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Dettaglio seduta n.133 del 05/12/06 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


GARIGLIO DAVIDE



(Alle ore 10.10 il Presidente Gariglio comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30 )



PICHETTO FRATIN GILBERTO

(Alle ore 10,38 il Vice Presidente Pichetto Fratin aggiorna la seduta alle ore 11,15 per incontro delegazione dei dipendenti regionali ed organizzazioni sindacali).



GARIGLIO DAVIDE



(La seduta ha inizio alle ore 11.36)



PRESIDENTE

La seduta è aperta (convocata ai sensi dell'articolo 46 del Regolamento interno)


Argomento: Varie

Saluto agli allievi della scuola "P. Gobetti" di Rivoli


PRESIDENTE

Prima di iniziare i lavori, colgo l'occasione per salutare gli alunni della scuola media "P. Gobetti" di Rivoli che sono venuti in visita. Mi spiace che abbiate dovuto attendere, ma abbiamo sospeso la seduta per un'audizione con le rappresentanze sindacali dei lavoratori del Consiglio regionale, che protestavano sulla strada, chiedendo di incontrare i Presidenti dei vari Gruppi consiliari. Ciò ha ritardato i nostri lavori.
Speriamo che la visita sia di vostro gradimento e possa essere istruttiva e formativa.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Il Presidente Toselli ha chiesto la parola. Vorrei solo far presente che si tratta di un Consiglio aperto: se possibile, cercherei di rinviare le questioni di merito o di metodo alla seduta pomeridiana.



TOSELLI Francesco

Intervengo sull'ordine dei lavori. Innanzitutto, desidero esprimere la mia solidarietà ai dipendenti e ai funzionari del Consiglio e della Giunta tuttavia, Presidente, ricordo che lei disse all'Aula che durante le sedute di Consiglio regionale non sarebbero state ricevute delegazioni esterne senza precisare che alcune potevano esserlo e altre no. Mi pare anche - e mi è stato precisato qualche seduta or sono - che tutto ciò sia normato dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale: la informo dunque che è stata violata una regola che tutto il Consiglio regionale in questa legislatura e nelle ultime sedute, aveva tacitamente accettato.
Mi riservo di riproporre in futuro delle manifestazioni durante le riunioni del Consiglio regionale, chiedendo di essere ricevuto e senza ovviamente accettare un diniego da parte sua.



PRESIDENTE

Collega Toselli, tengo a precisare che sono fermamente convinto delle cose che ho detto, tant'è che, in prima battuta, presenti anche alcuni Consiglieri del suo Gruppo consiliare giunti puntuali alla seduta antimeridiana, ho sostenuto l'impossibilità dell'audizione, stante il nostro Regolamento.
Tuttavia, poiché la situazione non era facilmente gestibile, insieme ai colleghi dell'Ufficio di Presidenza e ai Capigruppo presenti, è stato convenuto di procedere all'audizione, anche in deroga alla normativa.
Mi spiace che si verifichino questi fatti, perché vanno a minare la certezza dei nostri lavori. Se ci fosse stata maggiore attenzione da parte delle organizzazioni sindacali in questo caso, o di altre organizzazioni in occasione di alcune manifestazioni, saremmo riusciti a conciliare in modo più adeguato le istanze dei cittadini che chiedono di essere auditi con le esigenze organizzative di funzionamento di questa amministrazione.
Quindi, lavoriamo affinché le eccezioni non diventino regola, ma vengano il più possibile riportate in un alveo corretto di rapporti istituzionali.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

"Nuova Costituzione Europea - il piano D - Rilanciare l'Europa dei cittadini"


PRESIDENTE

Diamo inizio alla seduta aperta del Consiglio regionale. Innanzitutto porgo il mio saluto e le mie scuse, a nome di tutta l'Assemblea, ai signori ospiti che hanno risposto al nostro invito, aderendo alla seduta aperta che il Consiglio regionale ha voluto indire sul tema "Nuova Costituzione Europea: il piano D della Commissione UE per rilanciare il dibattito e la partecipazione dei cittadini".
Mi scuso anche del ritardo, dovuto a quello che avete capito essere un "fuori programma" che, purtroppo, non poteva essere circoscritto in modo diverso.
La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi del Consiglio regionale ha deciso di dare luogo a questa seduta aperta per affrontare il tema del ruolo che l'Unione Europea ricopre e soprattutto ricoprirà nei confronti dei cittadini d'Europa, dei cittadini comunitari e il futuro che le istituzioni comunitarie potranno avere, anche sulla base delle istanze e del sostegno di questi cittadini.
Tutti quanti i colleghi sanno che il Trattato "Una Costituzione per l'Europa", approvato il 18 giugno 2004, ha visto le procedure di ratifica da parte dei singoli Parlamenti e delle singole autorità nazionali interrotte con gli esiti contrari dei referendum tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi nella primavera dell'anno scorso. Tant'è che il termine originariamente previsto per l'entrata in vigore del Trattato, ossia il 1 novembre 2006, è stato obbligatoriamente fatto "saltare", proprio per l'impossibilità di rispettarlo, causa la contrarietà delle popolazioni di alcuni Stati.
Sulla base di questi esiti, la Commissione europea e le istituzioni comunitarie hanno deciso di avviare un periodo di riflessione sulle istituzioni comunitarie e sul ruolo che l'Unione Europea può avere, sul rapporto e nei confronti delle istituzioni comunitarie da parte di cittadini, decidendo di lanciare un grande dibattito. Dibattito che c'è stato tra i popoli degli Stati membri e al loro interno e che è stato illustrato nel cosiddetto "Piano D" (piano per la democrazia, il dialogo e il dibattito).
un piano che non punta certo a quella che abbiamo scritto essere un'operazione di salvataggio della Costituzione Europea, ma a lanciare un'ampia discussione fra tutte le istituzioni democratiche dell'Unione Europea e i cittadini.
un piano che si affianca al piano di azione relativo alla comunicazione sull'Europea già approvato dalla Commissione europea. Devo dare atto all'Italia e ai rappresentanti degli enti locali italiani di aver preso subito estremamente sul serio tale questione, tant'è che a Roma il 9 novembre scorso - quindi otto giorni dopo quella che sarebbe dovuta essere l'entrata in vigore della nuova Costituzione - la Commissione europea, la Conferenza delle regioni, l'ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), l'Unione delle Province d'Italia e l'UNCEM hanno approvato una dichiarazione congiunta sull'attuazione del piano D.
la prima iniziativa del genere che viene adottata sul territorio dell'Unione Europea e ha come obiettivo quello di far lievitare a livello degli enti locali, in una logica di sussidiarietà, il dibattito sulle istituzioni comunitarie, un dibattito dentro le assemblee elettive e fra la cittadinanza, per avvicinare i cittadini e le istituzioni nel nostro Paese ai temi dell'integrazione europea.
Si è anche convenuto di chiudere questi dibattiti con una bozza di ordine del giorno che, ovviamente, dovrà essere adattato dalle diverse assemblee, ma che contiene un invito e una sollecitazione agli organi di governo dei vari livelli di governo ad impegnarsi per promuovere questo discorso di integrazione comunitaria e per diffondere nei cittadini la conoscenza delle istituzioni comunitarie.
Tengo a dire che è sempre stato un vanto del Consiglio regionale del Piemonte il fatto di lavorare con una vocazione europeistica. Nel 1976 il Consiglio regionale del Piemonte ha istituito per primo la Consulta Europea, che vive ed opera ancora oggi, seguita, per delega, dal collega Chieppa.
La Consulta Europea ha avuto un ruolo importantissimo sia nel sostenere i lavori e l'impegno dei tanti volontari impegnati sui temi dell'Unione Europea sia nel fare un lavoro capillare di formazione degli insegnanti e di formazione degli studenti.
Circa 5 mila studenti all'anno sono stati, negli anni, coinvolti e 200 studenti ed insegnanti all'anno vengono formati su queste tematiche.
Quindi, a me pare che questa sia davvero la soluzione migliore per affrontare i problemi delle Istituzioni dell'Unione Europea, che spesso sono sentite lontane dai cittadini, o sono viste, ancor peggio, come luoghi o sedi di riunione di burocrati o di lobby; o, ancor peggio, imputate di guasti che nulla hanno a che fare con l'integrazione europea.
Sappiamo che la fiducia dei cittadini nei confronti dell'istituzione comunitaria è in calo, perlomeno stando ai dati riportati sui documenti che abbiamo distribuito ai Consiglieri (i dati riportati dall'Eurobarometro).
Tuttavia, sappiamo anche che indagini indipendenti svolte sul territorio piemontese danno indicazioni in senso contrario. Penso ai lavori svolti dalla Consulta Giovani del Consiglio regionale, che ha svolto un'indagine sulla percezione che i giovani hanno delle istituzioni. Abbiamo visto che emerge una sostanziale sfiducia dei giovani nelle istituzioni e nella politica, ma abbiamo visto che l'Unione Europa è considerata dai giovani come una delle istituzioni cui guardare con maggior fiducia.
Ci sono dati contrastanti. È vero che emerge una sfiducia dei giovani nei confronti della politica, ma è anche vero che due mesi fa i giovani del Piemonte hanno risposto dicendo: "È all'Unione Europea, a livello di governo, cui guardiamo con maggior fiducia".
da questi dati che dobbiamo partire per immaginare, anche dal dibattito di oggi, un possibile nuovo ruolo del Consiglio regionale del Piemonte, come dei Consigli regionali in generale, sui temi dell'integrazione europea. Un ruolo che parte anche dal potenziare l'attività di formazione dei docenti e degli insegnanti, mirante a far conoscere le opportunità che i meccanismi dell'Unione Europa offrono direttamente a tutti i cittadini, oltre che alle imprese.
Ricordo, in particolare ai colleghi Consiglieri, che peraltro i Consigli regionali saranno inseriti a pieno titolo in tutta la fase legislativa dell'Unione Europea, sia nella fase ascendente sia in quella discendente. Sono impegni gravosi che dobbiamo assumerci, anche attrezzandoci dal punto di vista dell'organizzazione degli uffici.
Coinvolgere tutte le assemblee elettive regionali nel lavoro per partecipare all'iter di costruzione e di attuazione di tutte le norme comunitarie si configura, senz'altro, come un fatto importante estremamente importante, ma anche estremamente gravoso.
Chiudendo la breve introduzione al dibattito che oggi i Gruppi consiliari e la Presidente della Giunta regionale hanno voluto, vorrei citare le parole di Robert Schuman, uno dei padri delle istituzioni europee. Schuman affermava che l'Europa non sarà creata tutta in una volta e secondo un unico progetto generale, ma costruita attraverso realizzazioni concrete dirette a creare solidarietà reali. Forse è proprio da questo punto che dobbiamo partire, anche dall'attenzione ai problemi dei cittadini e dall'immaginare una casa comune europea, che muova anche dall'esigenza di dare risposte agli interessi dei cittadini, alle domande dei cittadini, ai bisogni dei cittadini. È alla cittadinanza che, in ultimo, ciascuno di noi deve rendere conto dell'attività politica propria e dell'istituzione che rappresenta.
Spero che il dibattito di oggi, che dobbiamo purtroppo contenere in termini di tempo anche a causa dei mutamenti nell'organizzazione dei nostri lavori, possa essere foriero di un nuovo avvio dell'attività del Consiglio regionale, anche finalizzata ai temi dell'integrazione europea. Sono certo che anche la presenza dei colleghi che seguono queste tematiche in seno alla Consulta europea, possa essere di buon auspicio.
Aprirei il dibattito chiedendo ai Consiglieri di iscriversi. Il primo intervento sarà del Presidente della Giunta regionale, onorevole Mercedes Bresso.



