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Dettaglio seduta n.31 del 05/11/19 - Legislatura n. XI - Sedute dal 26 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



(La seduta inizia alle ore 10.15)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Vi ringrazio della partecipazione. Possiamo dare inizio al Consiglio regionale aperto inerente a "Un fiume di ricordi. A 25 anni dalla tragica alluvione in Piemonte".
Prima dell'apertura del Consiglio regionale, porta i saluti il dottor Dario Gallina, Presidente dell'Unione Industriale di Torino.



GALLINA Dario, Presidente Unione Industriale Torino

Buongiorno e un grande benvenuti a tutti all'Unione Industriale di Torino la casa delle imprese. Saluto il Presidente Allasia, tutti i membri del Consiglio regionale e il Presidente Cirio che è in arrivo. È un piacere ospitare questa riunione oggi. So che è stata una riunione organizzata qui perché purtroppo la sede della Cavallerizza ha subito un grave incendio e mi dispiace, ma ci fa piacere che siate qua oggi e che abbiamo potuto accogliere questo incontro. Vi ricordo che l'Unione Industriale quest'anno compie 112 anni; siamo al fianco delle nostre imprese da più di un secolo imprese grandi, medie e piccole di questo territorio. Si tratta di più di 2 mila aziende e più di 24 settori. Quindi, siamo vicini al territorio vicini alle istituzioni, con cui collaboriamo su tanti progetti per sostenere la nostra area e le nostre aziende.
Ricordo anche io questi momenti del 1994. Ricordo proprio che li ho vissuti quella sera, perché mi trovavo di ritorno da Novara, stavo rientrando a Torino e sono stato deviato, senza sapere quello che stesse capitando verso Alessandria, poi Asti e poi Alba. Ho fatto tutto il giro, senza sapere che stava capitando una disgrazia molto importante; purtroppo ricordo la situazione molto difficile, una situazione che ha visto gravi perdite, tante vittime, ma anche molte aziende messe in ginocchio da questa tragedia. Per un imprenditore una disgrazia come l'alluvione significa fermare la produzione e fermare la produzione è come fermare un po' il battito cardiaco dell'azienda. È stata una situazione molto tragica e molte aziende hanno sofferto quei momenti, ma hanno saputo, in realtà, trovare anche in quei momenti difficili la forza di riprendere. Il ruolo dell'Amministrazione e anche delle nostre associazioni di stare al fianco in quei momenti è molto importante. Avere al fianco delle istituzioni che abbattono le barriere burocratiche, che ti supportano, che ti fanno sentire aiutato è molto importante. E riprendere l'attività economica in quei momenti è fondamentale, perché riprendere il lavoro è la prima cosa per un territorio che subisce un grave danno come quello.
Quindi, è giusto ricordare, è molto importante fare tesoro dell'esperienza e degli errori eventualmente commessi, perché questi errori possano essere riparati e possano esserci delle procedure più aggiornate e più veloci per superare queste difficoltà.
Vi auguro buon lavoro e grazie ancora di essere qui oggi all'Unione Industriale di Torino.
Grazie a tutti.



(Applausi)


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione dei tre Vigili del Fuoco deceduti a seguito dell'esplosione di un edificio a Quargnento (AL)


PRESIDENTE

Grazie a voi.
Prima di iniziare, a nome di tutta l'Assemblea, esprimo il più sincero cordoglio per la morte dei tre Vigili del Fuoco deceduti questa notte nello svolgimento del proprio servizio, a seguito dell'esplosione di un edificio a Quargnento, in provincia di Alessandria.
Porgo le più sentite condoglianze ai familiari e un commosso augurio di pronta guarigione ai feriti. Chiedo, per rispetto, un minuto di silenzio.



(L'Assemblea, in piedi, osserva un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

Grazie.



(Applausi)


Argomento: Calamità naturali - Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno "Un fiume di ricordi. A 25 anni dalla tragica alluvione in Piemonte"


PRESIDENTE

Ricordo che la seduta consiliare odierna è convocata in assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno per la trattazione del tema "Un fiume di ricordi. A 25 anni dalla tragedia alluvionale in Piemonte".
Il Regolamento prevede che il Presidente che non possa lasciare il banco della Presidenza, ma è presente il Vicepresidente Salizzoni che pu egregiamente sostituirmi.
Buongiorno. Benvenuti e grazie a tutti i presenti, in particolare alle autorità militari, religiose e civili, ai rappresentanti delle Prefetture ai Sindaci e ai rappresentanti della politica e alle associazioni di volontariato per aver preso parte a questo Consiglio regionale aperto, in memoria della tragica alluvione del 1994 che colpì duramente la nostra regione.
Il 5 novembre di 25 anni fa il Piemonte fu profondamente colpito da un tragico evento alluvionale, che provocò l'esondazione dei fiumi Po, Tanaro e molti altri affluenti, causando 70 vittime e 2.226 sfollati danneggiando edifici, infrastrutture ed interi settori produttivi per miliardi di lire. In quei giorni, una violenta ondata di maltempo si abbattè sul Piemonte e, in sole 48 ore, creò un'onda di piena del Tanaro che, scendendo impetuosamente a valle, ruppe gli argini di molte zone allagando campi e città; piena che raggiunse il Po, alimentato anche dalla piena dell'Orco e dalla Dora Baltea.
Questa tragedia colpì tutta la regione, in particolare i Comuni delle province di Cuneo, Asti, Vercelli ed Alessandria, oltre che del Torinese e del Biellese.
Prima di iniziare la seduta, proiettiamo un filmato documentario realizzato dalla Regione Piemonte, in collaborazione con la RAI, a testimonianza dei tragici momenti di quei giorni. Il giornalista Gian Mario Ricciardi darà lettura dei nomi delle vittime; dopodiché osserveremo un minuto di silenzio.
Grazie.



(Viene proiettato il video "La grande alluvione del 1994")



RICCIARDI Gian Mario, giornalista Rai



PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Canestri Giancarlo; Boidi Giuseppe; Perin Alberto; Gay Rosa; Ferrari Carlo Barberi Anna Teresa; Falzoi Maria Maddalena; Spadonaro Alina; Buozzi Alfredo; Cabella Libero; Raschio Riccardo; Faa Angiolina; Naboni Letizia Isella Vanda.



PROVINCIA DI ASTI

Giordano Orsolina; Sciuto Elide; Genovese Fiorentino.



PROVINCIA DI CUNEO

Emiliano Rossano; Iannone Carmine; Di Paola Maria; Bongiovanni Felicita Giobergia Caterina; Magliano Anna Maria; Sobrino Riccardo; Vola Daniele Mascarello Daniela; Borra Giuseppe; Peisino Giuseppe; Bonino Adriano Bonino Giuseppe; Mancardi Maria; Voarino Rinaldo; Pignataro Angelo; Vero Angela; Camera Dionisio; Conterno Giovanni; Giacone Loredana; Milano Gianluca; Garelli Gianstefano; Monti Lorenzo; Leknikai Haki; Gjata Dorian Taricco Livio; Pastura Mario; Turco Franco; Ribaldo Maria.



PROVINCIA DI TORINO

Mina Lucia: Girando Cecilia; Mina Francesco; Giacobbe Cecilia; Villa Anna Valenza Salvatore; Beda Maddalena.



PROVINCIA DI VERCELLI

Guglielminetti Tersilia; Sinatra Grazia; Sinatra Concetta Maria; Pappalardo Valerio Augusto; Catalano Antonio; Montinaro Immacolata; Mammana Graziano Malinverni Silvia; Campagna Luca Camillo; Calzino Enrichetta; Riolo Renato Camaschella Renzo; Petterino Angela Maria; Camaschella Laura; Ierino Loredana; Ierino Maria Teresa.



PRESIDENTE

Chiedo all'Aula di osservare un minuto di silenzio, in ricordo delle vittime.



(L'Assemblea, in piedi, osserva un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

Cedo la parola al giornalista Gian Mario Ricciardi per la sua testimonianza.



RICCIARDI Gian Mario, giornalista Rai

Vi descriverò soltanto alcune emozioni di quei giorni.
Intanto, vi porto il saluto dei colleghi che abbiamo visto nel filmato: Maura Fassio, Lorenzo Gigli, Paolo Volpato, Milena Boccadoro, Piero Damosso.
Non abbiamo visto Gianfranco Bianco, che il Signore ha preso un po' troppo presto, e chiedo a voi di dedicargli un applauso.



(Applausi)



RICCIARDI Gian Mario, giornalista Rai

Lo chiedo, perché Gianfranco Bianco ha gestito con me in quei giorni il gran caos che ci è capitato addosso.
Ci è capitato addosso tutto insieme, tutto in fretta. Così in fretta, che non l'abbiano capito: nessuno di noi si è reso conto della gravità della situazione, men che meno - devo dire - se ne sono resi conto a Roma.
Quando sono andato ad Alba a fare il primo collegamento non mi hanno dato i mezzi per fare la diretta: sono andato con la telecamera e ho mandato indietro un taxi a portare le immagini, cosa che oggi, con la velocità di comunicazione, non succederebbe.
Mi ricordo la grande emozione di quei giorni e anche la grande disponibilità dei colleghi; ricordo i collegamenti che ho fatto, ad esempio da Ceva, con gli stivale ai piedi, senza luce, senza acqua; il Sindaco che veniva a piangere al mio microfono.
Ricordo con piacere un imprenditore che, dopo ogni diretta, veniva a prendermi e mi portava a mangiare un pezzo di prosciutto e mi faceva anche bere un bicchiere di vino, per cui le dirette andavano sempre meglio, dopo perché ero molto eccitato.
Ricordo quei giorni, perché ho vissuto per mesi con gli stivali sempre pronti nel cofano della macchina. Pronti a partire, pronti ad andare. Ci sono arrivate immagini terribili: persone che venivano calate dagli elicotteri avvolte nelle coperte militari e la mobilitazione generale di quel periodo. Abbiamo visto quando il Tanaro, in una bruttissima sera di novembre, si è preso una parte dell'anima dei piemontesi. In quei giorni e in quelle ore, abbiamo scoperto la vera piemontesità, lo slancio, la generosità, la solidarietà della gente che si è fatta in quattro per salvare chi era da salvare.
Ricordo, e l'avevo anche inserito in un mio libro, la morte di Livio Taricco, a Narzole, che è deceduto per salvare un vicino di casa che era rimasto impantanato con il trattore in mezzo all'acqua. Abbiamo, di quei giorni, volti di eroi ancora poco conosciuti, purtroppo e, se non sono conosciuti, la colpa è nostra. Siamo noi che non siamo stati in grado di trasmettere la gravità di ciò che è successo ai nostri figli e ai nostri nipoti.
Dico sempre che una società senza memoria non va lontano e il grado di civiltà di una società si misura dalla sua capacità di fare memoria. Sono contento, quindi, di vedere il salone pieno: la gente è arrivata da tutto il Piemonte, perché in quei giorni il Piemonte ha subito un grandissimo e gravissimo danno e vi sono stati circa 70 morti, ma ha dato il meglio di sé.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Non essendo ancora arrivato il Presidente della Regione, Cirio, darei la parola prima ai Consiglieri regionali. La discussione è aperta.
Come convenuto nella Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari lascio ora lo spazio agli interventi programmati dei Consiglieri ricordando che possono intervenire per un massimo di dieci minuti.
La parola al Consigliere Demarchi.



DEMARCHI Paolo

Grazie, Presidente.
Il 5 novembre 1994, dopo due giorni di piogge continue, il fiume Tanaro travolse Alba e decine di paesi confinanti, portando con sé acqua, fango morte e distruzione. In particolare, presso Cherasco, il Tanaro distrusse quasi totalmente la maggior parte delle abitazioni, dei ponti e delle strade esistenti; in alcuni tratti, addirittura, mutando la fisionomia del fondovalle. Ingenti danni si registrarono, inoltre, nelle città e nelle campagne di Ceva, Asti ed Alessandria.
La piena del Tanaro, il 7 novembre, proseguì poi nel fiume Po, causando disastri nel Monferrato e nell'area di Chivasso: 70 morti, 500 feriti 2.226 sfollati e 20 mila miliardi di lire di danni.
L'alluvione è stata, però, anche l'esempio dell'organizzazione dell'efficienza e della capacità di reagire di noi piemontesi. In un'epoca in cui le notizie non viaggiavano ancora sui social network, i soccorsi scattavano con il passaparola e i cittadini si aiutavano per spirito di solidarietà e non per apparenza. In pochi giorni, la maggior parte dei Comuni colpiti fu ripulita dal fango e dalle macerie, grazie a migliaia di volontari poi ribattezzati "gli spalatori".
La rinascita fu possibile anche grazie all'allora Ministro dell'Interno Roberto Maroni, che, per la prima volta, assegnò le risorse per la ricostruzione direttamente agli amministratori dei Comuni interessati.
La grande capacità di superare questo momento non toglie, comunque neppure dopo venticinque anni, la tristezza per quella che è stata una delle vicende storiche più tristi degli ultimi decenni, in particolare per la provincia di Cuneo. Saper ricostruire non basta: occorre anche, e soprattutto, saper prevenire. Ciò che è accaduto in Piemonte e che sfortunatamente, continua ad accadere anche in altre aree del territorio nazionale, deve spronare tutti noi verso una sempre maggiore consapevolezza del rischio idrogeologico, affinché si mettano in atto adeguate misure di prevenzione, tali da scongiurare eventi drammatici di così grave entità.
Nella ricorrenza di questo tragico anniversario, vogliamo ricordare anche coloro che hanno perso la vita e alle loro famiglie rivolgiamo, oggi come allora, un pensiero di vicinanza e di solidarietà. Un grazie anche agli operatori della Protezione Civile del Piemonte, alle Forze dell'ordine alle Forze armate, ai Carabinieri forestali, ai Vigili del Fuoco, alla Polizia municipale e alla Croce Rossa, nonché a tutti i volontari che senza risparmio di energie e con grande professionalità, si sono prodigati sul nostro territorio.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

L'intesa, nella Conferenza dei Capigruppo, era di dieci minuti di tempo a coalizione (sforeremo di qualche minuto). La coalizione di maggioranza ha diviso i minuti in tre interventi; l'opposizione in due.
Vi chiedo il rispetto dei tempi, perché c'è un lungo elenco di interventi.
Ha chiesto di intervenire l'Assessore regionale Rosso, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



ROSSO Roberto

Ho avuto l'incredibile sfortuna, nell'arco di trent'anni della mia vita, di incappare in tre alluvioni. Sono di Trino Vercellese e la prima volta l'alluvione fu causata da rogge che esondarono. Vissi l'esperienza in modo molto drammatico, perché ero un ragazzino di sette anni e uno dei miei migliori amici, che giocava con me vicino alla roggia, fu risucchiato nelle viscere della città e morì.
La seconda volta fu nel 1994, di cui oggi onoriamo il ricordo; allora ci fu un metro e quaranta centimetri di acqua nella città. La terza volta, nel 2000, due metri di acqua e ci furono anche dei morti.
Ciò che mi colpì allora fu l'incredibile efficienza della Protezione Civile (e qui vedo molte persone che rappresentano quel mondo). Fu un grande sforzo umanitario e tecnico da parte di gente preparata. Nelle ultime due alluvioni, io ero in Parlamento e contribuii con Muzio, Segretario di Rifondazione Comunista della provincia di Alessandria, che era Sindaco di Frassineto Po, e con altri a fare una legge, come diceva prima il Consigliere Demarchi, efficiente; una legge capace di rispondere, in parte all'esigenza della popolazione colpita.
Tuttavia, voglio ricordare che ancora oggi - penso che i rappresentanti degli imprenditori di Cuneo prenderanno la parola - ci sono imprese che, a 25 anni di distanza di tempo, dal 1994, rivendicano indennizzi fiscali che non hanno ancora ottenuto. Quindi ci sono delle lacune che non sono ancora state colmate dopo 25 anni.
Un terza considerazione. Abbiamo un problema vero in Piemonte, e non è un problema solo piemontese, ma nel Piemonte è più drammatico che altrove: la pulizia dei fiumi. Non è possibile avere una situazione in cui si alternano le maggioranze di sinistra o di destra, ma le cose non cambiano per quanto riguarda la pulizia dei fiumi. Io ho invitato gli Assessori Gabusi e Carosso, ma rivolgo lo stesso invito anche a tutti gli amici dell'opposizione, a cercare di affrontare insieme questa problematica.
Se voi andate a vedere, a Crescentino, che è a monte della cittadina di Trino, il dorso d'asino del Po è più elevato del livello altimetrico del centro della città. È evidente che, in una condizione del genere, non si potrà mai risolvere definitivamente il problema.
Abbiamo l'idrografia minore. La mia cittadina, Trino, dopo 25 anni dall'alluvione del 1994, non ha ancora visto realizzare i due scolmatori che erano previsti. Sembra incredibile, ma di questi scolmatori uno solo è stato realizzato per metà, l'altro per nulla.
Penso che questa sia l'occasione non solo per celebrare un evento, ma anche per guardare al futuro, non solo al passato, e anche per realizzare per il domani.
Credo davvero che - visto che siamo in tanti questa mattina, Consiglieri di maggioranza e di opposizione, davanti alla gente che è venuta qui per commemorare quell'evento - dobbiamo prenderci un impegno affinché ciò che è accaduto non accada più. Nel periodo intercorso fra le due alluvioni, dal 1994 al 2000, nel mio paese non fu rifatto neanche l'argine; quindi la seconda volta l'alluvione fu più tremenda della prima.
Per cortesia, diamoci tutti da fare: abbiamo cinque anni di tempo. Credo che non ci siano più pregiudizi ideologici né da una parte né dall'altra: facciamo le cose che servono, creiamo le condizioni affinché la gente non debba più piangere sui lutti.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bongioanni.



BONGIOANNI Paolo

Grazie, Presidente.
Buongiorno a tutti. Un saluto a tutte le autorità civili e militari e ai rappresentanti della Protezione Civile, ai quali va un eterno grazie.
In quegli anni, io avevo 28 anni ed ero laureato da poco in scienze geologiche, quindi la materia più vicina a quel disastro metereogeologico che abbiamo vissuto, ma non ero preparato - nonostante i racconti dei docenti - a quello che mi si presentò sotto gli occhi.
Era la notte del 5, io vivevo a Mondovì con i miei genitori e continuavamo a sentire dei rumori. Erano rumori roboanti e non riuscivamo a capire da dove arrivassero, perché le notizie dai telegiornali, il 5 sera, non arrivavano ancora. Com'è stato detto, non c'erano i social network per comunicare, pertanto io, mio papà e mio fratello prendemmo l'ombrello (c'era una pioggia battente, una pioggia fitta che non smetteva) e scendemmo lungo il fiume Ellero, avvicinandoci a quel rumore. La scena che ci trovammo davanti fu spaventosa: c'erano delle onde d'acqua impressionanti, in un torrente che attraversa l'abitato di Mondovì che io vedevo da 28 anni, che portavano avanti dei massi giganteschi, dei trovanti di rocce che andavano a sbattere contro le pile del ponte; c'erano dei tronchi di albero che venivano trasportati e che si andavano ad accumulare proprio contro le pile.
Ad un certo punto, ci fu un rumore più forte, che - poi ci spiegarono - si chiama pulsazione, perché la diga che si era creata - la diga naturale, dei rami - cedette e si formò un'onda grande. Quest'onda fu poi responsabile dei disastri che ci furono più a valle, in particolare a Clavesana. E qui vengo al ricordo che voglio portare come testimonianza.
La settimana successiva all'alluvione, insieme ad alcuni amici, andammo a fare un po' di volontariato. Come ho citato prima, la Protezione Civile era nata da due anni e, all'epoca, non era ancora operativa, con la capacità straordinaria che ha oggi. Andammo in una località di Farigliano che si chiama Navetto, dove le case erano state riempite dal fango. Con l'idrovore, tiravamo fuori il fango e dal fango uscivano i pesci (ricordo barbi e cavedani, che venivano tirati fuori).
A un certo punto, vidi un uomo che scavava più degli altri, era anche dotato di una corporatura più robusta. La situazione mi interessò e chiesi chi fosse. Scoprii che era il Sindaco di Piozzo, Felice Boffa. Andai a presentarmi e gli feci i complimenti, dicendo: "Non pensavo che i Sindaci lavorassero così" (anche se poi lo hanno fatto tutti). Ho sentito parlare e di qualche Sindaco che piangeva; io ho visto dei Sindaci lavorare rimboccarsi le maniche, con gli stivali, 24 ore).
Ci fermammo un attimo a mangiare un panino e Boffa mi raccontò la storia che aveva vissuto la settimana prima. Sono qui per dirgli grazie, oggi, a distanza di 25 anni.
Il ponte che collegava l'abitato di Clavesana fu spazzato via da una di queste onde di piena. Un ragazzo, che lo stava attraversando con la macchina, fu travolto dall'acqua e riuscì a uscire dal finestrino. C'erano tanti rappresentanti, anche dei Vigili del Fuoco, ma nessuno sfidava la sorte di andarsi a buttare nell'acqua. Cosa fece Boffa, che era un impiegato dell'ENEL e aveva con sé le corde che usava per arrampicarsi sui pali? Legò una corda a un trattore, se la cinse alla vita e si tuffò nel Tanaro. Riuscì ad afferrare quel ragazzo, che aveva 18 anni e mi sembra si chiamasse Gianpiero Ballauri, e gli salvò la vita.
Sapete come finì la storia? Che anziché ringraziarlo, Felice Boffa fu accusato di omicidio colposo e disastro colposo per non aver chiuso la strada. Venne assolto dopo tre anni di battaglie legali, che sicuramente non gli fecero vivere bene quel momento. Nessuno gli disse grazie, perch aveva salvato un uomo.
Io gli dico grazie, oggi, e gli dico grazie per la lezione di vita che mi ha insegnato 25 anni fa.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ravetti.



