte forse è un po' sottostimato, sotto valutato, un po' sotto utilizzato, da un'altra potrebbe, almeno dal punto di vista del legislatore originario, avere una funzione più importante e più incisiva se fosse utilizzato, da parte di chi può farlo, nell'ottica giusta. Questa è un monito che va verso il sottoscritto, e verso il Consiglio. Mi riferisco al CORESA e agli articoli 4 e 5.
Il sottoscritto ha presentato quattro emendamenti assolutamente lineari che rivedono, in parte, alcune attribuzioni del CORESA. In particolare, la maggior parte degli emendamenti sono concentrati sul comma 2. Ricordo alla Presidente che sono stati depositati altri emendamenti.
Crediamo che il Consiglio debba avere alcuni strumenti di analisi e di supporto alla propria attività per la programmazione socio-sanitaria crediamo che quanto il legislatore pensò a suo tempo creando il CORESA non sia totalmente desueto e fuori dell'attuale sistema socio economico.
Probabilmente vanno riviste alcune funzioni. Infatti, sono contento che si sia ripreso dall'inizio questo disegno di legge e si sia rivista tutta la funzionalità del CORESA. Si parla, per esempio, di Presidenza del CORESA, ma forse bisogna anche individuare alcune figure. So che sono stati presentati alcuni emendamenti, non dal sottoscritto, in cui si parla di un Vicepresidente, ad esempio, eletto direttamente.
Non voglio far perdere altro tempo a quest'Assemblea anche perché credo che altri Consiglieri abbiano voglia di intervenire in materia di sanità che tanto interessa ai piemontesi, oltre che ai Gruppi presenti.
Voglio lasciare aperta questa riflessione, avremo altre occasioni in questi giorni per parlare sul privarci o, comunque, depotenziare completamente uno strumento come quello del CORESA. Uno strumento che tutto sommato, può anche essere stato poco utilizzato dai Consiglieri regionali, questo è sicuramente un fatto certo, però è composto da persone che si impegnano non per grosse cifre cercando di dare un loro contributo alla Giunta e segnalazioni al Consiglio tramite le Commissioni competenti.
Tuttavia, non sempre i loro suggerimenti sono stati ascoltati e non sempre sono state ascoltate le loro opinioni, secondo me facendo male. Tutto sommato fra i tanti Enti inutili, che qualcuno in futuro, magari già domani, vorrà creare, che dipendono dalla Regione Piemonte, questo è quello fra i più utili per cui deve essere tutelato, preservato e potenziato.
Grazie Consiglieri e buon lavoro.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ghiglia; ne ha facoltà.



GHIGLIA Agostino

Con tutte queste sedute può capitare che, da una volta all'altra, ci si dimentichi di firmare e di ritirare la tessera. Capisco sia disdicevole, ma non è colpa nostra.
Ho ascoltato molti interventi che si sono succeduti nell'Aula avendo, a volte, l'impressione che si parlasse di altro. Non voglio assolutamente essere poco rispettoso, però mi è sembrato che alcuni Consiglieri abbiano voluto dare un peso specifico ai contenuti del disegno di legge che sinceramente, io non trovo. Non trovo non perché non sappia leggere, ma perché trovo una grande distanza fra le petizioni di principio di intenti di questa legge, cioè la sanità teorica, la sanità virtuale che voi cercate di disegnare in questo disegno di legge, con la sanità reale, con il quotidiano, oppure chiamiamola sanità materiale visto che si parla di una legge.
Al di là di tutti i principi citati, quello che manca, quotidianamente alla sanità piemontese, Presidente Bresso, è un governo vero. Voi non state governando la sanità. La sanità piemontese non è mai stata tanto nel caos da quando la governate voi, a causa delle vostre scelte politiche e partitiche sui manager che hanno dovuto, in questi due anni, guidare le strutture sanitarie che poi applicano la costituzione formale, in questo caso le leggi.
Avete un concetto di sanità formale - più virtuale che formale, lo ripeto - di cui parlate nel disegno di legge: "La tutela e la promozione della salute come bene comuni, i diritti inalienabili dei cittadini, ecc".
Tutte parole che possono essere sottoscritte quanto meno nelle finalità e nei principi. Ma avete un'organizzazione della sanità materiale che è un disastro. Lo riportano, quotidianamente, persino le cronache dei giornali che, certo, non ci sono vicine e non ci sono amiche.
Per il semplice fatto che mai come con la Giunta Bresso era stato raggiunto un livello tale di "partitizzazione" e di scelta dei maggiori responsabili della sanità piemontese con logiche partitiche, direi partitocratriche; sulla base della fedeltà al partito di appartenenza, più che sull'efficienza e la capacità gestionale: dalle Molinette al Sant'Anna per non parlare di altri.
Siete addirittura riusciti a mettere dei manager a scavalco, nella sanità piemontese, tra i peggiori degli ultimi dieci anni. Quelli che erano riusciti ad ottenere i risultati peggiori, voi li avete premiati perché a volte li avete anche messi a capo di due ASL: "Avete fatto peggio, siete stati bravi a fare il peggio. Siete stati talmente bravi a fare male che vi vogliamo premiare, quindi anziché un'ASL sola, ve ne diamo due".
Se c'è una cosa che sinceramente mi ha colpito in questo disegno di legge è il distacco tra una sanità che voi ipotizzate e la sanità con cui non si confrontano, ma si scontrano, quotidianamente, i cittadini. Quella sanità in cui, ad esempio, alla Molinette - che sarebbe o dovrebbe essere il nostro polo di eccellenza - spesso e volentieri saltano gli interventi perché non c'è neanche una task force di infermieri in grado di assicurare gli interventi chirurgici più urgenti. Oppure quella sanità, sempre facendo riferimento alle Molinette, il cui Direttore generale - che credo stia lì da un paio di anni - con tutta serenità afferma: "Le polemiche sulla cardiochirurgia? È noto che all'interno delle Molinette c'è una faida" oppure, ancora, una direttrice del Sant'Anna - e i disastri lì sono quotidiani- che, tranquillamente, afferma di ricevere ogni giorno delle minacce ...la Mafia, peggio che in Sicilia. Ricordate che noi, giustamente avevamo difeso i siciliani perché il potere delle truppe della Bresso è tale che vogliono invadere o offendere la Sicilia, non basta seminare guai sul territorio piemontese.
C'è un profondo iato, Presidente, tra quello che dite e quello che vorreste fare, fra i deliri onirici di alcuni vostri dirigenti e la realtà di tutti i giorni, del quotidiano, che non è enfatizzata da noi, ma è enfatizzata a sufficienza dagli organi di stampa.
Da questo punto di vista, Presidente, abbiamo già visto varie volte i suoi tentativi - anche qui c'è una dialettica interna ai Gruppi, ai Partiti e in questi anni ci avete provato, ad abrogare totalmente il CORESA che diventava - potrei essere molto critico sul CORESA - negli anni, in qualche modo, un presidio di democrazia all'interno della sanità. In qualche modo voi vi dovevate confrontare con il CORESA, ma lo avete superato e bypassato un sacco di volte perché lì sareste stati costretti a trovare un confronto anche con chi non era sottoposto alla dura legge della falce e martello ancorché più roseé che rossa.
Quindi meno male che, in qualche modo, è stato mantenuto e che sono lasciata al CORESA delle competenze.
Ci sono poi tante altre cose da sottolineare che credo potranno infarcire alcune giornate di discussione di merito sul Piano e anche sulla delibera degli accorpamenti.
Voi avete fatto, in realtà, un documento che dovevate fare e lo avete scritto. Tralascio ogni commento - perché diventerebbe poco serio, lo dico io per primo - sulle finalità e sui principi perché è sociologia spicciola da prefazione di un volume da bancarella: c'è di tutto un po', va tutto bene, potevate anche aggiungere altri 37 commi parlando del bene assoluto del male assoluto, piuttosto che dell'assenza di dolore o della battaglia contro i cattivi, non lo so. Siete arrivati solo fino al punto G) probabilmente per una scelta ironica-tecnica siete arrivati solo a quel punto e non siete arrivati fino alla Z) nell'inventare delle finalità e dei principi...tra l'altro molti dei quali abbastanza pleonastici. Il fatto Presidente, che sentiate l'esigenza di ribadirli significa che vi sentite in colpa perché non li attuate nel quotidiano in quella sanità materiale in cui state miseramente fallendo. Il fatto che, ancora oggi, nell'anno del Signore 2007, fine luglio, si debba ribadire "la necessità dell'appropriatezza delle prestazioni", e "della qualità e della continuità della specie" è come dire: il sole sorge al mattino... quando il sole cala c'é la luna...la luna si vede se non ci sono le nuvole... se ci sono le nuvole non si vede la luna, ma la luna c'è lo stesso. Come dire: nella saga dell'ovvio avreste potuto sforzarvi un po' di più.
