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Dettaglio seduta n.173 del 21/02/22 - Legislatura n. XI - Sedute dal 26 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



(La seduta inizia alle ore 9.33)


Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Emergenza ecoclimatica e riduzione emissioni climalteranti entro 2030


PRESIDENTE

Buongiorno a tutti.
Dichiaro aperto questo Consiglio regionale sul tema "Emergenza ecoclimatica e riduzione emissioni climalteranti entro 2030", in quanto Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno.
Saluto e ringrazio i rappresentanti delle istituzioni, del mondo accademico e le realtà associative per la loro partecipazione e per il contributo che porteranno.
Il Consiglio di oggi, il secondo sull'argomento dal 2019, ci dà l'occasione di confrontarci nuovamente in maniera approfondita su un tema così attuale e cruciale. La gravità della situazione ambientale, infatti, è sotto i nostri occhi. Nei giorni passati, proprio durante una Commissione tenutasi qui, a Palazzo Lascaris, è emerso come quello che stiamo vivendo sia l'inverno con le più basse precipitazioni da sessantacinque anni a questa parte.
La spinta a trovare soluzioni strutturali, a migliorare i nostri comportamenti individuali, ad aumentare la coscienza del mondo produttivo globale, ci arriva da più parti. Per questo motivo, siamo chiamati a fornire il nostro contributo, nella consapevolezza che esso potrà produrre i suoi frutti solamente se misure di rispetto dell'ambiente e della riduzione delle emissioni climalteranti saranno prese da tutti gli attori in campo.
Ben venga, quindi, un dibattito informativo e costruttivo, a partire da quest'Aula, che inviti a non abbassare la guardia e a coinvolgere tutti gli attori a fare sinergia nel trovare soluzioni efficaci non più procrastinabili per il futuro del nostro pianeta.
Auguro un buon lavoro a tutti e lascio la parola al Presidente della Giunta regionale, Alberto Cirio.



CIRIO Alberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Buongiorno a lei e buongiorno a tutti i Consiglieri regionali.
Naturalmente, mi unisco anch'io ai ringraziamenti che il Presidente Allasia ha voluto rivolgere a tutti coloro che interverranno in questa giornata così importante. Grazie anche a chi, dal mondo dall'associazionismo, ha voluto sollecitare e segnalare l'opportunità di un Consiglio regionale aperto che offra l'opportunità a tutti non solo di far sentire la propria voce, ma anche di addivenire - io credo - a una riflessione complessiva che ci permetta di fare non soltanto il punto sullo stato del cambiamento climatico in generale, ma di circostanziarlo anche alla nostra Regione.
Credo che sia quanto mai opportuno, anche perché il clima molto spesso è uno di quei temi così alti e così importanti da essere oggetto di discussione a livello internazionale e a livello globale, ma che rischia poi di far dimenticare che tutti noi possiamo dare il nostro contributo ogni cittadino può dare il suo contributo, perché non è che le tematiche mondiali necessitano di essere risolte a livello mondiale! Le tematiche mondiali possono essere risolte anche attraverso il comportamento di ciascun cittadino, anche attraverso il ruolo di tutte le istituzioni, quindi anche della nostra Regione; ruolo che può essere normativo, sotto un certo profilo, perché siamo un organo che pu legiferare - è un aspetto che non dobbiamo mai dimenticare - sia pure con i limiti che, in termini di competenza, stabilisce la nostra Costituzione, ma che ci dà comunque la possibilità di emanare leggi di carattere regionale.
Poi, però, siamo anche un ente di governo, quindi governiamo. Abbiamo ruoli e responsabilità di governo quotidiano, per cui credo che sia quantomai opportuno adottare su questi temi dei momenti d'incontro per capire cosa è stato fatto e cosa potrà essere ancora fatto, di meglio e di più (perch sicuramente, è sempre possibile fare meglio e fare di più), con la consapevolezza che il nostro ente regionale ha una tradizione di buon governo in termini di attenzione verso questa tematica.
Già negli anni addietro la Regione ha dimostrato di essere fortemente consapevole che il cambiamento climatico è una sfida di portata mondiale che, naturalmente, mostra i propri effetti anche sul nostro territorio, e lo fa tutti i giorni.
Non vi è dubbio che il cambiamento climatico sia stato aggravato anche dalla crisi pandemica, che proprio oggi compie due anni anche nella nostra Regione. Due anni fa, precisamente oggi, inauguravamo, se così si può dire l'Unità di crisi della Regione Piemonte. Come dicevo, questa crisi pandemica ha aggravato molti aspetti relativi al cambiamento climatico perché ha reso urgente ciò che, magari, era già urgente due anni fa, ma che oggi è diventato inderogabile e urgentissimo. Oggi, però, siamo anche di fronte a una nuova consapevolezza - è bene ribadirlo - non solo da parte dei decisori politici, ma anche da parte dei cittadini, così come dell'impresa, e credo che quest'Assemblea ne sia davvero il paradigma più chiaro.
Anche tutti gli ultimi sondaggi relativi alle preoccupazioni delle persone quelle preoccupazioni colte attraverso un'attività per rilevare il pensiero delle persone, ormai fortunatamente mettono il tema ambientale e del cambiamento climatico tra i problemi di cui la gente oggi s'interroga.
Pertanto, ci fa dire che non solo i decisori politici, ma anche la gente e le persone hanno questo tra le proprie attenzioni principali.
Dal 2021 la Commissione europea e il nostro Governo hanno costruito nuovi impianti normativi e finanziari per affrontare la cosiddetta "transizione ecologica", perché questo è il tema. Io ho avuto l'onore e anche il piacere di sedere per cinque anni nella Commissione ENVI del Parlamento europeo che è la Commissione che si occupa proprio dell'ambiente e, insieme alla collega Bonafoné, di avere seguito per l'Italia tutto il dossier sull'economia circolare. Si tratta di tanti temi importanti e che abbiamo oggi il dovere di rendere sempre più attuali e inderogabili con le nostre politiche.
Proprio su quest'attenzione, voglio confermare che la nostra Giunta non aveva atteso i nuovi impianti normativi, quelli del 2021, che hanno tracciato le nuove sfide e che hanno, peraltro, stanziato risorse ingentissime e hanno finalizzato cronoprogrammi per il raggiungimento di target sfidanti per l'intera Europa per combattere la crisi climatica. La Regione Piemonte non aveva atteso questo - così come non l'hanno atteso i Governi precedenti e quello attuale - perché, consapevole da tempo dell'urgenza dell'agire anche su scala locale, è oggi attiva, in funzione del contrasto al cambiamento climatico, sul proprio territorio sia in materia di comprensione del fenomeno sia di mitigazione e contrasto ai suoi effetti. Tutto questo con la realizzazione di azioni e interventi concreti nei diversi ambiti di competenza delle proprie politiche.
Vi faccio, a fini esplicativi, un esempio concreto: approda per la sua fase di discussione finale in Consiglio nei prossimi giorni il PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale). Oggi è in fase di consultazione e fornirà la linea d'azione regionale per lavorare sul comparto energetico, uno dei settori centrali per affrontare il tema dei cambiamenti climatici.
In vista dell'aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima la nostra proposta di PEAR, dopo la sua approvazione, potrà trovare un rapido aggiornamento, mediante la predisposizione di stralci di piano sulle fonti rinnovabili e sull'efficienza energetica, in modo da offrire una revisione dei nostri target regionali rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione in continua evoluzione a livello comunitario.
In quest'ottica s'inserisce anche l'aver candidato il Piemonte a essere Regione bandiera per quanto riguarda l'idrogeno, la Regione dell'idrogeno.
Infatti, grazie all'attività e alla presenza delle Università, del Politecnico e di tutto il sistema ferroviario, ma grazie anche alla possibilità di attrarre le risorse che i Ministeri e che il Governo Draghi hanno messo in campo, abbiamo candidato la nostra a essere la Regione per l'idrogeno e per lo studio dell'idrogeno. Come sapete, l'idrogeno ha costi ancora cari al consumatore finale ed è quello che lo rende non fuori mercato, ma difficilmente attrattivo per il mercato. Questa nostra scelta s'inserisce in una visione più ampia che presenteremo in Consiglio regionale nel nuovo Piano Energetico Ambientale Regionale.
I target imposti dall'Unione Europea dal Green Deal sono sicuramente molto sfidanti per tutte le regioni europee, quindi anche per la nostra. Per raggiungere questi obiettivi in campo energetico l'azione regionale già da anni si sta concretizzando nel supportare azioni che vanno nell'ottica della decarbonizzazione.
Ne sono un esempio concreto le ingenti risorse del POR FESR 2014-2020, che il Piemonte ha destinato agli interventi nell'ambito dell'obiettivo tematico 4, che è proprio quello di sostenere la transizione verso un'economia a bassa emissione di carbonio sia nei comparti pubblico sia per le imprese. Su questo l'Assessore Marnati, che potrà intervenire, se il Presidente lo riterrà, dopo di me, potrà fornire dati e impatti tecnici pratici e operativi su tali misure, grazie a un'analisi molto scientifica che ci dice quanto abbiamo stanziato, per che cosa e quali risultati abbiamo ottenuto.
Stiamo poi lavorando fortemente per offrire un supporto ai Comuni piemontesi e per accompagnarli nel percorso di transizione energetica. In Piemonte ci sono circa 320 Comuni che hanno aderito all'iniziativa del Patto dei Sindaci, che riunisce migliaia di governi locali in tutta Europa impegnati su base volontaria a implementare gli obiettivi comunitari su clima ed energia.
La Regione Piemonte è da anni coordinatore territoriale dell'iniziativa e ha rilanciato recentemente il proprio ruolo di assistenza ai Comuni. In virtù di questo ruolo, la Regione mette a disposizione una serie di servizi e di strumenti, proprio per supportare operativamente i Comuni nella loro azione di pianificazione energetico ambientale. In particolare, attraverso la piattaforma "io-Comune", vengono messi a disposizione i dati energetici necessari a rilevare i piani energetici. Inoltre, sono stati predisposti schemi di atti amministrativi per agevolare l'adesione dei Comuni al patto.
Vengono organizzati tavoli di confronto e di networking su tematiche attinenti alla sostenibilità energetica; vengono forniti strumenti di assistenza tecnica nell'ambito di progetti europei. Anche sul tema delle comunità energetiche, siamo al fianco dei nostri Comuni che intendono costituire queste importanti azioni pilota sul nostro territorio.
Proprio in queste ore, peraltro, due nostri Direttori sono a colloquio con il Ministero della Transizione Ecologica per candidare alcune aree del Piemonte nelle green community, che saranno proprio questa nuova opportunità che la prossima programmazione POR FESR ci mette a disposizione e che vogliamo vivere da protagonisti come Piemonte.
L'evolversi della situazione ambientale, sociale ed economica rende, a oggi, però ancora più urgente un'azione in grado di garantire coordinamento e coerenza sui diversi fronti d'impegno regionale e, nello stesso tempo, il coinvolgimento e l'impegno di tutti i soggetti della società civile piemontese, i percorsi attivi e partecipati verso un modello di sviluppo carbon free più resiliente agli effetti del cambiamento climatico. La delibera regionale che approva il primo stralcio della strategia regionale dei cambiamenti climatici rappresenta proprio il segno di un'accelerazione dell'azione della nostra Regione in tal senso.
Il principio della conoscenza sarà uno dei fattori centrali di questa strategia. Su questo tema si sta lavorando molto con la nostra agenzia regionale ARPA, con cui sono stati elaborati documenti di conoscenza messi a disposizione sul sito regionale, che testimoniano le tendenze e analizzano gli scenari futuri da qui al cambiamento climatico del Piemonte da qui a quelli che saranno nel 2100 i dati del cambiamento climatico piemontese.
È stato anche approntato il portale sul clima in Piemonte, già disponibile online, che consente di analizzare lo sviluppo delle variabili climatiche e individuare tendenze e scenari della loro evoluzione anche a scala locale.
La conoscenza del cambiamento climatico in Piemonte è il primo grande elemento che, come Regione, abbiamo voluto costruire e che intendiamo continuare a seguire nel tempo, per avere e dare informazioni oggettive e consolidate che possano supportare le politiche di settore.
Nelle prossime settimane, inoltre, prevediamo di definire lo strumento del bilancio delle emissioni dei gas climalteranti, per semplificare CO2, che deve consentire di valutare periodicamente il livello di emissioni del Piemonte, partendo dal contributo dei diversi settori, coincidenti con i settori degli usi finali di energia (agricoltura, industria, trasporti e civile) e la capacità di stoccaggio dei gas serra da parte del comparto vegetale naturale, agricoltura e del suolo.
Inoltre, prevediamo di costruire l'Osservatorio regionale sul cambiamento climatico, che dovrà fare capo a Regione ARPA Piemonte, coinvolgendo tutti i soggetti della ricerca e della conoscenza del Piemonte.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, segnalando ancora che la Regione ha attive azioni che hanno valore sia in termini di mitigazione sia di adattamento. La Regione investe da anni sulla salvaguardia del suo patrimonio naturale e forestale e sullo sviluppo del verde, anche in ambito non forestale, attraverso progetti di area vasta come "Corona Verde" infrastruttura verde dell'area metropolitana e progetti di scala locale con interventi di forestazione urbana.
Investire sul verde rappresenta, sicuramente, una parte dell'azione necessaria per contribuire concretamente alla mitigazione del fenomeno del cambiamento climatico, ma rappresenta anche un investimento che ci consente di migliorare la qualità del nostro territorio su tanti altri aspetti, dati i tanti servizi ecosistemici forniti dalla componente verde: l'assorbimento della CO2; la cattura degli inquinanti atmosferici; la mitigazione delle ondate di calore; il contributo alla prevenzione del dissesto ideologico il recupero della biodiversità; oltre a essere interventi utili per la sensibilizzazione del grande pubblico.
Nell'ambito di tale comparto sono investite risorse importanti attraverso il PSR (Piano di Sviluppo Rurale), le cosiddette "azioni forestali", il FESR (azioni sulle infrastrutture verdi del Fondo Europeo dello Sviluppo Regionale), oltre che a risorse nostre, della Regione, utilizzate per sviluppare la ricerca relativa alla quantificazione dei servizi ecosistemici, quali l'assorbimento della CO2. Sull'infrastruttura "verde metropolitana" e sulle azioni di ricerca sono stati investiti, nel corso di questi anni, circa venti milioni di euro.
L'Assessore Marnati potrà poi riepilogare le molte altre iniziative in corso che oggi vogliamo condividere con voi, per ribadire che la lotta al cambiamento climatico in Piemonte non solo è al centro delle nostre attenzioni, ma è in corso di potenziamento e dispone di azioni, certo sfidanti, ma concrete, fatte di numeri e di dati che vogliamo condividere con tutti i portatori d'interesse, anche per poterli ascoltare e ricevere da loro, i feedback e i suggerimenti necessari a fare le cose bene.
Per farle bene, occorre farle insieme e, oggi, l'organizzazione di un Consiglio regionale aperto in tal senso credo ne sia la dimostrazione.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Cirio.
La parola all'Assessore regionale all'ambiente, Matteo Marnati.



MARNATI Matteo, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente Allasia, per aver organizzato questo Consiglio regionale.
Saluto tutti i partecipanti, con cui spesso ci sentiamo: ci sono dei Parlamentari, associazioni degli Enti locali, gli Atenei, associazioni ambientaliste (Legambiente, peraltro, mi invita spesso ai loro eventi) enti istituzionali, organizzazioni sindacali, associazioni di categoria quali agricoltura, commercio e artigianato, cooperative, enti di promozione sportiva. Tantissime persone, tante voci che oggi possono essere protagoniste, anche chi è sempre stato critico - e lo è ancora oggi - nei confronti di quest'Amministrazione regionale e di tutto ciò che stiamo facendo.
È veramente un Consiglio che vede il massimo processo di coinvolgimento e di trasparenza. Non è ovunque così. Spesso sento - probabilmente lo sentiremo anche oggi nelle manifestazioni, negli slogan politici e nelle accuse - che questa Regione non ha voluto riconoscere lo stato d'emergenza e che non si sta facendo abbastanza. In democrazia questo ovviamente è lecito, però voglio rispondere, anche perché l'abbiamo già detto (l'ho già detto, ma lo ridico e continuerò a ripeterlo: repetita iuvant, sperando che possa giovare a qualcuno) che sia la parte politica sia la parte tecnica in questi giorni e in questi mesi, si è data molto da fare in Piemonte, pur essendo ovviamente consapevoli di quanto stia cambiando il clima e di quanto gli effetti atmosferici estremi siano sempre più frequenti. Anche in passato accadevano, ma oggi sono molto più frequenti e molto più violenti.
Lo vediamo direttamente sulla nostra pelle e sui nostri territori, con danni ingenti, e lo percepiamo quotidianamente nei dati analizzati, nei bollettini e in tutto ciò che andiamo a studiare.
Bisogna anche dire, però, che il clima non è a comparti stagno e non segue confini politici. È questo il problema. È evidente che sia un problema come ha già ricordato il Presidente Cirio - globale, dove a farla da padrone sono - ahimè - Paesi molto più grandi, più popolosi e lontani da noi; Paesi - lo voglio sottolineare e vorrei sentirlo dire un po' spesso anche dai giovani - dove non vige né la democrazia né il processo di partecipazione dei cittadini, che sono quelli che emettono più emissioni in assoluto in atmosfera, ovviamente a livello globale. Noi siamo Regione Piemonte, per cui vi racconto cosa che è stato fatto nell'ultimo biennio.
Nonostante la pandemia, non ci siamo mai fermati. Ritengo che sia stato uno dei periodi più storici, per quanto riguarda l'aspetto dedicato alle misure ambientali, pieno di azioni concrete, ma bisogna anche essere onesti nel dire che gli effetti, quando si parla di clima, si vedono nel medio-lungo termine e non domani. Su questo bisogna essere chiari, nel senso che noi siamo poco incisivi nell'ambito del clima a livello mondiale; possiamo esserlo a livello locale, che è già un grande obiettivo, e vi faccio una carrellata.
Alcune delle misure le ha già ricordate il Presidente Cirio, ma vado un po' più nel dettaglio.
Intanto voglio ringraziare i Consiglieri regionali, sia di maggioranza perché sono quelli che poi approvano, sia di minoranza, per essere stati costruttivi. Di questo li ringrazio, perché quando sono insieme con noi costruiamo leggi per i nostri cittadini e per le nostre imprese.
Ricordo la riforma della legge sui rifiuti, che spinge fortemente sull'economia circolare e sulla bioeconomia.
È stato approvato il Piano tutela delle acque (l'ultimo era del 2007), che migliora lo stato dei fiumi e dei nostri laghi. Domani dovrebbe essere approvato il nuovo Piano energetico regionale (l'ultimo era del 2004, un secolo fa). Venerdì scorso sono state approvate in Giunta, insieme all'Assessore Carosso e la Direzione Ambiente, Urbanistica e Montagna, che ha dato loro il via - questo è un grande e importante nuovo paradigma - le nuove linee guida per avviare il mercato della vendita dei crediti di carbonio nelle aree urbane (oggi non c'era) e rurali.
Poi c'è stata la conclusione, durata due anni - i progetti tra università e ricercatori non durano giorni o mesi, ma addirittura anni - del progetto "Urban Forestry" che, voglio sottolineare, è un progetto molto locale, che va a definire le migliori specie arboree idonee da piantumare, ovviamente per le nostre città e per i nostri territori, per ridurre gli inquinanti e assorbire più CO2 possibile. Oggi finalmente è definitivo, per esattezza sono sessantatré le specie che dovranno essere utilizzate da tutti: privati, istituzioni, cittadini e imprese.
C'è l'approvazione e l'adozione della strategia per la lotta ai cambiamenti climatici, come la gestione dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che, per fortuna, la Regione Piemonte è stata chiamata a coordinare, tanto più che nei prossimi tre anni, ricadranno più di 500 milioni di risorse dedicate all'ambiente. Poi c'è la nuova Strategia di Specializzazione Intelligente (S3), che definisce le azioni della prossima programmazione 2021-2027, quindi non in contrasto con il Piano nazionale ma complementare, con tutti i fondi dedicati allo sviluppo regionale dedicati al Patto verde (il famoso Green Deal).
Quanto alla strategia dell'idrogeno, lo ha ricordato il Presidente, noi siamo tra i capifila a livello europeo e non solo italiano; a breve daremo ulteriori indicazioni e la presenteremo anche al Parlamento europeo (non lo abbiamo fatto prima perché era chiuso per la pandemia, ma ve ne daremo anche i dettagli).
È stato ricordato il Patto dei Sindaci per la transizione energetica, che riunisce migliaia di governi nel mondo dove noi aiutiamo a coordinare i piccoli e medi Comuni; l'approvazione dell'impronta del carbonio (il famoso carbon footprint), che serve a contabilizzare le emissioni di gas a effetto serra e, in seguito, a pianificare (un conto è la conoscenza, ma poi ci sono le azioni di tipo energetico e ambientale per ridurre le proprie emissioni).
C'è anche un gioiellino, come lo reputo io, che è l'avvio della strategia dello sviluppo sostenibile, che ha visto coinvolti più di 110 esperti dedicati alla biodiversità piemontese e la consultazione di 400 giovani piemontesi tra i diciotto e i trentacinque anni, dove il loro contributo è parte integrante della strategia. A breve, ci sarà anche un forum, dove sempre gli stessi giovani o altri che vorranno partecipare potranno dare e segnalare le nuove idee, perché tutto è dinamico e tutto si può modificare e migliorare, ovviamente, in un grande processo partecipativo.
Tutto ciò che adesso ho appena elencato che sembra più teorico - ma è fondamentale per tracciare i disegni, la strada, la visione - ma in parallelo in questi anni ha visto decine e decine di progetti che non sto qui a elencare per limiti di tempo, e grandi risorse destinate a compiere azioni concrete per ridurre inquinanti e gas a effetto serra con ottimi risultati, tutti certificabili.
Tutte queste strategie, ovviamente, da sole, non avrebbero alcun senso, ma hanno come unico comune denominatore quello di ridurre le emissioni del 55 nel 2030. Per molti questo non è sufficiente; io reputo invece che sia un importante obiettivo che dovrà essere assolutamente conseguito, anche perché - qui bisogna essere chiari e onesti - la transizione ecologica nel suo complesso deve avere una sua sostenibilità sia ambientale, sia sociale sia anche economica, altrimenti il castello crolla. Questo è quello che rende più complicata la transizione ecologica e ci vorranno anni; anzi probabilmente la transizione ecologica non finirà mai.
Questo momento storico, per quanto mi riguarda, non dev'essere più il momento della protesta, che è servita a mobilitare le masse e le coscienze va messa da parte la demagogia e l'ipocrisia e bisogna passare alla fase della concretezza e dello scaricare a terra, ricordandosi sempre, però, che dobbiamo basarci su approcci scientifici, remare tutti dalla stessa parte: vale per le istituzioni, ma anche per le università, le imprese, da quelle industriali a quelle artigianali, ma anche per le imprese agricole, che spesso sono le più colpite, e per il singolo cittadino.
È importante evitare che alcuni progetti siano realizzati più sulle ali dell'entusiasmo e della moda e che abbiano, invece, veri effetti impattanti. Per questo, dico che bisogna avere un approccio scientifico e non bisogna sprecare le risorse che abbiamo oggi.
Tutto queste misure devono essere integrate e collegate tra di loro e noi lo stiamo facendo; vedrete che tutte le strategie rimandano ad altre strategie, quindi è un'azione molto forte e non dovrà mai - questo è un'azione politica di nostra competenza - coinvolgere chi dovrà vivere nei prossimi decenni in questa regione, in questa nazione e in questo continente. Ne parlavo l'altro giorno con i Rettori: occorre almeno che il Piemonte, l'Italia e l'Europa, anche se non incide fortemente a livello globale, siano da esempio per tutti gli altri per un effetto domino. Questo è molto importante.
Concludo, Presidente, con un indirizzo politico, il nostro indirizzo politico madre: alle azioni aggressive, noi preferiamo le azioni intelligenti.
Grazie, Presidente, e grazie a tutti per il vostro contributo.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Marnati.
Adesso darei la parola alle associazioni.
La parola al rappresentante dell'associazione Extinction Rebellion Ruggiero Reina.
Prego, ha facoltà di intervenire per dieci minuti.



REINA Ruggero, Extinction Rebellion

Buongiorno a tutti.
Intanto vorrei chiarire che oggi ci hanno bloccato una manifestazione autorizzata, che è stata ostacolata, quindi mi scuserò se si sentirà del "baccano", ma non è tutta colpa nostra.
Poiché come membro di Extinction Rebellion ho l'occasione di fare il primo intervento, vorrei iniziare ponendo una domanda a me e a tutte le persone che sono qui presenti: cosa rappresenta questa giornata? Tra le tante possibili risposte, ne ho scelto una: questa giornata rappresenta un fallimento. Come definireste in altro modo un Consiglio regionale aperto sull'emergenza ecoclimatica ottenuto dopo otto giorni di sciopero della fame e in una regione in cui questa stessa emergenza è stata dichiarata due anni fa? Un Consiglio regionale aperto dal quale vengono deliberatamente escluse alcune delle realtà che hanno chiesto di essere ascoltate. In questi minuti che mi sono stati concessi, potrei citare dati e sottolineare la gravità della situazione. Certo, potrei farlo: ma a chi mi starei davvero rivolgendo? A chi parlerei? Questi dati non riguardano solo quei Paesi dove miseria e morte sono totalmente radicati da non farci ormai più considerare gli effetti devastanti che i cambiamenti climatici stanno causando. I dati e gli studi di cui parlo sono condotti a livello regionale dall'Università degli studi di Torino, dal Politecnico, da ARPA e dalla stessa Regione Piemonte, quindi sia i membri della Giunta sia i Consiglieri possiedono tutti gli strumenti necessari per rendersi conto di cosa si stia realmente parlando.
Lascerò quindi ad altre voci, che sono sicuramente più preparate e autorevoli di me, l'onere di illustrare la drammaticità della situazione che la comunità scientifica denuncia da decenni e che i Governi, compreso questo Consiglio, continuano a ignorare.
Non citerò dati, ma illustrerò perché Extinction Rebellion ritiene necessaria l'istituzione di assemblee cittadine deliberative che trattino la questione climatica e gli aspetti socio-economici a essa correlati.
Le condizioni che hanno portato alla convocazione di questo Consiglio e le modalità in cui si sta svolgendo dimostrano l'impossibilità per cittadine e cittadini di avere voce in capitolo sulle politiche che decideranno della loro vita e della comunità cui appartengono. Questo Consiglio non è altro che il frutto di quell'impossibilità, di questa impotenza percepita dalla cittadinanza nei confronti in un Governo regionale che dovrebbe tutelarla ma che invece rimane immobile.
In occasione dell'evento "Piemonte2027", l'Assessore all'ambiente Marco Marnati dichiarò che per raggiungere gli obiettivi legati alla sostenibilità l'aspetto più importante dal quale partire fosse il cambio di mentalità dei cittadini. Ma a quali cittadini si riferisce? Si riferisce forse, a coloro ai quali non sono mai state spiegate le drammatiche evidenze riportate nei diversi report dell'IPCC? A coloro che, leggendo i giornali, per trovare una notizia sulla crisi climatica devono arrivare alla sezione "Green", posizionata dopo quella "TV e spettacolo"? O a coloro che, navigando sul sito della Regione, leggono gli obiettivi posti nella strategia regionale sui cambiamenti climatici e, continuando a cercare, non trovano nulla rispetto a ciò che la Regione abbia effettivamente fatto per raggiungerli? Considerando la totale assenza di contributi politici concreti, riesco a trovare una sola interpretazione possibile delle parole dell'Assessore Marnati riguardo la necessità di un cambio di mentalità dei cittadini: ho immaginato che, mentre pronunciava quelle parole, per un attimo abbia dimenticato di vestire i panni di Assessore e si sia ricordato anch'egli di essere un cittadino, e abbia così riconosciuto le responsabilità di cui tutta la cittadinanza dovrebbe essere investita, se le si desse l'opportunità di rivestire un ruolo di primo piano nell'elaborazione politica che influenzerà la vita di tutta la comunità.
L'obiezione che viene spesso mossa alle realtà che si battono ogni giorno per la giustizia climatica ed ecologica è di non considerare adeguatamente le problematiche economiche e sociali, e di non avere delle proposte concrete. Per troppo tempo, in effetti, la questione ecoclimatica è stata trattata come se fosse una questione relegata al tema dell'ambiente, ma slegata dal resto. Il mancato riconoscimento della profonda interdipendenza tra crisi ecoclimatica e crisi socio-economica è il motivo per cui oggi non possiamo più permetterci di pensare che sia possibile affrontare questa emergenza attuando le stesse dinamiche politiche ed economiche che le hanno generate. Non si tratta più di ambientalismo, ma di sopravvivenza della nostra stessa specie.
Come cittadine e cittadini non possiamo più permetterci di rassegnarci al senso d'impotenza; le evidenze sono ormai troppe per negarle e chiudere gli occhi. La crisi climatica ed ecologica è la più grande crisi che l'umanità si sia mai trovata ad affrontare, perché comprende tutte le altre. Non c'è più tempo per ragionare in termini di maggioranza, opposizione associazionismo, antagonismo. È necessario che tutta la cittadinanza venga informata dal Governo in modo capillare sulla crisi che stiamo vivendo. È necessario che il Governo intervenga immediatamente per arrestare la distruzione degli ecosistemi e raggiungere lo zero netto di emissioni nei tempi che ci consentiranno la sopravvivenza.
È fondamentale, in ultimo, che il Governo coinvolga tutta la cittadinanza nelle scelte radicali che dovranno inevitabilmente essere fatte nei prossimi mesi, lavorando in direzione di un sistema democratico realmente partecipativo.
Adesso, insieme con noi, vorrei che intervenisse il professor Lewanski esperto di processi partecipativi della popolazione.
Grazie mille.



LEWANSKI Rodolfo, Extinction Rebellion

Buongiorno, credo tocchi a me.
Mi richiamo Rodolfo Lewanski.



PRESIDENTE

Mi scusi, ma la scaletta prevede che dopo Ruggero Reina intervenga Luca Sardo. Non è previsto il suo intervento. O, meglio, è previsto dopo.



LEWANSKI Rodolfo, Extinction Rebellion

Credevo facesse parte dell'intervento di Extinction Rebellion; perlomeno così mi era stato detto.



PRESIDENTE

No, no.



SARDO Luca, Fridays for Future

Non c'è problema, per me va benissimo che mi preceda.



PRESIDENTE

Va bene.
L'ho precisato solo per correttezza, perché ci sono parecchie persone collegate e dobbiamo rispettare tutti.



REINA Ruggero, Extinction Rebellion

È il motivo per cui ho parlato solo per cinque minuti, dei dieci che mi erano stati concessi.



PRESIDENTE

Era comunque un suo diritto utilizzarne solo cinque.
Comunque, se per Luca Sardo non è un problema, lascerei adesso la parola a Rodolfo Lewanski, rappresentante di Extinction Rebellion.



SARDO Luca, Fridays for Future

Va benissimo che intervenga il professor Lewanski.



PRESIDENTE

Grazie.
Prego, professor Lewanski.



LEWANSKI Rodolfo, Extinction Rebellion

Buongiorno e grazie per la parola. Mi dispiace per il disguido, ma non ho colpe, nel senso che mi è stato detto di fare in questo modo.
Sono un ex professore di scienze politiche a Bologna e mi occupo di partecipazione deliberativa da molti anni; sono stato anche l'Autorità indipendente per la partecipazione della Regione Toscana per alcuni anni.
Ciò premesso, il compito che mi è stato affidato è di parlarvi brevemente delle citizens' assembly, cioè delle assemblee dei cittadini.
Ho sentito prima la parola "partecipazione", che viene spesso usata con significati assai ambigui e diversi. La partecipazione di cui parliamo si chiama "deliberativa", non nel senso che assume delibere amministrative, ma nel senso che soppesa - dal latino libra, bilancia - le varie considerazioni e le loro implicazioni, con un approccio che accentua la razionalità, il dialogo e l'acquisizione di informazioni esperte, ma affida il compito di partecipare - a chi? - a cittadini comuni estratti in modo campionario, a sorteggio (si chiamano "campioni stratificati", perch assicurano che siano presenti alcune caratteristiche sociologiche e socio demografiche della popolazione, come il genere, metà uomini e metà donne per esempio, le classi di età, le aree di residenza, eccetera).
Tutto questo, naturalmente, vi sembra fantapolitica e la solita posizione radicale. Vorrei però segnalare alcune organizzazioni che di questo si occupano da molti anni, come l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), che ha sede a Parigi, di cui fa parte anche l'Italia, che continua a pubblicare libri e ricerche proprio sulla partecipazione deliberativa in tutto il mondo, in particolare nei paesi più avanzati.
Di citizens' assembly ce n'è una in corso oggi a livello europeo e si chiama "The Conference on the Future of Europe", voluta la Commissione europea. Alcuni aspetti sono discutibili, ma l'idea è questa. Ma le più interessanti sono le idee a livello nazionale, in primis la Convention pour le Climat voluta dal Presidente Macron in Francia: 150 cittadini estratti a sorte per un anno si sono riuniti, in parte online, per produrre raccomandazioni destinate al Parlamento francese. Stessa cosa sta succedendo dalla Scozia alla Spagna, dalla Polonia al Belgio, all'Olanda alla Danimarca e alla Finlandia.
Vi pregherei di notare che questo avviene a livello locale, da Newham a Londra, a Pozna?, a Danzica in Polonia, a Berlino, a Parigi, a Bruxelles tutte città sparse per l'Europa che hanno istituito citizens' assembly.
Vorrei sottolineare che in molti casi si tratta di assemblee non una tantum su un tema (ad esempio, il clima, urgente e importante), ma ci sono tante altre scelte collettive significative e importanti. In molti casi queste citizens' assembly sono state istituzionalizzate, cioè rese permanenti, in Belgio, a Parigi, a Newham eccetera. Quindi, siamo già alla fase 2 delle citizens' assembly.
Questa storia è iniziata nel 2005 in Canada, British Columbia, dove ai cittadini è stato chiesto di decidere il sistema elettorale da usare; ed è l'equivalente di una nostra Regione. Poi si è passati in Irlanda, dove i cittadini si sono, nientepopodimeno, occupati della riforma della Costituzione. E poi si è diffuso per l'Europa, come illustravo poc'anzi.
Oggi le citizens' assembly sono una realtà che si sta diffondendo, si sta istituzionalizzando e quindi sta mettendo radici permanenti.
L'Italia naturalmente è sempre un po' indietro (sarà colpa delle Alpi) però adesso abbiamo comunicazioni che ci permettono di sapere e conoscere gli sviluppi in altri paesi. Per la verità, l'Italia non è così indietro come piace spesso agli italiani pensare; nel 2007 la Regione Toscana ha approvato una legge che istituisce e favorisce con 700 mila euro l'anno (all'epoca) la partecipazione dei cittadini in modo dialogico, deliberativo come si dice. Sono state fatte decine di procedure di questo tipo. Io sono stato l'autorità indipendente che ha attuato questa legge nei suoi primi cinque anni e abbiamo fatto processi di questo tipo.
Perché farli? Perché la democrazia rappresentativa è ovviamente in affanno come diceva Norberto Bobbio, il grande studioso torinese. Non è forse al collasso, ma certamente le ragioni di crisi si vedono; questo lo scriveva nel 2008, quindi già molti anni fa. I continui cali nel turnout elettorale che era il meccanismo di partecipazione politica della democrazia rappresentativa, e la disaffezione dei cittadini verso i partiti politici sono fenomeni che denotano ampiamente una crisi non solo in Italia, ma un problema strutturale.
Le assemblee dei cittadini sono un modo per affrontare non solo la crisi climatica, ma la crisi democratica, che è sotto gli occhi di tutti, anche se continuiamo a far finta che non ci sia. È una robusta iniezione di demos (democrazia, potere del popolo); sembra una parola d'ordine estremista, ma è il significato letterale che i greci ci hanno consegnato venticinque secoli fa. Però il ruolo del popolo è sempre marginale. Di fronte alla complessità della sfida del cambiamento climatico, questa sembra essere una risposta efficace e utile, che già funziona in molti Paesi e in molte realtà.
Con questo, concludo. Grazie dell'ascolto e buongiorno.



PRESIDENTE

Grazie, professore.
Do ora la parola al Coordinatore del movimento Friday for Future, Luca Sardo.



SARDO Luca, Friday for Future

Grazie. So che avrebbe lasciato dei minuti in più al professor Lewanski per l'intervento, che noi condividiamo in pieno.
Volevo partire da alcune riflessioni che abbiamo sviluppato nel corso delle mobilitazioni delle ultime settimane, mobilitazioni di protesta che si sono sviluppate nel mondo studentesco. Magari l'Assessore non condividerà lo strumento della protesta, però sono stati, secondo noi, dei momenti molto importanti perché finalmente gli studenti hanno ripreso, dopo la pandemia a discutere del loro futuro e a ragionare criticamente su che cosa non andasse nel mondo in cui viviamo, non solo scolastico ma in generale. In queste mobilitazioni, che hanno visto l'occupazione di tantissimi licei nel corso delle settimane, siamo stati invitati e abbiamo parlato del problema dell'emergenza climatica, dei rischi e delle paure che i ragazzi hanno quando si parla di questo tema.
Mi sono appuntato alcune frasi che, secondo me, sono importanti per farci capire, proprio a livello emotivo, che cosa pensano oggi i giovani quando riflettono sul loro futuro. "Siamo pochi, secondo me è per questo che non ci ascoltano. Per me è terribile vedere che nei dibattiti in tv i politici non parlano mai dei nostri problemi" (Francesca, diciassette anni studentessa al liceo scientifico di Torino). "Non avevo mai visto un incendio così grande e così vicino. Mio papà si è trasferito da poco a Lanzo, non ci ero mai stato prima. Ieri notte quasi non riuscivo a dormire". (Mirko, sedici anni, vive a Lanzo e studia in un liceo linguistico a Torino). Si riferisce all'incendio di qualche settimana fa.
L'ultima frase ci lascia una domanda su cui riflettere: "La cosa che mi spaventa di più è che non so come fare per cambiare le cose. Non sono bastati gli scioperi con milioni di ragazzi, non sono bastati tutti questi report scientifici delle Nazioni Unite. Ma allora cosa possiamo fare per convincere chi ha il potere ad agire?" (Rebecca, quindici anni, studentessa al liceo scientifico di Moncalieri).
Ovviamente rispondere a queste domande per noi è difficile. L'ultima volta che siamo venuti in Consiglio regionale (due anni fa) era per un Consiglio aperto sui cambiamenti climatici. Durante la seduta è stato detto da un Consigliere che non venivano apprezzati i modi di coloro che tratteggiano una visione catastrofistica del cambiamento climatico: "A oggi, non è possibile accostare l'inquinamento da noi prodotto ai cambiamenti climatici in modo diretto, in quanto non ci sono prove scientifiche che lo dimostrino".
Questa frase, secondo me, è l'unica risposta che abbiamo potuto dare ai ragazzi sul perché, ancora oggi, in politica si faccia così fatica ad affrontare questo problema. Quando dal negazionismo si passa alla discussione vera del problema, si cerca sempre di scaricare la responsabilità. E l'Assessore oggi di nuovo ha riferito che, secondo lui l'Europa può fare poco, che gran parte dell'inquinamento e delle emissioni derivano da altri paesi, dalla Cina, dall'India, però spesso ci dimentichiamo che derivano anche dagli Stati Uniti e dall'Australia, e che quindi noi abbiamo una responsabilità minore.
Ovviamente un discorso di questo tipo non regge, perché la CO2, a differenza degli inquinanti atmosferici, non resta in atmosfera per poco tempo, ma resta in atmosfera per tantissimo tempo.
Scientificamente, quindi, gran parte della CO2 che oggi è nell'aria, che respiriamo e che riscalda il nostro pianeta è stata emessa da noi, dal mondo occidentale nel corso dell'ultimo secolo, quando, in realtà, altri paesi come Cina e India producevano pochissime emissioni e non avevano nessuna responsabilità dei cambiamenti che già oggi stanno colpendo fasce molto più deboli della popolazione e molto più deboli di noi che l'abbiamo causato.
Sul fatto che la protesta non serva, sono completamente in disaccordo.
Ovviamente la protesta deve essere costruttiva, ma serve ancora oggi. Non siamo tutti sulla stessa parte e non stiamo remando tutti dalla stessa parte. Ancora oggi, in Europa, tante forze politiche qui rappresentate stanno votando per continuare a sussidiare i combustibili fossili; stanno votando per continuare a includere le centrali a gas e che il combustibile utilizzato per produrre energia, che ancora oggi emette gran parte delle emissioni, anche in Italia, venga ancora sussidiato da investimenti definiti sostenibili dalla Commissione europea.
Non siamo tutti dalla stessa parte, quindi la protesta serve: spero che un giorno noi, Extinction Rebellion, e tutti gli altri movimenti diventeremo non necessari, perché vorrebbe dire riuscire veramente ad affrontare questa crisi. Oggi non è così, quindi dobbiamo continuare a scendere in piazza.
Sugli aspetti più tecnici, lascerò la parola a tutti coloro che ci seguiranno, perché molto più preparati di me e di noi per parlarne.
L'ultimo aspetto che voglio sottolineare è che la crisi tematica, come avete detto anche voi, non esiste nel vuoto; è legata a cause in comune con altre emergenze, soprattutto sociali e di disuguaglianze che viviamo oggi.
La cosa più grave è che in futuro, quando sarà ancora più grave di oggi inasprirà queste altre emergenze e stringerà ancora di più il gioco intorno alle persone che già oggi soffrono.
Pertanto, cosa occorre fare? Per affrontare questo problema, non si pu pensare, com'era stato detto nel Consiglio regionale di due anni fa, che lo sviluppo tecnologico ci salverà, che la tecnologia e la scienza da sole risolveranno il problema e ci porteranno verso un mondo sostenibile resiliente e a zero emissioni. Purtroppo non è così. Serve guardare in faccia la realtà e affrontare le emergenze sociali che ci sono oggi.
L'ultimo studio pubblicato ieri su "Nature", che studia la carbon footprint, di cui parlava prima l'Assessore, afferma che, oggi, l'1% più ricco del nostro pianeta emette settantacinque volte più CO2 del 50% più povero. È responsabile del 15% delle emissioni totali di CO2 e ogni persona emette settantacinque volte di più di una persona che fa parte del 50% più povero. Le emergenze sociali, quindi le disuguaglianze sociali, sono alla radice della crisi climatica che stiamo vivendo. Questa crisi, quindi, deve diventare la priorità e il faro che illumina tutte le decisioni che voi prenderete da qui in avanti. Il primo passo, ovviamente, è riconoscere che finora non è stato fatto abbastanza, perché c'è un esame chiaro per capire se la politica sta facendo abbastanza: se le emissioni scendono nella percentuale richiesta dall'IPCC per restare sotto l'aumento di 1,5 gradi.
Se le emissioni non scendono, vuole dire che non si sta facendo abbastanza.
È così semplice, purtroppo, ed è la verifica che bisogna fare ogni anno.
Serve fare molto di più: serve affrontare la realtà e serve affrontare le ingiustizie intrinseche alla società e al sistema economico in cui viviamo oggi. Noi, purtroppo, non possiamo accettare compromessi, perché non si pu scendere a compromessi con le leggi della natura. Ogni singola tonnellata di CO2 in più non farà che inasprire le siccità che viviamo oggi, le ondate di calore e le alluvioni. I principi della termodinamica non si modificano solo perché abbiamo fatto qualche piccolo passo in avanti ogni anno.
Questo grande, variegato e partecipato movimento per il clima, nato negli ultimi anni, è qui per restare e noi scenderemo in piazza di nuovo, a migliaia, ogni settimana, ogni mese, finché non avremo ottenuto ciò che vogliamo, non tanto per noi, ma per le future generazioni.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola a Tiziana Beghin, Parlamentare europea.



