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Dettaglio seduta n.111 del 26/01/21 - Legislatura n. XI - Sedute dal 26 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



(La seduta inizia alle ore 9.32)


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno "Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale rifiuti radioattivi: riflessione sulle ricadute regionali"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il tema dei lavori odierni si riferisce a "Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale rifiuti radioattivi. Riflessione sulle ricadute regionali", a seguito della pubblicazione dell'elenco dei siti idonei a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, che coinvolge diversi Comuni in Piemonte, in provincia di Torino e di Alessandria.
La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari ha ritenuto di convocare una seduta d'Aula aperta da dedicare al tema, per riflettere insieme sulle ricadute di tale individuazione sul territorio regionale.
Ricordo che la seduta si svolge in videoconferenza ed è trasmessa in streaming, per consentire la visione da parte del pubblico.
Procedo all'appello nominale dei Consiglieri regionali.



(Il Presidente Allasia procede all'appello nominale e constata la presenza del numero legale)



PRESIDENTE

Ricordo che gli interpellati interverranno per primi; pertanto, la parola ai Consiglieri sarà data in ritardo rispetto al momento in cui è stata richiesta. Le procedure successive saranno più veloci, mentre adesso dovevamo fare l'appello, anche per essere a conoscenza di tutti i presenti del Consiglio regionale.
Saluto e ringrazio tutti i rappresentanti degli enti pubblici, i privati e le associazioni che interverranno nel corso della seduta, che saranno chiamati al momento del loro intervento, nonché tutti coloro che seguiranno i lavori.
Saluto il Senatore Massimo Berruti, il Senatore Lucio Malan, la Senatrice Susy Matrisciano, la Senatrice Elisa Pirro, la Deputata Jessica Costanzo il Deputato Andrea Del Mastro Delle Vedove, la Deputata Silvia Fregolent il Deputato Federico Fornaro, il Deputato Carlo Giacometto, il Deputato Alessandro Giglio Vigna, la Deputata Augusta Montaruli, il Deputato Rino Pettazzi e la Deputata Daniela Ruffino.
Ringrazio anche il Vicedirettore del Dipartimento dell'Università degli Studi di Torino, il professor Nicolao Fornengo, la Presidente dell'Associazione Nazionale Piccoli Comuni, Franca Biglio, il Direttore di



ANCI Piemonte Marco Orlando.

Sono presenti per la Città metropolitana di Torino Barbara Azzarà, per il Comune di Alessandria l'Assessore Paolo Borasio, per il Comune di Chivasso il Sindaco Claudio Castello, per il Comune di Novi Ligure l'Assessore Roberta Bruno. Sempre per il Comune di Novi Ligure, sono presenti Massimiliano Mauro e Marco Bossetti.
Per il Comune di Oviglio è presente il Sindaco Antonio Armano. Per il Comune di Quargnento è presente il Sindaco Paola Porzio. Per il Comune di Sezzadio è presente il Sindaco Enzo Daniele. Per l'IRES Piemonte è presente il Presidente, professor Michele Rosboch. Sempre per l'IRES Piemonte, è presente anche il Direttore, dottor Vittorio Ferrero.
In rappresentanza di Confindustria Piemonte è presente la dottoressa Silvia Pecorella. Per Confcommercio è presente la dottoressa Katia Robaldo. In rappresentanza di CNA Piemonte, è presente il dottor Delio Zanzottera. In rappresentanza della Confederazione Italiana Agricoltori, è presente il dottor Fabrizio Urzia. Per ADICONSUM Piemonte è presente il Presidente dottor Riccardo Sammartano. Per la Segreteria regionale della UIL è presente il dottor Domenico Paoli. Per la Segreteria regionale CISL Piemonte sono presenti il dottor Alessio Ferraris e il dottor Gianni Baratta. Per la Segreteria regionale UGL Piemonte è presente il dottor Valerio Lomanto.
Procederei adesso a dare la parola al Presidente della Giunta regionale del Piemonte.
La parola al Presidente Cirio.



CIRIO Alberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente Allasia. Grazie a tutti gli intervenuti e grazie a chi ha voluto proporre un Consiglio regionale aperto su un tema così delicato e così importante come quello del nucleare.
Grazie, naturalmente, a tutti i rappresentanti degli enti locali, ai nostri parlamentari piemontesi, ai rappresentanti dei corpi intermedi del mondo dell'agricoltura, del commercio, dell'artigianato e dell'industria. C'è uno spaccato della nostra regione che rappresenta tutti gli aspetti e tutti gli elementi cardine per un tema così importante, che deve vedere la partecipazione di tutti quanti. Il Consiglio regionale aperto, peraltro trasmesso in streaming, è un momento di grande trasparenza, perché ci vuole sempre grandissima e assoluta trasparenza, a maggior ragione quando si parla della salute delle persone.
Il tema è assolutamente di grande attualità e non possiamo che fare un ragionamento da persone serie, che affrontano i problemi e non si nascondono di fronte ai problemi. Nel senso che il problema del nucleare così come il problema dei rifiuti, come il problema di tante situazioni che noi abbiamo nel nostro Paese e che riguardano la vita di tutti i giorni, va affrontati. Non ci si deve nascondere e la politica dei no a priori, è una politica che non mi è mai appartenuta.
Il problema del nucleare è un problema innanzitutto di metodo. Come governatore di questa Regione, ho appreso della possibilità che il Piemonte potesse ospitare diversi siti - tra l'altro numerosissimi in rapporto con altre regioni - di stoccaggio di rifiuti nucleari attraverso un'agenzia di stampa. Questo è il metodo con cui la Regione è venuta a sapere di questa notizia e questo è qualcosa che davvero ci ha lasciato molto scossi.
Innanzitutto, credo che situazioni di questo genere, ragionamenti di questo genere, valutazioni di questo genere non possono essere prese e assunte all'interno di qualche stanza di qualche ministero romano per poi essere trasmesse, attraverso agenzie di stampa, sui territori che poi se le vedono piovere sulla testa.
Questo è il primo dei problemi che noi, come Giunta regionale, attraverso i miei Assessori, che poi interverranno successivamente nel dibattito abbiamo voluto sottolineare. Non si può decidere sulla testa dei cittadini piemontesi scelte così gravi e scelte così impattanti con la vita delle persone, senza un coinvolgimento, senza che un Sindaco venga a sapere, se non dai giornali, che il suo Comune è stato individuato come idoneo a ospitare i rifiuti, le scorie radioattive, le scorie nucleari o quello di cui si sta parlando.
Non è possibile non soltanto perché non è istituzionalmente rispettoso delle competenze di un Sindaco che è responsabile dalla salute dei suoi cittadini e delle competenze costituzionalmente riconosciute di una Regione in materia ambientale, ma anche perché non è rispettoso nei rapporti umani tra le persone. Scelte di questo genere e valutazioni di questo genere si devono fare, ma questo è un problema che va affrontato e non può non essere affrontato insieme con i territori.
Questo è il primo degli elementi che oggi vorrei sottolineare in questo Consiglio e che ritengo molto prezioso.
Ascolterò direttamente o indirettamente con i miei Assessori gli interventi di tutti, perché ritengo di voler sentire e ascoltare la voce di tutti, perché questo è un tema che dobbiamo gestire insieme. Come sapete non sono avvezzo a strumentalizzare politicamente le decisioni, perch assunte da Governi che hanno colori diversi dai miei e non intendo farlo oggi, ma il fatto che una Regione apprenda dai giornali di essere idonea a ospitare iniziative, azioni e attività così impattanti con la vita delle persone è, credetemi, un qualcosa che noi non possiamo accettare e su cui dobbiamo obiettare con forte determinazione. Non può essere un precedente che noi possiamo accogliere.
Questo Consiglio regionale aperto per me sarà importante anche per stabilire con voi quali modalità di azioni adottare. Si sono già svolti diversi incontri e si è ragionato dell'istituzione di un Tavolo permanente che trovo estremamente utile ed estremamente interessante, perché dobbiamo darci un metodo, ma che sia un metodo diverso. In più, ritengo che si debba fare anche un ragionamento che guardi al passato. Se guardate all'assegnazione dell'idoneità dei luoghi, vi accorgerete che ci sono alcune regioni italiane particolarmente coinvolte, come il Piemonte, altre invece per nulla toccate. Al riguardo, però, non posso non sottolineare perché ignorerei la giustizia della storia - quanto il Piemonte, per quanto riguarda la questione del nucleare in Italia, abbia già fatto la sua parte: l'ha fatta tanto, e l'ha fatta pagando personalmente, come Regione, come piemontesi e come salute pubblica, tante scelte del passato. E, ahimè, oggi lo sottolineo ancora - tanti Comuni piemontesi sono ancora in attesa che il Governo paghi quello che è il credito che questi Comuni vantano nei confronti delle casse dello Stato proprio per aver fatto la propria parte in materia di nucleare.
Questi sono temi che non possiamo non considerare. Pertanto, quando uno viene a sapere che le valutazioni tecniche passano ai giornali, diventano naturalmente valutazioni che impattano la vita di tutti i giorni.
Pensate a quelle comunità che sono individuate come "sedi di stoccaggio" dei rifiuti nucleari! Pensate alla vita di una comunità di questo genere che lo legge sul giornale! Pensate a chi ha magari ragionato d'investimenti turistici in quelle aree, visto che parliamo di aree che lambiscono territori UNESCO! Parliamo di aree dove le persone hanno magari fatto investimenti immobiliari, dove nuove famiglie hanno deciso di accendere un mutuo per acquistare una casa e andarci a vivere! Ecco, questi si trovano un'agenzia di stampa che dice che lì, dove hanno acceso un mutuo per vent'anni della loro vita per andare a vivere con la famiglia, dall'oggi al domani quel luogo diventa un sito con il simbolo idoneo per ospitare rifiuti nucleari. Questo impatta in maniera enorme sulla vita di queste comunità, sugli investimenti e sulla serenità di tutti i giorni.
Ecco perché il metodo che è stato utilizzato è sbagliato. Ma non perché non ci si voglia porre il problema, su questo voglio essere molto chiaro: il problema nel nostro Paese ce lo dobbiamo porre, e dobbiamo trovare insieme una soluzione. Ma la dobbiamo trovare con metodi diversi, partecipativi e soprattutto di rispetto delle comunità territoriali, che sono i veri padroni di un territorio.
Il padrone di un territorio è chi vive quel territorio. Non si può pensare di assumere decisioni lontane dai territori che gravano sulla testa di queste persone; decisioni assunte nei palazzi lontani dalla vita reale dalla vita vera di tutti i giorni.
Questo è il mio pensiero, naturalmente in tono non polemico nei confronti di nessuno, ma in tono molto fermo. Perché qui parliamo della vita delle persone, della vita dei piemontesi. E parliamo di una Regione - il Piemonte che ha già dato tanto in questa materia.
Questo non significa nascondersi: partecipiamo, facciamo la nostra parte ma nel rispetto del credito che la nostra Regione e i piemontesi hanno, e soprattutto nel rispetto delle comunità territoriali che devono poter dire la loro e devono poter essere certi che il Governo nazionale li ascolterà.
E in questo noi ci facciamo garanti. Noi, come Regione, rivendichiamo questo ruolo e ci facciamo garanti affinché la voce dei territori possa davvero raggiungere quei palazzi, dove talvolta si decide dimenticando che poi la vita vera è quella che viviamo tutti i giorni sui nostri territori regionali.
Ascolterò con molto interesse tutti gli interventi, ma voglio ringraziare ancora tutti i Gruppi consiliari della Regione Piemonte e tutti i Consiglieri regionali, perché su questo tema non ci sono colori maggioranze o opposizioni: qua c'è la vita, qua c'è la salute, qua c'è il futuro del nostro Piemonte. E io credo che questo tema ci debba vedere tutti coesi e tutti uniti.
Vi auguro buon lavoro. Ci aggiorniamo nel corso del Consiglio regionale di questa giornata.
Grazie, signor Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Cirio.
Nel frattempo, mi scuso con gli Assessori esterni, che non ho citato.
Comunico, pertanto, che sono presenti anche l'Assessore Gabusi, l'Assessore Marnati e l'Assessore Poggio Vittoria.



RICCA Fabrizio, Assessore regionale

Mi scusi, Presidente. Mi scongedo.



PRESIDENTE

Non sono previsti congedi, perché è un Consiglio regionale aperto. Grazie comunque, Assessore Ricca.
È altresì presente - mi scuso per non averlo citato - il Deputato Gariglio Davide.
Mi scuso anche con alcuni membri del Parlamento, che forse ho citato erroneamente; in particolare, forse ho sbagliato a chiamare la Senatrice Susy Matrisciano. Mi scuso ancora se nel lungo elenco di ospiti ho commesso qualche errore.
Adesso lascerei spazio agli interventi a cura della società SOGIN-S.p.A.
per l'inquadramento sul tema. Nello specifico, sono previsti gli interventi di Luigi Perri, Presidente del Consiglio di Amministrazione di SOGIN S.p.A.; seguirà l'intervento dell'Amministratore Delegato di SOGIN-S.p.A.
Emanuele Fontani; infine, ci sarà l'intervento del dottor Fabio Chiaravalli, Direttore del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico di SOGIN S.p.A.
Seguiranno le relazioni dei vari centri e istituti, degli enti e delle amministrazioni toccate dall'elenco che ha poc'anzi citato il Governatore Cirio. Ciascun oratore avrà a disposizione cinque minuti per intervenire.
Cedo la parola al Presidente del Consiglio di Amministrazione di SOGIN dottor Luigi Perri.



PERRI Luigi, Presidente C.d.A. SOGIN-S.p.A.

Grazie, Presidente Allasia, per questa seduta di Consiglio aperto.
Ringrazio, altresì, il Presidente Cirio, di cui ho apprezzato moltissimo le parole che ha appena pronunciato. Ringrazio gli onorevoli Consiglieri per averci invitato a questo Consiglio aperto. Vi ringrazio anche a nome di tutto il Consiglio di Amministrazione di SOGIN S.p.A.
Prima di iniziare, volevo anche rivolgere un saluto particolare ai rappresentanti delle comunità locali del Piemonte, delle associazioni e delle organizzazioni produttive, che peraltro ho già avuto modo di ascoltare con grande interesse al Tavolo della trasparenza di mercoledì scorso.
Un grazie anche a tutti i partecipanti, che vedo numerosi e di grande autorevolezza, come probabilmente merita il tema che andiamo a trattare.
Certamente, per noi è un piacere essere qui, per tante ragioni. Sono consapevole - lo aveva sottolineato ampiamente il Presidente Cirio - della complessità del tema che ci apprestiamo a trattare, ovvero il progetto del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi. È un progetto che, secondo me,rappresenta un importante obiettivo strategico non solo per il Piemonte ma soprattutto per il Paese Italia, che ci consentirà finalmente di risolvere una problematica annosa, senza trasferirla alle generazioni future, come troppe volte succede in Italia.
Dicevo che il tema dei rifiuti nucleari non è certo semplice da affrontare.
Arrivare ad affrontarlo è già di per sé una sfida, anche perché le parole "rifiuti" e "nucleare"non evocano certamente spiagge assolate.
Lo conosco benissimo, Presidente Cirio, perché per esperienza personale ho vissuto e vivo in Piemonte, ma ho anche avuto personalmente modo di lavorare nei siti che il Piemonte ospita da tempo. Ed è anche per questo che io e l'Ingegner Fontani, amministratore delegato della SOGIN, abbiamo voluto essere presenti entrambi in questo Consiglio regionale a fianco dei nostri tecnici esperti che, da anni, lavorano su questo tema, perché siamo partecipi e consapevoli della delicatezza e del valore che un progetto di questa portata ha per l'intero Paese Italia.
Noi, Presidente Cirio, per la missione che ci è stata affidata istituzionalmente, non possiamo che valutare positivamente la pubblicazione della CNAPI e l'avvio di questa consultazione pubblica su scala nazionale.
La consideriamo, a tutti gli effetti, un'occasione di partecipazione democratica per la realizzazione di un progetto d'infrastruttura di grande importanza. È un avvenimento che, non le nascondo, abbiamo atteso da lungo tempo. Avevamo già quasi perso la speranza dopo ben sei anni di continui rinvii.
Al di là delle posizioni di merito - ovviamente tutte legittime - che emergeranno da questo e da altri consessi, che noi come SOGIN certamente affronteremo, giudico che era maturo il tempo per aprire questo iter di localizzazione. Questo, voglio ribadirlo, non solo per gli impegni assunti da tempo con l'Unione Europea, in base a specifiche direttive comunitarie e ai rischi d'infrazione che questo comporta o per onorare gli accordi, anche bilaterali, con nazioni a noi vicine come la Francia - che detiene temporaneamente i nostri rifiuti ad alta radioattività e che devono rientrare in Italia ma, soprattutto, per creare le condizioni necessarie affinché si arrivi alla definitiva chiusura del ciclo nucleare, consentendo così uno smantellamento più ordinato delle centrali dismesse, senza dover ricorrere alla costruzione di nuovi depositi o collocare ulteriori scorie all'interno dei siti esistenti.
Non sta a noi come SOGIN giudicare se questo fosse il periodo migliore per un dibattito pubblico, anche se, forse, per affrontare quest'argomento così delicato non sarebbe mai il momento giusto. Più semplicemente, forse bisognava finalmente trovare il coraggio di iniziare a farlo. Comunque sia SOGIN ha avviato la procedura di pubblicazione tempestivamente, non appena ricevuto il nulla osta dai Ministeri competenti, in osservanza del decreto legislativo n. 31 che data 2010, poi aggiornato nel 2014. È una norma che a mio avviso, traccia un percorso ampiamente partecipativo e che prevede un ampio confronto, prima di giungere a una scelta il più possibile consapevole.
Ricordo che quella che abbiamo elaborato oggi e che stiamo presentando come SOGIN, applicando i criteri dettati dalla Guida tecnica di ISPRA e validati poi da ISIN(Ispettorato Nazionale della Sicurezza Nucleare) che soprassiede a questo progetto,è la CNAPI, cioè la Carta dei Siti Potenzialmente Idonei.
E ci tengo a sottolineare il termine "potenzialmente", non quelli definitivi. Solo dopo la consultazione pubblica in atto, che è incominciata,e lo svolgimento di un seminario nazionale allargato a tutti i soggetti interessati e la valutazione di tutte le osservazioni tecniche pervenute, si arriverà a stilare la CNAI, cioè la Carta dei Siti Idonei.
Questo elenco di siti idonei consentirà poi l'emersione delle autocandidature - peraltro, lo sottolineo, la legge opportunamente dice "non vincolanti"- che finalmente consentirà di avviare il percorso finale che prevede anche ulteriori approfondimenti specifici dei siti.
Insomma, ci sarà modo e tempo per sviscerare le tematiche e affinare progressivamente le soluzioni possibili e condivise il più possibile per giungere poi - non è certo competenza di SOGIN - alla scelta definitiva del sito unico.
SOGIN seguirà in modo puntuale il dibattito sull'argomento in questione garantendo il supporto informatico necessario a tutti i soggetti interessati. Siamo anche pronti ad accogliere eventuali modifiche - mi riferisco, in particolare, alle proposte che abbiamo letto sui giornali di breve estensione dei tempi emerse in queste prime fasi della consultazione e tutto quello che il Parlamento decidesse di apportare in questo campo.
Mi limito solo a esprimere che,forse, sarebbe anche utile per familiarizzare con l'idea del Deposito Unico Nazionale.Deposito Nazionale che, lo ribadisco, ritengo un'infrastruttura fondamentale per il nostro Paese, perché ci consentirà, così come avviene nel resto d'Europa, di razionalizzare ed efficientare il sistema, che oggi ha ben diciannove siti provvisori sparsi in tutte le Regioni italiane.
Consentirà, quindi, di raccogliere i rifiuti nucleari che provengono anche e, ripeto, "anche" - per circa il 40% da insediamenti non nucleari in senso stretto. Ricordo, infatti, che i prodotti dei rifiuti nucleari vengono dalla medicina nucleare, dall'industria edalla ricerca.
Presidente Allasia, Presidente Cirio, onorevoli Consiglieri, autorevoli che siete qui intervenuti, nell'avviarmi a chiudere questo mio breve intervento,desidero confermarvi l'impegno della SOGIN nel gestire e nel continuare a gestire con professionalità, dedizione e l'attenzione necessaria sia il mantenimento in sicurezza nei siti che sono stati affidati, sia lo smantellamento degli impianti nucleari da tempo disattivati.
Con altrettanta diligenza e imparzialità, seguiremo tutta la procedura avviata per la localizzazione in Italia del deposito unico in cui sistemare definitivamente, nel segno della piena sicurezza e dell'efficienza, i rifiuti radioattivi italiani.
Nel rinnovare il ringraziamento a tutti voi che siete intervenuti, al Presidente Cirio e al Presidente Allasia in modo particolare, che ringrazio per averci voluto invitare, il Piemonte è la prima Regione che ha avviato questa procedura, quindi le diamo merito. Anche per questo lascio, a questo punto, la parola all'ingegner Fontani, amministratore delegato della SOGIN cui seguirà il dottor Chiaravalli. Entrambi entreranno più nel merito sia della missione SOGIN, sia effettivamente delle tematiche che oggi ci vedono qui per la realizzazione del Deposito Nazionale.



PRESIDENTE

Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola all'Amministratore delegato di SOGIN, il dottor Emanuele Fontani.



FONTANI Emanuele, Amministratore delegato SOGIN-S.p.A.

Ringrazio per la parola e ovviamente ringrazio per l'organizzazione dell'evento.
Ci fa sicuramente piacere essere in un territorio molto importante per noi perché operiamo in Piemonte da molti anni e su tre siti, dove compiamo lo smantellamento delle vecchie installazioni nucleari. Sicuramente, alcuni Sindaci ci conosceranno molto bene. Ci conoscono due Province, Alessandria e Vercelli, dove ovviamente siamo presenti e collaboriamo con tutte quante le istituzioni che hanno sempre dimostrato nei nostri confronti ampie collaborazioni in tutta una serie di attività che abbiamo eseguito, dai trasporti nucleari che abbiamo fatto in passato a molte attività che sono state svolte con la massima collaborazione.
Ovviamente, il nostro approccio oggi è un approccio molto tecnico: noi siamo qui chiamati a rispondere alle esigenze di un territorio che chiede di avere informazioni, quelle informazioni che il Presidente Cirio diceva non essere arrivate, che non potevano arrivare fino a questo momento, ma una volta che ovviamente avviene la pubblicazione di aree che sono, ripeto potenzialmente idonee, è qui che inizia il ruolo di SOGIN nel dire che siamo a disposizione per tutti i chiarimenti che sono necessari.
Immagino che in questo momento, Sindaci o amministratori potranno eventualmente trovare difficoltà dire nel rispondere o nel fare le proprie osservazioni, ma noi diamo il massimo della disponibilità per tutto quello che è necessario trasferirvi come informazione. Qualunque difficoltà ci sia sul nostro sito, per presentare interventi abbiamo un numero a disposizione, abbiamo un contact center, abbiamo indirizzo e-mail cui rispondiamo e ovviamente, come il Presidente ha già ribadito, c'è tutto il nostro personale interesse e volontà a dare tutte quante le informazioni necessarie.
Pertanto, dopo questa generale introduzione, vorrei a questo punto scendere un pochino più nei particolari. Sicuramente, stiamo cercando di mettere a disposizione una presentazione - scusate un attimo - che tarda ad arrivare in rete.
Semplicemente, facciamo una presentazione per spiegare a chi non ci conosce chi è SOGIN, chi siamo. Come giustamente dice il Presidente Cirio, il territorio è di proprietà delle persone che vi abitano e la stessa cosa è SOGIN. SOGIN è una proprietà dello Stato, quindi noi ci atteniamo a quello che lo Stato ci ha dato come indicazione attraverso una legge, che è quella che ci porta a individuare e realizzare il deposito nazionale nell'interesse dello Stato italiano, ma siamo qui non solo per raccontare quello che facciamo, ma anche per fornire tutte quante le informazioni che sono necessarie.
Partiamo innanzitutto dal dire chi è SOGIN.
Siamo presenti oggi in Italia su nove siti su tutto quanto il territorio nazionale, dove svolgiamo lo smantellamento delle quattro centrali nucleari chiuse con il referendum post Chernobyl, quindi Trino Vercellese sicuramente nota a tutti quanti voi, ma anche Caorso, Latina e Garigliano che all'epoca erano le centrali nucleari chiuse a seguito del referendum immediatamente post Cernobyl.
Con quelle attività ovviamente furono chiuse anche le attività di ricerca e di sviluppo negli impianti Eurex a Vercelli, impianti FN fabbricazione elementi di combustibile ad Alessandria, attività su Roma alla Casaccia e l'impianto IPREC di Rotondella.
Tra i vari siti abbiamo ovviamente anche la controllata Nucleco, che ci occupa di svolgere le attività di gestione dei rifiuti radioattivi non provenienti dalle attività nucleari.
Come molti di voi sapranno, le attività che producono rifiuti radioattivi non sono solo le centrali nucleari, ma i rifiuti radioattivi vengono prodotti in tantissime altre applicazioni. Vi sono sicuramente attività medicali, dalla scintigrafia a tantissime altre situazioni. Molti ospedali italiani hanno al loro interno dei traccianti per eseguire attività di diagnostica. L'Italia oggi ha quasi cinquanta ciclotroni medicali nelle installazioni ospedaliere. Anch'essi, al momento del loro smantellamento costituiranno un rifiuto radioattivo, ma molte altre attività concorrono in Italia alla produzione di rifiuti radioattivi.
Oltre a questo, la SOGIN è attiva nelle attività di bonifica di sostanze radioattive di vario tipo. Il territorio italiano, oltre alle installazioni nucleari, ha undici aree critiche mappate che sono contaminate da sostanze radioattive. Oltre a questo, SOGIN svolge importanti attività di bonifica convenzionale, ossia in siti contaminati da sostanze chimiche.
Siamo presenti su Roma, ma abbiamo un'importante attività internazionale sia in Russia, a Mosca, sia in Slovacchia, dove svolgiamo attività di consulenza per l'Unione Europea.
Oltre a questo, recentemente abbiamo preso in gestione un sito dell'Unione Europea, anch'esso nel Nord Italia, in Provincia di Varese, che è il reattore ISPRA-1.
In questa situazione, mi premerebbe soprattutto spiegare in cosa consiste il nostro lavoro, perché molto spesso si parla di decommissioning di impianti nucleari, che forse è ben chiaro a tutti, ma spiegare in cosa consiste il nostro lavoro è veramente importante.
Il nostro principale prodotto è la sicurezza, quindi dalla mattina, quando raggiungiamo i nostri siti o, in molti casi, all'interno delle ventiquattro ore giornaliere, il nostro compito è di mantenere la sicurezza dei siti oggetto di decommissioning. Chiudere un impianto nucleare non vuol dire girare la chiave e andarsene, ma vuol dire presidiarlo e far sì che sia gestito in sicurezza fino al completo smantellamento.
Smantellare un impianto nucleare è un'operazione estremamente complicata.
L'Italia si è trovata nella condizione di smantellare nove siti tutti quanti insieme, quindi, da un lato, un grosso onere; dall'altro lato quello che stiamo verificando anche in ambito internazionale, in cui abbiamo il fortissimo vantaggio di avere un grosso fattore di scala, è che stiamo maturando esperienze che possiamo mutuare da un sito all'altro.
Dietro tutto questo c'è anche un'importante attività imprenditoriale. SOGIN ha un indotto, oggi complessivo, intorno alle 4.000-5.000 persone che lavorano, direttamente o indirettamente, per le attività di smantellamento dei siti nucleari.
Il mantenimento in sicurezza, ripeto, è sicuramente l'aspetto più importante e il Piemonte ci ha visto coinvolti nell'allontanamento del combustibile nucleare esaurito, che si è svolto alcuni anni fa. Smantellare vuol dire demolire, ripulire, separare ciò che non è contaminato da ciò che è radiologicamente contaminato, segregare ciò che è radiologicamente contaminato e conferire poi in un luogo sicuro questo materiale.
Non tutte le installazioni nucleari vanno a deposito radioattivo di sostanze radioattive; noi stimiamo che più del 99% del materiale sia recuperabile. Oggi, in un'ottica di economia circolare, ipotizziamo di rimettere, all'interno del ciclo produttivo, metalli, materiali inerti rame e altre sostanze per circa un milione di tonnellate. È quello che prevediamo nei prossimi anni, in modo da re-inserire il materiale e recuperarlo, in quanto materiale pulito, e lasciare soltanto una minima parte a rifiuto radioattivo.
I rifiuti radioattivi vengono inseriti all'interno di depositi provvisori localizzati nel sito dove sono prodotti, per poi raggiungere uno stato di brownfield, ossia sito smantellato, con i rifiuti all'interno del deposito.
Questo non significa che in quella situazione possiamo dire che lo smantellamento è terminato, perché lo smantellamento di un sito nucleare è completato al momento in cui quel terreno e quel territorio torna a far parte dell'ambiente: le recinzioni vengono abbattute e quel sito, in termini radiologici, è uguale all'ambiente che lo circonda, quindi pu essere restituito a qualunque tipo di futuro utilizzo.
Per fare questo, ovviamente, i rifiuti devono andare via dal sito e devono andare in un sito dedicato alla cosiddetta "gestione in sicurezza e smaltimento in superficie" dei rifiuti radioattivi. Dopo vedrete in cosa consiste questo ciclo e quali sono le salvaguardie ingegneristiche che consentono il mantenimento in sicurezza dei rifiuti sul lungo periodo.
Pertanto, per smantellare completamente un sito c'è bisogno di un luogo dove poter inserire i rifiuti e, quindi, questo luogo è il deposito nazionale.
Fatto questo quadro, quali sono le attività di SOGIN? Ripeto: il decommissioning, che oggi è sicuramente l'attività principale, più del 90 delle nostre risorse, in termini umani (le mille persone che abbiamo qui all'interno sono coinvolte nel decommissioning e nel mantenimento in sicurezza dei siti). Poi c'è sicuramente l'attività importante, che ci ha visto coinvolti negli anni, per la localizzazione del deposito nazionale.
Ovviamente, la presentazione e la discussione di stamani è una delle attività istituzionali per cui è stata creata SOGIN. SOGIN ha una terza gamba molto importante, che è quella dei servizi e tutela dell'ambiente quindi SOGIN è presente sicuramente nei luoghi dove svolge bonifiche a vario titolo, bonifiche che riguardano tutte le tipologie. Noi svolgiamo anche attività di caratterizzazione di aree, caratterizzazione di falda e attività che riguardano anche la bonifica della falda. Oggi, quindi possiamo fornire un pacchetto di servizi che non è soltanto quello delle attività nucleari.
Svolgiamo un altro servizio importante per lo Stato Italiano, che è quello del servizio integrato. Oggi, in Italia, ci sono circa 300, fra istituti di ricerca, ospedali, produttori e aziende che producono rifiuti radioattivi quindi gestiamo questo canale di raccolta dei rifiuti radioattivi, raccolta che prevede successivamente il trattamento e il condizionamento dei rifiuti. Attualmente, i rifiuti sono immagazzinati nel Lazio, a nord di Roma, nel centro della Casaccia, in attesa poi di poterli collocare, quando sarà possibile, nel deposito nazionale.
Detto questo, un ambito un po' più ampio della nostra società, che riguarda la storia della nostra società. Fondati nel 1999, per svolgere attività di decommissioning delle centrali ENEL, negli anni abbiamo incrementato il nostro ambito di attività, fino ad arrivare, al 2019, con l'ultimo sito che abbiamo ricevuto in carico, che è quello in provincia di Varese, al JRC Centro di Ricerca Europeo, dove ci siamo subito premuniti di ripresentare la cosiddetta "istanza di smantellamento", per poter poi procedere alla disattivazione.
Siamo presenti in ambito internazionale.
Negli ultimi quattro anni abbiamo lavorato in diciassette paesi, non solo in Europa, dove abbiamo presenza stabile, ma in tutto quanto il mondo asiatico, dove ci si avvicina oggi al decommissioning delle installazioni nucleari, e abbiamo presentato attività di consulenza e supporto, anche magari facendo riferimento proprio a quelle attività che abbiamo fatto in Piemonte.
Un esempio particolare sono gli studi e le attività che abbiamo fatto su Bosco Marengo per portare al quasi totale smantellamento del sito e la stessa attività l'abbiamo proposta in paesi asiatici sulla base dell'esperienza che avevamo fatto in Italia.
Siamo sul mercato, abbiamo circa 700 clienti. Molti sono quelli del servizio cosiddetto integrato ma, ovviamente, abbiamo attività di consulenza che svolgiamo un po' a livello generale praticamente in tutto quanto il mondo.
Era ovvio dover dipingere questo quadro generale di chi siamo, soprattutto per spiegare che siamo anche noi una parte importante dello Stato, che ha una missione, ripeto, fondamentale, che è quella della salvaguardia dell'ambiente e, ovviamente, il nostro maggiore prodotto, il cosiddetto prodotto di punta, è la sicurezza dei cittadini. Noi lavoriamo a favore della sicurezza dei cittadini.
Passerei la parola ai nostri tecnici. Naturalmente siamo qui disponibili per qualunque domanda sia necessaria e, ovviamente, in qualunque momento non solo in un momento ufficiale come quello di oggi. La Regione ci ha dato la possibilità di instaurare attraverso il nostro sito internet un indirizzo e-mail che abbiamo messo a disposizione. Siamo disponibili per rispondere a tutte le necessità: dalla curiosità banale a qualunque altra informazione che i Comuni soprattutto, i Sindaci, il territorio, ma anche i cittadini, vogliono ricevere.
Lascio la parola al dottor Chiaravalli, che andrà avanti con la presentazione.



