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Dettaglio seduta n.143 del 20/09/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Occupazione giovanile - Apprendistato - Formazione professionale

Comunicazioni della Giunta regionale sul piano per l'occupazione giovanile


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo i lavori con l'esame del punto all'ordine del giorno concernente le comunicazioni della Giunta regionale sul piano per l'occupazione giovanile. Nella seduta dei Capigruppo si è deciso che la presentazione finale del piano avverrà il 29 o il 30 di questo mese.
Durante la mattinata potremo discutere sui punti maturati in questo periodo, dei quali i giornali hanno in qualche modo parlato.
Si tratta di prendere atto di un'iniziativa assunta dalla Presidenza del Consiglio, sulla base di una richiesta pervenuta dalla Giunta regionale, come corollario ad una situazione apparsa abbastanza evidente da notizie giornalistiche e da articoli di autorevoli esponenti della Confindustria. Da tali fonti emergeva infatti una posizione di non dialogo quasi di contrapposizione nell'atteggiamento dei grandi gruppi industriali nei confronti della legge per l'occupazione giovanile e i compiti onerosi che le Regioni devono assolvere nel preparare, entro il 30 settembre, il piano da presentare al Governo. Lo scopo era di fare in modo che gli Enti e le autonomie locali facessero il possibile in questo campo. Non si poteva ipotizzare il disimpegno e il disinteresse dell'industria, piccola, media e grande, nei confronti della legge.
Ancorché la legge avesse o meno pregi o difetti, questione da esaminare in altra sede, mi è parso opportuno compiere dei sondaggi nei confronti delle grandi aziende del Piemonte per vedere se, in sostanza, sarebbero state interessate ad una consultazione, diciamo straordinaria, nel senso che altre consultazioni erano già avvenute con gli organismi imprenditoriali nella sede corretta della Commissione prevista dalla legge sull'occupazione giovanile; tuttavia questo non portava ancora ad un atteggiamento diverso dell'industria nei confronti del problema.
Mi è parso opportuno compiere questi sondaggi prima di tutto nei confronti del Presidente della Fiat con una lettera che i Capigruppo già conoscono e che verrà distribuita oggi ai Consiglieri. In quella lettera ponevo il problema del possibile contributo della grande industria piemontese alla redazione del piano, o utilizzando la legge o al di fuori di essa. In sostanza, mi pareva inconcepibile che una regione industriale come la nostra e le altre regioni italiane che hanno la massima potenzialità industriale, di fronte ad una legge straordinaria, la prima approvata dallo Stato nei confronti di un problema cronico e antico, non avessero l'ambizione, il dovere e il compito di presentare il miglior piano possibile, senza l'illusione di poter colmare il divario enorme che esiste tra domanda e offerta, ma anche senza nessuna possibilità che in qualche modo potesse consentire di presentare un piano dell'intera comunità, non soltanto delle risorse e dei mezzi che una regione può avere a disposizione secondo i finanziamenti della legge nazionale.
Lo spirito dell'iniziativa è stato colto dagli interlocutori: il Presidente della Fiat e i Presidenti della Olivetti, della Ceat e di altre grandi industrie hanno aderito. Non sono compresi tutti i rappresentanti delle grandi aziende perché evidentemente avremmo dovuto trascinare l'operazione al di là dei tempi a disposizione. Tuttavia si è aperto uno spiraglio, tutto da verificare, da confrontare e da giudicare nelle opportune sedi, cioè le Commissioni del Consiglio e il Consiglio regionale al fine di realizzare il miglior piano possibile.
Come i Consiglieri sanno, la V Commissione consiliare è stata incaricata di esaminare le questioni attinenti al progetto di attuazione per la Regione Piemonte della legge sull'occupazione giovanile, in modo particolare in vista del piano complessivo che abbiamo già elaborato e che deve essere presentato dalla Regione al Governo entro il 30 settembre.
In relazione a tale incarico, la Commissione ha deciso di effettuare una serie d'incontri conoscitivi a cui prenderanno parte anche i Capigruppo consiliari, al fine appunto di accertare quale può essere il contributo dell'industria piemontese alla redazione di un piano che possa veramente affrontare ed avviare a soluzione nel miglior modo possibile un problema di così decisa rilevanza. Scopo di questi incontri - come ho detto - è quello di coinvolgere nella fase di formazione finale del progetto le forze amministrative, economiche e sociali del Piemonte per giungere entro la fide del mese di settembre ad un ampio dibattito consiliare sul programma e all'assunzione delle determinazioni previste dalla legge nazionale.
Il calendario delle consultazioni fissate è il seguente: Martedì 20/9/1977 a Palazzo Cisterna: ore 15 - Federazione Associazioni Industriali del Piemonte ore 17 - Federazione A.P.I.
Mercoledì 21/9/1977 a Palazzo Lascaris: ore 14,30 - Associazioni Artigiane ore 16 - Associazioni Commercianti ore 18 - Fiat-Agnelli.
Venerdì 23/9/1977 a Palazzo Lascaris: ore 11,30 - Olivetti.
Lunedì 26/9/1977: ore 11,30 - CEAT a Palazzo Lascaris ore 15 - San Paolo - Cassa di Risparmio . Banca Popolare di Novara a Palazzo Cisterna.
Sono pervenute conferme di presenza da parte di Presidenti delle maggiori aziende piemontesi, l'avv. Agnelli, l'On. Visentini, il Presidente Tedeschi assistito dai due Amministratori delegati della CEAT e cosi anche per quanto si riferisce alle Banche.
La parola all'Assessore Fiorini per l'illustrazione del progetto.