BEGHIN Tiziana, Parlamento europeo

Grazie e buongiorno a tutti.
Inizio con il ringraziare il Presidente del Consiglio regionale, i colleghi Consiglieri, il Presidente Cirio e i colleghi della Giunta, per avermi invitata a questo evento e alla partecipazione di questi lavori. Sono piemontese di adozione, quindi per me è un onore essere qui oggi.
Parlerò di quelli che sono stati gli interventi a livello europeo l'Istituzione in cui siedo. Sono molto d'accordo con la persona che è intervenuta prima di me, Luca Sardo di Friday for Future: si potrebbe fare molto di più e si dovrebbe fare molto di più.
La Commissione europea ha presentato, com'è noto, una strategia: il Green Deal. È un documento che vorrebbe essere una roadmap ambiziosa, per rendere l'Europa il primo continente climaticamente neutro entro il 2050 sottolineando quanto è importante che l'Europa faccia la propria parte, al di là di cosa succede al di fuori dei nostri confini, come giustamente sottolineato. Nostro obiettivo è salvaguardare la biodiversità e istituire una vera economia circolare, in modo da ridurre l'inquinamento.
Il Green Deal non è una singola legge, è un insieme di provvedimenti e di finanziamenti. In questo sono d'accordo con quanto detto dal Presidente Allasia: è una sorta di cambiamento di approccio, di filosofia, che deve accompagnare tutti, Istituzioni e cittadini, per i prossimi trent'anni.
Cercherò di essere abbastanza breve, ma altrettanto chiara.
Il Piano prevede la revisione della legislazione corrente, ma anche nuove iniziative regolatorie, chiaramente legate all'obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
L'obiettivo inizialmente previsto era il 40%, poi è stato alzato a 55. È un risultato meno coraggioso, rispetto al 60% che avevamo chiesto noi parlamentari europei, ma comunque un primo passo avanti, volendola vedere in modo positivo, se vogliamo assicurare un futuro climaticamente sicuro ai nostri figli.
Non voglio ripetere quanto è già stato detto, ma gli effetti del surriscaldamento climatico sono chiarissimi ed evidenti. Lo vediamo anche a livello locale: penso agli stravolgimenti, non solo riguardo alla siccità ma anche all'alternanza di alluvioni e allagamenti. Ormai è diventata una ricorrenza nei nostri territori, come anche in quelli del Nord (un esempio è lo Storm di questi giorni in Belgio, dove abito).
Sono cose già dette, ma ci tengo a ribadirle.
Il Green Deal è un insieme di provvedimenti e di misure; al momento, il più ambizioso di tutti è sicuramente il pacchetto "FIT for 55", che prevede anche una revisione delle quote del sistema di scambio delle quote di CO2 l'ETS. Nelle intenzioni della Commissione dovrebbe arrivare ad applicarsi anche al settore dei trasporti, a quello marittimo, al trasporto aereo e al riscaldamento domestico, anche se su questi punti non nascondo un certo scetticismo, peraltro condiviso da molti miei colleghi, perché questo significherebbe che i cittadini dell'Unione Europea vedranno i costi della CO2 trasferiti direttamente sulle bollette del riscaldamento.
Questa è una decisione importante da prendere, ma dev'essere supportata da altri provvedimenti che consentano poi di aiutare soprattutto le famiglie in difficoltà. Tuttavia, ricorderei soprattutto i piccoli imprenditori, che mai come in questi giorni comprendono qual è la difficoltà di produrre con un costo dell'energia così elevato, senza stare a fare delle recriminazioni su quello che non è stato fatto in passato e che magari, oggi, avrebbe permesso di avere una maggiore indipendenza energetica. Guardiamo come stiamo oggi e che cosa si può fare per il futuro. Ricordiamolo, perché il "caro bollette" di oggi è dovuto all'aumento delle materie prime ed è quasi nullo l'impatto relativo ai costi della transizione, quindi ogni aumento in bolletta - lo ricordo - rischia di trasformarsi in un costo veramente importante e difficile per le famiglie meno abbienti.
Questo, di per sé, già sta evidenziando quanto sarebbe ingiusto trasferire sulle fasce più vulnerabili il costo della transizione. In effetti, noi in questi giorni stiamo lavorando a una proposta alternativa per evitare di applicare l'ETS al riscaldamento domestico.
Un altro provvedimento a mio avviso molto interessante che è contenuto nel pacchetto "Fit For 55" è la tassa sulla CO2 alla frontiera. Questo è un meccanismo chiamato CBAM, che consiste in una proposta volta a garantire che gli obiettivi climatici dell'Unione Europea, non siano danneggiati da una delocalizzazione delle produzioni ad alta intensità di CO2 al di fuori dell'Unione Europea; peraltro, funziona anche un po' come incentivo per chi oggi produce all'estero e vuole importare in Europa per adeguarsi a quelli che sono gli standard piuttosto severi secondo alcuni e non abbastanza ambiziosi secondo altri ma che, di fatto, sono diversi rispetto a quelli degli altri Paesi.
Il sistema ETS di cui parlavo prima si applica esclusivamente ai confini europei, quindi è sufficiente che un grande inquinatore si trasferisca al di fuori perché poi ne sia esentato. In questo caso, interviene CBAM e secondo questo meccanismo, chiunque voglia importare nell'Unione Europea deve acquistare certificato di carbonio corrispondente al prezzo della CO2 che avrebbe pagato se la produzione fosse avvenuta in Europa. Sembra complesso, ma lo possiamo semplificare; in pratica è una specie di tassa sulla CO2 al contrario, cioè non è pagata dalle imprese europee, ma dai competitor internazionali. Un esempio: se produci un bene in Cina o in Sudamerica inquinando più di quanto avvenga in Europa per un bene corrispondente, si dovrà pagare un dazio aggiuntivo. Un meccanismo pensato per proteggere l'ambiente, ma anche per rendere più corretta la concorrenza tra produttori europei e non.
Ricorderei ancora le nuove normative sui veicoli. L'idea della Commissione Europea è di stringere gradualmente i parametri massimi di emissioni di CO2 fino ad arrivare al 2035, anno in cui, secondo l'intenzione della Commissione Europea, ogni nuovo veicolo venduto in Europa dovrà essere a emissione zero: un obiettivo sicuramente ambizioso, per cui bisognerà rimanere vigili perché dobbiamo essere certi che la mobilità elettrica sia accessibile a tutti e non diventi un lusso per pochi.
Ci sono molti altri provvedimenti più tecnici, non voglio semplicemente ripetere un elenco, ma molte saranno direttive, quindi, dovranno essere recepite dagli Stati membri e poi venire attuate in Regione. Penso alla direttiva sulle energie rinnovabili, quella sull'efficienza energetica e quella sulle infrastrutture per i combustibili alternativi, come l'idrogeno, poi la direttiva sull'efficientamento delle prestazioni energetiche del patrimonio immobiliare. Questo è molto importante anche per il discorso di cui parlavo prima.
In Italia stiamo facendo scuola con il "superbonus", nonostante venga osteggiato in molti modi o a volte anche imputandogli tutta una serie di frodi, che poi si vedono non essere collegate principalmente al "superbonus". In realtà - ve lo dico da persona che lavora in ambito europeo - è un provvedimento che molti guardano con attenzione per l'impatto molto positivo e doppiamente efficace, perché impatta in modo positivo sull'ambiente, ma anche sull'edilizia, che è un settore fondamentale, un volano per tutta l'economia; migliorabile, ma da osservare con attenzione.
Tutti i provvedimenti di cui ho parlato, a Bruxelles dovranno prendere la via della procedura legislativa ordinaria, cioè la codecisione, quindi saranno negoziati tra il Consiglio e il Parlamento europeo. Il nostro impegno, come parlamentari europei e delle altre istituzioni, chiaramente è di chiudere i negoziati entro il 2022, poi l'entrata in vigore vera e propria dei provvedimenti sarà differita nel tempo. Per esempio la CBAM, di cui parlavo prima, sarà probabilmente in vigore dal 2026, quindi ci saranno circa quattro anni per raggiungere gli obiettivi previsti per il 2030 e, in più, ci saranno anche dei periodi di adattamento più lunghi secondo i settori. Vedremo come la realizzazione degli obiettivi potrà essere raggiunta.
Abbiamo sempre questa dicotomia di un phase out che consenta un adattamento ma, ahimè, bisogna bilanciare con quelli che sono gli obiettivi che devono essere raggiunti e non soltanto si vogliono raggiungere.
Sui cittadini, come dicevo, l'impatto è importante, lo abbiamo visto in questo momento con il "caro bolletta"; come ricordavo, l'aumento delle bollette è dovuto principalmente all'aumento del costo della materia prima e alle tensioni internazionali. Il costo della transizione è stimato essere circa il 5% in questo momento, ma in futuro questo costo, invece, potrebbe trasferirsi sui cittadini e quindi i legislatori europei, ma anche quelli nazionali - e chiaramente anche voi, colleghi regionali - devono impedire che questo avvenga.
A questo proposito, una delle idee che si sta portando avanti è quella di creare un fondo sociale per la transizione climatica. C'è già un fondo di adattamento che consta di settanta miliardi in dieci anni, che finanzierà il 50% degli schemi nazionali di sostegno alle famiglie meno abbienti.
Almeno il 50% degli introiti del nuovo sistema ETS finanzierà il fondo e il Vicepresidente della Commissione europea, Timmermans, ha dichiarato che non dovrà sostenere solo le famiglie più povere, ma anche la classe media.
Torno a sottolineare che è necessario intervenire anche sulle piccole imprese, per noi particolarmente importanti, che in questi mesi e in queste settimane stanno affrontando veramente un'impennata dei costi delle loro attività difficilmente sostenibile.
Queste sono misure che, chiaramente, rappresentano un buon inizio. Come dicevo, non credo assolutamente che siano sufficienti - in questo, mi ricollego alla giusta protesta dei rappresentanti delle associazioni che mi hanno preceduta - ma la transizione ecologica ed energetica è un'opportunità senza uguali per le nostre generazioni, quindi dobbiamo gestirla in modo coordinato con gli attori pubblici e istituzionali, non lasciata solamente alle dinamiche di mercato.
Pertanto, è necessario avviare da subito degli schemi di supporto, sia al reddito dei cittadini, come dicevo, sia alle piccole aziende, perché non possiamo lasciare che siano loro gli unici a pagare il costo della transizione. Per questo motivo, credo che Consiglio, Commissioni e chiaramente, Parlamento europeo, debbano avviare un serio dibattito anche su un nuovo piano, simile al Next Generation EU, affinché si possano reperire sui mercati, congiuntamente, i fondi per l'installazione di energie rinnovabili in tutta Europa, ad esempio, incluso l'eolico offshore e le centrali marine a moto ondoso. Perché le rinnovabili funzionano molto meglio quanto più la rete elettrica è ampia e cosa c'è di meglio, a questo scopo, di una rete elettrica integrata paneuropea? Progetti ce ne sono molti, cose che sono state fatte anche. Rispetto al passato - io sono al secondo mandato - credo che ci sia sicuramente un approccio più costruttivo, necessario e indispensabile (forse non abbastanza veloce come si vorrebbe, ma sicuramente c'è).
Credo di essermi dilungata oltre il tempo concesso, ma spero di essere riuscita a contribuire in modo fattivo a questo dibattito e a rendervi un'idea di quello che sta avvenendo in questi mesi in Europa, proprio perché - lo ricordo - molti di questi provvedimenti arriveranno presto sul territorio e sarete voi, a livello regionale e locale, a doverne decidere i dettagli e a supervisionarne poi l'applicazione.
Concludo il mio intervento e, compatibilmente con il mio volo per Bruxelles, sono disponibile a eventuali domande.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Onorevole.
Lascerei la parola alla Senatrice Virginia Tiraboschi; prego.



TIRABOSCHI Virginia, Senato della Repubblica

Grazie, Presidente Allasia.
Ringrazio, altresì, il Presidente della Giunta regionale, l'Assessore Marnati e tutti coloro che sono intervenuti in questo importante dibattito.
Quanto tempo ho a disposizione, Presidente? Cinque minuti?



PRESIDENTE

Ha dieci minuti.



TIRABOSCHI Virginia, Senato della Repubblica

Grazie.
Avete detto bene: l'argomento è complesso, è globale, e riguarda tutti.
L'argomento del clima e dell'ambiente, e tutto quanto è collegato alla transizione ecologica, potrebbe addirittura essere considerato un argomento d'importanza costituzionale, perché riguarda il nostro pianeta, riguarda le future generazioni, riguarda tutta una serie di risvolti di carattere socio economico che, necessariamente, vanno tenuti in considerazione. È un argomento inserito nella complessa e lunga transizione ecologica, che impatta non solo la comunità locale, non solo quella nazionale e non solo quella europea, ma riguarda la comunità mondiale, che dev'essere fortemente coesa, intendendo questa coesione come "unione" forte che parte dai singoli territori per poi allargarsi a uno scenario geografico più ampio di cittadini, imprese, istituzioni e mondo scientifico.
È un argomento talmente complesso che a Roma è trattato da diversi Ministeri: dal Ministero della Transizione ecologica, dal Ministero della Mobilità sostenibile, dal Ministero della Transizione digitale, dal Ministero dello Sviluppo economico (lo dico in senso ampio, perché poi ci sono i comparti dell'agricoltura e del turismo), ed è toccato anche dal Ministero delle Finanze. Comprenderete bene, quindi, come sia "esplosivo" in tutta la sua portata e come lo si debba affrontare guardando veramente al futuro e pensando a una sfida che per noi è imprescindibile ed epocale perché è la sfida che cambierà sicuramente il volto non solo del nostro Paese, ma del mondo intero.
Avete detto già tutti quali sono gli obiettivi che devono essere raggiunti da adesso al 2030: obiettivi ambiziosissimi, che richiederebbero un'accelerazione pazzesca rispetto a tutto quello che è stato già fatto fino ad oggi, e altrettanti obiettivi estremamente ambiziosi da raggiungere entro il 2050.
Si stanno già compiendo delle azioni, ma non vi nascondo che molto va ancora fatto, proprio perché si deve guardare alle future generazioni.
Riprendo le parole di Luca Sardo e di Reina, ma mi collego anche a quanto ha proposto il professor Lewanski indicando questi nuovi modelli di assemblee cittadine. Questo per dire che, appunto, l'argomento deve per forza partire dal basso; non a caso, ho detto che dovrebbe addirittura avere un'importanza quasi di carattere costituzionale, proprio perché è estremamente pervasivo e deve coinvolgere necessariamente i cittadini (per "cittadini" non intendo solo le future generazioni, ma anche quelli come noi, che oggi debbono dare dei segnali concreti).
Per passare a quanto sta capitando oggi in Italia a livello politico su questi temi, rilevo che sono molti i provvedimenti che sono arrivati al Governo e poi al Parlamento attraverso le Commissioni competenti, che richiedono riforme abbastanza complesse da attuare, perché cambiano tutta una serie di meccanismi che sono andati avanti per moltissimi anni. Di conseguenza, l'approccio a questi temi - che, a monte, ha addirittura tutta una serie di riforme da dover calare a terra - dev'essere non ideologico: lo dico con estrema franchezza, perché se questi temi si approcciano con ideologia, senza conoscere che cosa la comunità scientifica sta facendo e sta portando avanti, soprattutto sul fronte delle fonti energetiche, non si farebbe il bene comune, quindi non si riuscirebbe a raggiungere questi obiettivi ambiziosi.
Spesso diciamo che negli ultimi venti o trent'anni non sono state fatte tante cose, che oggi hanno dei risvolti sull'economia del nostro Paese: mi riferisco, ad esempio, al caro bollette, che chiaramente non è solo un tema riconducibile a mancate scelte, ma in parte è certamente ascrivibile a queste mancate scelte degli ultimi venti o trent'anni. Poi, chiaramente questi argomenti diventano ancora più complessi, viste le tensioni geopolitiche di cui tutti noi leggiamo costantemente sui giornali e di cui non possiamo non tenere conto. Capite, quindi, che non si può pensare - e lo dico soprattutto cercando di parlare con i ragazzi - che tutto si possa cambiare dalla sera alla mattina, perché è una sfida estremamente difficile da attuare, per cui tutte le componenti di questa grande sfida vanno tenute insieme molto bene. Se uno decide di andare in una direzione, spesso quella direzione e quella scelta coraggiosa può avere dei risvolti che sono negativi per altri, che non la accettano.
Io non voglio adesso affrontare un tema estremamente dibattuto a livello nazionale, che è quello della "tassonomia", che ha sdoganato a livello europeo il nucleare e il gas, perché sono temi estremamente complessi che non si potrebbero assolutamente affrontare in dieci minuti. Però questo lo dico proprio per rimarcare il fatto che solo con le rinnovabili - che sono sicuramente il percorso che noi dobbiamo intraprendere - non ce la facciamo a fare questa marcia velocissima, perché è veramente una marcia molto veloce, da oggi al 2030 e poi al 2050. Per guardare al primo target time che è quello del 2030, dovremmo correre almeno otto volte più forte rispetto a quanto abbiamo corso negli anni passati, quindi la politica deve fare delle riflessioni in questo senso.
Un'ultima battuta. Tengo a sottolineare il fatto che - lo hanno detto in molti, Reina, lo stesso Luca Sardo e probabilmente anche il professor Lewanski - i risvolti socio-economici di questo tema sono enormi e sono sotto gli occhi di tutti. Le forti divergenze sul piano economico e sul piano sociale non possono assolutamente essere trascurate.
Ricordo, a questo riguardo, anche le parole del Presidente Mattarella, che ha detto che uno degli argomenti sarà proprio quello della dignità di ognuno di noi. Pertanto, la politica deve rivolgere un'attenzione particolare a questo tema, sapendo che dietro ci sono indicatori economici e sociali che non vanno trascurati.
Vi faccio un esempio pratico. I grandi utili che sono stati conseguiti nei comparti energetici devono, in qualche modo, essere considerati dalla politica come utili che vanno anche al servizio di queste transizioni, che sono costose, come ha detto bene anche l'europarlamentare. Sono costose non solo per la piccola e media impresa, che oggi ha delle serie difficoltà, ma sono costose anche per le famiglie, che hanno seri problemi ogni giorno a mettere insieme il pranzo con la cena, dal mattino alla sera. Gli indicatori socio-economici li conosciamo e sappiamo che la povertà è un tema che non può essere slegato da questi argomenti, sapendo che quando si riforma qualche sacrificio va affrontato.
Ve lo dico, per esempio, parlando del decreto concorrenza, che tocca alcuni settori e va a toccare delle rendite, diciamocelo chiaramente. Tutto va affrontato pensando all'obiettivo più ambizioso, l'obiettivo che deve riguardare tutti e non la singola lobby o il singolo settore, perch purtroppo, questi in Italia vengono ancora fuori prepotentemente. Bisogna fare un salto culturale per superare questo modo di ragionare, perch oramai si ragiona solo per obiettivi ambiziosi e per obiettivi fortemente condivisi, in modo più ampio possibile, dal panorama di comunità preso in considerazione.
Ultimissima riflessione. Qualcuno ha detto che i partiti sono fortemente in crisi (è vero) e quindi ha proposto queste assemblee dei cittadini. Ritengo che i partiti debbano svolgere il loro ruolo fondamentale di cerniera tra il territorio e le istituzioni, e non solo. I partiti, in qualche misura pensando al panorama italiano, si devono legare sempre di più al panorama europeo.
Oggi sapete perfettamente quali sono gli scollegamenti tra il panorama nazionale e quello europeo. Credo che i grandi temi e i grandi progetti quelli che veramente cambieranno il volto del nostro Paese non solo per il Next Generation, ma anche per il PNRR (del quale stiamo parlando pochissimo a livello nazionale), richiedano una forte coesione tra il quadro politico italiano e quello europeo. Questo è importante non solo per l'ambiziosità e la complessità dei progetti, che necessariamente richiedono questo forte legame, ma anche per le ingenti risorse che stanno arrivando sul nostro territorio e che, come tutti sappiamo, stanno aumentando quel debito, che noi vogliamo vedere come un debito buono e non come un debito cattivo, che servirà a rilanciare i settori economici italiani e riuscirà anche a rilanciare un pochino le dinamiche verso una maggiore equa distribuzione della ricchezza nel nostro Paese, così come nel mondo intero, proprio perché le sfide sono sempre globali.



PRESIDENTE

Grazie, Senatrice.
Ha ora la parola il Vicepresidente di ANCI Piemonte, con delega all'ambiente, dottor Mauro Barisone; prego.



BARISONE Mauro, ANCI Piemonte

Buongiorno.
Come ANCI, responsabile anche del settore ambientale dell'Associazione per il Piemonte, non ho molto da dire rispetto a quello che emeriti colleghi prima di me hanno detto e hanno evidenziato. Aggiungere altro a quello che si è detto potrebbe soltanto portare a delle sterilità, perché si è detto che poco si è potuto fare in questi anni.
I Comuni vivono la situazione più drammatica, nel dover affrontare i temi sottolineati dalla Senatrice e dalla parlamentare europea, mentre i cittadini sono quelli più vicini alle esigenze che abbiamo, proprio da un punto di vista di aiuto.
Gli interventi vanno fatti seguendo tutte le categorie che hanno preceduto e che verranno, con gli esempi che l'Università sicuramente porterà a suffragio degli impegni.
Il Presidente Cirio ha fatto un lungo elenco delle nostre volontà specifiche per la Regione Piemonte; ha detto quanto lo Stato ha intenzione di fare e le intenzioni manifestate dall'Europa. Di questo, ormai, sono interi anni che parliamo, ma dovremo parlare di altre questioni aggiuntive ad esempio il comportamento sull'attuazione della pulizia dei mari argomento da non trascurare perché, se non svolto, potrebbe procurare disagi proprio nel benessere sia sanitario sia alimentaristico, quindi temi molto ampi.
Tornando ai Comuni, l'esigenza è dei cittadini, ma anche degli amministratori, amministratori che gestiscono un patrimonio che si depaupera sempre di più, perché i costi aumentano sempre di più e vanno a incidere sulle disponibilità comunali per gestire le attività. Troppi piccoli passi sono stati fatti in questi anni con la gestione dell'energia elettrica, con tutte le società che hanno sempre cercato, nel tempo, di coronare i loro impegni, anche a scopo di guadagno. Questo è naturale rientra tra le aspettative delle società che producono servizi, ma che oggi si trovano in difficoltà, perché probabilmente non hanno scelto le strade giuste. Ci sono società in Italia che per anni hanno proiettato i loro interventi su gas, metano o petrolio, e non hanno mai pensato che forse non andavano verso le strade giuste.
Il Governo, relativamente a queste grandi società, di cui non faccio i nomi perché non siamo qui per fare nomi, dovrebbe intervenire per capire perch questi interventi a livello finanziario, che ripetutamente si sono fatti non sono stati finalizzati alle giuste aspettative dell'operatività europea. Anche questo dovrà essere un sistema che va modificato e messo in funzione delle nuove situazioni.
Ho ascoltato attentamente sia i giovani sia il professor Levanski, che ha detto che in tutto il mondo esistono delle community anche per fare queste cose. Va benissimo, tutto quello che può essere utile ben venga e i giovani vanno ascoltati perché sono il futuro, quindi noi abbiamo il dovere di ascoltarli, ma quello che oggi conta - e qui vorrei concludere il mio intervento, così fornisco qualche minuto a qualcun altro in più - è capire rivolgendomi alla Regione e allo Stato italiano, se tutto quello che si deve fare, che si potrà fare o che riusciremo a fare con i soldi, con le finanze quando arriveranno, è legato soltanto a un meccanismo.
Il Presidente Mattarella è stato chiaro e quello che abbiamo visto nell'ultima elezione del Presidente ci fa capire che non siamo su quella strada. Parlo del nostro Governo, quindi invito i nostri governanti partendo da chi ha maggior potere e maggiori potenzialità per aiutarci ad affrontare questi problemi, a non creare, come sta succedendo nel post elezione del Presidente della Repubblica, divisioni continue, degli atteggiamenti non congrui a un'unione che dev'essere comune per ottenere questo tipo di risultato: le bandierine per ogni singolo partito; le bandierine per ogni singola associazione; le bandierine per ogni singolo Sindaco o per qualsiasi altra cosa non funzioneranno mai per ottenere questo risultato.
Dobbiamo essere tutti uniti e mettere da parte il posto in più, la situazione in più, il merito in più. Ogni giorno si sente che qualcuno ha un merito specifico perché ha ottenuto, per gli italiani, qualcosa. È ora di finirla: il merito dev'essere del Governo, tutto assieme, con tutti i partiti che credono nel bene del nostro Paese; così per le Regioni e così per tutte le altre istituzioni. Solo così, assieme e uniti, si potrà ottenere qualcosa.
Vi ringrazio per avere ascoltato.
Buongiorno e buon lavoro a tutti.



PRESIDENTE

La deputata Monica Ciaburro non è ancora collegata.
La parola al relatore del Politecnico di Torino, professor Alberto Poggio.



POGGIO Alberto, Politecnico di Torino

Buongiorno a tutti. Spero stiate vedendo la presentazione che ho preparato con qualche slide.
Gli interventi degli Atenei piemontesi sono articolati su più tematiche. Io introduco il tema che credo sia centrale quando parliamo di clima e di emissioni, in quanto larga parte della causa delle emissioni che alterano il clima, che creano una condizione già di emergenza, ha che fare con il consumo di combustibili fossili e, quindi, quello che richiede una transizione energetica verso nuove modalità di soddisfacimento di questi fabbisogni.
Se facciamo il quadro degli obiettivi di riduzione delle emissioni, a partire dai dati di riferimento che assumiamo da decenni, dal 1990 l'Unione Europea ha via via accelerato fortemente sulla richiesta di riduzione delle emissioni, al punto che parlavamo anni fa di ridurre del 20%, adesso c'eravamo attestati su una riduzione del 40%, ma nella legge europea sul clima parliamo di decarbonizzazione totale dall'economia europea al 2050. Per raggiungere in così breve tempo questo obiettivo l'orizzonte del 2030 ci obbliga tutti a ridurre del 55%, almeno le emissioni.
Questo, se lo mettiamo a confronto con gli strumenti che abbiamo oggi su scala locale e regionale, ci mette, forse, in difficoltà. Se facciamo un paragone con le previsioni dell'attuale strumento, quello dove principalmente andiamo a gestire le previsioni e gli scenari futuri energetici e, di conseguenza, di transizione energetica e riduzione delle emissioni, lo strumento, che peraltro è in discussione proprio in questi giorni presso il Consiglio regionale, sconta il fatto di essere stato immaginato in tempi decisamente precedenti, quindi porta al suo interno un obiettivo, certamente già sfidante ma, purtroppo, del tutto insufficiente a raggiungere la riduzione del 55% delle emissioni, così come ci richiede l'Unione Europea.
Inoltre, non riporta obiettivi, scenari e previsioni al 2050, perché, come sappiamo, quella del 2030 è solo una tappa intermedia prima di raggiungere la completa decarbonizzazione, che è fatta con tante iniziative a scala locale. I numeri che sto proiettando sono presi direttamente dagli allegati del PER, quello che è in fase di proposta in questi giorni, quindi ci indica come questo strumento, per quanto già decisamente ambizioso, abbia oggettivamente dei limiti e delle criticità che non possono essere ignorate e devono essere affrontate da subito, perché le tempistiche d'azione che ci vengono imposte dall'emergenza in corso non ci permettono più di tergiversare rispetto a questo tipo di decisioni.
Credo che un po' tutti noi dobbiamo assumerci la responsabilità - lo faccio io per primo, che da circa vent'anni mi occupo di questi temi e credo che dobbiamo farlo un po' tutti - che l'ultimo Piano energetico approvato in questa Regione è di quasi vent'anni fa e quello attualmente in discussione ha avuto una lunghissima gestazione, ma non per colpa di qualcuno che non è capace a gestirlo, ma perché lo strumento in sé, il Piano energetico, è uno strumento molto complesso, articolato e difficile da portare a compimento.
Dobbiamo immaginare di modificare drasticamente gli strumenti e i piani d'azione perché i tempi corrono, l'emergenza climatica corre più veloce di noi, ma noi dobbiamo essere in grado di decidere e, soprattutto, di agire.
Questo ci pone degli interrogativi importanti rispetto a quello che dobbiamo fare cinque secondi dopo l'approvazione di questo Piano energetico, che a questo punto dev'essere rimaneggiato e rivisto in termini di orientamento dei suoi obiettivi e di capacità di essere incisivo a breve termine.
Se parliamo di quello che è necessario fare, dobbiamo discutere degli elementi principali che hanno a che fare con i nostri consumi energetici.
Il grosso dei nostri consumi è soprattutto dovuto a dove usiamo l'energia: gli edifici sono la principale componente di consumo, oltre il 40% del nostro fabbisogno, quindi sono la prima quota di azione che dobbiamo mettere in campo, in termini iniziali di fabbisogni, in particolare dei fabbisogni degli involucri edilizi dove dobbiamo continuare ad agire.
I trasporti sono l'ambito in cui dobbiamo spostare fortemente i fabbisogni di energia da attuali combustibili fossili verso l'elettrificazione, ma anche qui, prima ancora di agire in termini di mero spostamento, dobbiamo ridiscutere in termini di consumi dei trasporti. Non possiamo più immaginare una dinamica in cui i trasporti esplodono, ma dobbiamo immaginare di contenere una domanda che è molto difficile anche da spostare in termini di transizione.
Infine, c'è l'ambito più difficile su cui intervenire, quello della produzione, dove, di nuovo, l'elettrificazione è una chiave. Per fare questo, servono dati. I dati che abbiamo nel Piano energetico sono già importanti, ma purtroppo non sono ancora sufficienti per avere un quadro complessivo, quindi l'idea dell'Osservatorio energia-clima è di fondamentale importanza, ma deve lavorare per costruire analisi e serie storiche solidi e difendibili su cui basare previsioni affidabili per un futuro che dovremmo concretizzare in tempi molto brevi.
Prima si accennava alle questioni di natura economica che tendono a scatenarsi poi in quelle che sono gli effetti sulle imprese e sui cittadini, tuttavia credo che sia necessario prendere atto di una situazione che ormai è visibile. Al di là delle dinamiche geopolitiche di questo periodo, quello che sta generando problemi di costo dell'energia è l'uso delle fonti fossili. Sono le fonti fossili a creare perturbazioni sui mercati, incrementi di costo e lo sono perché sono incompatibili con le politiche di contrasto al cambiamento climatico. Quello che sta spingendo in alto il costo delle fonti fossili è il fatto che, finalmente, o purtroppo a seconda dei punti di vista, il costo della CO2 emessa è diventato un valore fondamentale di mercato, il più importante e non tornerà più indietro perché, purtroppo, dobbiamo prenderne atto.
In un contesto come questo, bisogna mettere molto bene a fuoco - ho l'impressione che gli interventi precedenti in qualche caso non avessero chiaro questo aspetto - che le soluzioni sono già disponibili e si chiamano efficienza energetica e fonti rinnovabili e sono già attuali, mature implementabili ed efficaci dal punto di vista del mercato.
Quello che vedete è il grafico che porto all'interno della mia Università per investimenti futuri; non pretende di fare altre cose diverse dall'efficienza energetica e delle rinnovabili perché sono estremamente competitive, anche rispetto al mercato. Questa è la logica in cui ci dobbiamo muovere e credo che debba essere la logica in cui dobbiamo aprire la prospettiva e la transizione nell'arco dei prossimi anni.
Chiudo con la slide che ha a che fare con il contesto dell'attività degli Atenei piemontesi, per accennare al fatto che, come Università del Piemonte, ma in realtà come Università italiane, siamo già in marcia da tempo sul tema dello sviluppo sostenibile attraverso la rete dell'Università per lo sviluppo sostenibile. Realtà che ormai raggruppa oltre ottanta Atenei in tutta Italia e che è attiva con un coordinamento regionale che sta già contribuendo all'attuazione delle strategie per lo sviluppo sostenibile della Regione Piemonte.
Vi ringrazio del tempo dedicatomi e passo la parola, a questo punto, al collega successivo.



PRESIDENTE

Grazie, Professore.
Adesso lascerei spazio al relatore dell'Università di Torino, professor Claudio Cassardo.



CASSARDO Claudio, Università degli Studi di Torino

Buongiorno a tutti.
Ringrazio anch'io il Presidente Cirio, il Presidente Allasia e tutti i Consiglieri per la riunione di oggi e per lo spazio che mi è stato concesso.
Vorrei condividere con voi alcune slide, che spero siano visibili in questo momento.
Mi concentrerei sugli effetti dei cambiamenti climatici, partendo da questo grafico.
Noi siamo abbastanza fortunati, da un certo punto di vista, perché se esaminiamo ciò che è successo negli ultimi quarant'anni a livello di temperatura media globale, e andiamo a osservare cosa ci aspetta nel prossimo trentennio, sembra che il cambiamento climatico possa proseguire sulla stessa falsariga. Dopodiché, secondo le decisioni che saranno assunte in merito alle emissioni, si avrà una differenziazione notevole.
Noi dovremmo puntare a rimanere sulla "riga blu", che corrisponde all'Accordo di Parigi, cioè dovremmo cercare di rimanere a 1,5-2 gradi in più rispetto ai valori di temperatura del 1900. Il fatto che abbiamo già in mente che cosa succederà nel prossimo futuro - nel lontano futuro dovrebbe essere di aiuto. Attenzione, però: questo grafico, che ormai tutti conosciamo, si riferisce alla temperatura media globale. Se andiamo a vedere che cosa succede più vicino a casa nostra, per esempio nel bacino del Mediterraneo, di cui l'Italia fa parte e di cui il Piemonte, a maggior ragione, fa parte, possiamo notare che nell'ultimo quarantennio, a livello di incrementi di temperatura, abbiamo registrato un comportamento un po' diverso. Infatti, abbiamo registrato un valore d'innalzamento più del doppio rispetto alla media globale. Che cosa significa? Significa che l'Italia e, in particolare, la nostra Regione sono dei punti critici per il cambiamento climatico, dove gli effetti si manifestano in modo più ampio.
Questo comportamento, che noi visualizziamo qui a livello di temperatura in realtà è rappresentativo un po' di tutti gli effetti che andremo a vedere, quindi ci dobbiamo aspettare degli effetti un po' più gravi.
Torno un attimo indietro. Quando si parla di "obiettivo di Parigi", 1,5-2 gradi, tenendo conto che nel recentissimo passato abbiamo già avuto il doppio degli effetti, dobbiamo aspettarci innalzamenti di temperatura maggiori, quindi forse di tre o quattro gradi. Lo stesso dicasi per le altre variabili che vedremo dopo.
Questo è già un punto di vista che ci fa capire che dovremo essere molto efficaci. Non che le decisioni assunte in Piemonte abbiano più di tanto rilevanza rispetto a quello che succederà nel mondo per quanto riguarda il cambiamento globale, ma comunque può essere una guida.
Ovviamente, il clima non è solo temperatura, ma è anche precipitazioni. In Piemonte le precipitazioni a livello annuale non sono previste variare più di tanto; a livello stagionale invece sì: ci aspettiamo degli incrementi nelle stagioni fredde e delle diminuzioni nelle stagioni calde di circa il 10% in entrambi i casi se le emissioni seguiranno uno scenario intermedio e di quasi il 20% se le emissioni seguiranno uno scenario in crescita continua.
Notiamo che questo squilibrio danneggia alcuni settori, perché dal punto di vista della diminuzione estiva ci espone a condizioni di siccità proprio quando serve la risorsa idrica (per esempio, a livello di produzione agricola); d'inverno, invece, complice anche l'incremento delle temperature, il fatto che ci siano precipitazioni più rilevanti che possono manifestarsi anche come piogge in alta quota, ci espone al rischio di siccità.
Questo grafico, in realtà, per essere interpretato correttamente, dovrebbe contenere un'aggiunta relativa alla variabilità interannuale: qui si vede un incremento delle precipitazioni in inverno, ma in realtà aumenta anche molto la variabilità tra un anno e l'altro. Ebbene, in media pioverà di più, precipiterà di più, ma ci saranno degli anni in cui avremo scarsità di precipitazioni, come sta avvenendo quest'anno (praticamente, sulla nostra regione non si vedono precipitazioni rilevanti dall'inizio di dicembre, per cui siamo in condizioni di siccità estrema). Non è una novità, perché era già successo tre anni fa.
Qui vediamo proprio una delle caratteristiche che potrebbe condizionare il prossimo clima. Naturalmente, questo comporta degli effetti: la siccità estiva si traduce in un forte rischio d'incendi, che in realtà aumenta in tutte le stagioni, ma in particolare nelle stagioni calde. Pertanto, nello scenario di emissione più elevata, vediamo da aprile a novembre un aumento dell'indice di predisposizione per gli incendi. Ricordiamo che gli incendi sono tutti dolosi o colposi, però c'è una predisposizione climatica che ne favorisce la propagazione, e questa aumenterà tantissimo nelle stagioni calde. Ma aumenterà anche nelle stagioni fredde, come sta avvenendo per esempio quest'anno e com'era avvenuto quattro anni fa.
In termini di conseguenze sugli ecosistemi - cerco di condensare la mia esposizione in pochi punti - uno dei grossi problemi della nostra regione non a caso si chiama "Piemonte", proprio a indicare che siamo attaccati alle Alpi - è la biodiversità alpina. Gli habitat si spostano tutti verso l'alto. Abbiamo registrato 1,7 gradi in più in quarant'anni; 1,7 gradi in più significa che la stessa temperatura quarant'anni fa si trovava 300 metri più in basso, quindi animali e piante in questi quarant'anni si sono già dovuti spostare di 300 metri in verticale - in pratica, hanno dovuto salire! - per inseguire il loro microclima. Abbiamo detto che questo trend proseguirà almeno nei prossimi vent'anni. Poi, forse, potrebbe accelerare se non riduciamo in tempo le emissioni. In pratica, chi è già in cima alla montagna sparisce, si estingue. Ma anche per chi si sposta - ammesso che ce la faccia, perché le piante non è che abbiano le gambe, e anche certi animali non si muovono così rapidamente - salendo si riduce l'areale.
Perché le montagne, in cima, sono fatte a punta, quindi salendo in quota c'è meno spazio e quindi la biodiversità si riduce anche solo perché si riduce l'areale in cui possono vivere queste piante (ammesso, come dicevo che riescano a farlo). Avremo, quindi, un declino.
Gli incrementi delle temperature e la variazione del regime precipitativo comporteranno degli impatti sulla salute e degli impatti sul benessere e sulle condizioni ambientali e sociali.
Per quanto riguarda gli impatti sulla salute, citiamo le ondate di calore.
Tutti ricorderemo cos'è capitato nel 2003; all'epoca fu considerato un anno eccezionale, adesso è un anno che si sta avvicinando sempre di più alla media. Le ondate di calore da allora si sono manifestate in maniera più frequente e più intensa. Non solo le ondate di calore comportano aumento di mortalità, ma anche l'invasione da parte di specie che non sono tipiche delle nostre zone, tipo zanzare e zecche, prendendo magari il posto di specie autoctone che vanno a sparire e che ci mettono a rischio di malattie, anche semplici allergie, per le quali a volte non ci sono cure disponibili.
Per quanto riguarda il livello della mortalità per le ondate di calore alcuni studi parlano di un incremento, nello scenario estremo, fino a quasi 100 mila decessi in più (come media annua) per l'Europa; per il Piemonte si parla di 2.000. Naturalmente stiamo parlando dello scenario estremo, ma è qualcosa di cui, secondo me, bisogna tenere conto.
Sul comparto agricolo, magari i colleghi dell'altra Università saranno più dettagliati.
Abbiamo detto: meno pioggia e più caldo. Meno pioggia vuol dire ovviamente più siccità e quindi più richiesta d'irrigazione. Bisogna però vedere se l'acqua è disponibile. E più caldo vuol dire che la pianta si sposta dal suo optimum climatico, quindi non è detto che produca di più. Uno potrebbe dire che produce di più perché c'è più CO2, ma la CO2 è solo uno degli ingredienti, mentre tutti gli altri ingredienti, come l'acqua, possono variare.
Bisogna riadattare probabilmente l'agrotecnica e l'agronomia, pensando eventualmente a introdurre specie e varietà nuove che siano più a loro agio nel nuovo clima che si sta creando.
Vi faccio solo l'esempio della vite in Piemonte: negli ultimi trent'anni si è visto che l'uva contiene più zucchero, quindi produce un vino più alcolico, fiorisce due settimane in anticipo e matura un mese e mezzo in anticipo. Il fatto che fiorisca prima pone un maggiore rischio di suscettibilità alle gelate primaverili; infatti, negli ultimi cinque anni ben due volte le gelate primaverili hanno azzoppato un po' la produzione vitivinicola. Inoltre, c'è il problema dell'ottimizzazione della qualità perché l'anticipo delle fasi non assicura che il prodotto finale abbia poi la stessa qualità. Sicuramente viene vendemmiato prima (stiamo parlando di vite), però la vendemmia è un punto di equilibrio tra vari fattori e non è detto che il cambiamento climatico li faccia variare tutti nello stesso modo.
Inoltre, c'è tutto il settore dell'aumento degli estremi climatici di cui forse il collega parlerà dopo. Estremi cosa vuol dire? A livello di precipitazioni, vuol dire sia siccità sia piogge intense; a livello di temperature, vuol dire ondate di calore, ma anche eventi estremi, tipo temporali di forte intensità, temporali a multicella oppure un downburst che è il fenomeno delle colate d'acqua, oppure tornado o piogge alluvionali, con tutti gli effetti sul territorio che si possono avere.
Sono tutti dovuti al fatto che una maggiore temperatura rende l'atmosfera più energetica e l'energia deve poi manifestarsi in qualche modo.
Poi abbiamo ancora il legame con l'inquinamento atmosferico, che è un po' particolare, perché noi sul Mediterraneo siamo posti in una zona di transizione tra due climi diversi, quello subtropicale dominato dagli anticicloni e quello delle medie latitudini dominato dalle correnti atlantiche umide che ci portano piogge. Il cambiamento climatico sta facendo salire la fascia degli anticicloni che invade il Mediterraneo quindi ci rende più suscettibili a periodi di alta pressione, molto lunghi e molto intensi. E purtroppo questi sono i periodi che d'inverno, in regioni come il Piemonte e, in particolare, nella provincia e in una città come Torino, che sono situati in conche circondate da montagne, rendono l'inquinamento atmosferico un fattore molto grave.
Per fortuna, qui il problema può essere risolto con le stesse azioni che si mettono in campo per contrastare il cambiamento climatico, cioè ridurre le emissioni climalteranti, perché gran parte degli inquinanti atmosferici provengono da settori legati al bruciamento dei combustibili fossili.
Pertanto, riducendo l'uso di combustibili fossili si riduce automaticamente anche la concentrazione d'inquinanti.
Chiudo con questa slide, in cui vi faccio vedere come sta variando la concentrazione di CO2 a Mauna Loa. Adesso siamo intorno a 417 ppm (in realtà, è il valore di dicembre). C'è un rateo di aumento di circa 2,5 ppm l'anno. Gli accordi di Parigi ci vincolano a rimanere al di sotto di 450 ppm per avere l'assicurazione che la temperatura non aumenti oltre i due gradi. Un semplice calcolo matematico ci dice che abbiamo tredici anni di tempo; quindi, intorno al 2035-2036, a questo ritmo raggiungeremo le 450 ppm. Se vogliamo che non siano raggiunte, questo è il tempo che ci rimane.
Ora, 450 ppm non è un tasto di autodistruzione del pianeta. Se superiamo le 450 ppm, il pianeta continuerà a vivere e anche noi, ma avremo degli effetti (quelli che vi ho fatto vedere) che sembrano più gravosi e dovremo mettere in campo delle misure di adattamento che dovranno per forza essere più stringenti.
Concludo dicendo che ormai non c'è molto più tempo per discutere. Sappiamo quello che sta succedendo, conosciamo le decisioni derivanti dagli Accordi di Parigi e poi le successive decisioni dell'Unione europea su come variare le emissioni. Di questo ha già parlato il collega. Adesso la discussione si deve spostare, per non finire come nell'esempio della foto che vedete a sinistra, su come rispettare gli accordi. Ci possono essere delle differenziazioni in ambito regionale e anche su come verificare che siano rispettati. Servirebbero dei parametri che permettano di seguire l'efficacia dei provvedimenti messi in atto da un anno all'altro, per vedere se effettivamente stiamo riducendo le emissioni come ci si prospetta.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Professore.
Ha ora facoltà di intervenire il relatore del Politecnico di Torino, il professor Jost Von Hardenberg.



