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Dettaglio seduta n.282 del 25/10/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Viabilità

Dibattito sul problema autostradale e dell'Ossola


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo con il punto settimo all'ordine del giorno: "Dibattito sui problemi dell'autostrada in Piemonte. Prime verifiche nell'ipotesi di centri intermodali merci sul Comprensorio torinese e dibattito sull'Orsola".
La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Bajardi.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Sull'evento alluvionale dell'Ossola è stato consegnato stamane un fascicolo con gli aggiornamenti delle cifre che ho fornito l'altro giorno e che, purtroppo, cresceranno ancora non essendo comprensive dei dati relativi al Biellese.
Devo inoltre aggiungere che la durata della precipitazione ha determinato una serie di problemi anche in zone delle province di Torino di Alessandria e di Cuneo che sono particolarmente deboli dal punto di vista geologico. Registriamo diffusamente sul territorio frane e smottamenti che comporteranno una crescita ulteriore di questi dati. Al momento della riunione di lunedì a Domodossola alla presenza delle Comunità montane, dei Consiglieri regionali della zona e dei parlamentari, la cifra totale era di 62 miliardi e 800 milioni, di cui 17 miliardi di competenza statale e 45 di competenza comunale e provinciale (legge 38). A questo proposito comunico che la Giunta ha approvato la modifica della legge n. 38 e parte della legge 46 per gli aspetti connessi ai danni ai privati.
Gli accertamenti non sono ancora definitivi, posso però dire che non avranno un'incidenza rilevante.
I Comuni interessati sono 175, come risulta dalle schede a mani dei Consiglieri che indicano gli interventi che sarebbero necessari e quelli già autorizzati. Fino alla sera di lunedì i pronti interventi autorizzati dagli uffici dei Geni Civili di Novara e di Vercelli ammontavano a 7 miliardi. Le previsioni dei nostri uffici periferici per quanto riguarda le province di Alessandria, di Cuneo e di Torino sono attorno al miliardo e mezzo ma potrebbero ragionevolmente crescere a circa 10 miliardi con le ulteriori segnalazioni che potrebbero arrivare.
La Giunta regionale ha apportato una variazione ai relativi capitoli per poter dare la copertura finanziaria alle decisioni assunte in questa direzione che perverranno ai colleghi. Dovremo valutare in relazione ai nuovi elementi di informazione se la cifra impegnata a bilancio sarà sufficiente per fronteggiare i pronti interventi.
La legge 38 dà possibilità di passare dai pronti interventi alle sistemazioni definitive.
Nel corso della riunione a Domodossola i parlamentari del PCI, PSI e DC hanno ipotizzato un incontro con il Ministro dei lavori pubblici e con la Presidenza del Consiglio per trovare il modo di fronteggiare le rilevanti esigenze emerse in Piemonte. Credo che lo stanziamento impegnato con la variazione a bilancio permetterà di fronteggiare i problemi che non necessitano di interventi più organici e di progettazione delle opere. Nel passaggio alla fase successiva valuteremo anche in relazione ai possibili interventi statali (sui quali nutro preoccupazioni relative ad una ulteriore ipotesi di legge speciale per il Piemonte in seguito agli eventi successivi in altre Regioni d'Italia), in raccordo tra variazione tecnica sul bilancio del 1979 e previsione per l'80 valuteremo la possibilità di trarre nel corso dei mesi di novembre e dicembre l'occasione per una riflessione e per le decisioni che potranno intervenire. Si rende in ogni caso necessario l'avvio di una fase di progettazione per quegli interventi che saranno affrontati con il contributo statale o con il contributo regionale, oppure con i due contributi congiunti indispensabili in moltissime località. Nei prossimi giorni con l'adeguamento delle indicazioni dei danni da parte dei Comuni forniremo ai membri del Consiglio la documentazione adeguata. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fonio, con preghiera di essere sintetico, anche perché il dibattito di questa mattina era riservato agli interventi dei Consiglieri.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

