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Dettaglio seduta n.148 del 14/09/21 - Legislatura n. XI - Sedute dal 26 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



(La seduta inizia alle ore 09.37)


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Aggiornamento sul tavolo di crisi relativo alla situazione ex Embraco e sulle conseguenti ricadute occupazionali


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Possiamo iniziare la seduta del Consiglio regionale sul tema "Aggiornamento sul tavolo di crisi relativo alla situazione ex Embraco e sulle conseguenti ricadute occupazionali".
Questo Consiglio aperto è stato approvato in sede di Conferenza dei Capigruppo. Si è deciso di convocarlo per fare il punto sul tavolo di crisi relativo alla situazione dell'ex Embraco e sulle conseguenti ricadute occupazionali, una situazione che si protrae sin dal 2000, che, purtroppo continua a persistere e non sembra trovare ancora oggi una facile soluzione, nonostante l'impegno di tutte le istituzioni pubbliche.
Lo scorso mese di luglio, qui a Palazzo, il nostro Ufficio di Presidenza ha ricevuto una delegazione di lavoratori e sindacati. Dopo l'incontro, ho scritto personalmente ai Ministri del Lavoro e dello Sviluppo economico per chiedere la massima attenzione su questa vertenza che dura ormai, come già detto, da vent'anni, per sollecitare una strategia che assicuri continuità occupazionale e produttiva dello stabilimento di Riva di Chieri e per esprimere grande preoccupazione per le quasi quattrocento famiglie piemontesi coinvolte. Tali preoccupazioni sono condivise da tutte le istituzioni, in particolare, da quest'Assemblea legislativa, che da sempre è vicina ai lavoratori e continuerà ad esserlo finché la drammatica situazione non sarà risolta.
Mi auguro che la discussione di quest'oggi possa contribuire a trovare finalmente quella definitiva soluzione industriale che permetterà di garantire investimenti e posti di lavoro.
Ciò detto, auguro buon lavoro a tutti i Consiglieri e do la parola al Presidente Cirio per l'apertura dei lavori.



CIRIO Alberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Rivolgo un saluto a tutti i Consiglieri regionali e un ringraziamento perché il Consiglio ha voluto accogliere la proposta del mio Assessore e della Giunta di convocare questo Consiglio straordinario; un Consiglio regionale in forma aperta, per permettere il coinvolgimento di soggetti esterni su un tema che - ahimè - trattiamo e proviamo a risolvere (dico "proviamo a risolvere") ormai da diversi anni.
Un ringraziamento ai Sindaci di Chieri e di Riva che interverranno successivamente; un ringraziamento corale e globale a tutti i rappresentanti delle organizzazioni sindacali: ormai, su questo tema, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali che seguono il caso Embraco li conosciamo per nome, nel senso che la familiarità dei rapporti è basata su anni di frequentazioni.
Il tema dell'ex Embraco è un tema vergognoso sotto mille aspetti: vergognoso da italiano, vergognoso da piemontese e vergognoso da rappresentante delle istituzioni.
Stiamo parlando, all'origine, di un gruppo, il gruppo Whirlpool, che arriva in Piemonte, che approda in Piemonte e ottiene risorse pubbliche per venire in Piemonte. A un certo punto della sua esistenza, cito questo particolare perché mi colpì molto, iniziò a chiedere ai propri lavoratori di Riva di andare a fare corsi di formazione ad altri lavoratori, cioè chiedeva ai nostri lavoratori di fare corsi di formazione ad altri lavoratori in Slovacchia. Pensate quale situazione paradossale: i lavoratori della nostra regione andavano a insegnare il lavoro a coloro i quali gliel'avrebbero poi preso! Incolpevolmente, gli uni e gli altri, evidentemente; però, capite il paradosso? La delocalizzazione è un male.
Il nuovo Governo sta assumendo misure importanti; il Presidente Draghi sul tema della delocalizzazione ha idee molto chiare e vuole usare i fondi della ripresa, della ripartenza proprio per premiare chi non se ne va o meglio, convincere le aziende a non andarsene, aiutandole.
La delocalizzazione è un problema sempre; è un problema quando le nostre aziende chiudono in Piemonte, per andare in Cina, così come quando chiudono in Piemonte per andare in Sud America, ma ancor più grave e inaccettabile quando chiudono in Piemonte per andare in Europa, per rimanere in Europa. È paradossale che il costo del lavoro della nostra Europa sia così diverso da un Paese all'altro e credo che questo sia il motivo per cui non sia accettabile.
Sulla denuncia di questa situazione tutti abbiamo cercato di fare e di fare anche tanto. Ricordo che facevo il parlamentare europeo quando accolsi il Presidente Chiamparino (se lo ricorderà), che guidò proprio una delegazione di lavoratori; venne in Parlamento europeo, perché la Regione voleva usare la grancassa del Parlamento europeo per colpire l'unica cosa che interessa a queste realtà internazionali: quella che si chiama la reputation.
Volevamo andare dire, anzi il Piemonte, con il suo Presidente, andò a dire che questa azienda si stava comportando così nella nostra regione. Da lì iniziò una serie di momenti, di eventi, di incontri e di manifestazioni, ma la tenda dei lavoratori dell'Embraco è ancora lì, in piazza Castello.
Il problema non si è risolto, sono cambiati quattro Ministri, sono cambiati i diversi Governi e credo che tutti gli esponenti di tutti i partiti abbiano fatto sosta, ancora in questi giorni, per esprimere la loro solidarietà ai lavoratori. Sembra davvero paradossale che, se tutte le forze politiche sono d'accordo, se tutte le istituzioni sono d'accordo questa situazione non possa risolversi.
Noi, come Regione, abbiamo l'importante compito di tenere alta l'attenzione; abbiamo un compito più curativo, quello che l'Assessore Chiorino, insieme alla struttura, ha svolto e ha seguito (così come ha fatto chi c'era prima di noi), che è quello degli ammortizzatori sociali quello di curare le ferite: ma non è così che si guarisce.
Abbiamo ottenuto tutti insieme, anche qua con alcune peripezie (perch è un decreto, è stato inserito e poi non c'era la copertura), un finale positivo, perché la copertura degli ammortizzatori sociali è garantita fino alla fine del 2021, fino al 31 dicembre; però al 31 dicembre bisognerà aver trovato una soluzione.
Quello che voglio denunciare - e chiedo al Consiglio regionale di unirsi nel farlo e sono felice di sentire sensibilità comuni - è che questo non deve più accadere. Adesso, se arrivano risorse, chi prende risorse per investire in Piemonte rimane in Piemonte, altrimenti restituisce le risorse prese.
Dobbiamo trovare il modo di scriverlo, oltre che di dircelo. Pare che il Governo, su questo, abbia intenzione di mettere vincoli molto ben precisi e molto ben chiari. Nello stesso tempo, però, dobbiamo fare tutto ciò che ancora possiamo fare per trovare una soluzione concreta.
Nel merito, interverrà adesso l'Assessore Chiorino, che voglio ringraziare, perché credo che la questione dell'Ex Embraco sia diventata lo è sempre stata - importante, ma credo che oggi sia la più importante anche perché serve come immagine di condotta che dobbiamo cercare tutti quanti di tenere nell'accettare o non accettare i comportamenti del mondo di certe imprese che vengono qui con un'ottica speculativa e non sicuramente con un'ottica di ricchezza imprenditoriale e di profitto. Per me, il profitto legittimo è una parola buona; la speculazione no.
Chiedo davvero a tutti quanti i colleghi di continuare questa battaglia comune. Ci aggiorneremo al termine del Consiglio regionale per delle conclusioni che non vogliamo siano soltanto una pacca sulle spalle. Credo che i lavoratori della pacca sulle spalle mia e dei politici ne facciano ormai ben poco. Credo che abbiano bisogno di una soluzione concreta; non è facile, è complicata e complessa, però dobbiamo trovarla.
Non abbiamo mai voluto attivare piani B, perché avrebbe voluto dire rinunciare al piano A; però siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo avere l'onestà intellettuale di capire se il piano A è percorribile e con quali prospettive, perché non possiamo risvegliarci a Natale con sotto l'albero l'ennesimo pacco: in questo caso sarebbe veramente un pacco vuoto di chi ha creduto ancora una volta nelle istituzioni.
C'è unione di intenti; c'è a Roma e c'è qui, per cui facciamola fruttare e cerchiamo davvero di pulire una macchia che c'è, pesante nell'immagine bella di un Piemonte in cui imprenditori illuminati e di successo ci hanno dimostrato e ci dimostrano ancora che cos'è la responsabilità sociale dell'impresa. Qui non c'è responsabilità sociale dell'impresa, qui c'è un'irresponsabilità totale che va pulita, va perseguita e, soprattutto, ci sono persone a cui dobbiamo dare risposte e certezze.
Se il Presidente ritiene, il mio Assessore è pronto a intervenire nel merito tecnico.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Assessore Chiorino, vuole intervenire adesso o a conclusione? Prego Assessore.



CHIORINO Elena, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente.
Il mio non è un ringraziamento solo per darmi la parola in questo momento, ma per la convocazione di questo Consiglio regionale. Ringrazio anche ogni singolo Consigliere regionale, di qualunque appartenenza, perch fin dal primo momento si è sempre riusciti a superare ogni logica del singolo per arrivare a lavorare in una direzione che potesse portare a una soluzione soddisfacente per i lavoratori dell'ex Embraco. È nella mia più piena convinzione che pure il Consiglio regionale di oggi andrà in quella direzione, per cui il mio grazie è anche preventivo rispetto ai lavori e agli interventi di questa mattina.
Come diceva il Presidente Cirio, si è riusciti a ottenere, con un emendamento approvato in Parlamento al decreto "sostegni bis", la proroga della cassa per i lavoratori dell'ex Embraco. Mentre dico questo, il mio pensiero va anche ai lavoratori della ACC in Veneto, che vedono la loro storia intersecarsi a quella dei nostri lavoratori in Piemonte e di tutti noi perché, come diceva il Presidente Cirio (e posso solo condividere), è diventato il pensiero quotidiano e la ricerca quotidiana di soluzioni, ma anche di perché.
Oggi non ricostruirò tutta la storia di Embraco, che inizia nel 2017 che vede un susseguirsi di Governi e di Ministri e di promesse coerentemente mancate. Se c'è una coerenza in tutto questo è che è mancata la concretizzazione di ogni promessa fatta, fino ad arrivare alla presentazione del progetto Italcomp, presentato in Prefettura alla presenza di tutti, che per la prima volta vede tutte le forze politiche, tutte le parti sindacali e tutti i lavoratori accogliere con entusiasmo e convinzione quello che era un progetto che si riteneva potesse effettivamente funzionare, potesse essere davvero la via che avrebbe portato, non solo i nostri lavoratori fuori dalle difficoltà, ma anche ai lavoratori di ACC in Veneto.
Avrebbe fatto di più: avrebbe dato quella visione industriale di un'Italia che deve continuare a essere orgogliosa di essere la seconda potenza manifatturiera d'Europa e la settima potenza economica mondiale.
C'era la visione che avrebbe portato l'Italia, il Piemonte (orgogliosamente dico il Piemonte) a essere il polo italiano dei compressori, con la concreta ambizione di poter diventare il polo europeo dei compressori.
Evidenzio che c'è un progetto e, per chi non ce l'avesse, basta chiederlo perché ormai è sulla scrivania di tutti noi; il progetto dicevo c'è, c'era e risulta anche sostenibile da parte di tutti.
Mi sia consentito di dare qualche numero, che non ha a che fare con il Piemonte in questo caso, ma con ACC; poi spiegherò perché ritengo importanti questi numeri. ACC di Belluno, in termini di produzione, ha contato 665.962 compressori prodotti, pari a più 40,7% rispetto al corrispondente periodo del 2020 e un più 16,9% rispetto alla media del triennio 2018-2020. In termini di vendite per ACC, questo vuol dire che si sono contati 695.872 compressori con un più 53,3% rispetto al corrispondente periodo del 2020 e più 31,8% rispetto alla media del triennio 2018-2020.
Perché sentiamo dire che non c'è mercato quando parliamo di percentuali in questi termini? Perché il 6 agosto, in un'intervista al "Sole 24 Ore" l'amministratore delegato di Nidec, Valter Taranzano, dichiara che il mercato c'è e che Nidec sta valutando l'acquisizione di ACC (quindi c'è l'Austria anche a supporto di questa politica)? Io mi chiedo: e l'Italia? Il nostro Governo? Perché noi siamo fermi a dire che questo progetto non può essere? E se non può essere - possiamo anche ritenere che ci siano ulteriori motivazioni che sarebbe bene ci fossero spiegate nel dettaglio qual è il progetto alternativo? Ringrazio il Presidente Cirio che ha evidenziato quanto ci stia a cuore e quanto ci sia massima attenzione per la vicenda Embraco, così come ringrazio il Presidente Allasia per l'altrettanta sensibilità, ma nonostante gli sforzi di questa Regione, nonostante gli sforzi delle parti sindacali, dei lavoratori e dei Sindaci che dopo interverranno, è dal 23 di aprile che non si riesce ad avere un'interlocuzione diretta con il MISE per quello che riguarda il futuro dei lavoratori dell'ex Embraco. La Regione Piemonte, da sola, non può farcela, è evidente. La Regione Piemonte ha sempre dato la massima disponibilità; la Regione Piemonte, in funzione di quello che fu la presentazione del progetto Italcomp, si attiv immediatamente nell'arco di poco meno di due mesi, aveva gli strumenti pronti per intervenire su quel progetto. La Regione Piemonte si è sempre detta più che pronta a rimodulare gli strumenti e a intervenire diversamente, ma non possiamo farlo da soli, non c'è la forza: questo è evidente, altrimenti ci saremmo già attivati.
Oggi ci resta qualche via come Regione, ma è una via palliativa, perché è una via che può essere quella della formazione, ma che non sappiamo esattamente come indirizzare se non c'è un progetto di reindustrializzazione o, quanto meno, se non sappiamo che cosa esattamente stia pensando il MISE, rispetto al quale più volte mi è capitato di dire che questo silenzio è assordante; diventa assordante anche rispetto ai costi che erano previsti su tutto questo. Il progetto Italcomp sarebbe inizialmente costato, nel momento dalla sua presentazione, otto milioni di euro per tre anni, in termini di ammortizzatori sociali; invece, siamo a 13 milioni di euro. Non è di certo all'assistenzialismo che si arrende la Regione Piemonte e anche i lavoratori della ex Embraco, rispetto ai quali questa Giunta si allinea convintamente, e anche questo Consiglio, perch non può esserci una soluzione di ammortizzatori sociali e poi "vedremo chissà che cosa succederà".
Non può essere questo il termine con il quale si governa la Regione Piemonte o si governa la nostra Nazione. Sta mancando l'ambizione e l'orgoglio industriale di questa Nazione, sta mancando l'idea, che davvero ha unito tutti, di avere una visione industriale di rilancio dell'Italia.
In questo caso lo poteva essere del Piemonte, con un lavoro fatto con due Regioni che si sarebbero supportate e con lavoratori che si sarebbero trasmessi delle competenze. Oggi sembra che l'ammortizzatore sociale per i lavoratori dell'ex Embraco sia considerato l'eutanasia di 391 famiglie perché non sono solo 391 lavoratori, parliamo sempre di 391 famiglie.
Lavoratori che hanno venduto la casa per pagare gli studi ai figli lavoratori che chinano la loro dignità, perché hanno bisogno del pacco della Caritas altrimenti non ce la fanno più.
Non è accettabile che, sia per Embraco sia perché non può diventare il caso che ne svicola degli altri, si accetti la decozione industriale perché il costo del lavoro in Italia è più caro: allora si intervenga sul costo del lavoro in Italia, si lavori a quello! Oltre a ringraziare e ribadire ancora una volta i ringraziamenti a tutti voi qui presenti oggi e a tutti coloro che interverranno, anche se non è presente l'Arcivescovo Nosiglia, mi sento di ringraziare anche lui che insieme a noi e insieme al Presidente Cirio, firmò una lettera dove chiedevamo al Governo di darci un'alternativa entro il 30 giugno.
Chiedevamo di dirci "Se non c'è il progetto Italcomp, ne prendiamo atto noi ci crederemo lo stesso; ma se non c'è, spiegateci perché non c'è diteci anche qual è l'alternativa, perché non è sufficiente dire non c'è e c'è un ammortizzatore sociale". Gli ammortizzatori sociali finiscono e nessuno è contento di spiegare ai propri figli che sta vivendo di cassa integrazione e che non sa che cosa ne sarà del suo futuro.
La cassa integrazione deve essere uno strumento, così come tutti gli ammortizzatori sociali, utile ad essere un ponte rispetto a dei progetti, a dei piani di industrializzazione, a dei piani di salvataggio; dietro ogni reindustrializzazione, deve esserci l'orgoglio della nostra capacità industriale e l'orgoglio della storia di questa Nazione. Avere un Governo che si arrende e dice "No, non c'è nulla, non si può fare", penso che sia inaccettabile per ognuno di noi seduti qui, indipendentemente dalle varie provenienze politiche, ognuno con le nostre storie, ma penso che su questo abbiamo sempre concordato e continueremo a concordare.
Ringrazio per tutti gli interventi, per tutti i contributi, per tutto il supporto che verrà portato da quest'Aula nell'ottica, come diceva poc'anzi il Presidente Cirio, di lavorare tutti insieme, affinché ci siano delle soluzioni e non soltanto della solidarietà, perché la solidarietà va bene ed è importante che ci sia, ma nel momento in cui sappiamo che davvero si lavora a delle soluzioni.
Ripeto, la Regione Piemonte e questa Giunta sono pronte, così come sono convinta che sia pronta tutta quest'Aula, a mettere in campo e a modulare strumenti utili e funzionali. Abbiamo bisogno di un Governo che supporti tutto questo, altrimenti avremo trecentonovantuno famiglie che non avranno un futuro. E non saranno soltanto loro, ma diventeranno il simbolo di un fallimento, che è delle istituzioni. E doverlo dire qua, da chi crede fermamente nelle istituzioni, da chi lo dice in un'Aula che è la più rappresentativa delle istituzioni, credetemi, non è per nulla semplice. È con grande amarezza che mi trovo a dover arrivare a considerazioni di questo tipo.
Spero che con il supporto di tutta quest'Aula arriveremo, invece, ad un prossimo Consiglio regionale in cui potrò illustrare la via maestra affinché la situazione e il caso di ex Embraco diventi un brutto ricordo e una grande storia di rilancio che simbolicamente faremo ripartire dopo la pandemia, che possa diventare il simbolo di una nazione che riparte e lo fa perché ci crede, perché ha lavorato con la schiena dritta e con la pancia a terra per fare tutto quello che era possibile in questi termini.
Io penso che così come Embraco è stato uno dei casi più drammatici che l'Italia ha vissuto, allo stesso modo possa diventare anche il grande caso e la grande storia del rilancio. Quest'Aula non ha tutti i poteri del Governo, ma sicuramente ha i poteri di unire un'intera Regione per dire la sua e portare avanti convintamente quella che ritengo possa essere (lo ribadisco) la convinzione di tutti, cioè che non si vive di ammortizzatori sociali, ma si vive anche e soprattutto di rilancio delle politiche che passano dalla dignità del lavoro e che, tramite il lavoro, diventano imprescindibili. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Chiorino.
Do ora la parola, in collegamento in videoconferenza, al coordinatore della struttura di crisi di impresa del Ministero dello Sviluppo Economico dottor Luca Annibaletti.