VON HARDENBERG Jost, Politecnico di Torino

Buongiorno.
Ringrazio tutti per l'occasione, per partecipare a questo interessante dibattito.
Nel mio brevissimo intervento, vorrei fornire qualche ulteriore elemento al dibattito, andando ad analizzare, in particolare, il ruolo della ricerca le osservazioni e le modellistiche climatiche e come queste si declinano nella nostra regione.
Mi piace iniziare notando che l'ultimo report IPCC ha deciso di iniziare con una frase molto forte, ovvero, attribuendo, in gran parte all'attività umana, i cambiamenti in atto.
Queste affermazioni sono poi supportate da un rapporto molto voluminoso che esprime lo stato dell'arte delle nostre attuali conoscenze. Uno dei più importanti strumenti che abbiamo a disposizione in quest'ambito sono proprio i modelli numerici, attraverso cui riusciamo non solo a comprendere i meccanismi in atto, ma anche ad attribuire il cambiamento climatico alle attività umane.
Il grafico che vedete ne è un esempio: attraverso simulazioni, fatte sia con sia senza emissioni dovute all'uomo, vediamo chiaramente la differenza nell'evoluzione delle temperature medie globali a partire dal 1850. Il ruolo dei modelli non è solo su scala globale, ma il problema, come ha già ricordato il professor Cassardo, è che il cambiamento climatico è molto variabile, spazialmente, in particolare a livello regionale, dove si declina in modo diverso.
Come già ricordato, il Mediterraneo e le Alpi sono regioni particolarmente sensibili e vulnerabili al cambiamento climatico, tanto da averli definiti in letteratura, degli hotspot del cambiamento climatico. Abbiamo già visto alcuni esempi: il riscaldamento in Piemonte è molto più elevato negli ultimi sessanta anni rispetto alle medie globali.
In generale, questo è vero anche nell'area più ampia mediterranea, per esempio per le precipitazioni. Il problema è proprio fornire informazioni affidabili sul cambiamento climatico, passando dalla scala globale alla scala regionale, quindi fornire informazioni su scale relativamente piccole.
Potete vedete in queste mappe (questi sono esperimenti da modelli globali) come la nostra Regione, che tra l'altro qui si trova al margine, in realtà sia rappresentata da pochi pixel (in realtà, abbiamo strumenti a risoluzioni maggiori). Una delle sfide che stiamo affrontando in questo momento è di aumentare la risoluzione dei modelli per avere strumenti che ci permettano di valutare in modo più affidabile i cambiamenti in atto e proiettarli nel futuro, anche a scala regionale. A questo proposito ricordo un'importante iniziativa della Commissione Europea, chiamata "Destination Earth"; addirittura un'iniziativa visionaria, in quanto si prefigge di sviluppare una catena che comprenda modelli ad altissima risoluzione ma anche un accesso facilitato alle informazioni date da questi modelli e la possibilità di sviluppo di intere catene modellistiche per studi a impatto anche settoriali.
Quando parliamo di modelli, inoltre, il punto importante è che occorre una definizione dell'incertezza. Incertezza è una parola che sostituirei con affidabilità. I modelli ci permettono di fare uno sforzo per definire l'incertezza nelle nostre proiezioni e questa rappresenta un importante e indispensabile elemento per assumere decisioni informate.
Attraverso i modelli abbiamo anche informazioni sull'evoluzione degli estremi climatici. Negli ultimi anni, in particolare, si è sviluppata la possibilità di analizzare gli indicatori di estremi, che ci permettono di collegare i cambiamenti osservati nelle proiezioni a importanti impatti.
In questo caso, è interessante che molti impatti, in realtà, siano legati a fenomeni di soglia, per cui vi è un grandissimo potenziale per l'efficacia di misura di mitigazione.
Faccio un breve esempio: gli impatti legati alle ondate di calore sono particolarmente sensibili al.
Diciamo che vi è un grande potenziale per le misure di mitigazione. I più gravi effetti si vedranno soltanto negli scenari più estremi: se riusciamo a mantenere i nostri obiettivi di mitigazione entro gli scenari più favorevoli, questi saranno pesantemente ridotti.
Abbiamo già visto numerosi di questi impatti e abbiamo visto come si declinano (alcuni li troverete riassunti in questa slide).
Vorrei ancora spendere una parola sul ruolo giocato dagli Atenei. Gli Atenei agiscono come un piccolo laboratorio della nostra società, in quanto, attraverso l'adozione di impegni molto precisi per la riduzione delle emissioni e attraverso l'adozione di strumenti di monitoraggio possono porsi come laboratorio per l'implementazione di misure di mitigazione.
Infine, dobbiamo anche ricordare il ruolo svolto dalla formazione. Gli impatti degli estremi climatici ci pongono di fronte alla sfida di creare una nuova generazione di persone competenti e gli Atenei piemontese si stanno dotando, o si sono già dotati, di ampi programmi di corsi di laurea e master che permettono una maggior formazione in quest'ambito.
Con questo, ho concluso. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Professore.
La parola al relatore dell'Università di Scienze gastronomiche, professor Silvestro Greco.



GRECO Silvestro, Università di Scienze gastronomiche

Grazie per l'invito e buongiorno.
Consentitemi di riferire il mio intervento ai Consiglieri regionali e all'Assessore regionale all'ambiente. Sono stato qualche periodo della mia vita Assessore regionale all'ambiente in una Regione del Sud, la Calabria (ero coordinatore degli Assessori regionali all'Ambiente), quindi conosco bene l'importanza del ruolo che ha un Consiglio regionale e una Giunta regionale.
Tranquillizzo innanzitutto qualcuno che prima citava il problema del pianeta: il nostro pianeta vivrà tra 1,7-3,5 miliardi di anni, poi si avvicinerà troppo al sole, resteranno forse solo dei batteri in alcune aree cosiddette di nicchia. Da questo punto di vista, possiamo stare tranquilli.
Il tema vero è il totale cambiamento e il totale meccanismo di trasformazione della qualità della vita della nostra specie su questo pianeta. Questo è un dato certo. Il collega Cassardo ha centrato perfettamente tutti gli scenari e anche toccato un po' il tema dell'agricoltura.
Qual è la situazione? La situazione di fatto è che noi abbiamo veramente la consapevolezza di avere l'alternativa. Chi ancora continua a dire che le risorse rinnovabili non sono affidabili, non consentono di garantire una vera transizione ecologica, vi dice una grande bugia. Come, allo stesso tempo, dice una grande bugia chi pensa di portare ancora sulla scena il nucleare. Voglio ricordare pacatamente che, innanzitutto, non esiste il nucleare pulito; voglio ricordare che l'Italia non ha neanche un deposito temporaneo per il materiale radioattivo, del quale siamo inondati. Uno dei tanti problemi di cui nessuno parla è l'enorme quantità di materiale che facciamo girare dalla Francia, agli Stati Uniti, al Giappone per poi farlo tornare in Italia, ed è solo un meccanismo per sprecare ulteriori soldi.
Soldi che si potrebbero veramente investire sul tema di un efficace piano di mitigazione degli impatti rispetto ai cambiamenti.
Cambiamenti climatici che, voglio ricordare, sono in atto, perché dobbiamo anche smettere di dire che facciamo queste cose per le generazioni future per chi verrà dopo di noi: noi dobbiamo fare queste cose per noi, per fare in modo che diminuisca e non aumenti il divario sociale. È vero, qualcuno poco fa diceva che le azioni che portano alla transizione ecologica devono essere supportate anche da una valutazione economica. È vero, ma la valutazione economica deve avere chiaro il concetto che non è più possibile che i poveri continuino a pagare questo divario sociale.
Bisogna anche avere onestà intellettuale nel definire il termine politico dell'azione che si deve fare sui cambiamenti climatici, perché non è vero che le scelte di un certo tipo sono uguali e quindi tutti assieme abbracciandoci allegramente, possiamo andare verso l'efficace realizzazione di una transizione ecologica. C'è un tema politico che bisogna valutare e che fa capo anche al modello di sviluppo che noi pensiamo.
Una Regione come il Piemonte, che è una Regione che mi onora della possibilità di essere docente all'Università di Scienze gastronomiche, è proprio l'esempio massimo di quello che non si deve fare. Ci sono state situazioni nel mondo dove valli fertili come il Piemonte, è stata lentamente, ma in realtà non tanto lentamente, nel corso di due secoli sono state portate al totale sfascio e lo stiamo verificando proprio con i cambiamenti. Quando si parla di agricoltura in Piemonte e si parla di siccità, significa che molto probabilmente la vostra e la nostra Regione dovrà decidere nel futuro se continuare a coltivare riso o se continuare a coltivare mais; se continuare a fare viticoltura o se veramente pensiamo di essere felici che in Piemonte, negli ultimi dieci anni, si sia sviluppata la cultura dell'olio d'oliva. Forse da qualcuno può essere percepito come una cosa positiva, ma in realtà non lo, è un brutto segnale. Lo stesso brutto segnale che sta facendo in modo che in Sicilia ormai si coltivi frutta tropicale con estrema facilità. Questa "meridionalizzazione" porterà soltanto scompensi che poi si rifletteranno in termini di costi sociali.
Ritengo che questo Consiglio regionale sarà ricordato come chi ha fatto la propria parte per mitigare gli impatti, per fare sì che ci sia un cambiamento, oppure sarà ricordato come chi, in qualche modo, è stato responsabile di quello che sta già succedendo, non che succederà .
Ritengo che il Consiglio regionale debba approvare rapidamente la strategia regionale sui cambiamenti climatici, collegarla a un piano del clima che descriva tutto quello che si sta facendo, ma che lo leghi a quello dell'Unione Europea con la richiesta di ridurre i gas climalteranti del 55%, in modo che diventi una realtà.
Mi sto occupando presso l'Università di Scienze gastronomiche di un patto per il mare, perché riteniamo che tutto parta dal mare (forse per qualcuno di voi sarà strano pensare che l'Università piemontese lanci un patto nazionale per il mare. Nello stesso tempo, ci stiamo occupando con l'Università di Pollenzo della valutazione d'impatto ambientale di tre grandi impianti di eolico offshore galleggianti. L'eolico offshore galleggiante è una delle soluzioni vere, perché in mare non c'è il problema dell'intermittenza, non c'è il problema dell'interruzione di correnti di vento e altro, quindi questo è uno dei nostri contributi.
Pensando di essere rimasto nei cinque minuti, passo la parola al collega Franco Fassio.
Grazie.



FASSIO Franco, Università di Scienze gastronomiche

Grazie, collega Greco, per il passaggio di parola e buongiorno a tutte le persone in ascolto.
Ringrazio chiaramente il Consiglio regionale da parte della nostra Università per l'opportunità di confronto e i colleghi delle altre Università Piemontesi per gli importanti messaggi già veicolati negli interventi precedenti.
Come ricordava il collega Greco, l'Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo ha ovviamente nel DNA i temi dello sviluppo sostenibile, ed è per questo che, attraverso la didattica e la ricerca, quotidianamente siamo impegnati a individuare quei valori e quegli strumenti che consentiranno ai futuri gastronomi di orientare le loro decisioni e le scelte professionali verso la protezione del pianeta e dell'umanità.
È evidente che ci troviamo in un importante momento storico, in cui l'Amministrazione regionale, come già è stato ricordato, insieme alla collettività qui oggi riunita, può riflettere su come declinare la sostenibilità in Piemonte; quindi è un'opportunità di dialogo costruttivo su questioni che richiedono, chiaramente, un patto intergenerazionale perché ciò che sarà deciso oggi, come già è stato ricordato, evidentemente avrà ripercussioni sulle generazioni future.
Ci tengo a sottolineare che la Regione Piemonte può fare affidamento sulle quattro Università piemontesi, perché un'economia sostenibile può essere soltanto un'economia della conoscenza. E le università producono conoscenza e la diffondono, con la finalità di far maturare la consapevolezza.
Insomma, negli interventi che mi hanno preceduto è emersa la relazione lineare che esiste tra le emissioni di CO2 antropiche e il riscaldamento globale. Questo è evidente anche analizzando il food system e, dunque, la produzione di cibo.
L'agricoltura è chiaramente una delle vittime del cambiamento climatico ma al contempo, è anche uno degli artefici, contribuendo a livello globale alla generazione delle emissioni di gas climalteranti rilasciati in atmosfera per un terzo del totale. Questo ci porta a comprendere che le concentrazioni di emissioni di CO2 in questo settore sono aumentate del 145% rispetto ai livelli pre-industriali. La Commissione europea ci dice come l'utilizzo intensivo del suolo e la sua generalizzata perdita di vitalità incida sulla generazione di CO2 per un 32%, come i metodi agricoli per un 40%, come il trasporto e i packaging per un 5%, per non dimenticarci del cibo sprecato, che incide per un 9%. Ovviamente, il tutto cambia da filiera a filiera, ma è evidente che l'attività agricola, gli allevamenti e le filiere alimentari possono fornire un contributo importante alla riduzione delle emissioni climalteranti.
Aggiungo, in conclusione, che la stessa FAO sostiene che, a causa del cambiamento climatico, avverrà una modifica nella geografia di produzione (se n'è parlato già in precedenza) su scala globale, ma anche su scala regionale. Questo cambiamento avrà un effetto sui flussi commerciali del cibo, con implicazioni per gli introiti dei contadini, ma anche sui consumatori, dato il possibile incremento dei prezzi (fino a un 23% entro il 2050) rispetto agli scenari senza cambiamento climatico.
Siamo di fronte a una strada ricca di alternarsi di fenomeni atmosferici repentini, che evidentemente faranno decrescere, stavolta in maniera sicuramente non felice, il rendimento della produzione agricola.
Ovviamente, questa situazione si riflette già oggi sulle produzioni tipiche del territorio piemontese, ad esempio sul fronte del riso e del vino giusto per fare due esempi. Sul fronte della produzione del riso, vediamo una progressiva diffusione di sistemi irrigui anche in aree dove prima non erano presenti o necessari; o la progressiva adozione di produzione di riso in assenza di acqua, situazione che però rischia di compromettere la salute degli ecosistemi e del suolo in particolare. Sul fronte del vino, il 50 parallelo nord, che è lo storico limite della viticultura, in realtà non lo è più, in quanto l'aumento della temperatura sta spingendo la coltivazione della vite in regioni sempre più a nord. Alcuni studi prevedono che l'area adatta alla viticultura diminuirà dal 25% al 73% nelle principali regioni produttrici di vino (sempre entro il 2050), e potenzialmente ciò genererà un notevole danno per l'economia piemontese.
Potrei citarvi numerosi altri dati che testimoniano come la produzione di cibo sia strettamente connessa al cambiamento climatico, in un rapporto di reciproca evoluzione, ma preferirei passare a una parte più propositiva di conclusione di questo mio breve intervento, fornendovi alcune traiettorie su cui si può agire e su cui l'Università di scienze gastronomiche è al lavoro.
Il primo tema è quello dell'adozione di pratiche agronomiche più sostenibili: è uno scenario che, se ben governato, potrebbe ridurre le emissioni responsabili del riscaldamento globale di circa sei miliardi di tonnellate entro il 2030. Molto può essere fatto attraverso il sequestro di carbonio nel suolo, il contenimento del metano nella zootecnia e nelle risaie, la riduzione delle emissioni di protossido di azoto nei seminativi e nei fertilizzanti.
È quindi evidente che il ruolo dell'agricoltura biologica e l'adozione di un approccio agro-ecologico alla produzione di cibo siano fondamentali per il tema del sequestro di carbonio nel suolo. Ed è quello che, come Ateneo stiamo dimostrando attraverso ricerche di grande impatto internazionale costituendo una rete europea di agroecology living lab, formulando proposte alternative di alimenti e mangimi che abbiano potenziali benefici per la salute degli animali e, ovviamente, del pianeta, creando un processo innovativo di sensibilizzazione e formazione su questo tema.
Un secondo tema cruciale è quello della riduzione dello spreco alimentare poiché adottare pratiche di economia circolare (farm to fork) e cambiare anche le nostre abitudini alimentari può aiutarci a ridurre quel 9% delle emissioni globali di gas a effetto serra legato alle perdite di cibo lungo l'intera filiera (dai campi allo spreco di casa). Come Ateneo, anche su questi temi stiamo lavorando sempre in un contesto internazionale con ricerche che studiano il necessario cambio di dieta nelle mense scolastiche, la necessità di ridurre lo spreco alimentare nei ristoranti e nella ristorazione in generale, così come la necessità di adottare pratiche di economia circolare lungo l'intera filiera.
In conclusione, con le aziende e gli enti - qui chiamo in causa anche la Regione Piemonte - stiamo sviluppando già oggi una serie di ricerche per individuare possibili scenari per contrastare il cambiamento climatico.
Finanziato dal Ministero della Transizione ecologica, insieme alla Regione Piemonte, stiamo proprio lavorando, come Pollenzo, allo sviluppo di iniziative che vedano l'applicazione dell'economia circolare al sistema agroalimentare piemontese, in particolar modo legato al vino, al riso all'acqua, alla carne, al latte e ai formaggi. Stiamo lavorando anche su strumenti di sensibilizzazione e di educazione, con una piattaforma web denominata "Una buona occasione", implementata con informazioni scientifiche per condividere la conoscenza.
Concludo augurando a tutti buon lavoro. C'è tanto da fare e lo dobbiamo fare chiaramente trovando un linguaggio comune. Grazie.
Cederei la parola ai colleghi dell'Università del Piemonte orientale.



PRESIDENTE

Grazie.
Darei la parola alla relatrice dell'Università del Piemonte orientale, la professoressa Carmen Aina.



AINA Carmen, Università del Piemonte orientale

Buongiorno a tutte e a tutti i partecipanti di questa Assemblea aperta del Consiglio regionale. Ringrazio anche il Presidente Cirio e tutta la Giunta per questo invito.
Oggi siamo qui a parlare sostanzialmente dell'Obiettivo 13 dell'Agenda 2030, che esplicita in maniera netta la lotta contro i cambiamenti climatici.
Ciò che è emerso è che questa è chiaramente una sfida globale, che non rispetta i confini nazionali, ma interessa tutti i paesi di tutti i continenti, i cui effetti creano oggi delle esternalità negative sulle economie nazionali, con dei costi inevitabilmente molto alti per le persone, per le comunità e per i paesi, che saranno ancora più consistenti e significativi se non si agirà in maniera ferma e decisa nei prossimi anni, proprio perché queste emissioni riguardano tutti.
Tutti gli interventi precedenti, avvalorati dai risultati della comunità scientifica, ci hanno dimostrato che quest'emergenza climatica ha ripercussioni sull'ambiente, sull'attività e sui modelli produttivi, ma anche sulla società civile. Gli interventi dei movimenti dei giovani, a tale proposito, sottolineavano l'importanza di non sottovalutare il tema delle disuguaglianze nel trattare questo problema. È sicuramente importante promuovere delle soluzioni che siano coordinate a livello internazionale e tutti i vari tavoli di lavoro, soprattutto in ambito della cooperazione vanno in quella direzione, affinché tutte le azioni possano essere fattive e condivise.
Oggi ci stiamo soffermando, in particolar modo, su due momenti cruciali, i cosiddetti punti di non ritorno, i tipping points, cioè le finestre al 2030 con l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra al 55%, per arrivare a una neutralità nel 2050. Perché bisogna fare questo? Perché è necessario perché dobbiamo garantire le stesse condizioni alle generazioni future. Per fare questo, anche nell'intervento iniziale dell'Assessore Marnati, si segnalava l'importanza di un approccio intelligente, che consideri l'implementazione di politiche di mitigazione e nel contempo anche di adattamento.
Per fare questo, è fondamentale un approccio sistemico e tempestivo che possa promuovere, in maniera sinergica tra istituzioni, sistema produttivo e società civile, tutte queste importanti politiche che vengano prese in considerazione e implementate.
Lo strumento che però possiamo già utilizzare per avere questo approccio sistemico è proprio rappresentato dall'Agenda 2030. Come tutti immagino sappiate, l'Agenda 2030 stabilisce diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile, che sono, di fatto, le sfide che tutti quanti dobbiamo affrontare da oggi al 2030. Questa era la finestra, proprio per segnalare che non c'è soltanto un obiettivo; seppur oggi discutiamo l'Obiettivo 13 che è quello della lotta contro il cambiamento climatico, in quanto sono tutti interconnessi. In queste sfide, declinate in questi goal, si segnala il fatto che il miglioramento di uno è interconnesso con l'altro, produce una serie di ricadute e può consentire un'accelerazione nel conseguimento di tutti gli obiettivi.
Vista anche la pandemia che ci ha travolto negli ultimi due anni, per avere salute e benessere non si può prescindere dall'importanza di realizzare altri obiettivi, come ad esempio quello della lotta ai cambiamenti climatici, una maggiore parità ed equità nell'accesso all'istruzione e alla conoscenza, la tutela di tutte le risorse, sia sott'acqua sia sulla terra e così via. Pertanto, è importante promuovere il modello dell'Agenda 2030 per riuscire ad affrontare la complessità di queste questioni e tutti i vari legami, perché solo la capacità di sviluppare in maniera contestuale tutte le ricadute positive e gli interventi mirati degli obiettivi potrà accelerare la promozione di uno sviluppo sostenibile.
Oggi c'è stata una carrellata dei quattro Atenei piemontesi, nei quali il nostro contributo è quello di cercare di accelerare la trasformazione del sistema produttivo nel perseguimento di un benessere sociale e ambientale nell'interesse non solo delle generazioni attuali, ma soprattutto di quelle future, secondo il principio dello sviluppo sostenibile. Di conseguenza, le generazioni presenti nelle loro attività non devono compromettere le possibilità future di altri. Questo è fondamentale.
Noi come Atenei abbiamo il privilegio di parlare ai giovani e ci siamo messi al servizio dei territori e delle istituzioni, attraverso la comunicazione e la capacità di rivedere tutte le attività che svolgiamo dalla ricerca alla didattica, per cercare di fornire ai giovani di oggi che saranno gli adulti di domani, gli strumenti, le competenze e la consapevolezza per contrastare tutte queste sfide ed essere veramente promotori e agenti di questo cambiamento, promuovendo un modello di sviluppo sostenibile nelle attività economico-produttive e nella società civile.
In molti Atenei, grazie al coordinamento della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS), c'è un tavolo di lavoro-educazione, per trovare anche modalità innovative per trasferire la conoscenza e la competenza nell'ottica di affrontare le varie sfide, con un'attenzione ad approcci didattici transdisciplinari e un'attitudine al problem solving. Per rispondere alle sfide globali cui siamo tutti chiamati, ci vuole necessariamente un approccio olistico.
Secondo il World Economic Forum, si prevede che, in meno di cinque anni, il 40% delle competenze base dei lavoratori cambieranno, così come cambieranno anche le figure professionali. Proprio alla luce delle sfide tecnologiche e ambientali da affrontare, diventa fondamentale fornire le conoscenze, gli strumenti e le modalità ai giovani e alle future generazioni su come riuscire ad affrontarle. Anche questo è un elemento rilevante per rimuovere le disuguaglianze e favorire un'inclusione sociale.
Ecco perché tutte le Università si stanno impegnando anche del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La Missione 4 è dedicata a istruzione e ricerca, tra l'altro, lo sottolineo, finanziata nel piano d'intervento europeo Next Generation EU, cioè rivolta ai giovani, ovvero a coloro che possono essere promotori di questo cambiamento. Mettendo al centro i giovani, le Università vogliono rilanciare una crescita potenziale, la produttività e l'inclusione sociale del Paese. Anche attraverso il rafforzamento di tutte le relazioni con il territorio.
Qual è il contributo in qualità di rappresentante dell'Università del Piemonte Orientale alla discussione di oggi? Come Ateneo, anche dopo il periodo molto difficile della pandemia, che ha già creato una rivoluzione nella modalità di approcciarsi alla didattica, con grande slancio ha visto la creazione di un Dipartimento nuovo e multidisciplinare (il Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile e la Transizione Ecologica), con un'anima caratterizzata da un approccio olistico, in modo che nell'affrontare le varie criticità e sfide ci si possa mettere insieme con modalità di ragionamento, di ricerca e di conoscenza provenienti da diverse discipline.
Tali obiettivi di essere fattivi e di contribuire all'accelerazione verso la realizzazione di un modello di sviluppo sostenibile sono stati sperimentati nella creazione di un corso di laurea completamente innovativo, che ha preso inizio in quest'anno accademico.
È il corso di laurea in Gestione Ambientale e Sviluppo Sostenibile, con la velleità di rompere un po' gli schemi monodisciplinari degli approcci proponendo approcci transdisciplinari, con compresenze e collaborazioni con le attività economiche e produttive, al fine di formare delle nuove generazioni non solo con le competenze, ma anche con quella sensibilità indispensabile per affrontare tutte le sfide, perché oggi possiamo e dobbiamo contare sui giovani per facilitare il processo di transizione ecologica e digitale.
Concludo dicendo che noi Atenei siamo veramente attivi in questa sfida globale, contenuta nei diciassette obiettivi dell'Agenda 2030: ci impegniamo nella ricerca, nella didattica e in tutte le attività divulgative per promuoverci come degli hub di saperi e conoscenza, in chiave sostenibile, al servizio della collettività.
La costituzione di una comunità consapevole, infatti, costituisce il primo tassello per non arrivare sconfitti ai tipping points. La sfida globale si vince solo se siamo uniti e se non ci sono disparità e differenze, come già ampiamente detto.
Elemento importante di queste settimane è stata anche la rivoluzionaria modifica di alcuni articoli della Costituzione che hanno visto al loro interno l'integrazione degli aspetti legati alla tutela dell'ambiente aspetto indubbiamente rilevante, ma lascio la parola alla collega professoressa Roberta Lombardi, la quale offrirà spunti per discutere più nel dettaglio questo cambiamento nella Costituzione.
Vi ringrazio.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola alla relatrice dell'Università del Piemonte Orientale professoressa Roberta Lombardi.



LOMBARDI Roberta, Università del Piemonte Orientale

Grazie, Presidente, e grazie a tutto il Consiglio per l'invito a questa importante seduta.
Come già anticipato dalla collega, volevo portare il punto di vista del giurista in questa riflessione, soprattutto perché l'8 febbraio scorso sono stati oggetto di revisione due articoli importanti della nostra Costituzione, l'articolo 9 e l'articolo 41, con un'operazione che ha introdotto, in questi stessi articoli, valori assolutamente importanti.
L'articolo 9 introduce, tra i principi fondamentali, la tutela dell'ambiente e della biodiversità degli ecosistemi e lo fa con una precisazione importante, ossia che questi principi devono essere inseriti anche nell'interesse delle generazioni future, quindi dando un riflesso dinamico della tutela più avanzata.
L'articolo 41, che va letto in stretta connessione con quest'articolo 9 (che implica degli obblighi, con riferimento ai politici), chiama in causa anche le parti private, le imprese e i poteri produttivi. Esso prevede che l'iniziativa economica non può svolgersi in modo da arrecare danno alla salute e all'ambiente e che la legge determini i programmi e i controlli opportuni affinché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini ambientali.
Quello che ritengo di dire in questa sede è che non si tratta di un'operazione che si potrebbe definire di maquillage normativo, cioè che si limita a recepire quanto già d'importante ha fatto nel nostro ordinamento la Corte Costituzionale con i suoi pronunciamenti, che nell'ambiente ha riconosciuto un valore che deve entrare nella considerazione e nel contemperamento degli interessi, con riferimento alle attività produttive ma introduce dei limiti specifici.
Perché interessa particolarmente il dibattito di oggi? Come hanno dimostrato anche gli interventi precedenti, il tema del cambiamento climatico, con l'obiettivo della neutralità climatica al 2050 è il punto logico di partenza, ma anche di arrivo, di ogni possibile opportuna e necessaria politica e azione che abbia a oggetto la tutela dell'ambiente.
Il punto importante è che il connubio tra dati scientificamente rilevanti prima evidenziati - a questo punto, costituzionalmente rilevanti costituirà un limite alla discrezionalità del legislatore prima e dei decisori politici poi. Questo, ovviamente, sarà anche un limite per quanto riguarda le politiche imprenditoriali dei privati, secondo l'introduzione fatta di questo principio nell'articolo 41.
Questo cosa significa, in termini molto concreti e molto pratici? Lo dico facendo riferimento a quanto è accaduto in altri paesi europei, in cui questi valori sono stati accolti in Costituzione prima di noi.
Quando s'impugnano provvedimenti normativi davanti al Giudice costituzionale e amministrativi davanti al Giudice amministrativo lamentando che le previsioni non sono adeguate a ridurre le emissioni di gas serra secondo i target prefissati dalla normativa e dall'Accordo di Parigi, lo si potrà fare invocando il diritto fondamentale alla vita all'integrità fisica, al diritto a un minimo ecologico esistenziale e soprattutto, a un futuro degno.
Questa revisione permette, in altri termini, un riscontro più puntuale dei provvedimenti, da parte dei Giudici competenti, nel momento in cui si accerta che il decisore pubblico abbia violato i propri obblighi di tutela e di relazione ai pericoli derivanti dal cambiamento climatico.
Il riferimento all'interesse delle generazioni future inserito in Costituzione potrà far sì che i nostri giovani, che ho sentito parlare in modo molto accorato in precedenza, possano lamentare di essere stati lesi come persone e come cittadini, nelle loro libertà fondamentali, quando le disposizioni di legge o dei provvedimenti rimandino al futuro gli elevati oneri di riduzione delle emissioni. Il principio di proporzionalità, che è un principio immanente al nostro ordinamento giuridico, richiede che le riduzioni di emissioni di CO2, a questo punto costituzionalmente necessarie alla luce della revisione dell'articolo 41, siano distribuite nel tempo, in una prospettiva orientata al futuro, perché non dovrebbe essere permesso a una generazione di consumare una buona parte del budget di CO2, con un onere relativamente leggero, quando ciò, soprattutto, determini un onere gravoso per le successive generazioni, ma anche per una più grave perdita di libertà nei confronti dei giovani.
Questo cosa significa? Che si dovrà applicare il principio di precauzione in modo ancora più stringente, al fine di tutelare i diritti fondamentali intesi come salvaguardia intertemporale delle libertà.
C'è quindi un mandato costituzionalmente vincolante per la protezione del clima e un obbligo giuridico oggettivo di tutela nei confronti delle generazioni future.
Vi è un riferimento sintetico per quanto riguarda, invece, il limite interno introdotto nell'articolo 41 con riferimento ai privati e alle imprese. È chiaro che questo limite interno introdotto all'iniziativa economica non può essere interpretato come limite assoluto alle esigenze economiche e produttive in nome della tutela dell'ambiente. Esistono le teorie della decrescita felice di Latouche alle quali, tuttavia, non sembra opportuno aderire. Questo limite dovrà, in realtà, portare verso un'interpretazione di economia che, com'è già stato detto, deve essere vista come un'economia circolare, quindi privilegiamento di politiche di economia circolare che dovranno subentrare a quelle di tipo lineare secondo la regola delle quattro R: risparmia, recupera, ricicla e riusa.
Si tratta di una considerazione importante, di cui si dovrà tenere conto anche con riferimento alle politiche produttive. Questo perché - e lo dico chiudendo un po' provocatoriamente questo intervento - non ci sono posti di lavoro da difendere su un pianeta morto.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Professoressa.
La parola al Presidente di Legambiente Piemonte, Giorgio Prino.



PRINO Giorgio, Legambiente Piemonte

Grazie, Presidente, e grazie al Consiglio tutto per quest'opportunità e questo tavolo di confronto.
Come abbiamo appena ascoltato con attenzione, il via libera definitivo arrivato dalla Camera alla proposta di legge che prevede l'inserimento nella Costituzione della tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi rappresenta una bellissima e storica notizia per il nostro Paese.
L'auspicio, però, è che il nostro Paese e la nostra Regione passino dalle parole ai fatti affrontando con più decisione e concretezza i grandi temi ambientali, a partire dalla lotta alla crisi climatica e dalla diffusione degli impianti a fonti rinnovabili, e i tanti problemi irrisolti con interventi, riforme e azioni che vadano nella direzione della sostenibilità ambientale, dell'innovazione e della giusta transizione energetica ed ecologica.
Non possiamo perdere altro tempo. In questo contesto, il Ministero della Transizione ecologica sta valutando interventi legati a circa cinquanta centrali a gas fossile, di cui tre in Piemonte, oltre a rispolverare pericolose e velleitarie ricette come il nucleare, in relazione al quale il Piemonte ha ancora le cicatrici in memoria della breve stagione atomica.
Come già ricordato, non esiste nucleare pulito. Non sono queste le risposte di cui abbiamo bisogno.
È inderogabile ridurre rapidamente e drasticamente le emissioni incrementando la produzione da rinnovabili, creando inoltre un Osservatorio sulle produzioni e fissando obiettivi biennali d'installazione, prevedendo processi e partecipazione attiva dei cittadini coinvolgendoli nelle scelte.
Quanto al fotovoltaico, si deve privilegiare l'installazione singola, in autoconsumo collettivo o in comunità energetica, in particolare sociale superando gli stalli con le Soprintendenze; si deve promuovere la sostituzione dell'eternit con pannelli fotovoltaici e favorire l'agrivoltaico, in particolare nelle aree ad agricoltura intensiva collegandole esplicitamente a obiettivi d'incremento del carbonio nel suolo.
In relazione al biometano, si deve portare a produzione di biometano l'intera FORSU prodotta in Regione e favorire la riconversione degli impianti agricoli per biogas.
Sulle biomasse legnose, occorre favorire l'uso termico solo se efficiente e in aree collinari e montane, connesso necessariamente a una filiera e a una gestione forestale che siano entrambe virtuose.
Ogni scelta politica e direzione presa sul piano regionale dovrebbe tenere in forte, se non primaria, considerazione il peso ambientale e sul clima che avrebbe, informando inoltre tempestivamente e in maniera accorata i cittadini del costo in termini di CO2 che ne conseguirebbe.
Non si torni, quindi, a parlare di tangenziale est o soluzioni di questo tipo, un'opera estremamente impattante e poco utile che certamente non è nel solco di una rinascita green, ma perpetua modelli non più sostenibili si metta, invece, l'accento sul ruolo chiave delle politiche di mobilità e ridistribuzione dello spazio urbano nella lotta al cambiamento climatico, a favore di qualità dell'aria e della vita, come evidenziato proprio dal nostro dossier "Mal'aria di città".
Come descriviamo nel dossier "Nevediversa", la nostra regione non deve accanirsi nel finanziare impianti di risalita invernale e innevamento artificiale, soprattutto a bassa quota, ma occorre rafforzare il ruolo delle Autorità di Distretto e dei Comuni negli interventi contro il dissesto idrogeologico (una vera priorità) e, allo stesso tempo, sostenere il turismo dolce e sostenibile.
Valorizziamo la risorsa idrica, a partire dalla fragilità dei nostri ghiacciai, simbolo della sofferenza delle Alpi hotspot del cambiamento climatico, che abbiamo osservato e raccontato in "Carovana dei ghiacciai" come dei nostri fiumi, sempre più allo stremo come vediamo proprio in questi giorni. Privilegiamo il deflusso ecologico alle monocolture idrovore, che non ci potremmo più permettere (abbiamo sentito prima anche di scelte che dovremo fare in questo campo).
Rinunciamo a progetti quantomeno fuori tempo massimo, come la TAV, ma rilanciamo la mobilità pendolare, ripartendo dalla riattivazione delle tante, troppe ferrovie sospese presenti nella nostra regione e valorizzando la rete tranviaria torinese.
È poco prevedibile pensare, inoltre, a un nuovo impianto d'incenerimento da affiancare a quello del Gerbido. Sarebbe il secondo totem all'inefficienza di un sistema di gestione che graverebbe per decenni sull'ambiente e sulla salute dei piemontesi, zavorrando lo sviluppo di una gestione sostenibile dei rifiuti, proprio là dove ci sarebbe bisogno di un'ulteriore spinta verso l'implementazione di sistemi di raccolta differenziata efficiente.
Ricordiamo, inoltre, che l'inceneritore è la prima fonte d'immissione di CO2 della città di Torino.
Lavoriamo invece, come già ricordato prima, su riduzione, riuso e raccolta differenziata. E, come ci piace dire, rifiuti zero e impianti mille.
Impianti fatti bene e figli di una corretta pianificazione territoriale.
Infine, non dimentichiamoci che la giustizia sociale e ambientale devono camminare insieme, in modo indissolubile. Le misure per il contrasto della crisi climatica, per la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale e per la trasformazione energetica devono favorire, anche nel breve termine ora non c'è tempo da perdere - le fasce più deboli e vulnerabili della popolazione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola all'esponente di Greenpeace Italia, Federico Spadini.



SPADINI Federico, Greenpeace Italia

Salve, buongiorno a tutti e a tutte.
Intervengo in nome di Greenpeace Italia, dove mi occupo, in particolare, di politiche climatiche legate ai trasporti e alla mobilità. Proverò a utilizzare i cinque minuti a mia disposizione per parlare proprio di questo tema.
Inizierò il mio intervento ringraziando il Consiglio regionale per la partecipazione a questo evento e per l'apertura a soggetti esterni ai lavori del Consiglio. Vorrei altresì ringraziare gli attivisti e le attiviste di Extinction Rebellion e di Fridays for Future che si sono fatti promotori di questa iniziativa e di questa giornata di confronto.
Vorrei incentrare il mio breve intervento sul settore dei trasporti, perch oltre a essere ciò di cui mi occupo, credo che sia uno dei settori che richieda delle priorità d'intervento, ovviamente insieme con altri, in particolare quello energetico, di cui hanno parlato molte persone prima di me.
Mi focalizzerei, dunque, sul tema dei trasporti e della mobilità, perché il settore in generale ha un impatto molto importante e significativo nella produzione di gas serra in Europa e anche in Italia, ed è responsabile in totale di più di un quarto (quindi più del 25%) delle emissioni di gas serra, che hanno un impatto sul clima. Al contempo, regolarlo avrebbe delle ricadute positive su altri due segmenti: da una parte, il tema dell'inquinamento atmosferico, quindi la salute delle persone, dall'altra un tema più sociale, legato alla vivibilità, soprattutto nei contesti urbani, alle disuguaglianze e all'opportunità di accesso che, attraverso la mobilità, viene garantito o no a tutta una serie di fasce della popolazione.
Greenpeace ha prodotto, soprattutto sul primo punto, una roadmap - una tabella di marcia, uno scenario energetico - per capire come arrivare a una completa decarbonizzazione del settore dei trasporti in generale in tutta Europa. Non ho modo di entrare nei dettagli tecnici di questo report scientifico, ma vi posso solo citare qualche dato di riferimento: per riuscire a mantenere gli impegni di decarbonizzazione assunti dall'Europa nel 2040 dovrebbe essere in circolazione circa la metà dei veicoli privati che sono attualmente in circolazione; serve una data di phase out dei motori a combustione interna molto più ambiziosa di quella già individuata dall'Unione Europea (Greenpeace propone il 2028, ancora una volta basata su calcoli e studi scientifici); al tempo stesso, dobbiamo ridurre il consumo di energia utilizzata dal settore dei trasporti del 63% circa rispetto ai valori pre-COVID e, in generale, dev'essere ridotta anche la domanda di mobilità (secondo il nostro studio, del 12%). Insomma, per decarbonizzare il settore dei trasporti e renderlo più sostenibile dobbiamo agire da diversi punti di vista.
Questo non è solo un discorso che vale a livello europeo, ma anche a livello nazionale e regionale. In particolare, dobbiamo uscire dalla convinzione che investire sui trasporti e renderli più sostenibili significhi necessariamente investire sulle grandi infrastrutture: questa è un'analisi critica che, come Greenpeace, insieme con altre associazioni ambientaliste, abbiamo suggerito nel momento in cui il Governo ha scritto il PNRR, che purtroppo sulla mobilità e sui trasporti si focalizza molto sull'incentivare e sul finanziare grandi infrastrutture, invece di altri tipi d'interventi che potrebbero rendere la mobilità meno impattante dal punto vista climatico. E lo dico provando anche a calarmi un po' sulla Regione Piemonte, per cui confermo e condivido quanto già detto dal rappresentante di Legambiente.
La linea ferroviaria Torino-Lione è un'opera assolutamente inutile, la cui realizzazione - è stato dimostrato - genererà un impatto molto significativo e devastante dal punto di vista delle emissioni di gas serra oltre a tutta una serie di problemi legati alla devastazione ambientale dei territori. Al tempo stesso, ci sono delle infrastrutture già esistenti - le ferrovie sospese locali, almeno tredici linee - che in Piemonte potrebbero essere facilmente e abbastanza velocemente riportate in funzione per rimuovere il traffico veicolare dalle strade (quindi togliere le auto dalle nostre strade): questo dev'essere l'obiettivo per una vera decarbonizzazione del settore dei trasporti.
Su questo, invito la Regione Piemonte a riprende e a proseguire con la massima attenzione e la massima velocità il lavoro già avviato di valutazione sulla riapertura di queste linee ferroviarie sospese.
Da ultimo, per quanto riguarda la mobilità e i trasporti - mi avvio alla conclusione del mio intervento - è essenziale ragionare sul livello cittadino, sul livello urbano, perché sono i luoghi dove si consuma la maggiore domanda di mobilità e dove si produce la maggior parte dei gas serra (ma anche degli agenti inquinanti) legati ai trasporti. Bisogna intervenire per ripensare alla mobilità, a partire da una città come Torino, che in Italia è fra le più colpite dall'inquinamento atmosferico in particolare dal biossido di azoto, che è un gas nocivo prodotto dai tubi di scappamento (per la maggior parte delle nostre auto), ed estendere questa riflessione e quest'azione un po' a tutte le altre città della Regione (e non solo).
In questo caso ci concentriamo sul Piemonte, suggerendo una serie d'interventi che disincentivino l'utilizzo dell'auto privata (per esempio zone 30, zone 20, zone a basse emissioni), potenziando soprattutto quelle che sono le alternative: un trasporto pubblico efficiente, basato su energia elettrica da fonti rinnovabili, un potenziamento dei servizi sharing mobility e della mobilità dolce, spostamenti a piedi o in bicicletta.
Non mi è possibile, ovviamente, esaurire un argomento così vasto in maniera approfondita in cinque minuti, quindi concludo con un invito al Consiglio regionale di fare in modo che questo momento di confronto e di dialogo non sia un'eccezione o un caso isolato, ma diventi sempre di più parte di un dialogo allargato, costante e approfondito con la società civile, con le organizzazioni e i movimenti.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Adesso darei spazio alla Presidente di Italia Nostra Piemonte, Adriana My.
MY Adriana, Italia Nostra Piemonte Buongiorno a tutti e grazie per quest'opportunità.
Naturalmente, dirò cose che sono già state dette, ma questo è il destino di chi interviene alla fine.
Comunque, l'obiettivo che l'umanità ha davanti a sé è quello di scongiurare nei prossimi anni un pericoloso riscaldamento superiore ai due gradi.
La cura della "casa comune", come Papa Francesco la chiama nella sua enciclica, dovrebbe coinvolgere tutti in maniera forte e decisa.
Secondo studi di settore, se non riduciamo subito le emissioni entro la fine di questo secolo, le temperature medie globali potrebbero aumentare di quattro gradi, se non di più, entro il 2030, con conseguenze drammatiche: tempeste, nubifragi più violenti, ondate di calore mortale, siccità prolungate, fusione totale dei ghiacciai, sollevamento dei mari acidificazione degli oceani come conseguenza dell'assorbimento del biossido di carbonio atmosferico in eccesso da parte delle acque, diffusione di malattie tropicali, perdita della biodiversità.
Dobbiamo ridurre subito la pressione umana su ambiente e clima, riducendo i consumi di energie e materie prime, facendo convergere un insieme di strategie individuali e collettive dal basso e politiche dall'alto.
Infatti, se è vero che la responsabilità di costruire le basi politiche di un cambiamento spetta ai Governi, che dovrebbero avere una visione politica lungimirante - ma sappiamo che non è sempre così - tocca però ai singoli cittadini volerlo davvero e applicarlo nella vita quotidiana. Anche questo è difficile, perché implica cambiamenti di stili di vita, per cui un obiettivo di questo genere non è facilmente raggiungibile.
I campi su cui possiamo e dobbiamo intervenire subito sono: energia trasporti, alimentazione e rifiuti. Dobbiamo partire dalla riduzione degli sprechi, perché sprechiamo troppa energia, troppa acqua, troppo cibo e produciamo troppi rifiuti.
Per quanto riguarda l'energia, dobbiamo usare energie rinnovabili scegliendo un fornitore di elettricità prodotta da fonti rinnovabili quindi energia verde, quando non possiamo installare i pannelli fotovoltaici direttamente sul tetto della nostra casa. Si deve anche migliorare la prestazione energetica della propria abitazione, installando serramenti adeguati, vetri doppi o tripli, isolando il sottotetto e investendo anche in elettrodomestici a maggiore efficienza. Tra l'altro sono tutte operazioni che godono anche di sgravi fiscali. Bene quindi il fotovoltaico e i pannelli solari, ma collocati nei posti giusti, sui tetti delle abitazioni, sui tetti dei capannoni industriali, sui brownfield ovvero sui terreni incolti e non su terreni fertili che devono continuare a essere usati per l'agricoltura. Purtroppo assistiamo, invece, alla copertura di buoni terreni con i pannelli solari e fotovoltaici. In questo modo, si distrugge il paesaggio, che è la nostra più grande risorsa.
Anche i campi eolici non vanno collocati in luoghi paesaggisticamente pregevoli e poiché si parla di paesaggio, grande importanza assumono gli alberi e il verde, che deve aumentare ovunque, soprattutto nelle città.
Infatti, sappiamo quali enormi vantaggi abbiano le piante sull'aria che respiriamo.
C'è poi il consumo di suolo. Il suo arresto è una priorità assoluta, non solo perché suolo significa sequestro di CO2, filtro dell'acqua e contenimento degli eventi alluvionali - che sono invece favoriti dall'impermeabilizzazione - ma anche perché il suolo deve servire soprattutto per la produzione di materie prime vegetali. Si privilegi quindi la ristrutturazione e il recupero di vecchi edifici alla fabbricazione ex novo su terreni agricoli e forestali. Se si vuole salvare il prezioso suolo che ancora rimane, è fondamentale cambiare la legislazione e approvare quella legge che giace ormai da anni in Parlamento.
Anche la pianificazione nel territorio è, a questo proposito importantissima; non costruiamo dove non si vive, in cima alle montagne per esempio, per aumentare l'efficienza di impianti sciistici e sportivi o in luoghi naturalisticamente incontaminati per costruire piste e crossodromi di utilità per pochi, ma di danno per tutti. La Regione Piemonte ha varato nel 2017 il Piano paesaggistico regionale con norme abbastanza precise. Il problema è che per ora non è attuato e questo è molto grave.
Per quanto riguarda l'alimentazione, naturalmente dobbiamo consumare meno carne e più vegetali; l'allevamento intensivo e l'agricoltura sono responsabili di oltre un quinto delle emissioni serra globali - tutto questo è già stato detto - a causa dell'emissione di metano degli allevamenti e della deforestazione per fare spazio a pascoli o coltivazioni per mangimi. Dobbiamo poi azzerare lo spreco alimentare; un terzo del cibo prodotto viene buttato, al di là del recupero dei supermercati e della distribuzione solidale. È necessario mangiare cibo locale, optare per l'agricoltura di prossimità a chilometro zero, rinunciando a prodotti non stagionali che vengono da lontano.
Per quanto riguarda i rifiuti, continuiamo a produrre troppi rifiuti, circa 480 chilogrammi pro capite annui, che è una cifra enorme. Dobbiamo ridurli comperando meno imballaggi. Optiamo quindi per i prodotti sfusi, frutta e vegetali di banco, poi ricicliamo tutto il riciclabile, portando avanti una raccolta differenziata scrupolosa, in maniera da recuperare la quantità maggiore possibile di materie pregiate come vetro, carta, metalli e plastica, contribuendo così all'economia circolare. Importantissimo è poi l'organico, che dovrebbe essere smaltito in maniera autonoma per coloro che possiedono un giardino, anche se piccolo, producendo compost.
Sulla mobilità e i trasporti è stato già detto tutto, quindi dovremmo cercare di usare veicoli a basso consumo di combustibili, scegliere auto elettriche, ibride e di potenza moderata. L'auto è una voce importante delle emissioni, com'è stato detto. In alcuni paesi europei le auto hanno l'etichetta energetica, come gli elettrodomestici o le case passive.
Pertanto, è fondamentale scegliere auto efficienti, evitando quelle energivore. Quando possibile, usare i mezzi pubblici o andare a piedi. La scelta del telelavoro e delle teleconferenze, anziché la presenza fisica, è anche una soluzione, come hanno dimostrato il periodo del lockdown e le necessità in tempo di pandemia.
L'ideale sarebbe, se si vive in luoghi serviti da mezzi pubblici, vivere senza auto, noleggiandola in casi di necessità. Evitare poi lunghi voli aerei intercontinentali, spesso utilizzati solo per vacanze esotiche o per convegni di lavoro che potrebbero essere seguiti in videoconferenza da casa propria.
Con questo, concludo. Grazie.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Presidente di Torino Respira, Roberto Mezzalama.