BRESSO Mercedes, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente, non solo per l'introduzione, ma anche per la scelta tempestiva di indire un Consiglio regionale aperto che, probabilmente, è il primo in Italia (almeno per quanto ne sappiamo) e che fa seguito, come il Presidente del Consiglio ricordava, alla sottoscrizione da parte dell'insieme delle rappresentanze istituzionali italiane (Conferenza dei Presidenti delle Regioni, Conferenza dei Consigli regionali, Province e Comuni, UPI e ANCI) di un protocollo di intesa con la Commissione europea per avviare in Italia un ampio dibattito a partire dalle sedi istituzionali, ma allargato alle rappresentanze della società, nei Consigli regionali, provinciali e comunali.
Ampio dibattito che, per quanto ci riguarda, aggiunge in maniera concreta la quarta D, che il Comitato delle Regioni ha definito di Decentramento, alle tre D (Dialogo, Dibattito e Democrazia) contenute nella comunicazione della Commissione sul Piano D. E' per questa ragione che riteniamo molto importante che l'insieme delle istanze istituzionali del nostro Paese partecipi al dibattito sul futuro dell'Europa.
L'Europa per gli italiani - non solo per le istituzioni, ma anche per i cittadini - è da sempre un punto di riferimento importante. Non dimentichiamo che in Italia, sull'isola di Ventotene, prima della fine della seconda guerra mondiale, un gruppo di esiliati e di deportati guidati da Altiero Spinelli scrisse il "Manifesto per un'Europa libera e unita" già prefigurando, in un momento in cui ancora c'era la guerra in Europa, in cui gli europei si uccidevano fra loro, un futuro di pace e di unione europea. È quindi dall'Italia che è partita la fiamma del progetto federale europeo ed è in Italia che permane più forte ancora che negli altri Paesi europei. Possiamo dire che oggi, a cinquant'anni di distanza dalla prima firma del Trattato di Roma (che verrà celebrata fra pochi mesi, all'inizio del 2007), l'Europa è diventata davvero un progetto per i cittadini europei.
L'Europa, intanto, ha certamente prodotto un enorme cambiamento nella storia europea. Per la prima volta, dal momento in cui ha iniziato a costituirsi, i rapporti fra i popoli europei si sono trasformate da relazioni, che in passato furono essenzialmente di guerra, in un processo di aggregazione avvenuto attraverso la pace e la democrazia. L'allargamento dell'Unione europea è avvenuto, in tutti questi anni, con un processo democratico, non solo perché scelto dai governi democratici dei Paesi che hanno aderito, ma attraverso una richiesta a questi Paesi di dimostrare la realizzazione piena al loro interno di quel processo.
Credo che sia un caso quasi unico nel mondo di allargamento non attraverso la conquista e la guerra, ma su una base di adesione volontaria quindi basato sui principi della pace, della democrazia e della cooperazione.
Voi sapete anche che questo processo, che ha visto un allargamento recentissimo a dieci nuovi Paesi, e che vedrà, a partire dal 1° gennaio, un ulteriore allargamento ad altri due (la Bulgaria e la Romania), ha prodotto qualche tensione nel sistema costituzionale europeo.
La Convenzione, convocata per costruire un progetto di Costituzione per l'Europa, è arrivata dopo l'allargamento, quindi si è creata una sorta di ingorgo istituzionale in Europa, con alcune difficoltà che credo siano evidenti a tutti e che sono emerse proprio nei Paesi in cui non erano attese. Il nucleo dei sei Paesi fondatori era sempre stato il più fedele al progetto europeo e invece c'è stato un "no" in Francia e in Olanda che ha in qualche modo bloccato l'avanzamento delle ratifiche di quel progetto costituzionale, che con una serie di limiti, credo evidenti a tutti, per ora rappresenta certamente un netto superamento della logica del governo dell'Europa attraverso un sistema intergovernativo, andando invece verso un processo di progressivo governo democratico.
Ci sono molte ragioni che possono spiegare questo momento di stallo del processo di costruzione dell'Europa. Alcune, credo, sono legate a quello stesso progetto costituzionale che, in extremis e per volere soprattutto dei governi, ha visto aggiunta una terza parte, che sostanzialmente consiste nella collazione dei trattati esistenti e che ha incontrato difficoltà di comunicazione e di comprensione da parte dei cittadini, i quali spesso non conoscevano i trattati e nello scoprirli hanno individuato cose non gradite, ma in realtà già incluse nei trattati precedenti.
Ci sono probabilmente altre ragioni, come dicevo, dovute all'allargamento molto rapido, che ha creato qualche tensione e preoccupazioni sulla capacità di tenuta del nostro sistema istituzionale.
Credo tuttavia, e lo credono tutti coloro che riflettono sul futuro dell'Europa, che il processo non possa fermarsi, ma debba andare avanti cogliendo dei segnali dai cittadini europei dal dibattito che è stato avviato con il Piano D. L'Europa è un progetto per i cittadini europei deve sapere cogliere anche i segnali di critica e di perplessità, nonch adattare la propria azione e la propria carta costituzionale a questi segnali. Tuttavia, senza quella carta, il processo democratico dell'Europa non si potrà realizzare, perché è evidente a tutti che il meccanismo intergovernativo (i paesi sono ormai 27), non funziona, perché basta che un piccolo paese (pensate le dimensioni di Cipro o di Malta) ponga il veto e tutto si blocca.
ovvio che un processo di questo genere rischia di far restare l'Europa veramente indietro rispetto agli altri continenti, che stanno andando avanti con politiche economiche, di ricerca e di sviluppo di gran portata e levatura.
L'Europa ha bisogno di costruire un sistema istituzionale che consenta di prendere le decisioni pur rispettando l'originalità che fa parte della storia europea dei rispettivi Paesi, che vogliono mantenere le proprie caratteristiche, a partire dalla lingua e dalla cultura. Il mantenimento di forti identità nazionali deve sapersi in qualche modo fondere nell'unico progetto europeo.
Le due cose sono conciliabili, perché il sistema istituzionale che si è andato costruendo mantiene alcuni elementi di forte identità dei singoli Paesi, ma contemporaneamente attribuisce sempre di più al Parlamento un ruolo di codecisione, quindi un forte peso istituzionale. Attribuisce sempre di più alla Commissione ruoli di governo europeo e progressivamente noi lo speriamo - dovrebbe consentire la trasformazione del Consiglio europeo, soggetto un po' anomalo, in una sorta di Senato dell'Unione europea con una forte connotazione federale, perché l'Europa non può che essere un progetto federale e avanzare verso un vero sistema federale europeo.
un tema per il futuro perché questa Costituzione, con alcune modifiche che possono essere avviate, prima di tutto deve essere ratificata e solo successivamente si potrà fare un passo avanti, anche perché la situazione è oggi molto complessa. Voi tutti sapete che ormai la maggioranza delle popolazioni e degli Stati ha ratificato la Costituzione quindi un processo che tornasse indietro in qualche modo violerebbe il principio della democrazia.
Allora, che cosa si può fare? Prima di tutto quello che stiamo facendo noi, cioè impegnarsi per un forte coinvolgimento nel dibattito dei cittadini europei, cui torna la palla del dire "noi vogliamo l'Europa" poiché i governi si sono quasi bloccati.
Credo che la proposta che facciamo sia una proposta anche di buon senso, ed è quella che ormai mi pare prevalere in Europa: chiedere all'Unione europea e in particolare alla Conferenza intergovernativa, che tra l'altro si riunirà in occasione del Consiglio europeo che sarà convocato a Berlino per la celebrazione del cinquantenario del Trattato di Roma, di rilanciare il processo.
Rilanciarlo in che modo? Affidando ad una nuova Convenzione o alla vecchia Convenzione riconvocata, un mandato limitato non di riscrivere tutta la Costituzione, ma di cambiarne alcune parti. In particolare, di intervenire su quella parte terza che ha creato una serie di problemi in Olanda, ma soprattutto in Francia. La terza parte è stata oggetto di critiche, dando un più forte impulso a quel coordinamento delle politiche sociali e di welfare in Europa che tutti ritengono necessarie anche per dare, da un lato, garanzie ai cittadini europei e, dall'altro, rendere più omogenei i trattamenti di tutti i cittadini europei e per questa via disinnescare quella tensione che si è creata in alcune parti del nostro continente e che tocca alcune categorie sociali.
Questo potrebbe essere un percorso limitato per consentire l'approvazione della Costituzione e a quel punto rilanciare, come sempre è avvenuto in Europa, una fase successiva per avviare un vero processo che porti alla nascita di un'Europa federale.
Tuttavia appare chiaro che a quel punto riavviare di nuovo un processo di ratifica nazionale delle modifiche concordate renderebbe molto difficile richiedere ai cittadini o ai parlamenti che già si sono pronunciati una nuova pronuncia; soprattutto, rischierebbe di riaprire un processo in cui basta solo che uno dei famosi paesi piccolissimi dica di no per non sapere di nuovo cosa fare.
Credo, e abbiamo provato ad indicarlo nel nostro documento, che il percorso giusto sia quello di dare un mandato limitato per introdurre alcune modifiche che rendano più vicina ai cittadini europei la Costituzione, la rendano più semplice e più leggibile, per indire su quella base un referendum europeo, che ovviamente avrà un valore consultivo.
Infatti, i meccanismi costituzionali dei diversi Paesi in alcuni casi non prevedono neppure il referendum, non ne definiscono la possibilità. Ad esempio, anche nel nostro ordinamento non esiste un referendum propositivo e vincolante. Inoltre, è assai difficile che questo referendum sia considerato da tutti gli Stati come politicamente vincolante, quindi che dia ai cittadini europei la parola, naturalmente prevedendo che se la maggioranza dei paesi avrà detto di sì (quindi la maggioranza dei cittadini) o la doppia maggioranza di qualunque sistema federale, a quel punto le ratifiche siano fatte su base parlamentare e non richiedano più una ratifica di tipo popolare nei diversi paesi. Così facendo, si potranno superare i problemi che si sono verificati nel passato.
Si tratta di un percorso possibile, profondamente democratico, che permette di dare risposta a quell'avvio di dibattito costituito dal Piano D, che pone delle domande ma non è in grado di dare risposte. Tocca a coloro che dibattono del Piano D offrire le proprie proposte. È importante che il nostro Paese, e le istituzioni locali in particolare, provino a dare risposte chiare in termini di democrazia e di ampliamento degli spazi di democrazia in Europa. Nulla è più democratico di un processo referendario che, rispettando il principio europeo della maggioranza degli Stati e dei cittadini, dia davvero la parola ai cittadini europei, a seguito però di un grande dibattito che spieghi le ragioni del nostro stare insieme in Europa.
Credo che le ragioni siano a tutti noi chiare. Credo anche che si dovesse dare una risposta alla richiesta dei Paesi dell'ex area sovietica e di tante parti d'Europa di entrare nell'Unione europea. Oggi, però, è il momento di riflettere sui suoi confini, che non sono confini infiniti e allargabili ad oltranza; devono essere definiti e, soprattutto, è il momento di ragionare su come noi immaginiamo questa futura Europa federale.
un dibattito che non può certo concludersi solo sugli aspetti istituzionali. Nella proposta di ordine del giorno che presenteremo abbiamo indicato molti temi sui quali è importante che si dibatta più a lungo e, in particolare, come sviluppare di più le politiche per l'occupazione. Sapete che la strategia di Lisbona è essenzialmente collegata alle politiche per l'occupazione e per fare dell'Europa un continente avanzato nella valorizzazione delle persone sul piano della ricerca, dell'innovazione, dell'adeguamento infrastrutturale. È per importante che si discuta come questo processo deve avvenire, sulla reale attuazione della strategia di Lisbona, per rendere l'Europa tutta molto più competitiva di quanto sia oggi sulla scena internazionale.
Dobbiamo parlare della politica estera, della politica di cooperazione dell'Unione europea, di temi importanti come le politiche urbane.
L'Europa è un'Europa essenzialmente di città: se c'è una qualità che contrassegna il continente europeo è la sua caratterizzazione urbana, la presenza di un tessuto urbano straordinario. Le politiche urbane sono un collante del processo europeo.
Ho citato alcune questioni, dal welfare alle politiche urbane alle politiche per il lavoro, che sono temi di grande rilevanza, insieme a quelli istituzionali. Credo che se c'è un limite che l'Europa in questi anni ha avuto sia quello di essere stata una comunicatrice fredda, cioè di non comunicare l'importanza del processo di costruzione di un'identità europea e di una cittadinanza europea.
Pur essendo andati avanti in questa direzione, non lo si è fatto capire ai cittadini. Non li si è coinvolti a sufficienza.
Credo, quindi, che il dibattito debba essere il più ampio possibile anche cogliendo i segnali di critica, perché le critiche sono utili e fondanti di un processo di miglioramento del nostro stare insieme. Credo però, sia anche necessario dare dall'Italia, ove è nato il movimento federalista e l'idea federalista europea, un forte segnale che vada nella direzione di superare la crisi e di dare una risposta, di nuovo attraverso il ricorso alla voce dei cittadini europei, su come potrebbe essere il processo referendario a cui ho fatto riferimento.
Penso sia molto importante, alla fine di questo nostro dibattito incaricare il Presidente del Consiglio di inviare il documento che voteremo a tutti i Consigli comunali e provinciali del Piemonte, chiedendo che a loro volta (secondo l'accordo di Roma), dibattano e mandino le loro considerazioni a noi, alle istituzioni europee e al governo dell'Unione europea, che è la Commissione. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chieppa, in qualità di Presidente della Consulta europea del Consiglio regionale.



CHIEPPA Vincenzo, Presidente della Consulta europea del Consiglio regionale

Grazie, Presidente.
Un intervento davvero breve, anche per risegnalare una potenzialità cogliendo l'occasione del dibattito odierno, che il Consiglio regionale si è data alcuni anni fa, deliberando la costituzione della Consulta europea.
Credo che quello strumento potrebbe, anzi dovrebbe, essere utilizzato con maggior puntualità proprio dal Consiglio, dai Consiglieri, dai Gruppi e da chi in qualche modo vuole dare un contributo al dibattito, sui temi europei.
Colgo l'occasione per risottolineare, anche in questa sede, che il lavoro fatto in questi anni, anche da parte della Consulta europea, è davvero encomiabile. Tuttavia, credo che questo momento così particolare come ci veniva ricordato dalla Presidente Bresso, imponga di rivedere anche le modalità operative della Consulta stessa e di riportarla ad una maggiore aderenza ai temi all'o.d.g.. Mi pare che questo possa essere uno strumento utile a tutto il Consiglio (so che la Presidente è particolarmente sensibile ai temi europei), per un percorso di confronto e di crescita poiché i temi in campo sono temi strategici, come veniva ricordato nella relazione iniziale della Presidente Bresso.
Si è avviata un'importante discussione su quello che dovrà essere il futuro modello istituzionale. Anche su questo c'è un dibattito aperto tra sensibilità diverse, ma credo che, restando al tema della Consulta europea essa possa e debba diventare uno strumento per interrogarci su quale modello di Europa vogliamo, come Consiglio regionale; su quale Costituzione europea; su qual è il valore dell'unità europea. Lo dico senza provocazione alcuna. La Consulta europea deve contribuire alla discussione, alla crescita ed anche alla consapevolezza. Dobbiamo chiederci se il modello attuale dell'Europa (l'Europa della moneta unica, l'Europa della banche) ci soddisfa, oppure se riteniamo necessario far partire anche di qua un segnale forte. Noi siamo per l'Europa - vado per slogan per non rubare tempo ai Gruppi consiliari per il dibattito - dei popoli.
Dobbiamo chiederci se il nostro modello di Europa è l'Europa della direttiva Bolkestein, oppure l'Europa di un sistema dei diritti certo per le lavoratrici e i lavoratori di tutto il continente.
I temi ci sono. La nostra idea di Europa è un'idea di politica estera subordinata all'attuale modello unipolare del mondo, oppure, anche dal Consiglio regionale, quindi dalla Regione Piemonte, può arrivare un contributo al dibattito che prefigura un'azione, sul piano internazionale diversa dell'Europa rispetto all'assetto attuale unipolare del mondo? I temi mi pare che ci siano. Ho toccato anche il tema della cooperazione. Oggi riteniamo che il modello di cooperazione, per esempio con i paesi in via di sviluppo, sia utile alla crescita di quei paesi oppure l'Europa potrebbe e dovrebbe giocare un ruolo diverso, anche sul tema della cooperazione allo sviluppo di quegli stessi paesi? Mi pare che i temi ci siano, signor Presidente, e bene abbiamo fatto a convocare questo Consiglio aperto.
Dovremmo fare, tutti insieme, uno sforzo affinché la discussione odierna non rimanga una mera celebrazione o una preparazione all'anniversario, pure importantissimo, del prossimo anno, che riguarda un momento fondamentale nel processo di unificazione europea.
Questa seduta dovrebbe concludersi, oltre che con la votazione di un ordine del giorno, anche con una nuova e più alta consapevolezza.
Per quanto ho potuto, insieme al Presidente del Consiglio e alla Consulta europea, ho ritenuto, con questo mio breve intervento, mettere a disposizione del Consiglio uno strumento di cui peraltro il Consiglio regionale si è dotato già da molti anni. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Chieppa.
Oltre ai colleghi Consiglieri, anche alcuni ospiti fra il pubblico hanno chiesto la parola. Ci stiamo attrezzando in tal senso, per consentire a tutti di intervenire in maniera confortevole.
Ha chiesto la parola il Consigliere Rossi Oreste; ne ha facoltà.



ROSSI Oreste

Grazie, Presidente.
La ringrazio, altresì, per avere voluto, in accordo con la Conferenza dei Capigruppo e con l'Ufficio di Presidenza, convocare questo Consiglio regionale aperto.
Ringrazio, ovviamente, i soggetti esterni al Consiglio regionale quindi i graditi ospiti, che sono presenti oggi.
Mi spiace che non siano presenti i nostri numerosi rappresentanti al Consiglio europeo, ma probabilmente vi sono fasi ove la loro presenza in Europa è indispensabile (perlomeno, me lo auguro!).
Presidente, parlare di Europa può essere facile ma, allo stesso tempo difficile. Tant'é che, come tutti sappiamo, il famoso Trattato europeo chiamato in modo improprio "Costituzione europea", non è stato votato in tutti i Paesi membri. Anzi, a seguito del voto dei Paesi Bassi e della Francia, il Consiglio europeo ha deciso addirittura di rinviare la data prevista per l'approvazione definitiva del Trattato (o Costituzione europea) - che doveva essere, inizialmente, il 1 novembre 2006 - a data da destinarsi. Anche perché, come ripeto, in Francia, in data 29 maggio 2005 una larga fetta dei francesi ha votato contro; lo stesso è accaduto nei Paesi Bassi, in data 1 giugno 2005. L'Irlanda aveva addirittura rimandato la data del referendum.
Questo vuol dire, quindi, che non siamo stati capaci, come legislatori noi amministratori locali e territoriali, i nostri Parlamentari e i rappresentanti in Europa - a spiegare ai cittadini europei quello che veramente l'Europa dovrebbe rappresentare per i Paesi membri e quello che l'Europa dovrebbe dare ai cittadini europei. E così si è ottenuto un risultato mediocre, anche nella stesura dello stesso Trattato-Costituzione europea, perché in realtà la cosiddetta "Costituzione europea", che, come ripeto, in realtà é un Trattato, consta di 448 articoli, 36 protocolli e 49 dichiarazioni allegate; una struttura in quattro parti, leggibile solo trasversalmente con rimandi su rimandi. Non solo. Ciò che a noi, come forza politica, crea grossi problemi, è il fatto che nonostante le richieste avanzate da più parti, neppure nel preambolo di questo Trattato sia stato riportato l'accenno alle radici cristiane quale elemento fondante della tradizione storica europea. Questo, per noi, è uno dei tanti errori che si sono compiuti.
Un altro errore - politico - è rappresentato dal fatto che spesso e volentieri i partiti politici, almeno per quanto riguarda l'Italia, mandano in Europa dei leader che non hanno tempo di frequentare l'Europa Parlamentari europei che magari rivestono anche altri incarichi e che seguono poco l'Europa. Tant'é che l'Italia, ancora recentemente nella scelta degli alti funzionari europei, è stata discriminata rispetto ad altri Stati membri. Probabilmente, i nostri Parlamentari europei - non dico tutti, ma molti - non hanno l'abitudine di frequentare assiduamente le sedute del Parlamento; non sono capaci a fare lobbing, come fanno i Parlamentari europei degli altri Paesi, che, in modo trasversale riescono per il loro territorio, a portare a casa dei risultati. La colpa va data non tanto agli elettori, che votano ciò che i partiti, bene o male propongono loro nelle liste, quanto, piuttosto, ai partiti politici.
Noi siamo per un'Europa sopra le parti; un'Europa dei popoli; un'Europa che indichi le direttive generali a cui gli Stati membri devono attenersi.
Vorrei porre, a tal riguardo, alcuni esempi: se accade un evento calamitoso, l'Europa interviene per aiutare in modo sovranazionale il territorio o i territori colpiti.
Se avviene una patologia o un rischio sanitario - come l'influenza aviaria - ben vengano norme europee da applicare in tutti i Paesi membri.
Quindi anche interventi che interessano le sfere locali: si pensi al blocco alla caccia delle anatre per un rischio di patologia legato all'abbattimento di quegli animali. Pur essendo una competenza della legislazione territoriale, in una situazione di rischio per l'interesse dell'Europa, l'Europa dovrebbe giustamente intervenire e bloccare, in quel caso, l'attività venatoria. Si parla, quindi, di elementi sovranazionali.
L'intervento nei confronti della "invasione di extracomunitari" dovrebbe giustamente competere all'Europa, perché è strano che vi siano norme assolutamente diverse fra Paesi che fra loro confinano, ma che addirittura fra di loro hanno più confini. Quindi l'extracomunitario diciamo clandestino, che riesce ad entrare in Italia o in Spagna o in Grecia, di fatto rischia di non trovare (è più facile con l'Italia e con la Spagna) più nessuna frontiera che lo divide dal resto dell'Europa. Quindi penetrato, ad un certo punto, in Italia, se non viene preso nel confine italiano, ad un certo punto troverà libertà di passaggio negli altri Paesi europei proprio per la mancanza - giustamente, perché non esistono più delle dogane e quindi dei controlli doganali.
Sono questioni che riguardano l'Europa, ma la riguarderebbero anche tutte quelle competenze nei confronti di altri Stati, che sono enormi. Un Paese come l'Italia non può competere con la Cina, con gli Stati Uniti d'America o con l'India: ma l'Europa può sicuramente competere con la Cina con l'India e con gli Stati Uniti d'America.
L'Italia trova grossi problemi ad intervenire per la pace o per la fame nel mondo con le sue risorse. Diversamente, l'Europa, se fosse unita e si muovesse in maniera coesa e solidale, potrebbe fare interventi molto importanti per il Terzo Mondo e per la pacificazione mondiale.
Secondo la Lega Nord sono questi gli interventi principali su cui l'Europa dovrebbe intervenire, e su cui l'Europa non interviene a sufficienza.
Siamo invece contrari a quell'Europa che "entra dalla porta di casa".
Siamo contrari ad un'Europa che viene a dirci quanto devono essere alti gli asparagi o che diametro devono avere per poter essere commercializzati.
Siamo contrari ad un'Europa che ci viene a dire qual è il diametro delle ciliegie per poter essere commercializzate; siamo contrari ad un'Europa che dice che forma deve avere la zucchina.
Perché quelle sono questioni, scusatemi colleghi, che riguardano le nostre tavole, la nostra cultura e il nostro modo di vivere.
Io preferisco magari mangiarmi una ciliegia più piccola o un po' storta piuttosto che una ciliegia ottenuta con trattamenti o procedure strane, che mi dà l'esatta ripetibilità di quel frutto nelle dimensioni e nelle caratteristiche e che magari non marcisce nemmeno. Preferisco avere una ciliegie che, quando è vecchia, marcisce e posso buttarla via, piuttosto che una "ciliegia mostro" che non cambia aspetta (quella lì invece va bene).
Io non posso accettare un'Europa che viene a dirmi come fare un formaggio. Vi riporto un esempio che è stato caratteristico per il nostro Paese: mi riferisco all'obbligo dell'uso di un determinato disinfettante per fare il gorgonzola e all'uso di tavole metalliche, o di alluminio, al posto di quelle di legno.
Una grossa ditta, di cui non faccio il nome, aveva speso otto miliardi delle vecchie lire per uniformarsi alle regole europee: la sua produzione di gorgonzola post-trasformazione è stata gettata perché invendibile perché sulle tavole di metallo e con quel tipo di disinfettante riconosciuto dalla Comunità europea - che era diverso da quello usato localmente - ha impedito che le muffe della gorgonzola si potessero formare e trasformassero quel tipo di formaggio in gorgonzola.
Noi abbiamo il diritto di mangiare, a "casa nostra", quello che desideriamo mangiare. Giustamente, in etichetta deve essere tutto indicato (come si produce quel prodotto, da dove proviene, che tipo di pesticida è stato eventualmente usato). Il contribuente, ovvero il cittadino, dovrà avere il diritto di scegliere il tipo di prodotto che vorrà mangiare quello omologato a livello europeo o quello tipico, che si è sempre trovato sul tavolo, anche quando andava a casa della nonna.
questa grossa differenza che vogliamo segnalare, fra il primo tipo di Europa di cui ho parlato, e un'Europa che, purtroppo, viene venduta troppo spesso dai giornali, dai mezzi di informazione, ma che in buona parte è purtroppo reale, che è quell'Europa che s'infila dentro le nostre case.
Non è quello il compito dell'Europa. Noi abbiamo le nostre comunità abbiamo i Comuni, abbiamo le Province, abbiamo le Comunità montane e le Comunità collinari, abbiamo un paese, l'Italia, che ha diritto a delle prerogative che devono essere garantite: in quel campo l'Europa non deve assolutamente entrare.
L'Europa deve essere un qualcosa di sovranazionale - su quello noi siamo assolutamente in linea e siamo d'accordo - deve essere un qualcosa che ci aiuta a crescere, che ci dà più diritti, che ci dà più possibilità che ci dà più sicurezza, non che toglie o limita la nostra libertà.



