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Dettaglio seduta n.170 del 20/03/07 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


GARIGLIO DAVIDE



(La seduta ha inizio alle ore10.35)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia (ordine del giorno n. 572 "Manifestazione nazionale 'Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie' - Polistena (RC) 21 marzo 2007" presentato dai Consiglieri, Auddino, Barassi, Boeti, Bossuto Botta, Buquicchio, Cattaneo, Cavallaro, Cavallera, Chieppa, Cirio, Clement Cotto, Dalmasso, Ferraris, Guida, Larizza, Laus, Lepri, Motta, Muliere Nastri, Nicotra, Pace, Pichetto Fratin, Placido, Pozzi, Rabino, Reschigna Ricca, Robotti, Rostagno, Ronzani, Rutallo, Toselli, Travaglini Turigliatto, Valloggia, Vignale)


PRESIDENTE

La seduta odierna del Consiglio regionale è un'Assemblea aperta, ai sensi dell'art. 46 del Regolamento interno. Essa ha come tema "La giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia", come da ordine del giorno n. 572, "Manifestazione nazionale 'Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie' - Polistena (RC) 21 marzo 2007" presentato dai Consiglieri, Auddino, Barassi, Boeti, Bossuto Botta, Buquicchio, Cattaneo, Cavallaro, Cavallera, Chieppa, Cirio, Clement Cotto, Dalmasso, Ferraris, Guida, Larizza, Laus, Lepri, Motta, Muliere Nastri, Nicotra, Pace, Pichetto Fratin, Placido, Pozzi, Rabino, Reschigna Ricca, Robotti, Rostagno, Ronzani, Rutallo, Toselli, Travaglini Turigliatto, Valloggia, Vignale, approvato dal Consiglio regionale nell'adunanza consiliare del 20 febbraio 2007.
Colleghi, permettetemi di introdurre il dibattito consiliare con due brevi parole.
La giornata del 21 marzo, che è il primo giorno di primavera, è il momento dedicato alla memoria e all'impegno contro tutte le mafie. L'anno scorso la manifestazione nazionale in ricordo delle vittime di mafia si è svolta a Torino, con i familiari delle vittime; infatti, in quell'occasione, proprio qui vicino, in piazza San Carlo, nel corso della manifestazione avvenne l'annuncio dell'arresto degli esecutori materiali dell'omicidio del collega Fortunio, Vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria. In quel momento ero materialmente vicino alla vedova del nostro collega calabrese.
Quest'anno - domani - in Calabria, a Polistena, si ricorderà, ancora una volta, il valore dell'impegno contro la mafia e l'importanza del ricordo, in particolare di tutti coloro che hanno passato una vita in questo defatigante lavoro.
Il Consiglio regionale del Piemonte - come dicevo - ha deliberato, con un ordine del giorno, di partecipare alla manifestazione di domani in forma ufficiale, con il proprio gonfalone, e ha deliberato di tenere una seduta del Consiglio regionale apposita, un'Assemblea aperta, dedicata al dramma del fenomeno mafioso e al ricordo delle oltre 700 vittime di mafia nel nostro Paese.
Penso di poter dire, colleghi, in nome di tutti, che l'impegno deve essere un qualcosa condiviso da tutti; coinvolgere tutti i livelli istituzionali, ma soprattutto riconoscere il valore e il ruolo delle persone di buona volontà nella lotta contro la mafia, e non è solo retorica.
Non possiamo sostenere l'impegno solo con i discorsi celebrativi e neanche pensare ad una soluzione fondata unicamente sulla repressione, che pure è necessaria. La politica e la società civile hanno chiare e precise responsabilità.
Il 21 marzo è un utile momento per affermare la memoria come strumento possente per capire e rispondere alle sollecitazioni del presente. Memoria significa, allora, riflettere in modo selettivo, per cercarvi non solo le gesta degli eroi, ma anche il bisogno di affermare il principio dell'etica e delle responsabilità.
questo il concetto che può diventare un utile strumento di fiducia per il domani.
Personalmente, credo profondamente in queste cose e, se mi consentite una licenza, vorrei raccontare un fatto: ho avuto modo di incontrare casualmente, sul treno, un'anziana signora, con la quale ho iniziato una conversazione che è durata per tutto il viaggio.
Questa signora, ho scoperto alla fine del viaggio, si chiamava Saveria Antiochia, ed era la madre di un Agente di polizia, assassinato mentre faceva la scorta al suo Commissario.
Questa signora, che non aveva mai fatto vita politica, era stata una mamma di famiglia sempre estremamente riservata, ad un certo punto ha iniziato a rispondere agli inviti che le arrivavano dai ragazzi, nelle Università e nelle scuole, ha iniziato a parlare ed incontrare persone e raccontare l'esperienza di suo figlio e del dolore che aveva provato lei.
Così, è diventata negli ultimi anni della sua vita, una testimonianza vivente dell'impegno della gente, della società civile, ma preferisco dire della gente, della gente comune, contro la mafia e a favore della legalità.
Lei diceva: "Sono un vecchio ronzino, ma tirerò avanti finché posso combattendo la battaglia per mio figlio".
Penso siano questi gli esempi che toccano anche chi, come noi, ha incarichi istituzionali di particolare rilievo.
Il 21 marzo, domani, per noi oggi, ricordiamo chi è morto, chi ha sacrificato la vita nell'interesse di tutti, ma è anche la giornata dell'impegno sul terreno della legalità e della giustizia.
L'antimafia della repressione spetta alle Forze dell'ordine, ma ci vuole anche un'antimafia dei diritti. C'è una responsabilità della società civile, che deve organizzarsi; molte organizzazioni e molte associazioni l'hanno fatto. Cito, fra queste, "Libera", l'associazione che ha dato la spinta per arrivare a questa giornata di commemorazione. Mi pare, dunque estremamente importante farlo.
Penso che la giornata del 21 marzo debba trasformarsi in un pungolo quotidiano del nostro lavoro.
Ritengo che si debba continuare a sostenere l'importanza dell'educazione alla legalità nelle scuole, e continuare il lavoro che è stato avviato nel 1996, con la legge sulla confisca dei beni mafiosi e il successivo riutilizzo a fini sociali.
Guardate che non è una questione che tocca solo altre regioni d'Italia anche qui, in Piemonte, esistono beni confiscati ai mafiosi; anche qui, in Piemonte, siamo di fronte a questo problema e non possiamo lasciare soli i Sindaci dei piccoli Comuni, alle prese con quei poteri criminali che a volte si battono in ogni modo per difendere i beni che sono confiscati su quei territori.
Dobbiamo far capire che c'è una vicinanza corale di tutte le Istituzioni pubbliche.
Per la dodicesima giornata della memoria e dell'impegno contro la mafia, quest'anno è stata scelta la Calabria; l'anno scorso il Piemonte e Torino. Quest'anno è stata scelta Polistena, una cittadina al centro della piana di Gioia Tauro, uno fra i più importanti territori della Calabria per le sue potenzialità economiche e sociali, ma anche un territorio condizionato pesantemente dalla criminalità organizzata.
Il Consiglio regionale, come dicevo, ha deliberato di inviare una delegazione domani, che sarà composta dai Consiglieri Auddino, Boeti Cirio, Clement e Giovine. Penso che, al termine di questo dibattito potremo affidare loro il compito di andare e portare sul palco domani, agli Amministratori della Calabria, la vicinanza degli Amministratori piemontesi, del Consiglio regionale del Piemonte e soprattutto la nostra voglia di essere uniti, decisi, risoluti, a fianco di coloro che nell'Istituzione e nella società civile, combattono questa battaglia ogni giorno e per questa battaglia sacrificano dei pezzi della loro vita.
Vi proporrei, prima di iniziare il dibattito aperto, di ricordare, con un minuto di silenzio, le vittime della mafia: civili, militari, funzionari pubblici e gente comune. Grazie.



(L'Assemblea, in piedi, osserva un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Segretario Chieppa; ne ha facoltà.



CHIEPPA Vincenzo

Grazie, Presidente. Ho chiesto la parola come componente dell'Ufficio di Presidenza, quindi non intervengo in nome del Gruppo, per ricordare che problemi di salute mi hanno impedito di partecipare alle ultime riunioni dell'Ufficio di Presidenza, e di questo mi scuso, ma ovviamente non è dipeso dalla mia volontà.
Voglio segnalare all'Aula il mio pacatissimo dissenso rispetto alla decisione assunta dall'Ufficio di Presidenza di non consentire alle associazioni impegnate sul versante antimafia di poter intervenire nell'ambito di questo Consiglio aperto.
Un errore, credo, perché - lo diceva bene il Presidente nel suo intervento introduttivo - non si tratta solo di reprimere, ovviamente, ma si tratta anche di far crescere nella società gli anticorpi a quel terribile fenomeno che sono le organizzazioni mafiose, con tutto quello che comportano anche in termini di radicamento, in senso negativo, nel corpo sociale del nostro paese.
Dunque sarebbe stato un bel segnale, io credo, se avessimo ascoltato anche la voce delle associazioni, di tante donne, uomini e giovani che quotidianamente sono impegnati in questa battaglia.
Ancora, come componente dell'Ufficio di Presidenza, mi permetto di fare un appello a tutto il Consiglio. Noi abbiamo da tempo una proposta di legge ferma in Commissione, che riguarda proprio questi temi: credo che sarebbe un ottimo segnale - lo chiedo a tutti i Presidenti di Gruppo dell'Aula - se già la settimana prossima quel provvedimento venisse scongelato dalla Commissione competente e venisse approvato dall'Aula. Sarebbe un segnale di concretezza, di volontà vera di contrasto al fenomeno malavitoso.



PRESIDENTE

Comunico che il Consigliere Ricca, Presidente del Gruppo consiliare Socialisti Democratici Italiani, essendo impegnato al Convegno ANCI presso il Lingotto, ci ha trasmesso il testo scritto dell'intervento che avrebbe tenuto in Aula.



RICCA Luigi Sergio

"Nell'esprimere il pieno e convinto consenso all'adesione della Regione Piemonte alla celebrazione della 'giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia' nonché alla proposta di legge di concreto sostegno a persone, comunità e istituzioni impegnate in tale lotta, desidero formulare alcune osservazioni utili ad un ulteriore approfondimento di metodo e di merito.
Può darsi, come sostiene taluno, che sia sconsigliabile l'infittirsi di celebrazioni commemorative nel calendario civile, poiché l'effetto saturazione e la possibile confusione di messaggi sostanzialmente affini potrebbero rendere meno pronta l'attenzione dei cittadini e specialmente dei più giovani.
Anche la sollecitazione alla funzione pedagogica della memoria potrebbe risultare infine velleitaria, consegnata ad una convenzionalità rituale priva di autentica partecipazione.
Ma in questo caso, quello che invece deve essere chiaramente fatto emergere è che qui non si ricordano soltanto eventi trascorsi, vittime nobili e sfortunate di una vicenda storica consegnata alla storia. Qui si parla di una guerra in corso, ben lungi dall'essere conclusa e dall'esito tutt'altro che sicuro. Le vittime che ricordiamo sono i compagni caduti al fianco degli altri cittadini per resistere alla brutale guerra di aggressione alla dignità del vivere civile che le mafie hanno scatenato e tuttora conducono con feroce protervia.
Dunque la funzione del ricordo coincide con il ribadire la volontà di non arrendersi, di resistere a questo imbarbarimento della vita collettiva che la criminalità organizzata prepotentemente introduce nella società.
E naturalmente implica anche la determinazione nell'individuare ogni ulteriore mezzo efficace per prevalere in questo conflitto.
La sociologia, la storia, l'antropologia, l'economia politica, la psicologia individuale e collettiva sono certamente strumenti fondamentali per meglio conoscere la natura del nemico contro il quale si è obbligati a battersi e per meglio prosciugarne il mare di disperazione sociale collusione, omertà, indifferenza e paura entro il quale prospera e si riproduce.
Ma altrettanto fondamentale è perfezionare gli strumenti giuridici amministrativi, economici e organizzativi con i quali migliorare l'efficacia e la durata della combinata opera di prevenzione e di repressione del fenomeno criminale.
D'altra parte, l'esperienza di altri paesi che hanno dovuto affrontare tale fenomeno su vasta scala (si pensi ad esempio, ma non solo, agli USA degli Anni Trenta) ci dicono che essenziale risulta l'apprestamento di forme capillari di tutela di quei cittadini onesti e coraggiosi che non vogliono piegarsi al ricatto mafioso e che non per questo debbono essere abbandonati ad un rassegnato destino di eroi loro malgrado da celebrare alla memoria.
Opportunamente la proposta di legge regionale si muove in tale direzione, ma forse occorre ancora arricchirla e perfezionarla con le iniziative concrete da mettere in campo dopo la sua approvazione. Ad esempio: perché non ipotizzare forme di coordinamento istituzionale e organico con magistratura e polizia al fine di offrire migliori opportunità operative in tutti quei casi in cui sia necessario prevedere tutele di tipo totale per coloro che sono disposti a denunciare i soprusi e a testimoniare contro i criminali? Dopo tutto, le Regioni hanno varie ed estese competenze, che potrebbero rivelarsi preziose per consentire spostamenti di residenza, mutamenti di luoghi e tipologie professionali, concreto sostegno a chi si deve sobbarcare cambiamenti tanto onerosi quanto rischiosi nella sua vita personale e soprattutto familiare.
Analogo e anche più ampio terreno di aiuto si può immaginare per il soccorso delle vittime, per le quali la solidarietà materiale è altrettanto indispensabile di quella morale e per essere autentica deve potersi prolungare nel tempo, anche dopo le fasi dell'immediatezza emotiva e sentimentale di una scontata solidarietà.
Le Regioni potrebbero altresì svolgere un'utile funzione di coordinamento tra le diverse istituzioni (oltre alla magistratura e alla polizia) chiamate a vario titolo e modo ad intervenire in simili situazioni.
In conclusione, è tempo di pianificare l'insieme delle iniziative e degli interventi, uscendo dall'occasionalità e dalla dispersione di risorse e di proposte.
Può anche darsi che a tale scopo occorra reperire risorse superiori a quelle sinora raccolte, ma credo che i cittadini sarebbero ben lieti di essere chiamati a fornire un contributo che apparisse chiaro negli obiettivi, concreto nel perseguirli e soprattutto efficace nei risultati tali da restituire davvero a tutti e ad ognuno quella sicurezza che è il fondamento di ogni vivere".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Auddino; ne ha facoltà.