MEZZALAMA Roberto, Torino Respira

Grazie, Presidente.
Vorrei cominciare ricordando le parole del Segretario generale delle Nazioni Unite a proposito della crisi climatica ed ecologica, il quale disse: "Cari amici, sia chiaro: le attività umane sono alla base della nostra discesa verso il caos. Ma questo significa che l'azione umana pu aiutare a risolverlo. Fare pace con la natura è quindi il compito determinante del XXI secolo. Deve essere la massima priorità per tutti ovunque".
Tra le parole che abbiamo sentito stamattina dal Presidente Cirio e dall'Assessore Marnati, fino a oggi, combattere la crisi climatica ed ecologica non è stata la massima priorità dell'Amministrazione regionale anzi, esistono molti segnali per dire che finora si è operato ignorando la gravità della situazione. Mancano dati affidabili sulle emissioni di gas climalteranti che, secondo i diversi documenti, variano da meno di ventotto a oltre quarantuno milioni di tonnellate di CO2.
Con questa enorme incertezza, è impossibile valutare la capacità del Piemonte di raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni definiti dall'Unione Europea, qui citati più volte. È inaccettabile che, a sette anni dalla firma dell'Accordo di Parigi, la Regione ancora non abbia un bilancio affidabile delle sue emissioni di carbonio, ed è incredibile che sulla base di dati inaffidabili, si facciano dichiarazioni sul presunto successo delle politiche regionali.
Il secondo punto riguarda la pianificazione, la programmazione e gli obiettivi di decarbonizzazione contenuti nei piani e nei programmi regionali. Se sono vere le stime di emissione più alte che ho citato prima da qui al 2030 occorrerà ridurre del 5% l'anno e dal 2031 al 2050 di oltre il 7% (livelli mai raggiunti in Italia, come ha ricordato prima anche la Senatrice Tiraboschi).
Il Piano per la qualità dell'aria prevede una riduzione delle emissioni del 15% dal 2010 al 2030, mentre il Piano dei trasporti prevede una riduzione del 60% al 2050. Il Piano energetico contiene obiettivi insufficienti, come ha ricordato il professor Poggio; il Piano territoriale non contiene obiettivi di riduzione, così come il Programma di sviluppo rurale.
L'insieme di questi e altri piani e programmi non definisce un quadro coerente con gli obiettivi indicati dall'Europa, quindi è indispensabile e urgente approvare in questa legislatura un Piano regionale per il clima. In questo quadro, è anche essenziale l'approvazione immediata della Strategia regionale per i cambiamenti climatici che, inspiegabilmente, è in preparazione dal 2017. Quali sono gli ostacoli alla sua approvazione? Il terzo punto riguarda la politica infrastrutturale e i suoi effetti sul clima. Le opere che la Regione intende realizzare comprendono la ferrovia Torino-Lione, il Terzo Valico, la metropolitana di Torino, il raddoppio del Tunnel del Tenda, il completamento dell'Asti-Cuneo, l'adeguamento alla Torino-Milano e la Pedemontana piemontese. Considerando che la sola costruzione della Torino-Lione prevede l'emissione di oltre dodici milioni di tonnellate di CO2, è evidente che l'insieme di queste opere rischia di creare un ulteriore enorme quantitativo di emissioni di gas climalteranti.
Come pensa la Regione di compensare queste emissioni per raggiungere gli obiettivi richiesti dall'Europa? Il quarto punto riguarda l'insufficienza e l'incoerenza di molte delle misure di finanziamento introdotte dalla Regione per ridurre le emissioni in atmosfera. Ad esempio, la Regione ha stanziato quasi nove milioni di euro per la rottamazione di stufe e caldaie a biomassa, cifra che consente di sostituire meno dell'1% del totale regionale. Ha investito quasi sette milioni per la rottamazione dei veicoli delle micro piccole e medie imprese. Il cosiddetto Move-In, costato alla Regione oltre 650 mila euro ha permesso la circolazione di oltre 15 mila veicoli inquinanti, per un totale di novantacinque milioni di chilometri. Per nessuna di queste decisioni è stato dichiarato un obiettivo di riduzione delle emissioni.
La Regione Piemonte, in passato, ha avuto un ruolo di pioniere nelle politiche ambientali a livello nazionale, dalla prima legge regionale sui parchi al primo regolamento sui siti contaminati. Quel ruolo ora sembra completamente perso, mentre sarebbe indispensabile per risollevare il Piemonte da quella spirale di declino che ne fa, oggi, la Regione economicamente più debole del Nord Italia.
Il futuro dei finanziamenti europei, ma anche dei finanziamenti privati, è ormai chiaramente orientato alla decarbonizzazione e la competizione tra Regioni europee avverrà sempre di più grazie alla bontà delle politiche di transizione ecologica.
L'incapacità di prendere questa strada con decisione, per ragioni ideologiche, per pavidità o per non curanza, rischia solo di far scivolare il Piemonte ancora più in basso nella spirale di crisi nella quale è caduto negli ultimi anni.
In conclusione, inviterei tutti i Consiglieri e le Consigliere a smettere di fare appelli ai giovani. Guardate, i giovani sanno bene qual è la situazione e hanno fatto le loro scelte; tocca a voi assumervi le responsabilità necessarie di fronte alla comunità regionale.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola al Direttore dell'ARPA Piemonte, dottor Angelo Robotto.



ROBOTTO Angelo, ARPA Piemonte

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutte e a tutti.
Cercherò di stare nel tempo previsto. Ho qualche slide da condividere, se riesco.
Partirei subito dal tema che i cambiamenti climatici che stiamo riscontrando non trovano riscontro negli scorsi due millenni ed è per questo che il riscaldamento globale viene definito, nel rapporto "virtualmente certo", cioè con una probabilità maggiore del 99%.
Sono dati internazionali già citati da chi mi ha preceduto, però come ARPA ritengo opportuno sottolineare.
È estremamente probabile, quindi la confidenza è 95/100%, che l'attività antropogenica sia la causa dominante del riscaldamento osservato. Il tasso di riscaldamento globale è superiore a quello degli ultimi 1.300 anni; così com'è già stato osservato tassi regionali, quindi in particolari aree di riscaldamento in Europa, nel Nord America e nell'Artico, sono superiori rispetto alla media globale. Sovrapposti a un tempo un trend lineare, si verificano sempre più frequenti i superamenti record.
Credo che questa sia un po' la sintesi di alcuni interventi già ascoltati però questi sono suffragati anche da dati certi, da dati che mi permetto di definire affidabili, perché rilevati con sistemi complessi di monitoraggio certificati. Siamo, quindi, a sfogliare alcuni dei di come cambia il clima in Piemonte, raccolti dall'Agenzia regionale di Protezione Ambiente del Piemonte. Ne citerò solo alcuni, perché lascerò le slide a disposizione fatto salvo che poi questi dati sono tutti ricompresi e rintracciabili anche sul nostro sito istituzionale.
Stiamo parlando di temperature massime che sono effettivamente salite di 2,1 gradi dal 1958 sulla regione e di 2,5 gradi in montagna. Importante è valutare il tasso di aumento: aumento maggiore in inverno negli ultimi sessant'anni.
Tutto ciò si riverbera su un'immagine iconografica nella cartina del Piemonte, dove vediamo che la temperatura in aumento è più evidente in montagna, così come ragioniamo su temperature con un aumento di giorni tropicali e una diminuzione di giorni di gelo. I gradi giorno di raffreddamento aumentano del 14-15% ogni dieci anni solo in pianura (quindi una necessità di rinfrescare di più) ma, per contro, i gradi giorno di riscaldamento sono in discesa.
L'agricoltura, com'è già stato sottolineato, con una serie di dati, ha una stagione vegetativa che ha un aumento di durata sulla fascia alpina e prealpina di dieci-dodici giorni ogni dieci anni e un anticipo di sei-sette giorni.
Mi ricollego anche ad altri interventi. La viticoltura ha una maggiore variazione delle concentrazioni zuccherine, quindi un anticipo del giorno ottimale di raccolta: tutto ciò è da tenere in considerazione nelle azioni che devono essere attuate.
Parliamo di vento. In questo momento a Susa stiamo misurando novantatr chilometri orari, i giorni ventosi sono in grande crescita e abbiamo raffiche sempre più forti di vento e un aumento di giorni di calma, quindi un impatto anche in pianura sull'inquinamento dell'aria.
Per quanto riguarda i giorni di pioggia, ricordo che è dall'8 dicembre che non piove in maniera significativa, quindi anche qui abbiamo una diminuzione di precipitazioni, un aumento delle precipitazioni massime cumulate giornaliere e anche un aumento di durata di periodi secchi.
Per la neve è un ragionamento purtroppo analogo: una diminuzione del numero di giorni in cui il suolo è coperto da neve, una diminuzione dell'altezza della neve, ma anche una forte diminuzione della disponibilità idrica in forma nivale.
Qualche ripresa degli scenari climatici futuri. La figura che vedete è ben nota, è stata anche rappresentata in termini di aumento di temperatura parlo di emissioni annuali - e si rifà alle valutazioni di possibili scenari (ne ha parlato prima anche il professor Cassardo).
Prendendo anche solo a riferimento lo scenario 4.5, quindi la stabilizzazione medio-basso, entro il 2070 le emissioni di CO2 scendono al di sotto dei livelli attuali, abbiamo un quadro che, effettivamente.
Sono dati di proiezioni, prima erano dati osservati, sui quali non mi soffermo, ma sono i dati sicuramente da tenere in considerazione, con aumenti di temperatura massima di 2,13 gradi in un secolo, con conseguente aumento della temperatura minima e delle ondate di calore e gli impatti sulle precipitazioni di pioggia e neve, così come sugli altri impatti che si correlano a tutto ciò, il potenziale di incendi boschivi e gradi di giorno di riscaldamento.
Presidente, ho altre slide, ma mi fermo lasciando l'accento sul cosa mette in campo ARPA Piemonte. Il Portale sul clima in Piemonte è disponibile e accessibile per tutti, con oltre 350 indicatori relativi ai cambiamenti climatici; l'assessment serve di riferimento sul cambiamento climatico a vantaggio degli enti. Noi, come ARPA, forniamo, attraverso l'attuale Piano Energetico Ambientale Regionale, delle indicazioni sull'evoluzione rispetto ai cambiamenti climatici.
Chiudo con la notizia secondo cui sono in salita i giorni di siccità siamo, a oggi, al nono posto nella classifica (probabilmente scaleremo ancora questa classifica) come periodo secco (pioggia sul Piemonte inferiore a cinque millimetri) e più lungo negli ultimi sessantacinque anni. Non è il peggiore, ma è un periodo sicuramente da tenere in considerazione, anche perché le nostre previsioni di oggi non prevedono purtroppo, una situazione migliore anzi, vento molto forte.
Mi fermo, ringrazio il Presidente e rimango, come sempre, a disposizione come ARPA.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Lascerei la parola al Presidente della Società meteorologica italiana dottor Luca Mercalli.



MERCALLI Luca, Società meteorologica italiana

Grazie e buongiorno a tutti.
Non vi faccio vedere le slide che avevo preparato, che riguardano gli effetti dei cambiamenti climatici in Piemonte, perché i colleghi hanno veramente esaurito il tema in modo, anche concorde e omogeneo, senza lasciare dubbi.
In sostanza, la diagnosi è chiara; i medici sono tutti d'accordo; il paziente è gravemente ammalato e adesso il tema è quale terapia mettere in atto. La terapia è anche nota; a questo punto, gli annunci delle medicine che si dovrebbero dare li abbiamo tutti sentiti e sono tutti condivisibili.
Qual è il problema? Il problema è che non si vuole mettere in atto la terapia nei tempi e nei modi in cui va fatta, perché è una terapia drastica e che richiede anche qualcosa che la politica deve arrivare a materializzare in tempi brevi. Accanto a una medicina che bisogna dare c'è anche una dieta da fare, cioè bisogna avere il coraggio di fermare i processi perniciosi per l'ambiente, non soltanto dare la medicina nuova che, peraltro - abbiamo visto - è già complicata da mettere in atto.
La medicina nuova sono le energie rinnovabili? Benissimo! Ci vuole del tempo a diffonderle, ma allora, contemporaneamente, dobbiamo anche impedire che si continui a utilizzare il veleno. E qui ci sono delle possibilità legislative importanti; ne cito una immediatamente, che è stata ricordata: una legge contro il consumo di suolo. Il consumo di suolo è un'emorragia, è una ferita aperta, che va assolutamente bloccata, perché la sua compromissione è irreversibile. Insomma, mentre noi parliamo, una ruspa là fuori sta cementando prezioso suolo, magari agrario, che ci può servire per catturare CO2; per filtrare l'acqua nelle falde; per impedire i danni di una nuova alluvione; per sequestrare CO2; per salvaguardare la biodiversità.
Io qui vi parlo non soltanto come rappresentante di Società meteorologica italiana, che si occupa di studiare il clima e di fornire i suggerimenti di queste terapie, ma anche come rappresentante di Governo come Consigliere scientifico ISPRA, dove il rapporto sul consumo di suolo ogni anno, è agghiacciante. Quello che è assurdo è che ormai vediamo come nella diagnosi dei problemi non ci siano soltanto medici - possiamo dire non istituzionali, per esempio le organizzazioni ambientaliste, quelle interpellate che hanno parlato secondo me in modo eccellente anche questa mattina, ma ci sono anche medici istituzionali.
I dati che ha presentato il Presidente Robotto poco fa sono di ARPA Piemonte, provengono da una struttura interna alla categoria istituzionale regionale. I dati ISPRA sono governativi e ci allarmano, perché dicono che dobbiamo fermare il consumo di suolo. Quindi, qual è l'anello che manca? È la politica di ogni giorno; è la realizzazione, la traduzione in normativa a effetto immediato, senza se e senza ma. Non abbiamo bisogno di nuovo cemento. Abbiamo bisogno di riqualificazione dell'esistente, anche in vista della sostenibilità energetica, e qui viene bene tutto il discorso già citato su un'ulteriore accelerazione degli ecobonus e della riqualificazione energetica di tutto il patrimonio immobiliare, che è un colabrodo.
Abbiamo bisogno di provvedimenti importanti per la salvaguardia della biodiversità e quindi maggiori investimenti sui parchi regionali, non semmai indebolimento degli stessi, come sembrerebbe invece in atto. Abbiamo bisogno di una riflessione importante sulle grandi opere. Ben tre interventi hanno citato il tema della ferrovia internazionale Torino-Lione sulla quale pende un problema non ideologico, ma fisico: semplicemente la valutazione delle emissioni in fase di costruzione. Dieci milioni di tonnellate di CO2 emesse di sicuro da qui al completamento dell'opera, che comunque è fissato dopo il 2020.
Allora è chiaro che i soldi pubblici non sono spesi bene, se li dobbiamo utilizzare per un'opera che prima emette e poi promette, ma non sa se mantiene, di sottrarre CO2 dopo il 2028, dopo il 2040, quando sarà.
Abbiamo dunque bisogno di una seria valutazione numerica di tutti questi annunci, di tutto questo paniere di operazioni, che rischiano di diventare soltanto un grande greenwashing.
La sostenibilità ambientale ha almeno un pregio: è facilmente misurabile, non con i prefissi green, eco, bio - tutta questa roba non serve - ma con le tonnellate di CO2, con gli ettari di suolo non cementificati, con la quantità di rifiuti non prodotti o riciclati con i kWh di energia rinnovabile prodotta e quelli non rinnovabili evitati. Sono grandezze fisiche facilmente misurabili, ma - abbiamo visto - è talora carente anche soltanto l'inventario di quello che abbiamo in atto in questo momento. E ciò rende poi difficile la verifica dei processi annunciati di riduzione.
Pertanto, il mio appello è: mettere in priorità questi temi - l'abbiamo visto tutti, ormai, non possono più non essere ogni giorno sull'agenda della politica - ma soprattutto eliminare le contraddizioni, perché sono le contraddizioni oggi a impedire di scegliere l'unica strada possibile.
Abbiamo bisogno di un ago della bussola; se l'ago della bussola è la sostenibilità climatica e ambientale, tutto il resto dev'essere subordinato a quello, non può coesistere, non si possono tenere i piedi in più scarpe.
L'emorragia è in questo momento e quindi il medico dice: "Prima di tutto il laccio emostatico, altrimenti il paziente muore; poi faremo le altre cose". Di conseguenza, cerchiamo, dove è possibile, di mettere immediatamente in atto delle politiche che, accanto alla diffusione delle energie rinnovabili, dell'efficienza energetica, di tutto quello che abbiamo detto è saggio fare per il futuro, arresti il prima possibile ci che invece continua a perpetuare il danno patologico.
Vi ringrazio.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Adesso darei la parola al rappresentante del Centro mediterraneo sui cambiamenti climatici, dottoressa Paola Mercogliano.



MERCOGLIANO Paola, Centro mediterraneo sui cambiamenti climatici

Buongiorno. Vi ringrazio per quest'opportunità. Mi fa molto piacere essere qui, perché negli ultimi mesi ho avuto modo di collaborare con il Piemonte e mi fa piacere poter contribuire a questa discussione e darvi riscontro della mia esperienza positiva con alcuni dei comuni di questa regione.
Riprendo il concetto prima citato dal dottor Mercalli.
Noi stiamo lavorando all'adattamento con le comunità locali, attività che purtroppo si rende necessaria come mostrato anche dai dati prima illustrati da ARPA Piemonte, i quali già rilevano che sul territorio regionale vi è un'emergenza climatica in atto, così come d'altronde sul Mediterraneo, identificato come una zona particolarmente sensibile al cambiamento climatico. Devo però dire che, grazie alla collaborazione intrapresa nel Bando Mutamenti con Fondazione Compagnia San Paolo, ho avuto modo di verificare che le comunità locali sono molto pronte a recepire la necessità del cambiamento, dell'adattamento come della mitigazione. Le comunità sono in grado di proporre progettualità; sul territorio, le comunità sono pronte al cambiamento, partecipano in maniera attiva alla trasformazione resa necessaria. Penso che questo sia stato un buon elemento da evidenziare, in quanto tali competenze possono essere di sicuro supporto alla definizione e implementazione delle politiche regionali. Le persone ci sono; le comunità ci sono; i ragazzi - stamattina l'abbiamo visto - ci sono ed hanno idee chiare, che si basano su conoscenze approfondite non superficiali. Mi sento di dire che questa è una grande ricchezza per il territorio, davvero importante; non lo darei per scontato in tutti i contesti italiani.
Voglio anche sottolineare che ritengo che questa capacità delle comunità di lavorare sull'adattamento, penso possa essere di grande aiuto anche per supportare iniziative legate alle politiche sulla mitigazione a scala locale. È infatti ovvio che l'adattamento non può essere l'unico modo di combattere il cambiamento climatico; esso, infatti, non garantirà la riduzione degli impatti se questi dovessero essere troppo rilevanti a causa di assenza di politiche di mitigazioni.
Un'altra cosa che ritengo importate dire è che è necessario che la società capisca che la comunità scientifica che studia il cambiamento climatico, oramai, non produce soltanto dati da utilizzarsi all'interno della comunità scientifica stessa, ma è in grado, attraverso i cosiddetti servizi climatici, di fornire informazioni ed analisi per supportare l'attivazione di politiche e strategie di adattamento. Secondo me, dobbiamo quindi lavorare per abbattere i muri di comunicazione che ancora esistono tra la comunità scientifica, che deve indubbiamente fare un lavoro aggiuntivo e andare sempre più incontro ai decisori sia locali sia regionali, affinché non ci sia più l'alibi che mancano le informazioni per supportare questa transizione della nostra società. La comunità scientifica sta già facendo molti passi in tal senso e penso che questo debba essere un elemento importante da tenere in conto anche in questa sede.
Anche a livello nazionale, sebbene il processo di attuazione di piani e politiche relative all'adattamento abbia registrato dei rallentamenti anche a causa delle complessità oggettive esistenti, sembra adesso avere una nuova spunta. Ad esempio, da poco sono usciti i documenti del Ministero delle Infrastrutture, che cercano di dettare delle idee su come rendere più resilienti le infrastrutture esistenti, ma pure su come pensare correttamente, nel contesto attuale, le nuove infrastrutture.
Fortunatamente, nel frattempo, le Regioni, invece, hanno lavorato bene e speriamo che tutto questo sia capitalizzato a livello nazionale, visto che oramai non abbiamo molto tempo a disposizione.
Infine, suggerisco di consultare il report, uscito da poco, della Fondazione CMCC sulle città italiane; in particolare, vi invito a vedere l'analisi sul clima di Torino, che va a complementare, con dati di scenario locale, i dati prima ben descritti del rappresentante dell'ARPA Piemonte.
Tali dati confermano la necessità di agire velocemente mettendo a fattore comune tutte le conoscenze. Quello che ho imparato in questi anni è che il cambiamento climatico è un settore fortemente multidisciplinare che necessità del contributo di tutte le competenze.
Grazie per l'attenzione.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola al Presidente del CAI Piemonte, dottor Bruno Migliorati prego.



MIGLIORATI Bruno, Club Alpino Italiano Regione Piemonte

Signor Presidente, signori Consiglieri, un doveroso ringraziamento per questa forma, per me innovativa, di ascolto dei territori e del mondo della società civile che rappresento quale Presidente del Gruppo regionale del Club Alpino Italiano.
La difesa dell'ambiente, in particolare di quello montano, giace nell'articolo 1 del nostro Statuto, così come concepito da Quintino Sella.
Il tema posto alla nostra attenzione è amplissimo, sia dal punto di vista strettamente concettuale, sia scientifico di declinazione pratica in atti legislativi e amministrativi.
L'obiettivo dell'Unione Europea di riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 non è di semplice attuazione per gli interessi economici che tocca direttamente, ma è strategico per la realizzazione delle politiche comunitarie dalle quali discenderanno i fondi erogati tramite il PNRR. Pertanto, è un tema ineludibile.
Le fonti di energia rinnovabili sono state individuate come uno strumento indispensabile per accompagnare questa fase della transizione energetica, ma racchiudono in sé, proprio per la loro natura, evidenti limiti di sviluppo e azione. In sintesi: sono fonti energetiche non programmabili e ciò rende non certe per il raggiungimento dell'obiettivo dell'Unione Europea. Si affacciano nuovamente energie non rinnovabili quali il gas e ancora più il nucleare cosiddetto "pulito" quali supporti temporanei ai processi di adeguamento climatico.
In questo quadro necessariamente sintetico e incompleto, gioca un ruolo fondamentale e strategico la risorsa "acqua". Già ampiamente utilizzata per la produzione di energia elettrica, massivamente sfruttata nel settore del mini idroelettrico, ma con un grave prezzo per la conservazione della biodiversità dei fiumi e dei torrenti ancor più se di montagna.
Un elemento da non sottovalutare concerne il sistema d'incentivazione economica che ruota attorno alle rinnovabili; un sistema d'incentivazione distorsivo delle regole del mercato, ma, quel che è più grave, a quasi totale carico dell'utente finale.
Ritornando all'acqua, la stagione climatica che stiamo vivendo ci appalesa in maniera inequivocabile la criticità complessiva del fenomeno. E anche attingendo agli scenari proposti dall'ultimo rapporto IPPC, gli orizzonti di realizzabilità degli scenari meno impattanti sul clima richiedono una revisione globale d'impostazione politica e progettuale per l'ottenimento concreto della riduzione delle emissioni climalteranti. In questa partita, la montagna, al CAI tanto cara, assume una centralità particolare, in quanto sulla montagna si generano i servizi ecosistemici di maggior valenza e significato, servizi dei quali beneficiano le città, le pianure le industrie e tutti i cittadini. Pertanto, le politiche territoriali ed energetiche dovrebbero essere improntate alla coesione sociale e territoriale prima di tutto e, conseguentemente, le scelte attuative non potranno essere divisive e improntate al mero ed esclusivo profitto in nome della crescita Il CAI, quale aderente dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile, si riconosce in pieno nei tre pilastri equipollenti, sui quali deve necessariamente poggiare lo sviluppo sostenibile: sociale, ambientale ed economico.
Termino assicurando il costante impegno collaborativo e di proposta del Club Alpino Italiano in tutte le sue articolazioni territoriali, mettendo a vostra disposizione le attività dei nostri organi tecnici, specialmente del Comitato scientifico, e della Commissione tutela dell'ambiente montano.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Prima della pausa, farei concludere gli interventi degli enti istituzionali di riferimento all'ambiente; lascerei la parola al Presidente dell'EDISU Piemonte, Alessandro Sciretti, che ha a disposizione cinque minuti; prego.



SCIRETTI Alessandro, EDISU Piemonte

Grazie, Presidente e buongiorno a tutti. Un saluto ai membri della Giunta, ai membri del Consiglio, ovviamente a tutti i relatori e tutte le relatrici che questa mattina sono intervenuti in questo dibattito sicuramente molto interessante; nello specifico, ci tengo a ringraziare ancora una volta il Presidente Allasia, perché l'invito rivolto all'Ente per il diritto allo studio credo sia un segno di attenzione che ci rende profondamente orgogliosi.
Pensare che il tema della sostenibilità e il tema della riduzione delle emissioni sia un argomento divisivo è, per me, già un punto di partenza sbagliato. Credo che tutti noi vogliamo bene allo stesso modo alla nostra casa, al pianeta in cui viviamo; poi possiamo avere idee differenti e pensare che sia utile percorrere strade diverse, sulla base di dati scientifici, per salvaguardare questo pianeta.
Però, credo che ognuno di noi debba e possa fare la sua parte; in proposito, ho sentito qualche riflessione sul ruolo di Regione Piemonte. Da Presidente del Consiglio di Amministrazione di un ente strumentale della Regione Piemonte, devo confermare l'impegno profuso, sebbene con il forte supporto della Giunta e del Consiglio, anche in termini di risorse. La sostenibilità ambientale deve andare costantemente di pari passo con la sostenibilità economica, altrimenti non si è liberi di fare scelte nel senso che più riteniamo opportuno. Addirittura, abbiamo inserito gli obiettivi dell'Agenda 2030 all'interno del Piano strategico dell'attuale mandato dell'Ente per il diritto allo studio, cercando anche di giocare un ruolo attivo. All'inizio del mandato, pur con le complessità emerse con la crisi pandemica, abbiamo però provato da subito a giocare un ruolo attivo anche verso la nostra utenza.
Ho sentito prima gli interventi dei nostri partner, delle Università degli Atenei piemontesi; noi, insieme agli atenei, lavoriamo quotidianamente anche nella formazione delle studentesse e degli studenti che usufruiscono delle nostre borse di studio, vivono i nostri spazi consumano nei nostri ristoranti universitari e nelle nostre mense. Non sono così convinto che non si debba fare un'opera di sensibilizzazione anche verso i giovani, perché una delle prime criticità che ho riscontrato nelle nostre residenze era proprio una difficoltà nel portare avanti una raccolta differenziata fatta bene. A questo proposito, per esempio, abbiamo sottoscritto un protocollo d'intesa, realizzato una collaborazione con AMIAT per sensibilizzare gli oltre 2.400 ospiti delle nostre residenze universitarie in Piemonte sull'attività di raccolta differenziata. E vi garantisco che non sono politici di una certa età, sono ventenni che avevano bisogno di un supporto nel fare queste scelte.
Ci sono poi tante attività ordinarie che, credo, come ente pubblico sia stato doveroso portare avanti nel senso del rispetto dell'ambiente.
Penso alla sostituzione dei nostri veicoli di servizio con auto ibride penso ad attività di piantumazione che stiamo portando avanti nelle nostre residenze; agli erogatori di acqua, alla possibilità di utilizzare materiale riutilizzabile nelle nostre mense.
In generale, ogni attore del sistema piemontese, ma credo con una responsabilità anche maggiore, ogni attore pubblico nel sistema regionale deve seguire questa strada e condurre la propria attività, in primis, nel solco della sostenibilità e della sensibilizzazione. Chiaramente, per chi come noi, lavora con una platea non solo sensibile, ma anche nella propria fase della formazione personale, nella fase di crescita, credo sia davvero un dovere.
C'è poi, da ultimo, uno degli aspetti su cui, evidentemente, bisogna sempre trovare un equilibrio: sto parlando degli investimenti. È chiaro che abbiamo di fronte l'esigenza di realizzare centinaia, se non migliaia, di posti letto per studenti fuori sede. Chiaramente, il lavoro che stiamo facendo, anche insieme con il sistema universitario del Piemonte, di progettazione e studio per questi progetti, che sono opere per quasi cento milioni di euro, è svolto con la logica dell'impatto ambientale minimo se non, quando possibile, zero, facendo attenzione a non recare danni all'ambiente. Dobbiamo sempre trovare un equilibrio tra le esigenze di un sistema sociale ed economico e quelle, per me importanti allo stesso livello, dell'ambiente.
Continuerò a seguire con attenzione questo Consiglio; ringrazio ancora per l'invito e auguro buon proseguimento dei lavori a tutti voi.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Sciretti.
Adesso, in accordo con tutti i Capigruppo del Consiglio regionale farei una pausa di un'ora tecnica per riprendere alle ore 14 con l'intervento del dottor Gianni Esposito, in rappresentanza delle sigle sindacali unite CGIL CISL e UIL.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13.07, riprende alle ore 14.01)



PRESIDENTE DEL



CONSIGLIERE SEGRETARIO GAVAZZA



GAVAZZA GIANLUCA



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola a Gianni Esposito, in rappresentanza unitaria di CGIL CISL e UIL.
Prego, dottor Esposito: ne ha facoltà per dieci minuti.



ESPOSITO Gianni, CGIL-CISL-UIL

Grazie, Presidente. Ne approfitterò anche molto meno, per evitare di essere ripetitivo.
Siamo di fronte all'ultima chiamata per salvare il pianeta e per consegnare alle nuove generazioni un pianeta sostenibile.
Da troppe parti si sottovaluta il problema, archiviandolo come moda argomento radical chic e vezzo per gli ecologisti snob. Purtroppo, il cambiamento climatico è sotto i nostri occhi. La lotta per accedere all'acqua, all'aria pulita, ad aree verdi è già in atto, anche se in maniera non evidente, e rischia di perpetrare lo sfruttamento dei paesi ricchi su quelli poveri, delle classi sociali più potenti sugli strati più deboli della popolazione. Educare e orientare nelle scelte tutti noi è un impegno prioritario di ogni organizzazione e forza sociale e politica che abbia un minimo di lungimiranza. Non si può semplificare, ovviamente bisogna coniugare il problema di una vicina fine del mondo con l'immediato problema che milioni di persone hanno di convivere con la fine del mese e i suoi risvolti.
Pertanto, bene la convocazione del Consiglio regionale allargato di oggi che affronta questo tema, ma dalle parole e dalle analisi bisogna poi passare ai fatti. Tanti sono i campi d'intervento su cui operare e la disponibilità finanziaria del momento è un'occasione da non perdere. Per questo bisogna coinvolgere poi, in forme diverse, tutte le forze economiche e sociali e i cittadini per affrontare in concreto questa tematica.
Alcuni spunti. Una mobilità sostenibile e la transazione accompagnata da settori produttivi passano, da un lato, attraverso servizi di trasporto pubblico efficienti, ecologici e capillari, ma, dall'altro, attraverso una riconversione verso modelli di mobilità meno impattanti, soprattutto nei grandi centri urbani, ma non solo.
Tutta l'industria dell'auto e il suo indotto necessitano di scelte che accompagnino la trasformazione della mobilità con riqualificazione e ricerca applicata ai futuri mezzi di nuova generazione.
Altro campo d'intervento è tutto il tema energetico; la riqualificazione di edifici pubblici e privati e le energie alternative, come scelta non rinviabile per l'uscita dai combustibili fossili; un'agricoltura che abbandona l'uso intensivo nelle coltivazioni e che riconosca giusti guadagni agli agricoltori, a discapito di una filiera della distribuzione.
Tutto questo va affrontato con ammortizzatori sociali straordinari, che sin da ora agiscano sulla riqualificazione dei lavoratori interessati da questi cambiamenti, in modo che possano avere la possibilità di ricollocazione.
Pensiamo alla nostra Regione, Presidente: quante imprese e lavoratori saranno interessati dal cambiamento delle automobili? Che cosa comporterà questo per le imprese e, in modo particolare, per i lavoratori interessati? Oltre alle tante componenti in meno che occorrono motore elettrico rispetto al motore a scoppio, ci saranno anche nuove opportunità e investimenti che creeranno nuove opportunità di lavoro.
Ecco perché chiediamo che questo non sia lasciato soltanto al mercato perché dovrà essere gestito insieme. Non dobbiamo avere paura dei cambiamenti; serve anche che la Regione, oltre al Governo nazionale, provi ad agganciare le sfide, a programmare e a progettare il proprio futuro coinvolgendo le parti sociali ed economiche e i cittadini.
Da ultimo, per finire, due temi non trattati stamattina: l'amianto e le scorie nucleari.
Sull'amianto pensiamo che bisogna continuare a bonificare, anche stanziando risorse (vedi fondi europei). Ci sono ancora molte abitazioni private molte case, tettoie, così come capannoni, come rilevato da ARPA Piemonte che hanno ancora l'amianto.
Sulle scorie radioattive presenti nei siti piemontesi abbiamo partecipato alla fase del coinvolgimento di Enti locali e associazioni sociali e imprenditoriali sui territori individuati, per l'individuazione dello stoccaggio finale di tutte le scorie radioattive presenti oggi nei vari siti provvisori (noi ne abbiamo alcuni).
Pensiamo che il Governo, assieme al Parlamento, dopo tutti i vari percorsi democratici, avviati anche dalla Regione Piemonte, di ascolto e di coinvolgimento, prenda la decisione finale d'individuazione del sito nazionale che metta in sicurezza tutte le scorie presenti, prima ancora di parlare di nuove opportunità per il nucleare.
Grazie, Presidente; grazie, Consiglieri.
Buon lavoro a tutti.



PRESIDENTE

Ringraziamo il dottor Gianni Esposito per l'intervento.
Passiamo alle organizzazioni di categoria Il rappresentante dell'UGL, Marchetti Silvia, rinuncia a intervenire, ma lascia agli atti il seguente intervento.