Invece, i vostri ghost writers - ma non mi stupisce che non siano di eccellente qualità visto quelli che avete nominato nelle ASL - non hanno neanche dato prova di particolare fantasia o di particolare impegno nella predisposizione di un atto che, ripeto, non ritengo così serio e così pesante come alcuni colleghi hanno voluto magnificare in quest'aula dicendo: "Finalmente! Dopo 10 anni c'è questo strumento!" "Strumento de che!" Quello che interesse il cittadino non è che voi gli scriviate che volete tutelare e promuovere la salute come bene comune, il cittadino vorrebbe vedere ridotta una lista d'attesa che, da quando governate voi, in media, è aumentata del 30 %, come da dati pubblicati. Assicurate quello, è molto meglio.
Potevate scrivere un solo articolo ma, come tutti quelli che hanno poco da dire ma sanno che possono fare peggio di quello che dicono, avete preferito scrivere un po' di più per buttare un po' di fumo negli occhi.
Quello che avete scritto è di facile contraddizione e cercheremo di dipanare meglio e di sviluppare meglio come ragionamento quando discuteremo di cose un po' più ponderose come il Piano Socio Sanitario e le delibere di accorpamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Da questo disegno di legge che dovrebbe essere la cornice giuridica su cui basare la politica sanitaria regionale del Piemonte e le susseguenti delibere sul Piano Socio Sanitario, ci saremo attesi uno slancio progettuale e legislativo sicuramente superiore.
Negli interventi che mi hanno preceduto è stato usato il termine ovvietà, direi sicuramente timidezza. Nel senso che era l'occasione per innestare, nella legislazione piemontese, delle norme più coraggiose, più profonde per dare veramente una svolta alla programmazione sanitaria della nostra Regione.
Probabilmente le contraddizioni interne alla vostra maggioranza hanno fatto sì che numerose enunciazioni di principio, che a volte abbiamo anche sentito dire in Commissione (la Presidente una volta ha addirittura affermato che avrebbe portato avanti istanze liberali e liberiste all'interno della sanità piemontese) poi, alla prova dei fatti, nella concretezza, nell'aridità della norma legislativa queste novità, che avrebbero dovute vivacizzare e dare un nuovo impulso alla sanità piemontese, non le abbiamo ritrovate. Eppure le aspettavamo con attenzione le avremmo, al limite, anche sostenute e supportate, ma non le abbiamo viste. Temiamo di non vederle neanche nella proposta di deliberazione di Consiglio che esamineremo nelle settimane successive. Uno dei problemi fondamentali era quello del reperimento delle risorse, questione storica che tutte le Regioni (in particolare la nostra) denunciano da tempo, se non da anni. Un coinvolgimento dei privati, attraverso la formula del project financial, non l'abbiamo vista codificata né della delibera di Piano, né in questo disegno di legge n. 267. Eppure era questa l'occasione per inserire delle norme innovative su cui reperire le risorse e per coinvolgere davvero la società civile nella compartecipazione degli investimenti come nella gestione delle spese. Questo non c'é stato.
Già in Commissione avevamo espresso la nostra delusione e ce ne dispiace. Ribadiremo nelle sedi opportune e sul territorio (peraltro lo stiamo già facendo) che è stata un'occasione persa, perché non vi è stato quel sufficiente coraggio di inserire questi elementi di novità che noi avremmo sostenuto, qualora fossero stati presentati. Così come non intravediamo quello che, in linea di principio, poteva essere condivisibile: mi riferisco al rafforzamento della sanità sul territorio.
Ebbene, non riscontriamo un sicuro rafforzamento della sanità sul territorio, mentre i segnali sono contraddittori per quanto riguarda la rete ospedaliera.
Abbiamo l'impressione che s'indebolisca da un lato la rete ospedaliera ma, nel contempo, non ci siano gli strumenti giuridici, legislativi e di programmazione tali da rafforzare davvero il territorio e soprattutto la diagnostica sul territorio, che è richiesta fortemente dalla popolazione.
Perché questo? Perché non si è avuto neanche il coraggio di coinvolgere gli Enti locali nella gestione della sanità, ma nei diritti e nei doveri.
giusto che gli Enti locali - i Sindaci - chiedano la presenza di più poliambulatori sul territorio, le riaperture dei punti di primo soccorso che purtroppo sono stati chiusi con il conseguente intasamento dei Pronto Soccorso e dei DEA in tutto il Piemonte. Questo é un dato drammatico: quell'ordinarietà e quella quotidianità che purtroppo qui non riusciamo più a seguire come invece dovremmo fare.
Ma bisognava avere il coraggio di chiedere ai Comuni di partecipare alle spese e agli investimenti. È inutile che li coinvolgiamo nei Comitati dei Sindaci e nelle assemblee delle ASL se poi non gli chiediamo una partecipazione non solo nelle proposte, ma anche dal punto di vista economico.
ora che gli Enti locali partecipino insieme a noi nel sostegno dei servizi sanitari sul territorio.
un po' singolare - lo avevo già precisato in sede di Commissione - la presenza nel Comitato di distretto con un voto vincolante del Presidente della Provincia. Ben venga la presenza della Provincia e dell'Ente territoriale della Provincia nel Comitato dei Sindaci e nella gestione della sanità, ma da questo punto di vista partecipi anche economicamente.
Non si può essere solo soggetti che avanzano proposte, pongono veti esprimono giudizi, ma poi si estraneano nella compartecipazione dei costi.
Noi temiamo che questi limiti e queste incongruenze esplodano al livello dei Piani attuativi locali, che dovrebbero essere quelli strumenti con cui dare concretezza ai profili di salute e di prevenzione che, a livello distrettuale, s'intende predisporre e preparare. Manca, ad esempio una norma chiara che doveva essere ospitata in questo disegno di legge, e cioè il ruolo di collaborazione ma anche di codificazione di diritti e di doveri tra la Regione e i medici di base, che sono medici convenzionati.
Come sapete, i medici di famiglia rivestono un profilo giuridico particolare: non sono dei veri e propri dipendenti delle nostre ASL o ASO per cui questa era l'occasione per fare sì che il rapporto fra l'ASL, il sistema sanitario regionale e i medici di famiglia non fosse limitato solo alla convenzione o a quel rapporto che sappiamo essere ormai conflittuale da decenni, dove i medici di famiglia si arroccano sulle proprie posizioni oppure concepiscono questo lavoro in maniera troppo burocratica.
Dico questo perché attraverso una norma specifica, in cui si sarebbe definito meglio il rapporto tra la sanità regionale e i medici convenzionati, si sarebbe potuto davvero far nascere quell'opportunità di medicina di gruppo sul territorio - la nascita di ambulatori cogestiti da più medici di famiglia - andando incontro a quel progetto che rischia di diventare una chimera, quello della gestione dei codici bianchi e quindi delle emergenze di minor impatto a livello territoriale, attraverso i medici di famiglia, in luoghi dove appunto i medici di famiglia già operano fra di loro. Anche in questo caso è un'occasione mancata. Speriamo che con la discussione del Piano Socio Sanitario e con la delibera di Consiglio si possa riflettere nuovamente su questo argomento, anche se la forza di una legge sarebbe stata sicuramente superiore a quella di una delibera di Consiglio.
Mi soffermo, infine, sugli ultimi tre aspetti.
Il primo riguarda l'Azienda Ospedaliera Universitaria, che è una novità che deve essere chiarita meglio per le storiche e complesse difficoltà di rapporto fra la Regione e il mondo universitario; difficoltà che potrebbero emergere - mi permetto di dirlo sommessamente - per quanto riguarda la gestione delle risorse e del personale: da un lato, vi è un discorso di personale regionale, dall'altro di personale statale dipendente del Ministero dell'università e della ricerca.
Sono aspetti non secondari, che devono essere assolutamente affrontati in tempi rapidi.
Un ultimo aspetto sul quale credo sia opportuno rivolgere la nostra attenzione riguarda le aree di coordinamento sovrazonale, che nella passata legislatura venivano chiamate "quadrante". Nella sostanza, l'obiettivo è creare delle macroaree su cui gestire e svolgere delle sinergie e attuare delle economie di scala in maniera tale da attuare dei risparmi e di migliorare l'efficienza del sistema.
Le esperienze non sono state eccezionali nel passato, ma qui manca una cosa fondamentale, che è la mobilità. C'é ancora tempo, per cui invito la Giunta regionale a riflettere e ad inserire all'interno delle aree di coordinamento sovrazonali un comma relativo alla mobilità del personale: prima di assumere nuovo personale, siano espletate obbligatoriamente con legge le procedure di mobilità all'interno delle aree sovrazonali e soltanto dopo si attuino le procedure di assunzione del personale.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliere Ferrero; ne ha facoltà.



FERRERO Caterina

Grazie, Presidente.
