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Dettaglio seduta n.53 del 24/05/76 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


SANLORENZODINO


Argomento:

Ordine del giorno della seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I Consiglieri hanno ricevuto l'ordine del giorno che reca: Approvazione verbali precedenti sedute. Interpellanze ed interrogazioni.
Comunicazioni del Presidente.
Sostituzione Assessore Lucio Libertini ai sensi dell'art. 35 dello Statuto.
Esame progetti di legge n. 82 bis e 83 relativi ad interventi regionali per favorire il diritto allo studio (Relatore di maggioranza Ariotti Relatore di minoranza Soldano).
Esame disegno di legge n. 87 "Istituzione della Azienda Autonoma regionale della tenuta La Mandria" (Relatore Calsolaro).
Esame disegno di legge n. 37 "Norme conferimento incarichi ai sensi dell'art. 81 dello Statuto" Esame disegno di legge n. 65 "Compensi ai componenti di Commissioni Consigli, Comitati e Collegi operanti presso l'Amministrazione regionale" Consiglio di Amministrazione dell'IRES: sostituzione componente dimissionario Art. 1 legge 7.8.1971 n. 685. Comitato Tecnico regionale per il Piemonte della Cassa per il credito delle imprese artigiane : sostituzione del rappresentante della Regione, con funzioni di Presidente.
Esame rendiconto delle spese del Consiglio regionale per l'anno 1975 presentato dall'Ufficio di Presidenza.
I Consiglieri hanno poi certamente ricevuto una prima raccomandata espresso che contiene la proposta di esaminare, nel corso delle sedute, il disegno di legge n. 80 "Istituzione dei servizi di mensa per il personale regionale" e il disegno di legge n. 81 "Trattamento economico di missione per il personale dell'Amministrazione regionale".
Infine, con un telegramma successivo è stata comunicata l'intenzione di esaminare la delibera della Giunta regionale n. 95/2657 relativa alla "Autorizzazione a rilasciare alle Mutue il mod. E 112 valido per ottenere nei Paesi della CEE, il ricovero ospedaliero in forma diretta, secondo la legislazione dello Stato in cui si trova il presidio terapeutico".
In una riunione di Capigruppo è stata raggiunta l'intesa, per far sì che il maggior numero di punti iscritti all'ordine del giorno possano essere sviluppati e trattati nelle due sedute, di rinviare a domani il punto riguardante "Interpellanze e interrogazioni" così da iniziare subito l'esame del disegno di legge su cui si presume vi sarà un'ampia discussione; successivamente si passerà agli altri disegni di legge, alcuni dei quali sono molto urgenti e hanno scadenze di altro genere che non quella decisa da noi nella riunione dei Capigruppo.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Approvazione verbali precedenti sedute. I processi verbali delle adunanze 27, 28 e 29 aprile e 6 a 8 maggio 1976 sono stati trasmessi per posta ai singoli Consiglieri. Se non vi sono obiezioni si ritengono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Comunicazioni del Presidente.


Argomento: Protezione civile

a) Attività svolta dal Comitato regionale per il coordinamento dei soccorsi ai terremotati del Friuli


PRESIDENTE

Desidero riferire brevemente circa l'attività del Comitato di coordinamento costituito durante l'ultima seduta consiliare per le iniziative a favore del Friuli.
Il Comitato, insediatosi nella sede del Consiglio regionale, ha iniziato i suoi lavori fin dalla mattinata di domenica 9, lavori che sono proseguiti interrottamente nei giorni successivi.
Già nella serata di lunedì 10 maggio è stato possibile redigere un primo resoconto di quanto s'era raccolto e prontamente inviato in Friuli.
Martedì 11 il Comitato di coordinamento ha convocato le massime autorità civili, militari e religiose della regione, rappresentanti di Comuni, dei lavoratori, dei friulani emigrati in Piemonte, per fare il punto sui mezzi di soccorso, su ciò che era stato fatto e per fissare le linee di azione di ciò che si doveva fare, per arrivare ad un coordinamento effettivo che non si esaurisse in pochi giorni, ma che stabilisse un collegamento organico con le popolazioni, con le Amministrazioni comunali con la Regione Friuli-Venezia Giulia per la ricostruzione dei loro Comuni delle loro attività produttive, del loro livello di vita.
Sono stati inviati nel Friuli, per mezzo di diverse autocolonne organizzate dal Comitato stesso, complessivi 30 autocarri. Il carico di quegli automezzi comprendeva: tende attrezzate, utensili da carpenteria generatori di corrente, capannoni prefabbricati, acqua minerale, articoli sanitari, ecc.
Intanto veniva aperto un conto corrente sul quale convogliare il denaro raccolto per mezzo di sottoscrizioni ed iniziative diverse dai Comuni e dagli altri Enti locali, nonché dai privati cittadini.
L'Assessorato all'assistenza della Regione è stato investito del compito di vagliare le offerte di prestazioni volontarie da parte di maestre d' asilo, di infermieri e personale specializzato nonché le offerte di ospitalità.
Funzionari della Regione inviati nel Friuli hanno provveduto, in base all'indicazione del Commissario straordinario del Governo, allo smaltimento del materiale a disposizione e a mantenere i contatti con i Comuni del Centro operativo di S. Daniele affidati alla Regione Piemonte e con il Comune di Tarcento.
Una delegazione del Comitato ha visitato nella giornata di sabato 15 maggio le zone colpite dal sisma.
La delegazione era composta,oltre che dal Presidente del Consiglio regionale, dal Vice Presidente Bellomo, dall'Assessore all'assistenza Vecchione, in rappresentanza della Giunta e dal Consigliere Colombino, da funzionari regionali e da alcuni rappresentanti delle organizzazioni che hanno elaborato progetti operativi o messo a disposizione materiali e aiuti per i terremotati.
Gli incontri si sono effettuati separatamente col Presidente del Consiglio regionale del Friuli, Pittoni, col Presidente della Giunta regionale, Comelli, ad Udine.
Successivamente la delegazione si è recata in visita ad alcuni dei paesi più gravemente colpiti, giungendo poi a San Daniele del Friuli, dove si è svolta una riunione con i Sindaci dei Comuni di San Daniele, di Riva d'Arcano, di Dignano, di Folgaria e di Ragogna, che fanno parte di uno dei Centri operativi in cui è stata divisa la zona terremotata.
Alla riunione ha partecipato anche il Ministro Cossiga, e questo ha permesso di confrontare gli orientamenti e le decisioni del Governo con gli orientamenti del Comitato dei Comuni coordinati da quello di San Daniele con i progetti che la delegazione piemontese ha presentato all'esame e al giudizio delle Autorità locali.
La delegazione si è quindi recata al Comune di Tarcento e ha tenuto una riunione con tutti i Sindaci dei Comuni che fanno capo a questo secondo centro operativo.
E' stata in quella sede discussa la proposta che la Regione Piemonte oltre ad assicurare il patrocinio degli aiuti alla zona di San Daniele possa intervenire nel breve e medio periodo all'opera di ricostruzione del Comune di Tarcento, che è certamente fra i più colpiti nelle strutture abitative delle zone terremotate, soprattutto per quanto riguarda la inabilità temporanea o definitiva delle case che pur sono rimaste in piedi ma che presentano quasi tutte gravi lesioni.
Successivamente la delegazione ha poi consegnato al Presidente del Consiglio Pittoni, un primo assegno di 70 milioni, che risulta essere un acconto dei contributi che la Regione e gli Enti locali del Piemonte hanno cominciato a raccogliere o a stanziare per quell'azione di lungo periodo che è stato ribadito deve costituire la linea di condotta delle Regioni e delle Autonomie locali nell'opera di ricostruzione delle zone terremotate del Friuli.
Successivamente in data 18 maggio è partito per il Centro operativo di San Daniele un gruppo autosufficiente composto di 8 maestre d'asilo con specializzazione sanitaria che si occupano dei bambini dei cinque Comuni del Centro operativo. Sono altresì partite per il Centro operativo di San Daniele 2 ruspe con gli addetti alla loro conduzione. Sono inviate dalla Regione Piemonte e collaboreranno all'attività di sgombero delle macerie.
Il 20 maggio è partito un gruppo autosufficiente composto da 5 ingegneri civili per accertare, su richiesta del Centro operativo di San Daniele, le condizioni di abitabilità degli edifici di Forgaria soprattutto al fine di individuare eventuali edifici recuperabili da destinare a sede dei principali servizi sociali di quel Comune.
La Lega delle Cooperative e la Regione Piemonte stanno organizzando a San Daniele un campo-base per ospitare tecnici, funzionari e personale volontario che collabora con il Centro operativo di San Daniele. Martedì il campo-base entrerà in funzione. I tecnici colà inviati saranno utilizzati ai fine di sistemare le abitazioni che sembrano recuperabili.
Da segnalare anche che parte dei fondi raccolti con la sottoscrizione aperta dal quotidiano "La Stampa" sono stati destinati, in accordo con il Consiglio regionale, ai Comuni del centro operativo di San Daniele e al Comune di Tarcento.
Un'iniziativa particolare è stata presa direttamente dal Comitato utilizzando un suggerimento di alcuni pittori: l'organizzazione nella sede di Palazzo Lascaris di una grande mostra- mercato d'arte per la raccolta di fondi ai fini della ricostruzione delle terre terremotate del Friuli, come segno di attività partecipazione della cultura piemontese.
E' stato rivolto in tal senso un appello a tutti gli artisti, alle loro organizzazioni, alle strutture del mercato d'arte affinché contribuiscano alla migliore riuscita dell'iniziativa che deve significare la più concreta e valida dimostrazione del rapporto reale tra arte e società civile.
La Mostra verrà inaugurata il 31 maggio e resterà aperta fino al 17 giugno.
Ci ripromettiamo, da questa Mostra, di ricavare altri fondi che permettano di finanziare altre opere oltre quelle che sono state avviate in Friuli.


Argomento: Varie

b) Messaggio di ringraziamento di Bernard Leighton


PRESIDENTE

Il Consiglio Regionale del Piemonte ha ricevuto da parte di Bernardo e Anita Leighton un messaggio di ringraziamento per tutti coloro che avevano manifestato la loro solidarietà in occasione dell'attentato di cui rimasero vittime.
Nel suo messaggio fra l'altro Leighton dichiara "I messaggi inviatici dalle persone più diverse dimostrano tutti la volontà di abbandonare la violenza e di ritornare alla giustizia, alla libertà e alla pace, specie all'interno della nostra amata patria.
Lo stesso spirito che è sorto e cresce nel nostro Cile vive in altri popoli di questo tempo, in migliaia di democratici, progressisti e cristiani d'Europa, compresa la Spagna, e di paesi dell'America, che ogni giorno rafforzano la sua democrazia e la sua indipendenza nazionale.
Noi vi ringraziamo tutti dal profondo del nostro cuore, continuando a sperare nel mondo di oggi che prepara la via a quello futuro".


Argomento:

b) Messaggio di ringraziamento di Bernard Leighton

Argomento:

c) Calendario dei lavori del Consiglio


PRESIDENTE

Comunico inoltre il calendario dei lavori del Consiglio.
Il giorno 17 maggio si è riunita la Conferenza dei Presidenti ed ha tra l'altro, stabilito le date delle prossime riunioni del Consiglio regionale. Secondo quanto concordato, il Consiglio si riunirà nei giorni 31 maggio, 7 e 8 giugno, 14 giugno.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

d) Regolamentazione dell'accesso del pubblico nei locali adiacenti l'aula consiliare


PRESIDENTE

E' stato deciso di regolamentare l'accesso al pubblico durante le sedute consiliari mediante la distribuzione di appositi tesserini che consentano l'accesso all'aula solo ai giornalisti e ai funzionari regionali addetti e che permettano ai rappresentanti delle forze politiche di accedere ai locali adiacenti.
Da oggi, pure a titolo sperimentale, ha inizio questa nuova regolamentazione.


Argomento: Gruppi consiliari

e) Nuovi Presidenti di Gruppi consiliari


PRESIDENTE

Informo che il Consigliere Bontempi è stato nominato Presidente del Gruppo P.C.I. e la dottoressa Castagnone Vaccarino Presidente del Gruppo P.R.I.
Sostituiscono in tale incarico rispettivamente i Consiglieri Berti e Robaldo, dimissionari.


Argomento:

e) Nuovi Presidenti di Gruppi consiliari

Argomento:

f) Congedi


PRESIDENTE

Infine comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Franzi Menozzi, Oberto Tarena e Debenedetti.


Argomento:

f) Congedi

Argomento:

g) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: proposta di legge n. 94: "Istituzione del Difensore Civico" presentata dal Consigliere Carazzoni in data 7 maggio 1976 Proposta di legge n. 95: "Istituzione dell'assessorato per la condizione della donna", presentata dal Consigliere Carazzoni in data 18 maggio 1976 Disegno di legge n. 96: "Trasferimento all' esercizio 1976 di stanziamenti di spesa in conto capitale autorizzati sugli esercizi 1974 e 1975 da leggi regionali in materia di agricoltura e foreste", presentato dalla Giunta Regionale in data 20 maggio 1976 Disegno di legge generale regionale sui trasporti e viabilità, n. 97 presentato dalla Giunta regionale in data 20 maggio 1976.


Argomento:

g) Presentazione progetti di legge

Argomento:

h) Ritiro disegno di legge


PRESIDENTE

E' stato ritirato il disegno di legge n. 37: "Norme conferimento incarichi ai sensi dell'art. 81 dello Statuto" da parte della Giunta Regionale in data 20 maggio 1976.