PRESIDENTE

iscritto a parlare il Consigliere Muliere; ne ha facoltà.



MULIERE Rocco

Grazie, Presidente. Graditi ospiti, l'allargamento che ha portato l'Unione Europea da 15 a 25 Stati membri, 27 con la Romania e la Bulgaria ha posto la necessità di una revisione profonda del suo assetto istituzionale.
La Convenzione europea, a tale scopo convocata, ha così portato alla stipula della Costituzione europea, un fatto di grande importanza dato che il testo adottato sancisce l'interdipendenza degli Stati firmatari e quindi l'esistenza di una confederazione europea, ma non ancora quella di una federazione.
Il testo approvato non è infatti quello di una vera e propria Costituzione, ma quello di un Trattato internazionale, con il quale non viene istituito un nuovo Stato federale né vengono privati i singoli Stati membri della loro identità nazionale.
La Costituzione europea è stata elaborata in modo trasparente e democratico. All'elaborazione sta facendo seguito, seppur faticosamente, un processo di ratificazione da parte dei Parlamenti nazionali dei 25 membri dell'Unione Europea o dei popoli europei tramite referendum.
A seguito dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi del 29 maggio e 1° giugno 2005, in cui ha prevalso il NO, il Consiglio europeo del 16-17 giugno 2005 ha ritenuto la scadenza del 1° novembre 2006, inizialmente prevista per l'entrata in vigore della Costituzione, non più perseguibile e ha proposto una pausa di riflessione.
La Commissione europea ha quindi proposto il Piano D per la democrazia il dialogo, il dibattito, al fine di avviare un'ampia e intensa discussione tra le istituzioni europee e i cittadini sia dei Paesi membri che non hanno ancora ratificato il trattato costituzionale sia dei Paesi membri che lo hanno già fatto (come il nostro).
Gli Enti locali e regionali italiani hanno risposto per primi all'esigenza di rilancio del dibattito europeo e della partecipazione dei cittadini, prevedendo discussioni nei Consigli (come stiamo facendo oggi) sul tema dell'integrazione europea per il rilancio del disegno costituzionale.
Noi pensiamo che il processo di ratifica del Trattato costituzionale debba andare avanti, ma non possiamo nasconderci che si sono diffusi interrogativi tra la cittadinanza, che vanno fugati mostrando che la nuova Costituzione europea non c'entra con questi temi: la retorica che è stata fatta in alcuni Paesi, il timore dell'ingresso della Turchia, il passaggio all'euro.
Serve una vera e propria integrazione politica che coinvolga la coscienza dei cittadini europei. Ci vuole più Europa, non meno Europa. Ci vuole anche più democrazia in Europa e ci vuole un'Europa dei cittadini che ne contrasti la disaffezione.
La Costituzione istituisce l'Unione Europea come unione dei cittadini e degli Stati d'Europa, che si fonda sul rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani. Questi valori sono condivisi da una società basata sul pluralismo, sulla non discriminazione, sulla tolleranza, sulla giustizia sulla solidarietà e sulla parità tra uomini e donne.
La Costituzione si prefigge di promuovere la pace, nonché i suoi valori e il benessere dei suoi popoli; offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, un mercato unico nel quale la concorrenza è libera e non distorta.
L'Unione si adopera per un'Europa dello sviluppo sostenibile, basato su una crescita economica equilibrata, sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente; promuove il progresso scientifico e tecnico; combatte l'esclusione e le discriminazioni; promuove la giustizia e la protezione sociale, la parità tra i sessi, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti dei minori.
L'Unione promuove la coesione economica, sociale, territoriale, nonch la solidarietà tra i Paesi membri. La Costituzione stabilisce chiaramente i diritti derivanti dalla cittadinanza dell'Unione: il diritto di circolazione e di soggiorno, di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali, di tutela da parte delle autorità diplomatiche consolari, di petizioni dinnanzi al Parlamento europeo, di rivolgersi al Mediatore europeo, di scrivere alle istituzioni in una delle lingue dell'Unione e di ricevere una risposta nella stessa lingua.
Si afferma la possibilità, per i cittadini europei, di far conoscere e scambiare opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione e il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni.
La Costituzione attribuisce rilevanza giuridica alla Carta dei Diritti Fondamentali di Nizza. Le istituzioni, gli organi, le agenzie dell'Unione Europea sono tenute al rispetto dei diritti sanciti dalla Carta; gli stessi obblighi incombono agli Stati membri nell'attuazione del diritto dell'Unione.
La Costituzione definisce per la prima volta i fondamenti democratici dell'Unione e prevede nuovi obblighi a carico delle istituzioni in materia di consultazione della società civile, trasparenza, accesso ai documenti protezione dei dati di carattere personale.
Il Testo sancisce inoltre il ruolo delle parti sociali e prevede per l'Unione l'obbligo di mantenere un dialogo regolare con le chiese e le organizzazioni non confessionali.
Un nuovo meccanismo consente ai cittadini di dare un proprio impulso diretto al processo legislativo, purché siano almeno 1 milione e provenienti da un numero rilevante di Stati membri. La Costituzione prevede, infatti, che i cittadini possano invitare la Commissione a presentare al Consiglio e al Parlamento una proposta.
Una disposizione sulla trasparenza dei lavori in sede di Consiglio consente ai Parlamenti nazionali di seguire meglio le posizioni dei rispettivi Governi nel Consiglio e il meccanismo di allarme preventivo, su rispetto del principio di sussidiarietà, offre loro uno strumento diretto per influenzare il processo legislativo. Grazie a questo meccanismo, essi sono informati in merito a ogni iniziativa della Commissione, che è tenuta a riesaminare la propria proposta qualora 1/3 dei Parlamenti nazionali la ritenga in contrasto con il principio di sussidiarietà.
Il nuovo Trattato costituzionale è "forse imperfetto, ma insperato" come lo ha definito il Presidente della Convenzione europea, Valéry Giscard D'Estaing. La Costituzione europea sostituisce i principali trattati europei esistenti con un testo unico, non sostituisce le Costituzioni nazionali dei Paesi europei, ma coesiste con queste ultime, definendo il quadro entro cui l'Unione può agire.
La Costituzione italiana fu la prima al mondo a darsi un meccanismo di limitazione della propria sovranità. Dopo tanti anni, quella svolta è giunta al suo culmine.
bene sottolineare come nessuna delle formulazioni relative ai diritti previsti dalla Carta potrà mai essere interpretata in modo tale da contrastare o da ridurre l'area di garanzia dei medesimi diritti previsti dalle Costituzioni nazionali. In questo modo, ogni Stato può mantenere le garanzie più elevate che abbia al suo interno.
I nostri diritti fondamentali non possono essere ridotti nella loro sfera di garanzia rispetto alla nostra Costituzione: è un buon compromesso che migliora notevolmente i trattati esistenti e, una volta in vigore porterà dei benefici concreti ai cittadini europei, maggiore chiarezza in merito alla natura e agli obiettivi dell'Unione, maggiore efficacia dell'Unione e rafforzamento del suo ruolo nel mondo, maggiore responsabilità democratica, maggiori diritti per i cittadini.
Siamo convinti che le critiche di cui è stata oggetto la Costituzione non abbiano fondamento. La Carta non porterà alla creazione di un super Stato centralizzato, non indebolirà la dimensione sociale dell'Unione, ma piuttosto la rafforzerà, perché tiene conto delle radici storiche e spirituali dell'Europa, in quanto fa riferimento alla sua eredità culturale, religiosa e umanistica.
Inoltre, il Trattato costituzionale non è rigido, molti miglioramenti sono possibili in futuro, come noi ci auguriamo. La Costituzione stessa conferisce al Parlamento europeo espressione democratica della cittadinanza europea, un nuovo diritto d'iniziativa per proporre modifiche volte a migliorarla. Occorre fare tutto il possibile per informare chiaramente e obiettivamente i cittadini europei in merito al contenuto della Costituzione.
Le istituzioni democratiche devono promuovere l'impegno attivo dei cittadini nel dibattito. Evitiamo il ritorno agli egoismi nazionali che portarono alle due guerre mondiali, dalle cui ceneri nacquero le istituzioni europee. Facciamo tutti nostro il motto europeo "Uniti nella diversità".



PRESIDENTE

La parola al dottor Sabatino.



SABATINO Alfonso, Segretario AICRE - Sezione del Piemonte

Desidero, innanzitutto, ringraziare il Presidente ed i Consiglieri.
Credo che oggi il Consiglio regionale del Piemonte si stia qualificando per il dibattito in corso e soprattutto per il fatto di avere raccolto certamente tra i primi Consigli regionali italiani, l'invito che veniva dall'incontro del 9 novembre, nel quale è stata firmata la dichiarazione tra il Comitato delle Regioni e le varie associazioni rappresentative degli Enti locali per l'attuazione del Piano D in Italia.
Devo affermare che il Piano D offre una grande opportunità: portare la discussione sul processo d'unificazione europea, sugli obiettivi del processo, sul come realizzarlo a diretto contatto sia dell'assemblea degli eletti, sia dei cittadini. Infatti, l'invito che viene dalla dichiarazione del 9 novembre è di tenere dei Consigli regionali, provinciali e comunali aperti proprio per incontrare i cittadini.
Credo che questo dibattito sia importante anche per un'altra ragione perché non sempre vengono chiariti ai cittadini i benefici del processo d'unificazione europea. Spesso l'Europa diventa capro espiatorio di politiche impopolari, mentre occorre mettere in evidenza tutti gli aspetti positivi e le ricadute che ci ha dato il processo d'unificazione europea, a partire dalla situazione di pace che è stata assicurata in Europa per oltre 50 anni, ma anche ricordando che il processo d'unificazione europea ha rafforzato i livelli d'autonomia di governo locale ed ha introdotto alcuni cardini della nostra vita quotidiana.
Pensiamo, semplicemente, alla moneta unica e al fatto che essa ha assicurato la stabilità del valore del denaro nel tempo. Questo è un grande risultato dello stesso processo d'unificazione europea. Così come sono grandi risultati il fatto che oggi in Europa abbiamo delle politiche ambientali all'avanguardia nel mondo e siamo quelli che cercano di soddisfare maggiormente i parametri del Protocollo di Kyoto. Inoltre vorrei aggiungere che con le politiche strutturali l'Unione Europea tende ad omogeneizzare i vari modelli sociali europei portandoli all'avanguardia.
Credo che si debba portare l'attenzione anche su un altro punto. Oggi noi abbiamo un grande mercato unico sul quale vi sono politiche strutturali esistenti, ma sono insufficienti. Abbiamo proceduto all'allargamento praticamente siamo passati in pochi anni da 6 a 12, a 15, a 25; tra poche settimane, saremo a 27 e nei prossimi anni, probabilmente, raggiungeremo la quota dei 30 paesi membri.
Dobbiamo assicurare il governo dell'economia e della sicurezza su quest'area così ampia. Un'area che ormai raccoglie circa 500 milioni di cittadini. È un'area che fra poche settimane comprenderà 27 Stati e nella quale sarà sempre più difficile poter decidere sulla base del voto all'unanimità. È necessario introdurre nuove procedure basate sulla maggioranza degli Stati e della popolazione nella e-governance dell'Unione Europea.
Ecco perché, come AICRE e come Federalisti europei, noi non possiamo che esprimere un giudizio positivo sui contenuti della Costituzione, che prevedono l'introduzione del voto a maggioranza, ma prevedono anche dei meccanismi interessanti.
Ad esempio, qualora la Costituzione per l'Europa fosse prossima ad entrare in vigore, avremmo la possibilità con le elezioni europee del 2009 di condizionare quelli che sarebbero la composizione e gli indirizzi della Commissione. Perché la Costituzione per l'Europa prevede che la nuova Commissione europea debba essere nominata dal Parlamento europeo sulla base di quelli che saranno i risultati elettorali delle elezioni europee.
La Costituzione introduce altri elementi interessanti, come l'introduzione di un Ministero per gli Affari Esteri europei. Questa soluzione permetterebbe all'Europa di parlare nel mondo con una sola voce.
Infine, la Costituzione consente anche di attivare delle cooperazioni strutturate tra paesi che sono disponibili e hanno le capacità di mettere insieme forze armate per realizzare una politica di sicurezza esterna dell'Unione Europea.
Naturalmente, tutto ciò avverrebbe nel quadro di una politica estera e di sicurezza comune, che dovrebbe essere decisa in cooperazione tra organi della Commissione, Ministro europeo per gli Affari Esteri e Parlamento europeo. Quindi, la Costituzione, sotto questi aspetti e su questi punti permette un grande salto in avanti.
Si dice che la Costituzione è ferma. Addirittura, la Gran Bretagna ha abolito dal suo programma di governo l'indizione di un referendum per la ratifica della Costituzione. Però, è anche vero che già oggi abbiamo il Trattato costituzionale, approvato da 15 Stati, ma che tra qualche giorno sarà approvato anche dalla Finlandia (e saremo a 16); tra l'altro, è stato approvato dalla Romania e la Bulgaria, i due Paesi che entreranno nell'Unione dall'inizio dell'anno prossimo.
Esiste ormai una maggioranza di Stati e di cittadini che ha ratificato la Costituzione. Se siamo in un contesto europeo e democratico, dobbiamo seguire questo indirizzo. Ecco perché è importante che il dibattito, che si svolgerà nei Consigli regionali, comunali e provinciali, faccia pervenire un segnale, un'indicazione politica molto importante, quale può essere quella della richiesta di un referendum consultivo europeo, che dovrebbe permettere di superare tutti gli odierni ostacoli per il proseguimento e il completamento dei processi delle ratifiche nazionali, e che dia veramente ai cittadini, come d'altra chiede il Piano D, voce per determinare il futuro dell'Europa.
Le consultazioni del Piano D possono raccogliere le opinioni dei cittadini, ma sarà senz'altro il referendum consultivo europeo che sarà decisivo e che metterà nelle mani dei cittadini europei il destino futuro dell'Europa.



PRESIDENTE

Grazie, dottor Sabatino.
La parola al Consigliere Robotti; ne ha facoltà.



