Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.199 del 19/07/22 - Legislatura n. XI - Sedute dal 26 maggio 2019

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



(La seduta inizia alle ore 09.23)


Argomento: Veterinaria

Emergenza Peste Suina Africana strategie, prevenzione e gestione dei danni sul territorio


PRESIDENTE

Dichiaro aperta la seduta.
Ricordo che la seduta consiliare odierna è convocata in Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno, per la trattazione del tema "Emergenza peste suina africana strategie, prevenzione e gestione dei danni sul territorio".
Nel porgere i saluti a tutti i presenti, esprimo i più sentiti ringraziamenti a quanti, con i loro interventi e i loro contributi sapranno offrire a questa Assemblea spunti di riflessione e di lavoro imprescindibili.
Invito i colleghi e gli ospiti che interverranno a stare nei tempi concordati per dare la possibilità a tutti di esprimersi.
Comunico ai colleghi che gli atti di indirizzo che saranno presentati verranno messi in discussione nella seduta pomeridiana.
La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Fabio Carosso.



CAROSSO Fabio, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente e buongiorno a tutti.
Prima di procedere alla trattazione delle tematiche in oggetto, credo che sia opportuno fornire un dato sull'evoluzione della malattia nel continente europeo. La peste suina africana è una malattia virale nei suini e nei cinghiali selvatici, che spesso è letale. Per questo la malattia ha gravi conseguenze socio-economiche e, soprattutto, provoca danni agli allevamenti.
Gli esseri umani possono stare tranquilli, perché la malattia non attacca l'uomo, ma quest'ultimo ha un ruolo non trascurabile nella sua diffusione tant'è che si pensa che sia arrivata in Italia proprio tramite l'uomo.
Nell'Africa subsahariana la peste suina è considerata ormai endemica e in Europa è stata per parecchi anni presente in Italia, soprattutto in Sardegna. Nel 2007 i primi focolai arrivano in Georgia, in Armenia, nonch in Russia europea, in Ucraina e in Bielorussia. Dalla Russia alla Bielorussia la malattia si è diffusa poi all'Unione Europea e sono stati trovati i primi casi nel 2014 in Polonia, in Lettonia e in Estonia arrivando fino al 2019 dove era presente in ben 9 Stati membri (Belgio Bulgaria, Slovacchia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania). Il 7 gennaio 2022 il Centro di referenza nazionale per la peste suina ha confermato la presenza in Piemonte e l'11 gennaio anche in Liguria, dopo aver trovato i primi casi.
Per far fronte alla problematica in ambito europeo, nel corso degli ultimi anni gli Stati coinvolti sono pervenuti a tipi di approcci differenti, principalmente fondati sulla caccia finalizzata al depopolamento dei suini selvatici (i cinghiali) e sulle recinzioni nelle aree critiche con delle barriere temporanee per contenere la diffusione della malattia. È inoltre prevista una classificazione delle aree coinvolte e delle zone oggetto di restrizioni: la Zona 3 è quella in cui la malattia è entrata negli allevamenti dei suini, aspetto che per fortuna non ci riguarda; nella Zona 2 la malattia ha infettato solamente i suini selvatici (è il nostro caso, nella zona definita "rossa"); la Zona 1, invece, è la zona cuscinetto, quella che noi consideriamo a rischio.
Sulla base dell'esperienza accumulata negli anni, in particolar modo dall'esperienza del Belgio, della Repubblica Ceca, della Polonia e della Romania, si è convenuto che la soluzione più efficace per il contrasto alla malattia fosse l'applicazione di una strategia basata su alcuni metodi ovvero recinzione delle aree infette, adozione delle misure di biosicurezza e un depopolamento programmato dei cinghiali.
Dove, infatti, è stata percorsa esclusivamente la strada della caccia ad esempio, in Polonia e in Romania - i risultati dell'eradicazione sono stati insoddisfacenti, in quanto l'infezione si è propagata all'interno ed all'esterno degli Stati, quindi dalla Polonia è poi arrivata in Germania e dalla Romania ad altri Stati dell'Est europeo, coinvolgendo anche molti allevamenti di suini con danni stimati in miliardi di euro.
In Italia, soprattutto in Piemonte, abbiamo deciso, insieme al Governo e al Ministero della Sanità, di seguire l'esperienza del Belgio e della Repubblica Ceca, perché l'utilizzo tempestivo delle recinzioni, una solida strategia di depopolamento e l'applicazione ferrea delle misure di biosicurezza hanno consentito di estinguere l'infezione in circa due anni dalla presentazione dei primi focolai.
Nella Regione Piemonte, di concerto con il Ministero della Sanità e con il Viceministro Costa - che ringrazio e che sarà presente tra poco insieme all'onorevole Panza - è stata resa operativa l'Unità di crisi regionale.
Il 12 gennaio 2022 vengono varate dalla Regione le prime misure urgenti per il controllo della diffusione della peste suina in provincia di Alessandria.
Il 19 gennaio viene nominato il Commissario ad acta Giorgio Sapino, per gestire la peste suina africana nel territorio della provincia di Alessandria.
Dal 7 all'11 gennaio si è svolta in Liguria e in Piemonte la missione EUVET, con la presenza di un team di veterinari della Comunità Europea. Un team preparato che ha raccomandato di attuare tutte le strategie di informazione, biosicurezza e depopolamento previste a livello europeo indicando inoltre l'assoluta necessità di rafforzare le barriere esistenti limitrofe alle autostrade, quindi le recinzioni già presenti nelle autostrade, e di innalzare un'ulteriore barriera in grado di limitare lo spostamento della fauna selvatica all'esterno della zona definita "rossa".
Sulla base di questi presupposti e tenendo in considerazione l'esperienza maturata da altri Stati nella medesima emergenza, si è deciso a livello nazionale di adottare le strategie suggerite, ovvero quelle che hanno consentito in Belgio e in Repubblica Ceca di eradicare la malattia.
Il 17 febbraio 2022 con il decreto legge n. 9 è stata regolamentata la materia, prevedendo la nomina di un Commissario straordinario per la gestione della peste suina.
Il 25 febbraio abbiamo nominato, su proposta del Presidente e con DPCM del Governo, il Commissario straordinario dottor Angelo Ferrari, il quale avrà il compito di attuare e coordinare le misure di contenimento e di contrasto.
Il 15 marzo, con Decreto del Presidente della Giunta, è stato adottato il primo Piano di ripopolamento regionale prorogato al 30 settembre 2022.
Sulla base delle direttive europee, sono state inoltre classificate le zone di restrizione 1 nell'Astigiano e nell'Alessandrino e 2 esclusivamente nell'Alessandrino, quella che noi riteniamo la zona rossa.
La Regione Piemonte ha fin da subito collaborato con il Commissario Ferrari per l'attuazione delle misure di biosicurezza e per il riposizionamento delle recinzioni e si è peraltro deciso, per realizzare l'opera attraverso apposita convenzione con il Commissario, di mettere a disposizione la nostra società di committenza SCR, che oggi sta portando avanti il lavoro con grande professionalità ed efficienza.
Per accelerare la realizzazione la Regione Piemonte, grazie alla sanità ha anticipato una copertura dei lavori per 8.2 milioni, in modo da poter iniziare nel più breve tempo possibile la realizzazione dell'opera. È stata, inoltre, svolta un'attività di supporto e di coordinamento con i Sindaci dell'Alessandrino coinvolti nell'emergenza, raccogliendo le istanze provenienti dal territorio riguardanti la realizzazione dell'opera e l'applicazione delle misure restrittive. La Regione Piemonte, infatti consapevole delle difficoltà derivanti dall'applicazione della legge dello Stato, di concerto con il Commissario straordinario, si è adoperata affinché venissero concesse delle deroghe alle restrizioni fissate per le principali attività ricreative, di fatto consentendo un relativo ritorno alla normalità per la cittadinanza.
A questo proposito, vorrei ringraziare i Sindaci delle Province di Asti e di Alessandria, il Presidente della Provincia Bussalino e il facente funzioni Massaglia, per la grande collaborazione messa a disposizione.
Ad oggi la situazione delle infezioni presenta un'espansione contenuta grazie alla preesistente barriera costituita dalla rete autostradale (A26 e A7) e alle tempestive misure di contenimento che abbiamo adottato.
Tuttavia, non possiamo permetterci di abbassare la guardia; a giorni verrà varato il piano definitivo di interventi urgenti per il depopolamento e l'eradicazione della malattia, che, in combinazione con l'innalzamento delle barriere, speriamo possa dare a breve tempo risultati tangibili nella lotta contro la malattia.
Dobbiamo essere però chiari, perché è in gioco la sopravvivenza di un comparto strategico della nostra economia regionale e nazionale, che vale l'1,5% del PIL; solo l'export ammonta a 1,7 miliardi di euro. Abbiamo quindi il dovere di fare quanto è possibile sulla base delle indicazioni e delle esperienze maturate in altri Paesi.
Per questo motivo, l'attenzione della Regione Piemonte rimane al massimo livello e il supporto nei confronti del Commissario Ferrari, che ringrazio per l'ottimo lavoro che sta svolgendo, rimane assolutamente solido.
Voglio infine ringraziare tutti i tecnici della Regione e le ASL, che hanno messo a disposizione la propria professionalità: senza il loro impegno non sarebbe stato possibile impostare un lavoro così complesso e importante.
Un ringraziamento va anche ai miei colleghi, gli Assessori Protopapa e Icardi, che spiegheranno nella loro relazione i dettagli della questione relativi alla gestione faunistica e sanitaria.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Vicepresidente Carosso.
Invito tutti i presenti in aula ad indossare la mascherina ben calzata sul viso.
Darei ora la parola all'Assessore Protopapa.



PROTOPAPA Marco, Assessore alla caccia e pesca

Grazie, Presidente.
Buongiorno a tutti i presenti.
La giornata di oggi è veramente importante: dovrà essere una giornata divulgativa e informativa per tutti, e non soltanto per coloro che dal 7 gennaio stanno vivendo sul campo giornalmente l'evoluzione di questa drammatica emergenza sanitaria. Come ribadirò in più occasioni, ci troviamo proprio in questa situazione che ha colpito direttamente o indirettamente il nostro Piemonte. Lo ha colpito "direttamente" laddove è stato scoperto il primo focolaio della peste suina, con il ritrovamento di una carcassa nelle vicinanze dell'asse autostradale di Ovada, sulla A26; ritrovamento che ha fatto scattare un'emergenza che ha coinvolto, anzitutto, i nostri territori, ma soprattutto che ha attenzionato tutta la realtà formale e normativa europea e ministeriale.
Numerosi sono gli Enti preposti per gestire una situazione che interessa l'intera Europa, perché quando si parla di peste suina così è. È scattata anche una procedura di programmazione degli interventi da avviare nell'immediato e nel futuro, per arrivare a un debellamento auspicato soprattutto in riferimento ad altre realtà colpite prima dell'Italia.
Premesso che ciò che è accaduto in Piemonte è successo sicuramente non per un fattore di trasmissione tra animali, ma per un fattore umano. Questo dato, purtroppo, è stato confermato successivamente, quando è stata coinvolta, oltre al Piemonte e la Liguria, anche la Regione Lazio. È stato così dimostrato che non si tratta solamente di un problema di trasmissione del virus attraverso gli animali - in questo caso i cinghiali - ma dipende purtroppo dal fattore umano, dal fatto di mandare in circolo alimenti infetti provenienti da altri luoghi infetti, che possono tranquillamente creare il problema.
Naturalmente, questo problema non è facile da gestire, soprattutto quando ci troviamo con delle leggi sanitarie a mio avviso obsolete, che sono assolutamente da rivedere. Questo perché? Perché nelle varie attività svolte, in atto e future riguardanti la biosicurezza, ci troviamo paradossalmente a prevedere azioni di biosicurezza per tutelare gli allevamenti. Ma poi capita che quando un allevamento è in biosicurezza basta il ritrovamento di una carcassa infetta a 500 metri di distanza, a un chilometro o anche di più per comprometterlo.
Colgo oggi l'occasione per rivolgere un appello a revisionare una legge che non è più adeguata, soprattutto perché le attenzioni di sicurezza sono sempre più puntuali e sono oggetto di importanti investimenti. Bisogna dunque intervenire per garantire i nostri allevamenti, i nostri prodotti e il loro consumo. Questo è un aspetto che ci ha coinvolto e ci coinvolgerà ancora.
Ci siamo quindi trovati a dover fronteggiare una situazione che fortunatamente, è nata all'interno di una zona delimitata da tre assi stradali (A26, A7, bretella Novi-Ovada) che hanno permesso di contenere la diffusione del virus; virus che, fortunatamente, è risultato meno virulento di quanto si temeva. Ma su quest'aspetto lascerò parlare chi è più competente in materia, che potrà aiutarci ad affrontare e conoscere meglio questo tema.
Ci siamo quindi trovati a dover decidere quali azioni intraprendere.
Inizialmente, sono intervenuti degli esperti nominati dalla Commissione europea. Sono stati dei riferimenti importanti, proprio perché testimoni di gestioni analoghe in altri territori. Si è fatto ricorso a tali figure per vedere cosa segnalavano come adempimenti per garantire la sicurezza degli allevamenti.
Negli allevamenti dell'Alessandrino, in particolare, sono stati purtroppo effettuati numerosi abbattimenti di suini sani, proprio per il principio di cui ho parlato prima: bastava che gli animali fossero all'interno di un'area riconosciuta infetta per giustificarne l'abbattimento e la soppressione. Ribadisco ancora una volta - lo dir spesso - che è un argomento sanitario, ma relativo ad una legge che deve essere rivista.
Detto questo, abbiamo effettuato questi sopralluoghi e abbiamo appurato quali erano le istruzioni da seguire. Secondo le prime battute, scaturite dalla riunione fatta non ancora sul campo, e successivamente ai sopralluoghi effettuati da questi esperti, la soluzione si può ottenere attraverso una delimitazione del perimetro delle zone che riteniamo infette. Su questo perimetro, quindi, dovremo installare delle recinzioni che impediscano lo spostamento dei cinghiali da una zona all'altra, proprio per salvaguardare il più possibile le aree ancora ritenute sane, cioè non toccate da questo raggio d'azione, che sono i metri di distanza dalle cosiddette fasce interessate (zona rossa, zona buffer e zona bianca).
Anche questi sono dettagli che saranno poi approfonditi nei successivi interventi.
Il mio settore rappresenta sicuramente una parte lesa da questa situazione di virus, perché rientra, paradossalmente, nelle due macro discussioni in materia: la gestione dell'agricoltura coinvolta in un'esasperata situazione di presenza sempre di più capillare di cinghiali che creano danni alle aziende; la limitazione di attività che, a nostro parere, potrebbero essere risolutive per diminuire la presenza dei cinghiali.
Ricordiamoci che tutto questo è accaduto da gennaio in poi, per cui nell'attività eccezionale della caccia programmata, i territori sono stati coinvolti in modo diverso. Nell'Alessandrino e in parte nell'Astigiano, ad esempio, avevamo ancora il mese di gennaio per intervenire con la caccia programmata. Ricordo che la caccia programmata è una caccia molto intensiva, organizzata in squadre e condotta con cani. È sicuramente una caccia che porta a dei risultati. Logicamente, questa attività si è dovuta interrompere con l'arrivo delle prime circolari e degli ordini ministeriali, che impedivano ogni tipo di attività di sparo all'interno di quelle zone.
Cos'è rimasto, quindi, di attivo? È rimasta la normalità dell'attività venatoria, al di fuori dei tre mesi di caccia, che generalmente vanno da settembre a dicembre, o da ottobre a gennaio. Si tratta di attività che oggettivamente, negli anni sono risultate poco efficaci per tanti motivi soprattutto perché la selezione - attività applicabile tutto l'anno - non ha mai dato grandi risposte. È eseguita soprattutto da persone volontarie e questo rappresenta uno dei dilemmi che oggi stiamo affrontando. Perch la caccia - soprattutto quando si parla di cacciatori - è ritenuta comunque una soluzione relativa in caso di emergenza. A nostro avviso infatti, in situazioni di emergenze occorrono attività dirompenti, ma gestite dallo Stato e dalle istituzioni che si occupano di emergenza attiva. E qui arriviamo alle difficoltà di gestione delle Province, che fortunatamente, non sono tutte uguali, per cui agiscono in modo diverso anche se così non dovrebbe essere - per cause oggettive: alcune Province ad esempio, dispongono di guardie venatorie utilizzabili, ma i cui numeri per quanto possano sembrare alti, sono bassissimi a fronte di una situazione emergenziale.
Ecco perché spesso ci ritroviamo in difficoltà in termini di controllo e di contenimento, azioni mai bloccate al di fuori dello spazio intoccabile che è la zona rossa, la zona infetta. In tutte le altre zone del Piemonte nessuno ha mai bloccato nulla, quindi le attività consuete e continuative che si sviluppano tutto l'anno stanno continuando. Ovviamente, servono azioni più puntuali. Su questo siamo intervenuti, in attesa che si sviluppino dei Piani di eradicazione e di ripopolamento, ormai in fase conclusiva, che ci daranno indicazioni e future linee guida da applicare.
Tuttavia, le riteniamo azioni ancora poco efficaci, perché condizionate da regole che speriamo possano essere riviste una volta posizionata la recinzione richiesta e consigliata (è sicuramente un'opera dovuta) per riuscire a voltare pagina.
Ciò che si è fatto fino adesso è stata un'azione di gestione, che, con le ordinanze predisposte anche dal Presidente Cirio, in concerto con la Giunta, ha permesso di dare un po' più di respiro, un po' più di attuazione e un po' più di libertà alle parti attive che possono essere d'aiuto alle guardie venatorie e ai cacciatori.
A questo punto, entriamo nel merito delle guardie volontarie, dei selecontrollori e dei tutor, in sinergia con gli agricoltori colpiti da questa disgrazia con danni continui, costanti e onerosi. Su questo dobbiamo veramente intervenire con un progetto futuro, ma non troppo: quando ne avremo la possibilità, con il bilancio metteremo sicuramente in campo un'azione di aiuto nei confronti delle Province, per avviare assunzioni mirate di soggetti professionisti, non volontari, ma pagati per svolgere un'attività di controllo e di contenimento.
Vi ricordo che è un argomento che è stato anche dibattuto recentemente a Roma alla presenza di 21 Assessori regionali all'Agricoltura, davanti ad una Commissione in cui abbiamo unanimemente condiviso, ahimè, una criticità che colpisce tutta la Nazione (perché i cinghiali non sono soltanto in Piemonte).
In prima battuta, dopo quello che era successo, auspicavo che ci poteva essere una forte spinta a risolvere il problema, un problema emergenziale un problema in cui la biodiversità è completamente saltata dagli schemi. È vero che ci potrebbero essere, forse, altre soluzioni che potrebbero aiutare a risolvere il problema, ma certamente non adesso, perch registriamo ancora dei numeri veramente elevati di presenze. Di conseguenza, dobbiamo prima ritornare ad una cosiddetta "normalità" paradossalmente, quando nel 1992 fu approvata la legge n.157, la legge che attualmente gestisce la caccia, non si pensava certo che si sarebbe potuti arrivare a questo punto. Motivo in più per cui oggi ci troviamo con una legge completamente inadeguata, una legge che, a più riprese, negli ultimi decenni - con questo certifico i nei miei tre anni di presenza, insieme ai colleghi - abbiamo chiesto di cambiare. Abbiamo verificato che in quella legge alcune cose non erano più attuabili, ma con fatica siamo ancora qui a non aver ricevuto delle risposte.
Auspichiamo che il 25 di questo mese possa esserci una condivisione di quelle piccole modifiche che sono state richieste e predisposte. Al riguardo, ringrazio per la presenza il Viceministro, che, insieme ad altri colleghi, si è adoperato in questo senso, affinché si arrivi ad una risoluzione e si cominci a dare un messaggio di cambiamento; non sarà certo un messaggio totale e completo, ma rappresenterà finalmente un segnale in tal senso. Tutto ciò ci aiuterà a gestire i volontari, che oggi non sono collaborativi: secondo gli esperti, infatti, per fare qualcosa occorre conoscere la materia. E fino adesso siamo stati accusati, spesso e volentieri, di non voler risolvere il problema perché non concediamo l'autorizzazione ad andare a caccia. Sappiamo anche noi che la caccia programmata offre delle soluzioni; di conseguenza, potremmo dare la possibilità di risolvere certi problemi, ma questo lo si fa quando la legge lo permette. Se la legge stabilisce che si può fare la caccia programmata solamente tre mesi all'anno (92 giorni), ecco che una risoluzione che auspichiamo potrebbe essere quella di aumentare di 30 più 30, quindi di 60 giorni, questa attività. Questo potrebbe dare delle risposte importanti sempre che - e concludo rimanendo a disposizione - l'esecuzione della rete avendo rispettato certe imposizioni, ci permetta poi di andare avanti con l'attività venatoria.



GAVAZZA GIANLUCA



PRESIDENTE

Ringraziamo l'Assessore Marco Protopapa per la relazione.
Ha chiesto di intervenire l'Assessore Luigi Icardi.
Prego, Assessore, ha facoltà di intervenire.



ICARDI Luigi Genesio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente e buongiorno a tutti.
Signor Sottosegretario, cari colleghi, parliamo ancora di epidemie: dopo il COVID, anche la peste suina. È però un'epidemia che, dal punto di vista dalla sanità pubblica, non è così impattante, nel senso che il virus non colpisce direttamente l'uomo, ma ha un impatto economico di grande rilevanza anche sull'immagine del Piemonte. In Piemonte abbiamo una popolazione di suini di circa 1 milione e 300.000 capi allevati e un giro d'affari che supera il miliardo di euro l'anno. Come dicevo, il virus non contagia l'uomo, ma certamente può creare davvero problemi enormi alla filiera suinicola.
Tra gli obiettivi prioritari che la sanità si è posta, dopo il fatidico 6 gennaio in cui è stato riscontrato il primo caso di peste suina nell'Alessandrino, vi è innanzitutto quello di evitare il passaggio del virus dal suino selvatico, cioè dal cinghiale in cui il virus era presente al suino domestico; evitare la diffusione del virus ad altri territori evitare l'allargamento della zona infetta, quindi tutte misure di contenimento. Per far questo, già da subito abbiamo nominato un Commissario presso l'ASL di Alessandria che supportasse tutte le attività necessarie, i veterinari e l'ASL. È persona di grande esperienza, che ha dato una serie di indicazioni e ha svolto una serie di lavori importanti che citerò sommariamente.
Uno dei più importanti interventi che abbiamo ritenuto di dover fare proprio nell'ottica di evitare il passaggio del virus dal selvatico al domestico, era finalizzato ad impedire il blocco da parte dell'Unione Europea delle esportazioni dei nostri prodotti di derivazione suina, dal prosciutto, al culatello, e tutti gli insaccati e i sottoprodotti che la filiera del suino produce, con un danno rilevantissimo. Soprattutto nei Paesi che non riconoscono la regionalizzazione, questo avrebbe significato un blocco nazionale. Questo, ovviamente, era il primo obiettivo da raggiungere, la cosa da evitare.
Si è quindi pensato, con l'accordo del Ministero e l'approvazione dell'Unione Europea, di eliminare dalla zona infetta tutti i suini presenti. Ahimè, i tentativi e le trattative per vendere questi animali sono finiti tutti nel nulla, per cui è stato necessario abbattere e distruggere circa 7.000 capi, con il finanziamento della legge n. 218 a ristoro degli allevatori (per la parte relativa al valore dell'animale).
Poi l'Assessorato all'agricoltura, insieme al Ministero, provvederà agli indennizzi per il mancato reddito, per la chiusura delle stalle, eccetera.
Le attività sono state coordinate dal Commissario Ferrari (che ringrazio per la presenza), successivamente nominato. Con questo provvedimento finanziato dalla legge n. 218 ed approvato dalla Regione, dal Ministero e dall'Unione Europea, si è scongiurato il rischio del passaggio del virus nella zona infetta dal cinghiale al maiale.
Tra le varie attività svolte dal Commissario Sapino nell'area specifica c'è innanzitutto la costituzione di un'Unità di crisi locale per la PSA, la costituzione di un numero telefonico di emergenza PSA, l'attivazione del punto di raccolta e di deposito del materiale di categoria 1 presso l'area ex macello del Comune di Novi Ligure e, cosa molto importante, la predisposizione di protocolli operativi di biosicurezza per il recupero su tutto il territorio dell'ASL delle carcasse di cinghiali morti.
Oltre a questo, c'è anche la gestione dei campionamenti organici (oltre 100 casi positivi), la gestione dei campioni di trichina di PSA, secondo un protocollo operativo consolidato; la preparazione di kit di biosicurezza da gestire sul territorio e tutto il censimento degli allevamenti non solo nelle zone infette, ma anche in zona buffer; la verifica sul campo del rispetto delle norme di biosicurezza e il supporto per la gestione degli allevamenti familiari. Quest'ultimo aspetto è importante per il tema della gestione della macellazione dei suini a domicilio, che sono state oltre 100, attuate con la predisposizione di specifiche procedure operative che rispettassero i criteri di biosicurezza.
Poi c'è stata anche l'individuazione di un impianto di macellazione nella zona infetta, la cartellonistica e tutta una serie di altre attività accessorie per garantire questa biosicurezza e scongiurare i rischi che prima ho citato.
Naturalmente - l'ha citato prima il mio collega - il tema importante su cui la Giunta si è confrontata è quello di avere una sovrappopolazione di suino selvatico un po' su tutto il Piemonte. Io non sono un tecnico, ma mi riferiscono che sono oltre 50.000 i capi, per cui la Giunta, già nelle prime fasi dell'emergenza, ha preso atto di questi dati e ha manifestato la volontà (a seguire c'è stata anche un'ordinanza del Presidente) di procedere con un depopolamento e un riequilibrio della popolazione del suino selvatico, poi gestita dal competente Assessorato all'agricoltura in collaborazione con il Ministero.
È stata attivata anche una serie di corsi di formazione in biosicurezza presso le nostre Aziende sanitarie. Quindi sono state messe in campo tutte le attività per scongiurare il rischio di passaggio del virus dal cinghiale al maiale. È stata anche elaborata una serie di protocolli operativi, con i quali si sono concesse alcune deroghe rispetto alle restrizioni che l'Unione Europea e la normativa nazionale ci impongono in presenza di focolai e di zone infette da peste suina, proprio per permettere alle attività in loco di effettuare almeno quel minimo vitale che consentisse loro di andare avanti, compatibilmente con le misure di biosicurezza e di contenimento della peste suina.
Oggi la questione sanitaria è sotto controllo e ci auguriamo che i piani di depopolamento e tutti i provvedimenti che, a livello locale l'Assessorato all'agricoltura, il Commissario straordinario ministeriale e il Ministero stanno mettendo in campo insieme alla Regione possano portare a quelle condizioni di equilibrio e di riduzione del rischio che tutti auspichiamo.
Nel contempo, terremo alta la guardia per tutelare tutte le nostre attività economiche e, in particolare, tutta la filiera suinicola che in Piemonte ha un'importanza davvero strategica.
Per il momento mi fermerei qui, Presidente, ma sono disponibile per ogni integrazione che si rendesse necessaria.