AUDDINO Angelo

Ritengo che la discussione di oggi e il Consiglio regionale aperto siano molto importanti, in primo luogo perché sono presenti le istituzioni militari e le organizzazioni delle forze dell'ordine e in secondo luogo perché alcune settimane fa tutte le forze di questo Consiglio regionale hanno votato un ordine del giorno unitario - da parte di tutti, senza distinzione di partito - di adesione alla manifestazione di domani in Calabria, contro la mafia, per la legalità. Credo che questo sia un segnale molto importante, perché purtroppo non sempre in tutti i Consigli regionali o in tutte le istituzioni d'Italia avviene la stessa cosa, quindi anche come Regione Piemonte diamo sicuramente un buon segnale su questo tema.
Come lei rammentava, Presidente, l'anno scorso la manifestazione del 21 marzo si tenne proprio qui a Torino e vide la partecipazione di numerosi cittadini e di molti giovani (qualcuno parlava di 50-60 mila partecipanti).
Quest'anno si svolge nel mio paese di origine, che è Polistena. Come lei ricordava, questa cittadina, di appena 12 mila abitanti, si trova a mezza strada tra lo Jonio e il Tirreno ed è posta al centro della Piana di Gioia Tauro, fra Rosario e Locri (cito queste cittadine perché sono emblematiche anche per i fenomeni di mafia). Una cittadina che si trova immersa tra gli uliveti e gli aranceti, e io invito molti piemontesi che non si sono mai recati da quelle parti ad andarci, perché ne vale veramente la pena dal punto di vista del territorio e dell'ambiente.
Noi andremo a Polistena domani mattina insieme a centinaia di piemontesi (sono circa 600 i ragazzi del Piemonte che in questo momento sono in viaggio sui pullman o sui treni per andare in Calabria) e ci uniremo ai 40 mila giovani che da tutta Italia andranno a Polistena per dire no alla mafia e all'illegalità.
Noi vogliamo dire ai ragazzi della Calabria, ma a tutti i ragazzi d'Italia, ai giovani, ai calabresi, alle popolazioni del sud, a quanti lottano contro la mafia che il Piemonte è dalla loro parte.
La mafia, la malavita organizzata - lo sappiamo benissimo tutti, ormai è diffusa in vaste aree dell'Italia; soprattutto nel sud, alcune Regioni sono interamente appestate da questo fenomeno criminale e si tratta di un'emergenza nazionale, non soltanto di una questione locale. Quindi la lotta alla mafia, alla malavita organizzata è una lotta che interessa tutto il paese e non solo alcune parti del nostro territorio.
Tra le Regioni più inquinate dal fenomeno mafioso, sicuramente oggi la Calabria appare come un buco nero, una terra che è bella, che è ricca di storia, di bellezze naturali e che ha un potenziale - lo diceva lei Presidente - di sviluppo enorme, ma nello stesso tempo questo potenziale viene schiacciato dal fenomeno criminale della mafia.
Oggi più la mafia in quel territorio è sviluppata, più le popolazioni sono arretrate dal punto di vista economico e dello sviluppo sociale. La 'ndrangheta (così si chiama, come voi sapete, la mafia in Calabria) è diventata una delle organizzazioni criminali e criminose più potenti del mondo. Nel corso degli anni, è diventata una sorta di piattaforma logistica al servizio di attività criminali di mezzo mondo. Intrattiene rapporti così dicono gli studi che si sono fatti su questo fenomeno - con alcuni Stati stranieri, addirittura per esempio con la Colombia per il traffico della droga. Investe non solo più nei paesi del sud, ma anche nelle capitali mondiali in grandi operazioni immobiliari.
I rapporti, dicevo, parlano della 'ndrangheta come di una realtà economica che produce un giro di affari paragonabile al fatturato di una delle prime cinque multinazionali europee.
In Calabria vivono all'incirca 2 milioni di abitanti e credo che 7-8 milioni di abitanti vivano fuori dalla Calabria. Nel dopoguerra i calabresi sono andati a lavorare in tutti i posti del nord Italia e non solo, ma del mondo; tuttavia, l'andare via oggi dalla Calabria o l'essere andati via prima non è una scelta di vita e a volte non è soltanto per trovare un posto di lavoro: spesso è anche la necessità di trovare condizioni di vita e di libertà che sono naturali per l'uomo.
La mafia è quindi una questione di libertà, è una questione di democrazia. E non c'è libertà, se si deve pagare il pizzo per svolgere la propria attività economica, per lavorare; non c'è democrazia, se si deve pagare e ci si deve sottomettere per essere protetti, per poter vivere.
In questo buco nero della Calabria, come ricordava prima il Presidente un anno e mezzo fa, nell'ottobre del 2005, a Locri, la mafia ammazzava Franco Fortugno, il Vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria.
stato un atto sfrontato molto forte nella logica della mafia, che voleva dire: "Qui comando io, la politica la decido io". Un po' com'era capitato a Palermo un decennio prima con Falcone e Borsellino, doveva dare un grande segno di forza a tutto il territorio, marcare il territorio.
Io, invece, credo che il fenomeno più importante di questo buco nero sia la speranza che dopo questo omicidio eccellente è venuta fuori dai movimenti, soprattutto dei ragazzi. I ragazzi giovani, con un tam-tam, si sono mossi in Calabria e in tutt'Italia e hanno fatto nascere una speranza: per la prima volta nella storia della Calabria e della malavita calabrese si sono fatte delle indagini su questo omicidio e si sono riusciti a trovare i mandanti e gli esecutori di questo efferato episodio di Fortugno.
Quindi, domani, in Calabria, vogliamo andare a dimostrare questa speranza con la nostra presenza; dire che noi non siamo lontani da chi oggi lotta contro la criminalità, da chi lotta contro la mafia.
I giovani hanno lanciato un SOS; voi tutti ricorderete quello striscione che ha fatto molto discutere e che è entrato nella testa e nel cuore di molti di noi: "E adesso ammazzateci tutti"; fu esposto ai funerali di Fortugno, ma è usato come emblema.
una sfida forte, altrettanto forte come la mafia aveva osato fare. E' anche, io credo, un messaggio positivo, che vuol dire: "Se siamo uniti, non ci possono ammazzare tutti".
Io penso che a questi ragazzi, alla Calabria che spera, contro quella Calabria che spara, a tutto il sud, il Piemonte deve far sapere che non sono soli.
Dal Piemonte alla Sicilia, tutta l'Italia è unita in questa battaglia.
Credo che le istituzioni e la politica debbano tenere sempre alta la guardia contro la criminalità.
La lotta alla mafia va condotta colpendo al cuore i centri economici del malaffare, utilizzando anche tutti i mezzi possibili, anche quelli moderni; i cittadini devono acquistare fiducia e reagire.
Andremo a Polistena per dare speranza a chi lotta e per dire ai giovani che la mafia non è invincibile.



PRESIDENTE

Ringrazio le autorità civili e militari per aver voluto essere presenti a questo dibattito. Se lo ritengono, nel corso dell'Assemblea aperta, hanno la facoltà di intervenire in qualsiasi momento.
iscritto a parlare il Consigliere Leo; ne ha facoltà.



LEO Giampiero

Cari ospiti, colleghi e colleghe, questo dibattito - è bene e giusto ricordarlo - nasce da un ordine del giorno unitario del Consiglio regionale.
Un ordine del giorno che, dopo aver fatto la storia di una parte dell'impegno del Consiglio regionale, recita: "Invita la Presidenza del Consiglio regionale a partecipare alla manifestazione in forma ufficiale con una delegazione del Consiglio".
Quindi ringrazio i colleghi che andranno a Polistena e ringrazio la Presidenza del Consiglio per aver disposto questo. Non è una cosa banale che una delegazione del Consiglio regionale, per le ragioni che dirò dopo partecipi.
Il documento invita anche: "... a convocare, unitamente alla Conferenza dei Capigruppo, per la giornata del 21 marzo p.v., una seduta del Consiglio regionale dedicata al dramma del fenomeno mafioso e al ricordo delle oltre 700 vittime di mafia avutesi nel nostro paese o, in alternativa, riservare allo scopo uno spazio nel corso della seduta del Consiglio regionale più prossimo alla data del 21 marzo". Questo è quanto è stato fatto.
Ringrazio una collega seria e capace come la Consigliera Cotto, che ci dice sempre che, quando votiamo gli ordini del giorno, dobbiamo poi verificare che vengano rispettati, altrimenti sono lettera morta, sono una presa in giro.
Ringrazio in questo caso la Presidenza del Consiglio e tutti i Capigruppo per aver dato corso a quanto enunciato, perché la credibilità sta nelle piccole cose, anche nel mantenere gli impegni.
L'ordine del giorno, infine, "invita la Giunta regionale e la Presidenza del Consiglio regionale a promuovere iniziative di sensibilizzazione e di sostegno per la partecipazione dei cittadini piemontesi alla manifestazione".
Si tratta dunque di un documento unitario su una questione così importante e delicata; questa drammaticità meriterebbe ben altro tono. Non enfatizzo, perché qui siamo tutte persone assolutamente consapevoli dei mali della società e del ruolo che può aver la politica. Mi dispiace quindi quando, in maniera demagogica, qualcuno lancia accuse di qualche tipo, come quelle che ho letto oggi sui giornali, all'intera classe politica, con parole quali avvoltoi e simili. Non fa bene alle istituzioni e non fa bene alla politica.
Nel mio intervento, mi rifaccio ad un intervento mille volte più autorevole, per me uno dei più autorevoli nel paese, quello del Presidente Napoletano, che dice: "E' molto giusto dire che le mafie sono diverse: l'impegno non può che essere comune, pur nelle situazioni concrete, che presentano tanti aspetti così caratteristici l'una rispetto all'altra. Una cosa è assolutamente certa: non può bastare l'impegno dello Stato in senso stretto, non può bastare l'impegno consistente nell'azione di governo e specificamente, nell'azione delle forze di polizia e della Magistratura. E' indispensabile, per vincere questa battaglia, il coinvolgimento di tutti".
Di tutti, a partire dalla società civile. Vorrei dunque ricordare che questo Consiglio regionale è stato convocato, certamente per un voto del Consiglio, ma perché l'Associazione "Libera" e altri amici a loro collegati hanno proposto questo Consiglio regionale, l'hanno sollecitato e ci hanno portato un ordine del giorno. Trovo molto bello che sia stato recepito; lo trovo un sistema di grande democrazia e trasparenza, quando iniziative della società civile vengono accolte e rispettate.
Non è l'unico caso. Io sono impegnato con tutto il mio Gruppo, ma anche con colleghi come i Consiglieri Dalmasso e Bossuto, a difendere spazi di democrazia, come i centri studenteschi, con iniziative che vengono dal basso. Le derive autoritarie - ahimè - non hanno una sola matrice politica possono averne tante, come dimostrano i fatti di questi giorni.
Il Presidente Napoletano prosegue: "E' una battaglia che dura quasi da quando è nato lo Stato unitario. La piaga è antica, c'è qualcosa di profondo nelle radici delle mafie, soprattutto in alcune Regioni del Mezzogiorno... Non si può vincere questa battaglia contro le mafie senza una grossa mobilitazione civile".
Per cui il discorso di Polistena, dei partiti... Insomma, prima di liquidare, come si fa demagogicamente, qualsiasi forma di azione politica in primis i partiti, pensiamo a quali alternative, a cosa potrebbe o vorrebbe sostituire: forme di populismo, poteri forti, ... Riflettiamo anche su questo.
Ed ancora: "... anche pensando a quello che è accaduto negli ultimi tempi a Napoli... rimane essenziale un impegno di diffusione della cultura della legalità...".
Da questo punto di vista, ritorno alla proposta di legge, elaborata da un gruppo di associazioni, alla quale abbiamo lavorato con diversi colleghi. Cito fra tutti, perché siamo stati fra i più assidui (ma poi l'hanno firmata tutti, primo firmatario il collega Gariglio), la collega Pozzi ed io, che abbiamo partecipato ai primi lavori; poi hanno anche aderito tanti altri colleghi, ma noi siamo stati i primi. Successivamente il collega Auddino e tanti altri hanno prestato tantissima attenzione ad elaborare e recepire questo disegno di legge, che - di nuovo, cosa bellissima - veniva da "Libera" e altre associazioni.
Nel suo discorso, il Presidente Napoletano parla di "diffusione della cultura, della convivenza civile e delle sue regole". Se noi approvassimo al più presto, il disegno di legge unitario presentato e che è all'esame della Commissione, sarebbe sicuramente una cosa molto buona.
Fra l'altro, tengo a dire che la minoranza, di fronte a tali questioni sta manifestando un grande senso di responsabilità; non che la maggioranza non lo dimostri, ma vorrei citare, ad esempio, il fatto che oggi, insieme ai colleghi Cotto e Lupi, abbiamo garantito il numero legale che non era assicurato in Commissione cultura, per approvare la legge sui 150 anni dell'Unità d'Italia. Fra l'altro, quando ne discuteremo (non so quando spero il più presto possibile), vorrei ringraziare il collega Vignale perché su questa legge, insieme al collega Ghiglia, ha dato un grande contributo dalla minoranza di elaborazione tecnica, di serietà, ecc., ecc.
Ciò per evidenziare che su questi temi noi ci siamo, per cui quando alziamo la voce su vicende che non vanno nella maggioranza, non è strumentale, ma, evidentemente, è indispensabile.
"Cultura della legalità, della convivenza civile e delle sue regole.
importante questa parola cultura...". E qui il Presidente Napoletano parla appunto dell'importanza del tema della cultura, aggiungendo: "Sappiamo che ci sono tante forme di mobilitazione civile, sappiamo dell'appello di denunciare l'estorsione e l'usura". Il Piemonte si è mosso anche su questo.
Voglio ancora ricordare che era presente il collega Auddino - che ringrazio - e la collega Loiacono del Consiglio provinciale, ad un incontro con il giornalista Cocuzza, sull'omicidio Fortugno. È stato un incontro molto partecipato, in cui abbiamo sentito esponenti calabresi (non residenti in Piemonte come il collega Auddino e il sottoscritto) pronunciare un durissimo atto di accusa alle Istituzioni che si sono succedute, di vario colore politico, in Calabria, per insensibilità sulla questione. Ci sono stati casi inquietanti - non dobbiamo nasconderlo nella Magistratura. Il termine stesso mi imbarazza, ma basti pensare a quello del Magistrato detto "La cinghiala" per l'esosità delle richieste.
Era un Magistrato, non era un politico.
A questo punto occorre che l'impegno sia altissimo e generale.
Bisogna indignarsi. Bisogna avere la forza di indignarsi, anche se a volte è una sofferenza. Bisogna lavorare insieme contro il terrorismo e contro questi cancri che affliggono la società. Bisogna lavorare insieme.
Le forze politiche se ne devono assumere tutto l'impegno e il sostegno.
Esprimo la mia vicinanza - e sono felice di dirlo qui - ai Carabinieri alla Polizia e alle Forze dell'Ordine che sono in prima fila perché, come dice il Presidente Napolitano, se noi riusciamo a dare davvero questa consapevolezza diffusa e a mobilitare tantissimi operatori della società civile, possiamo poi dare forza all'azione repressiva dello Stato, alla lotta più concretamente capace di sconfiggere questa piaga.
Quindi grazie alle nostre Forze dell'Ordine, alla Magistratura all'Esercito, alla Polizia, alla Finanzia, alle Prefetture e a tutti coloro che operano concretamente in prima linea.
Concludo come ho iniziato: torna la palla al Consiglio regionale per la legge. Dovremmo continuare a sostenere tutte le iniziative di mobilitazione civile - e ci stiamo lavorando in Commissione - e non solo attuare, ma finanziare e dare corso a questa legge.
Queste cose sono sempre state importanti. Ne sento parlare da quando sono ragazzino, ma in un momento di crisi morale e civile come questa nel Paese - chi ha visto le tre puntate di "Viva l'Italia" avrà toccato con mano l'emergenza - la politica non deve cedere a demagogie, perché non c'è una società pura o una comunità corrotta: siamo tutti, nel bene o nel male una cosa sola. Se oggi la politica riesce a dare risposte alte, coraggiose tenaci, unitarie e dure al crimine e al terrorismo, daremo un buon segnale anche ai cittadini. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Dalmasso; ne ha facoltà.



