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Dettaglio seduta n.98 del 17/12/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche)

Esame deliberazione Giunta regionale n. 261-8239: "Individuazione del progetto concernente 'Linee programmatiche d'intervento su: disadattamento devianza, criminalità'" (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
La conferenza dei Capigruppo ha ritenuto opportuno di rinviare l'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 261-8239: "Individuazione del progetto concernente 'Linee programmatiche di intervento su: disadattamento, devianza, criminalità".


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

La politica del personale nella III legislatura


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del punto quinto dell'ordine del giorno: "La politica del personale nella III legislatura".
Relaziona l'Assessore Testa.



TESTA Gianluigi, Assessore al personale

L'anticipo con cui la relazione è stata consegnata alle forze politiche del Consiglio, alle forze sindacali, mi esime dal darne lettura, ovviamente mi riservo di fare alcune sottolineature che ritengo importanti per il dibattito stesso.
I problemi del personale hanno una loro complessità ed una loro difficoltà, l'Assessorato, in previsione di questo dibattito si è mosso attraverso un'azione che consentisse di fotografare la situazione esistente.
I dati che sono stati forniti in allegato alla relazione hanno consentito alle forze politiche di farsi un'idea precisa del punto in cui siamo giunti su tali problemi e di quali sono gli aspetti che maggiormente devono essere affrontati per dare alla macchina regionale un miglior funzionamento e consentire ai dipendenti di trarre dal loro lavoro una maggior soddisfazione globale.
Da questi dati partono le proposte della Giunta che in questa sede sottopone ai Gruppi politici, per il dibattito, proposte che parzialmente hanno già trovato attuazione in alcuni aspetti specifici.
La proposta fondamentale è quella di promuovere un piano di sviluppo e di organizzazione del personale della Regione. Non crediamo che i problemi della macchina regionale possano essere risolti esclusivamente agendo sul personale. Riteniamo che i problemi del personale ed i problemi dell'organizzazione siano tra loro strettamente intrinsecati e che solo da un'azione fatta su entrambi i termini, si possano ottenere dei risultati.
Proponiamo quindi l'avvio di un primo piano, che sia anche contenuto all'interno del Piano di sviluppo regionale come programma qualificante del Piano di sviluppo, e che consista sostanzialmente in due parti nell'analisi e nella revisione del funzionamento della Regione e nella nuova politica del personale.
Per quanto riguarda il primo punto, è intenzione della Giunta, che peraltro si è già mossa in questo senso in alcune parti e specificatamente nell'Assessorato a cui sono preposto (si è ritenuto opportuno, prima di iniziare un'analisi organizzativa più ampia, di sottoporre l'Assessorato che fa questa proposta a un'analisi organizzativa), di riesaminare globalmente il funzionamento della Regione nei suoi vari organismi e di verificare l'adeguatezza delle strutture attuali, così come sono previste dalla legge 73, rispetto alla necessità di funzionamento e agli obiettivi che la Regione si propone.
Questa analisi e questa revisione delle strutture organizzative tanto più sono importanti in quanto il momento che andiamo ad affrontare è il momento del secondo Piano di sviluppo che porterà necessariamente a variazioni anche significative in alcuni assetti della Regione, che sono stati modellati sul primo Piano di sviluppo, intendo, ad esempio, la gestione della spesa regionale e, di conseguenza, i progetti ed i piani legati alla spesa regionale che costituiranno obiettivo del secondo Piano di sviluppo.
Riteniamo che il modello organizzativo e il funzionamento organizzativo della Regione non siano adeguati rispetto agli obiettivi di efficienza della macchina regionale che questa Giunta si è proposti, obiettivi che sono estremamente difficili da raggiungere, ma che vedono impegnata la Giunta, in particolare l'Assessorato a cui sono preposto, nel tentativo di raggiungere questi risultati.
Noi riteniamo che per fare un lavoro serio e completo sia necessario sottoporre alla revisione organizzativa l'intera struttura regionale analizzando in particolare i modelli a cui la struttura fa riferimento, i compiti e le funzioni che all'interno della struttura sono affidati e le diverse modalità organizzative che meglio potrebbero consentire, anche in assonanza con le leggi 6 e 73 che sono solo parzialmente applicate, un migliore funzionamento.
L'analisi del sistema organizzativo intende raggiungere due obiettivi.
Il primo è la creazione di un sistema funzionale all'interno del quale ridare spazio alle strutture gerarchiche rifuggendo da un lato dalla tentazione di concepire la gerarchia come un fatto autoritario e come tale risolvente di ogni problema, quindi escludente partecipazione dei dipendenti, e dall'altro dall'illusione che qualsiasi organizzazione possa funzionare in assenza di una struttura gerarchica ben definita. Illusione che credo non venga coltivata da nessuna parte e da nessun sistema perch nella funzionalità dei sistemi ci sono alcune regole che vanno rispettate.
Il secondo obiettivo è quello di sperimentare nuove forme di lavoro. Ci rendiamo conto che molte volte il contenuto delle mansioni, soprattutto ai livelli più bassi, sono monotoni, non certo adatti a valorizzare ed a potenziare la professionalità dei dipendenti.
Pensiamo di introdurre a livello pilota, delle modalità di funzionamento e di organizzazione diverse.
Per quanto concerne la politica del personale due sono le linee su cui l'Assessorato e la Giunta intendono muoversi: il programma di consolidamento e il programma di sviluppo.
Il programma di consolidamento consente di attuare quanto sinora è stato stabilito o quanto sinora ha fatto oggetto di contratti o di accordi sindacali. E' un programma che non introduce delle innovazioni ma che vuole garantire che tutto quanto esiste sia portato a funzionare meglio. In questo programma sono iniziate attività di cambiamento della strutturazione degli uffici del personale che costituiscono il punto centrale della burocrazia necessaria per raggiungere gli obiettivi di politica del personale.
Il programma di sviluppo è invece più ambizioso. Da questo programma prendiamo le mosse nel tentativo di modificare una serie di situazioni che come emerge dai dati, riteniamo non soddisfacenti. In particolare questo programma è basato su alcuni punti cardine: nuovo sistema di reclutamento e selezione formazione progetto di informazione sviluppo delle capacità della gerarchia, costituita dai capi-servizio dai coordinatori, nonché dagli esperti.
Tratteggerò brevemente queste linee.
Per quanto concerne i problemi di reclutamento e selezione riteniamo che l'attuale meccanismo attraverso cui il personale accede alla Regione siano vecchi e scarsamente funzionali.
Per assurdo, il sistema garantista dei concorsi, attraverso le sue rigidità, rischia di portare il personale regionale non sempre aderente alle richieste qualitative che provengono dai singoli assessorati soprattutto i tempi sono estremamente lunghi.
E' sufficiente pensare che per alcune categorie di personale esecutivo indispensabile per il funzionamento della macchina regionale, sono in atto dei concorsi da più di un anno.
Le ragioni di questo ritardo non sono imputabili al funzionamento delle Commissioni quanto al sistema concorsuale e al numero di risposte che questi concorsi hanno avuto. Su questo problema l'Assessorato ha già proposto, d'intesa con la Giunta, un nuovo regolamento alle forze sindacali, che sarà presentato all'esame del Consiglio.
Riteniamo il programma di formazione il punto cardine della politica di sviluppo. L' obiettivo fondamentale è di sviluppare la professionalità esistente all'interno della Regione e di consentire una promozione interna non attraverso meccanismi che in sostanza consentono di far passare persone di livello senza modificare il contenuto della loro professionalità, ma attraverso meccanismi che prima portano alla modifica del contenuto della professionalità e successivamente all'accesso a livelli diversi.
Quest'iniziativa investirà tutti i livelli regionali. Essa, già iniziata per quanto concerne i livelli più elevati, troverà nell'anno 1982, secondo i programmi preparati e contenuti nell'allegato alla relazione, il punto iniziale di partenza per numeri significativi di persone.
Tenteremo di creare uno strumento informativo diretto esclusivamente ai dipendenti con un taglio tecnico professionale. In sostanza ci si propone di dare al personale regionale elementi utili per l'attività professionale quotidiana.
Ricorreremo anche ad una diffusione maggiore del lavoro di gruppo, alla creazione di gruppi flessibili, sia assessorili che interassessorili, per favorire uno scambio di esperienze e di informazioni fra le varie professionalità per consentire un lavoro migliore.
Sul discorso dello sviluppo delle carriere l'idea di fondo è di introdurre all'interno delle categorie regionali dei meccanismi di avanzamento che non siano né casuali, né legati all'anzianità, né legati a concorsi che alla fine si dimostrano mezzi selettivi non sempre perfetti ma legati ad un discorso di qualificazione professionale.
Nell'attuazione della politica del personale facciamo conto sull'azione dei coordinatori e dei capiservizio recentemente nominati, in quanto riteniamo che spetterà soprattutto a loro amministrare questa politica mentre rimane all'Assessorato il compito del coordinamento e delle linee generali che devono essere portati avanti.
Ci troviamo nei confronti del sindacato in una situazione di vertenzialità e di confronto costante. E' un elemento positivo di stimolo sia per l'Assessorato che per la Giunta ma che in alcuni casi crea dei problemi sui quali è opportuno che la Giunta si pronunci.
In particolare, poiché questo dibattito viene casualmente a cadere alla vigilia della determinazione del nuovo orario di lavoro e poiché questo argomento è di interesse generale per i dipendenti regionali, ritengo opportuno precisare in questa sede la nostra posizione su questo argomento.
Abbiamo ricevuto una piattaforma di carattere generale a firma Cgil, Cisl e Uil e Consiglio dei delegati e una piattaforma di carattere specifico a firma della Uil e della Cgil.
Fra i due documenti vi sono delle sensibili variazioni che consentono di dare un giudizio diverso. Le proposte che ci sono state fatte relativamente all'articolazione dell'orario di lavoro non sono accoglibili.
L'Assessorato al personale non vuole essere il notaio di una ulteriore diminuzione della logica di funzionamento della Regione e non vuole nemmeno accettare la logica secondo la quale, essendoci dei problemi organizzativi questi vadano risolti "nel privato", in sostanza, diminuendo le prestazioni lavorative e facendo una specie di tacito patto sociale fra i lavoratori e gli amministratori della Regione per cui da un lato gli amministratori rinunciano a svolgere quella funzione di miglioramento e di modifica delle strutture e dall'altro i lavoratori rinunciano a protestare o rinunciano a svolgere il loro ruolo in cambio di un orario che consenta loro di avere maggior tempo libero.
La proposta di orario continuato, con una previsione di entrata flessibile dalle ore 7,30 alle ore 9 (non sapevo che i dipendenti regionali fossero così mattinieri), un intervallo flessibile e una uscita massima alle ore 18, va contro le lotte sindacali di tanti anni perché stabilisce un orario massimo giornaliero di 9 ore. Non vorrei che andando avanti di questo passo, arrivassimo alle fatidiche 14 ore per cui il dipendente pubblico con due giorni e mezzo di lavoro sì è tolto il problema, ma il funzionamento pubblico non ne trae un vantaggio.
Rispetto a questa piattaforma la nostra risposta non può che essere negativa. Non siamo disponibili a barattare la pace sociale con minore disponibilità di orario di lavoro.
La Giunta è disponibile ad applicare le 36 ore, perché questo è il contratto, con modalità diverse. Viceversa, la piattaforma che è stata fornita successivamente da parte dei due sindacati che ho citato, che stabilisce una serie di considerazioni di principio, ci trova assai d'accordo.
In sostanza stabilisce che in linea di principio l'orario debba essere articolato su 5 giorni; viene mantenuta la mensa, viene mantenuto il concetto di flessibilità oraria, vengono rispettati nell'articolazione dell'orario sia il rapporto con l'utenza, sia l'organizzazione del lavoro.
Esprimo un dubbio e una riserva sul punto quarto in ordine al mantenimento dei permessi individuali anche perché la I Commissione all'unanimità, in sede di discussione dei problemi del personale raccomandò all'Assessore che nel momento in cui ci fosse stata la diminuzione dell'orario di lavoro, il discorso dei permessi individuali avrebbe dovuto essere riesaminato.
L'Assessore in quella sede prese questo impegno.
L'attuazione di questa politica avrà sicuramente dei tempi non brevi e delle difficoltà per chi amministra e per chi è amministrato. Ritengo che vi sia all'interno di questa Giunta una forte volontà di modificare una serie di situazioni che non riteniamo rispondenti agli obiettivi che ci siamo proposti e la volontà di procedere sulla strada tracciata. Non ci facciamo illusioni che questa strada sia in discesa o pianeggiante, non ci facciamo illusioni che in tempi brevi le cose che intendiamo modificare vengano modificate. Tuttavia i tempi e le difficoltà non sono di ostacolo a proseguire sulla strada che abbiamo indicato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

E' aperto il dibattito.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Diciamo subito come liberali che la relazione dell'Assessore Testa merita attenzione e un giudizio sostanzialmente positivo. Semmai il giudizio e le riserve non sono sull'oggetto del dibattito odierno, ma sul modo in cui l'oggetto del dibattito odierno si inserisce in un dibattito più generale sull'organizzazione della Regione, sul modo di essere la Regione.
Ho già detto separatamente all'Assessore che l'eleganza qualche volta ha qualche slabbratura che si chiama civetteria. A me è sembrata una civetteria di cattivo gusto, anche politicamente pericolosa, l'aver introdotto un dibattito su un argomento che ha un capo preciso riferito ai rapporti con il personale introducendo il richiamo alla letteratura antica di tutti i Paesi compreso quello cinese (quindi c'è da pensare che l'Assessore Ferrero vi abbia collaborato).
