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Dettaglio seduta n.85 del 29/10/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Chiedo se è possibile un'inversione dell'o.d.g., ponendo all'inizio dei lavori la discussione del progetto di legge n. 123. Si tratta di un breve progetto di legge che non richiede molto tempo, ma che è di notevole importanza essendo già avviata la stagione sciistica.



PAGANELLI Ettore

Non ho nulla in contrario a che si faccia tale inversione dell'o.d.g.
non concordo però con il Consigliere Viglione nel ritenere che il progetto di legge n. 123 sia di piccola entità. Mi risulta che parecchi Consiglieri intendono intervenire in quanto vi sono differenti posizioni anche all'interno del nostro Gruppo. Quindi l'esame del progetto di legge non sarà breve e occorrerà tenerne conto nell'economia dei lavori di oggi pomeriggio i tanto più che vi sono altri due punti il dibattito sulla fame nel mondo e quello sul disarmo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Il dott. Salvetti, uno dei firmatari dell'ordine del giorno sulla fame nel mondo, ora assente, intende dare ampio spazio alla discussione e chiede se è possibile rinviarla alla prossima seduta.



MONTEFALCHESI Corrado

Come firmatario con il Consigliere Reburdo dell'ordine del giorno sulla fame nel mondo, aderisco alla richiesta del Gruppo socialista in quanto riteniamo importante la presenza del Consigliere Salvetti.



PRESIDENTE

Sulla questione dell'inversione dell'ordine del giorno, non ho nulla in contrario a che passi per primo il progetto di legge sui maestri di sci.



CARAZZONI Nino

Poiché era prevista nel corso della seduta una riunione dei Capigruppo per fissare l'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio proporrei di, tenerla ora in attesa che giunga il relatore del progetto di legge n. 123.



PRESIDENTE

La proposta è accettabile ma poiché è arrivato il collega Mignone, che è relatore del progetto di legge n. 123, pongo in votazione, per alzata di mano, l'inversione dell'ordine del giorno relativo all'esame del progetto di legge sui maestri di sci.
L'inversione dell'o.d.g. è accolta con 19 voti favorevoli e 21 astenuti.


Argomento: Programmazione sportiva (impianti e attivita")

Esame progetto di legge n. 123: "Integrazione della l.r. 13/8/79 n. 41 (Maestri di sci)"


PRESIDENTE

Il Consigliere Mignone relaziona l'esame del progetto di legge n. 123: "Integrazione della l.r. 13/8/79, n. 41 (Maestri di sci)", di cui al punto settimo all'o.d.g.