MARCHETTI Silvia, UGL

Tutela ambiente e cambiamenti climatici.
Quando siamo stati invitati a questo Consiglio Regionale per la tutela dell'ambiente e ai cambiamenti climatici, abbiamo appreso con reale entusiasmo la possibilità di poter fornire un'umile esamina della situazione nel nostro territorio Piemontese, con l'aggiunta di qualche breve suggerimento.
La politica e la società, a nostro modesto parere, non hanno ancora fatto finora abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici in corso, anche se dovrebbero essere la priorità nell'agenda politica di qualsiasi governo dal Presidente del Consiglio fino all'amministratore del più piccolo dei comuni. Infatti, molto c'è ancora da fare per riconvertire ecologicamente la nostra economia, accettando di modificare alcune abitudini, perché i cambiamenti climatici, se non contrastati, porteranno a un pianeta ostile per le specie vegetali e animali, umani inclusi. Sarebbe opportuno che governi e imprese intraprendano politiche radicali per rendere le attività umane sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale, anche tutelando i lavoratori e i soggetti deboli della società, impegnandosi ad arrestare lo sfruttamento delle risorse oltre i limiti naturali di rigenerazione e arrivare urgentemente alla completa de-carbonizzazione delle fonti di energia a favore di quelle rinnovabili.
Visti: i dati allarmanti sul riscaldamento globale, che, salvo azione immediata provocherà un aumento di temperatura superiore ai tre gradi centigradi entro il 2100, con effetti devastanti sull'ecosistema terrestre e sulla specie umana l'ultimo rapporto IPCC-ONU (2018), secondo cui l'umanità ha solo fino al 2030 per limitare l'incremento di temperatura a 1,5 gradi, ed evitare danni irreversibili al clima i preoccupanti effetti del riscaldamento globale e dell'inquinamento che ogni anno accorciano la vita di circa 6,5 milioni di persone in tutto il mondo l'allarme ONU lanciato il 6 maggio 2019 che segnala un declino ecologico "senza precedenti" in cui un milione di specie animali e vegetali sono a rischio estinzione, colpa dello sfruttamento di terra e mare, di piante e animali e dei cambiamenti climatici il dovere morale dello Stato e di tutte le istituzioni locali di rispettare il patto intergenerazionale, che ci impone di lasciare alle generazioni future un pianeta vivibile il rapporto sul Global Environment Outlook (GEO), firmato da più di 250 scienziati.
Sicuramente i suggerimenti che l'UGL propone sono quelli proposti dalle più alte fonti scientifiche, ma soprattutto sono i punti raggiunti nell'intesa del G20 concluso a Roma il 31 ottobre u.s.
Nulla di nuovo o diverso, da ciò che già sappiamo, ma naturalmente secondo noi, vale la pena ripeterli e riproporli per incentivare sempre più la messa in atto: mantenere "a portata di mano" l'incremento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi azzerare le emissioni di gas serra intorno a metà secolo aumentare i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo mettere fine ai sostegni pubblici internazionali alle centrali a carbone entro fine 2021 e piantare mille miliardi di alberi.
L'aumento della temperatura entro 1,5 gradi.
I Paesi del G20 riconoscono l'urgenza di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi, l'obiettivo più ambizioso dell'accordo di Parigi del 2015 e assicurano sforzi consistenti per avere il target "a portata di mano" consapevoli - secondo le valutazioni degli scienziati dell'IPCC - che in quest'ultimo caso gli impatti del cambiamento climatico sono molto inferiori. I venti Grandi metteranno in atto "azioni significative ed efficaci tenendo conto dei differenti approcci, attraverso lo sviluppo di chiari percorsi nazionali che allineino l'ambizione a lungo termine con obiettivi a breve e medio termine".
Emissioni nette zero entro o intorno la metà del secolo.
I venti Grandi assicurano che "entro questo decennio" accelereranno i rispettivi interventi di mitigazione (cioè azioni per ridurre la produzione di gas serra) e adattamento (misure di prevenzione e riduzione dei rischi) ai cambiamenti climatici e incrementeranno anche gli impegni finanziari per azzerare le emissioni nette globali "entro o intorno a metà secolo". Quindi aggiorneranno e miglioreranno, "laddove necessario", gli NDC 2030, cioè gli impegni di taglio dei gas serra a livello nazionale tenendo conto di diversi approcci nel breve e medio periodo.
Incentivare la sostituzione dell'energia da combustibili fossili (gas carbone e petrolio) con quella da fonti rinnovabili che nel tempo sono diventate anche più convenienti e su cui Enel sta investendo tanto.
Aumento dei finanziamenti ai paesi in via di sviluppo.
Confermato l'impegno sui finanziamenti nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, mobilitando congiuntamente 100 miliardi di dollari all'anno entro il 2020 (a oggi è stata raggiunta quota 82-83 miliardi) e ogni anno fino al 2025, per le azioni di mitigazione. Nuovi impegni sono stati assunti da alcuni dei membri del G20 per aumentare il proprio contributo, come l'Italia, che ha aumentato il proprio aiuto a sette miliardi in cinque anni.
Stop contributi al carbone.
I finanziamenti pubblici e privati internazionali alle centrali alimentate a carbone non andranno oltre la fine di quest'anno, mentre andranno a sostenere lo sviluppo di energia verde. Il G20 riconosce lo stretto legame tra clima ed energia e si impegna a ridurre le emissioni nel settore energetico aumentando la diffusione di tecnologie rinnovabili e a emissioni zero o basse. Il Gruppo dei Venti chiede di ridurre gli investimenti in nuova capacità di generazione di energia dal carbone. Le politiche dei vari Paesi devono essere orientate ad investimenti in infrastrutture sostenibili e tecnologie innovative che promuovano la decarbonizzazione e l'economia circolare e ad un'ampia gamma di meccanismi fiscali, di mercato e normativi, per sostenere le transizioni verso l'energia pulita. Compreso se del caso, l'uso di meccanismi e incentivi per la determinazione del prezzo del carbonio, fornendo al contempo un sostegno mirato ai Paesi più poveri e a quelli più vulnerabili.
Elettrificare i trasporti e il riscaldamento, infatti l'elettricità è il vettore energetico del futuro, efficiente, sostenibile e competitivo per affrontare alcune delle sfide più difficili dei nostri tempi: la decarbonizzazione dell'economia, la riduzione dell'inquinamento nelle città, l'efficienza energetica nei trasporti e negli edifici.
Piantare mille miliardi di alberi.
Riconoscendo l'urgenza di combattere il degrado del suolo e per creare nuovi serbatoi che possano assorbire il carbonio, il G20 si pone l'obiettivo di piantare 1.000 miliardi di alberi entro il 2030.
Riforestazione per ripopolare il Pianeta di alberi, gli antagonisti naturali della CO2, che secondo uno studio pubblicato da ricercatori e dalle istituzioni per la conservazione dell'ambiente, riforestando le aree disboscate, evitando di distruggere le foreste esistenti (che ricoprono circa un terzo delle terre emerse) ogni anno si potrebbero rimuovere dall'atmosfera sette miliardi di tonnellate di CO2.
Cambiare l'approccio nel settore dell'agricoltura, applicando tecniche innovative ad esempio nei metodi di cattura del metano emesso, nell'uso dei fertilizzanti o nella produzione di carne e latticini che ha un maggior impatto sul consumo di materie prime e di acqua per chilogrammo.
Nucleare sì, nucleare no, nucleare forse: il dibattito sull'energia dell'atomo non è mai scemato. Anzi, in questi primi mesi del 2022 è tornato prepotentemente a occupare le prime pagine dei giornali: il motivo è che nella bozza della cosiddetta tassonomia dell'Unione europea, un documento circolato tra gli Stati membri poco prima della mezzanotte del 31 dicembre scorso, si citano per l'appunto gli investimenti nel nucleare e nel gas come compatibili con la transizione ecologica, il passaggio graduale che dovrebbe portare al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.
Ed è stato proprio questo a far riaccendere la polemica. Da una parte stati come Austria, Germania, Spagna (e altri) si sono dichiarati fermamente contrari all'inclusione dell'atomo nel testo della tassonomia. Dall'altra per esempio, la Francia, un paese che soddisfa gran parte del proprio fabbisogno energetico con le centrali nucleari, è favorevole alla proposta.
La questione è tutt'altro che semplice e ruota (tra le altre cose) attorno al cosiddetto nucleare di quarta generazione, un insieme di tecnologie che almeno sulla carta, dovrebbero consentire di produrre energia dall'atomo in modo più efficiente e sicuro.
La tassonomia dell'Unione Europea è una classificazione delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale: un documento che, per l'appunto, fa da "guida" agli investimenti privati per la transizione a una crescita economica priva di impatti sull'ambiente (e in particolare rispetto al cambiamento climatico) incentivando tutte le attività necessarie a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La necessità di una guida di questo genere deriva direttamente dal Green Deal europeo, l'impegno assunto dai ventisette stati membri a "fare dell'Unione Europea il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050", traguardo da raggiungere "riducendo le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990".
Sappiamo che per le nostre città si potrebbe fare di più, e il quadro di finanza pubblica sta imponendo limiti alla possibilità di liberare le risorse necessarie a contribuire concretamente al rilancio di politiche per la sostenibilità, così come per l'innovazione e l'ammodernamento del nostro Paese. Occorre, dunque, tornare a investire in primo luogo sulla qualità del territorio. Oggi, infatti, la competizione non è più solo tra imprese ma anche tra territori.
È dunque, rendere una Regione e le città accoglienti, attrattive "sostenibili" e di alta qualità della vita e di opportunità è condizione per accrescere le possibilità di sviluppo e di lavoro.



PRESIDENTE

La parola al dottor Enrico Allasia, Presidente di Confagricoltura Piemonte.
Prego, Presidente; ne ha facoltà per cinque minuti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA

Buongiorno a tutti e un ringraziamento al Presidente Allasia, all'Assessore Marnati e a tutto il Consiglio regionale per averci convocato a questo tavolo di confronto sulla questione riguardante la riduzione dei climalteranti in Piemonte.
È una sfida che Confagricoltura vive con impegno in prima persona, perch sappiamo benissimo quanto il cambiamento climatico stia impattando sul settore primario. È chiaro che siamo concentrati e stiamo portando avanti tutte le tematiche riguardanti le buone tecniche agricole e le buone pratiche in agricoltura, grazie all'innovazione e alla digitalizzazione che ci permettono di migliorare l'impatto delle nostre coltivazioni.
È chiaro che quello che si sta portando avanti, come Regione Piemonte, vede coinvolto il settore primario in tutti i suoi aspetti: il Piano stralcio per quanto riguarda la riduzione di ammoniaca in agricoltura, chiaramente ci vede coinvolti appieno.
In questi giorni abbiamo inviato le nostre osservazioni, sia all'Assessorato all'agricoltura sia all'Assessorato all'ambiente, essendo ben consci delle problematiche e della normativa. Nello stesso tempo abbiamo provato a dare suggerimenti.
Questo è importante e voglio essere chiaro: dobbiamo essere consapevoli che, da una parte, abbiamo degli obiettivi da raggiungere, ma, dall'altra voi dovete anche aiutarci a salvare le nostre aziende agricole. Abbiamo quest'obiettivo e siamo concentrati su questa priorità.
È chiaro che possiamo lavorare a 360 gradi sull'abbandono delle fonti fossili in agricoltura e sviluppare energie alternative.
Ben venga il PNRR per quanto riguarda l'utilizzo del fotovoltaico sulle coperture dei fabbricati, ma siamo consapevoli che questa misura non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi che la Commissione europea e la Regione Piemonte si pongono. È anche vero che oggi abbiamo terreni marginali per le coltivazioni agricole, per il semplice motivo che abbiamo un "caro bolletta" e un rincaro delle materie prime che mandano fuori mercato le superfici di questo tipo, che si potrebbero sfruttare eventualmente con del fotovoltaico a terra.
Potrebbe essere un'opportunità, visto che in passato abbiamo l'esperienza dell'utilizzo di fonti rinnovabili come possibile reddito connesso all'azienda agricola. Potrebbe essere un'opportunità, come potrebbe essere un'opportunità valorizzare le forestazioni urbane, perurbane e, comunque anche delle nostre superfici marginali, per incrementare lo stoccaggio della CO2.
Abbiamo poi tutto un tema che riguarda, attraverso il PNRR, lo sviluppo delle comunità energetiche. Siamo consapevoli che fare rete, soprattutto in questo momento di difficoltà, potrebbe dare un valore aggiunto importantissimo a un settore come quello dell'agricoltura, che sta vivendo una crisi forse senza precedenti, la tempesta perfetta come si dice in questi casi.
Noi diamo la massima disponibilità alla collaborazione alla Regione tenendo presente, come ho detto prima, che non possiamo farci carico, come aziende agricole, di tutti i temi che dovranno essere affrontati, senza un coordinamento e un aiuto da parte delle istituzioni e della Regione.
Sappiamo benissimo che, rispetto ad altre Regioni, che non sono in infrazione, noi dobbiamo correre maggiormente, ma quello che chiediamo da parte delle istituzioni è un coordinamento di tutte le Regioni del bacino padano affinché le normative siano portate avanti nello stesso modo e nello stesso contesto per tutte le aziende agricole del territorio dell'Italia settentrionale.
Ho terminato. Vi ringrazio e buon lavoro a tutti.



(Audio mancante per problemi di rete)



MARIN Valter

Ho sentito adesso il Consigliere Gavazza, il quale mi ha detto che in Consiglio ci sono problemi di rete. Appena risolvono, si collegano.



(Audio mancante per problemi di rete)



PRESIDENTE

Se mi sentite, attendiamo un momento per risolvere il problema di connessione che abbiamo in aula. Grazie.
È ritornata la connessione negli Uffici del Consiglio regionale, per cui possiamo riprendere i lavori.
Se non erro, eravamo arrivati ad Enrico Allasia, Presidente di Confagricoltura Piemonte, che può concludere l'intervento.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA

Avevo già terminato, grazie.



PRESIDENTE

Perfetto, grazie.
La parola a Franco Parola, responsabile Aria Ambiente Piemonte.



PAROLA Franco, Aria Ambiente Piemonte

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.
Vi ringrazio per l'opportunità di intervenire in questo dibattito. Porto naturalmente, i saluti del mio Presidente, Roberto Moncalvo, di Coldiretti che ha partecipato ai lavori durante la mattinata, ma che ha dovuto assentarsi nel pomeriggio.
Ci sono ovviamente note le nuove sfide ambientali, ma voglio sottolineare anche quelle sociali ed economiche che nei prossimi anni saremo tenuti ad affrontare. Così come siamo consapevoli del fatto che l'area del Mediterraneo, il nostro Paese e il settore dell'agricoltura sono senza dubbio rispettivamente l'area territoriale, il contesto territoriale e il settore più esposto ai danni che il cambiamento climatico può produrre (e che in parte sta già producendo).
Entrando subito nel merito delle questioni, con riferimento a quello che è l'uso delle risorse non rinnovabili, vorrei elencare rapidamente la posizione di Coldiretti, a partire dall'acqua, rispetto alla quale ovviamente, sono necessarie e opportune politiche di risparmio e di efficientamento.
È la stessa agricoltura che chiede di fare uno sforzo in questo senso. Noi riteniamo che servano anche nuovi interventi strutturali, finalizzati ad aumentare le capacità d'invaso, con un uso prioritario rispetto all'irriguo, ma anche per quello che riguarda l'energia idroelettrica e la regimazione delle piene. Coldiretti è impegnata, con ANBI e Terna, a sviluppare una progettualità in questo senso, considerando che il PNRR ha stanziato 880 milioni di euro da investire bene in progetti di questo tipo.
Per quanto riguarda l'energia, in particolare l'energia solare, grazie anche all'impegno nostro, il PNRR ha stanziato 1,5 miliardi per il fotovoltaico sui tetti delle strutture agricole. Lo vogliamo sottolineare: se puntassimo sui tetti, effettivamente, potremmo avere 4,3 milioni di metri quadri e una potenza di 0,43 gigawatt. Nei prossimi mesi uscirà questo bando sull'agrivoltaico e le Regioni rivestiranno un ruolo fondamentale per stabilire delle regole. Per noi è fondamentale il divieto assoluto della realizzazione di classici impianti fotovoltaici a terra.
Ricordiamo che il terreno agricolo è bene destinarlo alla produzione primaria di cibo e non di questo tipo di attività.
Per quanto riguarda il biogas e il biometano, ancora una volta il PNRR stanzia due miliardi e siamo in grado di quadruplicare la produzione di gas pulito con l'utilizzo dei reflui zootecnici, andando a soddisfare il 10 del fabbisogno di gas nazionale e producendo, nel frattempo, una stabilizzazione di questo materiale e un utilizzo in agricoltura, utile ai fini di aumentare la sostanza organica nei suoli e quindi i carbon sink come contenitori di stoccaggio della CO2.
Rispetto alla politica sullo sviluppo della filiera del legno, riteniamo che si debbano superare alcuni limiti, che non condividiamo, del Piano regionale sulla qualità dell'aria, per investire su filiere locali certificate di alta qualità anche per le biomasse energetiche, cercando nel contempo, di promuovere le filiere che possano valorizzare anche assortimenti di maggior pregio, andando in qualche modo ad abbattere quella dipendenza del 90% che abbiamo in termini di fabbisogno di materiali e di assortimenti legnosi, dei quali, com'è noto, siamo quasi totalmente dipendenti.
Riteniamo necessario fermare le foreste urbane sviluppate su terreni agricoli. Questa è una politica che rischia di essere un boomerang.
Pertanto, è molto proficuo lo sviluppo di nuove aree a verde pubblico, ma su aree già compromesse nell'ambito dei contesti edificati, evitando di sviluppare questo tipo di attività sui terreni coltivati.
Le comunità energetiche sono, a nostro parere, da sostenere per gestire meglio anche l'impatto in termini di costi della transizione energetica sulle comunità, valorizzando la produzione soprattutto delle fonti rinnovabili. Sul suolo serve una norma chiara una volta per tutto a livello nazionale e regionale, che fermi il consumo di nuovo suolo agricolo incentivando il recupero delle aree già compromesse e magari quelle svuotate del proprio ruolo dall'ultima crisi economica che abbiamo vissuto.
In sostanza, chiediamo che siano inseriti i suoli e la fertilità dei suoli al centro di tutte le misure agro-ambientali, anche del prossimo PSR, con misure semplici che possano essere incentivanti non solo per l'agricoltura biologica, ma anche per tutti gli agricoltori, con l'utilizzo di fertilizzanti organici, come le cover crops e tutte quelle tecniche agronomiche utili per la cattura della CO2.
In ultimo, riteniamo che si debba evitare che la transizione ecologica possa portare a nuove delocalizzazioni con un aumento delle importazioni da paesi che potrebbero essere maggiormente impattanti sull'ambiente rispetto al nostro. Oltre alle nuove norme che l'Unione Europea sta varando e ha varato per ridurre questi rischi, serve iniziare a lavorare anche a un livello nazionale e regionale su questi temi, negando l'accesso ai fondi strutturali dell'Unione Europea e del PNRR alle imprese che non s'impegnano a sostenere le filiere locali e che non garantiscano impegni concreti sulla transizione ecologica. Per il PSR, quindi, uno stop ai sostegni all'industria che importa dall'estero produzioni disponibili sui nostri territori.
Con questo, ho concluso. Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo Franco Parola, responsabile area ambiente e territorio Coldiretti Piemonte.
Ha ora la parola Gianluca Sala, rappresentante di Confcommercio Piemonte ne ha facoltà per dieci minuti.



SALA Gianluca, Confcommercio Piemonte

Buongiorno a tutti e ringrazio ancora per l'invito.
Come Confcommercio Piemonte, siamo voluti intervenire a questo momento di confronto in Consiglio regionale aperto, in quanto i cambiamenti ambientali in atto hanno già prodotto e produrranno in futuro effetti dannosi sulle nostre imprese, che sono quelle del commercio, del turismo, dei servizi e delle professioni.
Si pensi, ad esempio, alle conseguenze degli eventi alluvionali per quanto riguarda le attività economiche situate a fondo valle e in pianura e della riduzione delle precipitazioni nevose che, invece, hanno ricadute sulle stazioni sciistiche, quindi sull'economia montana legata alle pratiche degli sport invernali come lo sci. E si pensi anche ai potenziali effetti del calo delle precipitazioni piovose che hanno ricadute sull'economia.
Per queste motivazioni, Confcommercio è convinta che sia necessario intervenire immediatamente con politiche pubbliche dedicate principalmente a supportare la transizione ecologica, che per Confcommercio rappresenta un'occasione di sviluppo e un ambito strategico su cui intervenire e investire. E lo sarà sempre di più in un futuro che sarà caratterizzato dalla necessità di modelli di sviluppo e di consumo in chiave green.
Confcommercio, quindi, intende collaborare al raggiungimento degli obiettivi prefissati dalle Nazioni Unite, avvertendo l'urgenza del momento storico e il dovere morale e sociale di un suo coinvolgimento attivo anche per individuare un futuro a bassa emissione di carbonio.
Pertanto, siamo decisamente orgogliosi che quasi tutti i distretti del commercio, riconosciuti nel 2021 dalla Regione Piemonte, hanno voluto inserire, all'interno del programma triennale delle loro attività, azioni che prevedono soluzioni di mobilità ambientale, utili a rendere accessibile il centro delle città e anche iniziative sul consumo consapevole.
Confcommercio è convinta che sempre più devono essere stimolate soluzioni che impegnino le imprese a favore di questi temi ambientali, anche perch bisogna ribadire che la sostenibilità ambientale va a braccetto con quella sociale ed economica. Confcommercio intende perseguire modelli e azioni di attività che hanno l'obiettivo di sensibilizzare dal punto di vista della sostenibilità le aziende del proprio settore, quindi il settore terziario favorire l'accrescimento progressivo delle performance aziendali, anche attraverso percorsi formativi e partnership che inneschino un processo continuo di miglioramento, sviluppare e promuovere imprenditorialità nella transizione da un modello di economia lineare a un'economia circolare promuovere l'innovazione e sostenibilità nei processi di produzione distribuzione e consumo; inoltre, identificare e premiare le aziende che hanno messo in atto, per loro conto, azioni di sostenibilità ambientale.
Al fine di soddisfare questi fabbisogni che ho appena annunciato Confcommercio Piemonte, in collaborazione con Confcommercio nazionale e la Scuola Universitaria Superiore Sant'Anna di Pisa, ha elaborato un progetto che si chiama Imprendigreen, che vedrà impegnate nei prossimi mesi sia le nostre associazioni territoriali sia le imprese e i nostri associati. In particolare, il progetto prevede l'azione mirata a sensibilizzare, formare e accompagnare le imprese nella transizione dall'economia lineare all'economia circolare, favorendo sia l'innovazione e i vari modelli di produzione sia la distribuzione e l'offerta di servizi, sostenendo inoltre, un turismo sostenibile, quindi un rispetto per l'ambiente, e politiche distributive che, puntando sul servizio di vicinato, non consumino il territorio e valorizzino le città e l'ambiente urbano politiche dei trasporti integrati e al servizio dei modelli di sviluppo economico sostenibile.
Ringrazio ancora per l'invito e siamo disponibili a continuare a collaborare con voi per individuare azioni di tutela e di salvaguardia dell'ambiente.
Buona giornata.



PRESIDENTE

Ringraziamo per l'intervento Gianluca Sala, rappresentante Confcommercio Piemonte.
La parola a Scanferla Bruno, Presidente CNA Piemonte, per dieci minuti.



SCANFERLA Bruno, CNA Piemonte

Buongiorno a tutti i presenti e ringrazio il Presidente Allasia per l'invito.
Mi chiamo Bruno Scanferla e sono Presidente pro tempore del Coordinamento Unitario dell'Artigianato Piemontese, che raggruppa Confartigianato Piemonte, CNA Piemonte e Casartigiani del Piemonte.
Queste tre Federazioni dell'artigianato sfidano a 360 gradi l'obiettivo della decarbonizzazione, dell'efficientamento energetico e della necessità di un modello di sviluppo sostenibile che guardi al futuro con maggiore fiducia e ottimismo. L'Unione Europea pone l'obiettivo della transizione ecologica e, in particolare, la neutralità climatica al centro del modello di crescita economica maggiormente sostenibile sul piano ambientale.
Come sappiamo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha destinato circa settanta miliardi di euro sulla missione "Rivoluzione verde e Transizione ecologica". La sfida che ci attende, quindi, è come realizzare un volume così ingente di investimenti, per consentire al Piemonte e al Paese di conseguire obiettivi climatici senza avere effetti penalizzanti sull'attuale sistema produttivo.
Il mondo dell'artigianato è costituito da micro e piccole imprese che rappresentano oltre il 95% del tessuto imprenditoriale economico e produttivo del Paese; per questo, l'Italia non potrà raggiungere i suoi obiettivi climatici senza un loro coinvolgimento attivo.
Uno studio realizzato nel 2021 dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile indica che le micro e piccole imprese generano il 60% delle emissioni di CO2 del manifatturiero e delle costruzioni e consumano energia per oltre sedici milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, che sono pari al totale del gas utilizzato per riscaldare tutte le nostre case.
Parallelamente all'analisi quantitativa sui consumi, un'indagine condotta su oltre mille micro e piccole imprese evidenza, però, che un'impresa su due ha effettuato interventi di miglioramento energetico negli ultimi tre anni e che il costo dell'energia ha sempre penalizzato le imprese che rappresentiamo.
La stessa indagine, infatti, segnala che, principalmente, sono stati privilegiati interventi afferenti all'illuminazione e alla climatizzazione puntando sull'utilizzo delle fonti rinnovabili, ossia pannelli fotovoltaici e pompe di calore, e che solo una minoranza di quelle che hanno effettuato questi investimenti ha utilizzato incentivi o agevolazioni di riqualificazione energetica.
Tra le principali cause che ancora ostacolano la scelta di effettuare investimenti rilevanti per efficientare i processi produttivi spiccano la complessità burocratica per l'accesso agli incentivi disponibili e la mancanza di uno strumento calibrato sulle esigenze delle micro e piccole realtà produttive. Per tale aspetto evidenziamo che, a livello regionale le nostre imprese potrebbero dare un contributo significativo ad alcuni settori chiave per la transizione energetica. Sotto il profilo dell'autoproduzione di energia rinnovabile, ad esempio, il ruolo delle micro e piccole imprese potrebbe essere determinante per il conseguimento degli obiettivi rilevanti, sfruttando anche il potenziale rappresentato dai sistemi di accumulo.
Inoltre, la possibilità di costituire le comunità energetiche rappresenterebbe un ulteriore strumento a disposizione delle imprese, non solo per efficientare il proprio consumo energetico, ma, specialmente, per combattere gli alti costi dell'energia, in una fase caratterizzata da forti rincari delle bollette energetiche.
Il Governo Draghi è impegnato nel dare una risposta a seguito di un'emergenza determinata da una contingenza, perché la riduzione del costo dell'energia rappresenta un'azione fondamentale per proseguire con maggior efficacia verso la decarbonizzazione. Su questo siamo per una visione di medio e lungo periodo, alleggerendo il peso degli oneri generali sulla bolletta energetica delle imprese che, a oggi, è costituita per il 35% da oneri parafiscali che gravano, per la maggior parte, sulle micro e piccole imprese e non permettono alle stesse di valutare correttamente il segnale del mercato dell'energia e orientarsi in maniera consapevole nella scelta del fornitore energetico competitivo presente sul mercato.
Inoltre, i rincari possono essere spiegati anche dall'aumento del prezzo delle quote per compensare le emissioni di CO2 stabilito dall'Unione Europea. Per far fronte alle conseguenze degli aumenti e dei rincari, la possibilità potrebbe essere quella di usare, per questa finalità, i proventi delle aste di emissioni.
Infine, consapevoli del fatto che il progetto dell'autoproduzione delle comunità energetiche è uno degli investimenti più significativi e importanti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pensiamo che i bandi attualmente in uscita siano definiti a misura delle comunità locali specialmente dei piccoli centri e delle aree interne, oltre che a misura di piccole e medie imprese.
Ultimo, la pronunciata messa al bando, a partire dal 2035, delle auto considerate più inquinanti, in particolare le auto diesel, puntando esclusivamente sull'auto elettrica. Questo rischia, nei tempi e nei modi di essere portato avanti senza valutare le evidenti ricadute negative in termini di costi sociali ed economici, per non parlare del manifesto impatto ambientale insito nei processi di recupero e smaltimento delle batterie.
A nostro avviso, occorre sostenere la ricerca agli investimenti su tale fronte, valorizzando non solo l'auto elettrica, ma anche approfondendo le potenzialità di altre tecnologie come l'idrogeno e i biocarburanti. Anche in Piemonte si sta costruendo una filiera importante e all'avanguardia. In Europa, peraltro, sta succedendo che alcuni costruttori di automobili abbiano avviato nuovi progetti per motori endotermici, con l'obiettivo di avere un incremento pari, se non inferiore, delle batterie. In questo modo siamo convinti che verrebbe salvaguardata l'occupazione e la continuità di molte micro e piccole imprese della filiera presenti nella nostra regione da oltre un secolo (per la precisione, 123 anni) e contribuisce allo sviluppo economico e sociale del Piemonte e del nostro Paese.
Mi avvio alla conclusione.
Le tre Confederazioni artigianali del Piemonte, in questo periodo emergenziale, hanno promosso iniziative volte a sostenere gli investimenti di riqualificazione energetica; inoltre, hanno promosso e realizzato una serie di progetti sul territorio piemontese, finanziati da enti pubblici e da enti privati. A titolo di esempio, citiamo quattro progettualità, tre delle quali sono in corso di svolgimento.
Il centro decarbonizzazione finanziato dalla Camera di Commercio di Torino.
L'intento è di accompagnare le PMI verso la trasformazione da azienda tradizionale ad azienda ecosostenibile, attraverso un percorso concreto e pratico, che faccia scoprire alle aziende il valore della sostenibilità e come questo possa trasformarsi in sviluppo economico per una prosperità durevole e condivisa.
Il progetto "Cuore resiliente", finanziato dal programma PITER Alcotra volto a sostenere le imprese dalla Val di Susa e del Pinerolese nella gestione di eventi naturali estremi.
Il progetto di riconversione green delle imprese del settore dell'auto riparazione, promosso e finanziato dalle tre Confederazioni artigiane, in collaborazione con il Politecnico di Torino.
Infine, il quarto progetto, "Economia circolare", promosso sempre dalle tre Confederazioni artigiane, in partenariato con Confesercenti Piemonte, CIA Legacoop Piemonte, Politecnico di Torino ed Environment Park per la trasformazione dello scarto di produzione in materia prima. È un progetto presentato alla Regione Piemonte nella primavera del 2021, quale possibile investimento da finanziare all'interno della Missione 2 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
La speranza è che questi progetti possano essere solo i primi di una serie ideati e condotti con l'unico obiettivo di essere concretamente di supporto e di aiuto all'ambiente e all'economia del nostro territorio.
Ringrazio tutti per l'attenzione e saluto cordialmente.
Buona giornata.



PRESIDENTE

Ringraziamo per l'intervento Bruno Scanferla, Presidente CNA del Piemonte.
Ha chiesto di intervenire Emilio Delmastro, Segretario Pro Natura Piemonte.
Prego; ha facoltà di intervenire per cinque minuti.



DELMASTRO Emilio, Pro Natura Piemonte

Preciso che parlo come Pro Natura Piemonte, in quanto sono Segretario di Pro Natura Piemonte, l'organizzazione regionale che cura soprattutto i rapporti con la Regione.
Vorrei fare una premessa. Purtroppo noi come Regione Piemonte siamo un piccolo granellino di sabbia in un'enorme spiaggia dove tutti contribuiscono all'inquinamento ambientale e, soprattutto, all'alterazione delle emergenze climatiche, cominciando dall'atmosfera che viene rovinata dai disboscamenti che ci sono nell'America centrale, nell'America meridionale, in Amazzonia e così via.
Tuttavia, dobbiamo tornare al concreto e cercare di occuparci di cosa possiamo fare noi. Premesso che condivido, in gran parte, quello che è stato detto stamattina sia dalle Associazioni ambientaliste sia dall'Assessore Marnati, che ringrazio perché, quando abbiamo qualche problema e lo segnaliamo, arrivano sempre risposte precise e dettagliate dall'Assessore. Questo, al di là delle posizioni, è un merito perch rispondere a chi pone problemi è sempre un dato positivo.
Per non ripetere cose che abbiamo già detto e sentito e che condivido vorrei chiedere alla Regione Piemonte di agire su interventi previsti o programmati, che senz'altro danno un incremento a questa crisi di carattere ambientale e climatica.
Vi faccio degli esempi, perché credo che la Regione Piemonte, unitamente alla Città metropolitana e alle Province, abbia un compito di controllo importante e fondamentale. Abbiamo dei progetti che tendono, purtroppo, a portare ancora via terreno agricolo, che è fondamentale sia per quanto riguarda la produzione sia per quanto riguarda la loro funzione di carattere ambientale. Mi riferisco alla strada che vogliono costruire fra Lombardore e Front, dove le organizzazioni agricole si stanno, per fortuna muovendo, e a una nuova strada prevista tra Vercelli e Novara. La realizzazione di queste strade vuol dire portare via altro terreno agricolo, invece bisognerebbe razionalizzare le strade esistenti, ma non continuare a realizzare strade nuove. Fare strade nuove vuol dire incrementare, comunque, il traffico.
Abbiamo poi un progetto su cui noi ci stiamo battendo in modo particolare ma temiamo di perderlo, ed è l'insediamento di Amazon a Orbassano, anche qui su terreni agricoli, quando in Orbassano, soprattutto nella zona dello scalo ferroviario, ci sono capannoni di grande capienza, vuoti e disponibili a ospitare.
In questo caso, il compito della Regione dovrebbe essere proprio quello di imporre delle scelte che non vuol dire fare della dittatura, ma soltanto indirizzare le scelte nell'interesse comune.
Ci sono poi altri problemi che riguardano le zone montane. Mi riferisco al progetto "Avvicinare le montagne" della Val d'Ossola dove, al di là di quello che può essere l'inquinamento ambientale nella zona dell'Alpe Devero, quindi vicinissimo ai parchi e alle zone montane, c'è anche poca chiarezza su chi è l'autore del progetto o il finanziatore o quello che sul progetto vuole speculare. Recentemente abbiamo visto che d'improvviso che l'azienda che vuole progettare una seggiovia da sessanta posti con nuovi tralicci e via dicendo, ha spostato la sede in Svizzera. Queste società che si spostano da una parte all'altra mi ricordano - per chi ha un po' più di memoria - Mediolanum e quello che si voleva costruire ad Albiano nel Canavese e che, grazie alle associazioni ambientaliste, si fermò, dopodich venne dimostrato che si trattava di un'impresa fondata sul nulla perch tendeva solo a speculare sul capitale pubblico.
A nostro giudizio, un altro aspetto importantissimo è la parte che pu svolgere la Regione per ripristinare le ferrovie locali. Vuol dire ridurre traffico automobilistico, quindi consumo ed energia, inquinamento e così via. Un segnale positivo c'è stato in questi anni, perché una parte delle ferrovie locali che erano state soppresse vengono man mano ripristinate.
Bisogna però continuare su questa strada per riuscire veramente a collegare meglio i centri, e al riguardo mi riferisco anche solo alla linea ferroviaria Asti- Chivasso, che è importantissima, perché rimuoverebbe una massa di traffico notevole che tutti i giorni si riversa verso Torino.
Ci sono, poi, altri problemi dovuti a impianti inutili: a Castagnole Monferrato, ad esempio, si vuole disboscare un bosco di sedici ettari per creare un impianto di motocross, quando c'è già un impianto del genere poco vicino, a Felizzano (siamo sempre nelle zone del Monferrato e dell'Alessandrino).
La Regione Piemonte può avere questi compiti d'indirizzo, ma anche d'imposizione nel cercare di frenare scelte inutili. Perché evitare di realizzare due campi di motocross vicini, quando in Piemonte ce n'è già una serie notevole, implicando soprattutto il disboscamento di sedici ettari di bosco, è un contributo notevole per favorire il cambiamento climatico.
Ultimamente si è sentito parlare anche di un nuovo impianto sciistico di collegamento fra Alagna e Zermatt, ma direi che ad Alagna impianti sciistici e impianti di collegamento ce ne sono già, per cui evitiamo di farne di nuovi.
Vi chiedo scusa se non ho parlato dei problemi in generale, ma non volevo ripetermi. Come Pro Natura Piemonte, crediamo sia importante il compito di controllo e indirizzo della Regione Piemonte nell'arrestare scelte sbagliate sul territorio; scelte che arrecherebbero danni a tutta la collettività, portando molto spesso pochissimi interessi.
Un'ultima breve riflessione: v'invito a prestare molta attenzione alla legge recentemente approvata, che dà maggior libertà all'edificabilità e alle licenze. Pro Natura Piemonte è contraria all'eccessiva burocratizzazione - questo è pacifico - ma dobbiamo fare attenzione a non liberalizzare troppo le nuove costruzioni. Perché - lo anticipava giustamente, Mercalli stamattina - il nostro territorio è già sufficientemente costruito.
Bisognerà prestare altrettanta attenzione alla nuova legge sull'urbanistica, quando sarà discussa. Finora la regolazione era garantita dalla vecchia legge Astengo (che, a nostro giudizio, è stato un grande urbanista), sebbene negli anni sia stata comunque un po' modificata, ma sempre in senso riduttivo per quanto riguarda il contrasto all'uso scorretto del territorio. Temiamo che questa nuova legge sull'urbanistica tenda ancora una volta ad aggravare la situazione esistente.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo per l'intervento Emilio Delmastro, Segretario di Pro Natura Regione Piemonte.
Diamo ora la parola per dieci minuti a Domenico Sorasio, rappresentante Confcooperative Piemonte.



SORASIO Domenico, Confcooperative Piemonte

Buongiorno a tutti. Sono Domenico Sorasio e intervengo per Confcooperative Piemonte, Legacoop Piemonte, settore agricolo e agroalimentare. Esprimo al Consiglio regionale i miei complimenti per l'importante iniziativa di oggi.
Il tema in oggetto, quello delle azioni da intraprendere a difesa dell'ambiente, con particolare attenzione alle misure, e degli interventi per affrontare lo stato d'emergenza ecoclimatica e raggiungere l'obiettivo dell'Unione Europea per la riduzione del 50% delle emissioni climalteranti entro il 2030, chiama tutti noi a un impegno ineludibile.
Il decennio attuale è decisivo: non abbiamo più tempo. Anche l'agricoltura è chiamata a fare la sua parte, la cooperazione agricola in primis, per quel che rappresenta a livello europeo, nazionale e regionale. Al riguardo ricordo che le nostre due associazioni oggi rappresentano quasi 300 realtà che operano nel settore agricolo e agroindustriale e a queste cooperative aderiscono circa 20 mila aziende agricole piemontesi.
Ovviamente, non intendiamo sottrarci alla responsabilità del settore agricolo nel cambiamento climatico. Il settore agricolo - lo sappiamo produce sia emissioni inquinanti dal punto di vista della qualità dell'aria (ammoniaca, particolato, eccetera), sia gas a effetto climalterante (metano, protossido di azoto, eccetera). L'andamento a livello nazionale delle emissioni di gas serra in atmosfera prodotte dal settore agricolo dovute principalmente alla gestione degli allevamenti, alla coltivazione del riso e all'uso dei fertilizzanti, a partire dal 1990 è in tendenziale diminuzione. Tuttavia, noi cooperatori agricoli siamo i primi a essere ben consci che ulteriori interventi di riduzione dovranno essere intrapresi per raggiungere gli obiettivi stabiliti al 2030.
Detto questo, non possiamo certo sottacere che il settore agricolo subisce molto le conseguenze del cambiamento climatico: si pensi agli effetti della siccità (quest'inverno è una stagione emblematica), alla riduzione delle disponibilità idriche per l'irrigazione, agli effetti delle alte temperature sulle rese produttive e sugli allevamenti, agli attacchi di nuovi parassiti alle culture, alle piogge di cui si parla forse meno perch piove meno, ovvero piove in tempi brevi, con intensità devastanti sulle coltivazioni.
Certamente, l'agricoltura dev'essere un settore sempre più sostenibile come ho detto e come sta già facendo, o, se volete, sostenibile nella quantità e nella qualità delle sue produzioni. Detto in altro modo dobbiamo migliorare le performance climatiche e ambientali dei sistemi produttivi e adottare sistemi tecnologici che permettano di comunicare al cliente o al consumatore le performance in chiave di sostenibilità e di qualità delle produzioni agroalimentari.
In particolare - in estrema sintesi - occorrono investimenti integrati, cui il sistema cooperativo dedica molta attenzione, tempo e risorse, ad esempio per l'adattamento al cambiamento climatico, tanto nella mappatura satellitare a diversi livelli per la valutazione agronomica e agricola quanto nella sensoristica, ad esempio per valutare la presenza di insetti e il loro impatto; per il controllo dell'umidità del suolo; per l'identificazione continua in capo alla raccolta di parametri di qualità delle produzioni; per la digitalizzazione del prodotto, dovendosi osservare che tra i sistemi di tracciabilità digitale vi è certamente anche la blockchain, che presuppone, per la sua efficacia, un sistema di attori che si parlano e si scambiano informazioni tra di loro; il che vede protagonista il socio dalla cooperativa agroalimentare, che costituisce una prima filiera, ma è opportuno far dialogare anche altri attori dall'industria di prima e seconda trasformazione al consumatore finale.
Ancora, occorrono investimenti integrati per la digitalizzazione dei sistemi, con un'innovazione digitale che parte dal campo per arrivare all'interno dello stabilimento, collegandosi ai principi di economia circolare, con sviluppo di modelli di intelligenza artificiale a supporto del controllo di gestione, della pianificazione per obiettivi e delle scelte strategiche; per lo sviluppo della bioeconomia, con un'impiantistica per il fotovoltaico (utilizzo di biomasse); per l'ottimizzazione delle rotazioni colturali; per il riutilizzo dei residui agricoli e sottoprodotti (scarti industria alimentare) con produzione di biometano; per lo sviluppo dell'agricoltura di precisione, dell'agricoltura intelligente dell'agricoltura conservativa e dell'agricoltura biologica; per lo sviluppo, grazie a nuove tecnologie, di attività di formazione informazione e consulenza.
Ciò che va ribadito su questo tema, sul quale insistiamo da molto tempo, è la svolta in chiave agri-ecologica dell'agricoltura, ovvero l'agro ecologia, che non è un ritorno all'indietro, ma un passo in avanti nella misura in cui considera l'azienda agricola come agro-ecosistema, cioè come ecosistema antropizzato e per scopi agricoli, in cui le componenti principali (l'uomo e l'ambiente) interagiscono con un legame di reciprocità e il sistema agricolo come sistema di agro-ecosistemi.
Della svolta ecologica, fondamentale ai fini di accrescere la sostenibilità ambientale del settore primario, emerge un approccio collaborativo e cooperativo. Se è utile considerare l'azienda agricola come un agrosistema è anche vero che gli agrosistemi comprendono necessariamente più aziende agricole. È per questa ragione che le nostre associazioni da tempo sottolineano la necessità che, per conferire maggiore efficacia agli interventi, occorre attivare una massa critica di interventi spazialmente significativa, cioè contigui per agrosistemi omogenei.
In tema di interventi agro-climatico ambientali, è opportuno ricordare come la Commissione europea, nel Regolamento del 2015 e del 2021, sottolinei l'importanza degli approcci cooperativi e partnerariali, anche in materia ambientale. Infatti, numerosi studi hanno evidenziato come uno dei principali limiti che, in passato, ha caratterizzato gli interventi della PAC in materia agro-ambientale sia stato quello di indirizzare il supporto alle singole aziende, non tenendo conto in maniera adeguata della dimensione territoriale delle risorse che si intendevano valorizzare. È sempre più evidente, infatti, come in molti casi le misure agro-ambientali siano risultate inefficaci, non tanto a causa della loro applicazione, ma piuttosto per la loro stessa filosofia d'intervento, basata su un rapporto contrattuale tra l'amministrazione e il singolo beneficiario.
Non si mette in conto in questa sede che l'agenda politica europea, a partire dal dispiegarsi del Green Deal, prevede due linee d'intervento destinate a interessare direttamente l'agroalimentare, cioè la strategia Farm to Fork - orientata a favorire lo sviluppo di filiere alimentari sostenibili dal produttore al consumatore, attraverso la riduzione del ricorso ad antibiotici e fitofarmaci, la tracciabilità delle produzioni - e la strategia per la biodiversità, finalizzata a favorire l'aumento delle zone agricole protette, né soffermarsi sugli interventi (dati per noti) previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che destina consistenti risorse a diversi ambiti del sistema agrifood, a partire dalle produzioni primarie.
Oltre alla dorsale fondamentale finalizzata a migliorare l'efficienza energetica complessiva e a ridurre l'impronta dell'apparato produttivo nazionale, il PNRR prevede misure specifiche per lo sviluppo dell'agri solare e del biogas, la riduzione dell'impatto della catena logistica agro alimentare (prima trasformazione, stoccaggio, trasporto e vendita all'ingrosso) e il miglioramento dei sistemi irrigui.
La leva generata da queste politiche europee e nazionali si prefigura in una fase evolutiva per il sistema agroalimentare e vedrà il tema già consolidato della qualità dei prodotti integrarsi con quello più ampio della sostenibilità dei processi di produzione, cioè non solo fare cose buone, ma farle anche bene e in maniera sostenibile. Trattasi di un incrocio che, nella transizione ecologica energetica, tecnologica e digitale, pone in evidenza il rapporto circolare sempre più stretto tra la conservazione degli ecosistemi, la sicurezza alimentare, la tutela della salute, ove l'alimentazione diventa uno strumento per favorire, al tempo stesso, il benessere individuale e un utilizzo più sostenibile delle risorse naturali.
Merita sottolineare che il cambiamento dell'agricoltura e del sistema agroalimentare nel suo complesso sarà anche guidato dalla domanda con un crescente fabbisogno non solo di qualità dei prodotti, ma di certificazione e tracciabilità. Insomma, la domanda crea l'offerta. La sostenibilità ambientale, lo sappiamo, dev'essere integrata alla sostenibilità sociale ed economica.
Nelle raccomandazioni della Commissione per il Piano strategico dalla PAC dell'Italia, al fine di affrontare le sfide economiche, ambientali climatiche e sociali interconnesse, la Commissione ritiene che il Piano Strategico Italiano debba focalizzare le proprie priorità e concentrare i propri interventi su alcuni punti chiave, tra i quali è presente quello di promuovere e valorizzare il ruolo delle aggregazioni, così come della cooperazione, per raggiungere gli obiettivi specifici della PAC, tra cui per non ripetermi, mi limito a ricordare quelli di garantire un reddito equo agli agricoltori, aumentare la competitività, riequilibrare la distribuzione del potere nella filiera alimentare o, detto in altro modo migliorare la posizione degli agricoltori nella catena del valore.
Ciò posto, promuovere processi d'integrazione e aggregazioni delle imprese e dell'offerta è una questione che va affrontata non solo a livello d'interventi dal programma di sviluppo rurale, da PAC OCM e delle misure di cooperazione, ma è anche un problema di espansione della democrazia ai mercati agroalimentari, dove esistono, non solo in Italia, abusi di posizione dominante, e dunque di potere, da sanare normativamente, se è vero, com'è vero, che il Trattato dell'Unione Europea parla di economia sociale e di mercato.
Tutto ciò comporta l'attivazione, nell'ambito della progettazione integrata, di progetti integrati di filiera e di distretto, a favore dei quali Confcooperative e Legacoop sono impegnate da molto tempo. Per fermarci ai contratti di filiera, questi, nel rispetto di finalità di sostenibilità ambientale, com'è noto, aggregano gli attori di una filiera agro-alimentare o forestale (agricoltori, imprese di trasformazione) al fine di superare le principali criticità della filiera, di favorire processi di riorganizzazione e consolidamento, di realizzare relazioni di mercato più equilibrate e si basano sull'attivazione di più misure del Programma di Sviluppo Rurale, e prevede la presentazione del progetto che vede come beneficiari tutti gli attori della filiera, nonostante il finanziamento sia concesso singolarmente a ciascuno dei partner.
I contratti di filiera, favorendo l'aggregazione delle aziende agricole e la concentrazione della produzione presso la cooperazione agroalimentare consentono di ottenere vantaggi in termini di prezzo, in primis per i produttori agricoli, quindi sono finalizzati alla sostenibilità della fase primaria.
Quanto affermato ha voluto esprimere un concetto che mi permetto di riprendere in questa sede di conclusioni, cioè raggiungere l'obiettivo dell'Unione Europea della riduzione del 50% entro il 2030 delle emissioni climatiche climalteranti richiede, ad avviso di Confcooperative e di Legacoop, un approccio collaborativo sia per gli interventi con finalità di tutela dell'ambiente, degli agrosistemi, del paesaggio e della diversità animale e vegetale, sia tra gli attori delle filiere agroalimentari secondo il principio della sostenibilità a tutto tondo e della fase primaria.
Ringrazio per l'attenzione.