RAVETTI Domenico

In cinque minuti, c'è giusto il tempo per fare il punto della situazione e per qualche ricordo.
Il punto della situazione è che non c'è futuro in un territorio insicuro.
La messa in sicurezza del territorio piemontese è un'idea di futuro, non una condizione del presente, e impegnare ingenti capitali per tamponare le emergenze è una costante, da troppo tempo.
Da troppo tempo lavoriamo in emergenza. È chiaro da tempo che l'Italia è un Paese a rischio di dissesto idrogeologico, per la sua conformazione idrografica e orografica. E allora cosa serve? Servono risorse - sì - per serve programmazione, soprattutto una nuova cultura. Serve rispetto per tutto ciò che insieme a noi compone il Creato. È bene dircelo in questo momento, soprattutto in questo momento.
Mi aiuto con un esempio, e cito la fonte del Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente. Lo studio è stato pubblicato da alcuni mesi all'inizio del 2019. In Italia, nel 2018, 51 chilometri quadrati sono stati sottratti al verde e consegnati al cemento (circa 14 ettari al giorno).
Cresce la cementificazione, anche se diminuisce la popolazione, e cresce anche se diminuisce l'occupazione e il PIL. In Piemonte, pro capite vengono consumati 393 metri quadrati in un anno - io vengo dalla provincia di Alessandria - e in provincia di Alessandria, in un anno, 607 metri quadrati per abitante.
E allora, iniziamo a dirci che si può e si deve fare meglio, senza catastrofismi, ma non con indifferenza o negazione o rassegnazione e nemmeno parlandone soltanto durante i convegni. Dobbiamo avere la consapevolezza di quello che sta accadendo nella nostra casa comune. Una casa che sta subendo un grande deterioramento: a volte capita, perché la natura è così; a volte capita, perché noi siamo così. Riguarda, appunto noi e le nostre azioni.
E allora, servono politiche nuove per evitare questi cambiamenti climatici servono politiche nuove per evitare la perdita della biodiversità; servono politiche differenti - è bene dirlo anche qui, in questa sala - per condividere traiettorie nuove e differenti di quella crescita economica che ha deteriorato l'ambiente e generato ineguaglianze. Spesso, in questa Terra, per gli interessi di pochi si è voluto calpestare i diritti delle moltitudini.
Chiudo con un ricordo. Io sono un uomo di fiume, abito lungo il fiume. Per cultura, conosco i sentimenti di amicizia, di gratitudine, di rabbia e di odio per il fiume. Il fiume è un contrasto continuo di vita e di morte, è irrigazione per i campi, è giornata di festa estiva, è pesca, ma è anche la violenza di un'alluvione incontenibile. Per noi, uomini di fiume, l'argine è una sottilissima e fragilissima linea di confine che solo il fiume stesso può decidere di superare e nel 1994 la linea di confine è stata superata.
Allora, scoprimmo una nuova cultura della Protezione Civile e scoprimmo il senso della solidarietà, riscoprimmo il senso della solidarietà. Ognuno di noi ha conservato delle immagini del 1994, che sono custodite nel profondo dell'anima, e odori inconfondibili che solo il fango emana quando il fiume entra nelle case.
Terrò con me per sempre quegli odori e non dimenticherò, nessuno di noi potrà mai dimenticare, il colore marrone sui volti, sui vestiti delle migliaia di volontari di ritorno dai quartieri alluvionati e il loro silenzio. Sì, il silenzio fiero di chi aveva fatto il possibile e una domanda, una domanda ricorrente, che veniva ripetuta di casa in casa, da persone mai viste prima. E la domanda era: "Qui, di cosa avete bisogno?".
"Qui, di cosa avete bisogno?" è la frase più bella che un uomo in difficoltà, non importa quale difficoltà, può sentire. Una frase che dovremmo imparare a ripetere più spesso, anche quando il fiume è calmo nel suo letto.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Ivano

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.
Io vivo nel Cuneese e il primo pensiero di oggi non può che andare alle vittime che la nostra provincia ha pagato in maniera pesantissima: quasi la metà delle vittime venivano dal Cuneese. Alcuni dei nomi letti erano di persone che io conoscevo. L'ho vissuta non in prima persona, ma molto da vicino: i genitori di mia moglie vivono nella zona che è a ridosso dello stabilimento della Ferrero, una delle zone più colpite. Ricordo il giorno dopo, quando abbiamo potuto avvicinarci. Lo scenario era apocalittico: gente che tirava fuori i mobili dalle abitazioni e la mancanza di acqua acqua che sarebbe servita per pulire. Il paradosso era proprio questo.
Si impara sempre, anche dalle lezioni più dure; io ho imparato la determinazione che ha la nostra gente nel volersi rifare e nel voler ricostruire. Credo sia noto a tutti il discorso che il compianto dottor Pietro Ferrero fece ai suoi operai nello stabilimento e credo sia anche noto che furono gli operai, senza essere chiamati o interpellati da qualcuno, a presentarsi nello stabilimento per dare una mano e cercare di capire cosa si poteva fare per ripartire. Questa è la determinazione della nostra gente. Questa è solidarietà.
Si impara sempre e credo che abbiamo avuto una lezione importante: la prevenzione. A seguito di questi episodi, furono stanziati dei fondi e i vari Amministratori della mia città - io sono albese - hanno ricostruito parte degli argini e hanno seguito i lavori.
Nel 2016 c'è stato un evento che, come quantità di acqua scesa, era simile a quello del 1994. Fortunatamente, si è verificato qualche piccolo allagamento, ma non abbiamo più assistito alla tragedia del 1994.
Prevenzione. Credo che anche in Piemonte la strada da seguire sia questa una strada tracciata con il Piano "Proteggi Italia" del primo Governo Conte. Un Piano nazionale che interviene su cinque punti cardini: l'emergenza, la prevenzione, la manutenzione, la semplificazione e il rafforzamento delle governance. Uno stanziamento di quasi 11 miliardi e, di questi, ben tre sono stati messi a disposizione, già nel 2019, per opere immediatamente cantierabili.
Penso sia giusto risarcire chi ha subito danni alla propria abitazione o alla propria attività, ma il nostro obiettivo deve essere quello di risarcire sempre meno fondi, perché i soldi li abbiamo spesi prima per mettere in sicurezza il territorio. Il 79% del nostro Paese è a rischio idrogeologico. Questo ci deve far pensare e il Piemonte non fa certo eccezione.
Per cui, sarò ripetitivo, ma le parole d'ordine devono essere: manutenzione e prevenzione, perché solo con l'avvio di progetti mirati alla conservazione dei nostri territori, solo con un'accurata collaborazione e controllo di tutti, a tutti i livelli istituzionali e solo con una maggiore consapevolezza che il consumo di suolo e la cementificazione selvaggia non sono solo delle mere battaglie ideologiche possiamo prevenire la devastazione.
Ormai questo è un problema improrogabile. Queste sono le vere grandi opere necessarie a questa Regione, a questo nostro splendido Paese.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marello.



MARELLO Maurizio

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.
Aggiungo solo qualche parola all'intervento molto puntuale del mio Capogruppo Domenico Ravetti, per ricordare tre eredità che l'alluvione del 1994 ci lascia. Sono tre eredità positive. Normalmente, in queste circostanze, anche a ragion veduta, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo sempre lamentato l'inadeguatezza degli interventi, anche da parte dello Stato, rispetto alle calamità naturali.
Il 1994 fu un punto di svolta su tre questioni.
La prima è già stata citata in parte da Gian Mario Ricciardi, quando ha fatto riferimento al sentimento dei piemontesi che ancora una volta, in quella circostanza, hanno dato prova di solidarietà, fierezza e rara laboriosità. Questa è la prima eredità.
La seconda è la cultura della Protezione Civile a cui faceva riferimento anche il Consigliere Martinetti. Ricordo che la prima sala allestita, sia pure in maniera provvisoria con il metodo Augustus (metodo di pianificazione che ancora oggi viene adottato dalla Protezione Civile), fu proprio allestita nella sala del Consiglio comunale di Alba. Lì inizi questo primo esperimento di pianificazione, in un quadro in cui quella cultura di Protezione Civile, di prevenzione e di comunicazione ancora non c'era.
La terza eredità sono le opere eseguite dopo il 1994. Credo che l'alluvione del '94 sia stata l'ultima calamità in cui il nostro Paese ha avuto la capacità di intervenire tempestivamente con risorse consistenti, sia per le opere pubbliche sia per i privati (cosa che prima di allora non era stata conosciuta, lo dico da persona che purtroppo ha subìto svariati alluvioni vivendo in prossimità di un fiume).
Quei soldi furono spesi bene. Questo è un altro elemento che ci interpella come amministratori. Da un lato, abbiamo la necessità, in questo Paese, di dare la priorità e di mettere risorse consistenti, senza le quali, eventi come quelli che sono accaduti poche settimane fa nell'Alessandrino fatalmente, alla luce anche dei cambiamenti climatici, si potrebbero ripetere. Dall'altro, dobbiamo avere la capacità, l'onestà e la competenza di spenderli bene.
Diceva prima il Consigliere Martinetti - e termino - che il 24 e il 25 novembre del 2016, senza le opere di arginatura sul Tanaro fatte dopo il 1994 (qui ho trovato anche persone dello staff della Regione di allora, che vennero sovente anche in quel di Alba), ci sarebbe stata un'alluvione analoga. Questo è vero, lo posso testimoniare in presa diretta: ero Sindaco della Città e trascorsi quella notte sul ponte Albertino, lungo le sponde del Tanaro, dove per la prima volta vennero collaudati i nuovi argini nuovi argini alti più di tre metri di quelli che c'erano nel 1994 e l'acqua arrivò a 70 cm. dalla sommità dell'argine.
Ciò significa che anche in Italia si possono fare azioni importanti e lavorare bene. La differenza la devono fare le persone, in primis gli amministratori pubblici ad ogni livello.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Do il benvenuto al Presidente Cirio.
La parola all'Assessore Icardi, che interviene in qualità di Consigliere.



ICARDI Luigi Genesio

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.
Saluto tutti i Sindaci e le autorità presenti. Voglio portare una testimonianza, del Gruppo che rappresento, ma anche come alluvionato.
Durante il filmato ho visto scorrere tutti i nomi delle vittime e un po' di commozione mi è tornata, perché tra quei nomi, per un puro caso, non c'è stato il mio e nemmeno di qualche mio familiare.
Quel sabato sera, che ricorderò tutta la vita, scappammo di casa, con 1,70 metri di acqua in casa, con l'acqua alla vita: fortunatamente, siamo riusciti a metterci in salvo tutti. Il fatto che il paese dove vivo, Santo Stefano Belbo, non abbia avuto vittime è davvero solo una casualità. La fortuna è stata che l'acqua sia arrivata in un orario in cui i negozi erano chiusi, quando tutti erano già sistemati a casa e questo ha permesso di salvare la nostra vita, ma - ripeto - è stato solo un caso.
Voglio portare la testimonianza anche di quello che ho visto il giorno dopo la devastazione: uno scenario, com'è stato descritto prima, apocalittico.
La prima persona che ho visto, proprio all'albeggiare, fu l'allora Sindaco Luigi Ceriotti - so che è in sala e lo voglio salutare - che, con gli stivali, cominciava ad andare a vedere cosa fosse successo in giro.
Voglio descrivere lo stato d'animo di chi allora aveva perso quasi tutto (l'azienda, parte della casa), la desolazione che però, nei giorni successivi, com'è stato ricordato, grazie alla solidarietà e a quella capacità di far squadra che abbiamo durante e di fronte alle tragedie, è stata superata.
Ricordo bene il lavoro di tutti (è già stato sottolineato), dei volontari,di quell'esercito di angeli che ci hanno aiutato, ma anche del nostro sistema Paese. A Santo Stefano era stato alluvionato il Centro Studi Cesare Pavese e tutti i libri e i manoscritti erano nel fango. La Guardia di Finanza e un colonnello, di cui non ricordo il nome, li presero, li lavarono e li portarono alla Clinica del libro di Roma e oggi abbiamo di nuovo quei manoscritti restaurati. Ci fu il lavoro preziosissimo dei Carabinieri che vigilarono le nostre case vuote contro agli atti vandalici e di sciacallaggio, un aiuto preziosissimo. Ci furono i Vigili del Fuoco.
Io lavoravo all'ASL ed ebbi il compito di lavorare nel Centro operativo misto e occuparmi dell'acqua. Allora, tutte le loro cisterne rifornivano l'ospedale, le case di riposo e rifornivano anche i centri che distribuivano l'acqua.
E poi, ricordo l'opera davvero insostituibile degli Alpini, che arrivarono tra i primi e furono tra gli ultimi ad andare via e che ci diedero davvero una mano incredibile. Ebbene, di fronte a queste azioni e all'azione del Governo, con il Ministro degli Interni e l'allora Presidente Berlusconi che passò in rassegna mezza regione, sapemmo fare una grande squadra.
Mi piace sempre dire che noi siamo l'Italia dei Comuni, siamo divisi su tutto e lo siamo anche in Consiglio, ma di fronte a questi eventi, di fronte a queste immani tragedie, si è visto che questo Paese sa fare squadra, si è visto che tutti insieme abbiamo sorvolato la burocrazia, ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo lavorato e il Paese è ripartito. Oggi voglio esprimere davvero, a tutti quelli che allora ci hanno dato una mano lo stato d'animo, il sentire di tutti gli alluvionati ed anche quel senso di gratitudine.
Concludo con una frase di Paolo Scuola, che scrisse il libro "Più forti dell'alluvione"; quando noi sappiamo fare squadra siamo più forti dell'alluvione, siamo più forti di qualsiasi cosa. Voglio chiudere con quello che dice lo scrittore: "Ho voluto scrivere dell'accaduto, ma anche di lasciar parlare l'energia, la forza e il coraggio che hanno spinto la tenacia e gente del Piemonte, delle colline e dei fondovalle, ad andare oltre, come e meglio di prima, con il silenzio e l'operosità tipica dei cuneesi e dei piemontesi, senza drammatizzazioni, senza lacrime da spettacolo, ma attraverso la sincerità, a volte cruda, di chi d'acqua e melma è stato profondamente segnato".
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie, per essere tutti rimasti nei tempi.
La parola al Presidente della Giunta regionale, Alberto Cirio.



CIRIO Alberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Un saluto cordiale a tutti e un ringraziamento per aver voluto rispondere positivamente al nostro invito. Di comune accordo, con il Presidente del Consiglio regionale e con tutti i Capigruppo, abbiamo ritenuto opportuno celebrare i 25 anni di questo evento così tragico, che ha colpito la nostra regione, attraverso una seduta straordinaria del Consiglio regionale invitando quella parte di Piemonte che in quel periodo, in quegli anni o meglio, in quei giorni di 25 anni fa, patì e subì direttamente i gravissimi danni di una delle tragedie, credo la più grave o tra le più gravi, che la nostra Regione ha vissuto.
Peraltro, questa celebrazione avviene in concomitanza con gli eventi alluvionali di Alessandria e della Val Formazza, dove l'evento è più circoscritto, su cui il Governo ha già dichiarato lo stato di emergenza e dove c'è una grossa frana che ha ripreso il movimento in seguito alle piogge; invece, nell'Alessandrino, nella bassa provincia di Alessandria, in particolare, ai confini con la Liguria, si è verificato l'evento alluvionale di cui attendiamo il riconoscimento dello stato di emergenza con lo stanziamento delle prime risorse, ma su cui abbiamo avuto, nella giornata di sabato, dal capo la Protezione Civile Borrelli, che è intervenuto ad Alba a un convegno per ricordare - appunto - i 25 anni dell'alluvione, abbiamo avuto garanzie di realizzazione. E noi stiamo attendendo.
Questa è una delle cose, però, che ci piacerebbe, un domani, vedere cambiare, nel senso che questi momenti sono importanti se noi - sì ricordiamo chi non c'è più, se noi - sì - ci stringiamo intorno al dolore di chi ha pagato con la vita questi eventi così improvvisi e così imprevisti, ma anche se cerchiamo di cambiare qualcosa, perché se ricordiamo soltanto chi è morto, ma non ci impegniamo per cambiare le cose non credo che faremmo bene il nostro lavoro di amministratori.
La prima cosa da cambiare sarebbe dunque che, se la Regione Piemonte ha uno stato di emergenza o una calamità naturale, possa arrivare a deciderlo da sola, a certificarselo da sola; non perché noi riterremmo qualsiasi pioggia una calamità naturale, ma perché la cosa che mi ha colpito molto è che rispetto alle piogge, unite a tempesta e grandine, che noi abbiamo avuto nel Monferrato nel mese di luglio, il sopralluogo Roma l'ha mandato la seconda settimana di settembre. Venire a vedere la seconda settimana di settembre se nel Monferrato è grandinato e se i danni ci sono stati o non ci sono stati è qualcosa di profondamente assurdo, che fa sì che su queste attestazioni io credo che una maggiore autonomia da parte la nostra Regione nel poter valutare sé stessa e i propri danni sarebbe un qualcosa che ci aiuterebbe in futuro, anche per una questione di giustizia nel riconoscimento del danno: un conto è riscontrare un danno a 48 ore, un giorno, due giorni o una settimana dall'evento, un conto è andarci due mesi dopo.
Detto questo, abbiamo ricordato questi 25 anni con un evento alluvionale nella provincia di Alessandria che è stato simile: simile nelle immagini nelle evocazioni, nelle facce, nel fango, in tante cose che abbiamo toccato con mano. Abbiamo toccato con mano alcuni elementi positivi, che chi mi ha preceduto ha già segnalato e che è bene ricordare, anche senza approfondire, visto che l'hanno già fatto altri. Il fatto che i grandi invasi abbiano tenuto e che, quindi, le opere realizzate da 25 anni a questa parte nel nostro Piemonte siano state opere opportune è un qualcosa di estremamente positivo, che ci rende tutti più sicuri e che ci fa dire che oggi abbiamo un Piemonte più sicuro.
Abbiamo però altri tipi di problemi: i problemi dei piccoli torrenti, i problemi dei rii, i problemi dell'impianto fognario delle piccole cittadine che, quando arriva la bomba d'acqua, non riesce a reggere e quindi esplode abbiamo questa tipologia di problemi diversi che sono meno impattanti, ma pericolosi e gravi ugualmente.
Ricordare chi è morto ancora, poche settimane fa, nel nostro Piemonte ci aiuta a capire che non sono solo danni economici, seppur gravi, ma sono danni alle persone. Se pensiamo alla vicenda del tassista che nella provincia di Alessandria muore travolto dal fango, mentre il suo cliente si salva, è qualcosa di struggente, perché il tassista ha cercato fino all'ultimo di salvare la macchina, che per lui era la fonte del lavoro. Il suo cliente è sceso ed è riuscito a mettersi in sicurezza, ma lui non è sceso per tempo, perché fino all'ultimo ha provato. e il fango l'ha travolto. Questo ci deve fare riflettere sul fatto che le nostre scelte possono provocare benessere o danni, ma possono anche uccidere.
Abbiamo, quindi, una responsabilità maggiore noi come Regione; ce l'hanno gli amministratori; ce l'ha tutto quel mondo di volontari che noi dobbiamo ringraziare e che è nato 25 anni fa, il mondo dalla Protezione Civile. Noi in 24 ore, abbiamo gestito l'emergenza di Alessandria con tutti i gruppi di Protezione Civile del Piemonte - escluso quello del VCO, che è rimasto in Val Formazza - e che immediatamente sono partiti per raggiungere le zone della provincia di Alessandria. Siamo stati autosufficienti. Vuol dire che nonostante alle 7 del mattino il Presidente Zaia mi telefonasse, dicendomi: "I veneti sono pronti a partire per venire in Piemonte", e nonostante Angelo Borrelli mi dicesse "La colonna nazionale mobile della Protezione Civile è pronta a partire", noi non ne abbiamo avuto bisogno. Ce l'abbiamo fatta con la straordinaria Protezione Civile piemontese, naturalmente con il supporto di tutte le forze dell'ordine, i Vigili del Fuoco in particolare - che oggi abbiamo voluto ricordare - perché il Piemonte è una terra straordinaria, perché ha della gente straordinaria. Ed io ho rivisto la dignità del popolo piemontese nelle facce di tanti alessandrini proprio nelle settimane scorse, i quali con grande coinvolgimento personale ed emotivo, perché evidentemente era un momento di grande tristezza, per spalavano la propria abitazione, la propria casa, la propria strada.
Lo dico e lo ribadisco, non per polemica, ma perché va rimarcato: se noi avessimo avuto questi fatti in altre parti d'Italia, avremmo avuto tanta gente con le braccia conserte davanti alle abitazioni che piangeva invocando l'aiuto e l'intervento dello Stato. I piemontesi si sono aggiustati da soli ed è un grande bene, ma non deve diventare un alibi per chi ci governa. Il fatto che il Piemonte sia capace ad aggiustarsi da solo non può essere l'alibi per lasciarlo solo.
Su questo oggi dobbiamo riflettere, per stare vicini ai nostri Sindaci che proprio in quei giorni dell'alluvione, sono stati eroi al pari dei volontari della Protezione Civile. Non esisteva nessun piano di evacuazione, nessun piano di sicurezza, non esisteva niente di niente: c'era solo il Sindaco. E tanti Sindaci hanno pagato, anche con mesi e mesi di problemi personali di carattere giudiziario, per scelte incolpevoli che hanno dovuto fare.
Io ho voluto ricordare il Sindaco di Alba, Enzo De Maria. Vicende che poi si sono risolte positivamente, ma che ci hanno fatto capire come la sicurezza spesso in Italia è una sicurezza di carta, cioè è uno scaricare la responsabilità dai livelli superiori ai livelli più bassi, con il problema che quando arriva al Sindaco, il Sindaco non ha più nessuno su cui scaricare. Il Sindaco se la prende tutta. E a volte era facile fare un fonogramma - si chiamavano fonogrammi, quando io ero in Comune ad Alba dicendo che c'erano i rischi, per formalmente essersi messi dalla parte della ragione e mandarlo al livello inferiore, che poi andava al livello ancora inferiore, che poi trasmetteva il fonogramma al livello ancora più inferiore, finché arrivava nelle mani del Sindaco. Questo è quello che è accaduto e quindi i nostri sindaci, che sono stati coraggiosi e hanno anche affrontato quelle scelte e quei momenti difficili, non possono più essere lasciati soli.
Nella memoria che ho lasciato al Presidente del Consiglio Conte, in visita a Torino 10-15 giorni fa, c'è proprio la richiesta che i Sindaci non vengano lasciati soli nella gestione del nostro ambiente, nella tutela del nostro ambiente. Sono temi che dobbiamo imparare ad affrontare senza pregiudizio ideologico, perché se abbiamo il pregiudizio ideologico nella tutela ambientale, noi facciamo morire le persone e facciamo scappare le aziende. Questo è un problema che abbiamo nel nostro Paese. Quindi, tutela ambientale sì, ma con il buonsenso; tutela ambientale sì, ma dando la possibilità ai nostri Sindaci di non ricevere la denuncia penale perch hanno fatto tagliare un albero nel rio che passa nel proprio Comune, perch è quello che dobbiamo fare. Qualcuno dice che semplifichiamo, ma non stiamo semplificando. I nostri nonni e bisnonni non avevano né la laurea in Ingegneria idrogeologica né in Geologia, ma facevano pulire i fiumi e li tenevano puliti, e i fiumi non avevano i problemi che abbiamo oggi.
Noi abbiamo pertanto la necessità di invocare norme più semplici. Nella richiesta che abbiamo fatto al Presidente Conte, peraltro supportata anche dal capo della Protezione Civile, c'è un vademecum che, insieme al Vicepresidente Carosso e insieme all'Assessore Gabusi e all'Assessore Protopapa, stiamo realizzando per darlo a tutti i Sindaci, perché venga scritto in modo chiaro, certo e semplice qual è la procedura che possono adottare per pulire i loro fiumi, per intervenire nelle loro realtà, anche utilizzando la nostra Protezione Civile, ma vogliamo farcelo autorizzare dal Ministero prima, di modo che non crei problemi e non sia l'ennesimo scarico di responsabilità nei confronti delle altre realtà territoriali.
Queste sono le cose che io credo dobbiamo fare, che non credo abbiano colore politico, che non credo siano di destra o di sinistra, ma credo che siano di buonsenso. Se proviamo ad introdurre, anche nella gestione dell'emergenza, del rischio e della tutela ambientale, un po' di sacrosanto buonsenso, sono convinto che la lista dei nomi che abbiamo ricordato prima in futuro potrà essere più corta e, in qualche modo, potremmo rendere il Piemonte più sicuro.
La nostra è una regione fragile, perché è una regione ricca. Le regioni che hanno tanta acqua sono regioni ricche, ma sono regioni che si confrontano con i problemi dell'eccesso piovoso e dell'eccesso di acqua. Però è una grande risorsa, è una risorsa che, nel prossimo mese di marzo, coglieremo appieno come governo regionale, presentando una norma di legge per la gestione autonoma in Piemonte di tutti i nostri grandi invasi. E quello che il Governo ci ha permesso di fare, cioè di riappropriarci della concessione e della gestione dell'acqua nel nostro Piemonte, è un'opportunità che coglieremo evidentemente al volo, perché non sarà solo una fonte di entrata per la Regione - come qualcuno la vede in maniera, credo, troppo superficiale - ma sarà anche una fonte di vita per i nostri piccoli Comuni di montagna, perché i piccoli Comuni di montagna hanno solo l'acqua. Ed è giusto che questo gli venga riconosciuto. Le nostre vallate montane hanno solo l'acqua ed è giusto che gli venga riconosciuto da chi nella pianura o la beve o la utilizza nella propria agricoltura o nella propria attività.
È una concezione di equilibrio di sviluppo in cui noi crediamo molto, sul quale, però, ci sarà bisogno dell'aiuto di tutti, indipendentemente dalle proprie appartenenze politiche, ma ispirati, credo, da sano buonsenso e amore per il Piemonte.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie. Ora la parola va agli ospiti, ringraziandoli per essere venuti a portare al Consiglio regionale la voce del territorio, per raccontare i tragici fatti di cui sono stati protagonisti e il grande lavoro per la comunità locale che hanno svolto per risolverli.
Iniziamo gli interventi e raccomando il rispetto dei tempi. Presidente, lei è stato nei tempi prestabiliti, ma anche se siamo ospiti, al Presidente della Regione era concesso sforare qualche minuto. In ogni caso, l'abbiamo recuperato grazie ai Consiglieri che sono stati molto ligi alle tempistiche prestabilite.
Comunico solo che, sfortunatamente, il Prefetto di Alessandria, Antonio Apruzzese, non è potuto intervenire, perché è rimasto sul territorio per la tragica esplosione che abbiamo ricordato all'inizio.
Lascio la parola al Sindaco del Comune di Canelli, Paolo Lanzavecchia.



