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Dettaglio seduta n.127 del 14/11/06 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



(Alle ore 15.08 il Presidente Gariglio comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.30)



(La seduta ha inizio alle ore 15.51)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Barassi, Cavallaro, Cotto, Laus e Spinosa.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

b) Assegnazione temporanea delle funzioni di Vicepresidente della Giunta regionale all'Assessore Caracciolo


PRESIDENTE

Si comunica che, stante la contemporanea assenza della Presidente Bresso e del Vicepresidente Peveraro, fungerà da Vice Presidente della Giunta regionale l'Assessore Caracciolo in virtù del DPGR n. 104 del 14 novembre 2005 trasmesso al Consiglio regionale il 15 novembre 2005 (comunicazione della Direzione Affari Istituzionali del 9 novembre 2006 prot. n. 14367).


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame disegno di legge n. 277, inerente a "Sperimentazione di nuove procedure per l'approvazione delle varianti strutturali ai piani regolatori. Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56" (rinvio in Commissione)


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del disegno di legge n. 277, di cui al punto 5) all'o.d.g.
La parola al relatore, Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo, relatore

Il disegno di legge n. 277 è stato licenziato a maggioranza dalla II Commissione del Consiglio regionale. Anche se il licenziamento è avvenuto a maggioranza, con la riserva di assumere un atteggiamento in Aula da parte di alcuni Gruppi consiliari, mi preme innanzitutto evidenziare come la discussione all'interno della II Commissione del Consiglio su questo disegno di legge si sia svolta in modo serio e costruttivo. Il confronto si è sempre caratterizzato per un'attenzione al merito dei contenuti e degli obiettivi del provvedimento.
Do per scontato che i signori Consiglieri possano aver preso visione dei contenuti del disegno di legge e della relazione tecnica di accompagnamento. A me compete e vorrei evidenziare, in pochissimi minuti alcuni obiettivi e aspetti, che considero importanti e innovativi contenuti all'interno del disegno di legge.
Il disegno di legge si occupa di definire i criteri per la formazione e per l'approvazione delle varianti strutturali diverse rispetto al passato con alcuni obiettivi.
Il primo obiettivo è dare la certezza dei tempi di approvazione delle varianti strutturali, la cui approvazione oggi è, sicuramente indeterminata nel tempo.
Il secondo obiettivo è quello di privilegiare gli aspetti di sostanza e di merito, rispetto agli aspetti di natura formale. Quanto tempo? Chi è stato amministratore comunale ha verificato il tempo necessario per una serie di espletamenti, di natura meramente formale, di controllo degli atti, dei timbri, delle firme e delle procedure che sono stato seguite.
Ora, in un atteggiamento da parte dell'Amministrazione che vuole essere un atteggiamento di responsabilizzazione del sistema, tutti questi aspetti che sono pesanti e hanno influenzato le procedure nel corso degli anni sono delegati al Comune, che diventa soggetto pienamente responsabile.
Il terzo obiettivo è quello di costruire un sistema di relazioni tra i tre soggetti che intervengono in un processo di pianificazione (il Comune la Provincia e la Regione), affinché non esista un soggetto che esplica meramente una funzione di controllo. Tutti e tre i soggetti devono diventare protagonisti di un processo di co-pianificazione, che ha come finalità quella di mettere al centro dell'attenzione la qualità delle scelte, delle trasformazioni urbane e la coerenza tra i diversi livelli di pianificazione.
Il quarto obiettivo, che credo sia altrettanto importante - lo ricaviamo anche all'interno dello stesso testo e dello stesso titolo del disegno di legge - è quello di aprire una fase di sperimentazione. Ad alcuni può sembrare, e in effetti questo è stato oggetto di ampia e approfondita discussione all'interno della II Commissione consiliare, più complicato per un Comune, che affronta un iter di approvazione di una variante strutturale, partire da un documento programmatico e non da un progetto preliminare, come oggi è previsto all'interno della legge urbanistica regionale n. 56.
Quello che è importante, ed è uno degli elementi di valore di questo disegno di legge, è che con lo stesso si vuole aprire una fase di sperimentazione, che ha come obiettivo fondamentale quello di verificare nel concreto, il funzionamento di un modello per poi tentare di trasferire questo modello all'interno della nuova legge sul governo dei suoli. Questo è un elemento essenziale: prepararci ad una nuova legge sul governo dei suoli, non sulla base di un impianto meramente teorico, ma avendo verificato e sperimentato nel concreto quali sono gli elementi che funzionano nel sistema che immaginiamo di mettere in atto, e quali che invece ancora manifestano elementi di problematicità.
Ma è una fase di sperimentazione che, a mio parere, è quanto mai necessaria ed indispensabile, anche alla luce di un'altra considerazione che ho svolto poco fa e che vorrei riprendere sotto una luce diversa.
Ho detto prima che l'obiettivo è di chiamare tre soggetti principalmente (Comune, Provincia e Regione) a diventare protagonisti di un processo di co-pianificazione, eliminando sostanzialmente la funzione di controllo esercitata dall'amministrazione regionale e assegnandole solamente quella di difendere valori importanti sotto il profilo ambientale e paesaggistico.
Ma trasformare l'ente Regione, che fino ad oggi ha esercitato prevalentemente questo tipo di funzione nell'iter d'approvazione degli strumenti urbanistici, ad una funzione di soggetto che interviene in un rapporto di confronto, di dialogo, di crescita e di costruzione di momenti qualitativi di pianificazione, assieme agli altri soggetti, significa anche modificare e trasformare il ruolo, la funzione e l'esperienza fino ad oggi assunta da parte dei funzionari dell'amministrazione regionale, che per primi devono diventare protagonisti in un processo di questo tipo.
Ecco perché, al di là di tutto, questo disegno di legge ha due scenari e si rivolge verso due direzioni: uno nell'immediato, quello di dare certezza nei tempi, di privilegiare la qualità delle scelte rispetto agli orpelli formali, quello di definire anche rapporti istituzionali più maturi e più responsabili. In definitiva, quello di guardare al fatto che, per governare le trasformazioni urbanistiche delle nostre comunità locali occorre creare un sistema che è fortemente responsabile in tutti i soggetti che ne fanno parte, e non solamente in alcuni soggetti.
L'altro obiettivo cui si rivolge questo disegno di legge è quello di traguardare alla nuova legge sul governo dei suoli.
Chiudo con un'ultima considerazione finale. Nelle nostre considerazioni, nelle riflessioni e nel dibattito politico che molto spesso vede impegnato in un confronto democratico maggioranza e minoranza dentro e fuori il Consiglio regionale, molto spesso noi ammettiamo e definiamo la grande importanza che, all'interno di questa VIII Legislatura del Consiglio regionale, avranno le scelte che riguardano la politica sanitaria, la costruzione del nuovo Piano Socio Sanitario.
Credo che ci sia un altro strumento da molto tempo atteso dal complesso non solo delle amministrazioni comunali, ma dal complesso degli operatori economici, da chi guarda al fatto che oggi le trasformazioni urbane del nostro territorio devono essere rivolte ad obiettivi di qualità e di preservazione, ma devono anche essere governate e gestite alla luce di questi obiettivi e non possono essere gravate da procedure formali pesanti e non possono essere appesantite da tempi che sempre più appaiono assolutamente indeterminati.
Vi è una grande attesa cui la VII Legislatura del Consiglio regionale non è stata in grado di dare una risposta positiva, che è quella della nuova legge sul governo dei suoli.
Credo che tra gli obiettivi più importanti che avremo in questa VII Legislatura vi sia quello di dotare la Regione Piemonte e la comunità piemontese di questa nuova legge.
Questo disegno di legge è un passo iniziale, è un passo importante che apporta ed inserisce già degli elementi fortemente anticipatori.
Un'ultima questione e concludo. Sbaglia chi crede che questo disegno di legge - ed è l'approccio alla nuova legge sul governo dei suoli - si proponga sostanzialmente di inserire all'interno della comunità piemontese obiettivi di laissez faire, cioè di possibilità indiscriminata di intervenire sulla gestione dei suoli e sulla trasformazione del nostro territorio.
L'obiettivo non è quello di aprire le porte o le serrande; l'obiettivo è certamente quello di dotare la comunità piemontese di una legge matura di una legge responsabile, di una legge che guardi anche con fiducia al rapporto con le amministrazioni locali.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Solo per una questione di merito. Davvero, Presidente facciamo fatica a sentire. O è veramente il mio impianto audio che è definitivamente in degrado, nel qual caso mi rivolgerò al mio medico di fiducia.
Facciamo veramente fatica a sentire; quindi se il Presidente in qualche modo ci rassicurasse che per la nona o la decima legislatura, mantenendo lo stesso brusio, potessimo almeno litigare con una certa comodità, noi saremmo più contenti. Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Consigliere Burzi, la rassicuro sul fatto che non si tratta di un problema dell'impianto audio dei singoli Consiglieri come fornito da madre natura, ma è un problema più generale della sala, cui l'Ufficio di Presidenza ha deliberato di porre rimedio. È già stato individuato il fornitore, e mi sto informando tramite gli uffici del Consiglio regionale sui tempi d'esecuzione dei lavori, che sono stati commissionati.
Quindi, speriamo il più in fretta possibile di procedere anche alla verifica complessiva della sonorità dell'intera aula.
Ha chiesto la parola il Consigliere Cavallera; ne ha facoltà.



CAVALLERA Ugo

Grazie, Presidente.
Inizia il dibattito sulla legge urbanistica, anche se ovviamente solo con un disegno di legge che anticipa una sperimentazione che l'Assessore Conti ritiene utile, perseguendo anche strade che sono già state intraprese da altre Regioni.
Noi abbiamo sostenuto in Commissione che avremmo preferito entrare subito nel dibattito della nuova legge urbanistica e quindi predisporre una modifica complessiva della legge stessa.
Però è chiaro che noi siamo l'opposizione, la Giunta è sorretta dalla maggioranza e quindi ci siamo poi attrezzati per il confronto sul testo che avevamo in esame.
Devo dire, riferendomi alla relazione del collega Reschigna, che è vero che la legge urbanistica vigente è obsoleta e presenta senz'altro una pianificazione a cascata piramidale. Però è pur vero, se vogliamo essere obiettivi, che soprattutto possiamo parlare di controlli gerarchici, ma di pianificazione sovraordinata molte volte scarsa.
In sostanza, l'impressione che hanno avuto i Comuni in questi anni è proprio stata quella di avere un forte impegno del Comune per regolare le trasformazioni urbanistiche e, nella stragrande maggioranza dei casi, una scarsa volontà delle amministrazioni provinciali, che dal 1990 hanno la competenza del piano territoriale, di redigere dei piani territoriali articolati, in ogni modo improntati ad un vero e proprio governo del territorio.
I piani territoriali che abbiamo visto molte volte sono piani territoriali ricognitori di fatti già avvenuti e, soprattutto, di una serie di vincoli, piuttosto che essere anche loro la dimostrazione visibile di quelli che sono e dovrebbero essere gli indirizzi di sviluppo del territorio, che molte volte calano dall'alto da parte delle varie autorità proponenti, creando tutta una serie di conflitti.
Poi, ovviamente, vi è la dicotomia del nostro ordinamento, non sempre raccordato tra l'approvazione dei progetti e le valutazioni ambientali singole o strategiche che siano. Poi facciamo un'insalata di mille valutazioni che molte volte sono legate al singolo progetto, all'avanzare della progettazione, piuttosto che ad una previsione magari dialetticamente concertata. Questo per affermare che non sarei così tranchant nella valutazione della legge urbanistica che, ovviamente, ha avuto i suoi demeriti, ma anche i suoi meriti, e che soffre di una vetustà soprattutto in rapporto ad una modificazione da un punto di vista economico e generale con la globalizzazione e la possibilità di localizzarsi in varie realtà territoriali, quindi la necessità assoluta di avere una tempistica di risposta più snella rispetto a quello che forse trent'anni fa era accettabile. Allora si è data l'idea della pianificazione concertata, tutto sommato un'idea interessante e senz'altro da sviluppare.
La questione qui si articola sia da un punto di vista istituzionale pubblico, quindi ci sono le competenze del Comune, della Provincia e della Regione e degli altri pubblici, dall'altra, invece...



PRESIDENTE

Scusate, Consiglieri, mi rendo conto che sia difficile seguire. Per siccome sono stato richiamato a creare delle condizioni audio particolari vi prego di consentire ai Consiglieri di intervenire.



CAVALLERA Ugo

Da un lato, vi è la concertazione istituzionale tra i vari livelli pubblici di responsabilità, dall'altro vi è il Confronto e la Contrattazione (usiamo questi termini con la "c" maiuscola) con i soggetti proponenti per individuare ipotesi reali, realistiche e concrete d'utilizzazione del suolo e di sviluppo. Naturalmente, dando per scontato che in tantissime realtà sono già avvenute trasformazioni riutilizzando complessi industriali abbandonati, riqualificando particolari porzioni dei centri abitati (caso classico è quello del Comune di Torino, ma non solo dove è sotto gli occhi di tutti questo processo che si è sviluppato e si sta sviluppando).
Con questo disegno di legge, si tratta di fare coesistere due tipi di procedure: le procedure di legge conosciute e le procedure speciali per le varianti strutturali. Su questo punto in Commissione ci siamo impegnati a fondo, abbiamo anche concorso molto a trovare delle soluzioni che, a nostro avviso, sono accettabili.
Qual è stato il nostro punto di riferimento? Prima di tutto, di concorrere alla semplificazione e, sotto questo profilo, tutta l'attenzione al documento preliminare, al documento programmatico, ai tempi delle pubblicazioni. Soprattutto abbiamo sottolineato l'importanza di attuare veramente il presupposto cui la Regione, la Giunta, la Provincia, ma tutti fanno riferimento, cioè le competenze che ha ciascun livello pubblico di riferimento. Il Comune ha determinate competenze, la Provincia ne ha altre la Regione altre ancora.
Nel momento in cui, per esempio - ormai si è consolidato negli anni il Comune ha una competenza sostanzialmente esclusiva per quanto riguarda le varianti parziali, abbiamo ritenuto, in controtendenza, di creare un meccanismo di vigilanza, peraltro a termine, del tutto particolare su queste varianti parziali.
Era emersa la convinzione da parte di alcuni - come tutte le cose del mondo, c'è del vero in tutte le opinioni - che da qualche parte qualcuno potesse aver esagerato nell'utilizzare questo strumento. Abbiamo letto attentamente le osservazioni degli organismi rappresentativi dei Comuni cioè dell'ANCI e di altri Enti locali, le quali sono state veramente illuminanti e abbiamo preso atto, con favore, che la Commissione si è orientata in questa direzione.
Dopodiché, vi era tutta la procedura riferita alla valutazione delle limitazioni di utilizzo del suolo, quindi al ruolo che l'ARPA ha attivato nella nostra regione da qualche tempo mediante una circolare sulla base delle leggi vigenti; adesso, per le varianti strutturali, viene costituzionalizzata, cioè è prevista da un punto di vista legislativo fissando un termine perentorio.
Adesso inizia il dibattito, in seguito ci saranno altri interventi e vedremo eventuali emendamenti, ma se si vuole far camminare questa legge velocemente, bisogna attenersi il più possibile al testo licenziato dalla Commissione sul quale non avevamo espresso parere favorevole perché ci riservavamo il giudizio in Aula, avendo anche un po' sentore che le questioni non erano ancora tutte concertate o definite a sinistra.
Credo che sarebbe veramente più indicata la via che ci giuda direttamente al dibattito sulla nuova legge urbanistica, piuttosto che perderci per strada, prevedendo un sistema di controllo delle varianti parziali dei Comuni, ma non perché il sottoscritto sia contrario ai controlli (forse il sistema dei CORECO era migliore di un sistema nel quale non c'è nessun controllo).
Visto che il nostro ordinamento è questo, e che all'interno del Titolo V vigente della Costituzione approvato, a suo tempo, dall'allora maggioranza di centrosinistra, c'è tutta la declinazione delle competenze attuata nella nostra Regione, ciò che viene avanti a livello nazionale è che è assolutamente in controtendenza prevedere l'istituzione di un livello di controllo che non ha riscontro di altra natura nel nostro ordinamento.
Abbiamo già l'invio dei documenti, ci sono le conferenze, per quanto riguarda le varianti parziali era stato previsto di affidarle alla dialettica locale all'interno dei Consigli comunali (non a caso, pur essendo variante di limitata portata, era stata riconfermata la competenza del Consiglio comunale); vi è il percorso di tutela degli interessi legittimi che si può fare presso l'autorità giudiziaria amministrativa e poi, se proprio qualche mosca bianca o qualche pecora nera esce dal seminato, ci sono gli organi preposti per reprimere eventuali abusi.
Sono rammaricato che si continui a riproporre in Consiglio emendamenti.
Quello riferito all'ARPA posso ancora comprenderlo, anche se leggerlo tutto di fila è un po' complicato. Per quanto riguarda l'introduzione del livello di controllo regionale, è una scelta contro i Comuni, è una scelta in controtendenza che invito a non fare.
Ci riserviamo di intervenire specificatamente sui singoli articoli e sugli emendamenti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