Il nostro Assessore ha pensato che fosse opportuno richiamare ai nostri collaboratori dipendenti che cosa si pensa di loro in tutto l'orbe terracqueo compresa la Cina ufficiale e compresa la rivoluzione culturale che peraltro mi pare di capire che è stata estrapolata ormai dalla tradizione cinese.
Il personale sappia che Marx considerava la burocrazia una forza autonoma ed oppressiva delle masse, autoritaria ed incompetente, che si rifà ai principi di autorità. Sarà bene che il personale sappia anche che Lenin puntava sulla riduzione degli stipendi. Allora, mi veniva da pensare che quelle belle immagini di Lenin che parlava su un treno in corsa o comunque su un treno con il motore acceso, non era un fatto scenografico, ma un fatto artatamente studiato: il discorso dove Lenin puntava alla riduzione degli stipendi lo si poteva fare soltanto sul treno in corsa che naturalmente con il suo rumore impediva che le masse di dipendenti lo sentissero, anche perché ai tempi di Lenin non essendoci l'iniziativa privata, i dipendenti erano tutti inseriti in un sistema, quindi erano tutti burocrati.
L'Assessore ci dice che questa è anche l'interpretazione più recente del marxismo quindi i nostri dipendenti si sappiano regolare quando andranno a fare le liste interne sindacali. La rivoluzione culturale cinese e l'attuale dirigenza cinese hanno fatto propri questi principi (Ferrero evidentemente non ha fatto un viaggio senza risultati). Weber (pensavo avesse fatto solo il "Franco cacciatore" invece ha fatto anche qualcosa altro) sottolineava "l'elevata incompetenza ed impreparazione tecnica" della burocrazia in genere. Michels sosteneva che la burocrazia era sinonimo di abuso di potere.
Due considerazioni hanno un significato politico, che deve essere sottolineato e cioè che la burocrazia tende a consolidarsi, a stabilizzarsi e ad occupare il potere che la causa prima dell'incompetenza e dell'impreparazione della burocrazia è nella ricerca e nella volontà dei politici che la loro longa manus, cioè la burocrazia, non sia così preparata da essere in grado di condizionare i loro errori.
Questa affermazione dovrebbe farci riflettere perché una classe politica dovrebbe essere in grado di generare una classe burocratica capace autonoma, responsabile nella misura in cui è così capace, così preparata e così aperta da poter rischiare di lasciare la burocrazia in questi tipi di aperture. Noi liberali riteniamo che questo rischio vada corso, che quindi si debba tendere ad una burocrazia più responsabile, più autonoma, più in grado di decidere. Da un primo esame del documento emerge chiaramente come i "buoni rapporti" richiamati esistano ad un livello accettabile solo all'interno di ogni Assessorato. Non sono più così accettabili i rapporti tra un Assessorato e l'altro e non esistono più quando dall'Assessorato si va ad un altro organo della Regione, Consiglio e Giunta nel complesso.
Questa separatezza indubbiamente individua un limite nell'ordine del sistema. Se siamo in una realtà così separata e così frammentaria sarà difficile portare avanti il programma, che peraltro ci trova abbastanza consenzienti. Così come ci trova consenzienti la considerazione che uno dei rischi più grossi che corriamo è la mancanza di incentivi (non soltanto di carattere economico ma anche di responsabilità decisionale) il che porta il nostro personale a posizioni fatalistiche e rassegnate.
Notiamo, e lo constatiamo ogni giorno, che il personale tende a concorrere "all'evoluzione strategica dell'ente che si traduce in organizzazione professionalità e riconoscimento del suo ruolo". In altri termini emerge chiaramente la necessità di rimettere in movimento nella macchina regionale, come in altre parti della vita sociale, meccanismi di meritocrazia, di selezione e di responsabilizzazione.
La Giunta affronta il problema del personale legato alle deleghe. Non vorrei che il fenomeno delle deleghe fosse uno strumento di selezione con il quale il personale meno qualificato viene mandato nella Siberia italiana, cioè nella provincia piemontese, a gestire le deleghe date agli enti locali al fine di perseguire l'obiettivo dichiarato di puntare ad un personale snello, ridotto, di alta qualificazione, alleggerendo la quantità di personale operativo che sembrerebbe eccessiva.
Pregevole è l'analisi della Giunta e le proposte che pone sul "Primo piano di sviluppo organizzativo" del personale. Mi sembra opportuno che si parli di "analisi e revisione del funzionamento della Regione" e di "nuova politica del personale". Scopro che per analisi e revisione del funzionamento della Regione non si intende un ripensamento sulla Regione nel suo complesso sul suo modo d'essere, sulla sua funzione, dimensione finalità, ma si intende un ripensamento sulla funzione del funzionario nell'ambito regionale. E' una visione riduttiva del fenomeno e ci auguriamo che l'Assessore vorrà riflettere. A dodici anni dalla costituzione delle Regioni è opportuno un ripensamento profondo a tempi stretti. Ci trova consenzienti la "creazione di un sistema funzionale, all'interno del quale esista una gerarchia basata sui valori di professionalità". Altrettanto ci trova consenzienti "l'organizzazione collegiale" del lavoro, sulla base di "unità organizzative flessibili" (anche se questo meccanismo di commandos di un esercito moderno leggero a mio avviso, poco si addice ad uno stato maggiore che ragiona ancora in termini di guerra di posizione tipo 1915 che quindi ritiene di aver bisogno di grandi masse da mandare al massacro o da utilizzare nelle parate militari, in provincia queste parate militari sono abbastanza frequenti e interessanti).
Nel capitolo "Politica del personale" c'è una dicotomia che ci trova consenzienti: il programma di consolidamento e il programma di sviluppo. Il programma di consolidamento ci sembra uno dei terreni sul quale più si misurerà la capacità della Giunta di riconvertire l'esistente. Il consolidamento del personale esistente significa recupero in termini di professionalità, di capacità, di flessibilità e di gestibilità.
Evidentemente un lavoro molto più improbo di quanto non sia il programma di sviluppo che è tutto nelle mani e nelle disponibilità della Giunta. Mi pare riduttivo che il programma di sviluppo del personale debba rispondere entro due anni in quantità e qualità sufficienti agli obiettivi che questa Giunta si è data ed al piano di sviluppo. Mi pare una caduta di stile istituzionale estremamente pericolosa, che l'Assessore ci vorrà spiegare nella replica. L'organizzazione del personale non è funzionale al programma della Giunta, ma è funzionale all'istituzione nel suo complesso.
Punto significativo della politica di sviluppo è laddove si ipotizzano tre linee di formazione del personale: una formazione di tipo orizzontale che tende a dotare tutto il personale, a prescindere livelli, di un bagaglio di conoscenze e di informazioni che lo metta in condizioni di conoscere gestire e di essere presente a tutti i livelli della vita regionale. Su questa base comune si punta ad una preparazione più specifica, più specialistica.
Ci trova consenzienti l'ipotesi della formazione per progetti specifici.
Approviamo le indicazioni sullo sviluppo delle carriere che introduce la meritocrazia quale elemento per la promozione del personale. Finalmente il personale non si giudica solo dal punto di vista quantitativo, ma soprattutto dal punto di vista qualitativo, in un sistema che vede nel perseguitamento di livelli più significativi una remunerazione non soltanto sul piano retributivo, che probabilmente vedrà la Regione sempre vincolata e debole per ragioni che non attengono a questo consesso, ma nell'affidamento al personale, che in questa misura si è autoselezionato di mansioni di maggiore responsabilità. Questo è uno degli strumenti che si può utilizzare per mettere in moto un meccanismo di concorrenza sia pure corretta e leale all'interno del nostro personale che rilanci il personale stesso. In questo modo qualora lo stato maggiore si dovesse finalmente muovere, sono convinto anch'io che il dipendente si sentirebbe parte di un sistema che lavora per obiettivi attraverso progetti complessi e che prevede all'interno di essi un proprio obiettivo, un proprio progetto e quindi anche una propria remunerazione.
Non mi addentro sulla polemica sul personale che si sentirebbe premiato perché non lavora e sul personale che si sentirebbe penalizzato perch lavora. E' un argomento che sentiamo in tutti i corridoi sul quale probabilmente altri colleghi hanno più materiale da conferire.
Vengo alle consulenze. Abbiamo detto che quello delle consulenze è un problema delicato non tanto dal punto di vista del controllo quantitativo e, se si vuole, di costume, ma è importante nella misura in cui produce o non produce un aumento della professionalità e della produttività del sistema e del personale regionale.
Nel documento dell'Assessore ci sono alcune indicazioni che sembrano andare in questo senso. Noi auspichiamo che ci sia sempre una porta aperta della Regione nei confronti del mondo della scienza, del mondo della tecnica, del mondo della specializzazione perché riteniamo che la società civile produrrà sempre un livello di specializzazione superiore a quello che una macchina complessa come quella regionale è in grado di produrre. Si sente la necessità, e noi l'avvertiamo in modo particolare, che l'uso delle consulenze non tenda alla riduzione ed alla compressione del livello di professionalità del personale, ma debba essere un momento di formazione della professionalità del personale. Si deve trovare il modo di far vivere il consulente all'interno del sistema regionale per il periodo in cui è titolare di una consulenza. Se riuscissimo ad innescare una verifica tra noi, il personale e le capacità scientifiche e tecniche più specializzate dell'esterno, tenderemmo a due risultati: conoscenze più significative e maggiore qualificazione del personale, soprattutto lasciando la responsabilità della gestione della consulenza al capo servizio preposto all'oggetto della consulenza. Questo mi sembra un modo utile per introdurre la materia della consulenza in un filone che probabilmente sarebbe più produttivo e più significativo che in passato.
Chiudo il mio intervento richiamando alcune considerazioni sulla situazione di estremo disagio in cui si trova il personale per ragioni di tipo politico. Questa maggioranza, che continua a rimandare gli appuntamenti determina una situazione di attese non corrisposte da parte personale e tutta una serie di fenomeni di frustrazione. Ci sembra che i nostri capi servizio siano oberati di funzioni "da casermaggio" che li trasformeranno fra non molto tempo in neo tipi dei vecchi capi ufficio da "Travaso" più occupati a controllare la riga delle calze delle segretarie che non interessati allo sviluppo dell'ente nel quale sono inseriti.
Vengo ad un aspetto più specifico: la realtà del personale del Consiglio.
Il Consiglio regionale dovrebbe avere una formazione di base orizzontale e un livello di specializzazione la più avanzata possibile e un livello di coordinamento il più avanzato possibile. Soprattutto sarebbe opportuno introdurre metodi per cui il lavoro del personale non sia deciso giorno per giorno, non si spezzetti in verticale, ma sia consolidato in una struttura che lavora ed opera a prescindere dall'oggetto sul quale è chiamato ad operare e lavorare. Siamo abituati a ragionare per stereotipi, e utilizziamo il personale per le ricerche in archivio, in biblioteca, per le valutazioni comparate con le altre Regioni, dopodiché misuriamo l'efficienza di una Commissione dal numero di riunioni, dal numero di deliberazioni e dalle leggi licenziate. Noi pensiamo invece che l'attività legislativa si articoli in due fasi ben precise: il complesso di persone addette alla funzione legislativa dovrebbe essere padrone di tutta la realtà in ordine all'oggetto delle competenze regionali in modo tale che quando il politico avverte la necessità di intervenire in quella realtà si trovi in presenza di un personale che quella realtà conosce bene. Inoltre il personale giuridico della Regione non dovrebbe tanto essere in grado di verificare la legittimità formale degli atti, ma dovrebbe poter verificare sul territorio la produttività della norma emessa. Quando licenziamo una legge non emettiamo un comando e una sanzione contro i cittadini, ma proponiamo un progetto, diamo delle disposizioni, al massimo chiediamo la collaborazione di altri: la legge regionale è una proposta di lavoro o una decisione di intervento. Mi pare che alla legislazione regionale manchi il momento, che è sempre legislativo, della verifica di quanto ha prodotto sul territorio. Probabilmente se scendessimo dal trono "aulico" della legge al tronetto della deliberazione, la quale finisce con la liquidazione della spesa (che è l'occasione in cui si verifica quanto quel provvedimento ha inciso ed è stato produttivo), probabilmente riusciremmo ad ottenere un risultato diverso.
Venendo al contingente vorrei suggerire all'Assessore e al Vice Presidente Marchiaro che segue questi nostri problemi, di prospettare a breve termine un sistema di organizzazione del personale addetto alle Commissioni in modo che i rapporti di tipo dipartimentale non ci portino a perdere definitivamente professionalità acquisita e difficilmente recuperabile. Non mi pare che debba cadere sulla testa del personale il fatto che le opportunità politiche abbiano portato le Commissioni al numero di sette. Il complesso del personale deve essere in grado di dare una risposta globale alla domanda complessiva del Consiglio. In questa misura il personale deve poter lavorare nell'ambito di dipartimenti che non possono prevedere più di 2/3 categorie (istituzioni e finanze, territorio e servizi). Dico questo perché siamo in un settore ridotto, agile, non legato ai soldi, non legato alle prestazioni, non legato ai tempi, come appunto sono le Commissioni regionali, nel quale potremmo sperimentare quell'obiettivo che l'Assessore ci ha indicato e che ci vede nettamente favorevoli.
Ci sembra che l'Assessore abbia ricevuto una cultura lombarda quindi la burocrazia asburgica deve aver lasciato qualcosa nella sua mentalità. Mi chiedo se anche lui ha quel neo che spesso mi rimprovera l'Avv. Viglione e cioè di essere proveniente da una Valle dove si è sempre parlato francese e dove il senso della burocrazia francese è un po' diverso da quello descritto da Lenin e da Weber, perché questo modello e questa impostazione che ci trovano sostanzialmente consenzienti, ci sembrano - e lo dobbiamo dire con rammarico - poco compatibili con il lavoro che questa maggioranza porta avanti. La prova l'abbiamo di fronte a noi. E' in discussione una deliberazione sulle devianze e sulla criminalità sulla quale ci dicono che esiste un problema di tipo formale e che la deliberazione deve tornare in Commissione. Non è vero. Per un errore, finalmente, la Giunta aveva fatto sì che la materia venisse accorpata in un primo momento in un solo Assessorato. Questo lavoro, che è per obiettivi e per progetti, viene fermato e ogni Assessore si riappropria delle proprie competenze.