MIGNONE Andrea, relatore

Signori Consiglieri, in data 23/12/80 il Consiglio regionale approvò il provvedimento concernente "Integrazione della l.r. 13/8/79, n. 41" (disciplina dell'insegnamento dello sci in Piemonte).
Tale provvedimento aveva lo scopo di risolvere alcune situazioni riguardanti ancora la fase transitoria di applicazione della citata legge: già l'art. 12 della stessa legge infatti prevedeva norme transitorie per consentire di regolarizzare situazioni giuridicamente non definite, in modo da permettere a chi sostanzialmente esercitava l'attività di insegnamento dello sci di acquisire anche il titolo legale che non aveva Potuto ottenere per carenze normative.
In particolare, il terzo comma dell'art. 12 ave va preso in considerazione la posizione di coloro che avevano frequentato con esito positivo appositi corsi di formazione, consentendone l'iscrizione nell'elenco regionale previo superamento di un esame straordinario.
Le prove d'esame sostenute dai medesimi hanno evidenziato che non risultano applicabili in Una situazione particolare i criteri di valutazione ordinari, tanto più che tra i candidati erano annoverate diverse persone di non più giovanissima età la cui capacita professionale non sembra potersi valutare con prove in cui rilevante è la componente agonistica e atletica.
Il provvedimento approvato dal Consiglio regionale il 23/12/80 è stato tuttavia rinviato dal Governo con alcune osservazioni che non paiono giustificate anche perché la norma Proposta dalla Regione Piemonte ricalca pressoché integralmente norme già predisposte da altre Regioni (in particolare Veneto e Abruzzo) per affrontare analoga questione regolarmente approvate dal Governo.
In considerazione di ciò la Giunta regionale ha riproposto sostanzialmente il provvedimento già approvato nel dicembre '80 ridefinendone più puntualmente il testo, per dare soluzione al problema.
Su tale nuovo disegno di legge è stata effettuata una consultazione delle componenti sociali interessate, dando modo alla VI Commissione consiliare di acquisire ulteriori indicazioni sull'argomento.
E' noto che il numero delle persone interessate è estremamente ridotto (119) e che marginalmente incidente risulta nel complesso del Piemonte la loro attività, svolta nella maggior parte dei casi in centri minori che non assicurano una reale possibilità di lavoro stabile e per questo sempre trascurati da coloro che erano muniti di regolare autorizzazione. Pur non di meno in molti casi si tratta di persone che al pari di altri maestri hanno contribuito con la loro opera a favorire l'avviamento alla pratica dello sci, contribuendo alla crescita di un fenomeno sociale e allo sviluppo del turismo.
E' per questi motivi e con l'intento di chiudere una vicenda, nata prima dell'approvazione della l.r., n. 41/79 - vicenda che produrrebbe ancora più difficoltà se non venisse risolta - che è stata formulata la proposta di consentire a queste persone di continuare ad esercitare l'attività che di fatto hanno esercitato provvedendo ad integrare le loro conoscenze tecniche professionali attraverso l'organizzazione di un corso di formazione di frequenza obbligatoria, opportunamente articolato.
La possibilità di chiudere tutta una serie di problemi provocati dalla mancanza di una adeguata legislazione, potrebbe consentire di affrontare più serenamente quelli che sono i reali grandi problemi della montagna e di coloro che in montagna lavorano e intendono rimanere.
Peraltro la l.r., n. 41/79 ha potuto essere applicata consentendo ai Comuni di rilasciare le nuove licenze di esercizio per i maestri di sci già entro il dicembre '79 e quindi regolarizzare una situazione per troppo tempo rimasta caotica.
Alla data odierna sono stati iscritti nell'elenco regionale previsto dall'art. 5 della legge, n. 1177 maestri di cui: 700 già in possesso di licenza di P.S.
alla data di entrata in vigore della legge 287 in possesso di abilitazione FISI per i quali sono siate espletate sessioni straordinarie di esami.
I rimanenti 190 maestri sono stati abilitati a seguito dei corsi di formazione professionale per le discipline alpine e per il fondo organizzati nel 1980 e nel 1981. Per l'esattezza: 51 nuovi Maestri di fondo 139 nuovi maestri per le discipline alpine.
Inoltre sono state iscritte nell'apposito elenco regionale 42 scuole di sci, previo accertamento, da parte delle Comunità montane, dei requisiti previsti dalla legge.
Infine sono stati effettuati corsi di aggiornamento per maestri di sci. I primi, rispettivamente 2. Sauze d'Oulx e Bardonecchia, sono stati organizzati nel '79, subito dopo l'entrata, in vigore della legge regionale; nel 1980, causa delle sfavorevoli condizioni atmosferiche, i corsi si sono potuti effettuare soltanto a Limone Piemonte e Prato Nevoso.
Hanno preso parte a questi corsi, complessivamente, circa 300 maestri.
Per il corrente anno sono stati inoltre programmati 11 corsi di aggiornamento, in collaborazione con l'AMSAO e le scuole di sci.
Per quanto a t tiene la formazione professionale dei nuovi maestri, si può affermare di aver ottenuto, grazie anche alla collaborazione dei docenti, buoni risultati certamente superiori a quelli che assicurava la precedente formazione.
Se tuttavia si è riusciti ad ottenere che il livello medio professionale dei maestri del Piemonte sia il più elevato d'Italia, non per questo ci si può ritenere ancora completamente soddisfatti di quanto finora fatto.
Ancora troppo sovente la frequenza di un corso di maestro di sci è scollegata dal reale esercizio d ella professione e dall'intenzione di apportare, mediante la propria opera, un tributo allo sviluppo della montagna.
E' per questo che la VI Commissione auspica che si proceda con impegno già fin dal prossimo anno, a correggere questi difetti finalizzando la formazione professionale agli obiettivi generali di valorizzazione delle risorse della montagna e di incremento delle possibilità occupazionali in tale territorio.
