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Dettaglio seduta n.51 del 07/01/20 - Legislatura n. XI - Sedute dal 26 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



(La seduta inizia alle ore 10.10)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Richieste di modifica dell'o.d.g.


PRESIDENTE

Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Chiedo se vi siano proposte di modifica.
Ha chiesto la parola il Consigliere Grimaldi; ne ha facoltà.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Due precisazioni.
In primo luogo - lo dico anche a beneficio del vostro Ufficio di Presidenza con il Consigliere Gavazza c'eravamo impegnati, con i lavoratori della Martor, per affrontare la loro vicenda in un question time in particolare.
È vero che tra pochi minuti inizieremo a discutere sia delle crisi industriali sia della manifattura in generale, però vorrei, se è possibile visto che abbiamo inserito questo impegno in scadenza, e dato che oggi non sono previsti question time, di ricordare questa vicenda nelle comunicazioni della Giunta.
In secondo luogo, Presidente, come lei sa, in tutto il Nord-Ovest, ma non solo, in tutta la Pianura Padana, sono scattati i blocchi alla circolazione. Credo sia bene, dopo la discussione di oggi, trovare un momento di comunicazione, sia in Aula sia in Commissione, per questa vicenda, anche a seguito delle dichiarazioni della Giunta.
La ringrazio.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marrone; ne ha facoltà.



MARRONE Maurizio Raffaello

Grazie, Presidente.
Solo per chiedere, sull'o.d.g., l'attrazione dell'ordine del giorno "Torino zona economica speciale e zona logistica semplificata" nel dibattito quindi con discussione e votazione collegata alle comunicazioni.
Ricordo che è un ordine del giorno presentato in collegamento alla delibera sull'autonomia, ma che poi abbiamo ritenuto fosse più pertinente al tema in discussione questa mattina.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Marrone.
L'o.d.g. è approvato, ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento interno del Consiglio regionale.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico: Congedi Hanno chiesto congedo Biletta, Cerutti, Graglia, Icardi, Lanzo, Marin Ricca, Salizzoni e Tronzano.
Non è presente l'Assessore esterno Marnati.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale, Cirio, e dell'Assessore Chiorino, inerenti a "Tematiche occupazionali e crisi della manifattura in Piemonte"


PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta regionale, Cirio, è disponibile a rendere comunicazioni in merito a " Tematiche occupazionali e crisi della manifattura in Piemonte".
Prego, Presidente.



CIRIO Alberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, signor Presidente. Buongiorno a tutti e ancora un augurio di buon anno.
Iniziare a parlare nel 2020 della crisi occupazionale sicuramente non rasserena, ma, nello stesso tempo, è un tema rispetto al quale, non solo non possiamo e non dobbiamo sottrarci, ma che dobbiamo cercare di affrontare in tutta la sua gravità e in tutta la sua drammaticità soprattutto avendo le idee ben chiare su quali sono le prospettive che la nostra Regione Piemonte si troverà ad affrontare nei prossimi mesi del 2020.
Questo è il motivo per cui abbiamo accolto di buon grado la richiesta innanzitutto, di riferire in merito all'accordo di fusione ormai irreversibile tra FCA e Peugeot e, contestualmente, di allargare la discussione, dopo l'incontro avvenuto immediatamente prima di Natale in Consiglio regionale con tutto il settore del metalmeccanico dell'automotive e non solo, sulle crisi maggiormente significative e aperte che abbiamo in Piemonte. In quella sede, abbiamo assunto l'impegno di trasferire questo dibattito all'interno del Consiglio regionale trasformando l'argomento non solo in un'informativa al Consiglio, ma in un dibattito vero e proprio su quello che noi oggi vorremmo tenere come obiettivo dei nostri lavori, cioè la dichiarazione dello stato di crisi occupazionale della Regione Piemonte.
È una dichiarazione che mutuiamo dal tema - ahimè - delle calamità naturali che, come sappiamo, annovera molte fragilità sotto il profilo della tutela ambientale (molto spesso idrogeologica, se vogliamo), ma è la stessa gravità che purtroppo riscontriamo, sulla base di quelle che le organizzazioni sindacali ci hanno rappresentato come timori reali, relativi a potenziali 5.000 posti di lavoro a rischio nel 2020 soltanto nella nostra regione, in tema di occupazione. È un qualcosa che ci fa parlare di calamità occupazionale, in un'analogia che purtroppo è molto chiara, ma anche molto evidente.
Per questo, credo che il Consiglio regionale di oggi sia estremamente importante. Il desiderio è di chiudere i lavori di oggi con un atto collegiale di tutta l'Assemblea.
Ringrazio l'Assessore Chiorino per aver lavorato anche in questi giorni per preparare la documentazione che adesso esporrà, nonostante momenti in cui magari gli Uffici non erano tutti aperti; quindi grazie agli Uffici che con il loro impegno, ci hanno permesso di avere numeri molto chiari, perch su questi temi non possiamo essere superficiali, ma dobbiamo avere le idee molto chiare per programmare e approfondire, e grazie soprattutto alle organizzazioni sindacali, oggi presenti qui con noi.
Quella di oggi non è la formula tradizionale di Consiglio aperto, come magari era inteso in passato, però ci sarà la possibilità, su indicazione del Presidente Allasia, che ringrazio, di permettere, dopo la relazione della Giunta, gli interventi dei Capigruppo e poi sentire direttamente la voce delle organizzazioni sindacali.
L'obiettivo è raggiungere un documento condiviso; un documento condiviso che, innanzitutto, certifichi questo stato di crisi occupazionale della nostra Regione e che poi abbia in sé alcuni corollari, cioè alcune richieste precise, specifiche e concrete, che si uniscono alle azioni che l'Assessore Chiorino v'indicherà e che la Regione Piemonte ha già posto in essere, ma che evidentemente hanno anche bisogno del sostegno da parte del Governo e dello Stato.
Per procedere con i lavori, adesso cederei la parola all'Assessore Chiorino, in modo da avere un quadro complessivo della situazione delle crisi occupazionali della nostra Regione. Al termine del suo intervento svolgerò l'informativa specifica sul caso FCA-Peugeot e poi apriremo il dibattito con i Capigruppo e le organizzazioni sindacali.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Cirio.
La parola all'Assessore Chiorino.