ANNIBALETTI Luca, Coordinatore struttura per le crisi di impresa MISE

Buongiorno a tutti e buongiorno a lei, Presidente. Vi ringrazio molto anche a nome delle strutture del Ministero per questo intervento. Ho ascoltato sia la sua introduzione sia l'intervento dell'Assessore Chiorino cerchiamo di fare luce su quello che sta facendo il Ministero per fornire i chiarimenti in merito al caso drammatico che state trattando. La solidarietà va indubbiamente a tutti i lavoratori.
Abbiamo parlato di progetto Italcomp, rispetto al quale mi stupisce che ci sia stato un silenzio delle istituzioni, perché più volte hanno ribadito che questo progetto non è fattibile e non è fattibile perché non è stato trovato un soggetto privato che potesse investire, perché non è stato trovato il sito, perché non è stato possibile l'accesso al fondo estero che era a disposizione del fallimento. C'è stata una serie di ragioni - tra l'altro, spiegate nelle varie sedi - per le quali questo progetto non è più attuale, ma non è più attuale da tempo. Ribadisco la posizione del Ministero sul progetto Italcomp, posizione che è stata ribadita anche ieri al tavolo ACC, per cui bisogna trovare altre soluzioni.
A questo proposito, visto che si parlava del silenzio delle istituzioni, in realtà il 20 luglio 2021 c'è stato un incontro (in modalità di videoconferenza che ormai il COVID ci costringe ad adottare) al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in cui le istituzioni erano rappresentate da un mio collega (del quale sposo assolutamente l'intervento), che aveva spiegato sostanzialmente che cosa si vuol fare e che cosa fa il MISE. In particolare, il MISE ha ribadito che, per quanto riguarda il programma di politica attiva del lavoro avviato e la definizione di un piano di reindustrializzazione che possa consentire la salvaguardia occupazionale del personale, il Ministero fornirà tutto il supporto alle istituzioni locali che erano presenti a questo incontro.
Quindi, non sono state assolutamente abbandonate, anzi con l'Assessore abbiamo avuto un'interlocuzione e, proprio per questo, ho accettato di partecipare a questo Consiglio.
Cosa si fa? L'ha già detto lei, Presidente, e l'ha detto l'Assessore Chiorino: non si può vivere di cassa integrazione né le politiche industriali sono politiche assistenziali. Personalmente, ho manifestato tutto il mio supporto all'Assessore Chiorino per una soluzione del caso.
Pertanto, siamo assolutamente a disposizione e stiamo studiando insieme un percorso di reindustrializzazione o un percorso di politiche attive per i lavoratori. Abbiamo ben presente questo caso, ma le istituzioni non possono risolvere taumaturgicamente i casi. Quello che possono fare è lavorare insieme al territorio e alle istituzioni del territorio per risolvere i casi.
La posizione del Ministero, che in questo esprimo, è quella della massima disponibilità e collaborazione, ma evidentemente è stato preso questo periodo di cassa integrazione per trovare una soluzione per i lavoratori.
Non è stato preso per rinviare - come ha detto il Presidente - il problema a Natale e trovare il pacco sotto l'albero. In questi mesi che mancano c'è tutta la mia disponibilità a lavorare a fianco del territorio per risolvere la questione.



PRESIDENTE

Grazie, dottor Annibaletti.
La parola al Sindaco del Comune di Chieri, Alessandro Sicchiero.



SICCHIERO Alessandro, Sindaco Comune di Chieri

Grazie, Presidente.
Buongiorno Presidente Allasia, Presidente Cirio (che non vedo), Assessore Chiorino e altri Assessori (che non vedo, purtroppo, perché vedo che la Giunta è abbastanza assente), e Consiglieri regionali.
Sono grato al Consiglio regionale per aver voluto dedicare alla vicenda dell'ex Embraco questa seduta che, tuttavia, sembrerebbe giungere ai titoli di coda.
In questi anni, abbiamo assistito a un alternarsi di illusioni e di delusioni, di promesse rapidamente evaporate e sconcertanti vicende giudiziarie. C'è anche chi ha fantasticato di produrre mascherine chirurgiche o batterie al litio in uno stabilimento da tempo desolatamente vuoto, fino ad arrivare al progetto Italcomp, che ora sembrerebbe non esistere più e mi sembra che ne abbiamo avuto la conferma dall'intervento da remoto.
Voglio dirlo con schiettezza: su questa vicenda Embraco è mancato il MISE nell'ultima parte è mancato il Ministro Giorgetti che, evidentemente, non ha mai veramente creduto al progetto Italcomp, ma soprattutto non si è mai reso disponibile a un'interlocuzione con i lavoratori e con i loro rappresentanti; anche ipotizzare l'arrivo di un investitore privato interessato a investire sul sito pare più una fantasia che non una concreta possibilità, visto che per anni questo "papa straniero" non si è mai affacciato. Non solo; a marzo il commissario Maurizio Castro ha definito il sito di Riva Presso Chieri come non adatto a ospitare la produzione di compressori per frigoriferi, quindi non solo non c'è il lavoro, ma non c'è neanche più uno stabilimento adatto.
Le quattrocento lavoratrici e lavoratori dell'ex Embraco e le loro famiglie ora meritano almeno chiarezza. Come Comune di Chieri e Sindaci del Chierese, in tutti questi anni, siamo sempre stati vicini ai lavoratori dell'ex Embraco, perché la loro vicenda è una ferita aperta per tutto il nostro territorio e non vogliamo rassegnarci.
Abbiamo, quindi, qualche domanda, perché oggi non ci saranno risposte, ma soltanto domande e ne ascolterete tante anche dagli interventi successivi.
Ci sono elementi concreti e circostanziati che possano far sperare alla realizzazione di un progetto di reindustrializzazione del sito di Riva Presso Chieri? Se così non è, esistono scenari alternativi da perseguire che non siano solo l'attesa dell'esaurirsi della cassa integrazione? È davvero impossibile individuare progetti idonei ad assorbire la manodopera dell'ex Embraco? A livello locale, abbiamo cercato di fare la nostra parte con i nostri mezzi, che non sono potenti come quelli del MISE, che continua a sostenere di voler lavorare con i territori; però continuiamo a non vedere delle proposte e continuiamo a vedere non ascoltate le proposte che arrivano dei territori.
Abbiamo verificato la disponibilità di piccoli e di medi imprenditori locali ad assorbire quote degli operai ex Embraco, ma questa disponibilità seppure embrionale, fin da subito si è infranta contro lo scoglio del costo del lavoro e l'assenza di specifiche incentivazioni. Anche la Regione si è attivata e ringrazio tutti i tecnici, in particolare, perché hanno provato a trovare soluzioni incentivanti.
Allora, perché non attingere al fondo Escrow, prima citato, per introdurre le incentivazioni che renderebbero possibile fare assorbire i lavoratori da aziende del territorio? In tal modo, si potrà dare alle lavoratrici e ai lavoratori, fermi da anni, una dote in termini di formazione riqualificazione e alfabetizzazione informatica e digitale, stando sul generico (non sappiamo quale potrà essere la ricollocazione), dotandoli di una formazione almeno generica, che permetterà loro il reinserimento nel mondo del lavoro.
Il mio appello, quindi, al Ministro Giorgetti e al MISE è che si assumano un serio impegno in questa direzione oppure li invito - magari anche la Viceministra Todde, che si è spesa fortemente per il progetto Italcomp, del quale non abbiamo più saputo nulla - a venire a Chieri e a Riva Presso Chieri a guardare negli occhi gli operai, per il rispetto dovuto ai lavoratori e alle lavoratrici e che, al più presto, comunichino che la loro storia nello stabilimento di Riva Presso Chieri si è conclusa, dopo lenta agonia. Penso che almeno questo dobbiamo ai lavoratori e alle lavoratrici.



PRESIDENTE

Grazie.
Ricordo che la Giunta è presente con l'Assessore Chiorino e il Vicepresidente Carosso, perciò la formazione della Giunta è più che presente; eviterei polemiche inutili sul dibattito, che non aggiungono nulla. Ringrazio gli intervenuti, anche quelli futuri.
La parola al Sindaco del Comune di Riva presso Chieri, Lodovico Gillio.



GILLIO Lodovico, Sindaco Comune di Riva presso Chieri

Buongiorno a tutti.
Innanzitutto, vorrei ringraziare il Presidente Allasia, per aver reso possibile questa occasione di dibattito; ringrazio veramente molto il Presidente Cirio e l'Assessore Chiorino per l'impegno che hanno dedicato alla questione Embraco, che dura ormai da quattro anni, quindi ha coinvolto anche gli Amministratori precedenti con i quali abbiamo dialogato.
Sono qui per esprimere l'amarezza della nostra comunità, della nostra piccola comunità, per tale questione.
Sappiamo benissimo che questo stabilimento ha una lunga storia, lunga qualche decennio; uno stabilimento - voglio sottolineare questo aspetto nato dal nulla, circa cinquant'anni fa, per la lungimiranza di alcuni amministratori locali del Chierese e dell'Astigiano, che hanno pensato di realizzare questo impianto senza danneggiare il paesaggio delle colline astigiane (appena, quindi, nel territorio torinese), per poter assorbire parte dei giovani che dovevano lasciare le attività agricole dei paesi dell'Astigiano, che soltanto trovando loro occasioni di lavoro nell'industria sarebbero rimasti nei loro paesi.
Questo stabilimento è passato da diverse mani, dal gruppo FIAT a Whirlpool e poi Embraco; ha ragione il Presidente Cirio quando ricorda un aspetto che tutti noi del territorio abbiamo vissuto bene: i nostri tecnici (allora c'erano duemilatrecento dipendenti) sono andati in Slovacchia e poi in Cina a insegnare la produzione dei compressori. Se pensiamo al risultato che abbiamo ottenuto, certamente da parte di qualcuno non c'è stata molta lungimiranza: c'erano 2.300 dipendenti.
A inizio anni Novanta c'è stato un progetto di raddoppio dello stabilimento, che già aveva oltre duemila dipendenti; un progetto che, dopo essere stato discusso, anche abbastanza nei dettagli, è stato bocciato perché si andava a farlo in Cina. Di qui, è iniziata la morte, con la crisi del 2004-2005, poi rattoppata abbastanza bene da parte della Regione e del Ministero di allora, con una dismissione parziale degli immobili e una piccola reindustrializzazione, che con qualche patimento sta andando avanti.
Noi oggi vorremmo sapere dove si può andare e cosa succede. Davanti a noi ci sono alcuni punti drammatici: 400 persone, 400 dipendenti ancora senza lavoro da quattro anni e, soprattutto, senza un futuro per loro e le loro famiglie, come è già stato sottolineato. È un problema drammatico, che per l'immediato si è risolto con la continua proroga degli ammortizzatori sociali, ma non è, com'è già stato ampiamente sottolineato, la soluzione definitiva.
Questo problema - intendo rimarcarlo e ricordarlo molte volte - va a inserirsi in un territorio, quello del Chierese in particolare, che ha già sofferto molto per la delocalizzazione delle attività del tessile, quindi la mancanza di un altro punto importante come quello Embraco, diventa drammatico. Come amministratori locali stiamo cercando di creare altre occasioni, soprattutto ricollocando persone in altre aziende, perlopiù piccole aziende, quindi con numeri ridotti, però è molto difficile da realizzare, perché va a inserirsi in una situazione già notevolmente compromessa.
Credevamo e davamo molta fiducia, anche se c'erano dei dubbi, all'ipotesi di progetto Italcomp, che il Ministero ci ha presentato. Non ce lo siamo inventati noi: il Ministero è venuto in Prefettura a presentarlo a Regione Comuni e, ovviamente, alle parti sindacali, come la soluzione dei problemi.
Negli ultimi mesi abbiamo firmato diverse richieste di incontro con il nuovo Ministro, firmate ovviamente dal Presidente Cirio e anche dal Monsignor Nosiglia, a cui non mi risulta siano state date risposte. È importante saperlo, perché si potrebbero individuare soluzioni alternative.
Correttezza vorrebbe che oggi, a quanto presentato prima, venissero date risposte, positive o negative, ma venissero date.
Non ripeto le considerazioni espresse dal collega Sicchiero, che condivido pienamente, per cui grazie dell'ospitalità.



PRESIDENTE

Grazie al dottor Gillio Lodovico.
Adesso do la parola al componente della segreteria CGIL FIOM, Ugo Bolognesi.
Prego.



BOLOGNESI Ugo, CGIL FIOM

Buongiorno a tutti.
Posso restare in piedi? Ho già dovuto mettermi la giacca: lasciatemi almeno restare in piedi.
Penso che oggi possa essere molto utile questo nostro incontro, questa seduta del Consiglio regionale. Volevo dire delle cose, ma dopo l'intervento di Annibaletti devo cambiare programma. Ho trovato utile l'intervenuto del rappresentante del MISE, ma mi chiedo - e lo chiedo a tutti voi - è questo il Governo che vogliamo? È questo il Governo che meritiamo? È venuto a dirci che cosa? A dirci il nulla, sennonché: "Il problema è vostro, risolvetelo e forse vi daremo una mano".
questo il compito del Governo, proprio in un momento in cui ci raccontano che stanno arrivando, giustamente dopo la pandemia, grandi risorse per fare ripartire il Paese? É questo il trattamento che si dà ai territori? Sono da anni che ci trattano come la provincia di una colonia, un lontano paese che non interessa, abbandonato. Almeno i precedenti Governi hanno avuto la decenza di dire: "No, il problema è mio, propongo delle soluzioni" (poi abbiamo visto quali sono state le soluzioni).
I lavoratori hanno accettato la soluzione Ventures solo perch l'alternativa era il licenziamento. Lo si sta vedendo anche in questi giorni a Napoli con la Whirlpool e a Firenze con la GKN: quando una multinazionale decide di chiudere e di licenziare, il Governo è impotente e non può fare nulla. A Napoli addirittura ci sono accordi sul mantenimento delle produzioni e dell'occupazione, ma è carta straccia, perché il Governo non può fare niente.
È chiaro, quindi, che nel momento in cui l'alternativa era il licenziamento, si è accettato il progetto di reindustrializzazione, la start-up, la NewCo Ventures che doveva produrre i robot per la pulizia dei pannelli fotovoltaici. Dovevamo stare dentro la green economy. È venuto il Ministro, accompagnato dall'ex governatore (che vedo qui oggi seduto e se lo ricorderà bene) a spiegare ai lavoratori che il progetto era solido, che si dovevano fidare e che non sarebbero stati lasciati soli, accompagnato da Domenico Arcuri che, nel caso fosse andato male, sarebbe diventato il datore di lavoro, quindi spiegando ai lavoratori che c'era il paracadute di Invitalia.
Mesi dopo, i lavoratori hanno cominciato a urlare disperati, perché i vecchi impianti erano stati smontati e portati via. Quando hanno provato a bloccare i cancelli per protestare, è arrivata la denuncia, perché questo succede quando ti metti fuori dai cancelli: lì la denuncia è arrivata.
Hanno accettato l'idea che venissero smontati i vecchi impianti, ma con l'impegno e la promessa che sarebbero arrivati nuovi impianti per fare nuove produzioni. I vecchi impianti erano stati svuotati, i lavoratori hanno incominciato a dire: "Guardate che qua ci stanno prendendo in giro" nel frattempo il Governo era cambiato e chi era al MISE ci aveva spiegato che bisognava dare tempo, fiducia.
Il corrispondente di Annibaletti di oggi, Giorgio Sorial, all'epoca ci disse: "Diamo fiducia. Fino a quando poi è arrivata anche la nuova Giunta regionale, anche lì siamo tornati a Roma e tutti quanti continuavano a dare credito a questi soggetti. È dovuta intervenire la Magistratura per dichiarare il fallimento per bancarotta e quindi dichiarare che quei soggetti non erano seri e attendibili, ma la Magistratura non ha dato una soluzione: ha certificato il fallimento. Poi è arrivato il nuovo progetto di polo nazionale dei compressori. Un anno fa, come mi ha ricordato Facebook in questi giorni (che mi ricorda cosa avevo pubblicato un anno fa) la pagina de "La Stampa" diceva: "Nuovo Polo dei compressori, salvati 700 posti di lavoro".
In Prefettura c'eravamo tutti: c'era il Presidente Cirio, la Sindaca Appendino, il Prefetto; hanno presentato le slide - non eravamo vittime di un'allucinazione collettiva - hanno presentato un progetto industriale.
Ieri, incontrando ACC al MISE, di fronte alle richieste sindacali di convocare il tavolo Italcomp - non ACC e poi Embraco - il MISE ha detto: "Non se ne parla, le vostre storie ormai sono separate". La Viceministro oggi, allora Sottosegretario, Alessandra Todde, quella che presentò, che fu relatrice, sostenitrice e promotrice del Progetto Italcomp, nel momento in cui le si è chiesto cosa era cambiato in un anno, sostanzialmente ha risposto che sono cambiate le condizioni politiche, non economiche. Non c'è una crisi dell'elettrodomestico; se c'è un prodotto che sta tirando, sono gli elettrodomestici, sono i frigoriferi. Dentro la pandemia è aumentata la richiesta di elettrodomestici. Certo, oggi ci sono nuove modalità, magari si compra online, ma è aumentata la richiesta.
Qualcuno dice: "Quel prodotto ormai non ha valore aggiunto, non siamo competitivi con la Cina", salvo poi accorgerci che se noi spostiamo delle produzioni dall'altra parte del mondo - lo stiamo vedendo adesso cosa sta capitando nell'industria dell'auto con i semiconduttori e con i microchip cioè se alcuni pezzi fondamentali arrivano dall'Asia e a un certo punto le navi, i container non partono dall'Asia o si incagliano in un canale o da qualche altra parte, qua l'industria si ferma, non facciamo più nulla torniamo all'analogico, torniamo indietro nel tempo. Infatti, ci dicono che i compressori li facciamo, ma li facciamo in Austria, perché in Austria sono più competitivi e il costo del lavoro è minore? No! Si è deciso così a Roma.
Noi pensiamo che non è questo il Governo che vogliamo, non sono queste le risposte che ci aspettiamo da un Governo, ma attenzione - chiudo perch mancano pochi minuti - sono anni che ci stanno prendendo in giro: stanno prendendo in giro i lavoratori, stanno prendendo in giro le organizzazioni sindacali, stanno prendendo in giro tutto il Piemonte e tutte le istituzioni.
Se vogliamo fare uno scatto di dignità, chiediamo e pretendiamo l'incontro al MISE, perché non è assolutamente vero che ci è stato spiegato.
L'incontro con il Ministero del Lavoro era un incontro tecnico per avere la proroga della cassa integrazione, per non morire a luglio, ma se allunghiamo il brodo fino al 31 dicembre non abbiamo risolto: non abbiamo risolto nulla, se non che ci siamo presi del tempo. Se pensiamo che non possono essere queste le risposte, quelle che ci hanno dato oggi... Io mi sento offeso da quello che ho sentito oggi e se anche voi vi sentite offesi, dobbiamo parlare con una voce sola, uniti, andare tutti quanti a trovare quel signore di persona, a dirgli che non ci può trattare come dei sudditi. Stiamo parlando di lavoratori e di persone oneste che per 20-30 anni hanno sempre fatto il loro dovere e oggi vengono buttati via come uno scarto, un rifiuto. Non funziona così, non può funzionare così! Dobbiamo far ripartire l'Italia, dobbiamo far ripartire il Piemonte? Sui progetti per la reindustrializzazione, per fare dei prodotti, ci può essere il contributo del territorio e della Regione, ma deve essere il MISE a mettere in campo tutti gli strumenti, compreso quel - scusate il termine ma non me ne viene un altro in questo momento - carrozzone di Invitalia che non può essere una roba dove soltanto adesso, in qualche maniera arriveranno risorse e fondi e poi non si capisce bene come verranno utilizzati. Parliamo una voce sola, andiamo tutti insieme a Roma, a quel Tavolo, al MISE e pretendiamo delle soluzioni reali e concrete.
Quello che stanno facendo ai lavoratori dell'Embraco non lo stanno facendo soltanto ai lavoratori dell'Embraco; noi siamo in una città, in una regione che sta vedendo la propria industria cancellata. Se non vogliamo che l'Embraco sia soltanto la prima di una lunga fila, allora diciamo subito adesso, non per quello che succederà per il futuro, adesso su Embraco: basta! Diciamolo tutti insieme.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al rappresentante sindacale CISL FIM, Arcangelo Montemarano.