DALMASSO Sergio

Grazie, Presidente.
Non so se interverranno gruppi e associazioni che lavorano su questi temi o soggetti che ogni giorno si scontrano con la criminalità.
La mafia nasce in Sicilia occidentale molti secoli fa. È inutile farne la storia, ma cresce in una società contadina estremamente povera e si alimenta di contraddizioni sociali inerenti ai rapporti di produzione legati al feudo. Nasce sull'idea che le controversie devono essere sciolte direttamente tra offensore e offeso; che ricorrere alla giustizia, al potere pubblico o alla Stato sia viltà e che l'omertà sia legge e regola fondamentale.
Ha però la capacità, nel corso del tempo, di adattarsi a sistemi e modelli sociali completamente differenti. Viene usata massicciamente contro ogni tentativo di cambiamento nel corso dei secoli (penso al '700); viene usata dal movimento nazionale italiano nello stesso processo unitario e l'unità nazionale non è stata in grado, purtroppo, di toccarla, perché non ha toccato i rapporti di produzione che se sono alla base. Anzi, lo stesso modo in cui si costruisce l'unità italiana, con una sorta di patto fra la grande proprietà latifondista meridionale e la grande borghesia del Nord fa sì che questa malattia non venga sconfitta.
La mafia investe settori molti ampi della nostra vita nazionale.
Produce modelli culturali e strutture organizzate. Ha la capacità di sostituirsi in molti casi al potere politico e legislativo. Ha la capacità di influenzare la giustizia. Ha la capacità di interferire con le leggi e delibere legislative. Nasce da un'ostilità verso il potere centrale, verso lo Stato. Mantiene sostanzialmente questo atteggiamento anche quando, con l'emigrazione italiana, diventa fenomeno non solo nazionale, ma internazionale. La mafia negli USA nasce in questo modo.
Credo che anche negli anni della democrazia, dopo il 1945, non ci sia stata la volontà di colpire fino in fondo questo fenomeno. In molti casi vi è stato un appoggiarsi, da parte di settori criminali, al potere dello Stato. Ci fu la capacità di usare anche la mafia nella repressione di alcuni grandi movimenti democratici che ci furono nel Meridione italiano: i moti contadini, ad esempio, che furono una delle grandi pagine che tentarono di cambiare questo Paese.
La mafia oggi non è solo legata alle condizioni di sottosviluppo delle Regioni più povere. È cresciuta in società avanzate. Nasce da forme di solidarietà tra persone che ritengono di non dover mai rendere conto alla giustizia e diventa costume di vita non solo in alcune Regioni italiane, ma di classi dirigenti di moltissimi Paesi. Non è quindi circoscritta, ma si ramifica sul piano internazionale, anche per fortissimi legami con il potere economico.
Credo che ci siano alcune considerazioni preoccupanti.
La prima, come è stato detto anche da altri, è che in moltissime Regioni italiane, non solo in Sicilia occidentale in cui è nata, ci sono questi e altri fenomeni. Il Consigliere Auddino parlava della terra da cui viene, dove vi sono fenomeni sostanzialmente similari. In molti casi, il potere dello Stato sembra essere subordinato ad altri poteri; dove la stessa politica e gli stessi partiti non riescono ad avere una loro autonomia, ma sono fortemente legati e intrecciati a questo potere criminale.
La seconda questione, che preoccupa chi ancora ha l'utopia di sperare che il mondo cambi e che le cose possano essere differenti, è che non solo in Italia, ma in molti Paesi del mondo, il legame tra la politica e la malavita è profondamente presente.
La Colombia è sicuramente uno di questi, ma accade anche in altri casi.
Sempre più frequentemente si parla di mafia cinese, di mafia giapponese e di mafia russa. I fenomeni migratori creano anche un intreccio tra queste mafie e il drammatico fenomeno del commercio della droga, con conseguenze ancora più gravi.
Noi pensiamo che ci sia un'urgente necessità di incidere sulla coscienza civile. La scuola, la formazione e l'informazione devono cancellare qualunque idea secondo cui l'onore, la forza e la violenza sono gli strumenti primi per essere capaci.
Occorre che questo venga fatto, ma occorre anche una grande capacità di modificare strutture e rapporti economici.
Quando in molte Regioni meridionali e in alcuni settori la mafia diventa struttura economica a fronte di una disoccupazione endemica, o quando si sostituisce, in molti casi, a quelle che dovrebbero essere le stesse strutture statali, siamo davanti ad un pericolo che va al di là di una semplice coscienza, ma che, anzi, modifica la coscienza stessa.
Noi pensiamo che il ruolo svolto dallo Stato, dalla Magistratura, dalla politica, dagli Enti pubblici e dalle Forze dell'Ordine sia fondamentale e centrale, ma che debba nascere solo con un rapporto fortissimo con quelle forme di società civile. Il Consigliere Auddino ha citato gruppi di giovani che disperatamente tentano di invertire una tendenza pericolosa, penso alle cooperative che nascono e ai tentativi, estremamente difficili e complessi di creare strutture laddove queste appartenevano solo alla criminalità.
Così come è stato detto dal Consigliere Leo e da altri colleghi, credo che dovremo adottare un piccolo strumento, certamente non risolutivo, che è costituito da quella famosa legge, la quale è stata sottoscritta da tutti i Consiglieri e il Presidente di questo Consiglio è il primo firmatario, che da molti mesi attende di essere approvata. Nell'ultima Commissione specifica, il Consigliere Cattaneo, in vista dell'odierno Consiglio, ha chiesto la sua approvazione, ma, purtroppo, non è stato possibile. Dispiace a noi tutti, perché credo avrebbe costituito un piccolo strumento certamente non risolutivo di tutti i mali, con il quale anche il nostro Consiglio avrebbe potuto essere parte attiva a tutto quanto questo.
Dobbiamo agire in ogni forma e modo, ma non dobbiamo, con un certo razzismo settentrionale, considerare che i fenomeni di malavita e mafia siano solo appartenenti ad alcune parti di questo nostro territorio nazionale. La malavita si può manifestare in mille modi e mille forme, ci sono forme maggiormente sofisticate che, certamente, toccano anche le nostre aree.
Credo che il ruolo delle forze politiche (Consigli, Enti istituzionali) sia quello di opporsi in ogni modo e forma a questo, ma solo un'idea di forte trasparenza della politica e di fortissima capacità di pensare a strutture sociali diverse, a rapporti sociali differenti, può mettere in discussione questi mali di cui stiamo parlando e di cui temiamo tutti di dover parlare anche in altre occasioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Paolo

Signor Presidente, cari colleghi, porgo un saluto agli ospiti, ai Militari, alle Forze dell'Ordine, alla Magistratura e ai rappresentanti dello Stato, a coloro che quotidianamente sono in prima fila ogni giorno nella lotta alla mafia; altresì saluto le associazioni presenti.
Soprattutto, ai familiari delle vittime vorremmo rinnovare ancora quella partecipazione al dolore silenzioso che si portano dentro: oltre 700 vittime. A volte ci capita di essere chiamati a ricordare episodi che sono avvenuti oltre 60 anni fa nell'ultima guerra mondiale, nella lotta partigiana, e ci accorgiamo che il tempo non ha cancellato il dolore nei familiari di quei giovani di allora che hanno dato la vita per la libertà.
A volte c'è il rischio che, dopo il momento di dolore, di rabbia e di commozione, ci si dimentichi un po'; allora, dobbiamo tenere viva l'attenzione per le vittime e ricordare allo Stato che questa deve essere sempre costante. La Giornata della memoria è fatta per non dimenticare chi ha dato la vita nel compimento del proprio dovere; dobbiamo tenere presente che questi morti non sono lontani da noi, questi hanno dato la vita e l'hanno data anche per ciascuno di noi.
L'impegno civile quotidiano consiste nel parlare ai giovani, provocando incontri e dibattiti, ed è anche dato dal comportamento dei singoli soprattutto di chi, come noi, ha responsabilità pubbliche. Il problema della legalità non è un problema distante, sono i comportamenti quotidiani di ciascuno di noi, il rispetto della verità in qualsiasi momento.
Anche nella mia città, qualche settimana fa, è nata l'Associazione "Libera", alla presenza di Don Ciotti e del Presidente Scalfaro, in un incontro con moltissimi giovani delle scuole superiori.
già stato detto dai miei colleghi, sarebbe stato molto bello se fosse già stata approvata la proposta di legge regionale a favore della prevenzione della criminalità. Questo non è avvenuto e ci auguriamo che anche l'incontro di oggi sia di stimolo affinché al più presto questa legge venga approvata. In particolare, questa proposta di legge agisce su due fronti: da un lato, la prevenzione sociale e culturale, dall'altro, la tutela delle vittime della criminalità, in particolare di stampo mafioso.
Quindi, l'attenzione, ancora una volta, lo ripeto, va ai giovani, a tutti i giovani, soprattutto, come è già stato detto, a questi giovani calabresi, che non vanno lasciati soli, loro hanno veramente dimostrato di essere testimoni del nostro tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guida.



GUIDA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, gentili ospiti, l'ordine del giorno che ci ha invitati a convocare un Consiglio regionale su questo argomento è accompagnato da un'iniziativa concreta del Consiglio regionale che è la proposta di legge firmata da tutti i Gruppi, della quale, ormai si parla da alcune settimane e che, effettivamente, avrebbe dovuto essere approvata in questa seduta consiliare, anche per riconoscere in Piemonte il 21 marzo come giornata regionale in ricordo delle vittime della mafia. In questo progetto di legge si parla non soltanto, ovviamente, della giornata del 21 marzo, ma di altre iniziative che l'Amministrazione regionale deve intraprendere per creare anche qui una cultura della legalità.
Pensate che nella Regione Lombardia presso l'Università statale di Milano è stato creato alcuni anni fa l'Istituto per la cultura alla legalità, che ha l'obiettivo di spiegare, soprattutto ai giovani e agli studenti, che cosa vuol dire cultura della legalità, che non necessariamente è una questione di carattere normativo-regolamentare o attività di pubblica sicurezza, ma, soprattutto, è una questione di educazione e di cultura.
Ritengo giusto che la giornata del 21 marzo ci ricordi ogni anno, in un paese in cui la latitanza della memoria, purtroppo, è abbastanza frequente cosa è e cosa è stata la mafia, come ha fatto poco fa il collega di Rifondazione Comunista, e quanti hanno perso la vita a causa di questo fenomeno di carattere sociale, che, purtroppo, non è più soltanto un fenomeno di carattere meridionale, bensì nazionale o internazionale.
Secondo me, sarebbe anche ingiusto non ricordare i successi dello Stato, perché di successi ce ne sono stati, così come iniziative dello Stato, sia a livello di attività delle Forze dell'Ordine che attività di carattere normativo e parlamentare. Qui sarebbe sufficiente ricordare la famosa Legge Rognoni-La Torre, che consentì comunque una serie di successi da parte delle nostre Forze dell'Ordine, che diede una svolta alle indagini e che diede ai magistrati in Sicilia, in Calabria e nelle altre regioni meridionali attraversate da questi fenomeni la possibilità di agire concretamente. Basterebbe ricordare qui i successi delle Forze dell'Ordine ce ne sono tantissimi, ricordiamo soltanto i più recenti legati a Tot Riina e Provenzano, o richiamare la legge che consente dapprima il sequestro, la confisca e l'assegnazione dei beni di mafiosi per fini di pubblica utilità.
Insomma, lo Stato c'è, non è vero che lo Stato non c'è, soltanto che noi commettiamo un errore: pensiamo che lo Stato sia soltanto quello in divisa, quello rappresentato dalle istituzioni romane, mentre lo Stato è anche l'ultimo ufficiale postale del più disperso paesino della Calabria dell'Aspromonte o della Sicilia. Lo Stato è qualcosa di più che l'organizzazione nazionale. Lo Stato è la cultura della legalità, che dovrebbe in qualche modo essere rappresentata da chiunque, dall'insegnante delle scuole elementari al funzionario del Comune della Sicilia o della Calabria che, in qualche modo, rappresenta la Pubblica Amministrazione.
Quindi, è giusto che il Consiglio regionale di fronte alla latitanza della cultura della legalità - questa sì - approvi questo progetto di legge, perché anche dal Piemonte parta un segnale forte di educazione che riguarda soprattutto i giovani, che forse sono disinteressati.
Nei giovani sapete benissimo che c'è il cosiddetto disvalore sociale e cioè il fatto che molti giovani con il passare degli anni non sanno e non conosco cosa è accaduto anni prima.
Quindi, è compito nostro spiegare cosa è accaduto e il motivo di certi fenomeni e quali possono essere le nostre complete responsabilità.
Di fronte a questa latitanza della cultura e dell'educazione, i cittadini e le istituzioni devono reagire in modo autonomo e con lungimiranza, affrontando il problema in maniera radicale e globale radicale soprattutto nei territori in cui il fenomeno si è da molto tempo storicizzato.
Non può infatti passare una riforma elettorale che spezzi il gioco delle preferenze né avrebbe senso sperare che la mafia si impegni ad allestire strutture produttive, servizi sociali, attività economiche e commerciali a favore dei cittadini.
La mafia ha bisogno di una questione più importante per sopravvivere cioè dell'arretratezza e del sottosviluppo; e comunque anche se lo facesse essa sarebbe la sola a trarne beneficio.
Un'organizzazione che dispone di un enorme potere politico - certamente è così - ed economico non può avere paura in maniera paralizzante di alcuna riforma elettorale, di alcun controllo pubblico, di alcuna Commissione di inchiesta se - come ripeto - non c'è qualcosa di più profondo e di radicale che deve riguardare le famiglie, i giovani e tutti quanti hanno delle responsabilità ad ogni livello.
La Regione Piemonte fa bene a sposare queste iniziative, signor Presidente, ma si adoperi con sobrietà e cura, come richiederebbero quanti hanno pagato il più alto prezzo nella sfida alla mafia.
Bertold Brech diceva: "Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi". E noi purtroppo ogni tanto di eroi abbiamo bisogno, quando anche parlando di mafia non possiamo non ricordare politici, magistrati, poliziotti giornalisti, imprenditori e quanti si sono sempre opposti a questo fenomeno mafioso.
Anche la politica, signori Consiglieri lo dobbiamo ricordare, ha fatto la sua parte.
Certo ci sono molte commistioni che riguardano molti partiti di ampio schieramento, non soltanto di alcuni schieramenti, ma anche la politica ha pagato.
Basterebbe ricordare il caso di Fortugno, che è il più recente, ma basterebbe anche ricordare il Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, che pagò il suo "no" alle cosche con la vita o quanti semplici e modesti Consiglieri Comunali, Assessori e Sindaci di Calabria e Sicilia ma potremmo dire anche di Campania e di Puglia, rischiano ogni giorno la vita e sono sottoposti a minacce semplicemente perché dicono "no" o tentano di opporsi al fenomeno delinquenziale.
Ecco che con sincerità e con convinzione, non soltanto abbiamo aderito a questa iniziativa, ma voteremo convintamente la proposta di legge che insieme ad altri abbiamo contribuito a proporre al Consiglio e a firmare alcune settimane fa.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della scuola elementare "Berta" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della scuola elementare "Berta" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.
Il Consiglio regionale oggi sta facendo un dibattito generale sul tema della lotta contro la mafia.
Quindi, avete modo di assistere anche a qualche minuto di questo dibattito prima di riprendere al visita al resto del Palazzo.
Grazie per essere venuti a visitarci.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia (seguito)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Pozzi; ne ha facoltà.