La volta scorsa ho svolto una prima relazione che penso doveroso completare accanto alla relazione del Vicepresidente, che ha il compito del coordinamento e la gestione del pronto intervento (legge 38 sulle calamità naturali), in merito alla legge 54 e alla sistemazione idrogeologica in generale, tanto più che sono stati posti dei quesiti dal Consigliere Beltrami su questioni tecniche e, visto che questi temi sono stati posti non vedo perché l'Assessore specifico alla materia non debba dare una risposta.
Nella riunione di lunedì a Domodossola sono state approfondite certe situazioni e c'è stato un dibattito. Si è parlato di piene e non di alluvioni in rapporto agli eventi del 14-15 ottobre: con ciò, da parte di molti, si vorrebbe mettere in evidenza che malgrado ci sia stata solo una piena e non un'alluvione i danni sono stati ingenti soprattutto alle opere di competenza statale e regionale. Tale discorso non è corretto l'alluvione è sempre conseguenza delle piene, lo è quando le opere di difesa vengono travolte: se le opere di difesa reggono, rimane soltanto una piena, salvo vedere il prezzo pagato dalle opere stesse di difesa in termini di danni, di corrosione, di scalzamenti, di lesioni che magari non sono visibili subito. Da ogni discorso, anche da quelli più critici, balza evidente che le opere costruite dalla Regione in questi ultimi due anni hanno funzionato ed hanno resistito.
Il collega Beltrami, il quale ha posto diversi quesiti, compreso anche quello dei rapporti tra Stato e Regione, ha chiesto un approfondimento delle relazioni e delle spiegazioni specifiche per quanto riguarda il torrente Isorno e i fenomeni idraulici riscontrati in esso, che, a suo dire, malgrado l'ampio letto lasciato con la sistemazione dopo l'alluvione del '78, sarebbe nuovamente straripato. Accogliendo l'invito di dare maggior spazio alla discussione, devo precisare che all'indomani degli eventi del 7 agosto, l'alveo del torrente Isorno si presentava con il medio e alto bacino interessato da enormi movimenti franosi che trasformavano completamente la morfologia del fondo alveo, con l'alveo a valle della confluenza del torrente Fenecchia sino all'emissione del Toce, allargato notevolmente, avendo eroso le sponde specie lungo il tratto a valle della strada provinciale Montecrestese-Masera.
I tecnici dell'Assessorato alla tutela dell'ambiente, per una sistemazione razionale dell'alveo, hanno ritenuto meritevole di considerazione lo stato di fatto determinato dalla piena dando peso alle osservazioni oggettive dei luoghi. In questo breve tempo è stato avviato lo studio per la sistemazione dell'asta idrografica e la progettazione di un primo lotto con i fondi della legge regionale 54, per un importo di 500 milioni. Il progettista incaricato dalla Comunità montana ha redatto un progetto generale per un importo di 2 miliardi e 200 milioni e il primo stralcio esecutivo per 500 milioni. La Commissione tecnica regionale, nella seduta del 19 febbraio 1979, approvava lo stralcio esecutivo e si riservava di rivedere il progetto generale in attesa di una più ampia analisi sul rischio idrogeologico in proporzionamento del costo delle opere di difesa proposto. La Comunità montana approvava quindi le opere che in breve tempo venivano realizzate, tenendo conto delle prescrizioni fatte in sede da parte della Commissione tecnica.
In particolare la Commissione aveva prescritto: di realizzare con l'economia almeno due soglie a difesa delle fondazioni del muro in sinistra e per contenere le affluenze normali al centro dell'alveo di realizzare alla sommità della difesa un risvolto delle strutture in modo da fronteggiare l'energia cinetica della corrente di proteggere al piede al difesa con massi provenienti dal disalveo.
Dette prescrizioni sono state attuate in fase esecutiva; per la prima è stata data esecuzione chiedendo all'Assessorato l'impegno del ribasso d'asta, che è stato concesso; per la terza si era provveduto all'approvvigionamento dei massi provenienti dal disalveo nei pressi della difesa per ottemperare alla prescrizione. La presenza di detti massi prospicienti l'ultimo tratto ha determinato una strozzatura idraulica consentendo un improvviso accumulo di materiale solido che ha impedito il normale deflusso della piena.
Qui forse sta il problema sul quale c'è stato il rilievo non del tutto esatto del collega Beltrami. L'onda di piena ha cercato nuovi spazi di deflusso a causa di questi massi che erano lì provvisoriamente senza tuttavia arrecare danno alle abitazioni rivierasche. Comunque crediamo che l'evento del 14 e 15, a dispetto del divagare della savenella istantanea di piena, in presenza della difesa di sinistra opportunamente sagomata alla sommità, questa sia stata sufficiente a fronteggiare il carico totale posseduto dalla corrente salvo quell'intasamento provocato dai massi depositati provvisoriamente; non c'è stata nessuna esondazione e ben altre sarebbero state le conseguenze se il tratto di alveo fosse stato contenuto in sezioni ristrette, se non si fosse considerato l'allargamento al quale si è rifatto il collega Beltrami.
Da questi elementi, succintamente esposti, appare evidente qual è il taglio con il quale si lavora all'Assessorato per la sistemazione idrogeologica e l'ottica con la quale opera la Commissione tecnica regionale nominata dal Consiglio in forza della legge n. 54. Su questo strumento regionale e sul suo funzionamento è giusto che il Consiglio sia informato, anche a fronte di un ordine del giorno di una Comunità montana e delle illazioni di qualche giornale.
La Commissione tecnica regionale istituita come si è detto, è l'unica specializzata in materia per le opere di sistemazione idrogeologica sostituisce il Comitato tecnico amministrativo per le opere pubbliche che abbiamo ereditato dallo Stato. Al suo esame vengono sottoposti tutti i progetti, non solo della legge 54, ma anche di quelli della legge 28 e delle leggi speciali 17 e 46, che sono alcune centinaia.
Premesso che l'ordine del giorno della Comunità montana Val Vigezzo che domandava alla Regione di approvare sollecitamente alcuni progetti pendenti, che comprendevano lavori di sistemazione stradale e di acquedotti, non di competenza della Commissione tecnica, gli altri progetti, una decina circa, sono giunti all'Assessorato in settembre o il 12 ottobre, alla vigilia della piena. A parte il numero dei progetti che è rilevante, la Commissione sta svolgendo un lavoro eccezionale, quasi incredibile e, se dobbiamo avere uno scrupolo, è che in rapporto a problemi così importanti la Commissione è persino troppo veloce nell'esaminare progetti di questa mole e di questa importanza. Con questo non è che si voglia cercare una giustificazione, semmai si vuole sottolineare che malgrado queste difficoltà, il lavoro è condotto a ritmo incredibile (si pensi che il progetto del Melezzo per circa 6 miliardi è stato approvato nel giro di pochi giorni). Il piano di bacino del Toce è quasi concluso quindi anche tutta quella progettazione va vista con il lavoro della Commissione in riferimento ad un piano di bacino che, se non perfezionato però è ad uno stadio per cui offre un punto di riferimento, senza il quale faremmo delle opere superficiali. Questo piano di bacino ormai concluso è nell'ultima fase, che è quella di coinvolgere la partecipazione delle comunità locali, in quanto i tecnici si trovano di fronte ad una alternativa: o una progettazione tipo quella del Rodano in Francia, o quella tradizionale di dare al letto del fiume il massimo delle zone naturali di espansione. Il piano di bacino idrografico del Toce si aggiunge così ai piani di bacino del Sesia, della Dora Riparia, del Rea quest'ultimo come esperimento particolare per le zone collinari, tutti già conclusi negli anni scorsi, mentre sono in corso di formazione anche i piani di bacino per il Bormida e lo Scrivia-Curone.
La formazione dei piani di alcuni dei bacini idrografici più ampi del Piemonte è un fatto di enorme importanza che si è imposto all'attenzione dei competenti non solo perché sono i primi piani del nostro Paese.
Infatti, i piani di bacino, oltre alle indicazioni rivolte all'effettuazione di opere di difesa, riportano prescrizioni circa l'utilizzazione antropica del suolo e aprono quindi un dialogo con altri aspetti della programmazione territoriale, quali i piani urbanistici e i piani agricoli zonali per non dire di quei piani che sono più direttamente vicini alla problematica idraulica dei piani di sistemazione idrogeologica che sono i piani di utilizzazione delle risorse idriche. Non per niente parallelamente, negli anni scorsi portavamo avanti l'idea di governare le risorse idriche attraverso il piano delle acque, articolato per complessi unitari, dal punto di vista idrografico, piano generale che ormai è concluso ed è in fase di stampa.
La metodologia dei piani di bacino idrografico ormai pacificamente adottata anche dai disegni di legge statali pendenti avanti al Parlamento è stata la grande innovazione della legge regionale 54, mandata al Governo già prima della prima legislatura, quando le competenze regionali erano soltanto quelle derivanti dal decreto di trasferimento n. 8 del '72 e cioè la quarta e la quinta categoria e le non classificate. Il fatto che la legge 54 abbia portato il Piemonte ad avere già i piani di bacino della Dora Riparia, del Sesia, del Toce e del Rea basta da solo a giustificare il grande interesse dimostrato nei convegni nazionali per questa prima legge regionale sulla materia. Perciò, lungi dal condividere alcune valutazioni negative sulla legge 54, ritengo che sarebbe paradossale se la Regione abbandonasse l'impostazione della 54 che oggi è anche l'impostazione delle proposte di legge statali. Certo la legge 54 era un primo strumento incompleto, come erano incomplete le competenze trasferite nel '72 che determinavano una sorta di taglio trasversale dei bacini idrografici anche minori (la parte alta alle competenze regionali, la parte valliva allo Stato). Abbiamo sempre sottolineato la gravità di questa frattura dal momento che già da tempo era stata acquisita a livello culturale l'esigenza di intervenire nei singoli bacini con ottica organica ed unitaria, che tenesse conto nel progettare le opere di difesa del fatto che il bacino idrografico si comporta come un organismo unitario in cui quanto succede a valle è la diretta conseguenza di cause che si manifestano a monte. E' anche in quest'ottica e in questo senso che in questi anni abbiamo portato avanti il discorso e la controversia tra Stato e Regione, sulla quale interpellava il Consigliere Beltrami, per il trasferimento delle competenze sulla base del D.P.R. 616, quindi sulla base di ragioni profonde e ineccepibili di merito per la soluzione del grave problema della difesa del suolo e non per mere velleitarie vendicative di competenza.
La Regione, che già era partita nel '70 con il costituire lo specifico Assessorato in rapporto ai principi fin qui esposti, che vanno sempre più confermati dall'evoluzione culturale e legislativa in materia, doveva avere e dovrà avere il coraggio di insistere sulla strada tracciata sviluppandola adeguatamente. Inutile diventa ogni visione avanzata, unitaria, omogenea di tutti i problemi che sinteticamente ho collegato alla scelta metodologica dei piani di bacino, se poi non si creano le strutture operative adatte o se le stesse sono in contraddizione con gli scopi di una ben chiara strategia generale.
Fuori da ogni interesse personale, che evidentemente non ho mai avuto e che meno che mai può esistere per il futuro per ovvie ragioni, spero che la Regione Piemonte riesca a dare organicità e unità alle proprie strutture in coerenza con un'impostazione per la sistemazione idrogeologica e forestale che è ormai da tutti accettata e della quale è stata antesignana oltretutto ne trarrebbe vantaggio anche il dibattito in corso con lo Stato sulla ripartizione delle competenze Lo Stato non ha mancato infatti di difendere la propria posizione accentratrice di ogni competenza e la propria impostazione per bacini interregionali, da gestire attraverso i Magistrati delle acque o altre strutture da istituire, addebitando alle Regioni anche un'organizzazione loro interna troppo ripartita e segmentata e quindi non all'altezza di un'unica visione organica dei problemi idrogeologici. Anche per questi motivi, che si riferiscono alla controversia ancora aperta con lo Stato, sono sempre stato il primo ad essere d'accordo con chi sosteneva la necessità di un'unificazione o migliore aggregazione delle competenze nell'ambito regionale, come spesso in questi ultimi anni ha fatto, per esempio, il collega Petrini. Non so se Petrini parlasse o meno con le inclinazioni che gli provenivano dall'essere stato Assessore ai lavori pubblici a questo punto non interessa nemmeno in quale direzione andrà la migliore aggregazione auspicata, certo è che la stessa obiettivamente si impone e va serenamente attuata.
A suo tempo avevamo trasmesso alla II Commissione consiliare i documenti relativi alla prima fase della controversia che era sfociata nel ricorso alla Corte Costituzionale, anche da parte della nostra Regione contro i vari atti governativi che, con la delimitazione dei bacini idrografici a carattere interregionale, quindi sottratti alla competenza delle Regioni, finivano per sottrarre all'intero territorio nazionale salvo le isole, alla competenza delle Regioni in violazione a quanto prescritto dal D.P.R. 616 soprattutto per quanto attiene al passaggio alle Regioni delle opere idrauliche di terza categoria.
Chiaramente si voleva investire la Commissione e quindi il Consiglio del grave problema ed informare di tutte le iniziative da noi prese unitamente alle altre Regioni, sia nei vari convegni appositamente organizzati, sia in sede parlamentare. Voi sapete quali sono state le cause assolutamente di forza maggiore che hanno impedito per molti mesi di affrontare tale discorso, che, lungi dall'essere superato, sta diventando sempre più di attualità in vista della scadenza del 1° gennaio 1980 fissata dall'articolo 89 del D.P.R. 616. Detto articolo 89 recita: "Per le opere idrauliche relative ai bacini idrografici interregionali si provvederà in sede di legge di riforma dell'amministrazione dei lavori pubblici e, in mancanza di tale legge, le funzioni sono delegate, a far data dal 1° gennaio 1980 alle Regioni interessate che le esercitano sulla base di programmi fissati e coordinati dai competenti organi statali". Lo Stato non ha provveduto alla riforma dell'amministrazione dei lavori pubblici e, predisponendo un decreto volto a far slittare il termine del 1 gennaio 1980, stabilito per il passaggio delle competenze alle Regioni vuol cogliere l'occasione ancora una volta per ribadire la sua impostazione sui bacini interregionali e rafforzare le sue impostazioni per il mantenimento della sua competenza nelle opere di terza categoria. In verità, il decreto che delimita i bacini interregionali affermando che il riferimento alle opere idrauliche sono del tutto irrilevanti, fa pensare che si voglia rimettere in discussione persino la delega delle funzioni amministrative circa le opere di quarta e quinta categoria non classificate già concesse alle Regioni prima del D.P.R. 616.
Senza dilungarci su questa materia e rimandando ad una trattazione in apposite riunioni, riteniamo opportuno ribadire che il problema della conflittualità della competenza fra Stato e Regione non si risolve a nostro avviso con un taglio netto, ma distinguendo piuttosto la natura di queste competenze. Non vi è dubbio che lo Stato manchi della capacità operativa soprattutto per i livelli territoriali più ristretti come stanno a dimostrare le vicende dell'Ossola, del Biellese e della Val Sesia, mentre è propria dei poteri locali la capacità di cogliere l'esigenza ed i problemi magari delimitati, ma di importanza vitale. D'altro canto lo Stato pu disporre di una visione dei problemi più complessiva e sintetica, che gli consente di fare opera di coordinamento e di indirizzo generale.
In particolare, per il bacino del Po, le Regioni interessate stanno perfezionando delle proposte, che vanno dall'ampliamento dei Comitati di bacino previsti nella legge Merli per il risanamento e l'utilizzazione delle acque, a quelle di un consorzio interregionale per il quale fin dal 1977 si era abbozzato uno studio, sarà comunque il Consiglio regionale che dovrà, anche attraverso la disamina della II Commissione, pervenire alle definitive valutazioni della nostra Regione, anche se il problema è così nitido da aver fatto trovare unanime la solidarietà delle Regioni a difesa delle competenze quali sono scaturite dai vari decreti delegati.
Nel frattempo, per quanto riguarda l'Assessorato alla tutela dell'ambiente, sia nella gestione della legge 54 che in quella delle risorse alla stessa assegnate, si opera in stretta connessione con i principi informativi della legge stessa di cui abbiamo parlato. Anche in rapporto agli eventi calamitosi di questi ultimi anni, per quanto di nostra competenza diretta e per quel tanto che i nostri pochissimi funzionari possono dare di collaborazione alle Comunità montane e ai centri operativi si è lavorato perché si impostassero progetti generali sul bacino (vedi Melezzo, Isorno) in stretta connessione con l'elaborazione del piano di bacino idrografico e generale, che rimane il punto di riferimento oggettivamente più sicuro e più valido indipendentemente da ogni discussione sulle competenze. Se poi i nodi sulle competenze si scioglieranno con salvezza dei sacrosanti interessi vitali delle Regioni non ci resta che auspicare che si raggiunga al nostro interno quel perfezionamento delle strutture unitamente ad una congrua destinazione delle risorse che ci metta in grado di affrontare sempre più il gravissimo problema della difesa del suolo come uno degli aspetti più concreti e costanti della programmazione regionale per prevenire e scongiurare in futuro certe calamità oggi ancora troppo frequenti.