LANZAVECCHIA Paolo, Sindaco Comune di Canelli

Buongiorno a tutti. Ringrazio il Consiglio Regionale del Piemonte e il Presidente Cirio per l'invito. Sono il primo dei Sindaci a parlare preliminarmente ho a cuore di rivolgere un saluto particolare all'Assessore Marco Gabusi, non solo perché è l'Assessore alla Protezione Civile, visto il tema che si sta andando a trattare, ma perché è stato per oltre vent'anni parte dell'Amministrazione del Comune di Canelli, di cui 10 di questi come Sindaco. Non ha vissuto direttamente l'alluvione come primo cittadino, perché nel 1994 quel ruolo era ricoperto da Oscar Bielli, il quale mi ha accompagnato oggi in questa giornata, ma sia Marco Gabusi che, se non erro, al momento dell'alluvione aveva 13 anni (io ne avevo 21) sia anche il sottoscritto, ricordiamo bene quell'odore di fango che è stato poc'anzi descritto, quell'odore di tempesta che si sentiva nell'aria quel vento quasi mite, quella pioggia che scendeva da qualche giorno. Si sentiva nell'aria: lo sentivo io, come lo sentivano i miei familiari.
Venendo in auto da Canelli, insieme ad Oscar Bielli, che, come detto all'epoca era Sindaco, unitamente al Vicecomandante della Polizia municipale Villare Pierangelo, mi sono fatto raccontare quei giorni da chi li aveva vissuti in prima persona.
Che cosa mi ha stupito? Mi ha stupito il fatto che, verosimilmente, se oggi ricapitasse un evento del genere - cosa che non mi auguro, ovviamente - non sarei più solo come sono stati loro a quei tempi.
Bielli, da Sindaco di Canelli, mi raccontava che capì che la situazione stava precipitando quando, attraversando il ponte di Santo Stefano Belbo nella mattina del sabato, lo trovò chiuso dai Carabinieri. Lui disse: "Da Sindaco di Canelli non so nulla", e senza perdere tempo si mise direttamente al lavoro, avvisando personalmente le scuole per la chiusura proprio in considerazione del fatto che, se a Santo Stefano Belbo chiudevano il ponte, voleva dire che a Canelli, situato a quattro chilometri più a valle, non poteva non avvertirsi effettivamente un pericolo.
Ecco, mi colpì questo aspetto. Perché ad oggi, per fortuna l'informatizzazione, la Protezione Civile, la presenza forte della Provincia e della Regione Piemonte negli eventi che possono colpire il nostro territorio, è ben più marcata di quella di allora.
Così come mi colpì il modo con cui il mio Vicecomandante ai tempi avvisò la popolazione, salvandone tanti: parliamo di eroi, parliamo di persone che hanno fatto il loro dovere! Lui aveva attraversato Canelli con la macchina avvisando con un megafono chi era ancora era nei bar, e che magari non aveva percepito quel pericolo che ci stava colpendo, di allontanarsi, di allontanarsi dagli scantinati, di uscire dalle abitazioni al piano terra proprio perché, come ahimè capitò, il Belbo stava per tracimare.
Questo ci ha insegnato tanto.
È giusto ricordare i defunti: a Canelli tre persone furono colpite dall'evento e morirono a causa di quell'episodio. Però è anche vero che a Canelli oggi mi ritrovo una sede di Protezione Civile che ai tempi non avevamo. Abbiamo una sede dei volontari dei Vigili del Fuoco. Abbiamo una cultura. Abbiamo un sistema di allarme noi del Comune. Abbiamo il ricordo.
Prima il giornalista Ricciardi parlava di memoria: bisogna ricordare perché un popolo può ritenersi civile quando ha memoria di quello che è successo. Questa memoria, che è importante, abbinata al fatto di non dimenticare e di trovare delle soluzioni, fa sì che Canelli sia sicuramente un territorio più sicuro di venticinque anni fa. Abbiamo una vasca di laminazione del Belbo, che, ahimè, non può scongiurare completamente una alluvione, ma può avvisare la popolazione; o, meglio, può evitare quell'onda d'urto che capitò quando il Belbo esondò nella notte di quel sabato 5 novembre.
Chiedo solo alla Regione, come sta facendo, e a tutti gli Assessori, di essere vicini a noi Sindaci. Vi racconto solo questo aspetto, per capire le difficoltà che vive un Sindaco.
Si diceva: "Certi Sindaci eroi si trovarono poi ad affrontare delle vicende giudiziarie". È vero, ho letto qualcosa al riguardo, me le hanno raccontate. Vorrei che non capitasse più, perché il Sindaco, ancora oggi si trova a dover prendere alcune decisioni.
Ne parlavo con il Sindaco di Santo Stefano Belbo: nell'evento che è capitato qualche settimana fa, ci ha avvisato la Prefettura - per fortuna questa allerta funziona! - dicendo: "Sindaci, vi convoco". Orbene, il Sindaco di Santo Stefano Belbo, giustamente, applicando un protocollo di allerta arancione, ha chiuso le scuole. Io a Canelli, verificata la situazione con i miei tecnici, ho ritenuto di non chiuderle. Così facendo è vero - mi sono assunto un'eventuale colpa qualora fosse capitato qualcosa: per fortuna la tecnologia me lo ha permesso, dandomi un buon grado di certezza. Ma vorrei evitare che queste scelte rimanessero sempre troppo nel limbo dei Sindaci. La tecnologia ci aiuta, però una mano in più nel prendere queste decisioni, per evitare poi di affrontare eventuali procedimenti per aver operato una scelta d'urgenza, è necessaria.
Vi ringrazio per l'attenzione.
(Applausi)



PRESIDENTE

Darei la parola a Claudio Castello, Sindaco del Comune di Chivasso (TO).



CASTELLO Claudio, Sindaco Comune di Chivasso

Buongiorno a tutti.
Grazie, signor Presidente per avermi offerto l'opportunità di essere qui a portare la testimonianza di quello che ha vissuto la città di Chivasso e tutto il Chivassese con l'alluvione del 1994.
La città e tutto il Chivassese era già in ginocchio, a distanza di un anno (accadde nel 1993, lo ricordiamo), per la chiusura dello stabilimento Lancia di Chivasso, con la perdita di 3.500 posti di lavoro.
Quel fine settimana è rimasto impresso negli occhi di tutti i chivassesi.
Tutti noi, che abbiamo vissuto quei tragici momenti, abbiamo dovuto fare i conti con un fenomeno meteorologico sicuramente non nuovo, per chi è abituato a convivere con il grande fiume, ma devastante per la sua capacità di mettere in discussione e ridimensionare drammaticamente tutte le nostre certezze, le nostre convinzioni e le nostre abitudini. Un evento che improvvisamente, ha cambiato la nostra quotidianità.
Chivasso, oltre ai numerosi danni provocati dall'esondazione dell'Orco e dal Malone, e di tutto quel fitto sistema idrografico minore che attraversa le nostre campagne, dovette subire un danno ben più importante: il crollo del ponte che univa la città con numerosi Comuni dell'Oltrepo, la collina chivassese.
Improvvisamente, quel collegamento che aveva consentito negli anni di unire Castagneto Po, San Sebastiano Po, Casalborgone, Lauriano Po, Monteu da Po Cavagnolo, Bronzolo, Verrua Savoia, San Raffaele Cimena, Gassino, e altri Comuni del Monferrato, ognuno portatore di una propria tipicità con la sua storia, le sue specialità e le sue diversità, veniva a mancare.
Banalmente, il ponte non c'era più. Il ponte era crollato e con il ponte il crollo di questa infrastruttura fisica, Chivasso, Comune capofila del Chivassese, per la prima volta dopo tanti anni, scopriva la sua complementarietà con quelle aree e quei territori che si trovavano sull'altra sponda del fiume Po. Un taglio, una ferita, un muro d'acqua che ci separava e che negli anni seguenti avrebbe inevitabilmente evidenziato le molte conseguenze negative sull'economia del territorio, sulle attività commerciali e in tutti quegli ambiti sociali che la nostra città metteva a disposizione delle comunità limitrofe, come le scuole, l'ospedale, i trasporti e le attività produttive.
In quel frangente, in mezzo all'acqua e alle macerie, la parte migliore della nostra natura umana ha avuto l'occasione per riemergere e mostrarsi con la forza della solidarietà e della disperazione. I suoi figli migliori diventarono i protagonisti dell'emergenza e della ricostruzione: i Vigili del Fuoco, le Forze dell'Ordine, i volontari della Croce Rossa, della Protezione Civile e delle associazioni di volontariato, e il personale della Pubblica Amministrazione che, in quel frangente, senza sosta, senza orari, giorni e notti, si adoperavano per salvare il salvabile e aiutare la popolazione.
Dopo le soluzioni provvisorie - ricordiamo il traghetto gestito dai militari, che già dal gennaio del 1995 trasportò le persone da una sponda all'altra del Po - il nuovo ponte, fortunatamente, fu inaugurato alle ore 11.30 del 2 maggio del 1997, e con lui la vita quotidiana tornò a quella che consideriamo la normalità.
Nel frattempo, lo sforzo della politica e delle Amministrazioni comunali che si sono susseguite, e ancora oggi la mia, hanno investito e investono per la sicurezza del territorio e dei cittadini.
Sono stati costruiti nuovi argini, realizzati canali di gronda, scogliere per fortificare le sponde dei corsi d'acqua, e sono stati messi in cantiere tante piccole e grandi opere a creare un'infrastruttura idonea e resistente a nuove inondazioni.
Ma quello che ci rimane impresso nella memoria, naturalmente, dopo gli aspetti umani che hanno caratterizzato emotivamente l'evolversi della catastrofe, sono quei 230 metri di asfalto, quel collegamento sopra le acque del Po, che hanno segnato questo momento storico della nostra vita.
Un ponte che unisce; un ponte che accomuna, che facilita e che alimenta ogni giorno la speranza di migliaia di persone che vi transitano e che vivono la loro quotidiana vita di qua e di là delle sue due sponde.
A venticinque anni dal tragico evento voglio ancora ringraziare con sincera gratitudine tutte le donne, gli uomini, le associazioni e le istituzioni che, a vario titolo, si sono prodigati per la ricostruzione.
A venticinque anni dal tragico evento vorrei che tutti ricordassero l'importanza di un ponte, nella sua eccezione fisica e metaforica; un ponte che appaga un preciso bisogno della nostra natura umana e risponde alle necessità della nostra comunità, per vivere insieme con i nostri progetti i nostri sogni e con le nostre indispensabili diversità.
Grazie ancora per questa testimonianza.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
La parola a Borasio Paolo, Assessore del Comune di Alessandria.



BORASIO Paolo, Assessore Comune di Alessandria

Buongiorno a tutti. Saluto il Presidente della Giunta regionale e tutti gli intervenuti.
Il 6 novembre 1994 era una domenica autunnale umida e piovosa ad Alessandria. Il livello dell'acqua stava salendo lentamente e in modo inesorabile; dopo tre giorni di piogge continue, toccò i 600 millimetri nel giro di 48 ore. Il fiume era ormai esondato e stava per allagare molte zone della periferia e almeno mezza città. Prima di mezzogiorno, l'acqua cominciò ad interessare il quartiere Orti con 20-30 centimetri d'acqua torbida e melma che aveva invaso vie, piazze e piani terreni delle abitazioni.
Nelle campagne ad ovest di Alessandria le persone erano state costrette a rifugiarsi sui tetti delle abitazioni. Le strette arcate del ponte ferrovia erano ostruite dai detriti trasportati dalla violenta corrente; anche la massicciata della ferrovia non resse alla pressione e collassò, colpendo la località Astuti e sommergendola.
A seguito di questa falla, anche San Michele fu travolto e, a seguire, il quartiere Orti. La situazione in città andava via via peggiorando, prima in prossimità della stazione e poi in diverse zone del centro storico e di Borgo Rovereto. Campagne allagate a perdita d'occhio, con centinaia di persone rifugiate sui tetti delle case.
Furono evacuati tre ospedali, lo stadio Moccagatta, l'intero centro storico e la chiesa di Santa Maria di Castello e fu lesionato il ponte Cittadella.
Le vittime ad Alessandra furono 14.
Ad Alessandria sono state istruite circa 20.000 pratiche di risarcimento danni ai privati ma, quello che è importante dire e che vorrei sottolineare oggi, al di là dei ricordi (ricordando le vittime che il nostro Comune ha patito e tutte le vittime del territorio piemontese), è che, dopo quell'alluvione, ci sono stati altri otto eventi alluvionali in 25 anni. A partire dall'ottobre 1996, con l'esondazione di Tanaro e Bormida, per proseguire con eventi importanti nell'ottobre 2000; quindi ancora nel 2002 con l'esondazione ripetuta dei rii minori; nel 2009 con la piena del Tanaro e l'esondazione del rio Loreto; nel 2011 con l'esondazione del Bormida in area Panorama; nel 2014 con la piena dei rii minori nella frazione di San Michele; nel 2016 con la piena di Tanaro e Bormida di poco inferiore a quella del 1994 e, ancora oggi, nei giorni scorsi, con la piena storica del Bormida: 9 metri e venti. Pochi giorni fa, in quanto Assessore alla Protezione Civile, ero sotto il ponte Bormida e il fiume era talmente alto che, se si fosse alzato di un ulteriore mezzo metro, avremmo avuto di nuovo l'alluvione ad Alessandra, con la zona di Panorama e tutta una zona della città assolutamente allagata.
È stato fatto tanto per Alessandria, e ringraziamo ovviamente tutti, ma ci sono ancora tante opere importanti che devono essere realizzate. Proprio in quei giorni è stato chiuso il ponte Bormida, a titolo precauzionale vista l'altezza di 9 metri e venti (tenete presente che il limite di guardia è di 7 metri). Quando si chiude il ponte Bormida, 15.000 abitanti di Alessandria sono lasciati a loro stessi perché, se qualcuno dovesse stare male, non ci sarebbe la possibilità di raggiungere l'ospedale, se non tramite un giro molto tortuoso, utilizzando l'autostrada e quant'altro.
Quindi, in questo momento, il Comune di Alessandria chiede alle istituzioni l'importante realizzazione di un secondo ponte sul Bormida, fondamentale per quelle problematiche che vi ho sottolineato e chiede la realizzazione se è possibile, di un intervento sul Rio Lovassina perché tutte le volte ne parlava bene prima il Presidente Cirio - che si innalzano i fiumi, a Spinetta ci sono problematiche enormi rispetto a Marengo, con l'acqua che esce dai tombini e invade strade, scuole e quant'altro. Pertanto, tanto è stato fatto, e si ringrazia, ma tanto c'è ancora da fare.
Oggi è il momento per dire che otto alluvioni non devono ripetersi.
Dobbiamo essere tutti uniti come regione per dare una mano al territorio non solo alessandrino, ma di tutta quanta la regione, per fare delle opere di investimento che, finalmente, ci tolgano da tutti questi rischi. Oggi è arrivato il momento di dire basta! Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
La parola a Carlo Vietti, Sindaco del Comune di Druento, in provincia di Torino.