In questo tipo di logica, in questo tipo di impostazione - Assessore faccio al suo progetto i miei migliori auguri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Prima di iniziare il mio intervento, devo lamentare l'assoluto disinteresse della Giunta a questo dibattito.
Questo è un richiamo che facciamo abitualmente da questi banchi ed è molto grave che gli Assessori non si rendano conto dello stato di disagio dei dipendenti della Regione Piemonte e che non si facciano carico di essere presenti in Italia ancorché molti di essi volano per il mondo, quasi fossero Ministri degli Esteri.
Perlomeno quelli che sono qui dovrebbero essere presenti in aula perch discutendo dei problemi del personale regionale si discute anche dei problemi dei singoli Assessori. Ringrazio comunque gli Assessori Testa Moretti e Ferraris che sono presenti.
L'appuntamento offerto da questo dibattito, leggo nella relazione "promosso dalla Giunta" ma io direi "voluto dalla D.C.", dato che da mesi lo sollecitiamo viene valutato dal nostro Partito come estremamente importante.
Affermava il Presidente Viglione nel dibattito sulle leggi 73 e 74 "Considero questi provvedimenti i più importanti tra quelli affrontati dal Consiglio regionale nella seconda legislatura perché senza la mano dell'uomo non si costruisce e non si risolve nulla, non si mette un mattone, non si è nell'ambito della società operatori intelligenti preparati a costruire una realtà nuova quale quella della Regione".
Ho citato questa frase perché la condividiamo pienamente e il dibattito di oggi è un momento di verifica rispetto a queste sue affermazioni.
Oggi analizziamo se quanto le forze politiche si erano ripromesse con le leggi 6, 73 e 74, tanto per citare le più significative, è stato realizzato. E' l'occasione per capire se dalle intenzioni e dalle pure dichiarazioni di volontà, si è passati in questi anni ai fatti concreti o se è rimasto dell'amaro in bocca ai dipendenti ed all'istituzione regionale nel suo complesso.
Noi avevamo criticato allora, attraverso la voce del Consigliere Paganelli l'impostazione data a quelle leggi: le critiche riguardavano il numero l'elencazione e la polverizzazione dei servizi, le soluzioni prospettate in funzione della professionalità.
Mi pare significativo ricordare alcune frasi pronunciate in quel dibattito dall'Avvocato Bianchi. "Credo che si desuma facilmente da questo documento come ci sia stata una competizione fra Assessori che ha avuto il duplice risultato di marcare da un lato l'organizzazione di tipo ministeriale della Regione e dall'altro di enfatizzare il numero dei servizi nella ricerca di simmetrie, di equilibri e di prestigio". "Queste scarse garanzie - diceva ancora Bianchi - si traducono anche nell'insufficiente garanzia di valorizzazione e di ricerca della professionalità. Quanto più prevale il criterio politico, tanto più rischia di essere sfumato il criterio professionale. Lo so bene che esiste un problema di direzione omogenea, di traduzione della volontà politica nei termini corretti nei quali la maggioranza ha una sua funzione da svolgere, ma queste possibilità devono essere trovate nell'ambito di un'oggettività e di una certezza di carattere istituzionale".
"Prevediamo che un'impostazione di questo genere darà luogo da un lato all'inflazione dei ruoli, dall'altro all'impoverimento dei livelli esecutivi, dall'altro ancora, alla necessità non eliminabile di far ricorso amplissimo o alle consulenze esterne o agli interventi degli enti strumentali, al di là delle previsioni istituzionali, per il lavoro di questi Enti".
"Questa impostazione quindi e questi temibili sbocchi trovano la nostra più ferma e convinta opposizione con il proposito di proporre tutte le possibili alternative in futuro, modifiche e correzioni e ciò con l'apporto del personale e dei cittadini".
Queste dichiarazioni dell'avvocato Bianchi in quella seduta oggi mi pare siano di grande attualità e possano e debbano essere rimeditate alla luce delle esperienze di questi anni non solo perché in quelle parole riscontriamo molte verità che forse allora passavano inosservate, ma a noi preme verificare (ed è anche per questo che le ho citate) se su queste verità la maggioranza è ancora sorda o se il tempo è servito per fare intendere a chi allora non aveva voluto intendere.
A noi pare utile ribadire una premessa di fondo: l'esigenza cioè di definire i fini ed i compiti dell'Ente. Questo passaggio è fondamentale per capire se ed in che misura la struttura attuale è valida e come eventualmente adeguarla alle esigenze degli anni '80.
Ribadire quindi che la Regione Piemonte è un ente con peculiarità legislativo-programmatorie e non di gestione, è un'affermazione scontata ma non inutile, perché, se è vero questo, vi è l'esigenza di avere una struttura ad alta qualificazione per adeguare la funzionalità dell'Ente Regione alle continue richieste della società di maggiore efficienza crescita culturale e capacità di analisi e di sintesi dei gravi problemi che l'assillano.
A noi pare quindi che in questo quadro alla Regione venga richiesta una maggiore capacità di adattamento legata ad una chiara guida politica che faccia superare la staticità attuale con una capacità di utilizzare al meglio le risorse umane. Una guida non imposta, ma accettata, per la sua credibilità e per la forza morale di proposta politica presente in essa non autoritaria, ma autorevole e resa degna dall'esempio e dall'impegno offerto quotidianamente nello svolgimento del ruolo di amministratori pubblici. La preoccupazione che abbiamo come forza politica presente nell'istituzione regionale è quella di fare emergere i problemi, le aspettative e le preoccupazioni dei dipendenti regionali, di capire quali sono le speranze e le ansie che assillano il personale sui temi di fondo che sono l'organizzazione del lavoro, il rapporto tra i dipendenti, lo stato del confronto tra il personale stesso e gli amministratori e in primo luogo con la Giunta, con l'obiettivo di ricucire, di ricomporre, di recuperare il tempo e gli spazi perduti per arrivare se possibile, ad un'unità di intenti e di indirizzo.
Riteniamo che questo sia lo scopo di questo dibattito nel quale la D.C. ha voluto ricordare le cose dette in quest'aula nella passata legislatura, per memoria storica sì, ma più ancora per confrontarle con la realtà di oggi un dibattito nel quale intendiamo ribadire il nostro pensiero in modo anche duro e polemico, dettato dalla gravità della situazione, nel quale vogliamo però offrire un contributo positivo con delle proposte concrete e fattive per passare dalle parole agli atti.
Ci pare a questo proposito che la relazione dell'Assessore Testa che noi giudichiamo insufficiente ed inadeguata rispetto alla gravità dei problemi ancorché ricca di dati, di analisi e di tabelle come è nello stile dell'Assessore e che noi apprezziamo, tuttavia presenta degli spunti e delle opportunità che se approfondite, sviluppate ed arricchite dei contributi di tutti i Gruppi si collocano nella logica che il nostro Gruppo intende perseguire in questa materia e quindi interessanti ed utili al dibattito ed alle determinazioni che si riterrà di assumere su questo problema nodale.
Ritorno al tema che ho toccato all'inizio perché mi è caro.
Non sono chiare le valutazioni sugli ottavi livelli sia nella relazione che nell'analisi rispetto ai fini ed ai compiti dell'ente e non definendoli si corre il rischio di non focalizzare gli obiettivi che l'ente intende perseguire. La ricerca è poi utile perché mette in luce una serie di dati che emergono chiaramente. Il taglio della ricerca di tipo privatistico che in parte accettiamo e condividiamo, ma che non può essere calata sic et simpliciter in una realtà di un ente pubblico senza che ci sia una elaborazione dei dati emersi. Vorrei entrare nel merito della relazione e dell'analisi ma non mi pare che questa occasione mi offra il tempo necessario per fare delle analisi così approfondite. In questa sede mi preme ribadire la nostra impressione complessiva sulla materia della gestione del personale. L'Assessore con intelligenza e l'accortezza politica che lo contraddistinguono, ha iniziato questo confronto collocandosi con una relazione aperta ed interessante, ci auguriamo che sappia cogliere alla fine le varie proposte in modo più aperto e meno intransigente di quanto hanno saputo fare in passato i suoi predecessori.
Ed allora occorre entrare nel merito dei problemi che giudichiamo gravi e complessi e dare le nostre valutazioni politiche sulla gestione del personale nella seconda legislatura e in questo inizio di terza legislatura.
A) Un giudizio complessivo sulla politica del personale sviluppata dalla Giunta regionale in questi ultimi anni non può che essere duramente negativo; infatti, si può dire che dal 1975 al 1981 è totalmente mancata in Regione qualsiasi razionale ed organica politica del personale. I primi tentativi di introdurre un minimo di razionalità nella macchina burocratica regionale, avviati dall'Assessore Testa, si possono far risalire soltanto alla seconda metà dell'anno in corso e sono pertanto estremamente tardivi complessivamente modesti ed impacciati. Evidentemente, la grave situazione di disservizio, radicata ormai da anni, rende arduo il processo di riassetto che più volte questa Giunta ha dichiarato di voler perseguire, ma che sinora non si è potuto riscontrare.
Dobbiamo dire, anzi, che alcuni provvedimenti recentemente votati dalla Giunta per quanto riguarda, ad es. le note promozioni al livello ottavo oppure il conferimento degli incarichi di servizio, hanno contribuito ad aggravare ulteriormente la già gravissima situazione in atto.
B) Le conseguenze più vistose di un totale fallimento della politica del personale presso la nostra Regione si stanno manifestando attraverso una progressiva anarchia all'interno dei vari servizi, la deresponsabilizzazione più completa, a qualsiasi livello funzionale, la caduta in verticale del livello qualitativo e professionale dei dipendenti stessi. Questo ultimo aspetto è reso ancora più evidente da due fattori: il progressivo collocamento a riposo per raggiunti limiti di età o per l'applicazione della legge 336 di personale direttivo che, per l'esperienza maturata nello Stato o nelle Amministrazioni locali di provenienza, era in grado di svolgere adeguati compiti di addestramento dei più giovani collaboratori regionali di recente assunzione; in secondo luogo, si sta rivelando sempre più preoccupante, soprattutto negli ultimi tempi, la fuga dalla Regione di funzionari (specie a livelli direttivi) in età ancora produttiva per l'Ente stesso, ma che altrove ricevono soddisfazioni professionali (ma anche retributive) che la Regione non è in grado a tutt'oggi di riconoscere.
C) I tentativi di riforma dell'Assessore Testa si sono sinora evidenziati con lo svolgimento di indagini a tappeto tra i dipendenti, sotto la forma di questionari, interviste, etc, nonché attraverso tentativi di razionalizzazione della distribuzione dei servizi e degli Assessorati medesimi tra le varie sedi regionali.
I questionari e le interviste, per quanto ci risulta, si sono rivelati uno spaccato molto significativo del profondo malessere che pervade i dipendenti regionali. Non hanno fatto altro che rivelare quanto già si sapeva; cioè: il senso di delusione, l'appiattimento fatalista che caratterizza ormai ogni dipendente, avuto riguardo, specialmente, alle limitate se non del tutto assenti possibilità di carriera dei funzionari.
E' altresì un sintomo singolare, che a nostro avviso va valutato con la massima attenzione, quello consistente nella risposta che la maggior parte dei dipendenti ha dato a uno specifico quesito che mirava a conoscere in quale misura e a quale titolo il dipendente regionale ritenesse valutabile il proprio comportamento da parte dell'amministrazione stessa: è stata ritenuta nettamente prevalente, la stretta conformità dell'azione del dipendente alle attese o direttive politiche della Giunta. C'è dunque da meditare sul grado di politicizzazione che si sta poco alla volta diffondendo nell'apparato burocratico.
Anche sul piano della migliore distribuzione degli uffici fra le varie sedi si può dire che, sinora, non siano stati compiuti significativi passi avanti; dobbiamo anzi constatare le consistenti dispersioni di uffici regionali tra sedi diverse, ognuna delle quali, in mancanza di un efficiente governo centrale dell'apparato, viene poco alla volta ad assumere la natura di una isola a se stante (tante Regioni nella Regione).
D) Gli errori fondamentali sulla struttura si rivelano soprattutto attraverso la creazione di un numero eccessivo di servizi. Con la legge 17/12/1979 n. 73, sono stati istituiti 345 posti di ottavo livello a fronte di un organico composto di poco più di un centinaio di effettivi responsabili incaricati con la recente deliberazione adottata dalla Giunta.
In secondo luogo, si è assegnato via via all'attività regionale una connotazione sempre più esecutiva di amministrazione attiva che ha esasperato l'aspetto burocratico dell'Ente, mortificandone le peculiarità legislativo/programmatorie.
Sull'elemento soggettivo (uomini), abbiamo già ricordato l'illogico appiattimento delle qualifiche, specie ai livelli superiori (la nostra è una Regione di sergenti maggiori) che ha determinato la disincentivazione professionale dei singoli, nonché la più massiccia deresponsabilizzazione degli individui.
Come è noto, a questa situazione già largamente pregiudicata si è aggiunta nell'anno 1980, la dannosa procedura prevista dall' art. 5 (noto) ai beneficiari dei concorsi per promozione interna svoltisi nel marzo/aprile 1980 (oltre 150 persone!).
Si tratta di una vicenda tuttora aperta che nuoce gravemente alla funzionalità complessiva dell'apparato regionale (con ricorsi e controricorsi al T.A.R.).