PRESIDENTE

Ringraziamo Domenico Sorasio, rappresentante Confcooperative Piemonte.
Do ora la parola al Presidente regionale di Centro Sportivo Educativo Nazionale; ne ha facoltà per cinque minuti.



CARCANGIU Gianluca, CSEN

Buongiorno. Utilizzerò anche meno di cinque minuti.
Intanto vi ringrazio per aver indetto questo Consiglio aperto.
Sono Gianluca Carcangiu, Presidente del Centro Sportivo Educativo Nazionale, ed è sul termine educativo che motivo la mia presenza in questa riunione.
Sono qui per portare il nostro contributo e per riportare a voi quello che è il nostro termometro educativo rispetto alle attività che facciamo ogni giorno in Piemonte.
La natura di questa riunione è ambire alla riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030. Questo, per noi, deve essere un mantra, una frase che dobbiamo ripetere sempre. Come sapete tutti, non esiste una sola soluzione a un problema; per arrivare a quest'obiettivo occorre mettere in campo tante soluzioni, che sono anche trasversali.
L'essere umano è la causa di questa situazione, ma noi, Presidente dobbiamo avere fiducia sul fatto che egli stesso possa essere la soluzione e che quest'obiettivo possa essere una barriera sotto la quale riunirci e rifondare un senso di comunità che negli ultimi anni abbiamo perso.
A dire questo non sono io, ma è l'indice BES, che consiglio a tutti di consultare. Siamo vittime anche dell'altro indice, il PIL, che è un po' la nostra rovina, in termini ambientali.
Ho ascoltato molti interventi di altissimo livello e sappiamo benissimo cosa bisogna fare. Ora, però, bisogna capire come fare. Il primo consiglio che mi sento di portare in questa riunione è di creare una campagna di comunicazione sulla tutela dell'ambiente e sulle buone pratiche finalizzata all'obiettivo del 2030. Fin qui nulla di nuovo, una campagna di comunicazione, però, che non deve essere di paura o di allarmismo, ma di gioia; una campagna che crei appartenenza, magari collegata a iniziative momenti di aggregazione, valorizzazione delle reti sociali e associative.
Occorre creare fiducia rispetto al fatto che quest'obiettivo possa essere raggiunto insieme. Per farlo, occorre creare i presupposti per generare un obiettivo condiviso che prescinda dalla classe sociale, dalla religione o dall'etnia. Forse ciò di cui oggi abbiamo bisogno è una sorta di religione sociale che ci riunisca sotto un'unica ritualità, rappresentata dalle buone pratiche. Sono ancora tantissime le persone che nel problema dell'ambiente non vedono la cosa primaria, perché devono preoccuparsi di altri problemi personali (non entro nei dettagli).
Ritornando sul tema dell'educazione, come ente abbiamo attivato un percorso formativo sperimentale, che abbiamo chiamato "tecnico sportivo di comunità educante", che abbiamo attivato proprio grazie al contributo della Regione (siamo rientrati nel bando 4). In sostanza, forniamo competenze trasversali a chi già opera nel mondo dell'associazionismo e queste competenze riguardano integrazione e l'ecologia (soprattutto l'ecologia). Lo facciamo per trasformare le ore di attività fisica in momenti di trasmissione di valori e lo stesso lavoro lo facciamo quando lavoriamo con i ragazzi delle scuole.
Questo ve lo dico perché, oggi, gli enti educativi e formativi, per ovvie ragioni, sono serrati sui programmi didattici, tralasciando tutto il resto resto che probabilmente salverà il mondo fra qualche anno. Credo, quindi che il tema dell'ambiente vada portato a tutti i livelli.
Il secondo consiglio che mi sento di portare è di attivare una serie di bandi a tema, ma, Presidente, bandi accessibili anche alle piccole realtà.
Questo per capitalizzare l'intervento educativo e, possibilmente, valutare l'impatto di questi progetti attraverso la creazione di una Commissione regionale ad hoc. È importante valutare l'impatto dei progetti, altrimenti rischiano di essere dei "compitini". Di solito, per i bandi della Regione voi chiedete due anni di bilancio. Ecco, io annullerei questo vincolo, per dare la possibilità a tutti di organizzarsi e intervenire, soprattutto i ragazzi più giovani, che magari non hanno strutture con storicità.
Questo potrebbe servire per premiare le idee e la buona volontà, però di educazione, perché senza educazione non c'è cambiamento. Questo è un dato lampante.
Il terzo consiglio che vi porto riguarda i tavoli di lavoro a tempo, con un inizio e una fine; tavoli aperti, la cui partecipazione potrebbe avvenire attraverso bandi; tavoli in cui c'è la società civile che interviene insieme alla politica e da questi devono uscire idee e azioni per la comunità. Potrebbero essere divisi per area di competenza, cioè creare una sorta di unità di crisi ambientale: quindi il tavolo ambiente e istruzione ambiente sport e ambiente trasporti.
Questo, però, con i cittadini, perché occorre generare azioni condivise per una trasmissione di soluzioni dal basso verso l'alto.
Vado alla conclusione: tutto ciò che dobbiamo fare è abituarci a prendere senza impoverire. Per farlo, Presidente, ci vuole educazione e spirito di comunità.
Vi saluto dicendo che la "SCIENZA" deve lavorare per trovare soluzioni però la coscienza deve lavorare per realizzarle. Pertanto, concentriamoci sul fattore uomo, rispetto a questo grande obiettivo.
Vi ringrazio e buona continuazione.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Passiamo ora agli interventi dei Consiglieri regionali.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Preioni; ne ha facoltà.



PREIONI Alberto

Buongiorno a tutti.
Vorrei fare alcuni ragionamenti, dopo la discussione di questa mattina partendo, però, dal presupposto che la Cina inquina di più, in tema di emissioni, rispetto agli Stati Uniti, all'India, alla Russia e al Giappone messi insieme, pari a tredici miliardi di tonnellate di anidride carbonica il triplo dal 2001. Dagli USA arrivano 6,6 miliardi; dall'intera Europa sei.
Questi cambiamenti climatici ci sono, nessuna persona di buonsenso pu negarlo (io vivo in montagna e vedo questa stagione senza un fiocco di neve, vediamo l'arretramento dei ghiacciai, perché i montanari sono le persone che, arrivando dal mondo rurale, se ne accorgono ancora più velocemente), però non può essere sulle spalle del montanaro, degli agricoltori e degli abitanti delle zone rurali il cambiamento.
Solo la Cina, ribadisco, inquina di più degli Stati Uniti, dell'India della Russia e dell'intero Giappone: tredici miliardi di tonnellate di anidride carbonica.
Alcuni paesi non hanno la democrazia e momenti di socialità e discussione come questa, è innegabile, però fanno dei danni, stante che il cambiamento climatico non è definito dai confini regionali né nazionali n internazionali. Il leader mondiale dell'acciaio, sempre cinese, riversa in atmosfera più CO2 dell'intero Pakistan: 211 milioni di tonnellate. Un altro colosso cinese, Huaneng Power International, produce 317 milioni di tonnellate di CO2, più dell'intero Regno Unito.
Il settore energetico contribuisce al 33% delle missioni, ma in Cina sono già state annunciate quarantatré nuove centrali a carbone; in Italia e in Piemonte dobbiamo pensare al nucleare, perché se si vuole ragionare sulle rinnovabili - penso che i tempi siano maturi e qualcosa assolutamente si sta muovendo - dobbiamo essere anche sinceri e dobbiamo sapere che la richiesta di energia c'è e ci sarà e sarà anche maggiore con la mobilità elettrica e la mobilità ibrida e quindi bisogna pensare seriamente al nucleare di nuova generazione.
Il settore dell'acciaio contribuisce per il 21% e aumenterà in Cina fino al 40%.
Questi sono alcuni dati rispetto a paesi che non hanno la libertà dell'Occidente e dell'Unione Europea. Lo storico l'ha fatto l'Occidente, ma nell'attuale i responsabili principali sono Cina e India. L'India è responsabile del 7% di tutte le emissioni di CO2, alle spalle di Cina e Stati Uniti d'America.
Il consumo di energia in India è raddoppiato dal 2020 e con l'80% della domanda che è soddisfatta dal carbone, petrolio e biomasse. Ci sono 135 centrali a carbone attive.
Questi sono paesi che devono vivere lo sviluppo e il boom economico che abbiamo vissuto noi, avere tutto il benessere che abbiamo avuto noi e sarà assolutamente difficile e complesso far capire a quella classe media che il mondo è diverso e bisogna consumare in maniera diversa. Questa è la realtà e bisogna essere sinceri. Il Piemonte è responsabile dello 0,0%, ma se non pensiamo alla Cina e all'India stiamo facendo di bei discorsi, ma che si tradurranno in niente. Per l'amor di Dio, le buone pratiche passano dal consumo consapevole e da ogni comportamento personale, ma oggi vedo in Occidente e in Piemonte una consapevolezza verso il mondo della sostenibilità che sicuramente venti o trent'anni fa non c'era, oggi è assolutamente migliore.
Volevo soffermarmi sul fatto che se vogliamo sviluppare le rinnovabili e vogliamo far sì che l'Italia si approvvigioni di energia ed eviti, in un paese iperburocratico con le tasse al massimo, di spendere.
Oggi c'è la tematica del "caro bollette", vogliamo ancora comprare energia dalla Francia e strapagarla? Se vogliamo essere indipendenti, ci vuole un po' di sana autarchia.
Sono quattro le centrali nucleari che abbiamo a ridosso del confine italiano in Francia. Il Presidente Macron ha dichiarato che i tempi sono maturi per una rinascita dell'industria micro nucleare. In Svizzera ci sono cinque centrali nucleari che sono vicinissime al Piemonte e il 32 dell'energia prodotta è garantita dal nucleare. Il nucleare di nuova generazione attualmente è una soluzione da verificare, studiare e implementare. Attualmente al mondo ci sono 440 centrali nucleare, di cui 100 in Europa, che garantiscono un terzo dell'energia elettrica dell'Unione Europea. Il Ministro della Transizione ecologica, Cingolani, ha aperto alla fissione nucleare di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante, sostenendo che, laddove i rifiuti radioattivi fossero pochissimi la sicurezza è elevata e i costi sono nettamente più bassi, quindi sarebbe da folli non considerare questa tecnologia.
Non possiamo dire solo dei "no" - no ai termovalorizzatori, no al nucleare perché ci va una richiesta di dotazione energetica.
L'ha ripetuto bene il Presidente Cirio, nostro Governatore, e l'Assessore all'ambiente Marnati: il Piemonte si candida a essere una delle maggiori Regioni che ricorre all'idrogeno. L'idrogeno, che è assolutamente innocuo per l'ambiente, è una strategia vincente e una strategia che il Piemonte vuole assolutamente percorrere.
Il gas è annoverato tra le energie di transizione e l'obiettivo è raddoppiare l'estrazione dei giacimenti nazionali che passano da tre a sei miliardi di metri cubi all'anno (fonte del Ministero della Transizione ecologica).
Ribadisco che il peso non può essere assolutamente sugli abitanti, sugli allevatori, sugli agricoltori e sui montanari, ma non può ricadere neanche in un territorio come il Piemonte, sulle piccole e medie imprese, che sono la colonna portante della nostra economia.
È bene che il Governo voglia sbloccare l'approvvigionamento di gas anche a livello italiano, perché dobbiamo essere realisti: sono materie prime che ci servono e che, in alternativa, continuiamo a strapagare a chi magari sta inquinando molto più di noi e sta arrecando danni molto più grandi di noi.
Secondo me, dobbiamo essere molto seri, dobbiamo essere compatti nel combattere il cambiamento climatico, ma dobbiamo essere anche realisti perché se non si muore per il clima, non possiamo far morire le fasce deboli e i nostri territori per mancanza di energia e di costi energetici estremamente fuori mercato.
In Italia ci sono cinquantatré termovalorizzatori, solo nove al Sud e tredici in Lombardia. La Lombardia è l'unica Regione ad avere una produzione energetica superiore ai 100 megawatt, soprattutto per i due termovalorizzatori di Milano e Brescia. In Emilia Romagna ce ne sono nove in Veneto quattro, in Lazio tre e uno in Piemonte.
I termovalorizzatori sono oltre 500 in Europa: 96 in Germania, 126 in Francia e nell'80% dei casi si trovano a meno di cinque chilometri dal centro cittadino. A Copenaghen è famosissimo l'impianto che brucia ogni anno 440 mila tonnellate di rifiuti, ospita una pista di sci sul tetto, una parete di arrampicata e un caffè con visto sul porto.
Secondo uno studio del Politecnico di Torino e di Milano, gli attuali impianti non bastano, visto che il 20% (trenta milioni di rifiuti urbani prodotti in Italia) finiscono ancora in discarica perché i rifiuti o li bruci o li sotterri (anche qui bisogna essere realisti).
L'obiettivo fissato dall'Europa è del 10% dei rifiuti che finiscono ancora in discarica. Noi siamo già al doppio, purtroppo. Se fossero tutti trattati in termovalorizzatori, garantiremmo il fabbisogno energetico di nove milioni.



(Audio mancante o non comprensibile)



PREIONI Alberto

Lo stesso studio dimostra che i termovalorizzatori producono 0.03 PM10 rispetto al 54% prodotto dalle combustioni commerciali e residenziali.
Anche questi sono punti di riflessione, visto che altri paesi del mondo senza onde emotive, avendo affrontato queste situazioni in maniera più scientifica, hanno assolutamente dato delle risposte.
Veniamo ai motori elettrici e diesel, come ultima riflessione. I costi degli elementi essenziali delle batterie sono già schizzati alle stelle: in due anni il costo del nichel è cresciuto del 40%; quello del cobalto, di cui la Cina oggi è monopolista, è cresciuto di tre volte. Nel prossimo decennio la domanda supererà la capacità estrattiva. Intanto, in che condizioni lavorano questi lavoratori? L'industria automobilistica italiana conta 2.200 imprese e 161 mila addetti. In Piemonte sappiamo quanto è forte l'automotive (di questi 161 mila addetti, 100 mila sono piemontesi). Con la messa al bando della benzina e del diesel dal 2035, il 67% delle esportazioni sarebbe a rischio 60 mila occupati pure e molte aziende perderebbero il lavoro.
Dobbiamo prestare molta attenzione a non creare disparità, né ulteriori tagli in un mondo del lavoro che in questi anni di pandemia non ha sicuramente goduto di grande slancio. Gli studi scientifici dimostrano che le emissioni delle moderne vetture diesel Euro 6D sono talmente basse da non essere significative. Dunque, bene l'auto elettrica, bene l'auto ibrida ci mancherebbe! - però dobbiamo sapere che i modelli diesel di ultima generazione (Euro 6D) sono realisticamente performanti: sono responsabili dell'1% appena dell'ossido di azoto, mentre le concentrazioni di PM10 PM2.5 e PM1 sono così basse da non essere di fatto misurabili.
Ho voluto dipingere un quadro un po' provocatorio e polemico, tra virgolette, rispetto agli interventi che ho sentito oggi, perché la Regione Piemonte non può permettersi di dire "no" alla TAV: è vero che nella sua realizzazione genererà CO2, ma i dati con cui dovremo confrontarci sono i miliardi di tonnellate che la Cina immette nell'atmosfera, che è di tutto il mondo. Ricordo che la TAV genera un grande indotto economico, e chiunque s'intenda un minimo di economia può comprendere che non si può essere esclusi dalle grandi tratte commerciali e dalla logistica. La Genova Rotterdam o la Lione-Kiev sono tratte logistiche fondamentali per lo sviluppo economico della nostra Regione.
Ho sentito anche parlare delle tratte minori, ma quelle sono assolutamente importanti in termini di trasporto passeggeri. La TAV, invece, riveste un ruolo di sviluppo strategico per l'intera Europa ed è assolutamente importante per il Piemonte. Una volta realizzata, si parlerà di un trasporto meno impattante rispetto alla gomma, perché eviterà la concentrazione di centinaia, se non migliaia, di camion sulle nostre strade; camion che passerebbero quindi alla rotaia, che è un mezzo di trasporto molto più ecologico.
Naturalmente, la realizzazione comporta degli esborsi in termini di emissioni di CO2. Però è impensabile dire "no" alla TAV, così come è impensabile dire "no" allo sviluppo dalla montagna. In montagna e nelle zone periferiche si continuerà a vivere e a generare ricchezza soltanto se ci saranno opportunità di lavoro e di sviluppo. Dunque, bene l'ambiente bene l'ecologismo, bene le riduzioni dei gas serra - ci mancherebbe! - ma il Piemonte non può pagare per colpa della Cina! Le zone periferiche del Piemonte non possono assolutamente perdere occasioni economiche importanti per il loro sviluppo.
Le nostre partite IVA, la nostra piccola e media impresa, non possono essere vittime del caro bollette: uno Stato che è degno di questo nome deve capire che ci sono delle politiche energetiche strategiche, quali il nucleare o i termovalorizzatori, che invece possono dare risposte in un momento economico devastante in un paese dove i nostri imprenditori sono già devastati dalla burocrazia e da tasse spropositate rispetto ai competitor europei. Non è certo a loro che possiamo chiedere ulteriori sforzi! Grazie a tutti. Lascio la parola ai successivi interventi.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Alberto Preioni per l'intervento.
Ha chiesto la parola il Consigliere Domenico Rossi; ne ha facoltà.



ROSSI Domenico

Grazie, Presidente.
Vorrei ringraziare anch'io, a nome del Partito Democratico, tutti i nostri ospiti, i militanti di Extinction Rebellion Torino, di Fridays for Future tutti coloro che sono intervenuti, i rappresentanti delle Università e delle Associazioni.
Devo rilevare, in particolare, che i ragazzi ci hanno letteralmente obbligati, per la seconda volta in meno di tre anni, a interrogarci sulla crisi più grande che abbiamo di fronte. Ci hanno "obbligati" perch sappiamo benissimo - l'intervento del collega che mi ha preceduto ne è una testimonianza - che, diversamente, per questa maggioranza il tema non è evidentemente prioritario, o almeno non lo è per una parte di essa.
Cercherò, quindi, di dialogare con i nostri ospiti, facendo un intervento che non entrerà nel merito della polemica politica, Presidente, anche per rispetto ai nostri ospiti, ma tenterò di rimanere su un livello più alto come quello raggiunto questa mattina.
Cercherò di offrire il mio contributo provando a mettere a fuoco quello che, a mio avviso, è l'elemento di fondo, la cifra della crisi che stiamo vivendo. E poiché avremo tempo, successivamente, di entrare nel merito delle azioni che la Regione dovrebbe mettere in campo attraverso l'esame degli atti d'indirizzo presentati, in questo mio primo intervento non entrerò tanto nel dettaglio di ciò che dovrebbe fare la Regione.
Abbiamo ascoltato anche dai nostri ospiti che la crisi non è climatica e non è sanitaria, ma è ecologica. Oppure, dovremmo dire che non è solo climatica, non è solo sanitaria, non è solo ambientale, ma è tutte queste cose insieme.
Questi temi, insieme al COVID, sono sintomi diventati così grandi e così dolorosi che, semplicemente, non ci permettono più di rimandare o di non vedere. Gli stessi interventi di chi nega queste cose, diciamo così, col tempo stanno sfumando.
Se andate a prendere gli interventi di due o tre anni fa, ascoltereste dei toni decisamente e palesemente più negazionisti. Che cosa vuol dire che la crisi è ecologica, Presidente? Significa tante cose e molte ce le hanno spiegate tutti coloro che sono intervenuti prima. A me è venuta in mente una storia che ho letto su un libro di uno dei padri dell'ecologia moderna che è Gregory Bateson. È la storia della farfalla pane e burro, che Gregory Bateson prende in prestito da Lewis Carroll in "Alice nello specchio".
La leggo, perché è brevissima. "Eccola lì, che sta zampettando vicino ai tuoi piedi", disse la zanzara (Alice tirò indietro i piedi un po' allarmata), "la farfalla pane e burro. Le sue ali sono fettine sottilissime di pane spalmato col burro, il corpo è un pezzo di crosta e la testa è una zolletta di zucchero". "E di che cosa si nutre?", "Di tè leggero con panna". Venne in mente ad Alice una difficoltà imprevista. "E se non lo trova?" chiese. "Allora muore, naturalmente". "Ma è una cosa che le deve capitare spesso" osservò Alice, pensierosa. "Le capita sempre" rispose la zanzara. Dopo di che, Alice restò zitta per un paio di minuti soprappensiero".
Di fatto, possiamo dire che la farfalla pane e burro - che ho citato perch le storie spesso ci aiutano a capire le cose più complesse - è morta a causa di un doppio vincolo evolutivo e dell'impossibilità di un adattamento contraddittorio: se la farfalla dovesse trovare il cibo morirebbe sciogliendosi in esso; non le resta che non trovare cibo e morire ugualmente.
Credo che questa storia rappresenti molto bene il rischio in cui si trova l'essere umano in questo momento, perché quando parliamo di crisi ecologica, che è tutte queste crisi insieme, stiamo parlando del fatto che ci stiamo infilando da soli all'interno di un doppio vincolo evolutivo.
Questo perché? Sono tanti gli errori: c'era il modello economico, che è stato citato; ci sono gli atteggiamenti dell'uomo, ma c'è un problema culturale di fondo - i filosofi e gli studiosi potrebbero dire che è un problema epistemologico - che riguarda il come l'uomo si pone nei confronti dell'ambiente e nei confronti dei suoi simili, ed è quello della separazione.
È un errore molto antico, per cui l'uomo si pone come se fosse separato dall'ambiente per dominarlo e per sfruttarlo e lo stesso fa con i suoi simili. È un errore antico, ma che appartiene in maniera particolare alla storia della cultura occidentale, con una particolarità: che fino all'inizio del secolo scorso le retroazioni che l'ambiente riusciva a mettere in campo sull'azione antropica erano tali per cui si ristabiliva un equilibrio. Poi tutta una serie di condizioni - l'aumento demografico, la rivoluzione industriale, la rivoluzione tecnologica che ha dato all'uomo una potenza che in natura non aveva - hanno fatto sì che la flessibilità del sistema è diminuita, cioè l'ambiente non riesce più a rigenerare l'equilibro precedente. Ecco perché noi oggi paghiamo un prezzo altissimo in termini, ad esempio, di biodiversità.
Sono questioni che, in realtà, conosciamo da decenni. Cito solo due cose perché non abbiamo tanto tempo e non vogliono rubare spazio ai colleghi.
Nel 1972 uscì un testo ormai celebre, che è "I limiti dello sviluppo" commissionato dal MIT al Club di Roma, nel quale possiamo leggere già una previsione di queste situazioni. Infatti, era detto in maniera chiara che se non avessimo cambiato modello di fronte alla crescita di popolazione all'industrializzazione, alla crescita dell'inquinamento, alla produzione di cibo e allo sfruttamento delle risorse, avremmo raggiunto un punto limite, in cui non ci sarebbe più stato sviluppo per nessuno.
C'è poi tutto il pensiero di un grande pensatore francese, che è diventato centenario proprio nei mesi scorsi, che è Edgar Morin, il quale ci ha accompagnato su questi temi.
Con buona pace di chi nega, è evidente che queste questioni dipendono dall'uomo, perché basta confrontare cosa riusciva a fare l'uomo fino al XIX secolo e all'inizio del XX secolo in tutti i problemi che oggi elenchiamo (consumo di suolo, biodiversità, produzioni di biomassa) e cosa invece ha fatto dal XX secolo in avanti. Ecco perché poi addirittura si parla di "Antropocene" e forse stamattina quest'aspetto è stato toccato di meno o non toccato; ho ascoltato tutti gli interventi, ma forse mi sono perso qualche passaggio.
La nostra presenza nel mondo negli ultimi cinquanta-sessant'anni è diventata tale da coprire tutto il resto della presenza da quando esiste l'uomo. È evidente che questo fa saltare l'equilibrio ed è questa la questione su cui dobbiamo porre l'attenzione: la separazione e la riduzione di flessibilità che ci rende complicato sia l'adattamento sia la mitigazione, di cui abbiamo parlato molto questa mattina e abbiamo ascoltato molto anche dai nostri ospiti (che ringrazio), che sono a supporto dei decisori politici. Se i decisori politici rispondono che va tutto bene e che quello che avevamo fatto va bene e che non possiamo cambiare strada, è evidente che momenti come questi rischiano di diventare inutili, a grave danno dei cittadini.
Il tema qual è? Che noi, di fronte a tutto questo e a questa consapevolezza, non stiamo reagendo con la dovuta urgenza. Abbiamo visto cosa vuol dire reagire con urgenza con la pandemia, quando abbiamo messo in discussione tutto il modello con cui, fino a un mese prima, guardavamo la sanità e le politiche sanitarie. Invece, in questo caso ancora ascoltiamo che il modello con cui gestiamo la crisi ecologica non viene messo in discussione. È come se quella crisi non stesse ipotecando il futuro, come ha fatto la pandemia. È lì che viene fuori che non siamo pronti e non abbiamo capito.
Guardi anche, Presidente, al tema del PNRR, che ci dà degli obiettivi precisi in tempi molto stretti, investe delle risorse, stravolgendo anche alcune visioni precedenti. Quando invece parliamo di crisi ecologica diciamo "sì, è vero, avete ragione, abbiamo fatto tante cose, ma non possiamo permetterci di...", non capendo che invece è proprio quel "non possiamo permetterci di" che ci mette nella condizione di diventare come la farfalla pane e burro che citavo prima e quindi semplicemente di andare incontro a un'estinzione e a un deterioramento gravissimo della qualità della vita.
Pertanto, serve un cambiamento radicale, perché è nella questione del problema della separazione che c'è l'allargamento della crisi anche al tema sociale, perché la crisi è ecologica, ambientale e sociale insieme, come ci ricorda Papa Francesco nella "Laudato Si'". Il tema è sempre quello: io contro gli altri e non io insieme con gli altri, mentre la pandemia ci ha messo di fronte all'evidenza che c'è un'interdipendenza che non possiamo scardinare, che non ci si salva da soli, ma non soltanto in salute, in tutto quello che ci aspetta e che dobbiamo mettere in campo.
Siamo nell'era planetaria: la Terra è una ed è la casa comune di tutti, una patria comune degli esseri umani e questo non è solo un tema morale o politico. Le scoperte scientifiche degli ultimi anni ce lo dimostrano: il grande e il piccolo, il vicino e il lontano, il noi e il voi cambia nelle diverse epoche. In quest'epoca dobbiamo prendere atto che la terra è una ed è una casa comune. Ecco perché oggi, insieme a tutti i nostri ospiti che ce lo hanno ricordato, non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa anche un approccio che tiene insieme l'ambiente, il sociale, che chiede giustizia ambientale e giustizia sociale proprio per ascoltare - e cito ancora il "Laudato Si'" - tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri. Sono grida che hanno la stessa radice, quella della separazione, che invece dobbiamo eliminare per andare verso l'integrazione e l'interdipendenza.
Dobbiamo cercare di mettere in campo tutto quello che abbiamo ascoltato oggi e non dire "sì, va bene, ma intanto non possiamo fare diversamente" altrimenti una giornata come quella di oggi è inutile.
Alcune questioni le abbiamo riportate nelle mozioni, e dopo entreremo nel merito, per quanto ci riguarda, di alcune questioni puntuali, ma è importante capire oggi, anche grazie al contributo di chi è intervenuto che occorre convertire le premesse con cui guardiamo al mondo, con cui pensiamo queste cose, perché se le lasciamo come le abbiamo tenute fino adesso, non cambieranno le nostre azioni. Dobbiamo rivoluzionare il nostro punto di vista; non esiste percorso di crescita e di salvezza, che mi riguarda come individuo, come gruppo o come nazione, che non sia collegato a quello del mondo intero. Esiste solo un percorso che preservi la relazione, il sistema e l'interdipendenza. Questo significa tante cose: significa che non siamo qui per sfruttare il pianeta, ma che siamo i custodi (come qualcuno ci ha anche già ricordato) e che tra gli esseri umani dobbiamo mettere in campo il tema della fraternità. Ma seriamente senza voler aprire adesso la questione sulla guerra di cui, purtroppo stiamo assistendo in questi giorni.
È chiaro che dobbiamo mettere in campo tutto quello che serve per contenere le emissioni, come ci è stato detto; per proteggere e rigenerare il suolo come ci è stato spiegato con evidenza di particolari; per difendere la biodiversità, com'è emerso questa mattina; per tutelare il sistema delle acque, come ci hanno spiegato; per convertire il sistema economico verso un'economia circolare e non lineare (sono contento che sia stato citato ai nostri ospiti).
Abbiamo adottato una mozione che impegna la Giunta ad adottare un Piano regionale sull'economia circolare, Piano che ancora non esiste.
Dobbiamo promuovere una maggiore equità sociale, perché le due crisi sono collegate, ma dobbiamo anche promuovere - e su questo faccio riferimento Presidente, al secondo intervento di questa mattina - maggiore partecipazione dei cittadini.
Per uscire da questa crisi non basta avere un regime democratico formale occorre fare in modo che i cittadini tornino a sentirsi parte integrante del lavoro delle istituzioni. Da questo punto di vista, il gruppo del PD sta già lavorando e nei prossimi giorni presenterà una proposta di legge nella direzione richiesta proprio questa mattina, che s'ispira alla questione delle assemblee cittadine e della democrazia deliberativa, citata questa mattina. Ci stavamo lavorando e questa mattina è stato riferito quindi annunciamo che sarà presentato nelle prossime settimane.
Alcune obiezioni sono anche legittime, soprattutto dalle persone comuni (forse un po' meno in un'Aula come questa): chi paga; quanto costa; non reggiamo questo cambiamento. La verità è che quello che non reggiamo è la strada che abbiamo imboccato finora, non i cambiamenti che dobbiamo mettere in campo. È evidente che non esiste un costo zero, cioè non possiamo superare la crisi ecologica senza che nessuno paga un prezzo. È evidente però, che dobbiamo spostare lo sguardo: dall'individuo, dalla specie, dal nostro piccolo sistema (il Piemonte, l'Italia e l'Europa) al mondo intero.
La flessibilità che dobbiamo restituire al sistema dipende da ciascuno di noi e lo dobbiamo ai tanti ragazzi che hanno spinto molto per questo Consiglio aperto (qualcuno anche con delle scelte coraggiose come lo sciopero della fame per diversi giorni), senza i quali non avremmo avuto questo Consiglio; ai tanti studenti che in questi giorni stanno scendendo in piazza, ma anche per tutti gli altri. Ancora di più, Presidente, nei giorni in cui la nostra Costituzione, come ci è stato spiegato anche questa mattina, non solo inserisce l'ambiente tra i suoi principi fondamentali, ma la responsabilità verso le generazioni future, responsabilità che anche noi dobbiamo avvertire nel profondo.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Domenico Rossi per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Paolo Bongioanni.
Prego, Consigliere: ne ha facoltà.



BONGIOANNI Paolo

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, complimenti per aver convocato questo Consiglio aperto che di fatto, è un dibattito importante, dove si sono acquisite notizie importanti, altre magari meno condivisibili, e anche alcuni interventi che non condivido.
Mi viene in mente un articolo che ho letto venerdì sera, un'intervita a una delle figure più autorevoli, fulgide e illuminate del palcoscenico nazionale, l'Onorevole Guido Crosetto, intitolata "L'Italia dei no".
L'Italia è un Paese dove il "no" vive sovrano, soprattutto quando ci sono da fare scelte importanti e strategiche che si riverberano sul territorio.
Noi siamo il "no" agli scavi; il "no" alle opere pubbliche; il "no" alle trivelle; il "no" al nucleare; il "no" al gas; il "no" al petrolio. In tutti questi "no", siamo anche la Nazione che ha i ritardi più grandi, per quanto concerne l'autorizzazione alle energie rinnovabili.
È un contrasto e un paradosso suggestivo quanto angosciante, sotto altri punti di vista. Oggi, sentendo alcuni interventi, c'è stata la lampante dimostrazione che la realtà dell'Italia ha sicuramente dei fautori di questi no. "No" agli impianti solari, quindi "no" agli impianti eolici e neanche all'idroelettrico. Li prepari, vai avanti con il progetto e poi abortisci, perché te li blocca la Sovrintendenza, perché te li blocca un Assessorato all'ambiente con parere negativo.
Voglio fare l'eolico e nasce il Comitato per bloccarlo, perché sfregia il paesaggio.
Non possiamo fare i termovalorizzatori che produrrebbero energia, quindi spostiamo le nostre scorie e i nostri rifiuti in Germania: paghiamo la Germania, la Germania prende i soldi da noi, brucia i nostri rifiuti e produce energia, guadagnandoci due volte. Fra l'altro, in un momento in cui siamo stati così bravi, come Italia, da perdere la nostra influenza con la Libia; abbiamo rotto i rapporti con l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi e siamo riusciti ad aprire anche un conflitto diplomatico con l'Egitto.
Abbiamo perso i rapporti solidi che avevamo con tutti i paesi produttori.
Questo ci avvicina - e io sono sempre positivo, mai catastrofista - a un baratro che potrebbe portare al collasso il nostro sistema produttivo.
Ho ascoltato gli interventi dei ragazzi di questa mattina, in particolare quelli delle associazioni ambientaliste, soprattutto per la tutela dell'ambiente, ma li invito a fare una piccola escursione a Demonte, a pochi chilometri da Torino.
Demonte è un paese a pochi chilometri da Cuneo, in Valle Stura, dove è stata messa in discussione la realizzazione di un'opera infrastrutturale: la variante di Demonte. Se andate a Demonte, i cittadini, in questo momento, non stanno respirando la CO2, la stanno mangiando, perché il paese è congestionato nel suo centro storico da TIR, mentre la variante finanziata dal Ministero è stata bloccata dal Ministero dell'Ambiente quando il Ministero delle Opere pubbliche aveva già dato parere favorevole.
Andate a parlare con i cittadini di Demonte e quanto è presente vedrete l'assioma del no e quanto è vero qui vicino a noi.
Vedo collegato un grande esperto del settore agricolo, il dottor Parola con cui tanti anni fa ho avuto occasione e l'onore di lavorare insieme. C'è una fetta del nostro pensiero che si oppone alla costruzione degli invasi.
Gli invasi sono fondamentali per i nostri agricoltori e i nostri allevatori; senza l'acqua non c'è economia, non possiamo dire agli agricoltori di cambiare le coltivazioni, di non coltivare più il mais perché troppo idrovoro; senza il mais muore la nostra agricoltura e muore un comparto produttivo.
Certo, faremo sicuramente la nostra parte, non lo metto in discussione, ma diamo anche una lettura pragmatica sui paesi inquinatori. Mi sono stampato dei dati: al primo posto c'è la Cina, che produce nove miliardi e 838 milioni di tonnellate di CO2 nell'aria all'anno. Subito dopo c'è un Paese che sta abbastanza nascosto nell'ombra, gli Stati Uniti, che producono cinque miliardi e 529 milioni di CO2, nell'aria. Al terzo posto l'India con due miliardi e 400. L'Europa è in fondo, con l'Italia che produce 355 mila tonnellate, quindi siamo a un livello molto più basso.
Se le regole non valgono per tutti i paesi, il problema non si pu risolvere. Siamo in un'economia, quella che predica il nostro Presidente del Consiglio, che è un'economia globalizzata: tutti i Paesi devono fare la loro parte. Se alla fine le regole valgono solo per noi europei, mentre paesi come quelli che ho citato non le rispettano, l'onda d'urto sulla riduzione del costo del lavoro in Europa sarebbe drammatica e il problema dell'ambiente non si risolverebbe.
Prendiamo ad esempio l'Italia. L'Italia riesce - con un piano importante quello che proietta al 2035 per tutta l'Europa la sospensione dalla produzione del motore termico - ad arrivare al 50% di riduzione del suo inquinamento e si attivano tutte le possibili fonti rinnovabili, ma se la Cina o l'India, con i numeri che dicevo prima, continuano con le loro politiche che non prevedono la riduzione dell'inquinamento delle loro industrie - che, fra l'altro, vanno ancora a carbone - che sforzo è il nostro? È uno sforzo totalmente inutile per quanto riguarda l'impatto a livello globale della riduzione degli inquinamenti.
Una cosa che ho condiviso dell'intervento di stamattina, non ricordo se del Presidente Cirio o dell'Assessore Gabusi, è che non è un discorso che si risolve a breve, ma è un percorso lungo: serviranno decenni per realizzare tutti gli obiettivi che lo sviluppo sostenibile ci pone davanti per pensare che poi si arrivi a un risultato reale e non a un'utopia realistica.
Tuttavia, la riconversione ecologica deve tener conto dello stato dell'arte in cui viviamo e dev'essere concertata con il tessuto produttivo dev'essere graduale: dobbiamo dare il tempo alle aziende di adeguarsi senza che questo venga a impattare con un costo sociale che non saremmo in grado di reggere. Abbiamo già vissuto una situazione, come quella della pandemia, che ha mietuto perdite di centinaia di migliaia di posti di lavoro e vediamo che la ripresa economica, a causa dei costi delle materie prime e dell'energia, è a rischio. La prima cosa che dobbiamo fare oggi è pensare di salvare il più possibile i posti di lavoro, altrimenti potremmo avere un paese super ecologico, respireremo dell'aria buona, ma moriremo tutti di fame.
L'esempio che ho citato prima, quello del settore automotive, per cui si prevede, con l'orizzonte nel 2035, la soppressione dei.



(Audio mancante o non comprensibile)



BONGIOANNI Paolo

Per quanto riguarda la produzione dei motori a combustione interna in Unione Europea, l'industria dovrà affrontare una transizione ecologica che è senza precedenti. Se non c'è un principio di gradualità, perderemo migliaia e migliaia di posti di lavoro e non saremo in grado di far fronte e gestire una crisi sociale. Pragmatismo sì, catastrofismo no. Andiamo in una direzione di lotta all'inquinamento - questa è condivisa - ma se nemmeno l'Unione Europea, della quale facciamo parte, riesce a far fronte comune con una strategia che riduca una dipendenza energetica dai paesi extraeuropei che in questo momento stiamo anche pagando cara (non c'è un piano strategico), tra pochi mesi verrà a galla il problema dell'aumento del costo dei cereali e potremmo essere in ginocchio.
L'Unione Europea deve fare una politica di programmazione, per cui vi anticipo delle problematiche: i problemi dei cambiamenti climatici possiamo anche affrontarli, ma non riusciremo mai a vincerli. È un momento, fra l'altro, in cui ci sono dei fenomeni atmosferici che sono pesanti. Sulla nostra testa si è abbattuta nell'ottobre 2020 la tempestava Alex. Abbiamo alcune aree del Mediterraneo che, come qualcuno dice, si stanno tropicalizzando per le tipologie di fauna ittica che si stanno affacciando.
Bisogna affrontare tutto con pragmatismo, non andare incontro a chi proponeva oggi delle misure laceranti che porrebbero le nostre imprese e i nostri cittadini nella condizione di non poter lavorare, perché le soluzioni climatiche, com'è stato spiegato, chiedono decenni, non settimana e mesi e bisogna avere un minimo di calibratura.
Non possiamo imporre alla microimpresa e alla piccola impresa, che è il volano economico che ci paga e ci mantiene nel territorio del Nord Italia le stesse misure che si vanno a imporre all'Ilva di Taranto. La transizione ecologica dev'essere calibrata alle esigenze delle singole attività e alle singole dimensioni delle attività.
Un grande personaggio come il Presidente americano Franklin Delano Roosevelt affrontò la crisi economica del 1929 con il crollo della borsa di Wall Street, mostrando non un catastrofismo cupo e inquietante, ma la serenità di chi sa che le cose si possono risolvere con pazienza e con l'ingegno umano e con la fiducia nell'uomo.
Questa mattina abbiamo visto giovani che sono venuti chi in modo equilibrato e chi in modo un po' più acceso a presentare il loro pensiero.
Abbiamo sentito la loro preoccupazione per quanto riguarda un problema quale quello del cambiamento climatico, scientificamente complesso - perch è scientificamente complesso e lo abbiamo sentito dalle voci differenti dei docenti che sono intervenuti - ma non si deve fare in modo ideologico ed estremo, bisogna farlo con raziocinio, con ponderatezza, con dialogo e ripeto, soprattutto con un dialogo con le attività economiche che sono la base della nostra vita lavorativa e sociale e del loro avvenire.
Qualcuno ha criticato il lavoro della Regione, ma io ho fatto un po' di ricerca su quello che è stato fatto e con la programmazione del settennato europeo 2021-2027 sono stati programmati investimenti importanti sull'ambiente da parte di questa maggioranza. La filiera dell'idrogeno è epocale per il nostro territorio, come i contributi per il miglioramento degli impianti per il trattamento di rifiuti urbani, oppure ancora - e qui ne sono un promotore - le risorse per i contratti di fiume e di lago per andare a studiare e a sviluppare delle politiche idriche condivise.
Infine, se guardiamo ai progetti censiti dalla Regione per il Next Generation, vedo che su 2.964 progetti ce ne sono ben 1.546 che riguardano investimenti sull'ambiente. Questo vuol dire che più della metà dei denari che andremo a spendere, a investire e a generare sul territorio andranno comunque, nella direzione della difesa dell'ambiente.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Paolo Bongioanni per l'intervento.
Ha chiesto la parola il Consigliere Sacco; ne ha facoltà.