Nel 1943, Giuseppe De Finetti, una singolare figura di architetto e urbanista milanese, che nell'immediato dopoguerra ricoprì anche l'incarico di Assessore della deputazione ciellenistica nella Provincia di Milano, in uno scritto profeticamente intitolato "Per la città del 2000", con singolare antiveggenza scriveva: "Guai a lasciar prendere la mano ai praticoni o ai cosiddetti uomini d'azione, che credono di fare la civiltà d'oggi perché costruiscono case o producono beni industriali o commerciano le merci e il denaro, lo fanno sempre con furia, gloriandosi della velocità della loro azione e del loro successo, sciupando la civiltà del domani l'industria del domani e la ricchezza del domani.
Questi realizzatori, noi sappiamo sin d'ora che balzeranno alla ribalta alla prima occasione a bandire programmi mirabolanti e semplicistici, a chiedere libero campo per le loro imprese, a battersi per il sistema del 'fare pur di fare', perché il tempo stringe e la necessità è grande.
Conviene dunque precederli e cercare di fissare qualche concetto fondamentale per lo sviluppo della città, che valga anche a difenderla dagli improvvisatori".
Parole lontane, ma che credo abbiano ancora oggi una loro valenza proprio perché oggi, come dire, ci apprestiamo a disegnare un nuovo complesso di norme. Un percorso che ci porterà con questa sperimentazione ad avere una nuova legge urbanistica, con accanto, finalmente, norme ulteriori come un piano paesaggistico che da tanto tempo manca.
Ci apprestiamo cioè a modificare la legge n. 56, nota come legge Astengo, che in qualche modo aveva dei precisi riferimenti nella nostra Costituzione, che è stata massacrata nel tempo e che però, per quanto fu in qualche modo votata, ha costruito l'urbanistica in questa Regione. Ha avvicinato l'Italia e l'Europa, ha disegnato standard urbanistici e ha in qualche modo recuperato in codice i bisogni che venivano dalla società e dal territorio.
Credo che dobbiamo riflettere, oggi che partiamo con questa norma di sperimentazione, sull'idea di ricostruzione di una norma. Perché dico questo? Perché credo che si dia generalmente per scontato che la norma urbanistica è il prodotto di una cultura modernizzante e razionalistica che è anche espressione democratica di valori stabiliti, certamente a priori, ma che in qualche modo progressivamente vengono accettati e diventano una scelta condivisa. Diventano cioè un meccanismo di regolazione, su pratiche individuali che, se prevalessero semplicemente disegnerebbero il caos. Ne sappiamo qualcosa in questa Regione, perché con la legge Astengo vigente abbiamo visto in questi anni come la nostra Regione sia cambiata e sia cambiata anche in peggio. Basta girare per le strade, per le nostre colline, per i nostri paesi per vedere che cosa sono diventati con il sorgere come funghi di tantissimi capannoni.
L'idea di vincolo è sempre stata interpretata da una parte come un limite alla libertà individuale, dall'altra c'è anche un'altra idea di vincolo che, in qualche modo, è garanzia, come beneficio per tutta la collettività.
Il vincolo troppe volte ha insinuato, nell'immaginario e nelle pratiche di molti, l'idea di un impedimento, di un'impossibilità a fare. Un impedimento che ha innescato reazioni in questo Paese, che non si sono riscontrate in moltissimi altri Paesi e culture europee. L'idea di vincolo come garanzia ha fatto scuola perché ha innescato altresì un'idea di bene pubblico da tutelare.
In Italia il dibattito è stato, ahimè, troppo ambiguo contraddittorio, mai sereno. Ricordo, en passant, che il dibattito c'è stato intorno alla legge Lupi in qualche modo si è incagliato nelle secche del dibattito parlamentare. Ma quello è un esempio di come è oggi il dibattito italiano intorno ai temi urbanistici.
Non vi è mai la capacità di mettere un punto fermo, un principio che tenga. Tutto viene costantemente messo in discussione con i principi che De Finetti ricordava. Noi abbiamo la necessità di ricostruire un'idea di norma che, in qualche modo, risente sicuramente della cultura tecnica e politica del momento.
I principi, però, andrebbero salvaguardati e resi saldi. Semmai dovrebbero essere oggetto di un'ampia discussione che abbiamo in parte già fatto con la preparazione di questa legge di sperimentazione, che sicuramente potremo e dovremo continuare. Principi che non possono essere liquidati in modo sommario, ma che hanno semmai bisogno di essere condivisi.
Nel nostro Paese, invece, c'è una tendenza pertinace e costante alla critica e alla farraginosità della norma. Ogni processo di revisione ha quasi sempre il compito di scardinare, non tanto le disposizioni e i principi, quanto ciò che innerva la norma e la norma in quanto tale. C'è una refrattarietà a riconoscere un'idea di norma. Un esempio che può valere per tutti, un caso, tutte le norme edilizie e urbanistiche vengono di volta in volta definite come complesse, involute, arcane, troppo articolate. Non c'è un testo o un manuale di urbanistica che non esordisca con critiche sul piano dell'urbanistica e sul piano dell'apparato troppo rigido e conformativo che sta dominando nel nostro Paese.
Credo che se queste critiche sono in parte vere, noi dobbiamo ricostruire un idea di norma condivisa, di norma che deve essere rispettata perché, appunto, ricostruisce un idea di bene comune. Noi tentiamo di farlo, oggi, diciamo così, con la legge di sperimentazione che stiamo analizzando.
Colgo l'occasione, tra l'altro, per ringraziare l'Assessore in modo non formale, perché credo che, in una situazione difficile di discussione approfondita, abbia esercitato un ruolo di saggia interpretazione delle tensioni e abbia tentato con successo, almeno finora, di ricostruire una condizione generale. Oggi noi con questa sperimentazione tentiamo appunto di ricostruire un idea di norma, di norma condivisa, di norma riconoscibile, con sullo sfondo l'idea di ricostruire una norma più larga che sta nella legge urbanistica.
Ci apprestiamo a votare questa sperimentazione e ci apprestiamo a votarla esattamente perché, con l'emendamento che noi abbiamo sottoscritto viene ripristinata un'idea di controllo sulle varianti parziali che - è inutile ricordarlo qui - vi sono state in questi anni e che hanno causato parecchi guai sul nostro territorio.
Pensiamo anche che l'idea di aver reinserito, ad un certo punto, l'idea e la pratica del documento programmatico, sia un altro elemento da ricordare in positivo. Insomma, non voglio perdermi in elenchi di articoli o di lavori che tutti insieme abbiamo fatto e che, per come oggi sono, ci convincono.
Siamo anche stati accusati nelle scorse settimane, in qualche modo, di essere antimoderni, di essere conservatori. No, noi riteniamo che siamo stati in grado di proporre oggi la ricostruzione di un linguaggio che, in questo caso, è un linguaggio urbanistico che ci permette di dare un nome alle cose esistenti, ma, anche ancor più miracolosamente, alle cose che non esistono ancora, alle cose per come sono e alle cose per come potrebbero essere. Vogliamo costruire questo linguaggio, tutti insieme, che ci potrà permettere di guardare al futuro con quella che io provo a chiamare una speranza consapevole.
Credo che con quest'impostazione e, soprattutto, con l'idea che questo sia il primo passo per una revisione convincente di tutto l'assesto urbanistico della nostra Regione, con il voto di oggi ci apprestiamo a fare un positivo passo in avanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rutallo.



RUTALLO Bruno

Signor Presidente, la riforma del Titolo V della Costituzione e il suo accoglimento nello Statuto della Regione Piemonte hanno modificato i rapporti tra lo Stato, le Regioni e gli altri enti locali.
Da qui la necessità di adeguare anche le nostre regole in materia urbanistica. La legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56, non risulta più adeguata né alla Costituzione né alle varie riforme intervenute nella materia, né alle trasformazioni socio-economiche del nostro territorio.
In attesa di una nuova legge generale sul governo del territorio, il disegno di legge n. 277 anticipa e sperimenta nuove procedure per la formazione e l'approvazione di alcune tipologie di varianti strutturali ai Piani regolatori.
Le principali novità del progetto di legge n. 277 consistono nel porre in capo ai Comuni l'approvazione delle varianti strutturali in sostituzione dell'approvazione da parte della Giunta regionale; nella conferenza di pianificazione, che mira a semplificare i processi di pianificazione; nel favorire la concertazione tra i soggetti competenti in materia urbanistica e nella diminuzione dei tempi di approvazione delle varianti ai Piani regolatori comunali.
La semplificazione procedurale, tuttavia, non va a discapito della tutela di interessi pubblici prevalenti, per cui è giustamente riconosciuta alla Regione la possibilità di esprimere pareri vincolanti, anche se minoritari, all'interno della conferenza di pianificazione, purché riferiti ad atti formalizzati su questioni di particolare rilevanza, quali l'ambiente, il paesaggio, i beni culturali e le infrastrutture.
In ogni caso, questa è solo un'anticipazione di nuove procedure che dovranno trovare compiuta disciplina nella prossima legge urbanistica regionale. È assolutamente necessario, come fortemente richiesto dagli enti locali, porre mano alla revisione globale della legge regionale n. 56/1977 che, per quanto decisamente all'avanguardia al tempo della sua approvazione, ha ormai fatto il suo tempo.
In sostanza, la definirei una buona legge, che sperimenta nuove procedure, le semplifica e sarà senz'altro di grande aiuto alla redazione della nuova legge generale sul governo del territorio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guida.



GUIDA Franco

Signor Presidente, diamo atto dell'atteggiamento di apertura dimostrato sia dall'Assessore Conti che dalla maggioranza, che ha permesso nel lavoro di Commissione di recepire numerose indicazioni fornite dalle minoranze.
Per le varianti strutturali la procedura verrà affidata, come è già stato detto dal relatore, alla conferenza dei servizi e di piano convocata dal Sindaco, nella quale si raccoglieranno gli orientamenti espressi dai diversi enti coinvolti. Quindi, i Consigli comunali saranno nella condizione di deliberare avendo presenti le osservazioni e le prescrizioni avanzate dagli enti partecipanti alla conferenza di piano.
Ovviamente, siamo interessati allo sviluppo di questa sperimentazione che potrebbe offrire utili indicazioni per la riforma complessiva della legge Astengo, che costituirà il vero nodo di questa legislatura riguardante le problematiche urbanistiche, su cui riteniamo urgente intervenire e su cui daremo, come abbiamo già detto in Commissione, il nostro contributo.
Tra le modifiche più rilevanti da noi richieste e inserite nel testo vi è l'abrogazione dell'articolo proposto dalla Giunta, che prevedeva un controllo di merito delle varianti strutturali da parte delle Province. La richiesta di abrogazione era stata avanzata con forza anche dall'ANCI e da numerose amministrazioni comunali nel corso delle consultazioni e delle audizioni. È ormai riconosciuto che le politiche indirizzate alla tutela del suolo e alla tutela del pubblico interesse devono essere perseguite non con una normativa barocca e controlli stringenti, ma con una pianificazione regionale, provinciale, territoriale, paesistica e anche ambientale, che possa indicare i paletti entro i quali i Comuni operano le loro scelte.
Per questo la Regione deve passare da un atteggiamento passivo ad uno attivo, di dialogo, di coinvolgimento delle realtà locali e non di semplice controllo.
Il provvedimento varato allora dalla Commissione aveva visto l'astensione di Rifondazione Comunista, che, oggi, invece, esprime...
(Commenti fuori microfono)



GUIDA Franco

Avete detto "Aula". Comunque, di fatto, "Aula" vuol dire astenersi e rimandare al Consiglio una discussione definitiva.
Anche noi, peraltro, lo abbiamo fatto e abbiamo fatto bene, perché, per poco, diventavo correlatore di questo provvedimento che oggi arriva qui in un certo modo, che voi cercate di modificare con gli emendamenti che avete presentato.
Probabilmente, l'Assessore si renderà conto, anche dopo il dibattito odierno, della difficoltà di rispettare le previsioni ipotizzate in modo un po' troppo ottimistico per rifare la legge Astengo, perché parte della nostra disponibilità sta scemando.
Ribadiamo la nostra disponibilità a sostenere tutte le iniziative nella direzione della semplificazione, dello snellimento e delle procedure urbanistiche a favore dei Comuni, quindi dei cittadini e delle imprese.
Crediamo anche che la Regione debba avere un ruolo di controllo, che debba mettere i suoi paletti e dare gli indirizzi. Crediamo fortemente in un ruolo rinnovato delle Province; abbiamo richiesto che la legge di sperimentazione venga accompagnata dalla riqualificazione e dalla formazione del personale. Abbiamo dato la totale disponibilità, non ci siamo chiusi come opposizione assolutamente indifferente alla richiesta proveniente dalla maggioranza. Però, se dopo il tenace lavoro svolto in più Commissioni, in uno spirito assolutamente costruttivo e positivo, alla vigilia della votazione - pochi minuti prima - si presentano emendamenti che non hanno altro fine se non una ricompattazione della maggioranza su un provvedimento così importante, noi diciamo che, quanto meno, la questione deve tornare in Commissione per una ridiscussione.
Guardate che questa è una delle poche normative nella quale l'attenzione che la Regione pone nei confronti delle consultazioni degli Enti locali è essenziale, riguardando direttamente l'Amministrazione comunale e gli Enti locali.
Se dopo tanta fatica - devo dire una fatica ben spesa - per arrivare a questa ipotesi, oggi, con alcuni emendamenti, si tenta la reintroduzione di alcuni paletti soltanto per dare segnali politici, noi crediamo che sia stato fatto un brutto lavoro e che si sia perso del tempo.
Se ogni volta che ci viene chiesto di collaborare, di dare una mano, di non essere quelli che fanno ostruzionismo, poi, alla vigilia della votazione, arrivano emendamenti che non hanno altro che un valore politico mi chiedo come si possa definirla, come ha fatto poco fa il Presidente Rutallo, che ha ben guidato la Commissione, una buona legge. Se, alla fine si presentano questi emendamenti - ce ne sono due: uno lo consideriamo di difficile approvazione da parte nostra; sull'altro siamo disponibili ad un approfondimento - si stravolge un po' quello che era l'indirizzo generale preliminare ed embrionale, dato alla discussione stessa.
Ripeto: l'opposizione fa l'opposizione, ma, successivamente, non ci si può accusare di non essere stati collaborativi o di non avere presentato proposte alternative, perché, secondo me, la peggiore opposizione è soltanto quella che dice "no".
Noi abbiamo dato delle indicazioni, abbiamo posto delle alternative abbiamo dato un contributo, abbiamo seguito e letto attentamente tutte le indicazioni pervenute dall'ANCI, dai Comuni, dalle Associazioni dei Comuni dalle Comunità montane e dalle Comunità collinari; abbiamo salvaguardato le Comunità montane anche se eravamo scettici circa la loro partecipazione almeno quando si trattava di varianti di Piani regolatori intercomunali.
Insomma, abbiamo fatto un'opera di mediazione. Devo anche dire che l'opposizione, a tratti, ha avuto un ruolo più efficace di quello della maggioranza. Poi, arriviamo qui e con la presentazione di due emendamenti si cerca in qualche modo di rimetterci nell'angolo.
A questo punto, discutiamone, se volete, con un ritorno in Commissione cui siamo disponibili, altrimenti sarà ben difficile che quella disponibilità che abbiamo dato in Commissione possa essere ribadita anche in questa sede.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Turigliatto; ne ha facoltà.