A tal fine la Regione dovrà redigere un piano pluriennale di intervento per la formazione degli addetti al settore turistico, in cui verranno fatte proposte specifiche per quanto riguarda tutti coloro che operano in montagna con la creazione di apposite strutture di supporto: tale piano dovrà recepire e dare risposte operative alle indicazioni formulate dalla VI Commissione consiliare affinché soprattutto i giovani residenti in montagna possano trovare nella formazione professionale programmata dalla Regione un supporto per intraprendere attività, quale quella di maestro di sci, che li tengano legati ai loro territorio.
La VI Commissione, considerati tutti questi aspetti, ha licenziato il d.d.l. 123, rimettendolo alla valutazione del Consiglio regionale essendosi alcune forze politiche riservate di esprimere il voto in aula consiliare.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho chiesto subito la parola in quanto per l'esiguità numerica del nostro Gruppo non ho la possibilità e la fortuna di far parte della Commissione che ha esaminato il disegno di legge sui maestri di sci. Per quanto avessi richiesto di essere convocata nel momento in cui la Commissione lo definiva, purtroppo, per la coincidenza degli incarichi all'interno del Consiglio, non ebbi l'opportunità di mettere in evidenza I la posizione politica del mio partito.
Il 24/12/80, infatti, al fondo di un ordine del giorno piuttosto nutrito e in un'aula piuttosto stanca, ci trovammo di fronte al disegno di legge sui maestri di sci che il Consiglio regionale votò molto frettolosamente anche con i voti favorevoli del PRI.
Non essendosi verificata attorno a questo disegno di legge la solita tensione e poiché la votazione non è stata preceduta da dichiarazioni di voto, ritenni che si trattasse di un provvedimento scontato che poteva raccogliere il massimo idei consensi e quindi passare. Questo è stato il motivo per cui ci furono in quell'occasione i voti favorevoli del PRI. Lo confesso con molta umiltà e onestà.
Il Commissario di Governo ritenne di respingere il disegno di legge con una motivazione che non è di poco conto: è in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) nonché con il principio di imparzialità (art. 7 della Costituzione - Pubblica Amministrazione) nei confronti dei soggetti sottoposti alla prova d'esame. Sono rimasta scioccata da un giudizio così severo, il Commissario di Governo non raccoglie in genere le mie simpatie proprio perché spesso lo trovo eccessivamente severo, ma in questo caso, verificato il contenuto della legge nel suo dettaglio e nella sua prospettiva, ritenni quel giudizio molto giustificato.
La legge n. 41, che oggi si intende integrare, regolamenta la disciplina dell'insegnamento dello sci. Con il provvedimento che si intende attuare si andrebbe a stravolgere quella legge, in quanto si permetterebbe a persone non sempre idonee di svolgere la professione di maestro di sci.
Tutte le professioni, da quella del barbiere a quella del chirurgo richiedono superamento di prove d'esame: così dovrebbe essere anche per l'insegnamento dello sci. Si deve poter dare a tutti, specialmente all'inesperto sciatore e anche al turista straniero, affidamento di capacità e di professionalità che si possono riscontrare solo attraverso una prova di esame. Il sistema finora adottato era ottimo e non riteniamo lo si debba cambiare, tanto più che la scuola italiana di sci ha una rinomanza internazionale riconosciuta in tutto il mondo. Una legge come quella, oggi, alla nostra attenzione, viceversa, tende a dequalificarla. I resoconti parlamentari precedenti il primo disegno di legge avevano come fondamento la difesa della professionalità e nella legge che il Consiglio regionale approvò nel '79 esistevano questi requisiti. Con questo provvedimento si ricorre a corsi abilitanti per coloro che non superano le prove di esame, in contrasto con le varie proposte tese a frenare lo spopolamento della montagna e a fai sì che i valligiani, che sono quelli che sanno portare i veri maestri di sci sul campo, traggono dai mestieri loro più congeniali la passione del lavoro e il motivo per non abbandonare la montagna. Tenuto conto delle osservazioni del Commissario del Governo e soprattutto delle dichiarazioni che sovente si fanno in quest'aula sul recupero della professionalità e della competenza, valori che devono ritornare nella nostra società, chiediamo alla Giunta di ritirare il progetto di legge n. 123 e di lasciare immutata la legge n. 41 del '79, che a nostro avviso è perfetta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la legge n. 41 entrata in vigore il 13/8/79 (alla quale s[ vuole oggi apportare una modifica) è sostanzialmente buona. Allorquando venne approvata, l'argomento fondamentale che era stato sviluppato in sede di discussione, era quello della "professionalità". La legge 41 era ed è una legge buona anche perch colmava una lacuna della legge statale. La disciplina dei maestri di sci e delle scuole di sci risaliva infatti al combinato disposto delle leggi 18/6/31 e 6/5/40, leggi che consistevano in una normativa piuttosto scarna perché si era ancora nel periodo del "pionierato" dello sport sciistico.
Opportunamente dunque la Regione Piemonte varò la legge n. 41 il 13/8/79, legge indubbiamente pregevole, tanto è vero che venne presa a modello dalle Regioni Lombardia, Veneto, Emilia - Romagna e Abruzzo. La legge prendeva in considerazione normativa l'albo dei maestri di sci, le scuole di sci, i corsi e gli esami per poter essere iscritti all'albo professionale.
L'art. 12 della legge n. 41 considerava poi le situazioni "transitorie " e, prima di tutto, considerava i "diritti quesiti" dei maestri di sci che (in base alla legislazione precedente) avevano ottenuto la licenza rilasciata dal Questore: dopo di aver sostenuto un esame presso un'apposita commissione prefettizia, e dopo averne conseguito il certificato di idoneità da parte della Federazione Italiana Sport Invernali affiliata al Coni.