POZZI Paola

Grazie, Presidente.
Ringrazio i colleghi che hanno manifestato nei loro interventi la volontà che la legge attualmente in discussione nella VI Commissione abbia un iter rapido, che ci consenta di portarla in Aula in tempi brevi.
Quindi, come Presidente della Commissione, li ringrazio e sono certa che tutti insieme riusciremo a tenere fede a questo impegno che oggi stiamo esprimendo.
L'ordine del giorno al quinto comma recita: "Il Consiglio regionale esprime la propria adesione alla giornata della memoria e dell'impegno"; ed è su questa parola "impegno" più che su "memoria" che vorrei soffermarmi molto brevemente.
Chi fa politica ha grandi responsabilità. Chi fa politica all'interno delle istituzioni ha responsabilità moltiplicate per cento, perché il ruolo e l'importanza delle istituzioni dipende da che ciascuno di noi opera all'interno delle stesse.
Ogni comportamento opaco, ogni comportamento meno che lineare, ogni dubbio che il nostro comportamento possa suscitare nelle menti e nelle coscienze altrui, diventa un vulnus nei confronti non nostri, ma delle istituzioni nelle quali operiamo.
Noi non possiamo chiedere alla società civile più di quanto noi stessi facciamo ogni giorno nel nostro lavoro.
Quindi, è molto importante questo impegno del Consiglio regionale, così com'è molto importante la nostra delegazione che si recherà in Calabria.
Dobbiamo dare speranza ai giovani delle Regioni teatro e vittime di criminalità mafiosa, ma dobbiamo dare speranza a tutti i nostri giovani; e dare speranza significa innanzitutto dare fiducia.
Non si può avere speranza nel proprio futuro se non si ha fiducia nelle istituzioni.
Fiducia cioè che i favori non sostituiscano mai i diritti e che non ci sia confusione tra diritto e favore. Fiducia che l'appartenenza a gruppi di potere non sostituisca merito e che ciascuno di loro, cioè i giovani, possa avere speranze di costruirsi un progetto di vita perché si impegna, perch cerca di acquisire merito e non perché cerca di ottenere favori o di infilarsi in gruppi di potere che possano proteggerlo.
Fiducia che le istituzioni sono delle case di vetro, le cui pareti non vengono mai appannate rendendo impossibile a chi è fuori di vedere, di controllare e di sapere ciò che viene all'interno.
Fiducia che le regole che la comunità si è democraticamente data - si chiamano comunemente leggi - non vengano mai superate o negate da regole che gruppi si danno al proprio interno.
Questa fiducia è quindi la fiducia diverse in un paese in cui tutte le istituzioni sono davvero dalla parte dei cittadini. Ed è questo che manca dove prevale invece il potere della criminalità organizzata, le cui regole sono prevalenti rispetto alle leggi dello Stato.
Non dimentichiamo mai: lo Stato, le Regioni, i Comuni sono articolazioni della Repubblica. E non dimentichiamo mai che repubblica è una parola composta: cosa pubblica, quindi cosa di tutti, in cui tutti devono sentirsi a casa loro e protetti.
Quindi, con l'approvazione della legge compiremo sicuramente un atto importante che ci impegnerà a sostenere le attività di educazione alla legalità, di contrasto ad ogni forma di criminalità di stampo mafioso.
Credo che questo sia particolarmente importante in un paese come il nostro, in cui purtroppo l'educazione civica è una materia negletta nelle scuole e, quando non lo è, viene trasformata spesso in un arido insegnamento di regole e di leggi, di articoli della Costituzione che vengono letti creando negli studenti più noia che passione.
L'educazione civica, come tutte le educazioni, si insegna più con l'esempio, che con le lezioni, più con i comportamenti che con le indicazioni lette sui libri di storia o di educazione civica. Ed è su questo che può essere inserito anche l'attività che l'Assessorato all'istruzione sta svolgendo, in collaborazione con il MIUR e con le istituzioni scolastiche, di contrasto ai fenomeni di bullismo che non sono necessariamente collegabili, ma che possono creare sfiducia nelle regole nelle istituzioni; la possibilità di eluderle, la possibilità di farla franca e, soprattutto, ingenerare nelle vittime l'atteggiamento di passività, di arrendevolezza, di impotenza nei confronti di chi è più forte e di chi è più prepotente. Ed è sulla passività, sull'arrendevolezza, sul senso di impotenza che, chi è forte e potente, chi prevarica può esercitare la propria attività.
Noi vogliamo un Paese libero da prepotenti, vogliamo uno Stato che previene e che reprime, vogliamo una Repubblica, cioè una Cosa Pubblica, in cui tutti i cittadini siano uguali. Credo che questo sia l'insegnamento che noi possiamo dare ai nostri giovani dando loro fiducia, quindi speranza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Segretario Ghiglia, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



GHIGLIA Agostino

Grazie, Presidente.
Non farò un lungo intervento, tuttavia la nostra forza politica interverrà anche il Consigliere Botta - ci teneva a sottolineare alcuni aspetti.
Il rischio è che giornate come queste - siamo stati favorevoli anche noi - ricoprano un indubbio valore simbolico. Lo sostiene una persona che ha sempre creduto molto, culturalmente, nel potere del simbolo. Il simbolo essendo un elemento che parla immediatamente al cuore, al sentimento e non alla ragione, spesso è più importante della ragione stessa, delle leggi, di quello che una società può fare per contrastare certi fenomeni. Pur riconoscendo a giornate come queste un'alta valenza simbolica, quindi culturale, quindi anche una forma di efficacia profonda, il rischio è sempre quello, lo dico a me stesso, di scadere un po' nella saga dell'ovvio, del buonismo, del tutti facciamo tutto, dell'impegno, che sembrerebbe accomunare indistintamente tutto e tutti. Passando alla politica, sembrerebbe accomunare indistintamente le forze politiche. Ma non è così.
Vedete, Consiglieri, dipende sempre come si formulano le domande. Se noi rivolgessimo, a chiunque, la domanda: "Sei favorevole o contrario alla mafia?" il 99,9% dei cittadini risponderebbe: "Contrario". Se noi rivolgessimo la stessa domanda ad esponenti politici, il 99,9% degli stessi risponderebbe: "contrario!" Se noi, invece, rivolgessimo un'altra domanda del tipo: "Tu, forza politica, singolo esponente politico, Governo nazionale, Governo regionale Governo locale, cosa fai concretamente contro tutte le mafie?" non parlo solo del Meridione (ormai, lo dicevo scherzando al Presidente Gariglio faccio parte di una minoranza etnica: quella dei "piemontesi piemontesi" senza parenti che provengono da altre regioni). Se dovessimo, dicevo chiedere: "Cosa fai concretamente?", o meglio: "Cosa hai fatto concretamente?" Se chiedo "cosa fai" qualcuno mi potrebbe rispondere "sto facendo" e, con questo gerundio, ci sposteremo talmente in là nel tempo che il "facendo" non diventerà mai un fatto.
Al di là della solita perifrasi o prosopopea con cui talvolta affrontiamo certi argomenti, tutti siamo contro la mafia, tutti siamo contro tutte le mafie, tutti siamo solidali, ci mancherebbe altro, e partecipi umanamente con chi ha sacrificato la propria vita sull'altare della lotta contro l'illegalità. Ma appena andiamo oltre queste parole dobbiamo verificare cosa hanno fatto, fino adesso, le forze politiche per contrastare davvero questi fenomeni. Non basta dire "vogliamo essere tutti buoni". È il solito discorso. L'auspicio alla bontà, la tensione verso la bontà contraddistingue la gran parte degli esseri umani. Fin da bambini ci dicono: "Devi essere buono", se non sei buono, chi ha un'impostazione di sinistra, dice "pazienza", chi ha un'impostazione di destra dice "ti spolvero il pannolone": un modo immediato per far capire al bambino che la sua tensione verso la bontà è una crescita educativa.
Il problema qual è, Consiglieri? È che nel momento in cui noi vediamo la levata di scudi - giusta, corretta, condivisa - e poi vediamo che il Governo, l'ultimo Governo del centrosinistra, taglia i fondi sulla sicurezza, ci chiediamo: come farai la lotta alla mafia se ci saranno meno soldi? È vero, ci sono i fenomeni culturali, c'è anche il postino che rappresenta lo Stato...Peraltro, le poste sono state privatizzate, diciamo che lo rappresenta un po' meno. Ammettiamo che fino a qualche anno fa anche il postino rappresentasse lo Stato così come il maestro elementare, per quando si parla di assassini, di narcotrafficanti, sfruttatori di prostitute, ecc. il primo piano di intervento non è esattamente quello culturale. L'altro piano - chiedo scusa alle anime troppo candide che temono certi nomi, certi aggettivi e anche certe definizioni - quando incontro il fenomeno per quello che è, è la repressione, la presenza e la forza dell'imposizione, l'autorità dello Stato. Questa si ottiene con una reazione dello Stato.
Come si fa la lotta alla mafia, alle mafie se non si danno più soldi per la sicurezza? Se non si aiutano maggiormente tutte le forze dell'ordine sia quantitativamente che qualitativamente a condurre questa lotta? Non è espandendo alle associazioni, Consiglieri, che si fa la lotta alla mafia ma investendo in sicurezza e non solo in cultura. Non in associazioni che a loro volta hanno associazioni, che a loro volta hanno associazioni che fanno la lotta. La lotta è impari. La lotta all'assassino la fa lo Stato la lotta allo spacciatore la fa lo Stato.
Scendiamo di livello. Cosa facciamo noi, Consiglio Regionale del Piemonte, nella battaglia contro le mafie? Quando da due anni la Giunta regionale del Piemonte non finanzia più la legge sulla sicurezza voluta dal centrodestra, cioè dall'Amministrazione precedente.
Su quella legge non è più stato stanziato un euro; la volete cambiare c'è stata un'audizione qualche mese fa e il rappresentante della Prefettura vi ha detto che per come l'avete scritta è addirittura incostituzionale cioè non è recepibile. Lì ci siamo fermati e sulla legge sulla sicurezza non c'è più un euro.
Con cosa la facciamo la lotta alle mafie, colleghi? La facciamo dando i contributi alle associazioni? Lo chiedo, perché il contributo all'associazione o a talune associazioni che fanno delle attività meritorie è sicuramente importante, però i soldi vanno prima impiegati per la sicurezza, poi, caso mai, per l'associazionismo, che, per essere chiari fatto a Torino non credo vada a risolvere i problemi di Gioia Tauro.
La lotta alla mafia finanziata a Torino non ha alcuna incidenza a Gioia Tauro (dico Gioia Tauro, ma potrei citare tante altre realtà).
Andiamo, caso mai, a sovvenzionare dove il problema esiste maggiormente. Non che a Torino non esista o non sia esistito; oggi, ci sono tipi diversi di mafie, siamo stati scavalcati, adesso abbiamo la mafia nigeriana, ci possiamo anche permettere questo lusso, nella nostra città! E allora, rispetto alla seconda domanda: "Cosa facciamo concretamente?", devo dire: "Da quel punto di vista, niente".
Infatti, penso che ritirerò la mia firma dalla famosa proposta di legge che sta circolando in questi giorni, perché, alla fine, rischia di rivelarsi la solita legge che finanzia un po' di associazioni, che presentano dei bellissimo progetti, ma che, poi, non servono assolutamente a nulla. È legittimo pensarla in un altro modo, ma non mi sembra che finora abbia raggiunto grandi risultati.
Lo Stato, il Governo, nell'ultimo anno non ha stanziato nulla, anzi peggio: voleva addirittura chiudere le Questure periferiche; la legge regionale sulla sicurezza - come ho già detto - non ha più un euro, e, in più, il Governo si sta battendo contro la legge Fini-Giovanardi, sulle tossicodipendenze. Un Ministro della Repubblica, bocciato dal TAR, per il momento, ha addirittura raddoppiato la dose - circa venti canne al giorno per gli esperti - di detenzione, non punibile, di sostanze psicotiche.
Questo è il modo di fare la lotta alla droga: drogati di più, così il tuo spacciatore, che è legato alla mafia, guadagna di più, a meno che qualcuno non dica: "Drogati di più, così, se ti droghi di più e ti punisco meno, in qualche modo combatti la mafia".
Mi sembra un modo di agire singolare, ma ognuno ha le proprie idee; per il momento ci ha pensato il TAR, prima o poi ci penseranno i cittadini.
L'ultima questione, e concludo, Presidente: ieri, ho chiesto ufficialmente - magari è una piccola cosa che non serve a nulla, ma proviamoci! - di rendere dignitoso l'Osservatorio contro l'usura della Regione Piemonte, perché, al di là dell'impegno di persone molto valenti che dedicano tanto del loro tempo, con 37 mila euro di budget penso che di lotta all'usura ne faremo e ne facciamo poca; comunque, non quella che meriterebbe.
E allora, diamo anche su questo, Presidente, un segnale concreto e chiediamo di portare, nel prossimo bilancio, qualcosa contro la mafia stanziando soldi sulla legge sulla sicurezza e sulla legge sull'usura.
Il resto è il sogno e la propensione verso la bontà, che tutti condividiamo, ma che è poco utile in questa lotta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Robotti.



