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Dettaglio seduta n.87 del 05/11/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente licenze edilizie nei Comuni di Novara e Trecate


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni e interpellanze", viene discussa l'interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente licenze edilizie nei Comuni di Novara e Trecate.
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore all'urbanistica

Su questa questione non c'è stata, come l'interrogante lamenta, una particolare presa di posizione al di fuori dalle norme, ma sulla base dello schema del piano socio-economico territoriale del Comprensorio di Novara l'attenzione ad un problema che lo stesso Comprensorio di Novara e i Comuni di Novara e di Trecate hanno posto in evidenza: la realizzazione di una sede per il Centro elettrocontabile della Banca Popolare di Novara.
Richiamo quanto è riportato nello schema di piano socio-economico territoriale del Comprensorio di Novara che, nell'ambito di un discorso più generale, rileva come nella città di Novara sia da considerare preminente l'individuazione di funzioni terziarie superiori come una delle caratteristiche che la programmazione a livello comprensoriale non solo deve salvaguardare ma deve sviluppare.
E' nel quadro di questa indicazione che all'intervento della Banca Popolare di Novara viene conferito dallo schema di piano socioeconomico e territoriale un rilievo prioritario, sovra locale, un rilievo addirittura regionale.
In particolare il punto che ho richiamato, contenuto nello schema di piano socio-economico territoriale del Comprensorio di Novara approvato dal Consiglio regionale, recita "la realizzazione nella città di Novara di attività terziaria di rango elevato dovrà essere supportata dalla definizione progettuale degli interventi. In tale ambito si pone il problema del Centro elettrocontabile della Banca di Novara, per il quale si rende necessaria, a tempi brevi ed in concorso con i Comuni di Novara e di Trecate, una puntuale formulazione di un progetto organico anche in rapporto ad una possibile e più generale individuazione di aree da destinare al Centro direzionale, in particolare net Comune di Novara, o più in generale alle funzioni del terziario superiore".
Nel corso di facitura di quello strumento abbiamo spiegato ai due Comuni interessati che avrebbero dovuto, nell'ambito dei relativi strumenti urbanistici, dare corso a quelle indicazioni anche ricorrendo a procedure più rapide rispetto a quelle di una facitura integrale di piano regolatore generale che sono confortate appunto dall'indicazione precisa e puntuale del piano comprensoriale.
Nella realtà piemontese in soli due o tre casi si sono individuati problemi così rilevanti e così particolari, indicati con nome, con caratteristiche e tipologia in sede di schema.
Ricordo il caso della Borma di Acqui Terme, una rilocalizzazione industriale che si è ritenuto di enucleare come salvaguardia.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore per la risposta.
Non posso dirmi soddisfatto in quanto mi risulta che il territorio dove dovrà insediarsi il Centro contabile è stato classificato zona agricola.
L'art. 25 della legge 56 stabilisce che il piano regolatore non pu destinare ad uso extra agricoli suoli utilizzati per colture specializzate irrigue e quelli ad elevata produttività, quindi c'è un contrasto tra la norma della legge 56 e la classificazione dell'area dove dovrebbe sorgere il Centro.
Né si può non tener conto delle continue proteste delle associazioni dei contadini della zona. Questo aspetto importante non mi permette di dichiararmi soddisfatto della risposta.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Esame progetto di legge n. 142: "Sottoscrizione di nuove azioni della S.p.A. Aeroporto Cuneo. Levaldigi"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto all'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 142: 'Sottoscrizione di nuove azioni della S.p.A. Aeroporto Cuneo Levaldigi' ".
La relazione del Consigliere Revelli è data per letta.
La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Questa legge potrebbe passare inosservata, quanto meno ai fini della registrazione verbale,ma è opportuno rilevare il significato politico che riveste.
E' una legge consequenziale alla politica di programmazione quando viene intesa nel suo esatto significato; una Regione che dà indirizzi programmatici, gli enti periferici e l'impresa privata che promuove le iniziative e le inseriscono nell'ambito della programmazione regionale.
L'assemblea della società dell'aeroporto di Levaldigi ha approvato nel mese di maggio l'aumento del capitale, (da 966 milioni a un miliardo e 932 milioni), rapportabile all'inflazione galoppante ma anche ad un preciso programma che l'assemblea ha ritenuto opportuno indicare al Consiglio di amministrazione in attuazione appunto di quel piano dei trasporti che è stato varato dalla Regione e che ha dato all'aeroporto di Levaldigi un'esatta collocazione nell'ambito dei servizi di trasporto aereo esistenti in Piemonte.
Il riconoscimento come aeroporto di terzo livello ha trovato immediato riscontro nella capacità realizzatrice degli amministratori locali, i quali hanno interessato il Ministero dei trasporti relativamente alle infrastrutture indispensabili perché il decollo dell'aeroporto potesse avvenire al di là e in attuazione delle indicazioni programmatiche.
Sono stati individuati due interventi infrastrutturali necessari: la recinzione dell'aeroporto e l'illuminazione della pista perché l'aeroporto di Levaldigi possa essere omologato come aeroporto di collegamento con quelli nazionali e internazionali.
Il Consiglio di amministrazione dell'aeroporto ha assunto l'iniziativa della presenza sul posto di elicotteri della Guardia di Finanza e nel programma allegato all'aumento di capitale è prevista una struttura per ospitare il personale della Guardia di Finanza, il che comporta in prospettiva il potenziamento dei servizi della Guardia di Finanza e l'allargamento del settore doganale.
Se la politica di programmazione ha senso lo ha nella misura in cui certe indicazioni vengono date accettandone le conseguenze che ne derivano.
Una delle conseguenze del settore turistico è indubbiamente legata al collegamento dell'aeroporto di Levaldigi con gli aeroporti della Liguria per quanto riguarda il traffico nazionale e con l'aeroporto di Nizza.
A conferma che dalla collaborazione tra una programmazione non coercitiva ma indicativa, i conseguenti finanziamenti che da essi devono derivare e l'iniziativa degli Enti locali possono venire ottimi risultati il potenziamento dell'aeroporto è attuato mentre viene portato avanti il programma dell'Aeritalia di mettere sul mercato gli aerei da turismo ATR a 42 posti e gli aerei per trasporto di merci facilmente deteriorabili (che esistono nell'economia agricola della provincia di Cuneo).
Ho voluto evidenziare la rilevanza politica che acquista la programmazione regionale quando è ben intesa. Le energie in periferia rapportabili agli enti pubblici e ai privati esistono, hanno soltanto bisogno di essere potenziate sia con le indicazioni programmatiche sia con interventi di supporto.
Se la Regione, al di là degli sfilacciamenti che sovente dimostra nel portare avanti la politica di programmazione (per la nuova legislatura non sappiamo ancora verso quali direzioni decollerà) si atterrà ai compiti istituzionali e alle motivazioni politiche che l'hanno determinata come istituzione di snellimento della vita burocratica e amministrativa dello Stato, potrà raggiungere obiettivi rilevanti che noi dobbiamo costantemente tenere presente.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato.
Art. 1 La Giunta regionale è autorizzata a sottoscrivere n. 12.600 nuove azioni da nominali L. 10.000 ciascuna, emesse dalla S.p.A. Aeroporto Cuneo Levaldigi di Cuneo in esecuzione dell'aumento del suo capitale sociale, da L. 996 milioni a L. 1.932 milioni.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 Per l'attuazione della presente legge è autorizzata per l'anno finanziario 1981 la spesa di L. 126 milioni.
All'onere di cui al precedente comma si provvede mediante una riduzione di L. 126.000.000, in termini di competenza e di cassa, dello stanziamento di cui al cap. 12.600 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1981 e mediante l'istituzione, nello stato di precisione medesimo, di apposito capitolo, con la denominazione: "Oneri relativi alla sottoscrizione di nuove azioni della S.p.A. Aeroporto Cuneo-Levaldigi di Cuneo" e con lo stanziamento di L. 126.000.000 in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare con proprio decreto Le occorrenti variazioni del bilancio.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Passiamo alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Istituti Pubblici di Assistenza e beneficenza - II. PP. A. B.

Esame mozione presentata dal Gruppo DC sulle IPAB


PRESIDENTE

In merito al punto seste all'ordine del giorno si discute l'"Esame mozione presentata dal Gruppo DC sulle IPAB".
Ha la parola il Consigliere Martinetti per illustrare il documento.