TURIGLIATTO Mariano

Alla luce di quanto è emerso nel dibattito, sono nella condizione di modificare i contenuti e le modalità con cui avevo organizzato il mio intervento.
Credo ci sia stata una sottovalutazione di alcuni elementi ed una sopravalutazione di altri che potrebbero ingenerare una percezione che forse, ciò che stiamo facendo non corrisponde alla realtà.
Credo che nel toccare un corpo di legge che attiene al governo del territorio si debba continuamente ricordare che l'esercizio del governo del territorio è forse la più alta forma di democrazia, perché si decide dell'intreccio di rapporti economici e sociali che determinano quella rete complicata e complessa di elementi naturali e costruiti che vanno sotto il nome di territorio.
Questo esercizio di democrazia ha la necessità di essere governato da norme che devono includere quanti più soggetti possibili e determinare condizioni di partecipazione che siano chiare, cioè che rendano chiari i processi, portandoli alla luce del sole anche quando sono grovigli di interessi individuali e di gruppi contrapposti.
Sul tema dell'anticipazione di riforma della legge n. 56 deve essere collegato un altro elemento che poi riprenderò.
Tutti insieme abbiamo ragionato di questa anticipazione, soprattutto intorno al criterio di definire tempi certi e modalità definite, attraverso le quali costruire, produrre, proporre e realizzare varianti. Mi sembra che questo risultato l'anticipazione, forse non in modo perfetto (ma si tratta pur sempre di una sperimentazione), lo produca. Così come mi sembra che produca anche l'effetto di attribuire ai Comuni, in particolare agli apparati tecnici degli stessi e, in generale, agli enti territoriali più prossimi, responsabilità anche dirette che forse erano più sfumate nella legge n. 56 che, data l'età, aveva un impianto totalmente diverso.
L'osservazione espressa in uno dei due emendamenti, che in buona sostanza violerebbe il tema del federalismo così come l'abbiamo discusso martedì scorso, riguarda il problema della sussidiarietà. Istituirebbe una qualche forma di controllo, forse un po' troppo decisa rispetto alla potestà comunale. Credo, comunque, che questa osservazione vada vista proprio nell'ottica della sperimentazione.
Condivido abbastanza questa osservazione, però qui stiamo sperimentando modalità sulle quali credo sia bene, proprio per quello che è successo anche nella nostra Regione, mantenere un controllo più pregnante riservandoci semmai, a sperimentazione finita e in sede di definizione finale della legge, di allentare e studiare forme di applicazione di quei principi di sussidiarietà che abbiamo detto.
Tornando al primo aspetto, credo che in questa legge ci sia un nodo problematico sulle modalità attraverso le quali i cambiamenti nello strumento urbanistico vengono pubblicizzati, diffusi e partecipati con la popolazione. La formulazione che in tanti abbiamo cercato di migliorare senza grossi successi apprezzabili, non ci lascia completamente soddisfatti. È anche per questo che ci piacerebbe che, a legge approvata da parte dell'Assessore ci fosse l'impegno a raccomandare ai Comuni che accanto alla sperimentazione di queste nuove norme per le varianti, si sperimentassero anche nuove forme di coinvolgimento della popolazione, di pubblicizzazione di ciò che si fa e di certificazione della qualità del modo con cui il processo democratico di gestione del territorio si viene significando, nel momento in cui si ragiona di piani regolatori e di varianti strutturali agli stessi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Oggi nasce un percorso che, secondo l'Assessore e secondo la volontà della Giunta, dovrebbe portarci alla riforma della legge urbanistica regionale, conosciuta anche come Legge Astengo.
noto che la lettura che si dà a questa legge è duplice. Da una parte c'è chi l'accusa di eccessiva severità e complicazione che impedirebbero lo sviluppo urbanistico della Regione; dall'altra c'è chi, invece, l'accusa di non aver posto un freno all'occupazione del territorio da parte del cemento.
Non so se è colpa della legge o di chi si è trovato ad applicarla tuttavia è vero che, per modifiche di poco conto, erano necessari tempi molto lunghi che scontentavano cittadini. È altrettanto vero, però, che l'occupazione del suolo pubblico è continuato. Se guardiamo al territorio della nostra Regione, non possiamo pensare che sia molto diverso da quanto accade in tutta la Pianura Padana, dove abbiamo il 10% di occupazione del territorio da parte del cemento, che aumenta dello 0,6 all'anno. Sembrano numeri piccoli, ma anno dopo anno raggiungono risultati significativi.
Questa legge, come credo l'Assessore sappia, ha un compito gravoso: vuole sveltire le procedure, mantenendo però fermi gli impegni di tutela del territorio. Questo è sempre stato detto e ripetuto.
L'Assessore sa che si tratta di un bel compito, ma pur sempre gravoso perché proprio gli esempi avuti finora, in Piemonte come nelle altre Regioni, non inducono all'ottimismo, ma alla vigilanza, vigilanza che viene sollecitata quando si sentono parole che parlano di sviluppo del territorio e interpretano il territorio come un fattore di sviluppo. Sappiamo che il territorio è uno dei motori di sviluppo, però ci si deve interrogare su quale tipo di sviluppo si vuole promuovere.
Faccio un esempio. In Piemonte si sta puntando molto sul turismo, ma sviluppare il turismo significa anche fare scelte conseguenti, per quanto riguarda la tutela del territorio, con la realizzazioni di opere urbanistiche che possono favorire o pregiudicare lo sviluppo turistico.
Riteniamo, proprio per queste luci ed ombre sulla gestione del territorio, che questa legge si dovrà vedere alla prova per giudicare se tutti gli obiettivi che si pone saranno perseguiti. Per questo chiedo all'Assessore, visto che si tratta di una legge che viene definita di sperimentazione e visto che riconosco la sua correttezza, che si impegni ad un'analisi serena degli effetti di questa legge, senza preconcetti, ma con l'occhio attento a leggere tutte le conseguenze che ne potranno derivare.
Infine, un'ultima osservazione sugli interventi relativi agli emendamenti presentati in Aula. A me sembra che questa sia una discussione che definirei ridondante. Si dice che l'Aula è sovrana, quindi credo che la facoltà di esaminare degli emendamenti sia una sua prerogativa. Altrimenti non avrebbe senso il lavoro che svolgiamo in Aula, ma basterebbero le Commissioni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Manolino; ne ha facoltà.



MANOLINO Giuliano

Grazie, Presidente.
Credo di non dover ripercorrere la strada seguita da alcuni miei colleghi, salvo fare alcune considerazioni di carattere generale specialmente a beneficio dell'Assessore Conti. Questa legge pone delle riflessioni. Ricordo, per aver vissuto una passata legislatura di cinque anni, che per un'intera legislatura si è discusso e dibattuto sulla necessità di modificare la legge regionale n. 56/77, che aveva fatto il suo tempo, per la quale era già stato studiato un progetto di legge urbanistica alternativo, che risaliva addirittura alla fine della legislatura precedente. Quindi, stiamo parlando del 1998-99.
Ho ricordato questo perché, nell'arco di cinque anni - non voglio addossare colpe o responsabilità a nessuno - non si è stati in grado di modificare e di articolare delle nuove disposizioni urbanistiche che snellissero questo sistema. Sono passati sei anni e mezzo da allora, e continuiamo ad accettare che alcuni funzionari, alcuni dirigenti, alcuni settori del reparto dell'istruttoria regionale e alcuni componenti di Commissioni preposte riescano a condizionare quello che il collega Moriconi chiamava sviluppo.
Devo fare i complimenti all'Assessore per aver comunque tentato questa legge, per aver messo a punto un articolato snello, che dovrebbe snellire le procedure. Faccio però all'Assessore una critica bonaria: non vorrei che si accontentasse oggi dell'uovo, in attesa della gallina, che tutti vorremmo avere e che non abbiamo da sei anni e mezzo.
Lo dico perché questo non deve essere un paravento per affermare di aver snellito e migliorato, ma poi pensare che prima della fine di questa legislatura sarà difficile riuscire a trovare un accordo. Questo è indipendente dalla volontà dell'Assessore, ma dipendente - lo dico senza voler fare polemica - da alcuni colleghi. Per esempio, ho ascoltato il precedente intervento del collega Deambrogio, che in tal senso si è espresso anche in Commissione, che cercava e cerca per il suo Gruppo di porre ulteriori possibilità di freno, di raccordo, di controllo e di verifica ad una legge che, invece, cerca di snellire le possibilità edificatorie.
Assessore, il problema vero qual è? Snellire, sì. Ma, come diceva il Consigliere Moriconi - spero che non fosse un termine eufemistico, perch detto da lui potrebbe essere tale - si deve parlare di sviluppo, che per noi vuol dire davvero sviluppo, non vuol dire controllo solo dei vincoli ambientali, paesaggistici ecc.
A proposito di sviluppo, credo sia utile ricordare una legge, fatta nella passata legislatura, che ha fatto molto bene agli Enti locali, ai Comuni ed agli amministratori locali, relativa alle varianti parziali e alle varianti non varianti. È una legge molto importante perché, seppure non riguardi le varianti strutturali, ha consentito davvero di poter attuare il microsviluppo nei Comuni e nelle realtà locali laddove viceversa, si era ancorati a questa burocrazia.
Il disegno di legge in discussione riguarda i piani strutturali. Mi rendo conto del grande sforzo fatto per svilupparla, per cercare di formularla in modo tale da trovare - come dicevo prima - l'uovo oggi in attesa della gallina domani.
Mi auguro che l'Assessore e tutti i colleghi di quest'Aula - per questo non voglio entrare nel merito, per ora, degli emendamenti proposti - non cedano a tentativi di condizionamento ulteriore su una legge che è sicuramente innovativa, migliorativa e liberatoria, da parte di alcuni personaggi che prima avevano facoltà decisionale ed oggi si vedono sostituiti dalle Conferenze, che hanno una valenza sicuramente maggiore e di ampio respiro. Ripeto, vorrei che non si cedesse ai tentativi di ulteriori condizionamenti o limature perché sicuramente è un grande passo avanti e ne do atto all'Assessore, ma non è sufficiente.
Auspico che l'approvazione di questa legge non costituisca un rilassamento dell'Assessorato regionale, ma sia un vero stimolo, non ad aspettare - come diceva il collega Moriconi - le verifiche e i risultati nel tempo o l'andamento, perché se così fosse arriveremmo alla fine della legislatura. Bisogna darsi da fare comunque, perché nelle more di approvazione di una nuova legge urbanistica si faccia un grande lavoro di concertazione per cercare di coinvolgere gli Enti locali e, finalmente definire una legge che, non solo per le varianti strutturali, ma per le varianti generali, costituisca una semplificazione rispetto all'attuale legge. Tale provvedimento ha fatto il suo tempo, è servito davvero molto nei primi anni, per una regolamentazione ed una pianificazione di tutti gli Enti locali, ma oggi ha davvero bisogno, a distanza di anni, di una nuova normativa più snella e maggiormente in grado di coinvolgere gli enti superiori.
Un'ultima raccomandazione: ho visto che in questa proposta di legge che già abbiamo dibattuto nella II Commissione, c'è una previsione di tempi. A questo proposito, vorrei invitare tutti i colleghi e, in particolare, l'Assessore, a non consentire che emendamenti di sorta, da qualunque parte provengano, tentino di allungare ulteriormente o condizionare questi tempi. Lo dico prima: come diceva l'ex collega Angeleri, di per sé questo costituirebbe, davvero, non più uno snellimento ma un ritorno alle origini. La situazione attuale la conosciamo bene e sarebbe bene riuscire a dimenticarla in fretta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Casoni; ne ha facoltà.



CASONI William

Grazie, Presidente.
Vorrei ribadire, come ho avuto modo di dire più volte, quanto l'approccio dell'Assessore Conti sia stato sino ad oggi positivo e rispettoso dell'informazione nei confronti delle minoranze. Questo, per non mi esime dal fare alcune considerazioni su quanto è successo questa mattina e su quanto sta succedendo ora, per poi fare concretamente un parallelo.
Per quanto riguarda il provvedimento discusso questa mattina in Aula proposto dal Vicepresidente Placido, in merito era già stata approvata e sottoscritta da tutti i Capigruppo una proposta di legge alla Conferenza dei Capigruppo. Questa mattina il Consigliere Robotti e Rifondazione Comunista hanno ritenuto di eccepire su questa delibera. Per questo motivo il Vicepresidente Placido è stato costretto ad acconsentire che fosse rinviata in Commissione per approfondirla, credo con suo sommo dispiacere perché ci sembrava una risposta che andava in quell'ambito riformista che a volte nel centrosinistra viene presentato come un baluardo e come una cosa positiva.
Prendiamo atto che ciò non è, che l'ambito riformista è assolutamente marginale nel centrosinistra, che, invece, ci sembra assolutamente maggioritario il ruolo di Rifondazione Comunista, dei Comunisti italiani e dei Verdi, mentre mi sembra che il ruolo di coloro che dovrebbero essere i portatori di questo centrosinistra riformista - vale a dire i DS e la Margherita - siano molto succubi.
Termino qui le considerazioni su questa mattina e passo a quelle relative al disegno di legge n. 277. Ci ritroviamo in un caso esattamente analogo: in Commissione era stato portato un testo, erano stati portati degli apporti più o meno costruttivi; è stato licenziato dalla Commissione è stato portato in Aula con dei pareri, poi arrivano e improvvisamente spuntano emendamenti.
Poiché non sono emendamenti dell'Assessore, ma sottoscritti da Consiglieri del centrosinistra, non ci si può poi venire a dire che stamattina usiamo un metro per cui l'eccezione sollevata da Robotti fa sì che quel provvedimento vada in Commissione, mentre oggi con due emendamenti, uno dei quali pesantissimo, sulle procedure, chiedere all'opposizione di discutere l'emendamento, di andare avanti e di votarlo così la maggioranza lo fa passare, non ne parliamo più e arriviamo all'approvazione dell'emendamento questa sera.
Dico subito che non sarà così, quindi la Giunta, l'Assessore e la Presidente Bresso ci pensino bene: se questi emendamenti non vengono ritirati subito, questo provvedimento oggi non passa. Come abbiamo fatto stamattina, quando il collega Robotti ha fatto rinviare un provvedimento proposto dal Consigliere Placido e l'abbiamo rinviato in Commissione allora anche oggi pomeriggio arriva un provvedimento che era fatto in un modo, ma che con due emendamenti viene profondamente cambiato.
Ripeto che non ne faccio una colpa all'Assessore, perché non è lui il firmatario, non sono emendamenti di Giunta, ma sono emendamenti dei Gruppi del centrosinistra. Probabilmente l'Assessore, se avesse avuto intenzione di fare un emendamento di Giunta, avrebbe informato (come ha fatto sempre) perlomeno i Capigruppo o i responsabili nelle Commissioni. Quindi, è una questione di metodo, è una questione di contenuti e di coerenza.
Quindi, ci venga subito detto se questi emendamenti vengono ritirati perché in tal caso il nostro approccio sarà diverso. Se invece questi emendamenti vengono mantenuti, chiedo formalmente, Presidente Gariglio visto che lei questa mattina ha chiesto il rinvio in Commissione del provvedimento del Vicepresidente Placido, il rinvio in Commissione di questo provvedimento, a meno che i firmatari di questi emendamenti non li ritirino. Se così sarà, a quel punto andrebbe bene. Finora non abbiamo presentato emendamenti, potremmo presentarne qualcuno di merito, ma di certo non ostruzionistici.
Mi sembra una procedura che faccia in modo che anche i rapporti in quest'Aula siano speculari. Presidente, lei che è il garante di quest'Aula stamattina giustamente ha agito in un modo, oggi pomeriggio agisca nello stesso modo.
Avevamo un documento licenziato dalla Commissione, oggi se ne propone in Aula una modifica radicale con degli emendamenti. Se tali emendamenti non saranno ritirati, noi ne chiediamo il rinvio in Commissione.



PRESIDENTE

Desidero solo puntualizzare che non ho proposto io il ritiro della proposta di deliberazione n. 214 nella seduta antimeridiana, ma è stato il proponente che ne ha chiesto il rinvio in Commissione; proposta che, non riscontrando l'unanimità di consenso dei Consiglieri, ho messo in votazione.
C'è stata l'unanimità sulla votazione solo perché i Consiglieri contrari hanno abbandonato l'aula, altrimenti sulla proposta di rinvio in Commissione si sarebbe raggiunta una maggioranza e sicuramente non l'unanimità.
Quindi, se ci sono proposte formalizzate di rinvio, ovviamente mi comporterò ai sensi del Regolamento. Adesso però ci sono alcuni Consiglieri iscritti a parlare.
Ha chiesto la parola il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Mi associo molto volentieri alla richiesta di rinvio in Commissione del Presidente Casoni. Tra l'altro, questa è la II Commissione e, visto che oggi è martedì, significa domani pomeriggio alle ore 15, se i Capigruppo precedenti avranno avuto una certa sintesi nel loro lavoro.
Non sono invece d'accordo su un altro aspetto, perché trovo eccessivamente tollerante la posizione del Presidente Casoni, e mi spiego meglio. Lo dico perché non succede spesso, poi so che questo il collega Casoni se lo attaccherà al naso, perché dargli del tollerante è una cosa che non dimenticherà.
All'interno dell'opposizione è dolcissimo, fuori ogni tanto lo è un po' meno, ma questo è un problema politico. E il fatto che il Consigliere Ghiglia sia in disaccordo mi tranquillizza.
Ne faccio una questione politica in questo senso: ci sono, collega Moriconi, dei legittimissimi emendamenti presentati dalla maggioranza, e ci mancherebbe ancora! Noi abbiamo abbandonato l'aula stamattina perché il Consiglio è stato privato della sua sovranità, quindi figuriamoci se io non vorrei discutere questi emendamenti. Gli emendamenti hanno il loro giusto valore politico.
Un certo emendamento darebbe significativamente alla legge una diversa impostazione, e non entro nel merito di quale impostazione sia migliore perché anche di questo tema sono sufficientemente ignorante. Questo sì che va a detrimento di un lavoro non di Commissione e dell'Aula. In Commissione è stato fatto un lavoro congiunto, perché qui congiunto pare essere un aggettivo che quando viene bene in Commissione si fa, ma poi quando arriva in Aula improvvisamente impedisce di aderire anche sulla data e sul mese in cui stiamo operando.
Siccome noi tenderemmo ad essere trasparenti, ritorniamo in Commissione, così vengo anch'io ed imparo qualcosa nell'ambito della II Commissione, magari partendo dal 1943, come il collega Deambrogio mi ha aiutato oggi a capire, faccio un po' di training forzato e mi riaggiorno.
Cerco di capire se la collaborazione, che parti della maggioranza hanno dato utilmente alla Giunta, è una collaborazione utile - domani pomeriggio alle ore 15 e non tra un anno, non come la proposta Placido, che non verrà mai più ridiscussa in Consiglio - oppure no.
Quindi, con gentilezza chiediamo, per le stesse motivazioni, il rinvio in Commissione sul merito, perché gli emendamenti che propone la maggioranza, ancorché ne capisco poco di urbanistica, non sono leggeri rispetto al testo.
evidente che la Giunta non li ha fatti propri, perché se li avesse fatti propri. il professor Conti si sarebbe alzato e li avrebbe annunciati all'inizio della sessione.
Non entro nel merito, perché per ora ne capisco poco, ma per domani alle ore 15 sarò preparato, e chiederei alla cortesia dei Capigruppo di maggioranza di voler aderire a questa motivata richiesta che comporta un ritardo di un giorno, se è possibile, senza ulteriori esigenze di manifestazioni emendative che non sarebbero necessarie.
Mi pare che ci siano già tutti gli elementi per chiedere ed ottenere un rinvio in Commissione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Robotti; ne ha facoltà.