FIORINI Fausto, Assessore all'istruzione e formazione professionale

La Commissione prevista dall'art. 3 della legge 285 si è riunita due volte, a luglio e all'inizio di questo mese. La sua funzione è puramente consultiva; in realtà, data la presenza in essa di rappresentanti delle forze sociali, finisce per essere un punto di riferimento importante per la redazione del piano dei corsi da presentare al Ministero del lavoro e poi al Cipe.
Le forze rappresentate nella Commissione si sono già pronunciate sulla legge e l'impegno comunemente assunto è quello di arrivare entro il mese ad ottenere un quadro il più preciso possibile dei contratti da parte delle aziende.
La Giunta ha pensato dr presentarsi con proprie proposte che possono essere discusse e precisate all'interno della Commissione: dopodiché tutto quanto verrà in discussione in Consiglio regionale. E' stata avvertita la necessità di presentarci con un piano il più attendibile possibile in merito ai contratti di formazione professionale e questo problema è stato affrontato dagli Assessorati al lavoro e alla formazione professionale. Ho fatto compilare una breve relazione di tre cartelle con alcuni allegati che sarà presentata ai Consiglieri in mattinata, in cui sono espressi chiaramente i problemi che ci troviamo di fronte e il modo in cui pensiamo di risolverli. Essi sono essenzialmente: il numero dei corsi, la loro collocazione spaziale sul territorio regionale, il settore merceologico e infine le qualifiche professionali e i programmi da realizzare. E' chiaro che ci sarà poi il problema del rinvenimento dei docenti, ma su questo argomento dirò qualche cosa più avanti.
La Giunta regionale in assenza, per ora, di indicazioni da parte delle imprese e delle loro organizzazioni, ha ritenuto di mettere a punto uno schema di piano che sia confrontabile da oggi al momento dell'approvazione del piano stesso da tutte le parti interessate.
In merito ai problemi fondamentali le soluzioni proposte sono le seguenti: in relazione al numero dei corsi, in assenza di altre indicazioni, si è partiti da quella del Cipe il quale, dividendo la somma di 90 miliardi da erogarsi nei primi tre mesi e comparativamente nell'anno successivo, ha destinato 10 miliardi per i contratti di formazione e a tempo indeterminato e 80 miliardi per i servizi di pubblica utilità. La divisione così sproporzionata è dovuta non tanto al fatto di voler privilegiare il settore pubblico, ma piuttosto al fatto che i contratti nel settore pubblico costano più di quelli del settore privato (in questo caso il contributo è di L. 32.000 o di L. 200 orarie, mentre nell'altro caso lo stipendio è pagato dallo Stato). Si può prevedere che il Cipe abbia stimato che in tutto il Paese possano essere stipulati 50 mila contratti.
Dai contatti avuto con le parti datoriali e dall'analisi della graduatoria delle liste speciali, si può dedurre che la grande maggioranza dei ;contratti sarà rappresentata da quelli di formazione lavoro, sia per le richieste, sia perché questa strada è ritenuta più utile da parte delle imprese. La stampa ha più volte sottolineato questo aspetto. Pertanto, se 50 mila sono i posti riservati a tutto il Paese, dato che la nostra Regione rappresenta in termini occupazionali il 10%. è pensabile che il Cipe abbia ritenuto che il Piemonte possa avere un numero di contratti pari a 5 mila.
Tuttavia, esaminato il trend occupazionale e il turnover dei singoli settori merceologici, riteniamo che questa cifra sia inferiore alle possibilità delle industrie, e questo lo abbiamo dedotto dai dati di avviamento al lavoro dell'anno 1976 e dei primi sette mesi del 977 che denotano un positivo saldo di avviati rispetto ai licenziati. Abbiamo quindi ritenuto che questa somma rappresenti una sottovalutazione e che sia invece più opportuno, più logico e più realistico pensare che in Piemonte possano essere stipulati dai 7.500 agli 8.000 contratti.
Sulla base di queste stime abbiamo predisposto il progetto dei corsi nelle varie zone disaggregandolo dal punto di vista territoriale e dal punto di vista merceologico. Abbiamo ritenuto che un corso debba comprendere in media un minimo di 12 allievi e un massimo di 30. I corsi sono risultati 475/476. I corsi in realtà potranno ospitare un minimo di 5400 giovani e un massimo di 14.250, se si reputa che i giovani possano essere accorpati in corsi, dato che questi sono equamente distribuiti su tutto il territorio. In effetti per l'individuazione spaziale abbiamo utilizzato le domande per unità locale dei servizi, per Comprensori, dato che le unità locali dei servizi corrispondono ai distretti e dato che nei distretti esistono strutture scolastiche che, in caso di necessità, la legge ci consente di utilizzare (fatta eccezione per Torino in cui il problema si pone in termini diversi).
La distribuzione sul territorio dei corsi è stata fatta tenendo conto del numero di domande presentate in ciascun distretto dagli iscritti nelle liste speciali. Per ciò che riguarda i settori merceologici, la distribuzione tra i vari settori è stata effettuata tenendo conto di due variabili: la struttura occupazionale delle varie zone esistenti al 1971 con tutti i dati disponibili per rettificare questi dati, i ritmi di sviluppo avvenuti nei vari settori e l'andamento delle assunzioni e dei licenziamenti in ciascun Comprensorio.
Non avevamo i dati per Comprensorio, li abbiamo perciò dovuti ricavare sulla base dei dati provinciali.
Il problema delle qualifiche e dei programmi è stato affrontato soltanto in termini teorici, ossia all'interno di una certa fascia un corso potrà essere organizzato in un modo o nell'altro a seconda della richiesta che ci sarà. Si pone subito il problema della qualifica e del programma.
Sulla base del metodo fatto non in rapporto ai profili professionali previsti dal Ministero, ma, come dice la circolare del Cipe, sulla base delle declaratorie contrattuali nazionali e sulla base di una matrice job skill, si sta lavorando per individuare anche i programmi. E' indubbio che la V Commissione e i Capigruppo, soprattutto nell'ultima riunione, avranno il compito di precisare questo aspetto e di apportare eventuali rettifiche.
In ogni caso, abbiamo voluto essere pronti rispetto alle necessità dell'economia regionale. Per ciò che riguarda i programmi dei servizi socialmente utili, devo dire semplicemente che avevamo presentato lo schema ai Comprensori e ai Comuni; i Comuni erano impegnati a rispondere entro il 15 del mese; ieri sera abbiamo ricevuto le ultime relazioni. Si sta lavorando per accorpare alcuni programmi in zone in modo che non siano programmi di Assessorato, ma programmi per materie e per argomenti, tenendo conto soprattutto dei suggerimenti e delle specifiche richieste venute dagli Enti locali.
Speriamo, prima di presentare al Consiglio il piano, che sia possibile un'ulteriore consultazione con i Comprensori al fine di definire con loro democraticamente, iì progetto che la Regione potrà presentare al Governo.