CHIORINO Elena, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente, e grazie a tutti.
Mi sento, prima di illustrare i vari dati e tutta la relazione preparata in funzione di questo Consiglio regionale, di ringraziare sinceramente tutti i Consiglieri, in particolar modo quelli di minoranza, perché sono sempre stati estremamente collaborativi e costruttivi in ogni singola crisi aziendale del nostro territorio. Questo ha consentito di essere incisivi uniti e di lavorare al meglio anche nell'ipotizzare proposte e nuovi strumenti da mettere a disposizione. Pertanto, rivolgo il mio più sentito ringraziamento e apprezzamento anche in questi termini.
Detto questo, ritengo che una relazione di questo tipo debba innanzitutto vedere illustrati i dati strettamente occupazionali (la fonte evidentemente, è l'ISTAT).
In Piemonte il quadro ISTAT del trimestre luglio-settembre appare decisamente critico, con un calo degli occupati di 17.000 unità concentrati nell'industria manifatturiera, che vede un calo di 25.000 addetti, che, dopo un brillante inizio d'anno, già nel secondo trimestre risultava in flessione. Resta sostanzialmente stagnante la situazione nei servizi, con +2.000 unità. Solo l'agricoltura mostra una dinamica positiva apprezzabile, con +4.000 dipendenti.
La diminuzione interessa esclusivamente il lavoro alle dipendenze, dove si registrano -34.000 occupati, mentre cresce di 16.000 unità la componente autonoma, trainata dai servizi non commerciali.
Questi dati, in una prima lettura, evidenziano due aspetti significativi.
Il primo è la diminuzione drastica dei lavoratori dipendenti, con l'aumento degli autonomi, che dimostra quanto il Jobs Act, quantomeno in Piemonte non abbia fornito gli effetti con cui invece era stato prodotto, quindi non abbia favorito neppure i contratti a tempo indeterminato.
Il secondo riguarda la narrazione che troppe volte è stata ripetuta in questi anni come un mantra, quella dei servizi che siano in grado di sopperire numericamente, in termini di posti di lavoro, alla crisi del manifatturiero. Questo ritengo sia un aspetto da tener presente anche nella gestione del dibattito odierno e di tutto quello che si vuole pensare nell'ottica della ripresa del Piemonte, perché il dato significativo sui servizi ci impone di pretendere che il Piemonte resti "terra manifatturiera". Non possiamo pensare che il Piemonte diventi terra di assemblatori o di servizi: questo va benissimo, ma dev'essere un indotto collegato a una manifattura che va difesa con tutte le nostre forze e con tutti i nostri strumenti, perché è qui che facciamo la vera differenza: è su questo che si basa il know how dei nostri lavoratori, la grande capacità della nostra industria e dei nostri operai. Ed è questo che ci consente davvero di poter fare la differenza. I dati ISTAT non fanno altro che confermarcelo e ritengo che questo debba essere uno dei grandi punti imprescindibili per l'economia piemontese su cui continuare a battagliare tutti insieme.
Riprendendo quelli che sono i dati occupazionali, aumenta in questi termini (quindi coerentemente) la disoccupazione, con 9.000 persone in più, dove si vede una forte crescita delle donne in cerca di lavoro (+23.000 unità) e il tasso di disoccupazione in questo caso sale di 2,5 punti percentuali rispetto all'analogo trimestre del 2018, superando quindi di poco la soglia del 10%, con un tasso di attività femminile che si alza comunque leggermente, dal 64,1% al 65,3%. Questo implica, comunque, che non si stia trovando un adeguato sbocco occupazionale e che si stia ampliando ulteriormente il divario di genere. Pertanto, ci saranno interventi importanti da fare anche in termini di occupazione femminile e ritengo che questo vada fatto anche in un'ottica di visione più ampia, quindi d'incremento dei servizi a sostegno della donna lavoratrice, perché uno dei temi, evidentemente, diventa anche questo. Perciò è vero che parliamo di lavoro, ma dobbiamo anche stare molto attenti ai tassi di disoccupazione e a chi sta cercando effettivamente lavoro: nello specifico, vediamo un incremento del divario di genere, con una criticità marcata della disoccupazione femminile; di conseguenza, l'incentivo non può essere soltanto sul lavoro, ma dev'essere su tutta una serie di politiche che possano sostenere una donna che è mamma e che è lavoratrice.
Il quadro trimestrale dimostra, inoltre, nel corso del 2019, degli sbalzi non trascurabili dovuti presumibilmente alla minore stabilità delle stime regionali sul breve periodo (ci sono stati tanti piccoli contratti a tempo determinato), tant'è che un quadro più stabilizzato, in cui si ricompongono in parte gli squilibri rilevati nei diversi trimestri, si ricava dalla media dei primi nove mesi dell'anno, che ci consegna in Piemonte una situazione che viene definita "piatta", soprattutto se confrontata con quella delle principali Regioni del Nord Italia.
Nell'insieme, dunque, le stime ISTAT stanno dipingendo per il Piemonte una situazione evidentemente difficile, che ci vede arretrare nel contesto del Nord Italia, dove le dinamiche restano complessivamente buone, in un contesto nazionale in cui aumenta ulteriormente la forbice fra Centro-Nord e Mezzogiorno, dove invece il numero di lavoratori risulta in flessione.
Per quanto riguarda i numeri della CIGS, la Regione Piemonte è interessata da una crisi che si è, ahimè, rafforzata nell'ultimo periodo. A oggi sono circa 50 le imprese che fruiscono della cassa integrazione straordinaria che è data per crisi aziendale, per riorganizzazione e per cessazione di attività, per un complesso di circa 2.500 addetti, prevalentemente nei settori del metalmeccanico e dell'editoria, tra i quali si evidenziano 20 imprese in cassa integrazione per cessazione attività, che coinvolge circa 800 lavoratori. A queste si affiancano ancora 75 imprese che attuano invece la CIGS per contratti di solidarietà, tra cui la più nota è FCA, con 4.000 dipendenti in cassa. Anche in questo caso, la prevalenza è del settore metalmeccanico, seguito dei settori chimica-gomma-plastica, commercio e tessile-abbigliamento.
Per il 2020 si prevede, purtroppo, un ulteriore aggravamento della situazione, come dimostrano i recenti focolai di crisi emersi anche a fine 2019. Poco fa c'era un piccolo presidio dei lavoratori della Martor di Brandizzo, per citarne una delle più recenti; la Mahle, con 450 addetti in procedura di licenziamento collettivo in corso; l'ILVA, che vede circa 800 addetti coinvolti, più l'indotto che coinvolge in Piemonte, nello specifico, migliaia d'imprese.
Il dato che sicuramente va evidenziato è che sono 3.000 le imprese coinvolte dalla vicenda ILVA soltanto per quanto riguarda l'artigianato. È un dato decisamente allarmante, su cui occorre prestare la massima attenzione.
Per quanto riguarda la normale attività istituzionale legata alla CIGS occorre osservare come le recenti disposizioni normative abbiano integrato e incrementato le fattispecie di cassa integrazione guadagni straordinaria.
Tra queste, il decreto legislativo n. 148/2015 prevede la possibilità di prorogare la durata del periodo di CIGS a fronte dell'attivazione di specifici interventi regionali di politiche attive per il lavoro, come esplicitamente indicato per talune fattispecie, quali quelle previste dal citato decreto legislativo n. 148 e anche dal decreto n. 109/2018 concordati con le aziende in crisi e rivolti ai lavoratori posti in cassa integrazione straordinaria a rischio di esubero e perdita del posto di lavoro, al fine di favorirne la ricollocazione lavorativa. Questo ha determinato un maggiore coinvolgimento delle strutture regionali proprio per addivenire a queste tipologie di accordi preposte all'erogazione delle politiche attive e la ridefinizione d'interventi mirati. Si è evidenziata la necessità di disporre di strumenti volti tendenzialmente a prevenire l'insorgenza di crisi aziendali, sostenere economicamente i lavoratori coinvolti e ricollocare i lavoratori posti in esubero dalle aziende in crisi e a rischio di perdita del posto di lavoro. La Regione Piemonte in questi termini, stante la complessità e la variegata casistica di situazioni, ha avviato un percorso per definire nuovi strumenti e interventi operativi per aumentare l'efficacia di quella che dev'essere l'azione pubblica.
Nell'ambito del prevenire l'insorgenza delle crisi aziendali è recentissima la deliberazione del 30/12, che va a stanziare un milione dell'assestamento di bilancio destinato alla prevenzione delle crisi aziendali. Il ragionamento in questo caso qual è stato? Ci sono già tantissime crisi aziendali e tavoli di crisi, di cui vi ho dato poc'anzi i numeri, e sono veramente tanti i tavoli di crisi aperti in Regione. Si evidenzia nei vari tavoli di crisi che, se queste aziende - non dico tutte, ma molte di esse se fossero arrivate prima sul tavolo, avrebbero avuto conseguenze meno drammatiche o gestioni meno difficoltose. Alcune di queste, invece, con una gestione di prevenzione della crisi non sarebbero poi nemmeno effettivamente arrivate al tavolo istituzionale di crisi della Regione Piemonte.
Per la prevenzione di quelli che possiamo definire i focolai di crisi si è istituito questo strumento, per il quale adesso è stato stanziato un milione di euro di fondi regionali, ovviamente rifinanziabile, che consente di intervenire sulle piccole e medie imprese e le microimprese piemontesi per sostenere e supportare l'imprenditore. Questo fa in modo che manager ed esperti possano intervenire in azienda a supporto dell'imprenditore fotografando la situazione dell'impresa in quel momento, quella che in gergo si chiama una swot analysis, cioè punti di forza e di debolezza interni ed esterni all'azienda, per poi lavorare a fianco dell'imprenditore per consentire di valorizzare ulteriormente i punti di forza e andare a ridurre quelli di debolezza, migliorando tutte le criticità evidenziate.
Per quello che riguarda questo progetto, l'ottica, come dicevo all'inizio è quella di una forma di prevenzione e di supporto, per riuscire a mantenere sane le nostre aziende; soprattutto, in tal modo la politica inizia a lanciare messaggi di vicinanza anche al mondo imprenditoriale perché oggi come oggi ritengo che lavoratori e imprenditori, ahimè, siano giustamente disposti a scendere in piazza insieme e hanno ragione, perch più nessuno in questo momento si sente veramente tutelato. Pertanto lanciare un messaggio in cui si possa dire che la politica è anche a fianco dell'imprenditore per salvare l'azienda e automaticamente garantire posti di lavoro, ritengo che sia di fondamentale importanza. Questo è un primo passo per dire che la Regione Piemonte c'è ed è disponibile, mettendo in campo uno strumento che sia effettivamente pragmatico e che possa davvero aiutare.
In questi termini, ovviamente sarà incrementata anche tutta l'attività di comunicazione, perché una criticità che ho rilevato dell'Assessorato al lavoro, ma anche un pochino in generale, è quella di avere tanti strumenti a disposizione, ma non una corretta comunicazione degli strumenti o una difficoltà di accesso agli stessi che, in qualche modo, alla fine demoralizza il piccolo imprenditore che ritiene di trovarsi di fronte a un muro. Tutto questo deve assolutamente essere superato e, promuovendo uno strumento snello e pratico, pensiamo e ci auguriamo di aprire una strada in questi termini.
Ci sono tante altre misure specifiche destinate anche alle imprese che hanno manifestato delle criticità. Ne elenco alcune, senza la pretesa di essere esaustiva. Esiste un progetto attivo per cui vengono stanziati circa quattro milioni di euro, l'early warning di cui abbiamo appena parlato con un milione di euro rifinanziabili, il bando di Finpiemonte delle aziende in crisi con 3,5 milioni di euro. In questo momento si sta lavorando anche al rafforzamento della workers buyout, quindi con riferimento alla legge Marcora con la regionalizzazione anche del secondo titolo. Ci sono anche misure genericamente destinate a favorire l'accesso al credito e alla solidità finanziaria delle imprese, e sono il Tranched Cover, il Fondo Rischi Confidi, lo sviluppo e promozione della cooperazione. Di prossima attivazione abbiamo il Fondo Unico per la competitività e la sezione speciale di FCG.
Nell'ambito del sostegno ai lavoratori, per quanto riguarda i lavoratori residenti nel territorio regionale posti in cassa integrazione straordinaria, sono stati firmati dei protocolli d'intesa con alcune banche, che hanno consentito a quei lavoratori in cassa integrazione, ma che stavano attendendo l'erogazione della cassa integrazione da parte di INPS, l'anticipo della cassa. Questo, infatti, era un altro grande dramma sociale. Immaginiamo un lavoratore e una famiglia che attendono la cassa integrazione per dei mesi. La possibilità di avere l'anticipo della cassa che, tra l'altro, in Piemonte ha coinvolto circa 20.000 lavoratori - è sicuramente stata un'azione di sostegno ai lavoratori. Tra l'altro, a una prima sigla con Banca Intesa San Paolo ne è seguita una seconda con Banca Sella, ma si spera di ampliare ulteriormente gli accordi di protocollo anche con le banche dei territori, per rendere ancora più agevole l'apertura di conti sui vari territori che agevolino ulteriormente i lavoratori. Ovviamente, tutto questo a costo zero per i lavoratori, perch interessi e apertura del conto sono stati previsti a carico della Regione Piemonte.
Nell'ambito della ricollocazione, al fine di fronteggiare le varie situazioni di crisi, è stata sperimentata, a partire dal quarto trimestre del 2018, in collaborazione con l'Agenzia Piemonte Lavoro e con ANPAL Servizi, la metodologia dell'assegno di ricollocazione.
La sperimentazione ha interessato circa 35 aziende in crisi e si è rivolta a circa 800 lavoratori a rischio esubero, di cui circa 200 hanno scelto poi di avvalersi dei servizi offerti dai Centri per l'impiego e gestiti dall'Agenzia Piemonte Lavoro, cui è seguita l'attivazione di percorsi di accompagnamento e orientamento nel mercato del lavoro, che hanno portato alla ricollocazione di circa 50 lavoratori. Quest'attività è stata poi inclusa definitivamente nell'attività erogata dai nostri servizi con una determinazione del 24 dicembre 2019.
Sul versante della formazione professionale, per procedere all'aggiornamento delle competenze o della riqualificazione professionale dei lavoratori a rischio di perdita di posti di lavoro in casi di crisi conclamata, con la DGR n. 35 del 1° giugno 2018 si sono definiti macro ambiti formativi, tra cui quello riguardante la possibilità di attivare percorsi formativi di rafforzamento dell'occupabilità di massimo 300 ore rivolti ai lavoratori che per situazioni di crisi aziendale, industriale o di settore siano stati collocati in cassa integrazione straordinaria e siano a rischio di perdita del posto di lavoro o interessati da procedure di licenziamento collettivo (uno dei casi più noti è quello di Italiaonline). Quest'attività formativa, data la sperimentazione attuata, è di nuovo in via di definizione per giungere a uno standard d'intervento da applicare nei vari casi di crisi aziendale.
Questi sono indicativamente i vari strumenti adottati finora. Che cosa si sta facendo e che cosa si vuole fare? Ritengo sia importante per il Piemonte - lo accennavo poc'anzi in termini dell'importanza della difesa della tutela, della valorizzazione e del sostegno alla nostra manifattura ritornare a essere strenuamente orgogliosi della nostra industria, di non poter minimamente pensare che un contesto di decrescita - che io non esito a definire pauperista - possa essere il bene di questa Regione. I numeri lo dimostrano.
In questo momento, abbiamo un'ulteriore difficoltà, che è quella di un Governo che ha adottato misure che non vanno esattamente in difesa e a tutela del mondo dell'industria che produce. Posso citarvi degli esempi.
Uno è quello della plastic tax e della sugar tax, per cui è stato convocato un incontro in Regione presso l'Assessorato al lavoro la prossima settimana, proprio perché i numeri sono di estrema preoccupazione. Si parla di una bottiglietta d'acqua che costerà 40% in più al consumatore finale di un tè che arriverà a costare 85% in più al consumatore finale. Tutto questo, quindi, prevede un 20% in meno delle vendite, oltre ad aver bloccato i vari investimenti, non soltanto, tra l'altro, nell'ambito del beverage, ma anche nell'ambito di chi si occupa di riciclare la plastica che ha visto gli ordini fermi per più di due mesi proprio a causa di queste misure.
In questi termini, non è assolutamente e minimamente accettabile una legge di bilancio che pare più essere un bollettino di guerra al mondo dell'industria, al mondo che produce e al mondo che offre lavoro, su cui vedremo di mettere in campo, a seguito anche di un Tavolo per cui capiremo le effettive esigenze che cosa può fare la Regione Piemonte, tutti gli strumenti a difesa di queste aziende e dei lavoratori coinvolti.
Un altro ambito di grandissima preoccupazione per il Piemonte, lo sappiamo tutti, è quello dell'automotive. Tavolo che si riunirà in Regione questa settimana, per cui si ritiene di dover attuare la massima sinergia facendo delle riflessioni.
Sentiamo parlare di grandi possibilità, così come prima ho parlato nello specifico di chi assembla. Ben venga, assembliamo anche. Tuttavia, in questo caso, quando parliamo eventualmente di batteria elettrica, quando parliamo di automotive pensando al futuro dell'auto elettrica che, a oggi non sta dando dei numeri che ci possono confortare in termini di livelli occupazionali, dobbiamo pensare che è nel nostro territorio che eventualmente, va costituito quello che dev'essere il nuovo concetto di automotive, che può perfettamente essere legato anche all'ambito dell'elettrico, con tutto il suo indotto, ma il Piemonte non pu sicuramente diventare - e lo ribadisco, perché è un concetto che deve diventare fondamentale - il territorio in cui si assembla l'auto elettrica.
Non può essere sufficiente, perché il costo del lavoro e le varie delocalizzazioni ci insegnano già che cosa potrebbe succedere tra pochi anni. Questo non dev'essere il futuro del nostro territorio e non pu essere il futuro dell'automotive.
Bisogna lavorare tutti insieme con le parti sindacali, con le associazioni di categoria e con i vari mondi industriali coinvolti per capire effettivamente, che cosa deve diventare e che cosa dev'essere nello specifico il nuovo settore dell'automotive piemontese. Questo al fine di preservare posti di lavoro, mantenere il know how e mantenere la nostra capacità di produzione.
Per quanto riguarda altri interventi posti in essere, invece, nell'ambito di crisi specifica, un intervento che, ahimè, non ha portato sicuramente un effetto pieno, ma è risultato in qualche modo innovativo e, comunque, ha consentito, in alcuni settori, una tutela dei lavoratori è stato, ad esempio, la proposta del pagamento in surroga. Mi riferisco, nello specifico, alla situazione di Manital, che è ancora tutta in divenire e per nulla risolta. Nello specifico, l'ente pubblico prima pagava la commessa a Manital, ma poi l'azienda non pagava gli stipendi. Ora, con il pagamento in surroga proposto dalla Regione, cui hanno aderito non soltanto gli enti pubblici, ma anche alcuni privati, è stato consentito di tamponare un po' la situazione facendo in modo che l'ente o il privato coinvolto pagassero direttamente i lavoratori.
Un altro aspetto su cui s'intende lavorare è tutto quello che ha a che fare con il microcredito. Si sta lavorando a una misura espansiva volta a favorire l'accesso al credito di vari soggetti non bancabili, che non hanno accesso al credito in quanto non hanno la possibilità di fornire le garanzie richieste. Si sta lavorando affinché questo possa avvenire, per favorire ulteriormente la capacità imprenditoriale.
Facendo cenno al microcredito, parlando prima delle banche, un passaggio che riprendo è anche quello del progetto, di cui abbiamo parlato poco fa relativo alla prevenzione delle crisi d'azienda, che ci auguriamo abbia effetti positivi anche rispetto a quello che sta per entrare in vigore, il nuovo Codice delle crisi d'impresa e dell'insolvenza, che istituisce le procedure di allerta finalizzate a rilevare e segnalare tempestivamente gli stati di pre-crisi. Questo rischierebbe di mettere ulteriormente in crisi le aziende, perché se la segnalazione arriva alle banche, evidentemente queste difficilmente erogheranno ancora credito, anzi più presumibilmente chiederanno il rientro di quanto già erogato. Quello messo in campo dalla Regione Piemonte è uno strumento teso a prevenire le crisi d'azienda, e ci si augura che possa essere anche a tutela rispetto agli effetti del nuovo Codice delle crisi d'impresa.
Inoltre, si sta lavorando a un fondo che vada ad acquisire temporaneamente quote d'aziende in crisi. Questo perché, in Piemonte come in Italia, più volte è accaduto che vi siano aziende con una grande capacità di know how ma in difficoltà e per questo facilmente acquisite da vari fondi speculativi che, come sappiamo perfettamente, hanno depauperato il territorio prendendosi quello che interessava loro e lasciando, come risultato, al nostro Piemonte un grande disagio sociale e un grande danno economico. Un'azienda potenzialmente sana, ma che versa in uno stato di crisi momentanea o superabile dev'essere aiutata, perché mantiene posti di lavoro, perché mantiene la capacità dei nostri lavoratori e le nostre grandi eccellenze.
Tutto questo si può fare, ad esempio, anche con l'istituzione di questo fondo che va ad acquisire, temporaneamente (non si sta parlando di regionalizzazione, o di statalizzazione, nulla di questo tipo), perché non vogliamo nemmeno trovarci di fronte alla contestazione di erogare aiuti di Stato o ad altri tipi di contestazione, ma si tratterebbe di entrare a supporto di quelle aziende che sono momentaneamente in difficoltà e che facilmente potrebbero essere aggredite da fondi speculativi: le si aiuterebbe a superare il periodo di difficoltà e poi vi sarebbe l'exit della Regione, con la salvaguardia dell'azienda e dei posti di lavoro.
Questo è un progetto cui si sta lavorando e che, ritengo nelle prossime settimane, o al massimo nei prossimi mesi, sarà pronto per essere presentato.
Un tema particolarmente di attualità, soprattutto in questo momento, è quello dei rider, nel senso che ci si deve imporre d'individuare soluzioni per arginare il fenomeno del lavoro a cottimo, che è in aumento ed è sotto gli occhi di tutti. Riteniamo che, in questo caso, il lavoro debba essere strutturato in modo che possa essere ritenuto etico e sostenibile per entrambi le parti: sia per il datore di lavoro, sia per il lavoratore. Si può arrivare a una situazione in cui anche questa tipologia di lavoro, se normata adeguatamente, controllata e verificata, da una parte, consenta di dare lavoro, ma dall'altra dia dignità ai lavoratori. Dobbiamo sicuramente stare attenti a non irrigidire eccessivamente il mercato di lavoro, con il rischio che crolli la domanda, ma allo stesso tempo abbiamo sempre detto che la tutela dei lavoratori dev'essere estere la priorità per tutta questa Giunta, e ritengo di poterlo dire per tutto il Consiglio regionale.
Per quanto riguarda un'attività più ampia, sono intervenuti anche i vari parlamentari piemontesi e sono state depositate due interrogazioni, nello specifico, per quanto riguarda il caso di Torino: una in cui si chiede conto dei 150 milioni di euro promessi dal Presidente Conte, per capire se siano effettivamente disponibili già dal mese di gennaio, com'era stato promesso, e un'altra per avere contezza e certezza del fatto che gli ammortizzatori sociali siano stati adeguatamente finanziati presso il Ministero del Lavoro. Infatti, l'altro grande tema di cui tenere conto è che avremo bisogno, per l'anno in corso, di ammortizzatori sociali e di cassa integrazione, ma il timore è che i fondi non siano adeguati a quelle che saranno le necessità del nostro territorio.
In tutto questo è costante e fissa la presenza dell'Assessorato ai tavoli di crisi romani, nonostante quello che capita di leggere sui giornali. La sottoscritta, tranne in un caso, in cui era presente un funzionario delegato della Regione, con una proposta ben specifica, che è anche stata accolta, presso il Ministero del Lavoro, partecipa a tutti i tavoli, a volte anche a detrimento del ruolo nel Consiglio regionale, perché spesso sono convocati anche il martedì. Di conseguenza, sono tutti strettamente monitorati, sia per quello che riguarda i tavoli regionali, sia quelli nazionali, con i vari casi che tutti, ahimè, ben conosciamo.
Pertanto, l'ottica è di massimo sostegno, massimo supporto, massima attenzione ai nostri lavoratori, ma altrettanto massimo sostegno ai nostri imprenditori che hanno voglia di continuare a investire e che continuano a credere in questo territorio. L'ottica dev'essere quella di trasmettere fiducia: un messaggio importante lo deve dare, come dicevamo prima, anche la politica; lo si deve dare ai nostri giovani, che devono potere avere un futuro garantito anche in Piemonte e non soltanto pensare di formarsi in Piemonte per poi andare all'estero. In questo, come accennavo prima, il quadro dev'essere molto più ampio: se parliamo di crisi del lavoro, non possiamo non parlare anche di quella che dev'essere un'adeguata formazione perché molte aziende oggi cercano figure professionali che non trovano nell'ambito dell'offerta.
Anche tutto questo è un ambito che viene coinvolto e su cui l'Assessorato sta lavorando, proprio per fare in modo che ci sia un match quanto più preciso tra domanda e offerta di lavoro, andando a rielaborare la formazione. Mi riferisco, nello specifico, agli ITS. Parlo anche di formazione continua, perché importante per le nostre aziende deve anche essere la capacità d'innovazione, per disporre di lavoratori formati in un certo modo, che vengono aggiornati e che riescono a stare al passo con i tempi.
Ritengo che una nostra responsabilità sia anche in quest'ottica: in un'ottica sia di sensibilizzazione, da una parte, sia di messa a disposizione di strumenti e di formazione adeguata, dall'altra.
Ritengo che abbiamo - sì - un momento di grande crisi, ma abbiamo anche strumenti e risorse che dovranno essere messi in campo adeguatamente, in un modo condiviso, credendoci insieme, facendo strategia tutti insieme pensando che la nostra capacità manifatturiera, la capacità del know how dei nostri lavoratori non deve portarcela via nessuno e tornando a essere orgogliosi di quella che è stata la storia industriale del nostro Piemonte.
Siamo di fronte a un anno difficile, ma ritengo che ce la si possa davvero fare. È una sfida aperta e sono convinta che lavoreremo tutti insieme.
Come vi ho ringraziato all'inizio per quel supporto che mi avete dato fino a oggi, vi ringrazio già per tutto il supporto che darete, nello specifico nella giornata di oggi, ma anche nei prossimi mesi che ci aspettano.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Chiorino.
La parola al Presidente Cirio.