ROBOTTI Luca

Grazie, Presidente. Colleghi e gentili ospiti, credo che la discussione che stiamo facendo presenti, sotto un certo punto di vista, alcuni aspetti grotteschi. Rischia, cioè, di diventare una vetrina, per ognuno di noi, per parlare di questioni che molto probabilmente non viviamo nello spessore e nel peso che altre realtà del Paese subiscono, avendo in casa una pressione mafiosa spaventosa, che controlla lo Stato e le rappresentazioni locali dello Stato.
notizia di oggi che, molto probabilmente, la Procura di Palermo riaprirà l'indagine rispetto al Presidente della Regione Sicilia, accusato di avere vicinanza e assonanze con il sistema mafioso dell'isola.
Capite, colleghi, che, se è vero come è vero che la questione legata alla lotta alla criminalità e alla lotta al sistema mafioso ha carattere nazionale, perché è una grande questione democratica che riguarda la libertà delle persone e delle Istituzioni in questo Paese, e soprattutto riguarda la legalità che è venuta meno in tantissime occasioni, è anche vero che il sistema politico in questi anni non ha mai brillato per la sua capacità di sapersi liberare completamente dal condizionamento mafioso e criminale.
Ho qualche dubbio, rispetto ad alcune realtà del Paese, dove una classe politica viene eletta con percentuali a dir poco bulgare, che non ci siano rapporti e relazioni con un certo sistema di tipo criminale. Poi, come diceva l'on. Giulio Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca! Quindi, il tema riguarda in modo principale noi, classe politica, anche noi che siamo qua, in Piemonte, a quasi 2000 chilometri dalla Sicilia e a 1700 chilometri dalla Calabria. Riguarda la necessità che la classe politica metta la società civile nelle condizioni di poter lottare contro la criminalità; non è una lotta che dobbiamo condurre noi, perché non siamo paladini, siamo persone chiamate responsabilmente a creare le condizioni affinché la mafia, la criminalità, possa essere sconfitta.
E allora, non basta fare gli appelli, affinché le Forze dell'Ordine abbiano maggiori risorse. E' vero, occorre che le Forze dell'Ordine e la Magistratura abbiano maggiori risorse, ma è anche vero che la lotta alla mafia e alla criminalità non è una lotta che si può fare solo in modo militare.
stato dimostrato, negli anni, che quando i massimi esponenti dello Stato, delle Forze dell'Ordine, della giustizia decidono di attivare percorsi di lotta militare nei confronti del sistema criminale e mafioso questo ha la capacità di rigenerarsi. Perché ha fortissime relazioni con il sistema politico, con il sistema economico, con il sistema degli Enti locali, con il sistema grande, enorme, degli appalti pubblici.
Su questo spesso si è ragionato, in questi anni, ma una legge vera, che renda trasparente il sistema degli appalti e li sganci dal controllo criminale, non è mai stata attuata da alcun Parlamento. Abbiamo la necessità di mettere le persone che credono in un'idea emancipativa del nostro popolo dal sistema criminale e dal sistema mafioso, nelle condizioni di poter operare, facendolo con la copertura politica delle Istituzioni.
Aveva ragione il collega Ghiglia, quando ha chiesto che "Libera" non intervenisse in questa riunione di Consiglio ed è per questa ragione che apprendo con un certo sollievo che il collega Ghiglia ritirerà la propria firma da quel progetto di legge, perché quel progetto di legge parla dei diritti e delle possibilità dei nostri cittadini più giovani di potersi associare, di poter creare delle condizioni democratiche e culturali affinché il sistema mafioso possa essere estirpato dalla cultura delle nuove generazioni di questo Paese.
un progetto di legge che chiede di sostenere quelle famiglie che vengono colpite dal sistema criminale e dal sistema mafioso. È un progetto di legge che mette le nuove generazioni nelle condizioni di avere davanti a sé un futuro che guardi con certezza e convinzione ad un modello che ci vede battere e sconfiggere il sistema criminale e mafioso.
Quindi, è bene che non ci sia un finto unanimismo rispetto a queste tematiche; è bene che la discussione politica avvenga in modo molto chiaro.
Noi abbiamo una visione che guarda allo sviluppo e all'emancipazione delle popolazioni che subiscono più pesantemente il controllo criminale: la strada maestra per sconfiggere la mafia, la 'ndrangheta, la camorra.
Il problema di questo Paese è ancora legato allo sviluppo economico alla certezza del lavoro, alla certezza del diritto, alla possibilità di battere in alcune zone il caporalato, alla possibilità di creare le condizioni per cui non si vada dal mafioso a chiedere il lavoro, ma si vada dallo Stato, attraverso gli uffici territoriali del lavoro, e non si va dal mafioso per chiedere il favore per poter entrare dentro un concorso piuttosto che dentro una pubblica amministrazione, ma che i concorsi sono trasparenti e pubblici; che non si va dal mafioso per avere il sostegno alla propria attività lavorativa artigianale, commerciale, ecc., ma c'è la certezza che lo Stato garantisce la possibilità di lavorare in modo libero e senza condizionamenti.
Questa è la lotta che noi abbiamo di fronte. È una vera e propria lotta: quella dello Stato e della democrazia contro un sistema criminale che spesso ha trovato nel sistema politico una sponda, un sostegno che lo ha garantito nella gestione del potere in tutti questi anni e che continua a garantirlo in larghe parti di questo paese.
Allora è bene che un'assemblea legislativa come la nostra discuta a livello regionale in modo libero di queste tematiche e indichi una strada da seguire; una strada fatta di partecipazione, di democrazia, di trasparenza, di delega al sistema associativo, del volontariato dei nostri giovani.
Un compito è senz'altro quello di educare, di portare tanti giovani fuori dalla cultura dell'illegalità per convincerli che c'è una strada quella della trasparenza, della partecipazione e delle volontà democratiche, per uscire dal modello sbagliato imposto dalla criminalità di questo paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Oreste

Grazie, Presidente. Colleghi ospiti, credo che il Consiglio di oggi rivesta una notevole importanza perché parla di un argomento, ahimè, triste e - permettetemi di dirlo - che ha comportato la perdita di molte persone negli anni: si parla di qualcosa come 2.500 (ma probabilmente sono anche di più) morti per mafia.
Purtroppo non solo il sistema di una certa parte del paese, ma in tutto il paese si sono diffusi metodi di pensiero non coerenti con quella che è la nostra storia, complici spesso e volentieri politici e anche magistrati.
Molti magistrati hanno assunto onore di cronaca proprio per le loro posizioni troppo permissive nei confronti di persone arrestate in odore in mafia e troppo spesso alcuni processi sono stati annullati per cavilli legali di fatto quasi inesistenti. Poche volte questi magistrati sono stati puniti, però, in modo esemplare, perché si dice che difficilmente i magistrati colpiscono i loro colleghi.
La politica ha pagato, perché molti uomini politici che si sono scontrati contro la mafia hanno perso i loro familiari o hanno perso la vita loro stessi. Molti politici sono invece responsabili di aver fomentato e aiutato mafiosi e infiltrazioni mafiose all'interno della politica all'interno degli appalti pubblici, all'interno delle grandi opere, tant'è che ancora oggi molte grandi opere (e anche più piccole) del nostro paese sono soggette a controllo (o almeno parziale controllo) di mafia o di famiglie mafiose.
Che si voglia chiamarla mafia, parola tipica della Sicilia, che la voglia chiamare 'ndrangheta, che la si voglia chiamare camorra, che la si voglia chiamare in un qualunque altro modo, anche il semplice ricatto che avviene a Milano, ad Alessandria o a Torino della banda di bulli che taglieggia il negoziante (quindi non necessariamente organizzata), quella è sempre, secondo noi, mafia, perché è sempre un imporre la violenza l'arroganza, la cattiveria, il furto nei confronti di persone che, nella maggior parte dei casi, non si possono difendere.
La vera mafia, quella invece per così dire più radicata, che addirittura ha strutture simili a quelle che possono essere gerarchie quella è una mafia che stranamente continua a vivere nel nostro paese basta andare a leggere articoli di giornale e relazioni.
Io sono stato parlamentare più anni e non ho mai fatto parte della Commissione bicamerale antimafia né dei vari gruppi di lavoro che erano stati costituiti, ma mi sono letto diverse relazioni. Sembra che si sappia tutto: si conoscono i nomi delle famiglie, si sa dove operano queste famiglie, si sanno i nomi dei luogotenenti. Eppure queste persone non vengono normalmente arrestate, se non quando compiono reati.
Pare strano, Presidente, che ancora oggi, con i sistemi di comunicazione e di controllo che ci sono, di fatto riusciamo solo a intercettare i telefoni, i telefonini e gli spostamenti di persone che vanno in giro a fare i fotografi dei vip. Per carità, è un'attività condannabile dal punto di vista morale, però voi capite che riuscire a intercettare e seguire i movimenti di chi fa le foto ai vip quando fanno i birichini forse è meno utile che invece seguire i rappresentanti di quelle famiglie mafiose di cui abbiamo nome e cognome, di cui conosciamo i luogotenenti, di cui conosciamo gli ambiti d'azione.
Come mai quelle intercettazioni mancano e le famiglie mafiose continuano tranquillamente a operare con la loro ragnatela di emissari che passa da Bari a Napoli a Palermo, negozio per negozio, a far pagare il pizzo e, se qualcuno sgarra, il negozio viene bruciato o, peggio, magari viene anche ammazzato? Questo è strano, permettetemi di dirlo. È molto strano, perché in alcuni casi si sa tutto del politico che fa il "maialino" o della persona nota che fa cose che magari non dovrebbe fare, ma dall'altra parte stranamente certe inchieste sono piuttosto fumose o non vengono fatte, pur lo dico ancora una volta - conoscendo per filo e per segno l'organizzazione di molte di queste famiglie, il clan dell'uno, il clan dell'altro, i nomi e i cognomi.
Quindi è strano. Di qua deve partire un monito importante: investiamo in uomini e mezzi perché si possa monitorare in modo completo il territorio e si possano fare - in quel caso, sì che servono - le intercettazioni telefoniche in quelle zone del paese più calde. Non si tratta solo del sud ci sono state infiltrazioni mafiose anche a Bardonecchia, parliamo del Piemonte, quindi non andiamo molto lontano, parliamo della zona di Serravalle Scrivia in provincia di Alessandria, quindi si tratta di una realtà diffusa sul territorio. Ma allora investiamo in controllo investiamo in sicurezza, sentiamo questi signori cosa vanno a raccontare e dicono e poi interveniamo prima del tempo, interveniamo prima che sia troppo tardi, controlliamoli veramente gli appalti, verifichiamo perché i commercianti hanno paura e non parlano perché non si sentono protetti in modo degno, adeguato, sufficiente, usiamo gli impianti di video sorveglianza, di tele-controllo.
Perché questo non viene fatto? Penso che molti di voi abbiano passeggiato a Napoli, abbiano visto come funzionano le cose: si vedono quasi quotidianamente girare personaggi strani, equivoci, pericolosi nelle strade, ma nessuno interviene, se non quando c'è l'evento criminoso. Ma quando l'evento criminoso c'è, è tardi. L'evento criminoso va fermato possibilmente prima che avvenga.
Quindi ben venga questo Consiglio, che deve essere di solidarietà a tutte le vittime: ho parlato di politici che hanno perso la loro vita per combattere la mafia; di cittadini che hanno cercato di ribellarsi alla mafia e sono stati uccisi; di agenti delle forze dell'ordine (poliziotti carabinieri, vigili urbani) che sono morti o che hanno avuto danni in famiglia. Non dimentichiamo gli agenti di polizia penitenziaria, che vivono quotidianamente sotto ricatto e con la paura che a qualche loro familiare possa succedere qualcosa, se non danno quello che il boss mafioso chiede. I magistrati che sono morti nell'adempiere al loro dovere; altri, invece, che il loro dovere l'hanno fatto molto male e allora sarebbe necessario anche un bel controllino sulla magistratura.
Si tratta di persone che hanno perso la vita a causa di questo cancro che c'è nel nostro paese - e non solo, ma adesso non usciamo fuori dai confini dell'Italia, altrimenti non finiamo più - che deve essere estirpato e debellato. Se lo si volesse estirpare e debellare, lo si potrebbe fare assolutamente, ripeto, potenziando il controllo.
Non serve solo aumentare il numero di uomini sul territorio: per carità, è utile, ma se a questi uomini non diamo i mezzi, non diamo le strutture, non diamo i servizi, non diamo la qualità del metodo d'indagine questi uomini, anche se in tanti, non potranno fare molto.
Se invece noi potessimo intervenire, come s'interviene in altre occasioni, sono certo che questo cancro della mafia e di tutti gli ammennicoli vari che si legano alla mafia potrebbe essere debellato.
Il monito che va anche alla manifestazione che ci sarà nei prossimi giorni, domani, in Calabria, è che il Consiglio regionale deve essere vicino a questa terra che soffre, come a tutte le altre terre che soffrono per motivi di questo tipo.
Questo monito va a tutte le donne rimaste vedove e a tutti gli uomini rimasti vedovi, perché non sono morti solo uomini o solo donne per colpa della mafia, ma uomini e donne: va a tutti loro. Va anche, in particolare a chi, invece, è responsabile della giustizia e della sicurezza nel nostro paese, affinché usino anche con le famiglie mafiose il pugno di ferro.
Non ci sono dei delinquenti di serie A e di serie B: si comincia con il taglieggiare; si comincia con il chiedere il pizzo nei negozi e, man mano si sale di grado, si diventa capobastone, capoclan, capofamiglia responsabile di quartiere, e così via.
Cari colleghi, quando voi andate a Napoli, il nome e il cognome di chi è il referente di quella via, di quel quartiere, di quel rione lo conoscono tutti. Non ce lo dobbiamo raccontare noi: lo sappiamo perfettamente.
Allora, prendiamo queste persone, intercettiamole, controlliamole, e sono certo che, prima o poi, si tradiranno e potranno essere messe in carcere.
La differenza tra noi della Lega - purtroppo non noi di centrodestra e altri partiti politici è che riteniamo che, quando una persona viene arrestata e condannata, debba scontare la sua pena, fino alla fine, in carcere.
Per altri partiti politici, purtroppo, così non è. Per altri e per tanti magistrati, invece, questa pena può essere cancellata con un colpo di spugna. L'ultimo colpo di spugna, che è stato quel famigerato provvedimento che ha assunto il Governo di centrosinistra in compagnia di una parte di forze politiche di centrodestra, ha invece ributtato sulle strade dell'Italia, in un modo o in un altro, secondo ultimi dati inconfutabili 32.000 persone.
Quindi, un sistema che si dice contro le mafie, contro la delinquenza contro la criminalità, che restituisce 32.000 persone che, bene o male hanno commesso dei reati - e fino a tre anni i reati sono abbastanza pesanti - e le rimette in circolazione con un colpo di spugna, riconsegna alle mafie la manovalanza che non avevano più, perché era in carcere.
Quindi ci sono delle responsabilità, e ci sono delle responsabilità gravi, da parte di chi governa questo paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bossuto.