PRESIDENTE

Si apre così il dibattito. Chiede di parlare il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Vorrei pregare il Vicepresidente Bajardi, che stamattina ha distribuito gli atti e i documenti dell'Assessorato alla viabilità e trasporti, di dare una precisazione importante e necessaria su quanto è scritto a pagina 3, al n. 4 dell'introduzione al dibattito sui problemi delle autostrade: " Situazione più generale delle autostrade per quanto si riferisce alla società Ativa".



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Bajardi.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Dal 20 febbraio 1978 l'Ativa è sotto gestione controllata. Scadono i due anni, mi sono interessato per poter fornire al Consiglio ragguagli. La direzione generale dell'Anas e il Ministero dei lavori pubblici hanno riferito che nel corso del mese di dicembre c'è un'altra azienda nelle stesse condizioni. In ragione dell'atteggiamento che il Ministero dei lavori pubblici e l'Anas assumeranno in quell'occasione è presumibile che lo stesso atteggiamento sarà assunto in relazione all'Ativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, indubbiamente questo dibattito sulla grande viabilità avrebbe avuto ben altro taglio e ben altra impostazione se si fosse svolto alla data inizialmente fissata e se non si svolgesse in un'aula con la presenza di un terzo dei Consiglieri. Senza voler recriminare su quello che è stato, c'è solo il rammarico di non aver potuto disporre nella sede istituzionale prima ancora che in altri pur importanti momenti tecnici, di tutti i dati e gli elementi emersi ad esempio nel corso della recente conferenza nazionale del traffico di Stresa. Dati elementi ormai noti e di estremo interesse per il Piemonte così come è dato di sapere anche dal preannunciato disegno di legge governativo sulla grande viabilità autostradale. E' vero che la sensazione da vincere è quella del "cosa ci resta da dire o da fare", del senso di un'iniziativa globale per il problema autostradale che supera la dimensione regionale, per quanto sforzi si facciano per presentare il "pacchetto" dei provvedimenti come un successo della Regione Piemonte. Siccome però il discorso complessivo è lungi dall'essere completamente chiuso e per quanto importante, nessuno può pensare che tutto ciò che è viabilità in Piemonte si esaurisca nella soluzione dei problemi autostradali, ecco che ci resta ancora parecchio da dire e da fare, sia come puntualizzazione che come proposta concreta. Senza affrontare il tema del trasporto merci (ed in particolare quello del centro intermodale di Torino) su cui interverranno altri colleghi democristiani, è evidente che, prima di tutto, occorre registrare con soddisfazione che tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio hanno progressivamente acquisito la determinazione che necessitavano interventi straordinari ed urgenti, sia finanziari che legislativi, per risolvere i nodi cruciali della viabilità in Valle di Susa, per il completamento dell'asse Voltri-Sempione e per la sistemazione della Torino-Savona. Questa impostazione, che il Gruppo D.C. ha coerentemente perseguito, anche sottolineando come il problema autostradale fosse stato un po' sorvolato a livello di pianificazione regionale ci consente ora di evitare la polemica del tempo perduto e della programmazione regionale assai lenta a beneficio di un richiamo, questo sì rigoroso, inteso a far sì che nel futuro non si debba più assistere ad un identico tipo di soluzioni a carattere estemporaneo e forzate da argomentazioni valide da sempre ma, a volte, accentuate emotivamente. E' dal confronto tra le singole componenti interessate che dobbiamo far emergere le scelte: i momenti di contatto tra Regione, Anas, ecc., ce ne sono stati parecchi, nel corso della programmazione per convegni che ha fatto da premessa al piano regionale dei trasporti. La sensazione di non aver saputo cogliere gli obiettivi, magari pochi, ma qualificanti, per un incisivo programma viario in Piemonte, deve guidarci ad un metodo ed a contenuti da dare al nostro agire futuro. Se il nostro metodo, come già detto, è il più partecipato possibile, i contenuti sono le decisioni, le scelte tra la rosa delle ipotesi tecniche: e spetta senza dubbio all'Amministrazione regionale assumersi questo tipo di responsabilità.
Quanto ai tre progetti, già approvati dal Consiglio dei Ministri, non si può che essere d'accordo, nel merito, per tutta una serie di considerazioni che abbiamo più volte esposto. Il Piemonte deve avere respiro europeo nel dotarsi di queste infrastrutture viarie indispensabili anche per la proiezione futura dei traffici internazionali: la Valle di Susa e la Val d'Ossola sono "punte" geografiche che collegano la Regione alla Francia ed alla Svizzera. Al di là dei confini, i rispettivi Governi hanno già predisposto le misure viarie e non, tendenti a sostenere i vari carichi di percorrenza: anzi, la Svizzera, con il progetto del traforo del Gottardo, ha mostrato di voler privilegiare una certa linea di indirizzo che finirà per dirottare verso il Piemonte una parte consistente del traffico da e per la Germania. Senza ripetere il noto discorso turistico (ma 6.000 miliardi introitati all'anno dai turisti possono pure far riflettere) è da ritenersi che il provvedimento legislativo del Governo consentirà alla nostra Regione di stare al passo con lo sviluppo europeo a livello di grandi infrastrutture viarie, tenuto conto, soprattutto, che anche in periodo di crisi economica, l'incremento dell'auto è un dato costante delle previsioni dei tecnici.
E' chiaro che a noi, in Piemonte, le tre nuove realizzazioni porranno soprattutto problemi di compatibilità, di armonizzazione della rete stradale regionale, di sbocchi adeguati sul territorio, in parte adombrati dal piano dei trasporti, ma non studiati, anche per oggettiva impossibilità. Per cui siamo subito a porci, proprio per uno spirito di adeguatezza di scelte e realtà in divenire, la questione di un opportuno collegamento, se non di vera e propria variante o integrazione al piano peraltro già accennata dall'Assessore che tenga conto dei nuovi elementi dei tre tronchi autostradali. Al di là di quello che può essere il problema squisitamente tecnico (svincoli, circonvallazioni, raccordi), che pure esiste, se si vuole che il traffico scorra anche "oltre" l'autostrada, si impone un indirizzo anche sulla viabilità di livello statale, al fine di integrarla con le grosse percorrenze internazionali. Ho già avuto modo di osservare come il progetto di una pedemontana, che costituisca una specie di "gronda" lungo tutto l'arco alpino, non sia un'ipotesi del tutto fuori di logica anche se obiettivamente, deve porsi nel campo delle strategie del lungo periodo. Ciò che deve invece preoccuparci, se non nel breve quanto meno nel medio termine, è il tratto piemontese di questa pedemontana. E ciò non soltanto perché risulta essere nei "voti" programmatici dei Comprensori interessati, ma perché questa ipotetica (per ora) tratta pedemontana risponde ad una serie di esigenze, non ultima quella di non vanificare la diffusione orizzontale del traffico da oltre frontiera attirato dal completato asse Voltri-Sempione e dal suo aggancio con Sesto Calende. Tanto per intenderci, il collegamento orizzontale ora citato potrebbe sostanziarsi nella pedemontana dell'autostrada Aosta-Ivrea alla Voltri-Sempione, attraverso Biella-Cossato e Romagnano e parallelamente, con l'asse intermedio Cuneo-Alba-Asti-Casale, quale collegamento diretto con la Lombardia e il sud-est della Francia.
Questo mi parrebbe, a titolo esemplificativo, un modo lungimirante di affrontare prospettive viarie che inevitabilmente verranno a concretizzarsi nella nostra regione negli anni '80. Analogo impegno ed analoga attenzione è da riservare a tutte le ipotesi che venissero ad emergere circa l'aggancio dell'autostrada del Frejus alla viabilità nazionale e locale.
Pare legittimo, superata una dimensione un po' provinciale che ci avrebbe collocato alla periferia d'Europa per quanto attiene l'assetto viario a sviluppo internazionale, attrezzarsi a pianificare il parallelo sviluppo interno. E' una tematica questa, che a scadenze consiliari normali, si attendeva di svolgere in sede di dibattito sul piano regionale dei trasporti, il quale forse giungerà a noi tardivamente; rispetto a talune questioni, ma che costituirà comunque il momento propizio, più volte richiesto, per un'analisi accurata e sistematica di tutte le questioni viarie. In attesa di quella fase, la nostra odierna presa d'atto di fatti e provvedimenti, senz'altro positivi, ma concretizzatisi fuori di questa aula, si qualifica come il soddisfacimento di un'istanza, proposta secondo varie forme e sfumature, anche se pone il dito sulla piaga dei limiti del nostro far programmazione e, se vogliamo un po' infierire, sulla dimensione che - su questi problemi - abbiamo potuto o saputo darci. Pensiamo comunque, pragmaticamente ad un futuro che in tema di viabilità e trasporti ci fornirà molte occasioni ancora per far valere un'iniziativa spiccatamente regionale.
In positivo mi parrebbe - ed il suggerimento vale come proposta - assai produttivo riprendere con scrupolo ed attenzione il discorso del miglioramento delle infrastrutture dei trasporti nei transiti alpini, già sollevato organicamente da una risoluzione del Parlamento Europeo del 1973.
Così come, sulla scorta delle difficoltà incontrate finora per i tronchi autostradali (difficoltà non solo tecniche, ma anche legislative), non mi sembra inopportuno affrontare il discorso che per comodità chiamerei delle "superstrade", significando con ciò uno stimolo a vedere, laddove possibile, in questa infrastruttura l'alternativa all'autostrada. Sono temi appena accennati ma tutti, se vogliamo da sviluppare. Lo scopo è di dimostrare che spazio per l'iniziativa regionale ce n'è ancora parecchio.
Starà alla volontà e capacità nostra sfruttare le prospettive esistenti.
L'abbinamento dei due argomenti all'ordine del giorno del Consiglio regionale mi consente di intervenire, purtroppo con ben altro spirito, sul tema della recente, nuova alluvione che ha colpito il Piemonte. Certo l'amarezza di questi momenti è pari al dispetto che l'impotenza di fronte a queste calamità naturali provoca in ciascuno di noi. Anche se in questi momenti ci sentiamo vicini alle popolazioni colpite credo che esse siano ormai convinte che la miglior solidarietà consista nel mostrarsi operanti e concreti di fronte ai disagi ed alle difficoltà causate dagli eventi alluvionali, più che dalle attestazioni generiche, che sono d'uso, ma che con sempre maggiore inquietudine vengono accolte.
Desidero comunque dare atto all'Assessore Bajardi di aver presentato in merito ai recentissimi disastri una relazione che ha il pregio della completezza. Dopo alcuni giorni di pioggia ancora una volta nel nostro territorio si sono verificati in Val d'Ossola, in Val Sesia, nel Biellese e in altre zone del Piemonte: morti, feriti, allagamenti, frane, crolli di ponti, interruzioni di strade e di alcuni tratti di ferrovia, aziende danneggiate. Il tutto per un totale, notevole e preoccupante, di 61 miliardi, a tutt'oggi accertati che devono essere reperiti come pronto intervento a livello regionale e come ripristino mediante idonee pressioni a livello governativo ed anche di Comunità Economica Europea che è gia intervenuta precedentemente nei confronti della Regione Piemonte. Dico subito che l'esistenza di uno strumento legislativo regionale (la legge 38 del 1978) ci permette di operare quasi del tutto, in casi come quello della recente alluvione, entro un solco prestabilito e sulla traccia di situazioni reali. L'analisi obiettiva della situazione ci impone tuttavia alcune riserve ed alcune valutazioni. Siamo, in Piemonte, in zone largamente alluvionali (le statistiche lo dimostrano), il margine di imprevedibilità delle catastrofi naturali è ancora tanto largo da sfuggire ad una umana certezza, e nemmeno l'uso del suolo ed il disordine idraulico di anni ed anni hanno permesso di ridurre questi margini. Il problema vero è proprio quello di chiederci se come Regione ci siamo messi in condizione di fare tutto il possibile perché il ripetersi di questi eventi alluvionali non comporti conseguenze il più delle volte catastrofiche anche sul piano umano e comunque tali da richiedere un largo impiego di mezzi per ripristini, sistemazioni ed opere di vero e proprio pronto soccorso. Ma prima del pur necessario esame dell'operato regionale, nelle forme sin qui dispiegatesi, è giocoforza ripetere che le ricorrenti alluvioni hanno cause strutturali oltre che contingenti. E fra le prime dobbiamo riconoscere senza dubbio le notevoli carenze esistenti nell'attuale assetto idrogeologico di gran parte dei corsi d'acqua della nostra regione. Causa non unica, Assessore Fonio, ma certo importante per la quale la Regione per dovere morale, prima ancora che per competenza giuridica, ha il compito di predisporre le necessarie contromisure. Credo che a questo punto non sia più ulteriormente differibile l'approvazione di un piano regionale di sistemazione dei bacini che preveda una complessiva, organica sistemazione delle aste dei corsi d'acqua con le relative opere idrauliche di competenza regionale piano che sia, a tempi stretti, la razionale premessa programmatica ad interventi seri ed efficaci e che noi non conosciamo checché ne dica l'Assessore in aula.