PRESIDENTE

Apro la discussione su questo argomento. Chiede di parlare il Consigliere Benzi. Ne ha facoltà.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio l'Assessore Fiorini per la relazione e per la chiarezza delle sue dichiarazioni. Non ne condivido però i contenuti. Stiamo facendo le consultazioni con le grandi industrie e questa occasione mi ricorda la manifestazione dell'ottobre di due anni fa, nella quale, tra molti orpelli, ci siamo sentiti dire che in realtà non si faceva nulla, come è stato dimostrato nel corso di questi due anni.
La proposta della Giunta è stata portata avanti in un certo qual modo dalla V Commissione. Il Consiglio regionale aveva iniziato la discussione poi l'ha interrotta. La V Commissione non rappresenta il Consiglio nel suo plenum, di conseguenza il nostro pensiero può non coincidere con quello della Giunta, che da sola non può rappresentare sessanta Consiglieri.
Quindi sarebbe stato utile che i Consiglieri avessero potuto esprimere prima i loro pensieri in proposito.
L'Assessore ha citato i 90 miliardi che sarebbero messi a disposizione ma, a tale proposito, devo far osservare che di questi il 70% è destinato al sud e il 30% al nord; quindi quel conto aritmetico non è giusto. Inoltre reputo che, con i fondi a disposizione, 5 mila posti siano troppi.
Noi ora andiamo a chiedere il parere agli industriali, ma si tenga presente che gli industriali fanno di questa legge brandelli, perché dicono che la legge serve soltanto a censire i disoccupati in Italia, ma non indica i modi per far fronte alla disoccupazione.
Sono consenziente sulla parte organizzativa esposta dall'Assessore: son cose logiche; ma un conto è mettere delle cose logiche su un pezzo di carta, un altro è addentrarsi nella realtà aziendale. Per i grossi papaveri delle aziende va quasi tutto bene, però temo che con questa legge riusciremo ad occupare ben pochi giovani nell'industria: non si fa l'occupazione con un decreto. Temo anche che finiremo per appesantire le Amministrazioni comunali, provinciali e regionali, non per un fatto occupazionale necessario, ma per un atto di carità; per cui si finirà di affondare quelle Amministrazioni con legna verde che poi non riusciremo più a fare fuori.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Un argomento tanto importante per la vita della Regione, ma anche per la vita della comunità nazionale, avrebbe meritato una presenza più attenta (non per i presenti, sempre molto attenti), soprattutto una consapevolezza maggiore della posta in gioco costituita dai problemi che stiamo discutendo e che, in qualche maniera, dovremo risolvere attraverso il piano da vararsi entro il 30 settembre.
Dico queste cose anche per una parziale risposta al Consigliere Benzi che non può certo essere accusato di assenza o di poca attenzione, tuttavia ritengo che quando si fanno rilevare i limiti di informazione e di partecipazione tutti dobbiamo chiederci se abbiamo lavorato e prodotto al massimo.
Siamo stati forniti di strumenti che vanno ben al di là del semplice dibattito in aula, ad esempio la Commissione prevista dalla legge, a cui alcuni Consiglieri hanno chiesto di partecipare, e la V Commissione consiliare, che ha il compito di svolgere le consultazioni, con la partecipazione della Giunta, per provocare una risposta, speriamo positiva da parte degli imprenditori e di delineare il piano entro il 30 settembre.
Diamo per scontato il fatto che un piano così complesso e una legge così difficile presupponevano un lavoro istruttorio di enorme mole, compito che la Giunta ha svolto finora nel migliore dei modi e con la migliore correttezza possibile. In questi giorni ci troviamo di fronte a scadenze che ci chiamano a grossi impegni, che dobbiamo svolgere nelle sedi istituzionali possibili, cioè la Commissione prevista dalla legge e la V Commissione, sia nella fase di consultazione sia nella fase di discussione e del progetto esposto dall'Assessore Fiorini e del piano vero e proprio.
Faremmo un grosso errore se accampassimo dei motivi, tra l'altro deboli e pretestuosi, di scarsità di partecipazione e di informazione e non approfittassimo invece di quest'ultima tirata fino all'approvazione del piano della Regione per dare tutto il nostro contributo.
Desidero svolgere alcune considerazioni particolari sulle dichiarazioni dell'Assessore Fiorini e su come dovremo contribuire per la migliore riuscita possibile delle consultazioni. Una legge del genere ha i limiti che tutte le leggi presentano, soprattutto in una materia di amministrazione straordinaria e di gestione politica. Ci troviamo di fronte ad accuse circa i limiti delle strutture e dei mezzi finanziari della legge. I rilievi vanno certamente fatti, ma debbono partire da elementi positivi per cercare di superare i limiti per dare concreta attuazione ad una legge che, in qualche misura, risponde ad esigenze largamente presenti nella società, che hanno reso urgente il provvedimento e hanno permesso alle forze politiche di adottarla con il consenso di tutti.
Il significato politico della legge è quello della risposta ad un grande problema sociale, cioè l'inoccupazione e la disoccupazione giovanile.
Quali considerazioni occorre fare per cercare di colmare il divario esistente tra la domanda, che abbiamo riconosciuto tutti essere positiva in quanto i giovani hanno dimostrato di voler partecipare all'attuazione di questa legge, e le risorse, che sono certamente troppo scarse? Come riuscire a fare in modo che il piano della Regione si collochi, senza pretese miracolistiche, in modo da ottenere i maggiori frutti, per dare una risposta politicamente giusta e obiettivamente soddisfacente alle esigenze oggettive dei giovani? Questa legge, è stato detto, potrebbe risolversi in un aumento spropositato di dipendenti dei pubblici servizi: è un elemento che va tenuto in considerazione, la Regione farà il suo piano, provvederà i contingenti di giovani che potranno essere assunti; ma sarebbe un grave errore se, tutti insieme, non facessimo uno sforzo per ottenere qualcosa di più e di ben diverso, per ottenere cioè qualche risultato positivo anche nel campo produttivo. Non è facile, anzi è molto difficile per i motivi che ricordava il Presidente del Consiglio nella sua introduzione, ma è anche difficile per i motivi prima ricordati dal Consigliere Benzi.
Abbiamo letto gli articoli sui giornali (e non sottovaluterei alcuni mutamenti intervenuti negli ultimi tempi nell'atteggiamento non solo di Carli, ma anche di altri esponenti del mondo industriale), da parte degli imprenditori c'è stata una reazione alla legge, di denuncia dei difetti e dei limiti e in molti casi un rifiuto. Non sottovalutiamo le ragioni effettive esposte dal mondo imprenditoriale; le forze politiche, tuttavia devono tener conto delle ragioni oggettive della vastità e della portata del problema, che è politico e sociale e, come tale, coinvolge tutti comprese le forze imprenditoriali. La Giunta ha svolto un'azione per riuscire ad avere dagli imprenditori, e non da altri, la possibilità di allargare il piano dando ad esso una qualificazione diversa, quella del campo produttivo.
Dovremo porre con chiarezza il problema del turn - over e studiarne l'applicazione nei confronti dei giovani iscritti nelle liste speciali.
Dovremo chiedere agli imprenditori che in merito alla formazione lavoro sulla quale hanno dimostrato un certo interesse, facciano la loro parte.
Tutto questo si accompagna alla parte del piano che riguarda i servizi socialmente utili. Dobbiamo collocarci nello spirito, anzi, e permettetemi di usare una frase ormai di uso corrente, nella tensione ideale e necessaria per sapere che qui si gioca una parte importante di quella famosa credibilità delle istituzioni e delle forze politiche a cui spesso e giustamente ci richiamiamo. Se si gioca su questo si gioca sull'esemplarità del piano. Ritengo che la Giunta abbia operato correttamente sul piano del metodo, e nel momento in cui andiamo alla conclusione e al confronto sulle prospettazioni derivate dal confronto democratico nell'intento di arrivare ad un piano, il più ampio e più qualificato possibile, dobbiamo fare il massimo sforzo perché le risposte ci siano. Certo che incontreremo dei problemi, perché il divario tra domanda e offerta, tra disponibilità finanziarie e copertura sarà molto ampio, però sarebbe molto grave se non avessimo esperito fino in fondo tutti i tentativi. Abbiamo interessi comuni e comune è la sensibilità emersa di fronte a questi problemi.
Molto spesso dai nostri discorsi emerge un senso di sfiducia, perché ci rendiamo conto dei limiti della nostra operatività, ci rendiamo conto delle difficoltà e degli ostacoli: questo è accettabile sotto il profilo dell'analisi, ci sono però certi momenti in cui occorre avere più forza più volontà, più convinzione, anche in presenza di strumenti non perfetti perché dobbiamo conquistarci credibilità e fiducia soprattutto tra le masse dei giovani. Se condurremo seriamente le consultazioni, se faremo un tentativo in questo senso, sarà un tentativo produttivo anche di risultati.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

I repubblicani prestano grande attenzione all'applicazione di questa legge, che è criticabilissima, tuttavia da qualsiasi legge, anche dalla più criticabile, si deve cercare di cavare tutto il bene possibile.
Ho da chiedere alcune chiarificazioni all'Assessore Fiorini. Vorrei sapere se si tratta di un piano tecnico, oppure se è il frutto di un discorso con gli imprenditori, ossia se i numeri citati sono stati prevalenti, oppure se è stato prevalente il contatto di carattere politico.
Il secondo interrogativo riguarda i docenti dei corsi di formazione professionale. Dobbiamo sottolineare che la Giunta, all'inizio della sua attività, aveva preso nei confronti della formazione professionale un atteggiamento estremamente contrario alla possibilità di un rapporto con le forze imprenditoriali e questo si è rilevato dalle proposte di legge e dalle deliberazioni. In questi ultimi tempi aveva cambiato il suo atteggiamento, come, ad esempio, per il Centro di formazione professionale di Orbassano. Immagino che la Giunta debba mutare ancora una volta il suo atteggiamento in relazione alla legge per l'occupazione giovanile.
Lo Stato ha dimostrato di essere in questo campo totalmente deficitario, poiché non può esserci una formazione lavoro staccata dalle attività che si svolgono all'interno delle aziende, senza un rapporto con queste. La formazione professionale puramente teorica non serve a nulla e a nessuno, serve soltanto a far uscire dagli istituti dei ragionieri che di fronte alla più elementare partita doppia non sanno da che parte incominciare.
Vorrei esprimere alcune considerazioni in merito ai rapporti che in questi giorni il Consiglio avrà con le associazioni imprenditoriali. Il Consigliere Bontempi ha parlato della possibilità che i giovani possano inserirsi nel turn- over. E' ovvio, i giovani debbono inserirsi nel turn over. Guai se avessimo soltanto la possibilità di sfruttare il cosiddetto contratto di formazione lavoro. Occorre tenere una posizione intermedia tra il considerare il turn- over solo per i giovani e l'avere a cuore e a mente il problema di coloro che sono stati licenziati da altre aziende o che sono usciti dall'agricoltura. Come forze politiche non possiamo spingere l'acceleratore soltanto nei confronti del turn - over per i giovani, ma dobbiamo anche avere a mente i padri di famiglia che debbono allevare e mantenere i giovani.
In merito alle assunzioni socialmente utili c'è il timore di tutti che le assunzioni "a termine" diventino assunzioni a tempo indeterminato, con la solita operazione di scarico sulla pubblica amministrazione del peso della d i s occupazione e di creazione di disoccupati all'interno della stessa Amministrazione pubblica.
Su questo punto le informazioni della Giunta sono state del tutto deficitarie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