PRESIDENTE

Ringraziamo l'Assessore Luigi Icardi per la relazione.
Diamo ora la parola al Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, onorevole Andrea Costa.
Prego, onorevole; ne ha la facoltà.



COSTA Andrea, Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute

Grazie, Presidente.
Un saluto a tutti e grazie per l'invito. Credo che fosse doverosa la mia presenza oggi qui, perché, di fronte ad una situazione di emergenza come quella della peste suina, è importante testimoniare la vicinanza dello Stato ai territori, ai cittadini, alle attività e alle istituzioni.
Colgo l'occasione per ringraziare le istituzioni e, in particolare, la Regione Piemonte, per il grande sforzo compiuto in questi mesi di percorso fatto insieme nel condividere tutta una serie di attività che siamo riusciti a mettere a terra, grazie al contributo di tutti.
Credo che la pandemia ci abbia insegnato che le grandi sfide si possono affrontare e gestire se si riesce a fare squadra e se si riescono a creare le condizioni affinché ognuno possa dare il proprio contributo. Credo anche che la gestione della peste suina rappresenti una grande sfida, dove c'è bisogno di recuperare e di mantenere questo spirito di coesione nei confronti del territorio e dei cittadini e dove le istituzioni, insieme, si impegnano e si sforzano di mettere in atto quelle scelte condivise anche con la Commissione europea che ci permettono di gestire ed affrontare la situazione.
Siamo di fronte, a mio avviso, a più emergenze, una delle quali è certamente la peste suina. Dobbiamo assolutamente tutelare un comparto importante per il nostro Paese, com'è il comparto suinicolo, che garantisce oltre 100.000 occupati e che permette al nostro Paese di avere risultati importanti dal punto di vista economico. Sotto questo aspetto abbiamo cercato di mettere in atto delle iniziative che consentissero il contenimento della diffusione del virus e le recinzioni. Anche su questo è stato fatto un grande lavoro sul territorio, che non era né facile n scontato. Ho fatto il Sindaco per tanti anni e so cosa vuol dire condividere con i cittadini scelte che possono sembrare facili sulla carta ma nel momento in cui le si vanno ad attuare sul territorio, se non si riesce a instaurare quel rapporto di dialogo, di condivisione per far comprendere che certe scelte sono opportune e necessarie, difficilmente si raggiunge il risultato. Ecco, devo dire che qui in Piemonte avete raggiunto un grande risultato, perché definire dove posizionare una recinzione è un elemento fondamentale e importante. Questo è stato possibile grazie al contributo di ognuno di voi e al contributo di tutti i cittadini.
A mio avviso, da qui dobbiamo ripartire, nella consapevolezza che abbiamo una sfida comune, dove ognuno di noi ha il solito obiettivo, cioè quello di contenere questo virus ed evitare che un comparto economico possa essere messo in difficoltà.
Abbiamo messo a disposizione, come Governo, una prima parte di risorse, e anche questa è stata una risposta importante; risorse che certamente dovranno essere incrementate, anche perché quando emanammo il decreto, la peste suina era circoscritta alla Regione Piemonte e alla Regione Liguria ma oggi si è estesa anche nella Regione Lazio, quindi c'è sicuramente bisogno di un sostegno maggiore. Finalmente, abbiamo reso disponibili anche le risorse per gli interventi che vanno a incrementare la biosicurezza perché è chiaro che, se da un lato dobbiamo mettere in atto tutta una serie di iniziative per contenere la diffusione del virus, contemporaneamente dobbiamo mettere in sicurezza i nostri allevamenti. Pertanto, qualche settimana fa ho firmato un decreto che mette a disposizione 15 milioni di euro ed è stato approvato unanimemente in Conferenza Stato-Regioni; anche questo è un elemento importante.
Credo, però, che dobbiamo avere il coraggio e la consapevolezza che dobbiamo cogliere questa occasione per affrontare e risolvere un'altra emergenza che colpisce il nostro Paese: mi riferisco alla presenza degli ungulati nel nostro territorio. Ricordo che ogni anno il comparto agricolo subisce oltre 20 milioni di euro di danni. Quotidianamente la pubblica incolumità è messa a rischio dalla presenza dei cinghiali, quindi credo che oggi ci sia la necessità di ristabilire quell'equilibrio ambientale che non c'è più.
L'equilibrio ambientale lo si può ricostruire grazie all'intervento dell'uomo, garantendo la presenza dell'uomo. Credo che sia anche tramontato quell'approccio ideologico secondo cui la tutela e la difesa dell'ambiente si ottiene proibendo ogni attività all'uomo e limitando la sua presenza; ci dev'essere la consapevolezza che, grazie alla presenza dell'uomo, che garantisce il suo presidio anche con le proprie attività, si riesce a mantenere e a preservare il territorio.
Allora, dobbiamo evidentemente cambiare le regole, com'è stato detto da chi mi ha preceduto. Siamo di fronte a una fase nuova, ad una nuova stagione: c'è sicuramente una sensibilità diversa e dobbiamo dare alle Regioni la possibilità di gestire questo equilibrio ambientale, anche per quanto riguarda la presenza di questi animali sul territorio nazionale.
È pronto un decreto, condiviso con il Ministro Patuanelli e con il Ministro Cingolani, che prevede l'estensione del periodo di caccia da tre a cinque mesi, per dare l'opportunità alle Regioni di una migliore gestione sui propri territori, nella consapevolezza - lo ripeto - che si debba ricostituire quell'equilibrio che oggi non c'è più, quell'equilibrio che deve essere per forza ripristinato per garantire a chi investe sul nostro territorio di poterlo fare nelle condizioni migliori: non possiamo permetterci che, a seguito di approcci ideologici, si vadano a creare situazioni come quella che stiamo vivendo in questo momento nel nostro Paese.
Sono fiducioso e convinto che, anche grazie al contributo delle Regioni con le quali c'è un rapporto di costante e quotidiano dialogo, si possa avviare un percorso che ci porti alla condivisione di nuove regole per aprire una nuova stagione.
Inoltre, c'è dialogo anche con la Commissione europea: anche in questo caso, abbiamo seguito le indicazioni, ma ogni giorno dobbiamo cercare di pretendere un approccio diverso da parte della Commissione, perché è chiaro che il problema dobbiamo affrontarlo e dobbiamo gestirlo. Il nostro Paese e le Regioni stanno dimostrando la volontà di rispettare queste regole. Sotto questo profilo, sono fiducioso che anche da parte della Commissione ci sia un approccio di condivisione e anche una presa di coscienza di quanto sta facendo il nostro Paese per gestire questa situazione.
Ricordo che anche in Sardegna il problema esiste ormai da decenni: fortunatamente, abbiamo condiviso un percorso e sono contento di poter annunciare che entro la fine dell'anno la Regione Sardegna uscirà dalla situazione di embargo. Il fatto di poter dire che il problema si pu risolvere e che ci possono essere vie d'uscita è sicuramente un messaggio importante, soprattutto quando altre Regioni e altri territori stanno vivendo la stessa situazione. Credo che questo possa rappresentare un importante elemento di fiducia, che ci consentirà di affrontare in queste settimane questa sfida con maggiore consapevolezza e positività.
Da parte mia (mi è stata affidata la delega per seguire nello specifico questa vicenda) rinnovo la mia totale e completa disponibilità e colgo l'occasione per ringraziare il Commissario Ferrari, che, con grande competenza, con grande professionalità, con grande entusiasmo e con grande passione sta seguendo questa partita non facile e complicata.
Ringrazio nuovamente la Regione. Ho avuto modo di lavorare a fianco degli Assessori Icardi, Protopapa e Carosso, che ringrazio, perché c'è stato veramente un proficuo comune lavoro di condivisione e anche di vicinanza al territorio.
Credo che, al di là delle scelte, sia importante trasmettere ai cittadini che c'è un'unità istituzionale: tutti insieme per risolvere il problema. Ci sono ovviamente criticità che devono essere ancora affrontate e che devono essere risolte, ma oggi le Regioni, Piemonte compreso, si sono dotate del PRIU, uno strumento importante per arrivare al contenimento del numero dei cinghiali. È già iniziato il percorso di abbattimento, con numeri tutto sommato importanti e positivi, numeri che devono crescere. Su questo, con il Commissario abbiamo già parlato a lungo, per cui sa qual è la mia posizione; credo che una volta posizionata la recinzione, dobbiamo ovviamente prevedere anche attività di abbattimento all'interno della zona rossa, perché dobbiamo assolutamente ridurre la presenza dei cinghiali. In proposito, ho recepito che c'è una grande disponibilità a cogliere le indicazioni che arrivano dal territorio.
Ci tenevo a essere qui per condividere con voi queste riflessioni e soprattutto per rinnovare la mia completa e totale disponibilità, ma anche per ringraziarvi per tutto quello che avete fatto. Abbiamo bisogno di mantenere questo spirito di coesione, perché se riusciremo a farlo, sarà più facile condividere le scelte e raggiungere l'obiettivo che ci siamo prefissati a beneficio dei territori e dei cittadini. Ancora grazie.
Mi fermerò ancora un pochino per seguire i lavori del Consiglio, ma anticipo che non potrò fermarmi fino alla fine; ci tenevo, comunque, ad essere presente per testimoniare vicinanza, sostegno e condivisione insieme a voi.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola all'onorevole Alessandro Panza, Europarlamentare.



PANZA Alessandro, Europarlamentare

Buongiorno e grazie, Presidente.
Un saluto a tutta la Giunta presente, al Presidente Cirio e a tutti i Consiglieri regionali. Un ringraziamento per questo Consiglio regionale aperto su una tematica così importante per il nostro territorio.
Dal punto di vista europeo, visto che siamo abituati ad avere tempi di intervento molto rapidi, vi farò una veloce carrellata delle indicazioni europee, dal punto di vista regolamentare, e delle prospettive per la gestione di questa tematica che non riguarda solo il Piemonte o la Liguria ma una parte importante del continente.
Il Regolamento di esecuzione (UE) 2021/605 della Commissione del 7 aprile 2021, che istituisce misure speciali di lotta contro la peste suina africana, è stato adottato dalla Commissione sulla base del nuovo quadro giuridico del Regolamento, in particolare il 2016/429, la cosiddetta "Normativa sulla salute degli animali".
Nell'Unione Europea si applicano misure speciali di lotta contro la peste suina africana in aggiunta alle norme per la prevenzione e il controllo di alcune malattie elencate, di cui al Regolamento delegato 2020/687 della Commissione. In base alla situazione epidemiologica della peste suina africana, le zone colpite da tale malattia negli Stati membri interessati sono elencate come zone soggette a restrizioni di prima, seconda e terza fascia, nell'allegato I del Regolamento di esecuzione 2021/695 della Commissione, che sono le tipologie che illustrava l'Assessore Carosso poc'anzi.
La mappa prevede, inoltre, una rappresentazione indicativa di una zona infetta per la peste suina africana, di cui alla decisione di esecuzione 2022/920 della Commissione, adottata il 13 giugno 2022, recante alcune misure di emergenza relative alla peste suina africana in Italia, nonch una rappresentazione indicativa delle zone di protezione/sorveglianza per la peste suina africana, di cui alla decisione di esecuzione 921 della Commissione, sempre del 13 giugno 2022, e decisione di esecuzione 2022/1189 della Commissione dell'8 luglio 2022, recante alcune misure di emergenza relativa alla peste suina africana in Germania.
La diffusione numericamente rilevante del virus è iniziata nel 2014 e oggi coinvolge la Polonia, la Germania, tutta la fascia baltica, la Romania, l'Ungheria e la Slovacchia. Il Belgio e la Repubblica Ceca hanno affrontato il virus come noi, recintando le aree infette. Sta funzionando anche in Germania, sebbene ci sia un grosso problema di cinghiali che arrivano dalla Polonia in maniera continuativa, ed è una situazione territoriale che impedisce una barriera efficace.
Alla fine del 2020, dopo due anni di presidio e un anno di assenza di nuovi focolai, il Belgio è stato dichiarato indenne alla peste suina africana, diventando il secondo Paese colpito, nell'Unione Europea, che è riuscito a debellare la malattia nel suo territorio, insieme alla Repubblica Ceca.
In Belgio, la peste suina non ha mai colpito gli allevamenti domestici in modo rilevante, per questo è fondamentale che i protocolli sul presidio delle aree infette, l'abbattimento circostanziato dei capi e la garanzia di un elevato livello di biosicurezza negli allevamenti vengano assicurati dal coordinamento delle forze in campo.
Nel 2020 l'Italia, in considerazione dell'epidemia europea, in base a quanto previsto nell'ambito della strategia comunitaria di prevenzione e controllo della malattia, ha elaborato un Piano di sorveglianza nazionale che contempla anche una parte dedicata alla sola Sardegna, relativamente alle misure volte al raggiungimento dell'eradicazione. Il Piano viene presentato annualmente alla Commissione europea per l'approvazione e il cofinanziamento, come previsto dalle norme comunitarie, e lo Stato membro interessato presenta alla Commissione europea uno specifico Piano di eradicazione (quello di cui parlava prima il Sottosegretario).
Dopo lo sviluppo del focolaio in Liguria e in Piemonte, sulla base dell'indagine epidemiologica, il Ministero della Salute, unitamente a un gruppo di esperti, ha immediatamente definito una zona infetta comprendente diversi Comuni delle province di Alessandria, Genova e Savona, nella quale è stata vietata qualsiasi attività agroforestale - quindi l'accesso del pubblico - anche tenuto conto che la malattia è trasmissibile con la movimentazione di animali, persone, veicoli e materiali contaminati, tra cui rifiuti di cucina, scarpe, vestiti, attrezzi zootecnici e quant'altro.
Analoga procedura è stata attivata non appena è stato confermato anche il caso di Roma.
Il Piano di sorveglianza nazionale già in vigore continuerà ad essere applicato nelle aree del Paese al momento non interessate dalla malattia.
Il Piano nazionale prevede, tra le principali misure, la sorveglianza passiva nel settore domestico e selvatico; la verifica del livello di applicazione delle misure di biosicurezza in allevamento; l'attività di formazione e di informazione degli allevatori, dei cacciatori e di tutti i soggetti in qualche modo coinvolti, al fine di aumentare la consapevolezza e la conoscenza della malattia. Oltre a ciò, nel settore dell'allevamento suinicolo ogni segnale sospetto di malattia deve essere segnalato ai servizi veterinari; inoltre, sono sottoposti a controllo diagnostico i suini deceduti in aziende e specifiche percentuali quantificate in base alla consistenza numerica della popolazione allevata e dal rischio. È prevista, inoltre, la verifica del livello di implementazione delle misure di biosicurezza degli allevamenti suini, pilastro fondamentale nella prevenzione dell'infezione, con particolare riferimento alla possibilità di contatto con i selvatici, responsabili del mantenimento del virus nell'ambiente e della sua diffusione, in virtù delle grosse distanze che i cinghiali riescono a coprire quotidianamente.
È evidente che il territorio ha tutto l'interesse a seguire il perimetro fornito dai protocolli europei e dal piano di eradicazione; questo per avere titolo, poi, anche nel riconoscimento degli sforzi profusi e alle eventuali misure di sostegno comunitario che devono affiancarsi a quelle nazionali.
Per questo, il ruolo del Commissario è delicato e difficile, in quanto deve rendere percorribili, calandosi sulla realtà specifica locale, le indicazioni scientifiche e di presidio sanitario che hanno ben dimostrato nel tempo, di essere efficaci. È bene che in questo senso stiano iniziando le operazioni di contenimento degli esemplari, in armonia con indicazioni di sanità derivanti dal piano di eradicazione.
Due mesi fa - e vengo alla conclusione - la delegazione della Lega al Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione europea se intendeva valutare di intraprendere misure economiche straordinarie di supporto per i Paesi colpiti dall'epidemia di peste suina africana, in riferimento alla situazione epidemiologica che sta colpendo il nostro Paese, con l'attuale coinvolgimento di tre Regioni, che sta mettendo in ginocchio l'economia di interi territori a causa del blocco delle importazioni da parte di alcuni Stati, con danni stimati, per l'export, di circa 20 milioni di euro al mese. Centinaia di aziende del comparto suinicolo sarebbero a rischio di chiusura, mettendo in pericolo migliaia di posti di lavoro.
In risposta, la Commissione europea si è resa disponibile a considerare anche un sostegno eccezionale, ai sensi dell'articolo 220 del Regolamento sull'organizzazione comune dei mercati, previa richiesta debitamente motivata e cofinanziata da parte dello Stato membro colpito da peste suina africana.
Lo stanziamento totale dei fondi da parte dell'Unione Europea per la peste suina africana per il periodo 2014-2022 è di circa 275 milioni di euro. Sono stati utilizzati due diversi strumenti per sostenere gli Stati membri: programmi di eradicazione per 100 milioni di euro e misure di emergenza per euro 175 milioni.
La Lega, inoltre, ha approvato alla Camera dei Deputati una mozione per l'aumento dei fondi disponibili per l'azione del Commissario straordinario si tratta di fondi necessari per la messa in sicurezza delle aree infette biosicurezza degli allevamenti, indennizzi per fermo stalla e attività turistiche che hanno subìto un danno diretto o indiretto. La mozione prevede, inoltre, indicazioni più incisive sugli abbattimenti, aprendo a nuove figure (come i cacciatori formati ad hoc) per intervenire in modo chirurgico: è un passo avanti per l'eradicazione della peste suina dal nostro territorio, grazie anche alla collaborazione sinergica con gli Enti regionali. Ho concluso.
Ringrazio ancora il Presidente Cirio appena arrivato e ringrazio il Sottosegretario Costa per l'intervento. Ringrazio ancora tutta la Giunta per avermi concesso di intervenire.



PRESIDENTE

Ringraziamo l'Europarlamentare Alessandro Panza per la relazione.
La parola al Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.
Prego, Presidente, ha facoltà di intervenire.