MONTEMARANO Arcangelo, CISL ex Embraco

Grazie, Presidente.
Un sentito ringraziamento a tutto il Consiglio regionale per la possibilità data di essere qui oggi a discutere della situazione ex Embraco.
Questa è la storia di 400 lavoratori e delle loro famiglie, ai quali, dalla sera alla mattina, è caduto il mondo addosso perché una multinazionale, la Whirlpool, decide di cedere le attività a un'altra società, che è la stessa che negli anni passati ha ricevuto ingenti finanziamenti statali.
Qui inizia il calvario di questi lavoratori e lavoratrici, che dura da circa quattro anni. Per istinto, la prima cosa che fanno i lavoratori quando succedono queste cose è rivolgersi, oltre che al sindacato, anche alle istituzioni, per un senso di protezione, così come fanno i figli con i propri genitori. Il risultato di questa protezione è stato un disastro dietro l'altro, con un susseguirsi di leggerezze inspiegabili, annunci roboanti, impegni e promesse non mantenute e, non per ultimo come importanza, di piani industriali cestinati senza sapere il perché. Mi riferisco al progetto Italcomp.
Vorrei soltanto dire una cosa all'esponente del MISE che ha fatto l'intervento prima. Noi la notizia del "cestinamento" del progetto Italcomp l'abbiamo appresa solo a mezzo stampa. Di solito, in questi casi seri, le istituzioni convocano il sindacato e le parti sociali e comunicano i motivi per cui si cestina un progetto. Dunque, se è venuto qui stamattina per offendere nuovamente i lavoratori, poteva anche non esserci, perché i lavoratori sono stanchi di essere umiliati da un certo tipo di istituzione.
Tutto questo è successo da parte di Sottosegretari, Viceministri e Ministri di turno, che si sono avvicendati negli ultimi anni sia al MISE sia al Ministero del Lavoro, con il risultato che i lavoratori e le loro famiglie si sono ritrovati in gravissime difficoltà economiche, per non dire in povertà. Provate voi a vivere con 700-800 euro; e non è un modo di dire perché questo è il salario di un cassaintegrato.
In merito, colgo l'occasione per ringraziare la Diocesi di Torino e l'Arcivescovo di Torino, Nosiglia, per i pacchi alimentari che in modo costante mette a disposizione di tutti i lavoratori e le lavoratrici.
Parliamo di pacchi alimentari e non ci dobbiamo vergognare di dirlo, perch siamo arrivati a questi livelli in questa città. Le mie parole non vogliono essere uno sfogo, ma soltanto rappresentare quello che è successo negli ultimi anni di questa triste vicenda e qual è la situazione di queste persone che hanno perso tutto. Hanno perso tutto quello che erano riuscite a costruirsi in anni di lavoro.
Detto questo, vorremmo fare due appelli. Il primo: abbiamo bisogno di essere convocati al più presto al MISE, per un confronto franco trasparente e senza ambiguità alcuna, per cercare soluzioni e strumenti che possano dare continuità lavorativa a tutti i lavoratori e serenità alle loro famiglie; affinché il nostro territorio non si impoverisca ancora di più e non perda ulteriori competenze, ma anche per dare un senso alla proroga della cassa integrazione appena ottenuta, con non poca difficoltà.
Diamo un senso a questa proroga.
A tal proposito, vorrei fare una considerazione. La cassa integrazione dovrebbe essere uno strumento per sostenere i lavoratori per nuove prospettive lavorative e non per metterli su un binario morto, come succede spesso. Perché questo succede: diamo le proroghe della cassa integrazione con i costi che ricadono sulla collettività, ma poi li mettiamo su un binario morto. Gli mettiamo il bavaglio così stanno lì e poi li facciamo morire in silenzio. Non deve essere così.
Siamo qui per chiedere il vostro aiuto, in quanto, a fronte di numerose richieste di incontri congiunti con la Regione Piemonte, tramite l'Assessorato al lavoro, e i vari Comuni dei territori coinvolti (che oggi sono qui), non siamo mai stati convocati. Mai. Da Roma mai un riscontro mai una convocazione; da Roma il silenzio assoluto. Non c'è rispetto neanche per il Consiglio regionale. Riteniamo grave questo atteggiamento che il MISE adotta, in quanto irrispettoso nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche verso il nostro territorio e l'istituzione che voi oggi rappresentate in questa sala. Penso che i Ministeri dovrebbero essere luoghi aperti per i lavoratori e chi li rappresenta, luoghi in cui ci si possa confrontare e fare sinergia nell'interesse di tutta la comunità, e non luoghi chiusi.
Il secondo appello lo rivolgo a tutte le forze politiche presenti in questa sede, affinché quello che è successo a questi lavoratori non succeda anche ad altri. Si sta discutendo in questi giorni di una legge contro la delocalizzazione selvaggia. Tutti voi potete portare il vostro contributo al fine di trovare soluzioni per interrompere le azioni predatorie messe in campo in modo scellerato da troppe multinazionali, troppo spesso - e lo voglio ribadire - con il silenzio di Confindustria che, pur di non perdere le associate, si gira dall'altra parte.
Infine, e mi avvio alla conclusione, auspico che i fondi del Piano di Rilancio e Resilienza destinati al mondo del lavoro siano utilizzati con intelligenza e con la consapevolezza che un'altra occasione simile non ci sarà più. Per questo c'è la necessità che i fondi servano per mettere in campo delle vere politiche attive di sviluppo e di formazione destinate a creare posti di lavoro nuovi, cogliendo le opportunità che ci offrirà la transizione che dovremo affrontare.
Di questo abbiamo bisogno per ridare dignità a tutti i lavoratori e lavoratrici che hanno perso il lavoro e per continuare - e, rimarco, per continuare - ad avere fiducia verso tutte le istituzioni. Di questo abbiamo bisogno: di serietà e competenza. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Do ora la parola al Segretario organizzativo della UIL-UILM, Benevento Vito.



BENEVENTO Vito, UIL-UILM

Buongiorno, Presidente, grazie dell'invito e grazie all'Assessore Chiorino.
Si dice che il tempo è tiranno. Io direi che in questo caso il tempo non è tiranno, visto che al 30 di ottobre di quest'anno sono quattro anni di vertenza Embraco. Infatti, era il 30 ottobre 2017 quando iniziammo questa vertenza con otto ore di sciopero su tutti i turni. In quattro anni si sono succeduti quattro Governi, quattro Ministri, tutti rappresentati qui dentro: non siamo ancora riusciti a trovare una soluzione.
Io credo nei miracoli; li faceva solo una persona che, purtroppo per noi, è rimasta, forse e per chi ci crede, in croce, ma in tre mesi e mezzo fare un miracolo diventa veramente difficile. Noi, però ci dobbiamo provare dobbiamo provare nel rispetto dei lavoratori.
Voglio ricordare che si sono susseguiti ben quattro Ministri, prima Calenda, con il "progetto Ventures"; poi Di Maio che il progetto non l'ha neanche guardato. La mia organizzazione fu la prima a dichiarare, dopo cinque mesi, che quelli erano dei furfanti e non degli imprenditori (potete andare a rivedere i giornali e le interviste). Inizialmente, nessuno ci ascoltò e Patuanelli ha dovuto aspettare che avvenisse il fallimento, per poi proporre un progetto nuovo. Abbiamo cambiato di nuovo Ministro, di nuovo Governo e il progetto è di nuovo scomparso. Questo è il problema del nostro Paese: la continuità di esercizio. Sono anni che l'Europa ci imputa il fatto che questo Paese non è in grado di dare una continuità politica.
La colpa, quindi, è di tutti.
Noi organizzazioni sindacali, insieme ai lavoratori, ce l'abbiamo messa tutta. Penso che, negli ultimi dieci anni, Embraco sia stato il primo esempio di lotte sindacali. Vedo l'ex Presidente Chiamparino, che saluto con lui siamo stati a Bruxelles, al Parlamento europeo, a Strasburgo e dal Papa. Vorrei ricordare tutti i passaggi, ma veramente non ricordo più neanche quante manifestazioni abbiamo fatto in città e anche oltre la città.
Credo che anche l'assenza di questo Governo e del Ministero, che oggi si è presentato dicendoci: "Sapevate che quella soluzione. L'avevamo detto.".
Certo l'avevate detto, ma non avete fornito un piano di riserva, un piano B; non avete creato soluzioni credibili, speranze a questi lavoratori, che oggi si ritrovano ancora in mezzo a una strada. Quando si parla di quattrocento lavoratori non bisogna dimenticare le loro quattrocento famiglie! Un mio collega prima rammentava che l'Arcivescovo ha donato pacchi alle famiglie che non ce la fanno, che non riescono a pagare i mutui, che non riescono più neanche a mandare i figli all'università.
Questa è la condizione reale di un Paese che ha toccato il fondo nel campo dell'industria! Spero veramente che con il PNRR. Adesso si parla di GOL (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori), un termine gradito a chi piace il calcio della domenica (anche se adesso giocano tutti i giorni); ebbene, spero che quel termine dia anche la possibilità di riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive che questo Paese, in realtà, non ha mai avuto. Non le ha mai avute perché non hanno mai funzionato, perché se le politiche attive avessero funzionato, la Regione a questi quattrocento lavoratori avrebbe trovato una ricollocazione, che oggi non c'è.
Un sistema di riforme, quindi, che va dagli ammortizzatori sociali alle politiche attive, ma anche a tutto il comparto industriale; si ricordavano altre crisi, ma non voglio andare su altri argomenti, perché potrei parlare dell'ILVA, che è stata abbandonata e oggi ci ritroviamo l'acciaio che costa il 500% in più, quando sarebbe bastato, dieci anni fa, passare ai forni elettrici; quello rimane il più grande altoforno che abbiamo in Europa.
Quindi, politiche sbagliate.
Non voglio additare nessuno, però dobbiamo trovare una soluzione per questi lavoratori, perché sono un simbolo della lotta di questo Paese e di questa città. Ripeto quello altri dicevano anche prima: Embraco è stata presa ad esempio per altre vertenze, dall'ALCOA alla Whirlpool, ma anche da Termini Imerese, perché anche lì sono anni che si cerca, con delle reindustrializzazioni, di portare avanti quel sito. Purtroppo, questo Paese non è mai stato in grado di portare a termine una reindustrializzazione questa è la verità di fatto e si pensava e si sperava che con Embraco si potesse dare il via a nuovi progetti.
Per quanto riguarda la vicenda di Italcomp (non vorrei associarla a Italvolt perché entrambe iniziano con "Ital", ma vengono alla mente brutti presentimenti), il fatto di aver cambiato Governo e solo perché al nuovo Ministro non piaceva il progetto, non si può buttare tutto nel cestino. Per carità, ci possono essere stati degli errori; forse, non si è valutato bene, forse, bisognava prima chiedere alla Commissione europea i finanziamenti, tutto quello che volete, però se in altri Paesi (non stiamo parlando del resto del mondo, Asia, Brasile o Cina) come l'Austria si sta portando avanti un progetto del genere, significa che anche in Italia si poteva fare di più.
Penso che dobbiamo guardare a quanto succede nel Nord Europa, perché si parla di scuola, di università e di tante cose, ma se andiamo all'estero vediamo che le Academy delle aziende preparano i loro lavoratori.
Sinceramente, inizia a vedersi qualcosa anche in Italia: quella può essere la strada giusta per avere lavoratori formati e persone già pronte e preparate quando escono dalle università o dalle superiori. Credo che però, vada messa una mano sulla coscienza e che, da parte di tutti, vada fatto un ultimo sforzo insieme, perché questi lavoratori non possono essere abbandonati e non possono essere lasciati soli.
Non voglio rubare altro tempo, altrimenti potrei tediarvi per ore, perch ci sarebbe da parlare di tantissime altre cose, però l'appello ultimo è che tutti insieme, dal MISE alla Regione Piemonte - sia data una risposta a questi lavoratori.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GRAGLIA



PRESIDENTE

Grazie.
La parola a Ciro Marino, Segretario UGL Metalmeccanici.



MARINO Ciro, UGL metalmeccanici

Grazie, Presidente.
Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente Allasia e tutti i Consiglieri qui presenti; in special modo vorrei ringraziare il Presidente Cirio e l'Assessore al lavoro Elena Chiorino, che in questa annosa vertenza sono sempre stati parte attiva e ci hanno sempre dato il supporto dovuto.
Voglio esprimere la rabbia dei lavoratori, perché è troppo il tempo in cui versano in una situazione economica disastrosa. Non si riesce a comprendere per quale motivo il Governo centrale sia assente nel cercare di capire le vere problematiche di questi lavoratori. Come questi, ce ne sono tanti.
La situazione Embraco non è altro che lo specchio della situazione della politica italiana in Piemonte, a Torino nello specifico. Purtroppo politiche attive nel mondo del lavoro se ne stanno facendo ben poco. Basta guardare in giro, in tutta Italia: le varie vertenze aperte sono tutte in uno stato pietoso. Non si è mai visto, con i precedenti Governi (anche quattro precedenti Governi) e con il Governo attuale, una situazione del genere. Riscontriamo veramente un'assenza totale di chi dovrebbe occuparsi di creare futuro occupazionale e posti di lavoro in questo Paese.
I miei colleghi hanno specificato bene la situazione della ex Embraco.
Concordo in pieno con il primo passaggio del collega Ugo Bolognesi e poi, a succedersi, degli altri miei colleghi. Concordo e condivido il loro pensiero: dobbiamo trovare la soluzione per gestire questi 391 posti di lavoro.
Come già ribadito, la funzione della cassa integrazione e degli ammortizzatori sociali non deve essere quella di accompagnare lentamente con un'agonia, i lavoratori all'esodo finale, cioè al licenziamento. Sono 391 i lavoratori che ancora oggi devono essere ricollocati sul mancato tessuto occupazionale del territorio piemontese e torinese; ciò aggrava ancora di più la situazione occupazionale del territorio. Queste famiglie sono stremate: sono quattro anni che andiamo avanti con questa vertenza quattro anni di vergogna; quattro anni di presa in giro.
Sono stati avallati progetti industriali che andavano veramente denunciati perché erano dei lestofanti, furfanti, delinquenti; si sono proposti e hanno solo mangiato soldi, hanno sottratto soldi che servivano per reindustrializzare un'azienda che, come avevano promesso, doveva avviare il suo percorso occupazionale.
A questo dico basta. Adesso è necessario andare avanti insieme e con il vostro supporto. Chiediamo il vostro aiuto per supportarci ancora di più.
Il Ministero deve convocarci a ogni costo, altrimenti saremo costretti ad autoconvocarci e non è bello che ogni volta dobbiamo auto convocarci perch abbiamo un Ministero assente, un Ministero che non ascolta. Non è così che funziona: il Ministero deve fare il suo mestiere.
Come ho già detto in altre sedi e non mi vergogno a dirlo (e non ho paura a dirlo): se il Ministro Giorgetti non è in condizioni di svolgere il proprio mestiere, si dimetta, perché in ballo non c'è solo il futuro di 391 lavoratori. La situazione Embraco non deve essere una situazione embrionale in cui poi si rivelerà il disastro occupazionale, non solo del tessuto torinese, non solo de tessuto piemontese, ma dell'intero Paese.
Il Governo centrale - e lo chiediamo con forza - deve fare la propria parte. A Torino, in Piemonte, le istituzioni la loro parte l'hanno fatta e l'hanno fatta di gran misura.
Come organizzazioni sindacali siamo vicini ai lavoratori a 360 gradi e stiamo cercando di risolvere tutto quello che possiamo risolvere nel migliore modo possibile. Qua, le istituzioni si sono messe a disposizione dei lavoratori; non si riesce a capire perché il Governo centrale sembra essere di un altro Stato. Il Governo centrale si è dimenticato e si è allontanato da quelle che sono effettivamente le esigenze del Paese. Il Paese ha bisogno di occupazione.
Stiamo veramente attraversando una fase critica, dove vediamo persone interessate solamente ai fondi destinati dalla Comunità europea. Quando vediamo il Ministro Giorgetti occuparsi di vaccini e di quant'altro, quando il suo vero mestiere sarebbe occuparsi del suo Ministero (e non lo sta facendo), chiediamo con forza che le cose rientrino per come devono essere fatte, altrimenti occorrerà trovare altre soluzioni, perché non è possibile lasciare i lavoratori in questa condizione. Ormai la fine della cassa integrazione non è distante, non c'è più tempo. Non ci stufiamo di ricordare che non c'è più tempo: abbiamo fatto i salti mortali per far sì che venisse approvata una proroga di quella cassa integrazione, ma non chiedevamo una proroga per allontanare di sei mesi l'inevitabile fine di questo percorso. Abbiamo chiesto la proroga per cercare di trovare soluzioni a quei 391 lavoratori che hanno fatto la storia dell'Embraco e hanno dato la loro professionalità, il loro know how.
Non può finire che venga cestinato il progetto Italcomp, progetto che avrebbe avuto i suoi risvolti, anche perché si stava parlando di una fusione con un'azienda che aveva ordini in pancia che mai, a oggi, ha avuto. L'unico problema era di liquidità, ma non si è voluto risolvere quel problema. Se il costo del lavoro in Italia, come dicono, è elevato (e non lo è, perché in Austria non è meno dell'Italia) è perché purtroppo il Governo centrale ritiene che occorre dare spazio alla Nidec. Ma la Nidec non è italiana e a noi della Nidec, scusate il termine, non ce ne frega niente.
Abbiamo bisogno di aziende italiane che producano il loro prodotto e siamo stufi che il nostro know how venga preso e portato all'estero, mentre in Italia rimangono solo macerie. Questo è il problema che sta attanagliando oggi il Paese. Mi auguro che si possa veramente intervenire con forza per cercare di trovare soluzioni, per togliere quei 391 lavoratori da una situazione - ahimè - di povertà.
Non voglio che questo sia lo specchio del Paese. Ho concluso. Ringrazio tutti e buona giornata.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola a Paolo Donorà, RSU CGIL FIOM, ex Embraco.



DONORA' Paolo, CIGL-FIOM ex Embraco

Buongiorno a tutti.
Tra alcune settimane, alla fine di ottobre, saranno trascorsi quattro anni dall'inizio della nostra vertenza. Ottobre 2017- ottobre 2021: quattro anni maledetti. Non voglio ripercorrerli qui, tutti ormai conoscono la nostra vicenda. Tuttavia voglio domandarmi insieme a voi: cosa fare adesso? C'è ancora qualche mese di ammortizzatore sociale, la cassa integrazione scade a fine dicembre, dopodiché saremo tra le fila dei disoccupati. Cancellati sacrificati al profilo di pochi, nell'indifferenza di chi ci rappresenta alla faccia della Costituzione della nostra Repubblica.
Il pensiero dominante è uno solo: l'impresa privata crea ricchezza per la società, deve essere libera di farlo e la politica deve agire per togliere lacci e lacciuoli. La politica deve agire per rendere libera il più possibile l'impresa; così facendo si propaga il falso paradigma che seguendo e promuovendo i propri interessi privati, l'impresa privata fa gli interessi della società in generale. Questo è il pensiero dominante nelle classi dirigenti, a partire da quelle politiche. Se l'impresa, per fare i propri interessi, chiude stabilimenti e uffici e si sposta da un'altra parte del mondo, fa parte di quella libertà di fare i propri interessi che è considerata sacra. Se agendo in questa maniera ci sono lavoratrici e lavoratori che rimangono senza lavoro, lo Stato, il Governo interviene per dar loro un lavoro? No, non è previsto. Sì, se si trova un altro privato per subentrare, gli si dà anche degli incentivi, ma se c'è chi perde il lavoro perché non si trova o non si vuole trovare un altro privato che subentri, diventa una persona senza lavoro che cerca lavoro come altri milioni di donne e di uomini. Se poi c'è un'emergenza povertà, allora si pensa a un sussidio, se si è progressisti, oppure neanche quello, perch poi ci si impigrisce. Questo è il pensiero dei più conservatori.
I precedenti Ministri dello Sviluppo Economico che abbiamo incontrato questo pensiero cercavano di nasconderlo dietro una ricerca di consensi mostrando almeno una facciata di impegno a trovare un'alternativa alla perdita del posto di lavoro, al licenziamento, ma con scarsissimi risultati, non soltanto nel nostro caso.
A questo Ministro e questo Governo nemmeno interessa, non ha consensi da costruire: esegue il compito affidato. È questo che ci sta dicendo in maniera indiretta, ma piuttosto netta. Martedì scorso, la Regione Piemonte ha convocato un tavolo in via telematica: non aveva nessun riscontro dal MISE da dirci, nessuna idea di soluzioni per evitare i licenziamenti che stanno arrivando da Roma. Non possiamo, come Regione e come territorio farci trattare così. Ma chi siamo? Un territorio dimenticato da Dio e dagli uomini? Il tavolo, dopo il 23 aprile, non è più stato riconvocato: non ci ascoltano, non ci incontrano, non ci calcolano. I lavoratori sono stanchi.
Io sono stanco, sono stremato, troppe prese in giro in questi anni e qualsiasi cosa si fa, ci si trova di fronte un muro. Quali iniziative adesso? Cosa fare? È questo il mio appello a tutti voi. Alla mia comunità e a chi la rappresenta. Chiediamo il tavolo al MISE, tutti insieme, subito e a quel tavolo ci andiamo tutti: lavoratori, sindacati, istituzioni, tutti i Consiglieri regionali, i Sindaci, le loro Giunte e i Parlamentari. Ci devono dare ascolto, ci devono dare soluzioni, abbiamo il diritto di essere rispettati, rivogliamo la nostra dignità di cittadini e di lavoratori.
E se non ci convocano? Ci andiamo lo stesso, tutti insieme e tutti uniti.
Grazie mille.