Una volta acquisito il dato complessivo del piano regionale di sistemazione dei bacini il problema, se di problema si può parlare diverrebbe quello delle priorità, che tuttavia credo che il ripetersi periodico delle calamità naturali lungo gli stessi alvei contribuisca in gran parte a determinare. Il Toce, il Melezzo, l'Isorno, il Sesia, il Cervo, il Sessera, i fiumi dell'Alessandrino con i relativi affluenti tornano periodicamente alla ribalta in quanto artefici negativi di tanti disastri. Non dimentichiamo, tra l'altro, che proprio nella legge 38/1978 (quella che regola il pronto intervento) è stato inserito l'articolo 5, che nel suo ultimo comma così recita: "Le indagini, gli studi e le progettazioni, specie riferite agli interventi di prevenzione disposti ai sensi dell'articolo 1, devono essere coordinati, ove esistano, con i piani di bacino in corso di studio o di attuazione di cui possono costituire parte integrante". La ratio della disposizione è evidente: non solo gli interventi di pronto soccorso, ma anche gli studi ai fini preventivi necessitano di un indispensabile riferimento con i piani di bacino rilevandone il ruolo fondamentale anche per le operazioni connesse a pubbliche calamità ed alluvioni. Fermo restando pertanto il limite delle competenze nei confronti del Magistrato per il Po, è chiaro che come Regione dobbiamo intervenire passando a provvedimenti concreti, utilizzando strumenti legislativi che ci sono accelerando i meccanismi di spesa in un settore che in questi anni è andato accumulando il maggior numero di residui passivi. Ci attendiamo dunque di conoscere al più presto, in sede di Consiglio o di Commissione, i risultati concreti della legge regionale 54/1975 più volte richiesti nei modi in cui sinora ha agito e le prospettive di una più efficace operatività futura, assicurando, a quest'ultimo riguardo, la nostra disponibilità a trasformare in impegno concreto i rilievi fatti quest'oggi.
Per quanto concerne invece l'operato regionale più strettamente attinente agli eventi alluvionali mi pare invece che la Regione sia ancora carente in tre punti, per i quali sollecito l'intervento del governo regionale.
1) E' stato finora eluso l'ordine del giorno del 25 maggio 1978 votato all'unanimità dal Consiglio regionale il giorno stesso dell'approvazione della legge 38 nella parte riguardante la creazione di una struttura tecnica per i momenti di prima necessità e di immediata operatività. Non si dice che la struttura anzidetta salvi dalle calamità: essa vuol invece essere un punto fermo per cui fare riferimento nei casi di eventi alluvionali o calamitosi, cui affidarsi come capacità operativa diretta e per i collegamento esterni con gli organi della sicurezza civile. Ricordo che con il voto del Consiglio regionale avremmo dovuto ottemperare a queste incombenze entro la fine dello scorso anno 1978.
2) Analogo termine la Giunta aveva per avviare una propria iniziativa legislativa nel campo dell'accelerazione delle procedure regionali per quanto concerne i lavori pubblici. Dopo taluni dati avvilenti, già esposti in sede di esame di bilancio regionale (legge 28 opere igieniche, legge 54 sistemazione idraulica forestale), c'è da chiedersi se tutto funziona anche per ciò che riguarda le pubbliche calamità. E non lo si può fare altrimenti che con i dati alla mano senza intenti meramente polemici, ma per vedere se veramente qualcosa non ha funzionato e qualche meccanismo non è da rivedere per il futuro. Sarebbe pertanto interessante disporre di dati analitici in II Commissione per ciò che concerne le ultime alluvioni (maggio '77 ottobre '77, agosto '78) al fine di avviare non la sterile ricerca della "colpa", ma per cogliere, se c'è beninteso, qualche pecca nei meccanismi di realizzazione dell'opera pubblica. La legge 38 consentiva già forme accelerate di spesa: sono state efficaci? O no? Indipendentemente dalle modifiche annunciate oggi dall'Assessore Bajardi. La revisione generale delle procedure può giovare anche per il pronto intervento. Gli impegni assunti dalla Giunta facevano pensare ad un provvedimento imminente: credo che il ripetersi di questi gravi eventi accentui l'urgenza della cosa.
3) La 38/1978 prevede anche ". indagini, studi e progettazioni per interventi, anche preventivi e di carattere definitivo" (articolo 2 lettera b), poi più dettagliati all'articolo 5. Qui forse come Regione siamo maggiormente inadempienti: l'aspetto preventivo della situazione di pericolo, da realizzarsi anche attraverso lo studio tecnico geologico, è stato unanimemente rilevato da tutti come fatto di importanza fondamentale.
Credo che questo ulteriore campanello d'allarme non possa né debba essere sottovalutato e che anzi proprio da questa situazione debba avviarsi un'organica politica regionale anche nel campo dell'analisi idrogeologica insieme alla già ricordata indispensabilità di sistemare i bacini montani e le relative opere idrauliche. A conclusione di questo mio breve intervento mi verrebbe da ripetere espressioni tante volte usate, di solidarietà per i colpiti e di auspicio per un miglior "attrezzarsi" nostro e di tutti gli altri organi preposti a fronteggiare gli eventi calamitosi. Anche se il concetto è scontato non vedo altro modo che i fatti concreti per rispondere alle richieste della gente: fatti concreti che sono sì presenza sul posto assistenza al momento del disastro, dinamica ricerca delle risorse occorrenti per le riparazioni, ma che sono anche paziente attenta intelligente, metodica attività di ogni giorno per evitare che il tanto promesso non si areni nelle secche di lentezze e ritardi che rischiano di far assomigliare anche la Regione sempre più ai modelli che abbiamo tutti fatto a gara nel criticare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'abbinamento dei due argomenti, che può significare obiettivamente gli interventi, rende per più complicata l'analisi dei due problemi se la vogliamo vedere da un punto di vista strettamente tecnico e legato ai problemi che ciascuno degli interventi solleva. Diventa invece un problema unico se lo vediamo da un punto di vista generale tendente a mettere in evidenza la grossa crisi verso la quale stiamo andando, crisi che, secondo me, sconta l'esistenza della programmazione nazionale, sconta quello che il collega Fonio aveva accennato, l'aperto conflitto di competenza e sconta soprattutto l'impossibilità di addivenire a soluzioni che comportino il minimo di spesa e che non gravino eccessivamente sull'erario nazionale e regionale.
Dico questo perché l'esperienza fatta nell'Ossola, l'analisi attenta dello studio che è stato presentato sulla viabilità in Val di Susa, mettono in evidenza una serie di problemi che sono emersi per ragioni legate alla realtà che è venuta fuori: se non avessimo avuto il disastro dell'Ossola dello scorso anno forse questi problemi non li dibatteremmo ancora o li dibatteremmo soltanto nella campagna elettorale nei confronti dell'UOPA per quello che riguarda l'Ossola e gli altri movimenti autonomistici, per quello che riguarda le altre zone.
Dobbiamo riconoscere che questa realtà ha messo in movimento anche tutta l'altra che evidentemente era già all'ordine del giorno: cade il diaframma dell'ultimo settore della galleria del Frejus e scoppia il problema delle comunicazioni: credo che non fosse e non dovesse essere un problema ignorato con tanto disinteresse. D'altra parte, dico con estrema franchezza, pur sapendo di parlare non in termini strettamente politici o di partito, che non si può contare sulla presenza di un Ministro piemontese per risolvere i problemi del Piemonte, laddove, se per caso il Ministero dei lavori pubblici fosse stato affidato ad un Ministro della Basilicata noi saremmo ancora qui a discutere. Tutto questo mette in evidenza questa grossa crisi verso la quale andiamo e che dobbiamo esaminare con estrema attenzione.
Vediamo prima l'argomento della grossa viabilità. Credo che lo studio di massima fatto dalla Finpiemonte per il collegamento con il centro intermodale ad Orbassano, a volo d'aquila, con la cartina 1/100.000 di cui è dotata la relazione, può consentire un giudizio approssimativamente valido, così come anche le proposte che emergono nello studio stesso.
L'elemento valido che riscontro è l'ipotesi di una strada che colleghi il Frejus con il sistema stradale attorno a Torino, concepita come strada aperta. Ho la sensazione che andremo verso questo tipo di risoluzione soprattutto quando la grande viabilità attraversa centri e zone fittamente abitate, che non possono essere considerate centri isolati collegabili con autostrade in sezioni chiuse. Il ragionamento è emerso anche per la zona dell'Ossola, per il completamento della Voltri-Sempione, nel tratto da Gravellona al Sempione. Sono problemi che si impongono e pongono, anche in termini di carattere tecnico, le previsioni future di come sviluppare il settore autostradale. Cito un esempio che forse qualcun altro ha fatto: è sufficiente il ripristino della cappa del ponte sul Ticino dell'autostrada Torino-Milano per creare in diverse ore della giornata degli intasamenti che rappresentano qualcosa di apocalittico, paragonabile solo al film di Alberto Sordi. C'è, in prospettiva, un grosso pericolo anche in questo senso.
Tornando al problema della viabilità in Val di Susa, la domanda che pongo è questa. Lo studio della Finpiemonte in che misura si concorda con gli studi e le previsioni dell'Ente che sarà tenuto ad attuare? Mi rendo conto che da un punto di vista strettamente tecnico le soluzioni non saranno eccezionali. Si potrà discutere sulla sezione stradale, si potrà discutere sull'opportunità, ma i tracciati emergono da una realtà che è evidente.
La localizzazione del centro intermodale di Orbassano mi pare appropriata, in quanto va ad avvicinarsi allo scalo di smistamento di Orbassano, ma non posso dimenticare che non più di dieci anni fa essendo io all'urbanistica, avevo avuto sollecitazioni perché assolutamente il centro di smistamento ferroviario non fosse fatto in quella località. Ora facendosi l'uno, rientra nella logica l'altro. Non so dire se il problema della localizzazione è stato risolto brillantemente e se possibilità alternative sono state opportunamente valutate.
Per arrivare alla sintesi di quello che volevo dire e spostandomi quindi al problema dell'Ossola la mia grossa preoccupazione è che stiamo esaurendo o consumando una serie di risorse notevoli nel fare dei grandi progetti, da parte nostra, dell'Anas, del Magistrato del Po, delle Province e credo che proprio questa situazione ci fa correre il rischio di arrivare in quel cul-de-sac in cui non ci sarà possibilità di un'organica presentazione delle progettazioni e delle attuazioni in termini soddisfacenti. Lunedì c'è stata a Domodossola la riunione presieduta dal Presidente Viglione con l'intervento dell'Assessore Bajardi e abbiamo dovuto constatare che l'Assessore Fonio parlava di un piano di bacino virtualmente pronto, ma il Magistrato del Po ha detto in termini chiari che un bacino di un fiume che ha diverse possibilità e, come sfocio ultimo, il Po, è qualche cosa che deve essere coordinato con lo studio che fa riferimento al Po, perché non siamo in grado di far passare una certa portata pena i disastri che si sono già verificati.
A questo punto mi domando qual è la possibilità di operare all'interno delle strette competenze regionali per arrivare a soluzioni soddisfacenti.
Pongo una domanda, che ho già posto più volte in Consiglio con scarsi risultati. Si può configurare quella viabilità regionale a cui fa riferimento l'articolo 117 e che ancora non abbiamo? C'è la possibilità di operare realmente per isolare nella rete una serie di strade che abbiano questa caratteristica e che quindi possano essere opportunamente gestite ed amministrate dalla Regione? Tornando al centro operativo di Domodossola devo dare atto che il pronto intervento regionale c'è stato e che graverà tutto sul bilancio della Regione, è un pronto intervento che ha certamente dato la prima risposta alle esigenze immediate che si sono determinate dopo la piena. Ma quando si parla di 60 miliardi per ricostruire o riavviare il discorso di sistemazioni che tendano nei limiti del possibile ad evitare il ripetersi delle calamità, non so come riuscirà la Regione con i suoi mezzi a risolvere un problema di questa portata. Non so se il collega Petrini è più ottimista di me.
Una raccomandazione in questo senso vorrei farla all'Assessore Bajardi.
Verifichiamo con attenzione le richieste che sono state fatte dai Comuni.
Ho la sensazione che queste richieste siano un tantino gonfiate per ragioni non troppo ignorabili rispetto alle scadenze elettorali che avremo nella prossima primavera.
Cerco di avviarmi ad una conclusione, chiedendo che la Regione sia capofila in tutte queste iniziative, che la sua attività di progettazione avvenga sempre in termini di coordinamento con gli altri Enti, perché senza questo collegamento arriviamo all'impossibilità materiale di operare.
D'altra parte questo può essere fatto efficacemente perché non mancano alla Regione le capacità di operare in questa direzione.
Nel piano comprensoriale presentato dal Comprensorio di Novara c'è un tracciato completamente diverso dell'autostrada Voltri-Sempione nel tratto che da Biandrate si porta verso il nord. E' un'ipotesi, è una speranza? A me risulta che la Spea ha progettato un altro tracciato e non lo ha fatto gratuitamente. Anche in questo senso occorre distinguere in che misura una soluzione è stata già studiata attentamente e in che misura quel progetto se da variarsi, sia variato attraverso lo stesso canale. Sono nodi che hanno alla base certamente il fallimento e il mancato decollo della programmazione nazionale: non vorrei che avessero, se non il fallimento almeno il balbettamento o gli inciampi troppo frequenti anche di una programmazione regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Borando. Ne ha facoltà.