PRESIDENTE

Grazie all'Amministratore delegato, dottor Manuele Fontani.
Prima di lasciare la parola al dottor Fabio Chiaravalli, Direttore del Deposito Nazionale Parco Tecnologico, ringrazio della loro presenza il Senatore Mino Taricco, la Senatrice Marzia Casolati, la Senatrice Anna Rossomando (Vicepresidente del Senato). Ricordo che è anche presente l'Assessore Protopapa.
La parola al Direttore del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, Fabio Chiaravalli.



CHIARAVALLI Fabio, Direttore Deposito Nazionale Rifiuti Radioattivi

Buongiorno.
Mi collego in modo del tutto armonico con il Presidente e l'Amministratore delegato che mi hanno preceduto entrando nella descrizione di che cos'è il deposito nazionale, di com'è stato pensato e di come sarà localizzato.
Prima di tutto, ritengo necessario precisare ulteriormente un concetto fondamentale che è già stato espresso, ossia quello che è da anni che si lavora su questo progetto. Le attività specifiche di cui stiamo parlando oggi hanno avuto inizio nel 2010 con l'emanazione del decreto legislativo n. 31, ma il problema del deposito nazionale e della sua necessità nasce ben prima, nasce negli anni Sessanta.
Tuttavia è dal 2010 che si sta lavorando su questo e si stava lavorando per iniziare la procedura di localizzazione, ossia arrivare alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, e si è lavorato per questo. Cosa che è avvenuta il 5 gennaio di quest'anno e che ha fatto iniziare la procedura di localizzazione. Tutto quello che è stato fatto prima, è stato fatto per iniziare.
Ribadisco, dal 5 gennaio in poi, siamo all'inizio, non c'è nulla di deciso c'è tutto il materiale per cominciare a parlarne e a decidere attraverso una procedura ben precisa che il decreto legislativo n. 31 detta in tutti i suoi passi e che è mirata, soprattutto, al coinvolgimento di tutti coloro che, direttamente o indirettamente, si trovano interessati da territori che, allo stato attuale, potenzialmente risultano idonei all'allocazione del sito del deposito nazionale.
Che cos'è il deposito nazionale? Prima di tutto, diciamo che cosa non è il deposito nazionale: il deposito nazionale non è una discarica. Il deposito nazionale è un impianto, è un'infrastruttura ingegneristica di superficie che, con diverse modalità, contiene in piena sicurezza i rifiuti radioattivi.
Questi rifiuti radioattivi consistono in circa 95 mila metri cubi. Ora, 95 mila metri cubi non è il volume dei rifiuti in senso stretto, ma è il volume dei manufatti, dei contenitori che, a loro volta - e dopo vedremo in dettaglio - contengono i rifiuti. In questi 95 mila metri cubi non ci sono rifiuti sciolti, non ci sono rifiuti liberi. Il deposito nazionale è un impianto dove sono custoditi contenitori che contengono i rifiuti.
Questi 95 mila metri cubi sono la somma dei rifiuti radioattivi che oggi ci sono sul territorio nazionale e includono anche le stime dei rifiuti radioattivi che verranno prodotti durante l'attività di decommissioning e tutti quei rifiuti radioattivi non di origine energetica che verranno prodotti nei prossimi cinquant'anni. Di quei 95 mila, 78 mila circa sono di attività molto bassa e bassa secondo la nuova normativa, la nuova classificazione sui rifiuti radioattivi, e circa 17 mila metri cubi a media e alta attività.
Tra questi 17 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a media e alta attività ci sono anche quei prodotti del riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato che torneranno presto in Italia dall'Inghilterra e dalla Francia, dove sono stati inviati per essere trattati.
Stiamo parlando di un deposito unico, di un deposito centralizzato, dove andranno smaltiti e stoccati (poi vedremo come e perché) i rifiuti radioattivi. Oggi, però, questi rifiuti radioattivi, come dicevo, per la gran parte ci sono già, già esistono. Il deposito nazionale non andrà a recepire rifiuti che verranno non si sa bene da dove. Il deposito nazionale è bene chiarirlo - recepirà esclusivamente i rifiuti radioattivi italiani, cioè i rifiuti radioattivi che l'Italia detiene, o che deterrà nel prossimo periodo.
Oggi tutti questi rifiuti radioattivi sono custoditi in un gran numero di depositi che sono distribuiti un po' in tutta Italia. Ci sono depositi che sono ubicati all'interno degli impianti. L'ingegner Fontani poco fa ha precisato che ci sono sia le ex centrali, sia gli impianti a esse connessi che durante il loro esercizio hanno prodotto, appunto, rifiuti radioattivi e che continuano a produrre rifiuti radioattivi nel mantenimento e in sicurezza. Tali rifiuti radioattivi sono custoditi in depositi che si trovano all'interno di questi impianti.
Sono proprio quei depositi all'interno degli impianti che, per rilasciare i siti, un giorno verranno smantellati dopo che saranno stati svuotati dei loro rifiuti, perché questi rifiuti andranno al deposito nazionale.
Nella pianta che vi mostro, gli impianti colorati di verde sono quelli che ho citato fino adesso. Poi ci sono altri impianti, che in genere sono depositi di rifiuti radioattivi che fanno parte di quel servizio integrato cioè di quell'organizzazione nazionale che gestisce i rifiuti radioattivi provenienti da fonti non energetiche (quindi medicina, ricerca e industria).
Tutti i paesi civili e sviluppati, a prescindere dalla produzione di energia elettrica, ogni giorno producono rifiuti radioattivi derivanti da altre fonti che non siano energetiche. Tutti questi rifiuti radioattivi arriveranno al deposito nazionale, tra l'altro permettendo a quei depositi soprattutto quando partirà il servizio integrato, di poter continuare il loro lavoro.
Tornando indietro con le immagini, quella che vedete è una pianta dell'Italia e tutti i pallini rappresentano i depositi oggi esistenti nel nostro paese. Diciamo che tutti questi depositi sono temporanei; nessuno di questi depositi ha le caratteristiche per diventare un deposito definitivo cioè un deposito di smaltimento. Soprattutto, nessuno dei siti dove sono allocati questi depositi ha le caratteristiche per diventare un sito di smaltimento.
Questi depositi sono dunque temporanei, continueranno a essere temporanei e avranno sempre la necessità di essere monitorati e rigenerati.
Va da sé, in termini di sicurezza e sotto ogni punto di vista, che è quasi inutile precisare che la gestione in sicurezza di un sito centralizzato è in ordine di grandezza, più efficiente rispetto alla gestione in sicurezza di un gran numero di siti diversamente progettati e diversamente distribuiti sul territorio nazionale.
Vediamo, nello specifico, il Piemonte: la slide che vedete non racconta assolutamente nulla di nuovo. Questi numeri, che sono noti e che noi abbiamo riassunto qui, sostanziano che il Piemonte, se non ha il record di detenzione del maggior volume di rifiuti radioattivi italiani, sicuramente è la regione italiana che detiene il maggiore quantitativo di radioattività contenuta nei rifiuti radioattivi presenti in tutti gli impianti che insistono sul Piemonte, che - lo preciso osservando bene la prima colonna non sono solo impianti di ex produzione di energia elettrica (quindi Trino Bosco Marengo e, sotto un certo punto di vista, il deposito Avogadro, che contiene barre di combustibile derivanti dalla produzione di energia elettrica), ma comprende anche altri depositi (tra cui, per esempio Campoverde e il deposito di LivaNova), che sono siti dove non è mai stata prodotta energia elettrica ma che operano gestendo rifiuti radioattivi.
Proseguiamo con le slide. Prima ho fatto una considerazione che qui riprendiamo, che è essenziale: questo schema molto pedissequo va a riprodurre i passi che il decreto legislativo n. 31/2010 prevede per la localizzazione, la progettazione, la realizzazione e la gestione del deposito nazionale.
Prima ho detto che siamo all'inizio. Eccoci qua! Allora: criteri di localizzazione, predisposizione della CNAPI, verifica e validazione di ISIN.
Ogni azione di SOGIN è sempre approvata e si svolge sotto la vigilanza e il controllo dell'ISIN, che è l'autorità di vigilanza e controllo per il nucleare in Italia. Ogni attività, in particolare anche quelle connesse al deposito nazionale, vedono l'ISIN come riferimento. Ed è un riferimento primario, perché i criteri di localizzazione sono stati emanati da ISPRA che oggi si chiama ISIN - comunque dall'autorità di vigilanza e controllo che ha emanato i criteri che poi vedremo in dettaglio.
SOGIN ha predisposto la CNAPI, applicando questi criteri. La Carta è stata poi validata ed è stata trasmessa a chi? Ai Ministeri competenti. Questo non è un progetto di SOGIN. SOGIN è l'operatore che sviluppa questo progetto, SOGIN è la struttura dello Stato cui è demandato il compito di sviluppare questo progetto, ma il progetto è un progetto statale, è il deposito nazionale del paese Italia. Di conseguenza, ci sono dei Ministeri che sono i cosiddetti Ministeri competenti. E chi sono questi Ministeri competenti? Sono il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell'Ambiente, i quali danno il nulla osta alla pubblicazione, che è arrivato il 30 dicembre dello scorso anno. La legge prevede che, una volta ottenuto il nulla osta, SOGIN tempestivamente pubblichi la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee e tutta la documentazione a essa connessa più il progetto preliminare e via discorrendo, per un totale di 314 documenti, che sono tutti messi a disposizione.
Questa pubblicazione, che è la curva che vediamo sulla destra nella slide è avvenuta il 5 gennaio 2021 e segna l'inizio di tutto. Tutto quello che era stato fatto prima era per iniziare. Da qui comincia la consultazione pubblica, consultazione pubblica nella quale siamo oggi. Quello odierno è uno degli atti della consultazione pubblica. Questa consultazione pubblica durerà parecchio tempo e darà luogo a un seminario nazionale, nel quale verranno recepiti commenti e integrazioni che sono proprio quelli che vanno oltre, che vanno al di là del fatto tecnico. Sono quei commenti e quelle integrazioni che danno vita alle esigenze e alle valenze territoriali che sono rappresentate nella CNAPI.
Successivamente a tutta quest'attività, si arriverà alla redazione di una nuova Carta, che non sarà più la CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee), ma la CNAI (Carta Nazionale delle Aree Idonee). La differenza sostanziale tra la CNAPI e la CNAI è che la CNAI avrà tenuto conto, oltre che di criteri tecnici ben precisi, anche di tutte valenze territoriali che scaturiranno durante i mesi di consultazione pubblica e il seminario nazionale.
Su quella CNAI ci saranno le manifestazioni d'interesse delle Amministrazioni che lo riterranno opportuno. D'interesse a fare che cosa? Ad approfondire ulteriormente le indagini sul loro territorio e, man mano si arriverà, per passaggi successivi, all'individuazione, a questo punto del tutto condivisa, del sito - quindi non più dell'area - dove andare a costruire il deposito nazionale, che poi sarà esercito.
La Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee è stata redatta applicando i criteri contenuti da quella Guida tecnica 29. La Guida tecnica 29 contiene quindici criteri di esclusione e tredici criteri di approfondimento.
La prima fase, quella che va a localizzare e a identificare le aree potenzialmente idonee della CNAPI, è stata fatta applicando i criteri di esclusione e, in alcuni casi, anche alcuni criteri di approfondimento. I criteri di esclusione sono stati applicati su tutto il territorio nazionale, sistematicamente, da Vetta d'Italia a Lampedusa. I criteri sono stati applicati sulla base di documentazione tecnico-scientifica omogenea su tutto il territorio nazionale, a scala nazionale. E che cosa hanno portato? Non hanno portato all'individuazione di aree potenzialmente idonee; hanno portato all'esclusione di tutte quelle aree che non rispettano anche solo uno dei criteri di esclusione.
Da questo che cosa è scaturito? È scaturito che noi, applicando questi criteri, abbiamo eliminato il 99,8% circa del territorio nazionale. Questo che cosa significa? Significa che quel poco territorio nazionale che è rimasto è comunque molto più grande di quello che occorre per fare il deposito nazionale. Poi vedremo in dettaglio quali sono le superfici che occorrono, in effetti, per il deposito nazionale. Pertanto, sono risultate per esclusione di tutte le altre, alcune aree potenzialmente idonee: le sessantasette aree che abbiamo visto pubblicate e di cui adesso parleremo.
Su queste sessantasette aree, ma soprattutto sulle aree che risulteranno dopo la consultazione pubblica e che saranno oggetto della CNAI, saranno poi applicati i criteri sulle aree che hanno manifestato interesse e saranno applicati i criteri di approfondimento.
Tuttavia, è importante dire che la consultazione pubblica e il seminario nazionale sono proprio i luoghi deputati per andare a individuare eventuali motivi di approfondimento già ora sulle aree e procedere già ora a degli approfondimenti e all'applicazione dei criteri di approfondimento per zone dove si debba andare a valutare alcuni fattori a scala molto più di dettaglio in quella che è stata la scala nazionale che ha portato alla massiccia esclusione di aree.
Andando avanti, nella slide che vedete compare l'elenco dei criteri di esclusione. Invito, comunque, a leggere e a prendere possesso, anche tecnico, della Guida tecnica 29, che è a disposizione sul sito SOGIN, ma anche sul sito di ISPRA e di ISI, perché leggendo i testi dei criteri si vede proprio che questi criteri sono elementi che vanno a definire dei parametri di carattere generale su tutto il territorio, che già a grande scala vanno a escludere porzioni molto importanti del territorio. Sono quindici, però basta che un solo di questi non sia rispettato e la zona viene esclusa.
È altrettanto vero che, andando ad approfondire, possono sorgere motivi per i quali andare a scoprire degli elementi che possono non solo rimodulare i perimetri di queste aree, ma anche rimodularne l'esclusione o l'idoneità.
Comunque, il rispetto di tutti questi criteri che cosa garantisce? Il rispetto di tutti questi criteri garantisce che quella porzione territoriale è idonea dal punto di vista della sicurezza per l'allocazione di un deposito nazionale come quello che si va a progettare.
Ora vi mostro l'immagine che illustra l'Italia delle aree potenzialmente idonee. In Piemonte ci sono otto aree potenzialmente idonee. Tra Lazio e Toscana ce ne sono ventiquattro, in particolare ventidue nel Lazio e due in Toscana. A ridosso del confine amministrativo regionale tra la Basilicata e la Puglia ci sono diciassette aree. In Sicilia ci sono quattro aree e in Sardegna quattordici.
Non è un caso che ci siano questi raggruppamenti. I raggruppamenti non sono raggruppamenti che sono stati fatti, non sono raggruppamenti che sono stati applicati. I raggruppamenti sono dei risultati, nel senso che il rispetto dell'applicazione di tutti i quindici questi criteri di esclusione va a identificare delle aree che hanno una loro omogeneità. Se, infatti, un'area rispetta quindici rigorosi criteri di dettaglio territoriale, come quelli indicati da Guida tecnica 29, significa che ha un'omogeneità territoriale.
Di conseguenza, le aree di fatto vanno ad allocarsi in insiemi territoriali che rispondono all'omogeneità indicata dal rispetto dei quindici criteri. E sono sessantasette aree. Ma non finisce qua.
Il decreto legislativo 31/2010 prescrive, oltre all'individuazione delle aree potenzialmente idonee, che garantiscano in modo irrevocabile inequivocabile e soprattutto in modo omogeneo la sicurezza per quanto attiene l'individuazione del deposito nazionale, sia fatto anche un primo ordine d'idoneità.
Che cos'è l'ordine d'idoneità? L'ordine d'idoneità, già in questa fase iniziale, va ad anticipare, secondo alcuni criteri di approfondimento specifici, le valenze del territorio, quindi, a parità d'idoneità dal punto di vista della sicurezza ci sono considerazioni dal punto di vista dell'efficienza logistica, dell'efficienza infrastrutturale, ma anche dal punto di vista di alcune valenze del territorio. Le aree potenzialmente idonee, ripeto, sono garantite dal punto di vista della sicurezza e vengono suddivise in quattro classi o, meglio ancora, in tre classi di cui una con due sottoclassi.
Vedendo queste classi, si verifica subito come incidono le caratteristiche di efficienza logistica e infrastrutturale.
Partiamo dal basso: ci sono aree in zona sismica 2, classe C. Questo criterio, applicato nell'ambito dell'ordine d'idoneità, è un criterio amministrativo che si è aggiunto successivamente all'emanazione della Guida tecnica 29. È un criterio aggiunto proprio dal Ministero dello Sviluppo Economico, che ultimamente ha ritenuto importante e opportuno andare a identificare quelle aree che, sì, sono potenzialmente idonee, perch rispettano la Guida tecnica 29, ma che, amministrativamente parlando, sono in aree con zona sismica 2.
Sappiamo bene che le aree in zona sismica 2 sono aree dove vigono normative tecniche di costruzione ben precise, con alcuni requisiti per le costruzioni che, in fase di progetto, vengono applicati. Sicuramente consistono in una complessità superiore, quindi in una complessità progettuale superiore. Queste aree, quindi, sono in classe C.
Poi ci sono le aree insulari. Le aree insulari hanno di mezzo il mare essendo isole. Pertanto, fatto salvo che i trasporti marittimi di materiale nucleare sono trasporti che si fanno normalmente, la difficoltà logistica è decisamente gravosa, perché per trasportare i rifiuti radioattivi su un'isola, occorre infrastrutturare i porti di partenza, occorre infrastrutturare i porti di arrivo e poi, una volta arrivati, c'è sempre comunque la logistica di arrivo al deposito.
Inoltre, sebbene si facciano normalmente, i trasporti via mare presuppongono anche l'utilizzo di natanti particolari e via discorrendo.
Pertanto, le classi insulari sono caratterizzate in quest'ordine d'idoneità, fermo restando la potenzialità, in quanto a sicurezza, essendo caratterizzate da difficoltà logistiche e infrastrutturali non indifferenti nella realizzazione e poi anche nell'esercizio del deposito.
Poi ci sono le aree continentali, molto buone e buone.
Le aree continentali molto buone e buone, che sono suddivise in classe 1 e in classe 2, sono quei raggruppamenti di aree che, oltre ad avere la potenzialità, dal punto di vista della sicurezza, andando a verificare caratteristiche logistiche e infrastrutturali, vedono delle valenze ben precise e molto efficienti.
Detto questo, noi abbiamo dodici aree molto buone, undici aree buone quindici aree insulari e ventinove aree in classe sismica 2.
Andando a fare un focus sul Piemonte, vediamo che sette delle otto aree potenzialmente idonee individuate in Regione Piemonte sono molto buone e una è buona, per i discorsi che facevamo prima. In particolare, sono stati considerati, nell'ambito di quest'ordine d'idoneità, questi parametri: l'adeguata distanza da linee ferroviarie (che significa che da questi siti le linee ferroviarie sono distanti il giusto, rispetto ai criteri di distanza dalle infrastrutture viarie indicate dalla Guida tecnica 29, ma anche non troppo distanti per essere efficienti in quanto a collegamenti) l'assenza di edifici residenziali, all'interno delle aree potenzialmente idonee (che non significa che all'interno delle aree potenzialmente idonee non ci sono edifici residenziali, ma significa che, all'interno di queste aree, che sono più grandi dell'area che poi occuperà il deposito nazionale preliminarmente è stato verificato che ci sono degli spazi idonei per allocare il layout del deposito nazionale, senza andare a occupare e interessare edifici residenziali numerosi o, comunque, particolari) limitata presenza nel territorio comunale di superfici di pregio a valenza agraria.
Anche qui c'è un discorso da fare: le indagini fatte sono state condotte a livello nazionale. A livello nazionale, i dati raccolti hanno portato a fare delle considerazioni di questo tipo, però tutte queste considerazioni soprattutto l'assenza di edifici residenziali e della limitata presenza nel territorio, di superfici di pregio a valenza agraria, sono proprio temi ed esempi specifici di quegli argomenti che, giustamente, in queste ore e in questi giorni stanno lievitando nell'interesse.
Questi sono - ma non solo questi, ce ne sono tanti altri - argomenti che vengono fatti oggetto dei criteri di approfondimento. Sono proprio questi gli argomenti che, nell'ambito della consultazione pubblica e in passi successivi, verranno approfonditi, di concerto con le amministrazioni locali che si vedono interessate da aree potenzialmente idonee.
Non c'è nulla di definitivo. Non è stato deciso assolutamente niente.
L'unica cosa concreta è che c'è la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee, messa in consultazione pubblica, proprio per confrontarsi e andare ad aggiungere ulteriori motivi di carattere specifico locale, anche a scala catastale, per verificare l'effettiva idoneità di queste aree non nella loro interezza, ma per quella porzione di area potenzialmente idonea e necessaria per fare il deposito nazionale.
Lo stesso discorso vale per la presenza di valenze naturali. Il deposito nazionale qui rappresentato che superficie occupa? Oggi - voglio chiarirlo perché è importante - siamo in presenza di un progetto preliminare, ma non è un progetto preliminare per scelta, al di là del fatto che la legge richiede la preparazione di un progetto preliminare, che abbiamo elaborato.
Tuttavia, un progetto definitivo, in ogni caso, oggi non è possibile stilarlo semplicemente perché non c'è il sito, cioè non si sa dove il deposito nazionale andrà allocato. Non essendoci il sito, va da sé che il progetto definitivo non si può fare. Si può fare, invece, il progetto preliminare, che consta di parecchie decine di tavole e documenti che sono a disposizione di tutti sul sito web insieme alla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee. In questo progetto preliminare vengono definite le metodologie, le metodiche e anche le strutture necessarie al deposito nazionale nonché, soprattutto, i collegamenti funzionali tra queste strutture.
Questo layout che vediamo è il cosiddetto layout concettuale. Non è assolutamente detto, anzi direi che è molto probabile che la planimetria del deposito nazionale non sarà così come vedete. Quel che, invece, è certo è che il deposito nazionale conterrà questo tipo di infrastrutture - che adesso vediamo in dettaglio - collegate funzionalmente tra loro. La distribuzione di queste strutture dipenderà soprattutto dalla morfologia e anche dalla disponibilità ottimale di terreno all'interno delle aree potenzialmente idonee. Non è assolutamente detto, anzi non sarà così, che tutta l'area potenzialmente idonea venga occupata dal deposito nazionale l'area potenzialmente idonea può contenere il deposito allocato in modo opportuno secondo la morfologia, ma anche secondo eventuali presenze che insistono all'interno dell'area potenzialmente idonea.
Soffermiamoci sulla parte di destra della slide. Tutta questa parte occupa 150 ettari distribuiti come si vedrà. Anche sul tipo di distribuzione, per esempio, si può instaurare un contraddittorio, si può instaurare una collaborazione, anche per quanto riguarda la forma della planimetria del deposito. Il tutto, comunque, occupa 150 ettari.
Vediamo bene questi 150 ettari da cosa sono rappresentati. Il quadretto giallo che vediamo sulla destra, pari a quaranta ettari, rappresenta il parco tecnologico. Il parco tecnologico è l'elemento che contraddistingue il deposito nazionale rispetto anche ad altri depositi nazionali europei.
La legge parla proprio non di deposito nazionale, ma di parco tecnologico all'interno del quale c'è anche il deposito.
Al di là della terminologia e andando alla sostanza dei fatti, il parco tecnologico è una struttura dove è programmato che ci siano attività di ricerca e attività che riguardano il decommissioning nucleare.
Il decommissioning nucleare è un'attività generale che vedrà coinvolta l'Europa nei prossimi decenni. Ci sono innumerevoli impianti nucleari in Europa che sono già a fine vita o che stanno andando a fine vita e dovranno essere smantellati. Il decommissioning nucleare è un ambito in pieno sviluppo per i prossimi decenni. Nel sito si farà ricerca per il decommissioning nucleare, tutta ricerca per cui sono previsti finanziamenti, ma ci sarà anche ricerca dal punto di vista ambientale collegata alle valenze del territorio nell'ambito del quale il deposito sarà allocato. Poi ci sarà formazione, ci sarà alta formazione, ci saranno strumenti di collaborazione internazionale, quindi sarà un centro di studio e di ricerca destinato a durare per sempre, a svilupparsi anche oltre l'esercizio del deposito nazionale.
Il Parco tecnologico occupa quaranta ettari, quindi rimangono 110 ettari per il deposito nazionale, ma i rifiuti dove stanno? I rifiuti stanno dove è evidenziato il numero 1 e il numero 2, mentre tutti gli altri impianti sono asserviti al funzionamento del deposito nazionale. Il settore 1 è l'area di smaltimento dei rifiuti radioattivi, ossia quell'area - nella slide successiva vedremo come - dove verranno allocati definitivamente i rifiuti radioattivi a bassa e molto bassa attività. Quest'area occupa dieci ettari, quindi lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività occupa, di fatto, dieci ettari.
Nell'area 2, come vedete, ci sono quattro edifici. L'area 2 è l'area che ospita i quattro edifici per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi ad alta e media attività. Perché "stoccaggio"? Perché lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a media e alta attività avviene in un deposito geologico. Qui come in tutti gli altri paesi europei che hanno stoccaggi e depositi provvisori di rifiuti radioattivi a media e alta attività (gli stoccaggi provvisori sono una ripetizione), sono in attesa di essere poi smaltiti in depositi geologici.
L'area dove ci sono questi quattro edifici occupa circa dieci ettari. Di fatto, dei 150 ettari del deposito nazionale per i quali è stata cercata l'idoneità globale, in realtà questa idoneità di sito è, in senso stretto necessaria per dieci ettari, cioè quelli dedicati allo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività.
Andando verso la conclusione e ritornando al discorso sullo smaltimento come saranno smaltiti questi rifiuti? Questi rifiuti saranno smaltiti con un sistema ingegneristico multibarriera. In realtà è un sistema che siamo andati a migliorare e a efficientare, ma non è una novità, perché è il sistema che i depositi di rifiuti radioattivi esteri in esercizio da parecchie decine di anni hanno già adottato. Sono sistemi monitorati in continuazione e garantiscono risultati eccellenti di contenimento della radioattività che caratterizza i rifiuti radioattivi. C'è, insomma, questo sistema multibarriera: il manufatto (il fusto) è l'elemento che arriverà a deposito.
Dicevamo prima che il deposito non è una discarica: certo che no! Il deposito è un luogo dove arriveranno questi manufatti, anche di forme diverse. In ogni modo, il concetto è che al deposito arriveranno rifiuti radioattivi condizionati, inglobati in malta cementizia e inseriti in contenitori. Questi rifiuti arriveranno al deposito. Al deposito saranno inseriti, a loro volta, in ulteriori contenitori, costruiti direttamente all'interno del deposito. Questi contenitori saranno messi in altri contenitori edificati nel deposito (per un totale di novanta contenitori) e poi, quando il deposito sarà completo ed esaurito, sarà ricoperto di strati terrosi che andranno a minimizzare, se non a eliminare, eventuali infiltrazioni. Comunque sia, nella parte sottostante del deposito sarà sempre in funzione un sistema di monitoraggio degli eventuali rilasci rilasci che, però, progettualmente non sono previsti, perché il deposito è progettato per essere un sistema chiuso.
In queste condizioni, i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività potranno decadere naturalmente, fino a raggiungere livelli paragonabili ai range di variazione della radioattività naturale e, quindi, potranno essere rilasciati privi di vincoli di natura radiologica dopo circa 300 anni durante i quali il monitoraggio sarà incessante.
Questi (e altri simili, nel senso che ce ne sono di altre forme) sono i contenitori cosiddetti "ad alta integrità" all'interno dei quali saranno contenuti (in questi in modo particolare) i rifiuti ad alta attività e alcuni rifiuti particolari a media attività.
Saranno contenuti all'interno di edifici di stoccaggio (che sono quei quattro che vedevamo prima nella pianta). Quei contenitori sono progettati licenziati e qualificati sia per il contenimento di questo tipo di rifiuti radioattivi, sia per il loro trasporto. I contenitori saranno trasportati all'interno del deposito di stoccaggio e dal deposito di stoccaggio, così come sono, saranno ripresi e trasportati al deposito geologico per il loro smaltimento.
La fotografia che vedete nell'occhiello all'interno della slide ritrae un deposito di stoccaggio esistente in Svizzera, a Zwilag. I nostri quattro edifici avranno più o meno lo stesso tipo di forma di quello che vedete.
Sono, di fatto, dei depositi che tengono in sicurezza i contenitori contenitori che - mi preme sottolineare - garantiscono, a loro volta, la sicurezza dei rifiuti che contengono.
Negli Stati Uniti, ad esempio, contenitori ad alta integrità di questo tipo vengono custoditi sui piazzali delle centrali, all'aperto, perch garantiscono, essi stessi, la sicurezza del contenuto. In Europa, invece, è prevalsa la pratica di costruire anche dei depositi ulteriori per contenere questi contenitori. Pertanto, così sarà nel deposito nazionale.



PRESIDENTE

Dottor Chiaravalli, mi scusi se la interrompo, ma la invito a concludere.



CHIARAVALLI Fabio, Direttore Deposito Nazionale Rifiuti Radioattivi

Sto concludendo.
Questa slide mostra l'Europa. Non commento oltre. I pallini colorati sono il contrassegno dei depositi nazionali terminati, in esercizio localizzati, in progettazione e via discorrendo. Non c'è bisogno di ulteriori commenti a questa slide.
Terminiamo proprio con questa immagine. Finora abbiamo fatto vedere dei disegni, dei progetti; qui mostriamo, invece, delle realtà.
Prima parlavamo del termine del nostro deposito di smaltimento, cioè di questa collina multistrato.
La fotografia di sinistra è il deposito di La Manche in Francia, che è terminato e completato da anni, che ha già cominciato l'esercizio di monitoraggio dei tre secoli di cui si diceva prima. E questo è il suo aspetto.
Questi edifici che vedete intorno alla collina sono degli edifici dove sono contenuti impianti per il trattamento dei rifiuti. Potete immaginare visivamente che se questi edifici fossero invece il Parco tecnologico questa potrebbe essere un'immagine di quello che sarà il nostro deposito quando sarà terminato.
Il deposito francese La Manche nell'area dello Champagne Ardenne è quello in esercizio. Considerate che prima parlavamo di 78 mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Questo deposito conterrà un milione di metri cubi di rifiuti radioattivi, mentre La Manche ne contiene mezzo milione.
Sulla destra potete vedere il deposito in esercizio El Cabril. Faccio sempre vedere questa fotografia, perché il deposito El Cabril è molto simile, come elementi costitutivi, al nostro. Come vedete, siccome qui la morfologia del sito è molto tormentata, ecco che quegli elementi costitutivi che dicevamo prima sono distribuiti in modo opportuno per la morfologia.
Per ora è tutto, ma rimaniamo ovviamente a disposizione. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, dottor Chiaravalli.
Lascerei la parola al Direttore del Centro Nazionale Protezione dalle radiazioni e Fisica Computazionale dell'Istituto Superiore di Sanità, il dottor Francesco Bochicchio.
Chiedo cortesemente di rimanere nei tempi prestabiliti di cinque minuti.
Grazie.