CIRIO Alberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie e buongiorno a tutti.
In teoria avrei dovuto arrivare per l'apertura dei lavori, per fare i saluti iniziali: mi scuso, ma i problemi da gestire sono sempre tanti.
Ci tenevo ad intervenire non soltanto perché questo è un tema fondamentale, un tema di assoluta importanza, ma perché è l'ennesima emergenza che ci troviamo a dover gestire. Volevo ringraziare di cuore il Sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, per il lavoro che sta facendo forse anche per la sua provenienza geografica in quella parte di Liguria così vicina all'incrocio tra Toscana, Emilia Romagna e Piemonte, dove il tema della peste suina è quantomai sentito; ci sta dando un aiuto importante su un tema estremamente delicato, che va affrontato con grande senso di attenzione e di responsabilità da parte di tutti, in particolare da una Regione come la nostra.
L'allevamento dei suini è un punto di forza della nostra economia: un pezzo del PIL fondamentale del Piemonte arriva proprio da quel mondo di allevatori. E il rischio che oggi riguarda la fauna selvatica, ma che, se non gestito, potrebbe in futuro intaccare anche quel pezzo della nostra economia, sarebbe davvero un danno assolutamente ingestibile per il Piemonte, che, unendosi all'emergenza idrica, al calo delle materie prime alla difficoltà delle esportazioni, alla guerra e a tutto il resto, darebbe davvero un colpo esiziale, io temo, a molte aziende piemontesi che oggi stanno già vivendo questa gravissima emergenza, insieme alle altre emergenze.
Voglio inoltre ringraziare il Vicepresidente Fabio Carosso. Come abbiamo imparato a fare nella gestione delle emergenze - le emergenze sono trasversali, non riguardano compartimenti stagni (o solo la salute o solo l'agricoltura o solo la montagna) ma tanti settori - - è necessario che queste vengano seguite con una delega specifica. Ho chiesto al Vicepresidente di guidare questa compagine, di cui fanno parte sia l'Assessore Icardi sia l'Assessore Protopapa per le rispettive competenze che ha bisogno di una visione di insieme, di una regia complessiva.
Così come voglio ringraziare il Commissario straordinario interregionale che sta seguendo, in mezzo a mille difficoltà, la gestione di questo tema.
Sono contento che l'onorevole Panza abbia parlato prima di me, perché noi ci stiamo muovendo nel rispetto delle indicazioni tecniche che ci arrivano dall'Europa, che non sono politiche, ma sono tecniche e sono finalizzate o meglio, sono basate sull'esperienza specifica di altri Paesi d'Europa che si sono visti arrivare la peste suina prima di noi e che hanno portato alla soluzione o al contenimento del problema.
Quando mi hanno spiegato che dovevamo realizzare qualche centinaia di chilometri di rete, dentro di me ho sorriso per l'incredulità. Ma poi ho studiato il progetto, ho letto le relazioni tecniche che la Commissione di Bruxelles ha mandato sul nostro territorio; ho guardato cosa hanno fatto in Polonia, cosa hanno fatto in Cecoslovacchia e quella rete pare essere oggi l'unico strumento reale, con tutte le sue difficoltà e criticità, che ci possa permettere il contenimento degli animali in una determinata area rossa, proteggendo dalla diffusione del virus.
Fare una rete è complicato; noi viviamo in agricoltura e sappiamo cosa vuol dire costruire una rete; soprattutto sappiamo - guardo il Consigliere Demarchi, perché chi si occupa di agricoltura le sa queste cose! - che fare una rete di contenimento per i cinghiali non è una cosa da poco. Sappiamo anche che le reti di contenimento, che sono fatte per i cinghiali contengono poi anche le altre specie. A volte, le stesse reti di contenimento - guardo la Consigliera Frediani perché abbiamo certe sensibilità comuni sul benessere animale - diventano anche il luogo in cui muoiono molti altri animali che non hanno nulla a che fare con la peste eppure rimangono imprigionati all'interno di questa rete. Questo è un problema.
Come sempre accade - ce l'ha insegnato la pandemia su questioni ben diverse che riguardano la salute dell'uomo - bisogna mettere sul piatto della bilancia i pesi e bisogna mettere sul piatto della bilancia la tutela degli interessi che noi vogliamo garantire.
Oggi dobbiamo garantire l'interesse economico, agricolo e rurale di una fetta fondamentale della nostra economia e gli strumenti che stiamo adottando sono quelli che hanno funzionato nel resto d'Europa. Insieme a questo - approfitto della presenza del Sottosegretario - dobbiamo affrontare in modo diverso il tema dalla fauna selvatica, che non è più gestibile così come lo stiamo gestendo. È un tema delicatissimo, basta osservare ciò che sta accadendo nel nostro Paese e anche nella nostra regione, dove il problema della fauna selvatica non è più solo un problema agricolo, che già sarebbe grave (se ad un lavoratore decurtassero ogni mese il 40% dello stipendio vorrei vedere se non si ribellerebbe!). La fauna selvatica genera ai nostri agricoltori danni che vanno mediamente dal 30 al 40% dell'introito del loro raccolto. Questo è già motivo di attenzione ma a questo bisogna associare il tema della sicurezza pubblica. Ormai sono sempre più frequenti i casi di morti, che non hanno nulla a che fare con il tema dell'agricoltura, ma che hanno a che fare con un tema che abbiamo più volte segnalato ai Prefetti, perché sta diventando un problema davvero di sicurezza pubblica, che attiene ad una competenza addirittura prefettizia non solo regionale.
Tutti ci dicono: "Fate di più per abbattere i cinghiali, fate di più per contenere la fauna selvatica". Ma se non cambiano le norme nazionali, fare di più non è possibile, perché il nostro ordinamento nazionale - che noi rispettiamo, siamo sabaudi e rispettiamo le regole - prevede, ogni volta che si devono attuare degli abbattimenti straordinari, talmente tali e tanti limiti imposti da ISPRA che alla fine gli abbattimenti risultano inefficaci.
Io non sono un tecnico del tema, ma a forza di approfondire la materia questo aspetto lo abbiamo toccato con mano. Quando vai sui territori e ti viene detto: "Per effettuare un certo tipo di caccia di selezione efficace ho bisogno di farlo in un certo modo, perché non è che chi devo abbattere sta lì a farsi abbattere. Ho bisogno di regole precise che mi permettano di farlo in via straordinaria", purtroppo nell'ordinarietà della situazione non siamo mai riusciti ad ottenerlo. Sapete quanti problemi abbiamo nel nostro Paese ogni volta che si parla di caccia. Qui non stiamo parlando di caccia, voglio essere molto chiaro; qui stiamo parlando di un problema di ordine pubblico. Ma, giustamente, quando si toccano le sensibilità che riguardano la vita - peraltro, è giusto che ci siano anche queste sensibilità; anzi, fanno parte di ciascuno di noi - nascono dieci mila obiezioni, dieci mila impugnative, dieci mila esposti, che però paralizzano l'attività. Se non ci sono leggi chiare che permettano interventi chiari questa situazione non la risolviamo e non lo risolveremo mai.
La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato. Parte da lì il problema ed è un problema giuridico puro: essendo patrimonio dello Stato, è suo e non è tuo. Quindi è lo Stato che deve occuparsi del suo contenimento e sarebbe anche lo Stato che dovrebbe pagare i danni. Se oggi avete una macchina distrutta dall'attraversamento di qualsiasi animale, provate a vedere se c'è qualcuno che vi dà un euro! Le compagnie di assicurazioni non assicurano più le Province e il cittadino che si trova incolpevolmente la macchina distrutta, senza pensare alle conseguenze più gravi di vita o di morte, si trova con un danno che gli ha creato lo Stato, perché gliel'ha creato un bene dello Stato.
Credo che questa sia una riflessione che dovremmo fare tutti insieme. E quando dico "tutti insieme", lo chiedo davvero a tutto il Consiglio regionale, perché è una sensibilità trasversale che dobbiamo mettere in campo e che - lo ripeto - non ha a che fare con la caccia. La caccia è un altro tema, per il quale ognuno ha le proprie idee e sensibilità. Questo è un tema di peste suina, perché se non avessimo un proliferare incontrollato dei cinghiali, noi oggi non avremmo il problema del rischio che questo comporta. Ma, contestualmente, c'è anche un tema di fauna selvatica che necessita una posizione diversa.
L'abbiamo chiesto come Conferenza delle Regioni; tutti gli Assessori all'agricoltura hanno chiesto a gran voce al Governo una posizione in questo senso. Così come la pandemia, in mezzo a mille dolori, ci ha permesso tutti insieme di maturare sensibilità nuove sulla sanità e, credo di fare cose buone, speriamo di riuscire a trasformare questo problema in un'opportunità per affrontare in maniera definitiva, nuova e, soprattutto efficace un tema che non tocca solo più l'interesse agricolo, seppur importante, ma tocca la vita di persone che incolpevolmente si trovano a dover subire danni gravi e personali, senza che ci siano azioni concrete che nessuno è in grado di far realizzare. Non ci sono Regioni d'Italia in cui non c'è il problema. Se ci fosse una ricetta già adottata da qualche Regione italiana l'avremmo copiata tutti, ma non c'è.
Quando Coldiretti fece quella manifestazione in tutte le piazze d'Italia fu proprio per segnalare che è un problema che dobbiamo affrontare a livello centrale.
Vi ringrazio tutti per il vostro lavoro e grazie anche ai Consiglieri per quanto potranno fare nel sostenere queste posizioni.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, per la relazione.
Darei ora la parola al Presidente regionale di Confagricoltura, Enrico Allasia.



ALLASIA Enrico, Presidente regionale Confagricoltura

Buongiorno a tutti e grazie per la convocazione di questo momento di confronto sicuramente importante.
Tutti voi sapete quanto questa situazione emergenziale determini forte preoccupazione nel mondo agricolo e negli allevatori, ma anche nell'intera filiera produttiva suinicola. Oggi i numeri, quando parliamo della Regione Piemonte, sono importanti, perché parliamo di 1.400 aziende coinvolte e di circa 1 milione e 300.000 capi allevati. Di questi, più di 900.000 sono allevati in provincia di Cuneo, che dista meno di 100 chilometri dall'ultimo focolaio riscontrato.
Un cinghiale in una notte si sposta mediamente di 50-60 chilometri quindi è facile capire quanto sia alto il rischio del propagarsi di un'infestazione epidemica di peste suina per tutto il settore piemontese. È chiaro che sono numeri importantissimi, perché i capi allevati sono il 9 del totale a livello nazionale, l'industria del suino, e quindi dell'insaccato e del salame, vale 8 miliardi di euro, che rappresenta il 5.6% dell'agroalimentare italiano. Sono numeri veramente importanti.
A fronte di questi numeri, la preoccupazione del mondo agricolo è sempre più evidente, perché nella malaugurata ipotesi in cui questo tipo di peste dovesse diventare endemica, è chiaro che verrebbe compromessa un'intera filiera, che andrebbe a pesare notevolmente sui bilanci della Regione Piemonte dal punto di vista agricolo.
È necessario intervenire al più presto per cercare quantomeno di contrastare il diffondersi di questa malattia. È per questi motivi che abbiamo chiesto la convocazione di un Consiglio regionale aperto, per poterne discutere con tutte le forze politiche e con tutti i Consiglieri che devono avere evidenza di qual è il rischio che sta correndo la società civile e non solo. Perché, chiaramente, parliamo anche di pubblica sicurezza per quanto riguarda il controllo - anzi, il non controllo - della fauna selvatica, il controllo di tutto ciò che è legato all'aspetto sanitario dell'epidemia. Soprattutto, va rimarcato il fatto che oggi soprattutto il mondo agricolo e la filiera suinicola, trovano evidenti problemi nella collocazione di questa merce; merce che sicuramente non trasmette il virus all'uomo, ma che oggi causa enormi difficoltà alle esportazioni, soprattutto in Piemonte.
Le criticità sono tante e sono già state elencate da chi è intervenuto in precedenza. Tuttavia, mi piace rimarcare alcuni aspetti che oggi terrei a evidenziare.
Anzitutto, con il decreto che riguarda la biosicurezza si stanziano 15 milioni di euro a livello nazionale, dei quali 8.5 milioni destinati al Piemonte, che danno la possibilità ai nostri allevatori di mettere in sicurezza i loro allevamenti. C'è solo un problema: il de minimis vale 200.000 euro in tre anni, ma è un de minimis ordinario, quindi gli agricoltori non vi possono accedere. Probabilmente, c'è un errore nel testo che dovrebbe essere verificato, altrimenti il mondo agricolo sarà esonerato da questa opportunità di contributo.
Allo stesso tempo, il Governo ormai da tempo ha annunciato un decreto sui ristori di 25 milioni di euro a fronte dei danni che stanno subendo gli agricoltori. In questo momento non abbiamo notizie sulle norme attuative quindi non abbiamo la possibilità di vedere ristorati i nostri agricoltori.
L'evidenza più critica di tutto questo è il fatto che oggi, come Regione Piemonte, abbiamo messo in piedi un piano di eradicazione della peste suina che prevede l'abbattimento di 38.000 capi attraverso la caccia di selezione, e attraverso quella di controllo dobbiamo arrivare a 50.000 capi. Oggi i numeri ci dicono che, effettivamente, siamo intorno ai 2.000 capi abbattuti, quindi non stiamo centrando gli obiettivi. E se si pensa che siamo a luglio, quando la peste è partita a gennaio, probabilmente siamo un po' in ritardo nella tabella di marcia.
La stessa cosa vale per la recinzione di cui si parlava in precedenza: 170 chilometri sul territorio piemontese. Oggi i lotti assegnati sono cinque e in questo momento la rete realizzata e messa a terra non supera i 16 chilometri, quindi un decimo del totale.
A fronte di questo, è chiaro che chiediamo maggiore attenzione da parte della Regione e dello Stato sulle eventuali deroghe sulle norme della caccia, come si diceva prima, per cercare di influenzare in modo più deciso questo tipo di abbattimento, perché oggi siamo veramente in ritardo.
Ci preme evidenziare un altro punto che, a nostro avviso, è importante: oggi le aziende faunistico-venatorie hanno ottenuto dalla Regione Piemonte una sospensione della tassa di concessione governativa annuale; ebbene, in questo momento riteniamo che non debba essere sospesa, ma cancellata, in attesa di tempi migliori, quando si potrà ritornare effettivamente a un lavoro ordinario. Bisogna tenere presente che il personale delle aziende faunistico-venatorie viene pagato attraverso il prelievo della caccia, che oggi non è possibile. Quindi vi è la difficoltà a pagare il personale.
Allo stesso tempo, abbiamo un altro problema: sia gli ATC che le aziende faunistico-venatorie ristorano i danni provocati da questa selvaggina dopodiché vengono rimborsati dalla Regione Piemonte. È chiaro che oggi non possono permettersi questo tipo di operazione, quindi chiediamo che a ci sia delegata direttamente la Regione Piemonte, altrimenti gli allevatori e gli agricoltori non verranno sicuramente ristorati dai danni subiti.
Di criticità ce ne sono tante e potremmo ancora andare avanti.
Ripeto, le aziende faunistico-venatorie, tra l'altro, hanno la possibilità - anzi, il compito - di allevare e di vendere questa selvaggina, attività che chiaramente non possono svolgere. Anche in questo caso, quindi, sono limitate nel loro lavoro.
Come dicevo, le criticità sono tante e mi pare che stamattina siano state evidenziate. Tutti concordiamo sul fatto che, purtroppo, con le norme attuali non si riesce a ottenere una risposta concreta e seria, ma il mondo dell'agricoltura, già danneggiato dal proliferare incontrollato dei selvatici, a fronte del mercato e dello scenario internazionale, in questo momento non può permettersi un ulteriore aggravarsi della peste suina africana.
Chiediamo deroghe alle norme attuali per lavorare in serenità e in programmazione di un settore che ne ha necessità, che ha i numeri per poterlo fare e che dev'essere assolutamente preservato.



PRESIDENTE

Grazie.
Darei ora la parola al Senatore Mino Taricco, che interviene in videoconferenza e che possiamo seguire tramite il monitor.



(Problemi di collegamento con il Senatore Mino Taricco in videoconferenza da Roma, per mancanza di segnale audio)



PRESIDENTE

Senatore, purtroppo non la sentiamo.
In attesa che il Senatore Mino Taricco riesca ad intervenire in videoconferenza, procediamo con gli altri interventi. Nel frattempo, gli Uffici cercheranno di risolvere il problema audio. Grazie.
La parola al Commissario straordinario interregionale per la gestione dell'emergenza PSA, dottor Angelo Ferrari.



FERRARI Angelo, Commissario straordinario interregionale per la gestione dell'emergenza PSA

Buongiorno a tutti.
Ringrazio il Presidente, il Sottosegretario, voi Consiglieri e gli Onorevoli, per l'opportunità che mi avete offerto oggi di venire qui a ripetere, rispiegare e rivedere le strategie che l'Unità di crisi, quindi la struttura commissariale, sta mettendo in atto.
Chi mi ha preceduto - che peraltro ringrazio - ha inquadrato in maniera puntuale la situazione della peste suina africana in Europa e in Italia rappresentando i rischi e le problematiche che questa malattia, comparsa da noi nei primi giorni di gennaio di quest'anno, sta creando a livello nazionale. Sono problematiche che riguardano, come abbiamo detto, non solo il mondo produttivo, ma anche la vita quotidiana di ciascuno di noi. Come ben sapete, le ordinanze che si sono succedute nel corso di questi mesi hanno avuto anche incidenza e riverbero sulla vita quotidiana di tutte le aree colpite.
Per predisporre la relazione ed entrare un po' più nel dettaglio utilizzerò delle diapositive. Molto è già stato detto; voglio solo rinquadrare il problema ricordando che l'impegno della struttura commissariale è quello di eradicare e contenere la malattia. Uno degli obiettivi principali è di evitare il passaggio della malattia dai selvatici ai suini domestici. L'ultimo caso l'abbiamo avuto in Piemonte: correva l'anno 1983 a Cavallerleone, dove un imprenditore suinicolo, di ritorno da una caccia in Sardegna, portò un suinetto e, ahimè, il suo allevamento fu poi totalmente abbattuto.
Quando fui chiamato, il 5 gennaio, per un sospetto di peste suina africana nel nostro continente, il primo dubbio che mi venne fu che il genotipo fosse di tipo sardo. Per noi sarebbe stato uno smacco notevole: per fortuna - nella sfortuna - non era un genotipo di tipo nazionale, ma apparteneva a un genotipo di origine caucasica-asiatica. Questo avrebbe complicato molto la situazione, invece la genotipizzazione ci portò subito ad una identificazione del caso.
Procedo velocemente, perché molte informazioni sono già state riportate da chi mi ha preceduto, quindi farò solo un po' di cronistoria.
Il primo caso fu riscontrato a Ovada. In allora, a livello di Unità di crisi, notammo che era al di fuori del tratto autostradale. Per fortuna nelle settimane successive si vide che gran parte del focolaio di peste suina africana, sia in Piemonte che in Liguria, stava all'interno dei tragitti autostradali (la Gravellona Toce, la Serravalle e la bretella Predosa-Bettole). Questo, fin dall'inizio, dal punto di vista epidemiologico ci ha dato un minimo di fiducia.
Immediatamente nei giorni successivi è stata individuata l'area infetta area estremamente ampia. Se nei primissimi giorni questa scelta fu criticata, perché furono 114 i Comuni coinvolti, nel corso dei mesi si è dimostrata una scelta corretta.
In base alle nuove norme legate alla gestione delle malattie infettive la zona infetta è stata divisa in "zona di restrizione 2" e "zona di restrizione 1", per semplificare le aree di intervento.
Il fatto che la malattia in Italia sia stata rinvenuta abbastanza velocemente nasce dal fatto che il nostro Paese, così come i Paesi europei adotta un sistema denominato "early detection" , per cui tutti i casi di carcasse rinvenute, per incidenti o per altre motivazioni, devono essere riportate agli Istituti zooprofilattici per effettuare la diagnosi.
Nel nostro caso, il Piemonte è stato, fin dall'inizio, una delle regioni più attente nella definizione di questa early detection, tant'è vero che i numeri di carcasse rinvenute nella nostra regione sono nei livelli più alti fin da prima dello scoppio della malattia. Nel corso di questi mesi, pur registrando una diminuzione di settimana in settimana, grazie all'early detection, sistema a cui ha partecipato in maniera significativa anche il mondo venatorio, è stato possibile mantenere alto questo livello. Tuttavia abbiamo necessità che questo livello di ricerca delle carcasse si mantenga ancora più alto, perché è uno degli indicatori fondamentali per poi ripresentarci a livello europeo e cercare di diminuire le zone di restrizione 1 e 2. Questo è un altro dei grandi obiettivi che ci permetterebbe di avere un minor impatto su tutta una serie di comunità.
Ad oggi, il dato delle carcasse positive ritrovate cambia di giorno in giorno: alla data del 15 luglio sono 172 i casi registrati, 112 in Piemonte e 60 in Liguria.
Con la prossima slide identifichiamo meglio tutta la serie dei Comuni interessati. È importante definire quest'area blu, che rappresenta la rete autostradale che, come ho detto, fin dai primi giorni è stata fondamentale uso queste parole con grande attenzione - per il contenimento della diffusione della malattia e, quindi, per il contenimento dei cinghiali.
Grazie alle varie società autostradali, le reti autostradali servono a contenere, quindi ad evitare che ci sia il passaggio del cinghiale o di altri animali, come ben potete immaginare, all'interno della viabilità.
Comprendete tutti che il rischio è elevatissimo, ma questo contenimento è stato fondamentale per contenere, per l'appunto, la diffusione della malattia nei primi mesi.
Avevamo rilevato due fughe, che poi abbiamo notato nel corso delle settimane, una ad Est, all'altezza di Arquata Scrivia, perché lì esistono dei ponti in cui gli animali riuscivano ad infilarsi sotto, e l'altra ad Ovada, con una situazione epidemiologica di tipo analoga.
Quelle che vedete rappresentate in slide sono le reti di contenimento istituite dalle società autostradali, e hanno caratteristiche totalmente differenti da quelle utilizzate come "seconda barriera".
Questa slide rappresenta, invece, il quadro della situazione epidemiologica: in rosso sono evidenziati i casi rinvenuti. Come notate mentre ad Est abbiamo una decina di casi che sono sfuggiti e sono contenuti ma di cui abbiamo grande attenzione, anche perché ad Est ci sono 5 milioni di suini della Lombardia e 1 milione e 300.000 dell'Emilia Romagna che ci guardano con attenzione - una fuga un po' più ampia l'abbiamo registrata fin dall'inizio ad Ovest. A Ovest ci sono 1 milione e 300.000 suini della provincia di Cuneo che meritano grandissima attenzione. Ecco perché ho richiesto più di una volta - e lo richiederò ancora in maniera più incisiva - che la società autostrade Torino-Savona si impegni maggiormente nel porre queste famose "barriere" che hanno una funzione di contenimento.
I lavori corrono velocemente e devo ringraziare veramente la Regione Piemonte e la Regione Liguria per l'attenzione che hanno riservato alla struttura commissariale SCR, con la quale stiamo lavorando di giorno in giorno e dove sono stati individuati, per meglio accelerare le attività di posizionamento delle barriere, tutta una serie di lotti. I lotti sono sette: di questi, i cantieri di ben quattro lotti stanno avanzando rapidamente. Le aree le hanno individuate i tecnici dell'epidemiologia in base all'onda epidemica che viene testata di settimana in settimana. L'onda epidemica si sta spingendo con una velocità di circa un chilometro e mezzo alla settimana verso Ovest e verso Sud-Ovest: ecco perché le prime barriere sono state poste nella zona di Ponzone, nella zona di Tiglieto e nella zona verso Asti. Queste sono le prime barriere, perché lì ce n'era necessità. Di che cosa? Lo preciso, perché l'equivoco nasce proprio da quello: mentre le barriere dell'autostrada sono di contenimento, le barriere che sono state poste ora servono, invece, a rallentare l'onda epidemica, a rallentare l'esodo dei cinghiali verso determinate aree offrendoci la possibilità - questo è l'intervento estremamente importante di arrivare ad un depopolamento fuori dalle barriere.
Noi abbiamo chiesto, come rappresentato prima all'Assessore Icardi, di macellare qualcosa come 6.000-7.000 cinghiali, e di abbattere un altrettanto numero di suini; con la medesima incisività, noi dobbiamo creare quel vuoto sanitario al di là della rete, affinché eventuali passaggi di animali infetti non trovino dall'altra parte il campo su cui infettare altri animali. Come detto, uno degli obiettivi è contenere la malattia: è un sistema che ci viene suggerito a livello europeo, a livello internazionale.
Ci sono documenti internazionali, ci sono documenti nazionali, c'è un parere della Commissione EUVET: tutti quanti sono dell'idea che le barriere servono come prima istanza a creare questo rallentamento dell'onda epidemica, per permettere all'esterno il depopolamento. Queste due azioni devono essere convergenti, per far sì che al di fuori delle barriere non ci sia l'ambiente su cui il virus possa riprodursi.
I lotti sono già in fase di attività. Leggo ogni tanto qualche critica sul fatto che non sono stati fissati i pali e quant'altro: a questi addebiti rispondo che sono in cantiere. Io stesso l'altro giorno ho fatto dei sopralluoghi; ci sono i nostri tecnici che giornalmente seguono le attività.
Molto importante - l'ho richiesto fortemente - è che queste barriere siano ancorate al suolo, per evitare che il cinghiale possa passare sotto insieme alle barriere, stiamo istituendo delle fototrappole. I lavori stanno procedendo molto velocemente sia ad Ovest, dove abbiamo tre cantieri già pronti, sia ad Est, in particolare ad Arquata, sia in Liguria - come vedete, la flessibilità di tutte queste attività è elevata - dove c'è stata segnalata una carcassa che era già al di là del nostro progetto. In fretta e furia, nel giro di una settimana, abbiamo posto una barriera che a questo punto, non è più metallica, ma è un pastore elettrico, a scopo limitativo, per poi ridisegnare, nel frattempo, una progettualità differente.
Questa è l'attività dei cantieri riportata negli istogrammi. L'obiettivo è di aver terminato tutti i progetti entro il 20 agosto, quindi entro l'ultima settimana di agosto.
Questi sono i vari tratti, li facciamo scorrere velocemente: c'è il Lotto 2 Abasse-Acqui Terme, il lotto 3 Borghetto-Novi.



RAVETTI Domenico

Chiedo scusa, ma quando dice "terminato tutti i progetti" significa realizzate le recinzioni?



FERRARI Angelo, Commissario straordinario interregionale per la gestione dell'emergenza PSA

Sì, realizzate entro il 20 agosto.
Questi sono i vari tratti e, come vedete, ci sono delle criticità che andiamo a vedere. Questo punzone puntato a terra non ci soddisfa e l'abbiamo evidenziato. Ci sono dei passaggi per gli scoli dell'acqua che devono essere fatti meglio. Questo è il primo cantiere e lo stiamo seguendo con grande attenzione, proprio per rilevare tutte le criticità e metterci nelle condizioni migliori.
Nella prossima slide si evidenzia tutta una serie di cantieri già appaltati. Come vi dicevo, a Casella abbiamo dovuto intervenire con il pastore elettrico, perché non c'era il tempo e dovevamo mettere in sicurezza.
Voglio ribadire l'importanza delle barriere, perché servono a rallentare.
Ma se rallentiamo e poi, dall'altra parte, non depopoliamo, rischiamo di fare un buco nell'acqua. Quindi dobbiamo veramente agire in sinergia su queste due attività.
La successiva slide evidenzia la situazione del Belgio, che ha avuto una situazione analoga ed è stata risolta. Hanno costruito 300 chilometri di barriere, utilizzando anche in quel caso le autostrade, che hanno funzionato egregiamente. In quel caso la situazione geografica era differente, perché chi conosce bene il nostro territorio e quel territorio sa che mettere le barriere è estremamente difficoltoso.
Devo fare una chiosa: ai primi di gennaio ci furono rappresentati degli studi su come piazzare queste barriere che fecero inorridire tutti.
Successivamente, grazie al grande contributo dei sindaci e delle Province abbiamo ridisegnato insieme, pezzo dopo pezzo, questo percorso, andando a definire le soluzioni migliori per poter fare questa attività. In Belgio è stato fatto altrettanto.
Concludo mostrando le barriere belghe: come vedete, anche lì ci sono le barriere che vanno sotto, ma nel 90% dei casi non sono barriere di contenimento, ma di rallentamento.
Ho terminato il mio intervento (sono stato nei dieci minuti), ma chiaramente sono disponibile per tutta una serie di domande che vorrete pormi. Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Commissario straordinario interregionale per la gestione dell'emergenza PSA, dottor Angelo Ferrari, per la relazione.
Proviamo a ricollegarci con il Senatore Mino Taricco in videoconferenza da Roma: mi comunicano che non è ancora collegato, per cui riproveremo più tardi.
Darei ora la parola al Commissario per l'emergenza PSA nella Provincia di Alessandria, dottor Giorgio Sapino.