In attesa di svolgere il previsto dibattito sui risultati emersi dal confronto con gli interessati, vorrei esprimere alcune impressioni su questa legge. Essa non è un toccasana, non risolve i problemi dell'occupazione giovanile, tuttavia rappresenta un primo passo avanti.
Questa legge pone degli obiettivi specifici che starà nella nostra capacità di amministratori di concretizzare. Prima del suo battesimo ufficiale ha suscitato un vespaio di polemiche da parte degli industriali, i quali hanno dichiarato che la legge non affronta i problemi del rilancio dell'economia.
Agli imprenditori non interessano le 32 mila lire per il pagamento delle assicurazioni sociali, essi richiedono dei quadri qualificati (salvo poi vedere la delegazione in piazza Castello della Vetro Europa i cui operai sono stati messi in cassa integrazione per avere chiesto la qualificazione professionale).
Si dice che gli iscritti nelle liste speciali sono circa 640 mila, un milione, un milione e mezzo; sappiamo benissimo che i meccanismi per l'accertamento della disoccupazione giovanile sono complicati, imperfetti e non danno risultati scientificamente inoppugnabili. Ne ho un esempio in casa: mio figlio non è iscritto nelle liste speciali, seppure disoccupato.
Questo dimostra che i giovani disoccupati sono certamente superiori ai 640 mila.
Di fronte a questa legge dobbiamo presentarci con tutta la nostra capacita per assumere quella credibilità di cui si è parlato, altrimenti verremo snobbati da tutte le parti.
Mi pare giusta l'iniziativa della Presidenza del Consiglio che ha voluto sondare il cambiamento di posizione degli imprenditori. Accerteremo oggi stesso se si tratta di farina o di crusca.
Ho ascoltato attentamente la relazione dell'Assessore Fiorini e la mia prima impressione è che la Giunta si sta muovendo, come si dice, "con le bocce ferme", intravedendo le reali possibilità che stanno di fronte a noi.
Molto probabilmente faremo un buon lavoro sapendo già a priori che non risolveremo totalmente il problema: lo risolveremo parzialmente, almeno per una parte di giovani.
Per quanto riguarda la dislocazione sul territorio vorrei ricordare all'Assessore che la disoccupazione non c'è soltanto a Torino, ma c'è anche a Vercelli e a Biandrate, paesotto del Novarese: la dislocazione deve essere attenta, ponderata, deve rispondere alle esigenze di tutto il Piemonte e di tutti i giovani che in esso risiedono.
Con questa attesa ci proponiamo di ritornare su questo banco a esprimere il giudizio che i socialisti daranno alla legge.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Questa legge ha molti limiti e mi pare sia il caso di ribadirli ogni volta che ci incontriamo, anche perché ci indicano quali sono le reali possibilità d'intervento al nostro livello istituzionale. Qualcuno dei presenti ha detto scherzando che non si creano posti di lavoro con un decreto legge. I posti di lavoro in termini moderni, attuali, produttivi nascono da una realtà politica, economica e sociale, è chiaro, quindi, che nel nostro Paese avremo posti di lavoro quando ci sarà il rilancio produttivo il quale, a monte, richiede il rilancio degli investimenti. Su questo possiamo non essere d'accordo, perché il rilancio degli investimenti avviene attraverso l'aumento dei prezzi oppure con il trasferimento di capitali alle aziende, ottenuti tramite la leva fiscale.
Leggo sui giornali di questa mattina che i sindacati dicono "no al tetto, ma aumento delle tasse". Magari io dovrei pagarne di più (se Colombino intende dire questo), anche se non ho la fortuna di essere in aspettativa dalla Cassa di Risparmio, ma di dover difendere il mio posto di lavoro fra due anni e mezzo. Voglio però far presente che il popolo italiano nel suo complesso paga tasse a livello europeo e l'incremento del gettito fiscale è stato da 19 a 39 mila miliardi nel corso di due anni. Di fronte a situazioni di questo genere non facciamoci illusioni.
L'evasione fiscale non è più un fatto politico, cioè una riserva alla quale poter attingere come manovra economica e finanziaria, ma è semplicemente un problema da codice penale. Avendo la leva fiscale ormai raggiunto i limiti sopportabili, ci dobbiamo guardare una volta di più da questa piovra rappresentata dalla mano pubblica che si dilata continuamente e fa saltare anche gli accordi a livello internazionale.
La prima preoccupazione derivante dall'esame di questa legge è stata già sottolineata dalla collega Castagnone Vaccarino, e cioè che con la legge che attiene alle attività socialmente utili non possa venire un superamento del decreto Stammati e una inflazione d'attività pubbliche sotto sviluppate. Ma anche quando cosi non fosse, avremmo di nuovo un trasferimento alla mano pubblica di redditi che nell'attuale situazione debbono essere destinati al mon do produttivo per rilanciare gli investimenti e l'occupazione. Peraltro questa legge con i suoi limiti ha posto prima di tutto il problema (in questo concordo sulle valutazioni fatte dal Presidente del Consiglio) del livello politico che per la prima volta in Italia ha verificato la necessità di colloquio tra il mondo imprenditoriale ed Enti pubblici di diverso livello per verificare quale sia l'effettiva domanda lavoro, o meglio offerta lavoro, non dico in termini quantitativi ma qualitativi.
Finalmente, anche per un intervento un po' fantasioso del Presidente potremo sentire, oltre ad averlo letto sui giornali, che in definitiva il limite dell'attività politica nei confronti dei giovani è stata quella di aver creato una scuola che non produce un'offerta lavoro conforme, agile e duttile, in grado di copiare e seguire i movimenti delle richieste del mercato del lavoro. In questa misura mi pare che possiamo far sì che il mondo imprenditoriale scenda da una posizione aprioristicamente negativa nei confronti della legge per dare un minimo di credibilità alle istituzioni di tutti i livelli affinché non nasca un ulteriore fatto di disaggregazione e di frustrazione nei confronti dei giovani. Nell'ipotesi che ciò avvenisse, chiederei all'Assessore di non lasciar cadere questa occasione per andare fino in fondo nell'esame dettagliato e preciso, per impostare un tipo di rapporto con il mondo imprenditoriale piemontese che possa dare nella sua evoluzione all'Assessorato alla formazione professionale l'occasione, forse non ripetibile a breve momento, di verificare l'impostazione del lavoro dell'Assessorato stesso e del Consiglio nel suo complesso.
Non c'è da sperare che i privati possano pagare di più, né in tasse, n in prezzi; ognuno di noi, nella propria fascia sociale, vive all'osso ognuno di noi fa dei sacrifici che saranno più gravi e più immediati per i lavoratori a reddito fisso, ma ne faranno certamente altri i commercianti ne faranno altri gli imprenditori, ne faranno altri i professionisti: ogni fascia sociale in questo momento non ha più la possibilità di fare sprechi in conseguenza dei prezzi.
L'aumento dei prezzi e il fisco non sono più delle valvole; a questo punto, si deve puntare tutto sul contenimento della spesa pubblica. Per al di là di questa raccomandazione, suggerisco alla Giunta (e dichiaro la disponibilità mia, come penso di tutto il Consiglio) di creare una specie di sessione permanente del Consiglio regionale per fare sì che si faccia un salto di qualità nell'impostare la programmazione dell'istruzione professionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Il problema che stiamo affrontando non è solo importante ma essenziale per coloro che cercano lavoro e per le stesse istituzioni democratiche questo, che è stato rilevato negli interventi di oggi, si ricollega strettamente con quanto di torbido sta inquinando il Paese e con la necessità di disinnescare i processi che possono lasciare nell'emarginazione i giovani. Sono stati rilevati i limiti del nostro intervento, ma ripeterli costituisce un momento di metodologia in questa fase interlocutoria, in attesa di ciò che sentiremo e dovremo chiedere. La situazione economica nazionale e internazionale, di fronte ai mutamenti in corso per i quali occorre un Paese più organico, più unito, più determinato su certi obiettivi, può giocare nella grossa partita che si sta giocando a livello internazionale un ruolo di maggiore qualificazione della nostra presenza in termini di lavoro.
E' importante sottolineare l'importanza del Piano di sviluppo regionale che ci siamo dati, che è stato motivo di lungo dibattito. Perdere questo quadro di riferimento che ci siamo dati in rapporto con la collettività regionale, con le forze imprenditoriali, con i sindacati, sarebbe un grosso errore e significherebbe perdere la credibilità. Ciò che il Piano diceva essenzialmente è noto a tutti: un corretto rapporto tra i problemi del Piemonte, che non possono essere visti in una chiave strettamente piemontese, ma devono essere collegati al bilancio dell'economia nazionale con i problemi del Mezzogiorno. Il Presidente Sanlorenzo diceva che i rapporti non consistono nell'ottenere di più dal Governo centrale che ha a suo carico i problemi del Mezzogiorno, ma di ritrovare quel di più di cui abbiamo bisogno nella nostra realtà regionale. Questo è un discorso che abbiamo svolto nel momento in cui abbiamo attuato il Piano. Le forze ulteriori vanno ritrovate nel Piemonte, devono essere fornite dal Piemonte da quanto esiste ed insieme con ciò che è messo a disposizione dal Governo trovare il momento di sintesi. Tutti gli interventi hanno ribadito il concetto che il piano non deve finire per dilatare il pubblico impiego attraverso la forma di assunzione a tempo determinato, che poi si trasformerà a tempo indeterminato. Si devono chiarire con gli imprenditori e con i sindacati molte cose che sono ancora in una fase magmatica e confusionale. L'anno scorso, il mondo imprenditoriale aveva evidenziato l'esigenza, a livello di provincia di Torino, di posti di lavoro per operatori qualificati: chiedere quale tipo di qualificazione, in quale settore merceologico ci sono tali esigenze, queste sono le domande che la nota dell'Assessore pone e che non sono state ancora chiarite.
Il rilancio della vita economica regionale può avvenire sulle basi indicate dal Piano regionale di sviluppo. Esistono problemi di mobilità e a questo si ricollegano anche i problemi del caos retributivo. La stenodattilografa presso il Consiglio regionale o presso il Comune ha un plafond di guadagno X mentre in una banca, con concorsi regolari emessi in questi giorni, il plafond raggiunge il 180% in più; se questo è il rapporto che esiste tra terziario qualificato e mondo produttivo, credo che realmente il sindacato se ne deve fare carico. Vi sono delle situazioni talmente assurde che non consentiranno mai la mobilità tra settore e settore. Chiarire con gli imprenditori e con i sindacati questi punti è molto importante. Tutti riconosciamo i difetti, i limiti, le inutilità e le assurdità dell'istruzione professionale, ma tutti riconosciamo anche gli effetti estremamente positivi e concreti delle nuove iniziative della Regione (ricordo Biella, il Centro professionale di Orbassano, il corso delle macchine utensili che dimostrò come 1.500 qualificati avevano concrete possibilità di trovare immediatamente occupazione). Su questa strada si deve continuare a camminare e su questo concordo pienamente.
Ritengo che debba esserci un legame tra il Piano regionale di sviluppo, la realtà sociale e le possibilità di espansione. Si pongono quindi non soltanto i problemi evidenziati dalla collega Castagnone Vaccarino sul pericolo di avviare nel settore pubblico forme di lavoro precarie che si possono trasformare in un lavoro a tempo indeterminato, sempre a carico della collettività e con tutti i danni conseguenti, ma si pone anche l'altro problema, per cui non possiamo favorire attività e processi economici in contrasto con le linee che il Piano si è dato nei rapporti esatti tra Piemonte e il resto del Paese.
Dopo il discorso dell'occupazione giovanile, essenziale per la sopravvivenza del regime democratico in Italia, vi è il discorso della soluzione del problema del Mezzogiorno. La storia ci insegna, in termini molto ravvicinati, che i processi eversivi contro le istituzioni democratiche hanno sempre trovato spazio nelle frustrazioni e nelle speranze di larghe masse non rappresentate nei loro interessi immediati di sopravvivenza e di dignità di vita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