Fondatamente e giustamente, i proponenti della legge presero poi in considerazione alcune situazioni meritevoli di tutela, anche se non assurgevano al ruolo di "diritti-quesiti": quella di coloro i quali (pur senza aver ottenuto la licenza) avevano peraltro conseguito il certificato di idoneità da parte della FISI, e quella di coloro i quali non avevano questo "patentino", ma avevano peraltro frequentato fruttuosamente corsi presso associazioni di fatto, sia pure a livello nazionale.
Sempre sulla strada del perfezionismo si sancì legislativamente questa situazione: coloro i quali aveva lo superato l'esame di idoneità presso la FISI non avrebbero dovuto frequentare il corso e sarebbero stati ammessi agli esami, solo teorici.
L'altra categoria, quella che è oggetto dell'odierna modifica, era rappresentata da coloro i quali non avevano; il "patentino" e avevano frequentato i corsi delle associazioni di fatto. Si ritenne giusto venire incontro anche a questa categoria di persone, consentendone l'iscrizione immediatamente agli esami: non solo a Quelli teorici, bensì alle tre prove d'esame, esame tecnico - pratico, esame didattico, esame teorico.
In adempimento di quella norma transitoria (a fine dicembre '79) venne varata una sessione straordinaria di esami, venne fatta la prima prova pratica al Sestriere: ma tutti i candidati non raggiunsero i 6/10 di punteggio, per cui non vennero ammessi a sostenere né la prova didattica né la prova teorica.
A questo punto si è ritenuto di proporre la Modifica della legge prevedendo un principio abnorme, in quanto in sostanza si dice: "coloro i quali hanno sostenuto l'esame e sono stati respinti verranno ciononostante, iscritti all'albo se parteciperanno ad un corso professionale istituito dalla Regione". Mi pare ingiusto riconoscere, à chi sia stato respinto ad un esame, il diritto di essere ciononostante iscritto all'albo dei maestri di sci.
Questa è la considerazione di fondo, e di merito, per la quale daremo voto contrario al progetto di legge, anche se affrettatamente a fine dicembre avevamo dato il nostro assenso. Tuttavia, ci si vorrà riconoscere come potrà essere riconosciuto il Gruppo repubblicano, l'attenuante di avere esaminato questo disegno di legge - a fine dicembre - all'insegna della fretta.
A parte queste considerazioni sulla violazione del requisito della professionalità, che d i per sé dovrebbe suggerire di soprassedere all'esame del disegno di legge, c'é una ragione di legittimità.
Sulla legittimità della legge ho poche parole da spendere perché l'ha già fatto il Commissario di Governo, e molto fondatamente. L'art. 3 della Costituzione, interpretato ripetutamente dalla Corte Costituzionale afferma che a situazioni diverse non può essere imposta identica disciplina. E' quanto ripetiamo noi: non si può prevedere per coloro i quali non hanno superato l'esame, una disciplina normativa più favorevole di quella che viene prevista per tutti coloro i quali hanno invece avuto la patente di idoneità da parte della FISI.
Quindi il motivo di illegittimità, nonostante le affermazioni contrarie del relatore, sussiste per questa fondamentale ragione: e sussiste inoltre perché la sostanza della legge non è cambiata rispetto a quella che venne respinta dal Commissario di Governo a fine dicembre 1980.
Ultima considerazione. In definitiva, si tende a sanare una situazione che riguarda un centinaio di persone, per la massima parte valligiani, che da sempre hanno svolto il lavoro di maestri di sci anche se non ne avevano il titolo legale e che di fronte alla Commissione d'esami si sono trovati impreparati perché conoscevano, forse, più la "pratica" che la "grammatica". Se la legge del '79 prevedeva che costoro, i quali non avevano alcun titolo legale, ma avevano frequentato i corsi delle associazioni di fatto, entravano nell'albo dei maestri di sci, dopo di aver superato tre esami; e se, ora, dopo la prova d'esame negativa, si viene a dire che non devono superare nessun esame, evidentemente questa è una valutazione che viene fatta meramente per le condizioni soggettive di quelle persone, e per dare loro una sanatoria.
La realtà, è però, che le persone che parteciparono all'esame avevano poca professionalità, tant'è vero che vennero respinte all'esame pratico: quindi, non erano evidentemente persone Che da anni praticavano quello sport, quindi, anche sotto questo profilo, non meritano la tutela che oggi la modifica della legge vuole dare.
La ragione peraltro Preliminare e assorbente di ogni altra, è la violazione del principio di eguaglianza previsto dalla Costituzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Se avessimo la buona volontà di vedere questa legge attraverso le motivazioni che il Consigliere Majorino, con tanta diligenza, ha voluto portare in questa sede, sicuramente saremmo indotti a svolgere una discussione molto più approfondita, di forma e di sostanza; ma questo discorso molto approfondito non intendiamo farlo anche perché abbiamo alle nostre spalle un precedente di indirizzo politico che è stato approvato dal Consiglio regionale allorquando si varò h norma transitoria di cui all'art.
12 della legge 41. Quella legge obbediva a due principi: disciplinare in modo nuovo la materia relativa alla mobilitazione e alla qualificazione professionale dei maestri di sci, con relativo esame finale trovare una sanatoria per quanto riguardava il passato.
Si è escogitato una forma di sanatoria che ci sembrava rispondesse fino in fondo alle intenzioni generalmente diffuse tra le forze politiche del Consiglio: cioè, non precludere la strada a coloro che avevano operato in posizioni particolarmente difficili.
Si era stabilita la norma della presentazione della comanda d'esame e si era anche convinti che nella sede di esame ci sarebbe stata una mediazione politica di carattere generale ci e tenesse presenti le esigenze che Implicitamente avevano espresso approvando l'art. 12 della legge.
Questo non è avvenuto ed è stato un errore. Per cui oggi discutiamo una proposta della Giunta non già per falsare lo spirito dell'indirizzo politico che avevamo allora espresso, ma per ampliare la gamma di possibilità offerte per sanare la situazione del passato.