SAPINO Giorgio, Commissario per l'emergenza PSA nella Provincia di

Alessandria Grazie, signor Presidente e buongiorno a tutti.
Volevo solo fare due appunti sul discorso introduttivo dell'Assessore Icardi, che è stato molto chiaro, sui tipi di attività che sono state svolte.
Inizierei col parlarvi degli abbattimenti dei suini nella zona infetta per rimarcare la gravità di questa malattia non solo da un punto di vista sanitario, ma anche economico. Tenete presente che in cinque allevamenti situati nella zona infetta sono stati abbattuti e distrutti 6.449 suini.
Questo sottolinea il motivo per cui si è usata la parola "peste", perché è una peste effettiva.
Inoltre, vorrei fare un paio di considerazioni su quanto è stato fatto dai servizi veterinari di Alessandria in aiuto all'attività di depopolamento. Abbiamo predisposto dei diagrammi di flusso operativo per i veterinari. Nella fase di depopolamento ci siamo presi l'incarico di recuperare e portare a distruzione, previo campionamento, tutte le carcasse di cinghiali catturati con gabbie gestite dalla Provincia e dalle ATC.
Questa attività comprende anche il trasporto, il campionamento, lo stoccaggio presso i centri di raccolta di Novi Ligure e poi lo smaltimento di queste carcasse di animali tramite ditta autorizzata, nel massimo rispetto di tutte le attività di biosicurezza.
Sono state designate delle strutture per la gestione delle carcasse di cinghiali abbattuti nelle zone infette, nella zona buffer. Abbiamo posto delle celle frigorifere, in quanto non erano sufficienti le potenzialità in loco per lo stoccaggio delle carcasse in attesa degli esiti analitici per la peste e la trichina, che in caso favorevole sarebbero poi state destinate al consumo.
Abbiamo installato sette celle frigorifere, quattro delle quali adibite alla refrigerazione delle carcasse dei cinghiali abbattuti in attesa di campionamento, e tre celle di congelamento dedicate allo stoccaggio dei visceri di queste carcasse e delle carcasse stesse dei cinghiali destinati alla distruzione.
Faccio ancora un brevissimo cenno ai corsi di formazione in materia di biosicurezza per i cacciatori. Abbiamo svolto 15 corsi di formazione e abbiamo rilasciato circa 1200 attestati. Questo numero risale ad una settimana fa (oggi probabilmente sono oltre 1300). Tutto questo per preparare le persone in termini normativi di biosicurezza, in modo che potessero effettuare tranquillamente le loro attività.
Ho concluso. Ringrazio per l'attenzione.



PRESIDENTE

Ringraziamo per la relazione il Commissario per l'emergenza PSA nella Provincia di Alessandria, Giorgio Sapino.
Riproviamo a collegarci col Senatore Mino Taricco.



(Problemi di collegamento con il Senatore Mino Taricco in videoconferenza da Roma, per mancanza di segnale audio)



PRESIDENTE

Senatore, purtroppo non la sentiamo ancora; dobbiamo passare oltre.
Riproveremo più tardi.
Darei ora la parola alla dottoressa Ferrando Daniela, Presidente della Confederazione Italiana Agricoltori di Alessandria.



FERRANDO Daniela, Presidente Confederazione Italiana Agricoltori di

Alessandria Ringrazio per l'opportunità di intervenire in quest'Assise e vi porto i saluti del Presidente regionale Carenini, che purtroppo non ha potuto partecipare, delegando la sottoscritta.
Mi scuso perché non sono una professionista di queste situazioni, sono un po' alle prime armi. Sono innanzitutto un agricoltore che arriva proprio dalla zona infetta, e come tale sta subendo tutte le varie restrizioni.
Ciò che ho sentito dire finora è importante e mi ha rincuorato; sono soddisfatta perché vedo che vi siete dati tutti molto da fare. Tuttavia molte cose che avete detto avrei voluto sentirle anni fa da Ministri dell'ambiente, dell'agricoltura e da altri responsabili del nostro Parlamento. Avrei voluto che fossero intervenuti e che avessero ascoltato il grido di protesta e di dolore delle aziende agricole, soprattutto della Provincia di Alessandria, che da anni si battono per segnalare la presenza e il prolificare, ormai incondizionato, della fauna selvatica.
Ho apprezzato l'intervento del Presidente Cirio, che ha detto che gli interessi vanno tutelati. Permettetemi, però, una nota polemica: io arrivo dalla zona infetta (da Alessandria) e mi chiedo quando verranno tutelati anche i nostri interessi. Perché finora ho sentito parlare soltanto degli interessi degli allevatori delle zone ancora non toccate (che sono ovviamente da tutelare), dove non vogliamo assolutamente che la PSA arrivi.
Mi chiedo, però, quando verranno tutelati anche gli interessi della mia collega che si trova in una zona buffer, che non può ripopolare il suo allevamento semibrado, con la presenza di animali nel bosco, a cui hanno chiesto di predisporre una platea in cemento del bosco per poter entrare con il trattore e di disinfettare le ruote del trattore, quando poi proprio di fianco, girano i ciclisti, i biker, le persone che passeggiano.
Mi chiedo quando verranno tutelati anche i miei interessi, quando vedo scorrazzare davanti a casa i cinghiali, potenzialmente ammalati, che mi distruggono le coltivazioni. Spero che avverrà presto; spero che la recinzione che ci avete promesso - che stiamo accettando anche se un po' a malincuore - sarà realizzata. Ma soprattutto spero che non si dovrà attendere la completa realizzazione della stessa per iniziare gli abbattimenti e il depopolamento dei cinghiali nella zona infetta.
Purtroppo, com'è già stato sottolineato, questi animali, per quanto malati (forse non sono così contagiosi o forse si sono abituati), non muoiono come ci saremmo aspettati (perlomeno non sta avvenendo nella zona infetta). Vediamo le cinghiale riprodursi, vediamo i piccoli, vediamo dei branchi di oltre dieci esemplari che scorrazzano incondizionatamente. Al contrario, abbiamo visto i nostri maiali sani essere portati non al macello, ma all'abbattimento. Vediamo le stalle vuote e ci domandiamo quando gli allevatori riceveranno dei ristori e dei risarcimenti per il sacrificio che stanno sopportando.
Stiamo infatti sopportando un enorme sacrificio a favore dell'economia piemontese e nazionale, che certo va tutelata. Però noi coltivatori non possiamo essere dimenticati: abbiamo bisogno di risarcimenti e di ristori per andare avanti, così come le aziende del settore dell'abbattimento della legna e le aziende faunistico-venatorie, che sono chiuse e non si sa quando potranno riaprire.
Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro.



PRESIDENTE

Grazie a lei, dottoressa.
La parola al professor Bergero, Direttore del Dipartimento di scienze veterinarie dell'Università di Torino.



BERGERO Domenico, Direttore del Dipartimento di scienze veterinarie

dell'Università di Torino Grazie, Presidente.
Sono qui in rappresentanza del Rettore dell'Università degli Studi di Torino, però faccio anche parte dell'Unità di crisi della peste suina, in quanto il decreto che conferisce poteri al Commissario straordinario ha previsto che ci fosse anche un rappresentante del Dipartimento di Scienze veterinarie dell'Università di Torino, in quanto competente per territorio.
Da questo punto di vista non posso che condividere le considerazioni già fatte in quest'Aula. Mi limiterò, quindi, ad un paio di brevi puntualizzazioni. La prima è relativa alla differenza tra la necessità di finire le recinzioni e quella di depopolare.
Il depopolamento, senza l'applicazione delle recinzioni, ha poco significato. Bisogna assolutamente concentrarsi sulla conclusione delle recinzioni, perché quello è il sistema per formare una zona "cuscinetto" l'ha spiegato bene il dottor Ferrari - e impedire che questa patologia avanzi.
In realtà, a seguito del COVID, ci siamo abituati a trattare di patologie estese a popolazioni di specie animali che, come l'uomo, sono sovrarappresentate sul territorio.
La differenza tra il COVID e la peste suina è che noi con il COVID stiamo purtroppo imparando a convivere; con la peste suina non potremo fare così ma dovremo puntare all'eradicazione, il che comporta scelte più difficili e più complesse.
Un aspetto tecnico che stamattina non è ancora stato rilevato è il fatto che quest'emergenza s'inserisce benissimo in un concetto che oggi sembra non essere ancora abbastanza conosciuto, quello di salute globale conosciuto come "One Health".
Il discorso secondo cui un'emergenza di questo tipo coinvolge aspetti ambientali (relativi all'agricoltura), aspetti veterinari (di gestione faunistica e delle malattie) e aspetti di salute umana è importantissimo.
Questo è il messaggio che le forze politiche devono far passare, perch questo tipo di approccio è vincente. Nessuno dei tre comparti può vincere da solo; dobbiamo lavorare insieme. Questo aspetto è stato evidenziato prima anche dal Sottosegretario Costa, quando parlava della necessità di fare squadra. I giocatori di questa squadra devono essere competenti in tutte e tre le aree: non c'è la salute dell'uomo senza la salute dell'animale e dell'ambiente. Questo è un caso tipico in cui uno squilibrio, da questo punto di vista, ha portato ad una situazione di crisi.
Ritengo che questo sia un buon momento e un buon spunto per ripensare al nostro approccio sui territori.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il professor Domenico Bergero per la relazione.
La parola al Presidente della Provincia di Alessandria, Enrico Bussalino.



BUSSALINO Enrico, Presidente della Provincia di Alessandria

Grazie a tutti.
Buongiorno a tutti e grazie al Presidente per avermi concesso la possibilità di intervenire.
L'azione amministrativa dalla Provincia di Alessandria, per quanto riguarda l'espletamento delle funzioni delegate della caccia, è improntata alla stretta collaborazione con gli Uffici regionali competenti (che ringrazio), con l'Assessore all'agricoltura, caccia e pesca, Marco Protopapa, con il Vicepresidente con delega all'emergenza della PSA, Fabio Carosso, e con i Commissari, dottor Sapino e dottor Ferrari, per il lavoro svolto e per le molteplici riunioni operative tenutesi in provincia di Alessandria per operare al meglio.
L'avvento della peste suina africana sul nostro territorio ha innescato una serie di problemi concernenti la riorganizzazione dell'attività di controllo della specie in oggetto, in base al Piano provinciale di controllo del cinghiale e i numerosi decreti ministeriali e regionali che si sono succeduti dal 7 gennaio 2022. In base a tali decreti, in particolare la DPGR n. 21 del 30/3/2021, modificata dall'ordinanza n. 34 del 31/05/2022 e derogata dalla DPGR n. 49 del 23/07/2022, che proroga tali decreti al 30 settembre 2022, la nostra Provincia è stata suddivisa in quattro zone, così denominate: A1 zona rossa, comprendente 78 Comuni; A2 zona verde, comprendente 40 Comuni, di cui 12 nell'ATC AL2, 20 nell'ATC AL3 e 8 nell'ATC AL4; A3 zona gialla, comprendete 18 Comuni, di cui 6 nell'ATC AL3, 13 nell'ATC AL2 e 1 nell'ATC 1; A4 zona blu, comprendente i restanti Comuni della Provincia, 1 nell'ATC AL3, 1 nell'ATC 2 e tutti i restanti nell'ATC 1.
In queste quattro zone l'attività di controllo è diversamente regolamentata, sia come modalità operative, sia come personale coinvolto sia come requisiti del personale, sia come analisi cliniche obbligatorie sul capo, sia come smaltimento delle carcasse.
Allo stato attuale, il personale di vigilanza è volontario e pu intervenire all'interno della zona A2 verde, A3 gialla e A4 blu, ma non nella zona A1 rossa, nella quale si possono catturare i capi solo con l'uso di gabbie. Attualmente, sono in funzione 10 gabbie di proprietà della Provincia e altre 10 gabbie di proprietà privata.
All'interno della zona A2 verde si possono effettuare abbattimenti (anche i tutor lo possono fare) previo conferimento in cella autorizzata.
Attualmente, le celle autorizzate all'interno della Provincia sono le seguenti: n. 3 di proprietà privata per autoconsumo (quindi conferisce solo il proprietario); n. 1 pubblica per distruzione; n. 2 pubbliche per autoconsumo (Montechiaro d'Acqui - ATC 4 e Momperone - ATC3).
Nella zona A3 gialla, previa analisi della PSA, e nella zona A4 blu, le attività di controllo procedono regolarmente, secondo il Piano provinciale che ha sempre funzionato egregiamente, visti gli oltre 2.800 cinghiali abbattuti nella sola attività di controllo dell'anno 2021.
Attualmente, il numero di cinghiali abbattuti in provincia di Alessandria è di 623 (dato aggiornato al 14 luglio); di questi, 38 sono stati abbattuti nella zona A1 rossa, di cui 10 con gabbie e 28 con arma da fuoco, per motivi di incolumità pubblica (è l'unico modo ammesso nella zona rossa); 12 sono stati abbattuti nella zona A2 verde (solo con il metodo di ricerca al faro e aspetto); 131 nella zona A3 gialla e 395 nella zona A4 blu (dati aggiornati al 7 luglio.
A fronte di questi dati, lo sforzo congiunto di Regione e Provincia si è concentrato nell'aumentare l'attività di controllo nella zona A2, la cosiddetta "zona buffer verde", con lo scopo di effettuare in questa zona il depopolamento della specie in questione.
La provincia di Alessandria ha contattato i possibili volontari iscritti negli elenchi provinciali e regionali, tutti in possesso del corso di biosicurezza, per organizzare gli interventi di contenimento della zona buffer A2. È emersa da subito la necessità di individuare celle frigorifere destinate al deposito di carcasse per l'autoconsumo, condizione imprescindibile per l'intervento dei volontari. Considerato che tre sono le zone dalla Provincia in ambito buffer, ovvero l'Acquese, la Piana Alessandrina e le Valli Curone e Borbera, la zona di Acqui può contare sulla cella di Montechiaro d'Acqui; la Val Borbera e la Val Curone sulle celle di Momperone e di Montegioco; mentre per la Piana Alessandrina la Provincia ha raggiunto la scorsa settimana un accordo con il Comune di Castellazzo Bormida per la collocazione di una cella da noleggiare da parte della stessa Provincia. La cella sarà in funzione presumibilmente ad inizio agosto.
Per quanto riguarda il numero dei volontari già contattati e disponibili risultano essere una trentina nell'Acquese, una trentina nella Piana Alessandrina e una quarantina nella Val Borbera e Val Curone (tutti numeri destinati a un possibile incremento). I volontari contattati saranno coordinati dal personale della vigilanza faunistica provinciale e organizzati in squadre che usciranno sul territorio di uno o più Comuni con turni alterni, per coprire l'intera settimana. L'Acquese, Val Borbera e Val Curone potranno iniziare la loro attività potenziata già dalla prossima settimana, a seguire la Piana Alessandrina.
Nell'ATC 3 e nell'ATC 4 si tratta di operatori quasi totalmente appartenenti a squadre di caccia al cinghiale, essendo il territorio zonato per tale scopo; mente nell'ATC 2 si tratta di operatori che hanno sempre operato nel controllo singolarmente, non essendo in tale ATC prevista la caccia a squadre, ma solo in forma singola.
Per quanto riguarda le attività di monitoraggio attivo e passivo, il personale della vigilanza faunistica è stato impegnato dal 15 marzo fino al 17 luglio, per un totale di 23 fine settimana (ma anche durante la settimana), ad effettuare un monitoraggio attivo con la collaborazione del personale volontario, percorrendo inizialmente n. 100 celle, un chilometro per un chilometro a settimana. Diminuendo a poco a poco i volontari, le celle si sono ridotte a n. 50; infine, quando non si è più potuto contare sull'aiuto di nessun volontario, si sono ridotte a n. 25. Prossimamente, il personale della vigilanza procederà ad effettuare la ricerca delle carcasse solo per il monitoraggio passivo, perché si dovrà coordinare il lavoro dell'abbattimento in una zona buffer.
Il numero di cinghiali attualmente ritrovati e risultati positivi a partire dall'inizio dell'anno nella nostra provincia sono, al 13 luglio, n.
108, mentre quelli in Liguria sono n. 59.
Concludendo, voglio ringraziare il Consigliere delegato alla caccia e alla pesca, Stefano Zoccola, per tutto il lavoro svolto, e soprattutto tutti i dipendenti della Provincia impiegati nel contrastare la PSA, dal dirigente, a tutte le guardie venatorie, per l'impegno e il lavoro che stanno svolgendo con professionalità e serietà.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Presidente della Provincia di Alessandria, Enrico Bussalino, per la relazione.
La parola al Vicepresidente di ANCI Piemonte, dottor Marco Curto.



CURTO Marco, Vicepresidente ANCI Piemonte

Grazie, Presidente.
Onorevoli Consiglieri regionali e Assessori, vi ringrazio per l'opportunità che ci offrite di illustrare il lavoro svolto dall'associazione ANCI Piemonte in questi mesi, da quando, a gennaio, è stata rinvenuta la prima carcassa di cinghiale infetto da peste suina africana.
La nostra associazione ha fatto tesoro di tutto quello che ci è stato fornito dalla Regione Piemonte; abbiamo divulgato e promosso delle iniziative di informazione a tutti i nostri associati. Ricordo che la nostra associazione, su 1.100 Comuni, registra circa 900 associati, quindi più del 90% dei Comuni piemontesi sono associati ad ANCI Piemonte.
Vi pongo questo esempio: ad aprile 2022 abbiamo svolto un incontro a Basaluzzo (mentre relazionava il dottor Ferrari guardavo proprio la cartina della zona rossa), comune che all'epoca rientrava nella zona rossa.
Abbiamo raccolto le istanze di una trentina di Sindaci che erano riuniti in quella seduta. Tali istanze sono state prontamente recapitate al coordinatore per la peste suina a livello regionale, il Vicepresidente Carosso (così definito dal Presidente Cirio). Gli stessi Assessori Protopapa e Icardi sono stati informati della questione e delle aspettative, ma soprattutto delle rimostranze che i Sindaci della zona ebbero a rivolgerci.
Non so se è stato già detto, ma stiamo promuovendo anche il bando che la Regione Piemonte ha pubblicato sul ristoro per quanto riguarda gli allevatori (DGR 22-4844 del 31 marzo 2022); il bando è aperto fino al 31 luglio. In questo momento la cifra destinata dal Consiglio regionale - al riguardo, ringraziamo tutti gli esimi Consiglieri per questa opportunità che offrite agli allevatori - è di 1 milione e 800.000 euro a favore dei risarcimenti per la mancata vendita delle carni suine e, soprattutto, per il successivo ripopolamento.
Ieri in Commissione agricoltura, nella Consulta che ho avuto l'onore di presiedere con il Presidente Fabio Cordero, abbiamo testimoniato il nostro impegno a rappresentare tutti i Sindaci che hanno questo problema e che vogliono risolverlo.
Mi rivolgo al Presidente della Regione Piemonte, al Vicepresidente all'Assessore Protopapa e all'Assessore Icardi, con cui lavoriamo costantemente per questa pandemia, per rinnovare la nostra voglia e soprattutto il nostro impegno ad essere presenti e ad ascoltare tutto quello che le autorità competenti possono dire. La nostra mission, come dico sempre, è quella di divulgare nel miglior modo possibile, in modo logico e consono - senza fare critiche né a destra, né a sinistra, né al centro, perché ovviamente dobbiamo essere garanti di tutte le posizioni tutte le normative, ma soprattutto le risoluzioni per questo problema importante, che in questo momento sta colpendo gli allevatori piemontesi e come dicevano gli esimi colleghi che mi hanno preceduto, il Piemonte intero.
Ovviamente, oggi porto anche i saluti del mio Presidente, Corsaro Andrea Sindaco di Vercelli, che per precedenti impegni non ha potuto partecipare ma avendo io la delega all'agricoltura ha ritenuto opportuno che lo rappresentassi in questa seduta.
Un ringraziamento importante lo voglio rivolgere anche al Commissario straordinario Angelo Ferrari, e soprattutto al suo staff (perché da solo il dottor Ferrari non fa nulla), le persone che stanno lavorando con lui per il bene del nostro territorio.
Ho sentito parlare di "abbattimenti" da chi mi ha preceduto. A tal proposito, ANCI ha fatto una cosa che ritengo opportuna e logica: ad inizio anno ha coordinato la redazione di due ordinanze, che sono pubblicate sul nostro sito, per fare chiarezza e soprattutto per fornire uno strumento unico ai Sindaci affinché sappiano muoversi nel campo degli abbattimenti e della caccia agli ungulati. Il nostro impegno e la nostra missione è quella di cercare, tutti insieme, di risolvere questa pandemia che in questo momento davvero ci preoccupa.
Sono contento di avere ascoltato con attenzione gli Assessori e i tecnici che mi hanno preceduto nell'esposizione, secondo cui la risoluzione del problema sta andando avanti in modo spedito e molto propositivo. Di questo dobbiamo ringraziare tutti quelli che stanno lavorando in modo assiduo e importante al problema.
Sono davvero onorato oggi di essere in questa Sala consiliare e ribadisco per la terza volta che i Sindaci che noi rappresentiamo sono il motore l'esecutivo della Regione Piemonte: non abbiate paura di confrontarvi con loro, soprattutto di renderli partecipi di questa problematica. ANCI Piemonte è presente ed è a disposizione delle autorità competenti in materia e di tutti coloro che vogliono risolvere il problema in modo serio propositivo e spedito.
Grazie, Presidente ed onorevoli Consiglieri. Un grazie anche ai tecnici che stanno lavorando a questa problematica.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Vicepresidente di ANCI Piemonte, dottor Marco Curto, per la relazione.
La parola alla dottoressa Rosalba Nattero, rappresentante Tavolo Animali e Ambiente.