BOSSUTO Iuri

Grazie Presidente, grazie colleghi, grazie gentili ospiti.
Credo che la riunione del Consiglio regionale di oggi non sia inutile e, anzi, non debba esserlo. È un momento di riflessione, di dialogo e di confronto. Soprattutto, deve essere non rituale, ossia, questa giornata che a mio giudizio è utile, lo è ancor di più se questo diventa un dibattito non rituale, ma efficace.
Spesso si parla di mafia e del fenomeno mafioso con molta ritualità molta demagogia, un pizzico di populismo, molta rassegnazione ed anche molta disattenzione. Spesso e volentieri non si va ad analizzare a fondo la radice di questo fenomeno che, come diceva qualche collega prima, si chiama mafia, si chiama camorra, si chiama 'ndrangheta: ormai ha diversi nomi.
un fenomeno che non è più soltanto legato ad alcune parti geografiche del nostro paese; il Consigliere Sergio Dalmasso ha descritto bene il luogo in cui questo nasce, ma tale fenomeno si è ormai diffuso e nessuna parte del nostro paese ne è esente. Credo che il fenomeno ormai sia siciliano calabro, campano, piemontese, lombardo, emiliano. È un fenomeno che si diffonde sempre più, perché è fatto di abitudini, di prassi, di mancanza di doveri, di mancanza di senso dello Stato e soprattutto di dovere civico.
un fenomeno che ha delle eclatanti maniere di manifestarsi in alcune parti d'Italia e ne ha altre un po' più sottili, un po' più subdole, più nascoste in altre parti del nostro Paese.
Questo momento, quindi, non è rituale, se affrontiamo veramente alle radici, in modo radicale, questo fenomeno e se iniziamo anche a fare un'analisi delle responsabilità del mondo della politica, di quelle imprenditoriali e civili, oltre che dei doveri che a noi politici spettano che noi soprattutto abbiamo in capo e che dobbiamo sempre avere bene anche in mente, nel momento in cui esercitiamo il nostro dovere, il dovere rappresentativo e democratico.
Come dicevo, è un fenomeno molto sottile, che nasce in modo sotterraneo, che nasce in alcune anse e che si sviluppa in un modello culturale molto pericoloso.
Il sistema mafioso è un sistema fatto di omertà, di silenzi, di disattenzione, di distrazione. Questo è l'elemento più importante. Nella distrazione, naturalmente, avviene anche l'abbandono delle istituzioni, che non sono più i referenti di alcune parti delle popolazioni, ma diventano un qualcosa di molto lontano, un qualcosa a cui non vale più assolutamente la pena rivolgersi.
Questo, forse, è l'elemento su cui più bisogna puntare la nostra attenzione, anche sulla nostra responsabilità nel creare un fenomeno per cui lo Stato e le istituzioni diventano qualcosa di lontano, di assente qualcosa a cui non riferirsi, quando il disagio sociale avanza; anzi qualcosa che, non soltanto sparisce, ma che lascia il posto ad altre istituzioni illegali, che fanno molto in fretta a sostituirsi alle nostre e a diventare - loro - i referenti di chi vive il disagio quotidiano, di chi vive comunque nell'assenza di quello che prima ho definito e continuo a definire lo Stato.
Ecco allora che, in capo a tutto, c'è il dovere di noi politici. Un dovere che consiste nel non svilire i luoghi di rappresentanza istituzionale, non svilire le assemblee, non svilire i privilegi che queste assemblee ci danno, non svilire il sistema democratico, il sistema elettorale e non confondere la nostra rappresentanza con il clientelismo.
Non bisogna neanche cadere in moralismi piuttosto asettici e piuttosto inutili che, ancora una volta, non tengono conto di quelle che sono le dinamiche e che non vanno a correggere, invece di criticare soltanto e basta.
Credo che questo sia il primo dei doveri in capo a noi, sia che si sieda in Sicilia, in Campania o - perché no? - in Piemonte.
C'è inoltre un dovere culturale che non sottovaluterei: quello di portare altri significati ai giovani, che non siano quello dell'infamia. Vi è un uso di questi termini fin troppo facile, con il peso dell'omertà che grava sulle loro spalle; quindi l'infamia come valore negativo, con l'omertà, il silenzio e lo scollamento sempre più estesi (perché ritorniamo al punto di partenza) tra le istituzioni e questi modelli culturali, che diventano ormai prassi nel sociale, ma anche purtroppo, spesso e volentieri, nel politico.
Quindi, in molti momenti della nostra esistenza politica, non siamo di fronte a dei semplici fenomeni di devianza, che possono essere risolti con il carcere a vita o gettando via le chiavi delle galere, come qualcuno suggerisce. Si tratta di un vero e proprio disagio sociale, che non trova risposta se non nell'adesione alla criminalità organizzata. Una criminalità organizzata che, a volte, fa anche comodo.
Ricordiamo come siano stati strumentalizzati, sin dagli inizi del secolo, il fenomeno della banda Giuliano in Sicilia ed altri fenomeni che hanno fatto comodo in certi momenti; oppure ricordiamo come la stessa mafia, in alcuni momenti, non esisteva. Io sono relativamente giovane, ma ricordo abbastanza bene quando si diceva che la mafia non esisteva e, nello stesso momento, molti valorosi appartenenti alle Forze dell'Ordine cadevano, come anche molti civili, sotto i colpi della lupara nera o di quella bianca. La lupara bianca ha fatto vittime in numero non minore rispetto alla lupara più violenta del sangue per le strade. Dobbiamo ricordare anche questo fenomeno.
Occorre dunque riconoscere il fenomeno e dare una nuova immagine di quella che è la presenza dello Stato e delle istituzioni. Occorre anche partire da leggi che tengano conto dei nuovi ambiti in cui la mafia agisce: la droga (come qualcuno ha ricordato); le grandi speculazioni finanziarie l'ingente riciclaggio del denaro sporco; la mercificazione degli esseri umani, con il fenomeno del caporalato, conclamato - questo sì - in alcune regioni del nostro territorio, ma che si sta estendendo anche in altre, che vede fare, grazie all'uso di alcune leggi che hanno favorito e facilitato l'estensione - leggi nate, sia pure non condivise, con altre intenzioni e che poi, purtroppo, hanno sviluppato questa formula - di un caporalato che ormai non si fa scrupoli di alcun tipo nello sfruttare manovalanza specialmente nella raccolta dei prodotti della terra, e anche a risolvere problemi sindacali chissà come, magari facendo sparire qualcuno di tanto in tanto, poiché la legge non riesce ad intervenire in quelle dinamiche e purtroppo, nel suo silenzio a volte anche le consente.
Quindi un ritorno ad un'etica attenta al lavoro; un ritorno ad una vigilanza sui grandi appalti, perché oggi uno dei settori in cui la mafia ben si destreggia è quello delle grandi opere. Uno Stato ha bisogna di grandi infrastrutture, ma devono avere un senso logico, una loro utilità e soprattutto, non vi deve essere alcun sospetto che siano conformi o corrispondenti ad interessi mafiosi. Quando una struttura nasce è già oggetto di attenzione di questi circuiti, sappiamo che la possibilità che la mafia si intrometta è più ampia di quanto le statistiche non dicano, ma diventa quasi concreta e, quindi, reale.
In questo breve intervento voglio ricordare anche le grandi speranze che abbiamo avuto nella grande primavera palermitana, sorta negli anni '90 ma rapidamente esaurita.
Ricordiamo anche - e questo è doveroso - tutti i caduti di questa violenza assolutamente incredibile, assolutamente illegittimata e assolutamente imprevedibile nei suoi effetti. Abbiamo visto cadere coraggiosi esponenti e lavoratori delle Forze dell'Ordine, Magistrati e molti cittadini, sindacalisti e politici, che hanno tentato da soli di contrapporsi ad un fenomeno che, in realtà, aveva solidi agganci e purtroppo, un'organizzazione quasi pari a quella dello Stato.
Non è che tagliando il bilancio sulla sicurezza o agendo sulla stessa si risolva il problema. Purtroppo i maggiori danni li fa chi riduce le strutture antimafia, chi le annulla, chi le annacqua, chi dimentica, chi non aiuta e lascia soli i Magistrati, gli operatori di Polizia e i cittadini.
Ci sono tanti modi per inficiare la lotta alla mafia: uno potrebbe essere il taglio di alcuni capitoli di bilancio, ma quello ancora più grave è la chiusura e l'annullamento di alcuni uffici, renderli innocui allontanare Magistrati e, perché no, anche ignorare il fenomeno in un silenzio che i Governi, prima di tutti, hanno il dovere di non rispettare perché l'omertà favorisce ampiamente questo settore del crimine organizzato.
Se i dati ci dicono che molte persone che hanno goduto di libertà con l'indulto non sono più tornate in galera perché fuori, grazie alle grandi associazioni e all'intervento di alcuni settori civili, hanno ricevuto un'accoglienza che ha permesso loro di non cadere più in quelle maglie credo che sia dovuto anche al ruolo importante dello Stato. Non si tratta solo di non buttare via la chiave, perché non va buttata via, ma di essere in grado di fare un'azione di recupero sociale e di sensibilità civile verso coloro che spesso, a volte senza altre alternative (parlo della manovalanza spicciola, non dei grandi capi) cadono in quelle terribili maglie. Lasciare soli e abbandonati in galera questi soggetti non credo sia la soluzione ad un problema che ha ben altre definizioni e caratteristiche.
A tutti noi va rivolto l'invito che questa riunione non sia formale, ma ci aiuti a tenere conto di un grosso problema. Tutti noi abbiamo il dovere di essere davvero solidali con chi ogni giorno combatte e continua a combattere questo triste e drammatico fenomeno. Grazie.



CHIEPPA VINCENZO


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della scuola media "A. Olivetti" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della scuola media "A. Olivetti" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza. Oggi state assistendo ad un'assemblea aperta sulla giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia, argomento assolutamente importante.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo con la discussione sulla giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Nastri; ne ha facoltà.



NASTRI Gaetano

Grazie, Presidente.
Sono dodici anni che il 21 marzo si celebra "La giornata della legalità, della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime della mafia". Lo scorso anno venne scelta Torino per ricordare le vittime innocenti della mafia: dalla prima, un ex sindaco assassinato nel 1893 alle stragi degli anni '90, fino alle ultime dei nostri giorni. I bambini speranza del nostro futuro, avevano letto l'elenco delle vittime della violenza mafiosa. Un rosario di 656 nomi e cognomi, ciascuno con la sua storia, una data e una vita spezzata. Nomi che hanno risuonato lungo le vie del corteo, da piazza Vittorio Veneto a piazza S. Carlo, e che continuano a risuonare nelle coscienze degli onesti, anche a rappresentare i tanti troppi, di cui non si è ancora riusciti a trovare informazioni sufficienti.
Vittime ancora sconosciute di una violenza che ha il terrore e la propria dichiarazione quale unica filosofia di comportamento.
Le vittime innocenti della mafia sono state donne, uomini, bambini, che il più delle volte passavano al momento sbagliato nel luogo sbagliato e venivano uccisi dalle stesse raffiche destinate a un Giudice, piuttosto che ad un Magistrato o ad un altro concorrente mafioso.
Le vittime innocenti sono state persone come noi: vive, piene di speranza, in questa vita che avevano trovato il coraggio di ribellarsi all'omertà e, soprattutto, al sopruso mafioso.
Le vittime innocenti sono stati uomini e donne che hanno fronteggiato con alto senso del dovere la criminalità organizzata. Coloro che si sono messi in gioco per affermare la legalità e che hanno pagato con il prezzo più alto il sacrificio della propria vita: la loro scommessa su questo paese. Sto parlando delle Forze dell'Ordine, le nostre Forze dell'Ordine che si impegnano a garantire la sicurezza pubblica e che per questo sono pronti a morire. La mafia ha come suo nemico lo Stato, come i terroristi degli anni di piombo, intesi a colpire il cuore dello Stato. Come i terroristi internazionali del nuovo millennio intende colpire ed affrontare la fiducia che i cittadini, quelli normali, hanno nello Stato; come i cugini dediti al terrorismo predilige colpire, insieme al "bersaglio" principale, il più alto numero di innocenti, perché colpire anche chi non c'entra, colpire anche chi sta intorno e si trova per puro caso, significa soprattutto far paura a tutti.
giunto alla 12° edizione e ogni anno si carica di nuovi e forse più inquietanti significati. Da dodici anni il 21 marzo è dedicato al ricordo delle vittime della mafia, purtroppo sempre più numerose e, dunque, al rinnovato impegno per l'affermazione della legalità.
doveroso diffondere una condivisa cultura della legalità. È doveroso nel confronto di tutti quegli innocenti che sono morti per mano di criminali.
La cultura della legalità non si crea, non si sviluppa solo partecipando ad un corteo, portando un Gonfalone una volta all'anno. Certo il valore simbolico di un Gonfalone rappresenta il no alla mafia di un'intera regione; ha un grande peso, ma non basta ricordare, non basta celebrare, non basta un commovente discorso; come non basta, per creare una cultura della legalità, un'ora di educazione civica a scuola.
Quello che serve e che aiuta è sicuramente l'esempio nella vita quotidiana. I nostri figli per primi, e tutti gli italiani, hanno il diritto di crescere e di vivere nella legalità, che significa certezza della pena per chi delinque.
Ecco perché, dal mio punto di vista, è importante che l'ordine del giorno arrivato in Consiglio regionale, che va a testimoniare l'impegno fatto fino ad oggi, dimostri soprattutto che tutte le Istituzioni devono essere esempio di condivisione, di rispetto e di attuazione di una cultura della legalità. Solo in questo modo si riesce a costruire un percorso che dovrà poi essere condiviso da tutti.
Condivido molto di quanto emerso dagli odierni discorsi, soprattutto il fatto che non si deve pensare che la mafia esista soltanto nei paesi del Meridione; la mafia, o la cattiveria, è presente anche qui nelle nostre zone, nella nostra regione.
Ecco perché è fondamentale costruire questo percorso con i più giovani e, soprattutto, con chi avendo figli deve insegnare loro il significato del discorso sulla legalità. Si deve partire proprio da questo momento, che deve essere di riflessione, non deve trascorrere semplicemente come il 21 marzo, che domani sarà seguito dal 22 marzo, non si deve dimenticare.
Soprattutto, si deve insegnare ai più giovani, in particolar modo ai nostri figli, il significato del rispetto della legalità e il rispetto di chi oggi difende noi e la nostra libertà, in particolar modo chi - sto parlando delle Forze dell'Ordine - quotidianamente rischia la vita per difendere il nostro futuro.
Sono convinto che l'impegno profuso oggi qui in Consiglio regionale non terminerà con la discussione dell'ordine del giorno, deve continuare perch è importante, specialmente per chi fa politica e per chi ha il rispetto delle istituzioni, portare avanti questo grande concetto della legalità e correttezza.



PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza porge le scuse al Consigliere Turigliatto per non aver registrato la precedente richiesta di intervento.
La parola al Consigliere Turigliatto.