BORANDO Carlo

Sono pervicacemente teso alla realizzazione dell'autostrada Voltri Sempione perché ritengo sia l'unico mezzo per avere vantaggi in tutti i settori. Non vorrei però che le modificazioni che si propongono possano costituire un ostacolo alla prosecuzione del programma. Tra l'altro, quando si studiava questo tracciato, personalmente ero più favorevole a quello spostato verso la città di Novara, perché, dicevo allora e ripeto oggi quando andavo a scuola tra le prime nozioni di geometria che mi hanno insegnato c'era quella che la linea retta è più breve e siccome una strada più breve costa meno di una strada più lunga, sostenevo questo; a meno che ci siano degli ostacoli naturali.



MARCHINI Sergio

Ma ci sono le convergenze parallele!



BORANDO Carlo

Quella delle convergenze parallele non è una mia teoria, caro Marchini.
Sono stato interessato da sindaci e da tecnici incaricati da Comuni di studiare piani regolatori i quali devono sapere se un'autostrada passa in un luogo piuttosto che in un altro. Quindi un chiarimento per quanto concerne il problema dell'autostrada è opportuno.
Per quanto concerne il problema dell'Ossola, poiché tutti gli anni siamo purtroppo costretti a parlarne come di altre zone alluvionate, se da un lato devo lodare la pronta e fedele fotografia della situazione fatta dal Presidente e dal Vicepresidente, dall'altro devo sollecitare l'Amministrazione a verificare se tutte le denunce fatte dai Comuni rispondono a verità, siccome anche a me è giunto all'orecchio che ci sono delle gonfiature. E' evidente che di fronte ad una spesa di 60 miliardi il lupo sembra più nero, ma che una spesa di 20 miliardi sembra più facilmente affrontabile e non vorrei che si finisse con il distribuire un po' a ciascuno, sia a quel Comune che di danni ne ha avuti molti, sia a quello che ne ha avuti pochi. Per quanto concerne il Toce ho sentito dalla relazione dell'Assessore Fonio che il piano di bacino sarebbe ormai quasi pronto e che le popolazioni locali decideranno se farlo in un modo piuttosto che nell'altro, o con una sezione ristretta del fiume per consentire di recuperare terra e spazio o con una sistemazione del letto del fiume più larga per consentire l'esondazione. Di fronte ad un simile discorso l'ingegnere Cammarata, dell'Ufficio del Magistrato del Po, contro il quale si sono scaricati giustamente od ingiustamente i malumori, diceva che l'argine completo dei fiumi dovrebbe avere una dimensione e un'altezza tali che diventa difficile l'affluenza delle acque. Ora, quando mi si dice che il piano di bacino è pronto e che si tratta soltanto più di concordarne l'attuazione con i sindaci, mi sento in dovere di osservare che con tutto il rispetto che ho per i sindaci, in tema di ingegneria idraulica non hanno competenza. Visto che c'è una Commissione alla quale è stato demandato questo compito mi pare che debba essere discussa qui la soluzione ottimale ed i relativi costi. Ci sono dei dati da cui non si può sfuggire, la giacitura del terreno, la pendenza, gli indici di piovosità, i volumi d'acqua che in circostanze eccezionali si devono far defluire: situazioni non opinabili che non si possono regolare neanche con una legge regionale sulle quali ci vuole il parere dei tecnici. Non dico che non si debba discutere, dico che occorre informare sulla soluzione. Gli olandesi costretti dalle necessità, per conquistare i terreni al mare, non hanno badato né a sacrifici, né a spese, forse anche da noi varrebbe la pena di farlo. Si traducano in cifre i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna soluzione e si ripropongano; sulla base di queste proposte il Consiglio regionale e poi le popolazioni potranno giudicare; diversamente andiamo a cercare la partecipazione per trovare soluzioni che, secondo me, sono dettate solamente dalla matematica e non dalle opinioni degli amministratori o dei cittadini, per quanto io rispetti l'opinione pubblica.
Potrebbe darsi che le Amministrazioni locali siano state prese dall'ansia di fare in fretta ed abbiamo affidato i progetti a tecnici comunali non sufficientemente qualificati. Giorni fa il Sindaco di S. Maria Maggiore era contrariato per il fatto che il Comune aveva incaricato di un lavoro due tecnici, un ingegnere ed un geometra, che operano nella Val Vigezzo da 20 anni, che hanno presentato per ben due volte un progetto che non andava bene. Ora, si tratta di mettere d'accordo la solerzia a cui accennava l'Assessore e le lagnanze fatte dagli amministratori locali.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Contrariamente ai colleghi che mi hanno preceduto tratterò il problema che ritengo il più importante e il più urgente tra quelli derivati dal susseguirsi delle alluvioni nell'Orsola dove i danni sono stati maggiori e nel resto del Piemonte. Sono interessati 175 Comuni per 63 miliardi di danni, di cui circa 8-10 miliardi per pronto intervento. Purtroppo il danno maggiore è costituito dai cinque morti nella zona dell'Ossola.
Di fronte a questo susseguirsi di calamità non possiamo considerare questi eventi eccezionali od occasionali ma il discorso deve essere ulteriormente approfondito. Abbiamo alle spalle 40-50 anni di incuria nei confronti del riassetto idrogeologico, quindi il problema globalmente è molto più complesso di quanto non possa apparire a prima vista. Certo gli amministratori non possono non tenere conto di questo insieme di problemi non possono non tenere conto dell'abbandono della montagna da parte dei suoi abitanti, fatto che incide sulla situazione idrogeologica e territoriale. Né si può dimenticare lo sviluppo distorto di certe attività edilizie, estrattive o di altra natura che hanno negativamente inciso sul territorio.
Le popolazioni locali nella riunione di lunedì scorso a Domodossola hanno riconosciuto la tempestività degli interventi e il fatto che le opere costruite dopo l'alluvione del 1978 hanno retto, va riconosciuto che anche questa volta l'intervento della Regione ha attenuato il senso di sfiducia che si manifestava nei confronti del potere pubblico, anzi, ha dato fiducia alle popolazioni locali che, senza nascondere a volte rabbia e disappunto hanno ora una prospettiva concreta. Nella riunione di lunedì scorso sono emerse critiche essenzialmente nei confronti degli organi statali, del Magistrato del Po, dell'Anas. Le popolazioni chiedono un nuovo rapporto tra gli organi dello Stato e gli organi locali, vogliono discutere e conoscere i programmi: certamente se il rapporto tra gli Enti fosse stato più stretto molti problemi si sarebbero potuti superare. E' emersa la necessità per il futuro di un maggiore coordinamento degli interventi tra gli organismi dello Stato e le autonomie locali, proprio perché alcuni danni sono la causa di un lavoro settoriale a volte corporativo e a compartimenti stagni condotto in modo staccato dalla popolazione. Questi comportamenti sono diventati la prassi di una cattiva gestione, a volte per esigenze clientelari. Tutti gli amministratori locali ritengono che se la gestione dell'arginatura e delle sistemazioni idrauliche che interessano il Toce fino al lago Maggiore fossero state affidate alla Regione, gli interventi sarebbero stati più tempestivi e collegati agli altri programmi nell'ambito della vallata e quindi sarebbero stati più positivi. Purtroppo c'è la posizione negativa del Governo e, a questo proposito, c'è stato un ricorso unitario delle Regioni alla Corte Costituzionale perché vengano finalmente trasferite le competenze alle Regioni.
Per quanto si riferisce ai problemi della grande viabilità del piano che è in discussione in sede di II Commissione, sul quale si sono già realizzate le consultazioni emerse, l'obiettivo principale che è quello di raggiungere il riequilibrio territoriale che il piano di sviluppo regionale prevede. Non è un piano settoriale che si pone solo obiettivi in campo di viabilità e di trasporti, ma è un piano che punta al riequilibrio del polo torinese e della realtà periferica. In esso emerge il ruolo particolarmente importante del sistema ferroviario; il sistema delle comunicazioni ferroviarie che si estende su una rete di circa 2.000 Km sarà in grado di assicurare un'alta potenzialità per il trasporto di persone e di merci. Le ferrovie necessitano però di miglioramenti alle strutture fisse e rotabili e all'organizzazione del lavoro perché possano fare un salto di qualità e diventare competitive e non asservite agli interessi delle grandi industrie automobilistiche. Questo è un punto qualificante nel discorso della grande viabilità, del trasporto merci e persone.
Per risolvere il problema della grande viabilità in Piemonte si devono affrontare completamenti di opere avviate in passato con un'impostazione che non teneva conto della visione globale dei problemi. Infatti, fatto il traforo del Frejus, si devono tamponare le insufficienze di quel disegno per completare la viabilità: si e avviato il problema della Voltri Sempione, ma al massimo si può parlare di Voltri-Gravellona Toce, anche qui il discorso va completato perché l'impostazione delle opere è avulsa e distaccata dalla realtà oggettiva del territorio.