NATTERO Rosalba, Rappresentante Tavolo Animali e Ambiente

Grazie.
Questo è un comunicato congiunto del Tavolo Animali e Ambiente formato dalle associazioni ENPA, LAV, Legambiente, LIDA, LIPU, OIPA, PAN Pro Natura e SOS Gaia.
Il problema dell'epidemia di peste suina africana (PSA) è indiscutibilmente grave e richiede interventi solleciti e decisi. Questi come appare ovvio, devono essere orientati a minimizzare l'impatto dell'epidemia sia per quanto concerne gli aspetti economici, sia per quelli più propriamente ambientali.
Ricordiamo che, contrariamente a quanto più volte affermato, la comparsa della PSA non è imputabile all'elevata densità manifestata dai cinghiali nel nostro Paese. La stessa ISPRA, infatti, che è la maggiore autorità pubblica italiana nel settore della fauna selvatica, sostiene che la comparsa del virus è totalmente indipendente dalle densità del cinghiale.
Le popolazioni di cinghiale infette più vicine all'Italia vivono a diverse centinaia di chilometri di distanza.
La comparsa dell'infezione nel cinghiale in Piemonte e in Liguria è sicuramente dovuta all'inconsapevole introduzione del virus da parte dell'uomo. Inoltre, la densità del cinghiale non ha effetti significativi sulla persistenza in natura della peste suina africana. La notevole resistenza del virus nell'ambiente fa sì che la malattia continui a circolare per anni, anche in popolazioni di cinghiale a densità bassissima (circa 0,5 chilometri quadrati).
Bisogna comunque sottolineare che le difficoltà del mondo agricolo legate alla diffusa presenza della specie cinghiale sul territorio, indiscutibili già in periodi antecedenti alla comparsa del virus, non hanno trovato che sporadiche, disorganiche e sostanzialmente inutili risposte da parte degli Enti pubblici, a partire dallo Stato, fino a giungere alle varie Amministrazioni regionali. Di fatto, la gestione del problema è sempre stata affidata proprio a coloro che il problema lo hanno causato, cioè i cacciatori.
Il cinghiale all'inizio del secolo scorso era scarsamente presente in Italia e limitato ad alcune aree dell'Italia centro-meridionale e della Sardegna. Di fatto, era assente in tutto il nord del Paese. In seguito, una forte espansione dell'areale venne ottenuta, da un lato, a seguito dell'abbandono di numerose aree fino ad allora coltivate, ma soprattutto a seguito di massicce immissioni di esemplari provenienti da allevamenti oppure dall'estero, unicamente per fini venatori e incoraggiate dagli Enti pubblici di riferimento (Regione e Province). Tra l'altro, tali interventi hanno riguardato la sottospecie centro-europea e non quella maremmana autoctona del nostro Paese, più grande e prolifica ma anche più esigente dal punto di vista alimentare.
Nel giro di pochi anni la presenza di questo suide si è così radicata sul territorio nazionale, interessando sempre di più le aree agricole e causando danni ingentissimi alle coltivazioni; danni mai adeguatamente ristorati o mitigati dalle politiche gestionali del settore che hanno messo in difficoltà e spesso in ginocchio le imprese agricole.
La compromissione degli ambienti naturali è progredita in parallelo impoverendo la biodiversità degli ecosistemi. L'abnorme diffusione del cinghiale voluta dal mondo venatorio ha causato la sottrazione di ambienti e risorse trofiche alle altre specie selvatiche. Le politiche venatorie seguite ancora oggi e propagandate per decenni, come il metodo di gestione della specie, sono miseramente fallite.
Oggi assistiamo in tutta Italia ad una situazione in cui l'allevamento dei cinghiali allo stato brado avviene a spese del mondo agricolo e degli ambienti naturali. Braccate e girate con l'utilizzo dei cani, determinano la disgregazione dei gruppi sociali di questo suino, la dispersione dei capi, la perdita della sincronizzazione dell'estro delle femmine, la costituzione di nuovi branchi a spese dei campi coltivati, l'aumento degli incidenti stradali, il danno alle altre specie selvatiche, la militarizzazione del territorio ad opera delle squadre dei cinghialai.
Ormai nessuno crede più che i cacciatori, cioè coloro che hanno contribuito a realizzare questa situazione, possano proporsi come gestori e risolutori del problema.
La reazione del mondo politico, ma soprattutto di quello venatorio, alla comparsa dell'epidemia di PSA è stata improntata più all'isterismo che alla pacata e razionale analisi dei fatti. Da un lato, infatti, si sono adottati provvedimenti di eliminazione generalizzata di cinghiali, ma anche di maiali, nelle aree coinvolte. Non solo, ma continua ad essere praticata la caccia al cinghiale con cani e, in alcune realtà, anche con le attività di controllo con i cani, cosa che è unanimemente riconosciuta come deleteria sia per la diffusione dei cinghiali, sia per il pesantissimo impatto su molte altre specie animali che condividono l'areale con il cinghiale.
Dall'altra parte, si sono sentite assurde accuse contro la presenza del lupo che, invece, rappresenta forse l'arma più efficace per contrastare la diffusione dell'epidemia e comunque dell'abnorme diffusione del suide.
Proprio in questi giorni la Conferenza Stato-Regioni ha sollecitato in Parlamento la modifica della legge n. 157/92, al fine di aumentare il pericolo di caccia al cinghiale con i cani e di consentire interventi venatori anche nelle aree protette. Questo sta a significare che l'interesse degli Enti pubblici è più rivolto ad accontentare le richieste dei cacciatori che a tutelare le attività degli agricoltori e degli ambienti naturali.
Parallelamente alla crescita numerica dei cinghiali, si è realizzata una filiera clandestina della carne, con pericoli sanitari e un'economia sommersa che sfugge ai controlli fiscali. Si realizza così l'illecito guadagno di pochi a danno di tutti.
Il Tavolo Animali e Ambiente intende ribadire alcuni concetti che, già importanti prima della diffusione della PSA, diventano ora irrinunciabili.
La riduzione numerica della specie cinghiale sul territorio a livelli compatibili è obiettivo irrinunciabile, a partire dalla corretta applicazione dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, che antepone gli interventi ecologici a quelli cruenti, affidando la gestione agli Enti pubblici e non ai cacciatori.
La gestione del cinghiale dev'essere sottratta al mondo venatorio, che non ha alcun interesse a veder ridotta numericamente la specie e per il quale è fin troppo evidente il conflitto d'interesse.
Le attività di controllo competono alle Province e alle Città metropolitane attraverso il proprio personale e non ai cacciatori.
In particolare, esprimiamo la nostra più ferma opposizione ai metodi di abbattimento che esulano dalla normativa, quali ad esempio la possibilità di sparare da altane poste persino a 50 metri dai centri abitati e zone dove è vietata la caccia; accesso ad ambiti di caccia e comprensori alpini anche ai cacciatori originariamente non ammessi, ai sensi della legge 5 del 2018; cessione gratuita degli animali abbattuti nelle zone non infette agli abbattitori e agli agricoltori senza alcun bando pubblico, incrementando così il mercato clandestino della carne; possibilità di sparare dagli automezzi, attività che per la caccia è vietata e penalmente perseguita dalla legge nazionale n. 157 del 1992; devastanti attività di controllo anche nella Rete Natura 2000 e nelle oasi di protezione, con enormi danni agli ambienti naturali; ricorso a tecniche quali la braccata, tecnica condannata anche dall'ISPRA.
L'agricoltore ha diritto di poter raccogliere ciò che semina; i ristori peraltro doverosi, che arrivano dalla politica interessano poco. Alle già tante difficoltà create dagli eventi atmosferici, non vi è bisogno di aggiungere le calamità create dal mondo venatorio per soddisfare i propri interessi ludici ed economici.
L'attività venatoria non costituisce alcun valore aggiunto per l'agricoltura; il cacciatore usufruisce gratuitamente dei terreni privati (coltivati e non) a spese dei proprietari, e spesso è anche di ostacolo ad utilizzi turistici e culturali in grado di sviluppare economie locali ecologicamente compatibili.
L'agricoltore ha il diritto di poter escludere dei propri fondi coloro che ritiene possano essere causa di danni. Il superamento della deroga pro caccia dell'articolo 842 del Codice Civile, che consente al cacciatore di entrare nei fondi privati contro il volere del proprietario, dovrà trovare accoglimento da parte del legislatore.
Ribadiamo l'opposizione alla realizzazione di una filiera della carne di cinghiale, che determinerebbe unicamente la permanenza e l'incremento dell'attuale situazione.
Per concludere, il futuro dell'attività agricola sarà nel tempo sempre più improntato a produzioni ecologicamente sostenibili, rispettose degli equilibri ambientali e del benessere degli animali, nonché valorizzanti le produzioni e le eccellenze locali con il saggio decremento delle importazioni dai Paesi esteri.
Chi ha stilato questa questo comunicato è Piero Belletti di Pro Natura Piemonte.
Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



PRESIDENTE

Grazie, dottoressa.
La parola al Presidente regionale Italcaccia, Alfredo Monaco.



MONACO Alfredo, Presidente regionale Italcaccia

Grazie, Presidente.
Saluto il Consiglio e i molti amici e colleghi che ho avuto nella legislatura precedente.
Mi trovo a rappresentare un'associazione venatoria, sebbene io non sia un cacciatore, non abbia il porto d'armi e non abbia mai sparato un colpo in vita mia. Tuttavia, conosco l'argomento e gli amici di Italcaccia, in qualità di associazione venatoria, come tante altre, che sono anche custodi dell'ambiente, hanno ritenuto di affidarmi questi incarico, che peraltro svolgo con grande onore.
Mi permetto di utilizzare delle slide per facilitare il compito sia di relazione, che di ascolto e discussione. Ringrazio il Presidente e soprattutto il Consiglio, che ci hanno voluto ospitare e accogliere oggi.
Peste suina africana il Piemonte: si poteva e si può fare meglio? Sappiamo che l'infezione è innocua per l'uomo, mentre è mortale per il 90 95% dei suini colpiti. Si tratta di un virus a DNA, doppia elica estremamente stabile nell'ambiente e il genotipo arrivato in Piemonte è lo stesso dell'infezione della Georgia del 2007, che è si diffusa in tutta Europa. Farò poi un inciso sulle relazioni tecniche, perché tutto quello che sto dicendo è correlato da documentazione scientifica e, quindi, da bibliografia ufficiale scientifica.
È un virus a trasmissione diretta e indiretta. E dal "ciclo della trasmissione silvestre" descritto inizialmente da Penrith e Vosloo si è passati al "ciclo cinghiale-habitat", che è ciò che ci tormenta di più per il problema che invade, potenzialmente, gli allevamenti, con grandi danni economici. Io credo che i nostri allevatori e i nostri contadini non chiedano ristori, ma chiedano di lavorare: questa, a mio avviso, è la priorità. Poi i ristori sono una contingenza, ma non mi pare che l'Alessandrino abbia bisogno di ristori o chieda ristori (non mi risulta che allevatori e contadini abbiano mai vissuto di assistenza, ma hanno chiesto sempre e soltanto di lavorare).
Fra le cause, emerge il riscaldamento climatico e i mutamenti ambientali descritti nel 2015 da Vetter; la migliore nutrizione che hanno i cinghiali per le coltivazioni intensive; i punti specifici di alimentazione e l'abbandono progressivo di habitat boschivi.
Inoltre Vittorio Guberti, che è il nostro massimo esperto, nella sua relazione monografia più importante sostiene che il periodo di prelievo venatorio è troppo breve.
Paradossalmente, l'innocuità per l'uomo è causa di diffusione, perché con una malattia aggressiva e invasiva per l'uomo avremmo adottato strategie ben più severe di quella che rappresenta la "rete del pollaio".
La curva è piuttosto importante. Credo che i dati siano aggiornati al 15 luglio, almeno per quello che si rileva dall'Istituto Zooprofilattico: sono 172 i casi, di cui gran parte, purtroppo, in Piemonte. La curva non mostra flessioni di sorta al momento.
Non esistono cure o vaccini.
Qualsiasi virus si diffonde quando è disponibile un gran numero di ospiti suscettibili (si chiamano "suscettibili" i soggetti sani). In assenza di ospiti suscettibili, il virus si estingue. Il numero e la densità degli ospiti disponibili determina l'esito dell'invasione (non lo dicono le associazioni venatorie, ma lo dicono la microbiologia e la virologia, cioè la scienza e la statistica di diffusione di qualunque malattia infettiva indipendentemente dall'associazione, ente o partito politico di appartenenza. La trasmissione per contatto diretto e mediata da carcassa rende le stime matematiche dell'Nt, che abbiamo purtroppo imparato a conoscere per altra malattia, impossibili per il PSA. Credo che su questo possano convenire sia l'Assessore Icardi che l'Assessore Protopapa.
Quanto alle strategie messe in campo, il numero di contatti tra animali infettivi e suscettibili determina la forma della curva. La mortalità indipendente dalla malattia (DIM) può modulare l'esito della malattia stessa e la forma della curva. La causa più comune di morte indipendente da malattia nei cinghiali è l'attività venatoria.
Teoricamente è possibile - lo dice il manuale di Guberti e tutti i suoi grandi esperti collaboratori che hanno studiato il tema - modificare il decorso naturale dell'infezione semplicemente riducendone il numero (sembra un'ovvietà, più che un fatto scientifico). La caccia (questo lo diceva Swinton già nel 2002, poi confermato nel 2006 da Rohani) accelera l'evoluzione di un'epidemia in una situazione endemica, che potrebbe essere favorevole per il Piemonte.
Durante la fase endemica, la PSA e la popolazione di cinghiali raggiungono un equilibrio. Rompere questo equilibrio attraverso interventi di gestione è il miglior modo per rendere tali popolazioni inadatte alla trasmissione sostenuta del virus, eradicando potenzialmente la PSA.
Idealmente, durante la fase endemica, una pressione venatoria ad hoc, unita alla tempestiva rimozione delle carcasse, aumenta la probabilità di eradicazione del virus (lo diceva già nel 1975 Bailey e Nasell lo conferma nel 2005).
Sempre in tema "strategie", la ricerca e le simulazioni statistiche basate sull'attuale comprensione dell'epidemiologia della PSA nei cinghiali hanno mostrato che le misure di gestione della popolazione potenzialmente disponibili per limitare la diffusione della malattia stessa dovrebbero essere eccezionalmente drastiche (Guberti). La riduzione e il controllo della popolazione sono le misure che possono aiutare a ridurre il carico di malattia e il rischio di diffusione solo in combinazione di biosicurezza sulla quale mi sembra che siamo tutti d'accordo sulla base degli interventi che ho sentito prima.
I metodi non letali sono la recinzione permanente a prova di cinghiale e i deterrenti chimici, visivi, acustici o una combinazione di queste opzioni. Purtroppo (lo si sosteneva già nel 2012, poi confermato nel 2015) sono risultati inefficienti, salvo il caso del Belgio, che è un territorio pianeggiante, per cui completamente diverso rispetto all'area toccata in Piemonte. Indagini più approfondite hanno dimostrato effetti trascurabili e statisticamente insignificanti (2015).
I metodi letali, invece, sono la caccia al cinghiale. Mi dispiace che stamattina il Vicepresidente Carosso abbia detto che la caccia in Polonia è stata inefficace. A mio avviso, la caccia inefficace dipende dal tipo di caccia, e qui non c'è stato detto di quale caccia si trattava. Certo, se facciamo correre i cani all'impazzata a disperdere gli animali probabilmente avremo più animali che escono dalle aree necessarie nelle quali vogliamo contenerli.
Dunque, tra i metodi letali vi è la caccia al cinghiale, esclusa la braccata, in area infetta (lo dice Guberti). Mi rivolgo anche alla Giunta: i nostri esperti si rifanno ai massimi esperti nazionali e internazionali il cui capofila è proprio il professor Vittorio Guberti, secondo il quale la caccia al cinghiale, esclusa la braccata, in area infetta è una soluzione ragionevole laddove siano adottate misure di biosicurezza venatoria come la conservazione di carcasse fino all'esito dei test per PSA e la distruzione di materiale potenzialmente infetto.
La caccia intensiva in battuta, in particolare con i cani, può portare a una dispersione su larga scala degli animali e ad un aumento del loro habitat, che può essere controproducente per il controllo delle malattie. È consigliabile evitare di prelevare le dominanti, soprattutto all'inizio di stagione venatoria, poiché ciò di solito rischia di compromettere gli sforzi di caccia mirata (Massei, 2011). Il divieto venatorio ha come effetti collaterali l'aumento del danno agricolo (ribadisco che i nostri coltivatori e allevatori non sono interessati a rimborsi, ma sono interessati a lavorare), un aumento a medio termine della popolazione e la mancanza di materiale diagnostico di animali cacciati, mitigati dall'elevata mortalità determinata dalla PSA.
È curioso che la strategia che dovrebbe essere adottata è quella del contenimento in animali allevati. Lo dico perché il contenimento in animali allevati e selvatici è la terapia unica.
Per il contenimento in animali allevati è previsto l'abbattimento l'incenerimento e la sanificazione ambientale. Nella relazione avevo scritto che erano 6.000 i suini abbattuti, mentre il dottor Sapino giustamente, ha aggiornato i dati: ad oggi sono 6.449.
Attenzione, perché parliamo di suini allevati, abbattuti e inceneriti perché nessun macello ha voluto ritirarli. Non so per quale motivo non l'abbiano voluto fare, essendo animali sani, per quanto provenienti da zona infetta, ma potevano essere macellati e lavorati esattamente come tutti gli altri animali.
Secondo le misure di controllo in caso di malattia di suini detenuti (quarta ordinanza del Ministero), al fine della prevenzione e diffusione della malattia, le Regioni possono autorizzare l'abbattimento preventivo e la macellazione di suini (è quello che è stato fatto). Si tratta di un contenimento rispetto all'allevato.
Per i selvatici, invece, usiamo una strategia completamente opposta: rete di contenimento di una vasta area olograficamente complessa; recupero di carcasse.
Dunque, rispetto a una malattia potenzialmente gravissima da un punto di vista sanitario, per fortuna non per l'uomo (peraltro, concordo con il prof. Bergero, secondo cui la salute è una sola e va tutelata in tutti gli aspetti, nel senso che non posso prendere un aspetto e disinteressarmi degli altri), se abbiamo una società povera aumenteranno le malattie, i disagi, le malattie psicologiche e tanti fattori lesivi per la salute.
Per quale motivo dobbiamo assumerci la responsabilità di fare un'operazione di terapia unica? Se in quella zona dobbiamo eliminare i suini, indipendentemente dal fatto che siano allevati o selvatici, questi vanno eliminati. Attenzione, lo dico contro l'interesse delle associazioni venatorie, che, a detta di molti, hanno il piacere che esistano sempre animali da poter cacciare l'anno successivo: in quella zona vanno eliminati completamente e radicalmente.
Al fine di contenere gli ingenti danni economici della PSA negli allevamenti suini, la strategia è l'abbattimento e la distruzione di tutti gli animali infetti e ammalati. Per il selvatico ci si affida alla ricerca rimozione e distruzione delle carcasse infette, inibendo l'attività venatoria. Questa strategia sul selvatico non ha contenuto - lo hanno detto i nostri esperti questa mattina - la diffusione della malattia praticamente in tutta l'Europa dell'est, fino a quella occidentale, dal 2007 a oggi (considerando anche il periodo dove l'uomo si è mosso meno purtroppo per il COVID).
Per concludere, la caccia è da molti considerata lo strumento migliore di contenimento (lo sostiene lo stesso Vittorio Guberti nella sua monografia autorevole). Le ritrosie appaiono più ideologiche che scientifiche, alimentate principalmente dalla incertezza di comportamento nell'ambiente del cacciatore. L'Assessore Protopapa ricorderà che quando ci siamo visti la prima volta mi offrii, anche a nome delle altre associazioni, di fare dei corsi: fate bene a farli, e noi siamo sempre disponibili ad aiutarvi.
Lo stesso cacciatore è invocato però per la ricerca di carcasse infette in virtù della sua esperienza e conoscenza del territorio.
Delle due l'una: se il cacciatore è incapace a gestire la biosicurezza per abbattere capi, non si comprende come possa poi essere capace quando esegue la ricerca delle carcasse.
Al fine di eradicare la PSA in Piemonte e in Liguria, propongo un utilizzo razionale, estensivo, applicato per quadranti, della caccia di qualunque tipo - io suggerisco il metodo della girata, che a mio avviso è il migliore - per eradicare il cinghiale dall'area infetta, fatta eccezione per la braccata. Allo stesso tempo va curata la preparazione dei cacciatori per il prelievo in biosicurezza.
Nelle prossime due diapositive si evidenziano delle aree concentriche che, con il metodo della girata e con delle squadre attrezzate e preparate, possano aiutare a fare questo lavoro.
Mi dispiace che i nostri tecnici questa mattina abbiano indotto la politica ancora una volta a non decidere, o, meglio, ad andare a rimorchio.
Questi dati ufficiali (credo di averli riportati tutti con la bibliografia documentata) sono gli stessi che utilizzano i nostri comitati tecnici per redigere i documenti scientifici in cui si richiama l'utilizzo di una rete (poco fa lo stesso professor Ferrari ci ha detto, ahimè, che hanno trovato una carcassa dall'altra parte). A questo punto, basta il pastore elettrico: costa molto meno e facciamo prima.
Utilizziamo il pastore elettrico, ma interveniamo in quell'area in modo radicale. Facciamo finta che fosse un cinghiale allevato: probabilmente, il cinghiale lo avremmo eradicato e avremmo risolto il problema forse in questa giornata.
Un ultima battuta: se la politica continua a rincorrere dati tecnici o pseudo tecnici e non si assume la responsabilità di scelte che sono proprie, ahimè, risparmiamo almeno il costo della politica. Essendo stato fra questi banchi, mi posso permettere questa considerazione. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, dottor Monaco.
La parola alla componente della Segreteria regionale CGIL, dottoressa Gabriella Semeraro.



SEMERARO Gabriella, Segreteria regionale CGIL

Grazie, Presidente.
Porto i saluti, a nome di CGIL, CISL e UIL Piemonte, a voi Consiglieri in Aula, agli Assessori presenti e al Presidente.
Ringrazio innanzitutto per averci dato l'opportunità di partecipare a questo Consiglio regionale aperto. Come sapete, la funzione delle organizzazioni sindacali..



(Audio mancante o non comprensibile)



SEMERARO Gabriella, Segreteria regionale CGIL

.da una parte di lavoratori e di lavoratrici, ma anche garantire gli interessi dei cittadini, in questo caso dei cittadini piemontesi.
Ho ascoltato con molta attenzione gli interventi che mi hanno preceduto interventi di qualità, interventi che hanno spiegato la situazione di questa nuova emergenza piemontese. Dico "nuova emergenza piemontese " perché, a parer nostro, come organizzazioni sindacali, a fronte di una nuova emergenza è necessario individuare interventi straordinari.
In prima battuta, crediamo che vada garantito e tutelato il lavoro: sono positivi, quindi, gli interventi di ristoro nei confronti delle aziende che noi crediamo vadano implementati. Soprattutto, riteniamo che la Regione debba prevedere delle misure straordinarie per la garanzia del reddito di quei lavoratori e lavoratrici che si trovano, comunque, con una attività sospesa.
In tutti gli interventi è stato evidenziato - peraltro, è scientificamente provato - che questo virus non attacca l'essere umano, ma è comunque un virus altamente infettivo per tutti i suini. Ecco perché c'è una forte preoccupazione qui in Piemonte: dagli interventi, in particolar modo del Presidente, dell'Assessore alla Sanità e degli altri Assessori, è emerso chiaramente l'intervento di contenimento che è stato messo in atto.
Si è trattato di un intervento di contenimento con delle barriere che hanno determinato anche delle zone rosse, dove le stesse popolazioni si sono trovate con una serie di restrizioni. Sempre in queste zone - lo ribadiva l'ultimo intervento che mi ha preceduto - è stato previsto anche l'abbattimento di alcuni capi che risultavano sani, perché non c'è stata.



(Audio mancante o non comprensibile)



SEMERARO Gabriella, Segreteria regionale CGIL

..entrare nella filiera della commercializzazione.
Vorrei partire proprio da qui, perché credo che non siano stati sollevati due temi durante questa Assise. Il primo: quali interventi straordinari di prevenzione la Regione intende mettere in atto? Quando parlo di "interventi straordinari di prevenzione" mi riferisco ad una capillare informazione della situazione a tutti i cittadini piemontesi.
Oggi sulle reti televisive si parla di peste suina e le popolazioni iniziano anche a diminuire l'acquisto di prodotti come prosciutto o altri generi alimentari per paura di qualche contagio. Io credo che si debba intraprendere e organizzare una campagna informativa su tutta la popolazione piemontese e, in particolar modo nelle zone più critiche (zona 1, zona 2 e le altre zone), fare anche in modo che queste informazioni circolino, attraverso il coinvolgimento di tutta la società civile presente all'interno di questi Comuni, spiegando perché ci sono queste restrizioni in determinate popolazioni oppure "educando" tutta quella popolazione piemontese che trasla attraverso i picnic e attraverso le passeggiate. Lo diceva, ad esempio, anche la dottoressa che proveniva da Alessandria: purtroppo ci sono dei comportamenti non adeguati che.



(Audio mancante o non comprensibile)



SEMERARO Gabriella, Componente Segreteria CGIL

. il gioco di parole. Perché dico questo? Perché questo virus non si trasmette solo per via diretta, per cui attraverso il contatto tra animali oppure tramite la puntura di qualche insetto, tipo le zecche, ma anche per via indiretta. Un esempio di via indiretta possono essere degli indumenti di lavoro infettati, ma possono essere anche delle suole di scarpe che calpestano qualche carcassa di animale oppure le stesse feci. Questo è importante, perché nella nostra Regione il virus si è sviluppato grazie al veicolo da parte dell'uomo, per cui credo sia necessaria una campagna informativa capillare.
Oltre al contenimento e all'azione informativa, il secondo tema su cui voglio intervenire riguarda l'implementazione della sorveglianza.
Gli interventi che mi hanno preceduto mi hanno confermato che abbiamo un certo tipo di sorveglianza. La sorveglianza, soprattutto quella passiva, è indispensabile per il conseguimento dell'estinzione dei focolai della malattia, da una parte, e l'eradicazione della malattia stessa. Se partiamo da questo concetto, capiamo quanto sia importante questo strumento per individuare l'ingresso del virus in una popolazione di cinghiali sottoponendo le stesse carcasse di cinghiali trovati morti ai test di laboratorio.
Badate che noi abbiamo una responsabilità come Piemonte, perché - come ha detto anche il Presidente Cirio - abbiamo un'alta percentuale di attività che si basano sugli allevamenti dei suini, ma abbiamo anche delle caratteristiche territoriali. Oggi il territorio di Alessandria sta subendo questa grande emergenza, ma c'è la grande preoccupazione che la diffusione del virus arrivi sul territorio del Cuneese e sull'area di Piacenza-Parma.
Questo creerà dei danni enormi, perché rischia veramente di dare un duro colpo all'economia di questo settore. E quando parlo di "economia di questo settore", mi riferisco anche all'economia che deriva dall'esport dei prodotti piemontesi.
Vado alle misure e agli strumenti da adottare in via eccezionale. Come organizzazione sindacale crediamo che sia importante e doveroso implementare le risorse economiche, al fine di aumentare, da una parte, le attività dei veterinari, ma non solo. Sappiamo dal nostro osservatorio che sono state impiegate delle squadre volontarie che, purtroppo, a distanza di tempo stanno diminuendo. Non possiamo superare un'emergenza utilizzando solo delle squadre volontarie; è necessario fare un piano di assunzioni straordinario di personale da adibire alla ricerca sul territorio e per la segnalazione di eventuali cinghiali morti o in evidente stato di deperimento.
Queste, secondo me, sono le prime azioni da attivare per cercare di sviluppare ed implementare le misure di sorveglianza del territorio.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, dottoressa Semeraro.
Siamo in attesa del Presidente Coldiretti di Alessandria, Mauro Bianco che è in procinto di arrivare. Pertanto sospendo la seduta per un paio di minuti.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12.09, riprende alle ore 12.17)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola al dottor Mauro Bianco, Presidente Coldiretti di Alessandria.