MARTINETTI Bartolomeo, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la mozione che il Gruppo democratico cristiano si onora di proporre al Consiglio trae lo spunto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 143 del 17 luglio 1981, o meglio, dal modo con cui la Giunta regionale ha ritenuto di atteggiarsi di fronte a tale sentenza. Ma offre anche l'occasione per una ampia riflessione sulle prospettive delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nel quadro della riforma del sistema socio-assistenziale e sulla politica regionale in tale settore.
Non si può tuttavia non partire da alcune semplici considerazioni di natura giuridica. La sentenza n. 143, come è noto, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, quinto e sesto comma e parte dei commi settimo e nono, del DPR 24 luglio 1977 n. 616, per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione in quanto tali norme legislative delegate esorbitano dal contenuto della delega concessa all'esecutivo dal Parlamento con la legge 82 1975 n. 382.
Con la circolare n. 16 del 1° settembre scorso, il Presidente della Giunta regionale ha comunicato agli enti interessati che la Giunta, anche in presenza della dichiarazione di incostituzionalità, ritiene tutt'ora in vigore le norme dell'art. 7 della legge regionale n. 20 del 1980, le quali con il chiarissimo fine della "salvaguardia" in vista del passaggio ai Comuni, disposto dall'articolo del DPR 616 (ora non più efficace) vietano alle Ipab di assumere personale e di compiere operazioni patrimoniali senza espressa autorizzazione della stessa Giunta.
La motivazione con cui la Giunta tenta di mantenere in vigore una norma così direttamente conseguente a quella giudicata incostituzionale, è ricondotta al fatto che con la stessa si raggiungerebbero anche finalità diverse da quella della salvaguardia, finalità che l'ordinamento giuridico generale consente alla Regione di perseguire, nel caso specifico, l'uso delle risorse socio-assistenziali coerente con la programmazione regionale.
Non va dimenticato, al contrario, che se è vero che con il DPR n.9 del 1972 la Regione è subentrata allo stato dell'esercizio delle funzioni amministrative concernenti le Ipab, tali funzioni sulla base della legislazione precedente, e di nuovo vigente dopo la sentenza n. 143 riguardano istituzioni, le Ipab appunto, la cui posizione giuridica era ed è tutelata specificamente in ordine al raggiungimento dei fini propri di ciascuna Ipab, quali desumibili dal rispettivo statuto. In altre parole nessuna forma di tutela preventiva o successiva agli atti può essere imposta allo scopo di perseguire finalità proprie di altri enti, Regione compresa; nessuna tutela può andare oltre al controllo degli atti assunti dalle autonome amministrazioni per garantirne l'idoneità al raggiungimento degli scopi statutari propri di ciascun ente.
Era pertanto già illegittima la circolare n. 3219 del 20 aprile 1976 con cui la Giunta regionale, anche prima del DPR 616, imponeva alle Ipab l'autorizzazione preventiva degli atti riguardanti il personale e il patrimonio. Tant'è vero che, come la Giunta ben sa, tale circolare rimase nei giudizi dei Comitati regionali di controllo, per lo più lettera morta.
Così pure è illegittima la circolare n. 16 del 1° settembre perché il quadro giuridico, ripristinato dalla sentenza n. 143, è identico a quello del 1976 e, da quanto risulta, i Comitati regionali di controllo hanno già incominciato a darvi eguale considerazione, cioè a non tenerne conto.
La Giunta dirà che c'è un telegramma firmato addirittura da Spadolini che sollecita i Presidenti delle Giunte regionali a invitare i Comitati regionali di controllo a tener presente l'esigenza di evitare che in questo momento le istituzioni vigilate procedano ad alienazioni o trasformazioni del patrimonio e a istituzioni di nuovi posti d'organico.
Questo telegramma non solo non inficia la nostra tesi, circa l'illegittimità della circolare, ma chiaramente la avvalora. Esso, infatti conferma che l'unica tutela possibile è quella esercitata attraverso i Co.Re.Co., a proposito dei quali il DPR n. 9 del 1976 precisa che il controllo avviene secondo le modalità di cui al capo terzo del titolo quinto della legge 62 del 1952: controllo di legittimità e controllo di merito esclusivamente sotto la forma della richiesta di riesame da parte dell'organo deliberante.
Poiché, dunque, non possiamo neanche immaginare che il Governo suggerisca alla Regione forme di indebita intromissione all'interno dell'attività giudicante dei Co.Re.Co., l'esortazione del Presidente del Consiglio non può che interpretarsi nel senso di un invito ai Comitati stessi affinché considerino la materia con particolare cautela che il momento di transizione impone e, nel caso, rinviando all'organo deliberante per il riesame di merito, argomentino in modo da richiamare la piena responsabilità dell'ente sulla decisione da assumere.
Inventare ed imporre controlli ed autorizzazioni preventive, è quindi illegittimo e denuncia uno spirito autoritario e paternalistico che è contrario all'ordinamento costituzionale repubblicano. E non vogliamo qui entrare in un argomento su cui si dovrà forse ritornare nel corso del dibattito, ma non possiamo tacere che anche più grave è non solo aver preteso o prendere il ricorso all'autorizzazione preventiva rispetto ad atti di enti autonomi, ma aver usato tale strumento, come ampiamente è avvenuto, in un modo che ha reso ogni giorno più difficile la vita delle Ipab e l'azione dei volenterosi cittadini legittimamente investiti della responsabilità nelle amministrazioni degli enti.
Quando le istanze di autorizzazione dormono per mesi e mesi, a volte per anni, nei cassetti dell'Assessorato senza risposta né positiva n negativa, non ci si può stupire se nasce il sospetto che attraverso forme improprie ed inaccettabili si vogliano sollecitare determinate soluzioni che si considerano con favore per ragioni politiche e ideologiche.
La preferenza della Giunta e di determinate forze politiche per un certo qual tipo di soluzione finale che veda la scomparsa di tutte le istituzioni socio-assistenziali autonome non è da noi condivisa, ma pu legittimare un comportamento politico conseguente purché nei limiti e nelle sedi previste dall'ordinamento giuridico.
Avvalersi di comportamenti amministrativi impropri per stancare gli amministratori, porre le istituzioni nell'impossibilità di funzionare, per poi dire che non funzionano e quindi vanno eliminate, non è né consentito né legittimo.
La stessa circolare n. 16, che ha dato lo spunto alla mozione, ci convince di questa tendenza della Giunta a favorire, attraverso scorciatoie e procedure contorte il raggiungimento di un fine ideologicamente e politicamente individuato, ma poco rispettoso del quadro giuridico vigente.
Essa, infatti, suggerisce alle Ipab che non fossero più in grado di proseguire il loro servizio, di adottare la procedura di autoscioglimento devolvendo al Comune il personale ed il patrimonio residuo. L'aspetto invitante di tale suggerimento appare chiaro laddove la Giunta regionale ricorda ai Comuni che il personale così assunto in virtù del decreto legge n. 38 del 1981 non costituirà aggravio per le finanze comunali perch praticamente a carico dello Stato.
Noi abbiamo molte riserve da avanzare su queste indicazioni. Intanto ci meraviglia il modo disinvolto con cui in un momento così grave della finanza pubblica e da parte di una Giunta che non manca occasione per richiamare tutto all'austerità che il momento impone, si accredita il principio che un onere se può essere accollato allo Stato non è più un onere. Non ci sembra buona politica quella di sollecitare i Comuni ad essere attenti ed economi nel gestire i loro bilanci, salvo poi a considerare con leggerezza le spese che "tanto pagherà lo Stato".
Inoltre, abbiamo molte perplessità anche sull'interpretazione che viene data circa le disposizioni di cui al decreto legge n. 38 sulla finanza degli Enti locali per il 1981. Per il 1981, si noti, mentre già si hanno notizie di una diversa impostazione per gli anni futuri a cominciare dal 1982. Né si è certi che l'assunzione organica del personale con la conseguenza dell'allocazione della spesa relativa nella parte del bilancio comunale coperta dall'intervento statale, se poteva essere legittima nel corso di trasferimento obbligatorio, quale previsto dal quinto comma dell'art. 25 del DPR 616, lo sia anche ora quando tale norma è caduta perché incostituzionale.
La procedura dell'autoscioglimento poi è del tutto nuova talché si potrebbe dire che la Giunta non solo con una circolare usurpa la funzione legislativa e regolamentare del Consiglio, ma addirittura crea nuove figure giuridiche non presenti nell'ordinamento statale.
La normativa vigente, infatti, e cioè la legge n. 6972 del 1890 e successive modificazioni, prevede forme di trasformazione delle Ipab dalla fusione di due o più enti, alla mutuazione dei fini statutari. Non è previsto invece il caso di passaggio al Comune quando vengono a mancare i mezzi di sussistenza. Gli enti possono bensì estinguersi quando sia divenuto impossibile lo scopo statutario e ciò a norma dell'art. 27 del Codice Civile. Ma allora non si vede perché dovrebbe adottarsi la procedura di cui all'art. 62 della legge del 1890 che riguarda la riforma degli statuti, le fusioni e le mutuazioni del fine delle istituzioni, ma non la loro estinzione.
La materia è quindi ben più complessa di quanto le superficiali indicazioni della Giunta sembrano lasciare intendere.
Ma più grave è, secondo il nostro parere, il fatto che la generalizzazione del comportamento suggerito dalla Giunta tende a produrre una situazione concreta in cui sarebbero raggiunte le stesse finalità che erano perseguite dalla norma legislativa dichiarata incostituzionale.
In tal modo si anticipa e in un certo senso si vuole precostituire la decisione che invece spetta al Parlamento nella sua piena sovranità.
La sentenza n. 143 della Corte Costituzionale sembra infatti aver risvegliato l'attenzione del Parlamento sulla necessità di affrontare in maniera conclusiva il problema della riforma dell'assistenza. E' in quella sede che l'intera questione andrà riesaminata senza pregiudizi o posizioni precostituite o compromesse.