Il piano dei trasporti oltre a considerare il Sempione e la Valle di Susa, considera anche la pedemontana biellese, trattata ampiamente dal collega Petrini nel suo intervento. Vi sono poi gli aspetti relativi al centro intermodale di Orbassano, allo scalo di Domodossola e allo scalo di Boschetto Novara, che dovranno essere costruiti o ristrutturati come centri di smistamento per le merci, i quali oltre ad essere momenti importanti di riequilibrio territoriale ed economico, costituiscono importanti occasioni occupazionali.
La viabilità nell'Alto Novarese - dobbiamo dirlo con molta franchezza non è mai stata affrontata con serietà dalle forze politiche che hanno governato la Provincia negli anni passati. Oggi ci troviamo di fronte a proposte serie, costruttive e fattibili che consentono di affrontare la realizzazione concreta del tronco che va da Gravellona ad Iselle nel giro di alcuni anni essendo già previsti gli interventi dall'Anas dietro invito della Regione. La prospettiva che viene fuori per il tratto che interessa Gravellona Toce-Invorio, è una soluzione seria di raccordo autostradale ma, come strada aperta, sulla quale mi pare ci sia il consenso del Governo e per il completamento del tratto che termina a Stroppiana, che rimane "storpiato", perché non si può costruire un'autostrada per collegare solo Voltri. Ci sono proposte di legge a livello governativo, per risolvere questi problemi; mi auguro che i notevoli investimenti impegnati, anche se personalmente non li ho completamente condivisi, possano produrre effetti positivi.
Le comunicazioni fatte dal Vicepresidente della Giunta regionale e gli elementi contenuti nel piano regionale dei trasporti mi paiono proposte serie, concrete, costruttive e fattibili.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Avevo detto ai miei amici di Gruppo che avrei rinunziato a parlare, ma il collega Bono mi ha dato lo spunto per alcune considerazioni molto precise e pertinenti, non impertinenti. Sono perfettamente d'accordo con lui per il passato, per il presente, per la prospettiva del futuro. Ha parlato di succedersi, quasi ciclico, di calamità nella Valle d'Ossola, non vorrei dirlo a lei Consigliere Bono, che conosce la zona, ma agli altri Consiglieri, che sono cinque secoli e mezzo che puntualmente ogni 10-12 anni, ciclicamente, nei mesi di agosto, di settembre, di ottobre si verificano in quelle zone delle paurose esondazioni di torrenti e di fiumi con dei danni enormi. Il che dovrebbe portare ad una considerazione di ordine non soltanto storico, ma di ordine estremamente pratico: questo sistema idrografico è stravecchio, non regge più. Oggi, possiamo parlare di politica di appesantimento con costruzioni di opere che incidono e che recano del danno, ma cinque secoli fa questo non c'era. Se i colleghi Consiglieri si vogliono dare la pena di procurarsi due riviste che sono state pubblicate a Domodossola a cura di un sacerdote del quale mi sfugge il nome, vedranno che tutto questo capita da sempre.
E questo lo dobbiamo tenere presente. Come amministratori abbiamo l'obbligo di cercare di evitare gli inconvenienti e di riparare gli inconvenienti, ma come uomini abbiamo anche il dovere dell'umiltà delle cose che sono indubbiamente più grandi di noi. Tra l'altro, ci siamo fatti karakiri, di fronte alle inondazioni di due anni fa e non abbiamo tenuto conto, facendo allora la critica al Governo, alla Regione, alle Province ai Comuni, che esattamente la stessa cosa si era verificata sul versante svizzero negli stessi giorni, con gli stessi morti, con la stessa quantità di miliardi di danni.
Diventiamo umili di fronte a queste situazioni e, forse, in questa umiltà, troviamo qualche cosa che ci aiuta a risolvere i problemi in termini concreti! A Gressoney S. Jean, sul frontone della chiesa c'è una lapide che ricorda un'inondazione avvenuta cento e dieci anni fa che aveva portato via l'abitato di Gressoney. Su quella lapide è inciso il segno fin dove erano arrivate le acque e in lingua illeggibile: "Se non torneremo a fare le cose semplici, umili e modeste della pulitura e dell'arginatura dei fiumi evitando il disboscamento, queste cose si ripeteranno".
Questa Giunta ha fatto il suo dovere, ma qualunque Giunta che si trovi di fronte ad una situazione cosi delicata, risorgente, improvvisa deve intervenire. Dobbiamo farla finita con i ringraziamenti e con le critiche quando sono fuori luogo e fuori proposito.
Su questo argomento non vorrei entrare ulteriormente se non per accennare, per quanto mi è stato riferito, che una delle opere compiutesi nella Valle di S. Maria Maggiore ha avuto, anche in questa occasione dei toccamenti che non sono assolutamente conferenti alla stabilità dell'Ossola. E' una voce che ho raccolto e la riferisco come tale. Il Consigliere Bono che apprezzo e stimo moltissimo tra i colleghi del Consiglio, ha detto che abbiamo tre argomenti all'ordine del giorno trascinati da parecchio tempo: l'autostrada Torino-Savona, il Frejus e il San Gottardo. Vediamo che cosa la Regione Piemonte ha fatto in direzione della Torino-Savona: è un giudizio che leggo nel piano regionale di sviluppo 1976-1980 (quindi non si tratta di impostazioni precedenti): ". le corsie, ovunque a due corsie di marcia, salvo la Torino-Milano e le tangenziali previste di tre categorie, consentono in ogni direzione elevato livello di servizio con volume di traffico giornaliero (fa riferimento al traffico del 1974) variabili da 15 mila della Torino-Savona ai 45 mila delle tangenziali". Nel volume a stampa è ripetuta la stessa cosa a pagina 248 e nelle pagine 315-316. Nel documento politico e di intervento sul sistema viario regionale che è stato redatto nel luglio del 1978 si legge testualmente: "L'autostrada Torino-Savona non necessita di interventi volti ad aumentarne la capacità almeno fino all'anno 1986. Dopo tale data conformemente all'evolversi del traffico, potrà rendersi necessario, ove l'operatore pubblico volesse garantire un livello di servizio B, il raddoppio della carreggiata là dove attualmente è unica con le due direzioni di marcia".
Queste sono cose che attengono a prese di posizioni e a decisioni di questa Giunta, quindi non è sbaglio di impostazione precedente.
Si dice sta bene così e fino al 1986. Il che è certamente espressione tecnicamente parlando, di una grossa miopia anche perché non si prevede assolutamente il pauroso incremento del traffico che ha costituito realmente la ragione dell'intasamento della Torino-Savona. Non si è voluto considerare che si è passati dai 45 mila delle tangenziali ai 15 mila della Torino-Savona, che sono in continuo aumento. Finiamo per dare la colpa ad una materia inerte che è la strada, la chiamiamo e la definiamo "la strada della morte" ma dopo aver fatto l'affermazione che fino al 1986 non c'era bisogno di niente, c'è stato mai qualcuno che si sia chiesto perché sono morte 550 persone? E' perché quell'autostrada è fatta male o è perché sono degli spericolati che vanno e vengono dal mare, che fanno i sorpassi, che non si rendono conto che è un'autostrada di montagna? Se percorro una strada di montagna il mio primo dovere è quello di rendermi conto che il manufatto ha certe rese e non altre. Mi sembra importante rendere giustizia: non è tutta colpa della struttura e se è colpa della struttura deve essere rivista e non si deve aspettare il 1986.
Signor Presidente della Giunta e signor Vicepresidente, che cosa si è concluso nell'incontro con il Ministro Nicolazzi? Espressioni di carattere vago, generico di un certo intervento, a Roma ci sarebbe la previsione di una legge che dovrebbe modificare quello che è capitato in passato, una certa limitata assicurazione di strumenti, di mezzi e di soldi ma sostanzialmente niente. Né la Regione può fare molto di più, questo riconosco con estrema franchezza non puntando assolutamente il dito nei confronti di nessuno.
Invito l'Assessore al turismo che inonda tutta la Regione di "Orizzonte Piemonte" e che ha stampato milioni di manifesti, a stamparne altri i quali indichino il numero delle sciagure che si sono verificate, che invitino i fruitori di quell'autostrada a servirsene come è giusto e a richiedere alla società concessionaria (che, se non vado errato fra due o tre anni cessa, e il tutto dovrebbe passare all'Anas) a porre dei cartelloni lungo tutto il percorso che invitino alla prudenza e alla rigorosa osservanza delle norme di comportamento.
Si può fare anche un altro passo presso la Polizia Stradale. Se gli incidenti avvengono perché i fruitori della strada commettono delle violazioni nella percorrenza, si aumenti il numero della Polizia Stradale si diano le contravvenzioni, si stabilisca il come e il perché questi incidenti si verificano. Non so se questo sia stato oggetto del discorso con il Ministro Nicolazzi né mi scandalizzo che il Ministro si interessi in modo particolare dei problemi piemontesi. Magari ne avessimo avuti di Ministri piemontesi che si fossero interessati dei problemi del Piemonte come altre Regioni d'Italia hanno avuto. Farò un accenno brevissimo in funzione critica alla strada della Valle d'Ossola. Sono contento che si faccia. Lei, signor Presidente, sa che dico le cose al di là e al di fuori di un aspetto epidermicamente critico, ma le dico perché si realizzino. Per questo problema della strada dell'Ossola leggo su un giornale testualmente: "Il PCI è stato per anni il grande antagonista dell'autostrada Voltri Sempione".