CIRIO Alberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, ringrazio l'Assessore Chiorino: il suo intervento è stato molto ampio e molto completo. Avremmo voluto sentirlo più breve, perch avrebbe voluto dire che ci sono meno problematiche in corso; invece, i dati sono purtroppo quelli che già conoscevamo, ma era importante avere un quadro complessivo.
Integrerei la relazione dell'Assessore con una comunicazione in merito all'accordo di fusione che ha visto protagoniste FCA e Peugeot, com'era stato richiesto dal Consigliere Grimaldi. Considero importante farlo alla luce del fatto che evidentemente ci siamo esposti, ognuno nel proprio ruolo e nel proprio incarico, nel commentare quanto accadeva. Indubbiamente, non serve solo commentare, ma occorre monitorare e vigilare affinché un accordo così importante e così strategico per una realtà così significativa per il Piemonte e per l'Italia intera si trasformi, in termini concreti, in una garanzia di continua occupazione e di continuo sviluppo per i nostri territori.
In queste settimane, già nell'immediatezza della firma dell'accordo e nei giorni successivi, ho tenuto un rapporto sempre diretto con il dottor Gorlier, che è sempre stato molto disponibile nell'informare sui passaggi di questo tema che - sapete - aveva già avuto una sua prima puntata con un blocco intermedio, per poi arrivare alla definizione di quello che si chiama combination agreement, cioè un accordo di fusione che, diversamente da quello che era stato ipotizzato mesi prima, è vincolante. Pertanto usando un termine di analogia, potrebbe essere una sorta di contratto preliminare che, però, è vincolante per le parti e che prevede, appunto, la fusione dei due gruppi (FCA e Peugeot) in una nuova realtà; una fusione paritetica tra i due gruppi, sulla base dei documenti e dei dati che anche FCA mi ha fornito, nel nuovo soggetto che sarà 50% FCA e 50% Peugeot.
L'accordo permetterà alla nuova realtà che si viene a realizzare di diventare il quarto costruttore automobilistico al mondo, in termini di volumi, e il terzo in base al fatturato. I dati della fusione sono, oggi di natura puramente aritmetica ed empirica, ma questa è la prospettiva: vendite annuali di 8,7 (si punta ad arrivare a nove milioni di veicoli) e ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro.
Questo è il quadro complessivo dell'accordo per questa nuova società, che si otterrà grazie a tutta una serie di sinergie (così le chiama direttamente FCA) che daranno la possibilità di abbattere tutta una serie di costi operativi delle due società che si uniscono.
Le economie, a regime, sono stimate in minori costi per 3,7 miliardi di euro e questo è il beneficio immediato che si riesce a quantificare sulla base dei calcoli di fusione. Naturalmente, non è previsto alcun tipo di chiusura degli stabilimenti, sia per quanto riguarda FCA sia per quanto riguarda Peugeot.
L'obiettivo che si pone la nuova realtà è quello di aggredire un mercato nuovo. I dati forniti ci spiegano una FCA molto forte in Nord America e in America latina, ma una solidità non così forte in Europa, dove verrebbe invece bilanciata dalla componente Peugeot. Il nuovo gruppo vorrebbe riequilibrare e avere, quindi, un mercato un po' più bilanciato, prevedendo il 46% dei ricavi in Europa (questo è quello che si pone l'obiettivo) e il 43% in Nord America.
Questi dati sono calcolati sulla base dell'aggregazione delle rispettive quote di mercato che oggi sono presenti.
La volontà all'interno del combination agreement vincolante è quella di continuare a investire sul tema dell'innovazione, parlando soprattutto di elettrico, di guida autonoma e di connettività, senza tralasciare, per l'ampio margine di mercato tradizionale che i due marchi, essendo due marchi storici, hanno nelle loro realtà di riferimento.
A livello di governance, la nuova società che viene a crearsi prevede una struttura alla cui Presidenza è stata individuata la figura di John Elkann che quindi garantirebbe la parte di FCA, mentre Carlos Tavares sarebbe il CEO della società del nuovo gruppo che viene a realizzarsi. Gruppo che avrà sede in Olanda e che sarà quotato sulla borsa di Parigi, di Milano e di New York. Questi sono gli obiettivi che il nuovo gruppo si è posto.
I tempi di realizzazione sono di 12-15 mesi dal momento della firma dell'accordo, quindi è prevedibile che entro la fine del 2020 ci saranno le definizioni, anche perché ci sono tutta una serie di passaggi relativi al voto delle assemblee degli azionisti delle relative società che devono essere espletati e tutti i controlli di merito che vengono fatti a livello internazionale.
Il quadro presenta qualche novità interessante non soltanto riguardo alla governance, per cui la Presidenza rimarrebbe alla componente piemontese e italiana, ma anche per il fatto che, per la prima volta, all'interno del Consiglio di Amministrazione, che sarà composto da 11 membri, due membri saranno rappresentanti dei lavoratori. Pertanto, mentre Peugeot aveva già all'interno della governance un rappresentante dei lavoratori, in FCA il rappresentante dei lavoratori non c'era, quindi questo sarà un ulteriore elemento di novità vincolante, previsto all'interno del nuovo accordo.
Questa nuova realtà, questo nuovo gruppo che si viene a costituire evidentemente prende in pancia gli impegni che FCA ha accolto o, meglio che si è assunta nei confronti della nostra Regione, della Città di Torino e anche del nostro Paese. Parliamo, giusto a memoria di tutti, di un piano d'investimenti da cinque miliardi di euro per gli stabilimenti italiani con il raggiungimento della piena occupazione di questi stabilimenti entro il 2022.
A oggi, tutti i passaggi relativi a questo percorso, che si concluderà nel 2022, sono stati condotti con successo; per cui sono stati mantenuti sia i tempi sia le previsioni.
Per il Piemonte, in particolare, parliamo di 700 milioni di euro per la 500 elettrica a Mirafiori, che diventa non solo il luogo in cui si realizzerà la 500 elettrica, ma diventa il polo dell'elettrico per l'utilitaria.
Questa è la prospettiva estremamente interessante per la nostra Regione (inaugurazione che facemmo nell'estate 2019).
Investimenti da 800 milioni per il polo produttivo di Torino, che sarebbero Mirafiori e Grugliasco, per la Maserati elettrica, su cui c'è stata la conferma dell'investimento da parte di FCA; re-investimenti per il rinnovamento della Ghibli, della Quattroporte e della Levante, sempre della Maserati; 50 milioni per l'avvio dell'insediamento a Mirafiori per Battery Hub, che per noi è estremamente significativo, nell'ottica di diventare una regione dove si studia l'elettrico, dove s'investe sull'elettrico e dove il tema delle batterie possa essere affrontato in tutta la sua complessità.
Le batterie bisogna produrle, smaltirle e alimentarle. C'è tutto un sistema estremamente interessante, a livello mondiale, senza dimenticare tutta la grande forza che noi abbiamo sul tema dell'innovazione tecnologica considerando la presenza del Politecnico in particolare, ma anche dell'Università, che può far sì che questo nuovo soggetto mantenga la luce ben accesa sulla nostra regione.
Il dato positivo, che è quello la cui speranza ci fa vedere con positività questo tipo d'intervento, è proprio che se il quarto gruppo al mondo (o terzo, secondo il fatturato) continua a mantenere nella regione Piemonte un luogo centrale per la sua attività legato a tutto il sistema dell'elettrico e dell'innovazione tecnologica, con la presenza del Politecnico e dell'Università, la nostra forza attrattiva di tutto questo mondo sarà sicuramente una forza significativa.
È anche il motivo per cui, proprio nelle scorse settimane, abbiamo sottoscritto al MISE un accordo con FCA, dove la Regione ha investito direttamente un milione e mezzo di euro, proprio per quanto riguarda lo studio del potenziamento dell'elettrico e del motore elettrico. Un accordo da 37 milioni di euro, su cui c'è anche la compartecipazione diretta della nostra Regione.
Investimenti per la ricerca su Mirafiori e su Orbassano sono confermati.
Come vi dicevo, questi progetti sono tuttora in opera e sono, a oggi, nel rispetto della tabella e delle tempistiche che erano state comunicate.
Nell'impianto di Grugliasco sono previste le nuove versioni di Maserati mentre a Verrone, dove nascono i cambi per una vasta gamma di modelli, è in programma un aumento di produzione per l'adozione, sui veicoli commerciali leggeri, di un cambio realizzato nello stabilimento biellese.
L'ex stabilimento di Rivalta si sta trasformando (i lavori sono già in corso) in uno dei centri globali di distribuzione ricambi del brand Mopar al servizio dell'area EMEA, e di altri mercati mondiali. Peraltro FCA, come sapete, ha anche aderito alla proposta del Politecnico per il manufatto e il Competence Center.
Questa è una sintesi degli impegni che FCA aveva assunto sull'Italia, in particolare sul Piemonte, che, come vi dicevo, a oggi, a cronoprogramma sono rispettati anche all'interno del combination agreement sottoscritto.
Al fine di avere un quadro ancora più chiaro ed esaustivo ho richiesto la disponibilità a FCA, nella persona del dottor Gorlier, di essere presente a un incontro che noi terremo la prima settimana di febbraio (entro oggi avremo la data, ma sarà nella prima decade di febbraio) in Presidenza, con i vertici di FCA, cui sarà mio piacere e mia cura invitare i Capigruppo del Consiglio regionale a partecipare, di modo che ci possa essere un momento di ulteriore trasparente verifica del fatto che questa nuova fusione, che vediamo positivamente se crea un polo più forte in un settore così importante come quello dell'auto, poi si trasferisca direttamente con benefici sui lavoratori e sull'indotto, in un settore così delicato come quello dell'auto e come quello dell'automotive.
Aggiungo, al termine di questa informativa, che quando il premier Conte ha visitato Torino e abbiamo avuto l'incontro in Comune, abbiamo presentato un piano molto chiaro per quanto riguarda quest'area di crisi ribattezzata "Area di sviluppo complessa"; un progetto molto chiaro che aveva dentro tutti i soggetti ed era molto trasversale: aveva le organizzazioni sindacali, gli Enti locali, la Regione, i Comuni e aveva soprattutto la griffe - se me lo permettete - del Politecnico, cui avevamo affidato l'incarico.
Il quadro che abbiamo sulla nostra regione ci dice che dobbiamo continuare a sostenere quei settori che funzionano, ma dobbiamo focalizzarci nel sostenere quei settori che hanno bisogno di essere maggiormente aiutati.
Oggi si tratta di settori che sono merceologicamente ben individuati, ma anche geograficamente ben individuati. Se guardate i dati di previsione sul Piemonte sul 2020, abbiamo il segno "meno" nella Provincia di Torino, in una parte della Provincia di Biella e in una parte della Provincia di Asti.
Questi sono i dati di prospettiva. L'area che gravita su Torino, che è quella più legata a una certa struttura dell'auto e non solo, è quella che oggi è maggiormente in difficoltà.
Il resto funziona, per cui dobbiamo anche avere la serenità di dire che ci sono anche altri settori che stanno andando bene, che non dobbiamo dimenticare, che non dobbiamo colpire, ma che dobbiamo accompagnare nel loro percorso positivo, e concentrarci su quest'area di crisi, di sviluppo complessa, che parte da Torino e va a Ivrea, va a Susa e va a Pinerolo.
Questo è il triangolo che si è creato intorno alla realtà provinciale di Torino, invadendo il Chivassese fino a un pezzo del Biellese e della provincia di Asti sulla zona di Villanova.
Questo è il quadro geografico cui abbiamo fatto riferimento, con un progetto molto chiaro e molto specifico che parla di Competence Center, che parla di elettrico, che parla della Città della Salute, che parla di Olivetti, di Susa e di opere di compensazione. Abbiamo fatto un quadro molto chiaro: il Piemonte, anche ereditando il lavoro fatto prima di me prima di noi in questa Regione, e anche il lavoro fatto dal Comune, ha presentato al Governo italiano un piano molto chiaro, che ha anche messo qualche soldo, perché il Governo precedente ha stanziato 30 milioni di euro che, a oggi, sono gli unici soldi realmente disponibili per rilanciare questo settore così importante per il nostro Piemonte.
In quell'incontro abbiamo chiesto al premier Conte di fornirci una comunicazione ufficiale sulle risorse che avrebbe stanziato lo Stato per finanziare questo progetto, precisando che noi le avremmo parificate con i fondi europei (perché riusciamo a farlo). Tuttavia, a oggi, il dato che abbiamo è che a livello nazionale su questa voce ci sono 150 milioni di euro per tutta Italia: chi dice il contrario sostiene una cosa non vera! Come ho detto, ci sono 150 milioni di euro per tutta Italia e noi avremmo bisogno di sapere dal Governo - ed è il motivo per cui oggi dovremmo chiederglielo - qual è la quota di questi 150 milioni per il rilancio di Torino e dell'area di sviluppo complessa.
È una risposta chiara, da cui dipende, però, anche la nostra programmazione europea. Perché se pensiamo di cofinanziare immaginando 50 milioni dallo Stato, ma poi i 50 milioni dello Stato non ce li danno, ci perdiamo anche il cofinanziamento europeo! Dunque, il grido di dolore, se volete, è proprio questo: sapere con certezza quanti sono i soldi disponibili. Anche se non sono tanti, che siano quella cifra su cui noi possiamo realmente partire.
Insieme a questo - veniamo al secondo aspetto - c'è tutto un lavoro che stiamo facendo sempre col Comune di Torino e sempre per il tramite del Politecnico, per la definizione di un accordo di programma che ci permetta sull'Aerospazio, con Leonardo e sul Competence Center con le realtà del Politecnico, di fare degli investimenti che non sarebbero finanziati dall'area di crisi complessa, ma da un accordo di programma specifico che anche in questo caso, il Governo si era impegnato a sottoscrivere con la nostra Regione. Di quest'accordo, o, meglio, delle cifre e delle somme necessarie a finanziare quest'accordo, in finanziaria non c'è traccia da nessuna parte.
Oggi, senza farne una questione di destra o di sinistra, ma dicendo le cose chiare - del resto, i Governi sono cambiati tanto in questi anni e in questi mesi - il Piemonte è pronto perché tutti hanno fatto la loro parte ha messo dei soldi (peraltro, è l'unico soggetto che ha messo dei soldi in questi anni); aspetta di avere una risposta chiara e diretta dal Governo italiano.
Siamo certi che arriverà, però noi dobbiamo contestualizzarla, perch altrimenti, dal punto di vista operativo, si rischia di non riuscire a partire in modo concreto. E quando dico "concreto", significa che all'Aerospazio Leonardo è già padrona dei terreni, per cui possiamo partire domani! Il problema è che gli unici soldi sono i 30 milioni dalla Regione Piemonte; non c'è nessun'altra cifra stanziata.
Il finale di questo ragionamento vuole essere non soltanto quello di lanciare il grido e di ufficializzare la calamità, ma piuttosto quello di dire: "Signori, noi la nostra parte l'abbiamo fatta; le idee sono chiare cosa vogliamo fare ce l'abbiamo ben chiaro tutti (sindacati, forze sociali politica, Enti locali); Roma, concretamente, dicci qual è il supporto che intendi dare alla nostra Regione".
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Cirio.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola elementare "Domenico Savio" di Villareggia (TO)


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti delle classi IV e V della Scuola elementare "Domenico Savio" di Villareggia, in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale, Cirio, e dell'Assessore Chiorino, inerenti a "Tematiche occupazionali e crisi della manifattura in Piemonte" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito in merito alle comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Tematiche occupazionali e crisi della manifattura in Piemonte", di cui al punto 3) all'o.d.g.
Ricordo ai Consiglieri che hanno a disposizione dieci minuti per l'intervento.



(Commenti del Consigliere Grimaldi)



PRESIDENTE

Era mia intenzione creare alternanza tra i Gruppi di maggioranza e di minoranza. Al momento, risultano iscritti i Consiglieri Preioni, Gallo Marrone, Grimaldi, Ruzzola, Frediani o Sacco come Movimento 5 Stelle Giaccone e Magliano, o viceversa.
Ha chiesto la parola il Consigliere Preioni; ne ha facoltà.



PREIONI Alberto

Grazie, Presidente.
Anzitutto voglio ringraziare l'operato della nuova Giunta regionale e dell'Assessore, che vedo sul pezzo in questo grande e difficile lavoro di coordinamento in queste gravi crisi. Riconosco anche la grande condivisione e il lavoro veramente puntuale sulla risposta a questi problemi, che sono quelli più importanti per le famiglie e le persone, perché è il lavoro che dà dignità e sicurezza, e quando manca si perde veramente tutto.
A nostro avviso, il Piemonte in questi anni è stato troppo indietro rispetto al Veneto e alla Lombardia. Il Veneto e la Lombardia hanno tenuto il Piemonte no. I nostri imprenditori si sono sentiti dire troppi "no", e questo nuovo Consiglio regionale - e il nostro Gruppo - dovrà invece promuovere delle leggi per far dire molti "sì" ai nostri imprenditori.
Perché c'è lavoro se si liberano le forze, se i nostri imprenditori sono liberi di operare. L'imprenditore non ha bisogno della politica per farsi dire cosa deve fare o meno, soprattutto in Italia, soprattutto in Piemonte.
La nostra politica dirà veramente tanti "sì" a questi imprenditori per liberare le tante forze che ci sono.
Abbiamo un territorio magnifico - per cui il turismo sarà un grande volano di questo Piemonte - che dovrà essere, in questi anni, sempre più promosso perché passa un po' sotto tono rispetto alle sue potenzialità.
Naturalmente, la manifattura e l'artigianato, anche il piccolo artigianato andranno tenuti fortemente in considerazione. Noi guardiamo con grande interesse anche ai piccoli imprenditori e ai piccoli artigiani, perch rappresentano da sempre la colonna portante della nostra Italia e del nostro Piemonte.
Dunque, grande attenzione alle crisi, perché interessa moltissime persone.
Migliaia di negozi di piccoli artigiani sul nostro territorio nazionale e piemontese ogni giorno chiudono, per cui anche queste categorie devono essere aiutate: dobbiamo riuscire a dare una mano anche a loro.
Si sta predisponendo con l'Assessore Tronzano un piano strategico per lo sviluppo, che possa prevedere incentivi e vantaggi per chi vuole investire nel nostro Piemonte.
Come ho detto, il Consiglio regionale ha una funzione preponderante in termini di legislazione. Il nostro obiettivo sarà quello di lavorare per una legislazione che possa liberare tante forze per i nostri imprenditori ad esempio rivoluzionando la legge urbanistica, o ancora con questo piano strategico che s'intende approvare a breve.
Siamo comunque esponenti politici, quindi quello che ci auguriamo a livello governativo e a livello statale è che ci sia una seria riflessione per attuare la flat tax, perché è indispensabile abbassare le tasse in un Paese come il nostro, che ormai ha assunto una pressione fiscale abnorme.
Secondo alcuni economisti - lo si evince da un grafico - alzando costantemente la pressione fiscale, a un certo punto la curva scende perché l'innalzamento della pressione fiscale fa sì che lo Stato introiti di meno.
Noi siamo abbondantemente in questa curva in discesa, perché la pressione ha assunto livelli insostenibile. Tutte le aziende devono lavorare fino a luglio per pagare lo Stato, e da luglio in poi, forse, riescono a guadagnare qualcosa per loro.
In tutto il mondo, dove si è attuata una seria flat tax e un abbassamento delle tasse a un'unica tassa bassa, ha funzionato. Ad esempio, negli Stati Uniti d'America a Trump davano del pazzo. Trump ha adottato una flat tax pesante per le sue aziende e il PIL americano, che è molto vicino al nostro essendo un Paese occidentale e sviluppato, registra un 4% tutti gli anni.
Per quanto riguarda la fusione FCA-Peugeot, naturalmente la competenza al Consiglio regionale non è quella di dettare la linea a due grandi multinazionali. Noi possiamo avere degli auspici e dare dei consigli.
Auspichiamo che la fusione di due grandi realtà, che porterà ad avere il quarto polo dell'automobile con una grande presenza piemontese e torinese porti un grande interesse su Torino per la sua storia. E auspichiamo che la famiglia Agnelli sappia anche quanto Torino, il Piemonte e l'Italia ha dato per l'azienda e quindi possa restituire in termini d'investimenti e di permanenza sul territorio piemontese.
Siamo contenti quando si dice che ci sarà una produzione di auto elettriche e che ci saranno gli investimenti sul nostro territorio. È quello che vogliamo sentirci dire. Siamo felicissimi anche per l'auto elettrica, sulla quale ci sono delle sperimentazioni e probabilmente saremo la prima Regione ad avere dei bus a idrogeno, quindi siamo felicissimi di queste tecnologie innovative. La politica non deve perdere però i ragionamenti e gli investimenti sul diesel, perché sappiamo benissimo che il diesel di nuova generazione inquina molto meno. Oggi il diesel è ancora una grande realtà nel nostro Paese, l'auto elettrica sarà il futuro così come l'innovazione ma oggi abbiamo dei numeri ancora importantissimi su una tecnologia che non è ancora del tutto passata.
Faccio anche un passaggio sull'ILVA, perché abbiamo la questione di Novi Ligure. La questione dell'ILVA ci dispiace, perché lì c'è una volontà politica di chiudere gli stabilimenti. Addirittura c'è una strategia per eliminare la produzione e la lavorazione dell'acciaio nel nostro Paese, a discapito di tutto il Paese. Questa è una volontà del Governo, purtroppo, e di una parte politica preponderante di questo Governo. Ci auguriamo che possano cambiare idea, perché sarebbe assurdo rinunciare strategicamente all'acciaio in un Paese come il nostro, perché nessun Paese occidentale pu lasciare ad altri la lavorazione dell'acciaio. Purtroppo la responsabilità se ci sarà, ma speriamo veramente di no - della chiusura dell'ILVA, e quindi anche di Novi Ligure, ha un nome e un cognome, in capo a questo Governo.
Come diceva il Presidente Cirio, dobbiamo avere rassicurazioni e certezze su questi 150 milioni di euro, che sono su base nazionale, e su quanti ne arriveranno al Piemonte. Naturalmente sono pochi; se pensiamo che il solo fatturato delle aziende piemontesi è di 140 miliardi, pensate cosa significano 150 milioni di euro per tutta l'Italia. Però chiediamo, in primis, che ci sia certezza di queste risorse e di avere una risposta precisa sulla loro quantità, in modo da operare insieme ai Fondi europei per avere una cifra dignitosa per aiutare le tante imprese in crisi.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Gallo; ne ha facoltà.