Dico subito che se dovessi fermarmi ai pettegolezzi a qualche reticenza dell'Assessore, avrei dei grossi dubbi e non avrei preso la parola anche in nome di altri Consiglieri del mio Gruppo. Il dubbio di una gestione clientelare nasce leggendo alcune lettere che denunciano situazioni di fatto di persone che esercitano per cinque giorni alla settimana la professione di impiegati a Torino e poi trascorrono il week-end come maestri di sci in montagna. Tuttavia, non ho voluto fermarmi al pettegolezzo e ho chiesto all'Assessore che mi facesse conoscere la dislocazione residenziale di questi aspiranti alla qualificazione di maestro di sci.
La risposta è stata un po' troppo sommaria, però per quanto riguarda la provincia di Cuneo corrisponde alla realtà. Molta gente delle nostre vallate ha svolto un'azione pionieristica con iniziative turistiche e quando si rivolgeva alle organizzazioni ufficiali per ottenere un intervento programmato, riceveva risposte contenenti programmi che comportavano una spesa tale da compromettere il decollo dell'attività turistico-invernale in quelle piccole località. Pertanto si è dovuto eludere la legge e fare ricorso a maestri improvvisati, reperiti tra la popolazione locale.
La maggioranza, in particolare, e il Consiglio regionale in generale devono valutare la responsabilità della Regione per non avere dato sufficienti linee di indirizzo programmatico nel settore del turismo invernale. Le iniziative continuano a diffondersi, filtrano attraverso gli strumenti urbanistici e la programmazione delle Comunità montane, filtrano anche attraverso forme lievi di controllo. Ma il controllo non è sufficiente: controllare non vuol dire programmare. Si deve riconoscere che non si è saputo dare una linea di indirizzo programmatico e si deve avere la coscienza che certe situazioni nate spontaneamente, non hanno una loro colpa intrinseca, ma sono dovute alla necessità e, in quanto tali, devono essere viste con un occhio non eccessivamente fiscale. Noi riteniamo di non dover deflettere dalla linea di indirizzo politico che avevamo segnalato con la legge 41.
Presentiamo un emendamento all'articolo unico della legge che possa far superare eventuali difficoltà di fronte all'autorità tutoria: sostituire la dizione "corso di aggiornamento professionale organizzato dalla Regione" con la dizione "corso di abilitazione professionale organizzato dalla Regione".
E' una differenziazione verbale solo apparente, però, nella sostanza ci sono precedenti a livello di impiego pubblico.
Mi limito a ricordare il precedente nel settore della scuola pubblica.
Nella categoria degli insegnanti c'è la tendenza generale a sanare tutte le situazioni, non imputabile soltanto alla cattiva volontà dei governanti, ma anche alle pressioni dei sindacati, e si è escogitata la formula dei Corsi abilitanti che sostituiscono gli esami di Concorso.
Il mio Gruppo non sarà compatto sulla mia posizione per una decisione interna che abbiamo assunto e come manifestazione delle perplessità che sono state qui indicate e che io ho cercato di superare con una valutazione di merito su una situazione che nelle nostre Vallate, tocchiamo con mano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Sulla legge dei maestri di sci anche il Gruppo comunista ha alcune perplessità, comunque, in linea generale, condivide la relazione del relatore Mignone.
Approviamo i questo progetto di legge anche per le argomentazioni del collega Martini.
Il Consigliere Mignone ha sottolineato la necessità che in materia di turismo si debba intervenire Per qualificare maggiormente il settore e i suoi operatori.
Tuttavia ci troviamo di fronte all'esigenza di sanare una situazione esistente di operatori, di cittadini, di amanti della montagna, di amanti dello sci che di fatto sono stati elemento di supporto allo sviluppo di questo tipo di sport. E' gente che in tutti questi anni ha esercitato di fatto questa professione. La discussione emersa nella consultazione ci ha consentito di verificare una serie di storture che si sono prodotte con il tempo e che non hanno avuto da parte delle associazioni risposte esaurienti in ordine alla capacità di "smontare" le proposte e le argomentazioni che venivano portate.
Queste questioni riguardano le libere associazioni e debbono essere rivolte in altre sedi.
A noi però interessa valutare questo discorso di fronte all'esigenza di mantenere un tessuto che va visto anche in gradi diversi di competenza.
Voglio qui prevenire un'argomentazione che il collega Marchini proporrà al dibattito consiliare. Non ci scandalizziamo del fatto che la pratica dello sci abbia anche bisogno di cose diverse.
Credo che questa valutazione non la faccia soltanto il Consiglio regionale.
La memoria presentata dalle OO.SS., sostanzialmente tende a sottolineare questo aspetto del problema. Che Cosa dicono le OO.SS.? Dicono che proprio i lavoratori, di cui si tratta nel disegno di legge regionale n. 123, hanno dichiarato e dimostrato la maggiore disponibilità ad operare nelle iniziative di carattere sociale e a collaborare alle attività di promozione turistiche e sportive svolte dai Cral aziendali e dalle strutture del tempo libero.
Nella maggior parte dei casi questi istruttori hanno costituito l'unico momento di iniziazione agli sport invernali e di diffusione della pratica sportiva nelle località e stazioni minori, trascurate dagli altri maestri perché giudicate non sufficientemente remunerative.
La questione riguarda i lavoratori che sono già stati sottoposti a corsi di formazione professionale organizzati con idonei criteri metodologici. Si tratta, comunque, di personale che di fatto e da molto tempo svolge attività nel campo dell'insegnamento e della promozione sportiva nell'ambito dello sci.
Oggi ci proponiamo di studiare il modo per non abbassare al di sotto di un certo limite la professionalità. Da questo punto di vista ci vanno bene alcune proposte avanzate e credo che l'Assessore a sua volta vorrà cogliere una serie di proposte e di suggerimenti che vengono dal dibattito.