PRESIDENTE

La parola a Roberto Brognano, RSU UGL, ex Embraco.



BROGNANO Roberto, UGL ex Embraco

Buongiorno a tutti voi e grazie per averci dato la possibilità di poter parlare questa mattina.
Sono un lavoratore e sono indignato per la nostra situazione che perdura e persiste ormai da ben quattro anni. Stamattina è stato fatto un excursus del nostro passato, ma quello che noi abbiamo passato negli ultimi quattro anni, con la chiusura di Embraco per colpa di questa famosa delocalizzazione, per colpa di profitti in cui le multinazionali, se oggi guadagnano 18 e dopodomani ne guadagnano 20, non basta ancora, Hanno portato sulla strada 500 dipendenti e la risposta che è stata data dalla Whirphool è stata: "E' un problema loro". Cinquecento persone buttate in mezzo alla strada, famiglie intere, famiglie con minori.
Ci fu poi un piano di reindustrializzazione, che è stato il fallimento totale, dove non c'è stato mai il controllo: questa è una vergogna. Da quell'incontro, in cui era stato promesso e garantito il posto di lavoro alle persone, agli operai, questi quattro truffatori - sono truffatori, c'è un'indagine, sono stati rinviati anche a giudizio - non hanno dato lavoro e poi sono falliti. C'è stata una sentenza del Tribunale di Torino che ha dichiarato il fallimento di questa gentaglia che ci ha preso in giro. Non voglio usare altri toni e altri termini perché sono rispettoso di questa sede e di quest'Aula, ma questo è stato.
E qual è la colpa? La colpa è che su quel piano di reindustrializzazione che hanno tanto decantato non c'è stato mai un controllo e una verifica.
Tutti quanti noi, operai e dipendenti, che abbiamo iniziato ad annusare che c'era qualcosa che non andava, siamo rimasti inascoltati, finché, come in tutte le cose, poi la verità viene a galla.
Cosa dirvi di più? Da parte del nostro Ministero e del nostro Governo - e sono veramente basito e senza parole - a noi non è stato tolto soltanto un posto di lavoro che permette di vivere, ma è stata tolta e rubata la dignità.
Faccio un conto molto pratico, perché non sono per le grosse teorie filosofiche: in quattro anni di cassa integrazione abbiamo dilapidato tutti i nostri risparmi familiari, perché abbiamo dovuto tamponare. Non abbiamo più una busta paga, perché siamo dei fantasmi per questa società. Se ho necessità di fare una spesa, non la posso fare. Non posso andare neanche dal dentista, non posso neanche cambiarmi il frigorifero.
Siamo destinati alla soglia della povertà; non voglio usare dei toni e dei titoli grossi, ma questa è la verità. Per molti di noi - che hanno un'età media tra i 50 e i 55 anni - diventa difficile una ricollocazione, diventa difficile tutta una serie di cose, per cui saremo probabilmente i futuri poveri. Noi abbiamo colleghi che fanno la spesa grazie a Monsignor Nosiglia, cosa che anni fa non avrei mai immaginato. Vengono dati gli alimenti per poter sopravvivere. Credo che sia veramente vergognoso tutto questo, perché ai quattrocento lavoratori, nonché cittadini italiani, una risposta deve essere data. È una questione di serietà: deve essere data una risposta.
Stamattina è intervenuto il dottor Luca Annibaletti, dal quale ci saremmo aspettati una mezza possibilità e parole del tipo "Siamo in trattativa stiamo valutando, state un attimo tranquilli che poi ci incontriamo". Non è stato detto nemmeno quello, perché tanto loro le risposte non le hanno mai date. Sono mesi che rincorriamo il Ministero per avere un incontro, che non ci viene dato.
Scusate, ma secondo voi è normale una situazione come questa? È normale che un Ministero non risponda neanche più ai solleciti della Regione, ai solleciti delle organizzazioni sindacali? Ormai abbiamo interpellato tutti i leader politici. Abbiamo chiesto: "Per favore, almeno l'incontro, almeno guardiamoci in faccia, perché se la questione è finita, diciamocelo chiaro e tondo". Ma noi non vogliamo che sia finita, perché mancano ancora tanti anni per accedere a quella che è un'ipotetica pensione. Noi vogliamo il lavoro, non vogliamo vivere di sussistenza, noi non vogliamo essere dei dipendenti dell'INPS. A noi non interessa questa condizione, ma interessa un posto di lavoro.
Anche il Ministero stesso non dà mai risposte e dobbiamo sapere le notizie dalla stampa. Perdonatemi, ma non credo che sia normale e non credo che sia giusto, perché mettere quattrocento persone sulla soglia della povertà è veramente un delitto.
Parlo con molti miei colleghi, i quali stanno attraversando un brutto momento, come il sottoscritto, perché in quell'azienda ci ho lavorato io ma ci lavora anche mia moglie. Quindi, siamo due "sfigati" - perdonatemi il termine - che abbiamo perso il posto di lavoro. Penso che dovrò svendere la casa. Questo è il Paese Italia, che mi mette nelle condizioni di dover svendere la casa perché devo campare. E onestamente questa cosa mi fa perdonate il termine - incazzare, perché è una vita che lavoro e pensavo di arrivare alla veneranda età di 56 anni e stare un attimo tranquillo dopo una vita di sacrifici.
Invece no, questo non è possibile, perché abbiamo avuto la disavventura di imbatterci in quel concetto che si chiama "delocalizzazione" - per vari motivi, globalizzazione o come la vogliamo chiamare - in base alla quale si va a creare un prodotto prima fatto in Italia, dove era un'eccellenza perché noi eravamo in un'azienda da eccellenza - nei Paesi dell'Europa dove costa meno. Va bene, ma che cosa facciamo noi italiani? Non lavoriamo più? Non produciamo più? Qualcuno faccia qualcosa, perché non si può portare questo Paese in una grossa fase di deindustrializzazione che non permette neanche più altre soluzioni o alternative. Non è così che funziona.
Non è ammissibile avere 400 persone in più nella lista dei disoccupati o prossimi alla povertà, perché vi garantisco che ci sono persone in una condizione veramente disastrosa. Non è ammissibile in un Paese che si dice civile e che vuole essere considerato tale. Un Paese civile dà le garanzie sia ai lavoratori sia ai cittadini.
Devo dire che, purtroppo, da questa situazione ci siamo resi conto che molto spesso quando la politica non vuole dare delle risposte, fa questo: chiami e non ti risponde nessuno. Ripeto, questa mattina ci aspettavamo tutti dal dottor Luca Annibaletti almeno uno spiraglio. Non c'è stato neanche questo. Il che fa capire che la situazione è forse complicata o non si vuole trovare una soluzione. Non lo so. Una soluzione ce l'avevamo: il famoso Italcomp presentato in pompa magna anche in questa sede e in Prefettura l'anno scorso a Torino. Eravamo già pronti per definire il progetto; poi per vari motivi che ben sappiamo (multinazionali, Nidec, non Nidec o quant'altro) questo progetto è sfumato. E' sfumato e quindi noi, in questo momento, siamo nell'angolo, in attesa, perché è stata concessa una proroga di sei mesi di cassa integrazione, ma il 22 gennaio, signori finisce tutto. Io non credo ai miracoli, però entro quella data dovremmo trovare una soluzione.
Aggiungo un'altra cosa, che ho detto la scorsa settimana, durante un incontro in call con l'Assessore Chiorino, la Prefettura e altri: a me sembra di essere davanti a uno psicologo, perché da quattro anni raccontiamo sempre le solite cose. Raccontiamo che non abbiamo il posto di lavoro, che non vogliamo essere dei fantasmi di questa società, che vorremmo riacquistare la nostra dignità, che facciamo fatica ad andare avanti, perché c'è chi ha sospeso il mutuo e chi quant'altro. Non vi dico che cosa non abbiamo architettato, tutti quanti, per poter sopravvivere però - come ho detto - se ci dobbiamo raccontare sempre e perennemente le solite cose, evitiamo. Evitiamo, perché se in quattro anni non è stata trovata una soluzione o non si vuole trovare, a questo punto è meglio che forse ci dedichiamo a fare altro; forse sarebbe più opportuno andarsi a cercare un altro posto di lavoro, anche se è difficile trovarlo, quasi impossibile, perché quando sentono l'età le aziende dicono di no. A questa età è veramente complicato e difficile trovare un posto di lavoro: siamo troppo avanti con l'età e nessuno ci assume.
Vorremmo delle risposte dal Ministero, perché se la Regione Piemonte o gli enti locali possono dare un supporto o un aiuto tutto deve partire dal Ministero, perché i Comuni o la Regione non hanno la bacchetta magica per trovare posti di lavoro. Ben venga se ci sarà questa opportunità, per questo momento è veramente complicato e difficile.
Ripeto, quello che è avvenuto con noi credo sia una storia unica abbastanza contorta e complicata, dalla quale, secondo me, si dovrà imparare molto, perché quello che è successo è veramente assurdo - dai mancati controlli e quant'altro -e mi auguro che non accada ad altre aziende, perché se fosse così sarebbe veramente tragico.
Noi tutti siamo stufi; siamo quattrocento persone stanche e stufe; siamo stufi perché non riusciamo a vedere un minimo di futuro decente, garantito.
Ripeto, non abbiamo un lavoro, che è la base nella società; non abbiamo nulla, siamo dei fantasmi. Oggi siamo qui a raccontare per l'ennesima volta la nostra vicenda, però spero che con una qualche spinta anche da parte della Regione e con tutti voi, minoranza e maggioranza, si possa almeno ottenere un incontro, perché anche quello ci è stato negato. Questo sarebbe un grande motivo di interesse anche per comprendere questa cosa.
Scusate se ho usato toni un po' accesi, ma vi posso garantire che siamo stanchi. Siamo stufi soprattutto di una parte politica che non ha fatto e continua a non fare il proprio dovere.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola a Giancarlo Riggio, lavoratore ex Embraco.



RIGGIO Giancarlo, ex Embraco

Buongiorno a tutti.
È un po' complicato aggiungere argomenti nuovi rispetto a quanto è già stato detto, essendo uno degli ultimi interventi, ma provo ad aggiungere qualcosa di mio.
Non voglio parlare delle difficoltà quotidiane che abbiamo tutti, per far quadrare i conti, perché sono cose già dette e non mi piace neanche piangermi troppo addosso. Non voglio parlare neanche del discorso legato alla dignità di ciascuno di noi, perché è un concetto e un modo d'essere talmente personale che sarebbe irrispettoso farne un discorso generale.
Voglio invece parlare della delusione e dell'amarezza che abbiamo rispetto a questa vicenda. Secondo me, la nostra è una storia incredibile, nel senso letterale del termine, nel senso che non è credibile. Non è credibile! Ci che vorrei aggiungere è che credo che, in un Paese civile, questa situazione rappresenta un po' l'inaffidabilità delle istituzioni. Non parlo del Consiglio regionale che, ovviamente, ringrazio per averci ospitati, ma potete capire che il mio è un riferimento al MISE e al comportamento tenuto sin dall'inizio della vicenda fino adesso che, secondo me, presenta aspetti veramente inconcepibili.
Per quanto riguarda questo mio parere sul MISE, prendo due punti di riferimento della nostra vicenda, legati a due date particolari. Una è una data che ricordo bene ed è il 6 marzo 2018, che potremmo definire come l'inizio della vicenda, e l'altra è il settembre 2020; due date simbolo che, secondo me, identificano bene la situazione in cui ci troviamo.
Il 6 marzo 2018 (credo fosse il 6 e non il 4, comunque due giorni dopo le elezioni politiche che hanno determinato l'attuale composizione del Parlamento italiano) venne da noi in assemblea l'allora Ministro dello Sviluppo economico; era il tempo in cui eravamo sotto Embraco e non c'era ancora il progetto Ventures. Il Ministro ci disse che lo scouting da parte del Ministero per individuare delle aziende che fossero interessate a rilevare il sito di Riva era in corso; lui non volle dare alcun nome di azienda, perché si stavano facendo delle verifiche per stabilire quale fosse l'azienda che avrebbe rilevato Riva.
Secondo me, questo è stato un momento determinante, almeno per quanto riguarda la mia scelta, ma penso anche di molti miei colleghi, perché ci ha sgombrato un po' il campo della strumentalizzazione politica; abbiamo pensato che le elezioni erano già state fatte e un Ministro ancora in carica, anche se di un Governo uscente, che non si sbilancia nel fare dei nomi perché c'è una verifica in corso, fosse indice di serietà.
A questo si è aggiunto il discorso, fatto anche da chi mi ha preceduto, di istituire un fondo di garanzia di 200 milioni di euro per l'anti delocalizzazione delle aziende. Ricordo che proprio in quell'assemblea chiesi all'allora Ministro se, una volta stanziati questi 200 milioni (com'erano stati stanziati, ma era cambiato il Governo), quei soldi potevano essere destinati ad altre finalità. L'allora Ministro mi rispose assolutamente di no, che ormai quei soldi erano stanziati e lì dovevano rimanere; quindi un'ulteriore garanzia per quanto riguardava il progetto di reindustrializzazione.
Molti di noi si convinsero e accettarono la sfida della reindustrializzazione; peccato che qualche mese dopo scoprimmo che i 200 milioni di quel fondo erano stati trasferiti ad altre finalità e che la verifica fatta su Ventures e su altre aziende tanto verifica non era perché poi, come è noto, ci sono stati quegli sviluppi che hanno portato al fallimento dell'azienda. Questo è il primo elemento.
Il secondo elemento che mi riconduce all'inaffidabilità delle istituzioni (che secondo me è una cosa gravissima, ma è un pensiero che mi sono fatto quindi per il momento penso di non essere smentito, perché assistiamo continuamente a colpi di scena in un senso o nell'altro) è la data del settembre 2020, quando c'è stata la presentazione, in Prefettura, del progetto Italcomp da parte dell'allora Ministro e del Sottosegretario all'economia, attualmente diventato Vice Ministro. È stato presentato questo progetto che sembrava avesse basi solide, non essendo stato predisposto dal panettiere sotto casa mia, ma dal Commissario straordinario Castro, persona che ha svolto il ruolo di amministrare delegato per diverse aziende. C'era l'avallo di tutte le istituzioni, per cui era scattata di nuovo in noi la fiducia che qualcosa potesse cambiare e che si potesse risolvere, salvo poi esserci la crisi di Governo che ha portato all'attuale Governo.
Da settembre 2020, per due-tre mesi non abbiamo saputo più nulla, per pensavamo si potesse lavorare sotto traccia e quindi eravamo abbastanza tranquilli, ma quando c'è stato il cambio di Governo qualche preoccupazione ci è venuta. Per un paio di mesi (mi pare che il nuovo Governo si sia insediato a gennaio-febbraio 2021) c'è stato un silenzio assordante, perch non abbiamo saputo veramente nulla, però pensavamo, sempre in buona fede che la cosa potesse andare avanti in maniera costruttiva. Poi, dal niente è uscita fuori la dichiarazione - sempre una dichiarazione, tra l'altro che ritengo inconcepibile - del Ministro Giorgetti, che diceva che il progetto, se non era ai titoli di coda, era comunque stravolto nella sua composizione, perché la parte pubblica, che prima doveva essere la maggioranza del progetto, diventava la parte minoritaria con il Governo Draghi. Abbiamo capito subito, quindi, che non poteva esserci un privato che si prendesse l'onere di mettere la maggioranza del capitale sociale e rischiare soldi propri in un progetto che nei primi due-tre anni avrebbe dato sicuramente delle perdite; magari in prospettiva, anzi, sicuramente in prospettiva le speranze di avere degli utili, ma all'inizio certamente era un progetto che andava in perdita.
Ricordo che una settimana-dieci giorni dopo la dichiarazione del Ministro Giorgetti uscì una dichiarazione della dottoressa Todde che diceva esattamente il contrario: che comunque le cose non erano cambiate e la possibilità di mantenere quelle percentuali di partecipazione, nel caso si fossero create le condizioni, era rimasta immutata, salvo poi, un mese-un mese e mezzo dopo. i titoli di coda definitivi messi dal Ministro Giorgetti che diceva che il progetto non era più fattibile.
Ora mi domando: in una situazione del genere, con la pandemia e tutto quello che abbiamo vissuto, con il blocco dei licenziamenti fino a giugno di quest'anno, dove la priorità era ed è difendere i posti di lavoro sicuramente sarebbe stato necessario un maggiore impegno nella realizzazione di un progetto (chiamatelo così o come volete), anche perch come ha ricordato l'Assessore Chiorino, i soldi spesi per gli ammortizzatori sociali sono superiori rispetto a quelli necessari per avviare il progetto.
Dal mio punto di vista e per le competenze che ho, che sono minime, è veramente inspiegabile; sfido anche voi a pensare di spendere di più per gli ammortizzatori rispetto a un progetto che poteva salvaguardare 700 famiglie, 700 posti lavoro, 700 persone che versano i contributi, 700 persone che spendono di più sul territorio. Dal mio punto di vista è veramente incomprensibile o, forse, è comprensibile se cambio la prospettiva e la vedo da altri punti di vista e dalle logiche di persone appartenenti a multinazionali e a leggi di mercato che non conosco e non conoscerò mai, ma che evidentemente ci sono.
Vedo che il mio tempo è quasi esaurito, quindi chiudo dicendo che tra 15-20 giorni ci saranno le elezioni politiche; io, per la prima volta nella mia vita (non ho più 18 anni, quindi elezioni ne ho fatte), ho pensato di non andare a votare, ma non per uno sorta di ripicca nei confronti della classe politica che non ha portato a termine il progetto Italcomp, ma perché penso che, se davanti a una situazione del genere, in un momento particolare, la politica non riesce a intervenire ed essere efficace e costruttiva, questa politica serva a poco, con tutto il rispetto per voi.
Penso che nessuno di voi la pensi così,. Vi lancio dunque una sfida: sfidatemi, cercate di smentirmi, dateci un appiglio a cui aggrapparsi e, se sarà così, sarò il primo a venire qua e a dire di aver sbagliato.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, anche per essere rimasto nei tempi.
Prima di lasciare la parola all'ultimo intervento esterno, invito tutti i Capigruppo e i Consiglieri che vogliono intervenire ad iscriversi.
Adesso lascio la parola al lavoratore dell'ex Embraco, Luca Ugliola.