BOCHICCHIO Francesco, Direttore Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale

Grazie a lei, saluto tutti e ringrazio per l'invito. Passo subito al punto al fine di stare nei tempi dati.
L'Istituto Superiore di Sanità non ha dei compiti specifici previsti dalla legge, ma è stato comunque coinvolto in alcune attività, più o meno direttamente o indirettamente connesse. Cito, in particolare, lo studio di mortalità - effettuato sulla mortalità nei Comuni che ospitano i nove impianti nucleari italiani citati in precedenza - che è stato pubblicato a gennaio 2015. È uno studio effettuato su richiesta dell'Associazione dei Comuni nucleari al Ministero della Salute, il quale, a sua volta, ha chiesto di svolgerlo all'Istituto Superiore di Sanità.
I risultati di questo studio sono stati presentati nel 2015, nell'ambito della Conferenza Stato-Città, e sono stati anche presentati in alcune assemblee pubbliche, in particolare in Emilia-Romagna. Noi siamo ovviamente sempre disponibili anche a presentarli altrove, su richiesta.
Inoltre, abbiamo dichiarato la nostra disponibilità ad approfondire ulteriormente lo studio ed estenderlo, in particolar modo,anche ai Comuni limitrofi ai nove Comuni che ospitano questi impianti nucleari. Ci stiamo attrezzando per fare queste operazioni in tempi brevi, in modo tale da rispondere a richieste in tal senso. C'è una richieste a che è stata, in qualche modo, anticipata sia dall'Associazione dei Comuni sia dalla Commissione parlamentare sul tema, ma non è ancora ufficialmente arrivata.
Noi comunque siamo disponibili su questo.
Sia in questo studio, che ha prodotto poi un rapporto finale piuttosto lungo e dettagliato - che è disponibile sul sito dell'Istituto - sia in precedenza, quando l'Istituto ha fornito i propri commenti alla Guida tecnica di ISPRA per individuazione dei siti potenzialmente idonei a bassa e media attività, l'Istituto ha espresso una forte raccomandazione affinché il processo di pianificazione del deposito nazionale di rifiuti radioattivi sia accompagnato dalla sanificazione e messa in opera di un sistema di sorveglianza sanitaria.
In particolare, leggo un paio di frasi riportate in questo parere fornito nel 2014 dall'Istituto a ISPRA.
Le frasi sono le seguenti: "Si ritiene, inoltre, che la programmazione e messa in esercizio di un adeguato sistema di sorveglianza sanitaria debba far parte integrante nel processo di pianificazione e realizzazione del deposito in oggetto, ancorché non rappresenti un criterio relativo alla fase di localizzazione del sito. Tale sistema di sorveglianza sarà funzionale alla valutazione dello stato di salute della popolazione circostante, con particolare attenzione a partire dal cosiddetto gruppo critico" - questa è la terminologia utilizzata all'epoca - "in una fase precedente la realizzazione del sito, nelle fasi di costruzione ed esercizio del deposito e nel periodo di controllo istituzionale postchiusura. Tale sorveglianza sanitaria dovrebbe essere realizzata da strutture sanitarie nazionali competenti, in collaborazione con quelle locali e collegarsi e integrarsi con la sorveglianza ambientale che dovrebbe seguire le stesse fasi citate sopra, realizzando in tal modo un monitoraggio integrale del sito".
È evidente da queste frasi che, come Istituto Superiore di Sanità riteniamo molto importante che, accanto agli aspetti tecnico ingegneristici illustrati in precedenza,si dia comunque garanzia alla popolazione italiana che il tutto avvenga senza impatto sulla salute della popolazione. E questo può essere fatto nel modo ottimale, non a posteriori, come in qualche modo siamo stati costretti a fare con quello studio sullo stato di salute dei nove Comuni, che ho citato prima, ma si fa in modo ottimale facendolo per tempo e in parallelo, come ho detto prima alla realizzazione, pianificazione, realizzazione ed esercizio del deposito.
Questa è, in estrema sintesi, l'attività diciamo che l'Istituto ha svolto ed è disponibile a svolgere in connessione con il deposito.
Con questo, ringrazio per l'attenzione.



PRESIDENTE

La ringrazio.
Adesso darei la parola al Direttore dell'Ispettorato Nazionale Sicurezza Nucleare e Radioprotezione, il dottor Maurizio Pernice.



PERNICE Maurizio, Direttore Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione

Buongiorno. Saluto tutti e ringrazio il Presidente del Consiglio Regionale per questa iniziativa, che consente un approfondimento su un tema così delicato.
Voglio rimanere assolutamente nei cinque minuti previsti e vorrei innanzitutto precisare quello che è il nostro ruolo. Il ruolo attribuitoci dalla legge di delegazione comunitaria è quello di autorità di regolazione tecnica nazionale indipendente. Nel caso specifico del deposito nazionale noi siamo chiamati, cosa che abbiamo fatto, a validare sotto il profilo della metodologia e sotto il profilo dei criteri la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee.
Com'è stato detto, i criteri sono quelli della Guida tecnica 29.
Si tratta dei criteri di esclusione che hanno portato a individuare le aree che, sotto il profilo delle caratteristiche geologiche, idrogeologiche naturalistiche e antropiche, quindi sotto un profilo esclusivamente oggettivo, hanno le caratteristiche d'idoneità per una potenziale collocazione del deposito nazionale; potenziale, perché poi occorrono altre valutazioni e ulteriori approfondimenti per la scelta del sito.
Come è stato correttamente evidenziato, queste sono aree "potenzialmente" idonee;ciò significa che oggi non c'è nessun vincolo e non è stata presa nessuna decisione definitiva. Tuttavia, la CNAPI è un elemento importante e indispensabile per qualsiasi discussione anche di natura politica:questo passaggio procedimentale che si è concluso con un elenco delle aree individuate secondo criteri oggettivi, validati a livello internazionale dalla AIEA, è una base indispensabile di discussione e di confronto per individuare l'area idonea per ospitare il deposito nazionale.
La localizzazione e realizzazione del deposito ha anche importanti riflessi di natura economica e di sicurezza. Nella relazione annuale al Parlamento del 2020, abbiamo evidenziato come il ritardo nella costruzione e nell'esercizio di tale struttura comporti oneri continui perché rende necessario realizzare nuovi depositi temporanei presso i siti dove attualmente sono stoccati i rifiuti radioattivi, nonché effettuare continui interventi di adeguamento, miglioramento ed efficientamento dei depositi temporanei già esistenti per mantenere un elevato livello di sicurezza nello stoccaggio di questi rifiuti. Sono tutti i costi che una rapida realizzazione del deposito nazionale consentirebbe di risparmiare,liberando risorse da utilizzare in altro modo, anche più vantaggioso per l'interesse pubblico.
Vorrei fare una breve riflessione anche sui tempi e sui contenuti della partecipazione.
E' stato sottolineato che i tempi della partecipazione previsti dalla legge sono insufficienti; questa opinione non può che essere condivisa.
Il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della CNAPI previsto per consentire agli interessati di presentare osservazioni può essere a malapena sufficiente per soggetti che sono organizzati con una struttura professionale idonea a studiare, elaborare o approfondirei documenti pubblicati da SOGIN.
Ma se non ricorrono questi presupposti, sessanta giorni per un argomento e una materia così delicati e complessi sono sicuramente pochi; tanto è vero che tutte le parti politichehanno espresso l'intenzione di intervenire con legge per prorogare questi termini.
In ogni casoil termine di sessanta giorni non è perentorio ma ordinatorio in quanto la sua inosservanza non è sanzionata con la decadenza dalla possibilità di presentare osservazioni, e, oltretutto, il termine ultimo entro il quale la SOGIN deve acquisire anche queste osservazioni per predisporre la Carta delle aree idonee è di trenta giorni dalla conclusione del seminario.
In definitiva, pur sottolineando l'importanza di una norma che elimini in radice ogni incertezza, ritengo che già in base alle disposizioni vigenti le osservazioni possono essere presentate oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione della CNAPI ed entro il termine di conclusione del Seminario.
In tal modo, oltretutto, si garantisce sul piano sostanziale l'effettiva partecipazione al procedimento dei soggetti interessati, che ho sempre ritenuto, nel corso di tutta la mia esperienza amministrativa, un elemento fondamentale per far emergere tutti gli interessi coinvolti e trovare il punto di equilibrio più soddisfacente nell'interesse pubblico generale.
L'effettiva partecipazione di tutti i soggetti coinvolti permette di individuare la soluzione più corretta possibile, perché consente di valutare tutti i vari interessi che si confrontano rispetto all'interesse pubblico generale primario da conseguire.
Interessi che non comporteranno solo valutazioni tecniche, proprie dell'autorità di regolazione, ma anche valutazioni discrezionali più generali rimesse alle autorità di amministrazione attiva e politiche.
Un'ultima riflessione meritano le questioni che attengono ai profili di sicurezza sanitaria conseguenti alla localizzazione, realizzazione e esercizio del deposito nazionale.
La sicurezza del deposito è data da tre elementi: il primo è l'idoneità del sito, sotto il profilo geologico, idrogeologico, antropico e naturalistico il secondo riguarda la struttura, cioè come verrà realizzato il deposito sotto il profilo ingegneristico; e il terzo attiene alle modalità di conferimento e gestione dei rifiuti nel deposito.
Per quanto riguarda le modalità realizzative e strutturali del deposito stiamo predisponendo, in linea con gli standard tecnologici più avanzati a livello internazionale, una guida tecnica specifica.
La gestione dei rifiuti in sicurezza è oggetto della Guida Tecnica 30, già adottata dallo scorso anno, mentre il conferimento e la gestione dei rifiuti nel deposito nazionale è oggetto di un'altra specifica guida tecnica in corso di elaborazione.
Infine, una volta localizzata l'area dove localizzare il parco tecnologico sarà svolta una specifica indagine sanitaria nell'ambito della procedura di approvazione e autorizzazione ambientale integrata. Infatti, in sede di istruttoria per l'autorizzazione ambientale integrata dovrà essere acquisito il parere della valutazione d'impatto ambientale che comprende anche una valutazione di impatto sanitario.
Nell'ambito della valutazione d'impatto ambientale saranno, pertanto approfonditi tutti gli aspetti,anche di natura sanitaria, con riferimento ai necessari requisiti di monitoraggio e misure da adottare a tutela della salute.
Il procedimento attuale è molto articolato e noi, come autorità terza presteremo la massima attenzione per garantire gli elementi di sicurezza.
Spero di essere rimasto nei termini che mi avete dato e di essere stato sufficientemente chiaro, seppur nella necessaria esigenza di sintesi.
Ovviamente, sono a completa disposizione per qualsiasi contributo che venisse richiesto all'ente che rappresento.
Vi ringrazio per l'attenzione e il tempo che mi avete concesso.
In particolare, ringrazio ancora il Presidente e tutto il Consiglio Regionale per l'iniziativa.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Poiché me l'ha chiesto, no, non è rimasto assolutamente nei termini, perch erano cinque minuti e siamo arrivati a dodici. Abbiamo sforato enormemente però mi dispiaceva toglierle la parola, come anche ad altri, però chiedo a tutti di rimanere nei tempi prestabiliti, cercando di relazionare il più possibile, per dare contezza a tutti i Consiglieri e ai commissari presenti di individuare e capire quale potrebbe essere il percorso da svolgere nelle prossime sedute.
Nel frattempo, ringrazio per la presenza anche la deputata Francesca Bonomo, che saluto.
Do la parola al Vicerettore del Politecnico di Torino, il professor Roberto Zanino.



ZANINO Roberto, Vicerettore Politecnico di Torino

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutte e a tutti.
Il Rettore del Politecnico di Torino, professor Guido Saracco, mi ha incaricato di rappresentare l'Ateneo nell'occasione di questo Consiglio regionale aperto.
Sono Roberto Zanino, professore di impianti nucleari e Vicerettore per le relazioni europee presso il nostro Politecnico.
La fase di consultazione attuale e il seminario nazionale che la seguirà ci pare che costituiscano una grande opportunità per il coinvolgimento della popolazione e dei territori in un processo che ci auguriamo porti a una decisione il più possibile trasparente, informata e condivisa.
Il tema è sicuramente delicato, ma anche non ulteriormente procrastinabile.
L'Italia ha infatti, su questo fronte, una procedura d'infrazione aperta con l'Unione Europea per non avere ancora recepito una direttiva di dieci anni fa, che le imponeva di adottare un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi.
Com'è già stato ricordato, tali rifiuti non arrivano solo dal nucleare di potenza dismesso, ma anche, in larga parte, da applicazioni medicali industriali e di ricerca fondamentali per la nostra società. Rifiuti che come tali, continuano a venire prodotti. La Norvegia, ad esempio, non ha un programma nucleare civile, ma ha il deposito.
L'obiettivo del deposito, che ovviamente sarà da progettare, realizzare e gestire sotto la rigida supervisione delle autorità di controllo nazionale e internazionale, è in effetti, la riduzione del rischio collettivo nel lungo termine. Questo tema, giustamente, come stiamo vedendo oggi e anche in occasioni precedenti, interessa molto ai piemontesi, considerata la presenza sul territorio della nostra regione della maggior parte dei rifiuti italiani in termini di attività, come ci ha ricordato il dottor Chiaravalli, nonché la presenza di diverse aree piemontesi nella CNAPI. A quest'obiettivo primario se ne affianca un altro importante, la realizzazione di un parco tecnologico che sarà dedicato allo studio, alla ricerca e all'alta formazione.
Il Politecnico di Torino vuole mettersi a disposizione dei territori e degli attori coinvolti nella discussione sul deposito, offrendo competenze che coprono molti degli ambiti tecnici più rilevanti, sia per gli aspetti strettamente legati all'ingegneria nucleare sia in altri campi fortemente coinvolti, quali quelli dell'ingegneria dell'ambiente dell'ingegneriacivile, dell'ingegneria meccanica e altri ancora.
Riteniamo che il nostro Ateneo possa, inoltre, farsi da tramite verso ulteriori competenze tecnico-scientifiche a livello nazionale, come rappresentate ad esempio dalle Università che fanno parte del Consorzio CIRTEN, ma anche internazionale. Questo, sempre ai fini di una corretta informazione e comunicazione, come già fatto in occasione dell'evento che organizzammo due anni fa sullo stato del progetto del deposito nazionale di cui stiamo parlando oggi.
Detto questo, ringrazio tutti e spero anch'io di essere stato nei termini.
Confermo la nostra disponibilità a proseguire questa discussione nelle sedi che saranno ritenute più opportune.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, professor Zanino.
La parola al Rettore dell'Università del Piemonte Orientale, il dottor Giancarlo Avanzi.



AVANZI Giancarlo, Rettore Università Piemonte Orientale

Buongiorno a tutti.
Grazie per l'opportunità che date all'Università del Piemonte Orientale che rappresento, per esprimere un'opinione su questo importantissimo passo che sta compiendo la nostra Nazione nell'individuazione di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Ho ascoltato i discorsi che mi hanno preceduto, sono convinto che in Italia ci siano la sicurezza e le competenze adeguate per costruire un deposito che abbia tutte le caratteristiche di salvaguardia della salute e dell'ambiente. Sono inoltre persuaso che questo deposito debba assolutamente essere costruito. Sulla sede lascio decidere alla politica ma, da quello che si è appena detto, ritengo sia possibile che il Piemonte possa rientrare nelle ipotesi di diventare luogo di edificazione di questo deposito.
Ritengo che le Università debbano mettersi, come ha già detto il Prorettore vicario del Politecnico, a disposizione delle istituzioni per collaborare alla realizzazione di questo progetto. Progetto che prevede non soltanto lo stoccaggio e lo smaltimento di questi rifiuti, ma anche un centro tecnologico e di ricerca. Questo aspetto è molto rilevante poiché il centro potrebbe generare, secondo me, un volano d'iniziative e di occupazione.
Aggiungo che un nuovo sito di ricerca non guasterebbe a una regione come la nostra.
Non voglio anticipare le disposizioni che dovranno essere prese ma ritengo che una scelta sul dove fare il sito e, soprattutto, sul farlo abbastanza in fretta, debba essere fatta.
Sulla base di quello che mi è stato riferito da alcuni professori di fisica del nostro Ateneo che si occupano di queste tematiche, in Italia ci sono parecchi depositi, sparsi per tutto il territorio, compreso quello piemontese. Visto che ci sono già dei depositi, si potrebbe semplicemente trasformare uno di questi in quello nazionale, al pari degli altri paesi.
Aggiungo che, dai dati che mi sono stati riferiti, la quantità di rifiuti radioattivi italiana è relativamente scarsa rispetto a quella degli altri paesi europei. Si ritiene ci sia bisogno di circa 75 mila metri cubi di deposito, mentre mi risulta che, attualmente, più di un milione di metri cubi siano necessari alla Francia e quasi altrettanti alla Spagna. Siam oquindi fortunati da questo punto di vista.
Il nostro Ateneo ha le competenze in questo campo peculiare della fisica ospitiamo parecchi studiosi che si occupano del delicato tema della protezione dalle radiazioni ionizzanti, quindi anche l'Università del Piemonte Orientale offre tutta la collaborazione possibile.
Grazie e buon lavoro a tutti.



PRESIDENTE

Grazie, professor Avanzi.
La parola alla dottoressa Paola Quaglino, Direttore tecnico ARPA Piemonte in sostituzione del dottor Angelo Robotto.



QUAGLINO Paola, Direttore tecnico ARPA Piemonte

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.
Condivido una presentazione e cercherò di mantenere i tempi.
L'ARPA, come ente tecnico della Regione, svolge attività di controllo, di supporto e di consulenza tecnico-scientifica a supporto degli Enti e, in quest'attività - attività prettamente tecnica - realizza e produce informazione ambientale sicuramente utile per le valutazioni che devono essere fatte in quest'ambito.
In particolare, la legge 132/2016 prevede che i dati prodotti dal sistema delle Agenzie di protezione ambientale costituiscano un riferimento tecnico ufficiale da utilizzare ai fini delle attività di competenza della Pubblica Amministrazione.
In quest'ambito, abbiamo fatto alcune preliminari valutazioni su quelle che possono essere le informazioni che sono a disposizione dell'Agenzia (perch prodotte nel corso delle attività lavorative dell'Agenzia) e che possono essere utili nelle valutazioni del percorso in atto per l'individuazione del sito di deposito.
A partire dai criteri di esclusione e dai criteri di approfondimento, sui quali si è già ampiamente discusso, e dalla valutazione del loro significato, abbiamo evidenziato le tipologie di dati che sono a disposizione dell'Agenzia.
Intanto l'Agenzia Regionale di Protezione Ambientale (ARPA), tra le altre attività di monitoraggio, esegue specifiche attività di monitoraggio della radioattività ambientale. Partecipa alla Rete RESORAD, che è una rete di livello nazionale, istituita dopo l'evento di Chernobyl, per intensificare i controlli di radioattività sul territorio. È una rete nazionale di sorveglianza della radioattività ambientale e consiste in un insieme di strutture, istituti ed enti che sono attrezzati con dei laboratori in grado di effettuare analisi specifiche con determinazioni radiometriche in matrici sia ambientali sia alimentari.
Inoltre, ARPA Piemonte gestisce una rete regionale di monitoraggio della radioattività che produce dati da moltissimo tempo - abbiamo serie storiche che hanno più di trent'anni - e questo ci consente di realizzare delle condizioni nelle quali siamo in grado di evidenziare anche minime anomalie nelle concentrazioni di radionuclidi che vengono rilevati e, quindi, di individuare con tempestività i rilasci accidentali che possono conseguire a eventi anomali che avvengono presso i siti nucleari.
Sulla base delle rilevazioni di questi monitoraggi, alcuni segnali di criticità sono stati evidenziati negli anni, in particolare presso il sito nucleare di Saluggia (parliamo, però, di tracce di contaminazione da radionuclidi artificiali nell'acqua di falda superficiale), imputabili, in particolare, a una situazione impiantistica con caratteristiche di vetustà piuttosto significative. Cionondimeno, nei pozzi dell'acquedotto del Monferrato non sono state rilevate tracce di radioisotopi di origine artificiale. Mai.
In quanto alle ulteriori informazioni utili per l'analisi territoriale ARPA dispone diuna serie di banche dati derivanti dalle attività di monitoraggio e di controllo ambientale su cui non mi soffermo (le slide saranno sicuramente a disposizione, se potranno essere d'interesse).
Mi soffermo invece su un altro aspetto, degno di nota per la rilevanza dei possibili rischi, relativo agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, che sono ottanta in Piemonte e che costituiscono l'attività antropica con maggior significatività come impatto complessivo sul territorio. Anche su questi ottanta stabilimenti disponiamo di informazioni molto puntuali, sia a livello di loro georeferenzazione, sia a livello di conoscenza delle sostanze e delle miscele pericolose che sono detenute nonché sugli scenari incidentali ipotizzati.
Da una prima analisi abbiamo valutato, rispetto ai criteri di esclusione e ai criteri di approfondimento, quale disponibilità di dati abbiamo, e quindi come possiamo essere utili nel fornire agli enti competenti le informazioni che possono essere utilizzate nelle valutazioni di competenza.
Rappresentati nella slide che vedete ci sono i dati che riguardano il monitoraggio delle varie matrici ambientali e i dati che riguardano i controlli che vengono eseguiti quotidianamente.
Come dicevo, le slide sono a disposizione, così come siamo a disposizione per ulteriori approfondimenti.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Darei la parola al Presidente di Coldiretti Piemonte, dottor Roberto Moncalvo.



MONCALVO Roberto, Presidente Coldiretti Piemonte

Buongiorno a tutti voi.
Ringrazio il Presidente del Consiglio regionale, Stefano Allasia, per aver organizzato questo Consiglio aperto. Grazie anche per l'attenzione che sta dando anche alle associazioni agricole; attenzione che, ad esempio, non si è vista dal punto di vista delle scelte che, a livello nazionale, sono state poste con l'attuazione del decreto legislativo 31/2010. Perché il settore agricolo e agroalimentare, che costituisce la seconda voce del PIL del nostro Paese, è, anche per lo stesso decreto legislativo, fuori dal processo decisionale, che, non a caso, riguarda due Ministeri, il Ministero dell'Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico.
Credo che questa decisione, figlia di un decreto legislativo di dieci anni fa, sia la conferma di una miopia del sistema Paese rispetto alla centralità dell'agricoltura e dell'agroalimentare non solo per quanto produce in termini economici, ma anche per il ruolo fondamentale in termini di tutela del paesaggio e di valorizzazione del turismo del nostro Paese che sono leve fondamentali del nostro PIL.
Molto rapidamente, credo che noi dobbiamo innanzitutto avere una chiarezza sull'iter. Questa mattina sono stati preziosi gli interventi sia di SOGIN sia di ISIN, da questo punto di vista. È chiaro che i tempi del decreto sono troppo stretti - perché sessanta giorni sono troppo pochi - però è importante, se c'è la volontà da parte del Governo, con tutti i punti interrogativi del caso, visto che non sappiamo se durerà oppure no, che una decisione da questo punto di vista venga presa, cioè che in modo chiaro si allunghino i termini per le osservazioni da parte delle comunità che sono potenzialmente interessate al deposito nazionale.
Questo è un passaggio fondamentale. Non possiamo, da un lato, avere sessanta giorni di tempo e, dall'altro, avere un Ministro dell'Ambiente che su Facebook ci dice che il procedimento durerà almeno quarantaquattro mesi quando, leggendo i documenti che sono stati molto ben presentati da SOGIN si parla di un percorso che, sostanzialmente, durerà un anno per arrivare alla definizione del deposito nazionale.
Pertanto, per quanto ci riguarda è fondamentale che, almeno in questa fase di osservazioni, a tutti gli elementi di sicurezza dell'impianto, che sono giustamente presi in considerazione, si aggiunga in modo forte il criterio per cui è importante evitare di consumare nuovo suolo agricolo. È, quindi ovvio che noi, dal punto di vista tecnico, porteremo avanti questa riflessione che riguarda tutti gli otto siti del Piemonte e agiremo su quest'aspetto del consumo di suolo e anche sull'aspetto tecnico del criterio di approfondimento n. 11, quello delle produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, perché ciò che per noi è importante è stabilire un criterio per cui i territori agricoli, se sono particolarmente vocati, non vengano danneggiati dalla costituzione di nuovi impianti, ma si privilegino, a parità di sicurezza, delle aree che sono già aree non più destinate a un utilizzo agricolo.
Chiudo con una considerazione. Se guardiamo la situazione del Piemonte in ambito nazionale, ma è stato molto ben detto prima di me, il Piemonte sta dando e ha dato molto dal punto di vista dei rifiuti nucleari, visto che siamo la regione che più è compromessa da questo punto di vista. Ci troviamo, nello stesso tempo, a essere una regione che ha moltissimi siti idonei, soprattutto in classe 1.
Pertanto, è quanto mai importante che, oltre dal punto di vista tecnico anche dal punto di vista politico il Piemonte, con una voce unica, possa dire che abbiamo "già dato" a sufficienza e quindi che, a parità di sicurezza, il deposito possa andare in un territorio diverso, pur mantenendo quel criterio di fondo per cui il territorio agricolo vocato come quello piemontese, dev'essere mantenuto dal punto di vista agricolo e non più destinato a impianti di natura diversa.
Chiudo con un appello importante, che va ovviamente a tutti i Consiglieri presenti di maggioranza e di opposizione, agli Assessori e al Presidente Cirio: il Piemonte da questo punto di vista ha "già dato", quindi cerchiamo di rimanere uniti da questo punto di vista, per far sì che il percorso che ci attende da oggi ai prossimi mesi sia un percorso fatto di osservazioni tecniche, ma anche di una volontà politica di portare il deposito nazionale fuori da una regione che ha dato già molto da questo punto di vista.
Grazie ancora a tutti e buon proseguimento.



PRESIDENTE

Grazie.
Darei ora la parola al Presidente di Confagricoltura Piemonte, il dottor Errico Allasia.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA

Buongiorno a tutti. Ringrazio la Regione Piemonte, il Presidente del Consiglio Allasia e il Governatore Cirio per l'invito.
Le considerazioni tecniche per cui Confagricoltura è contraria all'insediamento sul territorio piemontese di nuovi siti di deposito per le scorie nucleari le abbiamo già evidenziate con un succinto documento che abbiamo inviato nelle scorse settimane alla Regione Piemonte. È un documento che chiaramente può essere condiviso e messo a disposizione di tutti, per cercare di arrivare a delle osservazioni tecniche che possano essere utili a tutto il processo.
La domanda che mi pongo è: serve un deposito di scorie nucleari in Piemonte? Probabilmente un deposito nucleare serve; in Piemonte non lo so.
I dati dell'ARPA ci dicono che oggi la quantità di materiale stoccato in Piemonte è l'84% circa di quello presente sul territorio nazionale. Una parte di questo materiale è in riprocessamento presso l'impianto francese di La Manche, come ha detto prima il Direttore della SOGIN. Però è chiaro che noi abbiamo l'84% di scorie nucleari presenti sul nostro territorio.
Se facciamo una domanda di questo tipo a qualsiasi cittadino, non parlo di tecnici, di scienziati o di esperti del settore, ma semplicemente all'operaio, a un lavoratore o a qualsiasi cittadino cui viene chiesto, per un ragionamento di buonsenso, se sia opportuno avere l'84% di scorie sul nostro territorio piemontese, la risposta arriva da sola.
Visto che non ritengo opportuno che sia il Piemonte a pagare per tutti un conto ambientale così pesante, ritengo che sia necessario avere maggiore equità, maggiore corresponsabilità e che, quindi, il Piemonte non debba diventare la pattumiera del Paese di scorie nucleari.
È chiaro che chiediamo un costante dialogo, come associazione, da parte di tutte le categorie, per cercare di individuare un percorso comune che faccia sì che questo processo venga affermato. Non siamo disponibili a trattare, questo è evidente. Lo faremo nel momento in cui anche altre Regioni si saranno prese in carico lo stesso carico di prodotto nucleare come stiamo facendo noi da parecchi anni. Mi pare di aver detto tutto e chiaramente siamo disponibili al dialogo e al colloquio, ma alle condizioni, come abbiamo ripetuto in precedenza, che il Piemonte non sia l'unico a pagare questo conto ambientale.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Do ora la parola al Direttore di ANCE, Associazione Nazionale Costruttori Edili, il dottor Gianluca Poggi.
Non essendo presente, passiamo al successivo intervento.
Ha quindi la parola la Presidente di CARP, Coordinamento Ambientalista Rifiuti Piemonte di Vercelli, la dottoressa Anna Andorno.
Non essendo presente, passiamo al successivo intervento.
Ha pertanto la parola la dottoressa Maria Teresa Roli, Vicepresidente CRP referente pianificazione urbanistica Italia Nostra.



ROLI Maria Teresa, Consiglio direttivo Italia Nostra Sezione di Torino

Ringrazio molto di questa opportunità. Ho seguito con molta attenzione.



(Audio mancante o non comprensibile)



ROLI Maria Teresa, Consiglio direttivo Italia Nostra Sezione di Torino

Trovo che il discorso di portare al territorio la valutazione di merito di questo grosso e indispensabile progetto cui l'Europa ci chiama da dieci anni.