GALLO Raffaele

Grazie, Presidente.
Ringrazio il Presidente Cirio e l'Assessore Chiorino per l'illustrazione di questa mattina.
Noi oggi affrontiamo un tema delicatissimo, apriamo il 2020 discutendo di lavoro, di crisi occupazionale e di crisi della manifattura, che è una crisi che non scopriamo oggi. È una crisi che nasce in anni passati e che abbiamo cercato di affrontare, intervenendo e introducendo delle misure, e rispetto alla quale oggi noi saremo al vostro fianco nel votare l'ordine del giorno della richiesta di emergenza lavorativa.
Infatti, è evidente che il nostro Piemonte, avendolo vissuto negli anni passati in cui abbiamo avuto la responsabilità di governo, vive un momento molto difficile di crisi occupazionale. Insomma, siamo d'accordo nel dichiarare questa che è una forma di comunicazione - non di sostanza perché non andiamo a risolvere le crisi aziendali dichiarando lo stato di emergenza lavorativa - ma se la abbiniamo alla richiesta di fondi al Governo, può essere uno strumento che ci può aiutare.
Il problema vero è che, dalle vostre relazioni, a me non è chiaro che cosa facciamo con quelle risorse. Andiamo a chiedere delle risorse al Governo perché serve una politica mirata sul Piemonte, a seguito dei numeri drammatici che ci ha fornito l'Assessore Chiorino e che conosciamo bene, ma non è chiaro per fare cosa. Non è chiaro anche perché oggi, in realtà, la discussione è un po' zoppa. Infatti, non possiamo parlare di lavoro se insieme non parliamo degli altri due pilastri che si tengono inevitabilmente insieme per fare una politica di ampio respiro e che risponda ai bisogni di oggi. Mi riferisco alle politiche industriali e di sviluppo economico e alle politiche di protezione sociale. Sono tre pilastri che non possiamo discutere a silos, ovvero non possiamo trattare in modo separato di politica del lavoro, di politiche di sviluppo industriale e di politiche di protezione sociale, perché si tengono inevitabilmente insieme.
Pertanto, non possiamo capire le vostre prospettive e le vostre linee guida se non conosciamo il piano della competitività che avete annunciato e di cui non conosciamo i dettagli, che però annuncia 400 milioni per il Piemonte, che si aggiungeranno ai soldi che abbiamo liberato su Finpiemonte, che si aggiungeranno ai soldi che oggi con quest'ordine del giorno chiederemo al Governo. Ma per fare cosa? Se è per mettere in campo le tre misure che sono state illustrate dall'Assessore Chiorino - su cui entro nel merito verso la fine del mio intervento - sono un po' preoccupato, perché non sono quelle che possono aiutarci a risolvere un problema così drammatico, che riusciamo a capire nella sua complessità se proviamo ad alzare un attimo lo sguardo dal Piemonte e a guardarci attorno.
Non ho l'ambizione di fare l'analisi economica globale di quello che sta capitando, ma tre fattori li dobbiamo tenere insieme per capire dove siamo e dove vogliamo andare.
Il primo: siamo in una crisi anche della globalizzazione, che impatta inevitabilmente sulle esportazioni e non sappiamo in che misura nei prossimi anni, ma sappiamo che il tessuto piemontese è fondato sull'export.
Il secondo punto riguarda appunto l'export. La crescita degli anni passati e la tenuta del sistema piemontese erano fortemente sostenute dalle esportazioni, che hanno rallentato. E nell'ordine del giorno sono citati i dati della riduzione delle esportazioni, il tasso negativo per quanto riguarda la riduzione delle esportazioni. Le dinamiche globali impatteranno inevitabilmente sul Piemonte, come impatteranno, inevitabilmente, i venti di guerra emersi in questi giorni che toccheranno uno dei driver industriali di sviluppo per le imprese, che è quello dell'energia che inevitabilmente, farà salire il costo del petrolio e dell'energia e che quindi impatterà anche sulla competitività delle nostre imprese.
Il terzo grande tema è la frenata della Germania e della Cina, che sull'export genererà degli effetti negativi, senza toccare le grandi sfide rispetto alla quale la politica deve dare delle risposte, che sono quelle della robotica e dell'intelligenza artificiale.
Secondo alcuni dati, sappiamo che, nei prossimi anni, molti mestieri che conosciamo oggi saranno sostituiti da robot, da nuove tecnologie che genereranno nuovi mestieri, ma questa fase di transizione va gestita e guidata. Come si fa ad affrontare tutto questo? Lo si fa con un piano complessivo, ed è per questo che chiedo al Presidente Cirio e al Consiglio regionale di discutere più nel complesso di tutte le leve che noi possiamo mettere in campo in quest'ambito e, in particolare, la leva del welfare e della protezione sociale.
In questo contesto, i lavoratori che oggi stanno perdendo il lavoro, ma anche i lavoratori autonomi che stanno crescendo in numero elevato - lo citava prima l'Assessore Chiorino nei suoi dati - sono due facce della stessa medaglia, ma che chiedono, sostanzialmente, protezione sociale alle istituzioni. Quando i lavoratori in difficoltà vengono a trovarci in Consiglio regionale ci chiedono di risolvere le crisi aziendali, ma questo è possibile se noi, con gli strumenti che abbiamo e con la compattezza di tutto il Consiglio regionale, riusciremo ad avere una voce unica e forte nella risoluzione di molte crisi aziendale. Ripeto, ci chiedono protezione sociale. Di conseguenza, dobbiamo anche essere in grado di mettere in campo strumenti nuovi di protezione sociale. Noi abbiamo provato a farlo attraverso la legge "salva-sfratti" del Consigliere Grimaldi, che cerca di aiutare le persone che si trovano in difficoltà economica per crisi lavorativa, ma ce ne sono tante altre che si possono mettere in campo.
Perché dico questo nei primi cinque minuti d'intervento? Perché affrontare una crisi così, che nell'ordine del giorno chiamiamo calamità naturale forse l'abbinamento con la calamità naturale va rimodulato - impone delle scelte, delle decisioni puntuali e dei progetti puntuali con cui andare a Roma per chiedere le risorse per risollevare il nostro Piemonte. Non ho visto traccia di questo nella relazione. Confido, quando discuteremo del piano di competitività, di poter entrare nel merito, magari, di misure in questa direzione, e di capire da dove arrivano i 400 milioni annunciati.
Quando eravamo in maggioranza, dicevamo sempre all'opposizione che era facile dire che cosa bisognava fare senza fare delle proposte, ma credo che due proposte noi le possiamo avanzare per aiutare il dibattito.
Crediamo che il Piemonte ce la possa fare solo se sarà percepito sempre di più come territorio di opportunità per le imprese. Per diventare territorio di opportunità, il pubblico e l'istituzione devono continuare a investire.
Noi l'abbiamo fatto, e vi invitiamo a farlo, con investimenti nella ricerca pubblica e nell'innovazione, perché permettono al nostro territorio di essere in fermento, di essere punto di riferimento per la ricerca industriale e per l'industrializzazione dei risultati della ricerca insieme alle nostre Università, che possano trarre le grandi imprese che vogliono insediarsi. Perché FCA-PSA - lo diceva prima il Presidente Cirio decide di investire nel nostro territorio nell'auto elettrica? Perché c'è un contesto attorno alla ricerca, anche grazie al Politecnico, che rende questo territorio favorevole a questo tipo d'investimento. Noi dobbiamo continuare a investire lì.
Le scelte che abbiamo fatto di sostenere il Manufacturing Technology Centre, che voi state portando giustamente avanti, come la scelta di investire nella nuova Città della Salute, che è il settore della salute della ricerca e delle biotecnologie, vanno nella direzione di fare grandi investimenti per polarizzare qui risorse e per rendere il nostro territorio attrattivo alle imprese. Altrimenti perché le imprese dovrebbero scegliere il Piemonte o Torino? Certo, per la qualità della vita, ma anche se ricevono delle risposte o degli elementi di attrazione. Questo è un tema.
L'altro grande tema che non ho sentito citare è quello dell'internazionalizzazione. Noi abbiamo un problema enorme su questo.
Abbiamo uno strumento, il CEIP, che abbiamo provato a rimettere in moto che sta lavorando bene e continuiamo a investire in questa risorsa.
Suggeriamo di destinare una parte di quelle risorse che chiediamo su quest'ambito e aiutiamo le nostre imprese - e mi collego a una delle proposte dall'Assessore Chiorino - non a fare l'analisi dei bilanci e dei motivi per cui le aziende sono in crisi oggi. L'imprenditore, magari, dal punto di vista "bilancistico", ha bisogno di essere guidato ma, nella sostanza e nel corso della sua attività, conosce quali sono i suoi elementi di criticità e i suoi elementi di forza. Non ha bisogno di un'analisi di bilancio per capire dove l'azienda va male, ma ha bisogno di un accompagnamento per capire quale può essere la traiettoria di sviluppo della propria impresa, la traiettoria per interpretare al meglio lo sviluppo e il cambiamento cui, sommariamente, ho accennato prima. Se introduciamo questa misura, orientiamola in questa direzione e non facciamo un'analisi statica di quello che è stato e dei bilanci delle aziende.
Vado per titoli, vado oltre i dieci minuti d'intervento, ma tutto il tema della formazione s'interseca inevitabilmente con quello cui ho accennato prima, con la robotica, con i nuovi mestieri, con i nuovi lavori, con il tema dei NEET, i giovani che cerchiamo di introdurre nel mercato della formazione e del lavoro e che oggi non fanno nulla, tema che non è stato citato.
Così, forse, riusciremo a attrarre qui grandi aziende. Come può essere un'opportunità FCA-Peugeot, riusciremo magari a convincere FCA-Peugeot a portare sempre più modelli sul nostro territorio affinché vengano prodotti qui e quindi portino lavoro qui, ma non dobbiamo dimenticare tutto il tema delle piccole e medie imprese. Il tema delle piccole e medie imprese va affrontato con delle misure, perché le grandi crisi aziendali sono le grandi crisi di cui abbiamo letto sui giornali e di cui ci occupiamo (Embraco, Comital), ma c'è una perdita di posti di lavoro costante ed enorme sul comparto delle piccole e medie imprese che, in realtà, passa inosservata ed è molto più ampia di quella delle grandi crisi aziendali.
In quell'ambito dobbiamo mettere in campo misure ulteriori rispetto a quelle che abbiamo messo in campo noi e che sono state già citate dall'Assessore Chiorino. Quelle esistono, le abbiamo fatte noi, ma probabilmente non bastano, le dobbiamo integrare e le dobbiamo integrare con almeno due misure: il sostegno alla capitalizzazione delle piccole e medie imprese e la loro aggregazione. Sviluppiamo le reti d'impresa e sviluppiamo l'aggregazione delle imprese.
Poi c'è il gran tema del welfare. Abbiamo una sfida enorme sulla protezione dei lavoratori e anche dei piccoli imprenditori che vedono fallire la propria azienda, rispetto ai quali dobbiamo interrogarci tutti insieme su quali nuovi strumenti mettere in campo.
In questo modo creeremo un Piemonte che è terra di opportunità, quindi attrattivo per gli investimenti, da un lato, ma che, dall'altro, non lascia indietro nessuno e protegge le persone che si trovano in difficoltà e in crisi lavorativa.
All'interno di questo contesto ci stanno le politiche industriali nazionali, che non conosco nel dettaglio.



(Commenti fuori microfono)



GALLO Raffaele

Conosco nel dettaglio, ma rivendico con forza la più grande politica industriale fatta negli ultimi anni dal Governo, che è stato il Piano Industria 4.0, a opera di un Governo a guida PD, che ha dettato le linee guida di sviluppo di questi anni e dei prossimi, dentro cui tutti noi stiamo provando a organizzare e misurare.
Rispetto a quel piano, dovremmo mettere in campo delle misure complementari e non sostitutive o fotocopia, che possano permettere a tutti i nostri imprenditori di creare sviluppo e lavoro sul nostro territorio e, insieme di stare vicino alle persone che si trovano in crisi lavorativa.



PRESIDENTE

Grazie.
Chiedo a tutti di mantenere i tempi dei dieci minuti.
La parola al Consigliere Marrone.