Da ultimo, il coordinamento, in base all'individuazione di aree risultanti dall'aggancio tra loro di servizi nell'ambito del medesimo Assessorato (operazione effettuata più in funzione delle persone, che non in funzione di obiettive esigenze di funzionalità dell'apparato) rischia di recare difficoltà ulteriori al funzionamento sempre più pesante della macchina regionale.
Desidero rileggere in quest'aula a voce alta un passaggio di un foglio uscito da un Assessorato a firma di un gruppo di lavoro, foglio che data circa tre anni fa. "E' necessario dire chiaramente, senza sottintesi, che la situazione di disagio e di frattura del personale è dovuta sia ad una fallimentare gestione ed organizzazione del lavoro sia al desolante stato di ignoranza in cui è sistematicamente mantenuto il personale che si vede così costretto a subire decisioni fra le più disparate che lo riguardano strettamente senza avere nessuna possibilità di intervento".
Colleghi, le conseguenze di questo atteggiamento, le promesse di certi Assessori mai mantenute hanno portato da un lato all'affossamento progressivo della professionalità fino, addirittura, all'emarginazione e per contro, il sorgere di inclinazioni al servilismo e all'arrivismo dall'altro, al brulicare di sospetti, rivalità, tensioni e recenti episodi che non sto a ricordare, ma che sono noti ai colleghi. Né riteniamo giusto l'atteggiamento della Giunta che risponde a questa situazione investendo i capi-servizio della responsabilità di governare una situazione spesso ingovernabile. Non è ribaltando le responsabilità sui capi-servizio Assessore Testa, che si ridà credibilità a questa Regione, ma è dando a ciascuno dal livello più modesto fino ai massimi vertici la dignità del proprio ruolo, le competenze, gli strumenti e i mezzi per esprimere la propria professionalità, ridando al complesso del personale la certezza del diritto e la consapevolezza di concorrere tutti uniti e tutti in egual misura ad una causa comune e con pari dignità: la crescita dell'istituzione regionale.
E allora mi consenta l'Assessore, e mi consentano il Presidente ed i colleghi di fare alcuni esempi concreti rispetto a questi che noi riteniamo gravi errori e scorretta gestione.
Naturalmente non faccio nomi e cognomi; se qualcuno lo crederà in Commissione a porte chiuse li potrò fare perché su queste cose che porto all'attenzione del Consiglio ho nomi e cognomi. Voglio chiedere perché nei servizi dove esistono lavoratori di ottavo livello non sono stati nominati tutti i responsabili di servizio. Voglio capire perché a fronte di 345 ottavi livello, a fronte di 206 servizi, attualmente ne risultano coperti con nomina di responsabilità 146 e rimangono scoperti 60 servizi per i quali non è stato nominato il responsabile avendo 137 funzionari di ottavo livello disponibili. Voglio sapere perché non è avvenuta fino ad ora la nomina dei responsabili di servizio in alcuni enti decentrati come Comprensori, comitati di controllo, quando in strutture come l'IPA di Alessandria abbiamo 6/7 ottavi livello e al Co.re.co di Alessandria ne abbiamo cinque? Crediamo di sapere e lo contestiamo pubblicamente perché a latere delle strutture regionali esistono in alcune situazioni gruppi di lavoro politicizzati che guidano la politica dell'assessorato prevaricando costantemente i capi servizio. E' il problema delle consulenze che ha citato il collega Marchini, sul quale forse non torniamo mai a sufficienza.
Non le escludiamo per i settori altamente specializzati, ma non le accettiamo se occupano lo spazio del personale regionale al quale, tra l'altro, offrono raramente opportunità di crescita professionale.
Perché in questa Regione abbiamo gli usceri incaricati? Perché alcune trimestrali dopo tre mesi sono state assunte come incaricate? Dal 22 luglio 1980 al 4 dicembre 1981 le consulenze sono state 65 per progettazioni tecniche e direzione lavori, 227 per ricerche, studi e collaborazioni di varia natura e commissioni varie previste dalla legge, 46 per incarichi di insegnamento e incarichi di formazione e qualificazione professionale, 251 per assistenza legale e 44 per prestazioni di collaborazione unite a forniture di servizio: totale 633 incarichi di consulenza molti di queste sono a gruppi di lavoro.
Non entro nel merito, ma contestiamo l'affermazione secondo la quale il disegno di legge 148 della Giunta sulle consulenze sia un provvedimento positivo e favorevole per i dipendenti.
Diciamo invece che è un provvedimento inaccettabile e su di esso faremo in Commissione una dura battaglia.
Chiediamo in base a quali criteri viene ripartito il carico di lavoro considerato che ci sono strutture fortemente sottoutilizzate ed altre con carichi di straordinario eccezionale, alcuni dipendenti hanno 760 ore di straordinario annue quando il limite previsto, salvo casi eccezionali, è di 150 ore.
Diamo atto all'Assessore di aver annunciato l'inizio di corsi di formazione. Perché si è atteso tanto a capire che la prima formazione è l'informazione? Perché siamo sempre in ritardo rispetto alle aziende private? Perch dobbiamo umiliare il nostro personale che potrebbe essere all'avanguardia nel confronto con le strutture private? La crescita culturale del nostro funzionario è in ritardo per colpa diciamo noi, dell'insensibilità e della incapacità dimostrata da questa maggioranza in questi sette anni. Vogliamo sapere perché in questa Regione vi sono tante politiche del personale quanti sono gli Assessorati, alcune volte, quanti sono i servizi.
Chiediamo all'Assessore al personale quali provvedimenti intenda prendere perché la guida sia unica, quella istituzionalmente rigorosa.
Chiediamo perché in alcuni casi i capi-servizio non hanno tutte le competenze previste dalla legge e si occupano solo parzialmente delle materie loro affidate. Come si possono accettare situazioni di questo genere? E' indegno che rappresentanze esterne della Regione vengano spesso affidate agli esterni piuttosto che ai funzionari interni.
E' sperpero di denaro pubblico quello di avere un Ufficio stampa della Giunta con 6 persone più due in concorso, quando tutti gli Assessorati hanno un Ufficio Stampa e quando l'Ufficio Stampa del Consiglio ha tre persone delle quali una in maternità.
Se sono vere queste cose, se ognuno dei dipendenti qui presenti, o alcuni hanno trovato nei miei riferimenti una parte delle frustrazioni a cui ho fatto riferimento, allora cari amici, abbiamo governato male.
E' inconcepibile che per un Consigliere regionale sia così difficile avere dei rapporti con le strutture centrali dell'ente. Con quelle esterne, forse perché più piccole, le cose vanno meglio. Ma è spesso un'impresa veramente massacrante riuscire a mettersi in contatto con la persona giusta che sia in grado di dare notizie su di una pratica relativa ad un Comune o ad una persona.
Se manca la persona - e spesso manca - nessun altro è in grado di dare la notizia, quando non si è bloccati prima dal filtro terribile del centralino della Giunta. Capisco che la colpa non è dei centralinisti ma siccome lo stesso trattamento va riservato al cittadino devo dire che facciamo bene ad istituire il difensore civico: vorrà dire che ci rivolgeremo anche noi a lui.
Contestiamo il modo con il quale sono stati ruolizzati i giovani della legge 285. Si è fatto di tutto, sbagliando, per lasciarli nei posti che occupavano al momento del loro ingresso in Regione sbilanciando in molti casi, gli organici di molte strutture periferiche. Bisognava fare delle ricerche dei fabbisogni, professionalizzare il personale ed inserirlo dove era necessario.
Abbiamo governato male noi dai banchi dell'opposizione perché non vi abbiamo costretti prima alla resa dei conti, ma soprattutto ha governato male la Giunta e la maggioranza che la sostiene perché la responsabilità di questa situazione è in primo luogo vostra, dal 1975 ad oggi.
La D.C. ritiene che un dibattito sul personale che punti ad un piano concreto di riorganizzazione dei servizi non può prescindere da una seria e complessa analisi dell'esistente, per rilevare i carichi dell'organizzazione del lavoro, per individuare le strozzature e le aree di inefficienza, per progettare una migliore struttura organizzativa e delineare la transizione dall'esistente al nuovo.
Riproponiamo con forza la necessità delle analisi funzionali e progettuali senza le quali non è possibile alcun reale ammodernamento dell'Amministrazione regionale.
Le proposte che farò hanno queste premesse e tendono a questi obiettivi con l'implicita e doverosa disponibilità a confrontarci su di esse con le forze politiche ed i dipendenti alla luce delle esperienze di questi anni e nel rispetto delle reali esigenze della società piemontese.
Chiediamo: 1) Che la politica del personale sia unica nella Regione Piemonte e non siano tante quanti sono gli Assessorati. L'Assessore al personale si faccia carico del problema secondo le sue responsabilità istituzionali, che siano lui e le sue strutture a riprendere in mano la gestione del personale, che svolga il ruolo di governo che gli compete secondo le linee politiche che la Giunta nella sua legittima responsabilità deciderà di darsi.
2) Che siano applicate leggi sulle strutture attualmente in vigore ed emanati i regolamenti applicativi. Manca, tra gli altri, il regolamento concorsuale che consentirebbe certezza sulle cose acquisite e chiarezza nei comportamenti.
3) Che siano bloccati i bandi di concorso e il conferimento di incarichi a consulenti ed a collaboratori esterni sino a quando non saranno applicate le leggi sulle strutture, cosa che chiarirà i reali bisogni. Intanto si possono predisporre i profili professionali perché non si capisce come si possano fare i bandi senza di essi.
4) Una struttura funzionale non può basarsi su un'organizzazione orizzontale composta di circa 200 servizi. Urge procedere ad una verifica e revisione organica dei servizi esistenti alla luce dell'esame delle effettive competenze regionali e delle materie gestite; in coerenza si verificherà la situazione del personale previsto dagli organici attuali.
5) Occorre individuare un'aggregazione di responsabilità a livello più elevato comprendente più servizi da definirsi in sede di prima approssimazione a livello di materie di competenza regionale oltre naturalmente, alle strutture attinenti ai servizi generali. Chiediamo il raggruppamento dei servizi in unità organizzative più ampie sulla base di questi criteri, avendo chiaro comunque che l'incarico di coordinatore assegnato di recente non deve essere titolo di merito per accedere al nuovo eventuale livello, in quanto il coordinamento è un incarico fiduciario revocabile in qualsiasi momento.
6) Riteniamo urgente la ruolizzazione del personale trasferito dagli enti disciolti e per effetto del DPR 616 ed altri.
7) Chiediamo alla Giunta di conoscere la posizione e le iniziative intraprese in ordine alle proposte sindacali sul riconoscimento dell'anzianità come già fatto per altre categorie, ciò consentirebbe di superare gli errori e le gravi storture provocate dal famoso art. 5.
8) Chiediamo che il Consiglio regionale svolga le funzioni di controllo sull'operato della Giunta e che ogni anno si svolga un dibattito in aula sulla gestione del personale.
9) Chiediamo che dopo aver applicato le leggi sulle strutture, dopo averle sperimentate per un certo periodo, si valuti l'opportunità di passare ad un testo unico delle leggi sul personale.
Prima di passare alle ultime brevi conclusive valutazioni politiche, voglio fare un breve cenno sul nuovo contratto che si sta discutendo.
Da pochi giorni si sono aperte le trattative per il rinnovo del contratto e noi riteniamo di dover dare un contributo anche per questo appuntamento che giudichiamo importante in un difficile momento di crisi economica che ha imposto al Governo un'attenzione rigorosa alla spesa pubblica ed al tetto inflattivo.
Auspichiamo che il Piemonte sia presente alle trattative in modo più attivo rispetto al precedente contratto. Ci auguriamo che venga eliminato l'attuale appiattimento con una forbice più ampia, sentiamo l'esigenza che venga realizzata una politica dei livelli più rispondenti alle esigenze dell'ente, e ci auguriamo che emergano livelli reali e non fittizi.
Infine, ci auguriamo che venga rispettata la puntualità e quindi la decorrenza dal primo gennaio 1982, cosa che consoliderebbe la triennalità del contratto.
In questo intervento ho inteso, a nome del Gruppo della D.C., mettere a fuoco il ruolo fondamentale del personale della Regione, ruolo che noi intendiamo riaffermare con forza riprendendo, e l'ho voluto fare all'inizio non a caso, le parole di Viglione nel dibattito del 1979. E' un problema nodale e decisivo da affrontare se vogliamo rilanciare il ruolo della Regione Piemonte nella società e ci siamo collocati in questo dibattito con l'impegno e la forza che ci deriva dalla nostra presenza nella società piemontese e con le ambizioni che spettano al Gruppo di maggioranza relativa quale noi siamo.
Abbiamo fatto delle critiche precise e denunciato dei fatti che crediamo inconfutabili. Siamo entrati nel merito del problema con delle proposte concrete che intendiamo verificare con le altre forze politiche. Abbiamo espresso dei giudizi e delle valutazioni politiche e di metodo sulla non gestione del personale.
Riteniamo di aver ribadito la disponibilità mia e del mio Gruppo al confronto più che allo scontro. Ma una cosa deve essere chiara e non pu essere sottaciuta da nessuno: intendiamo perseguire fino in fondo l'obiettivo di ridare dignità professionale e senso della Regione a tutta la struttura.
La professionalità non è una dote personale, la si sviluppa e la si acquisisce con impegno, con sacrificio, con il lavoro, e bene lo sanno i dipendenti.
Riteniamo che per conseguire questi obiettivi sia indispensabile il concorso di tutti, della Giunta, delle forze politiche, dei sindacati e di tutti i lavoratori.