(Audio mancante o non comprensibile)



ROLI Maria Teresa, Consiglio direttivo Italia Nostra Sezione di Torino

Bisogna attenersi alle caratteristiche del nostro territorio non solo da un punto di vista di aree potenzialmente idonee, così com'è stato detto, ma considerandone le valenze di carattere ambientale, il discorso indubbiamente di tutela, per quanto riguarda il patrimonio agricolo ancora residuo nel nostro Paese, e soprattutto, per quanto riguarda la nostra configurazione, quelle che sono le valenze paesaggistiche.
Le valenze paesaggistiche del territorio e di difesa del contesto storico fanno parte, voi sapete, dell'impegno che, come associazione nazionale, ci siamo presi da settantacinque anni.
Riteniamo che, all'interno delle aree potenzialmente idonee del nostro Piemonte, sia assolutamente necessaria una valutazione di conformità alle norme del Piano paesaggistico; Piano, peraltro, in questo momento - scusate se ve lo dico - sotto attacco, di fatto, perché purtroppo anche a livello regionale si sta legiferando in maniera da favorire al massimo la fattibilità edificatoria, a fronte, invece, di una fragilità e di una qualità del nostro territorio che sono messe a rischio.
Pertanto, la nostra richiesta è che quest'attenzione sia mirata, per questi otto requisiti che sono stati individuati, ma non solo per questi otto, certamente, perché non diciamo non più "non nel mio giardino", nel senso che per Italia Nostra il giardino è tutta Italia. Resta il fatto che condivido quanto detto. Negli anni, il Piemonte è stato sotto attacco sotto attacco non solo con quelle che sono improprie localizzazioni (pensiamo, appunto, al discorso Saluggia, alla zona di Trino, eccetera), ma proprio per le potenzialità edificatorie che sono sempre state poco contenute e che in questo momento rischiamo che vengano accelerate proprio nella logica d'incentivare l'edilizia.
Non è questo il discorso a mio avviso che può fare premio anche all'economia. La nostra economia è anche un'economia del bello, della qualità paesaggistica. Pensiamo ai siti UNESCO. Uno degli ambiti individuati, ad esempio Carmagnola, è in prossimità di siti UNESCO. Un impianto del genere andrebbe a ledere un discorso di qualità ambientale. Ma non voglio richiamare il caso singolo, perché questi casi andranno bene analizzati e mi fa molto piacere sapere che ci sarà un domani di consultazioni.
Condivido assolutamente l'intervento del dottor Moncalvo di Coldiretti Piemonte per quanto riguarda il discorso dei tempi stretti per le consultazioni, perché così non c'è lo spazio temporale per un approfondimento e una consultazione allargata. Consideriamo, ad esempio, i tempi stretti in cui le Sovrintendenze sono chiamate molto spesso a esprimersi per quanto riguarda la stessa applicazione del Piano paesaggistico. Vediamo come il discorso della deroga diventi regola vediamo come il discorso di lasciare campo all'intervento privato (che va benissimo, peraltro) diventi dominante, ma sappiamo che l'intervento privato dev'essere sempre guidato, connesso e funzionale al bene pubblico.
Faccio un ultimo passaggio dicendo che abbiamo fatto le nostre osservazioni sulla legge regionale pro COVID e adesso ci apprestiamo a farle sulla legge 123; osservazioni che riprendono in grandi linee queste finalità, purtroppo espansionistiche, d'interventi sul nostro territorio.
Volevo ancora dire alcune cose per quanto riguarda Trino. Avete senz'altro letto quanto la stampa riportava di come il Sindaco di Trino abbia visto il "massacro" di Saluggia, visto il discorso delle interferenze in acqua, di cui prima parlava la referente di ARPA. Il Sindaco di Trino si è detto disponibile a dare il proprio territorio per avere lì l'insediamento del deposito nazionale del Parco tecnologico. Si tratta indubbiamente di una boutade, perché è infattibile.
Lo stesso Trino in questo momento vede ENEL Produzione, ENEL che era stato nel 1999 incaricata dello smantellamento dei siti dell'ex nucleare. Lì abbiamo l'ex sito del nucleare ENEL e adesso arriva questo progetto di centrale a gas e poi di ampliamento del fotovoltaico, che a dire così sembrano tutte belle cose, ma che vanno di nuovo a interferire su un territorio che ha una valenza produttiva di prima qualità, ma che gli stessi gestori del territorio, a fronte di migliori business, rischiano di dismettere e compromettere.
Il patrimonio agricolo e le valenze paesaggistiche sono un'eccellenza del Piemonte, ma rischiamo che vadano perdute.
Mi taccio e ringrazio molto di quest'opportunità. Noi ci saremo, ci sarà la nostra Presidente nazionale, ma, soprattutto, vi chiedo veramente attenzione per tutti i valori del nostro territorio. L'Italia non è come la Francia, non è come la Germania e non è come tanti altri Paesi.



PRESIDENTE

Grazie.
Do la parola al rappresentante delegato di Legambiente, Gianpietro Godio.



GODIO Gianpietro, Rappresentante delegato di Legambiente

Grazie e buongiorno.
Intervengo per Legambiente Piemonte, ma anche per Pro Natura Piemonte, che mi ha delegato allo stesso.
Parto dalla considerazione che, oggi, il Piemonte è il deposito nazionale del materiale radioattivo. Infatti, com'è già stato detto, oltre l'80% dei materiali radioattivi complessivi di tutta Italia si trova qui in Piemonte in quattro siti, che sembrano scelti apposta per essere quelli più pericolosi: Saluggia, Trino, Bosco Marengo e Tortona, e quel poco di radioattivo che non c'è in Piemonte si trova, per la gran parte, a Ispra sulla sponda lombarda del lago Maggiore.
Oggi, se c'è una Regione, fra tutte, che dalla realizzazione del deposito nazionale può trarre solo vantaggi, è proprio il Piemonte. Tuttavia proprio dall'esperienza che la nostra Regione ha vissuto nei decenni passati, cioè essere costretta a sopportare i rischi di una serie di siti nucleari, impropriamente collocati in luoghi per nulla appropriati, ci deve portare a pretendere che il sito per il futuro deposito unico nazionale venga scelto con oculatezza, con oggettività, con trasparenza e con il pieno rispetto dei criteri di esclusione geografici e fisici prefissati dalla Guida tecnica 29 di ISPRA, poi validati a livello internazionale.
Per questo, le associazioni Legambiente e Pro Natura, che qui rappresento si sono già messe a disposizione delle popolazioni che si trovano nei pressi dei siti potenzialmente idonei individuati, per una rigorosa verifica sulla corretta applicazione dei criteri stessi.
Da questa verifica traspare da subito come, nei passaggi successivi della procedura, si dovrà evidenziare, in primo luogo, che molti dei siti potenziali individuati in Piemonte hanno situazioni locali, geografiche e fisiche che ne devono determinare l'esclusione. Faccio degli esempi: Caluso, Mazzè, Rondissone (la famosa area TO1), per la presenza di aree di ricarica delle falde profonde, per la vulnerabilità delle falde superficiali; Carmagnola, il sito TO7, che ha la presenza di un bacino acquifero di grande profondità (una scarsa soggiacenza della falda superficiale); nell'Alessandrino, Quargnento e Castelletto (l'AL8), per presentare ricarica delle falde profonde; anche Sezzadio e Castelnuovo (l'AL13), con la presenza di aree di ricarica delle falde profonde pensiamo a Frugarolo, sito AL2 nell'Alessandrino, inondato nel 2019 dal Rio Lovassina; Novi Ligure, Sezzadio, Castelnuovo e lo stesso AL2 sono collocati sopra un bacino acquifero di grande profondità.
Questi sono aspetti che dovremmo far rilevare, ma, ancora più di tutti questi aspetti, che sono specifici, locali e che la procedura stessa prevede di approfondire e di correggere successivamente, secondo noi il Piemonte può e deve valorizzare il criterio della minimizzazione dei trasporti nucleari verso il futuro deposito nazionale.
Questo perché? È ben vero, com'è stato detto, che il Piemonte ha l'80 della radioattività totale presente in Italia, ma, in termini di volumi da dover trasportare al futuro deposito, ne ha solo il 18%. Se si valuta qual è la posizione del deposito nazionale migliore, dal punto di vista della minimizzazione dei trasporti e dei rischi associati a questi trasporti, si devono scartare, com'è già stato proposto, i siti che risiedono nelle isole, perché richiedono un trasporto via mare, ma bisogna anche cercare la posizione più baricentrica, la più centrale rispetto a tutti i luoghi che oggi hanno materiali radioattivi.
Questa posizione centrale e baricentrica non sarà certo vicino al Piemonte che oggi ha solo il 18% dei materiali radioattivi da inviare al deposito.
Non sarà certamente Carmagnola, Caluso e neanche la zona di Alessandria.
Questo criterio di minimizzazione dei trasporti verso il deposito nazionale è stato, per ora, applicato da SOGIN senza, arbitrariamente, dargli la dovuta priorità, secondo noi.
La stessa SOGIN, nella propria pubblicazione, tra i numerosi materiali di tutto il progetto pubblicato, a pagina 4 della pubblicazione 226, dice testualmente: "Si ribadisce che l'ordine di idoneità formulato per le aree potenzialmente idonee della CNAPI costituisce una proposta che viene sottoposta a consultazione pubblica e che potrà essere utilmente discussa ed eventualmente modificata, in sede di seminario nazionale".
Questi criteri aggiuntivi, di maggiore o minore idoneità, che non sono quelli che ISPRA ha pubblicato fin dal 2014 nella propria Guida tecnica 29 e che noi riteniamo condivisibili, sono criteri aggiunti da SOGIN, di cui nessuno aveva mai parlato, sui quali il Piemonte ha tutto il diritto a discutere e su cui dovrà discutere.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Do la parola al Presidente di ANCI Piemonte, Mauro Barisone.



BARISONE Mauro, Presidente ANCI Piemonte

Buongiorno, Presidente.
Un saluto a tutti e ringrazio la Regione per darci quest'opportunità come ANCI, che rappresentiamo una buona parte dei Comuni piemontesi associati di partecipare a questa discussione.
Sarò velocissimo elencando pochi punti, anche se sono tante le aspettative da parte dei nostri Sindaci, che dopo replicheranno, com'è giusto e credono di dover fare.
Quello che ha detto il Presidente Cirio riassume molto la condizione in cui i nostri Sindaci vedono la situazione. Siamo rimasti sorpresi che, per rispetto delle autorità che governano, i Sindaci e, di conseguenza, anche i cittadini, non siano stati contemplati in una decisione, seppure ancora molto prematura, ma che sicuramente ha delle conclusioni che saranno obiettivamente, forse, obbligatorie.
Questo tipo di forma, come già altre volte era capitato, di rispetto delle istituzioni, è venuto un po' a mancare e questo nutre da parte nostra un po' di risentimento. Necessità e opportunità sono le parole usate per costruire questo nuovo tipo di rapporto da un punto di vista dei rifiuti nucleari. Le problematiche, però, sono tante e il Piemonte è un territorio coinvolto già da quanti anni in questa situazione. Questo è un merito da parte nostra, ma anche un sacrificio che abbiamo fatto in passato. Questo non vuol dire che non dobbiamo partecipare a una richiesta nazionale su cui sia l'Università, che ho ascoltato molto attentamente, sia tutti gli altri partecipanti hanno manifestato come necessaria sia dal punto di vista degli impegni europei per le eventuali infrazioni, sia anche dal punto di vista di altri enti che oggi hanno partecipato e che abbiamo ascoltato.
Prendiamo atto che l'Italia ha bisogno almeno di un sito di stoccaggio nazionale che dev'essere identificato. Francia, Spagna, Germania ne hanno anche di più. Questo, però, non escludo il fatto che ci sia bisogno di tempi di valutazione non stringenti. Tempi di valutazione stringenti non permettono di fare una valutazione obiettiva e approfondita, soprattutto coinvolgendo i territori interessati che potrebbero anche prendere in considerazione queste cose, ma sempre con le debite responsabilità.
È importante che siano fornite, in tutti i sensi e in qualsiasi maniera garanzie e parametri di realizzazione. Stamattina ho sentito parlare i rappresentanti di SOGIN e di altre società. Ci sono molti motivi per dire che dietro c'è un lavoro approfondito, ma in questo caso dev'essere ancora più accurato, così come sono fondamentali la sorveglianza e il controllo.
Qualcuno ha esordito parlando di ambientalismo, altri hanno sottolineato l'agricoltura, altri hanno sottolineato il turismo. Tutte queste cose vanno considerate nel rispetto anche dei Sindaci che devono fare delle scelte e che devono operare. Non lo dico soltanto a livello regionale, ma anche a livello nazionale. I siti di stoccaggio sono molti e ce l'hanno tutti, ma noi chiediamo di essere considerati in questa scelta, in maniera adeguata soprattutto a vantaggio dei cittadini e al netto di tutto quello che il Presidente Cirio ha rilevato. Dietro a scelte di questo tipo ci sono molteplici interessi, che possono essere quelle delle aziende, delle società e quant'altro, ma soprattutto quelle dei cittadini che hanno investito e hanno cercato di mettere in piedi qualcosa che potesse rappresentare il loro futuro.
Cerchiamo, se non vogliamo dare retta alle forme, almeno di usare il rispetto nella scelta di queste soluzioni.
Ringrazio ancora moltissimo e buona giornata.



PRESIDENTE

Grazie, dottor Barisone.
La parola al dottor Valerio Grosso, componente dell'Ufficio di Presidenza dell'ANPCI.



GROSSO Valerio, Rappresentante Ufficio di Presidenza ANPCI

Inizierei assolutamente sposando le parole del Presidente Cirio in merito al coinvolgimento dei Comuni, che è venuto a mancare fin dall'inizio e che di conseguenza, ha creato delle ansie ai piccoli Comuni che noi rappresentiamo in qualità di Associazione Nazionale dei Piccoli Comuni d'Italia; ansie che si sono tradotte in una serie di rapide azioni per cercare, innanzitutto, di capire di che cosa si trattava. I nostri amministratori non sono contrari a priori, ma quando determinate decisioni vengono calate dall'alto, chiedono almeno di essere informati e di comprendere di che cosa si tratta.
Sicuramente quello che è stato sottolineato da molti amministratori locali è che non era il periodo propizio per tirare fuori una questione così importante come quella del deposito nazionale. Siamo ancora in piena lotta al COVID, le amministrazioni locali sono in prima linea, soprattutto i Sindaci dei piccoli Comuni, nella cura dei propri cittadini, nel contrasto dell'epidemia, in quella che è l'emergenza economica che è e che sarà. Di conseguenza, le amministrazioni locali sono già messe fortemente sotto pressione. Questo ci tengo a dirlo, perché è un elemento che è stato ribadito dai nostri Sindaci.
Appena appreso della notizia, come ANPCI abbiamo chiesto immediatamente un incontro con il Governo e il Ministro Patuanelli ci ha concesso un'udienza in quarantotto ore. Uno degli elementi emersi è la massima disponibilità da parte del Governo, a concedere tutti i termini necessari per presentare le osservazioni utili al dibattito. Adesso ci aspettiamo dal Governo che questa promessa sia mantenuta. Sia mantenuta perché i siti individuati - a questo punto, caliamoci nel contesto regionale - sono molto particolari.
I Sindaci hanno soprattutto rilevato il fatto che sono siti molto vicini alle comunità stesse, quindi in luoghi fortemente antropizzati. Sono siti di particolare pregio. Pensiamo, ad esempio, al sito di Carmagnola, che è in una zona dove ci sono produzioni agricole di pregio; pensiamo a quello nella zona di Caluso, a quelli dell'Alessandrino in una zona famosa in tutto il mondo che è il Monferrato, insieme alle Langhe e al Roero.
Abbiamo la necessità di far comprendere allo Stato quanto queste zone siano importanti dal punto di vista culturale, agricolo, produttive e turistico importanti per il Piemonte e non solo per le zone stesse, sulle quali si punta tantissimo per il rilancio.
Va detto che in questi anni su queste zone si è lavorato tantissimo per creare delle economie alternative a quelle industriali. E adesso, portare un sito del genere e scompaginare il tessuto che si è venuto a formare, è un elemento che va assolutamente contestato. Quest'aspetto va considerato.
Abbiamo bisogno del tempo necessario per produrre tutte le osservazioni che serviranno. Anzitutto, concentriamoci su un rinvio dei termini, che siano ovviamente termini certi. Perché tutti siamo d'accordo sul fatto che il deposito vada fatto. Ma il deposito va fatto soprattutto per il Piemonte perché oggi il Piemonte ospita dei siti temporanei, e ne ospita parecchi! Siti che hanno bisogno di una soluzione.
Inoltre, vanno garantite tutte le certezze del caso, soprattutto le ricadute in termini economici e sociali della presenza di un deposito.
Io credo che i piemontesi siano delle persone assolutamente disponibili nei confronti dello Stato: l'abbiamo sempre dimostrato nel corso della storia.
Faremo la nostra parte anche in questa partita e ci daremo disponibili anche in questo caso, a discutere di un'ipotesi. Ma si parla di un deposito nazionale, per cui, così come siamo disponibili noi piemontesi, lo devono essere tutti gli italiani.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Se è collegata la dottoressa Luisa Memore, Presidente dell'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente.
Prego, può intervenire.



MEMORE Luisa, Presidente ISDE Piemonte

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.
Preciso che non sono Presidente di ISDE Italia, ma di ISDE Piemonte, quindi solo della sezione piemontese. Ritenevo opportuno specificarlo.
Il mio sarà un breve intervento, in quanto Medici per l'Ambiente è assolutamente favorevole al fatto che si dia una soluzione ambientalmente sostenibile e sicura ai rifiuti nucleari che attualmente, come già detto da più parti, sono temporaneamente stoccati in siti che non sono idonei a tenerli per il lungo periodo che necessitano.
A questo proposito, notiamo che il deposito futuro è ideato per ospitarli per quarant'anni e poi per continuare a custodirli. In teoria, poi non dovrebbe più accettarne altri. Magari potrebbe essere anche utile prevedere sin d'ora che cosa fare nel prossimo futuro, giusto per non rifare la stessa procedura faticosissima che stiamo eseguendo ora (che, peraltro, è già lunga di per sé e crea tanti problemi!), fra trent'anni, quando si comincerà a pensare a che cosa fare perché non sapremo dove metterli.
Vi è un'ultima cosa che vorrei suggerire: se, per caso, al termine di tutte le doverose consultazioni che da qui inizieranno, il sito definitivo dovrà essere in sede piemontese, non sarebbe male cercare di ottenerne in controparte una concomitante bonifica definitiva di uno dei tanti SIN che insistono sul territorio piemontese e che attendono di essere completamente bonificati. Magari, a seguito di questa bonifica, si potrà restituire al territorio una zona liberata da problematiche ambientali e riconsegnarla alla vocazione anche agricola, possibilmente senza l'uso di biocidi che poi creano anche problemi di salute.
Grazie mille e scusatemi per l'inconveniente di prima.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Darei la parola alla rappresentante di Legautonomie, dottoressa Incoronata Coppola, che è anche Sindaco di Caramagna.
Non risulta essere in collegamento, perciò passerei al successivo oratore.
Lascio la parola a Passuello Gian Matteo, Vicepresidente di UNCEM Piemonte.



PASSUELLO Gian Matteo, Vicepresidente UNCEM Piemonte

Buongiorno e grazie dell'opportunità che viene data anche a UNCEM Piemonte di partecipare a questa discussione; discussione assolutamente importante perché la Regione, nel momento in cui è stata investita da questa problematica, si è immediatamente attivata per porre sul tappeto la necessità di fare dei profondi ragionamenti al riguardo.
Per quanto concerne UNCEM, che rappresenta fondamentalmente le comunità montane e gli enti montani, abbiamo visto che non ci sono territori probabilmente interessati per il deposito, ma non possiamo sicuramente sottrarci - perché abbiamo anche Comuni che sono non necessariamente montani - dall'importanza di quanto il Presidente Cirio ha detto circa il massimo coinvolgimento possibile dei territori per quanto riguarda questa scelta.
Dobbiamo riscontrare e dircelo in modo chiaro che il Piemonte ha una vecchia tradizione in termini di cultura del nucleare - se così si pu definire - che la pone fra le prime Regioni a essere stata coinvolta nel momento in cui si è costruita la centrale di Trino e tutto quello che poi è nato attorno a Saluggia e non solo.
Credo, insomma, che chi dovrà scegliere, una profonda riflessione la dovrà fare. Diciamo anche che le istituzioni locali (non soltanto ARPA) sono fortemente organizzate, da sempre, da quando c'è la presenza del nucleare per monitorare tutto quel che riguarda il tema del nucleare.
Ho fatto parte, fino a pochi anni fa, del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, proprio del Comando di Vercelli, e per tutta la mia carriera professionale mi sono occupato di nucleare e delle sue ricadute sul territorio. Questa cultura esiste e credo che sia un aspetto da tenere in conto nella valutazione.
Per quanto mi riguarda, ho molto apprezzato gli interventi di tutti i tecnici che questa mattina si sono alternati, perché in modo molto chiaro ed esaustivo hanno spiegato le problematiche, i pro e i contro, della questione; ho apprezzato anche la disponibilità dell'università e del mondo scientifico nel collaborare a trovare una soluzione.
È importante che passi il messaggio secondo cui la Regione - tutta - è intenzionata a impegnarsi a trovare una soluzione, e che non passi invece il messaggio per cui "basta che non venga fatto a casa mia, poi va bene ovunque".
Credo che il Piemonte in questo momento stia dimostrando maturità e serietà, in modo particolare la Regione, che a mio avviso sta facendo ogni sforzo possibile in tal senso. L'incontro di oggi è la prova che c'è una forte volontà di discutere e di fare chiarezza su questo tema.
Grazie a tutti e buon lavoro.



PRESIDENTE

Grazie.
Chiederei alla dottoressa Coppola se desidera intervenire. Rinuncia all'intervento.
Ci sono altri interventi previsti, pertanto continuiamo con i Sindaci.
La parola alla dottoressa Gaveglio, Sindaco di Carmagnola.



GAVEGLIO Ivana, Sindaco Città di Carmagnola

Grazie, signor Presidente.
Ringrazio la Regione Piemonte che ci ha dato la possibilità di partecipare a questa seduta molto interessante, perché le informazioni arrivate finora confermano indubbiamente la necessità di procedere all'individuazione di un sito per il deposito nazionale.
Rappresento la comunità di Carmagnola, una comunità che, a seguito della deindustrializzazione e dell'abbandono da parte dell'industria della ghisa ha cercato di ritornare all'agricoltura, soprattutto in modo intelligente e ha dedicato energie e investimenti in questa direzione.
Carmagnola si è scoperta il giorno 5 gennaio tra i dodici siti inseriti nella classe 1, attraverso 175 ettari di terreno pregiato dal punto di vista agricolo. Comprenderete che siamo spaventati e siamo anche un po' diffidenti, perché questa informazione, seppur nulla è deciso e seppur siamo all'inizio di un percorso di partecipazione collettiva, ci coinvolge profondamente, nella nostra caratteristica più profonda.
Ci siamo attivati, in un periodo nel quale è impossibile comunicare in modo diretto e aperto con le persone per via dei limiti imposti dalla pandemia.
Pertanto, comprendete anche la fatica che questi territori hanno fatto nel portare informazione e non soltanto ansia.
Non vogliamo rappresentare un territorio affetto dalla sindrome NIMBY.
Quello per noi non è un angolo del nostro giardino, quello è prezioso terreno agricolo strappato alle paludi centinaia di anni fa, reso fertile e prezioso grazie alle bonifiche, sul quale giovani imprenditori hanno deciso di tornare all'agricoltura.
È una riflessione che ci tengo a fare in modo molto attento: non è la sindrome NIMBY, non abbiamo questo timore. Noi, attraverso l'agricoltura portiamo un'economia solida a Carmagnola, con mille difficoltà, perch comunque l'agricoltura non è un ambito in cui possa essere facile sviluppare un'attività.
D'altra parte, siamo anche preoccupati e siamo anche un po' diffidenti - ce lo consentite, signori tutti - perché se è vero che questo territorio è rimasto fra i sessantasette più idonei, a seguito di analisi approfondite di criteri di esclusione, non riusciamo a comprendere perché nella tavola e nell'elaborato che riguarda l'area di Carmagnola il criterio di esclusione 4 faccia riferimento alle aree da escludere caratterizzate da rischio o pericolosità geomorfologica, ma nel dettaglio del testo si faccia riferimento all'area che è TO10, mentre noi siamo TO7. Ora, se questo è un documento che ha avuto una lunga e approfondita analisi, il criterio di esclusione 4 non ci mette in condizioni di capire se si parla del territorio di Carmagnola oppure no.
Inoltre, siamo profondamente preoccupati, perché il criterio di esclusione 10, che esclude tutte quelle aree caratterizzate da falde idriche, in qualche modo affioranti o comunque tali da interferire con le fondamenta del deposito, non prende in considerazione e non ha avuto la delicatezza di approfondire, magari con persone che vivono da generazioni in quell'area per comprendere come effettivamente la falda acquifera sia molto superficiale.
Se questi sono i criteri di esclusione con i quali siamo stati inseriti, la nostra preoccupazione profonda riguarda il fatto che andare a documentare nei criteri di approfondimento quanto sia preziosa la terra che coltiviamo e quanto sia antropizzato quel luogo è, comunque, assolutamente impegnativo per noi. Le nostre osservazioni saranno fatte in modo molto attento e profondo, ma vi preghiamo di prenderle in considerazione in modo oggettivo.
Quello che ci preoccupa è che le indicazioni e le raccomandazioni internazionali, ad esempio in merito alle distanze adeguate da siti abitati o da situazioni che possono riguardare centrali elettriche o, in ogni caso attività industriali a rischio d'incidente rilevante, sono state tradotte dalla Guida ISPRA con una distanza pari a un chilometro. Questo non ci tranquillizza, anzi ci rende assolutamente esposti.
La preoccupazione è perché nel nostro sito a un chilometro e 200 metri ci sono le cause di esclusione, compreso un sito naturalistico WWF.
Permetteteci con molta schiettezza di dirvi che questo sito calato in un contesto assolutamente per noi inopportuno, con una serie di misurazioni che lo autorizzano a rimanere lì, ci sembra davvero una forzatura.
Noi ringraziamo Città metropolitana, perché ci ha accompagnati in questo percorso, così come ringraziamo Regione Piemonte. Siamo determinati a far capire che il sito di Carmagnola non è il sito adatto.
Scusate la foga, ma voglio rappresentare e voglio che capiate che si parla di cittadini, che si parla di territori e che mai come in questo contesto noi vi abbiamo sentiti lontani.



PRESIDENTE

Grazie.
Adesso darei lo spazio e il tempo per intervenire al Sindaco del Comune di Caluso, la dottoressa Maria Rosa Cena.



CENA Maria Rosa, Sindaco Comune di Caluso

Intanto, buongiorno a tutti, signor Presidente, signori Consiglieri.
Ringrazio, a nome di tutto il Consiglio comunale di tutta la nostra zona di aver dedicato un Consiglio regionale a questo importante argomento e di avere dato anche la possibilità a noi Sindaci di farci portavoce di un argomento così delicato che si sta portando avanti in questi giorni. Avrete compreso qual è questa tematica che è molto sentita da tutta la popolazione.
Siamo consapevoli che un'azione comune di questo genere è la più importante. Noi da subito abbiamo ritenuto di coordinarci con i Comuni di Mazzé e Rondissone, che sono i Comuni dove insiste questo sito, per portare avanti le nostre iniziative.
Siamo consapevoli veramente che le scorie esistono, che vadano messe in un deposito, che questo debba essere costruito in Italia. Riteniamo però che la nostra area, la TO10, non sia adatta a questo scopo e illustro il perché.
Se nella prima fase il nostro sito è risultato idoneo, noi ci attiveremo e con la pubblicazione di tutta la documentazione, che veramente ci ha colti tutti di sorpresa, si apre la seconda fase, che è questa della consultazione. Noi sicuramente faremmo le nostre osservazioni. Devo dire che i sessanta giorni stabiliti sono pochi. Speriamo che questa scadenza sia prorogata, perché riteniamo che dobbiamo fare delle osservazioni precise, puntuali e veramente coerenti, con i criteri che fanno parte della fase di approfondimento, perché è in questa parte che noi dobbiamo intervenire.
Comunque, nella fase di approfondimento abbiamo visto che il criterio 11 potrebbe essere quello che è coerente con il nostro territorio, che - mi riallaccio anche a quello che ha detto la collega di Carmagnola quarant'anni fa era industriale. Da Ivrea a Chivasso avevamo l'Olivetti, a Caluso c'era un'azienda molto grande, a Chivasso c'era la Lancia.
Oggi non è più così. Quando è finita l'era industriale, i territori nostri hanno dovuto rimboccarsi le maniche e cercare di trasformare questo territorio con altra vocazione economica e, quindi, portare avanti il discorso dell'agricoltura, della viticultura, perché veramente noi siamo il Canavese: sto parlando del Canavese e del Chivassese.
Il Canavese e il Chivassese sono territori veramente agricoli e vitivinicoli, ma bisognava dare qualcosa in più, quindi le amministrazioni si sono attivate per portare anche il discorso enogastronomico naturalistico, perché bisogna avere una filiera completa. Sempre di più abbiamo dei giovani che intraprendono attività dall'agricoltura alla viticoltura proprio nella nostra zona, ma anche in tutto il Canavese. Poi non dimentichiamoci delle eccellenze che abbiamo tra il Canavese e il Chivassese: abbiamo il Parco del Lago di Candia, abbiamo il sito UNESCO Ivrea.
Non dobbiamo dimenticare che abbiamo un canale demaniale che è del 1500 che da poco è diventato monumentale e che serve per l'irrigazione a scorrimento di tutta la parte agricola che va da Castellamonte a Chivasso.
Adesso concludo. Intanto, ringrazio anche Città metropolitana che, da subito, si è attivata per coordinarci nella prima fase. Noi adesso stiamo cercando di attivarci e verificare per rispondere e per fare le nostre osservazioni puntuali. Ringrazio anche tutti i politici che si sono attivati in questi giorni, proprio a supporto delle nostre rimostranze.
Termino il mio intervento ringraziando ancora tutti e chiedendo di tenere veramente in considerazione che il Canavese e il Chivassese sono aree a vocazione agricola, vitivinicola e turistica, perché hanno veramente delle eccellenze e sarebbe un peccato vanificare veramente gli sforzi che sono stati fatti negli ultimi quarant'anni dalle Amministrazioni e che continuiamo a fare noi, per riconvertire questo territorio da industriale ad agricolo.
Grazie e buon lavoro a tutti.



PRESIDENTE

Grazie.
Do ora la parola al Sindaco del Comune di Mazzè, Marco Formia, al termine del cui intervento sospenderei la seduta di Consiglio regionale aperto, per riprenderlo alle ore 14.
Prego, Sindaco.