ROBOTTI Luca

Grazie, Presidente.
A volte mi chiedo se il sistema democratico sia tale da consentirci di capire ancora che chi vince le elezioni deve governare e chi le perde deve fare opposizione. Mi permetto di ricordarlo a tutti i Consiglieri: noi abbiamo vinto le elezioni, dobbiamo governare. Voi le avete perse, dovete fare opposizione. Ho già avuto modo di affermare che non siamo una società per azioni dove i soci di minoranza devono sottostare ai soci di maggioranza.
Siamo una coalizione molto eterogenea e molto composita, in cui ci sono sensibilità, punti di vista diversi che trovano sintesi e, quando non riescono a trovarla, discutono in modo aperto e trasparente senza preoccuparsi che questo possa in qualche modo danneggiarci. Il confronto se fatto in modo trasparente, se fatto in modo positivo, anzi, aiuta tutti a capire di più e a rendersi conto della situazione che stiamo vivendo e delle problematiche da risolvere.
Sulla vicenda specifica, attraverso un confronto difficile e molto complesso che ha avuto un risultato positivo grazie all'intelligenza dell'Assessore e alla sua capacità di fare sintesi e con il contributo di esponenti importanti come il Consigliere Reschigna, che ha lavorato molto per ricucire tutti i punti di vista evidenziati dal dibattito in maggioranza, questa nostra discussione ci ha permesso di arrivare ad un testo che non è solo condiviso, ma ad un testo che noi riteniamo importante. Un importante punto di partenza che ci permetterà di discutere anche la legge urbanistica con maggiore consapevolezza rispetto all'obiettivo che vogliamo raggiungere.
Voglio essere molto breve, perché non credo che ci sia da discutere molto, altri Consiglieri prima di me sono intervenuti in modo esaustivo e completo. Vogliamo introdurre l'idea della programmazione, l'idea del piano, l'idea che il territorio non è un bene a consumo di chi ha economie da investire, ma è un bene di tutti e, come tale, va sempre e comunque considerato. Non può esserci speculazione, non può esserci sfruttamento del territorio, non può esserci mancanza di controllo e di programmazione. Non può esserci la totale deroga ad una norma di visione generale data ai Comuni perché questi possano esercitare questo loro ruolo in modo assolutamente incontrollato.
Noi vogliamo che si mantenga lo spirito della legge n. 56, vogliamo che quella legge continui a vivere in modo nuovo, con maggiori principi di delega agli Enti locali e con un minore calco burocratico sui cittadini e sulle amministrazioni locali. L'idea che ha ispirato la legge n. 56, l'idea che ha ispirato chi voleva far sì che il nostro territorio non fosse appunto, un territorio di conquista su cui fare speculazione, su cui creare immense ricchezze che andavano a beneficio di pochi e colpivano la massa di cittadini, quell'idea vogliamo che resti viva anche nella futura legge urbanistica.
Noi dobbiamo avere - parlo soprattutto alla maggioranza - la consapevolezza che su questa partita si gioca molto della nostra credibilità e su questo tema noi non possiamo retrocedere di un passo dobbiamo andare avanti in modo condiviso e coeso, e questa volta concordare una volontà politica precisa, di indirizzo, su cui noi non vogliamo indietreggiare di un passo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Giovine; ne ha facoltà.



GIOVINE Michele

In realtà il mio intervento era preparato su una probabile esposizione e poi votazione dell'articolo - articolato per articolo, emendamento per emendamento - fino al licenziamento dalla Commissione. Essendo venuto a conoscenza, peraltro in Aula, delle novità, mi permetterò di fare un intervento a braccio esprimendo il pensiero, seppur modesto, il contributo del nostro Gruppo.
La prima considerazione che mi permetto di fare agli estensori della legge, ai relatori e all'Assessore, è che ho trovato questa legge estremamente complessa da leggere (ho avuto conforto in questa interpretazione anche dagli uffici). Quando ho presentato gli emendamenti penso che i Consiglieri avranno già visto gli emendamenti che ho elaborato in effetti, ho dovuto forgiare manualmente alcune correzioni per renderli di più fruibile utilità a tutti i Consiglieri.
Mi permetto di fare notare che l'articolo 2 dal titolo: "Inserimento del titolo IV bis nella l.r. 56/1977", ad essere proprio gentili e buoni è vagamente farraginoso. Non ho mai visto in una legge un articolo che prende tutta la seconda pagina dell'articolato, tre quinti di pagina del primo articolato e altri tre quinti di pagina di articolato nella terza pagina per un totale di due pagine e mezzo di articolo. Ragion per cui chiedo che quest'articolo sia riscritto e sia riscritta tutta la formulazione spezzettando i vari articoli, perché mi sembra allucinante una formulazione di tal genere.
Ho difficoltà a capire qual è il comma 1 e qual è il comma 2. Nella stessa legge si scrive "1. Dopo l'articolo 31 delle l. r. 56/1977, è inserito il seguente titolo:" - un altro titolo riguardo al titolo dell'articolo 2 - "Titolo IV bis. Nuove procedure per la pianificazione comunale. Articolo 31 bis. (Conferenza di pianificazione)". Si aggiunge un altro articolo, all'articolo 31 della legge del 1977, e poi si aggiunge anche un articolo 31 ter. Assolutamente legittimo, assolutamente possibile mi sembra corretto aggiungere tutti gli articoli che vogliamo inserire, ma vorrei che fossero fruibili almeno a coloro che devono votare oggi.
Gradirei anche che i Consiglieri, in questa fase, poiché non credo di dire delle castronerie campate in aria, mi ascoltassero, altrimenti questo sarà oggetto di ulteriori emendamenti in modo tale da poter catturare l'attenzione dei Consiglieri. Mi sembra allucinante, assolutamente allucinante come è stato scritto l'articolo, non ho mai e mai visto un articolo, di una qualsiasi legge, lungo due pagine. Non so se questo sia stato fatto con la ratio di ridurre le possibilità di intervento. Mi sembra artificioso e inutile il motivo. Se questo è il motivo, è assolutamente ridicolo.
Anche l'articolo 1 è alquanto complesso e ridondate (gli altri sono articolati normali, su cui non ho nulla da evidenziare). Non capisco perch l'articolo 2 sia stato redatto in questo modo, tra l'altro in Commissione l'articolato era arrivato più fruibile e più leggibile. Anche per questo motivo ho voluto arricchire il dibattito di oggi con alcuni emendamenti alcuni chiarimenti di merito e altri che hanno bisogno di un'ulteriore spiegazione per essere illustrati correttamente.
L'articolo 2, articolo che è sicuramente oggetto del lavoro emendativo del sottoscritto, ha bisogno di alcune chiarificazioni in tema.
La seconda motivazione va a colmare alcune lacune di tipo garantista per quanto riguarda, da una parte, le minoranze consiliari e le minoranze in genere, in questo processo che si va a definire con il presente disegno di legge.
La seconda motivazione si riferisce al fatto che si va a tutelare i diritti di tutti gli agenti in materia (Provincia, Comunità montane Comunità collinari e la Regione), affinché i piani urbanistici o normativi non abbiano degli impianti in cui alla fine si tende ad escludere una parte, rispetto ad un'altra, del territorio.
noto a tutti quello che sta accadendo sulla TAV. Non riesco a capire come mai sulla TAV o su altre procedure importanti, il territorio giustamente, abbia un peso notevole e possa addirittura bloccare l'opera stessa, quand'anche la maggioranza degli altri soggetti ha la più totale e completa adesione. Invece sui piani, oggetto di questo provvedimento, si cerca di sveltire con eccessiva facilità.
Capisco e apprezzo il contributo del collega e amico Manolino e capisco che, tutto sommato, certe procedure possono rallentare e creare un danno economico alla società piemontese. Mi chiedo se il suo intervento è più da politico o più da geometra. Spero che sia un politico che conosce l'attività professionale di cui egli è molto competente, avendo avuto da quella professione la possibilità di poter costruire tantissimo, sotto il profilo sociale e, ovviamente, anche politico. Ma mi chiedo se la preoccupazione del Gruppo che rappresento è se non si rischia di andare a liberalizzare eccessivamente, rischiando di creare degli obbrobri di tipo urbanistico non più recuperabili.
vero che la legge n. 56/77 è forse estremamente farraginosa e complessa nel suo iter e nel produrre effetti concreti. Diciamo che nonostante tutto si sono venuti a creare dei mostri sul territorio piemontese che altrimenti non si riuscirebbe a spiegare. Se da una parte ci si lamenta del fatto che questa legge è troppo complessa, vorrei capire allora come mai si è arrivati a costruire delle cose folli in parecchie vallate.
Chiedo a quest'Aula una discussione assolutamente serena sul punto. Se vogliamo rinviarlo in Commissione non mi oppongo, mi associo alla richiesta dei colleghi di coalizione, ma per me si può anche continuare a discuterne in Aula. Per me è assolutamente ininfluente la decisione che verrà demandata ai Capigruppo.
Mi permetto, in questa fase conclusiva dell'intervento, di ringraziare comunque la grandissima apertura mentale dell'Assessore Conti e la disponibilità che ha avuto con tutti i colleghi di maggioranza e minoranza a trovare tutti i punti di raccordo, per arrivare al varo di questo, che è un punto d'inizio. Non è un punto d'arrivo, evidentemente, del progetto che ha in mente l'Assessore. Mi permetto anche di ringraziare tutti i colleghi della II Commissione di cui faccio parte, anche se ho dato un contributo minimale, ma sono testimone della vivacità del ricco dibattito e del lavoro estremamente utile che è stato fatto, che spero non venga bruciato. Ma non viene bruciato né se continuiamo a discuterne in Aula né se lo rimandiamo in Commissione.
Concludo il mio intervento dicendo che si debba ragionare con un briciolo di tranquillità in più. Credo che la Giunta (non sono d'accordo su questo con il Consigliere Guida) abbia diritto a presentare gli emendamenti che ritiene opportuni.
Poteva essere più gradita, sicuramente, una maggiore disposizione di tempo ai colleghi della minoranza per valutare gli emendamenti in oggetto.
ovvio che se la Giunta ha diritto a presentare gli emendamenti, a maggior ragione ce l'ha l'opposizione per fare quello che ritiene più opportuno.



PRESIDENTE

Mi scusi, Consigliere Giovine, se le ho chiesto di concludere, ma ho necessità di richiamare al rispetto dei tempi.
La parola al Consigliere Ricca; ne ha facoltà.



RICCA Luigi Sergio

Credo che questa sia una buona legge e mi auguro che venga approvata presto dal Consiglio regionale, non soltanto perché dà una risposta ad un punto programmatico della nostra coalizione, ma perché è il risultato di un lavoro condiviso in Commissione e, soprattutto, risponde alle attese dei Sindaci, del territorio e dei soggetti che sono chiamati ad intervenire nella trasformazione del territorio.
Una legge che è ispirata ai principi di pianificazione, di sussidiarietà e di concertazione, volti a stabilire una dialettica paritaria tra i diversi livelli istituzionali con l'introduzione della Conferenza di pianificazione, utile a creare nuovi rapporti tra le istituzioni ma anche e soprattutto per accelerare i tempi per l'approvazione delle varianti strutturali dei piani regolatori.
Come Sindaco, ho avuto in passato esperienze significative in materia d'approvazione di uno strumento urbanistico. Nel 1976, alla mia prima esperienza da Sindaco, sulla scia del dibattito per l'approvazione della legge Astengo che sarebbe diventata legge della Regione l'anno successivo ho avviato le procedure per un piano regolatore intercomunale nella zona del Canavese, approvato nel 1988, dodici anni dopo. Certamente ci sono stati ritardi anche da parte dei Comuni e da parte dei professionisti incaricati, ma la pesantezza delle procedura ha certamente inciso in maniera preponderante.
Nel 2002, ho avviato una revisione generale del piano regolatore. Si è conclusa quest'anno dopo quattro anni, ma è intervenuta una complicazione l'approvazione della deliberazione della nuova legge sul commercio, da parte del nostro ente. Un provvedimento che non ha previsto una clausola transitoria in materia di implicazioni urbanistiche con la nuova procedura introdotta per il commercio, ha comportato nuovi ritardi nella definizione del percorso d'approvazione dello strumento urbanistico.
Il richiamo che volevo fare qui, magari improprio rispetto all'argomento che stiamo trattando, è anche quello di porre maggiore attenzione, da parte nostra e da parte del legislatore regionale, agli effetti che si possono determinare in settori diversi della materia, che non specifico, affinché si affrontino in un determinato momento con le decisioni che si vengono ad assumere. Ho parlato di tempi lunghi e di tempi incompatibili con la necessità...
Scusi, Presidente, forse c'è un'altra riunione più importante da un'altra parte, lo capisco.



PRESIDENTE

Pregherei davvero i Consiglieri, anche se devono parlare per ragionare sul provvedimento in esame, di farlo al di fuori dell'Aula. Grazie.



RICCA Luigi Sergio

Parlavo di tempi lunghi...



PRESIDENTE

Prego i Consiglieri di non mettermi nella condizione di usare la forza per rimuovere le condizioni di disturbo. Mi rimetto al buon cuore dei colleghi.



RICCA Luigi Sergio

Stavo parlando di tempi lunghi, incompatibili con la necessità di dare risposte alle esigenze che nascono dalla rapida evoluzione socio-economica dei territori, che, in un quadro prioritario di salvaguardia del paesaggio e del territorio, dei beni ambientali e culturali, consentano ai Comuni di essere i veri attori dello sviluppo locale, ruolo al quale, oggi, sono sempre più chiamati gli Enti locali.
Dare risposte in questo senso non vuol dire - mi rivolgo al collega Deambrogio - colpire la civiltà di domani. Il Consigliere Deambrogio ha sollevato questioni serie, che credo dovranno essere affrontate e trovare ampio spazio nel dibattito che caratterizzerà - mi auguro presto - il percorso per la riscrittura della legge n. 56, ormai trentennale, che certamente, per quanto sia stato un momento legislativo alto di questa Regione, all'avanguardia a livello nazionale, evidenzia la necessità di un aggiornamento.
Oggi, con questa legge si introduce la sperimentazione di un percorso che, con gli aggiustamenti del caso, potrà essere modello di riferimento mi riferisco, per esempio, alle norme che riguardano anche i piccoli Comuni che, con questa impostazione, vengono penalizzati rispetto alla norma attuale - per alcuni aspetti e anche per l'impostazione della nuova legge.
Vi potrà essere un utilizzo anche per la procedura di formazione dei nuovi Piani regolatori e delle varianti generali, come, peraltro, avviene in altre realtà.
Mi rendo conto che il proseguimento o meno di questo dibattito sia questione molto più significativa. Presidente, rinuncerei a questa parte dell'intervento per proseguire dopo aver chiarito la prosecuzione del dibattito, non ha senso che si discuta...



PRESIDENTE

Consigliere Ricca, ragioni, più volte ho chiesto ai colleghi Consiglieri, Assessori e membri della Giunta di rimuovere le condizioni che rendono impraticabile la gestione del dibattito. Purtroppo, non possiamo utilizzare la strumentazione di cui si avvale la Camera dei Deputati per garantire la praticabilità delle sedute.
Mi rimetto veramente all'attenzione dei Consiglieri. È chiaro che, se questo non avviene, le condizioni per lo svolgimento del dibattito sono pregiudicate, mi dispiace, collega Ricca.



RICCA Luigi Sergio

Presidente, concludo l'intervento sottolineando, come ha già detto il relatore Reschigna, l'introduzione, con la nuova legge, di meccanismi di responsabilizzazione del sistema delle Autonomie locali rispetto all'iter di approvazione degli strumenti urbanistici. I Comuni, da un lato, riguardo alla procedura, assumono responsabilità e competenze anche più forti rispetto a quelle attuali, vi è un riconoscimento di maggiore autonomia.
Per gli uffici regionali vi è la necessità di cambiare l'approccio rispetto alla materia non soltanto assumendo come tema centrale quello del controllo, ma ponendo attenzione alla qualità delle scelte urbanistiche, in coerenza con i vari livelli di pianificazione, con un dialogo anche più stretto, intenso e coordinato tra i vari settori regionali che intervengono sulla materia, che non sempre funziona al meglio.
Concludo l'intervento sottolineando l'ampio consenso registrato nelle audizioni dai vari soggetti intervenuti e l'aspettativa presente sul territorio rispetto all'approvazione di questa legge.
necessario non fermarsi qui. Altri prima di me hanno sottolineato come la sperimentazione non debba restare fine a stessa, ma deve sfociare e concretizzarsi in un'applicazione più organica, in nuova legge quadro per il governo del territorio, che mi auguro possa essere portata presto in discussione in questa Assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Auddino.