ROBOTTI Luca

Grazie, Presidente.
Ho apprezzato molto l'intervento della Presidente, perché ha voluto essere molto franca e schietta sui contenuti che caratterizzano questo nostro dibattito. Dibattito che ritengo debba essere assolutamente non formale, quindi profondamente vero nei contenuti e nelle articolazioni dei contenuti che da ambi gli schieramenti condizionano questa discussione e ne informano l'agenda prospettica dei prossimi mesi e anche dei prossimi anni.
Dico spesso che, al di là della passione che è importante e che mi sembra non manchi dagli interventi degli amici federalisti così come della Presidente, occorrono anche oggi profondi contenuti di ragione per cambiare le cose che non vanno e che sono molte nel percorso che abbiamo condotto fino ad oggi.
stato citato Altiero Spinelli. Sono felice che sia stato citato dalla Presidente, perché credo che sia giusto dare a lui il merito di un dibattito che si è aperto in Europa all'indomani della tragedia e delle barbarie della seconda guerra mondiale. Si è aperto quando ancora i sovietici e gli americani non avevano liberato i campi di concentramento quando era in corso lo sterminio di massa nel cuore del nostro continente europeo.
Noi siamo anche quello, non possiamo dimenticarcelo. Siamo il frutto anche di una serie di terribili sbagli e di terribili errori che sono stati compiuti dalla politica europea e che noi vogliamo che non si ripetano più e che noi vogliamo portare come messaggio nel mondo in termini di prospettiva di pace, di dialogo, di diritti umani.
Spinelli parlava di un programma politico di ampio respiro quando scriveva con Ernesto Rossi il "Manifesto di Ventotene". Parlava di un'Europa federata che fosse basata sul consenso e sul più completo appoggio dei popoli cui si riferisce e che la comporranno. Cito testualmente dal Manifesto di Ventotene.
Diceva che il movimento federalista europeo non era un movimento intellettuale e di dibattito, ma si fondava su un programma di azione concreto che puntava al raggiungimento di questo grande obiettivo, cioè di un dialogo che sfociasse poi nell'idea stessa di un'Europa unita senza confini, con un unico progetto politico unitario.
Il processo dell'Unione - è inutile che ce lo nascondiamo - ha già avuto negli anni parecchi stop. Il primo è stato quello del 1954 ricordiamo bene quali e quanti sono stati gli ostacoli che ha dovuto subire il processo dell'unità europea.
Quindi, dopo quel brutale fermo da parte della Francia nel '54 brutale in termini politici - lo stesso Spinelli, in un discorso proprio nella nostra città, diceva che l'Unione Europea si doveva fondare su una stessa idea di Stato Nazione, cioè di un grande Stato Nazione che travalicasse i confini degli stessi Stati europei e che si basasse su due principi: il primo, una rinuncia della sovranità degli stessi Stati; il secondo, che i popoli europei partecipassero - anche in questo caso cito testualmente - "alla definizione di una Costituzione che fissasse le responsabilità dell'Unione tra gli Stati". Ovvero i padri costituenti di questo nostro percorso, che ci ha portato oggi a discutere del testo del Trattato costituzionale europeo, affermavano senza ombra di dubbio che ci che contavano erano le persone in carne ed ossa; non le burocrazie, non le economie e non la finanza, ma le persone, quelle che tutti i giorni, con il loro lavoro e con il loro sacrificio, fanno grande l'economia di questo nostro continente europeo. Spinelli lo diceva nel 1957.
Oggi - è inutile che lo neghiamo - ci sono ragioni di opposizione profonda a questo modello che c'è stato proposto, perché queste ragioni e queste critiche si basano sul mancato rispetto della volontà precisa dei nostri padri costituenti. Oggi è venuta prima l'unità economica dei mercati piuttosto che l'unità politica e culturale delle donne e degli uomini europei.
Questo è, secondo me, l'errore di fondo che ha costruito male il percorso che è andato avanti sino ad oggi e caratterizzato il confronto che dovrà continuare sull'unità europea.
Noi comunisti e la sinistra - lo diciamo con molta chiarezza - vogliamo contrastare quest'impostazione, e non lo diciamo in modo segreto: lo diciamo pubblicamente e lo diciamo anche in quest'aula. L'abbiamo detto anche alla Presidente. Un'idea di un'Europa che si fonda solo ed esclusivamente sul concetto dell'unità economica e finanziaria e che porta sostanzialmente ad una riduzione costante dei livelli di welfare e, quindi dei diritti delle persone, non c'interessa.
Siamo interessati, noi comunisti più di tutti, ad un percorso di unità politica dell'Europa e degli Stati europei. Siamo per contrastare questa deriva finanziaria ed economica che ha preso questo percorso di unificazione.
Noi dobbiamo unire le migliori energie, dobbiamo unire il sistema di ricerca scientifica e tecnologica, dobbiamo unire i sistemi universitari dobbiamo unire i percorsi di allargamento e di estensione dei sistemi di welfare, non unire le economie e favorire la finanziarizzazione di questi nostri paesi.
Noi sappiamo quello che siamo oggi e, lo diciamo con gran chiarezza non ci appassiona più di tanto, e sappiamo quello che vorremmo essere.
Vorremmo essere un'Europa che supera l'idea stessa di Maastricht, che ha sì fondato l'Unione Europea, ma sarebbe meglio dire che ha fondato l'Unione economica e monetaria, che ha creato un organismo - la Banca Centrale Europea - che decide le privatizzazioni, che precarizza il lavoro, che impone sempre di più un modello che va a precarizzare la vita dei cittadini europei, che ha fondato la propria unità sul tema dell'economia e del mercato del lavoro, inteso come mercato che anche in questo caso riduce i diritti delle persone. Ma, guarda caso, non ha imposto regole comuni per il sistema finanziario e per i sistemi delle Borse, quindi non ha imposto alla finanza e agli scambi mercantili regole comuni perché quei mercati e quei sistemi fossero controllati e fossero verificati.
Soprattutto siamo perché si esca da questo meccanismo perverso di chiusura dei diritti invece che di un loro allargamento, perché invece i diritti stessi, in modo progressivo, vengano estesi anche ai nuovi paesi membri, anche a quei paesi i cittadini hanno meno possibilità di quelle che hanno i cittadini italiani, francesi, austriaci, tedeschi e così via.
Lo stesso Trattato di Nizza è stato costruito in modo sbagliato. Un Trattato basato solo ed esclusivamente sui temi economici, basato solo ed esclusivamente sul tema degli scambi commerciali, che non ha difeso i sistemi democratici, e quindi l'allargamento di modelli democratici più avanzati agli altri paesi europei, e soprattutto che non ha ribadito la difesa dei beni pubblici che fanno capo alle istituzioni dei nostri paesi e degli enti locali dei nostri paesi.
Quel Trattato ha introdotto l'idea che si possono privatizzare i mercati e ha introdotto l'idea che si può andare ad un'estensione del libero mercato in settori prioritari come l'acqua, l'energia, le comunicazioni.
Noi ribadiamo che invece questi beni, che sono beni di tutti, a partire dal bene dell'acqua, devono restare saldamente nelle mani pubbliche.
Ho sentito richiamare dalla Presidente che non può venir meno un principio fondamentale: la democrazia oggi in Europa - non so in altre parti del mondo - si deve sostanziare in una ricerca permanente del consenso. Senza un consenso largo, diffuso e trasversale non può neanche esserci la piena espressione e rappresentatività della democrazia.
Altiero Spinelli il 14 settembre 1983, a margine di uno dei dibattiti che avrebbero poi portato alla fondazione della Comunità Europea, in un suo intervento diceva testualmente: "Avete tutti letto il romanzo di Hemingway in cui si parla di un vecchio pescatore che, dopo aver pescato il pesce più grosso della sua vita, tenta di portarlo a riva. Ma i pescecani a poco a poco lo divorano e quando egli arriva in porto, gli rimane la lisca. Quando voterà, tra qualche minuto, il Parlamento avrà catturato il pesce più grosso della sua vita, ma dovrà portarlo fino a riva perché ci saranno sempre degli squali che cercheranno di divorarlo. Tentiamo di non rientrare in porto soltanto con una lisca".Parole profetiche.
Oggi, avendo unito il continente europeo su un unico binario, che è quello della finanza, dell'economia, delle banche, dei poteri forti, stiamo rischiando di portare a riva soltanto una lisca, mentre abbiamo il dovere di portare a casa tutto il pesce per offrirlo ai nostri cittadini. Quindi prima l'unità politica, prima i diritti, prima le possibilità per le persone che hanno meno, e poi dopo portiamo a casa anche tutto il resto.
Oggi, purtroppo, si è partiti dall'alto, invece che dal basso, dai diritti e dalle persone. Dobbiamo ribadire la necessità che, a partire dai contenuti del Manifesto di Ventotene e dal dibattito che si è aperto in Europa in questi ultimi cinquant'anni, dobbiamo superare l'idea stessa di un'Europa che si basa solo sulla burocrazia, sulle istituzioni e sui contenuti astratti e ricominci, invece, a parlare di interessi reali delle persone che ogni giorno, con il loro lavoro e con il loro sacrificio costruiscono questa grande e importante esperienza di unità del continente europeo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Manolino; ne ha facoltà.



MANOLINO Giuliano

Grazie, Presidente.
Sarò molto più stringato e veloce del Consigliere Robotti. Soprattutto anche molto più generico. Le preoccupazioni del Consigliere Robotti, per quanto legittime, per quanto, in parte, anche condivisibili, sono un qualcosa che, purtroppo, non ci tocca ancora.
L'Unione Europea, al di là delle intenzioni dei padri fondatori, al di là di quelle che dovrebbero essere le finalità reali, stenta ancora a decollare, stenta ancora a far riconoscere uno spirito europeo che è ancora prioritario rispetto alle reali definizioni e finalità delle attività che si svolgono a livello europeo. Le difficoltà sono numeriche, oltre che partecipative. Non mi risulta che ci sia ancora una definizione circa quale sia il perimetro dell'Europa, qual è l'Europa che vogliamo. Si continua indistintamente, ad accogliere Stati su Stati, a seconda delle richieste non senza alcune perplessità. È il caso della Turchia e dei 75 milioni di mussulmani turchi che potrebbero entrare nell'Unione Europea, ma che non riescono ancora a risolvere un piccolo problema legato ad una fettina dell'isola di Cipro, che ha dato l'adesione: questo a testimoniare che un sentimento di partecipazione, di pace, di tranquillità e di convivenza ancora non caratterizza quel popolo.
Si deve fare molta attenzione a perseguire una tendenza espansiva perché si rischia davvero di compromettere un risultato finale. Mi sembra che l'esistenza di 20 lingue, che già costituiscono una grandissima difficoltà a livello europeo per le traduzioni a causa della mancanza di interpreti, non possa essere un buon preludio ad un'attività istituzionale vera, compatta, che preveda anche un'attività politica omogenea. Bisogna prima risolvere il problema di chi e quanti siamo in Europa. La Commissione europea, il Parlamento europeo devono darsi, prima di tutto, una cognizione, uno stop. Bisogna anche decidere fino a dove saremo Europa fino a dove stiamo pensando, non so per quale motivo, a fare conquiste, a fare diventare l'Europa una comunione di Stati che non hanno nulla da dirsi: né a livello politico, né a livello economico né, tanto meno, a livello di condivisione territoriale. Si deve davvero porre un limite.
Adesso, oltre gli attuali 25 Stati, vi sarà anche l'ingresso della Bulgaria e della Romania: saranno altre due lingue, saranno altri problemi ma credo davvero che ci si debba fermare. Solo in questo caso riusciremo ad avere un'identità. Non vorrei dimenticare che l'Europa è l'unico continente, oggi, nel quale non ci sono guerre, nel quale non ci sono più violenze come da altri parti. Se vogliamo che questo continente riesca ad essere omogeneo e dare un senso all'attività di comunione e di Stati bisogna che l'Europa riesca a definire la sua identità magari includendo la Norvegia, magari la Serbia-Montenegro, che è territorialmente europea anche se, a livello sociale e politico, ha avuto non pochi problemi. Ma poi bisogna fermarsi, bisogna che il federalismo europeo, tanto sostenuto, non solo dalla Presidente Bresso come rappresentante vera nella Comunità europea, ma da tutti noi, venga portato avanti.
Vorrei ribadire un grazie e un complimento per il grande lavoro che la Commissione Consulta europea regionale, come diceva il Consigliere Chieppa sta svolgendo da anni. Ho avuto modo di seguire il lavoro da vicino con i ragazzi in giro per l'Europa. Davvero complimenti perché riescono a trasmettere, con l'organizzazione e con la partecipazione, i sentimenti di Schuman, Spinelli e di tutti gli altri padri dell'Europa.
Tuttavia penso ci sia davvero bisogno di fare un salto di qualità mentale, da parte nostra, per aiutare la Consulta Europea, e non solo perché a livello non solo regionale, ma anche nazionale ed europeo, si lavori per sensibilizzare i giovani. Credo proprio sia lì il problema.
L'Europa non è costituita da Stati collegati come erano gli Stati Uniti d'America, ma da Stati che rivendicano ognuno un campanilismo un'appartenenza, una storia e una cultura che non sono divisibili con nessuno. Non sono Stati divisibili fino a questi ultimi anni. Per volerli condividere e dividere, proprio i giovani devono iniziare una nuova attività.
In uno degli ordini del giorno presentati ho letto una frase molto incoraggiante: incoraggiare l'introduzione nei programmi scolastici di veri corsi di educazione civica sul significato del progetto europeo. Oggi nelle scuole, grazie alla Consulta Europea regionale, si propongono temi avente per oggetto: "Diventiamo cittadini europei". Si fanno momenti di sensibilizzazione, ma sono davvero molto scarsi, sporadici e non costanti in tutti i plessi scolastici.
Si deve percorrere una strada di vera sensibilizzazione, con un programma anche solo di un'ora alla settimana, un'ora ogni 15 giorni di vera cultura europea, di vera nuova formazione scolastica per sensibilizzare tutti coloro che non solo fanno i temi come "Diventiamo cittadini europei", ma che crescendo con un senso civico dello Stato, della Nazione e della Regione, abbiano anche un senso civico vero, che è il senso della nuova Europa che vogliamo.
Altra cosa molto importante sono i nostri parlamentari. La settimana scorsa ho avuto modo di essere a Bruxelles con alcuni nostri parlamentari e credo che anche loro abbiano la necessità di avere un impulso forte, dico quasi un ordine, se non a livello istituzionale, una normativa, che li obblighi e che li impegni a trasmettere a livello nazionale la percezione della sensibilità europea che loro vivono nei Parlamenti sia a Bruxelles sia a Strasburgo. Questo collegamento manca, ma manca nella misura in cui gli impegni operativi e di lavoro sono per loro pressanti e pesanti.
Chiedo che su questo ordine del giorno, la Giunta regionale e la Presidenza del Consiglio si facciano parte diligente perché questa sensibilizzazione - che vorrei vedere in tutte le scuole, in tutti i gradi e livelli di istituzione - sia anche una sensibilizzazione che a livello istituzionale, quindi a livello di Enti locali, Comuni, comunità e unioni venga diffusa dai nostri rappresentanti europei. Solo così noi accresceremo la cultura europea.
Chiudo il mio intervento soltanto per dire che è vero che bisognerà fare la modifica alla Costituzione e cercare di arrivare al referendum su tutti gli Stati europei. Un referendum che non veda più le preclusioni che abbiamo visto in due nazioni, per non dire in alcune altre in cui si è malcelato, ma che veda davvero la partecipazione popolare.
Credo che questo non possa avvenire senza una lunga e costante preventiva sensibilizzazione, perché se non faremo così, anche con quel referendum rischieremo di fallire. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale per mozione d'ordine; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Intervengo sull'ordine dei lavori. Volevo solo comprendere come si svolgerà l'attuale Consiglio in merito all'ordine del giorno. Nel senso che, dovendoci essere alle 14.30 la Conferenza dei Capigruppo, doveva essere prevista l'interruzione della seduta. Il Consiglio è iniziato dopo non certo per assenza di Consiglieri, ma perché alcuni di loro erano impegnati su altre questioni altrettanto importanti.
Credo vi sia ancora un buon numero di colleghi iscritti a parlare, ma soprattutto che vi sono aspetti da verificare (ma questo lo diremo nel nostro intervento), perché l'ordine del giorno che c'è stato presentato non è esattamente quello presente nel documento. Questo ovviamente è oggetto di dibattito politico non relativamente all'ordine dei lavori, ma per affermare che non è possibile liquidare un tema come questo. Non lo ritengo una formalità da licenziare al più presto, nei pochi minuti che ci separano dall'interruzione dei lavori per la Conferenza dei Capigruppo.
Pertanto, vorremmo nel merito capire come intende procedere.