Anche io intervengo volentieri in questo dibattito sulla discussione del Piano Socio Sanitario che inizia con questo provvedimento che è, di fatto, l'impianto legislativo di base che definirà, da qui alle prossime legislature, le modalità attraverso le quali questa Regione approverà i propri Piani Socio Sanitari.
Come dicevo, intervengo volentieri ma un po' imbarazzata, nel senso che abbiamo passato una settimana intensa in questo Consiglio, in cui si sono susseguite riunioni notturne e in cui abbiamo assistito a numerosi interventi di Consiglieri regionali di questa maggioranza che ci hanno intimato l'esigenza di entrare nel merito di una discussione così strategica ed importante per questa maggioranza, che era il tema della sanità e del piano socio-sanitario, e quindi anche di questa legge di impianto legislativo iniziale.
Oggi abbiamo iniziato la seduta del Consiglio regionale con un'apertura un po' strana, nel senso che abbiamo iniziato con una richiesta di questa maggioranza di fare un altro disegno di legge, seppur importante, che attiene a Finpiemonte.
Poi ci siamo riposati per pranzo e al ritorno, la maggioranza ha assecondato un'altra proposta di discussione relativa ad un altro argomento, cioè il disegno di legge n. 267.
A questo punto l'opposizione, che ha partecipato con molto interesse cercando di recuperare tutta una serie di contributi dati da questa maggioranza alla discussione dell'altra settimana, si aspettava una relazione della Giunta un po' più corposa.
Sono stati delegati tre o quattro Assessori la scorsa settimana a discutere di questo tema così importante.
Mi sarei aspettata un contributo al dibattito un po' più consistente rispetto alla pregevole relazione iniziale del relatore a questo disegno di legge.
Per cui se dopo una settimana di discussioni, di notti, di riunioni e di lezioni da parte di questa maggioranza che ci diceva "vogliamo parlare del piano socio-sanitario, di sanità perché è un tema così importante" oggi ci si ritrova in un Consiglio regionale stanco a discutere alla mattina di un'altra cosa e al pomeriggio di questo tema perché lo chiede un Consigliere dell'opposizione, e probabilmente domani a discutere di un altro tema ancora, forse di Finpiemonte, permettetemi di affermare che considero molto ridicolo l'esordio di questa importante, strategica e gran discussione sulla sanità piemontese che tutta questa maggioranza, con in testa la Presidente, ci ha chiesto in questi mesi.
Detto questo, in ogni caso anch'io voglio fare qualche considerazione breve per il tempo che mi rimane rispetto a questa discussione semplicemente facendo una considerazione: stiamo iniziando la discussione di un disegno di legge che indica le modalità attraverso le quali questa Regione, oggi ed in futuro, si doterà di un piano socio-sanitario regionale.
Parallelamente a questo - qualche collega prima ci richiamava alla realtà - la realtà ci ricorda che questa Regione ha già compiuto le scelte questa maggioranza ha già compiuto le scelte e le ha già quasi attuate.
Perché si è nominata i direttori chiamandoli commissari, ma di fatto come riteneva di farlo; quindi, facendo un anticipo di accorpamenti che noi ratificheremo probabilmente fra qualche settimana, o qualche mese e qualche giorno in base a come andrà la discussione attraverso i piani di riorganizzazione e razionalizzazione.
Ha definito la prossima rete ospedaliera, ha indicato quello che sarà il progetto più importante di città-parco della salute, ma di fatto queste scelte le ha già compiute.
Quindi, la domanda che, secondo me, questo Consiglio dovrebbe porsi anche se forse è una domanda un po' forte è: che senso ha fare ancora un piano socio-sanitario regionale con i meccanismi che saranno sicuramente un po' più semplici rispetto a quelli che ci sono stati fino adesso, che all'interno delle leggi prevedevano le scelte da compiere? Un'altra domanda è: a che pro fare questo, quando le scelte di fatto le avete già compiute? Capite che è vero che in questo disegno di legge di fatto recepiamo tutta una serie di percorsi e procedure previste da leggi nazionali conferenze, distretti, comitati, piani di zona. Tutte cose assolutamente democratiche, assolutamente legate alla volontà di un ente importante e legislativo come questo, che è la Regione Piemonte, di condividere con il territorio delle scelte così importanti, ma noi adesso - e secondo me anche in passato - stiamo praticamente continuando a dimostrare che le scelte sono state compiute.
Queste cose le concerteremo, le discuteremo ed approfondiremo con tutte le conferenze che inseriamo nel disegno di legge a tempo debito, ma saranno semplicemente prese d'atto di scelte già compiute.
Ricordavano bene prima i colleghi che si tratta di scelte compiute non perché lo dice questa becera opposizione che fa ostruzionismo, ma perché lo dice il territorio che ha subito le vostre scelte e le vostre nomine, ma secondo me l'argomento di questo Consiglio che dovrebbe fare una Giunta che è nata con il principio e la volontà della discontinuità, poteva essere questo.
Che senso ha, quando tutte le decisioni di fatto sono già state prese immaginare un pregevolissimo ma non condivisibile disegno di legge come questo, che di fatto stabilisce una modalità di approvazione un po' più spedita su un percorso che obiettivamente non sta con i tempi e con le esigenze delle nostre decisioni.
Una cosa che continua a mancare però - lo dico agli Assessori, alla Presidente e a questa maggioranza - è che in nessuno dei tre documenti che abbiamo discusso ed approfondito in questi mesi esiste una minima traccia di due cose molto chiare che i piemontesi ci chiedono: come riduciamo i costi, dove sono i risparmi e quanto risparmiamo. Abbiamo avuto in Commissione due paginette dell'Assessore Valpreda che ci ha assicurato che avrebbe risparmiato o 30 o 60 milioni di euro, non ricordo bene, ma con un disegno molto general-generico e anche abbastanza incomprensibile, e non ci avete ancora detto come riducete le liste d'attesa.
Anzi, essendo ormai trascorsi due anni e più, la domanda è: perché non l'avete ancora fatto? Perché non avete ancora ridotto i costi, avendo già compiuto gli atti e le scelte di razionalizzazione senza dover aspettare l'approvazione di questi documenti, e perché non avete ancora ridotto queste benedette liste di attesa? A noi rimane in questa sede, rispetto alla discussione del disegno di legge n. 267, la richiesta forte, Presidente, di dare a questo Consiglio un ruolo anche di condivisione di tutta una serie di decisioni e di scelte che la Giunta deve assumere. Poi giustamente chi governa dice "lasciateci governare"; chi è all'opposizione dice "governate pure, ma fateci sapere che cosa avete deciso", magari con un passaggio, come abbiamo ribadito in alcuni articoli di questa legge in Commissione, semplicemente per approfondire una serie di temi che altrimenti obiettivamente in un Consiglio regionale non avrebbe senso approfondire, in quanto, di un consesso di 60 persone, siamo forse ormai rimasti solo in tre. Infine Presidente, ci sarà ancora una proposta emendativa che un po' segue tutta una serie di considerazioni fatte in Commissione che attengono ai criteri attraverso i quali si arriva all'accorpamento.
Lei più volte ci ha detto "le scelte le abbiamo fatte, leggetevi il piano sanitario, desumetevi i criteri".
Un'altra cosa: in alcuni passaggi di questa legge - mi riferisco ai distretti ed altre cose - è anticipato che ci saranno delle delibere che individuano i criteri attraverso i quali si fanno i distretti.
Quindi, non capisco perché non si possa indicare all'interno della delibera e della definizione degli accorpamenti l'indicazione - com'è stato dimostrato per esempio in Commissione - qualche straccio di criterio che possa permettere di dire "questo accorpamento è la conseguenza logica di questi due o tre punti che abbiamo inserito nell'ambito della delibera".
Presidente, siamo assolutamente disponibili ad iniziare con serietà la discussione di un argomento così importante, ma ci auguriamo che tale discussione non continui in modo schizofrenico rispetto a come è cominciata oggi, perché sinceramente l'imbarazzo dovrebbe essere più vostro che nostro, che facciamo anche un po' la parte di chi si oppone a dei provvedimenti che ritiene assolutamente inutili e sbagliati.
Detto questo negli emendamenti che presenteremo ci sarà modo di entrare più nel merito di questo provvedimento, che anche noi ci auguriamo possa avere una discussione seria, non schizofrenica, serena e con una compartecipazione della maggioranza un po' più forte che voi stessi avete auspicato, ma che finora non è venuta fuori.



PRESIDENTE

Dopo alcuni interventi e la replica della Presidente Bresso, chiuderemo la seduta del Consiglio.
Ha chiesto la parola il Consigliere Guida; ne ha facoltà.



GUIDA Franco

Grazie, Presidente.
Innanzitutto voglio iniziare questo intervento per salutare anche io Mario Valpreda.
Ci divide la scelta politica, ma non certo l'interesse per la sanità e soprattutto per la politica buona, quella che porta buoni risultati.