VIETTI Carlo, Sindaco Comune di Druento

Grazie Presidente e grazie al Consiglio regionale per questa bella iniziativa, per ricordare i 25 anni dall'alluvione.
I ringraziamenti sono già stati fatti, ma devo dire che, come Sindaci, che rappresentiamo l'autorità locale di Protezione Civile, siamo sempre stati aiutati in particolare dalla Protezione Civile ma, soprattutto, dai Carabinieri. Mi ricordo il maresciallo Mannarelli, adesso in pensione, che in quel periodo ha operato nella zona nord-ovest ed era vicino ai Sindaci e alle amministrazioni.
Voglio anche dire che tanto si è fatto. I ringraziamenti sono stati fatti a tante persone, ma dobbiamo ringraziare chi amministrava prima la Regione: Enzo Ghigo, Mercedes Bresso, Sergio Chiamparino. Ringrazio loro per ringraziare le Giunte di vario colore politico che si sono susseguite e che hanno fatto sì che, dopo il 1994, si realizzassero grandissime opere.
Prima di quella data non si parlava di vasche di laminazione e di canali scolmatori; da allora è nata la Protezione Civile, ma è anche nata una consapevolezza, da parte degli amministratori e da parte di chi gestisce oggi la complessa macchina.
Tuttavia, è anche giusto ricordare che c'è un obbligo di programmazione. Ho sentito oggi parlare di impegni, ho sentito e condivido l'intervento dell'Assessore Rosso. Voi avete preso un impegno come Consiglieri regionali e io penso che il discorso della pulizia degli alvei, del sedime e del materiale lapideo è forse una delle problematiche principali.
Vorrei anche ricordare una persona che non c'è più, l'ex Assessore della Provincia di Torino, Luigi Rivalta, che aveva realizzato il primo sistema di pulizia del sistema idrografico minore. Come ho sentito anche prima in tanti altri interventi, il problema parte proprio tutto di lì. Noi dobbiamo pulire i nostri canali; naturalmente, occorrono dei finanziamenti perch cari Assessori e Consiglieri regionali di oggi e di ieri, senza le risorse adeguate i Sindaci non possono farcela solo con i propri bilanci. E poi ci sono anche quelle normative di cui ha parlato il Sindaco di Chivasso.
Ricordo che il rifacimento di un ponte porta benessere e porta sicuramente altre cose. Quindi noi aspettiamo che ci sia una legge che permetta interventi appropriati. A volte possiamo anche intervenire con i nostri propri mezzi, grazie ai volontari della Protezione Civile e a un sistema che oggi è sicuramente migliore. Porto anche una testimonianza concreta: domani, il Ponte Verde d'ingresso del Parco de La Mandria, grazie ai Vigili del Fuoco, verrà pulito da tutto il materiale legnoso che gravita sulle arcate.
Lancio però un grido di allarme: non sempre i soldi che arrivano vengono spesi. Mi rivolgo all'Assessore regionale oggi in carica e al Presidente: sono arrivati cinque milioni di euro per il ponte Cavallo di Venaria - io non sono il Sindaco di Venaria - che sono lì da spendere. Mi risulta che non vengono spesi perché chi lo realizza? Il Consorzio de La Venaria Reale? Il Comune? La Città metropolitana? C'è un rimpallo di competenze. Lancio questo grido d'allarme - che spero venga raccolto da chi di dovere - perch quel ponte fa tappo sul torrente. Ho fatto questo esempio per dire che noi dobbiamo avere un sistema integrato, un sistema in cui i Sindaci - noi siamo quelli che i cittadini conoscono direttamente perché vengono da noi con le loro lamentele - devono essere aiutati.
Ho sentito oggi delle bellissime parole, anche dei ricordi commoventi e struggenti di persone che non ci sono più. Siamo orgogliosi della nostra piemontesità. Siamo orgogliosi perché ci tiriamo su come lo fanno i veneti e tante popolazioni del Meridione, ma noi dobbiamo avere un sistema e anche un aiuto da parte dei funzionari. E' vero: i funzionari sono bravi ma qualche volta, queste autorizzazioni impiegano molto tempo ad arrivare nei Comuni (potrei fare altri esempi), a causa della macchina regionale, delle altre autorizzazioni, dei Prefetti, ecc. Ci sono tantissimi problemi, per cui occorre un po' di quel buonsenso del padre di famiglia che richiamava il Presidente Cirio.
Una volta c'era, perché una volta si pulivano i fiumi, si costruivano le strade in maniera adeguata; oggi (lo sappiamo tutti), se mettiamo un po' più materiale, bisogna sovrastimarlo e non c'è nessuno che lo compra quindi rimane lì. Richiamo quello che affermava prima il Sindaco, rispetto ad alcuni torrenti in cui ci sono praticamente degli argini naturali: bisogna intervenire, con il controllo. Certo, una volta si è esagerato con le cave nei fiumi, però oggi c'è la possibilità di intervenire con il buonsenso. È vero, il buonsenso parte dallo Stato, ma anche dai funzionari della Regione Piemonte. Questo è un grido che voglio fare e sono anche pronto a venire a documentare, come penso tanti colleghi presenti.
Pertanto, Presidente Allasia, è bene che ci sia questa sensibilizzazione perché vuol dire tenere alto il livello di guardia. Ricordare è una bella cosa, ma noi dobbiamo essere pronti ad attivarci. La Protezione Civile è nata in Piemonte, ma la programmazione deve essere costante e i Sindaci devono poter decidere sul proprio territorio quali sono gli interventi da fare, senza dover aspettare altre autorizzazioni sovracomunali.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie. Sicuramente, nella concitazione del suo intervento non l'ha fatto quindi lo ricordo io: nel 2010-2014 anche il Presidente Roberto Cota Presidente del Consiglio regionale. Ricordiamo ogni tanto anche i Presidenti dei Consigli regionali.
La parola a Simone Gallo, Sindaco del Comune di Feisoglio (CN).



GALLO Simone, Sindaco Comune di Feisoglio

Buongiorno a tutti; saluto il Presidente e il Consiglio.
È per me un onore, oggi, rappresentare il mio Comune nel ricordare le nostre vittime (Vero Angela e Camera Dionisio), deceduti nel crollo della loro stalla in Borgata Sprella, la sera del 4 novembre 1994. Ritrovati poi, insieme al figlio Lorenzo, dal padre del mio predecessore. Lorenzo è sopravvissuto ed è stato elitrasportato al pronto soccorso di Alba.
Ci tenevo a prendere la parola per fare i dovuti ringraziamenti a quanti si sono prodigati, in quei giorni, per limitare i danni, prestare e coordinare i primi soccorsi. In primis, il feisogliese che più si è distinto in quel tragico frangente: il ragioniere capo Giuliano Quazzo (unico dipendente comunale), che si è trovato a gestire l'emergenza in un paese commissariato; l'ex commissario straordinario, Bruno Tancredi di Clarafond all'epoca Viceprefetto poi divenuto Prefetto a Cremona; i Vigili del Fuoco di Ferrara; i finanzieri della Compagnia di Mondovì; un cittadino saluzzese a cui non siamo riusciti a risalire, impiegato presso la Miroglio di Alba che non esitò a giungere in paese con la propria terna, avvisato dai suoi colleghi nostri concittadini, per contribuire in maniera del tutto spontanea e gratuita alla rimozione delle frane; il Comune e i Vigili urbani di Corsico, comune dell'hinterland milanese, che, oltre a contribuire con il proprio personale, donò a Feisoglio la Panda che per molti anni a venire fu l'unico automezzo comunale. Per ultimo, ma non meno importante, il Plotone del 6° Reggimento Alpini di stanza a Brunico, in Alto Adige, che giunse in paese dopo 18 ore di ACM, come mi fu poi raccontato dal Sottotenente - all'epoca - Daniele Caron, che conobbi, poi da Capitano, dopo essermi arruolato, nel 2009.
Fu una grande emozione per entrambi scoprire che fra quei bambini che i suoi uomini portavano all'asilo a Cravanzana - il paese a fianco - con la campagnola, c'ero anch'io, suo futuro soldato. Questo è un bel aneddoto che ci tenevo a raccontare.
Volevo concludere, dando ragione al Consigliere Rosso riguardo al fatto che molto è rimasto da fare. Noi abbiamo fermo, dall'epoca, un progetto presentato più volte al ReNDiS, che prevedeva cinque lotti, di cui solo due hanno interessato il riconsolidamento del versante sotto la chiesa e il cimitero. Nel mezzo, i 900 metri del versante sono ancora a rischio.
In quel versante, ha luogo il monumento agli alpini, che scende verso il basso di tre centimetri all'anno. Non vorrei assistere al suo rotolamento verso il Belbo.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola a Luigi Gallareto, Sindaco del Comune di Monastero Bormida.



GALLARETO Luigi, Sindaco Comune di Monastero Bormida

Grazie.
Io porto la testimonianza di tutto il territorio dalla Valle Bormida, in particolare della Valle Bormida astigiana, che è stata duramente colpita dall'alluvione del '94 e, poi, anche da quelle del 2000 e 2016.
La Valle Bormida ha, in più, a monte, altre problematiche che si sono sommate a quella dell'alluvione. L'odore dell'alluvione che ricordava il Consigliere Ravetti, anche lui abitante dalla Val Bormida (un po' più a valle, nell'Alessandrino), in Valle Bormida era un po' più forte, perché in Valle Bormida c'era anche l'odore degli scarichi dei percolati dell'ACNA di Cengio che in quel periodo erano stati sganciati in grande quantità nel nostro fiume (l'alluvione è stata per l'ACNA di Cengio un alibi per ripulire molto che non era stato fatto e ripulito prima). Quella è una problematica ancora oggi aperta e io sollecito tutti i Consiglieri regionali a tenerla presente, perché il tema di quel sito, il tema del risarcimento per la Valle Bormida, è una tematica molto complessa.
Non voglio andare fuori tema, ma non è un uscire dal seminato: è un trattare del fiume nella sua complessità e nel suo rapporto con il nostro territorio. Un fiume che, per noi, è stato per decenni estraneo alla nostra comunità, perché era marrone, perché non c'erano i pesci, perché non si poteva utilizzare in nessun modo. Oggi, fortunatamente, anche grazie all'azione di tanti, di tutti (della gente, delle Istituzioni), è tornato ad essere, pur con le sue problematiche, un fiume vivo e vivibile.
Questa è la testimonianza del fatto che dalle problematiche ambientali siano esse causate dall'inquinamento siano esse causate dalle vicende idrogeologiche, si può uscire. Si può uscire con gli interventi importanti e in conto capitale, che necessitano di una programmazione regionale e nazionale, ma si può uscire anche con la determinazione del territorio, che sempre c'è stata nelle nostre valli. E anche con i simboli. Uno dei simboli è il ponte del mio paese: il ponte romanico di Monastero Bormida, costruito dai monaci benedettini nel 1200, è stato l'unico ponte dalla Valle Bormida astigiana a non essere portato via dall'onda di piena del '94. Rovinato necessitante di restauri, ma l'unico ponte rimasto in piedi dopo 800 anni.
Questo, qualcosa ci dovrebbe far pensare, in merito.
E allora, visto che oggi, giustamente, quest'incontro fa sì che ci ricordiamo di quegli eventi, fa anche sì che squaderniamo di fronte a tutti noi le problematiche esistenti, oggi dobbiamo anche impegnarci per un qualche risultato o azione positiva, ciascuno per quello che può fare. Non basta dire: "Dovete pensarci voi. Dateci i soldi.": dobbiamo anche pensarci noi. E noi a cosa possiamo pensare? Noi possiamo pensare alle difficoltà della quotidiana gestione ordinaria dei nostri corsi d'acqua principali e, soprattutto, minori.
È stato detto in molti modi, oggi, quindi non lo ripeto, ma ricordo che purtroppo noi Sindaci abbiamo le mani legate su questioni banali semplici, che potrebbero garantire un risparmio ed anche un'ottimizzazione della gestione del territorio.
Pertanto, lancio una proposta, perché non bisogna soltanto elencare le magagne, ma occorre anche cercare, ogni tanto, di dire: "Proverei a fare questo". Proverei a chiedere alla Regione Piemonte di aiutarci per un progetto sperimentale, magari incominciando nel tratto dalla Valle Bormida astigiana, che è di ridotte dimensioni e quindi può essere facilmente gestibile, sulla manutenzione ordinaria, coinvolgendo le piccole imprese artigiane del nostro territorio, perché noi non abbiamo la multinazionale della cava, ma abbiamo l'impresa artigiana che ha un dipendente o due, uno scavatore, pochi mezzi. Questa gente, che vive sul nostro territorio e quindi è partecipe, è quella che nei giorni dell'alluvione del '94, senza che nessuno la richiamasse, ha messo a disposizione la pala, la terna, la trincia o quello che serviva per pulire.
Queste imprese, coinvolte adeguatamente in una sorta di suddivisione dell'asta fluviale (tre chilometri uno, tre chilometri l'altro, tre chilometri l'altro ancora, con il coordinamento puntuale e attento, non solo dei Sindaci, perché i Sindaci sono bravi e hanno tanta volontà, ma non sono dei tecnici, ma del Genio Civile, della Regione Piemonte e di chi vogliamo), si assumano il compito della gestione e della manutenzione ordinaria, in cambio di un calmierato, puntualissimo, regolamentatissimo e attentissimo prelievo di materiale. Il materiale dei nostri corsi d'acqua non va depredato, ma va regolamentato, ovviamente, nei corsi d'acqua minori, più piccoli, con il coinvolgimento delle realtà locali, non solo amministrative, ma anche imprenditoriali, perché è un elemento importante.
Questa gente ci metterebbe la faccia perché vive lì, sono quelli che facciamo lavorare quotidianamente.
Mi ricordo che quando nelle nostre valli, nella Val Bormida di Spigno c'erano tutte le stazioni ferroviarie presidiate, c'era un concorso per i capistazione che dovevano abbellire la stazione; tra questi, qualcuno addirittura ci metteva del proprio.
Dobbiamo ritornare a quello, a solleticare l'orgoglio delle piccole ditte locali, l'orgoglio di quelli che, senza ovviamente perderci in modo evidente, non aspirano necessariamente guadagnare tanto in quel momento perché quei quattro chilometri del Bormida sono emotivamente i loro; così come sono emotivamente i nostri.
Con un sistema del genere, se ce lo lasciate preparare e provare (proviamone uno, tanto peggio di così non è possibile andare.), senz'altro ci sarebbe un risparmio economico, un'attenzione sul territorio e un utilizzo delle nostre risorse più grandi per fare altri interventi, quelli sì, strutturali e importanti.
Non dobbiamo dimenticare - e concludo - che noi, quando siamo passionali per il nostro territorio, tendiamo a confondere la semplificazione con la deregolazione. Non dobbiamo deregolare: dobbiamo regolamentare con il buonsenso. Con il buonsenso! Ecco un esempio in cui il buon senso non ha funzionato: un giorno in cui abbiamo tentato, dopo anni, di togliere un banco di sabbia sotto quel famoso ponte romanico del mio paese, dopo tante sollecitazioni della Prefettura, siamo riusciti a farlo obbligati a vendere del fango classificato come materiale di pregio, a una ditta che per piacere l'ha comprato. Abbiamo dovuto però aspettare sei mesi - sei mesi! - perché la Commissione della Provincia aveva valutato che era il periodo riproduttivo dei pesci. Ecco, casi come questo non devono più succedere. Massimo rispetto, per carità, però il buonsenso, unito al coinvolgimento del territorio, deve essere la guida che ci porta avanti in queste attività.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Chiedo il rispetto dei tempi per tutti.
La parola al Sindaco del Comune di Narzole, Federico Gregorio.



GREGORIO Federico, Sindaco Comune di Narzole

Grazie, Presidente Allasia, per aver convocato questo Consiglio regionale aperto; per la sensibilità nel ricordo dei 25 anni della grande alluvione del 1994 e per la maggior sensibilità nell'aver coinvolto i Sindaci.
Proprio ai Sindaci vorrei dedicare il mio intervento, così come è già stato fatto da chi mi ha preceduto; ai Sindaci di oggi, ma soprattutto ai Sindaci di allora, vero baluardo a difesa del territorio, il primo baluardo a difesa del territorio. Lo faccio con coscienza di causa e senza retorica per il semplice motivo che, 25 anni fa, il Sindaco di Narzole era mio padre, Ugo Gregorio.
Pochi giorni fa, con mio padre abbiamo commemorato una delle vittime dell'alluvione, ricordata anche dal giornalista Ricciardi. Per noi di Narzole, questa vittima è un eroe perché, vedendo una persona in difficoltà, che stava annaspando con il proprio mezzo, non si fece nessuna remora nell'andarlo a trainare via con il proprio trattore. Lo agganciò, ma la fortuna che ebbe il salvato non fu la stessa che ebbe Livio Taricco perché perì in quel momento. Lasciò un bimbo di tre anni e una moglie.
Narzole a lui ha dedicato ovviamente una via; il gruppo di Protezione Civile porta il suo nome, ma sappiamo benissimo che un cippo o una intitolazione non potranno mai restituire una persona.
Rifacendomi alle parole di chi mi ha preceduto, anche nelle grandi tragedie, i Sindaci di allora furono, loro malgrado, protagonisti, ma furono anche artefici della ricostruzione. Ancora una volta il nostro territorio fu ricostruito e possiamo dire forse che allora, nel 1994, il Governo prese una decisione importante. Cambiò un po' la storia degli interventi di riqualificazione dei territori perché, per la prima volta, la ricostruzione dei territori fu affidata ai Sindaci, anziché alle Prefetture. Si decise, dopo cinque giorni di Camera di Consiglio del Governo, di affidare ai Sindaci la ricostruzione dei territori. Forse fu il primo atto vero di federalismo che si compì in Italia. I risultati parlando delle terre delle Langhe del Piemonte, sono noti a tutti.
Questa è la positività e arriva da un territorio che ancora una volta è stato messo a dura prova. Quel territorio, lo sanno bene il Vicepresidente Fabio Carosso, che saluto, e il Presidente Cirio, nominato da Fenoglio e da Pavese come terra della malora, che nel dopoguerra compì un miracolo economico, diventando oggi territorio d'eccellenza in campo industriale enogastronomico, ancora una volta fu colpito. Nell'essere colpito, nel dramma, non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare i lutti. 29 furono le vittime nella provincia di Cuneo, ma nel giro di 24 ore, come già è stato detto e lo ribadisco, operai, persone comuni (definiti con il tempo "gli angeli del fango"), senza nessun precetto, ma di spontanea volontà ricostruirono e spalarono un territorio.
L'azienda Ferrero, simbolo dell'eccellenza nazionale, ne fu un esempio.
Anche qui non ci fu nessun precetto: tutti gli operai si misero in discussione e nel giro di venti giorni le linee tornarono ad essere operative. Fu un segnale di stimolo, di rinascita. Una fenice. Questa fenice, che risorge dal territorio del Cuneese, a distanza di pochi anni fu messa alla prova, per quella grande macchina operativa che è la Protezione Civile della Provincia di Cuneo (oggi vedo tante divise; ho visto prima il Comandante Salsotto).
Vedete, ho avuto una grande opportunità nel corso della mia vita: sono stato per tre anni Assessore provinciale alla Protezione Civile di Cuneo e proprio nel 2008, durante il mio mandato, ci fu un'altra grande alluvione di cui si parlò poco. Se ne parlò poco perché, fortunatamente, non ci furono vittime. Ci furono danni strutturali molto pesanti nella Valle Po e nella Valle Varaita (ricorderanno bene i Consiglieri). Non ci furono vittime, e non a caso, perché la macchina della Protezione Civile, a livello istituzionale e a livello del volontariato, funzionò perfettamente.
Nulla fu lasciato al caso.
La lezione del '94 fu appresa, e in allora il Sottosegretario Bertolaso per ben due volte venne in Provincia di Cuneo, non solo per sincerarsi di cosa stava succedendo, ma anche per cercare di capire il modello Cuneo, che poi fu anche esportato a livello nazionale, perché la macchina funzionò bene.
Per cui, oltre a ringraziare i Sindaci di allora, di 25 anni fa, che furono messi a dura prova, devo ringraziare i tanti volontari che in questi venticinque anni hanno fatto corsi di formazione. Con loro ho condiviso momenti fantastici. Vedo qui tante divise: è grazie a voi, e non al caso se nel 2008 non ci furono vittime, perché i ponti furono presidiati e le allerte funzionarono. Oggi la tecnologia ci permette un preavviso non indifferente nelle tempistiche, ma dobbiamo sempre essere guardinghi perché l'imprevisto, e lo vediamo in questi giorni, soprattutto nelle nottate, è sempre in agguato.
Concludo, facendo un appello che so che non andrà vano, proprio per le parole che ho sentito prima dal Consigliere Rosso e dai Consiglieri che sono intervenuti, e soprattutto dal Presidente Cirio e dal Vicepresidente Carosso che, oltre alla sensibilità della materia, hanno vissuto sulla propria pelle il dramma dell'alluvione nel '94. So che l'appello non andrà vano e vi ringrazio, a nome personale e dei Sindaci del territorio, per quello che farete, perché sono sicuro che tutelerete i Sindaci, baluardi del territorio.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Sindaco del Comune di Santo Stefano Belbo, Laura Maria Cristina Capra.



CAPRA Laura Maria Cristina, Sindaco Comune di Santo Stefano Belbo

Grazie, Presidente e buongiorno a tutti.
Ho ritenuto doveroso essere presente a questa seduta per poter ricordare quell'alluvione che nel 1994 colpì duramente il nostro Comune, come ha ricordato poco fa l'Assessore Luigi Icardi, e sono qui presente anche con il Sindaco di allora, il dottor Luigi Ceriotti, che in prima linea ha vissuto quel tragico evento.
La nostra presenza oggi qui è giustificata anche da uno scopo: vogliamo far sentire al Consiglio regionale e sottoporre all'attenzione di tutte le autorità competenti la necessità di poter autorizzare i Comuni ad eseguire quelle opere, quegli interventi di ripristino della normale officiosità idraulica dell'alveo del nostro Torrente Belbo, di poter eseguire quegli interventi di asporto dei sedimenti, di quel materiale litoide che evidentemente è in eccesso.
Nel corso degli ultimi anni, la nostra Amministrazione più volte ha chiesto l'intervento delle autorità competenti; abbiamo 50 mila metri cubi di sedimento da spostare, ma purtroppo non ci è stato reso possibile e quindi a volte, bastano anche quei temporali estivi a far sentire la paura e temere l'esondazione nel centro abitato del torrente Belbo.
Oggi, che siamo qui a richiamare alla memoria quei fatti di 25 anni fa vogliamo chiedere di poter operare preventivamente, per far sì che quei fatti non abbiano più a ripetersi.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
La parola il Sindaco del Comune di Tavagnasco, Giovanni Franchino.



FRANCHINO Giovanni, Sindaco Comune di Tavagnasco

Grazie a tutti; grazie, Presidente; grazie al Consiglio.
Tavagnasco è un piccolo comune che nel 1994 fu tra i pochi del Canavese ad essere interessato dall'alluvione, a causa di un torrente che, con una frana partita da 2000 metri, corse lungo tutto l'alveo, per poi "intapparsi" prima di una cascata; quel tappo durò una mezz'oretta dopodiché esplose e l'acqua arrivò in piazza, allagando un'azienda zootecnica, con oltre 200 capi, che furono salvati tutti, compresi gli allevatori. Devo dire, che ho un ricordo netto, perché fui tra i soccorritori del bestiame, dei vitelli e delle mucche, che furono messi nelle stalle del paese, perché tutti si resero disponibili. Di alluvioni ne avevo già viste l'anno precedente, quella del 1993, perché Tavagnasco è noto per essere un paese sovente alluvionato dalla Dora Baltea, ma soprattutto perché è alle pendici di un monte, con quattro torrenti sempre molto pericolosi.
Da quel giorno, ho notato nel mio paese, grazie all'allora Sindaco Eligio Morello, una diversa - non saprei come definirla - consapevolezza. E proprio da quel giorno partirono i lavori, ultimati 4 anni fa, con la realizzazione di un'ulteriore griglia di contenimento; adesso, possiamo dire di essere un po' più sicuri, anche dal punto di vista della Dora Baltea, sempre molto pericolosa. Tra l'altro, Tavagnasco annovera oltre 40 alluvioni negli ultimi quattro secoli, quindi sappiamo bene cosa vuol dire ma diciamo che Tavagnasco è come tutto il Piemonte: i 1.200 comuni del Piemonte sono lì a testimoniare che non siamo in tanti come Comuni solo perché abbiamo voluto ognuno il nostro campanile, ma perché chi nella storia ha predisposto questa geografia per suddividere il territorio è perché ha voluto che ognuno di noi se ne occupasse per il suo pezzettino.
Non a caso quasi tutti i Comuni del Piemonte sono posti a distanze regolari, proprio perché il territorio doveva essere monitorato e gestito.
Ed è una cosa che facciamo ancora adesso: lo facciamo nei piccoli comuni montani, lo facciamo in collina, lo facciamo in pianura e con l'aiuto di tutti.
Devo ringraziare tutte le Giunte, tutti i Presidenti della nostra Regione perché hanno veramente dato grande impegno a cosa rappresentavano: il territorio, in tutte le sue fasce, dalla ruvida montagna, alla dolce pianura, passando per le colline.
Chiudo con questo: ci saranno altri eventi, ci saranno altre alluvioni in tutta la nostra regione, nel Canavese, nella stessa Tavagnasco, ma sapere che al nostro fianco c'è un popolo che ha fatto l'Italia e che si crede europeo è di grande conforto.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Sindaco del Comune di Varallo Sesia, Eraldo Botta.