PRESIDENTE

Grazie, collega Vignale.
Quando abbiamo convenuto di tenere questo Consiglio regionale aperto sapendo che nelle istanze dei proponenti vi era anche la richiesta di approvare un ordine del giorno, abbiamo specificato che l'ordine del giorno non sarebbe stato oggetto di discussione specifica o tanto meno di votazione nella seduta del Consiglio aperto, perché anche se esiste il Regolamento il Consiglio regionale deve essere riunito nelle forme canoniche.
Si poteva pensare originariamente di chiudere il Consiglio aperto se si fosse partiti l'ora canonica e votare nella seduta antimeridiana gli ordini del giorno. Questo, vista l'ora, non mi pare possibile, per cui l'intendimento che seguirei, se non ho indicazioni palesi in senso contrario, è quello di esaurire la seduta di Consiglio aperto stamattina prolungando i nostri lavori per permettere a tutti di poter intervenire, in ragione anche del fatto che ci sono ospiti che hanno chiesto di parlare e quindi liberare gli ospiti e liberare comunque il Consiglio da questo dibattito. Poi riprendiamo ovviamente nel pomeriggio, dando tempo ai colleghi Consiglieri di rifocillarsi.
Valutiamo se convocare o meno la Conferenza dei Capigruppo in ragione dell'ora in cui finiamo, ma senz'altro alla chiusura del Consiglio aperto dovremmo fare un'interruzione per permettere a tutti, compresi i Capigruppo, di rifocillarsi, per poi ripartire con la seduta di Consiglio ordinaria.
All'interno di questa seduta di Consiglio ordinaria affronteremo gli argomenti all'ordine del giorno e, se qualcuno lo desidererà, potrà proporre formalmente alla Presidenza un Consiglio sui temi dell'Unione Europea, poiché per ora è stato presentato solamente un ordine del giorno a firma di un Gruppo consiliare sul tema. Se i colleghi chiederanno l'iscrizione di questi punti all'ordine del giorno, verranno proiettati secondo le indicazioni che poi saranno prese o dall'Aula o dai Capigruppo.
Quindi l'intendimento è di andare ad esaurire gli interventi, ma rinviare alla seduta ordinaria di Consiglio per le votazioni e le eventuali discussioni di più ordini del giorno.
La parola al Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Paolo

Signor Presidente, signori Consiglieri, signor Assessore all'ambiente graditi ospiti. Come è già stato ricordato, il primo novembre 2006 sarebbe dovuta entrare in vigore la Costituzione europea, ma i referendum di Francia e Paesi Bassi con una maggioranza di "no" al testo costituzionale hanno fatto sì che il Consiglio europeo proponesse una pausa di riflessione proponendo il cosiddetto piano di cui oggi parliamo, accompagnato al Libro Bianco e al Piano di comunicazioni sull'Europa.
Quest'iniziativa, la prima in tutta l'Unione Europea, è stata organizzata dalla delegazione italiana al Comitato delle Regioni e dalla rappresentanza in Italia della Commissione europea, che prevede, così come stiamo facendo, di svolgere un dibattito nella prima metà di dicembre presso tutti i Consigli regionali, provinciali, comunali italiani sul tema dell'integrazione europea per il rilancio del disegno costituzionale, che dovrebbe terminare con l'approvazione di un ordine del giorno.
La Presidente Bresso, parlando del Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito, ha aggiunto una quarta D, il decentramento, un tema molto attuale. Io mi permetterei di aggiungerne una quinta D, ovvero documentazione, altrettanto importante. Documentazione vuol dire conoscenza. Quante volte, purtroppo, ci si accosta a tematiche importanti senza avere la conoscenza dovuta. Anche questo ritengo che sia un aspetto molto importante. Il Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito è soprattutto un esercizio di ascolto, grazie al quale l'Unione Europea potrà agire sulla base delle istanze espresse dai propri cittadini.
Un primo obiettivo, posto tramite l'adozione del Piano D, è far sì che la democrazia rappresentativa continui a coinvolgere i cittadini europei e ne raccolga la fiducia. Tale operazione si rende necessaria poiché negli ultimi mesi, purtroppo, il gradimento pubblico dell'Unione europea è in costante calo. Tutti gli indicatori sono scesi, che si tratti di fiducia immagine o valutazione dell'appartenenza all'Unione. Per accrescere e riottenere la fiducia da parte dei cittadini europei, è necessario stimolare una comunicazione più accurata in merito all'attività dell'Unione Europea, per evitare che le istituzioni europee facciano da capro espiatorio per decisioni impopolari e spesso siano percepite come remote entità burocratiche.
A questo proposito, il collega Rossi, per far capire meglio quante volte la burocrazia possa essere soffocante, facendo l'esempio del gorgonzola richiamava l'esigenza di contemperare la sicurezza sanitaria senza cercare di "ammazzare" la tipicità dei prodotti.
Sebbene siano diventate una pratica standard, i meccanismi di consultazione sono limitati a specifiche iniziative politiche e i cittadini hanno spesso l'impressione che i canali attraverso i quali possono partecipare al dibattito siano altri, limitati o inaccessibili.
La comunicazione istituzionale, benché fondamentale e in continuo miglioramento, chiaramente non è stata sufficiente per colmare tale lacuna.
I cittadini europei provengono da background sociali e culturali estremamente diversi e hanno idee politiche ugualmente varie. La politica di comunicazione dell'Unione Europea deve rispettare tale gamma di idee nella sua totalità nell'ambito del dibattito pubblico. Per questi motivi l'Unione Europea deve credere anche all'utilità di ascoltare determinati gruppi e target che, nella loro ampiezza e diversità, non sono stati raggiunti durante le campagne referendarie (come i giovani o i gruppi minoritari).
L'Unione Europea dovrà collaborare con i Governi nazionali per contribuire all'organizzazione e al finanziamento di eventi mirati a promuovere il dibattito. Sarebbe opportuno che tali eventi coprissero tutto l'arco delle opinioni politiche. Il Piano D sottolinea come i dibattiti delle istituzioni locali dovrebbero essere mirati a indirizzare l'attenzione dei cittadini sul futuro dell'Europa, analizzare le loro aspettative e discutere del valore aggiunto e dei benefici dell'azione comunitaria. Le azioni future per coinvolgere i cittadini potranno essere finalizzati a tre obiettivi principali.
Il miglioramento dell'educazione civica, di cui sono responsabili gli Stati membri, è fondamentale per far sì che i cittadini possano esercitare i loro diritti politici e civici e diventino attivi nella sfera pubblica.
L'educazione civica non dovrebbe limitarsi ad insegnare agli alunni quali sono le Istituzioni dell'Unione europea e le loro politiche. Dovrebbe aiutare i cittadini di ogni età a servirsi di strumenti, come Internet, per accedere alle informazioni sulla politica pubblica e partecipare al dibattito. Ciò è particolarmente importante nel caso delle minoranze dei cittadini disabili e di altre categorie di persone che altrimenti potrebbero essere escluse dalla partecipazione alla sfera pubblica.
A questo proposito, torno indietro agli anni di liceo quando, al termine della scuola, il libro di educazione civica era ancora intonso. Era nuovo. Storia ed educazione civica insieme: tutto veniva dedicato alla storia e non c'era spazio per l'educazione civica.
I programmi dell'Unione europea possono contribuire in maniera diretta a valorizzare la dimensione europea. Programmi come Leonardo, Socrates Erasmus, Gioventù in Azione ed altri, offrono opportunità di istruzione e di formazione a migliaia di studenti e di giovani in tutta l'Europa. I programmi di informazione tecnologica cercano di ridurre il divario digitale e combattere l'emarginazione.
A questo proposito, ricordo gli incontri che la VI Commissione ha organizzato, più di uno, con i Rettori dell'Università del Piemonte sottolineando proprio l'aspetto del numero esiguo di studenti piemontesi che vanno a studiare all'estero in altre Università europee ed il numero altrettanto esiguo degli studenti stranieri che vengono a studiare in Italia, in modo particolare in Piemonte.
Inoltre, è necessario mettere i cittadini in comunicazione tra di loro.
Nuovi forum per il dibattito pubblico su tematiche europee sono fondamentali per favorire la fiducia, il rispetto reciproco e la volontà di lavorare insieme verso obiettivi comuni. Anche se le tecnologie della comunicazione sono importanti, gli incontri "faccia a faccia" rimangono determinanti. Le iniziative esistenti, come il Piano D, Gioventù in Azione e Cultura, hanno mostrato come l'Unione europea possa aiutare a creare nuovi punti di incontro per il dibattito civico.
Terzo punto, collegare i cittadini e le istituzioni pubbliche. Una buona comunicazione a due sensi, tra i cittadini e le pubbliche istituzioni, è fondamentale in una democrazia sana. Gli sforzi attualmente prodigati per rendere le Istituzioni europee più responsabili, aperte e accessibili, devono essere costantemente potenziati. A livello di dibattito locale, il Piano D sollecita un maggior impegno da parte dei politici e delle Istituzioni, per dare accesso, ai cittadini europei, ad un flusso costante di informazioni comuni, se si vuole che vedano la dimensione europea delle tematiche comuni.
Il dibattito, quindi, in base alle indicazioni del Piano D, potrebbe incentrarsi su alcuni temi, che cito solamente per poi volgere al termine: lo sviluppo economico e sociale dell'Europa, i sentimenti nei confronti dell'Europa e i compiti dell'Unione, le frontiere dell'Europa e il suo ruolo nel mondo.
Volgendo al termine, signor Presidente e cari colleghi, nel dibattito che vi è stato, per quanto riguarda la Costituzione, ricordiamo la polemica che vi fu sul riferimento alle radici cristiane. Questo non deve essere considerato un fatto religioso che attiene alla fede. Il riferimento alle radici cristiane è un fatto storico che appartiene alla storia. Quello che ancora più mi ha colpito è che non vi sia entrata con grande forza, nella Costituzione europea, il tema della pace, e sottolineo, con grande forza.
Su questo punto dovrebbero essere d'accordo tutti i componenti dell'Unione europea. Se pensiamo a quanto è successo nel secolo scorso due guerre mondiali, dittature come nazismo, comunismo, fascismo - mi chiedo se ciò non sia sufficiente per sottolineare, con grande vigore, che il punto della pace deve essere un punto prioritario e qualificante.
La Presidente Bresso ha parlato di un'Europa comunicatrice fredda.
Direi che a volte si ha la sensazione che l'Europa deve trovare l'anima deve trovare la volontà politica; deve trovare l'entusiasmo. De Gasperi diceva che la politica è pazienza. Occorre, assieme al dialogo e all'ascolto, metterci anche la pazienza. Noi cosa facciamo? Questo è il tema. Quando si dice che bisogna sensibilizzare i giovani è vero, ma forse sarebbe bene pensare che anche noi dovremmo essere più sensibili. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Grazie, Presidente.
Oggi ho finalmente assistito ad un dibattito interessante, democratico e costruttivo nonostante le sue diversità.
Ho ascoltato attentamente il discorso del Consigliere Muliere, in cui mi riconosco totalmente. Vorrei in ogni caso aggiungere alcune riflessioni sulla solidarietà economica e sociale.
Non ho la presunzione di riuscire ad inserire nell'ordine del giorno un chiaro riferimento alle nostre radici cristiane, ma, come ha già detto il collega che mi ha preceduto (che ringrazio per aver messo in evidenza quando diceva De Gasperi, uno dei primi principali promotori oltre ad essere colui che più ha creduto nella configurazione dell'Unione europea).
Quando parliamo di Unione europea,non possiamo non notare che i cittadini si sentono lontani da questa configurazione geografica, della quale sappiamo solo poche nozioni relative alla moneta unica e al commercio e all'agricoltura.
Non capisco come mai il collega Rossi voglia differenziarsi così tanto sulle scelte assunte dalla Comunità europea per ciò che riguarda la politica agricola dal momento che questa è l'unico vero collante che ha sostenuto l'identità dell'intera Europa e quindi non possiamo disconoscerla. Possiamo anche disquisire sui dettagli e sulle procedure però non ci può essere concorrenzialità e solidarietà economica e sociale senza una politica agricola, unico vero collante che, insieme alla moneta unica, ha mantenuto insieme l'Europa.
Oltretutto, collega Rossi, fino ad oggi, il vero principio di federalismo è stato applicato grazie alla Comunità europea e non grazie ad altre forme di federalismo estremo in cui si vede venir meno il principio di sussidiarietà . Mi sento un vero europeista, anche se mi dispiace non vedere nella Carta costituzionale uno dei fondamentali principi ispiratori per cui non solo è nata la Costituzione ma anche la Comunità Europea: le radici cristiane.
Oltre a ciò, mi sembra che l'Unione Europea abbia commesso molti errori (mi ricollego al Consigliere Robotti). Se manca una politica sul lavoro, se manca una politica sull'immigrazione, manca anche una politica dell'identità. Mi riallaccio a quello che ha detto il collega che mi ha preceduto: manca una politica dell'anima. Perché? Perché manca una politica dell'immigrazione, che in un certo modo ci sta mettendo in difficoltà qui in Piemonte, dove stiamo consegnando erroneamente e ingiustamente la nostra storia ai figli degli extracomunitari. Questo che cosa vuol dire? Vuol dire che quando manca quest'identità delle radici, dell'appartenenza, quando manca la nostra storia, manca l'anima (quindi sono d'accordo col collega de La Margherita che mi ha preceduto).
Di conseguenza, noi dovremmo cercare di aiutare tutti coloro che si sono seduti attorno a un tavolo per scrivere la Carta costituzionale. Noi come responsabili degli Enti locali, abbiamo il diritto di comunicare alle persone con cui ci interfacciamo qual è il valore, qual è l'importanza di un'Unione Europea più forte, più unita, più combattiva, più competitiva però per farlo bisogna costruire non solo una politica estera, ma una politica del lavoro e una politica sull'immigrazione.
questo il principale motivo - non vedo più la Presidente Bresso, ma lo dico agli Assessori presenti che la rappresentano - per cui sia in Francia che in Olanda non è stata accettata la Carta costituzionale.
Uno dei veri motivi per cui i referendum non hanno avuto un esito favorevole in Francia e in Olanda è la mancanza nella Carta costituzionale del richiamo alle radici, all'appartenenza al proprio territorio, alla propria cultura e alla propria storia. E per fare questo, ripeto, ci vuole una politica sociale sul lavoro, ci vuole una politica sull'immigrazione altrimenti la nostra identità, le nostre radici, le nostre culture, ben espresse anche dal documento del collega Muliere, vengono meno Dal momento in cui vengono meno la storia e la tradizione, ognuno di noi sente mancare il proprio terreno e quindi non si sente partecipe di un progetto globale.
Inoltre, vi è l'aspetto della concorrenza, della globalizzazione. C'è da competere anche col Giappone, con la Cina, con tutti i Paesi asiatici ma è più difficile senza un'anima, senza un'appartenenza al territorio alla cultura, alle tradizioni, alla storia. Questo, invece, si può ottenere se esiste una politica sul lavoro e una politica sull'immigrazione.
vero, Presidente, che i giovani sono più informati, ma è anche vero che dalle ultime indagini e stando alle recenti statistiche il 78% non conosce la Carta costituzionale, il 78% non sa niente dell'Europa e non sa niente della Commissione europea. Pertanto noi abbiamo il compito di informare, il compito di documentare. Sarà un obiettivo molto difficile, ma mi sembra che siamo tutti d'accordo su questo punto fondamentale.
Dirò ancora qualcosa in più sull'ordine del giorno nella prossima seduta, dove entreremo nel merito del documento. Spero che questo ordine del giorno venga approvato da tutti, perché sarebbe un segnale molto importante.



PRESIDENTE

La parola al professor Pistone, del Movimento Federalista Europeo.