UGLIOLA Luca, ex Embraco

Grazie e buongiorno a tutti.
Ringrazio il Consiglio regionale per aver accolto la nostra richiesta, a questo punto di aiuto, oltre che di solidarietà e di sostegno.
La parolina che ha detto prima "lavoratore", vorrei che potesse continuare anche negli anni successivi, perché non si può arrivare a 53 anni, dopo trent'anni di contributi, e buttare la vita lavorativa dentro un tombino.
Noi stiamo buttando la vita lavorativa dentro un tombino, noi e i i 390 colleghi che ci stanno ascoltando anche a livello telematico.
Abbiamo ascoltato il dottor Annibaletti, il responsabile del MISE che si dovrebbe occupare delle crisi aziendali, il quale ha detto che dopo un controllo del sito a Riva di Chieri è stato dichiarato inagibile. L'hanno dichiarato inagibile perché ovviamente ci sono da fare delle bonifiche. Le bonifiche sono iniziate; quei grandi imprenditori che si chiamano Ventures se pronunciavamo il nome male si arrabbiavano, perché dovevamo pronunciarlo all'inglese, non all'italiana- e il socio israeliano Ronen avevano cominciato a fare la bonifica, ma poi si sono messi in tasca tutti i soldi (20 milioni di euro) che la Whirlpool aveva stanziato per reindustrializzare il sito di Riva.
Vorrei ricordare che la Regione Piemonte ha trovato due siti per realizzare Italcomp: uno a Beinasco e l'altro a Torino; quindi è bene che si sappia che i due siti alternativi a Riva di Chieri sono stati trovati. E poi non siamo noi che dobbiamo trovare gli imprenditori o comunque dei potenziali investitori, ma è il Ministro dello Sviluppo Economico o comunque, i funzionari che devono trovare dei soggetti papabili e poi presentarli alle rappresentanze sindacali e ai lavoratori: non invertiamo le cose. Non compro prima una macchina e poi prendo la patente: prima prendo la patente e poi compro la macchina, altrimenti la lascio nel garage ad ammuffire. Questo è chiaro.
Domenica, su un giornale, ho letto che il progetto Italcomp è fallito. Il progetto Italcomp non è fallito; il progetto Italcomp, per mancanza di volontà politica, non si vuole attuare perché in Italia - vorrei che tutti se lo stampassero bene in testa - comandano le multinazionali. Abbiamo visto che il Gruppo Embraco nel 2018 è stato venduto al Gruppo Nidec senza il sito italiano di Riva presso Chieri perché, come nel caso di Napoli, la Whirlpool non vuole più produrre in Italia. Infatti, il sito di Napoli ha spostato la produzione di lavatrici in Polonia, nel nostro caso in Slovacchia, ma la Slovacchia è all'interno della Comunità europea.
Se si vuole giocare a una concorrenza leale, non sleale come in un famoso film, bisogna giocarla sulla capacità dei lavoratori e non sul profitto. Se si delocalizza in un luogo dove un lavoratore mi costa il 30% in meno e ho tutte le sovvenzioni da parte dello Stato, a cominciare dal terreno, dai servizi e dall'energia elettrica, è chiaro che ho già vinto in partenza quindi loro lavorano e noi guardiamo. Non funziona così, perch personalmente io e tanti miei colleghi siamo stati a Strasburgo per caricare le multinazionali di una responsabilità sociale che manca. Se si sposta e si delocalizza, si distruggono centinaia di migliaia di famiglie e di lavoratori italiani. Questo non è ammissibile nel 2021; non siamo alla rivoluzione industriale dove mancavano diritti. Adesso i diritti ci sono il problema è che non vengono applicati o vengono applicati male. Questo non è assolutamente accettabile.
Quando il Ministro Calenda è venuto nel nostro stabilimento con Domenico Arcuri, sono venuti ad assicurarci - e ci sono i verbali che lo testimoniano - la continuità e il paracadute lavorativo perché questi personaggi, che loro hanno cercato assiduamente immagino, erano seri e capaci. Bene, bastava che facessero la visura camerale, come ho fatto io.
Quando sono andato a chiedere l'anticipo della cassa integrazione in banca la prima cosa che ha fatto la banca è una visura camerale di questi soggetti ed è emerso che Al Capone è un incensurato al loro confronto.
Adesso io vorrei sapere come un Ministero e Invitalia, che è un'azienda associata del Ministero, abbia potuto dar loro in mano la reindustrializzazione di 400 lavoratori italiani e loro famiglie, con quali credenziali. Questo sarebbe da approfondire, perché la questione mi sembra veramente molto grave.
Il 15 settembre 2020 in Prefettura ci avevano presentato un progetto (una delle rare volte che abbiamo fatto una manifestazione e siamo usciti soddisfatti), che risolveva non solo il nostro problema, ma anche il problema di 315 famiglie e di lavoratori a Mel, in provincia di Belluno (ovvero Italcomp); progetto presentato con verbali e filmati dall'allora Ministro Patuanelli e dalla Sottosegretaria Alessandra Todde, che adesso non è Sottosegretaria, ma Viceministro, quindi una parola positiva magari potrebbe anche dirla. Di parole negative ne abbiamo sentite abbastanza adesso ci vorrebbero delle parole positive perché per il calcolo delle probabilità, dopo una serie di sfortune, dovrebbe arrivare anche la fortuna (ma forse la fortuna si è dimenticata di noi).
Ci hanno presentato questo piano ed erano presenti tutti: il Presidente della Regione Piemonte, Cirio; l'Assessore al lavoro, Chiorino, i Prefetti, le rappresentanze sindacali, Maurizio Castro, che è una persona degna della massima stima perché ha presentato un piano, noi lavoratori.
Erano presenti tutti i componenti e non eravamo, come è stato detto, in preda a uso di stupefacenti, ma eravamo lì e non solo in quella data. Poi è stato presentato un piano anche ad ottobre e a novembre al MISE, quindi noi pensavamo che tutto potesse andare per il meglio. In seguito c'è stato un blocco da parte della Commissione europea che non dava il permesso perché, giustamente, noi dobbiamo aspettare il benestare della Commissione europea - affinché questo progetto potesse essere realizzato. Non si capiva perché, perché c'erano tutti gli elementi: c'erano i siti, c'erano i lavoratori, c'erano le commesse, c'erano i prodotti, c'erano i progetti.
C'era tutto sul tavolo, ma non è stato mai realizzato e non si capiva perché.
In seguito si è capito perché. Perché un imprenditore italiano, che si chiama Valter Taranzano, amministratore delegato di Nidec, era interessato alla ACC, ma non all'Embraco, perché l'aveva già venduta nel 2018. In seguito abbiamo saputo perché. Come ha fatto con noi a Riva, era interessato ai progetti e ai brevetti della fabbrica per portarli da un'altra parte, come abbiamo visto nella fabbrica che ha aperto in Austria (l'Austria dista 250 chilometri da Belluno in linea d'aria, quindi non è molto lontana). Porta via progetti e, nel giro di un anno e mezzo, chiude anche il sito di ACC, dicentando il monopolista del mercato dei compressori europei. Questo non si può fare; per la legge antitrust questo non si pu fare.
Un Ministro, un Ministero deve cercare di tutelare i cittadini italiani perché fanno parte della Repubblica italiana e quando noi veniamo depredati del nostro diritto al lavoro, sancito nella Costituzione all'articolo 1 non si può permettere questo tipo di comportamento. Assolutamente no soprattutto nel 2021 quando ormai siamo emancipati e abbiamo una serie di mezzi per far capire le nostre esigenze e i nostri diritti. Per cui non è possibile accettare questo tipo di comportamento.
Sappiamo benissimo che il progetto Italcomp è stoppato dalla multinazionale, perché lei vuole farsi vedere benefattrice e non belva.
Difatti, la Whirlpool a Napoli non ha licenziato, ha fatto una deindustrializzazione falsa, per poi dire che non sapeva niente della situazione della Ventures. Non è così, perché la Ventures l'ha proposta la Whirlpool. Per cui bisogna guardare le cose come veramente sono, perché la multinazionale non vuole essere carnefice, vuole essere benefattrice.
Difatti a Napoli cosa ha proposto? Ha detto: "Se volete, potete andare a lavorare a Comerio, provincia di Varese" che dista un "pochino" da Napoli più di mille chilometri. Il che significa essere licenziati, perch ovviamente una famiglia non si può trasferire da Napoli in provincia di Varese. Noi non vogliamo la possibilità di essere licenziati: vogliamo un'alternativa lavorativa.
Sappiamo perché il progetto Italcomp non può essere realizzato, anzi non si vuole che sia realizzato: perché dietro c'è una multinazionale che sta mettendo il bastone fra le ruote. Lo sappiamo benissimo, perch l'interessamento di Valter Taranzano è la chiara dichiarazione che un polo italiano dei compressori a lui dà fastidio, soprattutto se fatto dal 50% di un'azienda da lui stesso ceduta nel 2018.
Su questo bisogna essere chiari. Vogliamo una convocazione al MISE, ma non che ci diano delle risposte vaghe, aleatorie o negative; a questo punto le risposte devono essere positive e lavorative, perché non vogliamo essere unti con il danaro. A me dei soldi non interessa, io voglio lavorare dignitosamente fino alla fine della mia vita lavorativa.
Grazie a tutti per l'ascolto.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Dichiaro aperto il dibattito del Consiglio regionale. Sono già iscritti a parlare vari Consiglieri e, per ordine numerico, inizierei dal Gruppo della Lega. Per evidenti esigenze di tempo, chiedo che gli interventi non durino più di cinque minuti.
La parola al Consigliere Cerutti.



CERUTTI Andrea

Grazie, signor Presidente e gentili colleghi.
Non è volontà di nessuno in quest'Aula far sì che le luci della politica e dell'opinione pubblica si spengano sul caso Embraco, nonostante questa sia una vicenda che si trascina ormai dal lontano 2017, quando a governare la Regione era il centrosinistra, guidato da Sergio Chiamparino, e al Governo c'era Paolo Gentiloni con Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo economico.
È una premessa di doverosa onestà, per ricordare a tutti quanto questi.



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Cerutti, deve indossare la mascherina.



CERUTTI Andrea

Mi scusi, Presidente.
È una premessa di doverosa onestà, per ricordare a tutti quanto questa vertenza abbia occupato le agende di almeno quattro esecutivi. Anni nei quali con ottimismi spesso incoscienti si sono annunciati fantomatici piani di salvataggio, che altro non hanno fatto che alimentare false e dolorose speranze per gli oltre quattrocento lavoratori dello stabilimento di Riva presso Chieri.
A proposito, ricordiamo tutti - e si tratta nuovamente di una premessa di doverosa onestà - il fallimento dell'operazione dello NewCo italo israeliana Ventures. Un progetto miseramente naufragato, una vicenda che si è dipanata fino ad offrire inquietanti profili di interesse per la Magistratura, ma che pure fu sostenuta con entusiasmo dall'allora Ministro Calenda e dall'allora numero uno di Invitalia, Domenico Arcuri, che poi sarebbe andato a gestire l'emergenza COVID. Furono loro (non dimentichiamolo) a promettere agli operai un paracadute che li avrebbe messi al riparo da qualunque futuro esito negativo.
Questo ignominioso epilogo dell'affare Ventures lo conosciamo tutti: produzioni rimaste solo su carta e i fondi per la reindustrializzazione dell'azienda distratti per l'acquisto di automobili di lusso e per altri benefit ad appannaggio dei vertici della NewCo, alla quale Calenda ed Arcuri avevano dato il bollino di assoluta affidabilità. Una garanzia rinnovata anche da Luigi Di Maio quando sedeva al MISE.
È una vicenda che, pur nella sua tragicità, ha insegnato a tutti noi come i posti di lavoro non si salvano con gli annunci roboanti. Serve piuttosto prudenza, serve un lavoro serio e puntuale di verifica delle garanzie dei piani industriali. Servono pragmatismo e serietà, perché a sostenere in maniera aprioristica questi progetti di salvataggio alternativi - come quello di Italcomp - si rischia soltanto di fare un salto nel vuoto, che ai lavoratori può fornire qualche falsa speranza ma nessuna garanzia concreta per il loro futuro.
Il nostro Ministro allo Sviluppo Economico sta lavorando giorno dopo giorno al dossier Embraco, ma lo sta facendo con il rigore, il realismo e il buonsenso che sono le caratteristiche peculiari del buon governo della Lega. È un lavoro che ha già garantito una proroga, tutt'altro che scontata, degli ammortizzatori sociali per i nostri quattrocento lavoratori e che, parallelamente, sta cercando una strada realmente percorribile per costruire un solido sviluppo all'azienda.
Piuttosto ora è il momento di fare squadra, per raggiungere tutti insieme l'obiettivo. Per questo motivo, chiediamo al nostro Assessore qui presente Elena Chiorino, di mettere in campo tutti i contatti e tutti gli strumenti che sono nella sua disponibilità, per sostenere il Governo in questa sfida anche immaginando soluzioni che siano diverse da quelle prospettate fino a questo momento.
Siamo certi che delle alternative ci siano e che possano essere trovate nelle pieghe degli altri dossier che l'Assessore sta studiando insieme al Presidente Alberto Cirio. Oggi stiamo parlando innanzitutto di centinaia di tecnici altamente specializzati, che certamente hanno le carte in regola per avere voce in capitolo nelle epocali sfide industriali che il Piemonte dovrà affrontare da oggi al prossimo futuro, come ad esempio la mobilità sostenibile o l'economia circolare.
Per questo motivo, rinnovo il mio invito a lei, Assessore Chiorino, a fare ancora di più, perché tanto è stato fatto, ma tanto resta da fare e le donne e gli uomini della ex Embraco chiedono e meritano uno sforzo ancora maggiore da parte del nostro Assessore al lavoro.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Sarno.



SARNO Diego

Grazie, Presidente, e grazie ai lavoratori e ai rappresentanti sindacali.
Nelle prime due premesse, ci tengo prima di tutto a ringraziare per la correttezza e per la grande capacità di tenere, nonostante le difficoltà e le tensioni, sempre un dialogo costruttivo da parte dei lavoratori e dei sindacati.
Non era scontato, perché è ovvio che quando si soffre, come hanno raccontato i lavoratori, in particolare, gli ex lavoratori in quest'Aula anche con il tono spezzato dalla sofferenza, e si hanno momenti di difficoltà, ci possono essere tensioni. In questi anni, i lavoratori e i sindacati in questa partita hanno tenuto, anche se con critiche accese, ma giuste, un atteggiamento corretto soprattutto nel rapporto con le istituzioni. Di questo dobbiamo renderne conto e dirlo a gran voce, perch altri fanno poi scelte differenti e, invece, loro hanno tenuto sempre un atteggiamento costruttivo e dialogante, con serietà e grande responsabilità.
La seconda premessa, Presidente, è che qui nessuno è esente da colpe; lo dico riferendomi a quanto detto dal collega della Lega all'inizio del suo intervento. Nessuno è esente da colpe! Poi, c'è un presente. Tuttavia credo che i lavoratori, che sicuramente stanno ascoltando questo dibattito siano stanchi di sentire dire da noi: "Gli scorsi anni.", "Gli ex Ministri.", eccetera, perché nessuno è esente da colpe: il sistema non è esente da colpe. Evitiamo, quindi; evitiamo, evitiamo: non è più il tempo.
Uno dei rappresentanti sindacali diceva che non è più il tempo e che il tempo è scaduto ed è anche scaduto rispetto a questo modo di ragionare per salvarsi agli occhi di alcuni un po' più che altri.
Dette queste due premesse, il primo passaggio è che la crisi parte ben prima, parte ancora nel 2004, con i primi potenziali licenziamenti, ma soprattutto con la prima delocalizzazione. Poi, arriva in maniera molto più acuita diciassette anni fa e ancora nel 2018. È quanto sappiamo, appunto ma la storia l'hanno raccontata molto bene i lavoratori.
Pertanto, è bene darci un piano B o un piano A e su questo tema parlo del presente, Presidente. Nel presente ci sono dei ruoli, delle responsabilità molto chiare, molto circoscritte, con nomi e cognomi, con responsabilità che oggi, ancora più che nel passato - lo dico in particolare all'Assessore Chiorino e al Presidente Cirio - devono avere una maggiore capacità innovativa, come le ha chiesto il suo collega di maggioranza, Assessore.
Se è vero che i progetti che dovevano arrivare dal Governo nazionale non sono arrivati, se è vero che alcune volte questi progetti non avevano davvero le gambe, la Regione però deve avere una capacità innovativa in più per trovare soluzioni pronte per quel piano B, che lo stesso Presidente Cirio ha annunciato nel suo intervento introduttivo di questa mattina.
Credo che, oltre alla solidarietà e ai tavoli, la Regione abbia il compito di mettere in campo non risorse a spot, ma risorse strutturali per dare risposte alternative per quella che è la competenza regionale, cioè le politiche attive. Quando si parla di politiche attive del lavoro, per rimettere mano, la Regione dovrebbe avere la capacità di promuovere operazioni di questo tipo, che non è il piano A; ma se, a un certo punto dobbiamo ragionare di piano B, dobbiamo avere la capacità di mettere sul tavolo anche quel piano B, cioè delle potenziali soluzioni. Credo che su questo aspetto, Assessore, magari discutendo anche un po' più insieme potrebbe essere interessante fare dei ragionamenti e arrivare a quel tavolo del MISE che, come ci siamo ricordati, è fermo dal 23 aprile! Nel presente, cari colleghi, c'è una differenza: quel tavolo è fermo, non esiste, non vengono chiamati. E allora spero che anche il nostro ordine del giorno che abbiamo depositato e con il quale chiediamo che la Regione s'impegni a richiedere, insieme ai lavoratori, questo benedetto tavolo abbia il consenso dell'Aula.
In conclusione, oltre al ruolo della Regione e al ruolo nazionale, svolgo alcune riflessioni. La prima. Ricordiamoci che il Viceministro Pichetto è piemontese e, quindi, chiediamo al Viceministro di battere un colpo, di avere un'attenzione maggiore sul nostro territorio.
Io non so se il rappresentante del MISE sia ancora in ascolto, collegato: oggi, dal MISE ci aspettavamo una data; sarebbe stato utile, per dare un segno di speranza ai lavoratori, ma questo oggi non c'è. Presidente, non so se avrà possibilità di tornare sulle cose dette, per avere una risposta in merito.
Chiudo con due questioni. La prima. È ovvio che abbiamo bisogno di una politica europea sul tema delle delocalizzazioni; ci dobbiamo impegnare dobbiamo avere il coraggio di farlo e noi faremo di tutto perché, dal livello nazionale, questo possa arrivare a livello europeo e questo deve arrivare.
Secondo. Arriviamo al tavolo del MISE il prima possibile, con un ordine del giorno chiaro, cioè che l'ordine del giorno al MISE ci sia; che ci sia un piano A di reindustrializzazione e un piano B, che è quello anche purtroppo, di provare a pensare come rimettere in campo un'opzione lavorativa potenzialmente diversa, che non è il piano A e che non è il modo di affrontare un tema, ma se di riduzione del danno dobbiamo parlare parliamo di una riduzione del danno che abbia un senso. Su questo credo che la Regione possa fare abbondantemente il suo.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola il Consigliere Bongioanni.