AUDDINO Angelo

Signor Presidente, ho la sensazione che con lo svolgersi di questo dibattito si sia perso un tantino lo spirito innovativo di questa legge; si è discusso maggiormente, soprattutto da parte di alcuni Consiglieri della minoranza, dell'emendamento.
Non vorrei che perdessimo lo spirito innovativo di questa legge, che in Commissione l'Assessore Conti, qualche volta, in modo modesto, definiva una leggina. In realtà, è una premessa molto importante per una nuova riforma della legge urbanistica e delle politiche territoriali del Piemonte.
Quando si introducono elementi quali la co-pianificazione e la conferenza di pianificazione e, soprattutto, si individua un iter, per apprezzare questa legge, dobbiamo verificare lo svolgersi delle procedure attuali. Probabilmente, se tutti noi pensassimo alle procedure che i Comuni e i Sindaci devono attivare per l'approvazione dei Piani regolatori, ci renderemmo conto dell'importanza della legge alla quale stiamo lavorando che va nella direzione di dare proprio ai Sindaci e alle Comunità locali una risposta importante. Molte volte i Comuni, dopo l'approvazione dei Piani regolatori, potrebbero rivolgersi alla trasmissione "Chi l'ha visto" perché attendono molti anni prima di ricevere una risposta.
In Commissione, così come rimarcato dal relatore Reschigna e da altri colleghi che sono intervenuti, vi è stato uno spirito di collaborazione notevole su questa legge, sia da parte della maggioranza, sia da parte di esponenti della minoranza. I Consiglieri Cavallera e Guida - per citare qualcuno - hanno ricordato come molti dei loro suggerimenti siano stati recepiti.
L'emendamento al comma 7 della legge n. 17 riguarda - lo voglio ripetere - le varianti parziali ai Piani regolatori, cioè le varianti minime che fanno i Comuni, che non cambiano gli standard urbanistici o la struttura dei Piani, che sono minimali. Invece, noi stiamo parlando di varianti strutturali. È vero, non sono ancora i piani regolatori nel loro complesso, comunque, sono varianti strutturali molto importanti, che implicano per i Comuni grandi trasformazioni del loro territorio.
Noi stiamo parlando di questo. Siamo alla ricerca di una regolamentazione che renda più facile la vita degli Enti locali introducendo anche elementi di riformismo straordinario, quale l'accompagnamento degli stessi Enti locali nella formazione dei Piani regolatori - per adesso, nelle varianti strutturali e, poi, nei Piani regolatori. In tal modo, gli Enti locali non sarebbero più il vertice di una piramide, ma i compagni di viaggio che permettono il raggiungimento di una conclusione.
Questo obiettivo è necessario se si vuole veramente lavorare utilmente per la collettività e i Comuni in particolare.
Quindi, vorrei che l'iter di questa legge si svolgesse il più rapidamente possibile, auspicando la più ampia condivisione, perché noi riteniamo che la politica del territorio non appartenga alla maggioranza o a un partito politico, ma alla Regione nel suo complesso.
Sarebbe veramente un peccato perdere lo spirito emerso in Commissione.
Spero che venga ripristinato, al di là di alcune strumentalizzazioni di tipo politico che, a volte, si possono fare, ma non è questo il caso perché parliamo di una legge che riguarda tutti i Comuni. In Piemonte ci sono Comuni amministrati dal centrosinistra e dal centrodestra, o Comuni piccoli che, magari, non si richiamano a nessuna maggioranza, che attendono questa riforma.
Ripeto: anche questa sperimentazione è importante perché con essa possiamo lavorare entro breve, subito dopo l'approvazione di questa legge ad una legge più organica che investa l'intera legge urbanistica e le politiche territoriali del Piemonte.
Al di là dell'iter che si sceglierà, auspico il mantenimento dello spirito che aveva animato tutti i Gruppi responsabilmente in Commissione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bossuto; ne ha facoltà.



BOSSUTO Iuri

Grazie, Presidente.
Molto brevemente. La discussione di oggi in Aula è sicuramente utile ed importante. Questo lo dico non come elemento demagogico ridondante, ma perché l'Aula è sovrana, partecipa ad un dibattito e costruisce un percorso. Non mi stupisce, quindi, il ricorso ad emendamenti, alla discussione e ad un confronto, perché il Consiglio ha questo ruolo ed è bene che lo eserciti.
Bene fa la minoranza a svolgere il suo lavoro, quindi a tentare di infilare dei cunei, cercando di spaccare la maggioranza e tentando di dare altre interpretazioni. Mi spiace deludere la minoranza perché non ci sono altre interpretazioni, se non quella di un'Aula che fa il suo lavoro, tra l'altro su un argomento molto delicato come l'urbanistica. Come hanno già detto colleghi che mi hanno preceduto, soprattutto il Consigliere Deambrogio, l'urbanistica è un settore molto delicato; un settore che ha che fare con risorse non infinite e che deve fare i conti i limiti del territorio. Quindi non si va a mettere mano alla legge n. 57/1977, la legge Astengo, che forse ha avuto difetti di burocratizzazione, perché per tanti anni ha tentato di regolare, regolamentare e pianificare un territorio che sembrava che, giorno dopo giorno, tendesse, nella disattenzione, ad essere particolarmente sfruttato. Basta vedere il lavoro che alcuni piccoli Comuni hanno fatto sul loro territorio: i grandi condomini degli anni '60 nelle località di villeggiatura, cioè i tipici palazzi di otto piani costruiti accanto alle baite di legno.
Prima della legge Astengo, il nostro territorio aveva conosciuto, così come altre parti d'Italia (che purtroppo ancora oggi conoscono) simili scempi.
una legge già vanificata da una decisione di giurisprudenza di dare vita allo ius aedificandi. Personalmente trovo micidiale che chiunque abbia un terreno acquisisca il diritto a costruire. Penso sia un grosso limite alla pianificazione, cioè un grosso limite nei confronti di esigenze collettive. Sottolineo, a proposito di pianificazione (che non è quella sovietica di cui spesso veniamo accusati, avendo il termine comunista all'interno del nostro logo), che con questo termine intendo una pianificazione ad uso collettivo, che sicuramente oggi sentiamo come necessaria, proprio a fronte di risorse che non sono infinite, n continuamente ed eternamente disponibili per le nostre esigenze economiche.
Prima qualche Consigliere l'ha detto: territorio solo sviluppo. A sentire quest'affermazione ho avuto un attimo di fremito lungo la schiena.
Se questa è la legge che andiamo a votare, credo che non mi ritroverei assolutamente. Ma non è questo. Sappiamo bene che la legge che stiamo discutendo e che ci apprestiamo a portare a fine percorso, in realtà tende a dare vita ad un equilibrio difficilissimo. Qualcuno l'ha detto prima forse lo stesso Consigliere Moriconi. È una legge che tende a raggiungere un obiettivo di burocratizzazione, mantenendo le garanzie - questo è importante - sul territorio che, ad oggi, purtroppo è stato spesso e volentieri violentato, pur in presenza di una legge, la legge Astengo, che era molto garantista. Qualcuno dice forse anche lievemente burocratica.
Va bene ridare fiducia ai Comuni, però ricordiamoci che è legittimo il ruolo dei Comuni, perché Enti importanti e fondamentali del nostro sistema amministrativo. Ricordiamoci anche che a volte i piccoli Comuni, magari per meccanismi particolari dovuti a poche persone interessate ad essere elette nei Comuni, magari per difficoltà nella presentazione di liste, magari per difficoltà dovute a mettere assieme un Sindaco con una Giunta, perdono di vista questo bene comune, e a volte sembra che agiscano più per approvare varianti a piani regolatori che per preservare un interesse collettivo sull'ordinario.
Va bene riconoscere a questi Enti un loro reale ruolo, ma va anche bene che vengano accompagnati in questo ruolo, perché tra i burocrati non ci sono soltanto quelli degli Enti subordinati, ma anche quelli dei piccoli Enti.
L'Assessore ricorderà il caso di Bruino: una strada che, per una svista di un tecnico comunale, finisce sulle uniche due attività produttive di quel paese, che sono due aziende agricole. Ebbene, cancellare quella strada sembra impossibile. Ad oggi sembra cosa non attuabile, addirittura è stato ridisegnato un nuovo tracciato, ma rimane quello vecchio. Queste due aziende, quindi, uniche risorse di quel comune, non riescono a fare nulla a causa di una svista burocratica. Come discorso è quasi kafkiano, però è quello che è. Quindi, quando parliamo di sburocratizzazione, stiamo molto attenti perché i burocrati si annidano ovunque, nei piccoli e nei grandi Enti, e poi, soprattutto, manteniamo le garanzie.
La mancanza di controlli non vuol dire sburocratizzare o togliere i controlli e le garanzie, cioè elementi efficaci di difesa del territorio che, anzi, forse addirittura evitano sbandamenti e ulteriori complicanze nei passaggi a seguire.
Credo, quindi, che gli emendamenti tanto discussi, e quasi messi alla gogna, da parte di quest'Assemblea, più che motivati e fattivi tendono soltanto a fare quest'ulteriore accenno ad una legge modificata in Commissione, dove ha già avuto un percorso diverso e particolare rispetto a quello che sembrava prestabilito, senza alcuno stupore. Qualche amarezza ma senza alcuno stupore. Non si vuole fare un'opera diversa da quella di dare un contributo, come maggioranza, alla maggioranza. Così come stamani come qualcuno ha ripetuto più volte, Rifondazione Comunista non mi pare abbia eccepito proprio nulla. Da quello che ricordo, Rifondazione Comunista ha detto: "Vista la delicatezza dell'argomento, che riguarda dei monumenti simbolo della Resistenza italiana, a questo punto, se ci sono queste remore, torniamo in Commissione". Non è un atto di violenza né penalmente perseguibile, ma può essere uno dei tanti percorsi che si seguono in un dibattito consiliare.
Tutto sommato, quindi, noi siamo aperti a qualsiasi eventualità, sia tornare in Commissione sia affrontare il dibattito in aula, come anche pu e deve essere legittimo. Stamani, Rifondazione ha soltanto ribadito un semplicissimo concetto: se ci sono dei dubbi, parliamone. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Conti per una replica.



CONTI Sergio, Assessore alla pianificazione territoriale

Grazie, Presidente.
La mia non è una replica, vorrei solo cogliere l'occasione, se il Presidente mi consente, per esprimere una personale lettura alla discussione di oggi. Mi sembra di aver colto un filo conduttore nel dibattito sviluppato nei vari interventi, perché quasi tutti i membri di quest'Aula che sono intervenuti hanno fatto riferimento alla legge di governo del territorio che dovremo costruire nei prossimi mesi.
Una legge complessa, secondo il Consigliere Cavallera; mentre il collega Manolino diceva: "Uovo o gallina". Proprio perché ho colto l'esigenza, in tutti questi interventi, di addivenire a una legge organica di governo del territorio, vorrei ancora sottolineare, anche se l'ho fatto più volte in Commissione, che questa, proprio perché abbiamo in mente una nuova legge organica, è una tappa assolutamente intermedia, attesa da tutte le forze politiche, dai Comuni e dai livelli intermedi da molti anni.
per questo motivo che chiamarla "leggina" non è un eccesso di modestia. L'abbiamo esplicitamente chiamata sperimentazione, perch sappiamo che la complessità del processo è tale per cui è assolutamente fondamentale avere dei mesi per sperimentare queste nuove pratiche e questo nuovo modello.
Ricordiamoci che la legge Astengo è una legge di prima generazione.
Sono state introdotte da tutte le Regioni italiane, tranne il Piemonte leggi urbanistiche di nuova generazione. Introdurre una legge di questo genere, però, è complicato, in quanto è necessario modificare le modalità di comportamento degli organismi regionali, degli organismi intermedi, dei Comuni e dei tecnici ai diversi livelli.
Si è contrapposta una dualità, che poi è emersa con una certa veemenza durante questo dibattito. All'inizio si parlava della II Commissione, in cui si è lavorato bene, della collaborazione e della condivisione di un progetto unitario, ma poi si è passati, improvvisamente, alla competizione.
Si arriva in Consiglio e ci si trova con emendamenti che non sono stati approvati in Commissione.
Vorrei esprimere alcune brevi considerazioni su questi due emendamenti.
Per quello che riguarda il comma 9 dell'articolo 31 (Circolare 7 LAB), in realtà ricordo che in Commissione il testo non era definito così come era uscito, ma si era detto: "Ne discuteremo ancora".
Per quanto riguarda l'articolo 4, relativo alla verifica delle varianti parziali, vorrei sottolineare che, secondo la legge vigente, la Giunta regionale è già in grado di intervenire nel momento in cui il comportamento del Comune non sia stato virtuoso rispetto alla legge e alle modalità attraverso cui si perviene all'adozione di una variante parziale.Non mi sembra che il testo di quest'emendamento metta in discussione quanto era già stato significativamente contenuto nella legge vigente. Anzi, mi sembra anche, un po' pretestuoso - questo lo vorrei dire, soprattutto, a certa parte della minoranza - l'appello alla non accettazione del volere dell'Aula. Perché penso che, in questo momento, non dovrei essere io a intervenire, ma che ne abbia titolo l'Aula stessa.
Credo che, rispetto a questo percorso, che è difficile e che dovrebbe portarci alla definizione di una legge organica, e rispetto all'esigenza di superare di nuovo la competizione venutasi a creare, sia necessario ritornare alla cooperazione, alla condivisione e all'esigenza di pervenire a un voto rapido. Infatti, se avremo la legge, dovremo poi sperimentarla dovremo disporre di un arco di tempo (alcuni mesi). Se vogliamo ritornare in Commissione, a me sta bene, proprio alla luce dell'esigenza di ripristinare un clima di condivisione, che reputo necessario per procedere poi ad un lavoro proficuo.



PRESIDENTE

La proposta avanzata dall'Assessore proponente è il rinvio del disegno di legge in Commissione, ai sensi dell'articolo 81 del Regolamento. Se non ci sono osservazioni, diamo la proposta per accolta con il consenso unanime dell'Assemblea. Bene, la proposta è accolta.
Mi pare di capire che ci sia la volontà dei Consiglieri di affrontare celermente in Commissione questa proposta. Pertanto, chiederò al Presidente della Commissione competente di procedere più celermente possibile alla discussione degli aspetti che sono risultati, dal dibattito di oggi meritevoli di un ulteriore approfondimento. Se possibile, nella seduta di domani della II Commissione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame disegno di legge n. 224 inerente a "Autorizzazione ed accreditamento dei soggetti operanti nel mercato del lavoro regionale"


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare il disegno di legge n. 224, di cui al punto 6) all'o.d.g.
La parola al relatore, Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer, relatore