PISTONE Sergio, Movimento Federalista Europeo

Credo che il problema che abbiamo tutti di fronte in questa fase dell'integrazione europea sia come sbloccare il processo costituzionale.
Oggi la Costituzione europea è bloccata dai due referendum negativi, e questo si traduce non solo in un blocco delle possibilità che la Costituzione aprirebbe, ma anche in un rallentamento dell'integrazione europea in questa fase.
Il fatto che un grande disegno come questo sia bloccato dà l'idea che l'integrazione europea non possa andare avanti e tutte le iniziative, i progetti, le proposte della Commissione, del Parlamento, ecc. non progrediscono, rimanendo in una fase di stallo. Quindi bisogna superare il blocco della Costituzione.
Per superare il blocco della Costituzione bisogna scoprire le ragioni fondamentali per cui c'è stata questa impasse, ovvero le ragioni dell'esito negativo dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi.
Credo che ci siano tante ragioni, ma ve ne è una fondamentale che è di natura procedurale: la procedura di ratifica della Costituzione non è democratica, e questo ha comportato le note conseguenze negative. Questa procedura non è democratica perché prevede la ratifica all'unanimità. La ratifica all'unanimità significa che prevale il diritto di veto nazionale significa che si va avanti col passo del più lento, il che si ripercuote negativamente sul processo europeo.
Io sono convinto che l'esito del referendum in Francia sia stato negativo proprio perché la regola prevista era quella della ratifica unanime. In effetti, la maggioranza dei francesi era favorevole alla Costituzione europea, soltanto che, col diritto di veto nazionale, c'era la possibilità di bloccare e di ridiscutere tutto.
Alcune forze politiche hanno ritenuto di poter fare delle manovre che con la Costituzione avevano poco a che fare,perché, se la si bloccava, se ne sarebbe poi dovuto ridiscutere. Appunto, prevedevano che il voto negativo avrebbe bloccato tutto. Ma se la regola fosse stata che, pur votando contro,se ci fosse stata maggioranza in Europa che accettava la Costituzione questa sarebbe entrata in vigore fra i paesi ratificanti l'atteggiamento sarebbe stato radicalmente diverso.
Quindi bisogna cambiare metodo. La ratifica all'unanimità crea situazioni in cui non si discute sull'oggetto in esame, in cui sono possibili manovre come quelle che in Francia hanno fatto sì che, pur essendoci una maggioranza per la Costituzione, alla fine sia prevalso il no. Dunque l'unanimità è antidemocratica.
Secondo elemento antidemocratico della procedura è il referendum nazionale. Il referendum, consultivo o obbligatorio, come strumento per l'approvazione di un progetto di questo genere è un fatto positivo, ma il referendum nazionale è un inganno.
Nel referendum nazionale non è in ballo l'oggetto del referendum, la Costituzione europea o quant'altro, ma è in ballo il Governo che lo promuove. Nel caso francese, il Governo ha promosso il referendum e nell'opposizione vi è stata la tendenza, appunto, a utilizzarlo per la ua lotta contro il Governo stesso.
Che le cose siano così lo dimostra il fatto che, dopo le elezioni i sondaggi effettuati sull'opinione pubblica hanno mostrato che la maggioranza dei francesi (e lo stesso vale per l'Olanda) vuole la Costituzione europea. Quindi bisogna cambiare questo metodo, ricorrendo a un referendum europeo.
Per cambiare il metodo, occorrerà riprendere questo testo, ci vorrà una nuova Convenzione. Questa nuova Convenzione dovrà fare alcuni cambiamenti ad esempio togliendo la Parte III. La Parte III (cioè i Trattati) è assurda: è come se nella Costituzione italiana fosse inserito il Codice Civile. I Trattati non devono essere nella Costituzione, la appesantiscono e fanno apparire delle politiche scelte in un certo momento come un fatto definitivo. Quindi bisogna cambiare questo aspetto ,pur salvando le innovazioni in esso contenute, e bisogna cambiare anche il sistema di ratifica e introducendo il principio della ratifica a maggioranza,superando così il diritto di veto nazionale.
Ci vuole dunque una nuova Convenzione. Per arrivare poi alla ratifica bisogna passare per il referendum, ma il problema è questo: la scelta non è referendum sì o referendum no, ma referendum nazionali o referendum europeo.
Il referendum nazionale è un referendum inganno, perché in realtà il popolo non si esprime su questioni europee, ma su questioni nazionali.
Il referendum europeo è un referendum in cui si sceglie pro o contro l'Europa. Nell'ordine del giorno che è stato presentato al Consiglio regionale c'è l'idea che, una volta ottenuto un progetto rielaborato questo venga ratificato passando per una fase preliminare di un referendum consultivo da tenersi nello stesso giorno, in coincidenza con le elezioni europee. Il referendum dovrà essere consultivo perché in certi paesi, come ad esempio l'Italia e la Germania, non è possibile il referendum vincolante per la ratifica di trattati internazionali. Però, un referendum consultivo avrebbe un valore politico, di fatto, vincolante e sarebbe possibile attuarlo senza dover cambiare le Costituzioni.
Quindi, se si ottiene il refrendum europeo, è logico che la Costituzione entri in vigore se la maggioranza dei cittadini e degli Stati l'hanno approvata. Non si può accettare che un passo avanti di questo genere sia bloccato da una minoranza. Questo porrà un problema: cosa fa la minoranza degli stati che non accetta? C'è solo una risposta. Questi stati si trasformano in paesi associati dell'Unione Europea. Se essi non sono disposti per il momento a fare questo passo avanti, restano fuori dall'Unione ,pur continuando a far parte del mercato unico.
Se si guarda alla storia dell'integrazione europea,si constata che in realtà tutti i progressi importanti si sono fatti andando avanti con chi ci stava. Per esempio, la moneta europea, che non significa un'unificazione piena dell'Europa, ma è una conquista di enorme importanza, perché in sua assenza non avremmo la stabilità di cui godiamo. Resta il fatto che l'unione monetaria si è fatta tenendo fuori la Gran Bretagna, la Danimarca e la Svezia. Un altro esempio. perché si è arrivati alle elezioni dirette del Parlamento Europeo? Perché nel 1975, quando si decise a questo riguardo, poiché Gran Bretagna e Danimarca non le volevano, il Consiglio europeo decise di indire le elezioni europee nei sette paesi su nove che erano d'accordo, lasciando fuori Gran Bretagna e Danimarca. In seguito questi paesi, per evitare di rimanere isolati, accettarono di partecipare alle elezioni europee.
Tornando al referendum europeo simultaneo,ribadisco che con questa procedura si discuterà sulla Costituzione dell'Europa e non di altre cose e sarà possibile realizzare un grande progresso sulla base del principio della decisione a maggioranza. Sono convinto che in quell'occasione la grandissima maggioranza accetterà la Costituzione e, se qualcuno resterà fuori, ma si andrà avanti. Questo è il punto centrale.
La Regione Piemonte, approvando quest'iniziativa a favore del referendum europeo, si pone all'avanguardia. Vorrei ricordare che il Parlamento europeo, già in anni passati, tenendo conto dell'esperienza della Consulta Europea, una delle prime create in Europa, aveva riconosciuto un primato al Piemonte, affermando che la nostra Regione era la più attiva sui temi dell'integrazione europea. Anche in questo momento in cui è in discussione il tema del referendum europeo, la Regione Piemonte sarebbe la prima che approva in un Consiglio regionale aperto - quindi, un fatto di grande importanza democratica - la richiesta di andare avanti con la procedura costituente introducendo il metodo di ratifica con il referendum europeo e con la regola della maggioranza.
Mi auguro che questa sia la scelta del Consiglio regionale e, come ho già detto, noi federalisti la apprezzeremo fortemente. Continueremo a collaborare con la Regione perché porti avanti la sua politica di unificazione europea, che è sempre stata sostenuta con decisione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ricca; ne ha facoltà.



RICCA Luigi Sergio

Grazie, Presidente.
C'è una metafora di Giuliano Amato, quella dell'ermafrodito che non sa ancora quale direzione prendere, che mi sembra quanto mai azzeccata per l'Europa di oggi. Un essere in cui convivono permanentemente una parte maschile (l'Europa come identità culturale e politica) e una parte femminile (l'Europa come comunità economica e dei popoli) che non riesce a prevalere rispetto alle resistenze in atto. Vi sono motivazioni storiche sociali e politiche ma, soprattutto, le difficoltà sono dovute alla necessità di dover coniugare, da parte degli Stati membri, una nuova istanza di cittadinanza comune con l'attaccamento alle proprie radici. Vi è la paura di abbandonare il vecchio per il nuovo, anche se si è ben coscienti che solo il nuovo è la via da percorrere per il futuro.
Mi pare di poter affermare che, oggi, non c'è una visione per il futuro dell'Unione Europea, ma prevale una conservazione dell'esistente. Perch con l'esistente ognuno continua a contare come prima e non rischia nulla.
invece, necessario attivarsi per ridare un nuovo senso all'Unione Europea che vada oltre il mercato. Occorre comprendere che il ruolo dell'Unione Europea nel mondo non è soltanto quello di garantire la sicurezza ai cittadini, ma di far sì che l'economia di mercato sia anche economia sociale di mercato, nella quale l'antistop competition è uno dei due poli, rispetto all'altro che è comprende la giustizia sociale, la lotta alle esclusioni e i diritti delle persone: il cuore del modello europeo che, per ora, non c'è ancora.
Questa costruzione viene in parte minata dal fatto che i nostri Stati continuano ad essere molto attenti a salvaguardare le proprie prerogative su tutta una serie di attività, per le quali subiscono ancora le pressioni del principio della sovranità nazionale. Certo, non aiuta la regola del voto all'unanimità che è stata richiamata prima. Una vecchia abitudine difficile da estirpare, che ha impedito per esempio di scrivere a chiare lettere nella Costituzione che l'Europa ripudia la guerra come strumento di offesa. Infatti, non tutti erano d'accordo su questo principio.
Allora, come muoverci oggi, come sbloccare la situazione - come diceva prima il professor Sabatino - rispetto all'impasse che si è creata? Credo sia necessario ricostituire la fiducia dei cittadini europei nell'Unione Europea e nella Costituzione, in modo che tutti ritrovino il senso di un'Europa unita. Solo in questo modo si potrà pensare ad una Costituzione che leghi 27 Paesi. È una strada che ha bisogno della politica e soprattutto, di personalità forti e coraggiose, capaci di prendere in mano le redini di una situazione che, oggi, sembra sfilacciata.
bene dire che dopo i referendum, che hanno bocciato la Costituzione si è creato un caos. Ogni paese ha reagito a modo suo e, spesso, abbiamo ascoltato le voci contrastanti dei Governi sulle misure da adottare per superare la situazione di crisi. Credo sia necessario trovare un punto di partenza comune dal quale proseguire a piccoli passi e ricostruire quell'idea di Europa unita che, oggi, si è appannata.
Per arrivare a delle soluzioni è anche necessario analizzare con lucidità i motivi che hanno scatenato la crisi, a partire dalle bocciature della Francia e dell'Olanda. Bocciature che affondano le proprie radici nelle strutture e nella forma stessa del testo. Nel suo intervento, la Presidente Bresso ha ricordato come sia un testo macchinoso e pesante.
impensabile che una persona possa leggere un tomo del genere, appesantito da quella terza parte che mette insieme e consolida tutti i Trattati mentre se l'articolato si fosse limitato alla prima e seconda parte avremmo avuto 114 articoli, che sono meno di quelli della Costituzione italiana.
Non c'è soltanto il problema del testo, ma anche la necessità di sensibilizzare, cioè di capire che i cittadini non sono stati sensibilizzati a sufficienza attorno al progetto di Costituzione. La Francia ha trovato la Costituzione troppo poco sociale, ma si è votato anche contro Chirac e contro il Governo francese. Il cittadino si è sentito tagliato fuori, chiamato a votare su qualcosa che non lo riguardava da vicino e senza avere l'opportunità di partecipare attivamente alla stesura della Costituzione.
scoppiata la valvola del malcontento e la paura del precariato. "La paura dell'idraulico polacco" è stato uno slogan significativo da questo punto di vista. Ora, dobbiamo ricostituire la fiducia e capire come i cittadini abbiano evidenziato una richiesta di partecipazione attiva alla Costituzione dell'Europa.
Devo anche dire come la risposta negativa abbia intimorito anche i leader politici, nelle cui mani c'è la responsabilità di decisioni, ma è necessario sottolineare anche come sia importante muoversi non solo a livello di vertici, ma anche attraverso azioni quotidiane e passi avanti per spiegare ai cittadini che c'è bisogno di una Costituzione per il bene stesso dell'Unione. Quindi, occorre evitare che l'Europa diventi, come alcuni interventi precedenti hanno richiamato, un ente burocratico governato a livelli di vertici e affetto da deficit di democrazia, e che vuole in un qualche modo cancellare anche quelle diversità che sono la ricchezza dell'Unione Europea.
necessario poi sottolineare un altro aspetto. C'è la necessità di vincere quella malattia che, in una società sempre più frammentata, sta facendo perdere alla politica la capacità di coagulare il consenso, al punto di disgregare la sua capacità di governo.
Anche i sistemi politici nazionali vanno sempre più divaricandosi, ed è questo un aspetto che dobbiamo tenere in considerazione, perché abbiamo frammenti di puzzle che diventano sempre più grandi, cancellando il disegno complessivo del progetto europeo. Così com'è necessario riflettere sull'allargamento all'Est europeo, lavorare per dare risposte e sottolineare come, dopo l'era comunista, si sono instaurati sistemi politici con un non sempre accentuato pluralismo, e che si stanno radicando movimenti nazionalisti, xenofobi, etico-religiosi e anche localistici, dai quali difficilmente può scaturire una visione europea che possa essere compatibile con l'Unione.
Credo, concludendo, che invece non bisogna avere paura di un'Europa che si allarga e che diventa la casa di tutti. Dovremmo avere fiducia, dovremmo trasmettere questa fiducia e farla crescere soprattutto nei giovani, perch è attraverso di loro che potremmo portare avanti quella che è, in fondo, la missione dell'Europa del futuro, che veniva richiamata e che era la spinta di Spinelli subito dopo la guerra: la missione di diffondere la pace, che ormai è una prerogativa acquisita all'interno dei nostri confini.
Pertanto, riuscire a proiettare la pace nel mondo è sicuramente una splendida missione.
Concludo affermando che sono d'accordo e ho sottoscritto un documento che reca come prima firma quella della Presidente Bresso. Condivido le iniziative che delinea per animare continuativamente il territorio piemontese e per sensibilizzarlo su questa questione. Ed è estremamente importante che questo avvenga, affinché il nostro impegno per la costruzione dell'Europa unita non resti limitato al dibattito di oggi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Botta; ne ha facoltà.