BOTTA Eraldo, Sindaco Comune di Varallo Sesia

Buongiorno a tutti. Grazie per questo invito.
Nella mia veste di Sindaco di Varallo posso subito dire che tutto è rimasto fermamente impresso nella mia memoria e in quella dei miei concittadini.
Gli anni non contano: ne sono trascorsi 25 da quella maledetta notte tra il 5 e il 6 novembre del 1994.
Il risveglio quella domenica mattina per gli uomini e le donne di Varallo fu terrificante: nella notte, intorno all'una, la pioggia che cadeva incessante da giorni aveva provocato una frana di fango e sassi che staccandosi dalla base della strada carrozzabile per il Sacro Monte, aveva travolto tre case in via Oberdan, portando con sé 14 vittime. Oltre ai morti, ci furono numerosi sfollati, che dovettero abbandonare per qualche mese le proprie abitazioni.
Furono attimi, giorni e poi mesi difficili. Prima, la presa di coscienza dell'accaduto; poi l'operazione di ricerca dei superstiti e poi, purtroppo il recupero delle povere vittime con l'aiuto di Vigili del Fuoco, Soccorso alpino, Carabinieri, Uffici comunali e tanti volontari. Seguì un lungo periodo dedicato al lavoro per ripristinare i luoghi teatro della frana e per mettere in sicurezza tutto il fronte della montagna che li sovrastava.
Difficile dimenticare, impossibile cancellare il ricordo di quanto vissuto: momenti densi di tristezza, intrisi dell'odore acro di fango, di sangue che, per giorni, aleggiò nell'aria.
Una tragedia che fu una lezione per ragionare con maggiore attenzione sull'assetto idrogeologico, sulla sua cura, a garanzia della sicurezza dei cittadini che, in veste di amministratori, siamo chiamati a tutelare. Oggi serve un atto d'amore. Tutti noi, attorno alle nostre case, siamo sentinelle del territorio, dobbiamo essere portavoce attivi. Personalmente faccio e continuerò a fare ordinanze per tagliare le piante nei fiumi perché sono sicuro che sia la strada giusta.
Dico grazie a tutti i volontari della Protezione Civile e chiedo maggiore impegno al Governo per dare strumenti operativi ai Sindaci, senza ingessarci con continue e inutili pastoie burocratiche.
Viva il Piemonte! Viva i cittadini del Piemonte! Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie, anche per essere rimasto nei tempi La parola al Vicesindaco dalla Città Metropolitana, Marco Marocco.



MAROCCO Marco, Vicesindaco Città metropolitana di Torino

Grazie, Presidente e ringrazio i gentili colleghi e le autorità presenti.
L'alluvione del 1994 non risparmiò la provincia di Torino e, in particolare, l'Eporediese e il Canavese, già duramente provati dall'alluvione dell'autunno precedente. Certamente colpì il territorio in modo meno devastante di quanto accadde nelle altre province della Regione Piemonte, ma fu comunque un evento che fece emergere una grandissima criticità. Più che i fiumi, anche se il Po superò i 5 metri ed esondò al Borgo Medievale e a Madonna del Pilone e la Dora Baltea uscì dagli argini tra Saluggia e Verolengo sormontando l'autostrada, fu soprattutto il reticolo idrografico minore e le numerose frane a creare la maggior parte dei danni. Il territorio della Città metropolitana di Torino, per la sua conformazione, presenta oggi le stesse identiche criticità di allora, anche se molti lavori, a cominciare dal nodo idraulico di Ivrea, contribuiscono a mitigare il rischio.
Venticinque anni non sono passati invano. Occorre ricordare che tutto il sistema che oggi consente di far fronte alle emergenze idrogeologiche era allora, a malapena, in embrione. Le azioni di prevenzione principali sono state rivolte alla pianificazione di Protezione Civile, con il supporto dei Comuni, nella redazione del proprio Piano di Protezione Civile; alla formazione, con vari edizioni di corsi di aggiornamento per tecnici ed amministratori pubblici. La Provincia di Torino è stata tra i primi Enti ad occuparsi di comunicazioni in emergenza in Piemonte. Da oltre 15 anni, il nostro Ente ha collaborato per la realizzazione di un'unità mobile di collegamento, di comunicazione, un eurocargo appositamente attrezzato per le comunicazioni in emergenza e per supportare i Comuni in caso di black out dei loro uffici o di inagibilità, come ad esempio è successo durante i terremoti in Abruzzo nel 2009, in Emilia del 2012 e in centro Italia nel 2016. Anche durante le recenti alluvioni, l'unità mobile si è rivelata molto utile per il supporto ai Comuni, come a Bussoleno nel 2018. Inoltre negli ultimi 5 anni, la Città metropolitana si è dotata di droni, che consentono un'ispezione in quei posti dove non è possibile effettuarla a piedi.
La Protezione Civile ha subito una forte contrazione dei finanziamenti regionali in questi ultimi 10 anni. Per fronteggiare quindi le varie attività essenziali di previsione e prevenzione, l'allora Provincia di Torino e oggi la Città Metropolitana hanno partecipato ai bandi di finanziamento europei, come ALCOTRA, per l'approvazione di 7 progetti europei.
Ho sentito le varie propositività degli amministratori pubblici, degli amministratori locali, dei sindaci, delle autorità di Protezione Civile.
Vanno bene le propositività, ma è importante anche guardare quello che è stato realizzato in questi anni; quello che oggi non sta funzionando nel modo corretto, quindi, migliorare anche quello che non funziona. Abbiamo un database importante, abbiamo ReNDiS e questo database deve essere aggiornato, perché consente poi alle autorità di poter prendere delle decisioni. Abbiamo dei sistemi che devono essere utilizzati, migliorati e potenziati. Mi riferisco ad ARPA e ad AIPO, che devono avere uomini e professionalità per poter intervenire sui territori e dare supporto ai Comuni.
Concludo, ricordando il senso di responsabilità che da sempre ha accompagnato l'opera della Protezione Civile e poi della Città Metropolitana, in tutte le sue declinazioni: dalla strutturazione della Protezione Civile alle opere di ricostruzione e al sostegno dei Comuni nella loro progettazione. Ci sentiamo orgogliosamente parte di questa grande comunità.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie. La parola, in rappresentanza di UNCEM Piemonte, a Marco Bussone.



BUSSONE Marco, Rappresentante UNCEM Piemonte

Grazie, Presidente. Io ero molto piccolo quando c'è stata l'alluvione del 1994, ma ho alcuni ricordi di immagini viste in televisione e vorrei partire da quello che ci ha lasciato quella tragedia. La prima: la strutturazione della Protezione Civile e di un sistema di Protezione Civile che - è vero - è nato con il Vermicino, in Italia, che ha avuto però uno sviluppo fondamentale dopo quella tragedia del Piemonte. In quegli anni, vi è stato un primo embrione di costruzione dei fondi ATO, dei servizi ecosistemici ambientali che permettono ogni anno di investire nei territori montani 20 milioni di euro, mezzo miliardo investito dal 1997 (legge n. 13) ad oggi per fare interventi di prevenzione nei territori montani.
Abbiamo sperimentato quanto è importante e quanto è stato importante in Piemonte e in tutte le altre Regioni un sistema di previsioni meteo avanzatissimo - e guardo l'ing. Coccolo che interverrà, che con Giampaolo Brizio avevano costruito quel sistema, che è diventato un modello per l'intera Italia. Poi abbiamo capito che quegli eventi, com'è stato già detto da molti sindaci, si possono ripetere e si ripeteranno e dobbiamo approntare strumenti di prevenzione.
Cosa può fare la politica oggi? Mi sento di suggerire, signor Presidente alcune cose che le istituzioni devono fare. Intanto, efficientare la seconda fase dell'emergenza; abbiamo un sistema di Protezione Civile che nella prima fase dell'emergenza, funziona benissimo e dà ottimi risultati ma la seconda fase dell'emergenza è ancora da efficientare, come prescrive il nuovo Codice della Protezione Civile. Abbiamo da scrivere in Italia una nuova legge sulle emergenze che, di fatto, non abbiamo: non esiste in Italia una legge sulle emergenze che le Regioni possano recepire e avere come cornice delle politiche. E poi, attuare pienamente il Codice della Protezione Civile, che è moderno ed è fra i più evoluti in Europa, perch il nostro sistema è tra i più evoluti in Europa e nel mondo e ci viene copiato per la sua efficienza e capacità e che vede nel volontariato organizzato; mi permetto di citare il Corpo antincendi boschivi come particolare strumento ed opportunità che hanno i territori.
Abbiamo da attuare questo Codice con dei Piani di Protezione Civile che siano sempre più sovracomunali e sovrapponibili ai Piani regolatori comunali, sovrapponibili ai Piani di gestione forestale. Non sempre è così.
I Piani di Protezione Civile oggi finiscono nei cassetti dei Comuni e vengono letti dai Sindaci e da pochissimi cittadini. I Piani di Protezione Civile devono essere navigabili, georeferenziati e conosciuti da tutti.
Questa è la grande sfida che abbiamo di fronte e che diremo domani anche con l'Assessore Gabusi al Presidente Conte nella Conferenza nazionale delle Autorità di Protezione Civile.
Dobbiamo rilanciare un sistema di informazioni sui cellulari, come ha previsto il Dipartimento nazionale, con un cell broadcast che funzioni per tutti quelli che si trovano in zone colpite da emergenze, che sia efficace e non lasciato solo in mano ai Sindaci. I Sindaci l'hanno detto: hanno bisogno di una nuova capacità di azione, ma soprattutto di essere sgravati da una serie di responsabilità oggettive che, ad esempio, hanno portato per gravi emergenze ambientali alcuni amministratori - cito la Sindaca di Genova, Marta Vincenzi, il Sindaco di Livorno, il Sindaco di Civita - ad essere condannati per non aver adempiuto, secondo la norma, ad alcune necessità. Noi dobbiamo evitare che i Sindaci e gli amministratori locali siano condannabili per non aver ottenuto determinati obiettivi ed adempienze rispetto ai loro cittadini. Dobbiamo modificare quella norma sulla responsabilità oggettiva, per evitare che l'amministratore locale e il Sindaco, nel caso di emergenze e calamità, sia l'ultimo baluardo, ma anche il parafulmine di tutte le problematiche.
Quindi, per un nuovo Piano nazionale della sicurezza partiamo dal Piano della Protezione Civile, partiamo dalla legge n. 221 sulla green economy e sull'ambiente che questo Paese si è dato. Inoltre, mi permetta di citare signor Presidente, quanto di importante questa Regione ha fatto nella tutela del suolo, in particolare nella gestione forestale. Senza una gestione forestale molto evoluta, come scrive la legge, che ha questa Regione e che è stata copiata anche a livello nazionale con la legge forestale nazionale e il Codice forestale, senza una gestione forestale attiva, le calamità ed emergenze si possono ripetere e saranno ancor più gravi per l'intera collettività. Quando parliamo di servizi ecosistemici da valorizzare vuol dire che insistiamo affinché a quei territori presidiati in particolare le aree montane dove insistono comunità, imprese e dove vi sono continue manutenzioni ordinarie e straordinarie, venga riconosciuto quel ruolo dal Sistema Paese. Non vorrei però ritrovarmi con un sistema di fondi nazionali, come il "Piano proteggi Italia" che ha stanziato i primi 3 miliardi di euro lo scorso anno e che ha lasciato al Piemonte solo 4,5 milioni di euro.
Abbiamo bisogno di riequilibrare, anche a livello nazionale, una nostra capacità di azione per avere più risorse, ma soprattutto un contesto normativo più organico e più efficace.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie. Sono terminati gli interventi degli amministratori locali.
La parola al Comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Cuneo, Vincenzo Bernardo.



BENNARDO Vincenzo, Comandante provinciale Vigili del Fuoco di Cuneo

Grazie, Presidente.
Io nel 1994, ovviamente, non ero Comandante e non ero neanche nei Vigili del Fuoco (sono entrato nel 1998), quindi, personalmente, ho vissuto un'altra alluvione, quella del 2000, a Torino, sia come Vigile del Fuoco sia come alluvionato. Però ho recuperato i resoconti dell'epoca dell'allora Comandante ingegner Pulito e quindi volevo leggervi alcune parti di un resoconto in cui racconta un po' cosa accadde e, soprattutto, quali furono gli insegnamenti di quel periodo.
Il giorno 5 novembre era un sabato e, poiché pioveva da qualche giorno alle ore 08.00 il Comandante si recò in Sala operativa per avere notizie.
Ovviamente, abitando in caserma, scese sotto e chiese com'era la situazione. A quell'ora non vi erano interventi di rilievo nei Comuni al confine con la Liguria, quali Ormea, Garessio e Ceva; si registravano solo chiamate per qualche allagamento (cantine), ma nessuna segnalazione importante. Col passare dei minuti le chiamate aumentarono, e alle ore 09.10 dieci squadre di Vigili del Fuoco, tra permanenti e volontari, erano già in azione.
La Provincia di Cuneo ha 17 distaccamenti volontari che garantiscono insieme ai tre distaccamenti permanenti, più la sede centrale, una risposta su un territorio che, come vedremo, è di 3.000 chilometri quadrati (corrisponde a quasi tutta la Liguria, come superficie).
Presagendo la situazione che si aggravava, fu inviato il Vicecomandante di allora presso il Comune di Ceva, allo scopo di coordinare meglio le attività di soccorso.
Alle ore 10.10 furono già richieste all'Ispettorato regionale le prime sezioni operative (cioè del personale da altri comandi) per dare supporto a coloro che erano sul territorio. Alle ore 11.00 ci fu la prima convocazione in Prefettura.
Verso le ore 11.00, due Vigili del Fuoco del Comando di Cuneo, mentre tentavano, a mezzo di un gommone, di portare soccorso ad una famiglia di anziani, la cui casa risultava isolata e sommersa dall'acqua fino al primo piano, venivano investiti da un tronco; il loro gommone fu rovesciato e trasportato per 300 metri, ma riuscirono per fortuna ad aggrapparsi a dei pioppi. Rimasero lì per ore ed ore (dalle ore 11.00 fino alle ore 17.00) ma riuscirono, attraverso un sistema rocambolesco, prima a spostarsi su altri alberi, poi a farsi lanciare delle lenzuola legate dalla casa che stavano andando a soccorrere, e quindi riuscirono ad arrivare alla casa.
Furono poi recuperati da un elicottero nel tardo pomeriggio. Peraltro, a parte quel volo, in quei giorni (5 e 6 novembre) la visibilità era praticamente nulla, per cui nessun elicottero poté volare.
Un altro funzionario fu inviato, con personale volontario e permanente nella zona di Cortemilia di Cuneo, per costituire, insieme al Sindaco, un altro Centro di Coordinamento Soccorso.
Ormai, alle ore 17.00, la calamità si presentava in tutta quella che era la sua gravità. Da quel momento, da tutte le Regioni d'Italia iniziò l'invio massiccio di sezioni operative dei Vigili del Fuoco.
Il Corpo nazionale, come voi sapete, ha quella che viene chiamata "la colonna mobile" ed è in grado di mobilitare praticamente 4.000 uomini da tutt'Italia nelle prime 24 ore. Infatti, come ha citato qualcuno, arriv personale non solo da Ferrara, ma anche da Reggio Calabria, da Roma, dal Veneto, da tutta Italia, per aiutare tutti i colleghi. Arrivarono più di 1.000 persone con quasi 200 mezzi. A questo punto, aumentarono i posti di comando e i posti di soccorso.
L'emergenza, sotto il profilo del soccorso della vita umana, durò fino all'8. In seguito, l'attività fu di supporto alla popolazione, recupero beni e, comunque, ripristino delle condizioni iniziali.
L'alluvione colpì 3.000 chilometri di territorio. Il primo soccorso, come prevedibile, fu portato dei Vigili del Fuoco, che, in un'estensione così ampia (erano circa 500, tra permanenti e volontari), rappresentarono comunque una prima risposta esigua rispetto a tutto quello che successe.
Furono azzeccate alcune decisioni che ebbero il riconoscimento generale anche da parte delle Procure della Repubblica.
La prima decisione importante fu quella di costituire da subito dei posti di comando avanzato, in sinergia con i Sindaci, e con il costante contatto con le Prefetture che gestivano le varie emergenze. Fu questo uno degli elementi importanti usato anche nei successivi terremoti: cioè la costituzione di posti di comando avanzato, sul territorio, per collaborare con i Sindaci e con chi gestiva l'emergenza, mettendo un Vigile del Fuoco a fianco di quelli che, in quel momento, erano gli attori locali.
In ogni caso, è importante sottolineare che questa attività - quella di mettere qualcuno vicino ai Sindaci - addirittura nei giorni successivi fu oggetto di "resistenza" per lasciarli andar via. Molti Sindaci, infatti non volevano più che quel Vigile del Fuoco rientrasse, perché era diventato un elemento fondamentale. E grazie al buon rapporto con la Prefettura e con la Protezione Civile che si era venuto a creare in quel periodo,il coordinamento di tutta l'attività tecnica di soccorso venne affidato, in modo implicito, ai Vigili del Fuoco Questo elemento, ultimamente, è stato recepito dall'articolo 10 del Codice di Protezione Civile, che dà ai Vigili del Fuoco il coordinamento dei servizi tecnici e dei soccorsi tecnici.
Visto che il tempo a mia disposizione è terminato, vorrei concludere con un'ultima considerazione.
L'alluvione, rispetto al fuoco, è totalmente diversa. Ovviamente, segna sia le persone che i soccorritori, nell'animo e anche nella loro vita.
Come disse qualche giorno fa un mio Vigile del Fuoco, "Noi del fuoco non abbiamo paura, ma della forza dell'acqua abbiamo un forte timore".
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Ringrazio il Comandante Vincenzo Bennardo.
La parola al Generale dei Carabinieri in carica nel 1994, Michele Franzé.
FRANZÈ Michele, Generale Carabinieri in carica nel 1994 Buongiorno, Presidente, e buongiorno a tutti.
All'epoca reggevo il Comando provinciale dei Carabinieri a Torino e mi sarebbe facile, in questo contesto, portare la testimonianza del contributo dei Carabinieri ricordando il numero degli uomini sul campo, presenti dovunque anche per la loro capillarità. Ma sarebbe abbastanza riduttivo limitarci a dire che avemmo 3.000 uomini impegnati un po' dappertutto.
Ciò su cui mi piace richiamare l'attenzione fu che in quell'evento fu messo in campo uno straordinario gioco di squadra; un gioco di squadra che vide protagonisti tutti: tutti gli appartenenti alle istituzioni, alle forze armate, alle forze di soccorso, primi tra tutti i Vigili del Fuoco. Fu un gioco di squadra vincente; fu un gioco di squadra che ci vide impegnati dappertutto.
Mi piace ricordare due episodi, in particolare. Poche ore dopo l'inizio del disastro, mi portai a Santena, un piccolo Comune, e in quella caserma trovai una massa di civili, per cui rimasi un po' sorpreso. Il Comandante con molto candore ma anche con un certo imbarazzo, mi disse che aveva aperto la caserma al Comune e a tutte le organizzazioni di soccorso perch il Comune e le altre sedi erano inagibili. Naturalmente, da parte nostra ci fu un plauso a quella decisione, che venne anche dal Comandante generale dell'Arma.
Un altro episodio mi porta alla mente quello che accadeva nei Comuni di Pralormo e Poirino, sul lago Spina, quando era veramente concreto il rischio che crollasse la diga (vi lascio immaginare quali inconvenienti quali danni e quali disastri ci sarebbero stati per le popolazioni limitrofe).
In quelle ore, su quella diga eravamo presenti noi, i Vigili del Fuoco, il Genio civile e tante, tante strutture ad adoperarci per travasare dei quantitativi ingentissimi di acqua dal lago ai campi circostanti. Una nota di colore era data dal fatto che, nei giorni successivi, era facile vedere nei campi contadini, abitanti e cittadini che andavano non a raccogliere cicoria, ma a raccogliere pesci e anguille, tanto era stato il quantitativo di acqua travasato dal lago ai campi circostanti! Concludo - così credo di meritare anche un minimo di apprezzamento per i tempi impiegati per questa conversazione - ricordando che in quel contesto ho avuto modo di vedere come gli attori protagonisti (mi riferisco alle Istituzioni, Regione, Provincie, Comuni, alle forze di soccorso e, primi fra tutti, ai cittadini) hanno messo in campo non la politica del chiedere o dell'aspettare, ma la politica del fare, ponendosi all'attenzione in ambito nazionale come modello. È stato un qualcosa di fantastico per la Regione Piemonte! Grazie a tutti.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Comandante del I Reggimento Artiglieria terrestre e da montagna in carica nel 1994, Giacomo Verda.