Presidente Bresso, io sono fra quelli che si muovono affinché la maggioranza approvi il piano sanitario, perché sono fra quelli che ritengono che il piano sanitario sia uno strumento poco utile alla sanità piemontese, tant'è vero che la sanità piemontese lavora anche bene in alcuni casi senza piano.
Per cui non voglio essere accusato minimante di essere fra quelli che non facendo approvare il piano, non migliorano la sanità piemontese.
Piuttosto sono tra coloro che vi criticherà per dire che la sanità piemontese non funzionerà, nonostante il piano lo abbiate approvato. Meglio dire non che non funzionerà, ma che non funzionerà meglio di quanto funzioni oggi.
Il disegno di legge n. 267 "Norme per la programmazione" arriva in aula dopo un tira e molla che è stato superato soprattutto grazie al consenso del Consiglio regionale, che non ha accettato il tentativo di forzare la mano, riducendo questa discussione ad una prova generale di tenuta della maggioranza.
La discussione tuttavia arriva in aula in un momento difficile per la sanità piemontese attraversata da discussioni infinite e sempre più acute su questioni delicate come il futuro degli ospedali torinesi - tanto cari anche al nostro Capogruppo Scanderebech - del Mauriziano, dell'istituto di Candiolo.
Ho letto oggi che la signora Agnelli scrive che "maggioranza e minoranza dovrebbero mettersi d'accordo perché il futuro di quell'istituto non è questione di destra o di sinistra".
Per me però le divisioni sono soltanto interne alla maggioranza, quindi mi tiro fuori da quella scelta che comunque considero una scelta da approfondire.
Quello che vive la sanità piemontese, signora Presidente, è un momento di grande confusione, accertato non soltanto dalla politica, ma anche dall'opinione pubblica e soprattutto dagli operatori della sanità.
Sintomatica da questo punto di vista è l'intervista pubblicata domenica su "Repubblica" dal Segretario dell'ANAAO, Gabriele Gallone, che scrive: "La nostra impressione è che la Giunta voglia fare approvare a tutti i costi il piano, ma noi vorremmo che si trovasse un accordo con l'opposizione, non sul metodo, ma sul merito, perché non possiamo accettare che se in una prossima legislatura al Governo andasse il centrodestra, il piano venga nuovamente cambiato. Sarebbe un disastro".
Si invita a non fare le cosiddette riforme di maggioranza che durano poco, un po' come il Governo nazionale, ma riforme che possano durare un po' di anni, almeno negli indirizzi, che dovrebbero essere indirizzi che fanno bene e non che creano soltanto confusione.
Ed ancora scrive Gallone: "Credo che non si possa affrontare questa fase senza avere l'Assessore alla sanità. Con De Micheli...", che in questo momento è vicino a lei, Presidente, e potrebbe essere una premonizione per il futuro "...si lavora bene, ma il direttore non può avere l'autonomia politica di un assessore. E nel frattempo si assiste a dichiarazioni su novità importanti di cui nessuno ha parlato, come nel caso della riorganizzazione ospedaliera.". Si riferiva chiaramente a Torino. Continua: "Anche il Dossier sulla città della salute è stato consegnato prima ai giornali che a noi: credo si dovrebbe contare di più sulle esperienze degli operatori del settore". Lo dice un operatore del settore, non lo dice un rappresentante della minoranza.
Dunque dal mondo della sanità un messaggio forte e perentorio: meno dichiarazioni e più informazioni tecniche, evitando di disorientare il mondo della sanità che attende certezze piuttosto che annunci, auspica coinvolgimenti veri e non dossier di seconda mano.
Dovremmo prossimamente approfondire il piano sanitario vero e proprio ma possiamo già oggi anticipare che la proposta di piano che il Consiglio discuterà non è la stessa presentata da Mario Valpreda un anno fa. E' una cosa diversa, una brutta e peggiorativa copia che gli emendamenti più recenti hanno trasformato in un manifesto politico banale e pericoloso.
La retorica del presunto rinnovamento si spreca nell'ossessivo ripetersi di termini quali solidarietà, centralità dell'utente, dignità umanizzazione, erogazione della prestazione eccetera. La demagogia normata potremmo chiamarla - arricchita da finalità e principi forse sono, in qualche modo, un passaggio obbligato, ma agli occhi dell'opposizione non dicono nulla di nuovo o di strategicamente diverso dal passato. Basta leggere alcuni punti dell'art. 1 "Finalità e principi", su cui credo nessuno qui sia in disaccordo.
All'appropriatezza delle prestazioni, di cui parlava prima il collega Ghiglia, presto si aggiungeranno - e cominciate a prepararvi - termini come "sobrietà", "austerità" e "rigore" cui non corrisponde più un indirizzo chiaro di come questi elementi debbano essere applicati e raggiunti nella gestione del servizio sanitario piemontese, dove già si è sempre operato in un difficile equilibrio tra costi e risultati.
Un'operazione di facciata? Probabilmente si, anche alla luce del fatto che la nuova proposta di piano, quella che arriverà tra qualche settimana intitolata "Governo delle risorse finanziarie e controllo di gestione" è molto meno rigida di quanto Valpreda aveva previsto e si riduce ad una dichiarazione di principio priva di numeri o percentuali, liberata, per così dire, da quei vincoli di bilancio che furono utilizzati per dichiarare in campagna elettorale e anche dopo la diversità con la gestione "fuori controllo" rinfacciata alla Giunta Ghigo.
Infatti, è stata eliminata l'imposizione di politiche di bilancio che prevedevano di destinare non meno del 5% alla prevenzione, del 51 all'assistenza territoriale e non oltre il 44% all'assistenza in regime di ricovero.
Non esiste più l'inciso perentorio: "è di immediata comprensione la necessità di avviare da subito politiche di razionalizzazione della spesa di ristrutturazione del debito, di controllo sistematico della gestione..." che verrà sostituito dal più flessibile "ricerca delle efficienze, del contenimento della spesa, ecc.".
Così come scomparirà nei flutti - lo vedrete quanto prima - l'intero capoverso del "controllo di gestione" che anche in questo caso è stato sostituito con banali affermazioni che certamente non fanno del piano sanitario un trattato di scienze delle finanze, ma soltanto un annuncio che oggi, contrapposto al piano degli spendaccioni del centrodestra, fa veramente sorridere.
Ma la fase degli annunci è terminata per lasciare posto ad un piano banale che solo fra le righe nasconde la sua vera natura di bisturi del servizio sanitario, non solo nella riduzione dei posti letto, ma anche nell'accorpamento delle ASL, che consentirà a pochi Direttori Generali, che rispondono al sovrano come "les intendentes" del '700, Presidente Bresso di incidere fortemente sul tessuto dei servizi ospedalieri e territoriali senza quel controllo che finora gli Enti locali protagonisti di una lobby positiva, hanno esercitato.
I PEPS, i Comitati di Distretto, avranno ruoli molto meno determinanti di quelli delle rappresentanze e conferenze dei Sindaci di oggi. Infatti gli indirizzi regionali saranno strumento vincolante più che in passato e questo forse è la vera, più pregnante novità della sanità del più recente passato.
Da Torino poco spazio ai localismi e nessuna programmazione dal basso scordatevi investimenti non previsti e non programmati. Sono avvisati i piccoli e i grandi Comitati, spesso guidati dalla sinistra e dal Sindacato che in tutta la regione difendevano questo o quel servizio.
Il quadro che emerge, cari colleghi Consiglieri, è che nel Piano rimangono le previsioni di razionalizzazione, riduzione e accorpamento dei servizi sanitari, ma non più quelle della spessa né il suo controllo: avremo meno prestazioni senza risparmi.
Per la sanità piemontese, cari colleghi, è iniziata la resa dei conti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Grazie, Presidente. Evidentemente la discussione generale sul disegno di legge 267 non potrebbe esaurirsi facilmente nei pur numerosi interventi che sin qui si sono succeduti; vuol dire che parte di ciò che non è racchiudibile nel tempo che oggi ci viene consentito, verrà utilizzato nell'ambito degli articoli e dei Titoli di cui il documento si compone.
Sarò molto succinto, anche perché non sapevo che la Presidente Bresso volesse intervenire e sono molto interessato, prima che la sessione si concluda, a sentire le valutazioni di questa prima fase.
Per punti, vorrei portare l'attenzione della Presidente, e soprattutto dei colleghi del Consiglio, su alcune considerazioni.
La prima l'ha già posta il collega Ghiglia e l'ha ripresa la collega Ferrero: buona parte delle cose scritte in questo tessuto non sembrano essere indispensabili all'attività di governo dell'attuale Giunta.
La Consigliera Ferrero ha espresso delle considerazioni di natura politica, dicendo che alcune decisioni sono già state prese in altri momenti e in altre sedi, pertanto le renderebbero, in parte, inutili.