BOTTA Marco

Grazie, Presidente. Un saluto ai cortesi ospiti.
Il dibattito oggi ci ha segnalato un'Aula tutta di europeisti e questo è un fatto assolutamente positivo. Il problema è che poi ognuno vede l'Europa come vuole. Bisogna arrivare all'armonizzazione non più tanto dei sistemi valutari o monetari, ma dell'idea rispetto all'Europa, perch abbiamo assistito sicuramente ad un dibattito interessante e valido, per con una varietà e differenziazioni di tesi prodotte.
Per quanto riguarda il mio partito, ma in generale la destra politica italiana, il dato europeo è stato un dato politico costante di una politica che, già dal finire degli anni '50 e poi negli anni '60 ha visto prima il Movimento Sociale e poi Alleanza Nazionale sempre costantemente attenti e tendenzialmente favorevoli a tutte le scelte europee sviluppate dal nostro paese. Fin dai tempi della ormai passata CECA, il primo passaggio verso l'Unione Europea, che fu una comunità legata al gran problema delle risorse, delle materie prime (allora il carbone e l'acciaio).
Quanto tempo è passato da quegli anni, se pensiamo alle problematiche sulle materie prime, che oggi invece affrontiamo, e dal Trattato di Roma per poi arrivare a tutti gli altri passaggi che si sono intensificati negli ultimi anni.
La destra politica italiana è sempre stata una forza chiaramente europeista, anche con un dibattito interno potente, in particolare negli anni più vicini al termine del secondo conflitto mondiale, perché all'epoca alcune ferite erano ancora aperte, quindi una scelta decisamente europeista era una scelta coraggiosa.
Ritengo che la destra politica italiana abbia dato contributi importanti a questo dibattito. Mi si permetta almeno di ricordare che, in particolare, il Presidente Fini è stato un componente autorevole di quel gruppo di uomini di Stato e di Governo che hanno elaborato il progetto di Costituzione europea.
Si tratta evidentemente di un progetto di mediazione, che non ci soddisfa appieno, ma che abbiamo politicamente appoggiato e che riteniamo possa continuare a fare il suo cammino per costituire almeno un primo momento davvero aggregativo sulla tematica europea.
vero: l'Europa è un'idea e una stella polare importante per tante forze politiche. È chiaro che l'Europa che abbiamo conosciuto, dal '56 ad oggi, è un'Europa molto legata alle tematiche economiche; qualcuno dice mercantili, qualcuno dice finanziarie. Forse non poteva esserci un'Europa diversa; troppo grandi e troppo forti le lacerazioni nel continente europeo tra gli anni '50 e '70 per pensare di costruire quella che tutti forse vorremmo, per lo meno in termini generali, cioè un'Europa politica, fondata sui grandi principi europei.
Forse i nostri padri costituenti europei, quelli del passato e quelli del presente, hanno dovuto fare una scelta minimalista da un certo punto di vista, cercando di portare avanti l'integrazione europea, in particolare sui campi economici, perché erano forse quelli in cui era più possibile per i vari Stati trovare qualche comune minimo denominatore.
chiaro che le scelte di coraggio e di impegno che oggi chiediamo a noi stessi come rappresentanti delle Regioni, ma anche ai nostri rappresentanti politici a livello europeo e nazionale, è di avere più coraggio e di osare di più.
Oggi siamo usciti da tanti momenti: è finita da anni la guerra fredda ormai tante passioni, pur essendo state importanti, sono state riassorbite.
Oggi è importante ritornare a costruire un'Europa diversa, un'Europa che noi riteniamo debba tener conto del principio nazionale. Quindi, noi riteniamo che il concetto di Europa delle patrie, tanto caro al Presidente De Gaulle, possa avere, seppure a tanti anni di distanza, ancora un suo gran significato.
Vorremmo un'Europa più unita, non soltanto come lo è sicuramente in campo economico, ma anche nel campo della politica estera.
Noi soffriamo il fatto che l'Europa, su tanti temi, non riesca ad avere una politica estera comune ed un impegno comune. Vorremmo - e lo dico senza nessun tipo di velleità militarista - anche un'Europa della difesa comune perché questo è un altro campo importante. È umiliante, da europeo, dover pensare ad interventi di Stati terzi e di Stati non europei all'interno del continente europeo - storia di dieci anni fa - e non avere la possibilità come Europa, almeno di creare quelle condizioni di difesa militare per risolvere alcuni conflitti che, purtroppo, hanno incendiato, nell'ultimo decennio, il nostro continente a poche decine di chilometri di distanza dai confini italiani.
Per non parlare poi del ruolo dell'Europa sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista militare nel bacino del Mediterraneo, che è il nostro mare naturale, su cui noi evidentemente abbiamo tutte le caratteristiche per poter intervenire se avessimo, però, una politica di difesa comune molte forte.
Con l'approvazione della Costituzione europea, mediante il referendum che viene proposto in occasione della prossima consultazione europea dobbiamo uscire dalla convinzione di un'Europa nano-politica e gigante economico.
Ormai ci sono le condizioni perché l'Europa si costituisca come grande potenza continentale. Non abbiamo velleità di misurarci nei rapporti di forza con le altre aree forti del mondo, ma è chiaro che un'Europa che ormai va da Dublino fino quasi ai Balcani, è un'Europa che, se trovasse quei collanti comuni non solo a livello economico ma a anche livello politico, potrebbe interrompere quel movimento di decadenza che, purtroppo sta interessando anche il nostro continente, perché altri luoghi del mondo stanno crescendo, stanno diventando più forti, stanno diventando i veri centri del mondo. Mentre noi, anche grazie a queste lentezze e a queste incapacità di darci una comunione politica, stiamo perdendo posizioni.
Credo, quindi, che sia importante ribadire il ruolo, la centralità e il futuro di questa Europa dei popoli, di una Confederazione europea. Ritengo che sia importante puntare su un'Europa più politica, ma non meno mercantile o meno economica, perché sono aspetti ugualmente importanti a cui si è dato grandissimo spazio in questi primi cinquant'anni di dinamica europea. Sarebbe ora - se sarà possibile, se ne avremo la forza e la capacità di uomini politici di grande livello - di disegnare finalmente un'Europa politica comune, perché è ciò che chiedono anche i nostri popoli.
La gente comune sente l'Europa lontana. Del resto, Presidente, come ci si può appassionare ad un'Europa che parla soltanto di quote latte o di grandezza delle pere? Molto spesso, a livello legislativo, la si considera "negatrice" di alcuni principi propri dei singoli Stati nazionali.
Com'è stato ribadito da molti colleghi, dobbiamo riportare, sull'idea europea, passione, senso di appartenenza e identità europea. Dobbiamo farlo capire ai nostri giovani e a quelle popolazioni che hanno votato "no" alla Costituzione europea, probabilmente perché non giudicavano intimamente importanti alcune decisioni. La stessa scelta di non inserire il discorso delle radici giudaico-cristiane va contro quei sentimenti profondi del popolo europeo che pur ci sono e che abbiamo il diritto-dovere di riuscire ad evocare.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Se, in qualche modo, si voleva licenziare una pratica e tenere un Consiglio aperto, vista la scadenza imminente, credo che la scelta di continuare i lavori sia stata utile. Se si voleva fare un approfondimento di carattere politico sul tema, ritengo che la scelta della non interruzione non sia stata la più utile. Credo che la grande presenza nei banchi del Consiglio e della Giunta dimostri come un tema di così grande interesse, anche (ma non solo) con un'organizzazione dei lavori non consona, secondo il mio modo di vedere, lo abbia un po' relegato, come dicevo in apertura, ad un appuntamento da dover tenere e non ad un approfondimento reale.
Sarebbe facile parlare per slogan, com'è stato fatto in alcuni casi: mi riferisco, in particolar modo, ad alcuni colleghi, che hanno fatto dichiarazioni roboanti per lasciare, poi, roboanti assenze.
Si tratta di un tema assolutamente complesso e non si può certo nascondere che vi sia un problema legato al soggetto politico europeo, da una parte in termini istituzionali - cioè legati al Parlamento che lo rappresenta e agli Stati membri che fanno parte del Consiglio europeo dall'altra parte rispetto ad un concetto che ci appassiona di più, che è legato al continente europeo e ad un sogno di una "patria europea" comune.
Da questo punto di vista - lo diceva già il collega Botta - credo che nella storia della destra vi siano parti culturali - elencate addirittura nelle Carte fondative dei partiti, che, in qualche modo, hanno rappresentato la destra negli ultimi sessant'anni - che ricordano come la "patria europea" fosse una finalità di raggiungere. Certo, questo non valeva per chi, fino a pochissimi anni fa, era internazionalista e credeva che fosse più importante la partecipazione all'internazionale comunista che non alla fondazione di uno Stato europeo, o per coloro che credevano, in qualche modo, che una vicinanza perenne gli Stati cosiddetti "determinanti" per la vittoria della seconda Guerra Mondiale fosse fondamentale mantenendo un rapporto nei confronti degli angloamericani, ma soprattutto degli Stati Uniti d'America.
Credo che la cultura di destra, in Italia, abbia rappresentato una sorta di "terza posizione" per molti anni, molto misconosciuta e molto poco rappresentata, se non da alcuni grandi intuitori di quella che sarebbe stata la potenzialità europea, non solo economica: certamente sono da ricordare il Presidente De Gaulle e, molto più vicino a noi, l'impegno e il rischio, che infatti pagò, di Helmuth Khol, che nel 1989 decise di unificare la Germania, partendo dal principio monetario ma dando, poi, un senso politico con la parificazione del marco, alla quale, però, seguì una parificazione dell'importanza istituzionale che i lander, fossero della Germania est o della Germania ovest, rappresentavano.
Credo sia per noi un processo verso il quale guardare, perché volendo fare un paragone con quanto è accaduto nel 1989 e nei primi mesi del 1990 nelle due Germanie, soprattutto nella Germania ovest, dove si ebbe la volontà di unificare una nazione, ricordiamo che in quegli anni il Presidente del Consiglio, il Senatore Andreotti, negli stessi mesi in cui Helmuth Kohl annunciava la volontà di unire le due Germanie, disse che le due Germanie le preferiva separate, non da un muro, ma comunque separate.
Oggi ci pare normale che le due Germanie siano tornate ad essere uno Stato unitario. In realtà, qualche anno fa - non molti, per la verità, visto che stiamo parlando di diciassette anni fa - questo non appariva così evidente.
Credo, però, che il paragone con le due Germanie sia calzante, anche rispetto alle valutazioni che alcuni colleghi hanno fatto, perché davvero in quel caso abbiamo assistito, pur con le difficoltà che ovviamente un'integrazione fra due soggetti che, anche da un punto di vista economico e sociale, hanno provenienze diverse, culture differenti, stratificazioni culturali, sociali e politiche profondamente differenti rispetto alla costituzione di uno Stato unitario, che è partita con la cosa più semplice cioè l'unificazione del marco a pari valuta ma che, nel corso degli anni ha dato istituzioni di carattere politico, cioè la rappresentanza nelle Camere e nei Länder, assolutamente unitaria.
Ciò, purtroppo, non è accaduto per quanto riguarda la Costituzione europea e la formazione dell'unione degli Stati europei, dove certamente vi è stata, anche in questo caso, un'anticipazione di carattere economico monetario, partendo dal Trattato di Maastricht, fino ad arrivare all'avvento dell'euro. In questo caso - e questo riguarda politiche che hanno a che fare tanto con la politica estera, quanto con le politiche sociali interne agli Stati - si è badato di più a principi, che sono quelli ancora presenti all'interno del trattato di Maastricht, che prescrivevano soprattutto un'omogeneità relativa ai bilanci degli Stati, non tanto un'omogeneità rispetto alle politiche che gli Stati membri dovevano seguire.
Teniamo conto che alcuni Trattati (forse quello di Nizza) avevano 125 punti come priorità degli Stati membri, e che il passaggio successivo quello di Lisbona, ne individua certamente un numero inferiore. Buona parte delle politiche individuate nel Trattato di Lisbona, in realtà, sono secondarie soprattutto rispetto ai Paesi emergenti.
Ci rendiamo conto, quindi, che esistono in realtà, anche a livello europeo, due Europe che viaggiano con modalità differenti: una, quella dei nuovi Paesi, molto più interessata ad avere rappresentanza, ad avere non tanto liberalizzazioni, ma possibilità di movimento degli uomini e del lavoro all'interno dei singoli Stati; un'altra, invece, è l'Europa del Trattato del 1957, decisamente più statica, più interessata a tutelare alcuni principi che rappresentano la storia del welfare europeo ma che certamente, danno una limitazione rispetto ad una politica omogenea a livello europeo, e anche una limitazione rispetto all'esercizio della concorrenza in Europa.
Vi sono due punti che dovremo affrontare quando voteremo l'ordine del giorno, se vogliamo fare qualcosa che abbia un qualche valore, e non soltanto votare uno dei cento e più ordini del giorno che verranno votati all'interno dei singoli Enti. Si tratta di provare a trasporre la discussione di questa mattina all'interno dell'ordine del giorno, cercando in quella che doveva essere una ripresa del dialogo per addivenire finalmente ad una Costituzione europea, di inserire maggiormente aspetti legati alle politiche comuni, non soltanto di carattere finanziario e monetario.
Devo anche dire, in conclusione, su un argomento che certamente potrebbe essere trasversale (alcune valutazioni lo sono senz'altro state) che se si dovesse fare una valutazione politica rispetto agli schieramenti più attenti ai poteri forti, al rispetto del trattato di Maastricht all'attenzione rispetto alle grandi banche europee, al WTO e quant'altro credo che in questi anni le vestali del rispetto delle politiche economiciste e monetariste dell'Unione Europea non siano da ritrovare principalmente all'interno dello schieramento di centrodestra, ma abbiano certamente sede all'interno del centrosinistra, tant'è che uno dei massimi fautori dell'unità monetaria e monetaristico-economica dell'Unione Europea il soggetto che meglio rappresenta questa tendenza, è l'attuale Ministro al Tesoro, il già Commissario della Banca Centrale Europea, Tommaso Padoa Schioppa.
interessante fare una valutazione, una buona volta, se possibile, che travalichi gli schieramenti anche perché, nel Parlamento europeo, molto spesso questo accade, come abbiamo visto...



PRESIDENTE

Consigliere Vignale, la prego di concludere.



VIGNALE Gian Luca

Molti altri Consiglieri hanno oltrepassato i dieci minuti.



PRESIDENTE

Sono stati tutti nei dieci minuti.



VIGNALE Gian Luca

Sarebbe interessante fare un documento che tenga conto di queste differenti sensibilità, al di là degli schemi d'appartenenza all'interno delle coalizioni.



PRESIDENTE

I Consiglieri Pizzale, Spinosa e Moriconi hanno rinunciato ad intervenire. Hanno presentato i propri interventi in forma scritta, che vengono dati per effettuati e integrati nel resoconto della seduta odierna.



PRESIDENTE

PIZZALE Giovanni (intervento in forma scritta)



PRESIDENTE

Desidero fare una riflessione.
L'intento, lodevole, dei sei paesi fondatori di creare un nuovo gran soggetto politico, economico e sociale sembra aver disatteso le iniziali speranze: processi macchinosi di aggregazione e ferree regole economiche con cui i paesi devono convivere, a quest'idea si associa l'immagine dell'Europa. Un'idea che ha tardato a diffondersi, soprattutto nel nostro paese, ma non solo. Personalmente, ho cominciato a capire di cosa si trattasse quando è entrato in vigore l'euro e le sue conseguenze.
Invece, se tanti anni fa si fosse iniziato a creare una cultura europea, forse oggi non ci troveremmo a dover fare i conti con gli imbarazzanti risultati dei referendum di Francia e Olanda: uno "no" secco all'idea di stilare una Costituzione comune. La verità è che si è messo come si suol dire, il carro davanti ai buoi: prima un'Unione economica poi, magari, un'estensione giuridica e culturale. A parere mio, il processo sarebbe dovuto essere inverso.
E l'Italia? L'ingresso non è stato agevole, a causa dei rigidi parametri e della difficoltà a far conciliare la nostra economia con il caro-euro, e a tutt'oggi la permanenza risulta alquanto difficile. Imprese e mondo del lavoro hanno e devono fare i conti con "un'erba del vicino sempre più verde". Dal punto di vista culturale scontiamo una certa ritrosia nei confronti delle lingue straniere, ancora oggi un fanalino di coda tra le materie scolastiche. E' mancato, in definitiva, un progetto comune di unificazione; ciò che è stato deciso dall'alto non ha avuto una vera comprensione e condivisione dal basso.
La domanda a questo punto è, non che cosa ci divide, ma: cosa ci unisce? Il cittadino olandese, piuttosto che quello francese o tedesco hanno in comune niente meno che 3000 anni di storia, la civiltà occidentale, la filosofia greca, l'impero romano, il rinascimento italiano la nascita degli imperi britannico e spagnolo; in definitiva, un insieme di valori che sono patrimonio dell'umanità intera e che devono essere salvaguardati.
L'Europa è passata attraverso secoli di splendori e miserie, e molte di queste ultime si devono al fatto che l'Europa stessa fosse divisa.
L'Europa deve unirsi - cari colleghi - perché 500.000 000 di persone costituiscono un mercato unico enorme; perché far circolare le merci da Lisbona al Baltico significa più possibilità di benessere per tutti; perch è ora che la nostra comune cultura, la nostra capacità di rinnovamento, la nostra società basata sul welfare ritrovino finalmente una sede più estesa dei confini nazionali.
Trasformare l'unione monetaria in unione politica, costruire una politica estera condivisa. L'alternativa a questo sarebbe: l'estinzione, la povertà, un mondo diviso tra America e Cindia.
Che fare? Dobbiamo avvalerci in primis della scuola per formare dei giovani che conoscano l'Unione Europea e se ne sentano parte, magari predisponendo un'adeguata formazione nell'educazione civica e migliorando l'apprendimento delle lingue straniere.
Dobbiamo creare le condizioni perché i media si occupino quotidianamente dell'attività dell'Unione Europea, come si occupano di quella del Governo Italiano o del Consiglio Regionale del Piemonte: non è pensabile chiedere ai cittadini di partecipare al processo costituente di un'entità politica che, come dipinta dalla televisione e dai giornali, ha come unica attività la riunione periodica di capi di Stato e di Governo in luoghi ameni del continente! Quindi lontana dalla realtà quotidiana dei medesimi.
E poi, soprattutto, dobbiamo promuovere, come già in parte si sta facendo e sarebbe utile incentivare, attività e progetti per far conoscere le innumerevoli possibilità culturali e sociali che questo nuovo soggetto politico ci offre.
Solo allora si potrà parlare di una comune Costituzione europea, di un documento giuridico che fissi principi e valori condivisi.
Un percorso né breve né facile né rapido, ma essenziale.
La seduta aperta di oggi può essere un buon inizio.
Concludendo, mi viene da citare il titolo di un famoso libro: "Va' dove ti porta il cuore!". E il nostro futuro, non solo economico, è sicuramente oltre i nostri confini!



PRESIDENTE

SPINOSA Mariacristina (intervento in forma scritta)



PRESIDENTE

Sono molto lieta che oggi si parli del Trattato di Costituzione Europea, ossia del futuro dell'Unione Europea.
Come tutti ben sappiamo, stiamo vivendo un momento di riflessione, o meglio di stallo, per quanto riguarda il Trattato della Costituzione Europea. Il Trattato potrà entrare in vigore solo quando sarà adottato da ciascuno dei Paesi firmatari, e al momento solo 16 Paesi l'hanno ratificato su 25. In più si aggiunga il fatto che i referendum in Francia e nei Paesi Bassi (29/05/05 e 1/06/05) hanno sancito con la maggioranza dei votanti un netto no al processo di adesione alla Costituzione Europea. A partire da ciò, tutti gli stati si sono dati un periodo di riflessione da utilizzare per dibattiti e chiarimenti. È arrivato il momento di rilanciare la questione, di invitare gli stati rimanenti alla ratifica del Trattato: il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di arrivare ad essere 20 su 25 Paesi (i 4/5 dei membri dell'Unione Europea) che hanno ratificato il Trattato, in questo modo saremo in grado di far pesare ai non firmatari l'importanza della ratifica e concludere con successo il percorso di adesione alla Costituzione Europea.
Parlare di Costituzione Europea significa trattare un argomento importante non solo per il futuro del nostro Paese, ma anche per la costruzione di un ordine internazionale in cui pace, sicurezza, e libertà democratica possano costituire realmente patrimonio di tutti. Con la ratifica della Costituzione Europea, si rafforzano gli enti locali, si rafforza la democrazia europea.
La posizione dei Verdi europei e italiani è stata sempre federalista.
Noi Verdi, come sapete, siamo una forza politica organizzata su base europea che si richiama ai valori e alla costruzione di un processo europeo, con i cittadini come protagonisti di questo processo. Noi Verdi consideriamo l'Europa come una dimensione indispensabile per l'elaborazione di politiche in grado di affrontare le questioni vitali e strategiche, dai processi di globalizzazione ai mutamenti climatici, dalla precarizzazione del lavoro ai movimenti migratori, alla sicurezza e giustizia sociale.
Con il Trattato di Costituzione Europea, noi non pensiamo ad un'Europa come a un'istituzione ma ad una vera unione dei popoli: l'Europa che vogliamo è l'Europa delle città e delle regioni, l'Europa dei cittadini capace di porsi nella prospettiva di una vera democrazia. Inoltre, non vogliamo che la Costituzione Europea annulli le costituzioni nazionali: la Costituzione nazionale ha un valore prioritario, al quale anche le norme del Trattato europeo devono rispondere senza però che si verifichi il primato degli stati nazionali.
Di fronte ai gravi problemi che affliggono l'umanità nel suo complesso come le malattie, la fame, l'inquinamento del pianeta, i cambiamenti climatici, l'Unione Europea può costituire un polo politico forte e positivo capace di correggere e affrontare queste situazioni.
L'adozione del Trattato di Costituzione Europea è l'unica via da perseguire in un'Europa allargata, per una politica comunitaria.
Il Trattato di Costituzione Europea è sicuramente modificabile e migliorabile: non si tratta di una carta rigida, già definita ed immutabile, di una costituzione che sancisce la nascita di una sovranità bensì di uno strumento che recepisce i testi preesistenti e che istituisce una Costituzione per l'Europa con lo scopo di dare all'Unione Europea un assetto politico chiaro e definitivo riguardo le sue istituzioni competenze, modalità decisionali, politica estera. Si tratta di un progetto che è allo stesso tempo Trattato, ossia soggetto alle norme di diritto internazionale, e Costituzione e, in questo modo, costituisce una tappa fondamentale nella costruzione di un'Europa che garantisce il rispetto di valori comuni, libertà e diritti fondamentali.
L'auspicio di questo dibattito e dell'adozione della Trattato di Costituzione Europea, con modifiche e miglioramenti, è che l'Europa sia sempre di più un'Europa dei popoli, un'Europa di pace, un'Europa forte a livello internazionale, una comunità fondata sui diritti fondamentali, sui valori comuni, sui diritti sociali, un'Europa che dia ai cittadini europei la possibilità di democrazia.
L'impegno di noi tutti deve dunque essere di promuovere il superamento di questa fase di stallo attraverso la presa di decisione di concludere il processo di ratifica e di adozione del Trattato da parte di almeno 4/5 dei Paesi membri perché la Costituzione Europa è integrazione europea, è la forza che consente di gestire le sfide della globalizzazione e di ascoltare i bisogni dei cittadini.