BIANCO Mauro, Presidente Coldiretti Alessandria

Grazie, Presidente.
Vi ringrazio per questa opportunità. Sarò molto breve nel fornire alcuni punti sui cui porre l'attenzione relativamente al problema della fauna selvatica e la PSA.
La prima parte è assolutamente legata al risarcimento dei danni.
Continuiamo infatti a registrare forti danni sulle culture in tutta la Regione Piemonte, quindi, in questo momento, abbiamo assolutamente bisogno di un congruo risarcimento. Perché parlo di "congruità"? In questi ultimi sei mesi i costi di produzione sono aumentati enormemente: si parla del 170% circa sui mezzi utili e necessari per la coltivazione e, addirittura del 130% sul gasolio.
Abbiamo quindi bisogno di una perizia decisamente più congrua rispetto a quanto è stato fatto in passato, perché i costi di produzione non sono assolutamente adeguati all'attività; occorre una perizia. Questa è la prima questione che necessita di risposte.
Rimane aperta anche la questione inerente all'adozione del principio di semplificazione delle procedure per l'ottenimento degli indennizzi e le relative tempistiche. In relazione a questo aspetto, sarebbe opportuno un intervento della Regione legato al de minimis, che va veramente ad incidere in maniera importante sull'attività agricola.
Per quello che riguarda l'attività venatoria, chiediamo un monitoraggio da parte della Regione per il rispetto dei piani di selezione. Per l'attività venatoria il territorio di competenza è suddiviso in zone ed è prevista l'assegnazione delle stesse alle squadre dei cacciatori. Noi chiediamo una modifica di questa impostazione, per poter rendere l'attività molto più incisiva sul territorio.
È necessario rendere strutturale e applicabile, non soltanto in relazione all'azione di depopolamento in atto, l'ampliamento della fascia oraria durante la quale è possibile esercitare l'attività venatoria. Non possiamo più legare questa attività soltanto ad alcuni orari della giornata, ma sono necessari orari decisamente più importanti. Ancora, chiediamo un'attività di monitoraggio su questa attività di controllo da parte della Regione, per evitare incongruenze sui vari territori del Piemonte.
Chiediamo, inoltre, un'azione straordinaria mirata a chiedere ai Sindaci un intervento sull'abbattimento, allo scopo di tutelare la sicurezza e l'incolumità pubblica. Ricordo che i danni da fauna selvatica sulle nostre strade continuano ad aumentare, quindi non possiamo permetterci di andare avanti in questa maniera.
L'ultimo punto è legato alla peste suina africana.
Io arrivo proprio dal territorio maggiormente toccato dal virus: ci sono state misure sul nostro territorio, ma totalmente inefficaci per cui le aziende rimangono chiuse. Sono stati abbattuti gli animali nei vari allevamenti, nonostante fossero sani, quando i cinghiali continuano a proliferare e a causare ancora problemi. Il rischio è veramente che questa malattia possa modificarsi assumendo un carattere pandemico e allargarsi ancora di più. Questo non possiamo assolutamente permettercelo.
Infine, è assolutamente indispensabile la ripresa dell'attività allevatoriale.
Il decreto ha stabilito una chiusura di sei mesi, ma noi vorremmo, con tutte le biosicurezze del caso, poter riaprire l'attività di allevatoria soprattutto dei suini nella zona rossa, che in questo momento è stata altamente colpita. Vorremmo poter ripartire dopo i sei mesi dall'entrata in vigore del decreto.
Spero di essere stato breve e conciso.



PRESIDENTE

Grazie.
Dichiaro conclusa la parte dedicata agli interventi dei soggetti esterni.
Procediamo ora con il dibattito con i Consiglieri regionali che hanno chiesto di intervenire.
Ha chiesto la parola il Consigliere Preioni.



PREIONI Alberto

Grazie, Presidente.
Ringrazio tutti gli intervenuti. Ritengo sia importante l'iniziativa legata al Consiglio aperto su questo importante e annoso problema che, in particolare, colpisce la Regione Piemonte.
In qualità di Capogruppo della Lega posso dire che il nostro partito, da sempre, sta con il mondo agricolo e venatorio.
Oltre alla PSA, un ulteriore problema deriva dalla presenza importante e sempre più diffusa dei cinghiali. Purtroppo, è cronaca di questi giorni l'ennesimo incidente mortale: perché i cinghiali, oltre a creare danni ingentissimi all'agricoltura (un asset strategico del nostro Piemonte) causano anche incidenti mortali. I cinghiali vanno eradicati. Come? Non certo con la pillola del giorno dopo o con le balzane soluzioni del mondo estremista animalista, che ogni tanto sentiamo pronunciare. Vanno eradicati con il piombo dei cacciatori, i quali devono essere i protagonisti dell'eradicamento dei cinghiali.
Non pensiamo mica di mobilitare le nostre forze armate, come l'Esercito i Carabinieri, la Polizia o la Guardia di Finanza? Probabilmente, non basterebbero neanche. Inoltre, penso che abbiano compiti ben più gravosi come la sicurezza del Paese, il mantenimento dell'ordine pubblico, il contrasto al crimine.
Dicevo, i cinghiali vanno eradicati con i cacciatori. I cacciatori devono essere i protagonisti. È vero che una piccola parte di cacciatori in passato ha sbagliato, ed è altrettanto vero che negli anni Novanta una piccolissima parte si è macchiata dell'errore di averli introdotti. Oggi però, i protagonisti devono essere loro, perché - lo ribadisco - non possiamo mobilitare le forze armate.
Da una parte, penso che occorra più autonomia a livello regionale. È un bene che ci sia un Commissario, il Direttore dello Zooprofilattico, una figura vicina al territorio. Tuttavia, sarebbe comunque auspicabile una maggiore autonomia da parte della Regione, perché non può essere il "professorone" da Roma ad indicare le scelte per il nostro territorio.
Bisognerebbe usare anche un po' di pragmatismo in questo Paese e, magari riprendere le buone pratiche degli agricoltori e degli allevatori, insomma il loro buonsenso dettato dalla storica esperienza.
Il progetto di costruire 300 chilometri di rete di contenimento - che per l'amor di Dio, si sta realizzando! - è naturale che sulla carta sembri semplice e facile: tiro una linea e costruisco 300 chilometri di rete.
Tuttavia, nella pratica e nella realtà tutto è molto più complicato, perch si devono trovare le aziende che devono intervenire, ma essendo in montagna e in zone boscate, è molto più difficile. Parliamo di animali che possono raggiungere fino a 200 chili, la cui forza ed irruenza in alcuni casi gli consente di infrangere questa famosa rete.
Parliamo di animali che vanno eradicati, anche perché non hanno un grande valore faunistico: sono mezzi porci, animali dell'est Europa e della Cina ibridati. Infatti, il vero cinghiale italiano è un animale sui 60/70 chili parliamo, ad esempio, del cinghiale toscano - e non è certo quello di cui stiamo parlando oggi.
Ribadisco la volontà di avere più autonomia per le Regioni e di rifarci assolutamente al buonsenso degli agricoltori e degli allevatori piemontesi.
È naturale, infatti, che ci sia un aspetto economico pesantissimo, da non sottovalutare, perché questa peste non può e non deve diffondersi negli allevamenti, che generano milioni e milioni di utili per il nostro territorio, che danno lavoro a molti addetti, che esportano in Italia, in Europa e nel mondo i prodotti della nostra eccellenza gastronomica.
Richiamo dunque al buonsenso: cerchiamo di combattere con "ricette reali e pratiche" questa maledetta peste suina, che fortunatamente si è dimostrata meno aggressiva di quanto si pensasse (si parlava di una mortalità del 70-80%, ma di fatto non si stanno trovando tutte queste carcasse). Dall'altra parte, bisogna prestare ancora più attenzione, perch gli animali si possono spostare. Occorre però essere realistici in termini di restrizioni: pensare che l'uomo, dopo due anni di COVID e di lockdown non possa più fare un passo fuori casa nella zona rossa, una passeggiata o una corsa, in teoria si può scrivere, ma nella realtà dei fatti mi giungono molti casi di persone che disattendono queste limitazioni. Del resto, dopo due anni di pandemia da COVID e di lockdown, la gente vuole libertà.
Da una parte, quindi, massima attenzione e rispetto per la scienza dall'altra parte, però, un riguardo al pragmatismo dei contadini, perch sono loro che hanno reso grande questo Piemonte.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ravetti; ne ha facoltà.



RAVETTI Domenico

Grazie, Presidente.
Starò più o meno anch'io nei tempi che si è riservato il Capogruppo della Lega.
Voglio dirlo subito in premessa: siamo felici che l'Ufficio di Presidenza abbia accettato la richiesta formalmente depositata da Confagricoltura (ma sostenuta anche da altre associazioni di rappresentanza del mondo agricolo) di questo Consiglio regionale aperto sulla peste suina africana; richiesta che le opposizioni, in particolare il Gruppo del Partito Democratico, hanno da subito inteso sostenere.
Ci sono ragioni oggettive che riguardano il dibattito pubblico e ci sono ragioni che stanno dentro il dialogo che non c'è mai stato, in maniera approfondita, in questo Consiglio regionale, se non in pochissimi casi (ne ricordo uno all'o.d.g. delle Commissioni competenti).
Lo dico perché di fronte a problemi importanti e significativi, le cui soluzioni sono sempre molto complicate, l'individuazione dei percorsi migliori per portare fuori le nostre comunità dai problemi che per prime vivono, merita sempre condivisione, dialogo e confronto. Eppure all'interno di quest'Aula il dialogo non c'è stato, tantomeno il confronto.
Spesso, la ricerca delle soluzioni è avvenuta tra il comparto tecnico e la maggioranza.
Mi sia permesso, in questo tratto del mio intervento, prendere le distanze da una frase pronunciata dall'esponente della Lega, nella quale non ci riconosciamo (sono certo che i colleghi avranno modo di definire meglio il senso di quella frase, che credo non corrisponda nemmeno alle loro intenzioni). In genere, rispetto al tema della tutela degli animali credo che non si possa definire "malsane idee del mondo animalista" l'approccio e l'atteggiamento che le associazioni che hanno a cuore il destino degli animali pongono all'attenzione delle istituzioni . Non voglio soffermarmi oltre; dico solo che la richiesta di un Consiglio regionale aperto è avvenuta perché, molto probabilmente, oltre alla mancanza di un dialogo e di un confronto all'interno di quest'Aula, è venuto meno anche un dialogo e un confronto con tanti rappresentanti di interessi legittimi (in particolare il mondo agricolo, ma non solo) che hanno buone ragioni per chiedere quel dialogo, che probabilmente non è stato sviluppato al meglio.
Avessimo avuto tempo e spazio per capire meglio le scelte e le dinamiche successive a quelle scelte, avremmo posto tecnicamente anche noi alcune domande; domande che invece non possiamo permetterci di porre liberamente in questo Consiglio regionale aperto perché non è lo strumento né il luogo dove porre, per esempio, alcuni quesiti: ad esempio, se è vero che la prima posa della recinzione è avvenuta a Ponzone (AL) e i giornali ne hanno dato notizia il 1° giugno; se è vero che dal 1° giugno ad oggi, come è stato riferito in uno degli interventi di questa mattina, sono stati posizionati solo 16 chilometri di rete e, qualora fosse vero, come possiamo essere sufficientemente sereni nel dire alla nostra popolazione di riferimento che da oggi, 19 luglio, al 20 agosto, riusciremo a vedere sui nostri territori la realizzazione di altri 150 chilometri di recinzione.
Io non ho pregiudizi in merito: non dico che ciò non avverrà, ma sul piano tecnico vorrei capire meglio com'è possibile mettere in relazione ciò che è avvenuto con ciò che avverrà, soprattutto in un confronto con le Amministrazioni comunali nei luoghi che il Consiglio regionale ha a disposizione, che non sono solo i luoghi del territorio dove gli Assessori legittimamente, vanno a discutere con i Sindaci che preferiscono oppure con i Sindaci che intendono convocare per un confronto, ma nelle Commissioni consiliari competenti.
Che difficoltà si sono verificate nel posizionamento di questa rete? In queste prime settimane quali sono i risultati conseguiti, oltre a quelli attesi? Altrimenti non capiamo. Un conto è posizionare la rete - ce lo dice l'Europa - non per fermare l'espansione della peste, ma per rallentarla; un altro conto è capire esattamente cos'è successo laddove è stata posizionata. È un dibattito che non possiamo fare qui, in questa sede: avremmo dovuto farlo nelle Commissioni, ma ciò non è avvenuto.
Rispetto ai luoghi dove adesso c'è la recinzione, sembra che i primi effetti non siano rilevabili. Oppure, se sono stati rilevati, non fanno parte di un dialogo necessario. Spesso, quando la maggioranza e gli Assessori non si confrontano con le opposizioni, di fronte ai problemi complicati vivono la solitudine, non l'autosufficienza. Sul piano politico vi diciamo che non siete mai autosufficienti, men che meno di fronte ai gravi problemi dei piemontesi. Ripeto: men che meno di fronte ai gravi problemi dei piemontesi.
Sono davvero tantissime le domande che vorremmo rivolgere e attraverso la Conferenza dei Capigruppo, l'Ufficio di Presidenza e la III Commissione in tal senso, ringrazio la collega Canalis, Vicepresidente della III Commissione, che giustamente ha sempre posto la questione al Presidente della Commissione - chiederemo costantemente i relativi report per riuscire a capire esattamente cosa sta succedendo. Report che non dobbiamo ottenere per cortesia, ma che abbiamo il diritto di ricevere e il dovere di rendere costantemente pubblici nelle relazioni che abbiamo con tutti quei soggetti che sono venuti qui oggi e hanno usato un linguaggio diverso rispetto a quello che abbiamo ascoltato da parte della Giunta.
Io non critico la Giunta: dico solo che avete fatto un racconto di ci che è stato, mentre i rappresentanti del mondo agricolo hanno fatto un racconto delle preoccupazioni che hanno oggi e delle preoccupazioni che hanno rispetto al futuro. Sono due modi differenti di affrontare questo Consiglio regionale aperto: voi lo fate in base alle norme (ce lo dice l'Europa); il mondo agricolo lo fa esternando le sue preoccupazioni sul presente e sulle prospettive future, sapendo che, rispetto al presente, sul mondo agricolo (e non solo) non pesa soltanto la crisi della peste suina africana, ma tante altre criticità - non faccio l'elenco - che rischiano di mettere in ginocchio un comparto che non è solo importante durante le campagne elettorali, ma lo è sempre.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Ravetti.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bongioanni; ne ha facoltà.



BONGIOANNI Paolo

Grazie, Presidente.
Innanzitutto mi permetta un plauso all'operato del Presidente per aver convocato questo Consiglio regionale aperto su un problema che non è solo del Piemonte, ma di tutta l'Italia. Abbiamo ascoltato una serie di testimonianze, di suggerimenti e di proposte, e ognuno di noi farà la sintesi che riterrà opportuna. Sicuramente, si potrà offrire alla parte più operativa, quindi ai nostri Assessori che dovranno intervenire, dei suggerimenti e degli strumenti attuativi. Al riguardo, mi permetterò di farlo anch'io, non prima però di aver focalizzato l'attenzione sul comparto produttivo maggiormente danneggiato dalla peste suina, che è quello agricolo: i nostri agricoltori sono una delle forze produttive più importanti.
Agricoltura e zootecnia, sia per quanto riguarda l'agroalimentare, sia per quanto riguarda l'export, sono dei fiori all'occhiello della nostra Regione; sono pilastri economici importanti che, come diceva prima il collega Preioni, abbiamo l'obbligo e l'onere di tutelare. Teniamo sempre conto che in Piemonte alleviamo quasi un milione e mezzo di suini - il 9 dell'intera produzione nazionale - che generano un patrimonio di 700 milioni di euro sulla filiera; patrimonio che noi dobbiamo salvaguardare e proteggere.
Abbiamo sentito illustri esperti e docenti spiegarci le cause dell'infezione e le relative modalità di trasmissione. Non si pu affrontare questa problematica con il sistema vaccinale; ha fallito quello contraccettivo, che pure ha drenato risorse importanti. L'unica strada percorribile - l'abbiamo capito sentendo anche i rappresentanti delle forze agricole - è quella dell'abbattimento: non c'è alternativa per risolvere la problematica. Ma a fianco di un abbattimento ordinato, che va costruito su tutto il territorio piemontese, bisogna guardare anche quella che è la legislazione. A livello nazionale abbiamo una legge - la n.
157/1992 - che ha trent'anni. È una legge obsoleta: il mondo cambia velocemente, e noi facciamo riferimento a leggi che ormai sono superate e hanno bisogno di un "tagliando".
Io ho presentato un ordine del giorno - lo dirò in chiusura del mio intervento - proprio per stimolare la Giunta ad avviare in Conferenza Stato-Regioni un processo di modifica della legge n.157/1992. Tuttavia proprio perché sono stato sollecitato dalla mia comunità, vorrei anche dire che il problema dei cinghiali non si limita alla peste suina; è una specie invasiva che danneggia le culture, le distrugge; è una specie che diventa mortale quando va ad incidere sulla sicurezza stradale. Dico questo perch non più tardi di sei giorni fa nel mio Comune di residenza, Villanova Mondovì, una signora di 55 anni ha perso la vita nel centro abitato del paese andando a bocciare con la macchina contro un cinghiale femmina di più di 100 chili Lo diceva prima anche il collega Preioni: il cinghiale autoctono era un suino che aveva un peso che arrivava a 70 chili. Qui, invece, abbiamo degli animali enormi che sono frutto di ibridazioni, perché sono stati immessi.
Sono animali alloctoni che hanno cambiato l'ecosistema del nostro ambiente.
L'ha detto prima il Presidente e l'ha anche scritto: non si può morire per un cinghiale. Allora, se non si può morire per un cinghiale, penso che il tempo delle parole sia finito e si debba intervenire nei confronti di questa specie, che è diventata invasiva, al punto da considerare quasi normale nei servizi dei telegiornali vederla rovistare nei cassonetti della spazzatura nelle periferie di alcune delle nostre città. Bisogna intervenire in modo forte e obbligatoriamente drastico.
Abbiamo detto che i danni al mondo zootecnico sono pesanti, per cui bisogna procedere con indennizzi forti, immediati e semplici da parte del Governo, perché è un problema nazionale: ci vuole quindi un sistema che permetta agli agricoltori di superare tutti i cavilli burocratici che trasferiscono su scala geologica i tempi di risarcimento.
Come dicevo, a fianco di questo dobbiamo procedere con un piano di abbattimento che, anche in questo caso, non sia vincolato e rallentato dalla burocrazia. Abbiamo sicuramente dei soggetti (mi riferisco ai comprensori di caccia, ATC e CA) che possono attuarlo e ci sono anche le Province deputate a ciò: basta che non si muovano come la Provincia di Cuneo, quella dove risiedo io, che è stata quiescente sul problema del cinghiale e ha fatto praticamente nulla in questi ultimi due anni. Grazie ai comprensori di caccia (ATC e CA) si possono aumentare le possibilità di caccia al cinghiale, permettendo così di contenere la specie.
Ho presentato un ordine del giorno sul tema che ha tre punti cardine: il primo l'ho già accennato, e cioè che in sede di Conferenza Stato-Regioni e presso la Commissione Agricoltura di Camera e Senato ci sia il sollecito al Governo nazionale e al Parlamento affinché sia modificata la legge n.
157/92 sulla fauna selvatica, aumentando le possibilità degli abbattimenti relativi soprattutto alla specie cinghiale.
Inoltre, in considerazione del rischio di diffusione della peste suina africana su tutto il territorio regionale, si richiedono maggiori finanziamenti per realizzare in modo operativo il Piano regionale di contrasto alla specie cinghiale.
Infine, si chiede di sostenere gli Enti locali e i Sindaci nel monitoraggio dei casi di PSA.
Chiudo qui il mio intervento, ringraziando ancora tutti gli intervenuti per l'apporto che ci hanno dato, e lei, Presidente, per aver presieduto la seduta.



GAVAZZA GIANLUCA



PRESIDENTE

Ringraziamo il Capogruppo Paolo Bongioanni per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Silvio Magliano; ne ha facoltà.



MAGLIANO Silvio

Grazie, Presidente.
Intervengo innanzitutto per ringraziare, perché è sempre necessario. Noi come opposizione, chiediamo da tempo di portare in Aula, attraverso i Consigli aperti, le posizioni in campo rispetto a tanti argomenti che sono stati all'ordine del giorno di questa legislatura. Oggi l'abbiamo fatto con una particolare attenzione allo stato dell'arte e alla condizione in cui si trova la nostra Regione sul dramma della PSA, cercando, nello stesso tempo di interloquire con tutti gli organi di Governo, ma soprattutto con chi vive questo fenomeno tutti i giorni e cerca di darci segnalazioni, input e prospettive affinché la politica sia davvero tutelante rispetto a un comparto che per la nostra Regione, come hanno detto i colleghi, è oggettivamente importante. È maggiormente importante rispetto allo stato che stiamo vivendo, perché è la somma di una serie di crisi e di rischi che stiamo correndo che, evidentemente, vanno in abbinata con il tema della PSA. Mi riferisco al caro-energia, piuttosto che al rischio che già stiamo vivendo dell'aumento dei costi dei carburanti, all'inflazione. In questa fase dobbiamo essere il più attenti e il più efficaci possibile e provare a risolvere uno per uno i problemi.
In questo caso, non possiamo che partire da un dato; alcuni dei miei colleghi hanno sempre sottolineato che l'aumento dei cinghiali è dovuto ad una politica fatta da chi aveva un interesse venatorio. Ma da quel momento in poi questo fenomeno - i dati ISPRA lo dicono chiaramente - è andato in aumento: non mi riferisco al fenomeno venatorio, ma alla proliferazione di questa specie. Questa specie, prima ancora della PSA, rappresentava un problema di ordine pubblico ed un problema per gli agricoltori; oggi con la PSA lo è anche dal punto di vista sanitario, per cui è necessario affrontarlo con forza.
Il mio intervento sarà breve, perché oggi è la giornata dell'ascolto di ciò che stanno facendo il Governo e la Regione. Certo è che non possiamo non dire con forza quanto sia importante e fondamentale facilitare l'approccio a questo tema, rendendo le norme più snelle e più veloci possibili. Infatti, non possiamo fronteggiare un tema di questo tipo essendo bloccati da norme burocratiche che non ci permettono di intervenire.
Dobbiamo essere in grado - e concludo, Presidente - di contemperare entrambe le posizioni: da una parte, la sicurezza sanitaria della nostra Regione e soprattutto dei nostri allevamenti, che rappresentano, come diceva il collega Bongioanni, punti di PIL, fatturati e posti di lavoro dall'altra parte, il sostegno concreto, attraverso indennizzi e strumenti che aiutino i nostri allevatori a continuare a sperare in un futuro di investimento, di crescita e di sviluppo.
Ringrazio la collega Monica Canalis per aver presentato un ordine del giorno puntuale, preciso e onnicomprensivo di tutti i fattori in gioco.
Anche su questo sarà importante dimostrare di essere classe dirigente, e nel rispetto delle norme, dare al Commissario e a tutti coloro che se la aspettano, una risposta forte, decisa e chiara della politica. Perché non possiamo sommare alle tante altre crisi che stiamo vivendo anche questa solo perché non è gestita adeguatamente.
Grazie, Presidente. Ho concluso.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Presidente Silvio Magliano per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Monica Canalis; ne ha facoltà.