VERDA Giacomo, Comandante 1° Reggimento artiglieria terrestre e da montagna in carica nel 1994

Buongiorno.
Sono il Generale Giacomo Verda, al tempo dall'alluvione ero Comandante del 1° Reggimento artiglieria da montagna, stanziato a Fossano.
Nei giorni precedenti l'alluvione, il mio Reggimento, nella sua componente operativa - Gruppo Aosta - era dislocato in alta Valle Maira per attività addestrative specifiche. Erano giorni di pioggia incessante, che facevano presupporre un isolamento del reparto in alta Valle Maira.
In base alla situazione che si era venuta a creare, su autorizzazione del Comando Brigata, diedi ordine al reparto di rientrare in sede a Fossano e nonostante fosse fine settimana, tenni tutto il reparto operativo, con la colonna mobile pronta a muoversi. Così si verificò lunedì mattina, il 7 novembre, in cui dislocai tutti gli uomini - con i rinforzi avuti da tutto il Nord d'Italia - dall'alta Val Tanaro, dal Ponte di Nava, per passare a Ormea, Garessio, Ceva, Niella Tanaro e Clavesana, dove fu installato il comando operativo del Reggimento, fino ad Alba.
Il mio reparto lavorò incessantemente per un mese; al termine di questo periodo, assolto il nostro compito, il Reggimento consegnò tutte le strutture bonificate durante quel periodo, agli imprenditori e alle maestranze che poterono riprendere le loro attività. Me ne faccio vanto: una grossa azienda dell'Albese, di cui posso anche fare il nome, la Ferrero, ai primi di dicembre, riuscì a riprendere completamente la propria attività e a portare a termine la produzione prevista per il Natale ormai alle porte.
Concludo con tre passi. Innanzitutto, rinnovando la mia gratitudine ai miei uomini e ai rinforzi avuti durante quell'emergenza. Confermo che la Protezione Civile della Provincia di Cuneo è grande oggi ed è incominciata a crescere proprio sulla base dall'alluvione del 1994.
Desidero ancora dire che la nostra attività ha permesso la ripresa di tutte le attività minori sul territorio e quindi ha permesso di tornare velocemente a una vita normale.
Termino dicendo che le Forze armate, in particolare le truppe alpine, sono sempre a disposizione, qualora ce ne fosse bisogno, del Paese e dei suoi cittadini.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Generale della Regione militare nord-ovest, in carica nel 1994. Luigi Cinaglia.



CINAGLIA Luigi, Generale Regione militare nord-ovest in carica nel 1994

Buongiorno a tutti.
Il 5 novembre del 1994 comandavo il gruppo del 7° Reggimento. Reggimento della Brigata motorizzata "Cremona" della Regione militare Nord-Ovest.
Rientravo anch'io da un'attività addestrativa e avevo tutti i mezzi e i materiali dislocati a Lombardore; a causa della pioggia incessante decidemmo di rientrare con tutti i mezzi. Noi saremmo dovuti partire per un Campo d'Arma in Sardegna la settimana successiva, quindi praticamente avevo tutto il personale in licenza per poi partire a fare questa attività addestrativa.
Rientrando sabato, intorno alle 17.00-1800, da Lombardore e tutti inzuppati dalla pioggia, ricevetti una telefonata del mio Comando Brigata che mi comunicava di partire subito per Alba. Passai dal Comando, presi il cellulare (a quei tempi cellulari ce n'erano ben pochi) e partii subito per Alba, per sapere com'era la situazione. Arrivato ad Alba mi resi conto della situazione veramente incresciosa. Tuttavia, tutto il personale dell'Amministrazione comunale e delle istituzioni in generale era con gli stivali e stava già lavorando.
Appena mi resi conto che, chiaramente, non avremmo potuto fare un granch con i nostri mezzi a disposizione, mi attivai subito, organizzandomi con la Marina Militare per farmi inviare delle idrovore che potessero lavorare a 380 volt per una trifase e per tirar fuori tutto il fango che c'era, perch con le nostre pompe non ce l'avremmo mai fatta. Come se non bastasse tornando indietro, fui richiamato al telefono per andare ad Alessandria.
Apro una piccola parentesi: il telefono prendeva e non prendeva, quindi le comunicazioni erano quelle che erano, per cui abbiamo inviato subito dei ponti radio per assicurare le comunicazioni locali.
Come dicevo, venni ricontattato nuovamente per andare ad Alessandria per verificare la situazione e per l'invio di reparti anche in quella zona.
Anche lì, ci attivammo e furono interessati altri reparti.
Ritornato ad Alba, mi venne affidato il comando delle operazioni sulla città di Alba e viene costituita una Prefettura di emergenza proprio per l'occasione. Venne anche l'allora Presidente Berlusconi che, resosi conto della situazione, diede conferma di costituire una Prefettura.
La prima cosa che facemmo fu quella di andare alla Ferrero, e qui vi racconto un aneddoto. A parte un elicottero che era completamente distrutto, entrando negli stabilimenti della produzione uno dei dirigenti della Ferrero mi porse un Ferrero Rocher preso in mezzo al fango e, aprendo la confezione, mi disse: "Lo vuole assaggiare? Lei pensi se noi possiamo mettere in vendita questi prodotti, se possiamo lavare e rimettere in vendita questi prodotti. È impensabile. Ci dia una mano". Relazionai subito la situazione al Comando della Brigata, che si attivò con gli Alpini. Mi risulta che sia partito un Reggimento da Feltre che, insieme ad altri locali, lavorarono solo sulla Ferrero. Sulla Ferrero ci sono stati dei reparti che si sono alternati solo per la Ferrero.
Noi abbiamo lavorato anche su Mondo Rubber, che faceva quei piccoli gadget che si trovano negli ovetti Kinder e abbiamo praticamente privilegiato tutte le istituzioni, vale a dire ambulatori, ospedali, compresi i cimiteri, le case delle persone anziane a cui abbiamo portato soccorso.
Siamo stati lì per un mese.
Approfitto dell'occasione per ringraziare tutti. Non solo quelli che hanno lavorato, ma proprio la popolazione che ci ha dato una carica. Ricordo ancora che i soldati, a termine dell'esperienza, ringraziandomi mi hanno detto: "Comandante, ci ha dato la possibilità di fare qualcosa di veramente importante e utile per il Paese".
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Comandante del 2° Reggimento Alpini in carica nel 1994, Franco Cravarezza.



CRAVAREZZA Franco, Comandante 2° Reggimento Alpini in carica nel 1994

Buongiorno a tutti e grazie per questa bella iniziativa del Consiglio.
Grazie al Presidente del Consiglio regionale e a tutti voi che avete ancora avuto la pazienza di essere qua a ricordare quei giorni impegnativi.
All'epoca ero Comandante del 2° Reggimento Alpini con sede a Borgo San Dalmazzo. Il reggimento aveva avuto un anno molto impegnativo: nell'autunno inverno precedente per quattro mesi in Calabria nell'operazione Forza Paris, e poi nella primavera per altri quattro mesi in Sicilia nell'operazione Vespri Siciliani, entrambe in concorso alle Forze dell'Ordine nella lotta alla criminalità. Quell'autunno 1994 eravamo impegnati da una settimana nei campi autunnali in Val Maira. Il mio comando di Reggimento era a Dronero e il 4 novembre mattina avevamo appena celebrato la Giornata dell'Unità d'Italia e delle Forze Armate,tutti schierati in piazza sotto la pioggia,quando arrivò il preallarme per il possibile impiego di tutto il reggimento in soccorso alle popolazioni colpite dall'alluvione.
Immediatamente iniziammo le attività organizzative e, in particolare febbrili ricerche di concorsi in materiale specialistico per l'esigenza come cellule fotoelettriche, idrovore, gruppi elettrogeni e soprattutto badili e stivali per tutti gli alpini per l'impiego di primo e immediato soccorso.
Solo il giorno dopo ricevemmo l'ordine di impiego (il 5 novembre era sabato) e nel pomeriggio partimmo con una lunga autocolonna di mezzi da Dronero, destinazione Ceva. Arrivammo a Ceva che era già notte. Io ero andato in avanscoperta con una parte del mio Comando e arrivai per primo in città, superando il ponte sopra il Tanaro in piena completa. Trovai collocazione con il mio posto Comando nel vicino piazzale dell'ospedale Poveri Infermi che fungeva anche da pronto soccorso, in posizione leggermente sopraelevata rispetto al resto dell'abitato.
Di quel momento ricordo una emozione molto forte: nella notte il buio era spettrale e più intenso del solito perché era mancata l'elettricità dappertutto;si erano interrotte anche le comunicazioni telefoniche, perch erano saltate tutte le reti: c'era un silenzio irreale e non si vedeva alcun movimento di mezzi. Noi, su quella piccola altura, vedevamo la città sotto immobile e con rare lucine sparse, frutto di qualche previdente dotato di gruppo elettrogeno autonomo: un'impressione straordinaria, un momento emozionale fortissimo, con il rumoreggiare del Tanaro sotto di noi che eravamo là per prestare soccorso, per aiutare a riprendere la vita, la luce, le comunicazioni.. La prima soddisfazione fu che dopo pochissimo tempo, attraverso le nostre radio, riuscimmo a collegarci con la nostra brigata alpina Taurinense a Torino e con la Regione Militare, che per l'emergenza dirigeva le operazioni di soccorso. Quelle voci lontane erano un segno di speranza. Ricordo quel momento della presa di collegamento come una piccola vittoria che dava stimolo e fiducia.
Il giorno dopo, le cinque compagnie alpine del reggimento si dislocarono nei vari paesi più colpiti dall'alluvione. Installarono il loro comando e le cucine e cominciarono a mandare i loro uomini dappertutto a spalare il fango dalle strade, dalle case e dalle fabbriche, a svuotare le cantine dall'acqua e ovunque fosse servito il loro aiuto. All'inizio il lavoro maggiore fu quello umano degli alpini con i loro badili, la loro energia la loro vicinanza alla gente in difficoltà. Si impegnarono al massimo perché sentivano di portare conforto, sostegno, coraggio e aiuto reale e risolsero tantissime situazioni critiche, concorrendo a riportare condizioni vivibili. Col tempo arrivarono moltissimi concorsi di mezzi e di attrezzature specialistiche e le operazioni di soccorso migliorarono ulteriormente in collaborazione con tutti.
Tra i ricordi più epici dei primi momenti, quello del plotone Alpieri, gli specialisti del reggimento, che andarono in una frazione isolata in alta quota e riuscirono a portare generi di sopravvivenza attraverso una catena umana veramente impressionante.
Ricordo le cucine che funzionavano tutto il giorno per servire i militari che si alternavano nei turni di lavoro e parte della popolazione che non aveva più casa e possibilità.
Ricordo l'arrivo al sabato e domenica di molti volenterosi volontari per dare una mano, in gran parte privi di ogni equipaggiamento ed attrezzatura di lavoro: era un problema dotarli del necessario, dagli stivali ai badili e impiegarli in modo organico, ma era pur sempre un aiuto per concedere un po' di riposo ai nostri alpini.
Poi, arrivarono anche i rinforzi del Corpo d'Armata alpino, due reggimenti di cui uno, il 7° Feltre, venne dato in concorso al mio comando e impiegato ad Alba. E, soprattutto, arrivarono le compagnie del Genio alpino, che portarono ben 12 ponti militari bailey, che furono impiegati nei punti più critici per ripristinare le comunicazioni stradali. Ricordo davvero con piacere l'inaugurazione di alcuni di questi ponti come una fonte di speranza, di aiuto e rinascita dei collegamenti e della vita.
Un rinforzo specialistico lo portarono un gruppo di 30 forestali della Sardegna, che ospitai nella mia caserma, a Borgo San Dalmazzo. Venivano ogni giorno a Ceva, a lavorare con noi. Dei professionisti straordinari. Ci salutarono, alla fine dell'esigenza, cucinando per noi uno straordinario pranzo con sette porchette alla sarda.
Finita l'emergenza di soccorso, il reggimento continuò a lavorare per parecchi altri mesi nella cosiddetta operazione "Castoro" per ripulire i fiumi dai tronchi che ostruivano il normale percorso delle acque.
Un ricordo particolare che mi è rimasto impresso e che racconto con piacere, insieme alla straordinaria collaborazione che si è attivata tra tutti,è stata una telefonata che ricevetti mentre con l'autocolonna proprio il giorno 5 novembre, stavo arrivando a Ceva. Mi chiamava il Sindaco di Gambarie, in Aspromonte (Reggio Calabria), dove il reggimento aveva passato in operazioni il Natale precedente. Mi chiedeva come poteva essere di aiuto. È stata una telefonata che ancora ricordo con piacere enorme, per la solidarietà che in quei momenti si stava esprimendo dappertutto e che lui impersonava con quella chiamata dalle lontane montagne della Calabria. Era un Sindaco giovane, generosissimo.



(Applausi)



CRAVAREZZA Franco, Comandante 2° reggimento alpini in carica nel 1994

Voglio concludere con un grande grazie e un "bravissimi" ai miei generosi e responsabile alpini, che sono il mio più bel ricordo.



(Applausi)



PRESIDENTE

Ringrazio la testimonianza di tutti i Generali dei vari distaccamenti, che hanno operato direttamente sul campo.
Lascio la parola a chi ha coordinato, in quel periodo, a livello regionale: l'Assessore regionale, in carica nel '94, all'urbanistica, trasporti e viabilità, Ugo Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore regionale anno 1994

Ovviamente, ero stato incaricato dal Presidente Brizio di seguire la situazione soprattutto nel punto terminale dell'asta del Tanaro, di Alessandria.
Personalmente, mi sono subito posto una domanda, visto che i soccorsi grazie a tutte le forze, erano abbastanza efficaci (ormai il fattaccio era successo e bisognava trovare il modo di alleviare il più possibile i disagi alla popolazione). La domanda era: cosa dobbiamo fare, prima di tutto, per soccorrere, orientando il soccorso al ripristino, al ritorno alla normalità? E cosa dobbiamo fare per evitare che eventi come questi si possano ripetere? Prima di tutto, è stato necessario stabilire un feeling con gli interlocutori governativi, quindi il Sottosegretario alla Protezione Civile. Nel frattempo, il Governo era cambiato: ricordo una lunga presenza del Sottosegretario Barberi, che era quasi di casa in Piemonte. Abbiamo cercato di guadagnare la fiducia, perché è chiaro che quando si vanno a determinare interventi anche finanziari, interventi anche massicci che devono essere attuati in un certo periodo di tempo, occorre essere disponibili a rendere conto e mettere in risalto l'efficacia di quello che si va a fare e, qui, tutto quello che era stato detto doveva essere confermato.
La scelta di affidare a Comuni, Province, Comunità montane ed Enti locali gli interventi di ricostruzione è stata una mossa vincente: abbiamo creato tanti centri operativi, che, però, andavano coordinati. Fu, pertanto costituita operativamente una Conferenza dei Servizi, che, grazie alla disponibilità e alle nostre richieste nell'emergenza, si era installata presso la Difesa del suolo regionale, dove venivano esaminati una volta sola ed approvati definitivamente tutti i progetti d'intervento.
Altre situazioni, poi, ovviamente, derivarono da quella fase. Per esempio coniugandola con la legge Bassanini, il superamento del Magistrato per il Po e la costituzione dell'Agenzia Interregionale per il fiume Po, che tutto sommato - è un organismo federale (lo Stato che passava la mano alle Regioni).
Questo è avvenuto.
Molte volte, purtroppo, dobbiamo constatare che le Regioni (non mi riferisco a nessuna Regione in particolare, ma alle Regioni in generale, a livello nazionale) non sempre hanno la consapevolezza del proprio ruolo potenziale dell'essere una cinghia di trasmissione insostituibile, un anello insostituibile tra gli organi centrali e gli Enti locali.
Altra cosa che sinteticamente voglio richiamare è l'idea di Protezione Civile regionale che, in allora, purtroppo, era basata sui fax che venivano mandati ai Comuni, che poi erano le previsioni dell'Aeronautica militare.
Pertanto, l'orientamento di questa strategia su quattro filoni, cioè la previsione, la prevenzione, il sistema di comunicazione in caso di emergenza e la strategia delle colonne mobili, cioè della concentrazione in quattro o cinque punti in tutta la regione di mezzi e uomini mobilitabili per poterli inviare laddove necessario.
Tutto questo è stato realizzato. Se voi andate a vedere l'evento del 2000 che come territorio è un po' diverso, ma come potenzialità è confrontabile come bilancio dei morti (che è un bilancio che non dovrebbe mai essere fatto), rileviamo che li possiamo contare sulle dita di una mano. Uno era un Vigile del Fuoco, morto per soccorrere in una condizione molto molto difficile.
Perché è avvenuto questo? Perché nel frattempo si è riconosciuta una funzione operativa al volontariato. C'erano migliaia e migliaia di persone nel 2000, che erano mobilitabili e sono state mobilitate, con degli allerta preventivi, che presidiavano ponti e argini. Per cui, qualunque sia il pericolo, se c'è la conoscenza dei rischi, si valuta il pericolo, si determinano i rischi e si prevedono, nei Piani di Protezione Civile, gli interventi di emergenza e di prevenzione da fare, in modo da perseguire il più possibile l'obiettivo della salvaguardia della vita delle persone, dei mezzi e dei beni esposti.
Grazie, Presidente, per questo invito. Mi auguro che anche gli interventi di manutenzione del suolo, o di difesa del suolo, come dir si voglia possano continuare, perché da questa commemorazione possa ritornare una sensibilizzazione che nel passato c'è stata. Mi sono fatto dare dei dati: dal 1995 fino al 2002 abbiamo avuto circa un miliardo e 200 milioni per la realizzazione di opere di sistemazione idrogeologica idraulica.
Quando si va a fare il bilancio dell'ultima alluvione in provincia di Alessandria, il primo report è che i grandi corsi d'acqua hanno tenuto come è stato detto anche prima. Purtroppo, il reticolo minore, che è quello più sensibile nei versanti alti nelle montagne e nelle colline, che non è manutenuto costantemente, fa trasporto solido, anche massiccio, va a finire nei ponti e dà origine ostruzioni e allagamenti, determinando situazioni di pericolo.
Per cui, impegniamoci tutti affinché questi interventi di manutenzione del suolo e questa efficiente organizzazione di Protezione Civile possano essere sempre più potenziati e mantenuti.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Lascio ora la parola all'allora Assessore regionale all'agricoltura e foreste, in carica nell'anno 1994, Emilia Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia, Assessore regionale anno 1994

Innanzitutto, grazie per l'invito a questa occasione per ricordare quel difficile momento per la nostra Regione e l'attività che si è svolta in allora e in seguito. E' stato molto commovente.
Ho chiesto di parlare, anche se non ero in programma, ma penso di non disturbare troppo, perché proprio dalla mia esperienza di allora ho tratto alcuni elementi, ampiamente sottolineati da tante persone questa mattina, a cui voglio aggiungere anche la mia considerazione.
La capacità di essere uniti, di lavorare insieme, di rendersi tutti disponibili per il bene comune è un messaggio che, ai giorni nostri dovrebbe far riflettere e pensare.
L'altra considerazione che volevo fare è che in allora (ricordo che era Presidente Giampaolo Brizio, che ricordiamo tutti perché è stato veramente molto attivo e ha visto lontano), come Assessore all'agricoltura (e l'ho pensato anche stamattina, nei ricordi del passato) il problema era (ed è) l'abbandono sostanziale della montagna, del nostro Piemonte, da parte dell'agricoltura stessa. Ormai, per tante ragioni, non è pensabile di poter tornare a quello che era il lavoro continuo dei contadini di allora, che pulivano i prati, tagliavano l'erba e tenevano in ordine i boschi. Adesso i prati della montagna fanno materasso, perché nessuno taglia più l'erba ci piove sopra, l'acqua scivola verso il basso, trova qualche frattura del terreno, si infila dentro e si creano le frane. E i Sindaci ricevono gli avvisi di garanzia. Questo è l'iter.
Come Assessore al personale ho pensato, come è già stato detto da qualcuno che ha parlato dell'utilizzo delle imprese artigiane nelle comunità soprattutto nelle zone montane, alla necessità dell'impiego di unità di lavoro possibili, presenti e reali nella nostra quotidianità. Mi è venuto in mente che oggi abbiamo il reddito di cittadinanza, che vede molte persone percepire un'opportunità di reddito, sia pure limitata. Perché non fare un progetto - mi rivolgo ai responsabili regionali - di utilizzo di queste persone per un piano di intervento per pulire i boschi, i fiumi e intervenire sulle emergenze (magari collegati alla Protezione Civile o ad alle altre realtà territoriali)? Potrebbe essere un modo per impiegare delle persone, specialmente se giovani, che mi paiono essere molto sensibili ai problemi dell'ambiente, che forse potrebbero trovare opportunità e occasione per passare, da una fase di quasi assistenzialismo alla possibilità di imparare un mestiere, un lavoro.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Dirigente regionale del Settore Opere Pubbliche e Difesa del Suolo, nell'allora anno 1994, Vincenzo Coccolo.