PRESIDENTE

MORICONI Enrico (intervento in forma scritta)



PRESIDENTE

Credo di essere l'unico qui presente ad aver partecipato alla manifestazione indetta dal Social Forum europeo a Nizza contro la firma del Trattato che istituiva la Costituzione europea.
Oggi ci troviamo a discutere nuovamente di Europa.
Personalmente, come credo molti cittadini italiani, sono stato tra quelli che inizialmente avevano riposto speranze nella costruzione di un governo europeo salvo poi rimanerne deluso.
Il punto di maggiore criticità per quanto mi riguarda è proprio l'approvazione del Trattato costituzionale europeo.
Il problema è che si voleva, e rivuole, una Europa dei cittadini non delle merci e degli affari.
Il Trattato costituzionale è stato definito da Le Monde Diplomatique "un colpo di Stato ideologico".
Non si può parlare di una ri-partenza del percorso di approvazione senza ragionare sui limiti del testo attualmente sul tavolo. Innanzitutto nella sua genesi, e questo è un problema che riguarda tutta l'Europa.
Una Costituzione è un documento fondativo in cui un popolo riconosce la propria unità intorno a valori comuni, decisi con suffragio universale, su cui si basa la successiva elaborazione giuridica.
Esiste un popolo europeo? Esiste una coscienza collettiva europea? Soprattutto, il popolo europeo ha partecipato alla stesura del testo che pretende di rappresentarlo? Esso è stato redatto da una "Convenzione europea", che si è tentato di paragonare ad un'assemblea costituente, ma che di fatto non era un'assemblea costituente. La Costituente, infatti, è un'emanazione diretta del popolo, che ne elegge i componenti; la Convenzione, invece, era formata da membri designati dagli organi istituzionali europei (presidente e vicepresidente nominati dal Consiglio europeo; membri appartenenti alla Commissione o eletti dal Parlamento europeo) e dei Paesi dell'UE (membri eletti dai singoli Parlamenti).
Si è voluto giustificare tali difetti di procedura nella stesura del testo, sottolineando la novità assoluta del progetto europeo rispetto a tutti gli altri possibili precedenti storici. Ma la Costituzione europea si allontana da ogni precedente anche quanto a forma e a contenuto.
In primo luogo, occorre dire che essa è di una lunghezza spropositata rispetto alle normali costituzioni: il testo, insieme alle annessioni conta ben 852 pagine, scritte per di più in un linguaggio di taglio giuridico, poco accessibile al lettore comune. Ciò manifesta ulteriormente l'ispirazione anti democratica di tutta l'operazione.
Per quanto riguarda i contenuti della Costituzione, essi esulano dai caratteri di un testo costituzionale, dal momento che essa non si limita ad elencare i diritti fondamentali dei cittadini e a definire le istituzioni e il loro funzionamento, come ogni altra Costituzione, ma essa delinea per l'Europa tutto uno sfondo di politica economica di tipo marcatamente liberista: quale Costituzione esistente comprende anche la definizione di scelte economico sociali? L'orientamento economico che deve essere perseguito dall'Unione è definito come un'"economia sociale di mercato fortemente competitiva" fondata sulla libera concorrenza; questa deve essere protetta anche in caso di guerra. Si tratta di indirizzi economici che verranno così imposti all'Europa in modo irrevocabile, dal momento che un testo costituzionale non è modificabile, salvo l'unanimità di tutti i membri, e, al contrario del trattato, non prevede diritto di ritrattazione da parte dei Paesi aderenti.
Detto ciò, è chiaro che siamo di fronte ad un vero colpo di Stato, che manda in corto circuito la sovranità popolare per imporre, attraverso un atto solenne il cui riferimento alla costituzionalità è abusivo, i princip del liberismo economico.
La Costituzione stabilisce il primato della concorrenza ai danni della solidarietà: l'analisi delle occorrenze linguistiche mostra che la parola 'concorrenza' ricorre 33 volte, la parola 'solidarietà' (nel senso di solidarietà degli Stati membri contro qualcosa) 19 volte, la parola 'solidarietà' (nel senso di valore interpersonale) 9 volte, e la parola 'fraternità' ... ben 0 volte! L'articolo I, 4 ("Libertà fondamentali e non discriminazione") afferma: "La libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali e la libertà di stabilimento sono garantite dall'Unione ed al suo interno in conformità della Costituzione": la persona è equiparata alla merce, la libertà di movimento individuale è omologata al liberismo commerciale.
La posizione neoliberista viene sostenuta da una serie di affermazioni quali il libero movimento dei capitali, la flessibilità dei lavoratori, la subordinazione della politica sociale alle esigenze del mercato.
Viceversa mancano elementi che sono invece fondamentali per una società più solidale come il diritto al lavoro, sostituito dal "diritto a lavorare" e dalla "libertà di cercare lavoro". Si tratta dunque della possibilità di cercarsi un lavoro e, nel caso felice in cui lo si trovi, di esercitarlo: cosa ben diversa dal diritto per tutti ad avere comunque un lavoro. Sempre in tema di lavoro manca il diritto ad una retribuzione minima e il diritto a pari considerazione anche se di nazionalità diversa infatti la clausola sulle disposizioni specifiche che limitano l'uguaglianza si riferisce al fatto che gli stranieri residenti in Europa, anche se sono equiparati ai cittadini europei sul piano dei diritti economici, sono privati dei diritti politici.
Così sono assenti i diritti all'indennità di disoccupazione e all'aborto.
Infine la Costituzione europea non presenta cenni al ripudio della guerra, lasciando aperta la possibilità della formazione di un esercito europeo, con conseguente aumento delle spese militari. La pace non è considerata un valore fondante, ma un semplice obiettivo.
All'art. I, 3 ("Obiettivi dell'Unione") è infatti scritto: "1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli".
Conosciamo gli attuali metodi di "promozione della pace": questo articolo apre la strada ad occupazioni militari "umanitarie" gestite singolarmente ed autonomamente dall'Unione europea, simili a quelle che ancora abbiamo sotto gli occhi.
Un'ultima osservazione: Louis Amigo nota come "le parole e le espressioni 'terrorismo', 'minaccia terrorista', 'attacco terrorista' 'prevenzione del terrorismo' ritornino 10 volte nel testo della Costituzione in 6 articoli differenti..
In conclusione, queste sono alcuni elementi che, credo, hanno portato al rifiuto da parte dei cittadini che si sono espressi negativamente nel referendum in Belgio e in Francia, non estremisti o persone schierate in una determinata forza politica, ma cittadini, operai, studenti.
Visti questi esiti spiace ancora di più che in Italia la ratifica del Trattato sia stata fatta dal Parlamento e non con un referendum popolare scelta che ha rappresentato un ulteriore segnale di allontanamento della politica istituzionale dai cittadini.
Ugualmente si deve rilevare come la politica europea non ha rappresentato quella innovazione da molte parti auspicata. In tema ambientale, ad esempio, e non poteva essere diversamente visto quanto detto in precedenza, non ha offerto un sostegno alle posizioni di tutela ambientale in quanto gli interventi sono sempre successivi alla realizzazione dell'opera e spesso si concretizzano con sanzioni che finiscono per penalizzare doppiamente i cittadini che si trovano a dover accettare realizzazioni che non condividono e in più sostenere con le proprie tasse le eventuali multe.
Esemplare, in senso negativo, è poi la vicenda sulla brevettabilità degli organismi geneticamente modificati, dove la posizione prevalente tra i cittadini, di dubbio se non di contrarietà, ha trovato con molta fatica spazio negli ambienti istituzionali, che adesso stanno addirittura rivedendo le posizioni assunte e si sta avviando una liberazione di tali organismi. È di questi giorni il via libera in Europa alla patata modificata sviluppata da una ditta tedesca.
La speranza è che, nel riprendere il cammino costituzionale, gli amministratori che si troveranno a decidere facciano tesoro dei problemi rilevati e che si ragioni sulla possibilità di costruire una vera Costituzione attraverso un percorso di partecipazione popolare e che si pensi finalmente ad un vero Parlamento europeo, e non alla odierna forma incompleta, e si superino le negatività legate alla struttura istituzionale attuale.
C'è motivo di ragionare su quanto affermato dalla Presidente Bresso sulla necessità di un doppio passaggio di consultazione referendaria, che permetta attraverso una doppia approvazione della maggioranza dei governi e dei cittadini dia il via libera alla Costituzione. Su questo punto alcuni di noi fanno affidamento, perché posso credere convintamene che nel momento del referendum molti opteranno per valutare attentamente il testo che sarà sottoposto al voto per decidere quale atteggiamento tenere e divulgare.



PRESIDENTE

Ringrazio anche - non l'ho fatto in apertura di seduta - il professor Paolo Garbarino, Magnifico Rettore dell'Università degli Studi del Piemonte orientale, l'europarlamentare Vittorio Agnoletto e l'onorevole Moscardini che hanno giustificato la propria assenza con un messaggio inviatoci nella giornata di ieri.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Dalmasso; ne ha facoltà.



DALMASSO Sergio

"Il Manifesto di Ventotene" del 1941, più volte citato oggi, vedeva le cause che hanno condotto ai totalitarismi e alla guerra nell'anarchia internazionale, nell'impossibilità di regolare i rapporti tra gli Stati se non con l'uso della forza.
Una pace duratura - ci si richiamava a Kant - può attuarsi solo se un potere superiore sottrae una parte di quello che è il potere dei singoli stati e quote di sovranità agli stessi, compreso il potere di usare le armi.
L'idea di Europa unita, che vi era da tempo, nasceva sotto le macerie della guerra, quando le follie e i mostri cui il nazionalismo conduce erano sotto gli occhi di tutti, quando era chiaro che la fedeltà ad una singola nazione, messa ai vertici di un qualunque valore politico etico, diventava un elemento pericoloso. Il Manifesto di Ventotene afferma che i valori di libertà, uguaglianza e democrazia possono attuarsi solo attraverso il superamento dell'idea per cui una singola nazione si realizza solo in un quadro di unità nazionale, c'è in questo anche una critica al totalitarismo comunista, al modo in cui, purtroppo, il movimento comunista si era realizzato in una fase estremamente difficile e complessa.
L'europeismo è la risposta alla crisi di questo Stato nazionale anche nel quadro bipolare che, dal 1946, spaccava il mondo in due, e spaccava in due la stessa Europa.
In primo luogo, nel corso di questi anni si è sempre manifestato un problema complesso, una lettura per cui l'Europa può essere unione di Stati che non dia luogo ad una nuova entità statuale.
In secondo luogo, è emersa un'ipotesi federalista, in cui lo Stato federalista vede una sovranità ripartita su livelli differenti (locale regionale, nazionale e sopranazionale), da cui l'ipotesi dell'assemblea costituente che deve redigere anche uno Statuto.
In terzo luogo, vi è quello che poi è sostanzialmente passato, cioè un'ipotesi funzionalista, in cui i singoli Stati conservano la loro sovranità, ma sono almeno parzialmente protagonisti della progressiva e parziale limitazione della stessa.
Si tratta di problemi che si sono posti. Primo: i meccanismi decisionali hanno retto quando gli Stati erano sei; hanno scricchiolato quando erano quindici; diventano difficili quando sono venticinque; saranno ancora più difficili e complessi quando supereranno fortunatamente questo numero.
Per quanto riguarda la moneta unica, la stabilità dell'euro, garantita dal patto di stabilità, pone vincoli di bilancio di cui è garante la Banca Centrale Europea.
Questo, oggi, ha oggettivamente determinato politiche restrittive molto forti, e comporta comunque la necessità di un coordinamento su politiche economiche e fiscali, ma manca sostanzialmente il potere che ne pu garantirne l'attuazione.
Per quanto riguarda la politica estera, ci siamo trovati in più casi davanti ad un'Europa che ha avuto difficoltà sulle scelte da prendere. C'è un multilateralismo, come alcuni sostengono, o c'è una sudditanza sostanziale alla più gran potenza economica, politica e militare di questo mondo, come a parer nostro la scelta d'alcuni Stati (non fortunatamente di tutti) sull'Iraq ha dimostrato.
Il problema, in questa chiave restrittiva, non è solo un problema d'informazione e di comunicazione. Alcuni dati che ci hanno offerto ci dicono qual è oggi l'immagine dell'unità europea, perché vedono una risposta positiva solo da parte del 47% degli interpellati. Sono sondaggi che, si sa, valgono quel che valgono. Il tasso di fiducia è sceso, tra il 2004 e il 2005, dal 50 al 44%. Le prime elezioni hanno visto una partecipazione del 63% degli elettori, scesa dieci anni dopo al 58%, al 56 quindici anni dopo, al 49% vent'anni dopo e al 44 nel 2004 %.
Le elezioni del 2004 hanno visto un doppio fenomeno: un'astensione di massa, come anche un voto contro i singoli Governi autori di quelle politiche restrittive cui ho accennato.
La stessa strategia di Lisbona più volte citata anche in vari documenti necessiterebbe almeno di una discussione, di un bilancio alla luce dello scacco sotto il quale sostanzialmente si trova.
Prodi commentò le elezioni del 2004 con una frase che credo sia nota.
Molti europei considerano l'Unione Europea non all'altezza delle loro aspettative, e non vedono perché dovrebbero darsi la pena di andare a votare.
Oltre a questo, abbiamo verificato in questi anni come ci sia una profonda fronda sociale, dal '95 in Francia e in altri casi, che non cito per limiti di tempo.
Oggi siamo di fronte ad una recessione economica, che almeno dal 2001 limita fortemente le manovre dei singoli Stati. Siamo davanti a 21 milioni di disoccupati a livello europeo, ad un incremento medio del PIL dell'1,5 ad una domanda interna debole, ad una politica estera che presenta volti e facce di cui abbiamo detto prima; a movimenti d'opposizione diseguali e carsici, che non sono contrari all'Unione Europea, ma alle politiche che i singoli Governi hanno attuato in questi anni. C'è una serie di partiti che si dimostrano contrari, da partiti antieuropei di tipo populista, ad una sinistra radicale nordica, fino ad alcuni partiti comunisti (il greco, il portoghese e il ceco).
Il "no" della Francia ha dimostrato un voto molto intrecciato certamente, ma in alcuni casi, l'elemento di classe è comparso in modo molto forte e molto netto.
L'elemento di classe, cioè il fatto che i ceti popolari vedessero con profonda preoccupazione il fenomeno della Costituzione europea per com'era stabilita e per come era fissata, è stato un fattore centrale, che ha portato anche in Francia, per una breve fase (non sappiamo se continuerà) ad una ripoliticizzazione molto forte in un paese dove tutti i media e i maggiori partiti erano schierati a favore del "sì", in cui la campagna per il "sì" era molto forte.
Per finire, noi temiamo che ci sia il rischio profondo che si è manifestato in questi anni: che una volta fatto l'euro, una volta dato vita alla Banca Centrale, siano abbandonati gli aspetti sociali, culturali sindacali e politici che sono alla base della necessità della unità europea e che l'unificazione diventi, presso la popolazione dei paesi europei, in molti casi sinonimo di sacrifici, parametri, politiche restrittive politiche profondamente lontane dai bisogni fondamentali.
Tornando a Spinelli e a Rossi, che citavo in precedenza, sono gli aspetti comuni della storia e della cultura che inducono la necessità dell'unità europea, della difesa di un modello sociale diverso rispetto a quello di altri continenti, che non è frutto del caso, ma di spinte e di lotte, di una storia che parte dal Cinquecento, dalla Riforma, dalla Rivoluzione inglese, olandese e francese in particolare, fino ad arrivare al movimento operaio, che è nato e cresciuto in questo continente.
Oggi, occorre coniugare questa grande idea europeista con grandi questioni come disoccupazione, precarietà, futuro per i giovani, emergenze ambientali terrificanti. L'autunno 2006 è il più caldo da quando sono stati fatti i rilevamenti. Questo dovrebbe dirci qualcosa rispetto al grande tema della pace e della guerra e, soprattutto, anche a quello del rapporto con gli altri popoli, a cominciare da quelli mediterranei.
Avremmo preferito un voto che desse mandato per la costruzione di una Costituzione europea, pertanto voteremo, naturalmente, questo documento con le riserve e le preoccupazioni che abbiamo espresso.
Chiedo scusa al Presidente per il tempo, ma ho tagliato enormemente le mie considerazioni.



PRESIDENTE

Non ho più iscritti a parlare.
Rimaniamo intesi che gli ordini del giorno n. 525 "Costituzione europea", presentato dai Consiglieri Rossi, Dutto, Novero e Monteggia; e n.
527 "Trattato costituzionale europeo", presentato dai Consiglieri Bresso Biziak., Muliere, Motta, Turigliatto, Valloggia, Robotti, Dalmasso Deambrogio, Moriconi, Manolino, Pizzale, Rabino, Pace, Cavallaro, Spinosa Rutallo, Cattaneo, Ricca, Scanderebech, Lepri, Comella, Ferraris, verranno discussi in una seduta di Consiglio ordinaria, qualora ne fosse richiesta da parte dei proponenti l'iscrizione all'o.d.g.
Ringrazio tutti gli ospiti che hanno voluto rispondere al nostro invito a partecipare ai nostri lavori. Grazie a tutti.
Alle ore 15.30 riuniremo la Conferenza dei Capigruppo.
La seduta ordinaria di Consiglio è prevista per le ore 16.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.20)



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