FORMIA Marco, Sindaco Comune di Mazzè

Buongiorno a tutti.
Ringrazio tutta l'Amministrazione regionale per questo invito, in particolare il nostro Presidente Cirio.
Il mio intervento non lo focalizzerei troppo sulle peculiarità di zona e sulle caratteristiche, perché le evidenzieremo nelle osservazioni, ma vorrei portare tutto il Consiglio a una riflessione. Vi sembra possibile che, su sessantasette aree, fra le dodici più idonee, sette-otto siano in Piemonte? A me sembra abbastanza inverosimile, se non impossibile, anche con un'analisi tecnica, che ciò avvenga.
Questo mi preoccupa e, allacciandomi all'intervento del Sindaco di Carmagnola, ciò ci rende diffidenti nei confronti di chi sta eseguendo questa procedura.
Voglio allacciarmi ai criteri per darvi una riflessione: i criteri di scelta sono stati redatti dall'allora ISPRA, ora ISIN, nel 2010, se non sbaglio.
Applicando questi criteri riusciamo a evidenziare il fatto che un impianto del genere possa stare a un chilometro di distanza dei centri abitati e non è stata evidenziata l'area di ricarica della falda, che è un fattore fondamentale.
Durante questa stesura interviene il Ministero che dice: "Le zone sismiche 2" - questo mi ha abbastanza preoccupato ed è una parte dell'intervento di uno dei dirigenti di SOGIN - "devono essere messe più indietro per un problema amministrativo, cioè per il fatto che, essendo classificata in un'area sismica 2, in quel settore, burocraticamente, è più complesso presentare le pratiche". Ma che senso ha questo discorso? Cosa c'entra un edificio residenziale con un impianto di deposito nucleare? Qualcuno dovrebbe spiegarmi che senso ha.
Nella stesura di queste norme sono intervenuti diversi soggetti, che ha evidenziato in modo molto chiaro il dottor Godio. Poi è intervenuta nell'interpretazione, anche SOGIN, per cui le norme sono applicate, cioè molti soggetti le hanno un po' adattate ai criteri che potevano anche fare comodo.
Questo ci preoccupa, perché non è possibile che venga individuata un'area a solo un chilometro dai centri abitati.
L'altra forzatura che ci preoccupa molto è questa: i criteri sono fatti per individuare un deposito a bassa intensità radioattiva, ma saranno depositati rifiuti ad alta intensità radioattiva per almeno cinquant'anni.
Se i criteri sono fatti per individuare un sito a bassa intensità radioattiva, come può essere adatto per depositare anche rifiuti ad alta intensità radioattiva, in un'area agricola, in un'area facilmente esondabile, dal punto di vista dagli interventi meteorologici, solcato da diversi canali? Questo non riusciamo a spiegarcelo. Ho appreso stamattina il criterio che è sufficiente mettere questi rifiuti altamente radioattivi in bidoni e poi metterli in un cortile, in un deposito, e abbiamo risolto il problema. Sono contraddittorie queste cose, danno l'idea di una certa superficialità anche nell'interpretazione ed essere stati coinvolti tra i sessantasette e poi essere classificati tra i primi sette (forse al terzo o al quarto posto) inquieta.
Questa inquietudine deriva da tutte le osservazioni che ho evidenziato, dal fatto di essere stati individuati e poi ci è stato detto: "State tranquilli, potete documentare", in modo molto complesso e molto difficile aggiungo io, con dei costi enormi, perché saremo costretti a rivolgerci a degli specialisti e a dei tecnici che non abbiamo nelle nostre Amministrazioni.
Dovremo, quindi, sostenere dei costi per fare quest'osservazione in un tempo ridicolo (sessanta giorni) e poi questa proroga non è ancora arrivata.
Ringrazio i parlamentari che hanno evidenziato immediatamente questa problematica, ma forse bisognava pensarci anche prima. Non vi rendete conto delle tensioni che stiamo subendo noi Sindaci nell'ultimo anno. Forse certe persone, che lavorano in certi ambienti, non si rendono conto di questo.
Pertanto, sono fortemente preoccupato per il metodo, per i tempi e per i modi in cui ci è stata calata sulle spalle questa procedura. Condivido tutto quello che è stato detto: noi viviamo in un sito vicino a Saluggia siamo a pochi chilometri da Saluggia, per cui probabilmente è stato questo uno dei motivi che ci ha portati a.
Però questo non era un criterio, allora bisogna essere chiari e mettere che anche la logistica entra nei criteri di scelta.
Se le regole le richiamo e poi le interpretiamo e non le rispettiamo, non andiamo d'accordo, soprattutto la procedura non è chiara. Qualcuno, anche negli incontri precedenti, ha parlato di demonizzazione delle regole, ma le regole, per non demonizzarle, devono essere molto più trasparenti e molto più chiare. Questo ci sta preoccupando e ci sta inquietando.
Chiudo questo intervento forse un po' polemico, ma, giustamente, in questo momento le popolazioni sono molto tese. Stiamo già subendo dei danni: nel mio territorio ci sono già delle disdette sull'acquisto di fabbricati quindi i territori i danni li stanno già subendo in questo momento, non quando verranno scelte, ma da adesso. Dal 5 gennaio, i danni sono partiti in questo territorio, e non parlo di danni di piccola entità, ma parlo di decine e decine di migliaia di euro e di fabbricati, già opzionati, che in questo momento vengono ricusati.
Questo è quello che ha provocato questo modo d'intervenire sui territori non coinvolgendo le amministrazioni locali e, a maggior ragione, neanche gli enti superiori. Se la Regione non ha avuto un minimo sentore di quello che stava succedendo, lo ritengo, in una nazione civile, una cosa inaccettabile.
Chiudo l'intervento ringraziando, innanzitutto, il Presidente Cirio, di cui conosco la grande sensibilità per i piccoli centri (è stato promotore addirittura di una petizione europea, in alcuni Comuni qui vicino, che avevo seguito, quindi sono certo del suo interessamento e del suo aiuto) e faccio un appello a tutti voi, Consiglieri e Assessori regionali, e anche a tutti i Deputati, perché abbiamo veramente bisogno di essere assistiti perché quello che sta succedendo non è assolutamente trasparente.
Chiudo il mio intervento e ringrazio tutti.
Buon appetito, visto che forse sono l'ultimo a intervenire prima della pausa.
Grazie ancora e buon lavoro a tutti.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Con questo, concludiamo la prima parte dei lavori.
Riprenderemo con l'intervento del Sindaco del Comune di Rondissone, dottor Antonio Magnone e poi, a seguire, del Sindaco di Trino, di Saluggia, di Bosco Marengo, di Castelletto Monferrato, del Comune di Frugarolo, di Fubine e di Quargnento.
Sospendiamo i lavori fino alle ore 14.
Grazie a tutti e buon lavoro.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13.01, riprende alle ore 14.03)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola al Sindaco del Comune di Rondissone, il dottor Antonio Magnone.



MAGNONE Antonio, Sindaco Comune di Rondissone

Grazie, Presidente.
Buongiorno a tutti e un saluto al Presidente del Consiglio, al Governatore e ai Consiglieri.
Ringrazio per questo invito al Consiglio regionale aperto e ringrazio per averci dato la facoltà di esprimere in questo dibattito anche il nostro punto di vista. Rondissone è un piccolo Comune, è ritenuto potenzialmente idoneo e facente parte dell'area TO10. È un centro abitato di circa 2.000 abitanti e distante circa un chilometro dal perimetro dell'area. Questa scelta, ovviamente, ha destato sgomento nei cittadini e negli stessi amministratori, oltre a comportare dei notevoli investimenti economici per la trattazione dell'argomento così complesso e così ampio, soprattutto in questo periodo di pandemia e di emergenza sanitaria e sociale.
Siamo consapevoli, da cittadini sia piemontesi sia italiani, che un deposito nazionale dev'essere progettato e realizzato. Quello che ci interessa capire è se il metodo utilizzato per la ricerca di tale sito sia stato applicato in modo coerente ed equo su tutto il territorio nazionale.
Più ci addentriamo nello studio della Carta CNAPI del progetto preliminare più troviamo delle incongruenze e delle mancanze a nostre domande.
Ci sono dei dubbi e vorrei puntualizzarne qualcuno, come ha già fatto il Sindaco Formia, ma vorrei farlo anch'io. I sessantasette siti nazionali sono stati scelti applicando quindici criteri grazie alla Guida tecnica 29 dell'ISPRA, ma il testo del titolo di questa guida precisa che sono criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento di bassa e media attività. Il deposito nazionale, così come viene progettato, ha anche un deposito, seppur temporaneo e provvisoria, di alta attività chiamato settore 2, il settore CSA. Chi ha detto che i criteri della Guida tecnica 29 sono adatti per individuare e realizzare un sito nazionale per deposito di rifiuti radioattivi ad alta attività? C'è un'incongruenza nell'applicazione di queste norme.
Il secondo punto di vista che vorremo evidenziare è la distanza da questo sito. I quindici criteri di esclusione contengono dei dati oggettivi, tutti i criteri contengono dei dati oggettivi, ma esclusivamente il criterio n.
12, quello che parla della distanza dei siti dal deposito nazionale, parla di idonea distanza. Volevo chiedere qual è la distanza idonea, come viene definita, per cui è successo che i tecnici della SOGIN abbiano ipotizzato una distanza idonea pari a un chilometro. Possiamo dire che, se avessero ipotizzato un chilometro e mezzo, probabilmente nessun sito piemontese sarebbe stato considerato, perché, ripeto, è una distanza che è stata scelta dai tecnici della SOGIN, è un parametro che noi abbiamo definito quasi di convenienza tecnica, perché se questo parametro si allunga diventa un chilometro e mezzo o due, non troviamo siti su tutto il territorio piemontese.
Inoltre, tanto per fare un confronto, i depositi nazionali francesi e spagnoli che ci hanno portato ad esempio anche oggi sono depositi situati a tre-quattro chilometri dai centri abitati. Addirittura il deposito spagnolo è a 700 metri di altezza, ciò che noi abbiamo escluso, e oltre a sei-sette chilometri dal primo centro abitato. Quel che è anche bello è che questi siti sono distinti in siti a bassa attività e siti ad alta attività.
Pertanto, ci vengono portati ad esempio questi siti, ma noi non prendiamo nulla di questi esempi.
Abbiamo detto che in Piemonte abbiamo sempre avuto il deposito nazionale perché è settant'anni che abbiamo rifiuti centrali e scorie radioattive e per almeno ulteriori cinquant'anni, li avremo. Come prevede la Carta CNAPI ci vogliono circa quarant'anni per spostare tutte le scorie radioattive all'interno di un deposito nazionale.
Sappiamo tutti che i rifiuti radioattivi maggiori sono a Saluggia che l'abbiamo detto, è un Comune confinante con il nostro, e che la scelta delle otto aree piemontesi non è, purtroppo, secondo noi, casuale, ma è dovuta probabilmente a una regola che non è stata scritta, a una regola di vicinanza dagli attuali depositi.
Oggi chiediamo al Consiglio regionale e alla Regione Piemonte di sostenere le amministrazioni locali affinché il diritto di equità nazionale e di coerenza del sistema di scelta negli otto siti piemontesi sia imparziale equilibrato e obiettivo, e che la suddetta scelta non sia legata esclusivamente a una scelta di convenienza, di distanza e di economicità.
Ringrazio il Presidente per la parola e per quest'occasione.



GAVAZZA GIANLUCA



PRESIDENTE

Ringraziamo il Sindaco Antonio Magnone del Comune di Rondissone per le riflessioni sulle ricadute sul territorio.
La parola al Sindaco di Trino, Daniele Pane.



PANE Daniele, Sindaco Comune di Trino

Buongiorno a tutti e grazie dell'opportunità di oggi non solo di poter parlare, ma quantomeno di condividere una forma di democrazia migliore e ascoltare e condividere i pensieri di tutti quanti.
Ringrazio anche personalmente per l'opportunità di chiarire alcuni aspetti che riguardano il nostro territorio.
Il Comune di Trino, insieme agli altri diciannove siti d'Italia che oggi sono già deposito temporaneo di rifiuti radioattivi, è un Comune che ha l'esigenza che venga realizzato il deposito unico nazionale. Risente di questa esigenza da ormai trent'anni, da quando, nel 1990, il Governo tramite decreto, dichiarò la fine della produzione di energia elettrica attraverso il nucleare.
Il Comune di Trino ha questa esigenza perché aveva la centrale, ma il Paese Italia ha questa esigenza perché a tutt'oggi continua a produrre rifiuti radioattivi che vanno inseriti all'interno del loro ciclo, così come inseriamo tutti gli altri rifiuti. Il nostro Paese è uno dei pochi in tutta Europa, ma anche nel mondo, a non avere ancora non solo il deposito, ma neanche ad aver individuato dove realizzarlo! Se si tiene conto del fatto che siamo stati anche fra i primi a dismettere la produzione di energia elettrica attraverso il nucleare, questo è il simbolo del grande problema che il nostro Paese vive, non solo sul tema dei rifiuti radioattivi, ma sul tema dei rifiuti in generale.
Oggi noi siamo qui a parlare del deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi, ma negli anni si è discusso in altre realtà del nostro "stivale" del problema dei rifiuti. Ritengo, quindi, che il nostro Paese Italia abbia, prima di tutto, un problema culturale nell'affrontare il tema "rifiuti". Non vale per tutti, fortunatamente. Anche perché un'azienda del nostro Paese (cito la più eclatante) ha realizzato un termovalorizzatore in Danimarca in piena zona abitata (del resto, le tecnologie di oggi lo permettono), addirittura creando una pista da sci sopra! È un'azienda del Bresciano o del Bergamasco, se non erro.
Le professionalità e le competenze in Italia ci sono, si tratta "semplicemente" - lo dico fra virgolette - di cambiare un po' il pensiero e il modo di approcciarsi alla risoluzione di un problema. Non nascondiamoci dietro a un dito: in questi mesi e in queste settimane ho letto e ho sentito espressioni come "siamo spaventati", "siamo diffidenti", "siamo rimasti sorpresi", parole come "all'improvviso".
Ricordo a tutti che era il 1990 quando venne decretata la fine dell'era della produzione di energia elettrica dal nucleare. Era il 1997 quando fu indetto il referendum.
Dunque, parole come "spaventati all'improvviso" - io ero piccolo, non ricordo neanche quegli eventi, quindi mi baso sulla storia - mi stupiscono molto. Perché nel momento in cui buona parte dell'Italia, allora, decise di chiudere l'epoca della produzione di energia elettrica con il nucleare, non può dire oggi "all'improvviso", perché già allora doveva avere coscienza di una scelta - che non discuto assolutamente - che doveva comportare sicuramente una risoluzione poi del problema.
Se oggi immaginassimo di lasciare i rifiuti organici (la raccolta che facciamo quotidianamente nelle nostre case) in giro per strada, perch nessuno vuole un centro di stoccaggio di rifiuti organici - è quello che sta avvenendo con il nucleare, cioè nessuno vuole il deposito, quindi restano dove sono - ci troveremmo non solo a dover affrontare il tema dei rifiuti radioattivi, ma anche a dover affrontare quello dei rifiuti organici.
Va quindi allontanata questa sindrome NIMBY; va allontanato il pensiero del "all'improvviso" o "per sorpresa". Infatti, il decreto legge che ne definisce i criteri è del 2010 (se non erro, è il n. 31/2010), quindi sono trascorsi ben dieci anni. E prevedeva già nel 2015 la pubblicazione di questa Carta, cosa che non è stata fatta. Quella fu una sorpresa, cioè che non venne fatta nel 2015. O, forse, non era una sorpresa, perché in Italia davvero non c'è nulla di più definitivo di ciò che viene definito "provvisorio". Questo non sono in grado di accettarlo: il Comune di Trino è deposito provvisorio e non vuole più esserlo, assolutamente.
Pertanto, chiedo al Consiglio regionale del Piemonte e alla Regione, dal momento che il Piemonte ospita non la quantità di materiale maggiore, come ha detto giustamente se non ricordo male Godio, Presidente di Legambiente cioè non in termini di quantità materiale ma in termini d'intensità radioattiva...
La Regione Piemonte è quella che ha il problema più grosso d'Italia, quindi è quella che deve perseguire maggiormente l'obiettivo di raggiungere l'identificazione del sito unico. E se questo sito unico ricadesse in Piemonte, chiedo a tutti grande senso di responsabilità nell'affrontare il tema. Perché così come affrontiamo il tema di tutti gli altri rifiuti, a maggior ragione dobbiamo affrontare in sicurezza questo.
Da qui nasce la mia non autocandidatura, e lo sottolineo più volte, perch tecnicamente la legge non lo avrebbe permesso, anche prima di fare il Sindaco. Comunque non lo avrei mai fatto, perché ci sono dei requisiti tecnici che definiscono le aree adatte. Ma ho dato la mia disponibilità a una eventuale soluzione alternativa, tanta è la storia: il 2003 ci sia di memoria, quando venne individuato Scanzano Jonico, ma poi il sito non venne realizzato, facendoci diventare ancora più provvisori, tanto da costruire addirittura, dei depositi di stoccaggio temporanei all'interno delle vecchie centrali.
Al riguardo, rassicuro i Sindaci che prima sono intervenuti che, in termini di temporaneità, i siti sono ritenuti idonei (questo lo può dire anche SOGIN): è ovvio che non vanno bene come siti definitivi.
Riprendendo il filo del discorso, diedi la disponibilità del nostro Comune nel caso in cui all'iter previsto dalla legge 31/2010 (che prevede l'individuazione dei siti potenzialmente idonei, la fase di consultazione l'individuazione dei siti idonei e la condivisione con i territori) nessuno dei siti avesse dato la disponibilità (oggi ne sono stati individuati sessantasette), prima di trovarsi in un'altra situazione in stile Scanzano Jonico. Quindi, piuttosto di rimanere in una situazione di precarietà e provvisorietà, rivalutare in termini anche tecnologici.
Se non ricordo male, anche un parlamentare piemontese è intervenuto in questi giorni.



PRESIDENTE

Mi scusi, signor Sindaco, le chiedo gentilmente di concludere.



PANE Daniele, Sindaco Comune di Trino

Concludo, assolutamente.
Dicevo, un parlamentare è intervenuto alla Camera dei Deputati in questi giorni proprio per dire questo: piuttosto rivediamo il progetto da un punto di vista tecnico e adattiamolo al territorio che si è dato disponibile.
Chiedo quindi che il Consiglio regionale, nel caso, sensibilizzi, così come ha detto se non erro il Rettore dell'Università del Piemonte orientale questa mattina, a promuovere la cultura in tema di rifiuti, a maggior ragione su quelli nucleari; che non si dica di "no" a priori, ma che si valuti, nel caso, piuttosto che la situazione di temporaneità, la disponibilità di eventuali altri siti, rivedendo i progetti e mettendo in primo piano, comunque e sempre, la sicurezza dei cittadini.
Grazie a tutti e vi auguro buon lavoro.



PRESIDENTE

Ringraziamo Daniele Pane, Sindaco di Trino Vercellese, per le riflessioni fatte sulle ricadute sul territorio.
Ha ora la parola l'Assessore del Comune di Saluggia, Demaria Adelangela.



DEMARIA Adelangela, Assessore all'ambiente Comune di Saluggia*

Grazie, Presidente, e buongiorno a tutti.



PRESIDENTE

Assessore, mi scusi, la sentiamo male.



DEMARIA Adelangela, Assessore all'ambiente Comune di Saluggia

Sì, ho tolto la mascherina, perché forse non mi sentivate bene.
Con imbarazzante tempismo, in questo periodo di totale austerità epidemica il Governo ha dato il nullaosta alla società SOGIN per la pubblicazione completa della mappa dei luoghi idonei nei quali poter costruire il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi di media e bassa attività.
La Direttiva CEE n. 70/2011 prevede che la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati e l'Italia aveva chiesto a SOGIN di preparare quella che era conosciuta come CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee). A Pasqua 2018 il Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, promise che entro pochi giorni avrebbe pubblicato il decreto riportante le aree potenzialmente idonee alla realizzazione del deposito nucleare di superficie. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA, ora ISIN) aveva già trasmesso il proprio parere sia al MISE che al Ministero dell'Ambiente contenente un aggiornamento della Carta.
La società SOGIN è stata incaricata del decommissioning dell'impianto nucleare e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi in Italia motivo per cui ha ricevuto l'incarico e ha predisposto la Carta citata.
Tra il 4 e il 5 gennaio 2021 la mappa è stata pubblicata e sono stati individuati sessantasette Comuni ove si potrebbe realizzare il centro di stoccaggio, in un periodo in cui, purtroppo, molta gente teme per la propria salute, per il proprio lavoro e per la crisi economica mondiale.
Tale elenco doveva essere reso pubblico ad aprile 2015. Purtroppo, questa scadenza è passata da quasi sei anni. Quella che era incertezza ora è diventata realtà e molti cittadini hanno espresso pubblicamente con qualsiasi mezzo disponibile la propria preoccupazione, e riteniamo con ragione. Nessuno ha sprecato tempo e parole per informare, far conoscere chiarire e cercare di rendere accessibile e alla portata di tutti un argomento che da sempre è stato ostico e difficile.
Per costruire il deposito si stima un costo di 900 milioni di euro, che molto probabilmente verranno prelevati dalle bollette elettriche che già arrivano a casa nostra e, nel frattempo, gli italiani saranno, ancora una volta, prevaricati da Commissioni tecniche che esprimono pareri, per molte persone incomprensibili.
Il Comune di Saluggia - negativamente noto come il Comune più nuclearizzato di Italia -infatti, presso i vari siti Eurex, Avogadro e Livanova, nel nostro territorio, in fase di decommissioning da parte di SOGIN, è stoccato oltre il 70% dei rifiuti radioattivi del territorio italiano. Conviviamo con questa realtà ormai da decenni.
L'Amministrazione del Comune di Saluggia, pur ponendo la massima attenzione su quanto avviene sul proprio territorio, è ben cosciente che tutte le decisioni al riguardo sono prese direttamente dal Ministero referente con SOGIN La sorveglianza da parte nostra è continua e tutti gli interventi di nostra competenza, quando permessi dalle leggi, sono intrapresi. Abbiamo due grandi problemi immediati, a cominciare dal discorso di dove sono collocate in questo momento in modo temporaneo, ma ormai da decenni, queste scorie radioattive. Il sito non idoneo in quanto sulla riva della Dora Baltea dove da tempo si parla di rafforzamento dell'argine, ma al momento nulla di concreto è in corso.
Il secondo, non ultimo grande problema, sono i rifiuti radioattivi ad alta attività, ai quali, al momento, non è ancora stata data la dovuta attenzione. Per noi è una grande preoccupazione, entrambe le cose ci preoccupano parecchio.
Anche in questa fase di dibattito per l'individuazione del deposito nazionale, il Comune di Saluggia sarà sempre presente, pur cosciente di non aver alcuna voce in capitolo, ma sicuramente con la grande speranza che proceda rapidamente questo processo di decommissioning e che venga strutturato - perché non possiamo farne a meno - il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.
Vi ringrazio per l'attenzione.



PRESIDENTE

Ringraziamo di cuore Adelangela Demaria, Assessore del Comune di Saluggia per le dovute riflessioni.
Ha ora la parola Gianfranco Cazzaniga, Sindaco del Comune di Bosco Marengo.



CAZZANIGA Gianfranco, Sindaco Comune di Bosco Marengo

Grazie, Presidente, e grazie a tutti voi, al Presidente Cirio, ai Consiglieri regionali e a tutti i membri delle Istituzioni presenti, che hanno il piacere o la pazienza di ascoltarmi.
Io sono Sindaco di un Comune che attualmente è stato un centro di impianto nucleare e, di conseguenza, abbiamo avuto un impianto nucleare.
Ascoltando i colleghi stamattina devo dire che sono rimasto un po' sorpreso, perché non si può - come diceva giustamente il Sindaco di Trino essere sorpresi del fatto che è stato posto in chiaro dalla CNAPI quali sono i siti che ospiteranno il deposito unico nucleare.
Nel 1985 ci fu il referendum e nel 2003 venne identificato, senza nessun criterio, Scanzano Jonico. Ci furono delle proteste e rimane tutto in sospeso, poi il decreto legislativo n. 31/2010 stabilì l'obbligo per l'Italia di identificare un deposito unico. Soltanto nel 2015, dopo vari studi e riflessioni, furono secretati quelli che erano i siti potenzialmente ritenuti idonei.
Ora mi suona stranissimo, e va bene che in Italia ogni cosa temporanea diventa - temporaneo, chiamiamolo così - a lungo tempo, però la sorpresa.
Forse, l'unico appunto è che abbiamo aspettato tanti mesi, quindi potevamo almeno aspettare che finisse questo triste periodo pandemico. Questo sì.
Per fare una valutazione, userei due criteri: un criterio soggettivo e un criterio oggettivo.
Il criterio soggettivo è l'indispensabilità del deposito unico, questo dev'essere chiaro a tutti. Io ospito attualmente l'impianto di Bosco Marengo, che è quasi tutto in brownfield, cioè è stato quasi tutto bonificato e funziona soltanto il deposito. Francamente, che non solo Bosco Marengo, ma anche gli altri siti che ospitano gli impianti continuino a essere considerati siti temporanei non è una bellissima cosa, anche perch se è pur vero che il nucleare è stato cancellato dal referendum, la produzione di rifiuti a media e bassa intensità continua tutt'oggi, perch ci sono gli ospedalieri. Di conseguenza, il deposito unico, come si legge dalla relazione fatta dalla SOGIN, riceverà il 60% di rifiuti derivanti dalla decommissioning degli impianti nucleari, il 40% di rifiuti ospedalieri. Quindi, è un working in progress.
Detto questo sulla necessità del deposito unico, passiamo all'aspetto oggettivo. La domanda che mi faccio è: "Perché otto siti sono stati identificati in Piemonte e, ahimè, ben sei nella provincia di Alessandria?" Questo mi pone determinati dubbi e problemi.
Da un punto di vista tecnico abbiamo conferito degli incarichi, come Comune di Bosco Marengo e come provincia di Alessandria. Non basta il piccolo "comunello" di 2.500 abitanti, ma occorre un'istituzione più grossa occorre la Provincia, occorre addirittura la Regione che ci dia una mano per far sì che questi criteri che sono stati identificati da SOGIN non siano ritenuti il non plus ultra e che possano essere rivisti. Anche perch ritengo che (parlo della mia provincia) ci siano problemi legati sia all'ambiente sia di carattere sanitario.
È pur vero che, a quanto ho letto nella relazione SOGIN, che il deposito non aumenterà i rischi di carattere ambientale e sanitario, ma è pur vero altresì che la mia provincia ha un'azienda, non molto distante da Bosco Marengo (non dico il nome dell'azienda, per correttezza) che produce il C604. Abbiamo avuto parecchi morti a Casale Monferrato per silicosi e asbestosi, quindi aggiungere un'ulteriore fonte di rischio mi sembra un po' troppo.
Accanto al problema sanitario c'è anche un problema di un'ulteriore cementificazione del territorio, perché per costruire questo deposito occorreranno circa 150 ettari. Stamattina ho sentito che soltanto venti verranno destinati al deposito puro, però, di fatto, un bel po' di territorio verrà cementificato. Di conseguenza, ci saranno sicuramente dei problemi legati alle piogge e ai dissesti idrogeologici. La nostra non era neppure una zona vicina ai fiumi, però abbiamo avuto problemi di alluvioni negli ultimi anni, anche a causa della variazione del clima e della cementificazione. Insomma, quello è un altro problema da porre: chiaramente, dal 2010 a oggi le condizioni climatiche sono cambiate.
Ci sono anche problemi legati all'agricoltura, perché la nostra terra purtroppo o per fortuna, è ancora un territorio prettamente agricolo quindi sottrarre del terreno all'agricoltura, alla produzione di cereali e di prodotti di qualità non è cosa da poco. Inoltre, anche dal punto di vista economico, laddove nascesse questo deposito, i terreni che si trovano nel perimetro, quindi vicino ai terreni dove sorge il deposito, sicuramente subiranno un deprezzamento. Ora, il valore del terreno nella nostra provincia è già bassissimo, ma se lo abbassiamo ancora, rischiamo di regalare il terreno a chi non si sa, perché non si sa neppure che produzioni si potranno avviare dopo.



PRESIDENTE

Sindaco, mi scusi. Può concludere? Sempre per la questione dei tempi.



CAZZANIGA Gianfranco, Sindaco Comune di Bosco Marengo

Sì, due cose ancora.
Ci sono problemi di carattere turistico. Tanti casali sono diventati centri UNESCO, quindi siti di pregio.
Il mio Comune - consentitemi questa piccola parentesi - è il Comune di Papa Pio V, l'unico Papa piemontese che abbiamo avuto nella storia, con il complesso monumentale di Santa Croce. Mi sembra una cosa assurda sapere che nel paese di Papa Pio V c'è un deposito di scorie nucleari.
Infine, c'è un problema legato alla sicurezza, perché la costruzione di un deposito del genere avrebbe sicuramente conseguenze anche dal punto di vista militare: diventerebbe un luogo protetto e, di conseguenza, a maggiore pericolo di attentati.
Grazie e scusate la mia prolissità, ma purtroppo sono così.



PRESIDENTE

Ringraziamo ancora il Sindaco del Comune di Bosco Marengo per le sue riflessioni.
Do ora la parola al Gianluca Colletti, Sindaco del Comune di Castelletto Monferrato.
Prego, Sindaco.



COLLETTI Gianluca, Sindaco Comune di Castelletto Monferrato

Buon pomeriggio a tutti. Grazie, Presidente, e ringrazio tutto il Consiglio regionale per questa importante possibilità.
Tengo anche a ringraziare il Presidente Cirio per il suo intervento e per la solidarietà che ha espresso nei confronti di Comuni come il mio che, dal giorno alla notte o dalla notte al giorno, ha avuto questa notizia.
Allo stesso modo, ho anche molto apprezzato l'intervento tecnico del Politecnico di Torino e dell'Università del Piemonte Orientale, che sicuramente dovranno essere di grande supporto sotto il profilo tecnico e sociale alle nostre controdeduzioni.
Sottolineo che il mio intervento è condiviso da diversi Sindaci, che mi hanno delegato quest'oggi a intervenire. Non entrerò nello specifico e cercherò di non fare polemica come magari è accaduto nell'incontro del tavolo tecnico, però due cose ci tengo a dirle e le dirò in tutti gli incontri cui parteciperemo.
Ricordo quella che è la situazione attuale: una situazione di pandemia dove il giorno prima dell'Epifania qualcuno ci ha detto che erano state desecretate tutta una serie di relazioni.
Partiamo da un presupposto di base: questo è il momento sbagliato. Vedete personalmente subito mi sono stupito e ho detto: "Come si fa in un momento del genere a tirare fuori una questione di tale importanza e di tale impatto?".
Francamente - e qui la polemica ce la metto, non me ne vogliate ragionandoci ho detto: "Sì, con un DPCM lo tirano fuori la domenica sera per il lunedì". A quel punto, il mio stupore si è sciolto al sole come la neve di pochi giorni fa. Ma andiamo avanti.
Tengo a dire a dire una cosa, almeno sgombriamo il campo da tutti i dubbi possibili e immaginabili: i Sindaci sono consapevoli di quello che dicono non fanno una scelta ideologica su interessi di questo genere, che sono sicuramente interessi nazionali e che ci coinvolgono al 100%. Noi siamo consapevoli che questi rifiuti dovranno essere depositati da qualche parte.
Ne siamo consapevoli, però credo che l'interesse nazionale non debba andare in contrasto con gli interessi locali.
Purtroppo, negli ultimi periodi, noi Sindaci, essendo in prima linea, le abbiamo subite un po' tutte e siamo stati i veri ammortizzatori sociali del nostro Paese. Vi spiego il perché.
Al di là del COVID, dove ci siamo dovuti improvvisare, dare le mascherine quando nessuno le aveva, fare i tamponi, organizzarci per le spese e non poter fare ordinanze (perché in una prima fase, soprattutto quella da febbraio a maggio, così è stato), lo facciamo anche in questa fase, perch capite bene che la tensione sociale c'è ed esiste, da parte della nostra cittadinanza, che oggi viene sconvolta da notizie del genere, che in una situazione come questa destano ancora maggiore preoccupazione.
Sgombriamo subito il campo sul fatto che i Sindaci demonizzino determinate questione. No, non è così, i Sindaci non lo fanno e sanno benissimo quali sono gli interessi nazionali, ma anche quelli locali. Andiamo, quindi, al punto, alla discussione di oggi.
Mi soffermerei sui criteri, i criteri tecnici, sociali ed economici, ma eviterei - lo dico nuovamente - di richiamare esempi dei siti in Francia o in Spagna, che sono in mezzo al nulla, dove non c'è niente e la densità abitativa è molto inferiore rispetto alla nostra.
Perché parlo di criteri? Parlo ovviamente del mio territorio, ma anche di altri vicini al mio. Noi abbiamo le falde sul piano campagna e il criterio C10 dice proprio che è caratterizzato con l'esclusione da livelli piezometrici affioranti, che comunque possono interferire con le strutture di fondazione del deposito. Ecco, è da qui che partono i nostri dubbi su come sono stati fatti e se si è andati veramente sul campo a vederli.
Questi criteri non sono stati fatti dai Sindaci, non sono stati fatti delle Istituzioni, sono stati fatti dall'ISPRA, dal Governo, da SOGIN e da chi per esso, quindi la consultazione, di fatto, non esiste. A oggi, non esiste nessuna consultazione e non mi si può dire: quarantaquattro anni quarantaquattro mesi, 440 giorni. Noi Sindaci sappiamo che abbiamo sessanta giorni e siamo ancora in attesa di proroga. Ecco qual è la realtà: siamo in attesa di proroga.
Porto anche la voce dei nostri concittadini e mi avvio a concludere.
Vivo nel Monferrato e sono Presidente della Consulta Turismo dell'ANCI Piemonte, quindi conosco bene quali sono stati gli sforzi degli ultimi venti-trent'anni fatti dai nostri territori e dai nostri amministratori per avere una riscossa, una riscossa del territorio che derivasse da danni ambientali. Ha fatto benissimo il Sindaco di Bosco Marengo a elencarli uno per uno, perché quella è la realtà dei fatti.
La riscossa del territorio non è dire che noi abbiamo dato tanto, che sicuramente è un dato significativo, ma non è solo quello, perché abbiamo fatto tanto anche in termini di investimenti, non solo sul turismo, ma anche sull'agricoltura.
Vi faccio un esempio: nel 2020, nel mio Comune, che è un Comune di 1.500 abitanti, abbiamo avuto un insediamento di 130 ettari di noccioleti - 130 ettari di noccioleti - e, dove si vuole mettere un deposito nucleare, quel territorio, che ha delle proprietà agricole di classe A, quindi di alta categoria, sarebbe già predisposto per eventuali culture.
È questo che chiedo; e chiedo anche un'altra cosa a livello istituzionale quindi alle Istituzioni, perché chi oggi è qui in questo Consiglio regionale aperto, a parte gli Amministratori locali, ma gli stessi Consiglieri regionali, Assessori e anche il Presidente Cirio, sono stati tutti amministratori comunali, quindi amministratori locali. Benissimo dateci una mano, ma non a dire "no" a prescindere, perché non siamo le persone che dicono "no" a prescindere, ma a fare emergere quelle che sono le nostre motivazioni, per quanto ci riguarda, per quanto riguarda noi, le Associazioni di categoria e i nostri concittadini, con i quali non siamo riusciti nemmeno a confrontarci in Consiglio comunale aperto, stante il problema Coronavirus (almeno vi rendiamo ancora più chiara la situazione attuale in cui viviamo).
Pertanto, i nostri Consiglieri regionali, i nostri Assessori, ma anche i nostri Deputati e Senatori, che magari sono stati anche amministratori locali (ed è un punto sicuramente di forza), ci diano una mano a far emergere quelle che sono le nostre motivazioni.
Noi, oggi, siamo consapevoli che ci sarà la necessità di individuare un deposito, ma non sarò io e non saranno i Sindaci a dire dove metterlo. In particolar maniera, penso che quel milione di metri cubi in Francia, di cui si fa sempre l'esempio, va potrebbe ospitare i nostri 78 mila metri cubi che è soltanto il 7,8% del loro deposito. Mi chiedo se questo è stato considerato a livello nazionale e vado veramente a conclusione, Presidente.
Questione importantissima è l'informazione che noi dobbiamo dare. Dobbiamo impegnarci in maniera seria a dare un'informazione reale e concreta nei confronti dei nostri cittadini, della nostra popolazione, perché solo così potremo trovare un confronto corretto, uno scambio d'idee giusto che vada anche a costruire quella controdeduzione socio-economica che nelle relazioni di SOGIN non troviamo.
Penso che questi siano i punti cardine e allo stesso modo, come ho detto in premessa, la disponibilità del Politecnico di Torino, dell'Università del Piemonte Orientale e dei consulenti tecnici individuati, credo sia un buon punto di partenza, però non pensate di farcela passare così, in sordina facendoci vedere il sito in Francia o in Spagna. No, per quanto ci riguarda, non funziona così. Noi abbiamo dei criteri, li vogliamo valutare e, per alcune situazione, vedere anche una revisione di questi criteri che per quanto ci riguarda, non mi pare attuale.
Grazie, Presidente, e grazie a tutti i Consiglieri, Assessori e Deputati che oggi ci seguono, insieme con noi colleghi Sindaci.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Sindaco di Castelletto Monferrato, Gianluca Colletti, per le sue riflessioni.
Do ora la parola a Martino Giovanni Pio Valdenassi, Sindaco del Comune di Frugarolo; prego.