E' indubbio che la D.C. conferma in questa sede il suo impegno costante affinché si apra una nuova pagina in questo settore vitale, al quale intende dare il suo contributo per eliminare le tante cose negative che oggi si registrano, per eliminare le sacche di inefficienza per ricostruire un giusto rapporto tra potere politico e dipendenti, non fatto di oscure macchinazioni, di velate minacce, di condizionamenti palesi od occulti, di privilegi mal celati legati a fatti scarsamente attinenti all'impegno e alla professionalità, di provvedimenti in positivo o in negativo che alcune volte sono insostenibili sul piano del corretto rapporto fra istituzione e dipendenti.
Queste cose non le accettiamo più. Siamo per fare chiarezza fino in fondo e riteniamo che il sindacato possa svolgere un ruolo decisivo nei prossimi anni in un rapporto dialettico, anche duro se necessario, ma corretto senza condizionamenti di nessun tipo perché crediamo che siano veramente superati nella coscienza di tutti gli atteggiamenti di un sindacato che muta le sue linee e la sua azione con il mutare del quadro istituzionale.
Siamo convinti che l'azione è tanto più utile e tanto più incisiva quanto più libera è la sua presenza all'interno della struttura. E' per questo che ci auguriamo che l'azione del sindacato sia sempre più credibile e attenta alle evoluzioni delle cose non solo nei risultati contingenti ma anche negli obiettivi di prospettiva.
Alla Giunta, ed in particolare all'Assessore al personale, chiediamo di svolgere appieno e fino in fondo il ruolo che gli compete di Governo.
Abbiamo interesse come opposizione a che la maggioranza assuma tutte le sue responsabilità e svolga pienamente la propria funzione che, anche ove fosse discussa, criticata, e avversata, è una funzione istituzionale essenziale.
Governare vuol dire confrontarsi, vuol dire lavorare e approfondire i problemi, vuol dire decidere. L'Assessore Testa con la sua relazione ha aperto degli spiragli interessanti dopo anni di buio pesto. Sono passati ormai 16/17 mesi da quando si è assunta questa responsabilità e crediamo che ormai abbia capito tutto o quasi di questa Regione.
Non può più trincerarsi dietro la scusa del noviziato; abbia il coraggio di superare le difficoltà che certamente avrà all'interno della maggioranza si assuma le sue responsabilità e dia il segno reale e concreto che la sua gestione porta un'aria nuova in questa materia; se non lo vorrà o non lo potrà fare, certamente avrà fallito uno dei compiti più importanti che il suo ruolo gli ha affidato.
A tutto il personale della Regione Piemonte, quello presente e quello assente a questo dibattito, voglio dire solo due cose a conclusione di questo mio intervento: voglio ringraziarlo pubblicamente a nome del mio Gruppo perché, nonostante tutto, la stragrande maggioranza ha continuato con coscienza a svolgere il ruolo che gli è stato affidato ed ha consentito che comunque questa Regione continuasse a svolgere i suoi compiti con dignità.
La D.C. sarà sempre più al fianco di questa stragrande maggioranza nella battaglia che si dovrà affrontare per fare prevalere la logica della professionalità, dell'impegno, della produttività, al servizio non di questa o di quella maggioranza, di questo o di quel partito, ma al servizio della Regione e della comunità piemontese.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, sarò breve perché di tempo a questo problema ne ho dedicato parecchio avendo avuto questa incombenza per cinque anni. Credo che in questo dibattito ci si debba riferire più alle opere che sono state realizzate che alle critiche che ritengo ingiuste.
Ringrazio il personale che vedo presente, tra il quale scorgo visi noti di persone che hanno lavorato dal 1975 al 1980 attorno a queste questioni membri del sindacato con i quali abbiamo avuto incontri, confronti e a volte anche scontri, comunque siamo stati interlocutori attenti.
Non voglio mettermi in polemica con il Consigliere Carletto per l'amicizia e la stima che mi legano a lui. Debbo ritenere che molte sue affermazioni siano dettate più dalla passione che dalla verità. E' un ragazzo intelligente, emotivo, passionale, giovane e alla sua prima esperienza regionale, quindi è portato a battersi con la lama e con la spada più che con argomenti di ragionata pacatezza.
Uscii dal primo governo Calleri, dopo quasi un anno, proprio perché non condividevo le ipotesi di conduzione che veniva facendo alla Regione Piemonte il Gruppo della D.C. Me ne andai anche perché ritengo che valgano di più le impennate con tagli e opinioni nette sui problemi che l'essere sempre accondiscendenti verso forme di gestione che non condividevo. Quando mi ritrovai dopo lunghi anni ad essere Presidente della Giunta regionale ritrovai quegli stessi motivi per i quali avevo lasciato il primo governo Calleri.
Carletto si è chiesto che cosa potevano dire Paganelli e Chiabrando; in effetti, onesti e probi come sono, potranno dire che nel 1975 ancora non si era conclusa la politica del personale perché non eravamo ancora riusciti a fondere le istanze che erano presenti nel personale regionale che proveniva dallo Stato, da enti vari con quelle lunghe sigle di cui ignoravo l'esistenza, che erano state formate in varie condizioni storiche, più propriamente dalla D.C., per una conduzione clientelare del potere. Per cui nel 1975 erano poche decine coloro che erano riusciti ad ottenere un inserimento nell'organico regionale.
In quel momento era necessario attuare un grande sconvolgimento. Non era ancora emerso il nuovo, che emergerà più tardi. Non eravamo ancora riusciti a mediare tra i giovani leoni emergenti (che quando li presentavo si meravigliavano tutti perché avevano poco più di vent'anni), che avevano voglia di lavorare, che volevano essere inseriti, volevano avere un ruolo nella Regione. Quella che chiamammo la fusione tra l'antico ed il nuovo (l'antico era costituito dal personale dei vecchi Ispettorati dell'agricoltura, dei Geni civili, delle Amministrazioni dello Stato che erano state trasferite alla Regione) venne compiuta attraverso una serie di iniziative legislative, che ebbero varia sorte, ma che si conclusero felicemente in quello che chiamammo l'inquadramento. Vorrei che questo discorso Carletto lo portasse ai vari Andreotti, Cossiga, ai Forlani, ai Morlino, a quelli che governavano in quel momento a cui spiegammo le stesse cose che Carletto ci spiega oggi.
Il Governo respinse costantemente l'ipotesi di un nuovo modello di organizzazione regionale, non più fondato sulla suddivisione ministeriale e burocratica.
Oggi, Signor Presidente, che cosa dobbiamo fare? Intanto dobbiamo dare un'immagine dell'operatore regionale, che non sia quella del piccolo burocrate, in un organismo nuovo qual è la Regione, ma che sia quella di un operatore culturalmente preparato e in grado di dare risposte adeguate. Non è vero che si è sempre portato lo strumento esterno all'interno dell'amministrazione perché la creazione di questo nuovo modello, che sta emergendo, che è già di fronte a noi, ma che ancora non è compiuto, avvenne all'interno della Regione, grazie a operatori intelligenti, siano essi sindacali, siano essi dipendenti dagli Assessorati. Sappiamo quanto abbiano dato i dipendenti addetti al territorio, alla tutela del suolo all'idrologia, alla sanità.
Carletto mi ha portato, come in un processo a difendere l'operato del giudice istruttore che ha rinviato a giudizio l'imputato. Non voglio difendere l'imputato perché difenderei me stesso essendo stato io il giudice istruttore.
Dirò qualcosa sulla politicizzazione. Dovrei riportare Carletto all'ipotesi nordamericana in cui i funzionari pubblici cambiano a seconda di chi vince le elezioni. Noi diciamo che un operatore intelligente non consegue un partito politico, al governo o all'opposizione, ma consegue la linea che il Consiglio regionale si è data a cui lui, comunque la pensi, deve attenersi.
Non c'è una politicizzazione per cui un dipendente se una cosa va bene al suo partito la fa, se non va bene non la fa (anche se in qualche caso qualcuno non dotato di intelligenza può andare in quella direzione).
Non vogliamo assolutamente la caratteristica della partitizzazione da parte dell'operatore regionale, però, attenti. L'operatore regionale non pu avere un'opinione delle cose che gli avvengono intorno? Non deve sapere che esiste un Consiglio regionale che si dà delle linee, che esiste un Piano di sviluppo, una legge sulla tutela e l'uso del suolo, un piano territoriale che va in una certa direzione? Chi l'ha mai detto? L'operatore regionale non deve seguire un partito nelle sue vicende: questo lo farà nella milizia politica, se lo crederà, ma all'interno dell'amministrazione dovrà seguire le indicazioni che gli vengono date attraverso i processi legislativi e deliberativi che gli organi regionali adottano.
Sono due gli obiettivi che vogliamo raggiungere: la formazione e l'aggiornamento.
Volete che faccia un'autocritica? Non abbiamo potuto realizzare il momento selettivo del personale.
Non disapprovo il fatto che i giovani debbano trovare impiego, ma certamente quei 400/500 giovani assunti con la legge della Tina Anselmi potevamo assumerli attraverso i concorsi. Non si volle seguire quella strada. In un'intervista televisiva la Tina Anselmi mi disse che in seguito si sarebbe trovata la strada dei processi selettivi. Oggi sentiamo Carletto dire che avremmo dovuto preparare professionalmente quel personale per immetterlo nel posto giusto. Ma questo l'avete voluto voi. E' il vostro partito che ha emanato quella legge e che poi in sede regionale attribuisce le responsabilità agli altri.
L'altro punto qualificante è l'aggiornamento scientifico. Esso si pu realizzare soltanto attraverso un processo costante perché abbiamo visto che quando l'aggiornamento prelude ad un concorso, la partecipazione è attiva, quando invece l'aggiornamento scientifico non sbocca in qualche cosa di concreto, la partecipazione è piuttosto scarsa.
Fui autore del primo aggiornamento scientifico quando ero Presidente del Consiglio regionale. Per due anni la partecipazione fu larghissima perch si presupponeva una larghezza di concorsi che richiedessero una conoscenza scientifica e tecnica da portare di fronte agli esaminatori L'aggiornamento scientifico deve essere costante tanto che il lavoratore dovrebbe dedicare metà del tempo al lavoro e l'altra metà allo studio; se volete l'autocritica: questo non siamo riusciti a farlo.
L'altra questione riguarda l'orario. In Europa si fanno 40 ore, sia pure con orario flessibile ed a volte autogestito. Se vogliamo essere europei se vogliamo riferirci ai modelli delle grandi democrazie europee, se vogliamo dare delle risposte valide ai cittadini, dobbiamo riportarci a quello, altrimenti il discorso sarebbe tutto vano.
Certo, l'operatore pubblico della Germania, della Francia, dell'Olanda trae una risorsa finanziaria largamente superiore alla nostra. Perché allora non si fa chiaramente questo discorso? Siccome non c'è retribuzione tanto vale che non ci sia lavoro, quindi tagliamo e riduciamo. In questo modo si maschera il secondo lavoro. I sindacati hanno sempre rifiutato il secondo lavoro, quindi non possono proporre ipotesi di lavoro che portano sostanzialmente al secondo lavoro. Ponete con forza la questione retributiva in modo da dare all'operatore pubblico dignità, preparazione scientifica e culturale.
Noi socialisti intendiamo accompagnarci alle grandi confederazioni sindacali nella nostra politica, non intendiamo andare allo scontro. Così si sono pronunciati i gruppi socialisti nell'internazionale europea.
Proprio Willy Brandt disse che i socialisti si accompagnano alle grandi confederazioni sindacali con la prospettiva della loro politica, che deve essere reale, concreta e senza infingimenti.
Ringraziamo l'Assessore Testa, gli altri Assessori e il gruppo di operatori che hanno lavorato con lui. Coltiviamo tali speranze e diamo un contributo in quella direzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il documento della Giunta che ci è stato presentato tramite l'Assessore al bilancio e al personale, per la ricchezza dei dati che contiene, per i problemi che ci propone, meriterebbe un'analisi più approfondita e più completa di quella consentita da uno spazio necessariamente dimensionato all'economia del tempo del dibattito in corso e alla necessità di concludere il dibattito possibilmente entro questa sera.
Abbiamo apprezzato l'introduzione storico- culturale, anche se accanto alle citazioni di Marx e di Weber potevano forse più opportunamente collocarsi alcuni codicilli di quel rapporto Giannini sulla pubblica amministrazione che si poneva di raggiungere l'obiettivo di una maggiore efficienza nel settore pubblico e che rimane un punto di riferimento di grande valore, un testo sacro che non si può ignorare.
E' vero che quei codicilli non hanno finora avuto molta fortuna e seguito per inerzia, probabilmente, degli stessi che avevano ordinato il rapporto.
Ci sembrava tuttavia che un Assessore socialista, che sappiamo convinto della necessità di un profondo cambiamento del modo di essere della pubblica amministrazione, e l'attenta relazione ci convince ulteriormente sul suo atteggiamento, non potesse dimenticare quel documento. E poiché le citazioni ci hanno introdotto su questo dibattito, vorrò fare anch'io una citazione molto più attuale e più nostra; è una di quelle citazioni che diligentemente annoto nelle riunioni del Consiglio, delle Commissioni, dei Capigruppo quando parlano i padri fondatori dello Statuto che ci regola.
Non so se questa citazione l'abbia fatta Viglione o Paganelli, non vorrei che si accapigliassero per avere entrambi questa paternità.
La citazione è molto bella: "Il personale della Regione contribuisce a determinare l'immagine di quella Regione". Credo che in questo sia il senso di tutto il discorso che stiamo facendo. Niente di più vero infatti, ma questa affermazione pone una domanda: perché l'immagine sia buona, come deve essere la Regione e come deve essere il suo personale? La relazione della Giunta più volte sottolinea la necessità di un nuovo modo di essere dell'ente pubblico, che l'ente quindi passi da una concezione burocratica ad una concezione dinamica.