Mi collego ad alcune considerazioni espresse dalla Presidente Bresso in Commissione, seppure in un momento colloquiale, senza che queste dovessero essere verbalizzate. La Presidente ha detto che, ove fosse stata inizialmente lei l'Assessore, al di là di alcune terminologie, tra pianificazione e programmazione e tra l'ampiezza di un documento e la snellezza, che talora potrebbe richiedere un'attività così complessa come il governo della sanità, lei avrebbe scelto la seconda.
Su questa considerazione mi voglio fermare, Presidente, perché nel Titolo I, ove non si vogliano vedere a tutti i costi come pleonastiche alcune cose che pleonastiche sono, mettere il primato della prevenzione nel punto b), o è cosa che scriviamo tanto per scriverla, e allora potrebbe avere - e probabilmente lo ha - perfettamente ragione la Consigliera Ferrero, e in parte il Consigliere Ghiglia, cioè siamo nell'ambito delle dichiarazioni d'intenti, ma se dichiarazioni d'intenti non sono, vuol dire traducendolo nel tempo e poi nelle conseguenze - dare un'attenzione prioritaria alla prevenzione rispetto alla cura.
Questo era ed è il pensiero dell'Assessore Valpreda, che non è detto sia necessariamente il pensiero di tutta la Giunta; tendo ad escludere sia il pensiero - ove ci sia - della maggioranza, però vorremmo capirlo.
Invito la Presidente Bresso, ove non abbia avuto il tempo di farlo, a leggere un documento rilasciato da "Medicina Democratica", sul tema della prevenzione (il Consigliere Moriconi conosce bene la struttura di cui parlo, che non è particolarmente vicina al centrodestra, oggi forse non è vicina neanche al centrosinistra, ma, come si sa, nel tempo le idee cambiano e talora evolvono).
Il Consigliere Guida ha citato un recente intervento della NAO relativo alle polemiche su Candiolo (cito la NAO perché, ancora una volta, è una struttura di medici ospedalieri non particolarmente vicina alle posizioni politiche che io prediligo).
Su alcuni temi, Presidente - e mi fermo alla prevenzione a titolo esemplificativo - o ci diciamo in che modo intendiamo discutere - in questo momento non ci sono giornalisti, quindi non c'é neanche il momento della polemica - ove davvero ci sia la voglia e la disponibilità a discuterne oppure diventa un rito.
Se è un rito, e questo potrebbe tendere a essere semplicemente un aspetto rituale, valuteremo, come minoranza, se a questa ritualità vogliamo soggiacere oppure no, perché ormai non crede più nessuno al fatto che siamo noi a impedirvi di governare. Basterebbero i contributi pubblicati sui giornali di oggi, da giornali non particolarmente noti per la loro vicinanza al centrodestra, più una serie di notizie ANSA uscite nel pomeriggio, a convincere chiunque che non è un problema interno alla minoranza, quanto il fatto che, su alcuni temi importanti della sanità, e non solo, il dibattito si sta svolgendo secondo ritualità francamente criticabili nel modo, oltre che nel merito.
Pertanto, occorre dire in che modo se ne vuole discutere.
Presidente Bresso, lei ci ha portato la delibera dell'edilizia sanitaria, calda come un croissant pomeridiano, un pomeriggio in Commissione. Ci è stato chiesto di provvedere a discuterla interrompendo la discussione del Piano sanitario e la struttura fortemente ostruzionistica che in questo momento indegnamente rappresento l'ha consentito - perché ne condivideva l'importanza della discussione - e ha contribuito a migliorarla, ove sia stato possibile; ovviamente non l'ha votata, perch tra l'altro, lei non possedeva neanche un decimo dei finanziamenti necessari, ma l'esperto siede alla sua destra e spetta a lui stabilire come contribuire a non trovare le risorse per i non Piani che non farete! Potremmo fare dei seminari anche fuori della comunità italiana, facendo un road show su come non si trovano le risorse per non fare le cose che un Governo non deve fare! Questo potrebbe essere un titolo interessante per un seminario, dove il Vicepresidente Peveraro sarebbe certamente invitato come ospite d'onore in parecchie Università, non soltanto italiane! La seconda considerazione riguarda il CORESA, rispetto al quale si pu pensare quello che si vuole; io ne penso male, l'ho detto in Commissione e lo dico qua, ma ne penso male per l'utilizzo che oggi viene fatto di una struttura che è nata nel 1984.
La Regione, nel 1984, era del tutto diversa, anche come Istituzione oltre che come aspetto socio-economico, dalla Regione del 2007. Ma se all'epoca la Regione di allora volle dotarsi di questa struttura regionale di assistenza al pensiero sanitario, credo che se ne debba discutere, ma non infarcendo di alcuni articoli un documento che con il mondo della consulenza e del controllo non c'entra nulla; occorre dedicare, al limite una legge per modificarla o, adottando la componente radicale della Presidente Bresso, per eliminarla.
Faccia, la Giunta, una modifica della legge istitutiva del CORESA! Non vuole farlo la Giunta? Lo faccia la maggioranza, ma garantiamo una via prioritaria alla discussione e non confondiamo argomenti importanti con argomenti altrettanto importanti, ma di natura diversa, anche perché in questo documento c'è, tra le tante cose, un assente, che è il controllo.
La Consigliera Ferrero ha detto giustamente: quando e di chi dobbiamo dolerci visto che non ci si occupa delle liste di attesa, problema che vi portate come eredità, o che dite di esservi portati come eredità? Ci sono due modi: uno è l'indecente intervista apparsa oggi sul giornale rilasciata dalla Direttrice del Sant'Anna D'Innocenzo. O qualcuno ritiene che sia accettabile che il Direttore di un polo pediatrico neonatologico dica che saranno le mamme a valutare l'ospedale - e non lo smentisce oppure qualcuno la deve licenziare.
Guardate che le valutazioni degli ospedali, come dei centri di ricerca o di qualunque altra cosa, si fanno da circa 400 anni secondo modalità diverse. Le mamme votano i Consiglieri ed esprimono la soddisfazione, ma non valutano gli ospedali. Spiegateglielo a quella simpatica Direttrice che magari sosterrà che l'intervista è falsa - prima che, buttando giù il polo pediatrico neonatologico, venga seppellito, tra un emendamento e l'altro, tutto ciò che c'è stato di eccellente, oltre che le mamme.
Ci saranno dei limiti all'indecenza della parola, o no? Infine - e concludo - non parleremo oggi di Candiolo, ma giovedì mattina o pomeriggio, se è convocata la Commissione sanità, noi ne vorremo parlare, ma non perché ci interessi il pensiero della Margherita o dei componenti di quel Gruppo, con tutto il rispetto e l'interesse che abbiamo e avremo, tutti importanti e legittimi, ma perché ci interessa Candiolo.
Suggerirei a coloro che vorranno presenziare alla seduta di Commissione di leggere un'interessante intervista rilasciata dalla Dottoressa Birindin all'epoca direttrice nazionale di AReSS, sul tema dei poli di eccellenza.
Questo articolo - ho scelto nuovamente una persona non particolarmente vicina alle tesi del centrodestra - è del 2002. Da quell'articolo era nata la Città della Salute della Giunta precedente. Credo che qualcuno dovrebbe rileggerlo, perché non è che tutti i giorni si debba inventare l'acqua calda: è già stata scoperta, basta aprire il rubinetto.
Vorremmo essere aiutati nelle nostre percezioni, perché in questo dibattito nessun intervento sin qui svolto, se li avete ascoltati con attenzione, ha posto elementi di ostruzionismo. Sono state poste, semmai domande oggettive; domande che non sappiamo a chi rivolgere né tanto meno sappiamo quale sia il sito per poterne discutere.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Casoni; ne ha facoltà.



CASONI William

Grazie, Presidente.
Intervengo per inquadrare il tema e per fare in modo che il percorso che abbiamo immaginato per tutto il blocco del Piano Socio Sanitario venga precisato, sebbene lo abbiano già fatto alcuni miei colleghi, perché credo che sia stato molto corretto e niente affatto ostruzionistico. Ci premuriamo di precisarlo, perché non appena è stata posta un'urgenza con dei criteri precisi, come il Piano di edilizia sanitaria, nessuno ha tentato di ostruirlo; anzi, abbiamo sollevato il problema, condividendolo di quali erano gli strumenti per attivarlo al più presto, nel miglior modo possibile e con quale certezza di risorse.
Queste sono domande alle quali ci piacerebbe ricevere delle risposte per permetterci di inquadrare meglio il clima. Tutto ciò potrebbe aiutare anche lo sviluppo del ragionamento.
Come avevo anticipato nella mia dichiarazione di voto dell'altra sera noi aspettiamo delle risposte.
Si potrebbe considerare il disegno di legge n. 267 il "titolo" del tema, perché esplicita concetti, talvolta banali, altre volte meno, e inquadra una procedura che credo possa essere anche largamente condivisa.