MARRONE Maurizio Raffaello

Grazie, Presidente.
Per la tempestività con cui si è scelto di convocare questa seduta tematica di Consiglio regionale, io credo che l'emergenza lavoro sia la prima delle emergenze che vive il nostro territorio piemontese. Credo che sarà anche il grande tema su cui non solo la Giunta, non solo noi come maggioranza, ma tutta la legislatura regionale sarà giudicata dagli elettori sulla capacità di mettere in campo delle risposte concrete ed efficaci, oppure no, e fermarsi alle parole di rito.
Voglio cominciare esprimendo davvero le mie maggiori congratulazioni e il massimo sostegno al nostro Assessore Elena Chiorino, che sta dimostrando io credo - in questi mesi una presenza priva di precedenti, una tempestività di risposta, un impegno anche creativo, per cercare di fronteggiare quelle che sono spesso emergenze che arrivano sul tavolo regionale già decotte o quasi, con la necessità di dover tutelare i lavoratori, le loro famiglie e il lavoro, al di là delle singole persone coinvolte e interessate, sapendo di avere pochissimi strumenti a propria disposizione.
Nella sua relazione - io, quindi, non mi ripeterò - ha enunciato tutte le singole misure, anche di collaborazione con il mondo delle piccole banche ma anche il forte pressing sul Governo centrale, la presenza, quasi settimanale, a Roma, nelle Commissioni governative sulle crisi aziendali: un impegno che non sta risparmiando nessuna fatica e che sta dando anche qualche risultato, ma che ovviamente non è da solo assolutamente sufficiente. È impossibile pensare di far fronte a questa, che è una dinamica globale che passa da delle disponibilità di risorse, che non sono assolutamente nelle corde e nelle disponibilità dell'ente Regione Piemonte.
Io credo che il Consiglio di oggi, con la dichiarazione di stato di emergenza e di crisi occupazionale, vada a dare questo fortissimo segnale al Governo centrale, ma mi auguro che lo faccia in modo del tutto trasversale, per far capire che l'ora della propaganda su questo tema è finita. Senza voler polemizzare, ricordiamo tutti quando, proprio qui, nel capoluogo, anzi purtroppo non qui, ma a Palazzo Civico, nel palazzo del Comune di Torino, il premier Conte è stato portato in trionfo come se fosse stato Babbo Natale con un sacco pieno di doni. Peccato che, al momento, non abbiamo visto neanche il carbone, qui in Piemonte.
Nel decreto che istituisce la crisi complessa che adesso, con senso di buon marketing, intendiamo ribattezzare "sviluppo complesso", si faceva, come unico riferimento per le coperture, un accordo di programma che riguarda solo ed esclusivamente - lo voglio ribadire - 150 milioni, che ci sono e sono stati stanziati, ma solo per i progetti di mobilità elettrica e i progetti di ricerca che riguardano gli stabilimenti FCA. Essi riguardano peraltro, come contributo statale sugli stabilimenti del Piemonte, appena 19 milioni di euro, non di più e - vado a sottolineare - si fermano alla realtà aziendale FCA. Ora, di sicuro, com'è stato detto, FCA è una protagonista ineliminabile e ineludibile per il rilancio industriale manifatturiero, soprattutto dell'automotive, ma non è l'economia piemontese, perché l'economia e il manifatturiero piemontese sono anche altro.
Ricordo però che, dopo che il Governo, in quell'occasione, ha ridotto la promessa di 150 milioni a 50 milioni, questi 50 milioni ancora non si sono visti. Tutti avevamo grandi aspettative relativamente alla legge finanziaria, perché credo che fosse quello il luogo, il momento e l'atto normativo per prevedere e inserire quello stanziamento, ma lì non li abbiamo visti. Ci domandiamo se, almeno con l'anno nuovo, gli impegni verranno mantenuti.
Noi abbiamo scarse speranze e scarse aspettative su un Governo che, senza giudizi faziosi e ideologici, vive in una situazione di costante e oggettiva debolezza. Credo che tutti, anche le forze politiche che ne sono protagoniste, abbiano qualche difficoltà a negare che si tratta di un Governo che non riesce neanche a mettere allo stesso tavolo tutti i leader delle forze che lo compongono. Dubito che un Governo così, che cerca di arrivare semplicemente al giorno successivo, possa dare delle risposte oltre che finanziarie, anche di visione, e che possa offrire una grande prospettiva come un gran piano di rilancio industriale.
La proposta che, come Fratelli d'Italia, abbiamo elaborato e che oggi poniamo anche al vaglio dell'Aula, è quella, guardando soprattutto al capoluogo, che poi è - ahinoi - il maggiore attrattore delle crisi occupazionali, che stiamo vedendo negli ultimi periodi, di spostarci da una prospettiva di mera crisi complessa, che inevitabilmente attende uno stanziamento nazionale, mettendoci nella scomoda posizione di aspettare con il piattino in mano, da Roma, i fondi promessi, per andare in una prospettiva completamente diversa, che è quella che ci consente di approfittare, finalmente, per Torino delle grandi opportunità costituita dalle zone economiche speciali.
Le zone economiche speciali, previste con la direttiva europea che le ritagliava su condizioni oggettive di crisi occupazionale e di condizione logistica di collegamento a un grande porto o di situazione di confine nazionale intraeuropeo, era stata - purtroppo, ahinoi - fino a oggi limitata dalla legge nazionale italiana di recepimento alla realtà del Meridione, perché era stata giustamente e legittimamente individuata come una misura di sostegno al Mezzogiorno, andando però a saturarne un po' la portata. Quando noi vediamo che i dati dell'occupazione e, soprattutto della disoccupazione, e in particolare della disoccupazione giovanile di Torino, sono più simili a quelli di una grande città del Sud, anziché a quelli di una metropoli del Nord, allora dobbiamo accorgerci che limitare geograficamente delle soluzioni è controproducente.
Per fortuna, anche grazie a una proposta di Fratelli d'Italia, nell'ultima manovra finanziaria un emendamento ha finalmente parificato, in quanto a opportunità ed effetti, le zone logistiche semplificate, che non hanno questa limitazione geografica, alle zone economiche speciali, consentendoci così, se riusciremo - l'ordine del giorno che abbiamo presentato e andremo a votare oggi va in questa direzione - a dichiarare Torino e la sua area metropolitana "zona logistica semplificata". Lo è a tutti gli effetti con la prospettiva dell'alta velocità e dei collegamenti transalpini con l'Europa, con il collegamento ferroviario già esistente con il porto di Genova e lo snodo d'eccellenza, già di per sé e ancora di più in potenziale sul futuro, di tutti i flussi commerciali, dal Mediterraneo alla Pianura Padana, sul Nord-Ovest, fino all'Europa.
La sua identità di zona logisticamente valorizzabile - come definizione "zona logistica semplificata" - una volta che lo Stato centrale recepisca con una legge o un decreto, tale qualifica, potrà attivare, attraverso un piano di proposta, un piano di sviluppo, che, come Regione Piemonte dovremo redigere, delle grandi opportunità di agevolazione fiscale, volumi di crediti d'imposta per gli investimenti anche di altissima portata e semplificazioni burocratiche, su un campo che non è limitato alle competenze regionali, non è limitato solo alle aliquote IRAP di competenza regionale, ma è, invece, applicabile a tutto il complesso fiscale e burocratico che ogni imprenditore si trova ad affrontare.
Noi crediamo molto in questa proposta, perché non è un nostro indirizzo, ma quando i fautori della globalizzazione hanno deciso di sposare appieno, in ogni frangente, la libera circolazione dei capitali, l'abolizione di qualsiasi ipotesi doganale, la concorrenza globale delle merci, di fatto hanno messo i nostri territori e le nostre Regioni nella condizione di dover competere con la concorrenza assolutamente sleale di tutta quella maxi imprenditoria, peraltro più di Stato che privata, dei grandi giganti emergenti. Penso alla Cina, ma c'è anche l'India, perché ci sono tanti soggetti che non sono minimamente vincolati ai nostri sacrosanti parametri di tutela dei diritti del lavoro e della sostenibilità ambientale, che per riversano nei nostri mercati, in concorrenza con i nostri prodotti, i loro.
Ovviamente, lo fanno a prezzi assolutamente più bassi.
Questo, senza contare che nell'Unione Europea ci sono delle aree geografiche, soprattutto nell'Est Europa (lo sappiamo bene tutti), che usufruiscono legittimamente di misure di sostegno economico strutturali e regionali poste dall'Unione Europea, ma anche in questo frangente pongono una grande concorrenza poco leale alla nostra imprenditoria. In tutto ci i nostri territori non sono più competitivi e, con questa dinamica davvero penalizzante per tutti noi, il vero mostro che tutti i lavoratori, anche quelli meno addentro queste dinamiche, si trovano a dover fronteggiare come incubo presente o magari futuro ha un solo nome: si chiama delocalizzazione.
È quello il mostro che va a mangiare i posti di lavoro del nostro territorio, che li sposta in contesti internazionali lontanissimi da qui che spesso va a svendere il patrimonio qualitativo di know how e di qualità della nostra manifattura, andandolo a ricollocare su altri frangenti geografici, lasciando le nostre famiglie a dover fronteggiare la grande crisi economica che consegue sempre alla perdita del lavoro: dal problema della casa a quello del reddito, al diritto alla salute e allo studio dei figli.
E allora - vedete - l'unica soluzione strutturale e stabile può essere quella di rendere di nuovo attrattivo e competitivo il nostro territorio ma questo obiettivo lo si può raggiungere non aspettando i soldi, che arrivino o che purtroppo non arrivino e chissà con quali tempi, da Roma, ma presentando agli imprenditori interessati la possibilità di investire qui da noi la prospettiva di tenersi direttamente nelle proprie tasche i soldi necessari a creare sviluppo, occupazione e impresa, andando finalmente a ricollocare il Piemonte, per i suoi collegamenti logistici, ma anche per le agevolazioni fiscali e le semplificazioni burocratiche che vogliamo attivare, come un competitor davvero all'altezza nei confronti di altre regioni geografiche, internazionali e non italiane, che ci stanno massacrando.
Questa è una proposta che davvero speriamo possa passare, per lasciare finalmente il testimone di una visione di ampio respiro. È giusto porre un rimedio e far fronte alle crisi che si presentano quotidianamente, perch parliamo della vita delle persone, dei lavoratori messi in cassa integrazione o addirittura licenziati e non parliamo di numeri astratti, ma saremo all'altezza del nostro compito di classe dirigente, ancorché locale e territoriale, solo se sapremo portare quella che è l'unica grande soluzione al mostro delle delocalizzazioni.
Questo è il rilancio. Il rilancio industriale passa con queste misure coraggiose, che inevitabilmente si creano in collegamento anche ultraregionale con altre regioni a noi vicine, che ci devono porre con il coltello dalla parte del manico nei confronti dello Stato centrale.
Una volta che passerà la legge d'istituzione della zona logistica semplificata - e concludo - la Regione Piemonte avrà l'onere, ma anche l'onore, di andare a prevedere un piano di sviluppo o un piano di rilancio che andrà non solo a farsi da collettore per trasferire i fondi che attendiamo dall'Europa piuttosto che da Roma, ma consentirà anche misure d'investimento efficaci al privato.
Questa è una grande sfida: noi siamo qui, per coglierla.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Intanto, ringraziamo tutti i Consiglieri che hanno accolto la richiesta del nostro Gruppo di iniziare l'anno discutendo della manifattura, ma soprattutto avendo raccolto l'appello che abbiamo fatto davanti ai lavoratori della Mahle, che erano qui davanti con gli ex lavoratori dell'Embraco, i lavoratori della Lear, dell'Alpitel, dell'Alcar, della Blutec, dell'Olisystem, della Manital, della CNH, della Comital. Insomma proprio perché l'elenco è enorme fino ad arrivare alla Martor, che citavo in precedenza, chiedevamo a tutti voi di smettere di rincorrere le crisi anche in termini di discussione pubblica, soprattutto tutte quelle legate all'indotto del più grande (ancora) settore strategico di questo Piemonte che continua a essere l'automotive, vi abbiamo chiesto, in qualche modo, di provare a darci non solo delle linee guida, ma anche un orizzonte interpretativo non così distante fra noi.
Devo dire che, anche sul tema della dichiarazione di stato occupazionale in Piemonte, noi abbiamo fatto delle grandi aperture e non vogliamo che finisca proprio com'è finita sulla vicenda dell'emergenza ambientale e climatica. Proprio per questo, per uscire dagli slogan, vorrei che ci fosse chiarezza fra noi. Credo che il tema, alla fine, non sia tanto dissimile: trattate la vicenda dell'emergenza climatica come una bomba d'acqua, come un cataclisma, come se madre natura si fosse rivoltata contro di noi.
Eppure, la nuvola nera che abbiamo sopra le nostre teste, cui è legato il blocco dei diesel, quello che sta succedendo in ogni angolo del pianeta quello che sta succedendo nei nostri vigneti, nei nostri ghiacciai, nei settori più piccoli come l'apicoltura, fino a ciò che abbiamo visto nel martoriato territorio alessandrino, non c'entrano solo con quello che l'ambiente produce con le sue dinamiche, con quello che la natura produce da sola, ma dipendono ovviamente dal carattere antropico delle nostre attività, a partire da quelle produttive.
Perché dico che non è tanto dissimile dalla vostra riflessione sulla crisi occupazionale? Sembra che tutto questo sia avvenuto perlopiù per fortuna ma cos'è successo? Abbiamo perso 10.000 imprese negli ultimi otto anni abbiamo perso circa 400 mila occupati; abbiamo 200 mila piemontesi in cerca di lavoro e i salari si sono abbassati.
I più radicali fra voi - ho sentito adesso il Consigliere Marrone - hanno detto, negli ultimi minuti, che è colpa delle delocalizzazioni. Le delocalizzazioni sono un effetto; un effetto di un unico sistema imperante e senza nemici, quello di lasciar fare che nell'economia di mercato avvenga il libero gioco degli interessi. E qual è il movente dell'economia di mercato? Fare profitti e farli nei luoghi in cui è possibile farne di più.
Intendiamoci, perché anche per i più radicali di voi, come il Consigliere Marrone, alla fine la soluzione non è tanto dissimile da quella contenuta in altre concezioni più liberali come quella del Presidente Cirio: creiamo le condizioni, senza lacci e lacciuoli, affinché questo territorio sia ospitale.
Io ve lo dico, e lo dico anche alle forze del centrosinistra: siamo sicuri che, dopo trent'anni di questo pensiero imperante del rendere l'Italia la Cina a chilometri zero, è ancora questo il destino del nostro territorio? Faccio altre due riflessioni, che non sono state minimamente toccate.
Parlare di crisi occupazionale senza parlare di crisi ambientale secondo me non si può più fare, come anche parlare di crisi occupazionale senza parlare dei salari, dello stato della sottoccupazione e della dignità nell'occupazione.
Guardate che è la prima volta nella storia in cui il Nord-Ovest tende ad avere i salari più bassi rispetto al resto d'Italia. Certo, siamo lontani dal Veneto e dalla Lombardia, ma la cosa grave è che in Piemonte i salari ormai sfiorano i limiti di dignità anche nella piena occupazione. Che cosa intendo? Il problema non sono solo i 200 mila disoccupati, non sono solo i 140 mila NEET né in cerca di lavoro né in cerca di formazione, ma è che dentro l'occupazione, anche quella stabile, abbiamo una bolla di lavoro povero che riguarda, prima di tutto, anche il nostro interesse pubblico.
Parlo degli appalti, parlo del mondo delle cooperative, parlo del fatto che spesso ci ritroviamo in Consiglio regionale a ragionare se è ammissibile che la retribuzione di 700/800 euro al mese dei lavoratori del settore delle pulizie diminuisca del 10, 15 o 17%.
Dobbiamo anche discutere di una vicenda che ci riguarda tutti, e mi riferisco alla terza frontiera che non avete minimamente toccato. Siamo davanti all'ultima delle transazioni tecnologiche conosciute, quella dell'intelligenza artificiale. È possibile, in un'Italia in cui si lavora ancora mediamente 40 ore - mediamente 40 ore - che ci sia chi lavora troppo e chi, come vi stavo dicendo, lavora troppo poco? In questa situazione, chiediamo ai sindacati di fare i contratti di solidarietà non espansiva, ma di solidarietà e basta, non a parità di salario: fate le stesse cose in meno tempo venendo pagati meno! Ci troviamo in una transizione digitale che comporta che non verranno solo più sostituiti gli operai e che spariranno i casellanti. Come vedete, oggi nei McDonald non si vedono quasi più commessi, ma computer in cui si fanno le preordinazioni.
Oggi l'intelligenza artificiale rischia - a parte la politica, a parte l'arte, a parte forse la cucina, cioè dove c'è un po' di estro e umanità di mettere a repentaglio altri posti di lavoro. Parlo della chirurgia parlo degli avvocati; parlo del mondo dei giornali, che adesso non sono assenti, ma sappiamo che presto i nostri comunicati stampa saranno estrapolati da motori digitali e ributtati sul web. Che cosa vi voglio dire? Dev'essere una Ministra di 34 anni - voi mi direte della comoda socialdemocratica Scandinavia - a richiamare il tema della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario? Ve la dico diversamente: guardate che in questi dieci anni non è che siamo tutti uguali. Vi ho parlato di un mondo d'impoveriti, ma guardate che la gran parte degli imprenditori non sono finiti né sul lastrico né in bancarotta. Voi parlate d'imprenditori, quelli che volete giustamente difendere, che dovrebbero essere uniti con noi e con i lavoratori, ma contro chi? Contro quel dumping che, ogni giorno, gran parte delle multinazionali che hanno assediato i nostri centri fanno.
Scusate, pensateci bene: andate un po' in giro per il centro di Torino, ma quando non vedete più Emerson Jack &CO, quando non vedete più Taffelli in via Viotti, quando non vedete più la gran parte dei marchi storici torinesi, è la sfiga che li ha portati fuori dal mercato o è perché c'è qualcuno che si può permettere, in questo territorio, di non pagare le tasse e di non pagare l'IRAP? Tra l'altro, senza che vi sia qualche forza politica, tranne la nostra modesta, che, da cinque anni, spiega che non è possibile che il colosso FCA, che il colosso Eataly, che tutte le banche che stanno nei nostri centri - non solo di Torino, ma parlo anche della grande distribuzione - continuino a poter scegliere dove pagare meno le tasse.
Credo che tutte queste vicende siano collegate. Noi siamo disponibilissimi figuriamoci - a proclamare anche lo stato di crisi occupazionale, ma non senza parlare di riconversione ecologica dell'economia, quindi non senza rimettere al centro la vicenda della funzione di FCA e di dov'è inserita non solo del ritardo tecnologico della multinazionale che ha un pezzo ancora di cuore italiano. Senza parlare di quegli affetti, ve lo dico, il Presidente Cirio fa bene a convocare Gorlier, ma intanto ci sono altri tre problemi: il primo riguarda la proprietà. Se continuate a pensare di rincorrere i management che cambiano senza inchiodare le responsabilità sociali e i proprietari che continuano a fare utili mentre la gran parte di quei lavoratori sta in cassa integrazione da dieci anni.
Ce le siamo bevute tutte quelle promesse, ma dove siamo finiti dopo dieci anni? La crisi dell'indotto porterà via altri 10.000 lavoratori se non interveniamo oggi. E allora avrei voluto almeno sentire che ci preoccupa il fatto che sei componenti su 11 nel CdA non sono proprio della casa madre torinese (anzi, che è stata torinese, scusate). Mi sarei aspettato almeno di sentire: "Vogliamo parlare con gli Elkann. Vogliamo capire".
Lo sappiamo già, non so se è chiaro anche a voi: se arriviamo al massimo livello di produzione del settore dell'elettrico, non occupiamo neanche un terzo dei lavoratori attuali del distretto che va da Mirafiori a Grugliasco. Se non arriviamo per tempo a chiedere al Governo e all'Unione Europea uno stato di crisi vera e di riconversione vera, il nostro indotto verrà spezzato via. Perché, banalmente, le auto elettriche si fanno con meno componenti.
Io avrei voluto sentirvi dire questo. La riconversione ecologica è strettamente legata alla crisi ambientale - che esiste e che non è una bomba d'acqua - e, dall'altra, alle strategie e alle traiettorie che l'Unione Europea ci chiede.
Noi siamo qui per questo: volete aprire un'indagine sullo stato della sottoccupazione, della precarietà e fermare l'unica migrazione che dovrebbe spaventarvi, quella del 48% in più di giovani che negli ultimi anni se ne sono andati via da questo Piemonte? È questo il dato dovrebbe drammatizzare le nostre discussioni, altro che immigrati! Avete vinto le elezioni su questo, dunque smettiamola con quella campagna elettorale e pensiamo al fatto che la gran parte di quei ragazzi che formiamo anche grazie alle nostre borse di studio se ne va via perché qua non ha un'alternativa.
L'alternativa parla di dignità, di redditi e di scarse possibilità. Tutto questo passa dalle nostre politiche.
Io non credo - lo dico sinceramente al collega Preioni - che lo stato della crisi occupazionale piemontese sia legato - ho sentito bene? - ai troppi "no" che abbiamo detto agli imprenditori.



(Commenti del Consigliere Chiamparino)



GRIMALDI Marco

Non so.
Collega Chiamparino, gliela dico così: io avrei detto qualche "no" in più! Peraltro, non ho mai visto la Giunta di centrosinistra bloccare investimenti. La finiamo con questa retorica? Guardate che se gli imprenditori vogliono fare investimenti, li fanno.
Sono d'accordo con voi sul fatto che spesso sono anche frenati dall'alto costo del lavoro; anzi, dal costo della normativa, non certo dei salari. Sono d'accordo con voi anche sul fatto che servirebbero più infrastrutture. Ma stiamo attenti e smettiamola di creare degli alibi: chi vuole investire in questo Piemonte investe e sono migliaia e migliaia gli imprenditori che lo fanno. Non date alibi che non servono a questo sistema! Semmai, ragioniamo tutti insieme sulla vera crisi che c'è fra chi si può permettere importanti studi legali, fra chi si può permettere di spostare le sedi fiscali, economiche e anche produttive in altri luoghi nel disinteresse totale delle istituzioni. Anche per questo - e chiudo ringrazio l'Assessore Chiorino per l'ordine del giorno sulla vicenda gig economy e sui controlli sul cottimo. Guardate che sembra una vicenda molto nuova, ma se non ci fossero delle bolle finanziarie e se non avessimo per troppo tempo parlato dei rider e non dei fattorini, di commessi e non di bolla della gig economy, forse avremmo capito meglio che lì dietro c'era molta speculazione finanziaria e troppa responsabilità a carico dei lavoratori, che sono comodi essere autonomi proprio quando scarichiamo loro le responsabilità addosso, ma per tutto il resto dell'anno sono lavoratori dipendenti, perché è la casa madre a decidere dove mandarli e quanto ci devono mettere per prendere il loro sporco salario.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ruzzola; ne ha facoltà.



RUZZOLA Paolo

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, mi unisco ai ringraziamenti nei confronti del Presidente della Giunta e del Presidente del Consiglio per aver raccolto la richiesta di aprire questo nuovo anno con un'intera sessione del Consiglio dedicata a quella che credo sia la vera emergenza, purtroppo, di tutta l'Italia e del nostro Piemonte: il lavoro.
Com'è già stato detto - credo sia importante sottolinearlo - senza lavoro le nostre famiglie non hanno futuro, non hanno dignità; non hanno la possibilità di costruire e guardare al proprio futuro; non c'è possibilità per i giovani di pensare a come costruirsi una famiglia, a come guardare i loro figli, a come guardare alla loro istruzione, a come guardare con serenità al proprio futuro e poter pagare magari il mutuo dalla casa, a poter fare anche quelle spese che, automaticamente, ridarebbero fiato anche alla nostra economia.
Gli operai dalla Martor, nel corso del Consiglio comunale aperto cui il sottoscritto e il collega Gavazza hanno partecipato la scorsa settimana, ci hanno anche ricordato come gli ammortizzatori sociali siano ovviamente strumenti indispensabili e utili. Pertanto, come ha ribadito l'Assessore chiederemo che siano integrati per poter dare le giuste risposte a tutti quelli che si trovano in un momento di difficoltà. Tuttavia, non sono e non possono essere la risposta a quello che cercano i nostri lavoratori: serve il lavoro, non una facile prebenda che a fine mese, togliendo loro la dignità, gli dà forse la possibilità di sopravvivere.
Noi siamo qui, ovviamente, per cercare di creare queste opportunità se ne avremo la possibilità - per creare del lavoro vero. Sicuramente gli ammortizzatori sociali sono un ottimo strumento nell'immediato, ma non possono essere la risposta definitiva al problema.
Oggi, tra l'altro, stiamo purtroppo prendendo atto di un'ulteriore decrescita del nostro caro Piemonte, che, da locomotiva industriale degli scorsi decenni, non solo del Nord ma dell'intera Italia, oggi rischia di essere solo più il fanalino di coda.
Avevamo una ricchezza industriale enorme, che giorno dopo giorno si sta consumando. Le ragioni sicuramente sono diverse e non vanno ricercate solo negli ultimi mesi o negli ultimi anni, ma direi almeno negli ultimi dieci o 15 anni. In modo diverso, rispetto a quello che hanno detto i miei colleghi, credo che uno degli elementi essenziali sia stata l'intera mancanza negli anni di politiche industriali. Da anni non sentiamo più parlare di "politica industriale", non solo per il nostro Piemonte, non solo per il nostro Nord, ma per l'intera Italia e questo sia a livello italiano sia a livello europeo.
Non abbiamo più investito in modo sufficiente sulla ricerca e sull'innovazione, che sarebbero quegli strumenti che ci avrebbero dato l'opportunità per restare sul mercato e guardare al futuro. Non c'è stato nessuno - ed è qui la mancanza della politica industriale - che ci ha detto se dovevamo ancora investire e produrre i motori termici piuttosto che i motori elettrici, se la nostra innovazione doveva rivolgersi a un settore piuttosto che a un altro. Per quelle poche scelte che sono state fatte seppure con una finalità giusta, talvolta i tempi hanno rischiato di danneggiarci ulteriormente.
Mi riferisco, ad esempio, agli incentivi che il Governo negli ultimi due anni ha dato rispetto al mondo dell'auto, quindi gli incentivi alla sostituzione dell'auto. Seppure fossero obiettivi condivisibili e giusti, i tempi con cui sono stati fatti hanno ulteriormente danneggiato le nostre industrie e sicuramente l'industria piemontese. Probabilmente pensare a dei tempi diversi in cui attuarli avrebbe permesso anche alla nostra industria di arrivare a poter dare le risposte in tempo utile.
Ha detto giustamente l'Assessore Chiorino che la nostra è una terra di manifattura e questo è quello che vogliamo mantenere. Non vorrei dimenticare, però, che siamo anche terra di grande turismo, di enogastronomia, di turismo storico e di turismo sportivo. E questa stagione invernale ci sta dicendo quanto sia importante. Eppure noi, per quel poco che possiamo fare a livello locale, anche in quest'occasione abbiamo buttato via delle opportunità di lavoro e di rilancio dell'economia piemontese. Possiamo dire che le Olimpiadi ragionevolmente le avevamo in tasca e le abbiamo letteralmente buttate via. Abbiamo nuovamente buttato via un'opportunità di rilancio del nostro territorio nei confronti di un settore che sicuramente, in parte, può sostituire la parte dell'industria.
Al pubblico quindi compete, come sempre, il ruolo di creare le opportunità affinché gli imprenditori possano investire sul territorio, possano svilupparsi e creare dei veri posti di lavoro, che diano dignità a coloro che possono lavorare. Questo vale a livello nazionale, ma soprattutto a livello europeo. Condivido quello che hanno detto alcuni colleghi, però con soluzioni diverse. Credo che di Europa ce ne sia bisogno, anzi che ci sia bisogno di più Europa, ma, com'è stato detto, ci vuole un'Europa diversa un'Europa che non ci permetta di fare della concorrenza sleale industriale economica o imprenditoriale tra uno Stato e l'altro.
Abbiamo bisogno di più Europa che ci metta nelle condizioni, almeno nel nostro mondo europeo, di avere la stessa tassazione, per far sì che le aziende (piccole o grandi che siano) non vadano più a cercare lo Stato che le agevola o che permetta loro di prendere la residenza fiscale perché in tal modo non si pagano più le tasse o non si pagano come si pagherebbero qui. Tanto nel giro di alcuni anni ci sarà un altro Stato che le agevolerà ulteriormente, quindi in questo modo l'Europa sta facendo un male incredibile a ogni Stato. In questo noi vorremmo più Europa, vorremmo un'Europa che fosse capace, almeno su questo settore, di dire che la tassazione dev'essere univoca. Diversamente, abbiamo un mercato unico, ma con delle condizioni così diverse che non può che impoverirci tutti quanti.
A livello nazionale, credo che la politica industriale sia totalmente assente. Prima ho sentito qualche collega dire che avevamo una politica industriale, che qualcuno l'ha pensata, ma devo dire che io non la trovo.
Voglio solo riflettere sulle scelte degli ultimi anni. Ad esempio, credo che il caso dell'ILVA ci dica se abbiamo o meno una politica industriale.
Lo stesso vale per la politica dall'approvvigionamento delle fonti utili com'è stato il TAP. Vogliamo parlare di ambiente, ma rifiutiamo le infrastrutture che ci portano un'energia più pulita. Abbiamo da anni l'Alitalia, un vettore che potrebbe fare delle politiche utili per il turismo in Italia e non sappiamo che cosa farne. Abbiamo le infrastrutture che ogni giorno vengono bloccate, abbiamo la questione delle autostrade abbiamo la questione dei dazi ai livelli europei, americani e cinesi. E mi chiedo in tutto questo dove sia la politica industriale, dove sia la politica italiana ed europea, quella unica e vera che possa immaginare di dare delle risposte alle nostre crisi.
Noi chiaramente a livello locale qualcosa possiamo fare e devo dire che la nostra Regione - l'Assessore l'ha illustrato bene - si sta adoperando a 360 gradi, ad esempio chiedendo per la nostra area i giusti incentivi.
L'Assessore Tronzano sta facendo quanto di sua competenza per lo sviluppo della piccola e media industria. E noi, come Consiglio, due piccoli segnali li abbiamo dati o almeno ne abbiamo fatto la richiesta, e sono sicuro che nel bilancio troveranno la risposta, ovvero introdurre degli incentivi sull'IRAP per quelle aziende che assumono o che vengono a installarsi in Piemonte. Abbiamo fatto la richiesta che troverà risposta per dare un incentivo a coloro che sostituiranno un'auto molto inquinante con una meno inquinante e anche questo potrà rilanciare, in parte, il mondo dell'automotive. Stiamo lavorando alla semplificazione della legge n. 16 piuttosto che della legge n. 2, che potrebbero dare risposte utili al rilancio del territorio.
Credo che questo sia quello che possiamo fare, perché a noi compete la possibilità di creare le condizioni affinché gli imprenditori vengano, ma non ci possiamo sostituire agli imprenditori. Quello che possiamo fare a livello regionale lo stiamo facendo, ma sicuramente abbiamo bisogno di una politica industriale italiana ed europea, che assolutamente a oggi è inesistente.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Sacco; ne ha facoltà.