Viviamo ormai in una società di istituzioni, caratterizzata perciò da un nuovo pluralismo e, per quanto questa società non trovi ancora riscontro in modelli già elaborati e compiutamente definiti e quindi non ancora entrati nella nostra cultura né nel nostro costume, vi è ciò non di meno, una realtà in atto che impone le sue esigenze, che impone che una nuova organizzazione amministrativa sia l'organo specifico della nuova istituzione.
Se accettiamo per stabilito che organizzare, così come programmare e intraprendere, sia compito anche dell'ente pubblico, (come dell'ente privato) poco importa se quello che dobbiamo organizzare sia un ospedale piuttosto che un'università, un acquedotto piuttosto che un'azienda di servizi. Difatti, che cosa differenzia la conduzione di un'impresa da quello di un ente pubblico? Soltanto il fatto che la prima persegue come fine il profitto ed opera in regime concorrenziale. Ma sono sufficienti questi elementi differenziali a giustificare un diverso comportamento tra l'organizzazione di un'impresa e quella di un'istituzione pubblica? E' vero che nell'impresa il valore prodotto è economico, è monetizzabile mentre nella pubblica istituzione il valore prodotto è qualitativo e dovrebbe esprimersi in quei servizi che nella loro sintesi influenzano la qualità della vita dei cittadini. Ma se poniamo mente a quanto l'organizzazione sia una esigenza di fondo della nostra società in tutte le sue espressioni e se pensiamo a quanto la mancanza del senso dell'organizzazione costi al fluire della vita della società, non solo in termini monetari, ma anche e soprattutto in termini qualitativi, poiché la qualità della vita si ottiene soprattutto dall'ordinato procedere delle priorità e dei modi di operare, e qualche volta in termini umani, (pensiamo a che cosa ha significato in occasione dei disastri nazionali il non poter disporre di una organizzazione efficiente) comprendiamo quanto reale sia l'esigenza di introdurre nelle istituzioni pubbliche quei principi, quei comportamenti e quelle discipline che si accompagnano all'organizzazione.
Sposato questo concetto (e la relazione lo sposa), occorre essere coerenti fino in fondo. Al modello organizzativo occorre un adeguamento contestuale delle strutture, delle funzioni e quindi della professionalità del personale.
Ciò è vero ed è urgente nel momento in cui il livello statale nell'articolare un suo nuovo modello organizzativo, per esempio nel campo della programmazione, definisce il raccordo ed i rapporti con le strutture regionali, le quali, tuttavia, per reggere il confronto ed esaltare il raccordo, debbono riqualificarsi ed aggiornare il loro comportamento. Ci vale anche per enti collegati all'azione di ricerca e di programmazione della Regione, per esempio, dell'Ires e del Centro di calcolo, come vale per i Comuni. Il che obbliga ad un progetto di riorganizzazione per obiettivi sui rapporti Stato-Regione e Regione-Enti locali. Ciò presuppone anche una definizione dei rapporti interni interassessorili più credibile di quella attuale e la relazione onestamente ammette che le difficoltà operative del personale sono determinate da collegamenti carenti tra gli Assessorati. Questa carenza può forse trovare giustificazione in un'aggregazione assessorile che non ci è mai parsa del tutto razionale e da tempo noi chiediamo un riordino organico della ripartizione delle funzioni amministrative fra i componenti e la Giunta regionale ed anche un diverso raccordo delle attività di verifica e controllo della gestione amministrativa e finanziaria con le strutture di programmazione.
D'altra parte la relazione è ben consapevole della necessità che i problemi del personale debbono trovare una stretta saldatura con quelli dell'organizzazione amministrativa, e il capitolo dedicato allo sviluppo organizzativo appare convincente; quello che ci convince meno è la volontà e la possibilità di tradurre concretamente e coerentemente le dichiarazioni di principio perché, se il primo risultato di questo sviluppo organizzativo è stato, per esempio, quello operato nell'Assessorato al bilancio, ebbene l'aver coordinato le ragionerie decentrate con il bilancio annuale, ci sembra un errore perché le ragionerie vanno coordinate con la gestione finanziaria.
Così, mentre sottoscriviamo in toto il progetto formativo del personale regionale, non siamo convinti dell'allegato 12) "Programma del corso per capi-servizio" che ci sembra ancora povero rispetto agli obiettivi di introdurre nuovi concetti e nuovi comportamenti del personale dell'Ente Regione.
Ho qualche dubbio sul progetto informativo, sulla necessità di un notiziario periodico, mentre un centro biblioteca e documentazione tecnica mi sembra fondamentale e stupisce che non si sia ancora attuato.
La relazione è un documento politicamente rilevante perché discende da un'impostazione corretta e perché offre spunti di notevole approfondimento.
Contiene una buona parte di autocritica che non possiamo che evidenziare essendo stata la nostra critica in tanti anni di dibattito consiliare.
La relazione della Giunta dice che il forte appiattimento fra i diversi livelli contrattuali è concausa dei problemi che agitano l'attuale situazione e alcuni degli ostacoli che si frappongono ad una migliore funzionalità globale. Ma chi l'ha voluto questo appiattimento? Non mi sento, per contro, di attribuire alla Giunta la responsabilità di un accentuato maschilismo verso il vertice perché questo è causa di una cultura ancora arretrata della società e del ritardato riconoscimento del contributo femminile anche nel campo della pubblica amministrazione.
I risultati dell'indagine sui bisogni formativi degli ottavi livello ci ha dato un quadro significativo del tutto ed è encomiabile che la Regione abbia operato questa indagine e che oggi autocriticamente ne evidenzi il risultato, che certo non soddisfa, se non per le soluzioni alle crisi che provengono dagli stessi interessati.
Ma ancora una volta nutriamo dei dubbi che, alle dichiarazioni di principio, si voglia veramente dar seguito con atti coerenti perché, quanto alla formulazione della politica del personale per la terza legislatura, si introducono delle premesse, e tra queste premesse si accenna all'attuazione delle deleghe a Province e Comuni per sollevare la Regione di quelle competenze gestionali che mistificano il suo ruolo di ente programmatore e coordinatore, noi diciamo che sta bene poiché sono anni che diciamo queste cose, ma quando, come diretta conseguenza di quanto sopraddetto, si afferma il principio della mobilità, notiamo che la posizione della Giunta rispetto a qualche anno fa è un po' cambiata, ma non è ancora sufficiente.
Ricordo che la collega Vaccarino disse alcuni anni fa, quando il dibattito sulla mobilità era intenso, che all'interno della pubblica amministrazione sarebbe stato un segno politico di grande rilievo ammettere che un infermiere potesse essere spostato da un reparto ad un altro all'interno di uno stesso ospedale per migliorare la funzionalità del servizio. Allora il principio non passò: oggi la situazione è un po' mutata, ma non troppo perché se la Giunta vuol essere coerente con le sue premesse non deve dire che "talora si determinerà l'attivazione di momenti di mobilità" perché la delega necessariamente determinerà la mobilità in ogni caso; così come, non il trasferimento delle competenze "potrà" comportare il trasferimento delle persone che di queste competenze sono i possessori, ma "dovrà" comportare il trasferimento.
Vorrei ancora brevemente trattare due argomenti: l'uno che è stato trattato dalla relazione ed anche da molti interventi che mi hanno preceduta, e l'altro che mi sembra ignorato.
Il primo, anche se nel dibattito è già venuto fuori, è quello delle consulenze. Il problema è difficile e delicato, da un lato, per molte considerazioni che abbiamo già fatto e che si potrebbero ancora fare sarebbe auspicabile che un personale regionale avesse al suo interno tanti e tali specializzazioni da rendere superfluo il ricorso al consulente dall'altro lato va osservato che il campo delle competenze del pubblico è continuamente in allargamento e la necessità di risolvere problemi, a volte di dimensioni tecnico-scientifiche enormi, va continuamente aumentando.
Devo dire che non condivido il concetto con il quale la Giunta, nella relazione, tratta il problema delle consulenze visto essenzialmente come aiuto alle strutture gerarchiche.
Certo è anche questo, ma sarebbe più giusto dire chiaramente che, anche quando la Regione decidesse di svolgere un'attività formativa e specializzata molto intensa e finalizzata verso i suoi funzionari rischierebbe in proprio in quanto finirebbe per preparare elementi la cui nuova acquisita professionalità non potrebbe poi pagare, mentre la concorrenza del rimanente mercato del lavoro è inevitabile.
L'altro argomento che intendevo trattare, non è messo in evidenza dalla relazione, ma, a nostro avviso, in un dibattito che parla del personale del suo ruolo, delle prospettive di sviluppo, della sua professionalità e delle sue responsabilità di lavoro, non può essere ignorato. Non ne conosco il numero esatto, ma credo che il numero dei dipendenti regionali che coprono incarichi nelle assemblee elettive dei Consigli provinciali e dei Consigli comunali, sia percentualmente nella nostra Regione molto elevato.
Carletto lo ha detto partendo da considerazioni diverse, Viglione ha affermato questo dicendo che, in fondo, non è grave se consideriamo che in molti paesi, per esempio negli Stati Uniti, addirittura, quando cambia il Presidente, cambia tutto il suo staff.
Sovente mi rifaccio al modello americano nelle mie osservazioni, devo per dire che questo modello non lo condivido. La politicizzazione personale è una realtà che non possiamo ignorare ed io credo sia una realtà grave. Non intendo valutare diffusamente questa realtà ma sottolinearla.
Devo dire che come Consigliere quando, parlando con un dipendente regionale, sento dire dal mio interlocutore "noi", sottintendendo in questo "noi" il P.C.I., il P.S.I. o la D.C. o addirittura la maggioranza, questo mi urta nel rapporto con il personale regionale.
Farò qualche breve accenno sulle relazioni interne e sulle relazioni sindacali.
E' stato detto, ribadito nella relazione e detto da molti Consiglieri, che l'efficienza di una istituzione pubblica è diretta conseguenza delle capacità professionali dei suoi collaboratori, di ogni ordine e grado, che quindi è grande interesse dell'amministrazione poter contare su delle relazioni interne di collaborazione e coinvolgimento in termini reali del suo personale. E' altresì incontrovertibile che questo stato si determina quando le esigenze ambientali, normative e retributive del personale rispondono ad un atteggiamento dell'amministrazione consapevole rispetto a questi problemi. Questo non basta. Occorre che anche il personale abbia coscienza delle responsabilità che gli derivano dal fatto di partecipare attraverso il suo comportamento, al destino di una qualità di vita migliore per la comunità e in questo caso per la comunità piemontese.
Le proposte presentate in questi giorni, riguardanti l'orario di lavoro possono costituire una base di trattativa valida (e concordo sulle obiezioni che ha fatto in questa sede l'Assessore) purché venga salvaguardato il principio di impegno lavorativo coerente che risponda ad esigenze di programmazione lavorativa basata, oltre che sulla professionalità, anche su una intensità di orario giornaliero che renda credibile il sostenimento di un costo per il mantenimento di un posto di lavoro.
Sottolineiamo in positivo il programma di sviluppo delle carriere enunciato dalla Giunta, ci sentiamo di sottoscrivere in pieno le pagine 21/22 della relazione. Se questo programma verrà realizzato, credo che un avvenire di efficienza e di positività attenda la Regione alla quale andrà il merito di aver recuperato alla credibilità istituzionale il cittadino piemontese oggi comprensibilmente diffidente, se è vero come è vero, che quando deve ottenere un pagamento dalla Regione deve attendere alcuni mesi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri è già stata rilevata l'importanza di questo dibattito.
La relazione e la documentazione allegata testimoniano l'impegno a superare la frammentarietà e l'approssimazione nella politica del personale e a fissare scelte di indirizzi organici. Mi pare che siano stati individuati alcuni filoni essenziali che possono caratterizzare una più adeguata attenzione ai problemi della struttura organizzativa della nostra Regione e, conseguentemente, alla politica del personale. Partecipiamo a questo dibattito nello spirito di segnalare alcune riflessioni, problemi, esigenze non solo di carattere immediato, ma avendo presente anche i problemi di medio e di lungo periodo. Credo innanzitutto che riusciremo a cogliere appieno l'occasione offerta da questo dibattito se anche gli aspetti particolari faranno capo ad una riflessione complessiva sull'organizzazione ed il funzionamento dell'amministrazione regionale in rapporto ai suoi compiti e ai suoi caratteri. In sostanza sarebbe riduttivo parlare di personale senza ricondurre questa problematica alla progettazione di un'amministrazione funzionale alle risposte che siamo chiamati a dare ai problemi postici dalla crisi economica, dai problemi istituzionali che stiamo vivendo. Discutere di politica del personale presuppone, cioè, che si definisca e si aggiorni una politica dell'amministrazione in rapporto alla strategia economica, sociale ed istituzionale che la guida. In sostanza, occorre dare risposta alla domanda: quale organizzazione amministrativa e quale Regione si intende realizzare? Credo che non solo in questo contesto, aspetti particolari, deformanti o degenerativi rispetto agli indirizzi sinora seguiti, possano trovare una risposta organica, non mediatoria e precaria, sfuggendo ai rischi delle concessioni allo scandalismo che abbiamo ascoltato in alcuni interventi precedenti.