SACCO Sean

Grazie, Presidente.
Mi unisco anch'io ai ringraziamenti, soprattutto verso gli studenti e gli attivisti che oggi sono qui insieme con noi e che hanno fortemente sollecitato un Consiglio regionale aperto, o in ogni modo un intervento da parte della politica regionale nei confronti di questo importantissimo tema. Soprattutto, mi auguro che possano sempre portare questo entusiasmo e questa attenzione all'interno della vita politica, e magari - perché no? sedere un giorno all'interno del Consiglio regionale, cercando di risolvere tutti quei problemi che oggi, invece, sembra che noi non riusciamo neanche ad affrontare.
Vorrei andare dritto al punto. Stamattina ho sentito molte belle parole pare ci sia molta attenzione anche da parte della classe politica. Tutto questo, però, mi amareggia abbastanza se penso che questo Consiglio molte volte ha respinto delle modifiche normative, grandi e piccole, che sono esattamente quelle azioni che oggi siete tutti qui a chiederci.
Pongo un esempio fra tutti, scaturito durante la discussione sul Piano di tutela delle acque regionali. In quell'occasione avevo chiesto di inserire diverse misure concrete, quali il riconoscimento, la tutela e l'implementazione delle aree umide o di paludi, stagni, torbiere fontanili, anche bacini creati artificialmente che man mano si sono naturalizzati negli anni e che rivestono un importantissimo impatto sulla riduzione della CO2. Avevo chiesto specifiche norme in agricoltura, capaci di far risparmiare milioni di metri cubi d'acqua ogni anno (norme peraltro, già applicate in altre Regioni, quindi non nuove). Avevamo chiesto la tutela assoluta delle aree di ricarica delle falde profonde, per tutelare quella che è la nostra acqua potabile; il divieto al diserbo chimico lungo i canali d'irrigazione, con relativi controlli; ancora avevamo chiesto il ripristino della vegetazione spondale nei corsi d'acqua adiacenti alle risaie, togliendo le deroghe esistenti. Ebbene, tutte queste piccole proposte, che avrebbero però dato un contributo in quella direzione, sono state respinte.
Per carità, la speranza è l'ultima a morire, per cui spero che almeno si valuti una proposta di legge che abbiamo depositato rispetto al contrasto della povertà energetica, alla promozione e al sostegno dell'autoconsumo nonché alla costituzione delle comunità energetiche rinnovabili nella nostra Regione. È una legge che, fra l'altro, stiamo man mano ritoccando mentre ARERA ci fornisce tutte le indicazioni per applicare al meglio le comunità energetiche sul territorio nazionale.
Ho sentito tante cose oggi, ad esempio che contiamo poco in termini di emissioni di CO2. Se non sbaglio, però, il Presidente Cirio ho detto una cosa corretta all'inizio della sessione: ha detto che ognuno di noi pu fare qualcosa. Ebbene, quando si calcola la CO2 emessa, non possiamo mettere sullo stesso piano la Cina, che ha oltre un miliardo di abitanti con l'Italia, che ne ha sessanta milioni. Semmai, dobbiamo capire quanto incide ciascuno di noi sulle emissioni di CO2 e non posso non rilevare che il nostro stile di vita occidentale ha un impatto decisamente importante.
Soprattutto, mi verrebbe da dire "meno male che c'è l'Europa", perché le poche cose che siamo riusciti a portare a casa in termini di investimenti le abbiamo fatte perché quei fondi erano vincolati, oppure perché avevamo l'Europa che, se non ci fossimo comportati in un certo modo, ci avrebbe sanzionato. E questo la dice lunga sulla cultura di questo Paese, che purtroppo è ancora abbastanza radicata, secondo la quale il problema ambientale è uno degli ultimi problemi, dopo quello economico, sociale e quant'altro, senza capire che, invece, sono problemi che vanno affrontati tutti insieme. Ma vanno affrontati, non accantonati! Un altro aspetto emerso nell'evento di oggi è stata la provocazione: si è detto che alcune forze politiche sono per il "no" a tutto. In realtà, ci sono delle forze politiche che sono per tanti "sì", che però non vengono minimamente presi in considerazione. Ad esempio, per quanto riguarda la questione dell'incenerimento dei rifiuti, forse sarebbe il caso di provare a immaginare di risolvere il problema a monte, e non a valle. Perché i rifiuti, prima di finire alla termovalorizzazione, dovrebbero essere riciclati. Ma questo avviene solo in piccola parte, perché esistono ancora tantissimi Comuni in Piemonte, alcuni anche molto grandi (non faccio nomi perché li conosciamo tutti), che non hanno raggiunto gli obiettivi imposti dall'Unione Europea per quanto riguarda la raccolta differenziata. Questa è una responsabilità politica, perché si poteva tranquillamente raggiungere quell'obiettivo se fossimo partiti per tempo con politiche importanti di raccolta differenza; raccolta differenziata che avrebbe consentito di conferire molte meno tonnellate di rifiuti sia in discarica sia all'interno del termovalorizzatore.
Cerchiamo, poi, di non essere così spaventati dai cambiamenti. Una delle prime proteste contro i cambiamenti o contro le grandi rivoluzioni - da cui deriva anche la parola "sabotare" - è arrivata dai lavoratori del tessile che, con i sabot (zoccoli di legno) distruggevano i telai perché pensavano che gli avrebbero tolto il lavoro. Ebbene, ad anni di distanza, ci siamo resi conto che in realtà i redditi e le condizioni di lavoro delle persone sono sempre migliorati. Dunque, i passaggi da un'era a un'altra, nonostante la paura di alcuni, nella maggior parte dei casi hanno portato al miglioramento delle condizioni di vita, soprattutto per quanto riguarda l'impiego delle tecnologie. Questo è solo un esempio.
La transizione ecologica genererebbe molti più posti di lavoro di quelli che oggi toglierebbe, anche perché avremmo la possibilità di produrre la gran parte dell'energia a livello locale, con le fonti rinnovabili (parliamo di acqua, di aria e di sole).
Per quanto riguarda la tematica del nucleare, forse è meglio puntualizzare alcuni aspetti. Noi abbiamo un problema energetico adesso, non fra venti trenta o quarant'anni. Abbiamo il problema di riuscire a diversificare sufficientemente le nostre fonti di energia in maniera sostenibile nei prossimi anni. E le uniche tecnologie che sono in grado di rispondere a questa sfida sono le rinnovabili. Al di là del fatto che gli italiani si sono già espressi per quanto riguarda il nucleare, con un referendum molto chiaro, se anche riprendessimo oggi la volontà di costruire nuove centrali forse le avremmo in funzione fra vent'anni e forse sarebbero già vecchie.
Basta guardare gli altri Paesi europei quanto ci hanno messo a realizzare nuove centrali come quelle di quarta generazione, di cui tanto si parla oggi. Insomma, non esistono soluzioni così semplici; esiste la volontà di investire su delle tecnologie che, purtroppo, negli anni passati non hanno avuto il giusto incentivo per avere uno sviluppo armonico e, soprattutto sufficiente a garantire quelli che sono, in parte, oggi i nostri bisogni energetici.
Con questo concludo, dicendo che la volontà c'è, ma bisogna concretizzare con delle azioni e con delle norme quello che si dibatte nelle varie aule che rimane spesso un po' nell'aria.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Sacco per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Alessandra Biletta.
Prego, Consigliera; ne ha facoltà.



BILETTA Alessandra Hilda Francesca

Grazie, Presidente.
Ringrazio tutti gli intervenuti per gli interessanti e importanti contributi su un tema che coinvolge tutti e dev'essere all'attenzione di tutti. Le tematiche ambientali stanno infatti assumendo un'importanza sempre maggiore nell'agenda dei Governi; una giusta importanza, ma probabilmente non ancora sufficiente a livello planetario.
Da un lato, vi è la consapevolezza dell'urgenza di dover intervenire rapidamente, soprattutto da parte delle economie più avanzate; dall'altro c'è l'approccio delle economie in fase di espansione, che puntano ancora molto sul carbone. Basti pensare alla Cina, al Brasile e all'India.
Giornate come questa risultano importanti non tanto per trovare delle soluzioni, perché si peccherebbe di presunzione se lo pensassimo, ma perch è di grande valore nel mosaico delle azioni di sensibilizzazione rispetto al tema. I cambiamenti climatici ci sono sempre stati nella storia del pianeta, ma il riscaldamento climatico cui assistiamo da circa 150 anni è anomalo, perché è innescato dall'uomo e dalle sue attività. Si chiama "effetto serra antropico" e si aggiunge all'effetto serra naturale. Con la Rivoluzione industriale, l'uomo ha improvvisamente rovesciato in atmosfera milioni di tonnellate di anidride carbonica e altri gas serra, portando la quantità di CO2 presente in atmosfera al doppio rispetto ai minimi degli ultimi 700 mila anni.
Secondo il rapporto 2019 dell'IPCC sul riscaldamento globale, si stima che le attività umane abbiano causato l'aumento del riscaldamento globale di circa un grado rispetto ai livelli pre-industriali e risulta probabile che il riscaldamento globale, se continuerà ad aumentare al tasso attuale raggiungerà un grado e mezzo tra il 2030 e il 2052, acuendo quindi fenomeni già in atto quali l'innalzamento dei livelli marini e la perdita di interi ecosistemi. Un grado sembra poco, tuttavia le conseguenze che, purtroppo stiamo già osservando potrebbero essere catastrofiche.
Pertanto, che cosa possiamo fare? Il problema esiste e non è più tempo di fare dei distinguo pericolosi, né però possiamo affidarci a posizioni quasi dogmatiche delle teorie riconducibili alla decrescita felice. Un giusto equilibrio tra la doverosa e intelligente tutela e salvaguardia dell'ambiente e le politiche industriali è possibile e necessario trovarlo.
In linea con gli impegni contenuti nell'Accordo sul clima siglato a Parigi nel 2015, l'Unione Europea si è posta l'obiettivo della neutralità in termini di emissioni di CO2. Esattamente in quest'ottica, nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato il Green Deal, in cui l'azione per il clima è al centro di un pacchetto di misure atte a raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, per un'Europa dotata di un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, in cui la crescita economica sarà dissociata dall'uso delle risorse.
Successivamente, è stato predisposto il Next Generation EU quale strumento temporaneo da oltre 800 miliardi pensato per stimolare la ripresa, che costituirà il più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato nel nostro continente, per creare un'Europa post COVID-19 più verde, digitale resiliente e adeguata alle sfide presenti e future. In tale contesto s'inserisce il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nel quale la componente ambientale risulta essere elemento cardine nella strategia di rilancio delineata, tanto da essere, infatti, elemento trasversale in tutte le missioni e i programmi in cui si articola il PNRR.
Parallelamente a queste azioni fondamentali, è necessario un salto di qualità e un cambiamento di paradigma anche da parte di chi ha responsabilità di governo, dall'amministratore locale del piccolo Comune ai vertici delle istituzioni. Per questo motivo, ritengo doveroso ricordare l'impegno di alcuni amministratori locali piemontesi delle Valli Orco e Soana, in modo particolare il Sindaco di Frassinetto, che stanno da tempo ragionando su un progetto di miglioramento dei sistemi di invasi sul bacino dell'Orco per la realizzazione di una diga in Val Soana, con un bacino di trentaquattro milioni di metri cubi, rispondente a tutte le esigenze di idropotabilizzazione agricole e delle energie rinnovabili.
Di conseguenza, come dalla pandemia da questa sfida si esce vincenti tutti assieme, con assunzione di responsabilità.



PRESIDENTE

Ringraziamo la Consigliera Alessandra Biletta per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Giorgio Bertola; ne ha facoltà.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Ringrazio anch'io tutte le persone che sono intervenute in questo Consiglio aperto, le persone che si sono mobilitate, giovani soprattutto, e anche tutto il mondo scientifico che questa mattina ha portato degli importanti contributi.
Non sono uno scienziato, sono un politico pro tempore e quindi farò un intervento strettamente politico, giacché questo è il mio compito. Avremo poi delle proposte e degli impegni per la Giunta regionale sia specifici su quello che essa può fare, sia a proposito di impegni sul livello del Governo nazionale, che poi descriveremo nella parte riservata alla trattazione degli atti d'indirizzo.
Per l'intervento, in questo Consiglio aperto, avrei potuto semplicemente ripetere ciò che ho detto più di due anni fa, giacché era stato convocato un Consiglio regionale in sessione straordinaria, il 15 ottobre 2019, con lo stesso tema all'o.d.g. Potrei ripetere quello che ho detto più di due anni fa! Sono passati quasi due anni e mezzo, c'è stata una pandemia (ancora non finita e, tra l'altro, gli studi dicono che questa pandemia è legata al rapporto uomo-ambiente e al rapporto che l'uomo ha con determinate specie animali) e non è stato fatto nulla di concreto. Abbiamo visto passare in Aula provvedimenti apertamente in contrasto con tutto ci che riguarda la tutela ambientale e il benessere del nostro ecosistema.
Potrei citare una miriade di provvedimenti, ma so che chi ci segue, come i ragazzi che si sono mobilitati e anche il mondo scientifico, li conoscono benissimo.
I provvedimenti in dirittura d'arrivo, tipo il PEAR, sono insufficienti.
L'Assessore Marnati ha detto: "Non basiamoci sull'approccio ideologico sulla protesta e sull'entusiasmo, ascoltiamo il mondo scientifico". Certo ma proprio stamattina il mondo scientifico ha detto che il PEAR è insufficiente e la politica regionale non ha mai ascoltato il mondo scientifico, quando ha sottolineato la scelleratezza di determinate scelte fatte a livello regionale.
Questi sono i fatti, senza contare che tutte le forze politiche, tutti i partiti presenti nel Consiglio regionale, nei fatti o nelle parole, sono favorevoli a un'opera dannosa e pericolosa come il TAV, un'opera definita "climaticida", che tra le altre cose mette a rischio anche le falde acquifere.
Questa è la realtà, mentre anche oggi abbiamo sentito parlare di nucleare di nucleare vagamente di quarta generazione, forse da chi non sa che non esiste, come ha detto in una felice espressione il professor Bartaglia: "Il nucleare di quarta generazione ha, come difetto, quello di non esistere".
Si è parlato di nucleare; si è parlato di necessità e di altri inceneritori, giacché i rifiuti, secondo qualcuno, o li bruci o li sotterri, già che per forza devi fare il più possibile di rifiuti altrimenti si ferma lo sviluppo.
Questo è il tono politico, perché qui stiamo parlando anche di politica. In interventi che ho sentito da determinati esponenti della maggioranza, anche riguardo al nucleare, ho avvertito dell'ipocrisia di fondo. Questa Regione ha ancora la quasi totalità di scorie nucleari relative al nostro passato un breve passato nucleare, ma che ha ancora pesanti eredità sul presente, e che deve ancora risolvere quel problema facendo un deposito unico nazionale, rispetto al quale presto incorreremo anche in sanzioni.
Ci sono delle aree potenzialmente idonee per questo deposito, ma noi pensiamo che il Piemonte abbia già dato, quindi non dev'essere costruito in Piemonte, mentre autorevoli esponenti di centrodestra, sempre al fianco di cittadini quando protestano ("noi non vogliamo qui il deposito unico nazionale"), altrove vanno a proporre nuove centrali nucleari da fare chissà dove, magari sempre a casa degli altri.
A livello nazionale non siamo sicuramente messi meglio.
Faccio parte di un gruppo di persone e di cittadini che si sono dedicati alla politica e all'attivismo, diversi cittadini che anche con il loro voto hanno dichiarato una volontà di cambiamento. Invece abbiamo visto un grande inganno, l'inganno del cosiddetto "Ministero della Transizione ecologica" anche nei piani di chi ha subordinato la fiducia al Governo Draghi all'istituzione di questo Ministero, che doveva accorpare il Ministero per l'Ambiente e il Ministero delle Attività produttive. Ciò non è successo: il Ministero per le Attività produttive è ancora lì ed è stato semplicemente sostituito il Ministero dell'Ambiente con il Ministero della Transizione ecologica, con il cosiddetto grillino Cingolani (definito grillino, ma, per carità, in quel periodo anche Draghi è stato definito grillino), che ha trasformato il Ministero nel Ministero della finzione ecologica, perch pensa al gas, alle trivellazioni e al famoso nucleare di quarta generazione, che è sempre quello che ha il difetto di non esistere.
Di tempo ne è passato, non solo per la politica regionale, ma in generale.
Qualcuno questa mattina ha fatto riferimento agli studi del 1972 sui limiti dello sviluppo, ma vado ancora più indietro, se volete. Era il 1938, quando uno scienziato britannico, un certo GD Calendar (rimasto poco famoso) presentò le prove di un nesso tra i combustibili fossili e il riscaldamento globale. Era il 1938.
Nel 1957, un giovane studente universitario statunitense, Charles Keeling quello della curva di Keeling, cominciò a misurare il CO2 atmosferico e iniziò a dimostrare l'incremento della temperatura nel tempo. 1957.
Potrei andare avanti con tutte le tappe, ma occuperei invano il tempo. È solo per dire che ormai se ne parla da quasi un secolo, ma non possiamo continuare a sentire anche oggi: "Ok noi, però la Cina.". La Cina, la Cina la Russia e la Cina! Non possiamo, per fortuna, né invadere la Cina né dichiarare guerra alla Cina o alla Russia (venti di guerra ce ne sono già da altre parti, e noi la ripudiamo in modo assoluto), quindi cerchiamo di fare finalmente qualcosa anche noi. Basta non usare la questione del problema globale per continuare a non fare nulla da nessuna parte.
Dico ai ragazzi di continuare a protestare perché la politica insorgente è la madre del cambiamento, specie quando nessuno fa nulla. Oggi avete sentito interventi da parte di politici che hanno paura del cambiamento.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Bertola per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Giaccone.
Prego, Consigliere: ha facoltà di intervenire.



GIACCONE Mario

Grazie, Presidente.
Intanto mi consenta all'inizio di ringraziare anche i giovani principalmente loro, anche in rappresentanza di tutte le associazioni che hanno parlato in linea con le loro istanze, portando anche argomentazioni scientifiche a sostegno.
Ringrazio i ragazzi di Extinction Rebellion e Fridays for Future, perché ci costringono a una riflessione approfondita e, come si dimostra, anche faticosa.
Penso che oggi il nostro ruolo fosse di ascoltare tutte le associazioni e i giovani stessi e, come politici, elaborare le risposte o le riflessioni in merito. In particolare, la riflessione che voglio condividere con voi è una considerazione più ampia e fa riferimento all'indispensabile e non procrastinabile cambiamento che siamo noi stessi, come cittadini, chiamati a interpretare e noi, come politici, a guidare nell'interesse più ampio della comunità.
Quest'assunto iniziale, che può sembrare esagerato, secondo me va confermato, perché alcuni degli interventi di oggi dimostrano che bisogna perseguire questa strada, perché nel momento in cui si fa riferimento ancora alla lotta all'inquinamento con citazione degli anni Settanta, alle domeniche senz'auto (io ero appena nato), al Governo Rumor, vuole dire che c'è in alcuni ancora una visione che non è quella attuale.
Non è cambiata un'epoca, sono cambiate più epoche e anche, come ricordava il Consigliere prima di me, quando ancora si fa riferimento all'alibi di che cosa non facciano altri paesi come Cina, India e Russia, mi sembra che ci dobbiamo confrontare con delle considerazioni e degli atteggiamenti politici meno generosi e più indicativi; di fatto, ognuno ha i Presidenti degli Stati Uniti di riferimento e se, da una parte, si cita Roosevelt dall'altra si potrà citare Kennedy nel momento in cui diceva: "Non chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese". Questa mi sembra che sia una possibile applicazione della circostanza in cui non ci troviamo.
La questione ambientale è la cornice all'interno della quale dobbiamo prendere in considerazione gli altri temi, è il frame che ci serve a proiettare il resto del film. Molte sono le sfide cui noi politici siamo chiamati. Una di queste è senz'altro quella del racconto di una visione come alcuni di noi stanno cercando di fare oggi - che mantenga costante il rapporto con il cittadino, con le imprese e con i territori per spiegare di che cosa si tratta, per aiutare a superare le paure e per progettare quale possa essere il nostro futuro in ordine alla sfida ambientale.
Questo deve essere fatto soprattutto nei confronti delle fasce più deboli e delle fasce più vulnerabili della popolazione, per fare in modo che la transizione energetica - è stato detto più volte questa mattina - e questo cambiamento di paradigma non siano pagati ancora una volta dai più deboli.
La transizione energetica sia pensata e realizzata per essere socialmente sostenibile. Parliamo di sostenibilità declinata da tanti punti di vista ma qui si tratta di rendere socialmente sostenibile, cioè di non far pagare il biglietto al più debole quel cambiamento cui noi non possiamo sottrarci.
D'altro canto, dobbiamo convincere, e ne abbiamo avuto dimostrazione anche questa mattina, che la transizione energetica è anche una grande opportunità di rilancio industriale ed economico per il Paese, come di sbocco occupazionale. Lo sappiamo vedendo quali sono le nuove imprese che puntano sulla qualità e l'innovazione: dal turismo all'agricoltura biologica, dal mondo del riciclo a quello dell'efficienza energetica. Sono molti i più attenti che riescono a rilanciare, anche dal punto di vista economico, tutti questi temi.
Il punto centrale è che devono cambiare le nostre priorità. La priorità assoluta dev'essere diminuzione drastica dell'impatto ambientale della nostra vita sul pianeta e il riequilibrio fra popolazione umana e la natura, come anche la creazione di una società equilibrata che, al contempo, tenga sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista ambientale, perché i due elementi sono strettamente correlati.
Ho poco tempo perché faccio parte di un Gruppo piccolo e termino con tre suggestioni che rappresentano l'aspetto propositivo del nostro Gruppo, al di là del fatto che molte altre siano già state fatte nel corso della mattinata. Uno è aumentare le competenze della Pubblica Amministrazione con nuove professionalità e un vasto programma di formazione e assistenza perché l'impressione è che manchi un apparato di governo in grado di supportare tecnicamente e amministrativamente questa svolta. Le nuove sfide, come questa è, hanno bisogno di professionalità trasversali che vanno dall'ambito biologico all'urbanistica, dalla sociologia all'ingegneria, dalla necessità di esperti di normative come anche di esperti economici. La Pubblica Amministrazione nel nostro Paese deve adeguarsi, aggiornarsi ed evolversi a queste necessità.
Il secondo punto riguarda il declino della biodiversità. Noi dobbiamo avere in mente che il capitale naturale è un fornitore di risorse naturali e fondamentali per produrre cibo, energia e altri servizi eco-sistemici dal quale, attraverso lo sfruttamento responsabile, possiamo ricavare anche elementi di opportunità. A questo proposito, com'è stato già detto anche questa mattina, una particolare nota va alle aree protette, che hanno un compito protettivo nei confronti di flora e fauna, che rappresentano anche un elemento di attrazione turistica, di crescita e sviluppo sostenibile per le comunità locali interessate.
Infine, il terzo punto è la gestione del patrimonio forestale, gli orientamenti comunitari per la tutela e gestione delle foreste, in coerenza con il Green Deal della strategia europea della biodiversità 2030, che tengono conto del ruolo multifunzionale che le foreste svolgono: mitigazione dell'impatto climatico, adattamento e riduzione dei rischi naturali, tutela della biodiversità, fruizione turistica e utilizzo produttivo, perché ecosistemi sani e foreste resilienti aiutano a mitigare gli effetti della crisi climatica.
Consentitemi di terminare l'intervento con una citazione, che riprendo da David Orr, professore ambientalista americano (è l'estratto di un testo che riguarda l'educazione dei giovani e che fa riferimento al cambio di paradigma al quale ho accennato all'inizio dell'intervento): "Il fatto è che il pianeta non ha bisogno di altre persone di successo. Ha invece un disperato bisogno di più pacificatori, guaritori, restauratori, narratori e amanti di qualsiasi tipo. Ha bisogno di persone che stiano bene dove stanno. Ha bisogno di gente moralmente coraggiosa, disposta a unirsi alla lotta per rendere il mondo un posto abitabile e umano. E queste qualità hanno poco a che fare con il successo per come lo abbiamo definito".
La ringrazio, Presidente, anche per i minuti che mi ha concesso in più.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Mauro Giaccone per l'intervento.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marco Grimaldi; ne ha facoltà.



GRIMALDI Marco

Colleghe e colleghi, concittadini: alluvioni, incendi e siccità stanno già mettendo in ginocchio tutto il territorio piemontese. Sulle nostre montagne si posa ormai metà della neve rispetto al secolo scorso e si registrano le temperature più alte ormai degli ultimi trent'anni. Anche se alcuni colleghi negazionisti non hanno colto questi aspetti, ahimè non è un film di fantascienza o la fantasia di un club di catastrofisti della domenica ma erano le premesse della richiesta di questo Consiglio straordinario sul clima, che insieme con i Capigruppo abbiamo scelto di convocare in formula aperta.
So che siete sconfortati, ma credo che abbiamo fatto bene, non solo perch abbiamo risposto all'appello dei movimenti ambientalisti - questo, tra l'altro, dovrebbe aver interrotto lo sciopero della fame di Ruggero Reina ma anche perché la crisi climatica in Piemonte già da tempo è diventata la nuova normalità. Oggi fa caldo, per quanto sia inverno, e l'Italia ha già sete. Nel Nord Ovest a gennaio è mancato il 76% delle piogge; in alcune zone ormai non piove né nevica da due mesi. Pensate che sulle Alpi c'è ora la neve di luglio e agosto. Basterebbe solo questo dato per far tremare.
Di queste storie oggi ne avete sentite tante; eppure, c'è chi sembra essere rimasto letteralmente in macchina con la radio accesa su un'altra stazione.
C'è chi ancora oggi ci chiama "cassandre": insultateci pure, continuate a non guardare il meteorite. Già, perché siamo noi su una massa enorme che sta per schiantarsi sul nostro destino.
Abbiamo drogato l'atmosfera: il nostro doping, come ricorda il Segretario generale del World Metereological Organization, Petteri Taalas, è stato l'uso dei combustibili fossili; è ciò che ha portato a un aumento dei disastri sulla biosfera e del loro impatto umano ed economico. Infatti, 4,5 miliardi di abitanti di questo pianeta hanno già subito un grave disastro meteorologico...
(Audio mancante o non comprensibile)



GRIMALDI Marco

Probabilmente, il prossimo rapporto dell'IPCC confermerà ciò che già sappiamo sul bilancio schiacciante di ondate di caldo, siccità inondazioni, tempeste, incendi e acidificazione degli oceani per le persone e gli ecosistemi. Questa valutazione scientifica sottolineerà quanto potrebbe ancora peggiorare la crisi climatica se non intraprendiamo un'azione globale audace. Siamo davanti a un giudizio universale climatico: il tempo è scaduto e, ahimè, Ministri come Cingolani ci hanno solo fatto perdere un altro anno, altro tempo.
Diciamoci la verità: il rischio è che il PNRR si trasformi in una grande occasione persa, anziché essere una vera opportunità di cambiamento.
Proprio questo Piano, che rappresenta ufficialmente la ragion d'essere del Governo, appare ormai anche ai suoi più grandi sponsor una vera storia già scritta, con risorse indirizzate verso pochi interessi o dispersi in mille svuotacassetti, senza alcuna strategia di rilancio della vocazione produttiva del Paese.
Lo stesso atteggiamento lo abbiamo visto, purtroppo, anche da parte della Giunta Cirio in molti casi, e dell'Assessore Marnati, che troppe volte ha invitato a temporeggiare in tema di politica ambientale, ripetendo che i dati disastrosi sulla qualità dell'aria vanno attribuiti alla struttura della Pianura Padana, alla Cina, all'India. Sulle commission per il nucleare, sulla lotta alla crisi climatica, sulla qualità dell'aria, sulla riduzione della produzione di plastica e sulla gestione dei rifiuti, con interventi come quello che noi chiamiamo "Riparti cemento", viviamo in un'Italia e in un Piemonte di continui rinvii e sottovalutazioni. Si continua a parlare ancora oggi dalla Tangenziale Est, un progetto vecchio di dodici anni che risponde a quel feticismo per le grandi opere che dovrebbe appartenere al passato.
Si è partorito un Recovery Plan piemontese fatto di rotonde, di centri commerciali, di varianti stradali, per una media di mezzo milione di euro con monorotaie in mezzo alle vigne, con oltre 1.200 progetti all'insegna di marchette, senza alcuna regia né valutazione di quanto, per esempio contribuiscano a ridurre le emissioni.
Purtroppo, non è solo l'atteggiamento del collega Marin con i suoi eliski dell'Assessore Marnati con le sue care macchine diesel, del Ministro Cingolani o della Lega. È l'attitudine mainstream di chi, davanti ai grattacieli d'acqua che cadono dal millesimo piano, davanti alla siccità estrema e alle magliette a maniche corte a febbraio, allarga le braccia perché tanto non si può fare molto di più.
Ecco, la gran parte dei politici - e anche dell'opinione pubblica - ahimè la pensa così. Guardate che il collega Preioni non è un'eccezione; non conosce l'eredità nucleare del Piemonte e i due referendum, e ci spiega che il problema sono i paesi più grandi, chiedendosi "che possiamo fare noi piccoli montanari?". Ma per piacere! Se ci fosse al mio fianco un caro amico, mi direbbe: "Perdonali, perché non sanno quello che fanno", ma io non sono credente e non riesco a perdonarli.
Voi lo sapete benissimo, non siete nemmeno negazionisti, ve ne fregate proprio. Non c'è da stupirsi se siamo la cosiddetta "società del minuto in più" ("Ancora un minuto!", che ci consente di pagare pochissimo i jeans, di pagare un'ora di connessione a Netflix, o più di un chilo di pomodori!). La società del "Giorno nella marmotta", che crede di poter riproporre ancora una volta il nucleare come un'alternativa ai combustibili fossili, senza tener minimamente in considerazione i costi e anche le difficoltà che stiamo ancora affrontando proprio qui in Piemonte, a Saluggia, in termini di smaltimento e di sicurezza, un breve passato di produzione di energia da fonte nucleare.
Siamo la società che dice: "Belle le biciclette a Berlino e ad Amsterdam ma qui da noi no, non si può fare". Oppure: "Se fate la pista pedonale dovete recuperare i posti auto persi". È una mentalità di piccolissimo cabotaggio, con la quale ogni trasformazione e ogni transizione sarà davvero difficile.
Dobbiamo cambiare la nostra vita, è vero. Dobbiamo cambiare le nostre teste e armarci di molto più coraggio, qui dentro e là fuori.
Che cosa servirebbe? Servirebbe, per esempio, una legge contro i cambiamenti climatici e per la transizione, che definisca da subito le linee guida della riconversione ecologica dell'economia e della mobilità con il più grande piano di rilancio del trasporto pubblico mai visto, che comprenda la gratuità dei mezzi per gli under quattordici e per tutte le famiglie sotto i 20 mila euro di ISEE.
Mi piacciono tanto gli slogan e ne ho sentiti tanti anche oggi, ma progettiamo insieme "Ossigeno Italia", ovvero un piano di riduzione delle emissioni di tutti i gas climalteranti coerente con il calcolo globale fatto dalle Nazioni Unite, insieme a un piano per la riforestazione del Paese, con quinte verdi su tutte le aree industriali, e alla bonifica di tutti i siti inquinanti a spese di chi ha inquinato.
Però i dati bisogna conoscerli; se riduciamo le emissioni, dovremo avere un punto di partenza. E qual è? Io vorrei l'abrogazione del Patto di stabilità interno, che impedisce agli enti locali di utilizzare l'indebitamento per reperire i fondi necessari per gli investimenti sulle risorse idriche e sulla messa in sicurezza del territorio. Lotto per la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, perché anche lavorare meno e meglio fa parte di una futura umanità che non vuole estinguersi.
E chiudo. Vorrei anch'io un piano di grandi opere salutari, a partire dalla bonifica delle aree inquinate e dal superamento delle condizioni di contaminazione diffusa. Fatemi finire con un grazie al mondo della ricerca e della scienza, ai professionisti, agli studenti, ai lavoratori e alle lavoratrici, agli agricoltori, ma soprattutto ai concittadini che qui fuori, contro anche la loro sfiducia, hanno passato una giornata al freddo di questo caldo febbraio, a chi assedia pacificamente le nostre Aule spesso vuote, piene di parole e meno di coraggio.
Abbiamo scritto insieme con tante e a tanti un patto per il clima in cui mettiamo nero su bianco che cosa dovremmo fare da oggi ai prossimi anni.
Nella prossima seduta, anzi fra pochi minuti, ve lo presenterò. Vi chiediamo di mostrare coraggio e approvarlo insieme. Vi chiediamo di non liquidare tutto ciò che è avvenuto oggi, ma di considerarlo come la cosa più seria successa in questo Consiglio regionale, perché lo è davvero.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Marco Grimaldi per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Silvio Magliano; ne ha facoltà.



MAGLIANO Silvio

Grazie, Presidente.
Anche da parte mia va il ringraziamento a tutti coloro che sono intervenuti oggi e alla Presidenza del Consiglio che ha voluto portarci a discutere e a confrontarci. Un ringraziamento va al mondo accademico, al mondo delle attività produttive e a coloro che ci stanno, in qualche modo, spronando a essere classe dirigente, perché è questo che conta oggi: prendere tutto ci che è stato raccontato e tutto ciò che abbiamo compreso di più e meglio dagli interventi anche puntuali e scientifici rispetto alla condizione climatica e provare insieme a trovare delle sintesi.
È evidente - questo lo dico con una grande chiarezza, Presidente - che ci sono due visioni diverse rispetto allo sviluppo. Sono due visioni diverse che, però, devono trovare una sintesi, la quale, a mio giudizio, non può e non dev'essere trovata solo attraverso due visioni opposte della realtà perché quella non sarebbe sintesi, non sarebbe opportunità di futuro.
Soprattutto per chi, come me, ha dei figli, si augura che questi figli possano vivere dentro un contesto in cui.



(Audio mancante o non comprensibile)



PRESIDENTE

Consigliere Magliano, l'abbiamo persa, non la sentiamo e non la vediamo.
In attesa che il Consigliere Magliano si ricolleghi, continuiamo i lavori dando la parola al Consigliere Alberto Avetta.



AVETTA Alberto

Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.
Questa mattina è stata molto interessante e molto arricchente. Siamo al secondo Consiglio in due anni dedicato al clima e questo, a mio avviso conferma quanto il tema sia attuale e urgente e, soprattutto, sia preoccupante dal nostro punto di vista.
Dico subito che, a fronte della compiutezza degli interventi esterni purtroppo registriamo quanto risulti contraddittoria la posizione che ha assunto questa mattina il Presidente Cirio e quota parte anche l'Assessore Marnati che ci suggerisce, leggo testualmente, "di mettere da parte l'ipocrisia e la demagogia su questo tema". Io mi chiedo a chi si stesse riferendo e a chi si rivolgesse l'Assessore Marnati; forse a sé stesso o forse ai suoi colleghi di Giunta; forse alla sua stessa maggioranza che, a fronte di tante belle parole, si rivela poi contraddittoria nelle azioni concrete e incoerente rispetto agli obiettivi che, a parole, dice di voler perseguire. E farò due esempi concreti.
La settimana scorsa abbiamo ascoltato con grande attenzione e preoccupazione l'audizione di ARPA sulla situazione idrologica del Piemonte. Quell'audizione non l'ha chiesta questa maggioranza, ma l'ha chiesta il Gruppo del Partito Democratico e il Presidente Cirio ha fatto bene a citarla. Lo scenario che ARPA ci ha presentato è francamente molto allarmante e ARPA è un istituto emanazione della Regione stessa, quindi assolutamente attendibile.
Quando leggiamo i dati che ci dicono che i corsi d'acqua nel Piemonte sono ridotti nella maggioranza dei casi per oltre il 50% della portata, quando leggiamo che stiamo vivendo il terzo anno più secco degli ultimi sessantacinque, quando leggiamo che il gennaio 2022 è stato il gennaio più caldo degli ultimi sessantacinque anni, ci chiediamo francamente cos'altro debba ancora succedere per farci allarmare. Questo periodo di siccità riguarda tutti, riguarda quelli che hanno sensibilità di centrodestra, di centro e di sinistra.
Quanto incide questo livello di siccità sulla qualità dell'aria che tutti respiriamo, indipendentemente dalle nostre sensibilità politiche? Quanto pensiamo alla situazione cui va incontro l'agricoltura piemontese, che nelle prossime settimane avrà bisogno di prelevare da quei corsi d'acqua già così asfittici l'acqua per irrigare le colture? Francamente, non siamo più nelle condizioni di derubricare queste condizioni a una situazione ordinaria, come alcuni la vorrebbero far passare per certi aspetti. Questa mattina, Luca Sardo ha ricordato quanto questa maggioranza si sia espressa molto spesso in modo negazionista rispetto all'emergenza climatica. Anche questa mattina, l'abbiamo percepito in alcune posizioni.
A fronte di questa situazione preoccupante e a fronte delle testimonianze che abbiamo ascoltato di tante associazioni di cittadini, come quelle di Generazioni Eco, vicine anche all'esperienza di partiti politici come i Verdi, che hanno fatto dell'ecologia la loro ragione di esistere, questi soggetti ci stanno richiamando e sollecitando a una reazione rispetto a quello che sta capitando, alla necessità di cambiare il nostro stile di vita e al tema del consumo del suolo (Mercalli l'ha detto in modo molto efficace questa mattina).
A fronte di tutto questo, sul consumo del suolo (non ricordo se questa mattina il Direttore di ARPA l'ha detto) sappiamo, dai dati di ARPA, che negli ultimi due anni (due anni connaturati dallo stop e dal fatto che ci siamo tutti fermati per la vicenda legata al COVID e al lockdown), in Piemonte si è incrementato il consumo del suolo. Si è incrementata la percentuale di consumo del suolo negli anni in cui siamo stati fermi.
Mentre il Presidente Cirio, con tanta enfasi, ha elencato ciò che il Piemonte avrebbe fatto in questi anni per garantire l'attenzione all'emergenza climatica; mentre oggi discutiamo con tanto dispendio di retorica di tutela dell'ambiente in cui viviamo; mentre ci diciamo di mettere da parte ipocrisia e demagogia, domani, insieme al PEAR (che ha ricordato il Presidente Cirio) continueremo a discutere anche di una legge in materia urbanistica che ha l'obiettivo di semplificare, obiettivo condivisibile, ma che apre di nuovo a una stagione di edilizia ampiamente diffusa sul nostro territorio.
Mentre discutiamo di futuristici treni all'idrogeno, quindi diamo la sensazione che il Piemonte voglia investire sul trasporto ferroviario perché lo considera, com'è, la modalità di spostamento delle persone più sostenibile, in Commissione trasporti, ormai da mesi, discutiamo stancamente di quali sono, tra le linee sospese, quelle che potrebbero essere riattivate, quando sappiamo perfettamente - e l'Assessore Gabusi con grande franchezza ce lo dice ogni volta - che in questo bilancio della Regione Piemonte non abbiamo nemmeno le risorse per confermare le linee già esistenti, altro che aprirne di nuove o ritornare sulle linee vecchie.
Questo la dice lunga su quanto sia qualificata la volontà del Piemonte di arrivare a investire sul trasporto pubblico locale su ferro.
Le stesse perplessità le registriamo anche sul parco rotabile regionale sull'età media dei treni che mettiamo a disposizione dei piemontesi. Ci sono situazioni, nel resto d'Italia, che hanno fatto molti passi avanti: in Emilia Romagna, nel 2014, l'età media dei treni regionali era vicina ai vent'anni; oggi, in Emilia Romagna, l'età media dei treni è di un anno, la più giovane d'Italia. Questo non è avvenuto per caso, non sono arrivati fondi da chissà quale ente superiore. No. L'Emilia Romagna ha scelto di investire sulla rete di trasporto ferroviario regionale; ha scelto di dare un'opportunità ai propri cittadini; ha scelto di indicare l'orizzonte verso cui far tendere la propria comunità di cittadini e l'ha fatto - sappiamo bene - sottraendo risorse ad altri settori. Ha fatto una scelta, una scelta strategica: ha tolto soldi in altri settori e li ha investiti sul trasporto pubblico locale perché crede, con convinzione, che quello sia l'orizzonte di qualità verso cui far tendere le scelte dei propri cittadini.
Nel frattempo in Piemonte, che questo non ha fatto, l'età media dei nostri treni continua a essere intorno ai vent'anni.
Se queste sono le condizioni, mi chiedo come pensiamo di indurre i piemontesi a cambiare stile di vita. Qual è l'indicazione che diamo ai piemontesi? Come pensiamo di convincere piemontesi a usare il treno? Come pensiamo di convincerli a rispettare le regole di pianificazione urbanistica, quando facciamo leggi, sia pur condivisibili di principio, ma poi con deroghe consentiamo a chiunque di fare che quello ritiene a casa propria? In che modo pensiamo, attraverso la nostra attività legislativa (che più volte questa mattina è stata richiamata), di promuovere la sensibilità dei piemontesi per la cultura ambientale e per un vero cambiamento, significativo e profondo, del proprio stile di vita? Noi oggi, l'ha già ricordato il collega Rossi, abbiamo presentato una mozione a prima firma Consigliere Rossi, che suggerisce alcune cose concrete; altre ne suggerisce la mozione presentata dal Consigliere Grimaldi e probabilmente gli altri Gruppi ne hanno presentate altre, anche con indicazioni molto incisive che sono state ricordate. Noi depositeremo una proposta di legge che raccoglie molte considerazioni che oggi abbiamo ascoltato e approfondito.
Noi siamo pronti a mettere da parte quell'ipocrisia e quella demagogia, cui ci ha richiamati l'Assessore Marnati, ma faccio davvero tantissima fatica a cogliere un profilo, seppur embrionale, di coerenza tra ciò che la Giunta Cirio ci racconta e ciò che la Giunta Cirio quotidianamente fa nell'attività quotidiana del governo di questa Regione.
Francamente, credo che oggi sia stata l'ennesima prova di questa incoerenza. Il nostro ruolo di opposizione ci consente non solo di metterlo in evidenza, ma di denunciarlo e, soprattutto, di contribuire a fare in modo che ci sia una correzione dirotta.
Mi auguro che il dibattito e le considerazioni venute fuori oggi ci aiutino in questo senso, per il bene e per il futuro dei piemontesi.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Alberto Avetta per l'intervento.
La parola al Consigliere Silvio Magliano per concludere il suo intervento.
Prego, Consigliere.



MAGLIANO Silvio

Grazie, Presidente.
Mi scuso con voi, ma ho avuto un problema di linea, per cui spero si senta bene.
Riparto dal mio ragionamento: oggi abbiamo avuto la possibilità di avere due visioni, entrambe corroborate da dati scientifici. È importante che questa transizione ecologica, di cui abbiamo assolutamente bisogno, non sia pagata dalle fasce più deboli della nostra società. Nello stesso tempo, che non sia pagata esclusivamente da coloro che, da questo cambio di prospettiva, rispetto all'energia e all'approvvigionamento energetico avranno un danno. Sono rimasto particolarmente colpito dalle indisponibilità del mondo dell'agricoltura e del mondo delle attività produttive, che però chiedono, da questo punto di vista, che gli Stati facciano la loro parte.
Penso che questa sia la grande sfida che abbiamo davanti, cioè accettare la fatica di costruire strade e trovare soluzioni che, partendo dal fatto che vi è un problema dal punto di vista ambientale, si metta mano a risorse ingenti affinché le persone possano continuare a sperare in un futuro sia di sostenibilità ambientale - perché è evidente che questo è uno degli obiettivi che ci dobbiamo porre - sia di sviluppo economico per il nostro territorio.
Il tema energetico in queste settimane sta riempiendo le pagine dei nostri giornali e dei nostri quotidiani e, nello stesso tempo, stiamo chiedendo che si cambi mentalità rispetto all'utilizzo di alcuni carburanti e rispetto ad altre forme di utilizzo energetico per far muovere i nostri mezzi e per far muovere i nostri macchinari.
Su questo, mi auguro veramente che ci si la possibilità come Regione, come Stato e come Europa, perché l'Europa su questo dovrà fare la sua parte fare in modo che gli Stati possano compiere il loro destino dal punto di vista di un cambio di mentalità, cambio di approvvigionamento energetico quindi con energie rinnovabili e con energie pulite, sapendo che questo ha un costo e che questo costo non può essere pagato solo esclusivamente da chi fa impresa, solo esclusivamente dai cittadini, come purtroppo in parte sta avvenendo. Non possiamo far finta di non vedere ciò che sta capitando rispetto al caro energetico che le imprese e i cittadini stanno vivendo. Mi auguro - e concludo il mio intervento scusandomi ancora per l'interruzione che si abbia questa sensibilità.
È stato citato Papa Francesco. Io penso che la natura come creato e quindi, come dono dato agli uomini debba porre l'uomo al centro della natura e non l'uomo al servizio della natura. Questo, però, dovrebbe essere anche il modo con cui noi approcciamo al tema energetico e al tema ambientale. Mi auguro che su questo si possa fare un lavoro comune e che le distanze che oggi ho sentito, invece, trovino una composizione vera sapendo che questa composizione dev'essere fatta con maggiori investimenti pubblici e con maggiori aiuti a chi sta provando a percorrere questo cambio d'identità energetica nella sua azienda, nel suo negozio, nella sua abitazione e nelle sue abitudini quotidiane.
Ringrazio ancora per quello che ho sentito oggi, perché è stato assolutamente arricchente e varrà la pena ragionare tra colleghi per capire come potremmo, ancora una volta, provare a essere classe dirigente e provare ad ascoltare le istanze dei giovani, le istanze dei ragazzi che sono le istanze che hanno a che fare con il futuro. Il futuro, comunque dipende da come noi oggi sapremo rispondere nel presente.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Silvio Magliano per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Carlo Riva Vercellotti.
Prego, Consigliere; ha facoltà di intervenire.