Questo potrebbe essere, dunque, il titolo del tema, da cui si dipanano i vari argomenti, ovvero il Piano Socio Sanitario e la delibera di riorganizzazione delle ASL (aggiungerei, peraltro, anche il Piano di edilizia sanitaria). Sarebbe come inserire, a fianco dei titoli, delle date e delle cifre.
Vorremmo, soprattutto, che nel corso del ragionamento ci venissero chiariti i dubbi che da tanto tempo stiamo sollevando, ma che non ottengono risposta. Li hanno già posti oggi - lei non era presente - alcuni Consiglieri, ma sono domande reali.
Non ci soffermiamo, quindi, sul disegno di legge n. 267, ma iniziamo ad anticipare parte dello svolgimento, ovvero il Piano Socio Sanitario e la delibera di accorpamento.
Per quanto concerne le Molinette, qual è il quadro preciso di riorganizzazione delle stesse? Qual é il quadro preciso di chiusura o di apertura di nuove strutture ospedaliere? Qual è il quadro della riduzione dei posti letto che noi abbiamo visto globali, ma che non sono dettagliati per singola ASL? Queste sono domande cui vorremmo rispondeste nello svolgimento del tema, ovvero nella discussione sul Piano Socio Sanitario regionale e della delibera di accorpamento delle ASL.
Per esempio, nel Piano è previsto un numero globale di riduzioni di posti letto, ma non c'é scritto come e dove saranno attuati questi tagli.
Noi lo vorremmo sapere, perché se si è giunti per ragionamento ad una riduzione dei posti letto, sicuramente il ragionamento - a meno che non sia stato strampalato - ha previsto anche in quali strutture. Se scendiamo nel dettaglio, è bene che in un Piano Socio Sanitario di una Regione si precisi che nella riorganizzazione si è pensato di rivedere il sistema infrastrutturale.
Si è deciso di rifare Molinette: saranno a Grugliasco o a Italia '61? Che fine faranno gli ospedali Sant'Anna e Regina Margherita? Che fine faranno le liste di attesa? Come pensiamo di abbatterle? Quali sono gli strumenti concreti che potranno dare risposte? La razionalizzazione del sistema comporterà la chiusura o il potenziamento di alcuni settori? Il sistema del soccorso 118 come verrà implementato o riorganizzato su base territoriale, se si realizzeranno questi forti cambiamenti nel sistema? Com'è pensabile, per esempio, che un territorio importante come Alessandria, capoluogo di Provincia, non sia sede della sua ASL, mentre tutti i capoluoghi di Provincia sono sede di ASL? Questo aspetto non è forse dettato da scelte più politiche che razionali, calate sul territorio con intelligenza e con centralità? Potevo capire la sede unica a Casale se il territorio avesse compreso anche Vercelli: in quel caso avrebbe potuto essere un centro geografico di quel territorio. Ma visto che così non è, e visto queste cose devono essere meglio dipanate, concordo con il nuovo Sindaco della città di Alessandria che si sta giustamente mobilitando su questo problema. Occorre sensibilizzare i Sindaci del territorio e attenzione, sia i sindaci di centrodestra sia di centrosinistra; anzi per lo più sono Sindaci di centrosinistra che chiedono come si possa operare una scelta in questo caso così marcatamente politica e sprezzante di quello che è il territorio.
Infatti non mi si può dire che la scelta di Casale come sede di un'ASL sia una scelta razionale, perché normalmente si cerca di privilegiare il capoluogo di Provincia e la centralità di quel territorio, come del resto è avvenuto in tutte le altre Province.
Non si capisce questa anomalia in quel territorio da che cosa è dovuta quindi questa sarà una parte dello svolgimento del tema sul quale noi aspettiamo delle risposte e sosterremo delle proposte che vorremmo discutere nel corso della discussione di questi provvedimenti.
Lo abbiamo già detto, lo ribadisco e termino - perché voglio sentire cosa ha da dirci la Presidente - dicendo quello che ho detto già alla fine del mio precedente intervento. Abbiamo firmato un documento, ancora oggi nella Conferenza dei Capigruppo abbiamo detto che lo rispetteremo, faremo in modo che sia rispettato, però che sia rispettato in tutti i sensi.
Abbiamo messo quella approvazione presumibilmente entro il 30 settembre, abbiamo anche detto che attendiamo delle risposte e io oggi, in modo che la Presidente non possa dire che non lo sapeva, inizio a porre delle domande, che avanzo proprio per portare avanti il lavoro che si dovrà fare.
A queste cose vorremmo delle risposte precise sul sistema infrastrutturale, ad esempio da dove reperiremo i fondi. Mettiamo qualche data di fianco al piano di edilizia sanitaria per esempio su cosa faremo nel 2008. Vorremmo sapere qual è l'obiettivo di questo elenco del piano di edilizia sanitaria, come mettiamo dei paletti precisi. Le Molinette saranno riorganizzate? Quali sono i centri che dovranno o meno essere eliminati? Come abbatteremo le liste d'attesa? Su tutte queste domande nel concreto ci aspettiamo delle risposte precise.
Se ci sarà un confronto costruttivo, se saranno colte anche proposte che verranno dalla minoranza, credo che la data possa anche essere facilmente rispettata.
Se invece ci sarà un muro contro muro e non saranno date risposte a queste cose, non sarà una discussione serena e facile e vedremo poi nel corso dell'operatività come andrà a finire.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Casoni. Con il suo intervento terminiamo il dibattito generale.
La replica alla Presidente Bresso, che ha pertanto facoltà di intervenire.



BRESSO Mercedes, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Inizio con una risposta che mi ha ricordato il collega Reschigna poco fa all'ultima domanda del Consigliere Casoni. In effetti, c'è una Provincia nella quale la sede dell'ASL non è il capoluogo di Provincia: è quella del cosiddetto VCO, la cui capitale è Verbania, invece attualmente la sede dell'ASL è ad Omegna.
Ce n'è una seconda ed è la Provincia di Alessandria, nella quale ad Alessandria c'è solo la sede legale, mentre i servizi amministrativi sono a Tortona. Quindi, in realtà c'è già una situazione di "sharing" dei servizi".
Non torneremo su questo tema quando parleremo della delibera.
Voglio ribadire, in primis che, secondo me, bisogna considerare l'ipotesi che, quando si faranno degli accorpamenti, potremmo trovarci a dover accorpare più di una provincia.
Infatti, credo che man mano che le possibilità gestionali d'area vasta diventano maggiori attraverso l'informatica, avendo province piccole, ci troveremo probabilmente a dover realizzare accorpamenti. Questo per ragioni d'efficienza e d'efficacia delle strutture sanitarie, non solo di risparmio.
Così permetteremmo alle ASL di avere delle eccellenze locali rafforzando il numero di utenti e la capacità operativa con un'ASL più grande. In questa situazione, nulla osterebbe, ad esempio, che invece di scegliere una delle due capitali di provincia, che in genere sono abbastanza centrali rispetto alla propria provincia, si possa scegliere una città indicata da entrambi.
Si tratta di un ragionamento che dovremmo estendere, perché la concentrazione di tutte le funzioni di area vasta, sui capoluoghi di provincia - non in generale sulle Province - ha prodotto la continua richiesta di nascita di nuove Province, viste come moltiplicatori dei servizi e quindi come opportunità di lavoro, di prestigio e di occupazione.
Poiché le esigenze, invece di ridurre i costi della politica vanno nel senso di non dilatare il numero di istituzioni, credo che alcuni segnali possano essere giusti ed interessanti per capire che non c'è nessun automatismo che obblighi i direttori a scegliere la sede, né a collocare la sede, nel capoluogo di Provincia, ma che possono scegliere anche in base ad altre valutazioni.
Avremo comunque modo di parlarne, credo anzi che ne parleremo a lungo quindi ci ritorneremo.
Intanto volevo iniziare la replica al dibattito generale sul provvedimento per la programmazione socio-sanitaria ricordando che questo provvedimento - parecchi lo hanno già fatto - è parte integrante del processo di programmazione (disegno di legge, piano, delibera di accorpamento delle ASL) che Mario Valpreda ha predisposto.
Qualcuno ha detto che abbiamo portato emendamenti, ma sono emendamenti che erano già predisposti a seguito dell'inizio della discussione e di tutto il lavoro fatto con le consultazioni, che non sono fatte per nulla, e che quindi sono state ampiamente recepite. Erano già stati concordati con lui.
Quindi, mi dispiace molto che non possa essere lui presente ad illustrare ed a replicare sul proprio lavoro, che naturalmente ognuno valuta come vuole, ma che io credo sia un lavoro innanzitutto molto alto sul piano culturale, che certamente propone un'impostazione ed un'interpretazione della programmazione socio-sanitaria e del riassetto del nostro sistema sanitario che non è necessariamente condivisa da tutti. E' un'impostazione che viene dalla cultura di Mario Valpreda, che peraltro mi onoro di condividere, venendo anche io dalla cultura della prevenzione (per un breve periodo delle mie attività), che è molto centrato sul principio della tutela e della promozione della salute e della prevenzione.