E' con questo taglio e in questa ottica che ci pare un po' riduttivo limitarsi a disputare, come ci è parso in una parte delle pagine introduttive della relazione, forse opera di qualche tecnico o funzionario tra pessimismo e ottimismo in ordine alla natura della burocrazia. Non ci porterebbe lontano appunto ritenere che occorra stabilire a priori se esistono o meno una sorta di tara genetica irreversibile nella macchina burocratica in quanto tale. Esistono essenzialmente problemi politico istituzionali che in ogni epoca si presentano con caratteri propri e non immutabili, quindi con caratteri che non sono ideologizzabili e le citazioni, che vengono fatte in queste pagine introduttive, danno dunque una scarna e parziale idea, tra l'altro,delle considerazioni svolte da illustri pensatori del passato: sono citazioni che sono tratte dal contesto entro le quali erano state formulate e che in questo senso non ci pare rendano giustizia agli autori di quelle considerazioni. Peraltro, qualcuna di queste citazioni induce a delle immagini divertenti, se è vero come è vero, che al Consigliere Marchini, il quale probabilmente aveva già noto il fatto che Lenin amasse fare colazione con i cosciotti di neonato, non è apparso vero richiamare all'attenzione dei pubblici dipendenti che qualvolta si divagava anche nello spolpare qualche pubblico dipendente.
Credo possa essere unanimemente condiviso il fatto che lo sfascio che investe la pubblica amministrazione, sicuramente, non è imputabile a Lenin.
Non so se c'entri Marx Weber, certamente qualche uomo più vicino, di solito stazionante nella capitale del nostro Paese o nel circondario, che in questi 40 anni ha imperversato sul tessuto della pubblica amministrazione.
Comunque, non mi pare che serva molto, in questa sede, diffondersi sulla esegesi storica del pensiero inerente la pubblica amministrazione o di che cosa essa sia stata nel divenire delle varie epoche.
Ci pare più producente assumere, a base delle riflessioni sulla parte di pubblica amministrazione che si riconosce nella Regione, le elaborazioni connesse al ruolo della burocrazia in una stato democratico (mi riferisco ai concetti quindi dell'efficienza, della imparzialità della pubblica amministrazione), cui si collega l'obbligo di soddisfare l'interesse collettivo, riferito particolarmente al principio di uguaglianza dei cittadini, ed a quello della prevalenza dei fini generali e sociali sugli interessi privati, particolari e corporativi. Non si tratta di contenuti formalistici, bensì della base stessa dello stato di diritto entro il quale viviamo, attorno ai quali, e soltanto attorno ai quali, noi riteniamo sia possibile sperare di aggregare una politica economico-sociale e istituzionale e un programma di trasformazione che riesca a dare concretezza ai binomi legge-diritto, legge-consenso in rapporto ai problemi che le istituzioni sono chiamate ad affrontare e a risolvere. Ciò non serve solo peraltro ai singoli cittadini, ma anche agli eletti, in questa nostra assemblea come in tutte le altre assemblee, E' infatti evidente il condizionamento che, dal funzionamento corretto o meno della pubblica amministrazione rispetto a quei principi di fondo, deriva all'esercizio stesso delle funzioni di sindacato e di controllo delle assemblee elettive come pure sul rapporto tra formazione della legislatura e attuazione coerente della stessa.
Come, dunque, dare piena operatività a principi che devono stare alla base della pubblica amministrazione? Quali gli obiettivi? Occorre precisarne due in modo particolare, già richiamati con forza nel documento programmatico a base della formazione dell'attuale Giunta. Il primo riguarda la trasformazione, a tutti gli effetti,della Regione in sede di governo reale dei processi economici e sociali come parte non superata e subordinata di un nuovo assetto statuale. Sorvolo su quanto deve competere allo Stato nell'attuazione e nella realizzazione di questo nuovo assetto della Regione, per concentrare maggiormente l'attenzione su ciò che comporta alla Regione Piemonte fare per muovere verso un modo d'essere della Regione stessa improntato ai caratteri di legislazione, di programmazione e di indirizzo.
Questo deve diventare un punto di riferimento costante del modo d'essere della Regione e della sua struttura amministrativa. Ci pare decisivo che questo angolo visuale dei problemi venga assunto in concreto in tutte le sue implicazioni.
Faccio un esempio concreto. Se la programmazione, con la legislazione conseguente, non è, e non può essere, intesa un fatto di pura tecnica economica, ma presuppone al livello esecutivo e a quello legislativo, una adeguata capacità di individuare linee di fondo, finalità, compatibilità finanziaria, obiettivi, programmi, progetti, strumento attraverso i quali mobilitare l'insieme delle risorse e delle potenzialità che la società piemontese ha in sé, allora è evidente che anche la macchina amministrativa regionale deve essere profondamente ricalibrata sulla base di finalità operative adeguate.
La formazione del Piano e dei programmi settoriali debbono diventare sempre più un fatto interno alle strutture regionali. Non possiamo pensare che vi sia autosufficienza in assoluto degli apparati regionali in ordine ad un insieme di conoscenze e di capacità specialistiche che, di volta in volta non in modo permanente, debbono essere utilizzate e alle quali occorre attingere. Ma è però altrettanto evidente che non vi può essere estraneità o subalternità della struttura interna della Regione, anche perché non è possibile compiere separazioni tra il momento dell'elaborazione e il momento dell'esecuzione e della gestione, il momento dell'impegno a costruire in raccordo con i soggetti privati, in raccordo con i soggetti pubblici, anche i modi, le forme, per dare realizzazione agli obiettivi indicati nei documenti. La costruzione,quindi, di apparati che sappiano supportare la Regione, deve diventare l'obiettivo principale. E sotto questo profilo non può non essere sottolineato, con una certa preoccupazione, il capitolo delle consulenze.
Se occorre introdurre delle modificazioni non marginali a questa situazione, se non si vuole ridurre il tutto ad appelli velleitari occorre, da un lato che vi sia la volontà politica (e questo è riaffermato nella relazione) e dall'altro, che vengano utilizzati tutti gli strumenti della struttura interna e degli enti creati dalla Regione stessa, per esempio, nel campo della progettazione (legge della soc. S.T.E.F.).
Si sono creati anche altri strumenti nuovi.
Il terreno della formazione, dell'informazione, dell'aggiornamento professionale è un terreno privilegiato. Occorre anche sollecitare stimolare, richiedere, agire in modo da far esprimere le potenzialità inespresse all'interno di una Regione che fa programmazione, che diventa soggetto economico, non solo a livello pubblico che addirittura interloquisce, offre scenari, intende orientare e dirigere l'insieme delle iniziative.
Dato che l'ammontare delle consulenze e la qualità delle stesse e i servizi che ad esse sono interessati, sono tali da indurre a non rimandare a domani una riflessione di questa natura, ma a farla immediatamente per il prossimo futuro, collegandosi, se è il caso, a sforzi di fantasia politica, che sono in atto, quale quello dell'amministrazione comunale e provinciale di Alessandria che mira a formare in quella città un centro di studi superiori di formazione e di aggiornamento della pubblica amministrazione. Credo che un'iniziativa concreta, anche immediata, possa essere assunta dalla Regione Piemonte per vedere quanto, della iniziativa che è scaturita nell'alessandrino, possa essere riconnesso alle esigenze della Regione.
Si indica da parte dell'Assessorato la necessità di dare organicità e consistenza alle fonti di formazione. Si parla di biblioteca. Questa non è soltanto una esigenza dell'apparato esecutivo della Regione, e del Consiglio, ma dei dipendenti pubblici degli Enti locali e credo sia opportuno riflettere sull'opportunità di utilizzare, dando quindi una sfera operativa più ampia alla struttura esistente all'interno del Consiglio, per verificare se può rispondere all'esigenza indicata nella relazione.
Vi è la necessità di trovare forme per distinguere e valorizzare alcune funzioni di elevata professionalità, all'interno di quelle affermazioni generali, che condividiamo, sulla necessità di superare certe forme di appiattimento che si sono determinate. A questo si riconnette la necessità di recuperare (questo è un aspetto che riguarda soltanto la I Commissione) quel provvedimento di legge che tende a sanare le incongruenze determinatesi per quanto riguarda l'articolo 5.
Mi domando, ad esempio, se non occorra anche muovere verso la trasformazione di alcune modifiche (ho presente l'assetto pletorico che hanno raggiunto gli ottavi livello) in livelli retributivi collegabili all'anzianità per ricondurre la qualifica alle funzioni realmente esercitate ed esercitabili. In questo contesto il richiamo agli incentivi solleva qualche perplessità, almeno da parte di chi parla, perché questo capitolo può aprire spazi di discrezionalità difficilmente controllabili può aggiungere guasti, essendo una materia difficilmente governabile attraverso criteri oggettivi.
L'altro obiettivo di fondo, che già altri hanno richiamato, è quello del decentramento delle deleghe, con i rischi di asfissia gestionali.
Non è un problema di saturazione. Vi sono le condizioni per risolvere i problemi tecnici, vi sono possibilità di procedure coordinate meno defatiganti delle attuali. Se è vero che i progetti spaziali americani sono stati realizzati coordinando tra loro diecimila aziende, è abbastanza scontato che si possa pensare di riuscire a coordinare in modo più organico i pochi soggetti istituzionali chiamati a concorrere ad una progettazione ad una attuazione integrata dei nostri obiettivi.
Il problema sta a monte e riguarda il ruolo e le funzioni che hanno finito per essere distorcenti rispetto agli scopi di fondo della Regione.
I programmi del personale quindi non possono non tener conto dell'impatto con queste esigenze da cui deve prendere forma un vero e proprio progetto di trasformazione dell'amministrazione regionale.
Ieri vi è stato un incontro tra la I Commissione e la Giunta e si è discusso di questo problema.
Si ritiene vengano auspicate iniziative che possano portare alla definizione di un disegno di fondo unificante, sul quale possono poi operare le necessarie diversità di maggioranza e minoranza anche dei diversi Gruppi.
Credo si debba sottolineare che occorre assumere almeno questi 2 obiettivi generali che richiamavo come punti di riferimento costante per le scelte particolari che si vanno fare ogni giorno, essendo evidente che il pragmatismo è necessario, ma è utile quando questo obbedisce, quanto meno parzialmente, a coerenze delle mete che si perseguono.
E' appunto necessario pensare alle deleghe in tutti i settori, ai riflessi che queste possono avere sulle strutture attuali, alle possibili misure di decentramento e di mobilità che si debbono realizzare, tenendo conto delle necessità immediate per superare situazioni che vedono servizi con dotazioni di personale superiori rispetto all'attuale dotazione organica.
Nella relazione si parla di un ufficio per le relazioni con il personale.
Qui occorrerebbe una maggiore precisione.
Ritengo che la materia sia già sufficientemente regolata da contratti, e che questa misura possa, in qualche modo, interferire nei rapporti con il sindacato. Il documento sottolinea l'importanza del rapporto con il sindacato.
Si sottolinea l'impegno al confronto. Alcune informazioni e alcuni silenzi richiedono qualche precisazione. Vi è una frase che dice: "il sistema del controllo sindacale che caratterizza le relazioni industriali della Regione rimarrà inalterato".
Che cosa si intende? Si parla diffusamente di confronto e di collaborazione, ma non si parla di contrattazione. Anche qui credo occorra qualche precisazione perché si possono ingenerare impressioni negative, di subalternità, che non sarebbero accettate.
Ritengo di proporre alcune riflessioni alla Regione e al sindacato.
Ormai è superata o è in via di superamento, la concezione della contrattazione che attribuisce ad essa, come è apparso in molti casi,la qualità di fonte normativa esclusiva del rapporto del pubblico impiego.
Se vi fosse ancora chi si attarda su simili posizioni, creerebbe ostacoli e ritardi non lievi alla necessità di assicurare certezza di operatività al negoziato sindacale da un lato, e di definire, dall'altro, sempre più compiutamente, l'ambito ad esso riservato dalla legge. Porre la legge in posizione di fonte secondaria è sbagliato, oltre che in contrasto con le norme costituzionali che non prevedono affatto una dipendenza del personale pubblico rispetto agli esecutivi; semmai queste norme consentono una devoluzione normativa con garanzia e procedure legislativamente preordinate, in ordine alle materie da definire, attraverso la contrattazione tra sindacati ed esecutivo. Tale sottovalutazione del momento legislativo sarebbe anche in contrasto con la necessaria distinzione che deve esservi tra i temi afferenti l'organizzazione del lavoro e quelli propri dell'ordinamento degli uffici.
Faccio questa riflessione perché gli spazi dell'organizzazione dell'amministrazione non possono essere concepiti senza delimitare l'ambito della contrattazione, escludendo quindi forme di cogestione, rendendo operante la piena facoltà di controllo e di sindacato delle assemblee elettive. Non possono, ad esempio, non essere guardate con preoccupazione certe spinte che si evidenziano nelle rivendicazioni di autogestione dell'orario.
Condividiamo le cose dette dall'Assessore che, se accolte, inciderebbero pesantemente e negativamente non solo sull'organizzazione del lavoro, ma anche sull'assetto degli uffici e dei servizi che è materia specifica di definizione legislativa.
A questa riflessione si accompagna l'altra relativa al modo in cui il nesso tra contrattazione e riforma della pubblica amministrazione si è venuto esprimendo, al di là delle dispute astratte.
Riconfermiamo la nostra profonda convinzione circa la decisività del nesso tra contrattazione e riforme anche ai fini del rifiuto delle spinte corporative disgreganti accentuate dalla crisi.