Argomento:

h) Ritiro disegno di legge

Argomento:

i) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

E' stato apposto il visto, da parte del Commissario del Governo: alla legge regionale 14/4/1976: "Finanziamenti integrativi a favore delle cooperative a proprietà indivisa" alla legge regionale 14/4/1976: "Acquisizione o risanamento di complessi residenziali di interesse storico o culturale".
Vi sono richieste di parola? La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Ho sentito che sarebbe stato ritirato un disegno di legge che dovrebbe venire in discussione domani e per il quale è già stata presentata la relazione del collega Besate, quella sul conferimento degli incarichi, a meno che io non abbia capito bene.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

La Giunta ha ritirato questo disegno di legge perché nella legge relativa al personale vi saranno delle previsioni circa il conferimento degli incarichi, in quanto si ritiene di utilizzare al massimo il personale interno della Regione e di determinare rigorosamente i limiti in cui possono essere conferiti degli incarichi esterni. Questo per non dover presentare nuovi disegni di legge o innovazioni che troverebbero invece entro 3/4 mesi, una soluzione con le strutture di prossima attuazione.



CALSOLARO Corrado

Infatti nella relazione del collega Besate si faceva proprio riferimento alla legge sulle strutture.



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di chiarimenti? Non ve ne sono.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Sostituzione Assessore Lucio Libertini ai sensi dell'art. 35 dello Statuto


PRESIDENTE

Passiamo allora al punto quarto dell'o.d.g. "Sostituzione Assessore Lucio Libertini ai sensi dell'art. 35 dello Statuto".
La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Già ho comunicato ai Presidenti dei Gruppi la nomina a Vice Presidente dell'Assessore Bajardi. Ne faccio oggi comunicazione doverosa al Consiglio.



PRESIDENTE

Vi leggo allora la parte dello Statuto che interessa le dimissioni dell'Assessore Libertini: Art. 35 - Dimissioni di membri della Giunta Le dimissioni o la decadenza del Presidente o della maggioranza degli Assessori comportano le dimissioni dell'intera Giunta.
Nel caso di dimissioni o di decadenza di uno o più Assessori fino alla metà dei componenti la Giunta, il Presidente della medesima ne propone la sostituzione al Consiglio, che vi provvede per appello nominale con le modalità previste per l'elezione della Giunta.
Le dimissioni da membri della Giunta sono presentate al Presidente della Giunta, il quale le comunica al Presidente del Consiglio regionale.
Prima della presa d'atto da parte del Consiglio, le dimissioni possono sempre essere ritirate.
Qualora il Presidente della Giunta e la Giunta abbiano rassegnato le dimissioni, il Consiglio non può deliberare su alcun altro oggetto prima dell'elezione del nuovo Presidente e della nuova Giunta.
In caso di vacanza della Giunta, il Consiglio deve essere convocato entro quindici giorni per la nuova elezione.
La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

La Giunta ritiene di proporre per la sostituzione il Consigliere Alasia.
I signori Consiglieri conoscono tutti il compagno Alasia per la lunga milizia politica, per la sua costante partecipazione ai problemi del mondo del lavoro, per essere stato egli stesso autore di importanti pubblicazioni su questa materia e in materia di sociologia. Quindi la Giunta ritiene che abbia ben meritato di essere designato al posto di Assessore al Lavoro all'Industria ed all'Artigianato.



PRESIDENTE

Vi sono richieste di parola? Non ve ne sono, si passa alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico i risultati della votazione per la sostituzione dell'Assessore Lucio Libertini: presenti e votanti 47 ha riportato voti 30 Alasia Giovanni si sono astenuti 17 Proclamo eletto Assessore il Consigliere Alasia e lo invito a prendere posto nei banchi della Giunta.
C'è il problema dell'immediata esecutività che dobbiamo esaminare, per è indispensabile la maggioranza assoluta. E' evidente che con 30 non c'è ma vorrei sentire in merito il Capogruppo Bianchi.



BIANCHI Adriano

Noi non abbiamo ovviamente votato per la nomina di Assessore del Consigliere Alasia, che peraltro stimiamo sul piano personale e della cui serietà siamo consapevoli anche in via del tutto autonoma, ma non intendiamo assolutamente esercitare il nostro ruolo di opposizione nel momento in cui sono investiti dei problemi anche istituzionali, nel senso che l'incarico che viene attribuito al Consigliere Alasia è di tale rilevanza operativa in un momento così delicato, che anche per lo svolgimento del ruolo dei rapporti tra maggioranza e opposizione crediamo che sia giusto, opportuno, necessario che egli venga investito immediatamente delle sue funzioni.
Per questa duplice ragione quindi: perché non spostiamo l'azione di opposizione a questo livello, e perché nel contesto, nelle circostanze attuali vi è obiettiva esigenza che le istituzioni, specie là dove oggi si affrontano giornalmente le controversie del lavoro, le situazioni delle aziende in crisi che sappiamo passano in buon numero alla responsabilità del nuovo Assessore, pur restando ferma la responsabilità globale della Giunta; affinché svolga immediatamente la sua funzione, noi voteremo per l'immediata esecutività della norma.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vaccarino.



CASTAGNONE Aurelia

Mi associo alle dichiarazioni del Capogruppo DC e desidero esprimere anche a nome del Gruppo repubblicano, la stima per il Consigliere neo Assessore Alasia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

E' vero che avendo il Presidente del Consiglio acquisito il sì del Gruppo che più gli stava a cuore; le altre dichiarazioni di voto hanno poco significato, ma è chiaro che votiamo sì all'immediatezza dell'esecutività della delibera.
Possiamo dire, se posso esprimere un'opinione di carattere personale che questa volta nella scelta del Consigliere Alasia la Giunta ha realmente applicato il motto "right-man in right-piace".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

L'esigenza comune a tutti che la Giunta possa riprendere al più presto se non oggi stesso, la sua piena operatività, ci induce a votare a favore.



PRESIDENTE

Vi sono altre dichiarazioni? Ringraziando tutti i Capigruppo dello spirito con cui sono intervenuti permettendo alla Giunta di funzionare nella piena efficacia e titolarietà mettiamo in votazione l'immediata esecutività della nomina.
Chi è d'accordo alzi la mano.
E' approvata all'unanimità. Invitiamo pertanto il neo Assessore Alasia a prendere posto nei banchi della Giunta, con tutti gli auguri del Consiglio.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Esame progetti di legge n. 82 bis e 83 relativi agli interventi regionali per favorire il diritto allo studio


PRESIDENTE

Il punto quinto all'o.d.g. reca: "Esame progetti di legge n. 82 bis e n. 83 relativi agli interventi regionali per favorire il diritto allo studio" Ci sono due relatori: di maggioranza la professoressa Ariotti e di minoranza la professoressa Soldano.
Ha la parola la collega Ariotti che svilupperà la relazione a nome della maggioranza.



ARIOTTI Anna Maria, relatore

Signor Presidente, Signori Consiglieri, il d.d.1. 82 bis "Interventi regionali per favorire l'esercizio del diritto allo studio" che viene sottoposto all'esame e all'approvazione del Consiglio regionale rappresenta la traduzione in sede legislativa della volontà di qualificare l'intervento della Regione nel campo del diritto allo studio, in una reale prospettiva di superamento del tradizionale concetto di assistenza scolastica.
La Giunta ha operato in questa direzione, sia accogliendo le richieste di base di quel vasto movimento democratico di riforma della scuola che da anni porta avanti sotto angolature diverse, l'esigenza di un nuovo modello di struttura scolastica da attuare in un organico processo di interazione di tutti gli elementi che compongono il tessuto sociale, sia interpretando i bisogni di larghi strati di persone che non accettano più la dimensione assistenziale, e per la raggiunta coscienza di essere cittadini soggetti di diritti, e per la chiara consapevolezza che garantire effettivamente il diritto allo studio significa realizzare interventi più giusti, razionali ed efficaci: quella rete cioè di servizi sociali (trasporti, mense, tempo pieno, attività integrative, ecc.) che assicura una reale possibilità di sviluppo per la persona umana e che risponda ad una delle più sentite ed urgenti esigenze della comunità piemontese.
Per muoversi in questa direzione la Giunta ha utilizzato un quadro legislativo che fa riferimento non solo all'art. 117 della Costituzione che riserva alle Regioni l'assistenza scolastica, e al D.P.R. 14/1/72, n. 3 che trasferisce alle Regioni le funzioni amministrative in materia di assistenza scolastica, ma anche all'articolo 4 dello Statuto : " La Regione opera per realizzare le condizioni atte a rendere effettivo il diritto allo studio" e i vari documenti elaborati dal Consiglio regionale in senso sostanzialmente unitario come le "Osservazioni del Consiglio della Regione Piemonte allo schema di Decreto Delegato concernente il trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza scolastica, musei e biblioteche di Enti locali" in cui si sottolinea "la necessità di sostituire al concetto di assistenza scolastica quello di diritto allo studio"e soprattutto alla legge 22 luglio '75 n. 382 che prevede il trasferimento delle funzioni amministrative per "settori organici" comprendendo quindi "funzioni affini strumentali e complementari" in modo da assicurare alle Regioni gli strumenti per una "disciplina e gestione sistematica e programmata delle attribuzioni ad esse spettanti per il territorio e il corpo sociale".
D'altra parte la gestione ormai biennale della legge n. 27 del 2/9/74 "Norme in materia di assistenza scolastica in favore degli alunni delle scuole materne e dell'obbligo" modificata con la n. 39 del 4/6/75 ha permesso un primo bilancio degli interventi attuati. L'analisi delle difficoltà emerse dalla gestione della legge 27, che pure ha rappresentato un momento importante per l'avvio del diritto allo studio ha suggerito alla Giunta di impostare un nuovo disegno di legge, il d.d.l. n. 82 che, tenendo conto delle esperienze maturate nella fase precedente, fosse attento alle nuove articolazioni territoriali che si stanno delineando nell'ambito della regione: comprensori, U.L.S., quartieri, distretti per ricomprendere anche questo settore in una politica rispondente alle linee programmatiche generali proposte dalla Giunta, tra cui principalmente l'istituzione e il potenziamento dei servizi sociali, la loro razionalizzazione, l'attuazione del riequilibrio territoriale, la realizzazione di una diversa qualità di vita.
Quanti (enti locali e organismi scolastici) hanno partecipato alla gestione della legge n. 27 ne hanno potuto constatare le disfunzioni, a cui si deve imputare la ridotta efficacia della spesa regionale, che pure ha superato per il solo 1975 i 13 miliardi complessivi. Ma è proprio dal puntuale confronto con la legge 27 che si possono meglio chiarire i criteri direttivi che hanno ispirato il d.d.l. della Giunta: 1) la legge 27 comporta una frantumazione degli interventi previsti, a causa di una delega parziale data ai Comuni e dell'affidamento di compiti a Distretti, Consigli di Circolo e Consigli di Istituto; la nuova legge attribuisce una delega organica agli Enti locali, Comuni e loro aggregazioni per ricomporre, sulla base di una gestione unitaria, tutti i settori di intervento (alla luce anche delle possibilità offerte dalla legge 382) e tentare così una vera programmazione in grado di evitare la polverizzazione della spesa e quindi di realizzare, da un punto di vista sia qualitativo sia quantitativo, un migliore utilizzo delle scarse risorse di cui la Regione dispone. Occorre cioè che la pluralità delle forze interessate a questo settore non agiscano in ambiti separati ma trovino un punto di aggregazione: esso è stato individuato nell'Ente locale.
2) Il rapporto diretto tra Giunta e scuole, che la legge 27 sancisce costringe la Regione all' esercizio di massicce funzioni amministrative e ad un grave accentramento burocratico. Infatti, non avendo a disposizione strumenti conoscitivi adeguati, la Regione è costretta a distribuire le risorse o con interventi "a pioggia" o con l'assunzione di criteri rigidi in ogni caso, senza conoscere il reale fabbisogno delle singole scuole e con conseguenti gravi sperequazioni lamentate tra scuola e scuola; tale difficoltà è superata attraverso il decentramento dell'esercizio delle funzioni amministrative agli Enti locali (Comuni, Comunità montane Consorzi di Comuni) che attuano un primo momento di aggregazione dei bisogni della comunità, con una conoscenza più diretta dei problemi e rendendo possibile una partecipazione effettiva delle forze interessate al settore: gli organi collegiali, che nel rapporto diretto con l'Ente locale trovano la possibilità di confrontarsi fra loro e con le esigenze più ampie della società, evitando il rischio, già riscontrato, di chiudersi in se stessi, di isolarsi, di isterilirsi.
Si è voluto realizzare non solo una maggiore efficienza e razionalità dei servizi, ma anche favorire, contemplandolo in un articolato di legge quel rapporto di transazione tra scuola e società che tutta la migliore pedagogia auspica, e che è proprio il fine a cui tendono gli organi collegiali.
3) Mentre la legge 27, rispecchiando la realtà in cui è nata stabilisce interventi a favore di Comuni singoli senza individuare aree di aggregazione e articolazioni di decentramento e senza prevedere incentivi con la legge 82 si vuole incentivare i Comuni a consorziarsi secondo criteri conformi alla divisione del territorio regionale che si va strutturando, per gestire i servizi con un più alto grado di partecipazione democratica e con maggiore funzionalità ed economicità. Così per le mense così per i trasporti dove, nel passato, le mancate intese tra Comuni hanno causato un elevato costo dei servizi.
4) Il Distretto scolastico, prima individuato come uno degli Enti gestori dell'assistenza scolastica, viene ora visto nella sua corretta dimensione di organismo di programmazione ed elaborazione di proposte ad alto livello di competenza.
5) La legge 27 distingue l'assistenza sanitaria scolastica delegata al Comune ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 marzo 1958 n. 261 e le attività relative all'assistenza sociale e medicopsico-pedagogica, affidata ai Distretti (e provvisoriamente ai Consigli di Istituto e di circolo). La legge 82 riunifica tutti i settori indicati nell'ambito della futura USL (e transitoriamente del Comune) per una gestione territoriale degli interventi nella ovvia constatazione che gli handicaps di cui i ragazzi soffrono sono il risultato di situazioni generali, curabili ed eliminabili non certamente nell'ambito della scuola, ma nel rapporto con la realtà familiare e sociale in cui i ragazzi vivono.
6) Si intende inoltre supplire alla mancanza di linee di politica scolastica e di criteri oggettivi di ripartizione della spesa attraverso individuazioni specifiche di priorità degli interventi e l' introduzione di standard minimi di spesa, lasciando margini di finanziamento a programmi validi.
7) Mentre la legge 27 contempla interventi a favore delle scuole statali e private, la legge 82 prevede interventi a favore della scuoia statale o degli Enti locali territoriali fatta eccezione delle scuole materne private, sulla base di apposite convenzioni.
8) La legge 82 privilegia chiaramente l'erogazione di servizi sociali rispetto ai contributi in denaro (in questa prospettiva va l'abolizione delle borse di studio) e, pur estendendo i servizi alle scuole secondarie superiori e ai corsi sperimentali per i lavoratori, individua interventi prioritari negli ordini di scuola delle materne e dell' obbligo e nei seguenti campi: trasporti, mense, materiale didattico.
Il d.d.l. n. 82 ha voluto essere, nell'intenzione della Giunta, un progetto "aperto" alla collaborazione concreta della comunità piemontese chiamata, attraverso ampie e numerose consultazioni, a partecipare all'esame, all'approfondimento alla chiarificazione e alle eventuali modificazioni del testo.
Anche l'esame parallelo del d.d.l. 82 con il progetto di legge numero 83 presentato dal Gruppo DC ha permesso ulteriori arricchimenti e precisazioni della materia.
Dal confronto con i rappresentanti delle amministrazioni locali, degli organi collegiali, delle organizzazioni sindacali, delle scuole private, di associazioni culturali e religiose sono scaturite osservazioni critiche e suggerimenti che solo la ricchezza e la varietà delle situazioni specifiche poteva offrire.
La Giunta, tenendo conto delle proposte avanzate nel corso delle consultazioni e del dibattito avvenuto nell'ambito della 3" Commissione, ha ritenuto di articolare un nuovo progetto di legge, come logico sviluppo di quello precedente: Il d.d.l. 82 bis, ora all'esame del Consiglio, che presenta importanti elementi di novità, da sottolineare opportunamente: a) a diversità del d.d.l. 82 la delega è attribuita solo ai Comuni come centro organizzatore di tutte le attività che rendono possibile l'accesso alla scuola e la sua fruizione in termini più ampi e come momento essenziale del rapporto scuola-comunità, mentre alle aggregazioni sovracomunali è data la gestione delle funzioni delegate b) viene chiarito e sottolineato il ruolo dei Consigli di Circolo e di Istituto cui il Comune affida totalmente la gestione e l'amministrazione di fondi stanziati per il materiale didattico, e ai Consigli di Distretto cui nell'ambito della loro fondamentale funzione programmatoria, sono riconosciuti compiti specifici c) è semplificato e affinato il meccanismo di funzionamento della legge: la Regione si riserva unicamente il compito di ripartire le somme disponibili tra i 15 comprensori.
In coerenza con gli indirizzi generali dell'Amministrazione regionale che vede nel livello comprensoriale un'effettiva possibilità di partecipazione democratica e di capacità di programmazione, saranno i Comitati di Comprensorio a suddividere i fondi, relativi alle varie voci di spesa, agli enti territoriali , sulla base dei piani formulati dagli stessi enti delegati, di concerto con gli organi collegiali d) preso atto delle gravi carenze dei servizi pubblici, constatata l'impossibilità di incidere con interventi regionali se non marginalmente e in tempi lunghi, riconosciuto il valore di risposta ad una reale domanda sociale di alcune scuole private, mantenendo come prioritari gli interventi a favore degli allievi della scuola pubblica, sono stati precisati i criteri di estensione degli interventi regionali agli allievi frequentanti le scuole autorizzate pareggiate e legalmente riconosciute. Si differenziano, inoltre, le condizioni di erogazione per i suddetti allievi a seconda dei vari ordini dì scuola, ponendo, in ogni caso, due condizioni fondamentali: l'accettazione di un limite massimo delle rette stabilito dal Comune e la costituzione di organi collegiali secondo criteri analoghi a quelli previsti dal D P.R. 31 maggio 1974, n. 416.
La legge consta di 29 articoli:' Gli articoli 1 e 2 precisano le finalità della legge e il tipo di partecipazione previsto per la loro realizzazione.
Gli articoli 3-4-5-6 e 7 indicano gli interventi che, ai vari organi e gradi del sistema scolastico, la legge prevede siano effettuati dalla Regione e cioè servizi di trasporto, mensa e attività di carattere integrativo, assistenza medico-psico-pedagogica e forniture di libri e altro materiale didattico.
Gli articoli 8-9-10-11 e 12 regolano sia il conferimento sia l'esercizio delle deleghe.
L'articolo 15 prevede un incentivo per i Comuni che accettano di consorziarsi secondo l'articolazione territoriale prevista con legge regionale.
Le funzioni dei patronati sono delegate ai Comuni che ne potranno gratuitamente utilizzare le strutture (art. 16).
E' prevista l'assicurazione per la responsabilità di custodia a favore del personale della scuola (art. 17).
Gli articoli 18 e 19 regolano l'attività di vigilanza, mentre l'art. 20 regola le modalità e i tempi entro i quali richieste e piani devono essere presentati e i finanziamenti erogati, dando così vita ad un meccanismo semplice e capace di assicurare una reale verifica degli interventi.
Gli articoli 21-22-23 regolano le modalità contabili della spesa e i relativi capitoli di bilancio.
L'articolo 25 regola le funzioni attribuite direttamente alla Regione l'articolo 26 sopprime le borse di studio, l'articolo 27 impegna alle elezioni degli organi collegiali, secondo criteri analoghi a quelli previsti dal D.P.R. 31.5.74, n. 476, le scuole autorizzate pareggiate o legalmente riconosciute, che vogliono accedere ai contributi regionali l'articolo 28 regola le convenzioni tra scuole materne e i Comuni.
Là presente relazione è approvata a maggioranza.