La nostra Regione, ormai a tre anni dall'approvazione del decreto legislativo n. 273/2003, attuativo della legge Biagi, con il provvedimento al nostro esame attua alcuni degli obiettivi previsti da questo decreto in materia di regimi particolari di autorizzazione e in materia di accreditamento all'esercizio dei servizi per il lavoro a favore di soggetti pubblici e privati aventi ben determinati requisiti per operare correttamente sul mercato del lavoro, in integrazione con i soggetti che già operano in questo settore, cioè con i servizi pubblici per l'impiego.
Desidero, innanzitutto, ringraziare il Presidente della Commissione, il collega Clement, ma anche tutti i colleghi di maggioranza e di minoranza per la qualità e il livello della discussione che si è svolta in Commissione, quando la Commissione ha esaminato il provvedimento al nostro esame.
Il disegno di legge intende, come ricordavo prima, introdurre nel nostro ordinamento, in materia di mercato del lavoro, il diritto dei soggetti accreditabili di rivolgere le relative istanze alla Regione e di ottenerne, in un quadro di certezze circa gli indirizzi generali di politica del lavoro predisposti dalla Regione Piemonte, le risposte entro tempi possibilmente ristretti e certi.
L'autorizzazione all'esercizio di tali attività, come i colleghi sicuramente sanno, è concessa dal Ministero del Lavoro a soggetti privati (agenzie del lavoro, studi professionali e consulenti del lavoro) che operano sul mercato nazionale, in particolare, nel settore dell'intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, della ricerca e selezione del personale e del supporto alla ricollocazione del personale.
Alla Regione spetta quindi concedere l'autorizzazione ad operare sul territorio regionale a soggetti pubblici e privati che svolgono attività quali Università pubbliche e private, Fondazioni universitarie, Istituti di istruzione di secondo grado statali e paritari, Comuni, Unioni di Comuni e Comunità montane, Camere di commercio, associazioni dei datori di lavoro organizzazioni sindacali dei lavoratori, enti di patronato delle imprese del lavoro e della disabilità nonché enti bilaterali.
Le norme statali hanno identificato le attività erogabili ed hanno altresì individuato i soggetti autorizzabili sia nazionalmente che a livello regionale. Il Governo ha da tempo provveduto alle autorizzazioni di sua competenza. Mentre invece la disciplina delle autorizzazioni regionali non può essere ulteriormente posticipata poiché essa è, per le ragioni che io prima ricordavo, fondamentale per acquisire questi soggetti al sistema regionale di servizi per l'impiego. Portando in questo modo, e con un certo ritardo, a compimento la riforma del mercato del lavoro prevista dal legislatore nel 1997.
Assieme al particolare regime di autorizzazioni spetta però poi alle Regioni un secondo e importante compito, e cioè l'accreditamento dei soggetti pubblici e privati che intendono erogare i servizi previsti dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 181/2000 con le successive modificazioni, così come definiti negli atti di indirizzo regionale, e cioè i colloqui di orientamento a favore di lavoratori disoccupati o di persone inoccupate, proposte a favore di inoccupati e disoccupati di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo di formazione professionale o di riqualificazione professionale.
quindi del tutto evidente l'importanza che assume il ruolo della Regione nel quadro di questi interventi. Concedere un accreditamento di questo tipo rivolto a quei servizi significa in primo luogo ampliare in modo significativo, accertandone ovviamente la qualità, l'offerta dei servizi sul territorio in modo integrato con le prestazioni offerte dai centri preesistenti, dai centri pubblici per l'impiego, rivolgendo così agli utenti - persone, ma anche imprese - un'azione coordinata in grado di sostenere l'impatto di un pubblico comunque significativo - il 20 dell'avviamento al lavoro passa oggi attraverso i centri per l'impiego che richieda assistenza tecnica e misure di accompagnamento alla ricerca di lavoro e alla ricerca di lavoratori.
Nondimeno, la concessione dell'accreditamento al servizio è veicolo che consente ai soggetti beneficiari di effettuare le proprie attività anche mediante l'ottenimento di risorse finanziarie erogate dagli enti istituzionali, in questo caso le Province, tramite procedure di affidamento ad evidenza pubblica, per esempio nell'ambito dell'attuazione della misura a due del piano operativo regionale.
La concessione dell'accreditamento regionale al servizio diventerà quindi elemento centrale, quale requisito per la partecipazione dei soggetti alle gare che le Province effettueranno al fine di erogare i servizi alle persone e alle imprese, meglio e in modo più sicuro di quanto non sia avvenuto finora.
La presenza di requisiti di base da parte dei concorrenti consentirà di ridurre adempimenti relativi alla procedure d'aggiudicazione solo ed esclusivamente alla parte progettuale della specifica offerta di servizio consentendo un notevole passo avanti nella gestione delle procedure finalizzate ad offerte di qualità.
Elemento altresì strategico e direi fondamentale è proprio nei requisiti che i soggetti dovranno possedere. Il decreto legislativo fissa quelli minimi, soprattutto quelli relativi al possesso delle condizioni materiali ed economiche atte a realizzare un'attività di generi immateriale. Ma non basta: ciò che dovrebbe effettivamente fare è il possesso di autentici requisiti organizzativi adatti - noi crediamo - per fornire servizi che richiedono strumenti ed esperienza molto particolare di lavoro sulle persone.
In proposito, il disegno di legge al nostro esame stabilisce in modo rinforzato quanto è già previsto dal decreto a proposito di requisiti minimi, ma fondamentali per l'accreditamento. Fissa cioè a priori a carico dei soggetti candidati all'accreditamento, quale requisito di legge, il possesso di comprovate capacità gestionali, di adeguate capacità logistiche, di affidabilità economica e finanziaria, di specifiche esperienze maturate a livello locale, attribuendo un peso specifico al possesso di adeguate capacità professionali nell'erogazione di servizi alle imprese e alle persone per tutti gli operatori interessati.
Con l'accreditamento dei soggetti privati e pubblici non istituzionali la programmazione regionale ha la possibilità di raggiungere standard di qualità nel servizio complessivamente inteso, ampliando e territorializzando al massimo le offerte di prestazione al lavoro degli utenti.
giunto pertanto il momento di unificare anche in Piemonte la logica di riforma espressa dalla volontà del legislatore nazionale con la volontà del legislatore regionale, allargando a soggetti non istituzionali e ad altri operatori pubblici e privati la possibilità di dare un contributo in conformità alle finalità pubbliche del servizio ad una dinamica gestione del mercato del lavoro secondo criteri d'interesse generale.
Sarà necessario provvedere in primo luogo a coordinare e a rendere più efficienti, anche attraverso la definizione del loro profilo, tutti i soggetti, vecchi e nuovi, accreditabili che si presenteranno sulla soglia di funzionamento del mercato del lavoro, richiedendo l'inclusione per questo fine, e pensare ad un rafforzamento della capacità di governo del sistema regionale dei servizi sia per quanto riguarda quelli in capo alla Regione sia per quanto riguarda quelli che fanno riferimento alle Province valorizzandone il ruolo.
A quel punto, il sistema regionale dei servizi per l'impiego potrà avvalersi di un universo di soggetti che l'accreditamento garantirà attraverso i requisiti che noi abbiamo indicato con il provvedimento al nostro esame.
Pertanto, la portata del disegno di legge va intesa anche però per la sua funzione di ricezione, in ambito regionale, di una prima parte di principi innovativi fissati dalla riforma del mercato del lavoro e della relativa traduzione in pratiche concrete.
Tale portata va intesa come passaggio propedeutico ad una riforma politica regionale delle funzioni e dei compiti in materia di mercato del lavoro e va intesa come il punto d'avvio di questo processo di riforma, e come tale deve attraversare il complesso del processo legislativo arricchirsi del confronto e divenire strumento condiviso al servizio dello sviluppo e della crescita occupazionale della nostra Regione.
Per questo è stato giusto porsi l'obiettivo di definire insieme a questo provvedimento una legislazione quadro sul lavoro, su cui sta lavorando l'Assessorato al lavoro, la cui assenza rappresenta uno dei limiti principali dell'esperienza di governo precedente a quella del centrosinistra.
Su questo e su altri campi occorre pensare ad una legislazione di sistema, superando la logica dei provvedimenti tampone o parziali, ma prima di concludere i colleghi mi consentiranno di svolgere un'ultima considerazione. Essendo evidente che sulla legislazione riguardante il lavoro si stanno confrontando in Parlamento, ma non soltanto, punti di vista diversi, come dimostra anche il dibattito che si è svolto in questi giorni in Parlamento, e come dimostra anche una parte del dibattito che si è svolto nella nostra Commissione, che ha discusso di questo ma anche di altri provvedimenti riguardanti le politiche del lavoro, noi crediamo che l'obiettivo di una moderna ed efficace politica del lavoro sia quello di favorire anche nella nostra Regione una buona occupazione Quindi, combattere la precarizzazione dei rapporti di lavoro è l'obiettivo di una politica del lavoro moderna ed avanzata.
Ho già ricordato prima che, con il provvedimento al nostro esame decidiamo quali devono essere i requisiti che devono possedere le agenzie che si occupano di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro fissare delle regole. Mentre con una nuova politica del lavoro e una legge quadro sul lavoro noi dobbiamo preoccuparci di fare in modo che l'incontro tra domanda e offerta di lavoro favorisca incentivi, un'occupazione stabile e flessibile, ma non precaria nella nostra Regione.
In questi anni, come i colleghi hanno avuto modo di ricordare anche nel dibattito in Commissione, per effetto della legislazione in vigore è avvenuto purtroppo un cambiamento strutturale del mercato del lavoro.
All'inizio del 2000 quasi l'80% dei nuovi occupati era assunto con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Stando ad un'indagine svolta dal Ministero del Lavoro, di cui ho letto le conclusioni in questi giorni prima di predisporre questa relazione, nel 2006 invece soltanto il 45 delle assunzioni sarà a tempo indeterminato. È il segno di questo cambiamento strutturale che è avvenuto nel mercato del lavoro del nostro Paese.
In Europa, diversamente dall'Italia, il lavoro flessibile esiste, non viene affatto demonizzato, ma è un transito; è un momento di passaggio per i giovani che si avvicinano al mercato del lavoro.
In Italia questo è un limite che dobbiamo rimuovere con una moderna legislazione sul lavoro; la precarietà sta diventando un fenomeno strutturale, al quale sempre più spesso si ricorre in sostituzione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato. Da qui il fatto che la precarietà riguarda non soltanto i giovani alla prima occupazione, ma anche le donne e i giovani tra i 35 e i 45 anni. Il che significa che il fenomeno diventa strutturale e permanente e che, se il trend attuale non dovesse mutare, il tasso di precarizzazione è destinato ad aumentare, con tutte le conseguenze che questo comporta in una situazione nella quale il lavoro precario non gode, in Italia, delle tutele che invece esistono in altri Paesi europei. Per questo motivo in sede regionale vanno adottati provvedimenti come quelli che prima ricordavo. Una legge quadro sul lavoro cui l'Assessore Migliasso, come ha annunciato, sta lavorando in Commissione, ma anche provvedimenti che abbiano un respiro e una dimensione nazionale, stante il carattere del problema che abbiamo di fronte rivedendo e avviando nuove politiche attive del lavoro perché questo è il nodo con il quale una moderna legislazione del lavoro deve fare i conti.
Vanno in questa direzione alcuni provvedimenti che il Governo nazionale ha adottato con la legge finanziaria. Per esempio, va in questa direzione la decisione di collegare ad una riduzione del cuneo fiscale le politiche del lavoro, cioè al cuneo fiscale i contratti di lavoro a tempo indeterminato. Va in questa direzione la decisione di riconoscere, a tutti gli apprendisti, l'indennità di malattia e di maternità. Va in questa direzione la norma di favorire, attraverso un sistema di incentivi e disincentivi, la trasformazione del lavoro a progetto a lavoro subordinato.
Va in questa direzione l'obbligo di comunicare la fine di un rapporto di lavoro il giorno prima dell'inizio dell'attività e non nei cinque giorni successivi, per combattere, anche per questa via, il fenomeno del lavoro nero e dell'insicurezza che si determinano nei luoghi di lavoro. Va in questa direzione la decisione di implementare le risorse per la cassa integrazione straordinaria, per la cassa integrazione ordinaria, per la cassa integrazione in deroga e per rifinanziare (l'emendamento è stato votato nei giorni scorsi al Parlamento che sta esaminando la legge finanziaria), le politiche destinate ai centri pubblici, ai centri per l'impiego e per i servizi pubblici per l'impiego.
Per queste ragioni, penso che questo provvedimento - sicuro che in questo contesto dà attuazione ad una legge nazionale - che dobbiamo approvare in questo contesto e con quest'ottica, sia parte integrante di quella nuova disciplina sul lavoro che è necessario realizzare alla luce non soltanto dei cambiamenti che stanno intervenendo nella legislazione nazionale, ma anche delle nuove competenze che, proprio in questo campo, le Regioni, compresa la nostra, sono chiamate ad esercitare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Robotti; ne ha facoltà.



ROBOTTI Luca

Grazie, Presidente.
Condivido in larga parte la relazione effettuata dal Consigliere Ronzani. Tuttavia, alcune questioni devono essere specificate con maggiore chiarezza. Riteniamo sia giusto arrivare a questa legislazione, perch alcuni sciacalli che hanno operato in questi anni nel mondo del mercato del lavoro devono essere fermati. Così come riteniamo giusto che, in una certa misura, l'azione della Regione Piemonte si muova esattamente nella direzione di ridurre gli effetti della legge n. 30. Auspichiamo che, a livello nazionale, la legge n. 30 sia abolita, che il Governo dell'Unione trovi la forza di cancellare uno dei provvedimenti più iniqui fatti contro il mondo del lavoro e fatto contro i lavoratori che ha caratterizzato il quinquennio di Governo di centrodestra, a guida di Berlusconi.
Riteniamo che si debba riaffermare con forza, e lo deve fare in primo luogo la Giunta, in questo caso l'Assessore, che la normalità non sta nella precarietà e nella flessibilità, ma nei contratti a tempo indeterminato. La ricerca per una buona occupazione è proprio quella di stabilizzare i nostri lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Ad esempio, nella futura legislazione del lavoro, sia scritto con chiarezza che noi sosterremo ed aiuteremo quelle imprese che, nel momento in cui chiedono sostegni economici pubblici, decidano di stabilizzare a tempo indeterminato i lavoratori che assumeranno.
Proprio a partire da discussioni come questa, si deve ricominciare ad affermare con chiarezza che il termine lavoro, la parola lavoro deve ritornare ad essere coniugata con parole come libertà, dignità, diritti emancipazione e cultura. Oggi, purtroppo, il lavoro è identificato con un'unica terribile parole, che è quella della precarietà. Siamo sicuri non lo diciamo solo noi, ma tanti economisti liberali di questo Paese - che oggi proprio questa precarietà è il maggior indicatore d'insicurezza sociale presente nel nostro Paese, più della sicurezza nelle città, più che il tema degli anziani, più che di altri temi. Questa precarietà non è solo legata al lavoro, al salario, agli orari, al tipo di permanenza sul posto di lavoro, a quanta dignità c'è nell'ambito dello svolgimento della mansione per cui si è stati assunti, è una precarietà legata a tanti campi per esempio a quello sanitario. Sappiamo che tante patologie del mondo del lavoro, che sembravano sconfitte da tanti e tante conquiste ottenute dal movimento operaio, tornano ad essere elementi caratterizzanti di queste nuove occupazioni precarie.
una precarietà alimentare. Tante patologie alimentari emergono perch vi sono lavoratori che con uno stipendio di 500 euro al mese non possono alimentarsi in modo corretto. È una precarietà di tipo culturale. Scende il livello culturale di quei lavoratori perché sono costretti a rinunciare a beni primari come l'acquisto di libri, la possibilità di andare a teatro la possibilità di visitare musei e la possibilità di fare studiare i propri figli. È una precarietà di tipo economico. C'è l'incertezza, anzi l'impossibilità di costruire un futuro per sé e per le proprie famiglie fatto di impegni finanziari ed economici con chi oggi rilascia il credito.
Ed è quindi una precarietà famigliare legata all'incertezza di poter costruire un percorso sereno con la propria compagna o il proprio compagno l'idea di fare dei figli che possono crescere e studiare, che abbiano gli stessi diritti di quelli che hanno un lavoro a tempo indeterminato.
Facciamo bene a regolamentare il mercato del lavoro precario (lo chiamo così perché è giusto chiamarlo così, non ha altri termini). Ma dobbiamo anche affermare con molta forza - e credo che questo sia un'intesa che dobbiamo prenderci essendo noi una maggioranza che guarda al rapporto con il mondo del lavoro in termini dialettici e positivi - che la centralità nel mercato del lavoro sta dentro i centri per l'impiego pubblici; che i centri per l'impiego devono funzionare di più e meglio, devono essere messi nelle condizioni di operare con maggiore efficacia sul mercato del lavoro devono essere maggiormente efficaci da far incontrare domanda ed offerta.
Devono essere loro il punto di partenza da cui guardare l'intero tema e l'intero mercato del lavoro.
Dobbiamo spezzare l'assioma lavoro e precarietà, lavoro e flessibilità.
Dobbiamo farlo, così come stiamo facendo, chiedendo a tante imprese di smettere di finanzializzare i propri capitali e di ritornare ad investire in attività produttive, che queste attività produttive creino occupazione che quest'occupazione sia a tempo indeterminato quindi buona, stabile sicura e con salari certi garantiti e che rispondano alle difficoltà del vivere quotidiano.
Abbiamo lavorato molto affinché questo fosse un provvedimento condiviso anche dalle organizzazioni sindacali e che queste potessero incidere nella formulazione definitiva del progetto.
Così è stato, credo che da questa legge si possa passare ad una discussione ampia, ricca, difficile anche su alcuni passaggi rispetto a tutto il tema del lavoro, ripartendo da un principio che non mi stancher mai di affermare, ovvero che la centralità non è quella dell'impresa, non è quella della finanza, non è quella del mercato, ma è quella degli uomini e delle donne che devono lavorare e vogliono semplicemente lavorare in un mondo che gli garantisca diritti, possibilità e, soprattutto, prospettive nel vivere.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto e del relatore della norma. Avevo un po' il timore nell'ascoltarli che stessimo parlando di una norma differente rispetto a quella che avevamo esaminato in sede di Commissione consiliare.
Per maggior chiarezza, visto che il voto di una norma importante quale quella che ci stiamo accingendo a votare è certamente fondamentale per l'espressione di voto di un Gruppo politico, e visto che abbiamo concluso la discussione poco più di un mese fa, ho voluto in qualche modo verificare che la legge fosse la stessa.
Rammentavo bene. È la legge di autorizzazione per l'accreditamento per i soggetti operanti nel mercato regionale che, in qualche modo, è un adempimento che la Regione è tenuta a svolgere con alcune indicazioni che la legge dà all'interno dei propri articoli.
Faccio prima una considerazione di carattere generale su quanto detto e poi invece mi esprimerò sulla legge. Ho un po' l'impressione che si è parlato della legge che verrà. Si è fatta un'anticipazione ideale di quella che vorremmo fosse una proposta di revisione regionale della legge sul lavoro.
Colleghi, questa normativa non riduce e non cambia l'attuale sistema di offerta lavorativa; al limite, può migliorarla. Certamente andrà a migliorarlo e certamente migliorando è verosimile che vi sia anche un impatto rispetto alla stabilizzazione del mercato del lavoro. Ma non è quello che dice questa legge. Se volete, approfitterò del tempo a disposizione per illustrare gli emendamenti presentati dal sottoscritto dal collega Pichetto e dal collega Ghiglia in sede di Commissione competente, ma se volete l'unico spunto politico, rispetto all'intervento di stabilizzazione del lavoro, è l'emendamento 8 bis, che i Gruppi consiliari di Forza Italia e Alleanza Nazionale presentano all'interno di questa legge.
Posso anche condividere il fatto che si voglia, in qualche modo parlando di accreditamento dei soggetti operanti al mercato del lavoro regionale, fare un'anticipazione rispetto a quello che si vorrebbe. Per sia chiaro che stiamo parlando di una cosa differente. Lo dico perché se no, nelle espressioni di voto, sembra quasi che uno voglia andare a votare la legge che scardina la legge Biagi, mentre invece stiamo discutendo di un'altra cosa.
Stiamo discutendo sostanzialmente di una legge che apporterà significativi miglioramenti alla legislazione vigente e, in tal senso cogliamo positivamente il secondo emendamento presentato dall'Assessore Migliasso che non pone limiti territoriali.
Crediamo sia corretto che un utente possa utilizzare il soggetto che meglio opera nel mercato del lavoro, il più competente, quello che ha maggiori capacità di inserimento lavorativo, se stabile o no e certamente oltre al lavoro amministrativo che oggi le Province svolgono. Tant'è che anche la normativa, la legge in oggetto, mi sembra che all'articolo 3 dica si possa allargare il servizio al lavoro, salva fatta eccezione per le funzioni amministrative in via esclusiva alle Province.
Oggi, abbiamo una situazione regionale piemontese in cui è vero che il privato e, in molti casi, le agenzie interinali la fanno da padrone sugli inserimenti lavorativi e, quindi, in molti casi anche le percentuali che il collega Ronzani citava devono necessariamente essere tenute in considerazione. Sono dati che dipendono dal fatto che oggi abbiamo uno squilibrio oggettivo relativamente ad un sistema pubblico, quello dei Centri per l'impiego, che è una rete di soggetti che fanno il disbrigo di pratiche amministrative e tentativi di incrocio tra domanda e offerta, ma sostanzialmente disbrigo di pratiche amministrative.
Ricordiamo che la Provincia di Torino ha tredici Centri per l'impiego e trecento dipendenti che operano all'interno dei medesimi e che, nell'arco del secondo mandato, nella quale la Presidente Bresso spese quasi 90 milioni di euro, anche ovviamente per mettere in sesto l'ufficio per l'impiego che ricevette dallo Stato in condizione non certo ottime (all'epoca governava il centrosinistra, o forse è meglio dire prima che governasse il centrodestra, ma questo non c'entra se non solo per richiamare i tempi) dovette investire molti fondi per la loro strutturazione. Molti ne investì per tenere in piedi queste strutture che fino a due anni fa, davano lavoro (disabili esclusi, perché su quelli interviene la legge n. 68 con numeri differenti) a circa 1.200 persone all'anno. Ergo, ogni singolo dipendente nell'arco di un anno riusciva a trovare occupazione.
ovvio che non definirei un sistema quale quello attuale, privato o privatistico, un sistema di sciacalli, ma di persone e di imprese che ha dato delle opportunità lavorative, anche se a tempo determinato, a centinaia di migliaia di persone. Perché nessuno può non rammentare che la percentuale relativamente alla disoccupazione è calata drasticamente anche all'interno della nostra Provincia, e ciò vuol dire che tutti hanno contribuito al collocamento di più persone nel mondo del lavoro. Questo è l'unico dato non contestabile. Ci possiamo differenziare su molte cose, ma è un dato certo che principalmente le donne e i soggetti portatori di handicap, compresi gli uomini, siano occupati più di prima Dopodiché sulla precarietà, lo vorrei dire anche al collega Robotti (guardi che io non sono certo che esistano in modo manicheo) è possibile fare una distinzione: il centrodestra è per la flessibilità comunque sia il centrosinistra è per la stabilizzazione comunque sia.
Credo che tutti siano d'accordo nel dire che tutte le istituzioni debbano operare quanto più possibile e con tutte le risorse a disposizione per incentivare la stabilizzazione del lavoro. Nel merito, faremo anche degli interventi rispetto ad alcune leggi che andremo a votare, come per esempio quella sull'apprendistato. Ma dobbiamo sapere che per garantire un incremento dei lavori a tempo indeterminato occorre certamente un sistema di incrocio fra domanda e offerta che operi meglio di quanto sta facendo oggi il sistema pubblico e, certamente servono risorse economiche.
La stabilizzazione dei lavori si può fare in due modi: o facendolo pagare solo alle imprese (ed è la scelta che ha fatto questo Governo), o facendola pagare in parte alle imprese e in parte all'istituzione pubblica come noi crediamo sia meglio. Quando eravate in minoranza, potevate presentare qualunque cosa vi passasse per la testa. Ricordo che un collega del Gruppo dei DS, il collega Placido, presentò una proposta di legge che si è ben guardato da portare avanti. Un anno e mezzo fa abbiamo fatto le audizioni e lì è rimasta. Il Presidente Clement ben lo sa e ben si deve iscrivere all'ordine del giorno, perché quella legge, facendo male i conti costa 48 milioni di euro/mese alla Regione Piemonte.
Voi capite che se, dalla nostra parte, volessimo...