SACCO Sean

Grazie, Presidente.
Anch'io ringrazio per l'opportunità di questo Consiglio su un tema importante non solo per il Piemonte, ma per tutto il Paese, poich condividiamo alcuni gravi problemi con altre Regioni d'Italia. Questa mattina ho sentito molti interventi interessanti, anche con proposte intelligenti e con delle corrette visioni di futuro su quello che bisognerebbe fare, ma mi chiedo chi abbia governato questo Paese negli ultimi vent'anni, visto che tante di queste cose non sono state fatte.
Anzi, è stato fatto l'opposto.
Per esempio, parliamo della politica neoliberista che è stata portata avanti indistintamente sia da Governi di centrodestra sia da Governi di centrosinistra. Si è parlato del problema delle delocalizzazioni. Bene, ma il problema delle delocalizzazioni è avvenuto grazie ad appoggi politici a livello europeo che hanno visto quasi tutti i Paesi d'accordo e quasi tutte le forze politiche d'accordo, ragion per cui ci ritroviamo oggi a dover combattere contro un dumping all'interno dello stesso mercato non basato sulla capacità di competere, quindi sull'efficienza aziendale, ma sulla riduzione dei salari e su una tassazione più bassa.
Si parla di tasse e si parla di flat tax. Ho sentito l'intervento del Capogruppo Preioni che elogiava il Presidente Donald Trump, che adesso ci lascia con una bella patata bollente da gestire in Medio Oriente, oltre all'aumento dei dazi e del costo del petrolio, ma è necessario fare andare le auto a diesel che piacciono al Capogruppo Preioni. Vorrei ricordare che è vero che negli Stati Uniti abbiamo una tassazione più bassa, si parla intorno al 30% del fatturato, ma c'è anche da dire che negli Stati Uniti bisogna pagare l'assicurazione sanitaria, così come l'istruzione e le tasse sulla casa sono davvero molto alte. Alla fine dei conti, non so quanto convenga un sistema piuttosto che un altro perché, al netto di tutto, la sanità pubblica, in questo Paese, è più efficiente e costa meno rispetto a quella degli Stati Uniti.
Dopo questa piccola parentesi, torniamo al discorso principale, ovvero quello sulla crisi occupazionale. Per quanto riguarda alcuni temi trattati dall'Assessore, per esempio il sostegno di consulenti alle imprese in momenti di crisi, può essere una buona soluzione, ma cosa andremo a dire agli imprenditori? State facendo bene a fare questo tipo d'investimento? Dovreste investire in questa direzione? In cosa consisterà questa consulenza? Andremo noi a sostituirci alle prerogative degli imprenditori? Allora stiamo dicendo che c'è bisogno di nuovo di un intervento pubblico e che il mercato, che in questi vent'anni è stato lasciato libero di agire indistintamente, non funziona e crea dei problemi. A oggi, ha creato una fortissima disuguaglianza e il problema della stagnazione economica è sicuramente legato anche a una crescita della disuguaglianza e alla stagnazione dei salari.
I salari non sono cresciuti. Gran parte di quell'occupazione che rileviamo nei dati è un'occupazione piena di problematiche. Per esempio, abbiamo tantissimi giovani, ma non solo, che sono i nuovi lavoratori poveri, i working poor, cioè persone che, nonostante abbiano un posto di lavoro e lavorino per un cospicuo numero di ore mensili, non sono in grado di mantenersi e di garantire a loro stessi quello che, in base all'articolo 36 della Costituzione, dovrebbe essere loro garantito, ovvero un'esistenza libera e dignitosa. Sulla ricaduta economica, è chiaro che persone che non sono in grado di permettersi un'esistenza libera e dignitosa non possono spendere. Se non possono spendere, l'economia non gira (pochi ricchi non fanno girare l'economia).
Per quanto riguarda il microcredito, ho anche fatto una richiesta mesi fa per un'informativa in III Commissione che tarda ad arrivare (farò un sollecito). Ricordo che negli anni passati la misura sul microcredito all'inizio, aveva funzionato molto bene, aveva dato degli ottimi risultati.
Inoltre, ricordo che i miei colleghi hanno versato centinaia di migliaia di euro su quel fondo che, a oggi, non sta funzionando: è una misura bloccata.
Non si capisce come, perché e per quale motivo non si è voluto dare sostegno alle piccole e medie imprese di cui tutti si riempiono la bocca quando si fanno gli interventi, ma poi, in concreto, questa misura, a oggi non c'è. Non c'è e, nell'ultimo anno in cui è stata attiva, ha prodotto risultati imbarazzanti. Mi ricordo forse meno di dieci domande accolte, su un fondo che può dare garanzia per diversi milioni di euro: ma stiamo scherzando? Bene tutte queste iniziative, ma poi vanno concretizzate, altrimenti non andiamo da nessuna parte.
Mi collego all'intervento del Consigliere Ruzzola quando dice che sono stati inseriti degli incentivi per le auto che hanno danneggiato il nostro mercato. Ma sono stati inseriti in maniera repentina perché siamo in ritardo. Siamo in ritardo su tutto in questo Paese, bisogna recuperare questo gap e dobbiamo stare al passo con i tempi. Se non stiamo al passo con i tempi, ci ritroviamo nella stessa identica situazione di oggi, con crisi e con aziende fuori mercato.
Bene gli interventi, bene riempirsi la bocca con ottime iniziative e ottime previsioni, ma poi bisogna concretizzare e bisogna essere capaci di dire dei "no". È stato anche ribadito che sono stati detti troppi "no" in questa Regione, ma non è proprio così, infatti il risultato è questo. Il risultato è questo perché non sono stati detti dei "no", non sono stati posti dei limiti non solo a livello regionale, ma a livello nazionale per troppi anni a questa parte.
Quando si è voluto fare nostra la flexicurity europea che in tutti gli altri Paesi d'Europa hanno applicato, ovvero una flessibilità del lavoro ma una maggiore sicurezza sociale, qui abbiamo applicato solamente la flessibilità del lavoro. Infatti, dati alla mano, siamo quelli messi peggio insieme ad altri Paesi che non vorrei citare, perché non facciamo proprio una bella figura a livello europeo, con tassi d'incremento di reddito vicini allo zero, nonostante sia aumentato il costo della vita e che, in questi ultimi vent'anni, siano aumentate anche le necessità da parte delle famiglie.
Concludendo, relativamente a una proposta concreta per quanto riguarda lo stop alle delocalizzazioni, c'è una proposta di legge, a prima firma della Presidente Frediani, che aspetta di essere calendarizzata in Commissione proprio per bloccare le delocalizzazioni, per disincentivarle almeno.
Possiamo fare qualcosa attraverso la nostra, ormai, anche ridotta capacità di manovra, viste le scelte politiche degli ultimi decenni, ma qualcosa ancora lo possiamo fare.



GAVAZZA GIANLUCA



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Sacco.
La parola al Consigliere Magliano.



MAGLIANO Silvio

Grazie, Presidente.
Ringrazio anch'io la scelta della Giunta di tenere in considerazione le sensibilità dell'opposizione per discutere di questo tema e ringrazio anche per i dati che sono stati forniti. A tal proposito, Assessore Chiorino, le chiedo se è possibile avere la relazione che lei ha letto in quest'Aula e i commenti che erano al suo interno.
Ritengo sia importante, però, fare un ragionamento un po' più completo su ciò di cui stiamo parlando e sarà interessante capire, con le parti sociali, come poter affrontare, forse, uno dei temi che, in questo momento meno è stato trattato in quest'Aula, che riguarda la competitività.
Questo è il grande tema, questa è la grande sfida: come, oggi, noi siamo in grado di discutere di competitività in maniera sostenibile? La competitività può essere, oggettivamente, un utilizzo di alcuni driver che di fatto, si riversano in una peggiore qualità della vita del lavoratore ma anche dal punto di vista dell'efficienza dell'azienda si apre una questione che, prima o poi, dovremo affrontare. In questi anni, noi abbiamo perso di competitività su tutti gli scenari e la nostra Regione, insieme con altre, è scesa anche da questo punto di vista, in Europa, nel mondo e sugli scenari globali.
Questo, secondo me, ha delle responsabilità che devono essere diffuse perché se noi oggi pensiamo di poter assegnare responsabilità a un Governo anziché a un altro, facciamo il tipico lavoro stucchevole della politica che governa rispetto a chi governava prima. La riduzione della competitività, colleghi, ormai l'abbiamo da trenta/quarant'anni: sono una serie di scelte fatte dal punto di vista dei contratti di lavoro e fatte anche dagli imprenditori. Noi siamo qui per difendere chi crea lavoro siamo qui per difendere chi crea innovazione, ma dovremmo essere altrettanto capaci di accusare chi, invece, lavoro non l'ha creato competitività non l'ha fatta e ha preso gli utili, ha finanziarizzato tutti gli utili che aveva in azienda, senza creare sviluppo.
O noi ci mettiamo dalla parte di chi vuole lavorare, vuole produrre lavoro e lo fa seriamente, facendo nomi e cognomi, oppure difendere le categorie a priori, ha sempre portato, in questo Paese, alla possibilità di garantire a qualcuno di farsi "tonnellate" di fatti suoi, sulle spalle di chi invece, la sua azienda voleva farla crescere veramente. Infatti, purtroppo il 2019 è stato l'anno in cui abbiamo subito una flessione, ma l'export piemontese, in parte, è sempre cresciuto, grazie alla capacità dei nostri imprenditori di fare innovazione e proporsi all'estero. Questo è il tema e su questo, secondo me, dovremo ragionare su che cosa intendiamo per competitività.
Il secondo dato è chiaro a tutti: nello scenario in cui viviamo, quando veniva citato il tema dell'Europa, è un tema che noi dovremmo osservare con molta attenzione. Leggendo gli indici europei sulla competitività delle Regioni (un indice prodotto dalla Commissione europea, tutti gli anni) evidentemente, la Lombardia è la regione che cresce di più e, rispetto allo scenario globale, il Piemonte, purtroppo, potrebbe essere considerata una Regione più vicina alle nostre regioni del Sud che a quelle del Nord e i criteri per i quali la competitività non cresce vengono definiti, dalla Commissione europea, in modo molto chiaro, e sono i sette driver che di solito vengono utilizzati su questo, cioè il management e la governance.
Su questo, prendo atto che la proposta dell'Assessora Chiorino potrebbe essere interessante. Io ho i miei dubbi, partendo dal fatto, Assessora, che sono d'accordo che a volte c'è bisogno di una potenzialità di competenze da parte di alcuni imprenditori, ma ho i miei dubbi che sappiano chiedere aiuto, se non quando l'azienda è dannatamente in crisi. Questo è quanto ho visto in questi otto/nove anni di politica e, devo dire, che però il nuovo Codice fallimentare ha inserito tutta una serie di contrappesi che hanno reso un po' più farraginoso il controllo dell'azienda, ma che lancia campanelli d'allarme decisamente prima.
Il secondo driver è la questione legata all'infrastruttura logistica dell'azienda e del territorio in cui è insediata. È evidente che la nostra è una Regione nella quale si discute dell'Asti-Cuneo, per quanto riguarda la Provincia di Torino, e della tangenziale est. Se non creiamo le condizioni per cui chi viene a produrre qui è in grado di farlo attraverso un sistema di logistica e di trasporto delle merci sensato e quantomeno competitivo, sarà un po' difficile che decida di venire su questo territorio, a meno che non si occupi di ICT e di tecnologia e quindi non di produzione, ma di sviluppo di nuova possibilità di crescita e di produzione e lavoro su fenomeni che non hanno a che fare con il trasporto merci. A quel punto, avremmo il problema delle reti, perché se si vuole fare innovazione e sviluppo attraverso software, attraverso applicazioni e attraverso gestionali è necessaria una banda larga potente, per utilizzare un numero importante di dati.
Il terzo driver riguarda il tema del lavoro e dell'etica professionale. In questo Paese, però, su questi temi potremo raccontarcene tante: la Pubblica Amministrazione, di fatto, si difende dall'infiltrazione del crimine organizzato, aumentando le barriere all'accesso, facendo grandi gare d'appalto, dove ci devi mettere i subappalti, creando ulteriormente una fatica anche per chi vuole, da questo punto di vista, interagire con noi.
Il quarto elemento da tenere in considerazione è il problema del territorio e della progettualità pubblica, ed è quello che stiamo discutendo in Aula.
E poi internazionalizzazione e risorse critiche.
Sono convinto che mettere a sistema tutte le misure, che lei citava, misure che arrivano anche dal passato e dalle precedenti legislature, sarà importante. Sarà anche importante che tutti lo sappiano e, quindi, che ci sia un sistema di comunicazione più forte e più efficace. Rimane comunque la mia domanda: il mio dubbio è se l'ente regionale sarà il soggetto e l'istituzione che possa veramente avere in mano la possibilità di dare una mano al mercato del lavoro e al manifatturiero. Su questo, secondo me, la questione non è soltanto nazionale, ma europea, perché fin quando avremo dei Paesi in Europa che possono contrattare l'imposizione fiscale con l'Europa, che possono applicare dei contratti di lavoro diversi dai nostri all'interno dei quali c'è una tassazione sugli utili diversa dalla nostra è inutile che ci lamentiamo della globalizzazione.
Da questo punto di vista, dovremmo ripensare il modello economico europeo perché fondamentalmente, per come era stata pensata l'Europa, negli ultimi anni (questo il Presidente Cirio lo sa bene, avendo fatto l'europarlamentare) l'Europa ha esportato ricchezza e importato povertà con questo tipo di approccio sul pilastro economico.
Inoltre (questo è un dato che registro come Consigliere regionale, ma anche come Consigliere comunale), l'ultima volta in cui il Presidente del Consiglio Conte è venuto a Torino, in ogni tappa in cui lo accompagnavano a visitare qualcosa ha iniziato a promettere denaro. Questo denaro, però, in finanziaria non c'è, non si è visto. La Sindaca Appendino ha avuto, per due settimane, un sorriso assolutamente smagliante, ma oltre a quelle dichiarazioni non c'è stato alcun fatto concludente e conclusivo, nel merito, rispetto a quelle risorse.
Su questo chiedo anche agli amici del Partito Democratico di capire attraverso la delegazione di Ministri che loro hanno, a che punto siamo perché oggi il Ministro dello Sviluppo Economico non è più Di Maio, ma c'è un altro Ministro, pertanto varrà la pena cercare di capire esattamente a che punto siamo rispetto a quelle risorse per Torino. È evidente che se la provincia di Torino crolla, crolla in parte anche la nostra regione, dati i numeri e le potenzialità della nostra provincia.
Pertanto, oltre a ribadire l'aspetto legato alla competitività, allo scenario europeo e nazionale, a cercare di mettere il più possibile in ordine tutte le misure che possono sostenere gli imprenditori e coloro che vogliono provare a investire sul nostro territorio, dovremmo chiedere, una volta per tutte, al Governo nazionale se quelle risorse sono per Torino o se qui hanno riferito la totalità delle risorse che il Governo stanzia facendoci credere (questo penso io) che fossero tutte per la nostra città ma se andiamo a guardare nelle carte, non si trova fondamentalmente la possibilità dell'utilizzo delle stesse.
C'è un altro grande tema (e vado alla conclusione): quello della formazione. È vero che noi abbiamo il problema dei NEET, certamente, ma abbiamo un potenziale enorme che è legato agli ITS, perché fondamentalmente gli ITS permettono, se gestiti con coerenza e in maniera snella, di chiedere subito alle aziende quali sono le figure professionali di cui necessiteranno tra due, tre, quattro, cinque anni. Su questo, mi auguro che la Regione potenzialmente chieda un ulteriore sviluppo degli ITS, che - lo sapete - vengono concordati a livello nazionale con il Governo centrale.
Dunque, uno sviluppo degli ITS e, poi, una capacità - e concludo Presidente - oltre a gestire i tavoli di crisi aziendale (abbiamo quasi 120 tavoli aperti al Ministero in questo momento) anche di essere capaci di capire quali sono oggi le figure lavorative di cui c'è assolutamente bisogno, che però non trovano risposta. Lo dobbiamo ricordare e dobbiamo pensare che questo fa anche parte del percorso della formazione dei nostri ragazzi ed è una riqualificazione dei nostri dipendenti che in questo momento non riescono a trovare lavoro.
È evidente che è cambiato il modello: se una volta uno prendeva il suo diploma o la sua laurea, ma anche già solo un diploma, ed entrava in un'azienda, in quell'azienda sarebbe andato in pensione. Oggi è naturale lo penso per me, lo penso per i miei figli - alternare momenti di formazione a momenti di lavoro, a volte anche in contemporanea, perché il mercato del lavoro è oggettivamente cambiato.
Detto questo, sarà importante provare a ripensare un sistema di welfare diverso, perché è evidente che oggi la possibilità di perdere il lavoro a cinquant'anni è molto più reale e concreta di tanti anni fa. Non possiamo abbandonare quei cittadini; occorre pensare una modalità con cui reintrodurli nel mondo del lavoro e non assisterli in maniera assistenzialista fino alla pensione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Magliano.
Ha chiesto la parola il Consigliere Giaccone; ne ha facoltà.