Siamo giunti così ad esprimere il nostro pensiero sul punto chiave sulla sostanza del problema ed a questo proposito desideriamo fare alcune precisazioni atte a sgombrare ogni equivoco sulla nostra posizione. In primo luogo, affermiamo di essere pienamente coscienti della necessità e dell'urgenza di un'ampia riforma della pubblica assistenza. In coerenza con il nostro indirizzo culturale ed ideologico teso alla valorizzazione delle autonomie locali, viste come la sede preferenziale per consentire l'attribuzione di un ruolo centrale e preminente alla persona umana, noi aderiamo apertamente e senza secondi pensieri all'impostazione di un sistema assistenziale caratterizzato da misure fortemente innovative rivolte a superare il precedente sistema settoriale e verticistico e a pervenire ad un modello istituzionale di tipo territoriale con la ricomposizione della globalità delle funzioni pubbliche in capo agli Enti locali, ma siamo contrari alla minaccia di una radicale mutilazione delle espressioni autonome o di altri valori costituzionalmente garantiti.
La Corte Costituzionale, che ovviamente ha basato la sua sentenza sulla preliminare eccezione relativa alla carenza di delega, ha chiaramente affermato ed ammonito che misure legislative di indiscriminata estinzione delle Ipab risulterebbero certamente incostituzionali.
Una riforma anche parziale del regime delle IPAB, dice testualmente la sentenza, "avrebbe richiesto (e quindi - aggiungiamo noi - richiede e richiederà) un esame dei criteri di superamento del regime contenuto nella legge del 1890. Non poteva essere ignorato (e - aggiungiamo noi - non potrà essere ignorato) lo spessore storico delle istituzioni disciplinate da questa legge organica, né omettere una riconsiderazione dei principi fondamentali che la ispirarono (rispetto della volontà dei fondatori controlli giustificati dal fine pubblico dell'attività svolta in situazioni di autonomia)"; inoltre, "sarebbe stato motivo di riflessione (e lo dovrà essere ancora - diciamo noi -) la pluralità di forme e di modi in cui l'attività assistenziale viene prestata, differenze non prese come tali in considerazione della legge del 1890. Ma dopo l'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana (sono sempre parole testuali della sentenza) intraprendere una riforma del sistema comporta che si faccia debito conto dei precetti contenuti negli artt. 18-19-33 e 38 della Carta Costituzionale e che sia affrontato, alla luce dell'art. 38, ultimo comma, il tema del pluralismo delle istituzioni, in relazione alla possibilità di pluralismo nelle istituzioni". L'art. 18 della Costituzione è quello, come è noto, che sancisce la libertà di associazione; l'art. 19 è quello relativo alla libertà religiosa, l'art. 33 afferma la libertà di insegnare e di istituire scuole, l'art. 38 riconosce la libertà dell'assistenza privata.
Nulla di più chiediamo, con la mozione che presentiamo all'approvazione del Consiglio, di quanto così solennemente affermato dalla Corte Costituzionale nella sua esemplare sentenza, perché, sia chiaro, non accettiamo le valutazioni che pure abbiamo letto sui giornali, anche ad opera di responsabili di questa Giunta, secondo cui la sentenza della Corte Costituzionale sarebbe una sentenza politica, espressione di tendenze retrive e ritardanti che sarebbero presenti nel mondo politico nazionale sentenza politica a cui bisogna rispondere con un impegno politico il quale giustificherebbe persino l'illegittimità delle indicazioni contenute nella circolare n. 16.
Nel nostro quadro giuridico la tutela costituzionale è uno dei dati che caratterizzano e distinguono il nostro regime fondato sulla Costituzione quel regime democratico occidentale che tanto spesso e con argomenti validissimi viene in quest'aula esaltato da prestigiosi rappresentanti della maggioranza. Tacciare di manovra politica l'operato della Corte Costituzionale, solo perché non se ne condividono le pur motivate argomentazioni, è un comportamento che contribuisce al deprezzamento delle istituzioni da tutti deprecate. Così come contestare chi trova tale sentenza esemplare e richiede che delle sue motivazioni si tenga conto anche nel lavoro legislativo in corso e accusarlo di assurde velleità passatiste, in difesa di privilegi e di interessi superati, equivale all'accusa - ci auguriamo parimenti immotivata - di chi sostenesse che i fautori dell'estinzione indiscriminata tendono a mettere le mani sui qualche volta cospicui patrimoni delle Ipab.
Non attraverso posizioni isteriche e puramente di principio si darà adeguata soluzione al problema della riforma assistenziale e del riordino globale dei servizi; occorre affrontare un tema tanto importante con piena serenità, coscienti che la sentenza della Corte Costituzionale ha rimesso tutti nella condizione di decidere dopo matura riflessione, senza tardive difese di quanto è superato, ma anche senza aprioristici furori iconoclasti.
La mozione che abbiamo presentato al Consiglio, e che ci auguriamo dopo l'opportuno confronto, possa essere approvata, rivolge pertanto un appello al Parlamento affinché proceda sollecitamente la legge di riforma dell'assistenza ed auspica che, nell'ambito della riforma, alle Ipab sia data una sistemazione che si basi su una razionale programmazione globale e che persegua il fine della massima efficacia dei servizi prestati. Ma questo si chiede che avvenga nel rispetto della volontà delle popolazioni interessate puntando alla valorizzazione di tutte le potenzialità locali e sul pieno riconoscimento del pluralismo delle istituzioni.
Ovviamente, poiché siamo partiti dalla contestazione di una circolare regionale, intendiamo anche circoscrivere il nostro interesse a ciò che la Regione può e deve fare. Proponiamo, quindi, di impegnare la Giunta a quello che, a nostro avviso, deve essere il comportamento della Regione in questo periodo di transizione, in cui importa soprattutto che non siano pregiudicate le soluzioni finali che saranno adottate dal Parlamento.
Nella Regione Piemonte esistono numerose istituzioni di assistenza che sono in grado di assolvere egregiamente ai propri compiti. Se queste Ipab hanno incontrato delle difficoltà fino, in qualche caso, a giungere al limite della sopravvivenza, ciò è dovuto in gran parte proprio a quei vincoli, a nostro parere, illegittimi che la Regione ha posto alla loro autonomia, arrogandosi la potestà di pretendere autorizzazioni preventive nel caso di deliberazioni concernenti il patrimonio e il personale.
Se questo atteggiamento poteva avere una parvenza di giustificazione finché vigeva l'applicabilità dell'art. 7 della legge regionale n. 20, ora dopo il ripristino del quadro giuridico precedente, esso risulta del tutto impraticabile.
Queste Ipab, quindi, debbono essere lasciate vivere nella loro piena autonomia ed il controllo su loro esercitato deve essere esclusivamente finalizzato al raggiungimento degli scopi statutari dell'ente nell'interesse delle popolazioni, nel rispetto della volontà dei fondatori.
Sappiamo anche noi che ci sono delle Ipab che per l'aumentato costo del personale, per i maggiori oneri derivanti dalle riconversioni strutturali indispensabili per adeguarsi alle esigenze degli assistiti, incontrano difficoltà pressoché insormontabili a continuare la loro attività. Anche per queste, tuttavia, noi riteniamo che la soluzione definitiva debba essere demandata alla riorganizzazione conseguente alla riforma nazionale.
Se in qualche caso sarà necessario ricorrere alle procedure di trasformazione previste dalla legge del 1890 o, addirittura, all'estinzione ai sensi dell'art. 27 del Codice civile, ciò deve avvenire per matura e responsabile scelta delle Comunità locali, senza pressioni o ricatti esterni di alcun genere.
La Regione non solo non deve sollecitare la loro trasformazione o la loro estinzione, ma, a nostro parere, deve predisporre mezzi straordinari per far sì che tali istituzioni sopravvivano almeno nei limiti funzionali ed economici attuali, fino al momento in cui - ci auguriamo presto - la riforma nazionale, mediante l'adozione di provvedimenti non episodici o frammentari, consentirà soluzioni definitive e adeguate.
Non sta a noi indicare specificatamente i mezzi con cui andare incontro alle straordinarie necessità di un certo numero di Ipab in questo periodo che, ripetiamo, è transitorio, e deve consentire un sereno riesame dell'intero problema per giungere a decisioni complessive che evitino il rischio dell'incostituzionalità contro cui la sentenza n. 143 ha messo in guardia e che, secondo la nostra opinione, non devono predisporre pregiudizialmente l'indiscriminata eliminazione delle Ipab. La Giunta pu opporci le difficoltà del bilancio regionale a reperire i fondi necessari (che, tra l'altro, non dovrebbero neppure essere eccessivi). Noi riteniamo tuttavia, che si tratti di un intervento assolutamente prioritario e che pertanto, negli stessi settori della spesa assistenziale e sanitaria, prima di avviare nuove iniziative e, con lo stesso impegno con cui ci si rivolge a sostenere attività sociali di nuovo tipo, si possano trovare i mezzi per affrontare questo impellente ed urgente problema.
Solo la riforma nazionale ci metterà di fronte ad un quadro definito dell'assistenza sociale, a cui come Regione e come Enti locali, dovremo attenerci nel futuro. Lasciar morire, in questo momento, istituzioni assistenziali efficienti e necessarie, prima che sia ben chiarito il modo con cui sostituiremo o integreremo la loro attività, ci sembra una responsabilità che questo Consiglio non dovrebbe assumersi. Per quanto sta a noi, è una responsabilità che lasciamo volentieri ad altri.
Il Gruppo della DC ha ritenuto di provocare questo dibattito perché è cosciente dell'importanza della complessa problematica riguardante le Ipab e i servizi socio-assistenziali in genere. Avremo presto, in occasione della discussione del piano socio-sanitario regionale, l'opportunità di ritornare sull'argomento in una cornice globale più ampia e quindi più significativa, ma ci auguriamo che anche il dibattito odierno valga a portare qualche chiarimento in una situazione certamente non poco confusa e a dare maggiore coerenza ed incisività all'azione regionale nel settore.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Si apre il dibattito con l'intervento del Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico

E' difficile entrare nella discussione sorta tra la DC, con la mozione e l'Assessorato, con la circolare, specie per i non addetti in modo specifico alla materia legale se è già difficile un accordo tra gli avvocati della DC e quelli della Giunta per mettere assieme dispositivi di tante leggi (la mozione cita il Codice civile, la Costituzione, le leggi 69 e 72 del 1980, la 62 del 1953, il DPR 616 del '77) e per rendere univoca l'interpretazione delle leggi stesse. Non per nulla è stato istituito in materia di legislazione amministrativa il Tar.
Però ragionando in modo semplice, mi pare che tra tante parole e riferimenti legislativi i problemi proposti e da risolvere siano due: l'applicabilità della norma dell'art. 7 della legge regionale n. 20 e l'autoscioglimento delle Ipab.
1) Applicabilità della norma dell'art. 7 della legge regionale n. 20.
La mozione la nega, la circolare, invece, ne afferma la possibilità non tanto come conseguenza della legge 20 ma in forza del potere regionale di applicare norme di salvaguardia in materia sociosanitaria sempre ammettendo le deroghe previa autorizzazione della Giunta regionale.
Le attività socio-assistenziali sono state trasferite e delegate alle Regioni e la legge 833 lascia la facoltà alla Regione stessa di gestirle a livello di ULS unitamente alla Sanità.
La Regione Piemonte, come è stato proposto nel piano socio-sanitario per il triennio '80-'82, sul quale si sono fatte le consultazioni e che si sta ora discutendo in Commissione, ha scelto questo accorpamento.
Mi pare quindi legittimo che la Regione applichi delle misure di salvaguardia che oltretutto non pregiudicano il destino futuro delle Ipab che sarà conseguente al piano nazionale sull'assistenza sociale.
2) Autoscioglimento delle Ipab. La stessa mozione non ne nega la possibilità, ma dice solo che non deve essere né generalizzata, n sollecitata. A dire il vero non trovo nella circolare niente che solleciti a generalizzare tale soluzione, ma solo l'indicazione di come attuare una scelta sempre libera e possibile da parte dell'Ipab salvaguardando sempre e nello stesso tempo il potere del Comune di accettare o no la scelta dell'Ipab sul quale, mi sembra, si imponga soltanto da parte della circolare un parere della Giunta regionale in base al provvedimento del Consiglio di amministrazione dell'ente, al bilancio consuntivo e al prospetto aggiornato della situazione patrimoniale e del personale dell'ente stesso.
Mi pare anzi, che la circolare, non solo non inviti all'autoscioglimento, ma inviti le Ipab a riconsiderare le precedenti decisioni, a riprendere in considerazione quanto già scelto in vista della possibilità dell'autoscioglimento.
Le Ipab che hanno espresso parere favorevole sul passaggio al Comune sono, come ricorda la circolare, 172 su 625 e quindi più del 25%.
In conclusione, non ci sentiamo di sottoscrivere in toto la mozione della DC, ma soltanto di essa l'auspicio al Parlamento di varare la legge quadro sulla riforma dell'assistenza e l'impegno per la Giunta di adottare una normativa transitoria che permetta la prosecuzione dell'attività delle Ipab che non scelgono l'autoscioglimento e che sono in difficoltà economiche, sempre, beninteso, che ciò non dia esito o adito a libertà e a non ragionevolezza di spese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri. Mi pare di tutta evidenza che la motivazione giuridico-costituzionale posta a base della mozione della DC è pienamente valida, ed è una motivazione assorbente di altra considerazione, ai fini di fare ritenere manifestamente illegittima la circolare della Giunta, emanata immediatamente dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale. Bastano brevissime considerazioni al riguardo, ed è sufficiente rilevare che la legge n. 20, nella sua interezza, era, come risulta dal titolo stesso della legge, una legge di attuazione di quei commi dell'art. 25 del DPR 616, che prevedevano il trasferimento delle Ipab, del loro patrimonio e delle strutture ai Comuni.
Caduto l'art. 25, cade necessariamente, nella sua interezza, la legge 20 che era una legge di attuazione dell'art. 25. Non è consentito estrapolare l'art. 7, che faceva parte del pacchetto di attuazione e dire che sopravvive ad altri fini.
In via di ipotesi, può essere presentato un disegno di legge, di identico contenuto a quello dell'art. 7. Naturalmente sorgeranno in tale momento gravi problemi di legittimità di una siffatta norma, che preveda l'autorizzazione della Giunta per assumere personale e per alienare beni.
In altri termini, dopo la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 25 del DPR 616 cade la legge regionale ad essa collegata e si verifica quello che prevede in maniera chiarissima la Costituzione, si ristabilisce cioè la situazione normativa preesistente, riprende vigenza, nella sua interezza la legge del 1890 e riprende vigenza la legge statale n. 9 del 1972, la quale stabilisce che il controllo di merito sugli atti delle IPAB venga esercitato dai CO.RE.CO. In particolare, questa norma si riferisce, per quanto concerne il controllo di merito, all'art. 36 della legge del 1890 il quale prende in considerazione, fra gli altri atti, quelli dell'assunzione del personale e del trasferimento di beni.
In questa situazione, mi pare proprio che non ci sia spazio per una circolare che pretende di far sopravvivere una norma necessariamente decaduta, immediatamente dopo la sentenza della Corte Costituzionale.
Anche l'argomento dell'autoscioglimento è manifestamente illegittimo per il semplice fatto che non è previsto dalla legge del 1890 che prevede la possibilità di fusione e trasformazione, e non l'autoscioglimento.
E' vero che il Codice Civile prevede all'art. 27 la possibilità dell'estinzione della persona giuridica in generale (quindi anche delle Ipab) però ciò unicamente nell'ipotesi del raggiungimento dello scopo.
Nella circolare si cita l'art. 13 del decreto 616 che trasferisce alle Regioni tutta la materia amministrativa in materia di scioglimento trasformazione, modificazione delle Ipab, però è anche vero che l'art. 13 ha bisogno di una legge di attuazione regionale, così come prima di essere dichiarato illegittimo aveva bisogno di una legge di attuazione regionale l'art. 25.
In altri termini, un eventuale autoscioglimento delle attuali Ipab in questo periodo anteriore all'emanazione della legge quadro nazionale sull'assistenza potrebbe attuarsi solo a condizione che la Giunta presenti una legge attuativa dell'art. 13 del decreto 616.
Anche sotto questo profilo la circolare non regge.
Non si può auspicare di rimanere nella situazione della legge del 1890 e delle successive modeste modificazioni.
Si è ora creato un vuoto legislativo rispetto alla scelta fatta dal decreto 616, vuoto che dovrà essere colmato attraverso l'emanazione di quella legge statale che si aspetta da parecchi anni e che, per inadempienza dei vari governi che si sono succeduti, non è ancora stata emanata.
"Medio tempore" si verifica la vigenza della vecchia legislazione, la vigenza degli statuti, delle tavole di fondazione, della volontà dei fondatori delle Ipab.
Ci sono Ipab ricche e Ipab povere, per definirle in una forma sintetica quelle ricche che possono continuare nei loro fini istituzionali, quelle povere che non sanno come fare a sopravvivere.
Nell'attesa dell'entrata in vigore della legge sarebbe opportuno che tutte le Ipab della Regione fossero sullo stesso piano, quanto meno in ordine al funzionamento e allo svolgimento della loro attività. Ecco quindi che anche la seconda conclusione della mozione pare degna di approvazione laddove si invoca una legge "medio tempore" nell'attesa della legge statale che finanzi le Ipab più povere.
Per questa ragione il nostro Gruppo condivide l'impostazione della mozione.