BONGIOANNI Paolo

Grazie, Presidente.
Ringrazio anche i colleghi per questa seduta di Consiglio, quanto mai necessaria e opportuna, dove per prima cosa il minimo che possiamo fare è quello di esprimere la più totale solidarietà, vicinanza e ascolto, come dev'essere lo spirito di un Consiglio aperto come questo, ai lavoratori dei quali c'è in gioco sicuramente il loro futuro e non solo il loro, ma anche quello delle loro famiglie. Qui c'è il futuro di un territorio, con dei Sindaci, che abbiamo ascoltato nei loro interventi, che vengono lasciati soli in questa tempesta da un Governo centrale che si dimostra - e tristemente lo fa anche l'intervento del rappresentante delle crisi industriali del Ministero - un "pochettino" distante da questa vicenda. E il fatto che non sia ancora stato convocato il tavolo del MISE suffraga quanto sto dicendo.
Noi, come Regione, non possiamo assolutamente girarci dall'altra parte e per quanto possibile, dobbiamo cercare d'intervenire attivamente, come ci rammenta il nostro ordinamento, con la legge n. 34 del 2008, che riconosce l'importanza del metodo della concertazione con le parti sociali, al fine di tutelare l'occupazione, che è un bene sommo.
Il caso Embraco ha sicuramente delle radici che arrivano da prima di noi e le ha vissute combattendo, con impegno, l'amico Sergio Chiamparino. Questo dimostra, però, che nel progettare il nostro futuro (e lo dovremmo fare anche noi con grande attenzione quando andremo a mettere mano sul prossimo settennato dei finanziamenti europei che vanno a impattare in modo pesantissimo sull'impresa) dobbiamo iniziare a investire di nuovo e sempre di più sul tessuto imprenditoriale italiano, fatto da persone serie che conoscono e vivono la realtà del nostro territorio, meglio delle grandi multinazionali extra europee, che guardano ai loro fatturati, lasciando vuoti sociali e vuoti lavorativi, per spostare le loro sedi dove il costo del lavoro è più basso.
Qui si apre una grande pagina del neoliberismo di tutte quelle aziende che delocalizzano, che cercano i paradisi fiscali, che rendono pubbliche le perdite e privatizzano i ricavi, ben lontani dall'ossatura dell'economia del Piemonte, trainata dalla piccola e media impresa, che chiede solo meno burocrazia.
C'è dunque da chiedersi dove sia la giustizia economica, quando l'Unione Europea, dei quali siamo attivi attori, ha creato mille difficoltà (e l'abbiamo sentito ripetere in questa sede) sul dossier Italcomp, con richieste al limite della burocrazia più ottusa e triste che resta sempre uno dei "cancri" dell'Italia, ancora più aggravato dal peso dell'Unione Europea.
Come è stato ricordato dallo stesso Presidente Cirio, il problema del dumping salariale avviene addirittura all'interno degli Stati membri dell'Unione Europea (e il Presidente ha richiamato l'episodio del 2018 sulle delocalizzazioni in Slovacchia). Noi cosa dobbiamo fare? Dobbiamo chiedere che nell'immediato si stanzino delle risorse aggiuntive per la cassa integrazione e che arrivi in tempi certi e rapidi, oltre i tempi di scadenza (tra l'altro, quella attuale è stata ottenuta grazie a un emendamento di Fratelli d'Italia, votato alla Camera, per avere la proroga). Non deve succedere quello che è capitato lo scorso anno in piena pandemia, quando i lavoratori dei vari settori privati hanno dovuto aspettare mesi e mesi prima di ricevere questo strumento che, come ha detto l'Assessore Chiorino in apertura, resta esclusivamente uno strumento difensivo, non espansivo e non foriero di rilancio economico.
Si dice che non ci siano risorse. Se facciamo un breve excursus recente vediamo che sono stati spesi 250 milioni di euro per il bonus monopattino e biciclette. Non raccontiamo bugie e cerchiamo di fare i fatti, cercando di utilizzare al meglio le risorse per intervenire su crisi come quella che stiamo vivendo, dove si dovrebbe cercare di recuperare una produttività aziendale, per poi provare ad affacciarsi e ottenere una competitività sul mercato internazionale.
Un primo inizio potrebbe essere quello di usare le risorse che arrivano dal Piano Next Generation EU, per sostenere il nuovo inizio di realtà produttiva. Serve, comunque, la chiarezza decisionale e nel rispetto dei lavoratori, se si vuole rilanciare e avere serietà, prima di tutto delle persone che potrebbero essere interessate a un rilancio aziendale. Se si trovano imprenditori legati alla realtà piemontese o, perlomeno, a quell'italiana, che abbiano un business plan di una certa serietà, che non preveda tagli occupazionali e che rilanci un comparto come quello dei compressori di frigoriferi (la problematica in esame in cui l'Italia, sul mercato internazionale, può sicuramente dire la sua e fare bene), come Regione - sia maggioranza sia minoranza - siamo favorevoli e saremo lieti di sostenere e accompagnare un'iniziativa come questa, mettendo in atto incentivi per salvaguardare i posti di lavoro ed eventuali future assunzioni.
Noi possiamo competere; chi lavora bene riesce sempre a trovare il modo di piazzare i frutti del proprio lavoro sul mercato. L'Italia, come è già stato detto, ha, nel settore manifatturiero, uno dei suoi punti di forza che credo possa ancora reggere la concorrenza sul mercato delle varie produzioni extraeuropee, se c'è la volontà imprenditoriale di fare bene, di prendersi cura, non solo del bene degli azionisti, ma anche di chi rende grande l'azienda. Qui va il merito e il ringraziamento ai lavoratori e lavoratrici che con serietà adempiono ai loro compiti ogni giorno.
Avrei voluto fare un intervento un po' più ampio, però il tempo sta incominciando a stringere, quindi chiudo con l'invito allo Stato di fare la sua parte. Se davvero il progetto Italcomp, come ci è stato raccontato, non è possibile, il Governo centrale non se la può cavare dicendo semplicemente questo, ma deve trovare alternative, esplorando tutte le strade possibili.
Se davvero non si trovano investitori privati, quanto meno lo Stato si dovrebbe fare garante con le banche per ottenere finanziamenti e prestiti agevolati, anche con i pagamenti ai fornitori, in modo da consentire quel minimo di liquidità aziendale che aiuti a trovare partner privati che vogliano investire seriamente e che possano contare sulla presenza reale dello Stato vicino. In questo modo, ci sarà anche la presenza della Regione Piemonte.
Mi auguro che si possa riuscire a fare questo, magari proponendo (sperando che non sia un sogno) elementi di tipo co-gestionale dei lavoratori, che diano le basi di armonia a un modello lavorativo in cui non deve più succedere che i lavoratori vedano calare dall'alto certe decisioni prima che vengano minimamente ascoltati o che il loro grido di aiuto sia totalmente inascoltato.
In conclusione, credo sia bene che a Roma capiscano che non si può più ignorare il destino di queste persone, che si deve agire nel più breve tempo possibile con progetti chiari e che non si possono abbandonare i lavoratori e le lavoratrici al loro destino. Nello stesso modo, non abbandonino il richiamo degli Enti locali, di cui fa parte anche la Regione Piemonte.
Questo è scritto nella nostra Costituzione: l'articolo 4 riconosce a tutti il diritto al lavoro. In questo momento, ai lavoratori dell'Embraco la nostra Costituzione sembra lettera morta. Sono convinto - e mi auguro - che da questa Assise, da questa giornata di confronto e di riflessione, che non divide sinistra o destra, ma è nell'interesse dell'economia di un territorio e della dignità delle persone, inizi un percorso che posso portare a una soluzione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Bongioanni.
Chiedo a tutti di tenere il tempo ben preciso di cinque minuti a intervento. I tempi sono stati suddivisi per ogni Gruppo. Non avendo potuto iniziare il Consiglio alle ore 9 per evidenti motivi tecnici, chiedo di tenere a mente che dovremmo chiudere il Consiglio intorno alle ore 13.
La parola alla Consigliera Disabato.



DISABATO Sarah

Grazie, Presidente.
La storia di Embraco è lunga, sfocia nel 2018 con la chiusura dello stabilimento di Riva presso Chieri in Italia per trasferirlo in Slovacchia gettando nell'incertezza circa 400 lavoratori e le relative famiglie.
È di pochi mesi fa la decisione della proroga di sei mesi della cassa integrazione, che ha dato un po' di respiro a quelle famiglie, ma ricordiamoci che, a fronte di questa decisione presa all'ultimo, a pochissimi giorni dalla scadenza degli ammortizzatori sociali, ci sono stati sicuramente dei sentimenti di incertezza e di paura di perdere quel poco che si aveva.
Oggi abbiamo avuto testimonianza di quanto sia difficile la vita di quei lavoratori che ormai da quattro anni fanno i conti con le ristrettezze economiche e quindi anche con la rabbia di vedersi negato, oltre al lavoro anche una sicurezza di tipo economico.
Noi dobbiamo tenere conto che dicembre è alle porte. Sei mesi volano e non possiamo permetterci di perdere tempo. Penso che con lo scaricabarile tra istituzioni e Governi non si offra un buon servizio né ai lavoratori n al nostro tessuto economico e nemmeno al Paese intero.
Dicembre non rappresenta soltanto la scadenza della cassa integrazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori di ex Embraco, ma rappresenta, secondo me, una scadenza per tutti noi, per tutte le forze politiche che compongono il Consiglio regionale. Tutta la politica si deve interrogare sul futuro della nostra Regione, sul futuro che noi vogliamo dare al tessuto imprenditoriale, a tutti i lavoratori e quindi capire il progetto di reindustrializzazione, quale sarà il futuro industriale del Piemonte. Lo dobbiamo fare, secondo me, anche in concomitanza di questo evento, di questa scadenza che, sicuramente, merita una soluzione. Una soluzione che non possiamo trovare soltanto come Regione, ma che dobbiamo ricercare al Ministero; dobbiamo trovare una soluzione non soltanto per i lavoratori dell'Embraco, ma per tutti i lavoratori per cui all'inizio del 2020 avevamo dichiarato la crisi occupazionale. Non sono soltanto a rischio questi posti di lavoro, si parlava di cinque mila posti di lavoro ma, dopo la crisi legata all'emergenza sanitaria da COVID, sicuramente saranno molti di più. È un'emergenza che riguarda tutti.
Quella dei lavoratori dell'ex Embraco è la punta dell'iceberg. perché di crisi ne abbiamo vissute tante in questi anni. Ricordo che sono tante le situazioni che poi ricadono anche a pioggia sul territorio, coinvolgendo non soltanto i lavoratori diretti di queste multinazionali, ma anche le piccole e medie imprese, i nostri piccoli imprenditori e anche i lavoratori che lavorano al loro interno e che sono stati anche sfruttati da questi grandi colossi.
Tra l'altro, apro una parentesi, è facile fare gli imprenditori con i soldi pubblici e i soldi dello Stato, ma questi grandi colossi, questi grandi imprenditori dovrebbero imparare da chi le mani se le sporca nelle nostre piccole aziende, da chi le mani se le distrugge, da chi si spacca la schiena anche per poter rispettare la scadenza delle commesse dovute dai lavori richiesti, senza poi ricevere nemmeno un riconoscimento, ma semplicemente, quando ci si vede chiusa una di queste aziende, si rimane con un pugno, forse, di ceci in mano e niente di più.
Non è soltanto il danno, ma anche la beffa perché quando si decide di delocalizzare, si chiede anche ai nostri professionisti, ai nostri lavoratori, quello sforzo per poter andare a formare quelle competenze che invece, mancano all'estero, magari chiedendo dei corsi di formazione o andando a ricercare quella capacità e quell'eccellenza che ha fatto grande il nostro Piemonte negli anni Novanta.
Ed ecco che quella è una presa in giro, Presidente, perché non si pu chiedere ai nostri lavoratori di vivere in queste condizioni di incertezza e ai nostri piccoli imprenditori, che tanto hanno dato per rendere grandi anche quelle multinazionali, di svendere le proprie competenze e la loro capacità, per cosa? Per magari qualche corso di formazione che non garantisce nulla della continuità. Ed è per questo che dicevo che si tratta di una sfida e di un futuro che riguarda tutto il nostro tessuto produttivo, su cui non ci dobbiamo piegare e non dobbiamo abbassare la testa e lo dobbiamo fare per tutelare quelle eccellenze e per dare un futuro a una Regione che ha dato tanto in questo ambito.
È inutile formare all'interno delle nostre università dei professionisti dei lavoratori che un giorno dovranno andare all'estero, perché sul nostro territorio non troveranno da lavorare e non troveranno futuro, per poi magari vedere quelle capacità sfruttate a pochi soldi in altri Paesi.
Questo è un tema che non riguarda soltanto il Consiglio regionale, come dicevo, ma riguarda il Ministero. Noi possiamo dimostrarci forse più uniti oggi, trovare quella sintesi che invece è giusto andare a fare a Roma anche impegnando Sottosegretari, Ministri piemontesi, prendendo i nostri Partiti e convincendoli che questa è una sfida che non riguarda l'uno o l'altro, ma tutti noi. Oggi voglio ripartire proprio da quella crisi occupazionale che abbiamo dichiarato nel 2020, per dire che forse dovremmo riunirci sotto i fari di questo tema per trovare, forse, l'unità che la politica spesso manca di dare ai cittadini; di andare tutti a Roma a battere i pugni, tutto il Consiglio regionale. Dovremmo partire per Roma e pretendere che si dia una risposta a questi lavoratori, alle piccole e medie imprese a cui facevo riferimento prima, ai lavoratori che lavorano in quelle piccole e medie imprese e quindi capire quale futuro vogliamo dare al Piemonte. Quindi, non perdere più partite, ma tornare a vincere come vincevamo una volta.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Disabato.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Frediani; ne ha facoltà.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Questa mattina, prima dell'inizio della seduta, mi stavo chiedendo che cosa avremmo potuto dire e, soprattutto, ascoltare in quest'Aula perché, dopo così tanti anni, di cose se ne sono dette e di promesse se ne sono fatte.
Tra l'altro, questa crisi ha attraversato diverse campagne elettorali quindi i lavoratori sono stati più volte oggetto di attenzione da parte della politica e anche di promesse che poi sono state puntualmente disattese.
L'unica novità che mi potevo aspettare oggi era quella di ascoltare finalmente la parola del rappresentante del Ministero. Mi chiedevo anche chi avremmo visto dall'altra parte, ma forse in modo un po' ingenuo mi aspettavo anche di vedere qualcuno qui in Aula. Credo che, parlando di quasi 400 lavoratori e delle rispettive famiglie, non ci si debba chiudere in una stanza per lavorare a un dossier, seppure in modo serio e puntuale ma si debba essere presenti sul territorio e metterci la faccia.
Invece, quello che abbiamo visto, è un esponente, un incaricato dal Ministero, che adesso ha preso in mano questo dossier; più che altro oggi ha dovuto metterci la faccia, seppur a distanza, e ha dovuto dire le cose che andavano dette, cioè che il Governo non crede più, o forse non ha mai creduto, nel progetto Italcomp e che è a disposizione non si sa bene di quali interventi, dichiarando una disponibilità in Aula, con neppure troppa convinzione - perché poi la prossemica credo che abbia un senso nel momento in cui si va a comunicare davanti a delle persone. Quindi, nel momento in cui si dice "Sono disponibile", bisogna chiedersi "Disponibile a cosa?".
Secondo me, oggi dal Ministero e da chi parlava in vece del Ministero doveva arrivare una data ben precisa, dovevano arrivare delle scadenze e perlomeno una proposta di lavoro da svolgere insieme. Invece, mi pare di capire che questa persona, Annibaletti, oggi abbia accettato di partecipare; addirittura ha detto che ha "accettato di partecipare".
L'audio si sentiva male, ma mi sembra di aver sentito le parole "ho accettato di partecipare", come se il Ministero potesse sottrarsi ad un confronto con 400 lavoratori che da mesi (per non dire da anni) vivono in condizioni di estremo disagio ed incertezza. Ma cosa vuol dire "ho accettato di partecipare"? Cosa deve fare un Ministero, se non essere presente? Credo che di fronte a noi abbiamo pochi mesi e purtroppo, temo, poche speranze, perché se siamo arrivati fino a questo punto e dobbiamo ripartire da zero, non so bene cosa potranno aspettarsi i lavoratori nei prossimi mesi. Da parte nostra, abbiamo presentato un atto di indirizzo - mi sembra in co-firma o comunque associato ad un atto del Consigliere Valle - in cui si chiedeva di poter elaborare un piano di ricollocazione per i lavoratori cercando di unire tutte le forze del sistema economico del territorio. Non so se sia stato fatto un lavoro in questo senso e se si pensa di farlo adesso. Il tema della formazione delle politiche attive è un tema prettamente di competenza regionale e se non si è già partiti in questa direzione - quindi se non si è già creato un contesto in cui potersi confrontare e poter analizzare le possibilità alternative - credo sia il momento di farlo. Il momento, in verità, sarebbe già passato, perch ricordiamo quella famosa scadenza di giugno, adesso siamo a settembre quindi mancano veramente pochi mesi.
Da parte nostra, a livello regionale, la gran parte del lavoro sarà nelle mani dell'Assessore Chiorino su questo fronte, oltre ovviamente a continuare a fare pressioni sul Governo e a pretendere un incontro e un ascolto anche di tutti noi, di chi vorrà andare a fare pressioni sul Ministero. Nel frattempo, parallelamente a questo, è auspicabile elaborare un serio piano di formazione e di ricollocazione con tutti gli strumenti che la Regione ha a disposizione. Però fino all'ultimo bisogna assolutamente tentare di salvare questa azienda, perché ricordiamolo (è stato ricordato sufficientemente perché si parla spesso del lato imprenditori): queste persone sono lavoratori formati e con delle competenze che non possono essere disperse. Per cui, al di là dell'aspetto economico ed umano di queste persone e delle loro famiglie che si troveranno a fare i conti con grandissime difficoltà nel loro futuro pensiamo anche alle competenze che saranno disperse. Queste persone hanno formato altri lavoratori, ma noi non siamo in grado di valorizzarle sul territorio.
Spero che da questo Consiglio si parta decisamente su due piani: quello degli investimenti e del rilancio, valutando con il Ministero se veramente esistono delle idee diverse e nuove, e a livello regionale, cercando di capire in quale modo valorizzare e riutilizzare queste competenze.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Magliano; ne ha facoltà.



MAGLIANO Silvio

Ringrazio lei, Presidente, per aver voluto calendarizzare questo momento di dibattito e di confronto. Ringrazio tutti coloro che abbiamo avuto la possibilità di audire, perché sono i terminali più vicini. Penso ai Sindaci, che vedono i loro cittadini perdere il lavoro e la possibilità di mantenere la propria famiglia e, nel contempo, la possibilità di rimanere soggetti attivi e cittadini attivi all'interno delle comunità. E ringrazio i sindacati, perché è oggettivo il fatto che in questa fase e in questi anni hanno cercato per lo meno di tenere un rapporto serio, schietto sincero e virile con il Governo e con le amministrazioni e hanno cercato di far sì che la protesta non fosse mai violenta o che andasse ad interdire la possibilità per altri di lavorare, come abbiamo visto accadere in altre situazioni.
Oggi dovrebbe essere il momento delle scuse e dell'umiltà da parte della politica. Quando l'Assessore interviene e racconta uno stato dell'arte nel quale non vi è dialogo con il Ministero e poi il dirigente del Ministero dice che invece questo dialogo non è mai interrotto, è evidente che abbiamo un problema di comunicazione. Quanto meno, il Ministero afferma l'opposto rispetto a quello che viene detto in Aula.
Non sfuggono a nessuno - e questo è un altro motivo per cui, secondo me, è necessario chiedere scusa - le due posizioni che si sono poste in quest'Aula, quella di Fratelli d'Italia e quella della Lega Nord, che aveva tutto il diritto e tutta la necessità di difendere l'operato di Giorgetti e chiede invece all'Assessore di fare di più, quando l'Assessore ci ha raccontato tutto quello che ha provato a fare in questi mesi, sapendo anche che cosa vuol dire essere Assessore al lavoro quando queste partite si giocano al Ministero. La Regione non può che mettere, se vuole, delle risorse per un reskilling dei lavoratori o degli investimenti sul territorio, ma sono partite che devono avere una concertazione e una conclusione in sede ministeriale. Anche le frasi di alcuni colleghi che hanno provato a ripercorrere la storia di questo problema, cercando di accusare tutti i Governi che si sono susseguiti, non è stato un ottimo spettacolo.
Oggi dovremmo con umiltà chiedere scusa, se facciamo parte di una classe dirigente che in questi cinque anni non è stata in grado di trovare una soluzione per queste 391 famiglie. Noi abbiamo però la necessità di fare qualcosa di più efficace (ne sono convinto e me lo auguro); su questo ci sarà tutto il nostro appoggio all'Assessora che sappiamo vuol provare a trovare una soluzione, e ci mancherebbe altro. Come Gruppo consiliare regionale siamo oggettivamente oltre lo schieramento politico quando si parla di 391 famiglie che non sanno di quale futuro poter parlare a se stessi e ai propri figli.
Si dovrebbe aprire un ragionamento molto più vasto, legato a come l'Europa quando nasce, dà delle regole comuni su una certa tipologia di attività, di prodotti e di scambio delle merci, ma non riesce a darsi delle regole comuni sui contratti di lavoro, sul giuslavorismo oppure sull'applicazione dell'IVA e sulla tassazione interna degli Stati membri che sia paragonabile a tutti gli Stati dell'Unione.
Questo è l'appello che faccio all'Assessora e al Ministero. Sappiamo che il Ministro Giorgetti è il titolare di questo Ministero, ma con lui vi sono Sottosegretari e Viceministri (Pichetto Fratin, Todde e Ascani). Per cui ci sono un po' tutte le forze politiche che devono prendersi la responsabilità di quello che sta accadendo, ma ci auguriamo, in una fine assolutamente decorosa e dignitosa, che ritorni il lavoro e che finisca il momento dell'assistenza, finisca il momento degli ammortizzatori sociali, perché un piccolo lavoro è sempre di più dignitoso di grandi ammortizzatori sociali perché il lavoro ha dentro libertà, ha dentro la prospettiva, ha dentro la possibilità di pensare a un futuro per sé e per i propri figli.
Ci auguriamo, però - questo sì e con forza - che da questo caso, dal caso Embraco e Italcomp, da questa modalità di gestione di questa partita possa nascere, con più forza, una norma del Governo centrale, del Governo italiano che sia in grado, da questo punto di vista, di bloccare questa tipologia di cannibalizzazione delle nostre aziende, di esportazione senza valutazione del capitale umano e delle nostre competenze; che la dignità del lavoro, la dignità non solo del lavoro, ma dell'alta professionalizzazione del nostro lavoro trovi una norma che sia in grado di difendere questi lavoratori, difendere i quadri, difendere i dirigenti d'azienda da fondi che comprano aziende, ne prendono il contenuto, ne rubano il know how per poi trasportarlo altrove, dove i diritti dei lavoratori, dove i diritti delle lavoratrici non hanno lo stesso valore e le paghe non hanno la stessa dignità.
In conclusione, Presidente, mi auguro che si possa trovare, quanto prima una soluzione che metta tutti d'accordo e che metta il lavoro al centro che questo sia un caso emblematico affinché non accada mai più, perché sono troppe le aziende (oggi noi parliamo di questa) piemontesi e italiane che rischiano di fare la stessa fine. Su questo il Governo, con dignità, non dovrà parlare di autarchia e di protezionismo, ma di dignità dei lavoratori, dignità della qualità di quello che viene prodotto nel nostro Paese, perché abbiamo capito e compreso che dipendere troppo da Paesi terzi e da Paesi che stanno in altri continenti, alla fine, inchioda la nostra economia e, spesso e volentieri, quella tipologia di prodotto non ha la stessa qualità, la stessa efficacia e la stessa efficienza.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Consigliere Giaccone.