Prima di tutto desidero riaffermare il massimo impegno della forza politica che rappresento, affinché questa legge possa trovare il suo più positivo utilizzo. Noi andremo alle consultazioni con estremo realismo, con la consapevolezza del problema e con la speranza di cogliere dalla viva voce degli interlocutori interessati, siano essi forze imprenditoriali o forze sociali, l'evidenziazione reale di tutti gli eventuali limiti che questa legge può presentare, nella programmazione, nella sua utilizzazione e nella sua gestione. Siamo ben consapevoli del rischio di introdurre elementi di contrapposizione all'interno del mercato del lavoro; non ci riterremo soddisfatti se riusciremo solo a dare il posto di lavoro a qualche giovane a scapito di qualche altro meno giovane. Questo non è l'obiettivo della legge né è il nostro obiettivo. Sono stati denunciati, da parte di altri colleghi, però in termini troppo generici, i limiti della legge, soprattutto quello finanziario. E' una legge triennale e credo che se ne sarà verificato il buon funzionamento, ci sarà tutto il tempo per assumere altri impegni, per stimolare Governo e Parlamento a far sì che ulteriori finanziamenti, seppure compatibilmente col quadro delle risorse globali del Paese, siano destinati in questo settore. Ma non credo che l'aspetto finanziario sia il limite prioritario. Andremo a verificare i limiti senza voler concedere a nessuno degli alibi, in quanto non ci devono essere alibi né per noi, né per le altre forze politiche né per le forze economiche in gioco. Di qui il .richiamo al realismo. Non possiamo non prendere in considerazione i limiti che sono stati enunciati e dichiarati primo fra tutti quello delle richieste numeriche e non nominative. Su questi temi dobbiamo parlare con estrema franchezza. Non nascondo la mia perplessità nel pensare che piccole e medie aziende o aziende che ricercano personale qualificato di un certo livello, possano adeguarsi a una regolamentazione di questo tipo. In sostanza, è difficile pensare che per il personale laureato una qualsiasi azienda possa fare una richiesta esclusivamente numerica. Starò ben attento, e staremo ben attenti, per cercare di discriminare il fenomeno affinché, sulla base di queste affermazioni, non si nascondano in effetti reali incapacità o reali impossibilità da parte delle aziende di assumere o che eventualmente esaltino questo aspetto come paravento. Non mi sento perlomeno di dare torto a chi cita questo come uno degli elementi non positivi della legge.
In questo senso, sarà utile e necessario seguire, parallelamente ai dati di assunzione, l'andamento del collocamento e delle assunzioni attraverso i canali normali. Sarebbe triste se dovessimo constatare l'insuccesso della legge. Sarebbero pur sempre posti di lavoro creati e realizzati, però, a questo punto, dovremmo verificare che qualcosa non funziona. Credo che ciascuno di noi abbia sentito parlare di quante e quali sono le possibili scappatoie per uscire da questa situazione. Prima di tutto dobbiamo essere legati al dato occupazionale e all'allargamento della base produttiva per affrontare con il dovuto realismo gli aspetti pur difficili che questo problema comporta. Concordo pienamente sull'opportunità di assumere questa legge come momento di ripensamento complessivo su tutto il lavoro che la Regione per prima deve e può fare sul piano della formazione professionale o più in generale sul mercato del lavoro. Credo che si stia affermando nel Paese la consapevolezza che gli strumenti di pilotaggio economico che possediamo oggi sono abbastanza grezzi per stare dietro agli aspetti, anche sofisticati e difficili, della nostra economia ; è stato detto da tutti che il mercato del lavoro del nostro Paese è ancora una grande incognita.
Abbiamo pochissimi dati a nostra disposizione, non ne conosciamo normalmente la distribuzione, in tutte le sue variabili. Credo valga la pena, approfittando di questo momento, di ripensare ad iniziative che sono state discusse nel Piano regionale; in secondo luogo vi è l'opportunità di una revisione complessiva attraverso queste analisi del piano di formazione professionale della Regione. Sarei grato all'Assessore se nella replica volesse apportare qualche elemento di chiarezza, sul rapporto tra i corsi previsti nel canale della legge sull'occupazione giovanile e le attività permanenti e ordinarie della Regione sulla formazione professionale. Non credo che si possano teorizzare discrasie o schizofrenie tra questi due momenti, che devono sicuramente essere integrati tra di loro, almeno in modo da utilizzare i dati dell'uno per correggere i dati dell'altro, sia sotto l'aspetto della formazione professionale finalizzata al lavoro produttivo nelle aziende, nelle industrie o nel settore terziario o primario, sia per ciò che riguarda il pubblico impiego; abbiamo la sensazione e la convinzione che per ciò che riguarda i piani di formazione professionale della Regione per il pubblico impiego troppe volte ci si trovi di fronte a piani che non corrispondono a effettive possibilità prospettive e necessità degli Enti pubblici.
Ci lasciano molto perplessi affermazioni secondo cui nei corsi di formazione professionale organizzati dalla Regione quasi si garantisce ai giovani la prospettiva di un'assunzione sicura nelle pubbliche amministrazioni.
Ho presentato un'interrogazione su un corso di formazione professionale tenuto recentemente a Cirié, approfitterò di quella discussione per approfondire questo aspetto. Vuoi per motivi economici, vuoi per motivi di reale esigenza della pubblica amministrazione, credo si debba essere molto cauti prima di illudere o dare false garanzie e false illusioni ai giovani che frequentassero questi corsi.
Non mi soffermo su argomenti trattati da altri sui quali concordo: nel massimo sforzo nei confronti del lavoro produttivo delle aziende del settore industriale e commerciale e non a carico della pubblica amministrazione per la quale la selezione dei corsi e dei programmi dovrà essere fatta soprattutto sulla base qualitativa dei programmi stessi, in modo da introdurre elementi di salto di qualità all'interno dei pubblici servizi.
Concludo chiedendo ancora all'Assessore un'informazione circa la gestione di questi corsi. Si ritorna al discorso della relazione con i piani ordinari e certamente non può non preoccupare il problema dei docenti in grado di gestire e di seguire una massa considerevole di corsi (ne leggiamo 476, saranno di più o di meno a seconda dei dati consolidati che andremo poi a verificare) però, anche nel caso fossero realizzati in numero minore rispetto alle previsioni, sono pur sempre una massa considerevole che spaziano su tutte le professionalità e che richiedono una qualificazione da parte del personale insegnante certamente considerevole.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, interverrò brevemente in questo dibattito con un taglio diverso da quello seguito dai colleghi che mi hanno preceduto. Mi sollecita a farlo un'affermazione che ho colto dal Consigliere Bontempi, il quale ha sottolineato, addirittura ha invocato, la necessità di affrontare questo problema richiamando uno stato di tensione che a suo avviso, e non solo a suo avviso, non esisteva all'interno di quest'aula.
La verità è che questa discussione, utile come tutte le discussioni dalle quali sempre c'è modo di apprendere qualche cosa, si colloca sfasata nei tempi, troppo tardi, cioè, rispetto a un più ampio dibattito, che andava pure fatto e che non è stato fatto, e ancora troppo presto rispetto alla possibilità di esprimere un giudizio concreto che, al momento, non pu essere dato in mancanza di quegli elementi che ciascuno di noi comincerà ad avere attraverso le consultazioni di oggi pomeriggio. Ho già detto, quindi non vuol assolutamente suonare offesa nei confronti delle altre parti politiche che hanno dato il loro qualificato contributo alla discussione che qualunque dibattito ha in sé un'intrinseca utilità. Ma mi chiedo se non sarebbe stato più opportuno, addirittura più oneroso che il Consiglio regionale si impegnasse prima su un grande dibattito politico attorno alla legge 285. Ha ragione Alberton quando rileva che questa legge è stata criticata in modo del tutto generico. In effetti, a prestare orecchio a quanto si è detto stamane, la critica effettivamente risulta generica ed estremamente limitata, ma non era questa la sede per affrontare una discussione di quel tipo e quando, il 29 di questo mese, saremo messi davanti all'esame del piano concreto della Regione, potrà già essere troppo tardi. Certo non mancheremo di ripetere, di ricordare, di riassumere in quella circostanza il giudizio globale sulla legge dello Stato, ma sicuramente, credo che questo Consiglio regionale abbia perduto una grossa occasione non ponendo all'ordine del giorno dei suoi lavori il dibattito sulla situazione giovanile quale si prospettava alla luce dei provvedimenti contenuti nella legge. Faccio un'annotazione, che può essere fuori tema (ma questo è stato tutto un dibattito fuori tema), soprattutto credo che abbia perduto l'occasione di fare il dibattito sulla drammatica situazione giovanile piemontese ancora prima del varo della legge dello Stato perch il problema preesisteva, ma si è attesa quella scadenza per cominciare ad occuparsi del problema stesso e poi ci si è trovati di fronte alla sorpresa di un numero altissimo di iscrizioni alle liste speciali il che ha portato (citiamo a mente) il Presidente della Giunta a dichiarar; in un'intervista rilasciata alla "Stampa", la propria sorpresa di fronte ad un fenomeno che aveva assunto proporzioni così gravose e a dichiarare altresì che proprio questa constatazione comportava la necessità per la Regione di intervenire anche con iniziative autonome.
Signor Presidente della Giunta, bisognava attendere questa rilevazione statistica per poter avvertire in tutta l'urgenza, in tutta la drammaticità, questo fenomeno che stava crescendo, che stava montando, ma che è stato ignorato dalla maggioranza, fino almeno a quel momento?