COCCOLO Vincenzo, Dirigente regionale Settore Opere Pubbliche e Difesa del Suolo anno 1994

Grazie, Presidente, per l'invito. Mi è particolarmente gradito portare la mia testimonianza.
Purtroppo, ho vissuto, dal 1971 al 2014, tutti gli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio regionale. Evento per evento, abbiamo cercato di migliorare il nostro approccio e, soprattutto, di mettere in atto procedure e attività che fossero risolutive, in particolare per la tutela delle persone e della vite umane.
Com'è già stato ricordato, nell'evento del '94 furono emessi due bollettini di allertamento che, in assenza di un sistema di Protezione Civile efficace ed efficiente, caddero abbastanza nel vuoto. Questi bollettini di allertamento, che furono elaborati dalla mia struttura, hanno rappresentato il momento di inizio di un sistema di allertamento che oggi è vanto dell'intera Italia. Fu ampiamente sperimentato in Piemonte in quegli anni e, segnatamente, nell'alluvione successiva, come ricordava prima l'ex Assessore Cavallera, nell'alluvione del 2000, in cui, con una magnitudo del tutto analoga a quella del '94, le perdite di vite umane furono veramente minime, rispetto alle 70 del 1994.
Da questa esperienza, il Dipartimento nazionale di Protezione Civile incaricò la mia struttura di elaborare, a livello nazionale, il Progetto operativo di allertamento per tutt'Italia. Questa metodica è stata approvata in sede nazionale e oggi è applicata quotidianamente in tutte le regioni d'Italia, tramite la supervisione del Dipartimento nazionale di Protezione Civile. Questa è una delle eredità importanti che dall'evento del 1994 hanno potuto scaturire e riflettersi sull'intero paese e sull'intera nazione.
Un altro aspetto molto importante, che vorrei ricordare come testimonianza al di là del Sistema Piemonte che in quelle ore, in quei giorni e in quei mesi si sviluppò e diede dei risultati enormi, come oggi è stato ricordato da tutti, fu quello della rivisitazione degli strumenti urbanistici comunali, anche se in primis fu capito poco dagli amministratori locali.
Dei 198 Comuni dichiarati gravemente alluvionati, ci fu un rivalutazione d'ufficio, una revisione d'ufficio degli strumenti urbanistici. Ricordo, e porto una testimonianza con l'Assessore Cavallera, che una sera andammo in un Comune, perché si facevano le riunioni di notte, di sera, perché non c'era orario, e rischiammo di prenderle letteralmente, perché portavamo queste idee. Ci dicevano: "Già è arrivata l'alluvione, adesso arrivate voi e volete toglierci le poche aree edificabili che abbiamo nel nostro Comune".
Ma, al di là delle battute, quello che è molto importante è - appunto - la prevenzione. Prevenzione è una bella parola che vuol dire tutto e vuol dire niente, ma va declinata in termini di massimo rispetto al territorio.
Perché il territorio e la natura il conto lo presentano sempre: passeranno pochi anni, tanti anni, moltissimi anni, ma alla fine le scelte territoriali sbagliate si pagano, e si pagano malamente.
Di lì, nacque tutto un altro grande processo a livello di bacino padano con prima il PS 45 e poi con il Piano dell'assetto idrogeologico, che rivide in modo massiccio tutta la politica urbanistica e territoriale del bacino del Po, tenendo presente - e qui l'ultima notazione, perché il tempo è veramente scaduto - che il Piemonte è terra di alluvioni. Negli ultimi 200 anni - cari signori - abbiamo avuto una frequenza media di un evento ogni 18 mesi! Questo la dice lunga, nel senso che tutte le azioni che andremo a svolgere saranno una cosa importante, se finalizzate veramente alla tutela della vita delle persone.
Per concludere davvero, ricordo a tutti che la Regione Piemonte, per ogni evento alluvionale, ha fatto e continua a fare un rapporto di evento (qui ho la copia cartacea). Questi rapporti di evento sono consultabili online sul sito della Regione e sono la testimonianza (che il giornalista della RAI, in apertura, richiamava) dell'importanza della conoscenza del nostro passato.
Grazie ancora.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Dirigente regionale del 1994, Estella Gatti.



GATTI Estella, Dirigente regionale anno 1994

Buongiorno e grazie per l'invito.
Io voglio fare un passo indietro rispetto all'evento alluvionale del 1994 perché? Perché la Regione Piemonte, seconda regione in Italia, nel 1986 si era già dotata di una legge di Protezione Civile; questa legge comprendeva già tutto: comprendeva le fasi di previsione e prevenzione, le fasi di emergenza e di ricostruzione; prevedeva i Piani comunali, le strutture sul territorio, a partire da Provincia, Comuni, eccetera.
Lo sforzo che fece la sottoscritta con la propria struttura fu quello di girare tutto il territorio per illustrare l'importanza di questa legge e l'importanza dei Piani comunali. Le linee guida dei Piani comunali vennero approvate nell'estate del 1994. Questo discorso, fatto con i primi allerta meteo di cui parlava il dottor Coccolo, consentirono alla Regione di non essere indagata dalle sei Procure dopo l'alluvione del 1994, perché la Regione aveva fatto più di quello che era di propria competenza.
Vorrei inoltre ricordare che in quell'occasione riunimmo tutti i Sindaci.
Prima dell'alluvione, non si presentò quasi nessuno a questi incontri.
(ricordo ad Alessandria, ad Asti); dopo l'alluvione, erano presenti tutti perché la mancanza di cultura della Protezione Civile aveva fatto sì che ci fosse poca sensibilità.
Ricordo che presentammo il Piano comunale di Protezione Civile all'allora Sindaca di Alessandria (che ora non è più tra noi), la quale lo ignorò nel modo più assoluto e venne indagata dopo l'alluvione. Questo per dire che non bisogna aspettare che si arrivi alle 70 vittime per capire che occorre mettere in sicurezza il nostro territorio prima. Quindi, un discorso di prevenzione.
Concludo con un discorso importante, sempre sui Piani di Protezione Civile.
I Piani di Protezione Civile non sono un libro da mettere in un cassetto come ho già sentito dire anche questa mattina, ma sono uno strumento di lavoro sul territorio, per mettere in piedi la struttura di Protezione Civile. Noi, all'epoca, formammo addirittura dei Disaster Manager per supportare i Sindaci nel fare questi Piani e abbiamo dato dei contributi per fare i Piani, però non sono stati utilizzati nel modo - ancora adesso io credo - adeguato, perché è vero che tutti i Comuni hanno il Piano comunale di Protezione Civile, molti ce l'hanno non rivisitato, non attualizzato e in più non viene coinvolta la popolazione, che è fondamentale. E questo discorso continua a valere.
Spesso questi argomenti vengono ripresi in televisione e vedo che la popolazione è assente da questi discorsi, dall'informazione e questa cosa non va bene, perché ci ritroveremo di nuovo ad avere la gente che non sa da che parte sbattere la testa. È ovvio.
L'ultima cosa e poi chiudo. Il discorso che va affrontato, come diceva prima il dottor Coccolo, è la stretta connessione tra strumento urbanistico e il Piano comunale, perché lo strumento urbanistico, che è il Piano regolatore del Comune, prevede le zone dove è possibile edificare; il Piano comunale di Protezione Civile, invece, prevede anche le aree di rischio.
Queste due cose non possono essere disgiunte, perché, nel momento in cui si vanno a prevedere le aree di rischio e si definiscono gli scenari del rischio, non si può poi dire "Lì io voglio continuare a costruire, perch mi crea consenso". Non è così, perché è vero che crea consenso, ma crea anche le vittime sul territorio.
Questo è un ragionamento che sottopongo all'attenzione del Presidente del Consiglio e del Presidente Cirio, perché è un punto importante, per evitare di dover piangere dopo le alluvioni.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Presidente dell'Unione Industriale della Provincia di Cuneo Mauro Gola.



GOLA Mauro, Presidente Unione Industriale della Provincia di Cuneo

Signor Presidente, gentili Consiglieri, buongiorno a tutti anche da parte mia e ringrazio dell'invito, ma soprattutto grazie per aver dato al mondo produttivo e a Confindustria l'opportunità di portare le proprie riflessioni sulla vicenda dell'alluvione del 1994. Sono state ricordate prima 70 vittime, di cui ben 29 nella nostra provincia; vittime che non vogliamo né possiamo dimenticare, a cui però vanno aggiunte altre 2.000 persone sfollate e danni ingenti al nostro tessuto produttivo.
Purtroppo, com'è noto, in quegli anni i sistemi di prevenzione non avevano potuto scongiurare quello che è accaduto, a cui si è aggiunta l'annosa questione dei rimborsi alle imprese alluvionate. Dal 2010, come Confindustria Piemonte e a tutti i livelli, cerchiamo di lavorare per l'ottenimento del rimborso per tutte quelle aziende che erroneamente avevano pagato verso INPS, INAIL ed Agenzia delle entrate. E' stato quantificato in 30-40 milioni quanto pagato in più per contributi, premi imposte ed altri balzelli relativamente a tutte quelle agevolazioni che non erano previste.
Vi tralascio un po' di cronistoria per arrivare subito al 2017, per riassumere gli sviluppi recentemente portati avanti. Confindustria era scesa in campo durante un'audizione davanti alle Commissioni riunite del Senato con il Direttore generale Marcella Panucci. Avevamo chiesto un intervento a tutela delle nostre aziende colpite. Tuttavia, l'emendamento n. 670929 per i rimborsi approvati dalla Commissione Finanze del Senato ed inseriti poi nella legge di bilancio 2017, conteneva una variazione sostanziale su quello che era stato inizialmente richiesto. Dei ben necessari 49 milioni di euro, di cui 30 destinati alla provincia cuneese soltanto 5 milioni venivano inseriti nell'adempimento. Inoltre, come ricorderete, la ripartizione di questi 5 milioni veniva rimessa ad un decreto attuativo che doveva essere disposto entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge, che tuttavia l'allora Governo aveva lasciato scadere inutilmente.
Quanto predisposto nella legge di bilancio 2018 è stato successivamente recepito dalla legge di bilancio 2019, che ha fatto salva la concessione di contributi di questi 5 milioni per il 2019. Però, anche qui, le modalità e i criteri di accesso al contributo, nonché il riparto, sono stati affidati nuovamente ad un apposito decreto ministeriale del Ministero dell'Economia e delle Finanze da emanare entro il 31 marzo 2019. Come Confindustria Piemonte, a marzo di quest'anno, abbiamo interpellato in questo senso il Ministero, scrivendo e sollecitando chiarimenti circa le modalità e i tempi di attuazione di queste misure. Ma, ancora una volta, purtroppo, i termini sono scaduti senza nulla di fatto e le nostre richieste sono rimaste inascoltate. Cinque milioni su 49, lo capite bene, sono poca roba, ma sarebbero già molti se fossero certi ed immediatamente spendibili.
Per questo, alla Regione, nel 25° anniversario dell'alluvione, oggi chiediamo di farsi - ancora una volta - portavoce insieme a noi, per pretendere l'inserimento di questi 5 milioni nella prossima legge di bilancio e, soprattutto, per esigere che quel meccanismo di erogazione venga finalmente sbloccato.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie.
Lascio ora la parola all'Unione Italiana Lavoratori, rappresentata da Mauro Casucci.



CASUCCI Mauro, Unione Italiana Lavoratori

Ho accolto con piacere l'invito che il Presidente e il Consiglio Regionale ci hanno fatto a portare la nostra testimonianza di quel tragico evento del 1994. Sono nato ad Alessandria, ho vissuto lì fino a qualche anno fa e, in quell'anno, avevo l'incarico di Segretario Generale della UIL di Alessandria. Insieme ai colleghi di CGIL, CISL e UIL abbiamo vissuto, nella tragicità del momento, una delle pagine più eccezionali del movimento sindacale alessandrino.
Quando questo tragico evento è accaduto, era domenica mattina, la drammaticità della situazione è andata man mano peggiorando col passare delle. Quello stesso giorno, i Segretari di CGIL, CISL e UIL e i gruppi dirigenti si sono riuniti e hanno deciso di fare qualcosa, perché non si poteva solo assistere al dramma che si stava vivendo. Per cui immediatamente, abbiamo messo a disposizione della collettività tutta la nostra organizzazione, e soprattutto, abbiamo coordinato il lavoro dei volontari Delegati, le cui aziende erano chiuse perché erano state allagate. Una parte di loro era in azienda a bonificare i locali e una parte ci dava una mano in città. Sono poi arrivati lavoratori da quasi tutte le regioni d'Italia, complessivamente abbiamo organizzato 8 mila volontari. Tutto questo, insieme all'enorme problema di organizzazione e logistica di tutto quello che arrivava, alimentari, scarpe, gruppi elettrogeni, stivali, pale. È arrivato veramente di tutto e bisognava catalogare ed immagazzinare il materiale. Un lavoro complesso.
Devo riconoscere e testimoniare adesso con piacere, pur con profondo dolore, che il merito di questa grande mobilitazione così ben organizzata lo possiamo ascrivere ad una persona in particolare, che si chiamava Michele Ghisu - si chiamava, perché, purtroppo, è morto successivamente all'alluvione - il quale, per i 35 giorni dell'emergenza ha vissuto nella città di Alessandria giorno e notte, coordinando il lavoro di tutti noi.
Una grande persona che purtroppo non c'è più.
Abbiamo combattuto lo sciacallaggio; c'erano le ronde che circolavano per evitare furti e saccheggi nelle case abbandonate. Abbiamo partecipato con la Prefettura al controllo prezzi. Il dramma dell'alluvione non è rappresentato soltanto dall'acqua che arriva, ma anche dalla puzza, gli idrocarburi, le acque nere e i rifiuti. Abbiamo esaurito una discarica in Alessandria per la raccolta dei rifiuti che si sono ammassati. Sono quindi gli effetti successivi che un tragico evento del genere può provocare. Il numero di cittadini coinvolti era enorme. 20 mila domande di risarcimento.
Si è riusciti a realizzare tutti insieme (CGIL, CISL e UIL), con le Forze dell'Ordine, il Servizio di Protezione Civile e tutti quelli che hanno collaborato, un'esperienza unica. Infatti, abbiamo anche costituito un'associazione di volontari CGIL, CISL UIL di Protezione Civile, con una sede che poi, nel tempo, si è trasferita alla sede della Protezione Civile di Alessandria ed è tutt'ora operativa.
Sottolineo che abbiamo raccolto molte risorse economiche tra i lavoratori.
C'è stata una campagna di raccolta nazionale e una campagna di raccolta provinciale e regionale, insieme con le associazioni delle imprese. Solo per la provincia di Alessandria, abbiamo raccolto (parliamo di lire) 7.548.734.394 lire, che abbiamo utilizzato per 29 interventi, negli ospedali, nell'università, nella scuola, in tutti i settori che avevano avuto più danni e che quindi avevano bisogno di interventi consistenti e immediati.
Termino con questa considerazione facendo una domanda a me stesso e a tutti quelli oggi presenti. Ho fatto una verifica: dal 1994, da quel disgraziato 5-6 novembre 1994 - sono passati venticinque anni! - in venticinque anni in Italia, ci sono stati 46 eventi alluvionali, a cui dovremmo aggiungere tutti gli altri eventi disastrosi che si sono succeduti come i terremoti.
L'ultimo è accaduto proprio in provincia di Alessandria il 21 e 22 ottobre con delle vittime.
Alla luce di ciò, come Sindacato, CGIL, CISL e UIL, abbiamo presentato delle piattaforme al Governo ed anche a livello regionale, dove chiediamo di investire sulla salvaguardia del territorio.
Se è vero che investire sulla salvaguardia del territorio salva delle vite umane, se è vero che intervenendo ci consente di risparmiare ingenti risorse utilizzate per eventi che periodicamente colpiscono il Paese (l'ingegner Coccolo, se non erro, ha riferito che ogni diciotto mesi mediamente, si verifica un'alluvione, e ogni volta si deve intervenire per il ripristino dai danni subiti); se è vero che fare prevenzione per il territorio rappresenta un volano per il rilancio economico, a partire dall'edilizia, che è uno dei settori che più di altri ha patito la crisi economica, se è vero che se intervenissimo per proteggere il nostro bellissimo territorio riusciremmo a lasciare un Paese migliore ai nostri figli; se tutte queste premesse sono vere, la domanda che sorge spontanea è: ma perché la salvaguardia del territorio non è mai una priorità e non esiste, nei fatti, una vera e propria strategia di prevenzione? Questa sarebbe la risposta migliore per ricordare e rispettare tutte le vittime che ci sono state.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie. Lascio la parola a Silvia Marchetti, dell'Unione Generale del Lavoro



MARCHETTI Silvia, Unione Generale del Lavoro

Buongiorno, Presidente; buongiorno a tutti.
Io rappresento l'Unione Generale del Lavoro, un'altra organizzazione sindacale. Oggi sostituisco il Segretario generale Armando Morella, che per altri impegni, non è potuto intervenire e ha delegato me nella sostituzione.
Tra l'altro, ho accolto con grande favore questo incarico, perché ho vissuto indirettamente quell'alluvione. Infatti, essendo originaria di Asti e avendo il papà militare, ho vissuto in modo bilaterale questa tragedia.
Mi unisco, quindi, a tutti gli interventi precedenti, sia per quanto riguarda le Forze dell'ordine, che sono intervenute tempestivamente, sia soprattutto, prendendomi carico di tutto il dolore che hanno dovuto sopportare anche i cittadini della Provincia di Asti.
Ci terrei a riprendere l'intervento che ha svolto Emilia Bergoglio sulla prevenzione del nostro territorio.
Oggi come oggi, nel nostro tessuto occupazionale piemontese, dove si registrano veramente grandi lacune, si potrebbe pensare di utilizzare le conoscenze dei nostri nonni nella prevenzione e nella cura del territorio piemontese e di trasferirle ai giovani, senza utilizzarli, per esempio solo nei servizi civili o come lavoratori socialmente utili. Infatti, si potrebbero utilizzare delle risorse lavorative non più giovani, ma comunque utili a questo servizio: tutto questo, a mio avviso, potrebbe aiutare in modo concreto e non solo ideologico i nostri giovani a pensare ad un futuro che si occupi non solo dell'ambiente in modo astratto, ma anche dell'ambiente in modo fattivo.
Concludo il mio intervento decisamente prima della tempistica prevista.
Vi ringrazio e mi auguro che si possa lavorare sempre di più per la cura nella nostra amata Regione Piemonte.



(Applausi)



PRESIDENTE

La ringrazio. Lascio la parola a Gabriella Semeraro, della Confederazione Generale del Lavoro.



SEMERARO Gabriella, Confederazione Generale del Lavoro

Grazie, Presidente, grazie ai Consiglieri che hanno organizzato questa iniziativa e grazie per l'invito a questo evento.
Il ringraziamento, da parte della mia organizzazione sindacale, è rivolto alla gente, soprattutto a coloro che nel 1994 erano lì, nei territori, per tutelare, garantire e cercare di intervenire nei confronti della gente, da una parte, e di tutte quelle persone che sono state sfollate.
Un ringraziamento, pertanto, va rivolto alla Protezione Civile, alle Forze dell'ordine e, soprattutto, ai Vigili del Fuoco.
70 vittime, 10.000 senza un tetto, danni stimati in circa 20.000 miliardi: queste sono le drammatiche cifre di questa alluvione che ha colpito il Piemonte, investendo le Province di Asti, Alessandria, Cuneo e Torino.
L'alluvione del 1994 è stata la più grande calamità naturale che si è abbattuta, a memoria di uomo, nella nostra Regione, con la perdita di vite umane, la perdita di case, la perdita di infrastrutture. Ha colpito pesantemente il tessuto economico, sociale e produttivo dei diversi territori.
Tuttavia - lo dicevano anche gli interventi che mi hanno proceduto - già dai primi giorni dopo il disastro, dopo il terrore di tante persone che avevano visto la morte con gli occhi, è scattata una reazione di orgoglio da parte della gente, che è stata sorretta, comunque, dalla partecipazione del volontariato che proprio in quei giorni offriva la sua presenza per sostenere agli abitanti e tutti i cittadini.
Significativo - lo diceva il collega della UIL che mi ha preceduto - è stato anche il contributo che le organizzazioni sindacali confederali (CGIL CISL e UIL) hanno dato fin dal primo momento.
Il collega ricordava comunque l'accordo che era stato sottoscritto con CGIL, CISL e UIL e le associazioni imprenditoriali rispetto al territorio di Alessandria. Questo accordo, siglato sia a livello regionale che a livello nazionale, ha permesso comunque la destinazione di due ore di lavoro sia da parte dei lavoratori, sia da parte delle imprese, per sostenere e aiutare le aree disastrate.
Il sindacato (lo diceva la CGIL) ha messo a disposizione tutte le Camere del lavoro territoriali per dare sostegno nella logistica.
Che cosa è successo? Vorrei fornirvi alcuni dati economici in merito alle risorse che sono state recuperate grazie a questo accordo.
Vennero raccolti circa 25 miliardi e mezzo delle vecchie lire, che permisero di ricostruire circa 101 opere. Lo diceva il collega della UIL: è stato ricostruito l'ospedale, in particolar modo è stata ricostruita la mensa dell'ospedale San Biagio di Alessandra, con un intervento di 2 miliardi.
750 milioni di lire sono state utilizzate per ricostruire la Casa di riposo di Alba. È stata ricostruita una scuola a Valle Uzzone. Nella provincia di Torino, sul territorio di Santena, è stata ricostruita anche una Casa di riposo che l'alluvione aveva in parte distrutto.
Proprio in quel periodo sono state acquistate - e oggi, in alcuni territori, mi viene in mente Crescentino, sono ancora in uso - circa 12 autoambulanze. Questo accordo cosa ha permesso? Questo accordo è stato un grandissimo risultato, perché ha messo insieme due esigenze: l'esigenza di far partire la produzione, per cui portare avanti le imprese e, dall'altra l'esigenza di salvaguardare i posti di lavoro. Non c'è stato nessun problema. Si è concordata quest'iniziativa, come si sono concordate altre iniziative con gli operai delle diverse fabbriche. Gli interventi che mi hanno preceduto parlavano della Ferrero, ma non c'è solo la Ferrero. Ci sono state anche altri siti industriali, in cui il fango era abbastanza alto e allora gli operai, con pale alla mano, pur di iniziare la produzione e salvare il lavoro - perché lavoro voleva dire far rinascere di nuovo il proprio territorio - sono stati lì e, nel giro di un mese e mezzo, sono state ripristinate tutte le linee.
L'alluvione del 1994 segnò una svolta, lo dicevamo prima, nella Protezione Civile e, da quel momento in poi, si costruì una vera e propria organizzazione degli interventi attraverso procedure di allertamento e gestione degli eventi critici.
Oggi siamo qua per ricordare e fare un bilancio delle cose fatte e delle cose da fare. Siamo fortemente convinti, come organizzazione sindacale, che le azioni umanitarie di Protezione Civile post evento abbiano trovato un largo sviluppo dopo l'alluvione del 1994. Da quel momento in poi, infatti si costruì una vera e propria organizzazione degli interventi, attraverso procedura di allertamento e gestione degli eventi critici. Tuttavia rimangono da portare a regime le azioni improntate su una reale equità tra il post e il pre-evento di calamità.
Qui vengo alla fatidica parola emersa in alcuni interventi e cara alle nostre organizzazioni sindacali, che è quella della prevenzione. Siamo fortemente convinti che, a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale sia necessario intervenire attraverso un piano pluriennale di interventi che metta, comunque, a regime il territorio. Sentivo l'esigenza negli interventi di alcuni primi cittadini di avere un'autorizzazione per la pulitura dei letti dei fiumi o degli argini. È evidente che, con un piano pluriennale di interventi dove si stanziano delle risorse economiche, è necessario anche stabilire la frequenza con cui noi interveniamo rispetto queste azioni. Questo è un primo punto.
Il secondo punto è capire come noi riusciamo a sviluppare e valorizzare quello che abbiamo. Abbiamo un'Agenzia pubblica per l'ambiente in Piemonte l'ARPA Piemonte, che è deputata al monitoraggio e al controllo del territorio. Credo, e concludo, che gli interventi che sono stati fatti in questi anni, con la riduzione delle risorse che sono state stanziate a questa Agenzia a causa della spending review da una parte e dal Piano di rientro dall'altra, abbiano ridotto anche la capacità prestazionale dell'Agenzia stessa. È evidente che è necessario, anche da parte della Regione Piemonte, intervenire attraverso l'individuazione di nuove risorse che permettano anche un piano assunzionale si professionisti che all'interno di Arpa Piemonte, possano intervenire con una reale prevenzione Ringrazio tutti.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola al Presidente del coordinamento volontario della Protezione Civile, Roberto Bertone.