GIACCONE Mario

Grazie, Presidente.
In questa mattinata, c'è un intervento che interpreta pienamente lo spirito dell'incontro che lei ha promosso e di questo la ringraziamo; è quello del Sindaco Sicchiero, che con sincerità e semplicità chiede risposte per i lavoratori di Embraco. È un intervento che nella sua linearità e pacatezza inchioda gli attori coinvolti alle loro responsabilità.
Senz'altro, l'Assessore Chiorino, che abbiamo seguito in questi mesi, si è impegnata, come senz'altro l'ha fatto anche il Presidente; hanno ereditato una situazione che era già difficile, ma di fatto le risposte che Sicchiero chiedeva non sono ugualmente arrivate.
La storia è lunga; sono quattro anni dalla progressiva ritirata della Whirlpool, dai tentativi dell'allora Viceministro Calenda, dalla progettazione di un nuovo polo della componentistica per elettrodomestici dal tentativo di salvataggio da parte del Governo e, poi, è recente l'esito finale: il MISE e il Ministro Giorgetti si sfilano e indicano che il progetto non è sostenibile e ci spiegano, indirettamente, che passiamo da una sorta di Ministero del salvataggio economico a un Ministero dello sviluppo economico. Ci dicono, insomma, che lo Stato ha più un ruolo di monitoraggio, di affiancamento al soggetto privato, che però deve muoversi da solo, deve camminare da solo, con i mezzi e gli strumenti che ritiene.
Di questo esito prendiamo atto. Ciò che non ci dicono, però, ed è questo l'elemento che evidenziamo, è che cos'hanno in mente, cosa prevedono per il futuro di queste400 persone; inoltre, non vengono a confrontarsi con chi è direttamente travolto da questa situazione drammatica e, soprattutto, e sarebbe questo il compito primario, non indicano scenari alternativi sul futuro dei lavoratori, cosa che oggettivamente sarebbe per tutti di maggiore interesse.
Devo dire che non vedo, come credo altri miei colleghi, in questo profilo lo Stato in cui noi crediamo e per cui noi lavoriamo; penso a uno Stato che responsabilmente si faccia carico delle difficoltà dei territori e che trovi soluzioni che non sono, come in questo caso, un colpo di spugna sulle realtà di famiglie che rimangono senza lavoro e senza futuro. Penso a uno Stato che garantisca ammortizzatori e sussidi per travalicare il periodo della difficoltà, ma anche il periodo della progettazione e delle soluzioni. Uno Stato che ragioni su cosa proporre e su come superare in modo proficuo, come dev'essere ogni volta che ci troviamo davanti un momento di crisi, una situazione così drammatica.
Ci è stato detto che non è possibile rilanciare il medesimo ambito industriale o settori analoghi; va bene e, di nuovo, (e questo non è un bel segnale) dobbiamo prenderne atto. Ragioniamo, però, su una riqualificazione e su una formazione per le persone coinvolte, che permetta un reinserimento: portiamo i lavoratori a un livello di preparazione tale da rendere più facile la loro ricollocazione in altri ambiti. Investiamo - è stato detto questa mattina - sul capitale umano, che è la vera risorsa per qualunque attività imprenditoriale, ma nel frattempo sosteniamoli economicamente. Questa dovrebbe essere la reazione di una classe dirigente matura, solidale e consapevole; se lo riconosciamo in parte nei responsabili locali, non possiamo dire lo stesso di ciò che è capitato a livello nazionale.
Infine, Presidente, dico che esiste una responsabilità sociale dell'impresa, che non deve essere lasciata agli slanci o ai profili etici casuali, cioè dettati dai regolamenti interni, ma che deve essere monitorata e, se necessario, imposta dagli organi regolatori.
La totale mancanza di rispetto dei lavori e delle istituzioni italiane indica la necessità, ormai irrinunciabile, di opporsi a un capitalismo selvaggio e rapinoso che approfitta delle risorse pubbliche e che ruba le competenze dei lavoratori; una delle immagini che questa mattina penso abbia colpito tutti è stata quella dei lavoratori di Embraco che vanno dai loro colleghi a insegnare il loro stesso mestiere in un drammatico e inconsapevole suicidio, ancor più odioso proprio perché perpetrato nell'ignoranza dell'esito.
Da queste circostanze dobbiamo poterci difendere e dobbiamo poter difendere le persone che abitano sul nostro territorio, le nostre aziende e soprattutto, i lavoratori. Le cose che dobbiamo imparare da questi eventi e che dobbiamo cercare di migliorare sono due e sono già emerse dal breve intervento che sta finendo: è necessaria la costruzione di un piano permanente che possa ricollocare i lavoratori coinvolti, sostenendoli fino al reinserimento, sia per quelli coinvolti in questa crisi, sia per quelli che, purtroppo, saranno coinvolti nelle prossime.
Il secondo aspetto è che oltremodo necessaria la costruzione di un sistema di tutela e difesa per i territori, per i beni pubblici, ma soprattutto per i lavoratori, perché sono persone come tutti noi.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Grimaldi; ne ha facoltà.



GRIMALDI Marco

Caro Presidente Cirio, cara Assessora Chiorino, colleghe e colleghi, fate pace con la vostra ideologia. Volete che le aziende siano libere? Grazie a voi e alle politiche degli ultimi trent'anni lo sono. Liberissimi di insediarsi; di pagare stipendi da fame; di usare contratti pirata; di esternalizzare. Liberissimi di chiedere ammortizzatori quando fa comodo e aiuti quando ne hanno bisogno. Liberissimi di licenziare. Non è sfortuna Presidente Cirio, non è sfiga, Assessora: è il capitalismo.
Lavoratori e lavoratrici, concittadine e concittadini, mi rivolgo soprattutto a voi, perché voi sapete che non occorre un'abile strategia per capire che il punto a cui siamo giunti, con lo sblocco dei licenziamenti, è il naturale frutto di questo sistema economico. Per capire ciò che accade facciamo un breve passo indietro, come hanno fatto in molti.
Il fallimento di Ventures arriva al termine della vicenda della delocalizzazione della produzione di Whirlpool dall'Italia alla Slovacchia.
Da qui, il passaggio di consegne, da parte della multinazionale dei compressori per i frigoriferi, alla NewCo Ventures, formata da un gruppo israeliano, dalla famiglia Di Bari e da un terzo socio, perché è giusto fare anche i nomi e cognomi di chi ha scritto una nuova storia.
I protagonisti di questa bruttissima nuova specie, nata con la globalizzazione, si chiamano "prenditori", ossia coloro i quali, dietro a promesse di nuove linee produttive e di nuovi mercati, ottengono incentivi per poi abbandonare la nave. In questo caso, alle promesse della costruzione di nuove linee per la produzione di macchinari per la pulizia dei vetri dei grattacieli non è seguito nulla e i soci della Ventures non avrebbero reinvestito buona parte di quei 20 milioni di euro a disposizione (circa 11 mi pare).
Evito di soffermarmi sulla gestione Giorgetti: basta ricordare la pietra tombale sul progetto Italcomp, per realizzare il polo pubblico-privato che avrebbe assorbito i lavoratori dell'ex Embraco, annunciata - lo dico solo ai colleghi della Lega, a proposito di dedizione e precisione - con una dichiarazione a mezzo stampa senza nessuna convocazione delle parti sociali e senza un confronto dovuto con le organizzazioni sindacali, proprio mentre si avviavano le procedure per la cessata attività.
Poche settimane dopo la proroga degli ammortizzatori sociali, ottenuta a costo di lunghe e faticosissime battaglie dei lavoratori, avevamo detto che non sarebbe stata la fine dei supplementari, ma una nuova partita. Il Governo era chiamato a definire subito uno dei progetti industriali per Embraco e ACC. Così non è stato. Sembra che il Governo assista ai rigori finali senza alcuna strategia.
La prestazione di Annibaletti (lo dico anche se è un ospite) la dice lunga.
Se mi consentite l'ultima metafora calcistica, a sentirlo parlare sembra che abbia tirato sopra la traversa. Per carità, sempre meglio di chi proprio non si presenta in campo o di chi si finge infortunato, ma la scelta di abbandonare il progetto Italcomp, di costituire un polo industriale in mano pubblica di componenti per elettrodomestici è stato un grave errore, soprattutto ai danni dell'Italia e a favore di un Paese straniero, come in parte è l'Austria.
Ora, per ACC si appresta la strada della pura e semplice cessione degli assit industriali, anche se stanno emergendo dichiarazioni di interesse grazie alle scelte coraggiose del Commissario e dei lavoratori di realizzare un nuovo prodotto industriale, compressore a velocità variabile unico nel settore. Il veto dell'Unione Europea, altro possibile oggetto di discussione di cui abbiamo parlato pochissimo, sul probabile prestito "ponte" da parte dello Stato e il silenzio dello Ministero dello Sviluppo Economico stanno penalizzando ancora di più ACC ed Embraco.
Questa vicenda mostra un'incapacità di fondo dei Governi nella gestione della crisi industriale del nostro Paese. La vertenza della GKN, a esempio che ha mobilitato non solo i lavoratori e i sindacati, ma anche i sindaci i parlamentari, i Presidenti di Regioni e associazioni contro la chiusura della fabbrica, mostra un esecutivo incapace di agire a tutela dei lavoratori, di porre un argine al fenomeno delle delocalizzazioni e un Ministro, appunto Giorgetti, in costante conflitto con la Viceministro Todde e con il Ministro del Lavoro Orlando.
La proposta promossa dal Ministro Orlando e dalla Viceministro Todde non sarebbe che un'arma spuntata: l'impresa che delocalizza sarebbe chiamata a cercare un acquirente, ma proprio la storia di Embraco dimostra che la reindustrializzazione può finire nel peggiore dei modi, fatta così, se per esempio l'acquirente, dopo aver ottenuto una cospicua dote per far ripartire la fabbrica, non paga affitti, fornitori e finisce per portare i libri in Tribunale.
Ho finito, Presidente.
Come sappiamo, anche lei, la forza che rappresenta e le altre componenti liberiste di questo Governo si oppongono a questa e a qualunque idea di approvare una vera norma anti delocalizzazione, insistendo con la retorica di chi rifiuta ogni forma di intervento che limita la possibilità delle aziende di scaricare crisi, malagestione e scelte scellerate su chi lavora.
La destra chiama tutti questi interventi anti imprese, punitivi, che aprirebbe a una fuga delle aziende altrove, così come l'avete detto ogni volta che abbiamo chiesto di alzare almeno le tasse a chi ha la sede fiscale all'estero.
Questo atteggiamento servile nei confronti di chi dispone di grandi capitali e di mezzi di produzione è lo stesso che ha ritenuto un tabù l'intervento del pubblico nella vicenda Embraco e ACC. È un atteggiamento che non porterà il nostro Paese fuori dalla crisi, ma ci sta già facendo perdere occasioni produttive e occupazionali. Lo ripeto: fate pace con la vostra ideologia e cambiate strada. È un ultimo appello.
Se questa vicenda vi ha scosso e avete cambiato idea, anche dal punto di vista ideale, accogliamo tutti insieme la proposta dei lavoratori e delle lavoratrici Embraco e insorgiamo anche noi, come ci ricorda il grido che parte dalla Toscana, in solidarietà dei lavoratori GNK; facciamo appello a tutte le istituzioni, ai parlamentari, alle autorità civili e religiose di scendere in piazza davanti al MISE e di pretendere un cambio radicale di rotta. Se si perde, perderemo tutti e molto più della nostra dignità.



PRESIDENTE

Grazie.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cane; ne ha facoltà.



CANE Andrea

Grazie, Presidente.
Ho sentito prima di me veri e propri comizi antigovernativi, non solo da chi mi ha preceduto, ma anche a inizio seduta da parte dei sindacati. Mi viene da dire che chi è senza peccato scagli la prima pietra. Noi non dobbiamo fare pace con nessuno; non penso che ai lavoratori interessino troppe polemiche e troppe parole. Embraco è stata un'antesignana della globalizzazione ed è diventata una multinazionale globale ben prima che la globalizzazione diventasse il modello economico della nostra epoca.
Per ragionare tutti insieme, visto che siamo anche in diretta (ricordiamoci che abbiamo da questa mattina una diretta, quindi ci stanno seguendo non sono i lavoratori, ma anche i cittadini interessati all'argomento) vorrei proprio parlare di ciò che riporta la voce "crisi aziendale", a livello di significato: "Avvenimento esogeno o endogeno di tale virulenza da rischiare di pregiudicare la continuità operativa di un'organizzazione".
Facciamo una breve analisi storica: lo stabilimento di Riva di Chieri fu costruito negli anni Settanta da FIAT Aspera e alla fine degli anni Novanta impiegava circa 2.500 persone. Nel 2000 Whirlpool cedette la sua controllata a Embraco ed è la cronaca di un disastro annunciato fin dal suo primo step, ovvero quando già nel 2004 Embraco apriva uno stabilimento in Slovacchia per ridurre il lavoro a Riva di Chieri.
Nel 2014 Embraco minaccia di nuovo di lasciare l'Italia; per farle cambiare idea la Regione firma un protocollo d'intesa di due milioni di euro e, in questo caso, Embraco si impegnò a fare nuovi investimenti. Nel frattempo ai tavoli di lavoro, si inseguivano le promesse in fabbrica, ma si tagliavano le teste e il numero dei dipendenti ha continuato a diminuire fino ai giorni nostri. La nuova crisi è poi iniziata a novembre del 2017 quando la società ha annunciato una riduzione della produzione dello stabilimento di Riva di Chieri, quindi altri lavoratori a casa e volontà di spostare gran parte della produzione in Slovacchia.
Arriviamo al 2018. Al MISE arriva il famoso e famigerato deus ex machina di Invitalia, Domenico Arcuri (direi appassionato di tavoli di crisi). Il 26 giugno 2018 Calenda annuncia la buona novella: "Oggi è stato formalizzato il progetto di reindustrializzazione che abbiamo negoziato insieme ai sindacati. È la dimostrazione che, con correttezza e lavoro serio piuttosto che con gli slogan, si combattano gli effetti delle delocalizzazioni, ma bisogna continuare a vigilare fino alla fine" ( quella che ho appena citato è una fonte ANSA).
Pareva che fosse iniziata la nuova era per l'Embraco. È uscita di scena la Whirlpool ed è arrivata la Ventures, azienda israeliana, che produrrà robot per pulire pannelli e che avrebbe dovuto salvare tutti i 400 posti di lavoro dell'epoca; intanto arriva una nuova cassa integrazione di 24 mesi.
La visione di Calenda si concretizza, Ventures finisce rapidamente i soldi, ma finalmente qualcuno ha il coraggio di dirlo. Cito altre parole: "Ventures ha bisogno delle banche e di tre milioni per far partire la produzione all'ex Embraco. Il Piano è di 6-7 milioni". Questo l'ha detto l'Assessore regionale qui presente, Elena Chiorino, davanti ai cancelli dello stabilimento.
A questo punto, anche Whirlpool fa sentire la sua voce, chiama in causa il Governo italiano in Italia e dice: "Siamo delusi dal modo in cui Ventures ha gestito questa situazione; è, a partire dal rispetto ed empatia che Whirlpool prova nei confronti dei lavoratori di Ventures, delle loro famiglie e delle comunità, che abbiamo deciso di perseguire l'azione legale". Partono, quindi, perquisizioni e sequestri della Guardia di Finanza e arriviamo al 23 luglio 2020, data in cui il Tribunale di Torino dichiara il fallimento di Ventures S.r.l. e il Ministero del Lavoro concede la cassa integrazione straordinaria per cessazione.
Andiamo avanti. Due mesi dopo, arriviamo a settembre 2020, è stato presentato un nuovo piano di investimento totale di 50 milioni tra pubblico e privato; la notizia è stata ufficializzata al tavolo convocato dalla Sottosegretaria al MISE, Alessandra Todde, presso la Prefettura di Torino.
Italcomp sarebbe dovuta nascere dalla fusione tra ex Embraco e ACC di Belluno, dando così vita ad un polo per la produzione di compressori prevalentemente per la catena del freddo.
Leggo un altro proclamo. Si diceva: "Piena occupazione, formazione e cassa integrazione, partenariato pubblico-privato, rispetto delle indicazioni di Unione Europea sugli aiuti di Stato"; "È nato il polo europeo dei compressori per frigoriferi". Tanti proclami, promesse e parole, polemiche che penso che ai lavoratori non interessino; mesi e mesi di annunci, si è arrivati all'estate 2021 e non è stato trovato un investitore privato.
Visto che è stata citato tante volte, cito adesso il Ministro Giorgetti e le sue parole con cui ha decretato l'impossibilità del piano Italcomp: "Abbiamo esplorato, insieme con la Viceministra Todde, tutte le possibilità della proposta Italcomp del Commissario straordinario di ACC che avrebbe potuto coinvolgere Embraco. Sappiamo che la situazione è delicata e difficile, ma purtroppo non ci sono le condizioni essenziali, cioè proposte di investitori privati, per proseguire con esito positivo su questa strada.
L'obiettivo è superare l'attuale stallo e, in questo senso, continuano senza sosta le valutazioni della Viceministra Todde che ha la mia fiducia e che sta seguendo da tempo la vicenda di questa crisi".
Mi preme sottolineare, in questo caso, che le maggiori difficoltà sono state create dalla stessa Unione Europea a causa della mancata autorizzazione della garanzia pubblica al prestito in favore di ACC decretando così il mancato intervento di un investimento di privati nel progetto.
Poi c'è stata l'ira funesta di sindacati che si è abbattuta su quello che io reputo, in questo caso, l'incolpevole Ministro Giorgetti, che ha replicato così agli attacchi ricevuti: "Non faccio campagna elettorale sulla pelle dei lavoratori" - questo è un appello che rivolgo a tutti i Consiglieri regionali in Aula - "continuerò a dire la verità: del cosiddetto piano Italcomp non esiste niente, se non una versione verbale fornita dal dottor Maurizio Castro alla quale, peraltro, non è mai seguito purtroppo, alcun riscontro formale. Il MISE mette in campo, a tutela dei lavoratori, tutti gli strumenti di incentivo possibili per la riconversione industriale; non si possono nascondere le difficoltà a trovare gli investitori. La ricerca prosegue senza sosta insieme al Viceministro Todde".
Vado avanti, perché sto parlando già da sette minuti. Relativamente all'ulteriore proroga della causa, mi auguro, come ha già dichiarato anche l'Assessore Chiorino, che sia funzionale a una progettualità concreta ovvero che non si trasformi in mero assistenzialismo, ma che venga presto affiancata da un nuovo e solido progetto di reindustrializzazione alternativo al piano Italcomp, a un suo concreto rilancio.
In queste mie parole, c'è anche un sollecito e mi auguro che l'operato dell'Assessore Chiorino diventi sempre più intenso. Ovviamente, ringrazio per tutto l'impegno la Giunta che ha mandato avanti per questo caso.
Concludendo, volevo fare una domanda (pensiamoci da amministratori del Piemonte): Embraco è stata una crisi aziendale o la cronaca di una morte annunciata? Io penso che non dobbiamo continuare con le polemiche politiche. Cito anche quello che ha detto prima il Presidente Cirio: i lavoratori non hanno di sicuro bisogno delle nostre polemiche e nemmeno di pacche sulle spalle; penso che dobbiamo trovare delle alternative e delle soluzioni, trovare nuovi spazi occupazionali futuri. Il ruolo della politica è questo.
A mio avviso dovremmo puntare ad attrarre investitori per una filiera di produzione ad alto tasso innovativo e tecnologico, seguendo le orme delle nuove gigafactory anglosassoni nel settore della mobilità green ecosostenibile, nella robotica e nell'intelligenza artificiale. Finch punteremo su produzioni a scarso valore tecnologico aggiunto, perderemo la partita con i Paesi in via di sviluppo, che garantiscono agli investitori privati costi di produzione del lavoro inferiori. Penso che abbiamo gli strumenti, abbiamo le conoscenze e abbiamo le capacità: dobbiamo solo crederci. Le 391 famiglie.



PRESIDENTE

Consigliere Cane, la invito a concludere. Se la maggioranza chiede il rispetto dei tempi alla minoranza, giustamente ci deve essere equità.
Avevate cinque minuti ciascuno, chiedo di concludere.
Grazie.