Proprio per questa ragione punta molto - e credo che questa sia stata una delle voci ricorrenti sul dibattito in quest'aula e in Commissione nelle proposte e nelle risposte di Mario Valpreda - sul principio dell'appropriatezza delle prestazioni. Proprio perché l'appropriatezza delle prestazioni è l'altra faccia della tutela della salute e della prevenzione.
Noi sappiamo che ci si può ammalare e si può anche peggiorare, in alcuni casi non essendo curati bene o a tempo, in altri, essendo curati troppo, cioè avendo una ridondanza di prestazioni e di prescrizioni di farmaci. Quindi, l'appropriatezza è non solo un criterio di risparmio, ma è anche un criterio di corretta gestione di una politica sanitaria.
Da questo non derivano, come alcuni hanno teso a dire, ridondanze o cose banali, bensì alcuni strumenti di programmazione - che sono inseriti nella legge, ovviamente meglio esplicitati nel piano e saranno meglio esplicitati nell'azione concreta che l'Amministrazione farà - che sono particolarmente legati a quest'impostazione. Penso soprattutto ai piani e ai profili di salute, di cui abbiamo peraltro lungamente trattato nelle ultime fasi di discussione di questa legge, che credo siano uno strumento molto innovativo, proprio perché sollecitano i distretti, i sindaci, le assemblee di distretto e tutti gli operatori a ragionare non solo sulla cura, ma sulla salute dei cittadini e quindi ad affrontare, dal punto di vista della programmazione, della tutela della salute e della prevenzione l'attività del distretto. Inoltre sollecita i sindaci ad interpretare il loro ruolo anche di ufficiali sanitari non nei termini di volere - cosa che non è più nella logica della legislazione sanitaria - intervenire direttamente nelle scelte tecniche di sistema sanitario, ma di intervenire invece nella valutazione delle specificità, in termini di salute, del loro territorio e nell'impostazione di programmi legati proprio al perseguimento degli obiettivi di salute.
Credo che in sintesi - perché l'ora è tarda ed abbiamo già utilizzato molte parole - valesse la pena ricordare che ci sono una serie di aspetti di tipo tecnico e di riorganizzazione del sistema, ma anche una filosofia che caratterizza in modo netto questo testo e il relativo piano che ne discende.
Un altro punto, che a me pare vada ricordato e che è stato oggetto di un lungo dibattito in Commissione e che abbiamo deciso di introdurre in maniera più precisa con un emendamento, è l'introduzione delle aziende sanitarie ospedaliere universitarie. Quindi, l'avvio concreto di una diversa modalità di rapporto fra la Regione, il sistema ospedaliero e l'Università, che credo possa anche chiarire una serie di tensioni e di contenziosi che, in questo periodo e in passato, si sono verificati tra la Regione e l'Università.
Passo brevemente a fare considerazioni su alcune riflessioni che sono state fatte. Intanto dico ai molti, che hanno segnalato che non hanno presentato emendamenti ostruzionistici o non hanno presentato per nulla emendamenti ostruzionistici ma di merito, che sto esaminando - e ho quasi terminato - tutti gli emendamenti presentati. Naturalmente sarò attenta agli emendamenti che presentano degli elementi di arricchimento del dibattito e della legge, sia eventualmente accettandoli direttamente nel testo di legge, sia, in alcuni casi, trattandosi di emendamenti con caratteristiche non da legge ma da piano, ragionando sulla loro accettazione non dentro la legge ma dentro il piano. Quindi, siamo assolutamente disponibili ad un confronto nel merito di una serie di emendamenti e avremo modo di farlo prossimamente.
In alcuni casi, sono state fatte affermazioni piuttosto poco comprensibili sul funzionamento del sistema sanitario.
Credo che tutti siamo d'accordo sul fatto che il sistema sanitario piemontese funzioni abbastanza bene. Presenta anche una serie di problemi il principale dei quali è quello di avere il bisogno di rientrare rispetto ad extracosti che, derivano, in parte, da una nuova riorganizzazione del sistema, che punta a un livello di maggiore efficienza, che ha quindi bisogno di investimenti forti nelle strutture sanitarie. Investimenti che non sono solo un fatto finanziario, ma che necessitano prima di tutto della costruzione di una modalità operativa che consenta di accelerare gli investimenti che hanno tempi biblici e che quindi producono, come conseguenza, la realizzazione di progetti spesso non più adatti, quando arrivano a compimento, alle funzioni che devono svolgere (c'è comunque anche una reale carenza di capacità e di qualità della progettazione).
Quindi, questi sono i problemi veri che la sanità piemontese ha di fronte; anche lavorare in condizioni difficili sul piano dell'immobile e dei servizi in cui ci si trova, naturalmente rischia di peggiorare sia le prestazioni che la percezione che si ha delle stesse.
Uno dei casi molto classici in questo senso è il caso del Sant'Anna che certamente non merita le accuse che sono state rivolte in questi giorni sui giornali, in modo tra l'altro documentato non certo scientifico.
Io così ho interpretato, e credo anche tutti i cittadini che leggono non con malevolenza, l'intervista della dottoressa D'Innocenzo: ovvero non nel senso di far fare la valutazione scientifica alle pazienti, perché in fondo non sono malate le madri che vanno a partorire, ma il contrario.
Peraltro io ho suggerito di aumentare la quantità e la qualità di rapporto che si ha con le utenti quando entrano e quando escono, chiedendo loro al momento in cui escono se hanno delle lamentele da fare rispetto alla qualità del servizio sanitario o anche all'umanità del trattamento che hanno ricevuto.
Questo perché è praticamente impossibile per una struttura, anni dopo trovarsi di fronte ad una denuncia e ricostruire l'evento, e quindi, se necessario, intervenire per evitare fenomeni purtroppo sempre possibili: i lavoratori sono persone, e ci sono persone che lavorano bene e che lavorano male e persone che, in certi momenti, possono commettere degli errori oppure che possono non averli commessi, ma che possono essere stati percepiti come errori.
Si può porre rimedio a qualunque situazione, se questa viene denunciata al momento giusto. Quindi, il meccanismo che la dottoressa D'Innocenzo vuole avviare, interpellando le persone all'uscita, come quando in un albergo, alla fine del soggiorno, viene chiesto di valutare il servizio ricevuto, credo debba diventare una prassi in tutte le nostre strutture sanitarie e ospedaliere Ovviamente, in questo caso, non si tratta di valutare il servizio, ma di segnalare se si ritiene che siano insorti problemi dal punto di vista sanitario o della correttezza del trattamento e dei comportamenti.
Credo sia utile imparare a fare questo nelle strutture pubbliche perché troppo spesso le persone che usano un servizio pubblico, anche quello sanitario, si sentono in qualche modo debitori nei confronti della struttura, invece, sono, com'è noto, i cittadini, che hanno pagato per avere una sanità pubblica, hanno diritto ad essere trattati non solo bene dal punto di vista medico - che non solo è augurabile, ma è un dovere - ma in modo corretto e pienamente rispettoso della loro dignità, anche se ci si trova a vivere una situazione di difficoltà e non necessariamente si è nelle condizioni migliori.
L'URP esiste, le relazioni con il pubblico esistono, la possibilità di esporre lamentele o disservizi esiste, però, ritengo necessario provare a svolgere una valutazione oggettiva (dato che, in questi giorni, qualche giornale ha scritto che il Sant'Anna, addirittura, è diventato "l'ospedale degli orrori"), chiedendo alle persone di effettuare le segnalazioni, se possibile, all'uscita dall'ospedale e non 5 o 10 anni dopo, quando sarebbe del tutto impossibile valutarne la fondatezza.
Questa era l'annotazione a latere di una valutazione che mi sembrava non corretta e che, addirittura, in qualche caso, sembrava dar credito a valutazioni soggettive, che, naturalmente, sono del tutto legittime, ma che non ci risultano confermate dagli strumenti di valutazione tecnica, i quali, invece, esistono e possono essere migliorati e rafforzati. Uno degli obiettivi che ci poniamo per i prossimi mesi è proprio l'aumento degli strumenti e della capacità di valutazione dell'operato dell'intero sistema degli operatori, non solo ospedalieri, ma anche medici di base e medici specialistici.
Ci sono molti emendamenti e c'è stata una discussione relativamente al CORESA. Il Consigliere Burzi sa che, in questo caso, il mio pensiero corrisponde al suo. A mio avviso, nella valutazione dei costi della politica, ci è stato dato un segnale chiarissimo sulla riduzione del numero dei comitati e affini che hanno compiti che doppiano l'attività normale delle istituzioni; ad esempio, questo Consiglio svolge tutte le funzioni che sono attribuite anche al CORESA, cioè, la valutazione dei piani, la valutazione dei progetti e insomma, tutto quello che fa questo ente.