Nel corso della consultazione si sono sentite cose drammatiche in ordine alla funzione che alcune associazioni hanno svolto, al tentativo di creare una sorta di monopolio e al tentativo di escludere tutto quanto non faceva parte di un certo rituale e di un certo discorso.
Ciononostante non assumiamo questa come questione fondamentale.
Ci pare però che su tale questione la mediazione politica quell'elemento di disponibilità da parte della Commissione giudicatrice che il legislatore intendeva, non c'è stata.
Non vogliamo sostituirci a quella mediazione che non è stata, vogliamo dare la possibilità a coloro che hanno esercitato e che hanno dato un contributo, riconosciuto non soltanto dalle, organizzazioni sindacali ma anche da alcuni di noi, di continuare la loro attività perché abbiamo bisogno di tutto e di tanto, non certo di smontare quanto ha contribuito in questi anni a dare vigore al nostro Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, Consiglieri, pregò i colleghi e l'Assessore di essere attenti alle mie argomentazione che non vogliono ripetere quelle brillantemente svolte dai colleghi, ma indicare alcuni problemi che nascono dall'argomento che abbiamo sul tappeto.
Innanzitutto vado al passato. Il passato aveva una normativa più o meno costituzionale, visto che si usa questo termine.
Chiedo al Collega Martini e al collega Avondo di essere attenti e puntuali perché non siamo in presenza di un certo numero di persone, le quali per vicende particolari si siano trovate nella situazione di non poter ottenere il patentino da maestri di sci, siamo in presenza di una associazione la quale ha sempre contestato che per fare i maestri di sci Ci vo [esse il patentino. Ho detto questo non per entrare in polemica con i colleghi e per ricordare vecchie questioni, ma per cercare di richiamare la vostra attenzione sui rischi che possono venire dal fatto che c:on questa legge non si sanano 90 posizioni singole, ma si sana la posizione di una associazione con tutte le conseguenze che ne possono venire.
Ho vissuto questo tipo di realtà che stiamo in questo momento vivendo e, mi auguro, sanando. I colleghi sappiano che i corsi organizzati dalla FISI, per mandato della legge dello Stato avevano a grandi linee questi criteri di selezione: un esame di selezione, ai corsi ai quali di regola accedeva 20% dei candidati, alla fine dei quali veniva promosso circa il 20% dei partecipanti.
Mi sono occupato di queste attività dall'età di 17 anni. All'età di 19 anni ero responsabile di uno Sci Club che formava maestri di sci e l'ho fatto fino a 35 anni, quindi, fisicamente so che cosa significa diventare maestro di sci, che non vuol dire istruttore o accompagnatore di CRAL.
Diventare maestro di sci ha significato e significa in tutta Europa sciare sei ore al giorno dall'età di 8 anni. Togliamoci dalla testa le frasi che abbiamo letto nella relazione che maestri di sci si diventa attraverso i corsi di formazione professionale. Fare il maestro di sci significa saper mettere i paletti dello slalom speciale e saper stare dentro quei paletti. I 90 personaggi che noi andiamo a promuovere maestri di sci, in quei pali non ci stanno. Capisco il ragionamento del collega Avondo e, in qualche misura, l'argomentazione politica che c'è alla base di chi chiede questo provvedimento, però va smontata.
L'argomentazione politica che c'é stata illustrata in Commissione era quella che non tutti i destinatari della lezione di sci vogliono stare nello slalom speciale, per qualcuno è sufficiente saper fare lo spazzaneve.
Questo è un argomento apparentemente a favore di 90 personaggi, o meglio di quella associazione, ma è esattamente un argomento contrario. Il giorno che si saprà che per fare il maestro di sci basta insegnare lo spazzaneve, mi chiedo chi indurrà il giovane, il ragazzo, l'uomo maturo a dedicarsi alla pratica dello sci a livelli tali da saper fare lo slalom speciale Soprattutto se si considera che la prestazione à favore di quelli che fanno lo slalom speciale è di uno su cento e di quelli che fanno lo spazzaneve di 99 su cento.
Sembrerebbe abbastanza normale dire che è sufficiente saper fare lo spazzaneve per essere Maestri di sci, quindi si risponde alla domanda turistica di base, delle OO.SS.
Facendo in questo modo avremo dei maestri che sapranno fare soltanto lo spartineve e avremo una caduta in generale dello sport dello sci, minor interesse allo sport dello sci, quindi le stesse organizzazioni sindacali si troveranno fra qualche anno non solo a non avere più istruttori, ma a non avere neanche più iscritti alle gite! Questo detto in termini abbastanza umoristici.
La Regione dovrà affrontare questo problema. A suo tempo, sostenni che il problema doveva essere affrontato dalle organizzazioni perché si dovevano allora creare livelli di maestri diversi. Esistevano, per esempio le nurse della neve, signorine o signore abilitate ad addestrare i bambini fino ad un certo livello tecnico nell'ambito delle scuole di sci, quindi con la garanzia della correttezza della prima formazione di attività sportiva.
Il discorso è complesso e il problema di fondo che ci poniamo è molto semplice. Un certo numero di persone, ha svolto l'attività di maestro di sci senza l'autorizzazione del Questore e sono convinto che avrà maturato un certo risultato positivo e una certa benemerenza nei confronti del turismo e nei confronti dello sport. Non mi scandalizzo se vogliamo far crescere tali benemerenze dando a quelle persone il "cavalierato dei maestri di sei". Però nell'approvare una legge non i deve guardare al passato, ma al futuro.
Il problema per il futuro qual è? Ci saranno due organizzazioni di maestri di sci: quella di chi un esame, bene o male, l'ha passato e quella parallela e concorrente di chi quell'esame non l'ha mai passato.
La Regione è prima di tutto responsabile del turismo e in secondo luogo è responsabile della formazione professionale, quindi deve valutare quali saranno gli inconvenienti che la nascita di questa associazione concorrente potrà determinare o meno sul piano dello sviluppo del turismo e sul piano della professionalità dei maestri.