VALDENASSI Martino Giovanni Pio, Sindaco Comune di Frugarolo

Buonasera a tutti.
Ringrazio il Presidente Cirio, il Presidente Allasia e tutti i membri del Consiglio regionale per l'opportunità che oggi viene data a tutti noi Sindaci, di rappresentare l'espressione dei rispettivi Consigli comunali e di far sentire anche la voce dei nostri cittadini, che sicuramente non sono da meno.
Chiediamo che sia dato ampio spazio anche sui media, per le relazioni che oggi abbiamo fatto, in quanto sarebbe opportuno che tutti gli italiani venissero a conoscenza di quello che sta succedendo per il deposito nucleare.
Nel merito, per stringere, mi unisco al coro che mi ha preceduto. Sono consapevole della necessità di realizzare un deposito nucleare nazionale tuttavia ci stiamo interrogando per quale motivo i nostri territori siano stati ritenuti idonei in così cospicuo numero.
Le problematiche del nucleare le conosciamo da circa cinquant'anni. I nostri territori sono confinanti con quelli di Bosco Marengo dove, come già detto, sorgeva la FN, Fabbricazioni Nucleari, che si occupava delle ricariche delle centrali. Quando abbiamo sentito che è stata pubblicata la CNAPI, prima di leggerla eravamo contenti perché sicuramente avrebbero messo in sicurezza i rifiuti e davamo per scontato che, avendo già dato nel corso di questi cinquant'anni, finalmente avremmo potuto risanare il nostro territorio.
Invece così non è stato, per cui abbiamo constatato con stupore che circa duecento ettari del nostro territorio che si estende su Bosco Marengo dovrebbero essere destinati alla realizzazione del deposito nucleare seguendo dei parametri che hanno destato il nostro stupore. Collocare un deposito nucleare di tale entità a un chilometro dal centro abitato non ci sembra una distanza idonea.
Aggiungiamo che la stessa distanza è riferita anche a un'industria a rischio rilevante, la Solvay. Abbiamo una linea ferroviaria di categoria D4, dove passano trasporti pericolosi. Questo è solo un inizio per delimitare un po' i confini di quest'area.
Consideriamo che, come già anticipato, la nostra zona ha nel 2019 tutta quest'area soggetta ad alluvione. Il Comune ha dovuto fare un'ordinanza per chiudere un asse stradale di collegamento sulla ex strada statale 35. La strada è stata chiusa per un anno perché i danni sono stati tali che, dopo un intervento di somma urgenza, sono stati stanziati più di 100 mila euro in parte dal Comune e in parte in parte dalla Regione, per effettuare i lavori di ripristino che si sono completati a dicembre 2020.
Questo è un parametro che, a nostro giudizio, esclude quest'area. Ricordo che quest'area è interessata anche dalle esondazioni del Rio Lovassina. Non dimentichiamo che l'acqua del Rio Lovassina non può essere impiegata per l'irrigazione degli appezzamenti di terreno confinanti perché risulta inquinata ma, di fatto, durante le piogge autunnali, con le tracimazioni allaga i campi che non potrebbero essere irrigati.
Gli altri terreni, ovvero quelli che sono interessati dal deposito nucleare, sono terreni destinati alle colture di pomodoro da industria spinacio e altri ortofrutticoli che si coltivano in rotazione con il frumento nella filiera che serve per approvvigionare le farine per importanti industrie di biscotti della zona.
Stiamo decantando da anni la produzione a chilometro zero: a Pozzolo Formigaro, a cinque chilometri, c'è la Tomato Farm, che si occupa della trasformazione dei pomodori, e c'è San Giuliano per la trasformazione dello spinacio. Con questo intervento stiamo vanificando una pianificazione territoriale che da anni sostiene una filiera agroindustriale che è stata messa in campo con forti investimenti da parte dei nostri cittadini e che verrebbe così vanificata. Siamo stupiti che non si possa trovare in Italia un sito più idoneo rispetto a quelli identificati in Piemonte.
Stiamo facendo una serie d'indagini per quanto riguarda l'aspetto idrogeologico, perché sono aree di ricarica e di forte interesse non solo per la falda del Comune di Frugarolo, ma per tutte le falde dei Comuni limitrofi.
Pertanto, riteniamo che andremo a fare una puntuale osservazione al progetto, sperando che sia condivisa e accolta.
Vi ringrazio per l'attenzione e con l'occasione saluto tutti i partecipanti.



PRESIDENTE

Ringraziamo per le riflessioni Martino Giovanni Pio Valdenassi, Sindaco di Frugarolo.
La parola ad Angela Visentin, Vicesindaco del Comune di Fubine, ma non la vediamo collegata.
La parola all'Assessore del Comune di Quargnento Luigi Benzi.



BENZI Luigi, Assessore Comune di Quargnento

Buon pomeriggio a tutti e buongiorno Presidente.
Un ringraziamento al Presidente Cirio, a tutto il Consiglio regionale e a tutte le persone che sono intervenute. L'argomento è molto complesso. Ho l'onere di portare un messaggio da parte del Sindaco Porzio che reputo importante. Hanno già fatto alcune osservazioni il Sindaco di Rondissone Magnone, e il Sindaco di Mazzè, Formia, sui criteri di esclusione. La Guida tecnica 29 parla chiaramente di rifiuti radioattivi a bassa attività e solo nella relazione illustrativa tecnica inserita in tale guida si precisa che il sito potrebbe ospitare anche i rifiuti ad alta intensità per un lungo periodo temporaneo, circa qualche decina di anni.
Abbiamo voluto approfondire questi criteri di esclusione e, analizzando le schede tecniche, Quargnento ha avuto una fortuna, o sfortuna, addirittura di avere due aree, AL-8 in condivisione con Castelletto Monferrato e Alessandria e AL-14 con Fubine Monferrato. In entrambe le aree, nella scheda tecnica, si fa riferimento alla carta della soggiacenza della falda superficiale e della piezometria della Regione Piemonte anno 2007. Sul geoportale della Regione Piemonte ci sono le carte del 2018 e fanno vedere una leggera modifica rispetto a quello che ha rapportato SOGIN nero su bianco. Ma hanno anche scritto: "La soggiacenza della falda a superficie libera è compresa nelle classi 0-5 metri in entrambe le aree".
Se il criterio di esclusione CE10 dice che "La prossimità di acqua nel sottosuolo nelle loro variazioni di livello stagionale e non stagionale pu ridurre il grado d'isolamento del deposito e favorire fenomeni di trasferimenti di radionuclidi verso la biosfera", queste aree non avrebbero dovuto essere inserite nella CNAPI, quindi all'interno dei criteri che dovrebbero essere oggettivi c'è comunque una fase interpretativa e soggettiva. La stessa soggettività che ha fatto emergere al primo posto insieme all'area AL-1 di Bosco Marengo, la AL-8 di Quargnento, Castelletto M.to e Alessandria. Sono le uniche due aree che hanno tutti i quattro parametri favorevoli inseriti nella "Proposta di ordine d'idoneità delle aree CNAPI".
Ecco, in questa proposta di ordine d'idoneità c'è l'area che ha la soggiacenza della falda tra zero e cinque metri. Un carico antropico in merito al quale non si capisce come mai un'area di 800 ettari (AL-8), al cui interno ci sono circa quaranta/cinquanta cascine, che dista un chilometro dai centri abitati.. Ma le cascine che sono al suo interno non vengono considerate? Forse, nella valutazione si è dato molto peso (soggettivo) alla logistica dell'eventuale Deposito Nazionale piuttosto che al carico antropico, alle persone. Forse, bisognerebbe rivedere quest'aspetto.
Come hanno detto anche altri colleghi amministratori, il deposito dovrebbe essere ubicato dove non c'è in alcun modo la possibilità di ledere alcun ricettore abitativo, le persone. Deve essere fatto in un posto isolato per diversi chilometri, a decine di chilometri da ricettori abitativi.
Il Piemonte ha più di mille Comuni con popolazione sotto i 5.000 abitanti difficile trovare un'area con questi requisiti di distanza dai ricettori abitativi.
Però il fatto di avere oltre l'80% della radioattività (non dei rifiuti, ma della radioattività) presente in Italia, forse suggerisce di trovarlo nelle vicinanze il più possibile per facilitare il compito di movimentare i rifiuti ad alta radioattività. Forse per questo motivo è stato dato un peso importante alla logistica.
Mi dispiace che nei Criteri di Esclusione (CE) non venga considerato il turismo, l'Italia ha il 5% del PIL che deriva dal turismo, arriva addirittura, grazio all'indiretto, al 16%.
Il Comune di Quargnento dal 2018 è un "Comune turistico". Vi ricordo che ha dato i natali a Carlo Carrà, che è un'artista internazionale, più conosciuto al mondo, basti pensare che il quadro "I funerali dell'anarchico Galli" è esposto al MOMA di New York.
Ebbene, non si dà alcun peso alle parole "turismo", "UNESCO", nel CE11 vengono considerate "Le aree naturali e protette identificate ai sensi della normativa vigente. Sono quelle aree dove sono presenti i paesaggi habitat, ecc.", ma non si parla di UNESCO.
Ebbene, Quargnento ha un terzo del suo territorio "Monferrato": confina con Castelletto Monferrato, confina con Fubine Monferrato, anche loro interessati dalle aree.
Il Monferrato è il cinquantesimo sito nazionale UNESCO. L'Italia, che è il paese con più siti UNESCO al mondo (ben cinquantacinque!), non dovrebbe tutelare le nostre ricchezze, il nostro patrimonio culturale, le nostre bellezze? Mi avvio a concludere.
Credo, quindi, che i criteri, che hanno una loro base oggettiva, abbiano tralasciato alcuni aspetti importanti, tipo quello legato al turismo, e nello stesso tempo, siano stati interpretati. Perché il CE10, che lascia perplessi molti amministratori (noi, nel merito tecnico, abbiamo già inviato le prime osservazioni), credo che debba essere approfondito. Non avremmo nemmeno dovuto essere inseriti nella CNAPI iniziale, in base a quel parametro lì, che però, alla fine, deve essere stato interpretato.
Grazie per l'attenzione. Sicuramente il Comune di Quargnento, che ha ben due aree sul proprio territorio, farà tutte le valutazioni nel merito, in collaborazione con gli amministratori dei Comuni contermini, anche loro interessati, e con l'aiuto di tutti i cittadini che, devo essere sincero si stanno promuovendo nella tutela del territorio, della famiglia, delle attività e degli interessi.
Grazie e buon lavoro.



PRESIDENTE

Ringraziamo per le riflessione Luigi Benzi, Assessore del Comune di Quargnento.
Darei la parola alla dottoressa Anna Andorno, Presidente del CARP Vercelli.



ANDORNO Anna, Presidente CARP Vercelli

Buongiorno.



PRESIDENTE

Buongiorno.
Prego, proceda.



(Audio mancante o non comprensibile)



PRESIDENTE

Credo che ci siano problemi di connessione, perché non la sentiamo bene.
Provi a disattivare la telecamera. Grazie.



ANDORNO Anna, Presidente CARP Vercelli

Mi sentite meglio?



PRESIDENTE

Dottoressa Andorno, così la sentiamo bene.
Prego, proceda.



ANDORNO Anna, Presidente CARP Vercelli

Benissimo, grazie.
Rappresento i cittadini della Valle Dora, che è una zona contigua a quella che stiamo studiando. Entrambi questi territori sono già particolarmente compromessi e noi chiediamo una valutazione del complesso dell'area dove dovrebbe essere autorizzata l'allocazione del deposito di scorie radioattive.
Questo deposito andrebbe a svalutare ulteriormente la zona che già faticosamente si sta difendendo da tutta la situazione ambientale che ben conoscono: ci sono cave, ci sono discariche.
Una particolare problematica riguarda, com'è stato ben sottolineato, le falde acquifere. I piani regionali parlano chiaro e anche gli studi del Politecnico: la zona delle falde è particolarmente dedicata, perché non è detto che l'acquifero profondo non sia in collegamento con la falda superficiale.
Inoltre, un altro elemento sul quale riteniamo sussista una grossa problematica - per andare spedita, perché so che ci sono molti interventi riguarda i controlli successivi. Perché il deposito ovviamente sarà fatto a regola d'arte, ma siccome gli anni di attività sono così tanti (si parla di trecento anni, ma ovviamente la radioattività non si ferma, prosegue per millenni!), noi andiamo a caricare sui territori questi controlli, che sono sempre davvero molto scarsi. Gli impianti, una volta costruiti, non sono sufficientemente monitorati, soprattutto se li mettiamo a confronto con il cambiare delle Amministrazioni, che invece è molto rapido. Costruire un impianto di questo genere necessita una grande condivisione con il territorio, quindi con la popolazione, e non parliamo solo di compensazioni, con cui allettiamo le scarse finanze degli Enti locali, ma di uno studio approfondito della ricaduta sull'economia, sulla società sulla qualità della vita e sul lavoro delle persone residenti.
Noi abbiamo già una triste esperienza con le discariche, che magari sono fatte benissimo, ma poi non sono sufficientemente controllate e ne scaturiscono dei problemi. La popolazione è particolarmente preoccupata come già detto, e noi chiediamo quest'attenzione.
Inoltre, ci è parso che questo metodo di ascoltare, finalmente, tutte le parti in causa possa essere riprodotto in altre occasioni e auspichiamo che, anche per le altre problematiche ambientali, ci sia più collegamento con la popolazione.
Ringrazio tutti per questo collegamento.



PRESIDENTE

Ringraziamo Anna Andorno, Presidente del CARP di Vercelli per le riflessioni.
Se Angela Visentin, Vicesindaco del Comune di Fubine, non è in collegamento, proseguiamo con i lavori.
Ha chiesto di intervenire l'Assessore Marnati; ne ha facoltà per venti minuti.



MARNATI Matteo, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
Ovviamente non parlerò venti minuti, anche perché durante la giornata sono state dette tante cose. Ho sentito la rappresentanza di tanti Sindaci, che ovviamente ci riportano all'ente più vicino ai cittadini e alla propria comunità. Giustamente si sentono preoccupati sia da un punto di vista psicologico sia tecnico, proprio perché, com'è stato evidenziato, non hanno neanche tecnicamente le risorse umane per effettuare le giuste considerazioni.
Ho sentito esprimere più volte la preoccupazione sui criteri. Si è parlato del fatto della proroga e credo che la proroga ci sarà, passerà da sessanta a 120 giorni. Ci è stato promesso dal Ministro, quindi non credo nonostante la crisi del Governo, che questa cosa non possa proseguire. In ogni caso, ci sono i nostri parlamentari, per cui ritengo che questo sia l'aspetto più semplice da ottenere in questo momento.
Personalmente è già un anno e mezzo che seguo anche la parte nucleare, ma lo ha fatto anche chi mi ha preceduto. Il Piemonte, già prima che uscisse la CNAPI, è una Regione molto toccata dai rifiuti e dalle scorie nucleari proprio perché siamo in una fase d'indeterminatezza da tanti anni, che dev'essere assolutamente risolta.
La consideriamo come una grande infrastruttura e, come tutte le grandi infrastrutture, qualunque esse siano, non sono mai sempre apprezzate e spesso vengono calate dall'alto o a gamba tesa da parte del Governo, come in questo caso, dall'oggi al domani. Non so il motivo per cui il 5 gennaio abbiano deciso di dare il via libera in Consiglio dei Ministri e non l'abbiano fatto due anni o un anno fa. Non so quale sia la differenza rispetto al passato.
Però così è, ormai non possiamo mettere la testa sotto terra come uno struzzo e dobbiamo affrontare la cosa in maniera democratica. E democratica vuol dire che abbiamo immediatamente attivato - e mi hanno detto che, in questo momento, siamo gli unici a livello nazionale ad averlo fatto - il Tavolo sulla trasparenza, che sarà permanente. Ne abbiamo convocato uno mercoledì, nel quale c'è stata la presentazione che abbiamo visto oggi in Consiglio regionale. Ce ne sarà un altro il 10 febbraio, del quale arriverà fra poco la convocazione, cui potranno partecipare i Sindaci facenti parte della CNAPI, ma anche quelli che hanno la sede del deposito temporaneo. In ogni caso, chiunque può presentare le proprie osservazioni scritte, che saranno registrate e riceveranno una risposta da parte anche di SOGIN e del Governo.
Abbiamo cercato di fare subito quello che era necessario fare per coinvolgere tutti gli Enti e dare il massimo supporto. Mi sembra che ci siano degli ordini del giorno per capire cosa stiano facendo i nostri tecnici di ARPA. In effetti, stanno realizzando l'istruttoria, in maniera scientifica e tecnica, ovviamente non politica, per capire se è vero quello che inizialmente dicono oggi i Sindaci, cioè che i criteri potrebbero non essere corretti.
Questa è la prima questione che va verificata immediatamente, perché se fosse così, mettiamo in dubbio SOGIN che agisce per conto dello Stato com'è stato detto, e sicuramente non ha nessun interesse diretto a scegliere i siti, a meno che ci sia una parte politica, ma dubito che sia stato fatto così, su un tema così delicato, anzi mi auguro proprio di no.
Pertanto, dobbiamo anche noi, come Piemonte, garantire che tutto l'aspetto tecnico sia coerente e giusto.
Si è parlato di Trino Vercellese sugli organi nazionali, anche oggi l'avete ricordato, come ha parlato il Sindaco di Trino, che ha un'opinione un po' diversa rispetto a molti altri. Io sono contrario al fatto di utilizzare il suolo agricolo, che è molto prezioso per il Piemonte, perché il Piemonte esprime, soprattutto in questa fase pandemica, un'eccellenza agroalimentare che è forse uno dei pochi settori che ancora tiene banco a livello di crescita economica. E poi siamo conosciuti così in tutto il mondo, dai vini all'agricoltura, dal riso ai peperoni. È inutile elencare i tanti prodotti che vengono realizzati in Piemonte.
Cosa diversa sarebbe stato se avessero scelto - ma a oggi non mi risulta che sia così - un sito già esistente, magari da riconvertire. Pertanto sicuramente la componente agricola sarà tutelata e dev'essere tutelata.
Il Piemonte verrà chiamato, come tutte le Regioni, alla fine dell'iter per autocandidarsi. Ovviamente, se non ci sarà da parte degli Enti locali - e questa è la nostra opinione politica di Giunta - una candidatura favorevole, anche il Piemonte ovviamente darà parere negativo. Poi non so cosa potrà accadere e se il Governo deciderà, in forza della sua autorità di insediare comunque un deposito da qualche parte in Piemonte o in qualche altra Regione. In quel caso, valuteremo il da farsi.
A oggi, da quello che ho capito, non c'è un'autocandidatura da parte di nessuno. È vero che ci sono tanti contro, forse sono molto di più i contro rispetto ai pro. Il 10 febbraio parleremo, invece - e giustamente, perch dev'essere nostro compito - anche delle eventuali compensazioni, che anche oggi non è che io conosca bene. So, perché mi è stato riferito e poi qualcosa abbiamo letto, che l'investimento sarà quasi di un miliardo di euro, tra il deposito e il parco tecnologico.
Dovrebbero impiegare, se ho capito bene, circa 4.000 persone per la realizzazione dell'opera e prioritariamente verrebbero scelte le imprese piemontesi o locali, quindi questa - ripeto - dev'essere una decisione democratica, che ogni singolo Comune deve prendere insieme con la propria comunità o, comunque, con i Comuni limitrofi.
A Trino Vercellese ho visitato la centrale che sta dismettendo ormai da tantissimi anni; oggi non c'è più quasi nulla di radioattivo se non forse "qualcosina", ma non credo che vi sia qualche tipo di problematica.
Quando ho visitato quella centrale - adesso non voglio tornare sulle scelte che sono state fatte a seguito del referendum, ma il popolo ha deciso e il popolo è sovrano - mi è sembrato di tornare indietro, perché è rimasta come circa sessant'anni fa, tale e quale, anche nei piccoli dettagli. Chi vi entra - non so se avete avuto modo di farlo o se lo farete in futuro - si rende sicuramente conto di avere a che fare con un importante pezzo di storia industriale italiana, che ormai è finito e non credo che tornerà più.
Tuttavia, so che su tutte queste tecnologie e queste infrastrutture nonostante siano vecchie (ci sono le turbine, la sala di controllo, tante aree, il nucleo che è ancora presente) e debbano essere smantellate in circa una decina d'anni e lasciare al loro posto soltanto prato, hanno già puntato gli occhi altri musei a livello nazionale, perché è comunque la storia del nostro Paese.
In proposito, ho chiesto a SOGIN la possibilità - ovviamente, quando sarà tutto in piena sicurezza - di fare le opportune verifiche per far diventare quel luogo l'unico, credo, museo al mondo di centrale nucleare naturalmente dismessa, da visitare. Loro sono molto favorevoli e potrebbe diventare un'opportunità invece di una negatività; un'opportunità turistica, perché so che c'è comunque molta curiosità. Nel resto del mondo l'energia nucleare e atomica continuano a essere utilizzate, ma quella di Trino è stata all'epoca la centrale di produzione più grande al mondo.
Ripeto: noi, all'epoca, eravamo molto all'avanguardia.
A ogni modo, si tratta di un tema su cui non possiamo stracciare la carta sperando che non si parli più di nucleare. Il Piemonte, purtroppo per tanti anni, dovrà occuparsene e dobbiamo farlo a livello tecnico-scientifico al meglio possibile. Ora, il fatto che oggi le Università, tanti tecnici, come anche gli stessi Sindaci abbiano un atteggiamento molto istituzionale, mi sembra che confermi che si vuole discutere, anche se ci sono tante preoccupazioni e sebbene creda che alcuni siti del Piemonte siano da stralciare, perché forse, in effetti, non ci sono le caratteristiche. Oggi non so dirvi quali, ma sicuramente qualcosa, attraverso le osservazioni verrà presa in considerazione anche da SOGIN; non so quanti, non so se tutti o se pochi.
Oggi, ribadisco, abbiamo tante problematiche e tante difficoltà, quindi credo che la giusta strada che dovrà percorrere Regione Piemonte sia ascoltare, prima di tutto, gli Enti locali e continueremo a farlo con grande determinazione. Se ci saranno delle ingiustizie, ci batteremo ovviamente, in difesa dei nostri Enti locali. Questo, insomma, è quanto posso dirvi a seguito di tutti i vostri interventi.
Proseguiremo l'attività con il Tavolo nucleare permanente, quello di trasparenza, che già riunivamo una volta all'anno. Proseguiremo, invece, in tempi serrati, almeno ogni due settimane, per darvi tutte le nuove informazioni che ci saranno e, da un punto di vista tecnico, ci impegneremo per dare supporto - se ho capito bene, questa è una delle prime richieste a favore dei Comuni. Dopodiché vedremo quale sarà la procedura che effettuerà lo Stato, però credo che questo si saprà non prima dell'autunno prossimo. Insomma, credo che un po' di tempo ce l'abbiamo per costruire insieme questo percorso.
Se poi a livello nazionale cambierà la legge e subentreranno altri siti che oggi non sono stati presi in considerazione - anche qui, non si capisce bene il motivo, però forse ce lo diranno - potrebbero arrivare altri territori che magari sono più favorevoli alla realizzazione e altri invece, verranno esclusi. Io questo non lo so; non ho la sfera di cristallo, lo vedremo man mano quanto accadrà.
Ripeto, è vero che si parlava del deposito di scorie nucleari da tantissimi anni, ma non è chiaro perché si è scelto di procedere proprio il 5 di gennaio, nel bel mezzo della crisi pandemica. È vero che non c'è mai un periodo giusto per riuscire a.
Insomma, forse c'era il timore, la paura e credo che sia stata quella una delle motivazioni per andare avanti adesso, però se proprio dovevano sceglierlo forse hanno scelto il periodo peggiore. Noi siamo qui, non possiamo scappare, dobbiamo occuparcene, altrimenti sarà qualcun altro che dovrà e potrà decidere al posto nostro, ma a quel punto non avremmo nessun potere per influenzare o decidere insieme eventuali situazioni. Pertanto, è importante stare tutti uniti, anche se ci sono divergenze e ci sono opinioni differenti, però dobbiamo farlo in modo da avere il massimo ritorno, in qualsiasi caso, in Piemonte, sia per quanto riguarda i depositi temporanei, sia per quanto riguarda il turismo e l'agricoltura.
Eventualmente, se fosse scelto il Piemonte da parte del Governo, ma senza l'autorizzazione della Regione, a quel punto lì dovremmo occuparcene e non sarà sicuramente facile.
Vi ringrazio per la partecipazione, che è tantissima, sia per la preoccupazione, ma anche per la curiosità su un tema che ha sempre creato dibattito da quando esiste. Ormai è più di un secolo che si parla di nucleare. Ci sono stati tanti disastri, ci sono tanti incidenti, però in alcune nazioni viene ancora oggi utilizzato.
Fare finta che in Francia o in altre nazioni europee non ci sia il nucleare, sarebbe sbagliato. Se, infatti, ci fosse un incidente nucleare non saremmo protetti, quindi è fondamentale continuare a fare ricerca e trovare nuove tecnologie. In questo modo, saremmo utili per gli altri perché se SOGIN opera ampiamente anche all'estero, vuol dire che, comunque per fortuna abbiamo una società all'avanguardia.
Questo è un valore aggiunto: l'Italia è sempre stata uno dei paesi all'avanguardia - lo era, poi quel patrimonio si è un po' perso - dal punto di vista ingegneristico, soprattutto sul nucleare. Il fatto che ci siano grandi esperti in questo campo ci rassicura un po', perché credo che ci che verrà effettuato per la realizzazione di questo deposito, in qualsiasi punto verrà fatto, lo sarà nella maggiore sicurezza possibile e immaginabile.
Pertanto, aspettiamo. Aspettiamo di avere la proroga. Aspettiamo di avere adesso, man mano, ulteriori notizie e informazioni. Aspettiamo da parte vostra, Sindaci, le osservazioni. Aspettiamo di capire anche ARPA che, a breve, farà la sua istruttoria, ma anche i nostri tecnici. In ogni caso ritengo che ogni due settimane ci dovremmo rivedere, per chi vorrà partecipare, per fare sempre il punto della situazione, in modo tale da essere i più precisi possibili, perché la gente è giustamente spaventata.
Quando si parla di nucleare, la gente è turbata, perché si conosce poco questa tematica e, quando si conosce poco, c'è grande preoccupazione.
Spero di essere a vostra disposizione il più possibile, di darvi il maggior aiuto possibile, poi decideremo insieme il da farsi. Sappiate che, per noi il parere del territorio è fondamentale, per cui state tranquilli che, se non ci sarà, da parte di nessuno, la volontà di autocandidarsi, anche Regione Piemonte darà il suo diniego.
Grazie mille, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo l'Assessore Matteo Marnati per le puntuali considerazioni.
Passiamo agli interventi dei Consiglieri regionali.
Avverto fin d'ora tutti i Consiglieri che hanno chiesto d'intervenire che hanno a disposizione cinque minuti. Come di consueto, mi raccomando per i tempi, perché alla scadenza dei cinque minuti interverrò per avvisare che il tempo a disposizione è terminato.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Avetta; ne ha facoltà.