GIACCONE Mario

Intanto, ringrazio il Presidente Cirio, che ha invitato il Consiglio a questa mattinata di riflessione, e i sindacati che ci ascoltano dalle dieci di questa mattina, peraltro cogliendo, con la rapidità e la brillantezza che sono loro caratteristiche, una sollecitazione proveniente dal collega Grimaldi, il quale chiede da tempo comunicazioni su FCA e sulla situazione delle relazioni tra l'ormai player internazionale e il nostro territorio.
Perché considero importante la mattinata e plaudo all'iniziativa del Presidente? Perché il Piemonte, negli ultimi anni o quantomeno negli ultimi sei in cui siedo in questo emiciclo, è diventato una sorta di Spoon River delle aziende. Se andiamo a vedere quelle che si trovano in situazioni drammatiche o che sono definitivamente scomparse, troviamo tanti nomi: Olisystem, Mittal, Manital, Mercatone Uno, Pernigotti, Mahle e tante altre solo per richiamare le primarie, le più importanti e le più grosse.
Qual è il problema? Il problema è accorgersi che il Piemonte è diventato il fanalino di coda delle regioni del Nord, accorgersi che il problema ha certo una valenza di natura nazionale, un aspetto nazionale che ha dei risvolti economico-finanziari, ma che ha anche dei risvolti locali di natura sociale, di natura personale e di natura umana, che coinvolgono le famiglie dei nostri concittadini, che sono decisamente più gravi e più delicati.
Ci sono due letture che stamattina sono state toccate, a macchia di leopardo, dai diversi interventi, che cerco di riassumere. Una è la lettura del piano globale: noi ci troviamo in una situazione in cui dobbiamo far fronte a una concorrenza che possiamo chiamare "sleale", una concorrenza che ci mette di fronte ad altri Paesi e, in un mercato unico, ad altri concorrenti dove la tutela del lavoro non è la stessa che abbiamo qua, dove la capacità di dare, nel corso dell'ultimo secolo, tutela ai diritti dei lavoratori non trova i medesimi riscontri in altri territori del mondo.
Insieme, ed anche questo è già stato espresso, la concorrenza diventa sleale quanto i nostri concorrenti e le aziende che hanno sede in altri Paesi non devono attenersi alle medesime normative dal punto di vista dell'ambiente.
C'è un secondo tema, caro al mio vicino di banco, ma che anch'io condivido caro Consigliere Grimaldi, che è la fiscalità. Anche in questo caso la concorrenza è sleale, perché ci troviamo ad avere aziende che fanno utili in un Paese, ma che lì non riversano gli effetti di questi utili.
C'è poi un tema, a mio avviso uno dei più importanti, relativo ai rapporti di forza. Abbiamo rapporti, come territorio, con multinazionali che hanno obiettivi a volte predatori, che non restituiscono al territorio ciò che il territorio è stato in grado di dare e ciò che da quel territorio hanno ricevuto, sia in termini di sforzo, dal punto di vista dei lavoratori che hanno dedicato le loro energie a quell'azienda, sia dal punto di vista delle istituzioni che hanno aiutato e supportato l'avvio e la persistenza di quelle stesse aziende sul territorio.
A proposito di questo, sono rimasto un po' perplesso e amareggiato dall'intervento del Presidente sulle comunicazioni di FCA, perché mi aspettavo un intervento un po' più rigoroso e con maggior forza e tutela visto che è l'alfiere del nostro territorio.
In quell'ambito, due cose non si possono negare: il primo è che, dal punto di vista manageriale, l'azienda non abbia saputo intuire l'elemento fondamentale che sarebbe stato il driver che avrebbe guidato tutta l'automotive o, comunque, avrebbe innovato l'automotive dell'elettrico come si sta verificando, arrivando a quel tema in tempi decisamente successivi rispetto ai concorrenti. È evidente a tutti - lo leggiamo dai giornali - quanto Toyota stia continuando a migliorare le vendite proprio grazie al fatto di avere investito ormai da decenni sull'elettrico, quando noi ci arriviamo adesso e presumiamo, nei primi anni del nuovo millennio in cui siamo entrati, di poter avere un'auto elettrica a sigla FCA.
Il secondo aspetto è che in questa fusione sono meno tranquillo di quanto abbia palesato il Presidente nel suo intervento, rispetto al nuovo rapporto creato con Peugeot. Non sono altrettanto convinto che il beneficio agli azionisti con la fusione si riverserà ugualmente sui lavoratori e sul territorio che ha visto e ha aiutato FCA (e FIAT prima) a crescere in tutti questi anni.
C'è una seconda lettura - e mi avvio alla chiusura - che non riguarda solo il livello globale che vi ho appena fatto, ma è il piano locale. Che cosa possiamo fare noi e quali sono le attenzioni che possiamo avere per intervenire, come istituzione territoriale, su questo problema fondamentale? Uno dei primi aspetti che voglio mettere nei quattro punti cui faccio riferimento, molto sinteticamente, è il sostegno all'anello debole di tutto questo meccanismo, che sono i lavoratori, per evitare che, alla fine situazioni di crisi abbiano come effetto, anche in un'epoca in cui, com'è stato già detto, le multinazionali e i grandi player continuano a fare utili stratosferici, che l'anello debole non sia ancora più debole di prima e che gli elementi di disuguaglianza e di povertà, che questo secolo sembrava aver ridotto, non vengano nuovamente a ingigantirsi.
Un secondo aspetto, dopo il principale, che è il sostegno all'anello debole di cui dicevo, riguarda il potenziamento dell'aspetto formativo per i giovani. Non parlo tanto dei giovani ben formati, che non trovando lavoro qua lo cercano all'estero, ma di chi invece, non avendo un livello di competenza sufficiente per essere appetibile su altri mercati, non può che rimanere qua. Su questo la Regione può dedicare particolare attenzione cercando di avviare percorsi formativi che aiutino i giovani a introdursi nel mondo del lavoro, come anche formare chi, avendolo perso, deve ricollocarsi e riqualificarsi.
C'è un terzo aspetto del quale dovrebbe occuparsi l'Assessore, che al momento non è più Assessore delegato alla sburocratizzazione e a tutti quei meccanismi che potrebbero rendere più attrattivo il nostro territorio per un'azienda estera che volesse decidere di aprire qui uno stabilimento.
C'è il tema oggetto dell'ordine del giorno cui il Presidente ci invita ad apporre una firma comune, relativo al reperimento dei fondi. Tutto quello che ho detto fino adesso sul piano locale non può essere realizzato, salvo che non sia sostenuto da elementi economici.
In questo senso, non penso sia il caso di sollevare accuse gli uni contro gli altri, o di spostare la dimensione sul livello nazionale per trovare alibi a una crisi che noi dobbiamo affrontare a livello locale. Su quest'aspetto saremo solidali con la Giunta e daremo il nostro sostegno alla richiesta ferma dei fondi che ci consentano di realizzare tutti i punti cui facevo riferimento prima.
Grazie Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Giaccone.
Ringrazio, per la presenza, il Segretario generale regionale UIL Giovanni Cortese, il delegato Segretario generale regionale CGIL, Giovanni Esposito il Segretario generale regionale CISL, Alessio Ferraris, e il Segretario generale regionale UGL, Armando Morella.
Sono altresì presenti Giovanni Baratta, della Segreteria regionale della CISL, e Francesco Lo Grasso, per la Segreteria generale della UIL.
Mancando venti minuti alle ore 13, chiedo se c'è la possibilità di proseguire oltre le ore 13, in modo da poter fare intervenire le parti sociali che avevano chiesto di intervenire, per poi procedere nel pomeriggio con le votazioni.
Ci sono quattro iscritti a parlare delle organizzazioni sindacali, più il Consigliere Rossi.
Interrompiamo formalmente i lavori per dare spazio agli interventi dei rappresentanti sindacali.
La seduta è sospesa.



(La seduta è sospesa alle ore 12.42)



PRESIDENTE

La parola a Giovanni Esposito, componente della Segreteria regionale della CGIL, delegato dal Segretario.



ESPOSITO Giovanni, Segreteria regionale della CGIL, delegato dal Segretario

Grazie, Presidente e grazie, Consiglieri per l'invito che ci avete rivolto questa mattina.
Penso che questa iniziativa sia dovuta anche al fatto che CGIL, CISL e UIL Piemonte e Torino, insieme alle categorie, abbiano organizzato, nel mese di dicembre, la "Fiaccolata per il lavoro" e molte altre iniziative sotto il palazzo del Consiglio regionale per portare all'attenzione della politica la crisi che sta investendo il Piemonte e, in modo particolare, i lavoratori coinvolti in questa crisi. Naturalmente è l'anno 2019 e la prospettiva del 2020 a preoccuparci, perché se guardiamo i dati reali dal 2014 al 2018 parliamo di un Piemonte che, tutto sommato, cresceva, non era una regione in crisi: questo ci dicono i dati, sia dal punto di vista produttivo, sia dal punto di vista occupazionale.
Poi, a un certo punto - 2018-2019 e inizio 2020 - si è entrati in questa davvero grande crisi, dovuta a diversi fattori. Le stesse imprese dicono che sono dovute ai dazi. Oggi si parla invece di questa grande crisi mondiale tra l'America, l'Iran e la stessa Libia, che può investire il nostro Paese. Siamo un Paese debole da questo punto di vista.
Noi eravamo - lo dicevano sia la relazione sia gli interventi sia si sono susseguiti nella mattinata - la seconda manifattura in Italia, quindi non solo del Nord, ma dell'Italia! Oggi siamo la quarta, cioè veniamo dopo la Lombardia, l'Emilia Romagna e il Veneto. Diversamente, loro hanno fatto sistema, cosa che invece noi non siamo stati in grado di fare.
Io sostengo che molte responsabilità siano anche della politica, così come delle imprese. Perché la politica in questi ultimi anni ha svalutato il lavoro e le imprese hanno approfittato della svalutazione del lavoro per essere più competitive nel mondo globale. Ci sono molte imprese che effettivamente, ancora oggi vanno bene, altre invece vanno male, sempre approfittando di questa svalutazione. Io credo che manchi una visione globale del nostro Paese. Non solo, credo che manchi anche una visione europea da questo punto di vista: non abbiamo le stesse regole, non abbiamo gli stessi diritti, non abbiamo gli stessi doveri. Addirittura adesso si compete, all'interno del nostro Paese, tra Regioni, e, dentro le Regioni fra Province. In tal modo, si crea una competizione sempre più al ribasso a dispetto della qualità del prodotto e della vita. Voi oggi avete proposto al Consiglio lo stato di crisi del Piemonte, sapendo comunque che nel Piemonte non si viaggia alla stessa velocità. Lo diceva pure lei nella sua relazione: Torino, naturalmente, rappresenta il 50% del Piemonte, abbiamo una parte di crisi nel Biellese e una parte nell'Astigiano. Le altre Province, invece, reggono da questo punto di vista. È un bene.
Se si riuscisse a ottenere lo stato di crisi, sarebbe la prima volta per la nostra Regione: bisognerà poi capire che cosa fare, perché a oggi la questione che ci interessa maggiormente è come difendere i lavoratori che perdono il lavoro, sapendo che ci sono regole nazionali che prevedono che la cassa integrazione abbia una durata inferiore rispetto a prima, e molti sono già al limite, per cui vanno difesi. Allo stesso tempo, occorre fare formazione, perché accanto alla crisi ci sono molte imprese che chiedono lavoro o che chiedono lavoratori professionalizzati, figure che purtroppo il mercato non riesce a offrire. Quindi c'è bisogno di creare sistema tra imprese, sindacati e Regione, per trovare quelle giuste sinergie che fanno sì che quando un'impresa cerca dei lavoratori professionalizzati li trovi sul mercato. Ma a questo ci si arriva solo con una programmazione.
La terza questione, a mio avviso, è che bisogna incominciare a discutere tra parti sociali, così come il Presidente si era impegnato a fare sulla competitività e sul lavoro in modo particolare, per arrivare a quei progetti comuni di sistema che permettano al nostro Piemonte di recuperare.
Sono molto preoccupato, invece, dell'accordo fra FCA e Peugeot. Anche a noi sindacati di categoria è stato detto che verranno mantenute le unità produttive sul territorio nazionale, in modo particolare in Piemonte. Ma noi sappiamo - peraltro, è stato ribadito in qualche intervento - che la sola 500 elettrica non basta, perché non è in grado di rioccupare tutte le persone che attualmente sono in cassa integrazione straordinaria o in solidarietà, per cui quella crisi avrà comunque un impatto sull'indotto davvero molto forte. Perché la 500 elettrica ha moltissimi componenti in meno di un motore di una vettura diesel o benzina, dunque avrà una ripercussione da questo punto di vista. Bisognerà quindi attenzionarla.
Penso che la richiesta che qualche Consigliere ha avanzato valga anche per le organizzazioni sindacali: a volte è meglio parlare con chi ha direttamente le redini in mano dell'azienda e non con il management, perch oggi il management c'è, ma domani può cambiare. Non sappiamo, alla fine di questo percorso che avverrà tra la fine del 2020 e l'inizio 2021, quali saranno i veri accordi e che cosa si sacrificherà rispetto alla situazione attuale.
Per quel che mi riguarda, saremo molto disponibili al confronto; vanno convocati i tavoli promessi a suo tempo a CGIL, CISL e UIL: insieme possiamo ricostruire un percorso.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola Ferraris Alessio, Segretario generale regionale CISL ne ha facoltà.



FERRARIS Alessio, Segretario generale regionale CISL

Buongiorno a tutti e grazie per quest'opportunità di ascolto e di parola.
Ho apprezzato l'idea di partire con l'anno nuovo col primo Consiglio regionale, dedicandolo a quella che ritengo e riteniamo, ascoltando tutti la priorità delle priorità, cioè la crescita della nostra Regione.
Dagli interventi - è una consapevolezza ovvia, ma la voglio rimarcare - le problematiche che hanno portato a questa situazione che viviamo non differiscono dalle problematiche che riguardano il nostro Paese. Una è sostanziale, senza qualunquismo. Ci sono stati momenti migliori e momenti meno favorevoli, ma anche una tendenziale negazione di un problema e azioni conseguenti troppo poco efficaci nel portare avanti un piano industriale per la nazione, facendo così tesoro di quelle poche risorse di cui disponiamo, che sono state disperse, non da ultimo in tendenze passive cioè assistenzialiste che non tengono conto o fingono di non tenere conto che, senza una crescita della nazione, il fenomeno della povertà assoluta relativa alla perdita di lavoro e quant'altro, tenderà a crescere, sino a che non riusciremo più a governarlo.
Quindi, ciò che io credo occorra è una presa di posizione della politica finalmente bipartisan, straordinaria in un momento straordinario. Abbiamo visto questa legge di bilancio e la cito soltanto per dire che non è una legge di bilancio che giudichiamo in maniera non troppo positiva per i suoi contenuti, ma per ciò che manca, e cioè è una maniera ordinaria di affrontare ancora una volta una questione straordinaria come quella che stiamo vivendo. Non a caso, CGIL CISL e UIL, a livello unitario, hanno prodotto un documento di rivendicazione che spero si possa ancora esaminare nel tempo che verrà. Occorre, secondo me, una convergenza di scopo, il che non significa naturalmente abdicare alle proprie legittime posizioni, ma un'alleanza di scopo e una convergenza di scopo - torniamo a noi e al Piemonte - che mi pare aleggi oggi qui, tesa a dire, a una voce sola alcune cose al Governo.
Una di queste sicuramente è pretendere le dotazioni che sono state promesse al Piemonte, a partire dall'accordo di programma che veniva richiamato, ma anche le dotazioni sull'area di crisi complessa di Torino e area metropolitana, perché è del tutto evidente ed è chiaro a tutti noi che non può esserci un Piemonte florido con una Torino che arranca.
Credo che vada posta un'attenzione trasversale e bipartisan anche al tema della fusione FCA-PSA. I francesi hanno istituito un tavolo permanente su questo; francesi che, come ormai abbiamo capito, avranno la maggioranza nella governance della nuova società nascente. Credo che sia importante per la nazione, ma in particolare per la nostra Regione, porre un'attenzione sull'argomento molto puntuale.
Abbiamo anche un problema ormai imminente - ancora una volta nel Paese, ma parliamo del Piemonte - che sono le dotazioni insufficienti per il ripristino anche parziale degli ammortizzatori sociali. Abbiamo numeri importanti di lavoratrici e lavoratori che stanno per terminare l'utilizzo di questa possibilità; abbiamo le politiche attive del lavoro che avrebbero dovuto sostituire gli ammortizzatori sociali che sono ferme esattamente da dove erano partite, cioè a zero.
Da questo punto di vista, la dichiarazione di stato di area di crisi complessa di Torino e area metropolitana ci può dare una chance in più.
Certo non coprirà l'intera regione, ma potrebbe coprire Torino e cintura la parte più colpita da questa problematica. Sforzo comune, trasversalità proposta che ho ascoltato, di addivenire a un documento comune. Credo che possa essere con questo spirito una questione importante e temo anche, più che pensarlo, che non sia sufficiente, ovvero ci dobbiamo - mi permetto di dirla così - interrogare anche su che cosa possiamo fare noi. Non possiamo fare moltissimo, questo lo sappiamo, ma qualcosa possiamo fare, a partire dalla consapevolezza che qualcosa è mancato.
Dicevo prima, e penso possa essere patrimonio comune, che non ci sono problematiche particolari del Piemonte riguardo a quelle che vive il resto d'Italia. Parlavamo di una mancanza di un piano industriale, parlavamo di una mancanza di quelle precondizioni che creano impresa, che non sono soltanto piemontesi, ma forse noi una specificità che ci connota e ci contraddistingue ce l'abbiamo. Siamo individualmente molto bravi, ma poco propensi a lavorare in team, lavorare in squadra. In altre parole, credo che quello che dobbiamo e possiamo fare è fare sistema.
Abbiamo prodotto a livello unitario in Piemonte un documento che ovviamente, senza presunzione e nemmeno pregiudizio potrebbe costituire, se condiviso, un punto di partenza (non ho il tempo di richiamarlo, ma è a conoscenza della Presidenza e degli Assessori).
Credo che vadano prima istituiti e poi resi permanenti momenti di confronto specifici, quindi non sporadici, ma continuativi, per dare la possibilità di conoscerci e per dare la possibilità di ascoltare le istanze di tutti quei pezzi di società che possono concorrere a favorire l'impresa o a consolidare l'impresa in Piemonte. Credo che questo potrebbe essere anche un luogo di prevenzione, richiamato prima dall'Assessore Chiorino, e che possa diventare anche un luogo di coordinamento tra tutti quei pezzi di società che possono tendere a favorire l'imprenditorialità.
Ci sono alcune questioni, quale quella della formazione e dell'istruzione dove noi potremmo fare di più. È stato citato il tema degli ITS ma, in una provincia della nostra regione, un accordo tra sindacato confederale e parti datoriali ha istituito una commissione che sta funzionando e atta a ricercare, comunemente, quali sono quei profili professionali da formare.
Questo, fatto in maniera allargata, può aiutarci.
Abbiamo poi un'altra specificità, che è quella della cantierabilità di un numero importante di lavori di grandi opere, ma anche di opere piccole e medie, che tuttavia non sono ancora cantierate. Le nostre federazioni a livello unitario sono in grado di dire, qualora fosse istituito un tavolo tecnico, secondo la tipologia della stazione appaltante, quindi delle regole sottese e diverse, per capire perché quella singola opera è ferma al palo. Credo che questo possa dare un'iniezione veloce e immediata: dalle analisi fatte unitariamente, si parla di 50-60 mila posti di lavoro.
Credo anche che dovremmo porre un'attenzione particolare al tema della sanità e della socio-assistenza, dove abbiamo dei vincoli nazionali e dove abbiamo forse delle possibilità che vanno esperite perché abbiamo, a proposito di occupazione e di cura della persona, una carenza di organico veramente insostenibile. Tale carenza di organico non è l'unica ragione, ma è una delle ragioni che provoca quelle liste d'attesa talmente lunghe che obbligano quella fascia di popolazione meno abbiente, a trascurare le cure.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola a Giovanni Cortese, Segretario generale regionale UIL.