Sappiamo, purtroppo, che i nostri figli nella scuola superiore e all'Università sono affidati a gente che non ha mai superato esami e che è stata immessa nei ruoli per aver sostituito puerpere a ripetizione, ma non ci scandalizziamo più. Così se i nostri figli vanno a scuola da professori che non hanno mai ricevuto l'abilitazione, possono anche imparare a sciare da maestri che non hanno mai superato l'esame tecnico. Ma, attenzione ai rischi Assessore Moretti! La mia preoccupazione è molto semplice ed elementare e spero di poterla spiegare ai colleghi.
Gli amici aderenti dell'A.N.SCI, l'Associazione che chiede di essere legittimata, dicono con tutta serenità, di aver elaborato una progressione (quella serie di esercizi che si devono far l'uno dietro all'altro, per acquisire la tecnica dello sci). Ha senso pensare che abbia pari dignità la tecnica dei maestri che hanno superato l'esame e la tecnica di coloro che hanno elaborato quel tipo di progressione che viene messa sullo stesso piano di quella di una Associazione che se l'è organizzata a casa sua in un paesello della Valle di Susa o del Cuneese? Esiste una legge regionale sui maestri di sci dove gli organismi tecnici prevedono la presenza di due o più maestri di sci, espressi dalle associazioni più significative. Mi pare di immaginare quello che accadrà.
Oggi approviamo questa legge per i 90 personaggi, patetici, folcloristici questi montanari (che abitano a Torino!) che, poverini, sviluppano il turismo al loro paesello natio, Monginevro, paesello arretrato turisticamente, abbandonato dai veri maestri, il cui nome è la storpiatura di Monginevre (quindi non è un paesino del Cuneese, ma è in Francia).
Questi 90 personaggi si troveranno a fianco dei maestri dell'AMSAO.
Da questo Consiglio deve uscire uno strumento di espressione che dia alla Giunta e all'Assessore la capacità di giudicare e di resistere a questo processo, altrimenti non solo facciamo una cosa ingiusta, ma anche rischiosa e pericolosa per la professione del maestro di sci in genere perché, dalla contrapposizione di queste due associazioni, ne deriverà che i meno capaci, i meno abili, i cittadini che provengono da certe aree geografiche, confluiranno naturalmente nell'A.N.SCI. L'altra associazione quella dei maestri che stanno nelle paline dello slalom speciale si accorgeranno che i loro allievi riterranno molto più semplice, molto più naturale e più comodo iscriversi all'associazione che insegna soltanto lo spartineve; gli allenatori dell'uno e dell'altra associazione, come prevede la legge, sui campi di neve dovranno decidere sulla possibilità o meno di esercitare la professione, gli i uni un po' caparbiamente continueranno a dire che bisogna saper fare il corto raggio all'interno dei paletti dello speciale, perché questo è richiesto nella selezione internazionale, gli altri quelli dell'A.N.SCI che non hanno mai partecipato alla selezione internazionale perché non sanno neanche che cosa sia, si accontenteranno come dicevano le organizzazioni sindaca i, di accompagnare le classi che rendono 5 mila lire a persona.
Mi auguro che ci sia la possibilità di approvare questa proposta di legge, che in una qualche Misura fa parte di quel processo politico che è la sanatoria, per cui, quando si va a regime, si devono chiudere i conti con il regime precedente; contemporaneamente le forze politiche elaborino un ordine del giorno che impegni la Giunta a dare all'Assessore poteri di resistenza nei confronti delle domande che perverranno.
Tra 15 giorni, approvata la legge, sono certo che sui tavoli della Giunta arriverà una lettera dell'Associazione Nazionale istruttori di Sci con l'indicazione degli istruttori per i corsi di formazione professionale previsti all'art. 9 della legge. Dopodiché sui campi di neve vedremo gli istruttori che sono cresciuti sulla progressione AMSI e gli istruttori che sono cresciuti sulla progressione A.N.SCI. E' un rischio che va evitato e farò quarto è nelle mie poche capacità, insieme con i colleghi che volessero consentire su questa mia proposta, per trovare uno strumento deliberativo del Consiglio che metta l'Assessore nelle condizioni di governare questo fenomeno in modo che la tanto decantata professionalità dei maestri di sci del Piemonte possa rimanere, nel tempo, supporto dello sviluppo turistico e soprattutto dello sviluppo della montagna e tornare al livello altissimo del maestro di sci e non dell'istruttore di sci o dell'accompagnatore di bassa montagna.
Il livello altissimo è punto di riferimento del montanaro che si sobbarca il sacrificio di sciare sei ore al giorno dall'età di 8 anni solo se si così facendo avrà una remunerazione e in Minimo di prestigio sociale ma, se viene accomunato con il tranviere a tempo libero che accompagna le ragazzine a sciare, non fari più il maestro di sci, quindi la Regione avrà la responsabilità di aver spogliato la montagna e riempito i vari Enal e i vari club cittadini di maestri di sci.
Esiste il problema, quasi identico, delle guide alpine ed esistono accompagnatori di media montagna e accompagnatori di alta montagna. Se la guida non saprà fare la nord del Cervino o la nord del Monviso, avrà un distintivo con scritto "accompagnatore di media montagna" o "guardia ecologica"; questi maestri saranno degnissime persone che potranno fare l'istruttore atletico, potranno insegnare a sciolinare gli sci e a fare l'o spartineve.
Concludo e ribadisco che il nostro Gruppo non è contrario a votare formalmente in modo positivo una norma che tenda a chiudere una controversia passata, nella misura in cui al voto si accompagnino atti politici del Consiglio che tendano a far muovere l'attività della Giunta e della Regione verso l'obiettivo di garantire la professionalità dei maestri di sci, di aprire spazi a un altro livello professionale. In caso contrario il nostro voto non sarà positivo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore allo sport