(Commenti fuori microfono)



VIGNALE Gian Luca

Perdo una scommessa, ma sono disposto a scommettere non credendo di perdere.
ovvio che, se volessimo presentare degli emendamenti o proposte di legge indirizzate verso la stabilizzazione del lavoro non compatibili con quelle che possono essere le disponibilità finanziarie della Regione, per noi sarebbe assolutamente semplice.
A fronte di alcune dichiarazioni svolte dai colleghi, mi riferisco in particolar modo al collega Robotti, invito, visto che ci apprestiamo alla finanziaria regionale, a fare in modo che questa Giunta investa svariate decine di milioni nella stabilizzazione del lavoro, in quanto al 31/12 dell'anno scorso abbiamo affrontato il problema di 505 lavoratori relativamente ai quali i Comuni non avevano più soldi per rinnovare loro i contratti come RSU.



(Commenti fuori microfono)



VIGNALE Gian Luca

Ottobre o novembre dell'anno passato.
La militanza nella destra mi ha insegnato il pragmatismo. Quindi vorrei che a roboanti enunciazioni di principi seguisse anche il denaro da spendere. Se, in sede di futuro bilancio e di finanziaria regionale vediamo che altri capitoli di spesa, che non sono proprio finalizzati alla stabilizzazione lavorativa, ottengono cospicui finanziamenti, mentre altri capitoli ne ottengono di meno, credo che rimarrà soltanto quello che oggi è stato detto e quello che, in qualche modo, è un'aspirazione di quello che verrà.
Se il Presidente me lo consente - non mi ascolta quindi me lo consente lo prendo come un silenzio assenso - ne approfitto per illustrare gli emendamenti.
Il primo emendamento che ho presentato insieme ai colleghi Ghiglia e Pichetto prevede proprio il tentativo di inserimento dell'articolo 8 bis: è una misura di incentivazione dell'accordo pubblico-privato finalizzato però, all'inserimento di soggetti svantaggiati e nell'individuare forme di progressiva stabilizzazione dell'occupazione attraverso politiche attive.
Pertanto, avendo ascoltato i colleghi che mi hanno preceduto, siamo certi che l'emendamento presentato verrà accolto da questa maggioranza.
Al di là di questo, noi speriamo che avvenga, perché, in qualche modo è un segnale tangibile rispetto alla volontà, anche nel momento in cui si redige una legge quadro di individuazione dei criteri per l'accreditamento dei soggetti, siano essi pubblici o privati, siano essi a fine di lucro o no, di dare un segnale diretto alla stabilizzazione del mondo del lavoro.
Il secondo emendamento - articolo 8 ter - prevede di nuovo, mediante convenzioni fra cooperative sociali e delle imprese associate o loro aderenti, delle facilitazioni per l'inserimento lavorativo di soggetti maggiormente svantaggiati presenti all'interno delle cooperative indicate.
Ovviamente, attendiamo una valutazione rispetto agli emendamenti da parte della Giunta, ma anche da parte del Consiglio.
Siamo favorevoli ad un mercato del lavoro al quale più soggetti possano partecipare con eguali normative, per cui da domani non potremo più dire che vi sarà chi, in qualche modo, fa lo sciacallo sulla pelle delle persone e sui contratti di lavoro. Però, anche in questo caso, dobbiamo essere assolutamente chiari e chiedere, come ovviamente chiederemo, dei dati rispetto, a parità di condizioni, a quella che sarà la capacità di raccordo tra domanda e offerta, la capacità di inserimento lavorativo. Anche in questo caso - e concludo - credo che non convenga a nessuno la mitizzazione del pubblico e la demonizzazione del privato.
Di nuovo, per pragmatismo, non per ideologia che spinge a dire "è meglio il pubblico, è peggio il privato" o viceversa, noi crediamo che, in qualche modo, siano da favorire i soggetti che inseriscono il maggior numero possibile di persone all'interno del mondo del lavoro e che, magari a parità di servizio erogato, abbiano anche un costo inferiore. Questo, in qualche modo, come gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, è quello che verrà e non è la discussione della legge in oggetto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Oreste

Signor Presidente, ritengo che l'intervento del collega Robotti sia stato alquanto inopportuno, perché non è molto logico criticare Berlusconi che sta lavorando ad un provvedimento che è nato proprio da un decreto legislativo del 10 settembre 2003 del Governo Berlusconi. Per relativamente a questo provvedimento, non sono assolutamente d'accordo su alcune cose e altre le ritengo assolutamente pleonastiche, perché i principi contenuti nell'articolo 2, sinceramente, fanno morire dal ridere.
Ci sono questioni che potevano essere tranquillamente inserite nell'introduzione, ma nella legge non hanno senso d'essere.
Cioè, articolo 2, comma 1: "Il sistema regionale dei servizi per il lavoro assume come parametro di base la centralità della persona" - cosa doveva fare, non lo so! - "e la garanzia di parità di accesso ai servizi da parte di tutti i cittadini e cittadine". Ah, no? Lo dice la legge! Ha senso scrivere una cosa del genere nell'articolo di una legge che ci apprestiamo a delineare? Comma 2: "Le norme contenute nella presente legge si ispirano ai seguenti principi direttivi: a) assicurare il governo delle politiche del lavoro confermando il ruolo di programmazione, indirizzo e coordinamento generale della Regione nel rispetto delle competenze attribuite alle province e dei principi di sussidiarietà ed adeguatezza".
Anche qui è ovvio che deve essere assicurato il governo delle politiche del lavoro, confermando quanto previsto dalla legge, quindi, il ruolo di coordinamento della Regione, nel rispetto delle competenze delle Province: ci mancherebbe altro, andiamo a cassare le Province dalla Regione? Anche questo non ha alcun senso.
"b) Favorire l'interazione tra gli operatori pubblici e gli operatori privati accreditati, attraverso la creazione ed il governo della rete regionale dei servizi al lavoro per evitare il rischio di eccessiva frammentazione dei servizi": questo ci sta! "c) Garantire la qualificazione del sistema regionale dei servizi al lavoro attraverso il miglioramento dei meccanismi di funzionamento dei soggetti componenti la rete in modo da favorire l'occupabilità dei lavoratori e delle lavoratrici con particolare riguardo a quelli appartenenti alle categorie svantaggiate".
Anche questo è già previsto da tutte le norme, sappiamo tutti che vi sono quote riservate proprio alle categorie svantaggiate.
Tra l'altro, ne approfitto, tempo fa, in un mio intervento avevo chiesto alla Giunta - che si è ben guardata dal rispondermi - quanti e quali fossero i posti disponibili per legge ai portatori di handicap e poi, effettivamente ricoperti, se fossimo a norma con le leggi vigenti. La risposta non è mai arrivata; approfitto della discussione di un provvedimento che tratta di lavoro per ribadire la richiesta. Mi auguro che l'Assessore competente possa rispondermi in merito alla situazione di assunzione dei diversamente abili o per lo meno di coloro che appartengono a categorie svantaggiate e/o protette.
Anche qui: "d) contribuire alla promozione ed alla piena valorizzazione delle competenze professionali delle persone e delle occasioni di lavoro e di impresa, al superamento delle discriminazioni fra uomini e donne nell'acceso al lavoro e nello sviluppo professionale e di carriera". Ci mancherebbe altro che la Regione non si occupasse di questo. Anche qui, per il fatto di scriverlo in un testo, non ci siamo.
"e) Concorrere al superamento di ogni altra forma di discriminazione nel mercato del lavoro ed al perseguimento dell'obiettivo di stabilizzare la condizione lavorativa". Anche questo è previsto dalla legge. Se ci fossero discriminazioni nel mercato del lavoro sarebbero discriminazioni che porterebbero a reati, quindi, è evidente che sarebbe già punita una discriminazione o un trattamento diverso fra uomo e donna. È il caso di scriverlo in un testo di legge? No. Ma non solo. Questo è la parte pleonastica su cui sono d'accordo, ma sono principi previsti da leggi vigenti, quindi è perfettamente inutile riportarli all'interno di una legge, altrimenti dovremmo riportare tutti i riferimenti di legge generali che valgono nel nostro Paese e inserirli all'articolo 2 delle leggi che facciamo. Normalmente non si fa così: è ovvio che quanto dato per scontato per legge non lo si riscrive.
Ho dei seri dubbi, invece, sul perché di questa scelta dell'accreditamento di questi soggetti, pubblici e privati, che dovranno dare possibilità di lavoro, fare corsi di formazione, preparare giovani uomini e donne. Mi chiedo perché l'elenco dell'accreditamento non debba essere fatto dai legislatori, ma dalle associazioni di categoria dei lavoratori e dei datori di lavoro più rappresentative della Regione.
Se andiamo a vedere il famoso elenco delle associazioni dei lavoratori più rappresentative della Regione, guarda caso, ci sono sempre CGIL, CISL e UIL. Gli altri sindacati non vengono considerati, se non in minima misura forse con un rappresentante su un totale di 12/14 rappresentanti.
Anche su questo non siamo d'accordo. Perché questo argomento deve essere in mano solo alla triplice e a poche associazioni di datori di lavoro? Perché questo elenco per l'accreditamento degli operatori deve passare in mano ai sindacati, che siano dei lavoratori o che siano dei padroni? Non capisco perché non potrebbe almeno esserci la dicitura "sentita la Commissione consiliare competente".
Non si chiede molto. Non dico un voto, ma almeno un parere, un "sentiamo almeno la Commissione consiliare competente", che è la Commissione Lavoro. In tal modo, bene o male, tutte le forze sono rappresentate e se c'è qualcosa da segnalare può essere segnalato. Chi non ha voce, rispetto ai rappresentanti dei datori di lavoro, chi non ha voce rispetto alla triplice sindacale, può trovare voce almeno nei Consiglieri regionali, che sono almeno elettivi. Almeno elettivi.
Andiamo avanti. L'articolo 7 è ancora più divertente.
Articolo 7, comma 2: "La Giunta regionale istituisce apposito organismo, composto da funzionari esperti della Regione, delle Province ed esperti indicati dalle parti sociali" - quindi abbiamo funzionari regionali, funzionari provinciali, esperti indicati dalle parti sociali (quindi spese) - "con il compito di fornire, sulla base degli esiti del monitoraggio di cui al comma 1, indicazioni e proposte per il miglioramento del sistema di accreditamento". Non vuol dire veramente nulla. Noi creiamo tramite Giunta, un pool di esperti della Regione, delle Province e delle parti sociali (che ovviamente in qualche modo pagheremo, non fosse altro che il gettone di presenza), che devono fare solamente un monitoraggio e dare indicazioni e proposte per il miglioramento del sistema di accreditamento. Non si capisce veramente a cosa servono.
Ma non è finito.
All'articolo 8 si parla di Commissione regionale di concertazione (quella che ho criticato prima, perché rappresentativa solo dei soliti noti e non di tutti gli altri), ma il Comitato al Lavoro e alla Formazione Professionale cosa fa? "Sulla base delle relazioni di monitoraggio effettuate dall'Agenzia Piemonte Lavoro" - per cui c'è anche Agenzia Piemonte Lavoro - "danno proposte e pareri per il miglioramento del funzionamento del sistema di accreditamento dei servizi al lavoro".
Qui abbiamo veramente superato il massimo: abbiamo degli enti, degli organismi che devono fare proposte per migliorare il servizio. Ma non solo uno. Abbiamo: l'Agenzia Piemonte Lavoro, che fa la relazione; la Commissione regionale di concertazione, che dà proposte e pareri per migliorare il funzionamento del sistema di accreditamento dei servizi di lavoro; il Comitato al Lavoro e Formazione Professionale, che elabora proposte e pareri per il miglioramento del funzionamento del sistema di accreditamento dei servizi di lavoro; il Comitato di esperti di Regione Province e Associazioni, indicati dalle parti sociali, che forniscono attenzione, colleghi -proposte ed indicazioni per migliorare il sistema di accreditamento.
Cerchiamo di capire: alla fine che cavolo succede in questo minestrone incredibile, dove quattro organismi differenti fanno esattamente la stessa cosa, cioè niente? Tutti e quattro danno proposte e idee per migliorare il servizio. Quattro organismi? Non ne bastava uno? Nonostante tutto, non si ascolta neppure la Commissione consiliare. Non dico il Consiglio, ma almeno la Commissione consiliare.
chiaro, quindi, che chi ha scritto questo documento - che mi auguro non sia un politico, altrimenti sarebbe meglio che cambiasse lavoro, ma mi auguro sia un tecnico - ha cercato di dare tanto lavoro a tanti altri tecnici, così almeno si lavora in tanti e non si fa niente.
Sinceramente, colleghi, è assurdo che vi siano quattro organismi differenti, su un argomento come questo, per dare tutti gli stessi pareri e le stesse indicazioni finalizzate a migliorare il servizio.
Tra l'altro, mettete anche una nota. Di questi quattro, due - la Commissione regionale di concertazione e il Comitato al Lavoro e alla Formazione Professionale - si devono riunire in seduta comune. Almeno questi due organismi si devono riunire in seduta comune prima di dare il parere.
Ho presentato cinque emendamenti non ostruzionistici. Mi auguro che sia almeno possibile sistemare questo articolo, cioè prevedere un organismo che svolge questo lavoro e non quattro per fare tutti lo stesso lavoro. Questo renderebbe tutto più facile. Voi mi insegnate che se in un calderone buttiamo proposte che arrivano da quattro organismi differenti, ma a loro volta formati da persone che sono nominati da gruppi differenti, creiamo una situazione di confusione incredibile, dove ad un provvedimento condivisibile apponiamo macigni che gli impediranno di essere realmente applicato.
Vi chiedo un momento di ragionamento per trovare un organismo che faccia questo lavoro e poi, alla fine, avere un provvedimento snello ed effettivamente applicabile e utile per i lavoratori e le lavoratrici che magari hanno il diritto ad un servizio di avviamento al lavoro e di formazione professionale migliore di quello esistente.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Clement; ne ha facoltà.