CANALIS Monica

Grazie, Presidente.
Era il 29 dicembre 2021 quando in Piemonte veniva rinvenuta la prima carcassa di cinghiale affetta da peste suina africana nel Comune di Ovada.
Sono passati ormai alcuni mesi e questa nuova calamità si assomma alle altre numerose che già si sono abbattute in precedenza sulla nostra economia agricola. Mi riferisco alla pandemia, che ha piegato e rallentato il settore, alla guerra, all'inflazione, al cambiamento dell'approvvigionamento energetico, alla difficoltà nel reperimento delle materie prime, alla siccità che ha portato la dichiarazione dello stato di emergenza della nostra Regione.
Il settore agricolo non solo è trainante per il sistema produttivo piemontese, ma ha anche caratteristiche identitarie, e nell'immaginario collettivo fa proprio parte del profilo del Piemonte.
Questa nuova calamità, che si aggiunge alle altre, era però un disastro annunciato. Oggi, non abbiamo la certezza di come questo morbo sia arrivato in Piemonte, ma tutti gli studiosi, come ha fatto anche Ilaria Capua, una nota virologa, hanno riconosciuto come la proliferazione non controllata della fauna selvatica - in particolare degli ungulati - rappresentasse una premessa per il disastro in cui ci troviamo oggi. Un disastro che minaccia un settore come quello suinicolo, nel quale il Piemonte occupa il 9 dell'intero settore nazionale. Il settore suinicolo, come qualcuno diceva questa mattina, rappresenta il 7% del PIL dell'Italia, quindi non è un settore secondario.
Perché si poteva fare di più? Perché non tutte le Regioni si trovano nella situazione in cui è oggi il Piemonte; ad esempio, la Toscana (una Regione tra l'altro di colore politico diverso da quello che oggi guida la nostra Regione) predispone abbattimenti di cinghiali in misura molto più equilibrata, stabile, controllata e monitorata rispetto al Piemonte considerando che una parte dell'economia della Toscana si basa proprio sul consumo della selvaggina selvatica.
Da parte nostra, quindi, non vi è alcun tabù, non c'è una chiusura pregiudiziale rispetto a questo filone. Noi siamo preoccupati perché in questi primi tre anni - lo dico anche al Presidente Cirio, che è in contumacia - spesso e volentieri, purtroppo, abbiamo assistito ad uno scaricabarile nei confronti del Governo nazionale, dimenticando che altre Regioni hanno lavorato meglio di noi, esercitando le proprie specifiche prerogative regionali, le stesse che, invece, in Piemonte non stiamo esercitando, forse perché troppo attenti a non disturbare determinati interessi, che però non sono interessi che collimano con il bene comune.
Il bene comune oggi è limitare la presenza eccessiva, in sovrannumero della fauna selvatica. Perché non è un problema solo per l'agricoltura, per quanto sia grave, ma, come abbiamo detto più volte, è un problema per la sanità pubblica e per la sicurezza stradale. È stata ricordata la vittima di questi giorni di Villanova di Mondovì, ma pochi mesi fa ce n'era stata un'altra a Novara. Purtroppo, sono fatti ricorrenti ormai. Infine, è un problema anche ambientale - ripeto, ambientale - perché la proliferazione di una specie compromette lo sviluppo delle altre specie: pensiamo, per esempio, alla distruzione dei nidi di alcune specie che nidificano a terra.
Pertanto, chiederei davvero un'ulteriore presa di responsabilità, ma soprattutto il riconoscimento di un maggiore margine di autonomia nella gestione della fauna selvatica: non si deve addebitare ogni compito al Governo nazionale, ma si devono esercitare quei compiti che sono propri delle Regioni, senza ritardi, né inadempienze.
Faccio un esempio: l'obiettivo che ci siamo dati per il 2022 è di abbattere 38.000 capi di cinghiali con la caccia di selezione; sommando anche i capi da abbattere con i piani di controllo e con la caccia programmata, l'obiettivo per la fine del 2022 è di arrivare a 50.000 capi.
Sapete quanti ne sono stati abbattuti da gennaio a maggio 2022, a peste suina africana già scoppiata? Ne sono stati abbattuti 2.000! E pensiamo di arrivare a 50.000 a dicembre 2022? Mi sembra che siamo un po' in ritardo anche perché - ed è questo il punto - è impossibile effettuare un serio controllo sanitario sulla fauna selvatica, per evitare che il morbo si estenda anche agli allevamenti domestici; è impossibile effettuare questo controllo, se la fauna selvatica è presente in numero eccessivo. Questo è il punto.
I controlli li possiamo fare seriamente e convivere in maniera equilibrata con la fauna selvatica, così come previsto dallo Statuto della Regione Piemonte, solo se rispettiamo i numeri indicati dall'ISPRA e quelli indicati da noi stessi, come Regione Piemonte. Se, invece, chiudiamo un occhio e stiamo attenti più agli interessi lobbistici particolari rispetto all'interesse generale e al bene comune, noi ci opporremo.
Questo pomeriggio proporremo un ordine del giorno che cerca di tenere insieme questi aspetti e speriamo di poter trovare un punto d'incontro con la maggioranza.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera.
Ha chiesto la parola il Consigliere Gagliasso.



GAGLIASSO Matteo

Grazie, Presidente.
Vorrei ringraziare tutti gli intervenuti di questa mattina, perché ci hanno dato la possibilità di fare un po' di chiarezza su quanto sta succedendo in Piemonte, ma non solo, perché, com'è già stato detto sappiamo che il problema non è esclusivamente piemontese, ma tocca la Liguria e ormai anche il Lazio. Questo significa che questi problemi bisogna affrontarli con la consapevolezza di doverli condividere.
Partirei subito con una proposta, che potrebbe rappresentare anche una soluzione, per rendere evidente il lavoro che si sta svolgendo, perch spesso si fanno delle azioni che nessuno conosce. Io chiederei (lo metter poi per iscritto) che in III Commissione, ogni quindici o trenta giorni da parte del Commissario e degli Assessori, vengano riferiti gli aggiornamenti, in modo da sapere cosa si sta facendo. Molte riflessioni scaturite oggi si possano infatti prendere in considerazione in sede di Commissione, dove sono previsti tempi più lunghi per un dialogo più semplice e meno frettoloso. Questa è una delle prime proposte.
Poi i dati sono già stati riferiti dai miei colleghi, per cui non vorrei ripeterli.
È importante non dimenticare il discorso economico riguardo al blocco degli allevamenti dei suini: parliamo di circa 8 miliardi a livello economico, che rappresentano il 5,6% dell'agroalimentare italiano (parlo esclusivamente di quello piemontese).
Mi pare che i dati siano abbastanza gravi, in quanto sappiamo le difficoltà che oggi hanno le aziende agricole e gli allevatori, anche per i vari rincari. Se non attiviamo in modo più celere le misure dell'Europa e del Governo, difficilmente la malattia sarà estirpata in tempi brevi.
Qualcuno ha parlato dell'attività di controllo, che in altre Regioni viene attuata decisamente meglio che da noi; noi, però, abbiamo delle differenze importanti. Io provengo dalla provincia di Cuneo: qui l'attività di controllo da parte della Provincia - non lo dico io, lo hanno riportato le testate giornalistiche nei giorni scorsi - vede abbattuti un numero di capi esattamente della metà rispetto alla provincia di Asti. Non me ne voglia la provincia di Asti, ma è più piccola della provincia di Cuneo, per cui leggere che quest'ultima riesce ad abbattere 333 capi mentre la provincia di Asti ne abbatte 753, sinceramente vuol dire che c'è un problema anche di Province.
Non c'è grossa differenza tra chi dovrebbe farlo tra le due Province: è semplicemente una volontà delle Province stesse di farlo. È un problema che avevo sollevato già nel 2019 e che il Presidente di allora mi aveva risposto che era semplicemente un problema temporaneo: questo nel 2019 oggi siamo nel 2022 e il problema è sempre lo stesso. Dunque, non era troppo temporaneo.
Stamattina abbiamo sentito della necessità di modificare la legge nazionale. Quante volte abbiamo detto che la legge nazionale doveva essere modificata? Spesso, ci veniva risposto che dovevamo occuparci esclusivamente di quello che competeva la Regione. Poiché ho iniziato a far politica da giovane, ricordo che intorno al 2014 qualcuno in questa Regione voleva addirittura abolire la caccia, che oggi sappiamo essere non dico l'unico mezzo per affrontare il problema, ma è uno dei mezzi per farlo. Non dobbiamo nasconderci dietro un dito dicendo che le reti sono l'unica soluzione, oppure che è la caccia l'unica soluzione. Sono entrambi compatibili. Dal 2014 ad oggi cosa abbiamo fatto? Probabilmente, abbiamo sempre cercato di mettere i bastoni tra le ruote a chi doveva operare. Di fatto, il danno a chi l'abbiamo arrecato? Di nuovo agli allevatori. Se ogni anno come Regione spendiamo più di 8 milioni di euro per i danni da animali selvatici. Eppure in questi anni i cinghiali hanno continuato a nascere e purtroppo nessuno li ha abbattuti, diventando un problema di ordine pubblico. Ancora prima sono stati ricordati i decessi: solo un anno fa ricordo un incidente mortale sulla tangenziale di Alba. Me l'hanno raccontato in diretta, dal momento che ero al telefono con chi ha visto quella macchina volare per colpa di un cinghiale. Vi assicuro che sentir parlare ogni sei mesi di un incidente mortale dovuto ai cinghiali fa ribrezzo, perché vuole dire che non siamo stati capaci, fino ad oggi, di risolvere il problema.
Arriviamo da una stagione difficile e sappiamo che negli anni si poteva fare di più. Oggi, però, abbiamo il compito di fare di più e bisogna tornare a programmare le stagioni venatorie in modo coerente con quanto spetta al territorio. Non possiamo permetterci di avere dei CA o degli ATC che non trasmettono i documenti sugli abbattimenti. Dobbiamo cercare di risolvere questi problemi, perché solo con la sinergia del territorio e delle istituzioni riusciremo a trovare delle soluzioni.
Ringrazio ancora gli intervenuti questa mattina per le moltissime informazioni ricevute e ringrazio lei, Presidente, per avermi dato la parola.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il collega Gagliasso per l'intervento.
Ha chiesto la parola il Consigliere Giorgio Bertola; ne ha facoltà.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Grazie a tutti i soggetti esterni intervenuti in questo Consiglio aperto.
Inizierò col dire che questo non era il modo più giusto per discutere della questione. Sono importanti i Consigli in forma aperta per ascoltare soggetti esterni su un problema. Tuttavia, forse la questione sarebbe stata più adatta ad un confronto in una Commissione consiliare, nella quale avremmo certamente ascoltato i soggetti esterni che abbiamo ascoltato oggi ma in quella sede avremmo potuto interloquire con domande. La questione invece, è stata totalmente assente dal Consiglio regionale, e ritengo che questo sia un fatto grave.
Quando si parla di un problema come questa epidemia, occorre sempre, in primis, andare a vedere in quali termini si pone la questione.
Il Presidente della Regione Alberto Cirio nella stessa frase dice tre volte: "Non c'entra la caccia", salvo poi prendersela con la legge nazionale sulla caccia e con il fatto che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato. Focus: caccia.
La seconda frase dell'intervento del Capogruppo della Lega è stata: "La Lega sta col mondo venatorio". Ma, allora, di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando della caccia o di un'epidemia? Qual è la causa dell'epidemia? Qual è la causa della proliferazione del cinghiale nella nostra regione (e non solo nella nostra regione)? Questa epidemia è l'ennesimo caso di un virus che si diffonde per una perturbazione nell'ambiente causata dall'uomo, che poi porta alla diffusione di un virus; virus del quale l'uomo è vettore (ma non vettore "fisico", nel senso che ce l'ha dentro di sé, ma vettore "meccanico"). Non un virus che ha viaggiato per chilometri in groppa ad un cinghiale, ma ha viaggiato su altri supporti e si è diffuso, non tanto con il cinghiale, ma attraverso l'uomo. È un virus che resiste per giorni, giorni e giorni fuori dall'individuo che occupa, fuori dall'individuo che infetta; resiste giorni nella natura e resisti mesi - mesi! - in frigorifero. Resiste praticamente per sempre - non si sa quanti anni - in un congelatore. Questo dovrebbe farci capire di che tipo di virus stiamo parlando.
Chi è partito prima a parlare di questa epidemia di peste suina? Non certo l'Italia, perché sappiamo essere un'epidemia che arriva da altri Paesi che hanno affrontato prima la questione. E allora, siccome è una questione europea, l'Europa ha commissionato degli studi. Forse non tutti sanno che esiste un'Agenzia Europea sulla Sicurezza Alimentare (EFSA).
Questa mattina a ogni piè sospinto abbiamo sentito dire che per risolvere l'epidemia di peste suina, oltre alla recinzione, bisogna abbattere i cinghiali. Badate che non lo dice il Consigliere Bertola, che pure proponeva nel 2014 una legge per abolire la caccia; non lo dice nemmeno l'associazione ambientalista o gli ambientalisti estremisti. Ma è l'EFSA un'agenzia governativa europea che ha commissionato uno studio scientifico ad affermare che non è stata trovata alcuna prova nella letteratura scientifica che dimostri che le popolazioni di cinghiali possono essere drasticamente ridotte dalla caccia o dalla cattura in Europa. Inoltre, i tentativi di ridurre drasticamente le popolazioni di cinghiali possono anche aumentare la trasmissione e facilitare la progressiva diffusione geografica della peste suina africana, poiché l'intensa pressione venatoria sulle popolazioni di cinghiali porta alla dispersione di gruppi e di individui. L'alimentazione artificiale del cinghiale potrebbe aumentare il rischio di diffusione della PSA. Questo è il parere scientifico dell'EFSA.
Continuiamo quindi a parlare della necessità di abbattere più cinghiali? Tra l'altro, se proprio si deve fare, il contenimento è un'attività di tipo pubblicistico, non c'entra nulla il mondo venatorio. Ha ragione il Presidente Cirio quando dice, per tre volte nella stessa frase, che non c'entra la caccia; peccato che poi per il resto dica altro. Il contenimento è un'attività di tipo pubblicistico, che va fatta da personale pubblico per il quale, purtroppo, continuano a non esserci fondi.
Noi dobbiamo affrontare la questione in altri termini, altrimenti si continua ad essere ostaggio della lobby venatoria, ostaggio di una minoranza sempre più esigua, sempre più rumorosa e, purtroppo, anche sempre più potente. Ma comunque una minoranza.
Signori, ho sentito anche dire che i cacciatori sono "custodi dell'ambiente": i cacciatori non sono custoditi dell'ambiente! Svolgono un'attività che è permessa da leggi nazionali, ma hanno degli interessi legittimi; sono persone che uccidono animali per divertirsi, non sono i custodi dell'ambiente.
Mi rivolgo agli allevatori e agli agricoltori che abbiamo sentito: i cacciatori non sono amici degli agricoltori, non fanno gli interessi degli agricoltori; hanno un interesse legittimo diverso. È un interesse particolare quello del cacciatore, un interesse legittimo. Ma l'interesse particolare non è l'interesse generale, quindi non possono essere sempre visti come coloro i quali fanno l'interesse generale. Il cacciatore non fa neanche l'interesse dell'allevatore, salvo che non sia un allevatore di selvaggina.
Noi siamo disponibili a discutere seriamente della questione, anche partendo da basi scientifiche e da studi scientifici commissionati dall'EFSA. Siamo vicini agli agricoltori e agli allevatori che hanno questo problema, ma pensiamo che tutte le soluzioni che sono state proposte questa mattina - che sono, ahimè, sempre ostaggio della lobby venatoria - non siano adatte a risolvere il problema.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Giorgio Bertola.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Sacco; ne ha facoltà.



SACCO Sean

Grazie, Presidente.
Intanto volevo ricordare che il Movimento 5 Stelle già nei mesi scorsi aveva chiesto di iniziare un iter in Commissione per discutere dell'annoso problema della peste suina; iter che non è mai partito in quella sede ma che si è voluto spostare in un Consiglio regionale aperto (peraltro, il tempo per raccogliere delle informazioni precise lascia il tempo che trova scusate il gioco di parole).
Detto questo, qualche settimana fa ho partecipato ad un incontro indetto dalla CIA dove si parlava della problematica, sentita in maniera pesante nell'Alessandrino, con particolare riguardo al contenimento dei cinghiali e ai problemi connessi alla peste suina. Alcune delle ricette che sono state portate al tavolo sono le stesse che abbiamo ascoltato anche questa mattina, come se potessimo trovare la soluzione aumentando semplicemente i giorni di caccia, come se i cacciatori avessero avuto modo di contenere l'espansione di questa specie in tutti questi anni, laddove i dati dimostrano che è successo l'esatto opposto. Delegare la soluzione del problema alla caccia in trent'anni non è stata la soluzione, chissà perch dovrebbe esserlo nei prossimi.
Noi del Movimento 5 Stelle abbiamo richiesto più volte di affrontare la questione: sia nella scorsa legislatura che in questa abbiamo depositato degli emendamenti e degli ordini del giorno con specifica cui si chiedeva di permettere alle Province e alle Città metropolitane di assumere guardie faunistiche per il controllo della fauna selvatica. Questa operazione va fatta da professionisti che hanno a cuore il solo interesse pubblico.
Purtroppo, ci hanno sempre risposto che i soldi non ci sono (eppure, se si tratta di trovare 300.000 euro per il rimborso spese ai cacciatori non professionisti, quelli si trovano immediatamente!). Vi dico solo che nella Città metropolitana ci sono solamente tre persone dedicate agli abbattimenti; nelle altre province se la passano anche peggio.
C'è veramente la volontà di risolvere questo problema, oppure stiamo solamente prendendo tempo? La questione è una sola: vogliamo mettere le Province nelle condizioni di assumere le guardie venatorie per fare i contenimenti, per fare soprattutto dei censimenti chiari e mirati alla popolazione del cinghiale all'interno della nostra Regione? Anzi, provo ad andare oltre, su tutto il territorio italiano, perché è un problema che non si limita al Piemonte. Abbiamo visto che ci sono anche casi di peste suina nel Lazio e, purtroppo, man mano che passa il tempo ne troveremo altri, se non si interviene in maniera precisa.
Soprattutto, vorrei che nessuno mi venisse a dire che non ci sono i soldi per fare queste assunzioni, perché per aver ignorato il problema abbiamo già dovuto stanziare 50 milioni di euro adesso. Con 50 milioni di euro sapete quante guardie riusciremmo a stipendiare fino al pensionamento? Li potremmo mantenere per quarant'anni! Per non parlare dei danni all'agricoltura, perché ogni anno abbiamo decine di milioni di richieste di risarcimento danni che vengono evase. Quindi, invece di pagare gli stipendi a dei professionisti che potrebbero portare a casa dei risultati, ovvero garantire il contenimento della specie ad un numero adeguato, noi preferiamo pagare i danni e poi intervenire. Questi sono i primi 50 milioni, poi ne arriveranno degli altri. Infatti, non dobbiamo pensare di risolvere la situazione in maniera così semplice, perché quando non si affrontano i problemi per tempo, poi succede questo.
Ai costi per la peste suina potremmo addirittura sommare i danni causati al comparto agricolo, i cui costi non sono solo legati al risarcimento sono anche legati al mancato valore aggiunto che la commercializzazione di quei prodotti porterebbe non solo nelle casse dello Stato, ma anche nelle tasche degli operatori economici. Per cui se abbiamo veramente la volontà di risolvere il problema, la modifica di questa legge è uno specchietto per le allodole. Potrà anche avere un impatto, ma forse rappresenterà l'1-2 del problema.
Se vogliamo risolvere il problema, se vogliamo veramente farlo altrimenti evitiamo di perdere del tempo e andiamo spediti verso la legge di bilancio, anche se qualche malalingua sostiene che questa legge di bilancio sia già stata scritta (spero di no; mi auguro che ci sia ancora spazio di manovra per la politica che dovrebbe rappresentare gli interessi dei cittadini) - chiediamo a tutti i nostri parlamentari di mettere le Province nelle condizioni di assumere le guardie venatorie e di fare un piano straordinario, che ci costerebbe sicuramente meno rispetto a quello che ci costerebbe non affrontare il problema. In questo modo, finalmente potremmo intervenire con dei professionisti pagati e formati per fare questo tipo di lavoro. Così facendo, avremo finalmente la possibilità di vedere dei risultati concreti.
Questo non lo chiediamo solo noi, lo chiedono le associazioni agricole gli agricoltori (al riguardo, sono pervenute diverse lettere alla nostra casella mail, e tutti i colleghi le possono aprire e leggere), perché è l'unica soluzione di buonsenso che ci consente di uscire dal pantano. Tutto il resto - mi spiace dirlo, colleghi - sono parole al vento.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Presidente Sacco per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Demarchi; ne ha facoltà.



DEMARCHI Paolo

Grazie, Presidente. Ringrazio lei e tutto l'Ufficio di Presidenza per aver accolto l'invito di Confagricoltura Piemonte di poter parlare di questo tema annoso che è la peste suina africana. Ringrazio il Presidente della Giunta, Alberto Cirio, gli Assessori Carosso, Protopapa e Icardi, il Presidente della III Commissione, Claudio Leone, unitamente al Commissario straordinario dottor Angelo Ferrari, per avere operato molto bene in questi sette mesi, per quanto è stato possibile all'interno delle regole e delle leggi su questo tema.
Come hanno detto i miei colleghi, è un tema che va trattato molto delicatamente, perché la peste suina è una minaccia che potrebbe spazzare via un intero settore, cioè il settore suinicolo, che, oltre a fregiare la nostra Regione di tante eccellenze gastronomiche, dà lavoro a 3.000 addetti e ad altrettanti 3.000 per quanto riguarda l'indotto.
I nostri allevamenti di suini stanno sostenendo delle spese senza precedenti per evitare che il virus dilaghi al loro interno. Ma se questo dovesse avvenire, purtroppo le conseguenze sarebbero catastrofiche, con una perdita secca immediata di almeno 350 milioni di euro nel brevissimo periodo.
Se prendiamo per un attimo in considerazione il combinato disposto di tre aspetti, cioè la sicurezza stradale, già citata per i vari incidenti, la devastazione dei campi agricoli e la peste suina, a mio avviso la parola "emergenza" è persino riduttiva. Qui siamo di fronte a qualcosa di più grande, per la quale servirebbero dei provvedimenti speciali. Invece noi ci troviamo a combattere questa "guerra" con degli strumenti offerti da una legge di trent'anni fa.
evidente che le risposte del 1992 sono inadeguate agli impellenti interrogativi del 2022. Così come è evidente che 2.000 abbattimenti dall'inizio dell'anno ad oggi, di fronte ad un obiettivo di 50.000, sono pochissimi.
Fanno bene quindi le Regioni - con in testa il nostro Assessore Protopapa, che voglio ringraziare personalmente a nome del mio Gruppo - a chiedere un cambio di passo. Anche perché la bozza di decreto interministeriale che prevede l'ampliamento dei periodi di caccia e l'elaborazione dei piani di controllo e selezione nelle aree protette è già pronta. Peccato, però, che a Roma i soliti sostenitori dell'animalismo stiano facendo di tutto per tenerlo bloccato. È un boicottaggio che, in queste condizioni, è insensato e purtroppo controproducente.
Oggi la gente muore sulle strade a causa degli incidenti stradali, com'è successo pochi giorni fa proprio nella mia provincia, a Villanova Mondovì l'agricoltura è in ginocchio e gli allevamenti rischiano di chiudere. Non mi pare che sia il momento di fare della filosofia ecologista; c'è bisogno di pragmatismo, di cose concrete, di agire senza indugio, anche insieme alla categoria dei cacciatori. Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il collega Demarchi per l'intervento.
Ha chiesto la parola il Presidente Leone; ne ha facoltà.