Esplicitamente, se verrà approvato l'accordo sulla riduzione dei costi della politica, dove si dice che è vietato costituire strutture che svolgono funzioni già svolte da altri organi, quindi dovremmo fare questa valutazione - dovremmo affrontare la questione più in fretta di quanto vogliamo.
Poi, c'è anche chi vuole procedere ad un aumento. Per esempio, il Consigliere Giovine ha detto oralmente, che, invece, vuole aumentare le funzioni del CORESA.
Tra le opzioni di aumentare, ridurre o annullare le funzioni, per il momento, abbiamo scelto, sostanzialmente, quella di ridurre le funzioni, in modo da snellire i procedimenti di valutazione e approvazione dei progetti.
Naturalmente, se si trova una maggioranza, mi impegno, in base all'accordo che ho anche firmato insieme agli altri Presidenti sulla riduzione dei costi della politica, a fare una valutazione ulteriore su tutti gli organi. Sapete che abbiamo già proposto l'eliminazione di una serie di osservatori e c'è la possibilità di intervenire ancora su molti organi. Personalmente, ritengo di fare una proposta strutturata identificando e facendo delle verifiche - naturalmente lo può fare anche il Consiglio autonomamente - su una serie di organi (Comitati, Commissioni Consigli) che, pur essendo stati istituiti per rendere più trasparente e più controllato l'operato del Consiglio e della Giunta, si sono rivelati ridondanti.
In quel contesto potremo affrontare - oggi, sarebbe un po' complesso decidere senza un lungo dibattito, che non abbiamo tempo di svolgere - la questione circa l'abolizione tout court del CORESA. Credo che dovremo inserire la questione all'o.d.g. ed, eventualmente, affrontarla con una legge ad hoc, oppure inserita nel contesto - che dovremo comunque affrontare - della riduzione dei costi della politica, valutando se questo sia uno dei casi possibili.
Concordo sul fatto che sia un tema da porre all'o.d.g. al quale far fronte.
Per quanto riguarda la prevenzione, abbiamo molto discusso e intendiamo discuterne, e sicuramente avremo l'occasione di parlarne quando entreremo nel merito del piano.
Secondo il Consigliere Pedrale i Comuni sono stati coinvolti poco. A mio avviso, il processo di consultazione informale e formale e di dibattito organizzato da Amministrazioni e associazioni è stato enorme. In questi due anni, oltre alle consultazioni informali, peraltro svolte nelle diverse province dal Consiglio, ci sono state decine e decine, forse centinaia, di dibattiti sul piano, sulla legge e sulle delibere connesse, moltissimi sono stati organizzati dalle Amministrazioni o hanno visto la partecipazione di molti amministratori, quindi, non mi pare che sia così.
La Consigliera Ferrero chiede come riduciamo i costi e le liste di attesa. Intanto, esiste un vero e proprio programma di intervento sulla riduzione delle liste di attesa. Come sa, è stata già avviata la prenotazione unitaria e il SOVRACUP su Torino, che sta dando risultati molto buoni. In molti casi, attraverso questo strumento, le liste di attesa per certi interventi si sono annullate; peraltro, in Piemonte, i casi in cui le liste di attesa raggiungono livelli preoccupanti sono un numero limitato: non ci troviamo, quindi, in un contesto generalizzato di liste di attesa farraginose, sebbene alcune situazioni vadano migliorate.
Esiste un programma che i Direttori stanno applicando. È prevista l'estensione a tutta la Provincia di Torino della sperimentazione del SOVRACUP per macroaree.
Anche le sperimentazioni, come quelle di Amos, molto apprezzate dalla Regione Liguria, costituiscono uno strumento per utilizzare meglio le attrezzature e le apparecchiature e quindi per ridurre le liste di attesa attraverso un uso per un tempo maggiore delle stesse apparecchiature.
Stanno dando risultati molto buoni: infatti, nell'area dove Amos opera (che si sta estendendo), si è riscontrata la riduzione delle liste d'attesa.
Questi risultati positivi hanno spinto la Regione Liguria di entrare a farne parte rilevando le quote private. Come ho detto, questo è uno strumento che permette la riduzione delle liste di attesa, ma ne esistono altri nel programma che è stato approvato e che è in corso di applicazione.
Il fatto che manchi l'Assessore alla sanità mi è chiaro, ma come ho già avuto occasione di dire, provvederò. Tutti conoscono la ragione: non ci troviamo in assenza di un Assessore per dimissioni o per morte, ad esempio ma di un Assessore che è stato colpito da una grave malattia, la cui evoluzione doveva essere ancora valutata. Questa è il motivo per cui in questo momento non è stato ancora nominato.
Mi rendo conto, naturalmente, che alcune attività, come incontrare i rappresentanti dei diversi operatori sanitari, possono essere svolte meglio da un Assessore, soprattutto in un momento in cui era prevista una discussione non breve in Commissione e poi in Aula; qualcuno sarà rimasto indietro, ma sarà ricevuto dal futuro Assessore che provvederò, a tempi ormai non lunghi, a nominare.
Tuttavia, tutte le attività previste, compresa la predisposizione e la trattazione con Roma, l'approvazione e il voto del Piano di edilizia sanitaria, sono state svolte. È rimasto indietro qualche incontro e qualche contatto, ma potrà essere post-posto a dopo le vacanze.
Per quanto concerne la questione della riduzione dei posti letto, voi sapete che nella prima versione del Piano la riduzione era più dettagliata.
Una delle ragioni per cui è stata modificata e lasciata sulla dimensione delle grandi aree è legata al fatto che, dovendo ridefinire la dimensione delle Aziende Sanitarie Locali, era difficile attribuire i posti letto.
Tuttavia, la relativa riduzione e trasformazione in post-acuzie, sono accuratamente indicate, specialità per specialità, nella tabella che verrà ripartita sulle diverse Aziende una volta approvata la lista delle ASL.
Il Consigliere Casoni chiedeva notizie in merito alle ASO torinesi. A tal riguardo, credo che sia già stato addirittura calendarizzato un dibattito o un intervento, ma comunque, nella definizione del Piano di edilizia sanitaria, abbiamo indicato che, non appena verrà approvava la localizzazione della Città della salute, sarà predisposto un piano di riorganizzazione delle ASO torinesi, nonché dei relativi ospedali che com'è noto, non sono la stessa cosa: si può benissimo immaginare che due ospedali facciano parte di una stessa ASO.
Nel principio della riorganizzazione delle ASO, una volta definita la Città della salute e quindi chiarita meglio l'organizzazione del sistema sul territorio dell'area metropolitana, credo che il numero e il dimensionamento dei possibili accorpamenti delle Aziende Sanitarie Ospedaliere dovrà essere affrontato. Tuttavia, proprio perché nel Piano sono previste anche le Aziende Sanitarie Ospedaliere universitarie, questo comporterà un lavoro di proposta che verrà fatto e vi verrà sottoposto.
Le considerazioni che ho reso ai giornali riguardavano lo specifico delle Molinette e l'area limitrofa: ribadisco una volta di più che non è previsto che il Sant'Anna e il Regina Margherita spariscano. Ciò che è previsto, o, meglio, che vorremmo prevedere, perché richiederà un'integrazione finanziaria del Piano di edilizia sanitaria, è il rifacimento di questi ospedali, totale o parziale, integrazione di cui c' bisogno perché si tratta di un intervento superiore ai fondi, che pure nel Piano ci sono, ma che servono ovviamente per la loro riorganizzazione.
Sappiamo che quel complesso necessita di notevoli interventi di miglioramento della qualità edilizia, per rendere più comparabile la qualità del lavoro che vi si svolge con la qualità delle strutture nelle quali si svolge. Questo è uno dei problemi che ricordavo prima.
Ho sicuramente debordato rispetto al puro tema dell'organizzazione del sistema della programmazione socio-sanitaria e del riassetto del servizio sanitario che è contenuto nella legge, perché è ovvio che molte delle considerazioni sono andate già deborbando verso il Piano o, in senso più generale, sulla sanità.
Alcune considerazioni che ho fatto oggi magari le ricorderò ancora a settembre, quando parleremo del Piano e della delibera sulla realizzazione delle ASL.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Bresso.
Con l'intervento della Presidente dichiariamo chiuso il dibattito generale sul disegno di legge n. 267.
Ricordo ai colleghi che la seduta serale è sconvocata e che domani mattina alle ore 10.00 riprenderanno i lavori del Consiglio con l'esame del disegno di legge n. 421 relativo a Finpiemonte, partendo dall'articolo 1 essendo stato già effettuato il dibattito generale.
Buona serata a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 19.50)



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