BELLOMO EMILIO



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola alla collega Soldano, relatore di minoranza.



SOLDANO Albertina, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, la relazione illustrativa della proposta di legge regionale n. 83 presentata il 16 marzo u.s. dal Gruppo dei Consiglieri regionali D.C. su "Norme in materia di assistenza scolastica a favore degli alunni delle scuole materne, dell'obbligo e delle scuole medie di secondo grado ", in sede preliminare ha richiamato le norme giuridico-costituzionali concernenti il trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle funzioni amministrative statali della materia stessa.
Sulla base della documentazione acquisita agli atti della terza Commissione Consiliare permanente, a conclusione di un ampio lavoro di studio e approfondimento svolto durante la precedente legislatura e altresì nella constatazione delle esigenze oggi emergenti dalla realtà regionale si sono, in particolare, evidenziati i seguenti punti: a) la legge regionale 2 settembre 1974, n. 27 (modificata con legge regionale 4 giugno 1975, n. 39) risulta tuttora valida nello spirito informatore e nei contenuti, pur riscontrando la necessità di addivenire ad una opportuna razionalizzazione degli interventi in essa previsti, con l'estensione a favore degli alunni frequentanti la scuola secondaria superiore nonché i corsi per lavoratori.
Si prospetta quindi l'opportunità di compiere una revisione globale della legge stessa, dopo un'adeguata sperimentazione e nella previsione dell'attuazione sia dei comitati di comprensorio e delle unità locali dei servizi nell'ambito della suddivisione articolata del territorio regionale sia dei consigli di distretto scolastico nell'ambito del processo di partecipazione e di gestione democratica della scuola iniziato con la graduale applicazione della legge 30 luglio 1973, n. 477.
b) In considerazione della unitarietà del processo educativo-formativo quale elemento indispensabile al fine di garantire l'armonico sviluppo della personalità del ragazzo-alunno, è doveroso realizzare, in ogni momento del processo stesso, una intima connessione tra il "Diritto allo studio" (di competenza statale) e l' "assistenza scolastica" (di competenza regionale). Pertanto, nell'ambito delle rispettive sfere di influenza e di azione, occorre tendere a realizzare forme di collaborazione tra gli organi e gli enti che, a livello periferico, possono identificarsi con lo Stato o con la Regione, secondo un adeguato, normale decentramento di compiti e funzioni.
c) Il pluralismo, come libera espressione di metodi e contenuti pedagogico-didattici a servizio della comunità e, in particolare, dei giovani quali primi utenti del servizio stesso, deve essere garantito attraverso l'articolazione delle varie istituzioni scolastiche e all'interno delle stesse, salvo il principio dell'interdisciplinarietà attraverso l'apporto personale dei singoli docenti nell'ambito della rispettiva libertà di insegnamento. In correlazione con il pluralismo delle istituzioni nonché dei metodi e dei contenuti, secondo le varie condizioni ambientali è quindi da ribadire il diritto-dovere della scelta, da parte della famiglia, dei collaboratori nell'assolvimento del compito educativo.
Analogamente è da assicurare la parità di trattamento scolastico a tutti gli alunni indipendentemente dal tipo di scuola frequentata.
d) Gli organi collegiali della scuola - istituiti ai sensi della legge 30 luglio 1973, n. 477, dopo il primo periodo di avvio della loro attività hanno ormai assunto un ruolo fondamentale di protagonisti nei processi di decentramento, autogestione e partecipazione democratica nell'ambito delta vita e dell'attività delle istituzioni scolastiche. Il personale della scuola, ma soprattutto i genitori e, a livello di scuola secondaria di secondo grado, gli studenti, quali componenti dei consigli di circolo e d'istituto, hanno dimostrato di saper operare con intelligenza, dedizione senso di responsabilità, pur nei limiti ben noti, imposti dai bilanci delle singole scuole.
e) I distretti scolastici, la cui istituzione ai sensi dell'art. 7 della legge 30 luglio 1973, n. 477, è ormai definita, non debbono essere considerati meri organi burocratici a cui riservare, al limite, una funzione consultiva; ma devono poter svolgere, attraverso il Consiglio distrettuale, democraticamente eletto, un'azione di stimolo, coordinamento e responsabilizzazione nei riguardi delle varie componenti, in ordine alle competenze da esercitare nell'ambito delle rispettive autonomie. Non a caso, infatti, fanno parte del Consiglio scolastico distrettuale, oltre i rappresentanti della scuola statale e non statale, anche i rappresentanti dei Consigli Comunali interessati, dei sindacati, dei lavoratori autonomi e delle forze sociali rappresentative di interessi generali.
La proposta di legge n. 83 è stata formulata in base alle suddette premesse e con l'intento di offrire un contributo di chiarificazione e di approfondimento con specifico riguardo ai rapporti tra Regione ed Enti locali territoriali, nonché tra questi e le istituzioni scolastiche nell'ambito delle specifiche competenze e mirando nel contempo, in prospettiva, alla programmazione di un "servizio sociale scolastico" organicamente realizzato sul territorio.
In occasione delle consultazioni indette dalla terza Commissione Consiliare nei quindici comprensori in cui risulta articolata la Regione Piemonte, la suddetta proposta di legge è stata oggetto di verifica e confronto unitamente al disegno di legge n. 82 presentato dalla Giunta regionale.
La partecipazione dei rappresentanti dei Comuni, delle Comunità montane e delle province, nonché dei rappresentanti delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado (genitori, personale direttivo e docente, studenti) è stata ampia, intensa, ricca di vivacità e di apporti costruttivi.
Inoltre, a completamento delle dichiarazioni verbali, una larga documentazione scritta conferma alcune prese di posizione. In particolare a nostro avviso, la consultazione ha posto in evidenza la validità della tesi e dei motivi per cui il Gruppo consiliare D.C. ha ritenuto opportuno presentare un progetto proprio, distinto da quello della Giunta.
La realtà scolastica della Regione ed i suoi rapporti con la società e le famiglie hanno sollecitato una più approfondita e cauta attenzione da parte della Giunta regionale. Ne sono derivate alcune modifiche al disegno di legge che non trascuriamo, ma che lasciano irrisolti diversi problemi di fondo.
D'altra parte, le consultazioni e il dibattito hanno offerto pure ai rappresentanti del Gruppo consiliare D.C. la possibilità di integrare il testo formulato in precedenza, introducendo nuovi strumenti di partecipazione nelle scuole non statali, rendendo esplicita l'esclusione dai benefici delle scuole aventi fini di lucro e delineando organicamente la programmazione degli interventi volti ad assicurare la realizzazione del diritto allo studio.
Tale nuova formulazione costituisce la proposta di legge n. 83/bis.
L'esame del disegno di legge della Giunta, che soltanto in parte ha accolto alcune delle nostre proposte, ci consente di ribadire i seguenti punti, che caratterizzano le posizioni che abbiamo espresse e che riteniamo abbiano una validità di natura obiettiva, sul piano razionale e culturale: 1) Ai sensi dell'art. 118 della Costituzione, è opportuno che la delega ai Comuni singoli o associati e alle Comunità montane si riferisca esclusivamente all'organizzazione e alla gestione di servizi di competenza comunale (trasporti, mense, assistenza sanitaria scolastica ai sensi dell'art. 2 della legge 4 marzo 1958, n. 261).
2) Tutte le scelte di ordine pedagogico-didattico con specifico riferimento al materiale didattico, bibliografico, ecc, non possono essere sottratte alfa competenza degli organi collegiali scolastici. In coerenza con questo principio abbiamo proposto l'estensione dei contributi regionali a favore degli alunni frequentanti scuole materne, dell'obbligo e scuole medie di secondo grado non statali alla condizione che in esse siano costituiti, in analogia, organismi democratici rappresentativi.
Ai sensi del D P.R. 31/5/1974, n. 416 relativo alla definizione dei compiti e delle funzioni degli organi collegiali della scuola, in vista della prossima attuazione dei Distretti scolastici e tenendo altresì conto della nuova realtà comprensoriale a livello di suddivisione del territorio a fini programmatici, si propone che i Comitati di comprensorio, in correlazione con le proposte formulate dai Comuni e consorzi di Comuni e dai Consigli di distretto scolastico nell'ambito delle rispettive competenze, formino i piani di ripartizione per l'erogazione dei fondi necessari all'espletamento dei servizi.
La Regione pertanto, nell'ambito delle leggi vigenti, esercita le proprie funzioni usufruendo rispettivamente della delega agli Enti locali territoriali e dell'affidamento di compiti ad organismi scolastici di partecipazione democratica.
3) E' comunque doveroso evidenziare che sarebbe assurdo e illegittimo oltre che gravemente deleterio, ipotizzare l'Ente locale come gestore dei processi educativo-formativi sino ad assumere, nei confronti della scuola come istituzione, una funzione di tutela con possibili, gravi interferenze conseguente svuotamento degli Organi collegiali e riduzione a livello esecutivo della scuola stessa.
4) Ai sensi dell'art. 12 del D.P.R. 31/5/1974, n. 416, relativo i compiti del Consiglio distrettuale scolastico, nonché sulla base di sperimentazioni già in corso, in funzione della prospettiva pedagogica della comunità scolastica, non solo volta al momento attuale, ma anche al futuro, si ribadisce l'opportunità di affidare l'assistenza socio-psico pedagogica ai Consigli di distretto scolastico, sulla base di piani da sottoporre al Comitato di Comprensorio competente.
La scelta al riguardo da parte della Giunta, tendente a delegare tale servizio in forma generalizzata agli Enti locali, nell'ambito delle unità locali dei servizi, colloca il servizio stesso al di fuori della scuola, fa sì che tale intervento non possa più essere considerato "pedagogico" e possa divenire occasione di interferenza in un ambito diverso da quello istituzionale.
Si rileva inoltre che, in stretta correlazione con tale questione, è da porre l'orientamento scolastico e professionale, volutamente ignorato nel disegno di legge della Giunta e che rappresenta invece per i giovani un momento di partecipazione consapevole alla vita civile, mentre la scelta personale rappresenta un progetto di vita e di lavoro. La necessità dell'orientamento nella scelta della futura attività da parte del giovane anche se, per lo più, è stata sinora vissuta a livello individuale, è diventata particolarmente acuta in questi ultimi anni, sia a causa dell'incremento notevolissimo della popolazione studentesca, sia perché il mercato del lavoro, oggi appesantito dal perdurare della crisi economica presenta prospettive sempre più problematiche.
Il disegno di legge n. 82/bis propone, in via prioritaria, la prevenzione e il recupero nei confronti degli alunni della scuola materna ed elementare; tuttavia tale preoccupazione, pur accettabile , non dovrebbe escludere aprioristicamente eventuali attività di orientamento a livello di scuola media di primo e di secondo grado.
5) Per quanto concerne l'assistenza scolastica agli alunni in condizioni di disagio economico frequentanti le scuole secondarie superiori, si evidenzia l'opportunità di erogare contributi tramite gli organismi scolastici anziché tramite i Comuni di residenza, al fine di evitare possibili emarginazioni o frustrazioni nel soggetto, considerata la delicatezza dell'intervento e del rapporto che ne consegue.