Non può non essere oggetto di riflessione la sensibile discrasia che nel concreto si è venuta manifestando tra finalità ed esiti delle sistemazioni conseguite sul piano dei trattamenti e dell'assetto retributivo dei dipendenti pubblici. In tal senso, senza voler trarre conclusioni generali mi pare che occorra pensare a misure di ingresso pieno, nella legislazione sul personale, del potere contrattuale sindacale, qualcosa di più quindi del confronto, con una disciplina nazionale e regionale che inserisca il negoziato nella logica del nostro ordinamento, non solo prefigurando termini e procedure per la contrattazione. Non giova, credo, alla valorizzazione e alla rappresentatività del sindacato del settore pubblico una situazione troppo esposta agli equivoci, insidiata dalle logiche corporative. In sostanza, vi è la necessità di dare più certezza all'esito stesso della contrattazione e della sua attuazione, non attendendo, ma stimolando e richiedendo quanto è necessario a livello di legge quadro soprattutto verificando anche quanto, a livello di legislazione regionale può essere fatto, appunto per uscire dall'equivoco, da questa continua discussione su punti non precisamente fermi e definiti in ordine al ruolo della contrattazione all'interno di una trattazione dei problemi del personale che non è soltanto oggetto dell'esecutivo, ma che è compito primario della legislazione regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Circoscriverò il mio intervento alle linee essenziali che si leggono nel documento riguardante la politica del personale della terza legislatura, e questo anche perché non ho fatto parte né della prima legislatura né dei primi quattro anni della seconda: conseguentemente non ho avuto occasione di partecipare a quei validi e interessanti dibattiti relativi al personale che si erano svolti (così come ho appreso nel corso della discussione odierna).
Partendo dal primo argomento che riguarda il nuovo sistema di reclutamento penso che (salvo una valutazione nel dettaglio quando verrà emanato il regolamento) possa in linea di massima condividersi. In sede di redazione del regolamento, sarà però bene soffermarsi sul punto che è messo in risalto nell'allegato n. 11, dove si dice che si presterà una particolare attenzione nel selezionare i candidati, in base ad un rigoroso bando di concorso che tenga conto dei requisiti formali e sostanziali e dello svolgimento delle prove scritte e orali. Penso sia importante, come viene indicato nell'allegato, una precisa informativa ai partecipanti al concorso (che suggerirei succintamente motivata) in modo da spiegare a chi viene escluso sin dall'inizio del concorso, o a chi viene escluso dalle prove scritte e orali, le ragioni dell'esclusione non nella solita formula stereotipata, ma con una motivazione ad personam in modo da non ingenerare (o perlomeno sfatare) l'impressione che quando si partecipa ad un pubblico concorso non si passa se non ci sono le consuete raccomandazioni. Su questo argomento potremo tornare nel dettaglio in sede di regolamento. E' comunque argomento secondario, rispetto all'intera problematica del personale.
Il personale che abbia superato il concorso dovrebbe trascorrere un periodo di praticantato, anche solo ridotto a tre mesi, presso i vari Assessorati in modo che (dopo questo periodo) si possa scegliere, soprattutto tra il personale dei livelli più alti, con maggiore e migliore cognizione di causa il settore nel quale assegnare chi è stato assunto.
Sulla questione della formazione professionale (che completa il concetto di informazione e di aggiornamento professionale), ritengo possa validamente essere utilizzata, con gli opportuni provvedimenti deliberativi, la legge regionale n. 8. Penso che si debbano utilizzare - mediante opportune convenzioni - gli esperti di diritto amministrativo dell'Università o i magistrati del TAR.
Sulla questione dello sviluppo delle carriere penso che si possa senz'altro condividere l'espressione che si legge nel documento dell'Assessore: "è illusorio il senso dell'eguaglianza". Al senso dell'eguaglianza deve sostituirsi il concetto della meritocrazia. (A proposito di senso dell'eguaglianza nel rapporto di impiego con la pubblica amministrazione c'è già stata una esperienza negativa e sfavorevole nell'ambiente giudiziario. Una decina di anni fa entrò in vigore una legge in forza della quale si stabilì il principio che, dall'ingresso in magistratura fino all'ultimo gradino, si va avanti unicamente e puramente per anzianità senza guardare al merito, senza guardare al tipo di lavoro che viene svolto: per cui, tolte rare eccezioni, il livello medio dei pubblici impiegati che costituiscono il potere giudiziario è entrato in una fase di scadimento).
La meritocrazia, come è detto nella relazione, è estremamente importante perché costituisce la "molla" dell'ambizione del dipendente a migliorare la carriera, perché è una molla che va tenuta ben presente ai fini principalmente, del rendimento nell'amministrazione. Devo ricollegarmi all'accenno che ha fatto a questo proposito il Consigliere Carletto, e penso che, per evitare anche solo il sospetto nei soggetti interessati di una discrezionalità da parte dell'amministrazione, è opportuno un periodico controllo sul meccanismo delle promozioni o dell'avanzamento conseguente alla meritocrazia.
Sulle consulenze ho poche osservazioni da fare. Indubbiamente c'è stata una notevole proliferazione di esse. Cito un esempio tipico. Nel mese di marzo (o aprile) di quest'anno il Consiglio regionale, costituito in quel momento in corte elettorale, doveva esaminare un reclamo in materia di elezioni nel Comprensorio di Asti. Venne distribuita tempestivamente ai Consiglieri la documentazione dell'Ufficio legislativo, in cui, fra l'altro, erano chiaramente prospettate tutte le problematiche: ma, quando si trattò di discutere e di decidere se quel reclamo elettorale fosse fondato, venne proposto di rivolgersi a una Commissione di esperti che avrebbe dovuto dare il proprio parere; per cui venne rinviata la seduta e dopo quindici giorni ci venne rimesso un polposo parere di un collegio di cinque o sei docenti universitari. Quello è stato un caso limite di "consulenza inutile" perch ha esautorato le funzioni del Consiglio. Penso che alle consulenze si debba necessariamente ricorrere, però con il criterio della "stretta necessità" e soltanto nei casi in cui il consulente a cui si ricorre sia veramente un consulente tecnico, un collaboratore del funzionario e, nello stesso tempo un portatore della sua esperienza.
Nel corso del Convegno celebrativo del 1500 anniversario del Consiglio di Stato è stato ricordato che (con un parere reso nell'aprile 1980, su richiesta della Regione Abruzzo) il Consiglio di Stato ha motivatamente e diffusamente espresso l'opinione che esso Consiglio può essere utilizzato dalle Regioni come consulente tecnico-giuridico su qualsiasi materia.
L'oratore che ricordava questa circostanza, sottolineava che - anche per le Regioni - il Consiglio di Stato in sede consultiva è attrezzato e in grado di dare i suoi pareri entro 30 giorni. Quindi, penso che certe materie legislative e certi atti amministrativi importanti e complessi possano essere previamente e opportunamente valutati attraverso questo canale tecnico-giuridico, di cui si potrà - alla fine - tenere o anche non tenere conto. Qualora il Ministro Nicolazzi si fosse rivolto al Consiglio di Stato, in sede consultiva, prima di emanare il decreto sull'edilizia avrebbe evitato un grosso svarione: infatti, nel decreto legge, si dice testualmente che alcune norme sono abrogative di tutte le norme urbanistiche regionali che sono in contrasto con le norme del decreto; ma nessuno aveva mai sostenuto che una norma statale, in una materia come l'urbanistica che è riservata alla competenza della Regione, possa funzionare da ghigliottina della norma regionale! Mi permetto - quindi e in conclusione - di raccomandare la presa in considerazione dell'utilizzazione del Consiglio di Stato nel quadro delle consulenze più complesse.
L'ultima considerazione, riguarda il problema della fuga (o del non ingresso) di personale negli organici della Regione. Questo problema è stato prospettato anche sabato cinque dicembre, in quest'aula, in sede di convegno sul disfunzionamento della giustizia. Si è messo in evidenza (da diverse persone competenti ad autorevoli intervenute) che in Piemonte c'è un "calo di vocazioni" nell'ingresso in magistratura, ed è stata ventilata l'opportunità che si faccia opera incentivativa, anche nel quadro della legge regionale sulla formazione professionale. Penso che (avvalendosi della medesima legge sulla formazione professionale e attraverso l'istituzione di seminari o di simili iniziative) si possa creare la mentalità che anche l'impiego in Regione può dare soddisfazioni e si possa creare uno "spirito di corpo" ai fini del reclutamento del personale.
Indubbiamente, questa opera di incentivazione dovrebbe procedere parallelamente con un'innovazione nello stato giuridico del personale delle Regioni: lo Stato, attraverso una propria legge, dovrebbe cioè congegnare un nuovo stato giuridico per il personale delle Regioni, soprattutto a livello di carriere e di avanzamenti, e con retribuzioni adeguate.
Se oggi non ci sono più vocazioni in magistratura la ragione non è solo perché manca lo spirito a diventare "servus legum" ma è anche perché i giovani laureati in legge preferiscono l'impiego privato o la libera professione che (si ritiene) diano immediate e maggiori soddisfazioni. Lo stesso discorso (mutate le condizioni ed i presupposti) vale anche per il reclutamento di un efficiente apparato regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il dibattito sul personale della Regione ha due scopi fondamentali: dare una risposta politica al disagio che il personale regionale ha spesso manifestato negli ultimi mesi, e definire una struttura organica che tenga conto delle esigenze del personale e che metta in condizioni l'Ente Regione di svolgere il suo ruolo di programmazione, di legislazione e di indirizzo.
Ritengo fondate e giustificate le cause del malcontento dei dipendenti regionali. Esse vanno ricercate nel sostanziale abbandono della linea di coinvolgimento dei dipendenti regionali. Alla Regione Piemonte, sia negli Uffici centrali che in quelli periferici, si lavora male, alla giornata. Il coinvolgimento dei dipendenti è determinato dalla fiducia che un Assessore ripone in questo o in quel dipendente. A noi sembra però che i lavoratori rispondano con la palese accettazione della sconfitta, con la ricerca di spazi individuali, con l'esaltazione della qualità della vita e il non interesse per la qualità del lavoro. Occorre dare uno sbocco nel senso della partecipazione e della produttività.
In questo senso la relazione è debole. L'Assessore al personale ipotizza gli incentivi e le gerarchie.
Gli incentivi intanto potrebbero farsi valere in una situazione di partecipazione generalizzata, dove il concetto di emulazione vale per tutti e tutti sono sullo stesso piano, altrimenti non si capisce in che modo si garantisce l'oggettività della scelta; oppure gli incentivi divengono gli strumenti per superare i limiti posti dalla contrattazione nazionale concimi per la crescita della giungla retributiva del settore pubblico.
La relazione propone poi le gerarchie. Se siamo d'accordo nell'enunciazione come possiamo definire concretamente una gerarchia più funzionale se vengono visti positivamente i nuovi criteri di assunzione, che sono opinabili e segmentano il mercato del lavoro, mentre mancano parametri per valutare la produttività ed obiettivi politici sui quali commisurare il tutto. Questa via ci pare impraticabile, da un lato perché divide i lavoratori tra i prescelti fiduciari del potere politico in collaborazione con i consulenti (in questo contesto si inseriva il disegno di legge 148) e la massa adibita a lavori di routine e deprofessionalizzati, dall'altro tende a vedere negli enti locali le strutture che devono subire questo personale dequalificato con grave pregiudizio dei servizi prestati.
Per cambiare questa situazione si deve partire da un diverso ordine di priorità. Intanto occorre attuare le leggi 6 e 73 sul personale le quali individuano le conferenze del servizio e le funzioni di ogni lavoratore formalizzano la sede della Conferenza di servizio come primo momento di verifica qualitativa del lavoro di servizio e pongono in questo modo le basi per individuare criteri di produttività più validi di quelli esistenti, permettendo di individuare funzioni lavorative da svolgersi in gruppo e un tipo di professionalità integrata, intercambiabile e collettiva che può venire anche vista come primo e fondamentale momento di formazione professionale.
Attuare la legge sulle strutture significa anche individuare nell'Assessore il responsabile del personale, liberando di questo pesante fardello il capo servizio e garantendo una certezza di controparte per il delegato di gruppo omogeneo e la struttura sindacale, il che permette di coinvolgere pur nelle rispettive autonomie due strutture: l'amministrazione e il sindacato per la risoluzione dei problemi, chiarendo e semplificando quelle che nella relazione sono chiamare le relazioni industriali.
L'applicazione della legge sulle strutture può permettere di individuare anche una nuova struttura gerarchica, fondata sul coinvolgimento di tutti e sull'autonomia della struttura burocratica dal potere politico che ha il solo diritto di scegliere gli obiettivi da perseguire e i tempi da rispettare, non gli uomini da coinvolgere. E' ovvio che non basta definire la certezza del lavoro, è necessaria la responsabilizzazione del personale per modificare totalmente la funzionalità dell'ente. Si dovrà procedere alla formazione del personale che dopo il passaggio dei livelli con concorsi interni è stato lasciato a svolgere le vecchie funzioni, con il cambio del livello retributivo, ma non la qualità del lavoro.
E' necessario andare ad un controllo più efficace della prestazione quantitativa del lavoro, se non sono ancora emersi degli abusi è per la responsabilità del personale, o per l'assoluta mancanza di controlli.
Questa situazione deve essere superata senza colpevolizzare nessuno, ma con la serietà che si conviene ad una cosa seria qual è il lavoro.
Queste ci paiono alcune cose da fare subito per permettere di mettere in moto la struttura regionale. Parte di qui la strada per costruire un ente più funzionale, anche se francamente riteniamo che questa strada sia ancora parecchio lunga. Grossa parte toccherà anche al Consiglio regionale che dovrà modificare la legislatura . Risultati positivi si possono ottenere in quanto abbiamo la fiducia e la certezza che i lavoratori sapranno portare il loro contributo di volontà e di intelligenza.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Nella Conferenza dei Capigruppo si è stabilito di fissare la prossima seduta del Consiglio regionale per i giorni 21, 22, 23 e 24 mattino. Lunedì inizierà il dibattito sul piano socio-sanitario, lunedì pomeriggio proseguirà il dibattito sul personale regionale e l'esame delle deliberazioni sulle devianze minorili. Proseguirà quindi il dibattito sul piano socio-sanitario è si passerà all'esame dell'esercizio provvisorio del bilancio 1982.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Relatore del disegno di legge sul piano socio-sanitario è il Consigliere Mignone. Sarà opportuno avvertirlo perché sia presente.



PRESIDENTE

Certamente.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,05)



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