RIVA VERCELLOTTI Carlo

Presidente e colleghi, ho ascoltato con interesse il Consiglio aperto di oggi. Un Consiglio centrato su un problema innegabile, urgente e rilevante qual è l'emergenza ecoclimatica, ma un qualcosa di diverso rispetto all'emergenza ecosanitaria e l'obiettivo della riduzione delle morti per tumore a causa dell'aria che oggi respiriamo anche nella nostra regione.
Non vorrei che discussioni come queste diventino l'occasione non tanto per discutere concretamente dei problemi che riguardano la nostra regione, ma per parlare di problemi che devono, con urgenza, vedere sul banco degli imputati Stati e continenti lontani decine e decine di migliaia di chilometri rispetto a noi.
Noi sappiamo che nella nostra regione i cambiamenti climatici causano danni. Danni alle imprese, non solo agricole, ma alle case, alle infrastrutture pubbliche e private. Allora occorre lavorare sulla prevenzione e sulla ricostruzione e non fingere di farlo; allora penso alle risorse non certo sufficienti messe sul PNRR per finanziare la prevenzione (ricorderanno i colleghi Consiglieri le parole dell'Autorità di bacino proprio sul PNRR durante un'audizione in Commissione). Pure l'ipocrisia quando non si limita a dire che c'è il problema e non si mettono le risorse sufficienti per gestirle, non si limita alla mancata condanna alle sanzioni che non esistono nei confronti di quei Paesi e di quei regimi del mondo che se ne fregano delle emissioni. Forse adesso abbiamo sentito che qualche comparto sarà più fortunato o che, dove magari le lobby sono più forti qualcosa si muoverà, ma su altre - penso all'agricoltura - c'è ancora molto da fare.
L'ipocrisia continua anche nel fingere che la crisi energetica che stiamo vivendo porterà nuovamente all'uso del carbone. L'ipocrisia è venire a raccontare al nostro pianeta che risolveremo i problemi del mondo riducendo la plastica in Piemonte e magari tassando le nostre imprese e magari comprando le borracce che sappiamo tutti essere più dannose all'ambiente nella fase di realizzazione rispetto al riciclo di una bottiglietta di plastica. Peccato poi che veniamo a scoprire che l'Europa intera riversi nei mari del mondo meno dell'1% del totale della plastica.
Dimentichiamo quello che fanno nel Sud-Est asiatico, dimentichiamo che le regole per produrre sono diverse rispetto alle nostre, ma qui nessuno dice nulla. Guai! Là dove la partecipazione e la democrazia sono ai limiti del ridicolo non si dice nulla, riportano i loro prodotti a elevato inquinamento sotto tutti i punti di vista ma, mi raccomando, dazi zero così massacriamo per bene la nostra risicoltura e la nostra agricoltura! Poi diciamo, come ho sentito dire oggi dai nostri agricoltori, che devono fare molto di più. Loro già fanno, e hanno fatto tanto, non si sono mai tirati indietro, ma perché gli stessi che danno ordini ai nostri agricoltori e ai nostri risicoltori non si scatenano un po' contro le lobby del commercio europeo? Contro quei Paesi del Sud-Est asiatico? Oppure contro i grandi fondi d'investimento internazionale che portano via la terra all'agricoltura per fare il rinnovabile? Com'è più facile criticare e assaltare magari le istituzioni locali, che non prendersela con quelle che in giro per il mondo, fanno disastri, veri.
Si dice che c'è un'emergenza climatica, ma di quella sanitaria forse si parla ancora troppo poco. Allora penso che la nostra Regione, come molte altre italiane, sul tema dei cambiamenti climatici sia tra quelle più attente e probabilmente impegnata non soltanto in Europa, ed è giusto che si continui in quella direzione. Ma dello smog - che da noi in Piemonte è un problema gigantesco, siamo consapevoli della situazione climatica, ma noi piemontesi siamo lasciati soli - vogliamo parlarne? Vogliamo far prendere coscienza alla nostra Nazione e all'Europa che viviamo in un appartamento con una piccola finestrella e dove non c'è ricambio d'aria? Il bacino padano è tutto circondato da montagne, che sono magnifiche, è la nostra conformazione geografica, ma purtroppo i soffi d'aria sono limitatissimi durante l'anno (a parte la giornata odierna).
Vogliamo raccontare ancora la "balla" che le due domeniche senz'auto risolveranno i problemi del nostro Piemonte? O vogliamo chiedere ancora alla Regione che stanzi qualche altro milione di euro? Serve come svuotare un lago con un cucchiaio. La Regione deve continuare a fare la sua parte ci mancherebbe altro, ed è giusto che lo faccia - ma dev'esserci la consapevolezza da Roma e da Bruxelles che il bacino padano ha un problema che è unico in Europa, ma senza un programma strategico, coordinato integrato con cifre che per il nostro bacino e per il nostro territorio non possono certo essere con meno di nove zeri, scordiamoci che potremo fare qualcosa di radicale per risolvere il problema nei prossimi anni.
E non ci vengano a dire che non ci sono soldi, perché poi vediamo le scelte del Governo, il bonus del 110%! Qualcuno mi deve spiegare che senso ha confrontare il problema ambientale che ha il bacino padano e il Piemonte con il prevedere il bonus del 110% nelle isole e nei litorali ventosi, dove il problema del cappotto e dell'efficientamento energetico è tutt'altro che.



(Audio mancante o non comprensibile)



RIVA VERCELLOTTI Carlo

Ci dicono anche - oggi lo abbiamo sentito - che giustamente bisogna arrivare nel 2035 ad azzerare le auto inquinanti. Benissimo! Allora partiamo proprio dal Piemonte, non aspettiamo il 2035, facciamolo subito! Ma senza soldi glielo spiegate vuoi ai cassaintegrati che devono comprarsi un'auto elettrica che, quando va bene, costa come un SUV? Ho sentito, poi, parlare dell'importanza dei trasporti. Bene, finalmente parliamone! Ma da dove arrivano i soldi per i trasporti? Arrivano dal fondo nazionale. Ho sentito bellissimi proclami anche oggi, nazionali, politici di autorevoli persone contro l'alta velocità, per sviluppare il trasporto locale e i treni locali. Sono passati dieci anni e cosa è stato fatto, se non ridurre ulteriormente i treni locali ancora nella passata legislatura? Vogliamo dare un segnale vero e forte al Piemonte? Benissimo, allora pensiamo a un bonus speciale per le Regioni padane per promuovere l'efficientamento energetico; pensiamo ad auto a minore impatto ambientale pensiamo a risorse straordinarie per il trasporto ferroviario. Queste possono essere azioni concrete. In tutto questo, ho sentito più volte l'Assessore Marnati, che ringrazio - peraltro, ho sentito anche battute spiacevoli su di lui e sulla Giunta - battersi anche in Consiglio e in Commissione ripetendo questa posizione, ripetendo il fatto che il Piemonte sta cercando di coordinare le altre Regioni del Nord Italia in una battaglia che vuole portare più risorse e più attenzione da Roma e dall'Europa verso la nostra e le altre Regioni del bacino padano.
Concludo, Presidente. Il nostro partito si rifà alla tradizione conservatrice e non si nasconde sulla necessità di conservare e tutelare l'ambiente e di lasciarlo ai nostri figli meglio di come lo abbia ereditato. Oggi, però, servono fatti e atti concreti, che ci aspettiamo dalle istituzioni nazionali e comunitarie; risorse straordinarie per un problema straordinario, per limitare l'inquinamento atmosferico, per prevenire le calamità naturali e per costruire un'azione sulla comunità internazionale nei paesi e nei regimi insensibili, a partire dalla Cina.
È fondamentale il giusto bilanciamento tra progresso sociale, economico e ambientale. È giusto ascoltare tutti, confrontarsi con tutti e raccogliere le proposte intelligenti che possono arrivare da tutti, ma è necessaria una continua crescita economica per pagare la protezione dell'ambiente.
L'importante è seguire non l'ideologia, ma i fatti e le necessità del nostro tempo, con concretezza e responsabilità.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Carlo Riva Vercellotti per l'intervento.
Ha chiesto la parola la Consigliera Sarah Disabato; ne ha facoltà.



DISABATO Sarah

Grazie, Presidente.
Intanto ringrazio tutti coloro che sono intervenuti durante questa seduta di Consiglio regionale aperto, dagli attivisti e attiviste di Extinction Rebellion e Fridays for Future, al mondo accademico e scientifico, alle associazioni di categoria. Tutti insieme hanno sollecitato il Consiglio regionale e la Regione Piemonte su questo importante argomento. Questo denota un'attenzione molto forte sul tema.
Siamo abituati a sentir parlare di cambiamento climatico sui massimi sistemi. Succede da sempre, è successo anche oggi.



(Audio mancante o non comprensibile)



PRESIDENTE

Mi scusi, Consigliera Disabato, ma abbiamo perso una parte dell'audio.



DISABATO Sarah

Ora mi sente, Presidente?



PRESIDENTE

A tratti. Provi a eliminare il video.



DISABATO Sarah

Adesso dovreste sentirmi.



PRESIDENTE

Benissimo. Proceda pure.



DISABATO Sarah

Come dicevo, siamo abituati a sentir parlare di cambiamento climatico sui massimi sistemi; lo abbiamo visto anche oggi, perché, di fatto, è stata deviata l'attenzione su quelle che sono le tematiche relative anche alla messa in atto di misure da parte di altri Paesi: abbiamo sentito citare la Cina, l'India, l'Africa, Marte, Giove, Nettuno.
Insomma qualsiasi realtà tranne il Piemonte. Ritengo che questo sia il modo più semplice per scaricare la responsabilità e per continuare a rimanere immobili.
La realtà, però, non può essere questa. La verità è che ciascuno di noi deve fare la propria parte, al meglio, mettendo a disposizione il maggior numero di risorse, andando anche presso enti superiori a richiederne altre per attuare determinate misure. Possiamo anche dire: "Finora siamo stati ligi e bravi a seguire le indicazioni, però adesso abbiamo bisogno di altre risorse". Credo che nessuno, a quel punto, potrebbe negarci, evidentemente supporto.
Invece stiamo facendo altro: stiamo incolpando altre realtà per quello che sta accadendo anche nella nostra Regione. Questo intanto non ci pone in una posizione di vantaggio o, comunque, di consapevolezza. Soprattutto, manda un messaggio errato anche ai cittadini, che sentendo appunto la politica dello scaricabarile con così tanta facilità, prendono atto del fatto che forse non ci sia bisogno di mettere in atto un cambiamento concreto. Penso che questo possa arrivare anche a fronte di misure che sono state messe in atto dalla Regione Piemonte.
In questa discussione, ho sentito dei colleghi in particolare di maggioranza dire che oggi la Regione sta facendo di tutto e di più per l'ambiente, per contrastare il cambiamento climatico, contro l'inquinamento. Ma andiamo a vedere nel dettaglio che cosa abbiamo fatto fino a oggi come Consiglio regionale e come Regione, perché di atti ne ho visti passare in Consiglio regionale, ma non avevano nulla a che vedere con la tutela dell'ambiente.
Penso, ad esempio, alle norme emanate per approvare delle deroghe (ci sono pure degli atti d'indirizzo depositati da parte della maggioranza su deroghe alla circolazione dei veicoli!). Abbiamo visto, invece, approvare leggi contro l'ambiente (penso all'eliski, all'elicaccia o all'elitaxi) o contro la fauna selvatica, con proroghe alla caccia e con l'inserimento di nuove specie nel calendario venatorio (tra le quali la pernice bianca, che è una specie di fauna alpina), quando stiamo assistendo al deterioramento del sistema alpino piemontese. Al riguardo, che cosa facciamo? Andiamo a introdurre le specie di fauna alpina nel calendario venatorio! Lo abbiamo visto anche con il "Riparti Piemonte", che si è trasformato in "Riparti cemento". Lo abbiamo visto con le ferrovie sospese, che continuano a rimanere sospese. Anzi, in realtà qualcuno le vorrebbe coprire o classificare, per farci passare altro, non in modo parallelo, andandole a sostituire. Stiamo parlando di incentivi alla mobilità sostenibile. Queste sono alcune delle proposte che abbiamo visto presentare in questi anni da parte della maggioranza, quindi non andiamo a raccontare che stiamo cercando di fare tutto, che siamo perfetti e che l'Europa e lo Stato ci devono aiutare maggiormente.
Quando arrivano queste leggi in Parlamento o al Governo e vengono valutate anche lo Stato si fa un'idea della direzione che sta prendendo la Regione Piemonte. In più, ci sono dei fenomeni che si vedono, che sono quelli devastanti, che incidono a livello economico e sociale. Sono quelli che ci fanno saltare idealmente dalla sedia quando avvengono. Penso alle piogge torrenziali, alla siccità, alle ondate di calore, alle alluvioni, alle piene improvvise che vanno a devastare i raccolti, l'agricoltura e i capannoni industriali. Poi ci sono le frane e l'effetto degli incendi dovuto anche ai lunghi periodi di siccità, che vanno a devastare le foreste e le nostre montagne. Poi penso anche agli effetti che tutto questo provoca sulla salute, perché si prolunga, ad esempio, il periodo in cui siamo sottoposti a degli allergeni. Le malattie portate da vettori aumentano, ma anche i colpi di calore e tutte le patologie che ne conseguono. Questi sono eventi che vediamo, che possiamo valutare e in relazione ai quali cerchiamo di correre ai ripari.
Poi però ci sono degli effetti che passano sottobanco, che sono quelli non mediatici, perché la classe politica attuale è abituata a fare propaganda e non prende in considerazione o ignora determinati aspetti. Questo anche magari per impreparazione o per carenza di informazioni. Penso, ad esempio all'impatto dei nostri comportamenti sulla biodiversità, su cui mi concentrerò oggi anche con un ordine del giorno specifico.
Per questo dovremmo farci aiutare di più dal mondo scientifico e accademico, esattamente com'è successo per affrontare la pandemia, con un comitato tecnico-scientifico che ci dava puntualmente le indicazioni su come mettere in atto delle misure. Noi queste considerazioni le dovremmo prendere seriamente alla lettera. Penso al tavolo tematico che si è tenuto a luglio dell'anno scorso, al quale hanno partecipato all'incirca 150 tecnici del mondo scientifico e accademico. Si è tenuto proprio a Stupinigi. Quanti di noi sapevano di questo tavolo? Quanti di noi sono andati a rivedersi la registrazione? Sono quasi quattro ore di interventi.



(Audio mancante o non comprensibile)



DISABATO Sarah

Presidente, mi sente? Oggi purtroppo vanno male tutti i dispositivi.
Continuo a dire che le misure ci vengono suggerite e noi dovremmo prenderle in considerazione. In particolare, è stato stilato un documento specifico su cui siamo stati tirati in causa decisamente in prima persona, perch questo documento è destinato proprio ai decisori politici. È un documento che dovrebbe entrare a far parte della strategia regionale per il contrasto al cambiamento climatico in tutte le sue componenti e in tutte le sue misure, soprattutto quelle rivolte a tutelare il grande patrimonio di biodiversità presente nella nostra Regione. Non so se tutti lo sanno, ma il Piemonte è la regione con la più ampia varietà di biodiversità d'Italia e d'Europa ed è un settore di cui il mondo accademico si occupa in modo approfondito.
Noi spesso valutiamo gli effetti del cambiamento climatico solo dal punto di vista economico e tralasciamo quest'aspetto. Ci sono delle misure che dobbiamo assolutamente mettere in atto per scongiurare, nel breve periodo degli effetti devastanti, perché anche noi nel nostro piccolo e nel nostro territorio di appartenenza, possiamo fare tanto e ci sono degli effetti che possono essere indotti grazie alle nostre modifiche comportamentali, alle azioni che mettiamo in atto per migliorare la situazione ambientale e sanitaria della Regione.
Ovviamente non andrò oltre, nel senso che vorrei poi parlare di tutti quegli impatti sulla biodiversità; penso alla modifica dei processi fisiologici di alcune specie, al cambiamento di morfologia. Sono tutti cambiamenti che magari noi non percepiamo, ma che stanno avvenendo; ad esempio, cambiamenti nel comportamento o nella distribuzione spaziale degli habitat. A tutto questo, forse, non facciamo caso, ma in realtà è un grave danno che stiamo subendo e su cui dobbiamo assolutamente legiferare, ma non nella direzione che stiamo prendendo e che abbiamo preso fino a oggi approvando anche delle leggi che vanno contro tutto questo.
Se vogliamo chiedere maggiori misure o un maggiore impegno agli enti superiori, dobbiamo essere i primi della classe. E se mi permette Presidente, oggi noi i primi della classe non lo siamo stati, altrimenti raccontiamo delle favole a chi oggi è intervenuto. Di fatto, basterebbe un piccolo shift indietro, per andare a vedere i provvedimenti che abbiamo portato avanti fino a oggi per renderci conto che, di fatto, stiamo raccontando una realtà che non esiste, anche per convincerci che stiamo facendo bene.
Con quest'intervento ho voluto semplicemente riportare il Consiglio regionale sui propri passi e affrontare la realtà e tutto quello che abbiamo fatto finora per dire che non abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ma dovremmo farlo. Pertanto, ripartirei proprio da tutti i dati che ci sono stati forniti oggi, da tutto il materiale che dovremmo studiare in maniera approfondita e inserire tutte queste misure e proposte all'interno della nostra strategia. Allora sì che saremmo credibili di fronte a tutti i nostri interlocutori, di fronte a chiunque è intervenuto oggi, ma anche di fronte all'Europa e al Governo. In quel caso, potremmo anche dire "dovete darci di più".
Concludo dicendo che se oggi possiamo vantare o potremmo vantare l'arrivo di ingenti risorse su un territorio destinato alla transizione ecologica quindi grazie al PNRR, il merito è di un Governo che ha fortemente battuto i pugni in Europa, a differenza di quello che qualcuno dice e cioè che non è stato fatto. Questo Governo ha battuto i pugni e ha ottenuto risorse proprio per quella transizione ecologica di cui abbiamo bisogno, quindi forse dovremmo pensare un pochettino al nostro orto e poi andare a pretendere dagli enti superiori un aiuto in più.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo la Consigliera Disabato per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marin; ne ha facoltà.



MARIN Valter

Grazie, Presidente.
Intervengo, ma cerco di stare nei dieci minuti perché, purtroppo, molti hanno sforato, quindi cercherò di lasciare spazio alle conclusioni che giustamente l'Assessore Marnati vorrà fare. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti, dei quali mi sono appuntato tutte le cose più significative che sono state dette. Siamo però partiti un po' male, perché nel primo intervento di Reina, che è stato di pochissimi secondi dopo l'Assessore Marnati, è stato letto un documento, quindi significa che non ha assolutamente ascoltato né il Presidente Cirio né l'Assessore Marnati. Se li avesse ascoltati, forse quel documento l'avrebbe letto in modo un pochino diverso.
Cerchiamo di essere collaborativi in questo senso. Fra le tante cose che ho ascoltato oggi e molti appunti che ho preso, quasi tutti si sono concentrati su tematiche che sostanzialmente dipendono solitamente da regole, prima di tutto europee e poi nazionali. Su quelle europee, ho trovato molto interessante l'intervento dell'europarlamentare Beghin, che effettivamente parla di CBAM, una tassazione che dovrebbe arrivare alla frontiera europea per chi inquina al di fuori dei nostri territori.
Pensiamo che in Cina non importa nulla di chi inquina in Europa piuttosto che in altre zone, ma in realtà ormai siamo legati talmente tanto che anche per il paesino più piccolo lontano da noi, diminuire gli inquinanti e la transizione genetica, è utile a tutti.
Ho vissuto questa giornata anche come un attacco politico all'attuale maggioranza e all'attuale Regione. Mi spiace che qualche Consigliere regionale, anziché coglierlo come opportunità di ascolto, l'abbia visto come momento politico per criticare. Quando uno ascolta, solitamente pu arrivare a sintesi, ma forse tanti non sono stati attenti e dovrebbero leggere i verbali della V Commissione della Regione, di cui mi onoro di far parte, una delle Commissioni che lavora tantissimo, in cui abbiamo audito in continuazione sul Piano regionale dei rifiuti, sul deposito nazionale delle scorie, sul Piano energetico regionale che, tra l'altro, va domani in Commissione. Ho anche ascoltato il professor Poggio, secondo cui il PEAR si è dato come obiettivo il 43% per il 2030, rispetto al 55%. Forse non è stato letto l'aggiornamento del PEAR, che ha tenuto presente, anche proprio a seguito di tutte le audizioni, esattamente questa correzione.
Anche gli interventi sugli invasi e sull'idroelettrico richiedono azioni concrete che, purtroppo, chiedono molto tempo e la politica, un po' per i propri regolamenti, un po' per la burocrazia, necessita di tempo per arrivare a produrre questi fondamentali e strategici piani regionali.
Mi ricordo che un anno, durante l'audizione di un'associazione ambientalista, a una mia esplicita domanda "non ritenete che forse sia arrivato il momento giusto di andare a fare un piano regionale dei rifiuti ma di tutti i rifiuti: speciali, delle scorie e di tutto?", è stato risposto: "Sarebbe la volta buona e sarebbe la prima volta".
Sapete che sono decine di milioni di euro che le aziende piemontesi pagano per andare a smaltire rifiuti all'estero: l'estero fa diventare questa un'opportunità e noi invece, forse per non prendere in mano certe decisioni e non decidere di approvare i piani (perché, alla fine, certe sensibilità si toccano), andiamo a spendere denari.
Invito veramente i colleghi di minoranza a leggere la proposta di legge n.
125, che parla proprio del recupero dell'esistente di volumi esistenti e non di nuove costruzioni. Per la prima volta, parliamo di deimpermeabilizzazione dei suoli.
In particolare, l'articolo 32 della proposta di legge 125, che domani è in discussione in Consiglio regionale, parla di norme in materia di consumo di suolo. È la prima volta che una legge regionale lo scrive in legge, non attraverso bozze o delibere.
Pertanto, colleghi Consiglieri, mettiamoci attorno a un tavolo (lo propongo all'Assessore e anche al Consiglio regionale, tanto sicuramente il Presidente Allasia ci sta ascoltando) e facciamo sì che una giornata come questa diventi una giornata di proposte propositive, non di sparare uno contro l'altro, non parlando di megasistemi che dipendono magari dal G20, o dall'Europa o dall'Italia. Entriamo nelle tematiche nostre piemontesi e puntiamo molto sulla nostra agricoltura, perché è uno dei settori che soffre di più. Su questo, mi pare di aver ascoltato ottime volontà, ma come mai ci sono due associazioni, di cui una dice di mettere il fotovoltaico a terra sui suoli e l'altra dice di no, di non consumare suolo agricolo? Forse varrebbe la pena che un certo ragionamento di intera filiera vado condiviso e poi, con la politica regionale, trovare le giuste soluzioni.
Vorrei passare non dalle polemiche o dagli attacchi, che in questo momento non servono a nulla. Ognuno andrà sui propri social, scriverà i propri commenti e domani leggeremo: "Io ho fatto questa dichiarazione e la maggioranza non ha combinato nulla".
Non è affatto vero, e l'Assessore lo dimostrerà, però occorre leggere i documenti fino in fondo, per capire che veramente questa volta le cose si sono fatte. Si ritiene che non sia sufficiente e che non c'è sufficiente informazione (e magari in questo sbagliamo anche noi). Io dico, a chi ha partecipato oggi a questo gruppo di lavoro, che siamo sulla stessa barca perché l'ambiente è di tutti, pertanto troviamoci, ragioniamo, facciamo riunioni e proposte concrete - concrete - non ognuno sulle sue posizioni ma su proposte operative.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Marin Valter per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Mauro Salizzoni; ne ha facoltà.



SALIZZONI Mauro

Grazie, Presidente.
Sicuramente non sforo.
Stamattina in via Alfieri, andando a comprare il giornale, ho visto tanti giovani che manifestavano davanti al Consiglio regionale, tra due cordoni di polizia. Mi ricordano quando avevo la loro età che manifestavo per il futuro della mia generazione. Allora si trattava dei nostri diritti allo studio, al lavoro e alla salute. Condivido le loro preoccupazioni per il futuro del nostro pianeta, ed è per questo che mi sono tanto simpatici.
È chiaro che a chi ha fame non puoi dire "ti tolgo il pane per preservare l'ambiente" o a chi può permettersi a malapena una macchina "scassata" di non usarla perché inquina. Occorre porre i problemi correttamente; bisogna ricordare che l'inquinamento si manifesta attraverso molti fattori e che i pericoli non riguardano solamente il clima sul lungo periodo, ma anche la salute umana sul breve.
Voglio farvi un esempio, forse impopolare. Gli scienziati sanno da molto tempo che la combustione del legno, precursore di altri inquinanti, è una delle fonti di polveri sottili che affliggono il bacino padano e provocano danni sia alla salute - sottolineo alla salute - sia all'ambiente.
Nel 2006 il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato per la prima volta il Piano energetico ambientale regionale, dove si diceva esattamente il contrario, cioè che il Piemonte avrebbe dovuto migliorare la propria autosufficienza energetica attraverso la produzione della silvicoltura locale, secondo il modello austriaco e considerando rinnovabile questa fonte di energia.
Sono passati altri sedici anni e poche settimane fa quest'Aula ha approvato un nuovo Piano energetico. Ripeto, sedici anni. Mi rendo conto che la questione è impopolare perché molti di noi, specialmente fuori città, hanno una casa, un camino o una vecchia stufa a legna come me. Nessuno vuole criminalizzare l'uso della legna da ardere, probabilmente i nostri pronipoti arriveranno ad abolire completamente l'uso di ogni combustibile ma oggi ne siamo molto lontani.
In sedici anni, per effetto del piano precedente, è raddoppiata, come diceva Mezzalama questa mattina, l'energia prodotta da biomasse, superando il target che era stato posto a suo tempo. Il Piano energetico approvato è arrivato a dire, dopo sedici anni, che bisogna andarci piano con la legna viene finalmente dichiarato, ma non se ne vedono le conseguenze, anzi.



(Audio mancante o non comprensibile)



SALIZZONI Mauro

Con i fondi europei, si può finanziare la ristrutturazione energetica degli edifici residenziali. Cosa buona e giusta, ma i proprietari di questi edifici da ristrutturare si sentono proporre dai tecnici le classiche stufe a pellet finanziate con i fondi del superbonus fiscale, cioè usiamo soldi pubblici per finanziare il risparmio energetico, attraverso fonti ormai dichiarate inquinanti. Ripeto, è un argomento impopolare, che affronto di proposito, perché penso di non avere bisogno di ricorrere al consenso.
Non voglio demonizzare l'uso del legno per il riscaldamento domestico voglio porre alla vostra attenzione la lentezza delle politiche pubbliche in tema di ambiente e, in questo caso, anche di salute pubblica, e sottolineo sempre salute (le due cose che mi stanno politicamente più a cuore). Ci sono voluti trent'anni da quando si è cominciato ad agire sulle polveri sottili per vedere scritto in un documento che il riscaldamento da legna è una fonte rinnovabile per la CO2, ma non è sostenibile per le polveri. Intanto le macchine sono "avanti tutta" per finanziare con soldi pubblici europei il risparmio energetico bruciando legna in piccoli impianti, le cui emissioni sono impossibili da controllare.
È solo un esempio della nostra lentezza, della lentezza della politica rispetto ai problemi ambientali e della nostra fragilità di decisori per la nostra dipendenza dal consenso pubblico su questioni che sono spesso paradossali e difficili da accettare.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Mauro Salizzoni per l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Demarchi; ne ha facoltà.



DEMARCHI Paolo

Grazie, Presidente.
La ringrazio per avermi concesso la parola. Questa mattina ho ascoltato bene gli interventi dei vari giovani che si sono susseguiti e delle varie associazioni. Mi sembra di capire che tutti vogliono il piatto pieno, ma nessuno vuole il trattore perché inquina, perché crea code sulle strade e perché sporca con il fango l'asfalto. Tutti quanti vogliono il cibo fresco ogni mattina dal negozio sotto casa o dalla grande distribuzione, ma nessuno vuole camion sulla strada perché inquinano.
Tutti vogliono il cibo dall'allevamento equo e solidale, perché così va di moda, ma nessuno mi sembra disposto a pagare il latte quattro euro al litro o il prosciutto cinquanta-sessanta euro al chilogrammo. Voglio soffermarmi sulla questione degli allevamenti in agricoltura, perché contrariamente a chi vuole far passare l'allevamento come il nemico numero uno, una delle cause principali dei mali, fra cui l'inquinamento, lo spreco di risorse e i cambiamenti climatici, la zootecnia in realtà è fondamentale proprio per l'ambiente, per mantenere la fertilità dei suoli, per la tutela del territorio, del paesaggio e anche della biodiversità.
Dove c'è l'uomo con i suoi animali, c'è anche la cura del territorio. Basti pensare alle condizioni negative delle aree svantaggiate e delle aree abbandonate, come quelle montane, o le aree interne delle isole italiane in cui non ci sono più allevamenti o pastorizia, che erano delle attività che garantivano il mantenimento del territorio e la salvaguardia delle razze bovine tradizionali, con i loro prodotti tipici. Senza la presenza dell'uomo custode in aree fragili, il paesaggio diventa incolto e invaso dalla boscaglia, con la perdita della biodiversità del suolo e una compromissione dell'intero ecosistema.
Le buone pratiche di allevamento sostenibile aiutano a mantenere l'ambiente assicurando le varie razze di animali e le specialità botaniche, creando le biodiversità e la naturale fertilità dei terreni grazie alle benefiche proprietà tranquillizzanti del letame o del digestato, che sono preziose risorse in grado di nutrire il suolo e trattenere l'acqua, oltre che arricchire il terreno di nutrienti e di altri fattori ammendanti riducendo l'impiego di fertilizzanti chimici.
Anche per quanto riguarda la gestione delle deiezioni, l'Italia e il Piemonte in particolare sono all'avanguardia, essendo il Piemonte il terzo produttore globale di biogas, ossia l'energia ottenuta da fonti rinnovabili provenienti da reflui zootecnici e dagli scarti agricoli.
Il sistema piemontese di allevamento di stalla è per questo uno dei più virtuosi, raggiungendo un significativo livello di efficienza produttiva lungo tutta la filiera, attraverso la sinergia tra agricoltura e zootecnia in modo da rigenerare le risorse azzerando gli scarti e costituendo a tal proposito uno straordinario esempio di economia circolare a ciclo chiuso e senza sprechi, a cominciare dalla coltivazione dei foraggi destinati agli animali fino all'utilizzo delle deiezioni come fertilizzante organico ed energia rinnovabile.
Proprio grazie a un processo di intensivizzazione sostenibile, la zootecnia oggi è in grado di produrre di più inquinando di meno e con meno spreco di risorse, permettendo una riduzione degli impatti ambientali per unità di prodotto, così come un notevole aumento della produttività per capo allevato, grazie al miglioramento genetico delle razze e al perfezionamento di alcuni sistemi di alimentazione, riducendo gli indici di conversione e consentendo agli animali di crescere di più, convertendo con più efficacia il mangime in carne. Per questo motivo, gli allevamenti non sono il male che tutti descrivono; anzi, sono un bene per l'ambiente, vitali per l'agricoltura e per il paesaggio, preservano territori, tradizioni, culture e biodiversità.
Il settore zootecnico non è per questo un problema per la crisi climatica e ambientale in corso ma, anzi, è una parte della soluzione.
Mi sono segnato alcune proposte che possono essere utili per tutto quanto il sistema agricolo piemontese. Sì agli invasi, perché sono fondamentali per l'assetto idrico di tutte quante le culture di tutto il Piemonte.
Un sì ai motori di nuova tecnologia con basse emissioni, che sono usati anche nella meccanizzazione agricola.
Un sì ai biogas di produzione.



(Audio mancante o non comprensibile)



DEMARCHI Paolo

Un sì al fotovoltaico, per il quale a breve (a fine marzo) uscirà un decreto del PNRR.
Un sì anche all'agrivoltaico, con altezze che possano permettere una coltura sottostante e l'uso di meccanizzazione agricola.
Un sì anche alla classificazione del digestato, come sta già facendo la Lombardia, da refluo zootecnico a fertilizzante.
Chiedo all'Assessore Marnati e al Presidente della V Commissione, di cui faccio parte, di esaminare le ricadute del Piano di qualità dell'aria sull'agricoltura e sugli allevamenti, perché potrebbe generare dei costi enormi a carico degli allevatori e degli agricoltori: anche con l'aiuto del PSR, queste risorse potrebbero non bastare, perché parliamo davvero di cifre non indifferenti, al punto da determinare la chiusura di molte aziende agricole. Ma sono certo che l'Assessore e il Presidente della V Commissione sapranno essere sensibili verso questo tema e cercheranno in tutti i modi di non creare ulteriori problemi agli agricoltori e agli allevatori piemontesi.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Matteo Marnati per l'intervento conclusivo della Giunta regionale.
Prego, Assessore; ne ha facoltà.



MARNATI Matteo, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
Da questa mattina ho ascoltato tutti gli interventi. Non so, invece, se chi è intervenuto questa mattina sia rimasto ad ascoltare il prosieguo, visto che, in effetti, rimanere concentrati per otto ore su tematiche mondiali.
Alla fine si è parlato di tutto e di più, e in molti casi si è fatta anche tanta confusione, perché sono stati trattati gli inquinanti insieme ai gas serra, alle misure ambientali, alla biodiversità. Insomma, si è parlano di tanto e di tutto.
Alcuni interventi stati costruiti molto bene; altri, a dire la verità, mi hanno fatto cadere un po' le braccia, perché probabilmente erano stati scritti prima ancora di ascoltare quello che oggi abbiamo detto, per cui non hanno minimamente riportato ciò che stiamo facendo (o forse neanche lo sanno). Le strategie che oggi vi ho raccontato occupano centinaia di pagine: forse bisogna leggerle, capire cosa c'è scritto, fare delle proposte. Noi, tutti i giovedì - ringrazio anche la V Commissione - da due anni e mezzo, nonostante la pandemia, ci riuniamo per discutere tematica per tematica. Ogni tematica ha la sua complessità, ha le sue caratteristiche. Confondere il Piano qualità dell'aria con i cambiamenti climatici è sbagliato, sono due cose diverse. Una cosa è il Piano aria altra cosa è la transizione energetica.
Avete parlato di gas, di pellet: il fatto che il gas non si veda, non significa che non emetta CO2! Un conto sono le polveri sottili, un conto sono gli ossidi, un conto è l'ammoniaca. Insomma, ogni cosa ha bisogno di un suo studio, delle sue ricerche e della sua applicazione.
Chiedo al Presidente se il mondo è iniziato nel giugno 2019 o se c'era anche prima: perché noi siamo accusati di non aver fatto nulla - si ripetono le solite frasi del tipo "non fate nulla", "non fate abbastanza" "siete un fallimento" - quando, invece, abbiamo avviato tutte le strategie che precedentemente non erano neanche state incardinate, perché incagliate.
Non vogliamo applausi, non m'interessa neanche chi c'era prima, perch anche i Consiglieri di minoranza oggi ci stanno aiutando: le cose si fanno insieme, poi ognuno avrà le proprie idee e le proprie proposte, dopodich la maggioranza decide. Però abbiamo fatto cose che non sono state mai realizzate e hanno bisogno di tempo.
Si è parlato anche di TAV, come se i problemi del cambiamento climatico nel mondo siano causati dalla TAV, che è un'opera appena iniziata, incagliata anch'essa da una decina d'anni (forse anche di più). E non si guarda il complesso nei prossimi cent'anni, ci si limita ai due anni di realizzazione.
Stiamo lavorando con il Politecnico e con gli istituti di tecnologia italiana su cosa fare con la CO2, ma non è stato ricordato da nessuno: vogliamo studiare quali misure la scienza ci porterà per usarla, per farla diventare utile. Questo è il tema fondamentale. Perché di CO2 ce n'è tantissima, l'uomo produce CO2. Dovremmo togliere l'uomo dal mondo, se volessimo fare quello che ci viene chiesto domani mattina, o dalla Pianura Padana, che è l'area più industrializzata d'Europa, circondata dalle montagne. Sarà quella che soffrirà probabilmente di più a causa dei cambiamenti climatici.
Alcune cose dette sono risultate contraddittorie l'una con l'altra: da una parte si dice che ci vogliono più risorse, dall'altra parte.



(Audio mancante o non comprensibile)



MARNATI Matteo, Assessore all'ambiente

Comunque, al di là di tutto questo, nei primi interventi è stato anche detto che non c'è azione partecipativa; addirittura sono stati ricordati i 150 ricercatori che in Francia sono stati chiamati dal Presidente Macron a gestire in modo partecipativo le leggi in ambito ambientale.
Noi abbiamo chiamato 400 giovani tra i diciotto e i trentacinque anni a elaborare una strategia sulla sostenibilità, ma non è stato neanche citato.
Invece è stata ricordata la Francia.
Alcune cose dette, peraltro, mi sembrano di carattere troppo politico: ci mancherebbe, è un Consiglio aperto, ma il lavoro si fa poi nelle Commissioni, in altri ambiti. E si fa tutti i giorni, cosa che stiamo facendo da due anni e mezzo.
Io non sono responsabile di ciò che è accaduto prima, nei cent'anni precedenti. Io sono responsabile di quello che stiamo facendo oggi. E, a mio avviso, stiamo facendo molto. La situazione è complessa, ci sono tantissime dinamiche da mettere in atto, per le quali occorrono le risorse che peraltro stanno arrivando.
Se non è ancora aperto il bando a livello nazionale sull'idrogeno, non posso certo partecipare! Ci vuole il suo tempo, le cose hanno bisogna della loro maturazione.
Qualcuno si è fatto anche paladino del mondo giovanile; alcuni ci dicono di lasciarli stare, altri dispensano consigli. Noi siamo un ente che legifera la Giunta regionale emana atti; peraltro, tutto quello che oggi avete ricordato sono cose scritte, reali.
Del Piano energetico parleremo domani, perché anche su questo sono state riportate delle inesattezze. Dobbiamo allinearci, ovviamente, alle direttive nazionali, ma anche in questo caso mancano i decreti, quindi lo faremo appena sarà possibile. Prima, comunque, approviamo il Piano così com'è, che inserisce anche delle cose nuove, di cui si è già discusso.
Tutte le cose che stiamo raccontando sono condivise con tutti. Perché in Commissione, oltre ai Consiglieri, vengono audite le associazioni ambientaliste, vengono auditi gli enti locali, vengono audite le associazioni di categoria e i sindacati. Chiunque voglia partecipare nell'ambito di un'assemblea democratica lo può fare. Di conseguenza protestare va bene (non vi chiedo certo di non farlo!), è giusto, siete giovani e potete anche essere critici. Però la critica dev'essere costruttiva. Perché ripetere sempre le stesse cose.
Il momento della consapevolezza lo abbiamo già superato; i dati annunciati oggi da ARPA li abbiamo letti. Sono io il primo a fare i comunicati sulla siccità o ad aver chiesto un osservatorio con tutte le Regioni nazionali per cui non è che non lo sappiamo, non abbiamo bisogno di vedere ulteriori dati, ma avere soluzioni che siano poi sostenibili da un punto di vista sia economico sia tecnologico. Perché la CO2 la possiamo trasformare in nuovi carburanti, la possiamo stoccare negli inerti, la possiamo utilizzare in altre cose, ma ci vuole una soluzione. Il Politecnico ci sta aiutando quindi lo facciamo a livello regionale, ma ci stanno lavorando anche a livello mondiale. Non è facile, non è schioccando le dita che si risolve il problema.
La cosa che mi ha fatto un po' arrabbiare è che si è fatto un calderone però vi dico che il treno per il cambiamento noi l'abbiamo avviato, ci siamo sopra, stiamo andando avanti; visto che è stato ricordato il trasporto pubblico locale, stiamo partendo. È complicato, perché è in salita, ma chi vuole fare parte di questo cambiamento lo faccia in maniera concreta. Io non ho più tempo di ascoltare gli slogan e le solite cose ripetute e ritrite, proprio perché oggettivamente i tempi sono stretti. Per prendere questi famosi soldi che arrivano dall'Europa i tempi sono strettissimi, quindi stiamo lavorando su più fronti contemporaneamente. E non vuole essere una giustificazione, è lo stato attuale.
Domani abbiamo il piano energetico, che è fondamentale. Ci sono altre cose che andranno fatte nei prossimi mesi. C'è tutta una roadmap compatibilmente con le esigenze del Consiglio regionale, però respingo con forza tutte le accuse, perché noi stiamo facendo cose molto importanti. Possono essere migliorate - ci mancherebbe, perché non siamo perfetti - però si dica la verità e si tirino fuori i dati veri. Ho sentito anche delle cose che non voglio citare, perché riaprirei la discussione.
Abbiamo l'ARPA, c'è un approccio con tutte le Università e a breve faremo vedere - forse siamo stati un po' carenti sulla comunicazione - che ogni misura che abbiamo preso e che prenderemo ha degli impatti, cioè quanto abbiamo risparmiato di CO2, quanto risparmiamo di polveri sottili, quanto risparmiamo di ossidi di azoto, eccetera. Su ogni misura dobbiamo rendicontare e sono tante; ultimamente sono usciti tanti comunicati regionali e potete andarli a leggere. Forse il sito regionale, in effetti non è così intuibile come dovrebbe essere, però i dati ci sono. Pertanto quello che voglio dirvi è che bisogna lavorare, rimboccarsi le maniche ed essere attivi. Questi 400 giovani sono stati attivi e loro sono il nostro modello. Ne volete fare parte? Vi lascio la porta aperta e quando volete possiamo affrontare ogni tematica in modo rigoroso, altrimenti viene fuori un calderone, perché bisogna farlo in modo serio e intelligente. Ripeto tutto ciò che abbiamo costruito non è definitivo, è migliorabile migliorerà e poi ci saranno sempre, per fortuna, le tecnologie che permetteranno forse nei prossimi anni di risolvere il problema anche più rapidamente, cosa che oggi sembra non essere.
Per concludere, sono molto fiducioso nell'attività che stiamo portando avanti e che sarà portata avanti negli anni da parte di chi verrà dopo di noi.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo l'Assessore Matteo Marnati per l'intervento.
Ringrazio tutti e tutte per questa bella giornata. Ricordo ai Consiglieri e alle Consigliere di uscire da questo collegamento e di entrare nel collegamento della seduta pomeridiana.
Buona salute a tutti e a tutte.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 17.41)



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