PRESIDENTE

La parola al collega Acotto.



ACOTTO Ezio

La mozione presentata dai colleghi della DC solleva un tema che nella nostra Regione aveva già trovato un'adeguata collocazione attraverso la legge 20, e successivamente, alla promulgazione della sentenza 143 della Corte Costituzionale, attraverso un' apposita circolare dell'Assessorato e della Giunta. Si ritiene oggi di ritornare su questo argomento e lo facciamo volentieri esprimendo le nostre opinioni su tutti gli aspetti della vicenda.
In primo luogo, vogliamo partire dall'aspetto fondamentale che è presente in ogni processo di trasformazione e che consiste negli obiettivi e nelle finalità che si intendono perseguire.
Nel caso in discussione l'obiettivo che ci siamo prefissi e che ha trovato un primo e significativo approdo nella parte dedicata alle funzioni assistenziali del DPR 616 solo marginalmente coinvolto nella sentenza della Corte Costituzionale, è quello di dotare il nostro Paese di un sistema socio-assistenziale moderno dal quale sia bandito il concetto e la pratica di segregazione.
Rispetto a tale obiettivo, l'ente pubblico è chiamato a svolgere una funzione primaria sia nel momento della programmazione sia nella predisposizione dei servizi e strutture, sia nell'individuazione di criteri e moduli rispetto ai quali garantire comportamenti coerenti da parte di tutti coloro che, a vario titolo e in modo pluralistico, intervengono nel settore assistenziale.
Questi concetti fondamentali che ho cercato ora di sintetizzare, sono per noi basilari e costituiscono la chiave attraverso cui esaminare e giudicare tutto ciò che è avvenuto e dovrà avvenire in questo campo.
Alla luce di quanto finora detto, non v'è dubbio che la sentenza della Corte Costituzionale interrompendo con motivazioni relative all'eccesso di delega e non di merito il processo faticosamente avviato, rappresenti un fatto oggettivamente grave e foriero di altrettante gravi conseguenze.
La dimostrazione evidente di tutto ciò la si è avuta non solo attraverso la presa di posizione delle forze politiche di molte Regioni, ma addirittura attraverso un telegramma del Presidente del Consiglio che invitava le Regioni a provvedere in buona sostanza a tamponare la falla che si era aperta.
Se il Governo ha ritenuto di compiere questo passo vuol dire che ha ritenuto pericolosa la situazione di vuoto legislativo ed era perciò dovere della Regione, e per essa dell'Assessorato competente, intervenire con tempestività nel dare quelle indicazioni che sono state contenute nella nota circolare.
In realtà la discussione verte solo apparentemente sulle modalità con cui si è affrontato il problema. Infatti, il nodo centrale è rappresentato dall'essere o non essere d'accordo sul salvaguardare il processo avviato e in ultima istanza, sull'essere per o contro la riforma dell'assistenza.
Che cosa vuol dire la richiesta della DC di eliminare qualsiasi tentativo di salvaguardia e di vanificare i poteri di indirizzo e di vigilanza della Regione se non mettere in discussione i presupposti stessi dell'azione riformatrice in questo settore? Ogni trasformazione ha bisogno certo del sostegno legislativo ma, nel contempo, sono indispensabili atti politici che spingano nella direzione prescelta.
E' una grossolana mistificazione dire che si vuole la riforma dell'assistenza e nello stesso tempo insistere a che i Co.Re.Co. siano gli unici organismi deputati al controllo sugli atti delle Ipab.
Questa non è una ipotetica situazione che potrebbe verificarsi, ma è già la realtà della nostra Regione, una realtà che possiamo facilmente verificare dal numero ridottissimo delle pratiche che sono arrivate in Regione dopo la promulgazione della sentenza della Corte Costituzionale e della circolare della Regione.
I colleghi della DC dicono che questo fatto è positivo e che dà ragione alle loro tesi. Attenzione! O si dice chiaramente che si è portatori di interessi specifici particolari e consolidati nelle Ipab, così come esse sono adesso e, sulla base di tale chiarezza, si definiscono le posizioni politiche, oppure, si dice di volere una modificazione dell'esistente legge e della legge quadro di riforma. Non si può non guardare con preoccupazione a quanto sta succedendo e non decidere di intervenire per impedire guasti irreparabili.
Può non essere sufficiente la circolare della Regione? Ma, allora va sostenuto, da un lato un intervento legislativo nazionale che copra la vacatio e dall'altro va data pregnanza a tutti i poteri di salvaguardia, di indirizzo e di vigilanza che la Regione esercita in proprio o che pu esercitare attraverso le Unità sanitarie locali.
La DC ritiene nella sua mozione che vada fatta un'azione opposta e su ciò non si può che essere in una posizione di aperto dissenso.
Noi siamo, infatti, convinti che l'insieme delle risorse umane, ideali religiose, patrimoniali, incorporate nelle Ipab piemontesi, possa dare un contributo significativo per costruire un nuovo assetto del sistema socio assistenziale piemontese, nella misura in cui esso si rinnova e si colloca dentro impegnativa attuazione di una generale riorganizzazione qual'è indicata nei documenti del piano socio-sanitario regionale.
Tali innovazioni vanno stimolate ed è in questa chiave che collochiamo il ruolo primario della Regione, un ruolo, dunque, non fiscale, ma programmatorie e di indirizzo. Ciò vale anche in primo luogo per l'utilizzo delle risorse disponibili. Perché si finge di ignorare a questo riguardo che una quota rilevante delle risorse può provenire soltanto da una trasformazione dell'esistente? Che senso ha, se non quello di una cocciuta difesa dell'esistente e diciamo anche, dei centri di poteri esistenti, il chiedere soldi all'ente pubblico per mantenere e consolidare una separatezza che si rivendica e si vuole addirittura accentuare? E al di là di tutto ciò e prima di tutto ciò ci sono i bisogni assistenziali di anziani, giovani ed emarginati che hanno bisogno di servizi. Di quali servizi? Quelli storicamente superati e che, in quanto tali, riproducono una logica segregante che si è cristallizzata, o i servizi domiciliaci, una rete di servizi di base, le comunità alloggio, le case protette? Al di là dell'essere d'accordo o meno sull'impostazione assistenziale e sui modelli dei servizi, è la realtà finanziaria della Regione e degli Enti locali che obbliga a compiere delle scelte prioritarie.
Per fare un solo esempio non vi è dubbio, che gli anziani non autosufficienti, quindi le case protette, debbano avere la precedenza assoluta insieme a quei servizi domiciliari che rendano possibile il mantenimento dell'anziano nel suo ambiente.
Alcune Ipab, si stavano muovendo in questa direzione e, in collegamento con i Comuni, avevano avviato un programma di riconversione e di scioglimento.
Per queste realtà e per altre realtà non rimane aperta che la strada dell'autoscioglimento che va perciò indicata come via possibile per affrontare i problemi che sono ormai giunti ad un stadio avanzato di maturazione.
E' stato giusto, secondo noi, ed è corretto richiamare la procedura dell'autoscioglimento, così come è giusto richiamare qui, l'aumento delle difficoltà che deriveranno, anche in questo campo, dai tagli della finanza locale previsti per il 1982 e dei progetti obiettivo previsti nel piano sanitario nazionale.
Non condividiamo questa impostazione, ma, di fatto, essa rende ancora più pressante la riconversione della spesa nel settore socio-assistenziale.
Per le ragioni fin qui illustrate, noi esprimiamo come Gruppo comunista il nostro giudizio negativo nei confronti del significato dei contenuti della mozione della DC; mentre diciamo il nostro assenso ai provvedimenti che ha assunto la Giunta regionale, aperti a discutere e a valutare altri eventuali proposte che si muovono nell'ambito di una riorganizzazione di tutto il settore socio-assistenziale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Vorrei dire ai colleghi democristiani, che vedo preoccupati per questa situazione che la realtà dell'assistenza delle Ipab è molto complessa.
E' una realtà nota da secoli, in contesti diversi, in situazioni storiche diverse che non è facile poter dominare.
La beneficenza, venne così chiamata negli anni 1946-'47 durante i lavori dei padri della Costituente, si tramutò in assistenza, in sicurezza sociale e in questi giorni diventa "diritto alla vita" definizione ancora più complessa.
Non possiamo ignorare la sentenza della Corte Costituzionale, possiamo approvarla o possiamo disapprovarla, se ricordate noi avevamo sempre criticato il rapporto diretto che si era instaurato fra lo Stato Parlamento e Governo, e i Comuni per questa parte tralasciando il ruolo costituzionale della Regione.
La mozione sottopone un problema importante.
La mozione "auspica che il Parlamento proceda con la massima sollecitudine". Auspicare questo è audace se pensiamo ai 54.000 emendamenti radicali al regolamento della Camera ! Immaginate come possa essere data la massima sollecitudine ad una legge sulle Ipab! Quindi che cosa poteva fare l'Assessore Cernetti? Poteva fare una circolare interpretativa.
D'altronde non siete voi, colleghi democristiani, che avete chiesto la circolare interpretativa della legge 56? Non siete voi che avete martirizzato il povero Astengo con la legge 56? Ma vi è andata male perché le elezioni vi sono state sfavorevoli e hanno dato ragione ad Astengo.
Che cosa avete da rimproverare ad un Assessore che, all'indomani della sentenza e in previsione della sentenza, di cui si conoscevano le indiscrezioni, ha preparato le direttive? Che hanno il valore di interpretazione? Se andiamo al voto sulla mozione, la maggioranza si esprimerà in un modo e l'opposizione in un altro e voi potete dire, magari a qualche brava suorina (per carità! le rispetto molto e ho avuto modo nel momento in cui mi assistevano, di ragionare sul miracolo poiché una suora mi diceva che era un miracolo che io guarissi! ) che la mozione è stata respinta? Non possiamo invece all'interno della V Commissione disputare fino in fondo su questa materia? Perché volete andare in giro a dire che la vostra mozione è stata respinta dalla maggioranza? Che ragione avete di fare tutto questo proprio nel momento in cui cercando di salvare l'opera di pensionati di Orta, che ha 40 dipendenti, il Governo boccia la legge? Proprio nel momento in cui il Governo non lascia passare la legge su Orta che comporta una anticipazione di 200 milioni vogliamo proporre una legge che porta una spesa di 2 miliardi? Il Governo non ha detto che la Regione deve provvedere con fondi propri, ma che approva una legge nella quale rientra tutta la caratteristica dell'assistenza ma, attenzione! Perché quando il Governo dice questo per bocca di un suo funzionario che (il Presidente Spadolini non avrà visto nemmeno lontanamente la legge di Orta, impegnato com'è in ben più alte questioni) deve dire dove la Regione può prendere le risorse.
Prendiamo atto delle giuste istanze che sono contenute nella mozione e proponiamo di aprire nell'ambito della V Commissione un dibattito subito dopo la discussione del piano socio-sanitario.
Invito la DC ad una moderazione rispetto alle problematiche che pone.
Credo che l'Assessore Cernetti abbia agito correttamente e con tempestività.
Quella circolare è stata immediata e opportuna perché ha offerto una base di discussione e di certezza di questo importante problema.