BONO Sereno

Certo, il PCI per 25 anni



OBERTO Gianni

Lei, la polemica la faccia con il giornale.
Apprendo questa notizia e dico a coloro che si scalmanano oggi, 1979 che devono fare il conto con il loro passato. Il no del Partito comunista è stato uno degli ostacoli principali alla realizzazione dell'opera, è stato il volere del PCI che ha bloccato in Parlamento l'anno scorso la proposta del Governo di dare il nulla osta al completamento della Voltri-Sempione.
Oggi dichiara di voler chiedere al Parlamento ciò che ieri aveva negato.
Allora, Consigliere Bono, non si può dire che è sbagliata l'impostazione quando si hanno nelle vostre tasche questo. D'altra parte, siccome lei sembra non gradire questo riferimento.



BONO Sereno

Non gradisco gli approssimativismi.



OBERTO Gianni

Quando il Parlamento italiano ha approvato l'abolizione dell'articolo 18/bis, commettendo una gravissima valutazione errata per lo sviluppo autostradale del nostro Paese, a cominciare dal Frejus, chi ha proposto in Commissione e poi al Parlamento l'abolizione dell'articolo 18/bis? Fu un deputato comunista torinese miope in quella visione, che disse: non si fa niente né per l'una vicenda né soprattutto per il Frejus.
Qui il discorso mi tocca da vicino perché pionieristicamente al Frejus ho dato quello che potevo dare continuando l'opera del prof. Grosso e del Conte Marone, come Presidente della società che portava avanti il problema del traforo e, come tale, non ho partecipato alla cerimonia dell'inaugurazione perché mi sentivo a disagio nel trovarmi con tanti di coloro che in precedenza avevano messo uno e più di un bastone tra le ruote perché la cosa non si facesse e che andavano a cogliere quel tanto di "gloriuzza" che può derivare dall'essere partecipe ad una manifestazione di questo genere.
Signor Presidente, il mio intervento qui è quello che io le ho ricordato nella lettera aperta del 23 agosto 1979 e badi che non lesino le critiche alla mia parte. Se avessi ancora la responsabilità della società del traforo del Frejus, che ritenni di lasciare fino al momento in cui non vi era un centesimo di remunerazione e fino al momento in cui non assunsi responsabilità di governo alla Regione perché potevo immaginare che vi fossero delle ragioni di contrasto e forse anche di conflitto, dico anche agli uomini della mia parte che hanno commesso un gravissimo errore a non insorgere contro l'interpretazione restrittiva della legge con quel tale articolo 18/bis, perché la convenzione, alla cui firma assistetti a Parigi prevedeva non soltanto il compimento del traforo, ma le vie di accesso che avessero una certa congruità. A mio modo di vedere si doveva insorgere e dire che quanto meno per il traforo del Frejus si doveva accettare la norma di carattere supernazionale, internazionale, che diversificava notevolmente le cose relative ad altre autostrade.
Che cosa è capitato? Nella relazione al piano presentato dalla Giunta ai primi del 1976 e nel testo stampato a pag. 305 e 308 e non è stato ripudiato nemmeno in sede di conferenza sul piano di viabilità del 17-18 giugno 1977 come si legge a pag. 118 è stato scritto questo, signori.
Rileggiamolo: "Una corretta esaltazione del trasporto pubblico quale elemento essenziale di un nuovo e più equilibrato assetto socio-economico impone l'impegno della Regione a fare sì che l'apertura al traffico del sistema autostradale si realizzi solo in epoca successiva all'integrale attuazione del potenziamento della linea ferroviaria che opera in loco". E si commentava: "E' noto che un processo inverso creerebbe distorsioni a favore del trasporto su strada". Questo discorso venne fatto all'inizio del 1976. Si lascia passare un anno, due anni poi si rientra e sono contento che si sia rientrati e sono contento che si vada innanzi cercando di risolvere i problemi in termini positivi e che si facciano tutti gli sforzi possibili, però lasciate che allora si dica: a ciascuno la sua parte di responsabilità. La mia parte, quella di aver subito, quella di aver accettato per amore di quieto vivere, determinate impostazioni che erano state fatte in Consiglio provinciale e poi in Consiglio regionale. Anche questa è colpa e io me la assumo.
Questo però è sbaglio di impostazione, è ottica da correggersi.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Io non ho mai detto quella frase.



OBERTO Gianni

Questo è detto a pag. 35 della relazione al piano e la trova trascritta a pag. 308 dello stampato, volume 2. Io non l'ho detto a lei, Assessore Bajardi, guai se fosse una sua responsabilità personale! Bono non ha fatto addebito di errori a me personalmente, ha fatto addebito al passato.
Questo è stato scritto, firmato, siglato da Rossotto. L'ho contestato più di una volta e continuerò a contestarlo per augurargli che, essendosi oggi convertito dalla ferrovia all'autostrada del Frejus, in qualità di Vicepresidente della società, trovi in quella sede la maniera di risolvere il problema della costruzione di un sistema stradale di accesso.
E vengo alla conclusione.
Per ora ci sono delle proposte che sono dei rappezzi non risolutivi che costeranno tanto quanto si risolvesse con il sistema autostradale o superstradale, sempre quando si voglia tenere presente che il sistema autostradale o superstradale deve tener conto di esigenze particolari degli abitanti locali i quali per tre o quattro anni resterebbero inerti, o quasi, non potendosi servire dei due tronchi.
E' giusto che ciascuno faccia la sua parte. La mia parte è quella di essere ostinatamente convinto che se non si risolve il problema di accesso con una superstrada o con un'autostrada che attacchi dalla linea Torino Rivoli, non si risolverà il problema.
Io non sarò più in Consiglio regionale, voi invece potrete esserci ancora e contro di voi si punterà il dito di coloro che troveranno insoddisfacente la risoluzione. Si aggiunga, signor Presidente, che sono contrario a talune affermazioni che sanno molto di demagogia: queste autostrade costano miliardi, tutto denaro da reperire con grosse difficoltà, è denaro reperibile nel settore del privato, quando vi sia la possibilità di imporre il pedaggio sempre che vi sia quindi una remunerazione al capitale che viene impegnato. Non allo Stato: lo Stato faccia le scuole, gli ospedali, le opere pubbliche, ma per questi problemi la trattativa era andata già avanti, con la Banca Europea di Investimenti se non ci fosse stato quel remorante "non facciamo niente".
Quando si esclude la gente del luogo, il che è facilissimo farsi, il pedaggio lo pagano coloro che portano merci, che portano persone, che portano idee, che vengono da tutta l'Europa e che si servono di un'opera che è stata compiuta da noi. E' da saggi costruire autostrade, spendere miliardi, ricorrere all'indebitamento e non preoccuparsi di rientrare in qualche maniera delle somme che si sono spese? E' problema europeo. Vogliamo chiuderci a Torino? Vogliamo restare fermi con una visione microscopica di fronte ad un problema di questo genere? Vogliamo rimanere inadempienti nei confronti di una convenzione a carattere internazionale? La mia opinione l'ho detta; la consegno agli atti del Consiglio. Mi auguro di essere smentito dai fatti. Se gli anni che verranno dimostreranno che il non aver risolto con il sistema autostradale o superstradale questo problema ha creato una mortificazione della Valle di Susa invece che una sua esaltazione, non avrò il rimorso di non essere stato estremamente chiaro, anche se un poco molesto in questa tornata di Consiglio.