AVETTA Alberto

Grazie, Presidente.
Buongiorno a tutti e grazie a tutti coloro che sono intervenuti oggi perché credo abbiano contribuito in modo molto efficace a questa giornata di approfondimento, che era necessaria e opportuna. L'argomento, com'è stato ricordato, è un argomento serio e complesso, che credo debba essere affrontato nel modo più responsabile possibile, senza cadere in quella tentazione demagogica che incombe spesso su tanti di noi e che ci porta a cavalcare dubbi e paure che sono comprensibili, ma che noi, in questa sede dobbiamo evitare di alimentare.
Il nostro compito è affrontare i problemi e, per quanto possibile contribuire a risolverli. In questo senso, ho apprezzato in molte parti l'intervento dell'Assessore Marnati. Questa impostazione mi convince e mi conforta, soprattutto dopo aver ascoltato, lasciatemelo dire, e sicuramente altri colleghi riprenderanno questo ragionamento, sia la reazione del Presidente Cirio a caldo, dopo la pubblicazione della CNAPI, sia, e ancora di più, l'intervento del Presidente Cirio di questa mattina, perché è stato pronunciato da un politico intelligente, un politico esperto, quindi perfettamente conscio di volerla - me lo consenta, Presidente - buttare in caciara, sperando che poi arrivi qualcun altro a risolvere il problema.
Noi tentiamo di non farci trascinare in questa trappola; atteniamoci al merito e alla sostanza, però non possiamo non dire che il Presidente Cirio come tutta la maggioranza, sa bene che viviamo in una Regione (e questa mattina è stato più volte ripercorso il tema) che già oggi detiene l'80 delle radioattività prodotte dalle scorie nucleari italiane.
Credo, quindi, che tutti noi conosciamo bene il percorso, che è la legge che prevede, e si sappia che questo percorso non dipende da un Governo piuttosto che da un altro, da una maggioranza politica piuttosto che da un'altra, ma è un percorso che dipende da un disegno di legge, che è il n.
31 del 15 febbraio 2010.
Quel disegno di legge è stato varato da un Governo, il Berlusconi quarto sostenuto da una maggioranza politica che è la stessa che oggi governa la Regione Piemonte: l'allora PdL e Lega Nord.
A maggior ragione, questa maggioranza politica dovrebbe conoscere tempi e tempistiche previste da quel disegno di legge, che questa stessa maggioranza politica aveva assunto ormai più di dieci anni fa. Al tempo stesso, dovrebbe anche sapere che la Regione ha dei compiti specifici anche qui previsti da una legge regionale del 2010, che non a caso istituisce quel tavolo di confronto che bene ha fatto l'Assessore Marnati a convocare la settimana scorsa. Quel tavolo di confronto e trasparenza definisce, appunto, il percorso. È proprio su quel tavolo che, negli ultimi dieci anni, molte persone intervenute questa mattina, a nome di associazioni e di enti che si occupano di queste tematiche, chiedono la pubblicazione della CNAPI, sollecitano la pubblicazione di questa CNAPI che, secondo quanto ci è stato riferito, sarebbe arrivata all'improvviso come se nessuno in Regione sapesse, quasi a voler revocare una sorta di macchinazione da parte di qualcuno che ce l'ha con il Piemonte, quasi a voler prendere le distanze da una procedura che ci pare sconosciuta, che scopriamo in modo improvviso e che siamo costretti a subire a causa di qualcuno cattivo che sta a Roma. Invece, è semplicemente il frutto di un percorso legislativo che ha quelle caratteristiche, anche dal punto di vista politico, cui ho fatto riferimento.
La CNAPI oggi è stata pubblicata, a questo punto è stata pubblicata ed è la prima volta che il nostro paese mette in campo una procedura di dibattito pubblico, procedura peraltro analoga a quella che altri paesi europei hanno seguito, altri paesi che hanno costruito il deposito delle scorie nucleari.
Credo che, con la serietà che contraddistingue i Sindaci che abbiamo ascoltato questa mattina, rispetto ai quali siamo perfettamente consapevoli e comprendiamo le difficoltà e il disagio che vivono in questi giorni, la Regione dovrebbe stare al loro fianco, come a parole si è dimostrata di essere, non solo nel comprendere quel disagio, ma nell'aiutarli. Dirò poi in conclusione cosa intendo quando dico nell'aiutarli.
Con la serietà che contraddistingue il lavoro dei Sindaci, così come la serietà che contraddistingue il lavoro della struttura tecnica della Città metropolitana e delle Province che si sono dichiarate disposte a stare al fianco dei Sindaci, credo sia necessario, con quel lavoro tecnico, fare emergere tutte le possibili criticità delle aree individuate dalla CNAPI per esempio considerando anche il contributo in termini ambientali, che già molti territori, tra quelli individuati come potenziali, hanno già dato in tutti questi anni. Mi riferisco al Chivassese, un territorio noto sotto questo profilo, e al Calusiese, tra l'altro territori che hanno anche sviluppato una trasformazione in questi anni, una trasformazione dal punto di vista sociale ed economico, in funzione della loro rivisitazione, sotto il profilo economico, quindi con sviluppi e investimenti nell'agricoltura.
Mi riferisco al Calusiese, ma anche al Carmagnolese, solo per citare le aree che, per ragioni territoriali, mi sono più vicine.
Credo che questo lavoro andrà fatto con un approccio che dovrà essere, a nostro avviso, il più possibile scientifico e oggettivo.



PRESIDENTE

Consigliere Avetta, le chiedo se può concludere.
Grazie.



AVETTA Alberto

Ho finito, Presidente. Solo due ultime considerazioni finali.
Rispetto ai criteri di esclusione e di approfondimento che prevede la Guida tecnica, la legge prevede un termine molto stringente per le osservazioni.
Come ha già detto l'Assessore Marnati, e su questo siamo tutti profondamente d'accordo, siamo convinti che sia necessaria una proroga, che abbiamo chiesto e chiediamo anche nell'ordine del giorno che abbiamo depositato.
Auspichiamo anche che la Regione faccia quel lavoro, cui ho fatto riferimento, di affiancamento dei Comuni, mettendo a loro disposizione le competenze tecniche che consentono di evidenziare in modo tecnico e scientifico e, soprattutto, oggettivo, quelle criticità che possono mettere in evidenza l'inadeguatezza di questi territori rispetto alla scelta.
Ultima considerazione. Questa mattina ho ascoltato molte cose intelligenti e interessanti. Per esempio, l'osservazione che ha sviluppato Coldiretti sul consumo del suolo è un'osservazione che, a mio avviso, merita di essere approfondita. È un tema su cui probabilmente il contributo che la Regione può dare è un contributo significativo.
Ci aspettiamo che questa maggioranza politica lasci da parte la demagogia e la superficialità che qualche volta traspaiono da alcune dichiarazioni e ci aspettiamo, al contempo, che metta a disposizione le competenze con serietà, così come - lo riconosco - ha avuto modo di illustrare l'Assessore Marnati nel suo intervento.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Alberto Avetta per le considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Domenico Ravetti; prego, ne ha facoltà per cinque minuti.



RAVETTI Domenico

Grazie, Presidente.
Utilizzerò meno di cinque minuti per restituire il tempo che ha ben utilizzato il collega Avetta.
Volevo dire in premessa che voglio ringraziare il collega Sacco che, nella Conferenza dei Capigruppo, ha formalmente richiesto la convocazione di un Consiglio regionale per discutere degli otto siti piemontesi candidati a ospitare il deposito di scorie nucleari.
Noi oggi siamo qui ad affrontare tutti insieme questa discussione grazie alla richiesta ufficiale di un Capogruppo di opposizione. Questo è un fattore vero, reale, che mette nelle condizioni migliori l'intero Piemonte per affrontare al meglio una situazione complessa e articolata. Le opposizioni avrebbero potuto decidere di fare altro rispetto a questo tema semplicemente decidere di dimostrarsi apertamente contrari senza discussioni e affidare l'onere della scelta e delle responsabilità alla maggioranza.
Le opposizioni hanno compreso che siamo di fronte a un evento molto complesso e articolato, che ha sovrapposizioni di natura tecnica, con scelte che non possono non considerare anche aspetti, ben descritti in tutti gli interventi precedenti, di natura sociale, d'insediamenti abitativi, sviluppi economici, turistici, compromissioni ambientali preesistenti. Questioni molto complesse che non possono essere affrontate come a volte le opposizioni ci hanno abituato nell'epoca in particolare in cui viviamo.
Mi sia permessa una fase del tutto insolita per chi mi conosce, per la tipologia di interventi che faccio, che non è una provocazione. Spero che la maggioranza non faccia opposizione a sé stessa, cioè che non utilizzi un fare troppo ridondante, retorico e che non utilizzi demagogia nell'affrontare questa vicenda per le ragioni che vi ho appena detto.
Partiamo da una considerazione che è stata fatta soprattutto dai Sindaci e dalle associazioni intervenute. L'ipotesi in campo, il progetto su cui c'era un segreto di Stato, che è stato tolto il 4 di questo mese potenzialmente offre una soluzione migliore per il Piemonte rispetto a quella attuale. L'idea di mettere in sicurezza gli attuali siti ha, in s una prospettiva che, potenzialmente, offre scenari migliori rispetto a quelli in cui noi oggi viviamo.
È di tutta evidenza che dei sessantasette siti individuati sotto il profilo tecnico chi ha pensato che la politica, in questi anni, in questi ultimi mesi o in chissà quali giorni, possa aver contaminato la scelta indirizzato qualche scelta tecnica, lo dica apertamente, senza allusioni perché si tratterebbe di un reato. Essendoci sopra un segreto di Stato vorrei fare chiarezza su questo punto.
Nell'individuare per ultimo il migliore, il più adeguato tra i siti candidato tra i sessantasette, a ospitare il deposito di scorie nucleari ci possono essere le posizioni politiche, ci possono essere le indicazioni istituzionali, ci possono essere le paure dei cittadini, tutte condizioni fondamentali che dobbiamo tenere in considerazione ma, soprattutto, è necessario svolgere ulteriori approfondimenti di natura tecnica per aggiungere oppure rendere complementare l'analisi sinora effettuata evidenziando anche altri aspetti sempre di natura tecnica.
Non ci sarà mai nessuna istituzione, nessun soggetto politico che si assumerà la responsabilità di dire: quello è il posto corretto, quello è il posto giusto, quello è il posto in cui io vorrei. Se è questa la discussione, se dobbiamo riportare la concretezza degli eventi in questa discussione, non possiamo non chiedere alla Giunta regionale, al Presidente della Giunta regionale e agli Assessori competenti, di mettere a disposizione tutto il personale della Regione Piemonte, qualificato da un punto di vista professionale, e tutti gli enti strumentali della Regione Piemonte che sul merito possono offrire analisi interessanti.
Se non abbiamo sufficienti risorse professionali, la Giunta si preoccupi di individuare, con procedure certe, soggetti esterni, ma faccia quel lavoro lì, si preoccupi di fare quel lavoro lì.



PRESIDENTE

Consigliere, mi scusi, le chiedo se può concludere.



RAVETTI Domenico

Mi scuso, non ce l'ho fatta stare all'interno dei cinque minuti.
Su questo chiediamo che la Giunta dedichi tutte le attenzioni, anche per informare al meglio e correttamente i piemontesi, in particolare quelli che abitano nelle zone individuate dallo studio, in particolare quelle zone che sono già compromesse dal punto di vista ambientale, per dire le cose come stanno. Possiamo provare a svolgere un'attività quanto più possibile aderente alla realtà?



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Domenico Ravetti per le considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marco Grimaldi; ne ha la facoltà per cinque minuti.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Sono davvero contento di questa giornata. Come sapere, il nostro Gruppo è impegnato da anni sul fronte della denuclearizzazione del Piemonte e su un dato che, forse, è sfuggito al Presidente Cirio, e cioè che il nostro territorio è già la discarica nucleare del nostro Paese! Pertanto, dovremmo agire con tutta l'intelligenza e credo anche col nostro apporto istituzionale e il realismo politico, per ribadire che dobbiamo fare di tutto - dico proprio "di tutto" - affinché i tempi e la scelta sia fatta nel modo migliore possibile, ma, soprattutto, che finisca questa eredità nucleare che continua a essere presente in siti spero temporanei che purtroppo sono diventati permanenti, e che sono, come nel caso di Saluggia, custoditi in luoghi inidonei, come quel triangolo d'acqua ci ricorda.
Mi faccia dire, Presidente, che è davvero stucchevole: siamo tutti amareggiati per aver sentito il comizio del Presidente Cirio.
Guardate, alcuni colleghi, alcuni nostri concittadini e forse qualche giovane giornalista, potrebbero non conoscere la storia del nucleare in Italia. Ma noi li conosciamo bene i "forza nucleare". Conosciamo bene chi negli anni Ottanta era per continuare a tenere aperte quelle centrali.
Conosciamo benissimo la storia del forum; quel forum nucleare italiano che negli anni Duemila ha iniziato a fare al revamping, mettiamola così, di questo ritorno di fiamma del nucleare, di coloro che volevano a tutti i costi spiegarci che era giusto ridargli un'altra vita.
Ecco, questi "forza nucleare", di cui il partito del Presidente ha sempre fatto parte, oggi ci spiegano, come qualsiasi NIMBY, che quella vicenda lì non conta.
Mentre noi, No Nuke (lo vedete alle mie spalle), già allora, da giovanissimi, ai tempi dell'università, sapevamo bene qual era l'eredità nucleare di quegli anni. Ricordo ancora che noi stiamo trattando una vicenda molto lontana nel tempo; stiamo continuando a discutere in ritardo di una vicenda nucleare che è già chiusa, durata appunto dal 1966 al 1990.
Eppure, siamo ancora lì a discutere di quell'eredità.
E quegli stessi che volevano ridare nuova vita al nucleare, oggi fanno i NIMBY, dicendo addirittura delle falsità.
Guardate, il Presidente avrà pure ragione (come gli Enti locali) sul fatto che, di certo, si poteva almeno aspettare a comunicare gli esiti di quella mappa a quegli Enti locali e alle Regioni. Però - diciamoci la verità mistificare la pubblicazione della mappa dei siti, quindi un atto di trasparenza, come una decisione presa, è quanto di peggio un Presidente di Regione possa fare. Proprio perché il Piemonte è già la "discarica nucleare" del nostro Paese, e poi perché il Presidente Cirio non pu permettersi di fare il pesce in barile e dirsi stupito che il Governo abbia tolto il segreto dalla documentazione che serviva a individuare il sito unico nazionale per lo stoccaggio. Ma dove ha vissuto negli ultimi anni? Raramente abbiamo visto un Presidente di Regione così distaccato dalla realtà. Mi sembra lo stesso Presidente che, dopo la vicenda della zona rossa e del lockdown, si muoveva stupito come Morgan sul campo di Sanremo dicendo "Che è successo? Che è successo?". Ma come "cosa è successo?" Presidente? Che cosa sta dicendo? Guardi esattamente la discussione che è in campo! Nessuno ha già preso delle scelte.
Noi pensiamo che il dato sia abbastanza chiaro: cioè noi dobbiamo far sì che questo sito nazionale di stoccaggio arrivi quanto prima, come hanno detto alcuni dei nostri interlocutori di oggi, e che la Giunta si debba mettere a disposizione - intanto di chi? - dei Comuni, per fornire tutto il supporto tecnico e legale necessario per affrontare, in maniera approfondita, la fase di consultazione pubblica e l'invio delle osservazioni, al fine di supportare le analisi che evidenziano i problemi idrogeologici delle aree potenzialmente idonee individuate.
Non poteva dire queste cose il Presidente Cirio? Non potevamo dirci, come hanno fatto altri Enti locali e altre Regioni, che intanto noi avremmo fatto questo? Che cosa dovremmo fare, inoltre? Lo diciamo nel nostro ordine del giorno: dobbiamo garantire il pieno supporto alle comunità locali affinché, all'interno del percorso trasparente individuato dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 al fine di gestire la scomoda eredità nucleare italiana, si prosegua senza accelerazioni, a differenza di chi come il Governo Berlusconi, aveva fatto oltre dieci anni fa sulla vicenda di Scanzano Jonico. Ecco quello che non dobbiamo fare, Presidente Cirio! Lì sì che non c'era nessuna pubblicazione di una mappa! Lì si era definito un sito contro tutto e tutti.
Che cosa dovremmo fare di diverso dal suo Governo? Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo sostenere con forza le argomentazioni legate ai criteri d'incidenza dei siti in attesa di bonifica presenti, appunto, anche nella nostra Regione, cioè minimizzare gli spostamenti e i trasporti dei rifiuti radioattivi verso il futuro sito unico nazionale, come diceva Godio, e quello relativo alla pesante incidenza negativa che la storia nucleare italiana ha avuto sul Piemonte e sulle comunità che hanno ospitato i siti nucleari. Questo è ciò che dobbiamo fare! E dobbiamo farlo notare, ma non strumentalmente, perché è uno degli oggetti che dovrebbe rientrare in quelle argomentazioni.
In ultimo - come ha fatto il nostro Capogruppo alla Camera Fornaro, anche lui piemontese - dovremo sostenere con forza le richieste di aumentare le tempistiche necessarie a far pervenire le osservazioni degli Enti locali per l'organizzazione del seminario nazionale pubblico da cui dovrebbe scaturire la proposta finale, e per far decorrere, appunto, i termini a partire dalla fine dell'attuale emergenza sanitaria.



PRESIDENTE

Consigliere Grimaldi, la invito a concludere. Grazie.



GRIMALDI Marco

Ho concluso, Presidente.
Io credo che questo Consiglio aperto sia servito. Sia servito per sapere esattamente chi ha delle posizioni strumentali e chi, invece, vuole discutere fino in fondo di questo sito, chi non vuole compromettere certo gli interessi turistici e agricoli, ma soprattutto quelli che hanno fiducia nel fatto che se questo percorso viene fatto con trasparenza, con intelligenza e senza strumentalità politica, tutti ne abbiamo da guadagnare; soprattutto, ripeto, noi piemontesi che abbiamo davvero il timore che, prima o poi, torneranno le scorie che abbiamo all'estero, che non possiamo continuare a pagare all'infinito, e magari arriveranno proprio in siti inidonei temporanei, come quello di Saluggia, che continuano a essere lì a portata di tutti, in quel triangolo d'acqua che rischia di compromettere per sempre la Pianura Padana.
Noi piemontesi abbiamo un interesse più grande in questa partita, ed è quello che questo percorso non sia interrotto per l'ennesima volta.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Grimaldi per le considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossi; ne ha la facoltà per cinque minuti.



ROSSI Domenico

Grazie, Presidente.
Cercherò di rispettare i tempi.
Credo anch'io che il Consiglio di oggi sia stato molto utile e ringrazio tutti coloro che sono intervenuti e che stanno seguendo questo Consiglio aperto. È molto utile, perché da oggi non potremo più permetterci di dire imprecisioni o di dare informazioni non corrette sulla fase che stiamo vivendo. Lo dico senza polemica, come ha sottolineato il Presidente Cirio questa mattina. Anch'io lo dico senza polemica, proprio a partire dal Presidente Cirio, del quale purtroppo oggi non ho apprezzato l'intervento iniziale, perché dubito che lui non sappia quello che stiamo vivendo.
Da oggi in poi, mi aspetto che non si dica più - perché ce l'hanno spiegato bene - che il Governo ha deciso senza ascoltare nessuno, perché oggi abbiamo imparato, Presidente, che il Governo non ha deciso alcunché, ma ha semplicemente dato il via a un processo partecipato di decisioni, il primo nella storia d'Italia per un'opera di questo tipo.
Pertanto, non si potrà più sentire né il Presidente Cirio né nessun altro dire "il Governo ha deciso". Il Governo non ha deciso nulla. Non si potrà più sentire parlare di "zone idonee", perché fino a oggi - questo l'abbiamo imparato anche durante questo Consiglio aperto - non ci sono e non esistono ancora zone idonee, ma esistono solo zone potenzialmente idonee, secondo uno studio per ora basato solo su criteri di esclusione, ma che deve essere sottoposto a ulteriori approfondimenti. Soltanto alla fine di questo percorso, ci saranno delle zone idonee, che oggi ancora non conosciamo.
Pertanto, non potremo più sentire dire né che il Governo ha deciso né che ci sono delle zone idonee decise sulla testa delle persone. Non è così. C'è uno studio, finalmente desecretato dopo anni, che permette di far partire un percorso di partecipazione e di condivisione, il primo nella storia di questo Paese.
Non solo. Questo provvedimento arriva dopo sei anni, durante i quali, per diverse ragioni, nessuno si era preso la responsabilità di rendere pubblica la Carta. Sul perché non sia stato fatto prima, lo ha detto anche l'Assessore Marnati. Noi oggi non entriamo nel merito, ma bisogna dire che oggi finalmente c'è stato il coraggio di fare qualcosa che in sei anni non era mai avvenuto e che, finalmente, toglie il Piemonte da una situazione davvero negativa - come dirò alla fine, ma come già è emerso nel dibattito di oggi - perché il Piemonte è la Regione che paga il prezzo più alto.
In sintesi, che cosa possiamo dire dopo oggi (e mi auguro che sia una sintesi che tutti faranno propria)? Possiamo dire che il Governo ha solo reso pubblico un documento tecnico pronto da più di sei anni e che su questo parte un percorso pubblico, aperto e trasparente, di coinvolgimento delle comunità interessate. Si tratta di un'opportunità unica, su cui la Regione Piemonte deve dare il suo contributo. Anche perché, Presidente quando lo Stato deve prendere una decisione del genere ha due strade: una strada è imporre una decisione dall'alto e poi gestire i problemi con la forza, cosa che chiaramente noi non auspichiamo; l'altra strada è quella di provare, in maniera più moderna, a mettere in piedi proprio un percorso di questo tipo. Però dev'essere chiaro che, quando si parla di rifiuti e di nucleare, non entrano in gioco solo aspetti tecnici, ma anche psico-sociali (li definirei così), legati a paure e preoccupazioni, che sono tutte legittime, e di cui i Sindaci non possono non farsi carico.
Qual è il problema per chi poi deve prendere la decisione? È che se le prime reazioni - come purtroppo in questa prima fase stiamo registrando sono quelle di una gara e di una competizione nel dire "no da noi" - per una serie di motivi tutti legittimi - è evidente che si rischia di finire in una guerra di posizione, che annulla immediatamente l'obiettivo di un percorso di partecipazione, come quello che abbiamo messo in piedi.
Pertanto, è chiaro che c'è un equilibrio delicato tra le situazioni calate dall'alto e l'ascolto dei territori. È un equilibrio che rischia delle esasperazioni, da un lato, verso l'autoritarismo e, dall'altro, verso permettetemi un neologismo - la "sondaggite", cioè dico sempre quello che le persone interessate vogliono sentirsi dire in quel momento, cosa che chiaramente non va altrettanto bene. Serve una classe dirigente all'altezza delle sfide di questo delicato momento, capaci di costruire soluzioni utili al paese, insieme con le comunità territoriali.
Il problema è che, come ci insegnano gli esperti di questi processi inclusivi, Presidente, non è sufficiente l'intervento solo di esperti tecnici e di ingegneri, perché il problema principale, in casi come questo non è trovare il sito idoneo, ma una comunità disposta ad accoglierlo. E per fare questo, non basta solamente dare tutte le informazioni, ma occorre mettere in piedi un vero percorso di partecipazione. È soltanto alla fine del percorso che, forse, si potrà raggiungere l'obiettivo di trovare una comunità pronta ad accoglierlo, chiaramente a livello nazionale.
Faccio un esempio. Sono stati citati i siti europei. Nel primo referendum fatto per le comunità della zona del secondo deposito, quello attualmente in essere in Francia, l'80% dei residenti votò "no". Dopo il percorso di partecipazione, il risultato fu completamente ribaltato. Questo non avviene solo perché vengono date tutte le informazioni tecniche, è evidente. C'è un lavoro, che è un vero e proprio mestiere, come gli ingegneri fanno il loro lavoro. È chiaro che se noi sottovaluteremo e non daremo importanza a questi aspetti che riguardano le emozioni, gli interessi e le posizioni dei cittadini e dei Sindaci che guidano queste comunità, sarà più difficile arrivare al risultato.
Dobbiamo sforzarci tutti di passare dalle posizioni agli interessi che giustificano quelle posizioni, perché non è detto che la posizione identificata per tutelare un interesse legittimo, anche comune, non sia l'unica, ma per fare questo passaggio occorre un lavoro. Certo, è un lavoro un po' più difficile in tempo di COVID - su questo sono d'accordo - perch per generare fiducia e mettere in campo un dialogo vero bisogna guardarsi in faccia, bisogna incontrarsi di persona. È più difficile fare questi percorsi in questa condizione in cui non ci incontriamo fra di noi e in cui non è possibile incontrare i cittadini. Questo sì è un limite e questo credo sia il vero motivo per cui dobbiamo chiedere con forza, come anche noi.



PRESIDENTE

Consigliere Rossi, le chiedo di concludere.



ROSSI Domenico

Il vero motivo c'è, cioè la situazione pandemica del COVID per cui chiedere al Governo di aumentare lo spazio.
Insieme con questo, la Regione che cosa deve fare? Non certo alimentare una guerra di posizione, come purtroppo alcune dichiarazioni iniziali hanno fatto, ma sostenere i Comuni, com'è stato chiesto sulle competenze di cui loro ci hanno detto, perché hanno bisogno di supporto tecnico. Con una consapevolezza (è l'ultima cosa che dico, Presidente), che è già stata richiamata sia da Legambiente sia dai colleghi Consiglieri: il Piemonte ha solo da guadagnare da questa situazione, perché ospitando la maggiore radioattività del Paese, sia che dovesse ospitare un deposito nucleare, sia che questi rifiuti dovessero andare da un'altra parte, il Piemonte guadagnerà.
Il Piemonte perderà se invece dovesse persistere la situazione attuale cosa che non ci possiamo permettere, ma dobbiamo fare di tutto per superarla e andare in una direzione di maggiore sicurezza per i nostri territori.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Domenico Rossi per le considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Segretario Giorgio Bertola in qualità di Consigliere.
Prego, Consigliere, ne ha facoltà per cinque minuti. Mi raccomando anche a lei i tempi. Grazie.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
La pubblicazione di questa Carta nazionale ha scatenato un rumore di fondo che può essere comprensibile da parte di chi, magari giustamente quotidianamente, non si occupa della questione, ma è meno comprensibile da parte di chi, invece, quella questione la conosce e che amministra anche una Regione, quindi diciamo che anch'io sono rimasto stupito, ma anche deluso dall'intervento del Presidente Cirio, che era un vero e proprio comizio. Bisogna, insomma, dividere e separare i fatti dalle opinioni.
Qualcuno ha detto: "Pubblicato dalla sera al mattino, nella notte". L'unica decisione presa dalla sera al mattino che abbiamo visto in questi decenni sul nucleare è stata quella del Governo Berlusconi che, lì sì, con una decisione dalla sera al mattino, con un decreto decise che tutte le scorie nucleari andavano a Scanzano Jonico. Probabilmente, intuisco perché la Basilicata ha uno scarso peso elettorale per qualcuno e quindi disse: "Al limite, perdiamo una Regione e le mandiamo lì".
Qui è avvenuto qualcosa di diverso, quindi la prima osservazione è che questa Carta si attendeva da anni; ripeto, si attendeva da anni. Qualcuno ha parlato di tempismo imbarazzante, ma francamente imbarazzante è ciò che è accaduto prima; imbarazzante è il fatto che qualcuno abbia aspettato così tanti anni per pubblicare questa Carta. Se non altro, questo Governo ha avuto il coraggio di pubblicare l'elenco delle aree potenzialmente idonee.
Questo non è il punto di arrivo, è il punto di partenza. Di conseguenza, è assurdo che qualcuno alimenti questo rumore di fondo, poi posso capire che qualcuno magari è già in campagna elettorale, ma questo non fa bene, non fa bene al Piemonte, non fa bene alla comunità, non fa bene a nessuno. È propaganda fatta sulla pelle dei cittadini.
Quindi, primo fatto: si attendeva da anni.
Secondo fatto: è una buona notizia perché, se non altro, qualcuno sta dicendo che quelle scorie andranno via da lì, perché - lo ripeto anch'io visto che l'hanno già detto in molti - oggi, il deposito nazionale ce l'abbiamo in Piemonte in un'area che, peraltro, non è idonea, perché la Carta non l'ha inclusa tra le aree potenzialmente idonee. Il che vuol dire che non è idonea e spero che non si candidi o, se si candida, non è - non è idonea. Questo è un altro fatto.
L'altro fatto ancora è che ci siamo impegnati, l'Italia si è impegnata a identificare questo deposito con il decreto legislativo n. 31 del Governo Berlusconi, del 2010: è un impegno legislativo e c'è anche un impegno a livello comunitario.
Il terzo fatto è che si entra in procedura d'infrazione europea se non si fa questo deposito nazionale.
Questo è per chiarire un po' la questione.
Inoltre, è singolare che tra quelli che "battono la grancassa" a livello locale o che alimentano delle giuste rivendicazioni che ci sono a livello locale ci sia Cirio, ci sia la Lega. Non dobbiamo ricordare un passato troppo lontano: parliamo di forze politiche palesemente nucleariste! Allora, quanti depositi ci vorrebbero, come quello che si deve realizzare se il Piemonte, anzi l'Italia fosse ancora attiva dal punto di vista nucleare? Quanti ce ne vorrebbero? Quanto grandi? Allora, se arriva da quella parte, diciamo, che quell'osservazione è un po' assurda.
Allora, uso la terminologia che ha usato SOGIN: "Il deposito nazionale è la logica e necessaria soluzione". Una volta tanto, un'opera utile nel nostro Paese. Capisco che gli italiani non sono abituati: si vedono imporre decine di opere inutili, ma questa è un'opera utile e importante per il nostro Paese.
È giusto e comprensibile che i territori si oppongano, che dicano che l'area che occupa non è idonea. È giusto che si oppongono e che propongano osservazioni, è giusto sostenere la loro richiesta di una proroga per le tempistiche, entro le quali depositare queste osservazioni. È giusto che la Regione sia al loro fianco nel dare tutto il supporto tecnico, è giusto! Ma anche, perché c'è un "anche" e non c'è un "invece" da parte della Regione c'è un "anche" da parte di chi amministra, c'è un "anche" da parte di chi occupa le istituzionali a livello sovraordinato, perché noi dobbiamo farci parte attiva nel promuovere un'azione d'informazione e di trasparenza perché, signori, un domani che s'identifichi un sito, a livello nazionale nel quale collocare questo deposito, qualcuno penserà che non è più un problema suo! Lo fanno da un'altra parte, ci siamo tolti il problema e invece no, è una questione che riguarda tutto il Paese, perché è importante come realizzarlo, ma è molto più importante dove! Noi che siamo dentro le istituzioni dobbiamo tutti chiedere, insieme ai cittadini italiani, che questo deposto sia realizzato nel migliore dei modi, con la massima attenzione, con la massima trasparenza in tutti i processi, anche e non ultimo dal punto di vista della legalità, visto che stiamo in Italia.



PRESIDENTE

Consigliere, le ricordo che ha finito il suo tempo.



BERTOLA Giorgio

Non dobbiamo, tutti, perdere quest'occasione per la più grande consultazione popolare.
Non va presa la Francia come esempio per il nucleare, perché, purtroppo, è un paese attivo dal punto di vista nucleare. Va preso, invece, l'esempio dalla Francia per come ha realizzato e gestito, anche con la popolazione un deposito da un milione di metri cubi, più di dieci volte tanto, come quello dell'Aube.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Giorgio Bertola per le sue considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Sacco; ne ha facoltà.



SACCO Sean

Grazie, Presidente.
Le chiedo scusa se sforerò un minuto o due, ma è il tempo gentilmente concesso.



PRESIDENTE

Così è allineato con i colleghi.