Analogamente si ribadisce l'opportunità di mantenere, almeno nella presente fase di transizione, l'assegnazione di borse di studio, pur modificandone l'entità, i criteri e i modi, a favore degli alunni meritevoli per capacità e profitto che si trovino in condizioni di disagio economico, per il valore intrinsecamente positivo della borsa stessa, in contrapposizione con quello di tipo soltanto assistenziale attribuito ad un generico contributo che può assumere un aspetto paternalistico.
La proposta di legge del Gruppo D.C., integrata come si è detto consente di realizzare un confronto approfondito su problemi di grande importanza per la formazione dei giovani e, di riflesso, per la società piemontese.
Il confronto, sviluppatosi in terza Commissione e nella Comunità regionale con notevole ampiezza, giunge alla fase della discussione in Consiglio facendo ancora registrare le seguenti, principali divergenze: a) Il pluralismo educativo e formativo è interpretato in modo restrittivo e riduttivo. Viene infatti negato alle scuole "libere" il riconoscimento del "servizio di pubblica utilità" che costituisce una delle caratteristiche essenziali del patrimonio culturale e sociale della realtà piemontese, nell'ambito di una profonda sensibilità ai problemi educativi e formativi tipica della nostra tradizione. Soltanto per le scuole materne in considerazione della loro estensione su tutto il territorio sino alle zone più povere e dimenticate, emerge nel disegno di legge n. 82/bis della Giunta regionale l'accettazione dello stato di fatto. Si deve comunque rilevare che, mentre nel disegno di legge n. 82 risultavano enunciate gravi interferenze dal punto di vista didattico, a livello di scelte e di controlli da parte dell'Ente locale, nel disegno di legge n. 82/bis si parla di "convenzioni" che, per quanto vincolanti, paiono tener maggior conto della libertà pedagogico-didattica degli insegnanti e delle scuole.
b) Pur accettato, di massima, il principio, sostenuto dal Gruppo D.C.
che destinatari dei benefici debbano essere gli alunni anziché le istituzioni scolastiche, il disegno di legge della Giunta che stiamo esaminando, ha riconfermato la volontà di porsi in termini differenziati nei rapporti con le scuole, affermando la priorità degli interventi a favore della scuola statale e così reintroducendo, di fatto, una conseguenza discriminante o, se si vuole dire più delicatamente, un diverso trattamento per gli alunni. Più pesante, invece, è la soluzione prospettata per gli alunni delle scuole medie di secondo grado non statali che, fatta eccezione per quelle che svolgono un ruolo di "supplenza" nell' ambito distrettuale, sono esclusi dai benefici. Parimenti esclusi dai contributi sono gli studenti lavoratori che hanno scelto di frequentare corsi sperimentali presso scuole non statali. Inoltre, considerando in via prioritaria la necessità di fornire servizi in senso generalizzato anzich eventuali aiuti diretti al singolo utente, la Giunta ha ribadito la volontà di abolire completamente le borse di studio.
Per i motivi già esposti, si ritiene che tale abolizione immediata senza eventuali tentativi di pervenire a qualche correttivo per migliorare i criteri di assegnazione, torni a danno degli alunni capaci e volenterosi che, per particolari condizioni emarginanti dell'ambiente socio-familiare corrono il grave, ingiusto rischio di essere sacrificati.
c) Il disegno di legge n. 82/bis ha parzialmente accolto l'istanza di valorizzazione degli organi collegiali della scuola istituiti ai sensi della legge 30 luglio 1973 n. 477, estendendo l'erogazione dei contributi ad alunni frequentanti scuole materne e dell'obbligo non statali , se dotate di organismi analogamente costituiti secondo la soluzione proposta.
Tali organi collegiali rimangono infatti sottoposti all'ente locale in condizioni di inferiorità, non a livello di piena assunzione di scelte e di responsabilità.
d) Il disegno di legge n. 82/bis delega, di fatto, all'ente locale ogni potere di scelta di gestione e di controllo. Si ribadisce che tale posizione è certamente valida e condivisa per quanto concerne i servizi di trasporto, mensa e assistenza sanitaria ai sensi della legge 4 marzo 1953 n. 261, mentre per un'autentica responsabilizzazione partecipativa degli organi collegiali della scuola, ivi compreso il Consiglio distrettuale scolastico, occorre affidare loro, direttamente, i compiti derivanti dalla loro specifica competenza, e cioè le scelte e le responsabilità connesse alle funzioni pedagogico-didattiche.
Agli organi collegiali della scuola risulta invece affidata soltanto la gestione dei fondi per gli acquisti di materiale didattico, e ci limitatamente alla scuola materna e dell'obbligo. Il Comitato di comprensorio, a sua volta, svolge compiti di coordinamento, mentre il Consiglio distrettuale scolastico resta organo meramente consultivo di tipo burocratico. La proposta di legge n. 83/bis del Gruppo D.C. tende a salvaguardare , evidenziandole, le specifiche competenze dei singoli enti ed organismi: dai Comitati di comprensorio ai Comuni singoli od associati dai Distretti agli organismi rappresentativi scolastici.
e) In modo specifico, il Gruppo D.C. è contrario all'attribuzione della delega ai Comuni per il servizio di assistenza socio-psico-pedagogica, non per sottrarre competenze all'ente locale, ma per evitare la sovrapposizione di questa competenza, che non è certamente specifica in materia ove è prevalente l'aspetto e la finalità pedagogica, su quella di organi e istituzioni scolastiche che invece ne sono direttamente investite.
Concludendo, ci pare opportuno ribadire che il momento del confronto in aula può consentire ancora, anche se le posizioni appaiono definite ulteriori sviluppi, solo che la maggioranza voglia più compiutamente rappresentare le esigenze di una realtà complessa e ricca che ha potuto meglio conoscere nel corso delle consultazioni e del dibattito che si e svolto in modo Intenso e civile a vari livelli della società regionale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Presidente della Giunta regionale, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, il Consiglio regionale discute oggi su un disegno di legge che ha particolarmente impegnato la Commissione Consiliare e la Giunta alla ricerca di soluzioni atte a dare organicità ad un settore per molti aspetti nuovo e complesso quale è il "diritto allo studio".
Si è voluto parlare di "diritto allo studio" e non di "assistenza scolastica", dizione adottata dalla precedente legge n. 27 del 2/9/1974 tendendo a sottolineare un'impostazione ormai largamente condivisa da tutte le componenti democratiche che operano all'interno ed all'esterno della scuola e che tendono, nel complesso, ad una gestione sociale del fenomeno dell' educazione, non scollegata dall'ambiente economico, umano e sociale del ragazzo.
La Giunta regionale proponendo un nuovo testo di legge ha teso ad evitare quelle disfunzioni largamente riconosciute alla legge precedente che pure aveva avuto un carattere innovativo e sperimentale.
Per la delicatezza della materia la Giunta regionale, ritengo opportuno sottolinearlo anche in questa sede, si era riproposta la presentazione di linee di orientamento, non rigidamente definite, ma aperte al contributo ed all' apporto che la consultazione di tutte le forze operanti nel settore avrebbero portato. Questa impostazione non è stata, tuttavia, accolta e proprio i Consiglieri della Democrazia Cristiana hanno sollecitato la presentazione di un testo definitivo di base, redatto già con un articolato.
Su questo tipo di impostazione si è aperto un confronto che, è noto a tutti, ha avuto momenti e sedi di dibattito non facile, raggiungendo toni di contrapposizione ed insofferenza, e nel complesso un metodo di contrapposizioni di principio, che contrastava con la disponibilità ed apertura che la Giunta regionale ha sempre voluto tenere su questo, come su altri delicati temi fino ad oggi affrontati.
La consultazione è stata ampia ed articolata come il problema richiedeva.
La Giunta regionale facendosi carico di tutti i problemi e delle proposte che sono state formulate dalla comunità ha ritenuto di presentare un nuovo testo di legge dimostrando,pertanto, attraverso questa impostazione concreta di non voler imporre aprioristicamente alcuna drastica soluzione.
Riteniamo che l'attuale testo proposto all' esame del Consiglio regionale, su cui più dettagliatamente parlerà l'Assessore Fiorini risponda non solo ai principi costituzionali in materia di diritto allo studio, ma anche ai principi previsti nello Statuto che attribuiscono alla Regione iniziative per promuovere l'adeguamento delle strutture e dei contenuti della scuola alle esigenze della società regionale.
Ciò che caratterizza l'attuale disegno di legge è la concezione della scuola, dell'allievo e del momento educativo non scollegati dall'ambiente sociale e quindi territoriale, ma ad esso strettamente collegati.
Del resto è ormai patrimonio comune di conoscenza la stretta influenza che l'ambiente opera sul ragazzo, sul suo sviluppo psicologico ed affettivo e pertanto sul suo rapporto più o meno positivo con l'ambiente scolastico.
Pur lasciando ampia libertà ai singoli di scegliere tipi di proposte educative differenziati, la Regione non può, tuttavia, non farsi carico che l'alunno nella scuola non vive in modo asettico, scisso dalla realtà che lo circonda; pertanto si è cercato attraverso un'ampia delega ai Comuni, di favorire questo rapporto fra l'ambiente, il ragazzo e le sue esigenze.
L'ente locale è pertanto un punto di riferimento di tutte le forze che operano direttamente e indirettamente intorno alla scuola.
Facendo dell'ente locale un punto di aggregazione, si è individuata un'istituzione in grado di programmare gli interventi anche sulla base di una visione più ampia delle esigenze e dei problemi sociali, economici, di relazione umana ed ambientale,che sono differenziati a seconda delle realtà territoriali e che, in forme diverse, gravano sul ragazzo.
Si tratta di una scelta tendente ad evitare il persistere di interventi lasciati alla minore o maggiore volontà del singolo, cercando invece di privilegiare e potenziare l'apporto che le nuove realtà operanti nella scuola, possono portare.
L'avere infatti teso a rendere più pregnante e determinante il ruolo degli organismi collegiali della scuola, anche in questo settore di interventi integrativi, ma fondamentali per una diversa impostazione pedagogica, è secondo noi un elemento positivo, che risponde alle istanze del movimento democratico già operante nella scuola, che si è accresciuto e rafforzato in questi ultimi tempi, con il dibattito apportato dall'introduzione di questi nuovi organismi.
Gli interventi che fa Giunta intende attuare sono prevalentemente costituiti da servizi più che dalla erogazione di meri contributi, servizi Che richiedono una programmazione ed incentivano i Comuni a consorziarsi per la gestione degli stessi.
L'attribuzione di tali servizi, proprio in relazione ai principi di fondo ispiratori della legge secondo i quali si tende ad una scuoia profondamente integrata nella comunità, lasciando ogni libertà di insegnamento all'interno, sono condizionati dalla presenza di organi collegiali all'interno della scuola, e dall'accettazione di un limite massimo di rette stabilito dal Comune.
Come il Consiglio può notare la Giunta regionale ritiene di aver agito democraticamente, con la volontà primaria di cogliere tutte le esigenze riportandole ad una legislazione ispirata ai principi della programmazione non scollegando uno degli elementi fondamentali della comunità, quale è la scuola, dal contesto umano e sociale in cui vivono quotidianamente i giovani.
Tutte le proposte emerse nelle numerose consultazioni che potevano ricollegarsi a questa impostazione, sono state accolte in questo disegno di legge,oggi in discussione, che riteniamo risponda sostanzialmente alle esigenze espresse dalla comunità, garantendo realmente il diritto allo studio in una visione pluralistica della nostra società. E questo è l'impegno che intendiamo mantenere per il futuro.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Alasia.