TURIGLIATTO Mariano

Voglio contenere il mio intervento in tre minuti, il primo dei quali voglio spenderlo banalmente ricordando un po' a tutti o a chi non lo sapesse che circa cinque anni fa qui a Torino un gruppo di persone, che aveva assunto il nome di "Libera" - mi dispiace che si chiamasse "Libera" si mosse presso gli Enti competenti per far sì che la legge sui beni confiscati - ce ne sono anche qui in Piemonte - avesse effettiva applicazione, sblocccando questi beni confiscati che erano lì bloccati seguendo tutto l'iter di carattere burocratico e sensibilizzando gli Enti pubblici, che, peraltro, non avevano grande necessità di essere sensibilizzati - va detto a loro merito - affinché li prendessero in carico e su questi attivassero progetti. Questo lo conosco bene perché, avendo un po' di tempo libero dopo le ben più faticose esperienze da Sindaco, mi ero con loro attrezzato per fare questo lavoro senza clamore, che mi ha permesso di capire quanto nelle istituzioni - mi riferisco alla Prefettura ma lo stesso si può dire per il Catasto - fossero presenti delle persone che, pur non avendo istituzionalmente questa attività indicata tra le proprie mansioni, in modo molto amichevole, qualche volta anche un po' sopra le righe rispetto a mansioni e compiti loro attribuiti, erano disposte a collaborare, relativamente a larga parte di questi beni, per il buon esito del processo.
Successivamente, ho fatto anche dell'altro, ma è rimasta la simpatia anche se non l'attività, a favore di Libera. Leggendo sui giornali di volta in volta l'esito relativo a questi beni - penso a Volvera, a Chivasso, a Volpiano, alla Caserma dei Vigili dei Fuoco volontari, agli appartamenti siti qui in Torino, a Cesana e così via - ho capito che esisteva un gruppo di persone volenterose e istituzioni amiche, che in quel frangente si sono comportate come amiche di forme di volontariato destinate a produrre non chiacchiere, ma fatti, che avevano ben lavorato insieme, contribuendo, in particolare coloro che operavano nelle istituzioni, a dare l'idea di uno Stato che agevola quanto più possibile il corretto e buon rapporto - direi davvero l'amichevole rapporto - con tutti coloro che si approcciano alle sue istituzioni per un qualche lavoro o semplicemente per far valere diritti e prerogative riconosciute dalle leggi.
Ho detto questo - forse mi sono dilungato un po' più di quanto avevo preventivato - perché ritengo importante ricordare che certamente la realtà piemontese è molto diversa da quella di buona parte delle regioni del sud che, storicamente, anche con complicità politiche molto forti, sono state da tempo abbandonate o quasi abbandonate nelle mani della malavita. Per proprio perché, ormai, le mafie non governano più territori, ma governano relazioni, per la loro articolazione dal punto di vista economico e sociale, il problema della lotta alla mafia e in generale alla malavita organizzata credo sia per noi un tema prioritario, con modalità diverse, ma con la stessa importanza che riveste in altre zone del nostro Paese, in particolare nei paesi del sud.
Proprio per questo, ritengo artificioso contrapporre la promozione di una cultura della legalità e la promozione della legalità attraverso la repressione del malaffare e della malavita. Le due questioni devono crescere insieme e l'esempio migliore - anche qui non c'è bisogno di scoprire niente - è costituito da alcune stagioni, compresa la presente nella quale, ad esempio, in Sicilia, l'autorità giudiziaria e l'autorità di pubblica sicurezza, con alcune operazioni clamorose - credo più con il sottaciuto lavoro quotidiano - hanno prodotto risultati apprezzabili insieme ad una mobilitazione di coscienza e civile, che è tesa a fare terra bruciata intorno alle mafie; probabilmente, è solo così che si possono colpire con l'incidenza e la forza che tutti noi vorremmo.
In conclusione, negli ultimi secondi a mia disposizione, è necessaria la promozione della cultura della legalità e non di chiacchiere sulla legalità; è necessario ricordare, ma anche di ricordare per guardare avanti. Soprattutto, però, si deve ribadire - questo è quello che la politica anche in Piemonte può ragionevolmente tentare di fare e non sempre fa - che, a fronte di regole date, esse si rispettano, non si possono eludere e non si può transigere.
Mi sembra che nel nostro Paese e anche qui da noi, troppo spesso invece, si vada facendo sempre più strada l'idea che certe regole valgono solo per alcuni, ovvero per coloro che le rispettano quasi per vocazione al martirio, e che, comunque, fatta una legge, davvero, ormai, l'inganno è già qualche volta contenuto in essa.
Se almeno noi fossimo capaci di ricordare e partecipare con queste parole d'ordine, credo che sarebbe già uno splendido esempio per i nostri giovani.
Guardate, in tempi di politica forte, molto spesso, sono le idee che portano avanti il mondo, mentre in tempi di politica debole - questo è un tempo di politica debole - sono davvero, come molti hanno già ricordato gli esempi e le testimonianze che possono utilmente contribuire alla diffusione di una cultura di pace e di legalità presso le giovani generazioni. Diversamente, se neanche siamo capaci di offrire esempi necessari a far sì che le persone possano capire che la legalità conviene è poi difficile fare lunghe prediche, magari come qualche volta tendiamo a fare, per affermare principi che contraddiciamo nella realtà.
Quindi, ben vengano tutte le iniziative, compresa la legge che speriamo di approvare presto, che possano in qualche modo contribuire a riavvicinare un pochino quello che diciamo a quello che facciamo.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Cotto.



COTTO Mariangela

Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per una riflessione, un ringraziamento e una proposta. Per cercare di rispondere al suo invito di essere breve, non ripeterò i concetti espressi da molti colleghi che mi hanno preceduta, che condivido, tant'é che anch'io ho firmato la proposta di legge n. 274, quella che è già stata ricordata da molti. Si è altresì ricordato che si vuole approvare in fretta questa legge e, allora, è normale per chi non conosce l'iter della legge, chiedersi la motivazione per cui non è stata approvata, visto che la presentazione risale al 21 aprile e alla Commissione è stata assegnata il 28 aprile.
Cosa è successo? Molto semplicemente, dopo le consultazioni, quando la Commissione ha cominciato ad esaminare i singoli articoli - ricordo che il 21 marzo era la data del "volontariato in piazza" - la sottoscritta insieme ad altri colleghi di minoranza, ha presentato emendamenti per cercare, nei 365 giorni dell'anno, un'altra data per svolgere in Piemonte "volontariato in piazza". Bastava accogliere sul momento un'altra data qualsiasi e si andava avanti quel giorno stesso, che era il 7 settembre 2006.
Si è preferito chiedere alla Giunta di fissare una data, ma la risposta è arrivata il 30 novembre, e quindi la minoranza ha ritirato tutti gli emendamenti.
Da allora la proposta di legge non è andata avanti per esigenze della Giunta, che ha dato priorità ad altri interventi, tant'é che l'ultimo è stato quello della legge per il 2011, che abbiamo terminato di approvare questa mattina a cui faceva riferimento il collega Leo, dandovi il numero legale altrimenti non riuscivate ad approvarla.
Quindi, bisogna dire alla Giunta - tra l'altro un po' latitante oggi che tra le priorità deve indicare questa legge, altrimenti la Presidente non potrà mai portarla a termine.
Questo mi sembrava giusto dirlo prima di passare ai ringraziamenti doverosi.
Voglio ringraziare Don Ciotti per tutto quello che ha fatto e che sta facendo e voglio ringraziare i volontari dell'associazione Libera.
Voglio ringraziare le Forze dell'Ordine che diffondono la cultura della legalità, vanno nelle scuole per tentare di contrastare il bullismo; si incontrano nei quartieri con gli abitanti per parlare di sicurezza.
Quindi, penso che questo sia molto importante, e già il collega Guida ha messo in risalto in positivo i risultati ottenuti. Credo che il Consiglio regionale debba dire grazie per quello che fate, che avete fatto e che farete nella nostra Regione.
Io ho condiviso molti interventi, ad esempio quello del collega Cattaneo che parlava dei comportamenti quotidiani di ognuno di noi, quello della collega Pozzi che richiamava l'enorme responsabilità di chi fa politica e l'ultimo del Consigliere Turigliatto, per citare interventi della maggioranza.
La proposta è questa: perché l'Ufficio di Presidenza insieme alle Forze dell'Ordine non organizza dei corsi di formazione per noi politici, per noi amministratori? Continuiamo a dire che dobbiamo parlare ai giovani, dobbiamo spiegare ai giovani, però ricordiamoci che si è credibili per quello che si fa, non tanto per quello che si dice.
Quindi, è il nostro esempio ed il nostro comportamento quotidiano che può fare capire ai giovani che c'è la cultura della legalità, in un momento in cui si dà più importanza al sesto comandamento rispetto che al settimo in un momento in cui - lo diceva il collega Turigliatto - magari certe regole valgono per qualcuno ma non valgono per gli amici, in un momento in cui magari si ha fretta e non si dimostra che c'è trasparenza negli appalti e in altre situazioni.
Credo che sarebbero necessari dei corsi di formazione, per quello anche che diceva il Presidente del Consiglio: non dobbiamo lasciare soli gli amministratori.
Allora favorire incontri, parlarci, spiegarci tra di noi può essere veramente positivo, può essere un atto concreto che può uscire da questo Consiglio regionale. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Cotto.
La parola al Consigliere Clement.



CLEMENT Gian Piero

Credo che saremo in molti a Polistena domani, saremo in molti a celebrare - e voglio usare questo termine - la dodicesima Giornata della memoria e dell'impegno e del ricordo delle vittime della mafia.
Ci sarà anche una delegazione del nostro Consiglio regionale, della quale mi onoro di fare parte.
Ci saranno però anche molte associazioni ed amministratori e ci auguriamo molti giovani, che sappiamo arriveranno anche in maniera significativa e numerosa dal Piemonte.
Saremo lì insieme a tutti coloro che tutti i giorni si battono per sradicare questo cancro dal nostro paese.
Saremo anche lì per dimostrare la nostra solidarietà ai familiari di quelle vittime, troppe, che hanno pagato con la vita, perché con rigore e coerenza si sono spesi fino in fondo in questa lotta e fino all'ultimo.
Chi sono questi eroi? Cittadini semplici, magistrati, sindacalisti Forze dell'Ordine, giornalisti, politici ed amministratori.
Ognuno di noi ha il suo eroe, nel quale si può identificare; quindi lascio ad ognuno di voi l'impersonificazione di chi più gli ispira nella lotta contro la mafia.
Se permettete, voglio ricordarne uno, un giovane che è morto 30 anni fa e precisamente nel 1978; uno che allora militava nel mio partito, che era un piccolo partito, Democrazia Proletaria. Un giovane che si chiama Peppino Impastato, diventato famoso solo poco tempo fa, ma più che famoso è diventato un simbolo, perché un bellissimo film intitolato "I cento passi" ha permesso a tutto il paese di conoscere questa esperienza.
Per me la lotta alla mafia è anche Peppino Impastato.
Domani saremo lì anche per dire che la lotta non è finita, che la mafia è ancora forte e che tutti i giorni fa sentire la sua minacciosa presenza e la fa sentire in moltissimi campi: nella droga, nei traffici di persone e nella condizione di schiavitù nella quale sono costretti soprattutto molti immigrati che vengono portati nel nostro paese.
Si fa sentire nel disprezzo assoluto per l'ambiente: pensiamo al fenomeno delle ecomafie; si fa sentire nel racket nei confronti di chi ha attività commerciali o industriali e diventa un pesante condizionamento anche alla libera concorrenza.
Si fa sentire nell'usura e nella gestione degli appalti pubblici e con una connivenza forte e significativa purtroppo in molte realtà con la politica. Come ci vogliamo battere contro questo fenomeno? Credo che dobbiamo dare corso ad un nuovo modo di fare politica, ad una politica che sia eticamente e moralmente trasparente e pulita e che diventi un esempio positivo e non come troppo spesso accade un esempio in negativo per i nostri concittadini.
Dobbiamo batterci presidiando i territori, non solo con le Forze dell'Ordine che svolgono una funzione importante e fondamentale, ma con la presenza di tutto lo Stato e soprattutto con la costruzione nella società civile di progetti educativi, di progetti economici e con lo sviluppo di spazi in democrazia.
Dobbiamo batterci sfidando la rassegnazione e costruendo il cambiamento nella vita di tutti i giorni con il riscatto sociale, affermando tutti i giorni la legalità democratica.
Dobbiamo batterci sostenendo anche economicamente le iniziative che proprio nel campo economico costruiscono possibilità legali di sviluppo in territori dove le strutture mafiose detengono spesso il monopolio del lavoro e delle possibilità di vita.
Voglio chiudere, contenendo anche io il mio intervento, con le parole della coordinatrice dell'associazione Libera, Gabriella Stramaccioni: "Il 21 marzo saremo a Polistena per volere diritti, per dare diritti, per recuperare diritti".



GARIGLIO DAVIDE



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
giusta e importante questa giornata ed è importante focalizzare esattamente come l'abbiamo indicata sulla memoria e l'impegno. Nel corso delle celebrazioni si corre il rischio, come è stato ricordato da altri interventi, di focalizzare tutta l'attenzione, di limitare la nostra attenzione al ricordo e alla memoria, dimenticando che la memoria ci chiede un impegno, da oggi in avanti, come un impegno c'era stato nel passato. Per provare a fare una celebrazione che non sia retorica e a lanciare una parola di impegno, la nostra scelta dovrebbe essere anche quella di analizzare la realtà che stiamo vivendo. In questi anni abbiamo sentito ripetersi molte parole, molte persone si sono scandalizzate ma soprattutto, molte persone hanno perso la vita. I morti per la difesa della giustizia e della legalità sono un po' sulla coscienza di tutti noi se ancora oggi siamo qui a fare questi discorsi, se ancora oggi la mafia e il sistema mafioso non è stato debellato. Non dobbiamo commettere l'errore di pensare che la mafia sia solo il fenomeno della lupara o il fenomeno di chi fa estorsioni, o di chi va a richiedere il pizzo, come è stato detto questa mattina in aula. Dobbiamo affrontare e pensare il fenomeno della mafia per quello che è. È un sistema di potere, in cui ci sono persone che gestiscono un immenso patrimonio economico. Non possiamo credere che i miliardi della mafia siano gestiti da coloro che vanno a riscuotere il pizzo per le strade. È un modo semplicistico di pensare quello di limitare la lotta alla mafia guardando al livello più basso, a quelli che operano sul territorio a livelli più bassi. La mafia sarà sconfitta nel momento in cui riusciremo anche colpire i livelli più alti, quelli che gestiscono il vero potere mafioso.
La destra, lo abbiamo sentito questa mattina, ci chiede di guardare in basso. Io credo sia necessario, inevitabile e fondamentale contrastare la mafia anche a livello del territorio più basso, ma dobbiamo puntare ai livelli più alti. Non possiamo accettare che la lotta alla mafia si riduca a qualche telecamera in più come abbiamo sentito questa mattina o addirittura, come è stato chiesto, a qualche processo ai magistrati ricorrendo al vecchio desiderio della destra di portare i magistrati in giudizio. Oppure ancora, come abbiamo sentito questa mattina, non credo che la mafia si combatta buttando le chiavi delle prigioni.
La mafia è controllo del territorio non solo in quella regione dove storicamente, viene attribuita, sappiamo bene che abbiamo avuto dei problemi anche in Piemonte, a Bardonecchia. Se la mafia è un fenomeno di contro-Stato organizzato che, ad esempio, come è stato ricordato, ha interferenze con i grandi appalti e in tutti quei settori che ha appena ricordato il Consigliere Clement, per onorare a quella parte della giornata che si richiama all'impegno, dobbiamo pensare che la mafia si combatte certo con le azioni di polizia e di repressione e anche sicuramente iniziando da quelli che compiono azioni di pressione sui cittadini e sul sistema economico territoriale. Tuttavia, credo che la mafia si debellerà ricostruendo un tessuto sociale in tutti i Paesi e in tutte le Regioni italiane. Azioni, come sono state ricordate, di educazione alla legalità iniziando a lavorare nelle scuole, ma anche operare ed impegnarsi per creare posti di lavoro sicuri e non precari, impegnarsi a garantire giustizia, impegnarsi a garantire diritti sociali e civili. Questi sono gli obiettivi su cui dobbiamo lavorare sia in Regione, sia a livello nazionale.
Pensiamo che questo sia anche il modo migliore per ricordare tutti coloro che hanno perso la vita in questi anni nella loro lotta e opposizione ai sistemi mafiosi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Il mio sarà un intervento breve per due motivi sia perché quando su un argomento si parla in tanti si finisce per sminuire l'interesse e sia perché ho chiesto di intervenire prima dei Consiglieri Boeti e Ricca e ho promesso loro di essere breve.
Parto da una frase di Giovanni Falcone che dice: "La Mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impiegando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni". Come vedete, le istituzioni che periodicamente si riuniscono per commemorazioni, manifestazioni e quant'altro compiono - come hanno già detto altri Consiglieri che mi hanno preceduto - solo gesti di pura demagogia.
Vorrei fare riflettere su un punto. C'è un periodo della storia degli ultimi cento anni, periodo che ha riguardato i primi decenni del secolo scorso, nel quale la mafia siciliana (sono d'accordo che la mafia non sia solo siciliana, ma riguarda la criminalità organizzata a tutti gli altri livelli, ecc. ma io voglio portare avanti un altro concetto) era stata, di fatto, soppressa. Questo cosa significa? Significa che se ci fosse stata la volontà di intervenire con il pugno di ferro, sicuramente, si sarebbero ottenuti risultati maggiori altrimenti lo Stato dimostra a quei cittadini a quel caporalato al quale attribuiamo essere linfa per il fenomeno mafioso, linfa indispensabile, di voler intervenire solo correggendo il disagio sociale.
Io dico qualcosa di diverso: se lo Stato avesse avuto la capacità di insegnare che lo stesso non è più debole della criminalità organizzata quel caporalato si sarebbe dissolto, ma purtroppo, purtroppo, purtroppo lo dico tre volte - noi subiamo ancora riferimenti del tipo "non buttiamo le chiavi del carcere". Nessun vuole far marcire nessun nelle carceri, ma bisogna pur arrivare a portare qualcuno nelle carceri prima di buttare le chiavi, ma non si riesce a portare nessuno nelle carceri. Come noi sappiamo, molto spesso, troppo spesso, per la connivenza che esiste ai più vari livelli, alle carceri, alla fine dei processi, non si è neanche arrivati.
Il mio intervento per dire che vanno benissimo tutte le considerazioni dei Consiglieri, considerazioni più o meno ideologizzate che portano a conclusioni che conosciamo bene, ma va anche bene ricordarsi e superare quel tabù e superare quel pudore, nell'affermare con forza, con responsabilità e consapevolezza, che occorrono delle leggi diverse, perch se la criminalità organizzata è considerata un'evenienza straordinaria, a evenienza straordinaria consegue la necessità di strumenti straordinari.
Se si finisce per considerarla ordinaria, perché, interessandoci da più di cento anni è diventata ordinaria, viene meno quel carattere di straordinarietà e ci si ripete ogni anno, nei vari incontri, ai vari livelli istituzionali, con le varie commemorazioni.
Personalmente, non mi accontento delle commemorazioni; vorrei molto di più e, per quel che mi riguarda, lotterò per fare qualcosa di molto più concreto.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Boeti.