PRESIDENTE

La parola al consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

In primo luogo ritengo che si debba fare una considerazione sulla profondità e sul dettaglio con cui questo argomento è stato portato in questa sede.
L'illustrazione della mozione fa onore alla forza politica che l'ha stesa e al suo stensore in modo particolare.
Detto questo, una forza politica non può non cogliere i limiti della mozione e della sua illustrazione. I limiti sono nel non aver affrontato il problema politico che abbiamo davanti, con questo determinando e dando spazio a una forza che, a mio avviso, incomincia ad indicare la sua crisi esistenziale attraverso espressioni verbali che non sono da Parlamento di democrazia europea.
Non è certamente da Parlamento di democrazia europea che la più grossa forza di maggioranza in questa sede indichi come grave una sentenza della Corte Costituzionale: una sentenza della Corte Costituzionale non è n grave né lieve: è una sentenza della Corte Costituzionale che ci impegna tutti; è l'espressione democratica della collettività nazionale che si è espressa attraverso questo organismo.
La si è voluta perché ci fosse un arbitro a derimere queste vicende che dicesse il giudizio democratico del nostro Paese.
Non si tratta né di fare una diatriba giuridica né di fare le barricate nei confronti della Corte Costituzionale perché il linguaggio per cui la Corte Costituzionale è democratica quando ci dà ragione ed è grave, quindi non democratica, quando non ci dà ragione, è estremamente pericoloso.
E' grave invece la realtà dei ritardi legislativi evidenziata dalla Corte Costituzionale, è grave la realtà che la Corte Costituzionale ha registrato e cioè che lo strumento con cui si riteneva di procedere alla riforma del fenomeno assistenziale era uno strumento non legittimo.
Se tutti conveniamo sul fatto che ci sia una realtà grave, ha ragione il collega Viglione: la Regione deve rimanere come il carabiniere con il fucile a spalla e non muoversi né in termini positivi né in termini negativi per non fare il gioco del capitalista (è una barzelletta: chi la sa capisce, chi non lo sa, non capisce) oppure deve muoversi? O ci limitiamo a fare un dibattito di tipo giuridico sul quale ognuno dà la propria interpretazione alla sentenza oppure ci ricollochiamo nella realtà che abbiamo di fronte e sappiamo che cosa vuol dire agire e che cosa vuol dire non agire.
Diciamo subito che non ci sembra possibile non agire nella misura in cui la realtà si muove.
Se riuscissimo con una bacchetta magica a congelare la situazione, a essere certi che non si disperdono i patrimoni, che non vengono gonfiati gli organici del personale, che non vengono portati all'eccesso situazioni di antieconomicità o di insufficienza di servizio non ci dovremo muovere neanche per garantire la continuità di fenomeni di assistenza sui quali politicamente possiamo essere consenzienti.
Un giudizio politico va dato su questa vicenda. Non siamo certamente noi a non riconoscere i meriti storici e ancora attuali di certe forme e di certe concezioni dell'assistenza pubblica. Certamente, si devono considerare superate in uno Stato che ha acquistato valori diversi, n prevalenti né meno validi rispetto ad altri, concetti e valori più attuali più moderni e forse più laici. Questo non significa disconoscere la realtà e soprattutto non significa metterla in discussione prima che, con apposita legge dello Stato e opportuni piani regionali, si siano garantiti ai cittadini quanto meno i livelli di servizio dati da un sistema che qualcuno, e tra questi siamo noi, vuole cambiare.
I limiti soggettivi e oggettivi in cui agiva il vecchio concetto di assistenza aveva portato necessariamente ai limiti oggettivi e di qualità del servizio.
Non possiamo certamente pensare che il tipo di assistenza e beneficenza che trovava il fondamento sul volontarismo delle monache e sui lasciti di degnissimi notai di periferia, potesse garantire un livello di prestazione che pretende una società civile.
La società civile potrà garantire il livello di prestazione conché ci siano riserve sufficienti, cultura sufficiente e sensibilità sufficiente.
Non si tratta di contrapporre il moderno al passato, non si tratta di seppellire alcune esperienze: si tratta di registrare che siamo in un momento di transizione.
I liberali ritengono che l'obiettivo verso il quale si deve lavorare è un'assistenza diversa ma assistenza che non istituzionalizzi l'assistito ma che sia uno strumento per garantire la qualità della vita che è fatta soprattutto di libertà individuale nel senso più ampio e profondo del termine: ognuno di noi deve poter continuare l'esistenza che si è scelto durante la vita anche in quella fase della vita che non è più attiva.
L'indipendenza e la responsabilità sono certamente tipi di valore che riteniamo debbano essere messi a fondamento del fenomeno assistenziale, al di là di altri valori altrettanto significativi.
Se ci si muove verso questo obiettivo mi sembra chiaro che si debba andare nel senso di una riforma nell'attuale struttura e delle attuali istituzioni.
Se siamo nel transitorio, riteniamo che la Giunta bene faccia a fare quello che ritiene di fare per garantire che certi tipi di fenomeno non vengano compromessi né in positivo né in negativo; in altri termini, che non si debbano dilatare situazioni ormai decotte e non si compromettano situazioni positive.
E' chiaro che se andiamo ad una legge che farà giustizia non vorremmo trovarci con dei cadaveri eccellenti, conservati in naftalina per essere venduti al miglior offerente. Dal punto di vista politico riteniamo che la Regione deve fare qualche cosa per congelare per quanto possibile questo fenomeno.
Non sono in grado di dire in quale misura si possa evitare di avere solo cadaveri eccellenti, se con la circolare dell'Assessore Cernetti o con il telegramma del Presidente Spadolini. Entrambi i documenti individuano al di là della loro correttezza formale, questo tipo di preoccupazione che anche noi abbiamo.
Approviamo il suggerimento avanzato dal collega Viglione di fare chiarezza in termini operativi. Si tratterà di valutare attraverso gli atti operativi che la Giunta vorrà porre in essere la giustezza di una certa impostazione al di là del messaggio ideologico che ognuno di noi pu portare sulla materia.
Questa mozione dovrebbe trovare il suo sbocco in una serie di atti operativi magari suggeriti più empiricamente che in termini di messaggio come è stato scritto al punto b).
Nel caso si dovesse andare ai voti, ci asterremo perché, mentre apprezziamo il contenuto e l'impegno politico a portare in quest'aula un dibattito di questo genere, non possiamo esprimere voto favorevole perch la mozione non è sufficientemente approfondita per quello che attiene al tipo di obiettivo che si intende perseguire.
La mozione dovrebbe essere sostituita da un'altra mozione nella quale il Consiglio regionale rivela la propria attenzione alla materia e incarica con preciso mandato la Commissione di approfondire i modi, i termini e gli strumenti con cui pervenire al risultato desiderato.
Si tratta di congelare l'esistenza in attesa delle norme corrette di gestione ma non si tratta di congelare soltanto i "cadaveri eccellenti".
Se il suggerimento del Presidente Viglione (che per quanto riguarda il mio Gruppo fa proprio) verrà accettato dalla DC, farò quanto è nella possibilità del mio Gruppo politico e mio personale per portare in sede di Commissione un contributo sereno, costruttivo e attuale perché l'assistenza è un momento fondamentale della qualità della vita.
In definitiva la legge finanziaria che cos' é? E' sapere in che modo inciderà sulla qualità della vita di ognuno di noi, è sapere se dopo la sua approvazione avremo una società in cui la qualità della vita sarà più tutelata o meno tutelata.
Come liberali dobbiamo dire il nostro disagio per essere stati chiamati nel Governo a gestire una legge finanziaria con tutte le situazioni di parassitivismo, di corporativismo, di sfruttamento, di insufficienze, di antieconomicità.
Questo Paese ha ancora livelli fiscali e finanziari così grossolani per cui si ritiene che agire sulla salute sia il momento più facile per reperire risorse (che altri penseranno a lapidare. Ci riferiamo al parastato, e a situazioni di questo genere).