ALASIA Giovanni

Signor Presidente, signori Consiglieri, al termine di un confronto che è stato lungo e vivace e nel quale non sono mancate difficoltà e anche talune asprezze, ho l'obbligo, come ex Presidente della III Commissione prima di entrare nel merito, di fare taluni apprezzamenti e ricordare alcune circostanze di metodo che sono state richiamate nel corso delle consultazioni. Non lo faccio tanto per una formalistica difesa d'ufficio del lavoro svolto, quanto piuttosto perché mi pare importante che tali questioni siano sempre tenute presenti nella vita e nell'attività del nostro Consiglio.
Debbo ricordare per prima cosa, nei confronti di talune critiche - mi si consenta di dire "facilone e disinvolte" - che sono state mosse, che questa materia è stata affrontata per tempo, intendo dire in tempo per potersi dotare, per il prossimo anno scolastico, di uno strumento legislativo più adeguato.
Come infatti i signori Consiglieri ricorderanno, il 22 dicembre 1975 la III Commissione portava in Consiglio, all'unanimità la legge di integrazione finanziaria, mentre pochi giorni prima avevamo discusso con l'Assessore Rivalta il piano di edilizia scolastica. L'autunno - e i signori Consiglieri della III Commissione lo sanno - ci aveva impegnati a vedere i delicati problemi di ripartizione della spesa per l'assistenza scolastica. Credo quindi di poter dire che fin dall'autunno la presa di contatto con tale materia ci portava a constatare i limiti e le insufficienze della precedente legge 27 e delle successive modifiche.
Voglio precisare però che nessuno di noi da un giudizio negativo sul ruolo iniziatore avuto dalla legge 27, della quale abbiamo riconosciuto tutti i positivi elementi di novità che introduceva allora, quando decollò.
Più semplicemente constatavamo che molte cose erano mutate e che modificazioni erano intervenute, anche notevoli, e stavano intervenendo con l'attuazione di forme nuove di decentramento.
Queste, signori Consiglieri, le ragioni che ci inducevano tutti all'inizio del nuovo anno, ad un ripensamento. E questi i tempi, tempi stretti, racchiusi fra la passata gestione e la prossima gestione da predisporre per maggio.
Credo che intanto vada dato atto alla Giunta ed in modo particolare all'Assessore Fiorini e a tutti indistintamente i membri della III Commissione, di essersi occupati per tempo del problema.
Lo ricordava già il Presidente Viglione: quando l'Assessore Fiorini, a nome della Giunta, propose formalmente la revisione della legge in Commissione non venne proposto un progetto articolato, ma una bozza di argomentazioni, di valutazioni e di proposte che non erano rigidamente codificate in articoli di legge. Mi si dirà che forse questo era un modo insolito di andare alle consultazioni; forse lo era, ma credo che a nessuno di voi sfugga il valore che aveva tale proposta nella quale era insita la volontà di andare ad un confronto sereno, argomentato, su una materia così difficile e scabrosa, un confronto il meno possibile irrigidito, ma anzi aperto alle formulazioni dei contributi.
Noi abbiamo detto e dimostrato di non volere delle crociate né dei plebisciti per la semplice ragione che non servono a nessuno; abbiamo detto e dimostrato di voler difendere l'autenticità di un istituto come quello della consultazione non togliendo a nessuno (sono pratico di questo lavoro) il diritto di organizzare in altre sedi manifestazioni, cortei, cartelli l'agitazione che meglio crede. Ma ci siamo chiesti, signori Consiglieri (pensateci un momento) se per caso le forze politiche che si ritrovano nella Giunta avessero canalizzato verso le consultazioni i consensi politici che al progetto della Giunta venivano per esempio dalla Federazione CGIL, CISL, UIL, dalle ACLI (che contano pure qualcosa) con cortei, con pullman organizzati, con cartelli, con gruppi di fabbrica ecc., cosa sarebbe successo? Scusate questo richiamo, ma lo faccio semplicemente per dire che noi abbiamo ricercato e ricerchiamo un confronto reale che garantisca, anche nella sua metodologia, di essere aperto alle critiche e alle modifiche.
I Consiglieri di parte D.C. (ai quali devo dare atto di avere avuto nei lavori predisposti dalla III Commissione un impegno molto diligente e corretto) hanno creduto di respingere quella proposta. Intendiamoci bene era un loro diritto; lo ricordo solo per dire che questo, e solo questo, ha indotto in un secondo tempo la Giunta a presentare un articolato di legge.
Devo infine ricordare che tutte le decisioni operative, l'impostazione il calendario, ecc., sono state decise in Commissione all'unanimità.
Desidero dare atto alla dott.sa Soldano, Vice Presidente della Commissione, del lavoro delicato che assieme abbiamo svolto per dare a questa consultazione la base più ampia possibile, non escludendo nessuno mantenendo l'equilibrio della stessa, malgrado che ci piovessero addosso delle bordate propagandistiche. Noi abbiamo, assieme ai 15 Comprensori, con le rappresentanze di tutti i Comuni e degli istituti presenti in essi tenuto consultazioni per così dire orizzontali, non territoriali, con i sindacati, la Federazione unitaria dei sindacati, le ACLI, le Associazioni varie, i cartolibrai, le scuole private, ecc. Complessivamente sono passati in queste consultazioni oltre 4.000 rappresentanti e hanno preso la parola 450 rappresentanti di varie istanze.
Perché ho ricordato tutto questo? Perché questa mi pare la lezione metodologica che dobbiamo trarne tutti, a cominciare dalla mia parte; la consultazione ha consentito di raccogliere una mole notevole di suggerimenti, di critiche, di osservazioni valide, di arricchimento, se me lo consentite, di tutte e due le posizioni. Mi pare del resto questo il rilievo che faceva la dott.sa Soldano nella sua relazione.
Credo che non sfugga a nessun osservatore obiettivo il raffronto che su questo fatto si potrà fare fra l'82 bis, fra l'83 e l'83 bis. Ci costituisce indubbiamente un fatto positivo e dimostra l'utilità del confronto (non solo formalmente) democratico.
Fra le obiezioni da voi sollevate, signori Consiglieri della D.C.
credo che valga la pena di affrontare la preoccupazione di non svuotare gli organi della scuola; è uno dei punti centrali che ritornava nella relazione Soldano ed è un'osservazione che hanno fatto anche gli amici di parte repubblicana nel corso delle ultime riunioni di Commissione.
Dirò subito che questa è anche una nostra preoccupazione; come è nostra preoccupazione non chiudere la scuola alla problematica del mondo esterno che in vari modi l'influenza e noi diciamo la deve positivamente influenzare.
L'amico Alberton, che ha seguito con molto impegno e obiettività le nostre consultazioni , diceva, se ricordo bene, nella riunione del Comprensorio di Ivrea dove ci siamo recati assieme, che l'Ente locale non è l'unico organismo capace di organizzare la realtà scolastica. Credo che dal progetto della Giunta non traspaia affatto questa concezione totalizzante del ruolo dell'Ente locale, ma al contrario un' esaltazione del ruolo degli organi della scuola in legame e in coordinamento col territorio.
Del resto che vi sia l'esigenza di coordinamento credo non sia messo in dubbio da nessuno. Coordinamento - desidero dirlo, se vi rimane quest'ombra di sospetto - non significa per noi "censura" dal momento che la parte didattica è di competenza degli organismi scolastici e in un rapporto di confronto (anche la questione metodologica dobbiamo pure affrontala) non si perde l'autonomia, ma credo che la si arricchisca quando si ha una concezione dialettica dei rapporti. E' difficile, credo, signori Consiglieri, e al limite secondo me sarebbe deformante, affrontare oggi compiutamente alcuni problemi se non concependoli unitariamente , nel più reale contesto socio-economico nel quale si collocano.
Voi ricorderete che alcune settimane fa, quando parlava il mio compagno Ferrero, avete seguito con tanto interesse il suo intervento sul rapporto ambiente-salute e sull'acquisizione concettuale che tende a superare le scissure ed i compartimenti stagno, che tende a superare isolazionismi di competenze che riducono il sapere e riducono la cultura al nozionismo e gli interventi al settorialismo per riguadagnare invece una concezione unitaria dell'uomo. L'intervento di Ferrero era brillante, come sempre, ma , me lo consenta anche Ferrero, esprimeva una maturazione concettuale guadagnata dal movimento operaio nelle lotte almeno da 10 anni a questa parte e rispetto alla quale, facciamo attenzione , c'è stata e c'è una sordità ufficiale di molte istituzioni del Paese.
Penso che sia anche questo recupero di ordine culturale che dobbiamo fare. Prendiamo il caso sottolineato anche nella relazione della dott.sa Soldano, con un'ottica evidentemente diversa dalla nostra impostazione quello delle equipes medico-psico-pedagogiche, del loro rapporto col bambino e col ragazzo. Cosa intendo dire quando dico non circoscriversi nella scuola? Cosa intendo dire quando dico cogliere una dimensione più reale? Perché il territorio? Perché l'unità locale? Mi consenta di dissentire, dott.sa Soldano, dal giudizio espresso nella sua relazione, là dove afferma che noi con questa scelta collocheremmo il servizio al di fuori della scuola col rischio di interferenze. Quali interferenze? Interferenze o condizioni reali? Non vorrei farla molto lunga, ma vi ricordo che è uscito di recente un volume di Zappella e nel commento che Gervis fa delle discipline psicologiche e pratica sociale del bambino vi sono dei rilievi interessanti che vorrei ricordare un momento.
Dice Gervis: "Il modo di vivere prevalente provoca un progressivo restringimento dello spazio relazionale attorno al bambino, e una diminuzione dell'ascolto nei suoi confronti. In questo contesto il sistema assistenziale ha sinora preteso di gestire le difficoltà relazionali dei bambini in un territorio artificiale, separato da quello dove essi vivono quotidianamente. Avviare un modo di agire alternativo implica il recupero della dialettica, la dove essa si è fratturata e quindi aprire un ascolto per un recupero della sua storia nelle sue componenti culturali economiche, biologiche, stabilendo col bambino un rapporto che gli consenta di essere, una volta tanto, protagonista e seguendolo dove si articola la sua storia quotidiana, i disturbi psichiatrici assumono un senso profondamente diverso e si rivelano strettamente collegati ad un più diffuso disagio sociale della collettività in cui vivono i bambini con difficoltà relazionali".
La dott.sa Vietti ricorderà (quando già avevamo un rapporto di collaborazione e di scontro; io allora ero al sindacato) che alcuni anni fa abbiamo tenuto un convegno su queste questioni e lei vi aveva partecipato.
Io potrei, signori Consiglieri, ma il tempo non me lo consente...



BIANCHI Adriano

Non siamo pressati.