CANE Andrea

Le 391 famiglie piemontesi che ormai da tre anni vivono in un limbo infernale non possono e non devono essere lasciate sole. Penso che dobbiamo fare un fronte comune, senza troppe polemiche, e lavorare insieme per far sentire la nostra voce a Roma, così come a Bruxelles. Non possiamo permetterci che in Piemonte si crei un caso decennale, come quello della Blutec di Termini Imerese.
Per cui, ripeto, puntiamo sulle nuove tecnologie, sull'elettrico, sulla robotica, sull'intelligenza artificiale; cerchiamo di non fare campanilismi, addirittura a volte intraprovinciali.
Pochi giorni fa si è parlato di un'importante firma per l'acquisto di un terreno per l'insediamento di una nuova gigafactory in provincia di Torino e spero che questo possa essere.



PRESIDENTE

Consigliere Cane, io le ho chiesto di concludere, non di continuare l'intervento.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Valle; ne ha facoltà.



VALLE Daniele

Grazie, Presidente.
Devo dire che avrei iniziato il mio intervento in maniera differente, per vorrei chiedere se questa maggioranza intende lasciare qualche parte in commedia anche alle opposizioni, nel senso che abbiamo chi polemizza con il Governo della Lega, chi polemizza con l'Assessore, chi occupa i minuti delle opposizioni. Se volete, vi portiamo anche dell'acqua e rimaniamo ad ascoltare.
Penso che oggi veramente rischiamo di perdere l'opportunità di accendere quel faro su questa vicenda - e, più in generale, sulle relazioni tra la politica, le amministrazioni e la grande impresa - a cui ci richiamava nel suo intervento iniziale il Presidente Cirio, quando ricordava la visita dei lavoratori Embraco con il Presidente Chiamparino al Parlamento europeo.
Perché è questo quello che un'Aula di Consiglio regionale, quando organizza una seduta aperta, può veramente fare, cioè accendere i riflettori su un rapporto che non funziona, nel caso di specie e in generale. In generale perché questa non è l'unica crisi che il Piemonte ha conosciuto in questi anni.
Dire imbarazzo è poco, quando si esprime quello che prova un rappresentante politico nel misurare l'insufficienza degli strumenti e delle forze che ha a disposizione per affrontare le problematiche legate all'impresa e, in particolare, alle grandi imprese internazionali. Una forza contrattuale pari a zero, sostanzialmente, e che umilia non solo il ruolo delle amministrazioni locali e delle Regioni, ma spesso anche quella degli Stati perché si giocano partite su scacchiere con un ordine di grandezza superiore, per cui evidentemente neanche più lo Stato-Nazione è in grado di essere un interlocutore all'altezza, per tenere il punto con questi grandi operatori.
Questo è un caso. Ce ne sono stati molti altri, ma questo ci interroga sicuramente sull'efficacia degli strumenti che abbiamo a disposizione e sullo sviluppo che vogliamo dare alla nostra forma istituzionale nell'insufficienza che lo Stato nazionale ormai manifesta in questa interlocuzione e anche all'arrendevolezza (mi permetto di dire) culturale e ideologica nel confronto con queste grandi realtà, perché di armi o di strumenti - se non vogliamo parlare di armi - ne abbiamo a disposizione.
Il collega Grimaldi ricordava prima un dibattito che va avanti da tanto tempo e ciclicamente ritorna anche in quest'Aula. Non è sempre solo di competenza regionale, ma è evidente che da tanto tempo abbiamo rinunciato ad un confronto di carattere non soltanto interlocutorio, ma anche dialettico, con queste realtà, nella speranza che la costruzione di condizioni di maggior favore economico, e non soltanto, attiri occasioni di lavoro e di impresa. E ci si ferma lì, senza paventare che sia possibile anche un atteggiamento di carattere ostile, a fronte di determinati comportamenti.
In tutto questo, un ruolo più protagonista dell'amministrazione pubblica nel suo complesso, a nostro giudizio (lo diceva già il collega Sarno prima) è assolutamente auspicabile. È vero: il comunicato che leggeva prima il collega Cane l'abbiamo letto tutti quest'estate e l'hanno letto anche i lavoratori, che non hanno avuto l'onore neanche di essere incontrati per ricevere questa comunicazione in anticipo. Ma è vero anche che quella è una scelta di carattere politico di un Governo e, in particolare, di un Ministero che rinuncia a un ruolo protagonista per lo Stato, abbandona completamente la questione, lasciandola alle dinamiche del libero mercato nella speranza che queste possano risolvere le situazioni.
Se lo Stato e, soprattutto, se il Ministero dello Sviluppo Economico è soltanto più un soggetto che aspetta sulla porta di casa i finanziatori o gli imprenditori che arrivano a proporre delle idee è un'impostazione estremamente liberista e rispettabile (che ha i suoi fondamenti culturali) ma non è quella che, invece, io immagino dovrebbe essere. Infatti immagino uno Stato che proattivamente si fa parte attiva nel costruire le condizioni, nel ricercare gli interlocutori e che, quando non li trova, se crede veramente in un progetto - come, pur non essendo io un esperto, mi sembrava credibile quello del polo dei compressori - investe in prima persona e crea le condizioni per cui un progetto di carattere imprenditoriale diventi attrattivo, anche successivamente, per gli investitori di carattere privato che sono, in alcuni casi, meno propensi al rischio e soprattutto meno interessati alle questioni di carattere sociale e di difesa delle competenze e delle capacità acquisite di un sistema Paese rispetto agli altri, perché non è il loro mestiere tutelare quel sistema Paese. Quello deve farlo uno Stato.
In questo caso, una scelta c'è stata - e concludo, Presidente - e di questo non possiamo che prendere atto. Oggi, per evitare a dicembre un nuovo incontro da le,i in Ufficio di Presidenza, sugli ammortizzatori che stanno finendo (e che vi prego di fare in modo di procrastinarli per qualche altro mese) è tempo - se questo Governo non è in grado o non intende assumere questo ruolo proattivo - che si costruiscano dei sistemi di riformazione e ricollocazione di questi lavoratori su cui, invece, la Regione può fare tanto, perché ogni anno spendiamo decine di milioni di euro in formazione professionale e per l'orientamento professionale. Non è possibile, con le risorse sproporzionate che abbiamo a disposizione in questo campo, non riuscire ad occuparsi del futuro di 400 lavoratori.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Nicco; ne ha facoltà.



NICCO Davide

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato i colleghi questa mattina esprimere solidarietà ai lavoratori dell'Embraco, auspicare il tentativo di un rilancio industriale dell'area che li veda coinvolti. Ho sentito l'auspicio a non lasciarli soli. Sono tutti concetti condivisibili che non approfondirò ulteriormente, a cui mi associo, dando loro anche la mia solidarietà.
Preferisco, però, non soffermarmi ulteriormente su questo per porre invece, l'attenzione sulle cause che hanno portato a questa situazione e per cercare di verificare quali lezioni noi possiamo trarre da questa vicenda.
Embraco fu fondata negli anni Settanta da un'azienda italiana, la FIAT Aspera, la divisione della FIAT che produceva i frigoriferi. Nel 1985, è stata venduta a Whirlpool, la multinazionale americana, che l'ha portata ai sui massimi splendori. Alla fine degli anni Novanta ricordo che occupava ben 2.500 dipendenti. Whirlpool è poi diventata Embraco, che è semplicemente una controllata di Whirlpool, quindi non c'è stata una modifica strutturale.
Nel 2004, la Slovacchia entra nella Comunità europea e nel 2004, guarda caso, Embraco per la prima volta annuncia degli esuberi: 812 esuberi. Per limitare questi 812 esuberi, la Regione Piemonte stanzia 7,7 milioni, il Governo stanzia altri 5 milioni e la Provincia di Torino, tramite la formazione, 500 mila, per un totale di 13 milioni di euro che, nel 2004 Embraco incassa, non per annullare tutti gli 812 esuberi, ma solo per annullarne la metà, perché 420 addetti, allora, avevano avuto la promessa di essere ricollocati nella stessa area industriale. Questa promessa purtroppo non è stata mantenuta; 400 esuberi li ha comunque realizzati, a fronte di 13 milioni di contributo, per mantenere gli altri 400.
Questi 13 milioni di contributi sono serviti per far rimanere Embraco tranquilla per dieci anni, perché nel 2014 Embraco minaccia un'altra volta di lasciare l'Italia; a questo punto, la Regione firma un protocollo d'intesa per altri 2 milioni di euro, dando di nuovo 2 milioni di euro a Embraco e siamo a un totale di 15 milioni di euro che Embraco ha incassato in dieci anni, per non lasciare la produzione.
Faccio presente che rispetto ai 400 lavoratori di oggi, vuol dire che Embraco ha incassato 30 mila euro per ogni lavoratore, per non portare via la produzione. Nonostante questo, quattro anni dopo, nel gennaio 2018 Embraco decide lo stesso di andare in Slovacchia. Perché Embraco vuole andare in Slovacchia? Per ragioni di clima? Non credo, ma perch evidentemente, ha una convenienza economica. Infatti, dai dati OCSE emerge che, nel 2019, un'ora di manodopera in Slovacchia costava mediamente 8,8 euro orari; in Italia, in particolare, in Piemonte il costo del lavoro medio è di 23,4 euro all'ora.
Quale lezione possiamo trarre da questa vicenda? La prima è evidente: le multinazionali non sentono debiti di riconoscenza nei confronti dei territori e degli enti che li hanno aiutati a svilupparsi e che hanno contribuito, come hanno fatto Regione Piemonte, il Governo italiano e addirittura la Provincia di Torino, a rimanere nel territorio.
La seconda lezione è che non è soltanto con i contributi economici dati una tantum che si evita il trasferimento delle aziende dagli Stati in cui il costo del lavoro è maggiore agli Stati in cui il costo del lavoro è minore ma che oltre ai contributi economici che raggiungono un obiettivo a breve termine e che risolvono un problema a breve termine, cioè mantenere i posti di lavoro vivi o aiutare i lavoratori che siano messi in cassa integrazione, occorre modificare la struttura economica, i fondamentali economici che creano questo problema. Innanzitutto, il cuneo fiscale.
Il cuneo fiscale in Slovacchia è pari a tre euro all'ora; mediamente; in Italia, nove e venti. Ogni azienda, in Slovacchia, dà allo Stato, quando un suo lavoratore fa un'ora di lavoro, tre euro; in Italia se ne devono dare nove ed è chiaro, quindi, che un'azienda multinazionale guarderà con favore a un trasferimento. Soprattutto, però, a livello europeo, il problema è il salario netto e non tanto il cuneo fiscale, che è a carico dello Stato, ma il salario netto che vale nei diversi Paesi.
In questo caso, si vedono i limiti di un mercato unico europeo, dove c'è la libera circolazione delle merci, esiste la stessa moneta e ci sono i limiti agli aiuti di Stato che in alcuni interventi ho visto dimenticare. Cioè c'è un'Unione Europea che però non è un'unione europea, ma una semplice unione monetaria. Nella stessa Unione Europea ci sono elementi economici troppo diversi, che bisogna risolvere, altrimenti, adesso stiamo parlando di Embraco, ma tra poco ci troveremo a parlare di Embraco 2, Embraco 3 ed Embraco 4, perché se i fondamentali a livello d'Europa sono questi e se nella Mitteleuropa esiste uno Stato che ha salari medi pari a un terzo del resto dell'Europa, non si potrà fare altro che prendere atto che altre aziende, altre multinazionali prenderanno probabilmente la stessa scelta di Embraco. Non dobbiamo prendere in giro i lavoratori, ma dire che questa è la verità vera.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Consigliere Preioni.



PREIONI Alberto

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, bene si è fatto ad aver organizzato questo Consiglio aperto perché accende un faro e apre un megafono su questa situazione complessa che perdura da troppo tempo, per queste centinaia e centinaia di famiglie che rischiano di perdere il posto di lavoro:; abbiamo sottolineato, più volte, quanto il lavoro identifichi una persona e quanto sia realmente la dignità di una persona.
Oggi, l'Italia fortunatamente cresce e cresce tanto, cresce di più che il resto d'Europa; una stima dice che cresce del più 6 per cento del PIL.
Questo può essere un rimbalzo, perché siamo stati praticamente chiusi in casa per un anno e mezzo e la gente vuole tornare a vivere e a spendere però, con l'occasione del PNRR tutta la politica, tutte le istituzioni tutte le associazioni sindacali e imprenditoriali, invece, dovranno e dobbiamo far sì che questo non sia soltanto un rimbalzo, ma una crescita strutturale, perché con una crescita del genere si può di nuovo generare ricchezza e, quindi, posti di lavoro.
Lo Stato non deve fare l'imprenditore e l'abbiamo visto nel nostro Paese.
Sappiamo che, in passato, ci sono state delle aziende gestite dallo Stato: non me ne ricordo una che sia finita bene. Abbiamo sperperato un sacco di soldi e sono andate tutte a finire male.
Gli imprenditori però devono essere seri, devono essere gente perbene e devono essere gente che crea ricchezza, ma che abbia anche a cuore l'interesse comune e collettivo. Per Embraco, purtroppo, imprenditori seri non se ne sono fatti avanti, fino a oggi. Giorgetti è un politico serio, un politico che dice le cose magari duramente, ma le dice con estrema serietà.
Prima abbiamo ascoltato tutta la cronistoria di quanto è avvenuto in questo caso emblematico, quindi ci vuole assolutamente serietà; bisogna trovare un partner privato serio e non bisogna assolutamente dare false speranze fantasie e alimentare illusioni. Io interpreto in questo senso le indicazioni e il lavoro svolto da Giorgetti, ritenuto da molti un abile politico, un politico di un'alta levatura, un politico che sa usare la testa e non si lascia andare in falsi proclami o in false illusioni soprattutto quando si parla di lavoro e di dignità delle persone.
Oggi viviamo un periodo storico in cui il COVID ci ha insegnato che questa globalizzazione estrema non va più bene. Come Regione Piemonte dobbiamo mettere in atto un piano che riporti le aziende nel nostro territorio piemontese. Tante aziende in questi anni se ne sono andate; dobbiamo mettere in atto un piano. Una volta ricostruito un database e una ricostruzione da parte del nostro istituto di ricerca e innovazione IRES visto che in Piemonte ci sono operai altamente specializzati, occorre dar loro una possibilità (e oggi l'industria richiede operai altamente specializzati). La rincorsa esclusiva al costo del lavoro e alla diminuzione dei costi di gestione sta finendo, perché ci siamo resi conto che se tutto fa la Cina, se tutto fa l'Est asiatico, nel momento in cui si ferma l'Est asiatico, si ferma anche la nostra economia. Questo, il COVID ce l'ha insegnato.
Abbiamo la fortuna che la logistica in Piemonte è il nostro cuore. Siamo in mezzo alla Lisbona-Kiev e alla Genova-Rotterdam, tramite il passo del Sempione, quindi siamo in mezzo a due assi della logistica importantissimi.
Dove c'è la logistica deve esserci l'industria di alto livello, l'industria specializzata.
Mi auguro che ci sia al più presto - e pongo un invito all'Assessore Chiorino - un incontro. Come Lega faremo la nostra parte per promuovere questo incontro. Sapete benissimo che il ministro Giorgetti è espressione della Lega, la Viceministra Todde del PD e il Viceministro Gilberto Pichetto Fratin di Forza Italia, quindi questo Governo ha figure chiave con ruoli strategici.
Da questo Consiglio aperto accogliamo l'invito di un incontro al MISE e chiediamo all'Assessore Chiorino di non guardare all'antipatia politica che può avere verso questo Governo - legittima - ma di guardare a un ruolo assolutamente istituzionale, in un momento come questo, per attivarsi nel più breve tempo possibile, organizzando questo incontro.
Gilberto Picchetto Fratin è anche un uomo di questo territorio, un uomo di Biella, ha avuto ruoli importantissimi nella Regione Piemonte. Penso quindi, che possa dare la disponibilità per attivarsi verso questo incontro, sapendo che il ruolo della politica, dello Stato e del Ministero non è quello di fare impresa, perché l'impresa è demandata al settore privato, ma di scovare imprenditori seri, dare regole serie, dare una prospettiva reale, realistica e non illusoria, come purtroppo è stato nel recente passato, alle centinaia e centinaia di famiglie che aspettano una risposta.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Non essendoci altri Consiglieri iscritti a parlare, do la parola all'Assessore Chiorino per le conclusioni.
Prego, Assessore.



CHIORINO Elena, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente.
Ho avuto modo di riascoltare gli interventi dei lavoratori, così come le considerazioni dei sindacati. Dico "riascoltare" perché, lo ricordo in particolar modo ai colleghi della Lega, c'è un tavolo permanente riunito per la questione Embraco ormai da mesi. Tuttavia registro, un po' costernata, ma anche rassicurata, che si è semplicemente creato un problema di corto circuito e di comunicazione, rispetto al quale la Regione Piemonte scrive una lettera al mese, se non di più, al MISE, chiedendo un incontro.
Evidentemente, però, le risposte e le rassicurazioni dello stato dell'arte arrivano dal Gruppo della Lega. Di questo ne prendo atto. È curioso che si dica e si ribadisca in quest'Aula che il progetto Italcolmp non esiste e non è mai esistito. Se a qualcuno mancasse, me ne chieda copia e sarà mia premura farlo avere.
Detto questo, registro positivamente le rassicurazioni che arrivano dai colleghi leghisti, anche rispetto allo stato dell'arte, all'attenzione e ai fascicoli su ex Embraco. Non entro nel merito di un dialogo che il MISE ci racconta anche tramite Annibaletti, che c'è, ma non c'è rispetto all'Assessorato alla Regione, perché non ci sono risposte alle nostre lettere protocollate, non c'è nulla, evidentemente perché arrivano in un'altra Direzione, ma ben venga, quindi sarà facile e chiarificatore per tutti ottenere quanto prima.
Proprio rispetto a queste rassicurazioni, che poi sono quelle che più ci importano per i lavoratori, la richiesta che faccio a tutta l'Aula in modo congiunto è di attivarci tutti qui e firmare un unico documento in cui richiediamo, non la convocazione al MISE (anche perché rispetto alle politiche attive il maggiore impegno dell'Assessore, che è più che disponibile a dare, ovviamente bisognerà lavorare su stanziamenti di bilancio importanti, ma li faremo adeguati, registrata la disponibilità anche dell'Aula, quindi anche su questo ben venga), ma un tavolo interministeriale, quindi con il MISE e con il Ministero del Lavoro, per coordinare il piano di salvataggio, se così vogliamo chiamarlo, dei lavoratori Embraco, visto che si abbandona l'idea di un progetto industriale che possa arrivare dal Governo.
Questo lo registriamo: un tavolo interministeriale. Mi appello a quest'Aula perché sia una richiesta congiunta. Ripeto: Ministero dello Sviluppo Economico e Ministro del Lavoro, coordinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, proprio perché, come ho registrato negli interventi di molti di voi, non è bene che ci possano essere "scaricabarile" anche in termini di convocazioni, di corto circuito di comunicazioni e di risposte che non arrivano.
Il mio appello a quest'Aula è di richiedere congiuntamente, tutti quanti insieme, un tavolo interministeriale con i due Ministeri coinvolti e coordinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, proprio per andare nella direzione rispetto alla quale sono stata anche felicemente sollecitata da quest'Aula. Penso sia davvero l'unica strada ancora percorribile in questi termini.
Questa è la mia proposta, rispetto alla giornata di oggi, per il quale ringrazio ancora tutti, anche per alcuni chiarimenti che, pure per la sottoscritta, sono stati evidentemente importanti.
Lascio la parola a chiunque vorrà seguire questo intervento. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Chiorino.
Con questo intervento chiudiamo la seduta del Consiglio regionale aperto.



(Commenti fuori microfono)



PRESIDENTE

Gli ordini del giorno si esamineranno in apertura di seduta ordinaria; se vuole, posso citare quello che è stato depositato adesso: ordine del giorno n, 667 a prima firma Sarno, "Sostegno del Consiglio regionale del Piemonte ai lavoratori ex Embraco". Se ne perverranno altri, li metteremo in calendario nella sessione ordinaria che si svolgerà dopo la pausa.
Con questo concludiamo i lavori. Grazie a tutti della disponibilità e della possibilità di aver dato ai sindacati e ai lavoratori dell'ex Embraco di poter essere auditi e di poter intervenire in merito alla loro problematica di lavoro.
Grazie e buona giornata.
Ricordo che il Consiglio regionale riprenderà alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.05 )



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