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Partendo dal dato di fondo scritto nello Statuto della Regione relativo alla programmazione dobbiamo dire che si debbono utilizzare le strutture esistenti nei vari settori in coerenza con la programmazione regionale e pertanto non è possibile che vi siano dei pezzi che vanno per conto loro.
C'è una sentenza della Corte Costituzionale, che democraticamente dobbiamo accettare anche se in contrasto con le opinioni politiche e scelte programmatiche.
Siamo in periodo di transizione e noi dobbiamo valutare se questo periodo lo affrontiamo andando a consolidare tipi di strutture che di fatto vanno al di fuori della programmazione regionale e destinando risorse perché si consolidino oppure scegliendo una strada diversa.
Mi sembra che la mozione del Gruppo DC tenda ad affrontare il periodo di transizione consolidando tali strutture e facendo in modo che in un periodo non breve dispongano ancora di ingenti risorse.
Credo invece che questo periodo di transizione si debba utilizzare destinando risorse per costruire strutture efficaci e rispondenti alle esigenze e in coerenza con gli obiettivi del piano socio-sanitario.
Lo scioglimento delle IPAB deve rimanere l'obiettivo di fondo anche se non è un obiettivo facile da raggiungere in carenza di una legge quadro nazionale.
E' un nodo politico, è un problema di volontà politica che sarà verificato con l'emanazione della legge quadro.
Sono d'accordo che in questo periodo di transizione vengano convogliate tutte le risorse verso gli obiettivi contenuti nella programmazione regionale; quindi concordo sul merito della circolare dell'Assessorato anche se non sottovaluto i rischi che da quella scelta possono venire e cioè che la legge quadro non andrà in porto entro breve tempo e di fatto si scioglieranno soltanto gli istituti che saranno in difficoltà finanziarie che in qualche modo graveranno sui Comuni.
Per questi motivi siamo contrari alla mozione che è stata presentata dal Gruppo DC.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

I colleghi intervenuti nel dibattito hanno sottolineato l'importanza dell'argomento, oggetto della nostra mozione, e poi sono usciti dall'aula a prendere il caffè.
E' una triste constatazione del disimpegno e del disinteresse su temi importanti come quello che stiamo dibattendo.
Forse anche questa è la chiave di lettura del perché della complessità dei problemi nel settore assistenziale: quasi tutti pensano che debbano essere affrontati e risolti da pochi altri addetti ai lavori che se ne occupano perché nessun altro se ne vuole occupare.
Quando si fa riferimento ai centri di potere, all'interesse a mantenere le strutture così come sono, bisogna dire con franchezza che si dicono delle sciocchezze.
In realtà non di questo si deve parlare, ma dei problemi che stanno dietro all'esigenza di mantenere almeno i livelli di assistenza e non permettere che in una fase di difficoltà si crei un calo di assistenza, nel servizio ai cittadini.
I discorsi sulle case protette, sulle comunità alloggio, sui servizi domiciliari sul piano culturale vanno benissimo, però la realtà che abbiamo di fronte è diversa.
Una serie di istituzioni di assistenza e di beneficenza garantiscono in molti casi eccellentemente, in altri casi meno, l'assistenza alle persone bisognose di cure. Altre case di riposo, altri istituti non sono in grado di far fronte alle esigenze finanziarie nei prossimi mesi per carenza da parte della Regione che tuttavia ha la possibilità di intervenire.
La proposta del collega Martinetti di studiare forme di sostegno per consentire il funzionamento delle strutture esistenti va nella logica di un intervento regionale possibile e legittimo.
L'illustrazione della mozione da parte del Consigliere Martinetti non ha riscosso l'attenzione e non ha avuto una risposta puntuale alle sue argomentazioni.
Forse perché alcuni interventi erano stati scritti in anticipo, certo che si è fatto dire in quest'aula alla DC cose che non ha detto né sono scritte nella mozione.
Non mi sembra che si possa ridurre l'intervento del collega Martinetti ad un insieme di considerazioni giuridiche.
In realtà le considerazioni giuridiche che giustamente e puntualmente sono state fatte erano a supporto e a sostegno di una linea che noi da sempre ribadiamo sul rispetto dei principi e della libertà dell'assistenza sul rispetto dei principi del pluralismo, sul rispetto dell'autonomia delle iniziative private, non speculative.
A volte può succedere che per far morire strutture che hanno funzioni di assistenza e beneficienza pubblica si finisce per favorire indirettamente che vengano riaperte strutture di assistenza a fini speculativi.
Per esempio, molti dimessi dagli ospedali psichiatrici sono finiti in strutture di assistenza privata di tipo speculativo pagate dagli enti pubblici.
Non ci permettiamo di dare un giudizio nel merito della sentenza della Corte Costituzionale.
L'unico giudizio che si potrebbe dare è di tipo tecnico.
La sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che l'art. 25 non è conforme alla Costituzione, non soltanto, come è stato sottolineato dal collega Acotto, per eccesso di delega.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 173 aggiungeva che, in ogni caso, una soppressione indiscriminata delle Ipab, ai sensi dell'art. 38 della Costituzione, sarebbe viziata di legittimità, e lasciava tra le righe che qualora si insistesse sulla soppressione indiscriminata degli istituti di pubblica assistenza e beneficenza, così come precedentemente scritto nell'art. 25, si cadrebbe nella villazione dell'art. 38 della Costituzione laddove si parla di libertà dell'assistenza privata e di possibilità di svolgere assistenza in forme diverse da quelle gestite dall'ente pubblico.
Non abbiamo formalizzato una proposta di legge regionale, non abbiamo fatto una proposta di deliberazione ma abbiamo individuato, in forme di intervento temporaneo, la possibilità di intervenire in favore delle Ipab che si trovino in difficoltà finanziarie.
I bilanci dei grandi comuni, Torino, Vercelli, Biella, Asti, consentono nella loro globalità una sostanziosa fetta di intervento nel settore dell'assistenza, quindi possibilità di integrare le rette negli istituti di riposo, ampie possibilità di intervento nel domicilio di soccorso.
I Comuni piccoli e medi, invece, dove spesso hanno sede le Ipab, si trovano in condizione di bilancio del tutto diverse e difficilmente riescono ad integrare le rette o a intervenire sulla base del meccanismo del domicilio di soccorso.
Le stesse Ipab collocate nei piccoli centri mantengono rette a livelli bassi.
In questi casi la mancanza di interventi da parte di altri enti pubblici, in questo caso la Regione, crea oggettive difficoltà economiche.
Noi chiediamo che con un provvedimento specifico, attraverso i comuni o attraverso le USL, possano essere garantiti determinati pagamenti di servizi nei prossimi mesi.
Farò ancora due considerazioni, la prima è relativa alle pratiche giacenti presso l'Assessorato all'assistenza in applicazione all'art. 6. Le motivazioni del collega Martinetti circa la non applicabilità dell'art. 7 della legge 20, fanno sì che tutte quelle pratiche non abbiano più ragione d'essere. Qualora questa interpretazione non fosse condivisa, è da definire la soluzione di tutte quelle pratiche giacenti che da mesi attendono una loro risposta, in ogni caso a noi sembra che i Consigli di amministrazione delle Ipab, in base alle sentenze della Corte Costituzionale, abbiano recuperato una loro autonomia gestionale, per cui dovrebbe seguire la regolare procedura della deliberazione di Consiglio, che avrà l'approvazione dal Co.Re.Co. a cui seguirà la messa in atto dei provvedimenti conseguenti.
Qui nasce l'esigenza di procedere alle nomine dei Consigli di amministrazione di competenza della Regione e degli Enti locali che in attesa della definizione delle IPAB sono state sospese e che nel periodo transitorio fino all'approvazione della legislazione nazionale debbono consentire il funzionamento regolare delle istituzioni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cernetti per la replica.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