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Anche perché il Ministero disse che si trattava attorno alle 400 mila rilevazioni, invece furono il doppio.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, ma questo non toglie che un fenomeno di queste dimensioni doveva essere già affrontato con iniziative autonome dalla nostra Regione, il che non è avvenuto. A noi preme rilevare che bisognava fare questo tipo di discussione molto tempo addietro, bisognava fare il dibattito sulla legge 285 al momento del varo. Ho presentato molto modestamente una proposta di legge con iniziative a favore della disoccupazione giovanile, tuttora giacente in Commissione, e questa preesisteva 'alla legge 285; ma andava fatto il dibattito sulla 285. Credo sinceramente che sia troppo presto oggi, in questo momento, in questa fase anticipare un giudizio di merito su un piano che non esiste ancora e che potrà essere sciolto soltanto nel momento in cui le forze imprenditoriali dalle quali abbiamo avuto finora risposte o manifestazioni certamente negative e preoccupanti, vorranno dire quale disponibilità hanno per la migliore gestione di questa legge. Credo di dover anche aggiungere che è stata utile ed opportuna l'iniziativa assunta dalla Presidenza del Consiglio per andare ad un'ulteriore fase di consultazione. Credo che dovremo andare a queste consultazioni con moito realismo e senza farsi illusione alcuna, ma penso che fino a quando non saremo in possesso di dati più precisi, questo sia un discorso sfasato nei tempi come mi ero permesso di dire. Farò un'ultima considerazione. Certo c'è la disponibilità della mia parte politica di ricavare il meglio possibile da questo tipo di legge se non altro perché credo che in questo momento soltanto un folle o un irresponsabile (e noi crediamo di non essere folli e non vogliamo essere irresponsabili) può non rendersi conto di quale pericolosissima miccia si è andata ad innescare, come è il varo stesso di questa legge, per le conseguenze che possono derivare da una delusione, magari poi anche strumentalizzata, di centinaia di migliaia di giovani che, nonostante i provvedimenti disposti, non riusciranno ad entrare nel processo produttivo.
La migliore disponibilità si, ma anche un giudizio politico va pure dato.
Diceva Bontempi, questa mi è parsa fosse la sua tesi, che dobbiamo utilizzare al meglio questa legge come qualunque altro strumento legislativo per salvare la credibilità delle istituzioni. Pensiamo che la credibilità delle istituzioni si salvi innanzi tutto e prima di tutto varando strumenti legislativi validi, corretti ed operanti. A questo riguardo dobbiamo dire, e concludiamo, che la credibilità questo Governo l'ha già perduta varando una legge quale la 285. Vogliamo augurarci che nel dare attuazione ai provvedimenti di sua competenza la Regione vari un piano che non faccia dire che a livello regionale si è perduta completamente la credibilità verso le istituzioni.