SACCO Sean

Mi porto avanti, Presidente.
Innanzitutto, volevo ringraziare il collega Domenico Ravetti per aver ricordato la nostra richiesta di fare questo Consiglio regionale aperto.
Perché abbiamo chiesto di fare un Consiglio regionale aperto? Perché noi pensiamo che con la pubblicazione della CNAPI sia proprio iniziato il percorso di trasparenza, un percorso che doveva vedere coinvolti gli Enti locali, ma anche i cittadini.
Dobbiamo parlarne, perché noi in Piemonte abbiamo un problema. Il problema non è la CNAPI, il problema sono i depositi che ormai stanno diventando depositi definitivi e non più provvisori, che abbiamo in diverse aree del nostro Piemonte. Fra l'altro, il fatto di non essere stati ricompresi nella CNAPI, vuol dire che non sono idonei per quel tipo di ruolo.
Ricordiamo, come detto giustamente da molti colleghi, che senza questo deposito unico nazionale, questi depositi temporanei di rifiuti naturali continueremo ad averli sicuramente in Piemonte, in aree, come ho detto, che non sono sicure e non sono adatte a ospitare questi tipi di rifiuti per un tempo così lungo.
Inoltre, continueremo a registrare un enorme ritardo nell'operazione di decommissioning, ovvero la bonifica dei siti attualmente in essere.
Impianti come quello di Bosco Marengo, Trino e Saluggia aspettano solo la messa in esercizio del deposito nazionale, per spostare i propri fusti dai depositi temporanei. Altre scorie, invece, sono addirittura in attesa di essere riprocessate fuori dall'Italia, ma senza certezze, perch attualmente, i Paesi non erano più disposti a ricevere le nostre scorie riprocessarle e rispedircele indietro, perché non avevano la garanzia di potercele rispedire in sicurezza.
Volevo ancora porre l'attenzione sul tempo, il tempo che passa. Attendiamo questa CNAPI dal 2015, quindi abbiamo perso cinque anni - cinque anni - in cui abbiamo rinviato la soluzione di un problema. Voglio dirlo, perché il problema è che nessun Governo ha mai voluto prendersi la responsabilità di affrontare pubblicamente questa vicenda, perché, sì, ha risvolti spinosi e complessi, perché occorre fare un'opera approfondita di concertazione anche con i territori, per capire dove poterlo realizzare e quale sarà il luogo più idoneo in Italia per realizzare quest'opera. Non stiamo parlando del futuro di una Regione, ma stiamo parlando del futuro di una nazione e soprattutto, della messa in sicurezza della nostra Regione. Di questo stiamo parlando.
Vorrei ricordare che l'ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione) ha incominciato la propria attività solo da pochi anni, nonostante un organismo indipendente fosse atteso dal 2009 e l'impianto destinato al condizionamento dei rifiuti radioattivi liquidi sarebbe dovuto essere in esercizio già dal 2019 e invece, per una serie di ritardi e problematiche, oggi siamo ancora in fase di gara.
Il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito dei rifiuti radioattivi prevedeva l'intera realizzazione del deposito nazionale e del relativo parco tecnologico entro la fine del 2025, e il rientro dei soli rifiuti, ad altra attività e riprocessati all'estero, a partire dal mese di gennaio 2024.
Siamo nel 2021, e, senza il decreto legislativo 31/2020, l'intero iter, per arrivare con certezza a un unico sito idoneo in Italia, durerà circa quattro anni e, a essere ottimisti, arriveremo a dieci per avere la costruzione e la messa in esercizio. In Piemonte, invece, è urgente che i rifiuti siano in sicurezza e quelli collocati in aree più problematiche come i siti di Saluggia, e quelli in aree esondabili dovrebbero avere la priorità in ordine di trasferimento al deposito nazionale.
Per la possibilità di fare osservazioni, non facciamoci prendere dal panico, anche da facili slogan che ho sentito, soprattutto in apertura perché c'è una legge, quindi è scritto nero su bianco.
Come detto da ISIN, il seminario nazionale sarà previsto dopo 120 giorni dalla pubblicazione e non c'è una vera e propria previsione di durata del seminario. Fino alla fine del seminario, che quindi non ha una durata prestabilita, ma potrebbe anche durare quattro mesi, le Regioni, le Province e i Comuni individuati della CNAPI possono presentare osservazioni e approfondimenti tecnici. Bene.
Per questo motivo, abbiamo anche depositato un ordine del giorno, per chiedere la messa a disposizione, da parte dei tecnici della Regione e dell'ARPA, quindi degli enti strumentali della Regione, e da parte dei piccoli Comuni, che possano avere le risorse umane necessarie per fare delle controdeduzioni rispetto a quanto emerso dalla CNAPI.
Mi permetto anche di dire che, certo, anche noi abbiamo dei dubbi su molti siti individuati. Faccio un esempio: a primo impatto, personalmente sono rimasto stupito nel vedere così tanti siti idonei nella provincia di Alessandria, ma non certo per un motivo particolare, perché c'è una questione tecnica. Chi conosce bene il territorio sa che la soggiacenza dalla falda superficiale è molto elevata, anche cinque metri dal piano di campagna, che il terreno è di buona permeabilità e che c'è una fascia d'area di ricarico di uno degli acquiferi profondi potabili, più importanti del Piemonte. Ma non solo nella provincia di Alessandria, anche nella provincia di Torino.
Inoltre, gli eventi piovosi di eccezionale intensità e portata che si sono verificati nel 2019 e nel 2020, che hanno determinato lo stato d'emergenza per questi territori, fanno capire bene come si devono tenere in considerazione i nuovi dati di rischio legati al cambiamento climatico. I tempi di ritorno delle serie storiche del rischio alluvione ormai sono completamente inaffidabili.
Studiando la documentazione, ho capito che devono ancora essere valutati in maniera approfondita quei criteri e quei parametri.



PRESIDENTE

Consigliere, le devo chiedere di terminare, per cortesia, perché è già passato il minuto oltre.



SACCO Sean

Sì, ho quasi finito.
Dalle osservazioni degli enti tecnici probabilmente non risulterà più nessun sito idoneo se saranno prese in considerazione tutte le osservazioni che faranno gli enti strumentali, proprio perché, come ho detto, la terza barriera per la sicurezza del deposito nazionale è quella naturale che, va da sé, se il sito finisce a bagno, non è di sicuro un sito sicuro.
Dobbiamo fare un ragionamento dal punto di vista tecnico. Non lo realizziamo qui perché è qui, ma noi lo realizziamo qui perché ci sono tutta una serie di aspetti tecnici che potrebbero mettere in difficoltà questo sito un domani dal punto di vista della sicurezza. Quando si vede che un deposito non è più idoneo e si verificano degli eventi, bisogna poi anche farne un altro con tutto il problema legato al trasferimento ulteriore di questi materiali.
Concludo esortando il proseguimento celere e senza polemiche di questo iter. Tutti noi, Consiglieri e legislatori, abbiamo come priorità la sicurezza della popolazione: questa deve essere messa al primo posto.
Ho concluso.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Sacco per le considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Riva Vercellotti; prego Consigliere, ne ha facoltà per cinque minuti.



RIVA VERCELLOTTI Carlo

Grazie, Presidente.
Oggi dovrei essere contento, perché dopo più di cinquant'anni il nucleare forse, lascerà la mia provincia; forse lascerà la nostra regione. In realtà, sono molto preoccupato, perché il mio timore è che la presentazione della CNAPI sia solo una risposta all'Europa, che è in procinto di sanzionare l'Italia, e che non ci sia una reale volontà di dare seguito al decreto del 2010, che più volte è stato evocato nel corso di questo Consiglio aperto. E non ci sia, in realtà, un'effettiva volontà di chiudere i depositi provvisori piemontesi.
Non solo sono preoccupato, ma sono anche incavolato. I criteri sono pubblici da più di 5-6 anni, ma i vari Governi che si sono succeduti fino ad oggi hanno dormito. Pensate, sono passati dieci anni non per realizzare il sito, ma per decidere i siti potenzialmente idonei. Non quelli idonei: solo quelli potenzialmente idonei! Eppure, quante pressioni sono arrivate dagli Enti locali e dalle associazioni ambientaliste in questi ultimi dieci anni? Una marea! Quante lettere, quanti incontri, quante spinte, quante sollecitazioni! Cosa è stato fatto? Nulla. Ci si sveglia adesso improvvisamente, in piena pandemia.
Il tema non sono i criteri, che erano pubblici dal 2014 e, bene o male, si poteva immaginare dove potesse ricadere la scelta. Basta pensare al tema sismico: non è che in tutta Italia ci sono i terremoti, ci sono i vulcani c'è il problema delle falde acquifere. Il tema è: perché dieci anni? Perch proprio in questo momento e in piena pandemia? Viene il sospetto che ci sia mossi solo per dare una risposta, non al territorio piemontese che detiene le scorie da ormai più di cinquant'anni, ma perché è arrivata la strigliata da oltre confine.
Facciamo allora una bella cosa: prima, nel dubbio, ribadiamo la necessità di dotarci di un sito nazionale unico, senza se e senza ma (il mio Gruppo lo dice chiaramente). Garantiamo prima alle popolazioni piemontesi che ospitano i depositi temporanei la massima sicurezza, visto che i tempi del deposito nazionale saranno, comunque, biblici. Partiamo nel darci una mossa, per esempio, sul Cemex di Saluggia o dalla pulizia degli alvei, dal consolidamento delle difese spondali, arginali e con la messa in sicurezza dei fiumi Dora e Po. Mi rivolgo anche a chi presiede questa assise, che è molto sensibile a questi temi.
Apro una piccola parentesi. Ricordiamo anche agli amici di Roma, nel caso se lo fossero dimenticati, che dovrebbero pagare ai Comuni piemontesi i propri debiti. Ricordo che solo il Comune di Saluggia - pensate, cari Consiglieri! - aspetta più di 22 milioni di euro; lo dico anche ai Sindaci coinvolti nei siti potenzialmente idonei. Ripeto: pensate che il Comune di Saluggia aspetta più di 22 milioni di euro e che, dopo avere vinto due cause contro lo Stato, si trova insieme ad altri Comuni piemontesi e italiani nell'incredibile situazione che deve pignorare lo Stato che perde le cause, ma non le paga. Qui siamo davvero nell'assurdo! Poi, dicevo, chiediamo anche di promuovere - mi sembra che sia stato espresso sia da alcuni Sindaci sia da molti di quelli che sono intervenuti oggi - ogni controllo tecnico sulla difesa delle nostre falde. Ci mancherebbe altro! Non voglio pensare che chi ha fatto lo studio, chi ha fatto i progetti, chi ha fatto la verifica non si sia accorto di questo perché sarebbe gravissimo.
Noi dobbiamo scongiurare e garantire la massima sicurezza alle popolazioni a partire dalle nostre, quelle piemontesi, come è giusto che sia approfondendo anche tutti gli aspetti connessi alla difesa, alla sicurezza e anche le situazioni più estreme, perché mi rendo conto del timore che possano avere le persone che non hanno mai convissuto con il nucleare.
Il mio Gruppo presenterà, successivamente, un ordine del giorno, quindi non mi soffermo ulteriormente. Dico soltanto che il Piemonte - sono certo potrà e dovrà dare la sua collaborazione al Governo, ma occorre avere risposte chiare e tempi certi, prima sulla presenza dei depositi temporanei e poi sul futuro del nucleare nella nostra regione.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Riva Vercellotti Carlo per la grande sensibilità verso il territorio.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Silvio Magliano; ne ha facoltà per cinque minuti.



MAGLIANO Silvio

Grazie, Presidente.
Ringrazio i colleghi che per primi hanno voluto porre all'attenzione della nostra Aula questo dibattito. Li ringrazio perché quello che abbiamo fatto oggi non può e non deve rimanere uno sterile esercizio di democrazia.
È evidente che oggi le democrazie più mature sono chiamate, su temi come questo, a mettere in campo tutte le intelligenze e tutte le forze possibili affinché la conoscenza scientifica e la possibilità di approfondire fino in fondo gli impatti che potrebbe avere una scelta di questo tipo, siano messe nella disponibilità dei più.
Lo dico con chiarezza anche alla luce di alcuni interventi che ho sentito e che mi sono sembrati assolutamente rispettosi dell'orgoglio dei propri territori e di quello che i propri cittadini e i Sindaci hanno fatto in questi anni per cambiar pelle ai propri territori per darsi un'altra vocazione.
D'altra parte, è emerso con chiarezza in alcuni interventi come sia evidente che noi non possiamo scivolare (purtroppo, in alcuni casi l'ho sentito, invece) nella tipica tifoseria da stadio, che utilizza un argomento come questo per farne una battaglia politica, oppure per iniziare a posizionarsi dal punto di vista elettorale. Questo non ce lo possiamo permettere, e lo dico con grande chiarezza ai più che ho sentito.
Mi dispiace - lo dico anch'io - aver sentito in apertura il Presidente Cirio fare alcune affermazioni; affermazioni che, tra l'altro, non sono state riprese da un intervento, che a mio giudizio è stato assolutamente centrato, come quello dell'Assessore Marnati. Perché l'Assessore Marnati evidentemente, ha voluto dire quali sono le questioni in campo e quali sono le tempistiche.
Ben venga, quindi, chiedere maggior tempo per fare ulteriori approfondimenti. Ben venga mettere a disposizione tutte le migliori professionalità che la Regione Piemonte e le sue partecipate possono mettere nelle disponibilità dei Comuni per approfondire e valutare se questa mappa è da aggiornare, se questa mappa tiene conto di altri coefficienti, di altri criteri e di altre tipicità che hanno questi territori. Però è evidente a tutti - non possiamo far finta di nulla! - che se non prendiamo subito in considerazione la questione in maniera molto seria e molto concreta, noi avremo lo stesso tasso d'insicurezza che viviamo oggi, alla luce della presenza di scorie sul nostro territorio.
Com'è stato detto in precedenza, sia se il Piemonte avrà il centro unico nazionale, sia se verrà spostato altrove, la nostra Regione ne ricaverà comunque un guadagno dal punto di vista della sicurezza. Certo, mi rendo conto che ci sia paura da parte dei cittadini. E mi rendo anche conto che tale paura può diventare terrore se una classe dirigente moderna e competente non metterà in campo tutte le azioni necessarie per consentire ai cittadini di capire e di comprendere la situazione. Questo noi chiediamo.
Ho esaminato i diversi ordini del giorno che sono stati presentati oggi. Mi colpisce che alcune realtà che ho visto sbraitare e urlare sui giornali abbiano poi proposto degli ordini del giorno di buonsenso, dove si chiede l'allungamento dei tempi e un totale sostegno da parte di Regione Piemonte rispetto alle richieste dei Sindaci. Pertanto, sui giornali si fa la voce grossa per strizzare l'occhio a qualche amministratore locale o a qualche territorio locale, per dire che da questo punto di vista si è dalla loro parte. Ma il vero problema è capire da quale parte si vuole stare.
Noi dobbiamo stare dalla parte di chi, responsabilmente, si rende conto che questo problema è da affrontate e ogni giorno che passa è un giorno perso rispetto a una soluzione completa di questo problema, che comunque verrà sviluppato e attuato negli anni futuri.
Ho visto che è stato presentato un ordine del giorno a prima firma del Consigliere Segretario Gavazza sulla possibilità di destinare risorse per mettere in sicurezza i siti che in questo momento in totale sicurezza non sono: ben venga, andiamo avanti anche in quella direzione. Però mi auguro e concludo, Presidente - che in questa fase si voglia mettere in campo tutta la competenza tecnica e la possibilità di immaginare anche dei débat publique.
Oggi noi abbiamo fatto un débat publique tra istituzioni, tra Sindaci, tra Consiglio regionale e associazioni. Riportiamo questa modalità sui territori, affinché le ragioni di uno e le ragioni dell'altro possano essere comprese nella scelta migliore. Certo è che, a oggi, non si è scelto ancora nulla. Dipenderà dalla nostra capacità, in un caso o nell'altro mantenere una posizione capace, competente, scientificamente corretta e non faziosa.
Se sapremo gestire il cambiamento, il cambiamento non lo subiremo.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Silvio Magliano per le sue considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Mario Giaccone; ne ha la facoltà per cinque minuti.



GIACCONE Mario

Grazie, Presidente.
Anche a me, sebbene lo si dica per l'ennesima volta, preme ringraziare per l'iniziativa e per il fatto di aver portato in Consiglio questa discussione decisamente importante, anche nella sua componente più tecnica, con le illustrazioni nella mattinata soprattutto da parte di SOGIN, che ha molto ben illustrato e presentato i presupposti dell'azione da intraprendere.
Io penso che da qui bisognerà partire quando si tratterà di .
(Audio mancante o non comprensibile)



PRESIDENTE

Consigliere Giaccone, provi a disattivare la telecamera, così la sentiremo meglio.



GIACCONE Mario

Non so a che punto non si sia più sentito, se dall'inizio o.



PRESIDENTE

No, no, abbiamo sentito.
Prego, prosegua pure.



GIACCONE Mario

Benissimo.
Dicevo, sia per quanto riguarda la parte più tecnica, ben illustrata da SOGIN in mattinata. E penso che da lì bisognerà partire quando si tratterà di illustrare e di approfondire la materia ai territori, partendo cioè da presupposti scientifici e da informazioni il più possibile condivise e partecipate.
Ma è stata una discussione importante soprattutto nella seconda parte della mattinata e nella prima parte del pomeriggio, quando c'è stata la partecipazione preoccupata, a volte oserei dire anche legittimamente impaurita, dei territori, in particolare dei Sindaci, che hanno avanzato le giuste richieste di chiarimento.
Penso che questi siano i due elementi sui quali bisognerà confrontarsi. In altre parole, bisognerà mettere in contatto e in relazione le due istanze per fare in modo che il trasferimento dell'informazione, da una parte, e delle preoccupazioni, dall'altra, alla fine aiuti ad addivenire alla scelta il più possibile consapevole e sensata per tutti.
Anch'io, in considerazione di questo, sono rimasto perplesso di fronte alle semplificazioni di apertura con le quali questa mattina abbiamo iniziato il nostro incontro, come se si trattasse solo di una questione di tempi o di sorpresa, quando invece abbiamo capito che intenderla come "sorpresa" sarebbe stato fuori luogo, perché i tempi erano già segnati ed erano già stati indetti. Lo hanno detto molto bene il Sindaco di Trino e il Sindaco di Bosco Marengo: sorprendersi adesso è quantomeno un po' strano. Il processo è avviato da tempo - almeno da dieci anni - ed è troppo facile spalancare gli occhi adesso. Invece, dobbiamo affrontare il tema - è questo il compito di una politica matura - con responsabilità e attenzione per i territori.
Il processo, va detto, prevede presupposti di partecipazione e di condivisione con i territori. La Regione ha il ruolo di garantire questo processo. Ha il ruolo - ce lo assumiamo come metodo - di monitorare che questo avvenga e di sostenere le ragioni dei territori nel caso in cui non venga data loro attenzione. Ma, al tempo stesso, ha anche il dovere di promuovere l'informazione, di garantire il sostegno a una scelta consapevole e di accompagnare in questa scelta consapevole tutti i Sindaci e tutti i decisori che si trovano di fronte a questa difficile circostanza.
Questo dev'essere il ruolo di un'istituzione e di una politica matura, non la facile cavalcata delle paure o delle legittime preoccupazioni.
Si tratterà di raccogliere le istanze, di cogliere i suggerimenti e di dialogare in maniera trasparente. È chiaro che sono stati sollevati più elementi legati al turismo, all'agricoltura e al paesaggio. Ognuno ha evidenziato le proprie specificità, ma avendo come faro principale la sicurezza e l'ascolto dei territori, penso che, anche considerando questi elementi di criticità sollevati da più parti, potremo addivenire a una scelta sensata, responsabile e consapevole.
C'è ancora molto da fare e ciò che dobbiamo decidere è inevitabile: dobbiamo smantellare e bonificare in ogni caso le sedi precedenti, che sono inadeguate. Questo è un bene - è stato già detto - e per il Piemonte è un motivo anche di soddisfazione. Non dobbiamo, al tempo stesso, farci prendere da quella che è stata, nel corso della mattinata, enunciata come la sindrome NIMBY, cioè la sindrome del "non nel mio cortile". Non dobbiamo farci condizionare dalle emozioni, ma scegliere e decidere con cognizione di causa sulle basi scientifiche, di cui ho già illustrato l'importanza all'inizio dell'intervento.
La Regione sia garante e intermediaria di questo processo, promuova la consultazione e la sostenga. Non ci blocchiamo, però - lo diceva il collega Magliano prima di me - sulle barricate, utilizziamo la proroga dei tempi per scegliere meglio. Approfondiamo e decidiamo insieme, senza schierarci in maniera pregiudiziale su posizione opposte.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Giaccone per le sue considerazioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Preioni; ne ha facoltà per cinque minuti.



PREIONI Alberto

Grazie, Presidente.
Intervengo per dire che la Regione Piemonte e il Consiglio regionale hanno fatto una giornata di grande democrazia. Abbiamo approfondito questo tema delicato e abbiamo fatto grande chiarezza, quando erano altri enti preposti a doverne discutere e a concertare. Oggi avremmo dovuto parlare della crisi economica e della crisi COVID.
Da una parte, è vero: è uno studio che arriva da tanti anni, ma è anche vero che è stato aperto un cassetto ed è stato buttato lì, sulla testa dei territori. Questo giustamente ha fatto allarmare i tanti primi cittadini che vivono tutti i giorni la quotidianità e hanno il polso del loro territorio. I Sindaci sono il front office dei cittadini e hanno anche l'incombenza della salute pubblica sul proprio territorio.
Pertanto, mi sembra che il messaggio che esce sia forte e chiaro: che il Piemonte ha "già dato", perché sul tema del nucleare abbiamo "già dato" e abbiamo dato per tutto il Paese. Dobbiamo gestire lo smaltimento e la chiusura di quei siti nucleari che, come sappiamo, si protrae da decessi e si protrarrà anche per i prossimi decenni.
Dobbiamo tutelare l'agricoltura e il nostro territorio, perché abbiamo parlato dei territori e quei possibili siti sono, tra l'altro, quelli in cui si fa un'agricoltura importante, che è la forza del Piemonte. Quindi già solo questo dato direbbe "fermi tutti, lasciamo stare".
Contestiamo fortemente la tempistica: seppure sia uno studio di dieci anni fa, creare questa discussione nel Paese e nelle Regioni in piena pandemia è una cosa impensabile. Di conseguenza, penso e spero che ci sia una presa di coscienza da parte di questo Governo dimissionario e che se ne parli, con tutta la tranquillità del caso, a pandemia conclusa, perché penso che sia le Regioni sia l'Italia non siano pronte ad affrontare un tema così importante e delicato in questo momento drammatico per tutti.
Abbiamo dei territori, come Trino, che hanno una storia su queste scorie e si rendono "disponibili" a parlare, a trattare, a chiarire e a valutare le ipotesi e che non sono stati presi in considerazione. Quindi, si riapre uno scenario. Per quanto riguarda Trino, ho parlato nei giorni scorsi con ENEL e mi hanno informato che c'è anche un probabile investimento importante di ENEL per una centrale a gas, per una centrale a energia solare. Ci sono tante opportunità che nascono da lì. Al tempo stesso, abbiamo l'anomalia di un territorio che ha una storia e, con tutte le valutazioni del caso prenderebbe in considerazione l'ipotesi, ma non è stato preso in considerazione. Mi auguro che anche su questo si riapra l'opportunità di dare voce a questo territorio e, con le dovute cautele su una materia così sensibile, di arrivare a una sintesi anche con loro.
Sono felice che si sia svolto questo Consiglio regionale, che tanti abbiano potuto parlare e che i Sindaci e anche i tecnici abbiano potuto esprimere la loro opinione. Mi pare che siano usciti dei paletti forti e spero che dopo l'autorevolezza di una seduta di Consiglio regionale aperto e di un Consiglio regionale che si è preso in carico una patata così bollente che non era di sua competenza, si possa realmente parlarne in tranquillità e trovare una sintesi dopo questa maledetta pandemia.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Preioni delle considerazioni.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Disabato; ne ha facoltà per cinque minuti.



DISABATO Sarah

Grazie, Presidente.
In primis, ringrazio tutti coloro che sono intervenuti nella sede di questo Consiglio regionale aperto fortemente voluto dal Gruppo Movimento 5 Stelle e ampiamente condiviso da tutte le altre forze politiche presenti in Consiglio. Non posso che essere contenta e soddisfatta di questo momento di confronto che, oggi, ci ha portato tutti qui a parlare di un tema che per la nostra Regione è d'importanza inimmaginabile, quello del trattamento dei rifiuti radioattivi.
La nostra Regione, lo hanno detto in molti, ha "già dato". È vero, ha "già dato" in molti ambiti, non soltanto sulla questione dei rifiuti radioattivi che sono presenti ormai da molti anni sul nostro territorio, soprattutto a livello di depositi temporanei, quindi non definitivi. Noi affrontiamo questo problema da tanto tempo e lo affrontiamo con senso di responsabilità, ma dobbiamo renderci conto che è arrivato il momento di trattarlo in maniera definitiva, strutturale e sostanziale. Il nostro Paese produce questi rifiuti, li ha prodotti in passato e non è più auspicabile prenderli e confinarli in luoghi che, intanto, non risultano idonei - e questo non lo diciamo noi, ma ce lo dicono degli studi e degli approfondimenti che sono stati fatti in questi anni - ma soprattutto non si può pensare di non affrontare il problema da un punto di vista strategico e strutturale, quindi definendo la risoluzione del problema da oggi al futuro.
Molti amministratori l'hanno detto: non si può essere sorpresi della pubblicazione di questa CNAPI, della Carta Nazionale dei Luoghi Potenzialmente Idonei, quindi l'elenco di quelli che potrebbero risultare idonei, ma che tuttora non lo sono. Si tratta di un documento provvisorio.
È assurdo "cadere dal pero", come abbiamo letto sui giornali e come abbiamo sentito a livello di dichiarazioni. Soprattutto la Regione Piemonte non pu "cadere dal pero", perché possiede la maggior quota di rifiuti radioattivi presenti in Italia.
È una questione che trattiamo da tantissimo tempo e non è accettabile che un Presidente il giorno dopo la pubblicazione della CNAPI se ne esca fuori dicendo: "Noi non immaginavamo niente; ci è piovuto in testa". No! Non è possibile, non l'accetto da un Presidente di Regione! La potrei accettare in sede di propaganda elettorale, ma non da chi amministra una Regione e questo dev'essere chiaro, perché la politica ha una responsabilità ben precisa, che è quella di comunicare ai cittadini, di metterli nella condizione di capire, d'informarsi, di garantire questi processi di trasparenza, come il processo di trasparenza che abbiamo messo in atto oggi, che coinvolge tutte le parti: dai tecnici, agli amministratori, alle associazioni agli enti di studio e di ricerca, quindi persone titolate a parlare della questione, quindi non dal punto di vista politico, ma dal punto di vista tecnico.
Io mi chiedo come sia possibile arrivare il giorno dopo della pubblicazione della CNAPI e rilasciare queste dichiarazioni, mandando anche nel panico i cittadini. La politica, come dicevo prima, dev'essere responsabile dev'essere capace di comunicare e di dire esattamente quale sarà il procedimento da adesso in poi, che è un procedimento di trasparenza, di consultazione pubblica.
Presidente, glielo dico chiaramente: devo dire che sono soddisfatta, perch nessuno - io penso - meglio dei cittadini del territorio dal quale provengo, la città di Collegno, sanno quanto è importante la fase del dibattito pubblico, perché noi, sul nostro territorio, conviviamo con la principale discarica d'Italia nella gestione delle sostanze potenzialmente pericolose di provenienza industriale e da terreni bonificati, cioè parlo di amianto! Noi questa discarica ce l'abbiamo nel nostro territorio e come cittadini (io sono stata anche Consigliera comunale a Collegno) avremmo voluto una fase di dibattito pubblico trasparente e partecipato come questo, ma non l'abbiamo avuto, non abbiamo avuto un'occasione dove sarebbe veramente stato possibile informarsi, capire come si poteva costruire questa discarica! In questo caso, si parla di un deposito, abbiamo visto delle slide e un approfondimento preciso e puntuale sulla struttura, su come vengono stipati questi rifiuti. Il problema è quando non vengono fornite queste informazioni; allora, lì sì che mandiamo nel panico i cittadini e rischiamo di creare anche un disordine, una paura, un senso di ansia per quello che è il futuro, a maggior ragione se parliamo del periodo attuale che stiamo vivendo.
Siccome si tratta, invece, di una svolta storica, perché dopo tanti anni dall'emanazione di quel decreto legge, finalmente, si parla di una soluzione definitiva della questione dei rifiuti radioattivi, allora dobbiamo garantire, prima come politici, poi come istituzioni, un progetto trasparente e una corretta informazione, proprio per evitare che si cada in problematiche di cattiva comprensione o di paura.
Insomma, ho visto una struttura che sembra all'avanguardia, studiata con delle tecnologie avanzate, che ha coinvolto .



(Audio mancante o non comprensibile)



DISABATO Sarah

Si parla anche di un parco tecnologico. Penso che sia una risorsa.



PRESIDENTE

Consigliera, mi scusi, la stiamo perdendo, ma lei ha finito il suo tempo.
Concluda, grazie.



DISABATO Sarah

Concludo dicendo che abbiamo depositato un ordine del giorno con il quale chiediamo alla Regione di farsi carico di assistere i Comuni, le amministrazioni locali, le Province, la Città metropolitana nella fase di elaborazione dei rilievi tecnici che sono essenziali, perché ogni Comune deve poter dire la sua e deve avere le risorse umane e tecniche per poterlo fare.
Ritengo giusto discutere di questa Carta, che non è definitiva, e abbiamo il dovere di dare questi strumenti ai nostri Sindaci e ai nostri amministratori che, in questo momento, hanno quantomai bisogno di questo supporto. Davvero, però, affrontiamo tutta la questione da un punto di vista tecnico, con la trasparenza che merita, lasciando fuori la propaganda politica, che nulla ha a vedere con il futuro di questi rifiuti e di questa vicenda.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Francesca Frediani; prego, ne ha facoltà per cinque minuti.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Sarò brevissima, anche perché di parole se ne sono fatte molte e, poi da un punto di vista tecnico è intervenuto il collega Giorgio Bertola, che peraltro ha avuto un'esperienza qualche tempo fa, andando in sopralluogo presso uno dei depositi in Francia.
Oggi ho ascoltato soprattutto le voci dei Sindaci oltre che, ovviamente gli interventi più tecnici. Devo dire che ho vissuto questi interventi con grande partecipazione, perché anche.



(Audio mancante o non comprensibile)



FREDIANI Francesca

Sul territorio abbiamo dei Sindaci molto fermi nelle loro posizioni e che cercano da sempre di tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini. Tra l'altro, ho sentito anche più volte ricordare come in molti territori molti giovani stiano cercando di recuperare economie antiche e di basare il loro futuro su nuove ipotesi che possano contare su visioni alternative della nostra società. D'altronde, la pandemia che stiamo vivendo purtroppo ce l'ha indicato anche come possibile soluzione per recuperare una dimensione un po' più vivibile.
Devo dire, però, che l'esperienza che ho vissuto sul mio territorio mi porta anche a fare una considerazione, perché in questi anni ho sentito molto spesso parlare d'insicurezza, ho sentito parlare di salute, ho sentito parlare di trasparenza, ho sentito parlare di motivazioni tecniche di confronto, di dibattito, però ho anche visto che quando subentra il fattore economico, quindi quando ci sono delle ragioni economiche che portano a compiere certe scelte, tutti questi elementi passano in secondo piano.
Il mio auspicio è che questo percorso possa sicuramente procedere in piena trasparenza e che si possano ascoltare i cittadini, ma ascoltare non solo nel senso di sentire cos'hanno da dire, ma ascoltare nel senso di recepire quello che i cittadini, le associazioni ambientaliste, le persone che vivono il territorio hanno da dire e cercare sempre di tenere come faro per qualsiasi aggiornamento si vada a fare, proprio la salute e la sicurezza dei cittadini. Infatti, nel momento in cui subentrano questioni economiche, queste priorità si dimenticano.
Qualche Sindaco prima ha usato la parola "controparte", quindi sul territorio si può fare un intervento di questo tipo, però poi chiediamo delle controparti, che è un altro modo di usare il termine "compensazione" una parola che in Val di Susa abbiano sentito diverse volte e non solo in Val di Susa, perché anche nel territorio dell'Alessandrino sono termini piuttosto utilizzati quando di tratta di far digerire qualche scelta.
Pertanto, il mio auspicio è che, al di là della trasparenza e del confronto, ci sia anche una condivisione su quali debbano essere i principi che guideranno le scelte e che rimangano sempre al primo posto la sicurezza e la salute dei cittadini. Se il confronto si baserà sempre su questi principi, non ci saranno altre influenze di diverso tipo.
Credo che questo percorso si potrà fare nel modo più corretto e si potrà fare la scelta più giusta per il territorio.
Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALLASIA



PRESIDENTE

Grazie.
Non essendovi più iscritti a parlare, abbiamo concluso gli interventi dei Consiglieri regionali e si è concluso il Consiglio regionale aperto, avendo ascoltato tutte le parti invitate.
Ringrazio tutti per la partecipazione. È stato un Consiglio lungo e lungamente discusso da parte di tutti gli attori che hanno partecipato.
Ringrazio chiaramente tutti gli invitati, anche chi non è potuto intervenire fra le associazioni, gli enti associati di riferimento territoriali e i nostri parlamentari del Piemonte, Senatori, Deputati ed Europarlamentari.
Detto questo, possiamo terminare il Consiglio regionale aperto sul tema della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare depositi nazionali dei rifiuti radioattivi, con le riflessioni effettuate sulle ricadute regionali.
Auguro a tutti un buon lavoro e proseguiremo i nostri lavori con la seduta di Consiglio regionale ordinario, dove discuteremo gli ordini del giorno e la tematica in modo più ampio possibile, per arrivare a una conclusione che sarà poi alla portata di tutti gli interessati.
Buona giornata e buon lavoro a tutti.



(La seduta termina alle ore 16.38)



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