La Giunta regionale ritiene vigenti le norme in cui all'art. 7 della legge regionale n. 20, tra l'altro per aderire al telegramma del Presidente del Consiglio Spadolini che testualmente sottolinea "...di intervenire affinché i Co.Re.Co. tengano presenti le esigenze e di evitare che istituzioni vigilate procedano at alienazioni aut trasformazione beni patrimoniali nonché ad istituzione nuovi posti organico ed assunzioni personale tempo determinato". Era un telegramma non equivoco.
La Giunta attenuando il testo del telegramma ha ritenuto di consentire il possibile e normale funzionamento delle Ipab stesse e non ha ritenuto opportuno vietare in modo indiscriminato le assunzioni in pianta organica che tutti sappiamo essere indispensabili per la vita di alcune Ipab, in quanto in molte viene ritirato il personale religioso, e di procedere ad alcune alienazioni molte volte indispensabili per una buona gestione del patrimonio e della riconversione.
Solo oggi ne sono state sollecitate tre, le quali appunto saranno rese possibili perchè la Giunta ha ritenuto di applicare l'art. 7.
Per quanto riguarda il punto 2) sulla vigilanza e la tutela, la Giunta ha ritenuto di assoggettare le Ipab ad autorizzazioni preventive per quanto concerne il personale e il patrimonio, indirizzando le attività delle amministrazioni e informandole ai principi, agli obiettivi e alle linee programmatiche della Regione.
Questa è un'azione che non può essere demandata al Co.Re.Co.
Riguardo ai punti 304 della mozione, la sentenza della Corte Costituzionale ha lasciato intatti i poteri delle Regioni previsti dall'art. 13 del DPR 616, che trasferisce i poteri concernenti l'istituzione, i controlli, la fusione e l'estinzione degli enti pubblici che operano nell'ambito regionale.
La Giunta ha tenuto presente questo quadro normativo e ha tenuto conto delle esigenze delle Ipab (parte delle 172 Ipab che su parere dell'amministrazione comunale e del proprio Consiglio di amministrazione avevano deliberato l'autoscioglimento e il passaggio al Comune) le quali insistentemente chiedevano il passaggio al Comune perché non erano più in grado di autogestirsi.
La circolare è stata chiara e suonava esattamente in questi termini: "Di tale possibilità potranno eventualmente avvalersi, sempreché ne ricorra la necessità, tutte quelle istituzioni che non fossero più in grado di garantire la prosecuzione del servizio a favore della popolazione assistita".
La Giunta ha ritenuto di comportarsi in questi termini proprio - come giustamente diceva Marchini - per non dilatare situazioni ormai decotte.
Non solo, ma precisava anche che non si sarebbe avvalsa delle deliberazioni dell'amministrazione comunale e delle Ipab che avevano deliberato il passaggio al Comune, ma che sarebbe stato necessario rivalutarne tutta la questione e decidere se la situazione era così decotta da non consentirne la sopravvivenza.
Si è molto insistito sul pluralismo.
Su questo tutti siamo d'accordo e questo tema ricorre in continuazione nel piano socio-sanitario e nella legge 54. E' inutile ricordare che la Regione in base al DPR 616 eroga le spese socio-sanitarie agli Enti locali.
Fra queste sono comprese le spese relative alle interrogazioni dirette alle Ipab e alle strutture private, proprio nel rispetto di quel pluralismo di cui si è parlato.
Non possiamo non ricordare che le linee programmatiche della Regione vanno nel senso della deistituzionalizzazione, il che, come ricordava il Consigliere Bergoglio, non significa mantenere lo status quo, ma limitare i ricoveri per i già autosufficienti e riconvertire le strutture per i non autosufficienti: l'obiettivo è quello di tenere l'anziano nel proprio contesto abitativo e sociale fornendolo di una assistenza economica e domiciliare: tutto questo rientra nell'obiettivo dì una migliore qualità della vita.
Nessuno disconosce il merito storico delle IPAB che alcune ancora oggi hanno.
Oggi, però lo Stato ha il dovere di assumere l'onere dell'assistenza sociale. Concordo con il Consigliere Bergoglio quando sostiene che si deve sviluppare una maggiore sensibilità e che di conseguenza lo Stato sociale deve assumersi direttamente questo onere proprio perché l'assistenza deve essere meno assistenza e sempre più servizio sociale.
La proposta del Capogruppo socialista trova tutti d'accordo e rientra nello spirito di questo dibattito che è stato costruttivo ed equilibrato ricordo gli interventi di Marchini, di Viglione, di Gastaldi e gli interventi circostanziali e altamente competenti della DC.
Un dibattito di questa natura non può esaurirsi in quest'aula: pertanto deve seguire un approfondimento in sede di V Commissione, dopo l'approvazione del piano socio-sanitario e dopo l'approvazione della legge 54, che sarà un indispensabile punto di riferimento indiscutibile nel riordino dei servizi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Credo sia opportuno che i Gruppi si esprimano sulle proposte avanzate.
Abbiamo predisposto una traccia di ordine del giorno conclusivo.
L'invito ad approfondire il tema in sede di V Commissione ci trova d'accordo se questo può portarci a compiere quei passi avanti che sono stati auspicati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Sono incaricato, a nome del Capogruppo e del Presidente della V Commissione, di replicare al termine del dibattito provocato dalla mozione che abbiamo creduto di proporre.
Nell'esprimere la nostra valutazione conclusiva vorrei sottolineare due aspetti.
La nostra impostazione è stata ritenuta eccessivamente giuridica.
Effettivamente, pur non avendo particolari competenze nel campo specifico ho cercato di approfondire gli aspetti giuridici derivanti dalla situazione.
Vorrei invitare il Consiglio a considerare che la sostanza della nostra mozione non poteva non partire da questa valutazione di carattere giuridico.
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, è ripristinato il quadro giuridico precedente e in tale quadro giuridico la Regione non ha potere di imporre controlli preventivi sugli enti autonomi, diverse da quelli che la Costituzione e il DPR n. 9 prevedono, ossia il controllo di legittimità e di merito sotto la forma del riesame svolti dai Co.Re.Co.
La Giunta ha inventato un controllo preventivo sotto la forma autorizzativa che, sul piano giuridico, a noi pare del tutto impraticabile.
Prima di tutto si tratta di applicare la legge, di restare nel quadro giuridico attuale e di non compiere atti che l'ordinamento giuridico non consente.
Nell'illustrazione della mozione abbiamo chiaramente affermato la nostra posizione che è per una riforma ampia e globale della pubblica assistenza che vada nella direzione dell'efficacia e della maggiore rispondenza dei servizi alle esigenze dei cittadini, e con maggiore considerazione dello spessore storico, politico, economico, sociale che hanno le Ipab.
La sentenza della Corte Costituzionale ammonisce il legislatore a tenere presente il quadro costituzionale in cui ci muoviamo e arriva a dire che certe cose che erano state fatte con la legge del 1890 non si potrebbero più fare oggi con la nuova Costituzione repubblicana.
Questo richiamo della Corte Costituzionale deve guidarci nel riesame del problema.
Secondo noi, in un momento transitorio non dobbiamo fare nulla che sconvolga il quadro, che precostituisca delle soluzioni (per le quali la Corte Costituzionale ha ipotizzato il rischio di anticostituzionalità) con atteggiamenti distorti, con procedure che sono delle scorciatoie non ammissibili.
Sapevamo che la nostra mozione aveva poche probabilità di essere accolta come tale ed approvata dal Consiglio. E' per questo che la proposta del Capogruppo socialista viene da noi valutata in tutta la sua positività in quanto accoglie lo scopo fondamentale della nostra mozione di avere la garanzia che in una sede appropriata questi temi verranno approfonditi serenamente senza isterismi, senza posizioni preconcette.
Comunque non vogliamo formalizzarci sulla sede, sui tempi, sul calendario, se abbiamo la garanzia che nella V Commissione del Consiglio regionale potremo serenamente e apertamente approfondire questa tematica.
Accettiamo la proposta, ritiriamo la mozione sottolineando che l'intendimento nostro era quello di promuovere questo dibattito e di aprire uno sbocco di discussione e possibilmente di soluzioni più adeguate di quelle finora messe in atto dalla Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Nessuno, anche da problemi di impostazione di antichissima data, dà valori che non possono essere disconosciuti. Il problema merita un'ampia discussione.
Occorre definire il piano socio-sanitario, occorre affrontare la legge 54 nei modi dovuti, occorre che le esigenze che emergono dalle società trovino uno sbocco in termini moderni.
Siamo disponibili per un incontro, così come ha proposto il Consigliere Bontempi.



PRESIDENTE

Ritirata la mozione della DC, le forze politiche rivedranno la questione in sede di V Commissione.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo al punto ottavo dell'ordine del giorno: "Nomine".
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Nella conferenza dei Capigruppo ci siamo impegnati ad affrontare la nomina dei rappresentanti dell'ordine Mauriziano.
Il Gruppo PSI ha già indicato il proprio candidato. E' questo un atto che compiamo verso il Governo il quale viene mobilitato a nominare i suoi rappresentanti e a ricostruire ciò che la legge prevede, secondo quanto è detto nell'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale.
Quell'ordine del giorno impegnava il Consiglio ad un contatto con il Governo.
Non posso non ricordare questo impegno che tutti ci eravamo assunti.



PRESIDENTE

Effettivamente avevamo preso l'impegno di un contatto con il Capo del Governo per sbloccare le nomine dell'ordine Mauriziano. Mi assumo solennemente questo impegno davanti al Consiglio perché la questione abbia lo svolgimento indicato in quell'ordine del giorno.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Facciamo nostra la posizione espressa dal Consigliere Viglione e comunichiamo che siamo in grado di indicare il nominativo che è stato convenuto per l'istituendo Consiglio di amministrazione dell'Ordine Mauriziano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Vorrei ricordare le conclusioni della riunione dei Capigruppo, nella quale il Capogruppo socialista ha posto con forza il problema dell'Ordine Mauriziano. Tuttavia le conclusioni erano che il Presidente del Consiglio regionale riprendesse l'ordine del giorno votato dal Consiglio, al quale mi ero appellato, e in conseguenza di quell'ordine del giorno, si desse luogo agli adempimenti.
C'era la volontà di chiudere questo argomento dopo che erano intervenuti i chiarimenti da Roma.
Poiché questa nomina non era calendarizzata tra quelle da effettuare nella giornata odierna, non siamo pronti ad affrontare questo argomento.



PRESIDENTE

Riprenderemo l'ordine del giorno votato dal Consiglio regionale e martedì prossimo nella conferenza dei Capigruppo definiremo l'iter di tale questione.
Il Consiglio regionale sarà convocato il giorno 12 novembre p.v.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Nella riunione dei Capigruppo non abbiamo sconfessato l'ordine del giorno il quale però partiva dal presupposto che il Parlamento avesse affrontato la materia con una legge.
Scaduto questo presupposto non resta che nominare i rappresentanti dell'Ordine Mauriziano e presentarli al Presidente del Consiglio dei Ministri.



PRESIDENTE

D'accordo, martedì si deciderà nella riunione dei Capigruppo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17,50)



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