PRESIDENTE

Si concludono così gli interventi dei Consiglieri. Do ora la parola all'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Com'è giusto ed opportuno, a questa discussione replicherà il collega Fiorini anche per l'accento che è stato dato al problema formativo. Mi corre l'obbligo però, per alcune considerazioni qui fatte, di chiarire alcuni punti anche perché non possiamo sempre rifare la storia da Adamo ed Eva e anche perché la Giunta reputa che questo momento di discussione debba servire per un'ulteriore messa a punto dopo che si era presentata nel mese di luglio (appena varata la legge) con un'esposizione organica e programmatica circa gli intendimenti e circa il giudizio politico della legge. La relazione è a vostre mani; non ripeto le cose contenute in quella relazione se non per le messe a punto necessarie.
Devo ricordare ai Consiglieri Benzi e Carazzoni che non è vero che si discute oggi di questa legge: ha avuto un iter durato 10 mesi. La Giunta si presentò in Consiglio fin dal settembre dell'anno scorso a precisare i suoi intendimenti e non lo fece in termini formali perché dal settembre dell'anno scorso al momento del compimento dell'iter della legge si fece parte attiva: abbiamo tenuto due convegni con le forze sindacali e politiche, nell'autunno '76 e nel gennaio '77; abbiamo dato almeno tre informazioni al Consiglio e, a poche settimane dal varo della legge, il 20 luglio ci siamo presentati ad esprimere le linee programmatiche con le quali intendiamo utilizzare la legge. Convengo con l'osservazione fatta dal Consigliere Alberton secondo il quale la legge deve essere vista dinamicamente nel tempo, in un arco di tre anni: ciò che non si realizza oggi attraverso la prima tranche non è detto che non dobbiamo operare per realizzarlo successivamente. Le liste non sono chiuse. Abbiamo fornito le risultanze al momento della chiusura delle graduatorie: ma solo dal 12 al 31 agosto, nel mese delle ferie, si sono aggiunte altre 1.029 domande.
E' bene richiamare le azioni da svolgere per colmare il divario tra domanda e disponibilità e sottolineare il rischio di utilizzare la legge puramente in direzione dei servizi sociali. La Giunta aveva detto che se tutto dovesse risolversi in questo sarebbe già una grave sconfitta e sottolineiamo l'importanza che la legge sia utilizzata nei settori produttivi, particolarmente in quelli industriali.
Le posizioni delle industrie non sono concordi. Avrete colto le differenze comparse sulla Stampa dalle interviste con Benadì e il Presidente della Federazione regionale. La formulazione che la Regione aveva avanzato agli industriali per il rapporto formazione-lavoro era stata giudicata dall'Unione industriale e dalla Confapi interessante. Abbiamo notizie di alcune aziende anche non piccole che si preparano ad utilizzare il rapporto a tempo indeterminato. Anche per questo ha un senso l'iniziativa intrapresa dal Presidente del Consiglio e dalla Commissione.
L'ultimo rilievo che devo fare è che non possiamo vedere questa legge come avulsa da un contesto di ordine, più generale economico e produttivo.
Alcuni giorni fa ho illustrato in q ue s t 'aula, purtroppo fra una generale disattenzione, la legge di riconversione industriale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18 agosto. La Giunta sta predisponendo i suoi interventi su questa materia anche in considerazione dei compiti che le vengono assegnati: progetti di settore, commissioni della mobilità.
Certamente queste cose sono collegate tra loro. Non voglio tirare delle anticipazioni affrettate, ma in questi giorni, contattando la Olivetti per l'elettronica e per le questioni del credito agevolato predisposte dalla legge, la stessa ci ha fatto presente che venerdì, dopo la consultazione alla quale parteciperà, l'On. Visentini vuole precisamente parlarci di questo problema. Domani avremo la consultazione con gli artigiani i quali stanno già quantificando in alcune situazioni le loro possibilità di assunzione chiedendo un adeguamento della legge sul quale pare esista ampio consenso.
Con questo credo che non dobbiamo chiuderci in un'ottica semplicemente limitata alle prime operazioni perché la durata della legge è triennale e quindi richiederà molti interventi successivi.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fiorini per la replica finale.
FIORINI Fausto, Assessore all'istruzione e alla formazione professionale Come avevo promesso, darò alcuni chiarimenti a coloro che me li hanno chiesti. Al Consigliere Benzi devo precisare che i 10 miliardi sono una pura e semplice previsione in quanto la legge dice che la stipulazione di contratti di formazione lavoro ha automaticamente un finanziamento; è evidente che se si dovesse andare oltre i 50 mila si porrebbe il problema di un ulteriore finanziamento. La previsione del CIPE è di questo tipo mentre invece deve essere considerata vincolante l'altra parte perché si tratta di approvazione di piani che hanno anche un aspetto finanziario.
Potremmo auspicare che in Piemonte il numero di 5 mila contratti possa anche triplicarsi e non avremmo alcun problema di finanziamento perché il finanziamento ha carattere di automaticità.
Servizi socialmente utili. Sono state fatte delle previsioni con il vincolo del 70% per il sud; le somme vengono ancora così suddivise: 60% per progetti regionali e 40% per progetti dello Stato che hanno ovviamente la loro dimensione anche regionale. In questi giorni abbiamo ricevuto un invito da parte del Ministero a coordinare con gli organi periferici l'attività della Regione e degli altri Enti dello Stato.
Se la suddivisione avviene in questo modo il Piemonte può pensare di ottenere da un miliardo a un miliardo e mezzo, dato che la suddivisione del CIPE avviene pressapoco proporzionalmente al numero degli iscritti nelle liste di collocamento: anche se non è chiaramente detto cosi si pu intuire. Questo vuol dire che in Piemonte è possibile impiegare per piani regionali circa 1.200 persone e per piani statali oltre 800 persone. E' chiaro che si tratta di contratti a tempo determinato ed è ovvio che ci sarà una spinta ad entrare nella pubblica amministrazione, ma questo non è negli intenti della legge né dell'Amministrazione pubblica.
Riteniamo che questo momento di esperienza lavorativa possa essere un fatto utile per introdurre prima di tutto nel mondo del lavoro persone che ne sono escluse e in secondo luogo perché permette la conoscenza di una realtà diversa, che attraverso l'assunzione può migliorare l'atteggiamento dei giovani nei confronti della pubblica amministrazione. E' evidente che quanto più riusciremo a interessare i giovani all'attività che svolgono e far capire il senso, ad esempio, di un censimento di beni culturali o della rilevazione nel territorio ai fini produttivi, tanto più riusciremo a legarli ad un'attività lavorativa. Questo non sarebbe un risultato da poco anche se, dopo la decorrenza dei dodici mesi, si riproporrà il problema della loro occupazione. Speriamo che nel frattempo la situazione economica dia più spazio anche all'impiego di questi giovani.
In questo modo si immettono 1.060 miliardi in settori che non sono di beni di lusso, ma sono di beni fondamentali, settori nei quali la domanda è più in difficoltà e l'intervento congiunturale, secondo la logica keynesiana, può essere corretto, non dando quindi un incremento eccessivo alla domanda, ma dando un incremento in settori in cui a volte, proprio per la carenza di domanda, si finisce per buttare via il prodotto, ad esempio la frutta. Riteniamo che tutto questo potrà anche non influire sui prezzi.
E' stato detto dalla collega Castagnone Vaccarino che la Giunta avrebbe avuto un atteggiamento diverso rispetto al precedente in merito ai corsi di formazione professionale. Vorrei contestare questa osservazione.
L'atteggiamento che abbiamo assunto nei confronti dell'industria è stato di non accettazione del corsi aziendali, ma di accettazione della collaborazione degli industriali, tanto è vero che subito abbiamo ricercato ed ottenuto tale collaborazione in occasione della nostra iniziativa per il Centro per operatori nel campo del controllo numerico. Non solo, ma abbiamo concordato nuovi tipi di corsi in cui la componente industriale possa esprimersi rispetto alle proprie esigenze mantenendo quello che a nostro parere è il problema fondamentale, cioè il controllo pubblico sulla formazione.
In merito al problema specifico degli insegnanti, pensiamo di ricorrere ai centri regionali, sia degli Enti privati, anche se ormai non possono essere considerati tali dato che i centri privati speculativi non esistono più, sia della scuola pubblica ricorrendo eccezionalmente a contratti a tempo determinato, soprattutto nel campo dell'insegnamento della matematica e della fisica, qualora si dovessero rilevare carenze di quadri.
Per ciò che riguarda la parte strettamente tecnica, pensiamo di avviare l'esperimento (che già stiamo cercando di condurre ad Orbassano) di corsi modulari; una parte del modulo è svolta con tecnici in fabbrica sulla base di convenzioni con le industrie che comportano un rimborso delle spese e al tempo stesso un controllo del corso e della formazione, altrimenti ci sarebbe il grosso rischio di trasformare questo tipo di contratto formazione lavoro in apprendistato con delle ore di formazione perfettamente inutili. E' evidente che per ottenere una certa qualifica occorrono 2.400 ore, perciò con 500 ore non si potrà conseguire lo stesso risultato; siamo però disponibili nei confronti degli industriali a continuare dopo i dodici mesi il corso in modo che avvenga una vera e propria formazione professionale; ossia senza dare le 32 mila lire possiamo offrire questa possibilità agli industriali in modo che la formazione professionale avvenga realmente. La formazione nel campo industriale ha effettivamente un suo significato, tanto è vero che nelle liste di collocamento non risultano persone formate da centri di formazione professionale nel campo industriale. E' questo il motivo per il quale quest'anno, creando problemi occupazionali che forse potranno essere risolti con la legge 285, riduciamo drasticamente quei settori che portano all'emarginazione, come ad esempio nel campo delle dattilografe o dei disegnatori generici, spostando invece tutte le risorse, che purtroppo non sono molte, nel campo della formazione industriale.
Oggi presenterò questo piano e chiederò un parere ai colleghi della V Commissione, chiarendo che si tratta del piano ordinario e che i corsi della legge 285 sono corsi straordinari; questi ultimi potranno avere dei contatti con i corsi ordinari, ma è un'organizzazione a parte; è opportuno che sia chiarita la funzione straordinaria e non l'ordinarietà dei medesimi; tuttavia le esperienze in questo campo possono essere utili anche per la trasformazione dei corsi ordinari in corsi svolti in fabbrica abituando i docenti, e soprattutto le imprese, all'organizzazione di corsi di questo genere per il miglioramento delle conoscenze tecnologiche dei propri dipendenti. Questo sistema avrebbe il vantaggio di aggiornare continuamente i corsi di formazione professionale, ove il macchinario deve essere ammortizzato in tanti anni e non potrebbe essere rinnovato, come invece lo è all'interno delle imprese.
Per quanto si riferisce al turnover possiamo dire che esso non toglie il lavoro agli altri qualificati, ma è un fatto importante che viene ad inserire la fascia di giovani sinora emarginata, considerata da alcuni economisti come la fascia debole del mercato del lavoro, ossia viene ad introdurre nel processo produttivo i giovani permettendo una più armonica composizione per età degli addetti al settore industriale e agli altri settori.
Vorrei rispondere al collega Alberton in merito alle richieste numeriche. E' una delle richieste che probabilmente gli industriali faranno nell'incontro quadrangolare del 27. Ci sono però degli inconvenienti.
L'assunto può non avere attitudine al lavoro, in questo caso però c'è la possibilità di stipulare contratti di formazione lavoro a breve termine (quattro mesi), con la possibilità di selezione del personale. Mi paiono pretestuose le affermazioni circa la nominatività in quanto una possibilità di selezione in ogni caso esiste.
In conclusione, abbiamo valutato difficoltà e rischi della legge, il maggiore dei quali è quello di suscitare aspettative che il sistema economico, tra un anno o due, potrebbe dimostrare di non essere in grado di soddisfare. E' certamente un rischio molto grosso, però il buon esito dipende da tutti. Diceva un economista famoso che quando tutti pensano a una certa cosa nel campo dell'economia questa si verifica. Dobbiamo fare in modo che tutti pensino all'attuale sistema economico, ai miglioramenti del nostro sistema economico, alla maggiore distensione dei prezzi, alla bilancia dei pagamenti, alla stabilizzazione del potere di acquisto, anche internazionale, in modo che sia possibile per gli industriali lavorare più tranquillamente, fare delle ipotesi, fare investimenti perché è proprio dalla possibilità di investimenti che può nascere fra due anni la possibilità di impiegare definitivamente i giovani.