CORTESE Giovanni, Segretario generale regionale UIL

Buongiorno a tutti.
Grazie per l'invito su un tema che rappresenta il motivo dell'esistenza delle organizzazioni sindacali, quello del lavoro e della difesa dell'occupazione. Tema che giustifica il passato sicuramente e farà in modo che anche in futuro esistano forme di rappresentanza su questo tema, che è alla base dell'esistenza e della dignità, com'è stato detto, delle persone.
Il lavoro e l'occupazione sono temi seri che non hanno bisogno di momenti di propaganda perché, già di per sé, portano tutta la drammaticità che sta nella vita delle persone, come si diceva prima.
Voglio fornire qualche dato che la dice lunga sul fatto che se l'Italia intera ha dei motivi per ritenersi in crisi - e non parlo del Meridione ovviamente, che è la parte più danneggiata dalla crisi, ma è un discorso atavico quello del Meridione e dovremmo forse parlare anche delle classi dirigenti nel Meridione - in Italia settentrionale, il Piemonte, si colloca agli ultimi posti e non solo nell'ultimo anno o negli ultimi due anni.
Dobbiamo considerare che, oggi, il Piemonte, ha una percentuale di disoccupazione che è superiore dell'1,5% rispetto alle altre regioni dell'arco alpino e non solo.
Dobbiamo considerare che, per quanto riguarda la disoccupazione giovanile questo territorio ha otto punti in più di disoccupazione giovanile nella fascia d'età tra i 15 e i 24 anni, rispetto alle altre regioni del settentrione. Dobbiamo tenere presente che, rispetto a inizio crisi, quindi rispetto ai dati del 2007, il Piemonte ha una disoccupazione maggiore ancora del 60%. Quelli che narrano il Paese in un certo modo oggi possono raccontare che abbiamo superato il numero degli occupati prima della crisi ma si tace sul fatto che sono aumentate le forme precarie, le forme di lavoro debole e i contratti part time involontario - cioè non richiesto dai lavoratori - sono aumentati dal 14 al 19%. Questo la dice lunga sul fatto che, complessivamente, le ore lavorate sono ancora inferiori rispetto a inizio crisi, e non potrebbe essere diversamente.
Noi sappiamo che abbiamo grossi problemi di politiche industriali; è stato ricordato da tutti il fatto che da molti anni mancano politiche per quanto riguarda le linee strategiche della nostra industria. Siamo partiti con l'informatica, la distruzione dell'Olivetti, il famoso salvataggio.
Ricordo ancora il gruppo di salvataggio e che Valletta rivolgeva l'invito a estirpare il neo dell'informatica dall'Olivetti perché non aveva niente a che fare con l'industria. Aveva capito tutto sicuramente: infatti, il gruppo di salvataggio non mise mai una lira e l'Olivetti finì come finì. Le telecomunicazioni sappiamo che fine hanno fatto, sappiamo come sta andando per il settore dell'acciaio, siamo preoccupati anche per il settore dell'automotive, ma tengo a precisare con orgoglio che, se nel 2010 e nel 2011, non avessimo firmato gli accordi che abbiamo firmato, in Piemonte, le fabbriche sarebbero state chiuse già da molti anni.
Oggi, ci possiamo interrogare sul futuro di Mirafiori, sul futuro di Grugliasco, con delle fabbriche sicuramente con sofferenze - pensiamo ai numerosi periodi di cassa integrazione degli operai, degli impiegati, delle maestranze - ma con delle fabbriche che sono ancora in piedi e possono mettere in campo anche un know how importante per quanto riguarda il futuro del nuovo colosso che si va a costituire.
Com'è stato ricordato, siamo preoccupati anche per quanto riguarda la durata degli ammortizzatori sociali, che sono sicuramente una forma difensiva, in attesa che possano decollare le politiche attive, ma le due forme devono anche coesistere. Cioè, che la formazione sia utile ai lavoratori e non a chi la fa. Quindi, sarebbe importante che fosse rafforzata la riforma del Governo Renzi, che estese gli ammortizzatori sociali a più settori, ma ne ridusse la durata. Poiché è l'unica forma di ancoraggio dei lavoratori rispetto alle loro aziende, sicuramente è importante che si rafforzino queste forme di politiche difensive. Poi, se la soluzione sarà quella dell'Assessore al lavoro, una sorta di "Cucine da incubo", in cui arriva Cannavacciuolo, sperando che ci siano tanti Cannavacciuolo in Piemonte, che fanno qualche modifica all'organizzazione del lavoro, mettono in piedi un nuovo menù e che le fabbriche riprendano anche se penso sia un po' più complicato.
Credo che nel nostro Paese ci sia un problema, anche grosso, di successione, di presa in carico del testimone da parte delle nuove generazioni. Pensate che nel Trevigiano i due terzi delle imprese sono familiari e non sanno che futuro avranno, perché non esiste una vocazione dei discendenti a prendere in mano le leve per condurre questo tipo d'imprese. È evidente che noi dobbiamo fare in modo di recuperare sui ritardi che sono ritardi cronici; i ritardi nella logistica e nelle infrastrutture, i ritardi nel materiale e nell'immateriale, che non sono ritardi di oggi: bisogna velocizzare l'azione. Nessuno è così pazzo e muore dalla voglia di fare delle opere inutili o, peggio, dannose. Noi siamo tutti schierati, oggi, per lo sviluppo sostenibile, ma che cosa sia oggi più sostenibile credo sia motivo di profondi ragionamenti e profonde discussioni.
In ogni caso, anche noi possiamo fare la nostra parte, sapendo che esistono questioni che non possono che essere ricondotte a livello nazionale: quando parliamo dell'attrattività di un territorio da parte d'investitori stranieri è evidente che il cuneo fiscale è uno dei massimi impedimenti. Il cuneo fiscale, peraltro, provoca dei mostri e i mostri sono i salari, in Europa, tra i più alti al lordo e tra i più bassi al netto, nel nostro Paese. Questo è uno dei punti sicuramente da aggredire.
Noi sappiamo anche che, in Piemonte, dobbiamo sicuramente mettere in campo processi di semplificazione, processi che permettano di erogare prestiti alle imprese, perché al di là delle chiacchiere, se qualcuno di voi entra in una banca, se avete già i soldi o dei patrimoni da dare in garanzia, il prestito vi arriva; diversamente, non sono più disponibili a fare prestiti.
È il famoso discorso, che ci hanno spiegato, dell'ombrello che viene dato d'estate e viene ritirato quando piove.
Così come sono importanti i processi di semplificazione e di pagamento della Pubblica Amministrazione. Abbiamo la necessità di sapere su quali risorse si può contare, com'è stato detto questa mattina e quanto, dal riconoscimento dell'area di crisi complessa, si può mettere dai fondi di coesione e sviluppo europei. Bisogna avere certezza rispetto a tutte queste cose, perché diversamente si corre il rischio di prendere in giro le persone.
Siamo arrivati a una condizione in cui bisogna anche pensare seriamente non in modo una tantum, al risanamento del territorio piemontese. Il Piemonte ha un territorio molto debole e molto fragile dal punto di vista idrogeologico e bisogna fare gli interventi per la messa in sicurezza bisogna risanare i centri urbani e non costruire. Bisogna risanare quello che già esiste. Bisogna mettere a norma gli edifici pubblici, dando sicurezza, provocando risparmio energetico. È chiaro che sono tutte misure che richiedono investimenti, ma bisogna selezionare. Bisogna anche smetterla con le distribuzioni a pioggia, per cui siamo famosi: si accontentano un po' tutti, per quanto riguarda la distribuzione, salvo poi creare forme di lavoro deboli, forme di lavoro precario o addirittura finiti i soldi, passata la festa, gabbato lo santo, ci ritroviamo con le stesse questioni.
In conclusione, ringrazio ancora per l'iniziativa. Diamo a Cesare quel che è di Cesare, quindi al Governo quello che è del Governo; diamo al governo regionale quel che è del Governo regionale e diamo alla Sindaca di Torino e alla Città metropolitana ciò che è della Sindaca di Torino e della Città metropolitana. Noi non siamo tifosi di nessuno, ma vorremmo poter collaborare con le idee e con l'azione, per fare in modo che si possano creare posti di lavoro veri, non assistiti, in modo da poter avere l'orgoglio di far crescere la nostra regione.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Segretario generale regionale UGL, Armando Murella.



MURELLA Armando, Segretario generale UGL Piemonte

Grazie, Presidente.
Ringrazio per l'invito, ringrazio il Presidente e chi ha dato l'opportunità di organizzare questa prima seduta di Consiglio dell'anno in cui si parla di lavoro.
Io dico sempre che il sindacato è portatore di problemi che tocca alla politica risolvere. Poi, se è di destra, se è di sinistra o di centro l'importante è che i problemi vengono risolti.
Come UGL, più volte, ho sempre manifestato che il Piemonte fosse una regione che, in alcune realtà, si avvicinava alle regioni del Sud. Ma vedete - mentre nelle regioni del Sud ormai è una questione cronica ed effettivamente c'è un costo della vita molto più basso, in Piemonte o nelle regioni del Nord, cosiddette "regioni ricche", affrontare il quotidiano diventa impossibile se non improponibile.
Nel periodo di dicembre, abbiamo chiuso una riunione - sempre qui - per parlare di occupazione ed anche dell'aspetto climatico. Come UGL, abbiamo consegnato un documento alla Presidenza e lo stesso abbiamo fatto con l'Assessore Tronzano, perché anche lui è stato sensibile alla situazione legata alle crisi che ci sono nella nostra regione. Purtroppo - ahimè, devo dirlo - qualcuno, delle crisi, ha fatto le vetrine per poi lasciare i "morti" (tra virgolette, i morti non fisici) in quella che poi è stata la realtà: ad esempio, la realtà dell'Embraco, dove sembrava che tutto fosse risolto, dove qualcuno è venuto qua a cantare vittoria, dicendo che i problemi erano stati risolti, mentre attualmente 400 lavoratori non conoscono ancora il loro destino e futuro, tant'è che evidentemente qualcuno si è rivolto alla Magistratura. Se un Paese e la politica si devono rivolgere alla Magistratura per far risolvere le difficoltà evidentemente c'è un problema. Il problema è la politica, che oggi è debole.
Se tutte le multinazionali hanno potuto fare tutto quello che hanno fatto e sfatto, con l'appoggio dei sindacati, della politica, di tutti evidentemente c'è un problema. È quando il potere politico demanda al potere economico tutte le politiche dei Paesi, degli Stati sovrani; adesso addirittura un po' di sovranità la stiamo perdendo in nome di grandi istituzioni dove, invece di difendere i diritti della culla, dei Paesi come il nostro, si sono preoccupati di fare altro e i risultati sono alla luce di tutti.
Pertanto, occorre fare un ragionamento su un'inversione di tendenza. Ci avevano anche detto che l'apertura dei grandi supermercati avrebbe portato occupazione, ma vediamo che la domenica tutta quest'occupazione non c'è.
Rispetto agli stipendi e ai salari, il Consigliere Grimaldi poco fa ha fatto uno spaccato: è così, caro Consigliere! Specialmente quelli del comparto delle pulizia sono figli di un dio minore: hanno i diritti meno garantiti e, allo stesso tempo, salari inferiori. Effettivamente, se non si fanno delle regole chiare sulla questione degli appalti e subappalti saremo sempre vittime di questo sistema.
Oggi, come sindacato, non siamo più ad affrontare i problemi di quanto salario dare, ma di come difendere i posti di lavoro, perché oggi si va nelle aziende a cercare di difendere i posti di lavoro con contratti di solidarietà, dove lavorare tutti per essere pagati tutti meno, ma non è così che funziona. È un cane che si morde la coda.
Ci sono tanti imprenditori che sbarcano il lunario. Io, nel periodo di Natale ho visitato tante aziende che sono addirittura dei fiori all'occhiello, però hanno due problemi: il primo è il finanziamento e il secondo è la questione legata alla fatturazione.
Penso che lo sappiate: le aziende che lavorano con la fatturazione devono incassare, ma se i clienti non pagano, queste devono comunque pagare i contributi per chiedere il DURC. Se non si pagano tutti i contributi e tutto quello che si deve, il DURC non viene rilasciato, ma all'azienda che deve percepire i soldi e non a quella che non ha pagato e bisogna ricordare che tra i tanti mal pagatori c'è anche lo Stato. Noi abbiamo visto fallire aziende che dovevano ricevere i soldi per le ditte delle pulizie dalle ASL.
Non pagando le aziende e non pagando i contributi, queste sono fallite.
Pertanto, c'è anche da dire questo e non bisogna avere paura di dire le cose come stanno. Ci saranno degli imprenditori incapaci, ma ci sono soprattutto - la maggior parte - degli imprenditori che rischiano, perch uno che effettivamente ci mette del suo e ci mette l'impegno, l'ultima cosa che vuole fare è lasciare i lavoratori in mezzo alla strada e soprattutto non mandare l'azienda a ramengo! Una cosa che si potrebbe fare è anche quella di dire all'INPS che se quelle aziende non pagano la fattura entro 30 giorni, il DURC non lo deve rilasciare, ma alle aziende che non pagano e non a chi effettivamente ha fornito il servizio. Questo è un ragionamento che si potrebbe fare.
Inoltre, occorre rilanciare le infrastrutture. Quando partecipo ai convegni, dico che le infrastrutture sono alla base di tutto, perché se si blocca l'edilizia, se si blocca il sistema delle costruzioni, si blocca tutto. Se si ferma l'edilizia, non si producono più le finestre o le porte cioè tutto un sistema che effettivamente funziona. È come una catena. E soprattutto, vanno realizzate le grandi opere.
Io lo dico e lo ridico: noi, alla questione della TAV siamo sempre stati favorevoli, senza se e senza ma, senza andare a convenienza, perché oggi troviamo chi in precedenza era ai tavoli a dire "no" e adesso, magari perché ricopre delle cariche, dice "sì". Noi abbiamo avuto coerenza e su questo abbiamo pagato sempre un prezzo, anche in termini per certi versi fisici, però siamo stati coerenti, perché è un'infrastruttura che va realizzata e che non può tagliare fuori l'Italia e il nostro Piemonte.
Queste opere vanno realizzate. Ci sono delle opere che vanno cantierate che devono partire diversamente. Credetemi, il continuo declino sarà sempre peggiore. Torino e il Piemonte sono sempre stati legati alla FIAT, però la politica purtroppo non è mai stata capace di chiedere il conto alla FIAT.
La FIAT diceva: "Quello che fa bene alla FIAT fa bene all'Italia; quello che fa bene all'Italia fa bene alla FIAT", però c'era sempre da distribuire e gli utili si distribuivano ai soliti e i debiti si distribuivano sempre a noi.
Quindi, non c'è mai stata una politica seria su come affrontare e la politica non ha mai posto dei veti per dire cosa effettivamente si voleva fare del polo automobilistico a Torino. È vero, non vanno chiamati gli amministratori, perché cambiano: va chiamata la proprietà per capire qual è il futuro in questo nodo, ma soprattutto in Italia. Poi, va fatto un Piano nazionale: non c'è un Piano nazionale dell'industria! Questo è il concetto.
Come vi dicevo, noi siamo convinti che buona parte delle aziende potrebbero svilupparsi se solo avessero la possibilità di accesso al credito; aziende di 10-12 persone, metalmeccaniche che guardano al manifatturiero che potrebbero veramente svilupparsi e creare posti di lavoro, ma, non avendo la possibilità di accedere al credito, non crescono. Occorre anche la possibilità di un cambiamento e di mettersi tutti insieme per cercare di affrontare e prendere di petto tutti i problemi legati all'industria, al manifatturiero e a tutto quello che ne consegue.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Non essendoci altre richieste d'intervento, dichiaro terminata questa parte dei lavori.



(La seduta riprende alle ore 13.22)


Argomento:

Programmazione dei lavori


PRESIDENTE

La seduta riprende Prima della replica dell'Assessore Chiorino, c'è ancora un intervento da parte di un Consigliere. Ditemi voi come volete procedere.
Prego, Consigliere Ravetti.



RAVETTI Domenico

Mi permetto di fare una proposta, Presidente, che è la seguente.
Credo che ci saranno le repliche della Giunta, non so se da parte del Presidente o dell'Assessore, poi magari c'è qualche altro Consigliere che intende intervenire, ma certamente ci sono degli ordini del giorno. La valutazione da farsi è di riprendere il Consiglio regionale nel pomeriggio alle 14.30, per meglio portare a sintesi i lavori di questa mattina.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Preioni; ne ha facoltà.



PREIONI Alberto

Solo per capire, Presidente.
L'accordo prima era che ogni Gruppo avesse a disposizione un intervento. È cambiato qualcosa? Per l'amor di Dio, noi siamo sempre generosi e ci mancherebbe, non vogliamo zittire nessuno, però allora anche dal mio Gruppo dicono che avremmo potuto fare due, tre o quattro interventi.
Lo dico con nessun spirito polemico, arrivando anche dal post feste, ma solo per capire come organizzarci.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossi; ne ha facoltà.



ROSSI Domenico

Presidente, a scanso di equivoci, sull'ordine dei lavori.
Io mi sono prenotato perché avevo capito, ma magari avevo capito male, che all'inizio s'interveniva uno per Gruppo, poi i sindacati e dopo eventualmente anche dopo la pausa, si poteva intervenire. Se non è così non faccio forzature, ma mi dispiace solo che su un tema così importante ci si limiti, però se sono solo io, per carità, non voglio dare fastidio a nessuno.
Avevo inteso che dopo uno per Gruppo e dopo i sindacati si potesse anche dibattere. Così avevo inteso, altrimenti non mi sarei prenotato.



PRESIDENTE

C'era un'intesa e un accordo, per dare poi la possibilità di fare un primo giro d'interventi, uno per Gruppo, e poi ascoltare i sindacati.
Successivamente, il dibattito sarebbe stato aperto a tutti i Consiglieri.
Non c'è la possibilità, da parte della Presidenza, di chiudere il dibattito prima che siano intervenuti tutti i Consiglieri.
Purtroppo, si è andati un po' sul lungo, perché tutti i Consiglieri che sono intervenuti hanno sforato i dieci minuti, però c'è la volontà, per cui si può anche chiudere la sessione mattutina adesso e proseguire con quella pomeridiana, alle ore 15, con il prosieguo dei lavori.
Prego, Consigliere Preioni.



PREIONI Alberto

Grazie, Presidente.
Ho capito, però naturalmente con l'impegno di tutti i Gruppi di chiudere comunque in serata, per dare un contenuto alla giornata.



PRESIDENTE

Sì, mi sembra ovvio né mi sembra che al momento ci siano altre richieste d'intervento.
I lavori pomeridiani sono aggiornati alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 13.26)



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