LEONE Claudio

Grazie, Presidente.
Mi unisco ai ringraziamenti rivolti a tutti coloro che sono intervenuti questa mattina per parlare di un problema importante; un problema che ahimè, ha toccato la nostra Regione prima di altre. Vorrei quindi considerarlo un problema annunciato, specialmente in Piemonte. Lo dico perché il Piemonte, forse, è figlio di una brutta legge regionale, una legge fatta di divieti, una legge fatta di ostruzionismo, una legge fatta di privazioni, una legge fatta con un eccesso di ambientalismo - oserei dire - che, magari, il buonsenso ha difficoltà a comprendere. Questo è il risultato che ha portato oggi a mettere a rischio il mondo agricolo, in special modo il mondo suinicolo.
Perché dico questo? Perché con le modifiche a questa vecchia legge, cui fortunatamente, appena ci siamo insediati, ho voluto mettere mano nel collegato del 2020, ho cercato di riaprire le maglie di chiusura e di ostruzionismo che oggi ci fanno piangere, fanno piangere un mondo imprenditoriale, fanno piangere gli agricoltori e domani potrebbe far piangere altri.
Nelle nostre montagne assistiamo a quella che oserei chiamare "un'invasione di lupi", immessi non si sa per quale motivo: qualcuno dice per limitare i cinghiali, sebbene si sia ottenuto il risultato opposto. Il lupo ha sì insidiato il cinghiale, ma ha fatto in modo che si imbrancasse che ogni volta che una femmina andava in estro fosse fecondata contribuendo a far aumentare il loro numero sul nostro territorio.
Qualcuno sostiene che bisogna fare i censimenti: bene, cominciamo a fare i censimenti, ma usiamo il buonsenso. Se rileviamo che i danni da fauna selvatica siano in forte crescita, se registriamo addirittura delle morti come qualche collega ha ricordato, forse i censimenti sono utili, ma non indispensabili. Anche lì, esiste il buonsenso; basta saper leggere i giornali e ascoltare quello che ci dice il mondo.
Questo è un problema, è una piaga che mi auguro venga recepita e ascoltata anche a livello nazionale. Mi auguro che venga ascoltato questo grido d'allarme che l'Assessore Protopapa e l'Assessore Carosso hanno fatto fin da quando si sono insediati, uno sui parchi e l'altro sulle aree venabili. Entrambi hanno detto che così non possiamo andare avanti. Per purtroppo, in Italia è tuttora vigente la legge n. 157 del 1992.
Probabilmente, tutti sappiamo che nel 1992 c'era una realtà totalmente diversa da oggi, eppure dobbiamo sottostare a quelle regole scritte oltre trent'anni fa. Per quanto riguarda la PSA, dobbiamo rimanere nei vincoli prescritti dall'Unione Europea per il Belgio. Il Belgio, come tutti mi insegnate, ha un territorio con una morfologia diversa da quella del Piemonte. Probabilmente, costruire o circoscrivere un'area per limitare l'espansione della peste suina africana lì aveva senso. Nel nostro Monferrato e nel nostro Alessandrino, invece, la conformità del territorio è totalmente diversa. Se non agire agiamo da subito - anzi, da ieri! chiedendo aiuto a chi conosce questo mondo, a chi conosce il mondo rurale a chi conosce questi problemi, non andremo da nessuna parte! Perché, come hanno detto in tanti, 2.000 capi abbattuti in selezione è una goccia nel mare; un mare dove gli agricoltori piangono lacrime. Piangono lacrime! Oltre ai tanti rincari sui carburanti, oltre all'emergenza climatica, si aggiunge anche questa sciagura. Che cosa ci aspettiamo domani? Non dimentichiamo che oltre ai cinghiali prospereranno anche specie opportunistiche come i caprioli e i lupi.
A mio avviso, dobbiamo cambiare rotta, dobbiamo cambiare marcia. Per dobbiamo essere tutti uniti e cercare tutti insieme di capire che siamo nel 2022 e non più negli anni Novanta: dobbiamo emanare una legge conforme al periodo in cui viviamo. Va bene il protezionismo; va bene proteggere gli animali; qualcuno sostiene che li dobbiamo catturare, ma come? L'unico strumento che ritengo efficace per la cattura, come diceva qualche collega che mi ha preceduto, è il piombo; è l'unico strumento che ci consenta di limitarne l'espansione e di arrivare all'obiettivo richiesto.
Qualcuno parlava di 50.000 capi. Io non ho contezza dei numeri, anche perché un censimento reale, calato sul nostro territorio piemontese sinceramente credo che non sia stato ancora fatto. Che cos'è, invece, che vedo? Vedo i danni che ci segnala l'Assessore Protopapa per quanto riguarda il territorio venabile, e l'Assessore Carosso per quanto riguarda i parchi.
A tutte le associazioni, ma anche a tutti i miei colleghi Consiglieri rivolgo un appello: mettiamo mano alle vecchie regole e riscriviamole con coerenza; non limitiamoci soltanto alle parole.
Ho sentito dire che la caccia non è lo strumento adeguato: sono d'accordo, perché la caccia ha le sue regole. Però dobbiamo utilizzare i cacciatori, che sono una cosa diversa dalla caccia. Il cacciatore va usato e - passatemi il termine - anche "sfruttato" per quelle che sono le sue competenze, che in questo momento altri non hanno. Pertanto, affrontiamo l'emergenza utilizzando gli strumenti che abbiamo.
Chiedo scusa, Presidente, se mi sono dilungato troppo, però avrei voluto veramente utilizzare il doppio del tempo.
La ringrazio per avermi dato la parola e per avermi consentito di fare queste brevi considerazioni.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Leone.
Darei ancora la parola al Consigliere Ruzzola, per poi consentire alla Giunta regionale di chiudere il dibattito.
Prego, Consigliere Ruzzola; ha facoltà di intervenire.



(Commenti del Consigliere Grimaldi)



PRESIDENTE

Prego, collega Ruzzola.



RUZZOLA Paolo

Grazie, Presidente.
Anzitutto, vorrei unirmi anch'io ai ringraziamenti dei Consiglieri che mi hanno preceduto per l'opportunità che abbiamo avuto oggi in Aula di fare questo utile confronto con tutti i soggetti interessati, in modo particolare con il mondo agricolo, le associazioni venatorie, le associazioni ambientaliste e il mondo economico che ruota attorno a questo settore, e ovviamente con le istituzioni, che rivestono un ruolo importante.
Credo che lo straordinario confronto avvenuto oggi in quest'Aula ci debba portare a guardare in prospettiva un accordo, un patto fra tutti i soggetti interessati. Siamo tutti dalla stessa parte, perché ciascuno dei soggetti che ho elencato ha interesse a superare questa situazione.
Stiamo discutendo di un problema estremamente complesso, che, rispetto ad alcune soluzioni che ho sentito, difficilmente potrà essere risolto.
Insomma, è un problema complesso che non può essere risolto con soluzioni semplici. Solo un insieme di tanti interventi e di tante azioni (alcune delle quali sono state già elencate questa mattina) potrà portarci ad una soluzione definitiva.
In questo caso stiamo parlando della peste suina, ma è evidente che è solo una parte del problema, perché la sovrabbondanza dei cinghiali in Piemonte (e non solo) è una questione ormai conosciuta e riconosciuta da anni; i danni riguardano innanzitutto il mondo agricolo, ma si è parlato anche di feriti e, purtroppo, di morti sulle strade. Insomma, è un problema al quale oggi si è aggiunta anche questa virosi - la peste suina - ma era comunque un problema già presente.
È chiaro che la peste suina può mettere in ginocchio interi settori produttivi ed economici legati agli allevamenti suinicoli, dai mangifici agli allevamenti, dalla trasformazione al commercio. I dati ci dicono che un eventuale blocco delle esportazioni dei prodotti suinicoli potrebbe portare, nella sola Emilia-Romagna, alla perdita di 50.000 posti di lavoro.
Sappiamo tutti - di certo non lo neghiamo - che il cinghiale in alcuni momenti è stato introdotto. Ma non possiamo semplificare la questione dicendo che oggi la sovrabbondanza è ancora alimentata dalle immissioni.
Dobbiamo essere coscienti che gli inverni miti, l'abbondanza di cibo e le aree abbandonate sono fattori che influiscono in maniera pesante sulla proliferazione di questi animali. Sappiamo anche che è una malattia pressoché incurabile, se non attraverso misure di contenimento, che possono provare a limitarla: mi riferisco alle recinzioni, agli abbattimenti o come dicono le stesse comunità scientifiche, all'eradicazione.
Ho ascoltato prima l'intervento del collega Bertola (peraltro, ammetto la mia ignoranza su questa associazione) e ritengo che quanto ha letto sia perfettamente in linea con quello che tutti conosciamo. É evidente che un intervento di caccia (se ho inteso bene le sue parole, il collega si riferiva alla caccia) non è il modo migliore per limitare gli animali laddove c'è l'infezione, perché il rischio è di diffonderla maggiormente.
Infatti, le soluzioni che vanno nella direzione della riduzione dell'abbattimento e, addirittura, dell'eradicazione nelle zone infette parlano prima di recintare - e quindi contenere questi animali - e poi, in un secondo momento, quando questi non possono più andare verso altre zone di procedere all'abbattimento. In tal senso, da parte nostra non possiamo che sostenere quanto sin qui fatto. Per questi motivi, ringrazio il Presidente e l'intera Giunta, in modo particolare il Vicepresidente l'Assessore all'agricoltura e l'Assessore alla sanità, per quanto hanno messo in atto fino ad oggi.
Auspico, da parte mia e del Gruppo che rappresento, che in modo molto veloce si vada all'approvazione del PRIU (Piano Regionale per gli Interventi Urgenti); mi auguro che sia un piano snello e chiaro, e che possa dare risultati efficaci; un piano che non possa poi dare adito ad interpretazioni o complicarne, sotto l'aspetto burocratico, l'applicazione un piano che possa rapidamente dare esiti di efficacia.
Sulle problematiche richiamate ho sentito anche dire che forse non siamo così bravi come la Regione Toscana. Per fortuna - mi rivolgo alla collega che adesso non presente - non ci ha ricordato la Regione Lazio o la Città di Roma, per sottolineare quanto sono bravi ed efficaci gli altri in Italia.
Il problema lo conosciamo da anni. Lo stesso collega di Coldiretti di Alessandria ha ricordato che abbiamo la necessità di superare la problematica del de minimis; diversamente, tanti agricoltori non riusciranno ad essere indennizzati. È una questione che avevo già sollevato anni fa, da Capogruppo in Città metropolitana: avevamo presentato un ordine del giorno che chiedeva al Governo di adoperarsi presso la Comunità europea proprio per il superamento del de minimis.
Perché avevamo pensato che questo potesse essere un argomento che vedeva l'Italia vincente? Perché a differenza del resto dell'Europa, dove la fauna selvatica è ancora res nullius, cioè di nessuno, in Italia l'abbiamo fatta diventare patrimonio indisponibile dello Stato. Pertanto, poiché è un danno che lo stesso Stato arreca ai soggetti (in questo caso, agli agricoltori) sarebbe giusto che venissero risarciti e che si potesse superare il de minimis.
Oggi ci si chiede che cosa bisogna fare: tutto andrebbe fatto in anticipo, e mai quando è troppo tardi. Già a febbraio 2020 proponevamo un ordine del giorno in cui chiedevamo puntualmente una piccola modifica alla legge n. 157, in quanto, a seguito di alcuni ricorsi di associazioni ambientaliste, nella Regione Piemonte (in particolare, in provincia di Torino) quasi non si riuscivano più ad effettuare quegli interventi di contenimento. Non parlo quindi di caccia, ma degli interventi che venivano effettuati. Perché, contrariamente a quanto previsto nella stessa legge n.
157 per le Province Autonome di Trento e Bolzano, in tutte le altre Province non possono intervenire soggetti che non siano le guardie faunistico-venatorie. Rispetto a quello che sentivo dire prima, è vero che le Province e le Città metropolitane sono carenti di personale da adibire a tali attività, ed è altrettanto vero che la Regione deve trasferire le risorse per poter sostituire quel personale. È un problema non facile da superare. Questo problema era già presente nella precedente Amministrazione regionale, che non aveva trasferito le risorse per la loro sostituzione, ma altrettanto abbiamo fatto noi, continuando a non trasferirle. È un problema che si sta protraendo perché non è di facile soluzione.
Ho sentito dire che solo l'assunzione di guardie faunistico-venatorie potrebbe servire a risolvere il problema: direi che si vogliono cercare soluzioni molto facili! Perché se anche ne avessimo più di tre, le altre guardie faunistico-venatorie che paghiamo per la Provincia di Torino e la Città metropolitana a cosa verrebbero adibite? Se c'è un'emergenza, le dedichino tutte a quell'emergenza. Peraltro, non mi risulta che siano solo otto le guardie faunistiche oggi in servizio presso la Città metropolitana. Anche se ne avessimo cento in tutta la regione, con 50.000 cinghiali da abbattere solo per questo motivo, vorrebbe dire 500 cinghiali da abbattere per ogni singola guardia! È evidente che abbiamo bisogno, in un momento di emergenza, che tutti quelli che possono offrire un utile servizio lo diano. In questo caso credo che il mondo venatorio, non praticando la caccia ma facendo interventi di controllo e contenimento, possa comunque dare un contributo significativo che, diversamente, da soli, risulterebbe difficile e non praticabile.
Una delle prime leggi che abbiamo approvato in quest'Aula - la ricorderete perché ne abbiamo parlato a lungo - ha seguito un iter ordinario, cioè prima è passata in Commissione e poi è approdata in Aula abbiamo modificato una proposta di legge a mia prima firma, la legge n.
32. Oggi ci lamentiamo che le istituzioni non fanno nulla o non hanno fatto quello che dovevano fare per contenere gli animali: ma c'è qualcuno che ha lavorato pesantemente perché ciò non avvenisse. Gli stessi ricorsi hanno impedito a persone preparate, con tanto di riconoscimento di corsi, quindi adeguate, di andare a caccia. I cacciatori, avendo seguito regolari corsi riconosciuti, erano professionalmente preparati per intervenire, ma non lo hanno potuto fare. Dall'altra parte, modificando la legge n. 32 si impediva al mondo venatorio di percorrere alcune strade nel periodo di caccia.
Insomma, indirettamente stavamo dicendo al cacciatore: "Se uccidi un cinghiale in una zona montuosa, devi fare qualche chilometro con l'animale in spalla". Poi, però, ci lamentiamo se quelle zone sono deserte o se in quelle zone abbiamo forti ripopolamenti di animali! È un sistema complesso, e credo che nessuno di noi abbia la soluzione in tasca. Tuttavia, non credo neanche che abolire la caccia oppure uccidere tutto ciò che si muove nei boschi - estremizzo - sia la soluzione migliore.
Concludo dicendo che le soluzioni ce le dovrebbe dare il mondo scientifico, perché noi dobbiamo uscire dalle tifoserie che sono in campo dobbiamo fidarci delle persone che questi argomenti li studiano in modo scientifico, farci suggerire le soluzioni da loro. Al limite, spetta alla politica e a tutti i soggetti interessati collaborare per trovare una soluzione efficace e possa evitare ulteriori e maggiori problemi che abbatterebbero l'economia del nostro territorio.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Presidente Ruzzola per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marello; ne ha facoltà.



MARELLO Maurizio

Mi ero iscritto ad intervenire, anche se pensavo anche che fosse logico proseguire nel pomeriggio questo momento, ma non è così. Esporrò molto brevemente solo alcune considerazioni, visto che l'intervento per il Gruppo lo hanno fatto brillantemente il collega Ravetti, che viene dalla provincia di Alessandria e quindi ha particolare contezza del tema della peste suina e la collega Canalis.
Partirei dall'affermazione finale dell'intervento che mi ha preceduto del collega Ruzzola, quando ha detto: "Il mondo scientifico deve darci le soluzioni". È vero, ma aggiungo con altrettanta determinazione che il mondo politico deve poi prendere le decisioni.
Noi abbiamo discusso buona parte della mattinata di cinghiali e del loro abbattimento: temi di cui avremmo potuto tranquillamente discuterne anche senza la peste suina. Evidentemente, la peste suina, da gennaio ad oggi, ci ha messo di fronte ad una situazione di allarme molto significativa, che come ci è stato detto questa mattina, potrebbe andare ancora avanti generando un'emergenza economica di rara portata nel caso in cui la malattia passasse dalle carcasse dei cinghiali agli allevamenti dei suini.
Il tema dell'eccessiva presenza di ungulati nei nostri boschi (e da qualche tempo anche nelle nostre pianure e sulle nostre strade) è noto a tutti.
Sulla peste suina questa mattina sono emerse due linee di intervento: la prima, quella che si sta seguendo, è relativa alla realizzazione di recinzioni. Evidentemente, se vengono costruite è perché avranno una loro utilità, sebbene io non sia in grado di giudicare. Avverto anch'io, senza alcuna base scientifica, qualche scetticismo in merito, vista la morfologia dei luoghi. Ma, evidentemente, se è necessaria, è giusto che sia realizzata in fretta e nei tempi che abbiamo sentito.
L'altra linea di intervento è quella degli abbattimenti; linea sulla quale dobbiamo fare chiarezza una volta per tutte, perché su questa vicenda se ne discute ormai da lustri. Quella degli ungulati e dei cinghiali è stata una vicenda densa di inedie e di ambiguità da parte di tutti.
Spesso, in quest'Aula l'abbiamo ridotta ad una contrapposizione tra ambientalisti e non ambientalisti, tra animalisti e non animalisti. Credo invece, che su questa vicenda sia mancata la volontà politica di affrontare il problema come andava affrontato, a tutti i livelli: locale, di categoria, lasciatemi dire anche a livello di cacciatori e di ATC, dove non sempre si comprendono bene le posizioni. Mi riferisco anche a quell'economia spesso sommersa del commercio della carne di cinghiale.
Diciamoci anche queste cose, altrimenti non riusciremmo a capire perch siamo arrivati a questo punto.
Sugli abbattimenti lasciatemi fare una considerazione: se vogliamo farli dobbiamo avere il personale per farlo, dobbiamo avere chi ci dice quando farli, perché anche quei momenti sono importanti, ma dobbiamo avere il personale. E se il personale sono le nostre guardie provinciali, cioè 3 nella Città metropolitana di Torino - come ha detto il collega Sacco - e 3 o 4 a Cuneo, se sono i nostri forestali, che si stanno ormai riducendo mese dopo mese, se sono soltanto i cacciatori da soli, questi abbattimenti non riusciremo a farli in tempi rapidi. Diceva prima la collega Canalis che sono stati fatti 2.000 abbattimenti in sei mesi: come facciamo a farne 50.000 entro la fine dell'anno? Credo che lo sforzo di ciascuno di noi, lo sforzo della politica a livello locale, a livello regionale - la Regione deve assumersi le sue responsabilità - e a livello nazionale debba concentrarsi sul tema del personale finalizzato agli abbattimenti. Personalmente, sostengo da tempo che c'è bisogno del concorso di tutti e aggiungo anche - so che questa cosa fa sorridere, perché quando la dico qualcuno sorride - che, se è necessario, si potrebbe far scendere in campo anche l'Esercito su una vicenda di questo tipo.
Ripeto: si potrebbe far scendere in campo anche l'Esercito, che ha personale capace ad usare le armi, quindi non si improvvisa, e che, se validamente addestrato rispetto a questo problema, potrebbe dare un contributo nell'arco di sei o otto mesi e portare a segno un deciso abbattimento di cinghiali nel nostro Paese (perché il problema non è soltanto piemontese). In questo modo, indirettamente si può dare un contributo significativo al contenimento della peste.
Il mio auspicio è che si ponga fine allo scaricabarile dalla Regione allo Stato - è uno sport a cui, purtroppo, in Piemonte spesso assistiamo - o tra forze politiche, o tra categorie socio-economiche, e che si affronti, con grande determinazione e senso di responsabilità, questo problema con degli strumenti adeguati. Altrimenti non usciremo mai dallo sterile dibattito, e intanto le conseguenze di questa proliferazione continueranno, in termini di danni all'agricoltura, di vite umane sulle strade e - speriamo di no di danni significativi anche al mondo più in generale della zootecnia della trasformazione delle carni e quant'altro. Sarebbero conseguenze veramente difficili da gestire. Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Marello.
Non risultano ulteriori iscritti ad intervenire, pertanto darei la parola per un intervento conclusivo alla Giunta regionale, nella figura dell'Assessore Marco Protopapa.



PROTOPAPA Marco, Assessore alla caccia e pesca

Grazie, Presidente.
Ritengo che la seduta aperta di oggi fosse quantomai opportuna, a prescindere, giustamente, dalle posizioni formali di gestire certe problematiche nelle Commissioni. Auspico che tante cose che devono ancora essere decise e condivise trovino spazio in quelle sedi.
Direi che la fine di questa giornata debba concludersi con un impegno a condividere e a proporre insieme delle soluzioni, che non siano soltanto di auspicio per ottenere un qualcosa, un numero finale, ma servano a definire il metodo per raggiungere quel numero finale.
Lo dico, perché è su questo che ci siamo trovati e ci troviamo spesso in difficoltà. Citare dei numeri, ad esempio 50.000 o 100.000, si fa in fretta, però bisogna anche mettere in condizione chi deve poi ottenere quei numeri di poterlo fare. Su questo siamo tutti noi qui presenti a doverci impegnare severamente, perché crediamo che questo sia un problema da risolvere.
Intanto, giusto per fornire delle cifre corrette, il numero di capi abbattuti è estremamente basso davanti ad una situazione di emergenza perché ad oggi ne possiamo certificare circa 5.000 dall'inizio dell'anno.
Ma perché sono pochi? Ritorno a quanto dicevo prima: perché non c'è una disponibilità e una possibilità di abbatterli, per tutte le ragioni che avete detto voi. Non c'è niente di nuovo: manca il personale e il metodo di caccia che oggi possiamo applicare non è adatto, né idoneo, ad ottenere dei numeri. Anche chi non è esperto di caccia sa benissimo che, soprattutto in questi periodi, in presenza di vegetazione, bisogna comunque far sì che questi animali possano essere allontanati dai covi dove sono nascosti, dai rovi e dalle boscaglie per poter essere intercettati. Qualcuno potrà dire che dovevamo farlo prima, ma prima non si poteva fare. Questa pratica si può attuare soltanto con delle metodologie che oggi non ci lasciano adottare. Chi? Lo Stato, le regole, le ISPRA. Perché? Perché siamo nell'altra grave situazione di emergenza, dove ci troviamo paradossalmente e contestualmente due situazioni: il grande comparto suinicolo da difendere e i gravi danni all'agricoltura costantemente presenti. Ad oggi, se si risolve un problema, non si risolve l'altro. Perché? Perché se si attuano certi metodi, c'è il rischio che si vadano ad inficiare e a coinvolgere aree attualmente dette "bianche", quindi salubri e non colpite dal virus.
Se se ne attuano altri, nasce veramente il grande rischio economico di cui tutti, in un modo o nell'altro, abbiamo parlato. Per cui, a questo punto ritorniamo alle regole e ci rimettiamo alle scelte dettate dall'alto che oggi siamo costretti a seguire: la recinzione.
Per quanto riguarda il tempismo, anch'io mi auguro che vengano rispettati i tempi, perché abbiamo attivato un calendario venatorio che potrà permettere certe azioni. È un calendario venatorio che - non ve lo nascondo è stato oggetto di valutazioni, è stato visto da chi doveva vederlo dagli Enti di controllo, come del resto anche il piano di eradicazione e il piano di depopolamento. Oggi sono visti come "strumenti normali" prescritti in un momento normale. Ma non è così. Non ho ancora visto da nessuna parte l'attuazione di un atto di emergenza. Da nessuna parte! Ma questa "parte" chi è? Chi può permettersi di farlo? Basta dare la colpa alla Regione, che non lo può fare! Se si fa qualcosa, si va fuori dalle regole. Noi, però, non vogliamo andare fuori dalle regole, vogliamo semplicemente essere messi in condizione di poter fare, proprio per ottenere dei risultati in un momento determinato, e non per sempre.
Dobbiamo solamente essere consapevoli che c'è un'emergenza, e che - me lo auguro - abbia un tempo determinato.
Ben vengano gli ordini del giorno in materia: condividiamoli, facciamoli insieme.
Ho dato un'occhiata agli approcci. Si parla di omogeneità con le Regioni per cui condivido che dobbiamo procedere insieme alla Liguria e seguire un percorso congiunto. Abbiamo parlato di guardie venatorie. Va benissimo.
Anzi, quando a Roma ho precisato che il problema non possiamo risolverlo con i cacciatori, ho chiesto che venissero stanziate delle risorse alle Regioni per poterle poi trasferire alle Province (perché siamo tra le poche Regioni in cui sono le Province a gestire la caccia, quindi c'è ancora un intermediario).
Inoltre, abbiamo detto (ora non c'è l'Assessore Tronzano) che vogliamo collaborare e che in questo momento di emergenza, anche se in difficoltà economica, dobbiamo trovare le risorse da dedicare alla soluzione del problema.
Ammetto che qualcuno di voi l'aveva già detto, quindi nessuno vuole prendersene il merito, ma oggi siamo obbligati a trovare una soluzione.
Infine, sul perché siamo arrivati a questa situazione, o sulle colpe dei cacciatori, condivido quanto è stato detto; magari è stata anche colpa di qualche legge regionale (forse quella del 2018) che non ha concesso spazio ad alcune attività un po' più pragmatiche, ma questo rientra comunque in quello che oggi è il problema da risolvere.
La volontà c'è, la disponibilità pure. La collaborazione? Spero di sì. È un impegno che mi assumo e spero che il Consiglio faccia altrettanto. Lo facciamo per la nostra agricoltura e per la nostra sicurezza: una volta tanto, troviamoci d'accordo. Basta con le polemiche, passiamo veramente al concreto.



PRESIDENTE

Possiamo così concludere i lavori del Consiglio aperto sul tema "Emergenza peste suina africana strategie, prevenzione e gestione dei danni sul territorio".
Il Consiglio regionale ordinario riprenderà alle ore 15.00.
Grazie a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 13.56)



< torna indietro