Argomento: Questioni internazionali

Sul problema della gestione degli interventi e dell'eventuale approvazione di un ordine del giorno sul dissenso in Cecoslovacchia


PRESIDENTE

Ricordo che sono ancora iscritti a parlare i Consiglieri Picco Castagnone Vaccarino, Beltrami, Besate, Marchini, Franzi, Bontempi e Rossotto.



MARCHINI Sergio

Gli interventi vanno concordati, perché non è serio che ci sia un signore, tal Marchini, che sulla Valle di Susa parli alle 8 di sera, dopo aver sentito la cronistoria da Adamo ed Eva o dal diluvio fino ai marziani.



PRESIDENTE

Non ho partecipato minimamente alla stesura dell'elenco di coloro che hanno chiesto di parlare. Chiariamo la sua affermazione e stabiliamo cosa non è serio.



PAGANELLI Ettore

Io ho iscritto i Consiglieri secondo l'ordine di richiesta di parola.



MARCHINI Sergio

Su un problema di questo genere ci si deve organizzare in modo che prima ci sia un dibattito tra le forze politiche e poi vi siano gli interventi di singoli Consiglieri, altrimenti la somma dei Consiglieri stravolge la logica dei rapporti tra le forze politiche. La mia forza politica parla alle 8 di sera dopo che un'altra forza politica è già intervenuta con sei Consiglieri. Mi riferivo alla serietà delle forze politiche e io mi metto tra quelle, la Presidenza non c'entra.



PRESIDENTE

Se una forza politica si iscrive a parlare con sei Consiglieri, dopo che un dibattito è stato richiesto per tante sedute, non posso fare altro che registrare la quantità delle iscrizioni. D'altronde ogni singolo Consigliere ha diritto di iscriversi a parlare. Adesso si sta discutendo come gestire il dibattito e io mi pongo il problema della minoranza e dell'utilità di parlare per la minoranza ad un'ora in cui non è più presente un giornalista, quando il dibattito è stato richiesto per darne eco sui giornali. E vi ripropongo il problema per utilizzare il pomeriggio di oggi e un'altra seduta.



PICCO Giovanni

Valuti lei i modi e gli accordi che si possono intraprendere.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

La Giunta ha fatto delle proposte delle quali non si è discusso e d'altra parte credo che la Giunta stessa attenda le risposte alle proposte fatte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La signora Castagnone Vaccarino ha dato corpo alla mia intemperanza giovanile, che purtroppo non è neanche più giovanile, è solo più un'intemperanza. Visto che ci è stato sottoposto un documento della Giunta il quale peraltro non e ancora stato illustrato e sul quale probabilmente ci saranno i pronunciamenti delle forze politiche mi pare che le forze politiche si debbano atteggiare in modo che questo dibattito non si faccia domani o chissà quando. Nel frattempo la Giunta ha la necessità e il dovere di procedere secondo certe linee che vanno valutate positivamente o negativamente. A me interessa che il dibattito si chiuda con un pronunciamento sulla proposta della Giunta. Non faccio un problema del momento in cui parlerò, anzi se qualche collega ha dei problemi del ritorno a casa, lascio il mio posto e parlo dopo.



PRESIDENTE

Prendo atto che vi sono opinioni diverse. Si procederà come decidono i Gruppi. Chi è d'accordo per proseguire il dibattito fino a conclusione è pregato di alzare la mano.



BONTEMPI Rinaldo

Prima di porre ai voti un problema di questo tipo, proporrei di valutare la situazione, ossia se siamo in numero sufficiente per poter proseguire il dibattito e se siamo in grado, rispetto alle decisioni da assumere, di avere la presenza di tutte le forze politiche. Quindi proporrei di sospendere i lavori e di riunire i Capigruppo per valutare cosa conviene fare.



PRESIDENTE

D'accordo. La seduta è sospesa per alcuni minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 18 15, riprende alle ore 18,45)



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, la conferenza dei Capigruppo ha preso in esame l'andamento del dibattito con i suoi contenuti, il suo significato l'opportunità di tenere presenti i punti di partenza e la concretezza che è stata data a tutta la discussione, che esige un pronunciamento ed una decisione; il che consente di dire che non ci deve essere soluzione di continuità nello svolgimento del dibattito e nelle conclusioni operative e decisionali che il Consiglio deve prendere.
Affermato questo, per numerose opportunità sollevate, si è addivenuti alla conclusione di far sì che il dibattito prosegua e si concluda mercoledì mattina con la replica e con le decisioni, in modo da consentire alla Giunta di prepararsi sulla base del dibattito avvenuto oggi. Verranno affrontati nel pomeriggio di mercoledì i punti all'ordine del giorno, non necessariamente nella successione logica come sono scritti, ma secondo urgenze di vario tipo e di vario genere.
Anche per quanto riguarda l'ordine del giorno sulle sentenze di Praga veniva suggerito di rimandarlo a mercoledì per la trasposizione del documento in un ordine del giorno, fermo restando il fatto che la dichiarazione è già stata fatta oggi. L'opportunità di trasferire il tutto in un ordine del giorno sarà valutata dai Gruppi.



OBERTO Gianni

Ritengo sia più opportuno farlo oggi.



PRESIDENTE

Sono anche disposto a farlo immediatamente, però ci vuole un minimo di organizzazione da parte dei Gruppi.



PAGANELLI Ettore

Ci vorrebbe la presentazione di un documento su cui discutere.



OBERTO Gianni

L'avevo infatti predisposto: "Il Consiglio regionale preso atto della dichiarazione del Presidente del Consiglio regionale sulla sentenza di Praga, chiede che lo stesso signor Presidente, a nome del Consiglio, si adoperi con urgenza e con tutti i mezzi a disposizione presso il Governo italiano, perché compia fermamente tutti i passi possibili presso il Governo cecoslovacco per ottenere: la revoca dell'iniqua ed aberrante sentenza che colpisce e punisce un comportamento di pensiero e di opinione e, come tale, offensivo dei diritti dell'uomo la liberazione degli arrestati, in modo che il tempestivo, opportuno ed illuminante intervento del signor Presidente della Repubblica interprete autorevole e fedele della volontà dei cittadini italiani, non resti espressione vana, auspicando che in ogni Paese siano rispettati tutelati e difesi i diritti propri della dignità e della libertà della persona umana".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Penso che se la conferenza dei Capigruppo ha concordato una certa metodologia, si debba seguire quella. Peraltro oggi è stato sollevato questo problema di estrema attualità e di estrema gravità, con le dichiarazioni del Presidente del Consiglio ed una proposta del collega Oberto: ritengo pertanto opportuno recepire i due documenti e farne occasione di considerazione di dibattito e di una breve comunicazione da parte dei Gruppi.
Mercoledì, subito dopo il dibattito sull'Orsola e sui trasporti, si potranno mettere in votazione le due proposte unificandole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Andrei cauto nel dire che metteremo in votazione le due proposte.
Mercoledì ogni Gruppo farà quello che riterrà di dover fare. Questo non è un momento proceduralmente particolare rispetto ad un dibattito, che si è aperto con un documento e che si è sviluppato in un altro documento.
Potranno probabilmente arrivare altri documenti. Quindi si deve rinviare.



PRESIDENTE

La sostanza politica è l'azione sul Governo italiano. Mi impegno domani mattina, ad agire sul Governo italiano perché a sua volta agisca sul Governo cecoslovacco. Dopo di che vogliamo iscrivere l'argomento all'ordine del giorno?



MARCHINI Sergio

La coscienza politica espressa in quel documento è apprezzabile ed è da considerare da parte di tutte le forze politiche.



PRESIDENTE

Scindiamo le due cose in due momenti diversi, perché non vorrei rinunciare alla concretezza per fare invece un discorso di principi. La concretezza è l'azione immediata da farsi sul Governo italiano e sul Governo cecoslovacco. Su questo mi pare ci sia poco da opinare: bisogna agire e subito.
Le mie dichiarazioni hanno una modesta importanza rispetto al fatto in sé, perché un dibattito, se si farà, prescinderà dalle mie dichiarazioni caso mai prenderà in esame qualunque altro documento che le forze politiche intendano redigere e presentare.
La questione però diventa un punto da iscrivere all'ordine del giorno perché è chiaro che tutti i Gruppi desidereranno intervenire. Se ricevo tale richiesta da tutti i Gruppi non ho obiezione ad iscrivere il punto all'ordine del giorno il che, però, significherà concludere il dibattito sulle autostrade secondo le decisioni e, subito dopo, mettere in discussione questo argomento che impegnerà un'ora e mezza o due ore.
Quindi, ferma restando l'apertura ad un dibattito sul tema per il quale la Presidenza è disponibile, se riceve la richiesta di iscrizione all'ordine del giorno, si fa intanto l'azione politica sul Governo italiano perché intervenga sul Governo di Praga.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

D'accordo, soltanto non vorrei che la dichiarazione del Presidente del Consiglio sulla sentenza di Praga risultasse come dichiarazione del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Non mi permetterei mai. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19)



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