ALASIA Giovanni

D'accordo, potrei portare un'amplissima documentazione che è uscita da questo convegno, ma vorrei fare una sola citazione, quella della dott.sa Mussa Ivaldi del Centro di igiene mentale che ci raccontava questo fatto significativo, non un fatto isolato, ma ripetentesi.
"... R. è nato a Torino da genitori immigrati, il padre è tornato al Sud, R. non lo conosce, ha 9 anni, è irrequieto, è sempre in movimento, non riesce a seguire una lezione che per un tempo molto breve. Due anni fa lo hanno mandato per la prima volta in un centro medico pedagogico, poi se n' occupata la equipe (medico, psicologo, assistente sociale, test, ecc.).
Visto che il bambino in classe disturba, che il suo profitto è scadente che i maestri non sanno che farne, lo mandano ad una serie di colloqui di psicoterapia. Dopo alcuni mesi scoprono che quello che non va è semplice e terribile, così semplice che nessuno lo aveva sospettato: R. ha sempre fame e non perché sia psicologicamente disturbato, ma perché non ha mai avuto da quando è nato, da mangiare a sufficienza".
Signori Consiglieri, questa che chiamavo la complessità della figura dell'uomo e del bambino, la cogliamo e la coglieremo non solo a livello dell'istituto scolastico, ma in tutto il suo retroterra socio-economico e familiare.
A questo punto credo che non ci sia molto da aggiungere sulle ragioni scientifiche, sociali, culturali che debbono indurci ad operare con strumenti adeguati in quella che io definivo una dimensione più reale, più capace cioè di cogliere la vera assenza del ragazzo, superando quei settorialismi e quelle scissure che sono tanta parte dei mali che affliggono la nostra società, in modo particolare la scuola.
Veniamo al rapporto col Comune e con gli enti locali, che prefiguriamo.
Tutti noi abbiamo dovuto sperimentare la farraginosità della vecchia legge - Borando ne ha parlato molte volte e con competenza - ed ha portato alla consultazione del Comprensorio di Novara (come del resto sempre) quel tono obiettivo, distensivo, anche simpatico, quel buon senso che tutti gli apprezziamo. A Novara Borando diceva che con l'evoluzione delle cose ci sono aspetti che devono essere modificati radicalmente.
Credo che nessuno meglio di Borando, se interverrà, potrà dirlo, perch l'ha detto molto apertamente in Commissione, e assieme a lui nessuno meglio dei funzionari dell'Assessorato possono dirci quale fatica costava tutti gli anni l'operazione di accertamento di destinazione della spesa, di valutazione delle richieste. Con la legge 27 si è finito per dare molte volte di più di quel che era necessario in alcune situazioni, e sovente molto di meno.
E' fuori dubbio che è più partecipativo il rapporto scuola-Comune, che non il rapporto scuola- Regione ed è quello che si sforza di fare il progetto della Giunta attribuendo una delega più organica agli enti locali ai Comuni, alle Comunità montane, ai consorzi per ricomporre gli interventi sulla base di un'organica programmazione e gestione.
Infine, signori, consentitemi solo due parole sulla questione che ha sollevato tante polemiche, fatto scorrere fiumi di inchiostro e sacchi di telegrammi: i finanziamenti.
Non voglio affatto sottovalutarla, questa questione, né credo che l'abbiamo sottovalutata in tutto il dibattito in Commissione, anche perch le questioni di principio hanno per me e per noi sempre un grosso valore.
Voglio semplicemente dire che se riflettete, se vi riferite alle cifre, ai fatti, ai dati, alla entità della ripartizione, essa è stata abbondantemente esagerata e in molti casi volutamente deformata o parzialmente presentata.
Intanto non si può dire che il progetto della Giunta non si faccia carico di una realtà attuale (che è gravemente compromessa) della carenza della scuola statale. Il tempo che ho a disposizione non mi consente di diffondermi sui dati e sulle cifre, credo però che Fiorini lo farà abbondantemente. Vorrei solo ricordare che il nostro progetto assicura l'intervento finanziario per tutti i tipi della materna, prevedendo peraltro quelle condizioni che la collega Ariotti ha illustrato nella relazione e che quando si eroga denaro pubblico si ha il dovere di fare applicare. Prevede che i servizi in quanto tali vengano forniti agli allievi per quelle condizioni di parità che fra gli allievi vogliamo. Ma si deve guardare un po' più in là, dentro alle cose, ai fenomeni, prima di fare del vittimismo e di gridare alla discriminazione.
Vi faccio un solo esempio che riguarda la scuola materna.
Nel '74-'75 vi erano nelle scuole materne private (uso questo termine perché mi pare il più chiaro, nella ridda di qualificazioni cui si è fatto ricorso, come "a supplenza", "a sgravio" e via dicendo) 61.796 allievi pari al 58% del complesso; nelle pubbliche, 44.748, pari al 42% . Nel '75 '76, nelle materne private si era scesi a 57.477, il 51%, nelle pubbliche si era saliti a 52.344, il 49% con un calo quindi, di 4279 unità per le prime e un incremento di 7.596 unità nelle seconde. Se ne deduce una tendenza al passaggio dalle private alle pubbliche. E' evidente che se si applicasse, per il finanziamento, il criterio del 30% e 70% previsto dalla legge 27, si accentuerebbe ulteriormente il fenomeno di privilegio in favore della scuola privata.
Il principio del pluralismo che sostenete voi, Consiglieri della Democrazia Cristiana, mi sembra comunque tutelato dal meccanismo di finanziamento che abbiamo predisposto. Ci facciamo dunque carico di una situazione reale, quale storicamente si è formata nel nostro Paese. Noi non vogliamo certo sottrarci alla necessità di affrontare i problemi che possono costituire oggetto di controversia, proprio perché siamo alla ricerca di unità reale, non di generici unanimismi. Si tratta di vedere in quale direzione e con quale ottica ce ne facciamo carico: e noi crediamo sia giusto farsene carico in una direzione che tenda al graduale superamento delle situazioni di arretratezza e di insufficienza pubblica che storicamente si sono create; siamo dell'avviso che la carenza della scuola pubblica che si denuncia da tante parti non sia certamente da perpetuare, da assumere come stabile ed immutabile, quasi a dire che poich le cose storicamente sono andate così nel nostro Paese a noi non rimane che perpetuarle.
Si è parlato di discriminazione. Consentitemi di dire anche che si tratta di un termine pesante, che non si può usare nella fattispecie. In fatto di discriminazioni saremmo piuttosto noi a poter parlare, perché noi sì che sappiamo che cosa è la discriminazione. Non di questo si tratta: la differenza, signori, la fanno il legislatore e la Costituzione.



MARTINI Mario

Perché non dici chiaramente quello che hai da dire sulle discriminazioni, invece di fare accenni soltanto vaghi e nebulosi...! ?



ALASIA Giovanni

Chi ti parla è stato cacciato fuori da una fabbrica, con migliaia di altri. Questo voglio dire....



MINUCCI Adalberto

Non hai mai sentito parlare di discriminazioni, in questo Paese?



MARTINI Mario

Ne ho sentito parlare a tutti i livelli.



ALASIA Giovanni

Non intendevo polemizzare, ma sai che cosa significa stare sette-otto mesi senza stipendio per migliaia di quadri operai? La storia, la letteratura, la narrativa ormai raccontano una infinita di episodi a testimonianza di ciò.



MARTINI Mario

Letteratura ispirata da voi.



ALASIA Giovanni

C'è una inchiesta parlamentare, di trentotto volumi, non certo addomesticata da noi, ma fatta dal Parlamento italiano, caro Consigliere.
Dicevo che una differenza la fa la Costituzione, signori Consiglieri la dove si parla di scuole statali e poi di enti e privati che hanno diritto ad istituire scuole. A proposito di questo diritto si specifica "senza oneri per lo Stato" e si aggiunge, certo, che la legge deve "assicurare a dette scuole piena libertà ed ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali".
Pur senza essere un giurista, signori Consiglieri, credo di poter dire che una serie di "distinguo" ci sono già nella nostra Carta costituzionale.
Ho voluto rileggermi in questa occasione il dibattito svoltosi in proposito all'Assemblea costituente: ho così constatato che il quarto comma, che si invoca tanto, fu aggiunto per una obiezione dell'On. Gronchi a proposito delle scuole professionali, che, non essendo statali e tuttavia vivendo con il contributo dello Stato, si sarebbero trovate in difficoltà. E a proposito della libertà di scelta e della concezione del pluralismo, diceva allora il Senatore Concetto Marchesi, additando un orientamento a nostro avviso pienamente valido: "La libertà di scelta non sarebbe effettiva se la scuola pubblica fosse una scuola confessionale, o fosse una scuola di partito. Ma la scuola pubblica supera ogni fazione ed ogni discriminazione ed è garanzia per tutte le opinioni e per tutte le religioni".
Penso, signori Consiglieri, che la questione è e sarà di non poco conto per una forza come il Partito comunista, come noi, che ha fatto una scelta di costruzione pluralistica della società. Ma è proprio con voi, amici della Democrazia Cristiana, che sarà pure necessario che ci confrontiamo su questo, nella sostanza delle cose, non sulla ambivalenza generica che possono avere i termini.
Per esempio, il Movimento di Comunione e Liberazione, che, come voi sapete, è stato fra i più solerti ed attivi nello sparare contro il nostro progetto di legge, sostiene un concetto di pluralismo inteso come distinzione, come divisione fra diverse identità presenti nel corpo sociale. Questa visione credo nasca da una paura di contaminazione - non saprei definirla altrimenti - che porta alla chiusura in se stesse delle varie competenze. Cioè, in tutti questi discorsi non c'è posto per il rapporto scuola-lavoro , qualifica e qualificazione, cultura e professionalità: c'è una sorta di chiusura in ghetti ideologici. Noi non vogliamo una scuola ideologica, e non vogliamo nemmeno tante scuole monoideologiche: vogliamo un pluralismo che sia la verifica dei processi e dei fatti in atto, che realizzi più presenze nella scuola che debbono confrontarsi, che debbono scontrarsi anche sulla base dei processi, che debbono stabilire quella dialettica che è fatta di tesi di antitesi e di sintesi, e non sulla base di pregiudiziali ideologismi. E' quel che ha fatto il Movimento operaio organizzato - una delle cose più belle e più significative di questi anni -, non trasformando la conquista delle 150 ore in un fatto di parte ma portando la gestione delle 150 ore nella scuola pubblica anche come elemento positivo di trasformazione della scuola pubblica Signori Consiglieri, concludo. Noi non assumiamo qui un atteggiamento trionfalistico (per far ricorso ad una espressione molto usata in questi ultimi tempi) non veniamo qui a dire che questa legge sia l'optimum, che sia risolutiva, in un quadro compromesso da una politica almeno trentennale che ha devastato la scuola. Diciamo semplicemente che essa rappresenta contributo, in un quadro che mostra ancora a monte gravi problemi e soprattutto incertezze. (Guardate cosa sta succedendo per la scuola anche in sede ministeriale). Con questo spirito noi l'abbiamo presentata e con questo spirito invitiamo i signori Consiglieri a ponderarla ed a valutarla obiettivamente.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Ha chiesto di parlare la dott.sa Vietti. Ne ha facoltà.