PRESIDENTE

Il dibattito è concluso. Permettetemi di rilevare un aspetto non consueto del nostro Consiglio. Abbiamo di fronte a noi una settimana senza precedenti come calendario di lavoro: ieri ci siamo occupati di gravi fatti luttuosi che mettono in discussione la sopravvivenza della democrazia domani ci sarà una grande manifestazione unitaria con cui Torino democratica e antifascista risponderà agli attentati e al terrorismo politico, questa mattina si è svolta una discussione che tende a rimuovere le cause più profonde dello stato di disagio e di disperazione in cui possono essere indotti i giovani del nostro Paese. Domani incomincia la discussione sulla più difficile e più importante legge che la Regione abbia approvato dai primi giorni della sua esistenza. Con ciò voglio dire che il Consiglio regionale nel breve volgere di una settimana fa fronte a tutti i temi fondamentali della vita politica del Paese e assolve ad una funzione che non è soltanto regionale, ma è anche nazionale. In effetti da oggi pomeriggio incominciano le consultazioni con le grandi aziende, dall'esito di esse deriva non soltanto la bontà del Piano regionale ma anche possibili aperture che si ripercuoteranno sulle altre Regioni. Chiedo alla stampa che tutti i giorni segue con molta cura e precisione questi fatti, di mettere in evidenza il valore particolare del dibattito che questa mattina è stato svolto e l'iter che avrà ancora fino al 30 settembre.
La seduta è tolta e il Consiglio è riconvocato domani mattina alle ore 9,30 con all'ordine del giorno il disegno di legge sull'urbanistica.



(La seduta ha termine alle ore 12,20)



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