CLEMENT Gian Piero

La legge che oggi stiamo esaminando, e che mi auguro il Consiglio approverà, è sicuramente un atto dovuto, nel senso che non credo che la maggioranza di questo Consiglio fosse smaniosa e sentisse particolarmente la necessità di arrivare all'approvazione di questa legge. Essendoci un decreto legislativo di carattere nazionale che impone alle Regioni di regolamentare e di legiferare sulla materia, si è arrivati a questo provvedimento, anche se in questo momento è centrale, rispetto al mercato del lavoro, un altro tipo di dibattito.
Sia il relatore, Consigliere Ronzani, sia il Consigliere Robotti, ma anche il Consigliere Vignale (che poi ha, tra virgolette, criticato quello che lui ha definito un fuori programma, cioè interventi non completamenti centrati) hanno poi finito per dedicare buona parte del loro intervento a quello che in questo momento è il nodo centrale del mercato del lavoro cioè il superamento della precarizzazione nei rapporti di lavoro. Credo che non si possano fare forzature particolari, pensando che questo provvedimento possa andare in questa direzione. Il provvedimento tratta di un altro aspetto, cioè di come possono essere gestiti gli avviamenti nel mondo del lavoro e di come può essere fatta incontrare la domanda con l'offerta. Credo, però, che dovremmo sicuramente sforzarci, nei prossimi mesi, ad affrontare anche a livello regionale il tema della lotta alla precarizzazione.
Il 4 novembre c'è stata una grande manifestazione, a Roma, che aveva al centro, come parola d'ordine, il superamento della precarizzazione. Sono arrivati, stanno arrivando dei timidi segnali, assolutamente non disprezzabili, da parte del Governo che, in Finanziaria, ha iniziato a porre alcune questioni.
Credo che, sicuramente, tutte le Istituzioni del nostro Paese, a partire dal Governo centrale per arrivare a questo Consiglio regionale, ma anche a livelli istituzionali più bassi, dovranno interrogarsi, nei prossimi mesi, profondamente e seriamente rispetto a questo tipo di problema.
Effettivamente, il problema della precarizzazione - non della flessibilità, che ritengo sia un argomento sul quale non si è discusso abbastanza - sicuramente merita degli approfondimenti. Ma troppo spesso nel nostro Paese si è confuso la flessibilità con la precarizzazione.
Le modalità con le quali è stato gestito il mercato del lavoro, le assunzioni e la contrattualistica, in questi ultimi anni, ben poco ha a che vedere con la flessibilizzazione, con l'esigenza di rispondere a picchi di mercato particolare, con l'esigenza di periodi di lavoro determinati legati a problematiche di carattere stagionale o cose di questo genere; l'unico risultato è stato quello di precarizzare i rapporti di lavoro, nel rendere più deboli e ricattabili centinaia di migliaia di giovani che si affacciano al mondo del lavoro.
Ma non si tratta solo di questo, perché se fosse solo questo, come diceva il collega Ronzani, sarebbe uno "scotto", una penale, la gavetta come si diceva una volta, che si passa per entrare nel mercato del lavoro.
Ormai questo aspetto sta diventando un sistema, che definisce in questo modo il rapporto di lavoro non solo più per i giovani, che si approcciano per la prima volta al mondo del lavoro, ma per migliaia di persone nel nostro Paese, tra cui alcune non più giovani, ma soprattutto quelle che si trovano in condizioni ancora più ricattabili perché espulse dal mercato del lavoro in età, per il lavoro, già avanzata, troppo giovani - giovanissimi addirittura a detta di qualcuno - per andare in pensione, ma non più così disposti e preparati ad entrare nel mercato del lavoro.
Credo che, sicuramente, la precarizzazione ed i ragionamenti per tentare di superarla dovranno essere al centro delle nostre discussioni nei prossimi mesi. Penso che questo provvedimento, pur essendo un atto dovuto, abbia comunque al suo interno degli aspetti positivi e, per alcuni versi, non scontati. Non credo - a differenza di quanto diceva il Consigliere Rossi - che mantenere il controllo pubblico dei Centri per l'impiego del mercato del lavoro sia una cosa scontata. Non è così.
Il legislatore, sia nella legge n. 30, sia nel decreto legislativo, non dà assolutamente per scontato questo tipo d'impegno e, nel fare questo provvedimento, delega e rimanda alle Province il controllo, tutte le modalità di gestione e di governo del mercato del lavoro. Credo che questo non sia un fatto scontato, ma un fatto, sicuramente, positivo.
Ci sono delle questioni che, all'interno del provvedimento, possono essere pleonastiche, come diceva il Consigliere Rossi. Però, evidentemente quando si fa riferimento a dei provvedimenti di carattere nazionale e si tratta di regolamentare e legiferare a livello regionale, per forza di cose, credo che si rischi questo elemento.
Un altro elemento, nel quale c'è un rimando, in alcuni articoli del provvedimento, alla Commissione di concertazione è un altro elemento sul quale, oggettivamente, siamo in assenza di questa Commissione. Credo che nelle prossime settimane partirà il dibattito all'interno della VII Commissione, che ho l'onore di presiedere, per capire se riusciamo a varare un provvedimento che, nella passata legislatura, pur avendo avuto il via libera dalla Commissione, non è mai arrivato in Aula e sul quale non si è mai deliberato.
Sugli emendamenti presentati, ma soprattutto su quelli che intendono introdurre in questo provvedimento, in maniera surrettizia - non me ne voglia il collega Vignale e gli altri firmatari degli emendamenti l'applicazione degli articoli 13 e 14 compresi nello stesso decreto legislativo.
Su questi due emendamenti, mentre sentivamo poco l'esigenza di arrivare ad un provvedimento di questo tipo e andiamo avanti per un fatto dovuto sentiamo ancor meno, per non dire per nulla, l'esigenza di includere in questo provvedimento anche l'applicazione degli articoli 13 e 14.
Credo - ma mi riserverò di intervenire al momento degli emendamenti che siano proprio due articoli e due emendamenti che, non solo tendono ad un superamento della precarizzazione, ma, se possibile, a peggiorare le condizioni dei lavoratori ai quali si vogliono andare ad applicare questi due emendamenti e questi due articoli del decreto legislativo n. 267.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Giovine; ne ha facoltà.



GIOVINE Michele

Grazie, Presidente.
Ho molto apprezzato un passaggio del collega Clement sul disegno di legge n. 224, che stiamo affrontando nella discussione. In particolare quando il collega Clement ricorda che flessibilità non è in contrasto con precarietà e viceversa. In quanto è vero che è giusto prevedere una flessibilità del lavoro, ma è anche vero che è giusto contestare la precarietà del lavoro.
Personalmente, sono assolutamente su questa linea. Forse, in contrasto con alcuni colleghi di centrodestra, trovo che oggigiorno i giovani e le giovani del Piemonte, ma in Italia forse noi siamo ancora una Regione fortunata rispetto ad altre realtà del nostro paese - vivono in una condizione di assoluta e totale incertezza continua e costante.
Lo posso dire perché ho tantissimi coetanei, amici, giovani uomini e giovani donne di età maggiore alla mia, che hanno dei figli e delle famiglie a carico, che non hanno mai la certezza del rinnovo del contratto che hanno difficoltà a contrastare muti, fidi e qualsiasi forma di finanziamento. Per questo, spesso e volentieri, cadono in preda e in mano ad organizzazioni, che spuntano come funghi, dove alla fine, per agevolare un credito che sappiamo benissimo per buona parte di questi, facilmente non rientrerà, si vanno a mettere in condizioni veramente disagevoli.
A volte è vergognoso vedere queste situazioni di precarietà, in contrasto a quella che è, invece, una flessibilità che si richiede al lavoro ed ai lavoratori, da altre parti certe realtà economiche, quali ad esempio le banche. Preannuncio ai colleghi che sarà mia cura sollevare tutta una serie di questioni sulla fusione San Paolo-Intesa e su altre fusioni che oggi i giornali annunciavano, come ad esempio quella della BRE sulla quale ci vengono prima a raccontare alcune favolette e poi si parla di settemila esuberi.
Ora mi chiedo come si può, da una parte, chiedere ai giovani di fare i superprecari a vita e, dall'altra, porli in condizione di trattare con le banche da mendicanti con il cappello in mano, situazioni veramente umilianti per i lavoratori, per i cittadini e, in questo caso, per i giovani.
Mi auguro che sul disegno di legge in oggetto non ci sia, da parte di nessuno dei presenti, un'eccessiva premura nel volerlo licenziare comprimendo il giusto dibattito in Aula, che mi pare lo stesso collega Robotti abbia giustamente richiesto.
Credo che alcune delle osservazioni presentate dal collega Rossi siano tutto sommato, di buon senso, mentre altre magari possono essere occasione di un corretto confronto.
I quattro emendamenti presentati dai colleghi Pichetto e Vignale meritano un'ampia discussione e un ampio confronto, anche perché mi pare che siano stati presentati con un lavoro a retro di un certo livello.
Sappiamo quanto il collega Pichetto sia estremamente preciso e preparato quando argomenta le sue modifiche di tipo legislativo, ma voglio anche ringraziare in questa sede e pubblicamente il collega Vignale per il lavoro fatto e sul prodotto che qui ha presentato, su cui possiamo confrontarci.
Voglio porre alcuni accenti sui poteri che ha la Giunta regionale direi in modo discrezionale, perché non si cita quasi mai, anzi mai, il Consiglio regionale o le Commissioni competenti. Sottolineo questo, perch chiederò ai colleghi di non tagliarci completamente fuori di tutta la procedura che quest'autorizzazione ed accreditamento dei soggetti operanti nel mercato del lavoro regionale rischia di porre, penalizzandoci, nei confronti del Consiglio regionale.
Chiederò che, ogni qualvolta ci siano le parole "Giunta regionale", si aggiungano le parole "sentita la Commissione consiliare competente" o perlomeno "informata la Commissione consiliare competente". Mi sembra assolutamente legittimo da parte nostra richiedere un'informativa formale sulla quale possiamo anche chiedere un'audizione degli Assessori. E sono tantissimi i casi in cui ci sono le parole "la Giunta", ad esempio nell'articolo 6 e perfino nell'articolo 8 bis presentato dai colleghi Pichetto e Vignale, nel quale si citano alcuni dei poteri che correttamente la Giunta deve espletare. Però mi pare assolutamente legittimo da parte nostra chiedere, se non in qualche caso addirittura un parere ed un passaggio in Commissione, almeno un'informativa certa, con comunicazioni certe e quindi con la possibilità, da parte dei commissari della Commissione competente, della richiesta di un'eventuale audizione per ulteriori delucidazioni in materia.
Nell'impianto generale il nostro giudizio non è negativo. Abbiamo trovato delle positività che andiamo ad affrontare articolo per articolo.
In particolare, nelle finalità dell'articolo 1 non abbiamo quasi nulla da dire, anche se è stata presentata una nota a margine su cui si vuole avere una maggiore chiarificazione, ma troviamo che le finalità siano abbastanza chiare, anche perché alla fin fine riprendono totalmente, di fatto, una normativa nazionale, la n. 276/2003.
Per quanto riguarda i principi sull'articolo 2, effettivamente qualche passaggio è un po' ridondante e addirittura riteniamo che debba essere in qualche caso ampliata la garanzia a tutela dei lavoratori. Faccio un esempio molto banale per aiutare i colleghi in questa complessa presentazione dell'articolato. Nell'articolo 2, comma 2, punto b), quando ad un certo punto si dice che "per favorire interazione tra gli operatori pubblici e gli operatori privati accreditati attraverso la creazione e il governo della rete regionale ai servizi al lavoro per evitare il rischio di eccessiva frammentazione dei servizi", io chiedo perché è eccessiva.
La frammentazione va evitata. Quand'è che una frammentazione è eccessiva? O si evita o non si evita; se la frammentazione non è da auspicare, a questo punto si evita che la frammentazione fino ad un certo punto venga ritenuta possibile, oltre un certo punto ritenuta eccessiva.
Cioè cosa vuol dire normare con questi termini un testo di legge regionale? Vuol dire fare una cosa assolutamente pleonastica.
Togliamo la parola "eccessiva". La frammentazione va evitata, va condannata, perché altrimenti nessuno potrà mai dire quando è eccessiva o quando non è eccessiva. Si fa una media nazionale per capire quando la frammentazione è eccessiva? Chiedo di non usare parole particolarmente difficili da comprendere.
Non voglio rubare altro tempo prezioso a quest'Assemblea, che questa mattina l'ha impiegato ottimamente su uno dei punti all'o.d.g.
Voglio chiedere a quest'Assemblea un confronto ampio e franco soprattutto su tutto l'articolato e sui vari punti che vengono presentati precisando che non ci sono volontà nefande di tipo ostativo al provvedimento che, per quanto riguarda il nostro Gruppo, in questo momento incassa un parere favorevole di massima.



PRESIDENTE

Non essendoci altri interventi, la parola all'Assessore Migliasso per la replica.



MIGLIASSO Teresa Angela, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente.
Cercherò di essere piuttosto rapida per non fare stramazzare nessuno e francamente, per non stramazzare nemmeno io, perché la giornata, come credo per tutti, sia stata molto pesante.
Davvero non come atto dovuto, ma sinceramente voglio ringraziare tutti i Consiglieri che sono intervenuti durante la discussione, che ha visto l'apporto di ciascuno. Anche se molte delle cose che sono state dette non sono da me condivisibili, credo che i colleghi abbiano dimostrato la voglia di entrare nel merito.
Dal punto di vista di un Assessore che presenta un disegno di legge in Commissione che poi approda all'Aula, non può che fare piacere la tenuta in considerazione del disegno di legge stesso e, quindi, la voglia di misurarsi concretamente. Ringrazio i Consiglieri di maggioranza e opposizione che hanno ritenuto di dover intervenire. Così come voglio rivolgere un ringraziamento non formale al Presidente e a tutti i Commissari della VII Commissione che, con gran celerità, hanno affrontato la questione, pur approfondendo la discussione in Commissione. Ringrazio anche il relatore per l'esauriente e completa esposizione.
Da parte mia solo alcune brevissime considerazioni.
chiaro che questo non è un disegno di legge che ha l'obiettivo di sostituirsi a ciò che ci dovrà essere domani o che non c'è ancora a livello nazionale, cioè un sistema d'attività e prestazioni che permettano davvero per le lavoratrici e i lavoratori, di accedere sul mercato del lavoro quanto più possibile a forme di lavoro stabilizzato. Questo credo sia l'interesse delle persone, ma anche l'interesse della nostra economia.
Ricordo che intervenendo stamattina in risposta ad un'interpellanza, si ragionava su questi argomenti.
Ampie trasformazioni della strumentazione a disposizione della collettività piemontese, oltre che della collettività nazionale, potranno e dovranno essere rappresentate da una discussione, che mi auguro anch'essa ampia e corale, su un testo di legge, che sarà il Testo Unico della legislazione sul lavoro della Regione Piemonte , nonché da una legislazione sul lavoro a livello nazionale.
Con la nuova legislazione, vi è la necessità di un'organicità d'approccio da parte del Governo che consenta, una volta per tutte, di porre mano alla riforma degli ammortizzatori sociali e metta in campo tutte quelle buone pratiche che faranno sì che la flessibilità non sia la precarietà, o prevalentemente vissuta come precarietà, ma sia buon strumento a disposizione delle imprese e del mondo del lavoro, anche delle lavoratrici e dei lavoratori, che la potranno usare per i propri progetti di vita. Questa flessibilità servirà ad aumentare la competitività delle imprese e non sarà solo uno strumento, come in parte è stato fatto, per diminuire il costo del lavoro. Sono questioni che si stanno discutendo e che discuteremo a livello nazionale nei prossimi mesi.
Questo disegno di legge si limita a prendere atto della necessità di applicare due articoli della più vasta legge Biagi e del decreto legislativo n. 276, andando a regolamentare ciò che oggi già esiste e che ha bisogno di essere regolamentato. Ci sono soggetti che operano già e sono autorizzati a livello nazionale (sono i grandi, che conosciamo tutti, di cui non voglio fare i nomi), ma ce ne sono altri che attendono un'autorizzazione regionale e attendono tutti l'accreditamento per poter entrare in sinergia e in relazione anche con i centri per l'impiego pubblici per accedere, sulla base di accordi che si stabiliranno con le Province, ai finanziamenti pubblici che le varie leggi mettono a disposizione.
Ho voluto dire questo perché non assegno un valore taumaturgico, come hanno sottolineato alcuni Consiglieri, a questo disegno di legge. Disegno di legge che contiene obiettivi di tutto rispetto, ma sono altra cosa da un disegno di legge di politiche attive per il lavoro e dalla riforma degli ammortizzatori sociali. Saranno poi le politiche, che saremo capaci di mettere in campo, che faranno la vera differenza rispetto alla precarizzazione, rispetto alla flessibilità, rispetto alla stabilità del posto di lavoro. Su questo avremo la possibilità di misurarci con il disegno di legge sul testo unico, con le indicazioni che arrivano dall'Unione Europea e anche con i fondi dell'Unione Europea nel momento in cui elaboreremo i piani operativi regionali sul fondo sociale europeo e anche sul FESR. Saranno queste occasioni per discutere delle politiche e delle azioni da fare per stabilizzare e per rendere flessibile, in modo giusto, il mercato del lavoro, per dare garanzie ai giovani che vedono la questione della precarietà come un'angoscia permanente e come un qualcosa che pregiudica il loro futuro e non li responsabilizza.
L'ultima cosa che volevo dire riguarda il merito della legge. Ho letto sia pure rapidamente, più rapidamente degli altri, gli ultimi emendamenti presentati. Dirò in seguito, di volta in volta, quando il Presidente mi chiederà di esprimere il parere, come intenderò comportarmi sui vari emendamenti. Volevo soltanto dire, soprattutto al Consigliere Rossi che ne ha parlato diffusamente, che è all'attenzione della Commissione, come il Consigliere certamente saprà, tutta la documentazione raccolta con la ricogni zione effettuata dagli uffici per il rinnovo della Commissione regionale per l'impiego, che è da troppo tempo in prorogatio, quindi ci misureremo in merito nelle prossime settimane. Prego di considerare che nel disegno di legge è sempre detto "comparativamente rappresentativi", perché così dice la legge.
Vorrei anche sottolineare che la Commissione regionale per l'impiego e il Comitato al Lavoro non sono organismi che ci siamo inventati con questo disegno di legge, come peraltro il Consigliere Rossi sa benissimo, ma sono organismi di concertazione previsti per legge, precisamente dalla legge n.
41, legge quadro che in questo momento governa gran parte delle politiche del lavoro della Regione Piemonte.
Mi fermo qui, altrimenti andremmo avanti a lungo. Ringrazio sentitamente tutti i Consiglieri che sono intervenuti. Ci misureremo maggiormente nel merito nel momento in cui affronteremo i singoli articoli e i relativi emendamenti.
Grazie.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ricordo che domani la Conferenza dei Capigruppo è convocata per le ore 14.15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.15)



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