BERTONE Roberto, Presidente Coordinamento volontariato della Protezione Civile

Buongiorno Presidente e grazie dell'invito. Buongiorno a tutti.
Credo che oggi sia un momento importante, perché è importante ricordare le esperienze che abbiamo vissuto, purtroppo, tragiche per la nostra regione.
Tuttavia, credo che ricordando quello che è stato il 1994, quello che è stato il primo intervento della Protezione Civile del Piemonte che allora stava muovendo i primi passi con le poche associazioni che erano presenti si possa trarre un bilancio di quel primo intervento, di quello che è successo in quei giorni. Credo che noi dobbiamo concentrarci su quello che poi, da allora ad oggi, è stato fatto rispetto alla costituzione di un sistema di Protezione Civile che, nel bene o nel male, nella nostra regione è in grado di dare delle risposte abbastanza veloci e molto significative.
Sono state costituite le prime grandi associazioni; sono stati costituiti i primi coordinamenti territoriali; abbiamo lavorato con la Regione, con le Province e con i Comuni per portare il meccanismo del volontariato organizzato, che oggi viene recitato nel Codice unico della Protezione Civile e che ci dà ulteriori strumenti di lavoro, ad una catena di comando unica regionale. Abbiamo abbandonato la politica dei campanili, noi che siamo la regione dei 1200 campanili. Abbiamo abbandonato la politica dei campanili e credo che l'abbandono della politica del "piccolo è bello" abbia dimostrato che anche una forza organizzata, che diventa grande, che diventa autonoma e che diventa in grado di attivarsi con tempi di reazione molto rapidi, sia una concreta risorsa sul nostro territorio.
Abbiamo fatto tutto? Credo di no. Abbiamo fatto molto del lavoro che doveva essere fatto. Oggi il Codice della nuova Protezione Civile ci dà ulteriori spazi di lavoro; intanto, abbiamo chiarito qual è il ruolo dei volontari anche perché, nella nostra società, attraversiamo dei periodi molto diversi. Non abbiamo più le ondate di pensionati che aderiscono alle associazioni di volontariato: oggi dobbiamo fare il conto con un volontariato molto diverso, con un'attività del volontariato che è diventata più difficile. Si usano strumenti ed apparecchiature molto importanti che vanno costantemente tenuti in ordine ma, soprattutto, il personale va costantemente aggiornato e formato per quello che riguarda la sicurezza e, soprattutto, per quello che riguarda la sicurezza di chi, in quel momento, andiamo a soccorre.
Oggi credo che il sistema di Protezione Civile della nostra regione sia uno dei sistemi di punta del sistema nazionale di Protezione Civile, ma credo che abbiamo ancora di fronte molte tappe di lavoro. Abbiamo ancora una serie di problemi che riguardano gli spazi, abbiamo ancora una serie problemi che riguarda l'approvvigionamento dei vecchi materiali e la dismissione di quelli che non funzionano più. Ma credo che quello che il Piemonte è riuscito a fare nei 25 anni successivi al grande evento dall'alluvione sia, comunque, un meccanismo che va tenuto in operazione, va rafforzato e consolidato e, soprattutto, va reso più moderno e consapevole rispetto a quello che era prima.
Un dato solo, perché noi siamo abituati a celebrare queste ricorrenze lavorando: nel 2014 abbiamo ricordato i vent'anni di questa alluvione di cui oggi stiamo ancora parlando, facendo una serie di esercitazioni di manutenzione del territorio e quindi di prevenzione rispetto a quella che è tutta la politica idrogeologica. Siamo successivamente intervenuti ad Alessandria ma, soprattutto, a Montoggio e a Genova, in quei giorni dell'alluvione che ha creato molti problemi.
La settimana scorsa siamo intervenuti in provincia di Alessandria e io vorrei dare un dato organizzativo che credo sia molto significativo. L'aver costruito il meccanismo di una macchina che funziona in questo modo è una risorsa intera per il Piemonte Abbiamo utilizzato, solo come coordinamento regionale del Piemonte, cui poi vanno sommati le donne e gli uomini dell'antincendio boschivo, dell'ANPAS della Croce Rossa e via discorrendo, più di 1.000 volontari, in cinque giorni, con un'incidenza dell'utilizzo dell'articolo 9 del Codice della Protezione Civile, che riguarda i rimborsi ai datori di lavoro per i volontari che escono dalle imprese, che non è arrivato al 17%. Questo vuol dire che 85 volontari su 100 hanno lavorato con tempo proprio, hanno messo a disposizione delle risorse che non sono costate nulla alla collettività.
Questo è un dato che credo vada ricordato, perché in quell'occasione abbiamo sviluppato più di 1.900 giornate di lavoro, che hanno reso possibile - lo diceva il Presidente stamattina - non ricorre all'aiuto delle colonne mobili nazionali e delle altre regioni.
Questo è l'impegno che abbiamo portato avanti e costruito in 25 anni. Credo che il meccanismo vada mantenuto a questo livello.
Grazie a tutti voi.



(Applausi)



PRESIDENTE

La parola all'Ispettore generale del Corpo Volontari Anti Incendi Boschivi Sergio Pirone.



PIRONE Sergio, Ispettore Corpo Volontari Anti Incendi Boschivi

Grazie, Presidente.
Parlare per ultimo non è mai facile. Mi agevola il fatto che tutto ciò che c'era da dire è stato detto, quindi, non mi resta che ricordare che nel '94, nell'estate di quell'anno, noi costruimmo la prima forma di struttura di antincendi boschivi, perché il Corpo Anti Incendi Boschivi quest'anno festeggia il suo venticinquesimo anno di creazione, su un'idea lungimirante, allora, della Regione e del Corpo forestale dello Stato.
C'è, qui, Paolo Salsotto, che è di quelle zone, quindi tramite lui abbraccio virtualmente tutto l'ex Corpo forestale dello Stato e i Carabinieri forestali, che attualmente ci hanno nuovamente offerto il loro aiuto e la loro importanza.
Si tratta di un'idea lungimirante - se vogliamo - perché è il primo esempio in Italia (lasciamo perdere, poi, in Europa) che unisce tutto il volontariato sotto un unico coordinamento, un'unica voce. Cosa che immediatamente dopo, è stata condivisa con la Protezione Civile, con il coordinamento di Protezione civile, per rappresentare davvero un numero da chiamare e una risposta unica.
Pertanto, più che trarre le conclusioni (sono state già dette), mi rivolgo alla prevenzione, perché è stato dimostrato proprio nella nostra regione in particolare per quanto riguarda gli incendi boschivi, che, con un semplice sillogismo (l'abbiamo visto purtroppo in questi giorni), dove è bruciato automaticamente si crea dissesto idrogeologico e il dissesto idrogeologico porta a valle.
Pertanto, virtualmente, come primo baluardo di difesa del territorio proprio nelle montagne, che è territorio fragile, complesso e non di facili politiche e soluzioni generalizzate, con una grande attenzione (non voglio rubare lo scoop all'Assessore Gabusi), proprio nel campo della prevenzione è stato fatto e si sta facendo tantissimo, per creare di arrivare a quella formula che noi abbiamo definito "un euro speso in prevenzione fa risparmiare sette euro in lotta attiva per gli incendi boschivi".
Questo è un dato di fatto che emerge non solo in Piemonte, ma in tutta l'Europa. Noi, lavorando a stretto contatto con le altre realtà europee possiamo dirlo: l'Italia è una struttura particolare per quanto riguarda la Protezione Civile, ma soprattutto il Piemonte. Non abbiamo nulla da invidiare ad altri Stati e ad altre regioni. Quello che ci caratterizza è proprio questo (non è stato detto da Roberto): il 20% dell'attività che il sistema Protezione Civile-Antincendi Boschivi svolge è in lotta attiva o in emergenza, mentre l'80% del tempo è dedicato alla prevenzione.
Per lasciare un dato positivo (è anche bello trarre delle conclusioni positive), il sistema funziona, ma deve essere manutenuto, come è già stato detto per il territorio. Ultimamente, si parla di resilienza delle persone: questa è la sfida del futuro. Basta lasciare i Sindaci soli; la popolazione deve tornare a capire come incominciare a difendersi, senza andare automaticamente in quello che è l'angelo del fango, che deve essere ammodernato e il nuovo Regolamento Nazionale di Protezione civile lo ha anche normato, ma il cittadino deve essere consapevole che se incomincia a pulire davanti casa sua, specialmente nelle nostre borgate di montagna, fa un lavoro di prevenzione rispetto agli incendi boschivi. Se pulisce quel tratto di piccolo affluente idrografico, piccolo ruscello, fa prevenzione per le grandi alluvioni di valle.
Questo si può fare sotto e con la guida a costo zero proprio del comparto di Protezione civile, cioè i volontari che normalmente tolgono il vestito da cittadino e mettono la divisa da Protezione civile. Il costo è zero e si può fare. La nostra Regione sta investendo tantissimo in questo.
Vi lascio con il nostro motto. Noi diciamo: "Aut viam inveniam aut faciam" (troveremo una via o ce la costruiremo). Questo lo diceva Annibale, ma è anche il motto del Corpo.
Ritengo che, come sistema di Protezione civile, lo stiamo dimostrando sempre: quando non esiste una norma specifica, quando non si è ancora trovata una soluzione, si sperimenta e si va molto più avanti di quello che a volte ci aspetteremmo anche da un livello nazionale o europeo.
Continuiamo su questo: se c'è la via, la usiamo; altrimenti, costruiamone una.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie. Per l'ultimo intervento, la parola al Presidente dell'Ordine Geologi Piemonte, Capulli Giovanni. Poi, lascio la parola all'Assessore Gabusi, per le conclusioni.



CAPULLI Giovanni, Presidente Ordine Geologi Piemonte

Sarò brevissimo.
Grazie. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio di averci dato la possibilità d'intervenire in questo importante giorno di dolorosa memoria, che però ha visto alcuni passaggi fondamentali, che ci tengo a sottolineare nuovamente.
Dalla memoria di un giorno come questo, di eventi luttuosi come questi, noi tutti abbiamo sempre la capacità di reagire, di imparare e ricordare. Tutto questo passa anche attraverso la conoscenza, non solo di chi ci ha preceduto, come i nostri vecchi che,come è stato detto più volte in questo consesso, conoscono il territorio, ma anche di chi (i tecnici) lavora e opera costantemente sul territorio, come facciamo noi. Abbiamo una conoscenza che mettiamo a disposizione di tutti e questa conoscenza la riversiamo in uno strumento importante che è quello della pianificazione.
La pianificazione territoriale, eletta e costruita insieme alla prevenzione attraverso i piani di Protezione Civile, è lo strumento che ci permette e che ci permetterà di lavorare in maniera apparentemente semplice, che a volte viene complicata da una serie di norme che siamo ovviamente disponibili a semplificare, anche se bisogna stare sempre attenti che la semplificazione non diventi, invece, eccessiva.
In nostro vuole essere sicuramente un contributo di tipo tecnico, di apertura nei confronti del Consiglio e della Giunta regionale, nel dare tutta la nostra conoscenza non solo al territorio, ma in quella che è la missione della professione del geologo, cioè mettere in sicurezza le persone e svolgere una funzione che è anche di Protezione Civile (non dimentichiamolo).
In qualità di Presidente, nei giorni dell'alluvione del 23 ottobre sono stato contattato direttamente dalla Prefettura (della Provincia di Alessandria). Per quale motivo? Perché ci è stato chiesto di mettere a disposizione colleghi, che potessero andare sul territorio a fornire un'assistenza di primo soccorso, di valutazione dei danni, per dare una mano alla macchina organizzativa. Fortunatamente, questo non è stato poi necessario, perché le forze in campo erano sufficienti, ma siamo qui a testimoniare la nostra presenza e la nostra disponibilità.
Soprattutto, il passaggio fondamentale che non dimentichiamo mai e su cui noi insistiamo sempre nel portarlo avanti come messaggio, è che, attraverso la conoscenza del territorio, noi possiamo sviluppare il territorio nel suo futuro.
Il geologo ha questa capacità, se volete: riuscire a comprendere dai fenomeni del passato, quale può essere e quale sarà l'evoluzione del territorio e può dare, quindi, quelle informazioni importanti a chi il territorio lo vive, lo gestisce, ne ha cura e lo deve utilizzare, ma nel miglior modo possibile, in maniera che eventi come questi, purtroppo, che si sono succeduti, non accadano più.
Vi ringrazio ancora dell'attenzione. Buon lavoro a tutti.



(Applausi)



PRESIDENTE

Grazie. Era l'ultimo intervento. Ringrazio tutti gli intervenuti, per le testimonianze portate.
Indubbiamente, chi ha vissuto direttamente questi momenti ha portato emotivamente, la propria testimonianza in questa Sala a chi non ha vissuto direttamente l'evento alluvionale.
Ora do la parola a Marco Gabusi, Assessore regionale ai trasporti infrastrutture, opere pubbliche, difesa del suolo, Protezione Civile personale e organizzazione, per le conclusioni.



GABUSI Marco, Assessore alla difesa del suolo e Protezione Civile

Grazie, Presidente, e grazie a tutti quelli che hanno resistito in questa mattinata che, fortunatamente, è stata una mattinata non solo di celebrazione, ma anche di lavoro. Non porterò via molto tempo, perché è già stato detto praticamente tutto.
Mi fa piacere che sia qua presente il mio Sindaco ai tempi dell'alluvione e il mio Sindaco attuale. Nel 1994 avevo quattordici anni (non tredici, come ha detto il Presidente), ma la mia famiglia è stata colpita pesantemente perché avevano una rivendita di giornali proprio nel centro del paese. E' stato l'inizio di una rinascita, perché la mia famiglia aveva deciso di buttare via tutto e di riaprire il giovedì (da dopo la domenica, giorno in cui era successo l'evento), non per incassare qualche soldo dall'acquisto dei quotidiani, perché non c'era nessuno che aveva voglia di leggere il giornale o di comprare qualche rivista, ma per dare un segnale di ripresa.
Fu un segnale che poi, non partendo certamente da Canelli, ma da tutto quello che è stato fatto in questi anni, oggi ci porta a delle considerazioni sull'alluvione del 2000, su quella del 2016 e su quella di questi giorni, in cui sono caduti lo stesso numero di millimetri d'acqua e non è successo praticamente nulla.
Dobbiamo riconoscere che un sistema di Protezione Civile si è sviluppato.
Qualcuno ha detto che è uno dei migliori d'Italia, ma credo - e lo dicono in tanti - che sia il migliore d'Italia.
Ma non siamo arrivati; il nostro compito è quello di potenziarlo sostenerlo e mi fa piacere che sia venuto fuori, nell'ultimo Consiglio regionale, quello in cui ho relazionato sui fatti dell'Alessandrino, che praticamente c'è un'unità di intenti, al di là di chi poi presenterà l'emendamento o la modifica normativa, per riconoscere come obbligatorie le spese di Protezione Civile. Questo darà un significato, non solo simbolico ma anche tangibile, a tanti volontari che si adoperano per il nostro Piemonte.
L'altra questione è la prevenzione. Sulla prevenzione - e anche qui voglio essere molto breve e incisivo - abbiamo sentito i geologi. Dobbiamo mettere insieme tutte le intelligenze; dobbiamo fare come hanno fatto i volontari cioè un coordinamento unico che parta dagli enti locali e tenga insieme la Regione, le Province, le aziende, le professionalità e anche il Governo nazionale. Ognuno deve fare il suo. Qualcuno, non mi ricordo più chi, ha detto che servono risorse. Ritengo che in questo caso occorrerebbe fermarsi un momento, non tanto sulle risorse, ma su come si bloccano queste risorse per gli investimenti.
Noi abbiamo tanti fondi bloccati, perché una volta serve il DPCM, un'altra volta serve il passaggio al CIPE. Certamente tutti passaggi sono assolutamente legittimi, ma rischiamo che quel buon intento, che il legislatore ci mette nel trovare i soldi, poi difficilmente si concretizzi o si areni nei meandri della burocrazia. Noi sappiamo, invece, quanto è importante che questi soldi vengano spesi, e spesi velocemente.
E' necessario anche un percorso culturale, che sta all'interno di questo coordinamento, perché noi dobbiamo sapere quali sono gli interventi che possiamo e dobbiamo fare sui fiumi, dove possiamo asportare della terra dove serve movimentarla, dove non serve toccarla e dove serve per mettere in sicurezza i centri abitati.
Oggi, però, i Sindaci hanno paura a fare anche solo delle normative. Ieri sono stato in giro per un Comune, che non cito, e ho visto un guado, il cui materiale litoide era più alto del guado. Il tecnico comunale ha detto: "No, ma io lo sposto solo sui lati perché ho paura a portarlo via". E' un chiaro caso in cui già oggi si potrebbe fare ma, per paura, in buona parte e per la non conoscenza nell'altra, nessuno ha più la voglia o si vuole assumere il rischio di toccare un qualsiasi cosa che sta nell'alveo del fiume.
Noi dobbiamo ripartire da lì. Dobbiamo ripartire dalla conoscenza, che certamente è dettata dalla storia dei fiumi, dalla professionalità dei geologi, degli ingegneri e di tutti coloro che sono sul territorio, ma anche dalla capacità di rendere più semplici, più snelle e più digeribili le norme che abbiamo a disposizione oggi, perché rischiamo davvero, non solo di indispettire la gente, ma di renderli inermi di fronte alla burocrazia.
Non riusciremo a fare tutto in poco tempo. Sarebbe già importante fare qualcosa nell'arco della legislatura, però ci stiamo impegnando a fondo coinvolgendo tutte le intelligenze che abbiamo in Piemonte. Naturalmente non sono esclusi, anzi, sono i primi, coloro che dovranno poi legiferare ossia i componenti del Consiglio regionale qua presenti.
Ha detto bene qui chi mi ha preceduto: siamo tutti abbastanza allineati e concordi sul fatto che l'emergenza è importante. Ci battiamo tutti per risolvere e devo dire che nel momento dell'allerta il sistema funziona perfettamente e ha funzionato anche nell'ultima emergenza dell'Alessandrino. Spesso siamo un po' inefficaci nella parte di prevenzione o di valutazione del rischio all'origine e alla fonte.
Su questo si può fare un percorso importante, non sottovalutando la difficoltà della materia, perché se oggi siamo qua è perché non è una materia così semplice. Ci sono tanti aspetti, per cui, banalizzarlo o semplificarlo rischia di farci perdere un pezzettino di realtà e di storia.
Oggi, però, i problemi più grossi che abbiamo sono il reticolo minore, il dissesto idrogeologico e le frane che stanno mettendo a rischio molte delle nostre comunità locali. Dobbiamo sfruttare le normative che ci sono a livello nazionale, anche le piattaforme come quella del RENDIS, che è una piattaforme importante, e soprattutto i fondi FSC, per trasformarli in realtà e far sì, come diceva Pirone prima (un euro speso in prevenzione elimina i sette euro spesi in emergenza) che oggi, quei soldi che sono fermi da qualche parte sui nostri bilanci e in quello nazionale, vengano davvero spesi e non rimanga solo un euro simbolico.
Certamente abbiamo una forza, che è la forza della conoscenza. Abbiamo la forza del volontariato, che ci aiuta da questo punto di vista, perché sono andato un attimo in ufficio a incontrare un'altra componente, che è il Soccorso alpino, perché il volontariato è articolato, ognuno ha un ruolo importante, e spesso non ce ne accorgiamo. Loro mi dicevano come salvano quattro o cinque vite nel corso di un anno, che sembrano poche per il numero di persone che ci lavora, che fa volontariato e per il numero di mezzi che si investe in questa materia, ma sono immense, dal punto di vista del valore umano, come ognuno di noi può riconoscere.
Ogni componente sa bene cosa fare ed è professionalizzata su quello che deve fare. Noi dobbiamo fare esattamente come fanno loro: rimboccarci le maniche, mettere un po' di praticità, insieme alla conoscenza, è certamente nei prossimi anni restituiremo un territorio, tutti insieme, migliore e soprattutto più sicuro per le nostre comunità locali e, come ha detto il Consigliere Ravetti, non per parlare del presente, ma per dare una prospettiva di futuro a tutto il nostro Piemonte.
Grazie.



(Applausi)



PRESIDENTE

Ringrazio i nostri ospiti.
Sicuramente la discussione proseguirà in Consiglio regionale nelle prossime sedute sul tema dell'alluvione.
Il Consiglio regionale si conclude qui. Buon pomeriggio a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 14.00)



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