VIETTI Anna Maria

Signor Presidente, signori Consiglieri, intervenire sul disegno di legge 82 bis della Giunta regionale e sulla proposta di legge n. 83 bis presentata dal Gruppo democratico cristiano, sulle norme relative al diritto allo studio, richiede necessariamente un riferimento al vivace e democratico dibattito che si è sviluppato in questi ultimi due mesi durante le consultazioni, nella Commissione consiliare competente, nella intera comunità regionale, dibattito che ha confrontato i principi ispiratori delle due proposte di legge e che ha registrato massicce opposizioni all'esautoramento degli organi democratici della scuola e alla discriminazione - anche se il termine non piace all'Assessore Alasia - tra alunni che frequentano scuole statali e di enti locali territoriali e quelli che frequentano scuole non statali.
In riferimento all'intervento del Presidente Viglione, devo dire che mi pare problema puramente nominalistico distinguere il titolo della legge della Giunta sul diritto allo studio da quello del Gruppo democratico cristiano sull'assistenza scolastica. Noi abbiamo sempre affermato, e lo ribadiamo nella relazione, che l'assistenza scolastica è da noi vista in funzione del diritto allo studio; abbiamo voluto esclusivamente recepire la dizione dell'articolo 117 della Costituzione. D'altronde, tutti potranno darci atto che i contenuti della legge sono identici, diversi sono i principi ispiratori; per di più gli stanziamenti previsti dalla nostra proposta di legge sono più elevati. Ci rendiamo conto delle difficoltà di bilancio, ma riteniamo che un intervento come quello per l'assistenza scolastica e il diritto allo studio richieda impegni prioritari.
Così pure non riesco a comprendere come si torni ad insistere sia da parte del Presidente Viglione, sia da parte dell'Assessore Alasia, sul fatto che il Gruppo democratico cristiano non sia stato d'accordo di andare alla consultazione su una linea di orientamento senza un articolato disegno di legge. Noi abbiamo affermato chiaramente che la Giunta regionale, prima di redigere il disegno di legge, aveva tutto il diritto - un diritto suo che non toccava d'altro lato a noi riconoscere - di consultare la comunità regionale, per recepire le istanze, per conoscerne meglio la realtà, ma ritenevamo che alla consultazione nei quindici comprensori si dovesse andare con un articolato disegno di legge.
D'altronde, non credo sia cosa inopportuna o che possa dispiacere il dover modificare il disegno di legge. Mi pare si possa andare con lo stesso spirito aperto alla consultazione con un articolato disegno di legge.
Perché se fosse vero che soltanto linee di orientamento e non già un disegno di legge, una proposta di legge, permettano di effettuare modifiche, la consultazione verrebbe svuotata di ogni contenuto e di ogni significato.
I punti qualificanti della proposta di legge della Democrazia Cristiana, che la diversificano dal disegno di legge della Giunta, sono la chiara volontà di valorizzare, in modo concreto, gli organi rappresentativi della scuola, affidando ad essi tutti i compiti attinenti ai problemi didattici e pedagogici, delegando invece agli Enti locali territoriali i servizi di trasporto e mensa, ad eccezione della mensa per le scuole materne in quanto essa rappresenta, per tale tipo di scuola, un momento del processo educativo, determinando così una pluralità di competenze sul territorio e favorendo la partecipazione. Perché noi riteniamo che la società debba essere più ricca ed articolata, siamo convinti che non si possa far coincidere lo Stato o il Comune con la società: di qui l'esigenza di questa articolazione di competenze.
Altro punto qualificante è l'estensione dei servizi e dei contributi a tutti gli alunni, senza alcuna discriminazione, alla sola condizione che le scuole che essi frequentano garantiscano la partecipazione delle loro componenti più significative - il concetto è esplicitato nella proposta di legge 83 bis - e che non perseguano fini di lucro, perché, come ebbi a dire in altra occasione in questo Consiglio, la nostra posizione non tende certo a difendere interessi di sorta bensì a garantire il pluralismo e la libertà nella scuola e della scuola.
Abbiamo sostenuto e sosteniamo tali principi con profonda convinzione e con medesimo impegno, convinti che essi siano interdipendenti in una proposta organica che realizzi l'autonomia della scuola e garantisca un ruolo determinante alle famiglie, sia nella scelta della scuola per i propri figli sia nella gestione della scuola stessa. Respingiamo pertanto illazioni circa nostri presunti cedimenti nella difesa dell'autonomia degli organi collegiali e, senza misconoscere il contributo dato da altre forze politiche, rivendichiamo, in particolare, al nostro Gruppo una chiara e decisa posizione perché gli organi collegiali non siano ridotti a meri organi consultivi degli Enti locali, bensì abbiano ampi spazi di autonomia nella programmazione e nella gestione dei fondi attinenti alle loro specifiche competenze.
Altri Consiglieri del Gruppo D.C. approfondiranno questo argomento: io tratterò dell'esigenza di estendere gli interventi regionali a tutte gli alunni, senza discriminazione, conseguentemente ad una autentica e reale concezione del pluralismo scolastico.
Come ha rilevato la collega Soldano nella sua relazione, la Giunta regionale, in seguito al confronto avvenuto durante le consultazioni con i responsabili delle scelte educative della comunità, in tale campo, ha modificato il primitivo disegno di legge, ma le modifiche non sono, a parer nostro, né soddisfacenti né risolutive. Il disegno di legge n. 82 escludeva dai contributi tutti gli alunni delle scuole non statali e non comunali, ad eccezione delle scuole materne, ma a condizioni difficilmente praticabili e per di più con inammissibili interferenze dei Comuni nell'ambiente didattico.
Con il disegno di legge 82 bis, gli interventi venivano estesi limitatamente ad alcuni servizi, anche alle scuole non statali, ad eccezione dei corsi per lavoratori, che esercitassero "supplenza" della scuola statale. In particolare, per le Scuole medie superiori la supplenza doveva verificarsi nell'ampio ambito comprensoriale. Il concetto di "supplenza" non può essere da noi accettato perché l'intervento assume un carattere contingente e misconosce l'esigenza di un autentico pluralismo di istituzioni scolastiche. Tale condizione, inoltre, era di fatto impraticabile, ad eccezione della Scuola materna.
Il dibattito in Commissione ha determinato ulteriori modifiche. Viene cosi superato il concetto di "supplenza" per le scuole materne non statali ma rimane l'obbligo della convenzione con i Comuni per i servizi di mensa e per la fornitura di materiale didattico e ludico, mentre noi rivendichiamo l'autonomia delle istituzioni scolastiche in campo didattico.
Si supera l'esigenza di "supplenza" per la scuola dell'obbligo, ma si introduce il principio dell'intervento in via prioritaria per gli alunni delle scuole statali e della discrezionalità dei Comuni ad estendere gli interventi agli alunni delle scuole non statali, determinando, di fatto, la possibilità della loro esclusione. Permane l'esigenza di "supplenza" della scuola media di secondo grado non statale, anche se limitata a livello distrettuale. Sono del tutto esclusi i frequentanti i corsi per lavoratori non tenendo conto della autonoma scelta di tanti lavoratori studenti che frequentano scuole non statali nella nostra Regione.
Permangono, quindi, gravi ed inaccettabili discriminazioni, ed a tale riguardo è certamente pretestuoso il riferimento, che tante volte si è fatto nel dibattito, e che ha ripetuto questa mattina l'Assessore Alasia al terzo comma dell'art. 33 della Costituzione, che recita: "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato".
Gli interventi previsti dalle proposte in discussione non si riferiscono alle istituzioni scolastiche, non hanno come oggetto contributi per l'istituzione, e nemmeno per la gestione delle scuole, bensì sono indirizzati agli alunni, per rendere agibile la scuola da parte di tutti con uguaglianza di condizioni oggettive. E poi, forse che le scuole non statali rappresentano un onere per lo Stato? Esse rappresentano "uno sgravio" di spese per lo Stato, che era calcolato già per l'anno 1960 nella relazione della proposta di legge dell'On. Franceschini, escluse le scuole materne, superiore ai 50 miliardi annui per le sole spese di esercizio, esclusi quindi immobili, attrezzature, trattamento di quiescenza. Ora, dai dati del CENSIS, possiamo rilevare che per l'anno 1974, sempre per le sole spese di esercizio, un alunno delle scuole statali costa annualmente allo stato L. 137.600 per le scuole elementari, L.
237.900 per le scuole medie, L. 295.100 per le scuole medie superiori. E poiché dai dati dell'IRES per il Piano regionale 1976-'80 si deduce che in Piemonte frequentano scuole elementari non statali 20.800 alunni, pari al 5,9%, scuole medie non statali 14.100 alunni, pari al 7,1%, e scuole medie superiori alunni 25.400, pari al 17,7%, si rileva che solo per la Regione Piemonte, tenendo conto di alcuni stanziamenti previsti dalla legge per la scuola elementare non statale, lo sgravio dell' onere dello Stato per soli costi di esercizio è di circa 12 miliardi annui, e quindi per l'intera comunità nazionale notevolmente superiore ai 100 miliardi. Tale cifra aumenterebbe notevolmente se venissero considerate le scuole materne non statali, che solo nella nostra Regione accolgono - i miei dati sono diversi da quelli citati da Alasia, sono quelli pubblicati nel piano di sviluppo regionale 1976-1980 predisposto dall'IRES - 71.300 alunni, pari al 60% dei frequentanti.
E non è vero che il fatto che noi ci preoccupassimo che i fondi venissero distribuiti secondo criteri oggettivi ad evitare discriminazioni e differenziazioni non rispondenti alla realtà regionale, tendesse a privilegiare le scuole materne private. Noi proponevamo la distribuzione dei fondi per il 30% in rapporto al numero delle scuole, per il 70% in rapporto al numero degli alunni, tenendo conto che le piccole scuole materne hanno certamente costi di gestione più elevati e quindi proponevamo a tal fine un correttivo rispetto alla semplice distribuzione dei fondi in rapporto al numero degli alunni. Nessun privilegio, dunque, per la scuola non statale, ma soltanto presa in considerazione del fatto che le piccole scuole hanno costi di gestione più elevati.
Rileviamo inoltre l'economicità e la razionalità della gestione delle scuole non statali, che registra costi inferiori a quelle statali e che rappresenta quindi un contributo all'economia nazionale che non può certo essere sottovalutato, particolarmente nell'attuale congiuntura economica.
Da un esame, inoltre, delle rette scolastiche praticate alle famiglie si può dedurre che, salvo rare eccezioni, esse sono inferiori all'effettivo costo del servizio: per le scuole medie esse ammontano mediamente a 190.000 lire annue (con livelli minimi di 60.000 annue) e per le medie superiori ammontano mediamente a 240.000 lire annue (con livelli minimi di 90.000 annue).
E' anche da contestare l'affermazione fatta da alcuni che le scuole non statali siano scuole d'elite : non lo sono, e non vogliamo che lo diventino. Una analisi sulla estrazione sociale degli alunni registra larghe percentuali di figli di operai, di artigiani e di coltivatori diretti.
Inoltre, non corrisponde al vero che la scuola non statale abbia avuto un incremento nell'ultimo quindicennio (e forse Alasia di questo ha dato atto): di fronte all'eccezionale sviluppo della scuola statale, che valutiamo positivamente, si registra un decrescere, anche in numeri assoluti, oltre che in percentuale, degli alunni della scuola non statale significativo in un momento storico di così crescente aumento dei livelli di scolarizzazione.
Ma sono questi i motivi di fondo della nostra opposizione, bensì la volontà di garantire un effettivo pluralismo scolastico e l'effettiva libertà di scelta dei genitori della scuola per i propri figli, in coerenza allo spirito e alla lettera della Costituzione, che all'art. 30 recita: "E' dovere e diritto dei genitori istruire ed educare i figli", all'art. 31: "La Repubblica agevola con misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi", all'art.
33: "La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà ed ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali".
Dunque, libera scelta della famiglia, che è depositaria di un potere educante originario, e non fondato sulla convenzione sociale, della scuola per i propri figli, riconoscimento esplicito e non formale di tale diritto e condizioni che ne rendano effettivo l'esercizio per tutti i tipi di scuola ed in particolare per le scuole materne, che hanno nel nostro Paese ed in modo precipuo nella nostra Regione una lunga e benemerita tradizione di libere iniziative di associazioni spontanee di genitori e di educatori e dove è più evidente l'esigenza di continuità tra l'educazione familiare e quella scolastica.
Ne discende il ruolo fondamentale delle libere iniziative, che devono avere una parità effettiva, esente da minorazioni, perché la famiglia potrà soddisfare il diritto alla libera scelta solo se la società offre una pluralità di istituzioni.
Le libere iniziative scolastiche rappresentano un arricchimento della società, perché favoriscono la sperimentazione educativa da parte di filoni culturali ed ideologici diversi ed hanno un carattere di pubblica utilità per il servizio che svolgono, indipendentemente dalla loro natura giuridica.
Lo scopo dell'educazione è quello di formare personalità libere ed armoniche, di formare l'uomo nella pienezza delle sue determinazioni individuali e sociali, assunte con spirito criticamente affinato. Ciò si realizza con il pluralismo nella scuola statale, dove deve esserci un reale spazio di maturazione e di confronto delle diverse matrici ideali e culturali presenti nella nostra società, confronto che non deve limitarsi ad un dibattito teorico ed astratto ma deve concretarsi in esperienze. Si realizza con il pluralismo di istituzioni scolastiche che offrono alle famiglie, alla comunità, il proprio progetto educativo.
Un autentico pluralismo nella scuola statale ed un pluralismo di istituzioni scolastiche sono la premessa perché la scuola e l'educazione si svolgano liberamente, affinché sia libero e pieno lo sviluppo dei giovani.
Non vi deve, quindi, essere il monopolio dello Stato nel settore educativo, perché l'educazione è un problema che riguarda la famiglia e la società tutta. Lo Stato deve garantire le più ampie libertà di iniziative educative ai cittadini, e, nello stesso tempo, assicurare lo sviluppo della sua azione diretta di gestore di scuole pubbliche, per garantire a tutti una concreta uguaglianza delle opportunità educative. Nessuna contrapposizione, quindi, tra scuola statale e scuola "libera", che nella nostra Regione ha benemerenze culturali e sociali che la storia ha registrato, ma riconoscimento di un loro autonomo spazio per un reale pluralismo scolastico, per una autonoma e responsabile scelta della famiglia, non chiusa in se stessa ma capace di dialogo e confronto con le istituzioni scolastiche.
E' una esigenza della società che è stata largamente recepita nella legislazione di Stati europei a lunga tradizione democratica, quali l' Inghilterra, la Francia, il Belgio, l'Olanda. Il superamento delle discriminazioni tra alunni delle scuole statali e non statali va collocato in questa esigenza di libertà della scuola e nella scuola, con la responsabilizzazione delle famiglie e delle componenti scolastiche, perch la scuola non sia chiusa ma aperta al dialogo con la società. Dev'essere invece superata l'esasperazione del contrasto ideologico, conseguente all'alternativa ottocentesca che contrapponeva una scuola statale ad una scuola cattolica, il monopolio dello Stato laico risorgimentale al monopolio dello Stato assoluto clericale. La nostra Costituzione ha ormai infranto la concezione di uno Stato totalizzante che si autoproclama unico soggetto che risponde ai bisogni sociali e che teorizza il monopolio dell'istruzione.
Il confronto deve avvenire sul terreno concreto delle richieste della nostra comunità, della reale utilità della scuola non statale, delle esigenze del processo educativo in una società autenticamente democratica.
Invitiamo quindi le forze politiche a considerare in tale ottica gli emendamenti che abbiamo presentato e soprattutto a non voler, seppure indirettamente, mortificare la libertà della scuola, perché le libertà sono tra loro solidali ed interdipendenti e coartandone una si corre il rischio di compromettere tutte le altre, a scapito di un'autentica scelta democratica e pluralistica della società