BOETI Antonino

Grazie, Presidente. Partecipo per la prima volta, in questi due anni ad una delegazione della Regione Piemonte fuori dalla regione. Lo faccio a Polistena, un paese che conosco bene, perché sono di Taurianova, un paese a sette chilometri da Polistena.
Torno con un po' di emozione al paese dove sono nato e vissuto per 18 anni. In 36 anni di vita a Rivoli, sono tornato poche volte in Calabria; ho negli occhi e nel cuore gli anni dell'adolescenza, ma oggi mi sento anche un po' piemontese. Questa regione, dopo un po' di diffidenza iniziale, ci ha accolti con disponibilità ed affetto; qui abbiamo creato le nostre famiglie e sediamo - qualcuno di noi anche immeritatamente - in questi banchi.
Siamo partiti, perché non c'erano le condizioni per restare, perché non c'era il lavoro (la stessa situazione esiste ancora oggi nel Sud del Paese), o meglio, il lavoro si poteva trovare attraverso raccomandazioni e intercessioni, ma mio padre non voleva nemmeno sentirne parlare, non voleva essere raccomandato da nessuno, e siamo partiti.
Ricordo che l'ospedale del mio paese, a Taurinova, aveva una sola porta e due palme all'ingresso, e c'erano decine di portinai assunti e decine di giardinieri i quali timbravano a turno la cartolina, uno per l'altro perché ad andare tutti insieme al mattino c'era il pericolo di ingolfare l'ingresso.
una situazione esistente ancora oggi, perché non sono state rimosse le condizioni che determinavano tutto questo. E possiamo dirlo: un'insufficiente capacità imprenditoriale dei calabresi, un inadeguato senso di legalità e giustizia, è la collusione tra mafia e politica.
Il collega Agostino Ghiglia ha ragione: dato che non ci sono governi uguali, voglio ricordare "il sacco di Palermo", con Servo Lima, Sindaco, e Vito Ciancimino, Assessore ai lavori pubblici. Furono rilasciate 4500 concessioni edilizie, tutte intestate a tre pensionati, così come aveva definito qualche anno fa la Commissione nazionale antimafia, senza che nessuno avesse mai smentito.
vero, in questi anni ci sono stati dei Sindaci coraggiosi, dei Magistrati coraggiosi - e ci sono ancora - e lo Stato ha avuto certamente scatti di orgoglio, sacrificando alcuni dei suoi uomini migliori, ma questo non è stato sufficiente.
Gran parte delle attività economiche e commerciali della Calabria e della Sicilia pagano ancora oggi la protezione per poter lavorare, così come le grandi opere sono sotto il controllo del potere mafioso.
Ero in Calabria quando lo Stato decise di realizzare il quinto centro siderurgico, quando la siderurgia nel nostro Paese sembrava non avere più un potere. Allora i mafiosi comprarono i camion per lo sbancamento della terra e nell'arco di qualche anno si arricchirono più o meno tutti.
Oggi, per fortuna, quel centro siderurgico è diventato un porto che offre qualche posto di lavoro alla gente del luogo.
Così come sono contento, visto che non ci sono governi uguali, che il governo di centrosinistra abbia deciso di non realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, che sarebbe stato una straordinaria opportunità economica per la mafia siciliana e la 'ndrangheta calabrese.
Ricordo che allora c'era qualche ragionamento su quello che avrebbe potuto diventare la Calabria - la Florida del nostro Paese - se si fosse investito sulle straordinarie bellezze naturali di cui quella regione è dotata.
Un'economia, quindi, figlia di uno sviluppo sostenibile, in grado di garantire opportunità di lavoro.
Oggi voteremo la legge per la celebrazione dell'unità d'Italia, un Paese che, però, non è ancora unito, perché troppo diverse sono le condizioni delle regioni che lo compongono.
Per questo motivo andiamo in Calabria con altri quattro Consiglieri con la speranza di un nuovo risorgimento, che veda le forze sane del sud del Paese, i giovani, i politici onesti, le Forze di Polizia, e il nord del Paese lavorare insieme, perché attraverso il senso della legalità e della giustizia si determinano le condizioni per uno sviluppo sociale e civile di stampo europeo.
Il Paese, con le sue Istituzioni e con i suoi cittadini, deve imparare a lavorare insieme. Anch'io sono amareggiato per il fatto che "Libera", che si sta impegnando in questo campo difficile, oggi non abbia potuto prendere la parola in questa Sala.
Un ringraziamento non formale e sincero va alle Forze dell'Ordine. C'è nella nostra Regione e nei nostri Comuni - lo dicevo prima al Colonnello De Vita, al quale mi lega grande simpatia e amicizia - un rapporto straordinario di collaborazione e disponibilità.
Non abbiamo bisogno di eroi, come diceva il collega Guida, ma di uomini normali, che facciano con serietà e coraggio il loro lavoro.
Nel Sud questo è più difficile.
Ma giusto per stare nel concreto, raccogliendo l'invito del Consigliere Ghiglia, come può la politica mettere le Forze dell'Ordine nella condizione di lavorare bene? Innanzitutto, non permettendo commistioni tra affari e politica e garantendo coerenza fra i valori dichiarati e quelli praticati facendo della legalità e della giustizia il centro della propria azione politica, sequestrando i beni dei mafiosi e mettendoli a disposizione della collettività, sostenendo e proteggendo quelli che hanno il coraggio di denunciare, garantendo un numero adeguato di Forze dell'Ordine.
Devo dire che non c'è differenza tra il Governo di centrodestra precedente, che per cinque anni è rimasto indifferente alle grida che venivano dalle Forze di Polizia, e i primi nove mesi di questo Governo. Ci sono ancora quattro anni davanti; speriamo che l'atteggiamento cambi.
Occorre, inoltre, riqualificando le periferie. Ho letto, recentemente una dichiarazione di un architetto che diceva: "Riqualifichiamo le periferie, soprattutto perché lì abita il maggior numero di persone favorendo progetti di inclusione sociale, realizzando Piani regolatori che facciano gli interessi della città e non dei singoli cittadini".
Questi sono i modi per sconfiggere la mafia, in Sicilia, in Calabria o in Campania, ma anche nelle regioni del Nord, dove ci sono sacche di illegalità e ingiustizia, con la forza di uno Stato civile disponibile ed amico dei cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ricca.



RICCA Luigi Sergio

Grazie, Presidente. Pensavo di non poter essere presente questa mattina, per altri impegni assunti precedentemente; pertanto avevo lasciato una memoria scritta.
Vorrei dire, però, alcune brevi parole. Intanto, portare un saluto e un apprezzamento per l'impegno che stanno profondendo quotidianamente i rappresentanti delle Forze dell'Ordine e delle Istituzioni dello Stato, nel contrasto alla criminalità e nella lotta per l'affermazione della legalità.
Inoltre, esprimere il convinto consenso e l'adesione del Gruppo consiliare dello SDI alla proposta di legge che è stata più volte richiamata negli interventi che mi hanno preceduto, che istituisce anche in Piemonte la giornata della memoria e dell'impegno, in ricordo delle vittime della mafia.
Una ventina di giorni fa ho partecipato, ad Ivrea, insieme a Don Ciotti, all'associazione "Libera" e ad altri volontari impegnati in questo senso, ad un incontro di sensibilizzazione con gli studenti delle scuole superiori di quella realtà. Erano presenti quasi 1000 studenti ed è stata posta la questione se fosse utile e necessario infittire ulteriormente le celebrazioni commemorative nel nostro calendario, perché l'effetto di saturazione e la possibile confusione di messaggi affini potrebbero rendere meno pronta l'attenzione dei cittadini, specialmente dei giovani, ai temi che si vogliono richiamare.
Quindi, anche la sollecitazione alla funzione pedagogica della memoria potrebbe risultare velleitaria, consegnata alla convenzionalità rituale priva di autentica partecipazione.
Le risposte che sono venute dai giovani vanno in senso opposto; essi hanno evidenziato - dobbiamo farlo anche noi - che nella nostra proposta di legge non si dovrebbero ricordare soltanto eventi trascorsi, vittime nobili e sfortunate di una vicenda storica consegnata alla storia, ma parlare di una guerra in corso, di una lotta ben lungi dall'essere conclusa, che a volte è messa in discussione anche nei suoi esiti finali.
Pertanto, il momento del ricordo coincide con il dover ribadire la volontà di continuare in questo impegno, di resistere all'imbarbarimento della vita collettiva e di mettere in atto le azioni necessarie per combatterla meglio.
Non vado a riprendere tutta una serie di considerazioni - che condivido assolutamente - espresse negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, da ultimo quello del Consigliere Boeti. Penso che ci siano livelli di risposta che devono essere chiesti allo Stato, alle istituzioni regionali e anche locali e che sia fondamentale perfezionare gli strumenti giuridici, amministrativi, economici e organizzativi con i quali migliorare l'efficacia e la durata combinata dell'opera di prevenzione e di repressione del fenomeno criminale.
Credo sia indispensabile mettere in moto - questo, forse, compete più a noi - iniziative volte a prosciugare il mare di disperazione sociale, di collusione, di omertà, di indifferenza e di paura entro il quale prospera e si riproduce l'aspetto criminale, con l'avvertenza che non ci troviamo a dover fronteggiare soltanto la criminalità che nasce dal disagio sociale ma soprattutto quella che abita in ambienti ben diversi e che utilizza strumenti assolutamente sofisticati per svolgere la sua iniziativa.
Ritengo utile che il dibattito di oggi sia avvenuto prima dell'approvazione della proposta di legge regionale che abbiamo all'attenzione delle Commissioni. Il testo di quella legge è importante, ma è più una legge di principi che di azioni concrete e allora credo che, se il Consiglio di oggi deve avere anche una finalità, deve essere quella di capire come poter tradurre tale legge in indicazioni più concrete e operative rispetto all'agire della Regione Piemonte su questo tema; di capire come poter meglio coordinare le azioni delle istituzioni regionali assieme a quelle della Magistratura e della Polizia, per gli aspetti cui si può prestare una collaborazione.
inoltre necessario pensare anche all'approvazione della legge sulla sicurezza, che è all'attenzione del dibattito, affinché non resti una legge di principi, ma si traduca in proposizioni e azioni concrete, soprattutto individuando le risorse necessarie e indispensabili per sostenere tali azioni.
Avanzo una proposta anche provocatoria rispetto alle risorse, che pu valere a livello locale, ma anche a livello nazionale. Abbiamo chiesto ai cittadini italiani qualche lira in più per entrare nell'euro: penso che si potrebbe chiedere qualche euro in più per sostenere meglio le azioni che riguardano la sicurezza e la difesa dalla criminalità. Ritengo che reperire risorse superiori sia assolutamente necessario e sono convinto che i cittadini potrebbero essere ben lieti di essere chiamati a fornire un contributo, anche minimo, se apparissero chiari gli obiettivi, la concretezza nel perseguirli e soprattutto l'efficacia dei risultati che si intendono ottenere.
Chiudo il mio intervento con questa riflessione.



PRESIDENTE

Mi pare che il dibattito sia stato molto ampio: ha parlato un terzo dei Consiglieri facenti parte di questo Consiglio; ci sono state anche posizioni diverse al nostro interno, ma in qualche modo ciò è naturale sono emerse indicazioni, in particolare all'Ufficio di Presidenza, e anche suggerimenti di azioni concrete da intraprendere sul versante del cultura alla legalità. Non faremo cadere questi suggerimenti ma cercheremo di tramutarli in azioni concrete.
Prego la delegazione che andrà a Polistena, in particolare i Consiglieri Auddino, Boeti, Cirio e Giovine, di portare il frutto di questo dibattito e comunque il sentimento di vicinanza del Consiglio regionale del Piemonte agli amministratori pubblici e alle forze dello Stato impegnate a tutti i livelli nella lotta contro la criminalità organizzata nel nostro paese.
Ringrazio gli ospiti che gentilmente hanno seguito con encomiabile costanza e presenza il nostro dibattito: speriamo di non aver solamente sottratto del tempo prezioso alla vostra importante attività, ma in qualche modo di essere riusciti a trasmettere il nostro senso di ringraziamento e di apprezzamento per tutto ciò che fate, nonché la nostra disponibilità a individuare le azioni di volta in volta più opportune per supportare le attività di contrasto al fenomeno della criminalità organizzata che voi, ai vari livelli e con diverse responsabilità, ogni giorno portate avanti.
Grazie di tutto.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 13.11)



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