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

E' iscritta a parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, noi non abbiamo ritenuto di dover presentare un ulteriore contro- progetto, perché prevedevamo che la discussione sui due progetti sarebbe già stata sufficientemente ampia ed articolata, sia in sede di III Commissione, sia in aula consiliare. Abbiamo giudicato opportuno, pero, presentare una serie di emendamenti in rapporto ad un punto almeno su cui ci sembra vi sia una differenza fondamentale fra il contenuto del disegno di legge 82 bis e le concezioni del Partito repubblicano riguardanti il diritto allo studio. Mi soffermerò pertanto a sottolineare essenzialmente questo tipo di differenza.
Siamo perfettamente consenzienti sulla delega ai Comuni per quanto riguarda i servizi di mensa e trasporti, e quindi, diciamo, alle conseguenti facilitazioni che vengono concesse attraverso premi veri e propri per i consorzi dei Comuni, per le Comunità montane e così via. Non siamo invece d'accordo sul fatto che siano stati totalmente scavalcati gli organismi creati dalla legge 416. E siccome in questo caso molto se ne è parlato, senza però fare un riferimento preciso, e nello stesso tempo dando quasi un privilegio di capacità rappresentativa ai Comuni, che nella legge 82 appunto sono privilegiati a delegati, vorrei fare riferimento stretto alla legge per dire quanto ampia sia in realtà la rappresentatività del Consiglio di distretto e quindi quanto a noi sembri, proprio per questo che debba essere quello appunto l'organo che dovrebbe essere delegato alla programmazione di quei contributi che la Regione dà, nell'ambito della scuola materna, per l'acquisto di materiale didattico e ludico, nell'ambito della scuola dell'obbligo, per la creazione e il potenziamento di biblioteche di classe o di istituto, la fornitura di materiale didattico di uso individuale in prestito d'uso, l'acquisto e il ninno vo dei sussidi compresi quelli audiovisivi, necessari a migliorare le condizioni di studio e di apprendimento, e l'acquisto di attrezzature indispensabili alla preparazione del materiale didattico, l'organizzazione di corsi di sostegno e di integrazione, l'utilizzazione di consulenze di carattere pedagogico.
Ho elencato tutte queste prestazioni che dovrebbero essere fornite attraverso la delega ai Comuni proprio per sottolineare come i Comuni non siano, a nostro avviso, gli enti più adatti a sostenere questo tipo di impegno e quanto maggiormente lo siano i distretti, data la loro particolare composizione: tre rappresentanti del personale direttivo in servizio nelle scuole e istituti statali compresi nel distretto eletti dal corrispondente personale, cinque rappresentanti del personale docente, di ruolo e non di ruolo, cinque rappresentanti del personale direttivo e del personale docente in servizio nelle scuole pareggiate parificate legalmente riconosciute, sette rappresentanti eletti dai genitori, tre membri designati dalle Organizzazioni sindacali, due rappresentanti dei lavoratori autonomi, tre rappresentanti delle forze sociali rappresentative di interessi generali, di cui il primo designato dalla Camera di Commercio Industria eccetera tra gli imprenditori, gli altri due designati dal Consiglio provinciale che siano espressione di enti, associazioni ed istituzioni culturali; sette rappresentanti del Comune di cui due riservati alla minoranza, eletti anche fuori dal proprio seno, e Consiglio comunale del Comune, se esso coincide con il distretto.
Naturalmente, i Consiglieri conoscono benissimo quanto stabilisce la legge in proposito: ho voluto solo rimarcare quanto sia ampia la rappresentanza degli organi distrettuali.
Orbene, possiamo dire che in fatto di pedagogia e di didattica i Comuni siano altrettanto rappresentativi? Quando noi eleggiamo i nostri rappresentanti, evidentemente chiediamo loro delle capacità amministrative: non abbiamo mai chiesto loro delle capacità nel campo della pedagogia e della didattica. Quindi, possono esservi Comuni, consorzi di Comuni ed intere Comunità montane che non hanno in realtà, alcuna rappresentatività in questo campo, mi sembra strano che siano in grado di svolgere un'opera di programmazione all'interno, praticamente, dei consorzi dei Comuni e delle Comunità montane in un campo del quale possono addirittura ignorare completamente tutto. Laddove noi abbiamo un altro organismo, previsto dalla legge dello Stato, che ha già contemplato la presenza di determinate competenze di carattere tecnico.
A questo punto vorrei fare un'altra osservazione. In tutto questo progetto che riguarda la scuola sono stati quasi sempre totalmente dimenticati gli insegnanti: non li ho mai visti citati. Questo che cosa significa? In un momento in cui noi abbiamo già cosi gravi problemi di identità da parte degli insegnanti, dal mo mento che la contestazione ha investito tutta la scuola, problemi quindi di ripensamento su quello che è il loro ruolo nei riguardi dell'allievo, il fatto di escluderli in ogni modo dalla programmazione scolastica se non per quel che di propositivo che esiste nei consigli di circolo, nei consigli di istituto, dove essi appunto sono presenti ma mancano completamente nel momento decisionale, a me sembra un ulteriore pericoloso appiattimento della funzione effettiva dell'insegnante. Mi pare che a questo aspetto non abbiano dato molto peso né il progetto della maggioranza né quello della minoranza.
E' questa la ragione fondamentale per la quale noi abbiamo proposto tutta una serie di emendamenti che fanno poi riferimento al Consiglio di distretto come al momento programmatorio di quelle che dovranno essere le erogazioni che la Regione, quindi, direttamente, dovrà dare in seguito a questo tipo di programmazione ai Comuni.
Vorrei fare a questo punto un'altra osservazione, che sarà ritenuta di carattere preminentemente repubblicano. Il fatto di dover dare le erogazioni attraverso i Comuni crea una perdita di tempo, e noi temiamo che le erogazioni arrivino alle scuole ad anno scolastico ormai concluso, non all'inizio. Il passaggio implica di per sé stesso il ritardo; inoltre, dato lo stato in cui versano normalmente le finanze comunali, ci sembra difficile che i Comuni non cedano alla tentazione di approfittare di una certa possibilità di liquidità di cassa per trattenere per qualche tempo quanto in realtà sono delegati a devolvere immediatamente ai Consigli di circolo e ai Consigli di istituto. Va tenuto conto che pure la Regione non è, per la verità, molto pronta nella erogazione cui è tenuta per legge.
Vorrei anzi, visto che ho fatto questo accenno, rivolgere un invito alla Giunta affinché si adoperi perché la Regione sia più pronta ad effettuare ogni tipo di erogazione stabilita dalla legge.
Evidenziato quello che è il principale punto di dissenso, dal quale discendono tutti gli emendamenti che noi abbiamo proposto, desidererei ora indicare alcuni punti di consumo. Ve ne sono di estremamente significativi forse introdotti per la prima volta in una legge di carattere regionale. Si dice, per esempio, che il prezzo del pasto alla mensa non dovrà essere un prezzo politico - e la dizione è stata modificata ultimamente, proprio in seguito alla discussione in III Commissione - ma dovrà essere semplicemente un prezzo "non speculativo".
Desidero osservare che effettivamente si tratta di un elemento completamente nuovo, che noi repubblicani approviamo sotto tutti i punti di vista. Noi siamo tenuti, infatti, a fornire dei servizi, ma non riusciamo a capire perché chi se ne avvale debba goderne gratuitamente: deve averli in base ai costi, e non è nemmeno giusto che si tratti sempre di un prezzo politico, che in questo caso accettiamo per quanto riguarda trasporti perché evidentemente il prezzo politico è un costo che si riflette sulla società e che impedisce di ampliare i servizi e di fondarne altri. Il fatto che effettivamente chi usufruisce di un servizio lo paghi a noi sembra un aspetto fondamentale di questa legge, e di ciò effettivamente diamo atto alla Giunta.
Positivi sono anche taluni altri articoli, come quello che riguarda l'assicurazione per la responsabilità di custodia, che oggi ricadeva sugli insegnanti, i quali non hanno certo la possibilità di rispondere a questo punto soprattutto sotto il punto di vista economico. Così come riteniamo positivo l'incentivo alla creazione dei consorzi per l'offerta dei servizi.
Tralascio per ora l'indicazione di altri punti positivi che in questo momento non mi vengono alla mente, ma che balzeranno fuori probabilmente durante la discussione.
L'ultimo argomento che desidero affrontare, che è stato oggetto della più aspra discussione fra i presentatori della legge e i presentatori del controprogetto, è quello che riguarda il privilegio dato alla scuola laica.
Io non ho alcuna esitazione a questo proposito ad affermare che il privilegio alla scuola di Stato è un privilegio che va dato. Il nostro è uno Stato laico, che quindi deve privilegiare sotto tutti gli aspetti la scuola pubblica; scuola pubblica che è essa stessa garanzia effettivamente di ogni tipo di pluralismo, di carattere culturale, di carattere sociale, e di tutti i tipi di pluralismo anche ideologico.
La signorina Vietti ad un certo momento ha definito "libera" la scuola privata, contrapponendola ad una scuola statale secondo lei "non libera".
E' un concetto che culturalmente mi scandalizza...



VIETTI Anna Maria

Mai detto questo.



CASTAGNONE Aurelia

Può darsi che l'espressione le sia sfuggita: io l'ho rilevata e appuntata, ha proprio parlato di "scuola libera" per la scuola privata.
Tengo a sottolineare che per i repubblicani la scuola libera è quella pubblica e che in ogni tipo di programmazione, quindi, l'intervento prioritario deve rivolgersi alla scuola pubblica, e non alla scuola privata, di qualsiasi ordine e di qualsiasi grado.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi, intervengo brevemente nel dibattito generale per illustrare l'ordine del giorno testé affidato alla Presidenza con il quale si propone di non passare all'esame degli articoli.
La proposta che viene sottoposta alla vostra valutazione trova il suo supporto, a nostro avviso, in alcune considerazioni di carattere fondamentale. In primo luogo, la legge, ancorché approvata, non sarebbe attuabile, così come proposta, facendo riferimento ed attribuendo essa funzioni di primaria importanza ad organismi ancora da costituire: basti pensare, tra gli altri, ai Consigli di quartiere e alle Unità Locali dei Servizi. Inoltre, il progetto che ci viene presentato appare criticabile sul piano del metodo e della tecnica legislativa, con il continuo rinviare e richiamare ad articoli precedenti o seguenti, con la diversificazione ed insieme sovrapposizione di competenze ai diversi livelli. Tale carenza è causa, a nostro avviso, di difficoltà di interpretazioni non solo per il cittadino, che è in definitiva il primo destinatario della legge, ma anche in particolare, per l'operatore, con la possibilità evidente del verificarsi di una situazione di conflittualità in ordine alle competenze dei diversi organi investiti di delega, gli enti di gestione e gli enti di programmazione e gli stessi organismi democratici della scuola. Questa incertezza sul piano formale e sistematico non garantisce la sostanziale libertà ed eguaglianza dei cittadini in relazione all'oggetto della legge per cui, per parte liberale, si realizza la condizione sufficiente e necessaria per un attento e sereno riesame della legge da realizzarsi in tempi diversi dalla presente specialissima congiuntura politica.
Infine, e in questo mi pare di trovare consenso nella relazione di minoranza, la casa non sta certamente ancora andando a fuoco, le vigenti disposizioni, pur con i limiti che tutti intendiamo superare, possono nel frattempo sopperire alle esigenze oggetto del progetto di legge.
Quelli che vi ho esposto sono gli aspetti particolari della legge che suggeriscono l'opportunità di un suo riesame, tuttavia la lettura del progetto di legge, e la stessa relazione di minoranza, pongono altri interrogativi, non meno gravi e non meno delicati.
Siamo certi, colleghi, che non si voglia pervenire ad un aggiornamento culturale e pedagogico dei docenti, che, oltre ad essere fuori dalle competenze regionali, noi riteniamo debba essere affidato non all'imperio della legge, ma al senso di responsabilità dei docenti, di cui non abbiamo motivo alcuno di dubitare? Siamo certi, poi, colleghi, che si sia definitivamente acclarato che il trasporto e la mensa - cosa per noi fondamentale - sono elementi autonomi e diversi rispetto al diritto allo studio in senso stretto, veri e propri servizi sociali che non possono in alcuna misura condizionare le scelte scolastiche del cittadino? Siamo certi, infine, che il servizio di trasporto e mensa non finiranno con il rendere infine praticamente obbligatorio il tempo pieno, metodo che è tuttora oggetto di analisi e di valutazione discordante fra gli esperti suscettibile com'è certamente di rappresentare un fattore di sradicazione e di alienazione, specie nei centri rurali e montani, per il ragazzo nei confronti dell'ambiente e di se stesso, dal suo mondo fantastico fatto di quotidiano apprendimento ed arricchimento nelle esperienze più diverse, che possono essere non necessariamente un vero e proprio soggiorno obbligato presso la scuola, con tanto di tromba, rancio e libera uscita? Siamo certi che questo progetto dia garanzie sufficienti che il materiale didattico sarà scelto solo ed esclusivamente dagli operatori della scuola, senza possibilità di indebiti interventi dirigisti e massificanti? Siamo certi che gli stessi organismi collegiali della scuola non saranno ridotti a camera di registrazione di provvedimenti definiti in via politica? Si è infine considerato come tutto questo tourbillon di interventi che propongono in termini non razionali strutture e servizi ed altro numeroso personale, potrà dilatare ulteriormente la spesa corrente degli enti locali e di quelli di gestione? Tutti questi interrogativi non trovano, a nostro avviso, una esauriente risposta non solo nel progetto di legge, ma neppure negli emendamenti presentati, che, seppur meritevoli di esame, non incidono e non possono incidere sulla struttura della legge.
La verità è che questo dibattito in aula, nel clima elettorale di oggi che impone alle forze politiche di realizzare quanto è nel loro disegno non può svolgersi in quel clima di serenità e di critica costruttiva che solo è atto a portare ai risultati che alcuni Gruppi politici ancora si attendono.
Un ultimo accenno al problema del pluralismo , che viene portato avanti da tutti i colleghi, per dire che, se su questo argomento vi è stato spazio per la discussione, se non per la speculazione elettorale, la ragione è nelle carenze del progetto che sopra si sono sottolineate. Se così non fosse non avremmo assistito a questa campagna elettorale fuori dalle date previste dalla legge.
Mi preme, peraltro, chiarire alle altre forze politiche, in particolare a quella che questa bandiera ha raccolto con tanta sicumera, ed in stridente contrasto con gli avvenimenti di questi giorni, che pluralismo nel linguaggio liberale, non si esaurisce nelle condizioni introdotte dal progetto (scuole che pratichino rette inferiori ad un certo tetto) o dalla relazione di minoranza (scuola senza fine di lucro). Questi, colleghi, sono concetti economici e mercantilistici del tutto estranei al concetto cardine di pluralismo, che neppure si esaurisce, colleghi democristiani, nella pluralità di soggetti, come la realtà della stampa italiana ogni giorno ci ricorda.
Pluralismo non significa soltanto essere in più. Per noi liberali, il pluralismo nella scuola è soprattutto un metodo ed un imperativo categorico per l'insegnante degno di questo nome, che sente il dovere della pluralità e della obiettività della informazione e dell'indirizzo nella fase più delicata della vita.
Un imperativo per l'insegnante ho detto, certo, ma anche per tutte le forze politiche che debbono perseguirlo ogni giorno, nella consapevolezza che una scuola aperta, libera, obiettiva e formativa vale bene un attestato di efficientismo per la Giunta o per il Consiglio e certamente di più che qualche preferenza strappata in qualche remota contrada della nostra Regione.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, comunico che la V e la VIII Commissione si riuniranno in seduta congiunta, un po' prima della ripresa pomeridiana dei lavori, per un supplemento di esame sul disegno di legge n. 87 per l'istituzione dell'Azienda della tenuta La Mandria.
Per rendere possibile questa riunione ed anche l'altra, già fissata per le ore 14, di un gruppo di lavoro, propongo di interrompere adesso la seduta, con l'intesa di ritrovarci puntualmente qui alle ore 15, ad evitare di dover rimanere questa sera in aula fino ad ora tardissima.
Se non vi sono obiezioni, la seduta è tolta. Alle ore 15 esatte darò la parola per primo al Consigliere Cardinali, al quale farà seguito il Consigliere Borando.



(La seduta ha termine alle ore 12,30)



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