Due sono gli Aspetti rilevanti del progetto di legge n. 123: legittimità e professionalità.
A coloro che sono sostenitori dell'eguaglianza, vorrei chiedere come mai il Governo si è espresso in due modi diversi: nei confronti delle Regioni Veneto e Abruzzo ha accettato questa proposta, mentre nei Confronti della Regione Piemonte solleva questioni di eguaglianza.
La Giunta si è fatta carico di questo principio di' eguaglianza e per questo ha riproposto l'articolo unico, così come è stato Approvato dalle Regioni Veneto e Abruzzo.
La legge era stata rinviata due volte per interferenza della FISI di fronte ad una proposta di legge di un organo elettivo. Il potere della FISI è stata tale da impedire l'approvazione. Come è stata approvata la legge successivamente? C'é stata una intesa fra le Regioni nell'art. 12, così come era stato proposto dalla Regione Piemonte. Successivamente le altre Regioni hanno apportato delle modifiche e, mentre la Regione Piemonte ha portato avanti l'art. 12 che riguarda l'esame tecnico-pratico, le altre Regioni hanno abbandonato la linea della Regione Piemonte.
Per quanto riguarda la professionalità, la legge regionale ha tenuto conto dei maestri in possesso dell'autorizzazione FISI. Non voglio entrare nel merito della percentuale dei selezionati. So soltanto che dopo la selezione il corso di aggiornamento durava 12 giorni. Oggi proponiamo un corso di aggiornamento, che definisca i tempi, ma che potrebbe essere di un Mese o di due mesi. Il problema non sta nella professionalità. In questo campo non esiste una legislazione, esiste un testo unico che non precisa i requisiti della professionalità. Naturalmente molti, non solo quelli di cui parliamo, svolgevano l'attività abusivamente. Alcuni svolgevano l'attività da 20/30 anni. Il caso strano del nostro Paese è che tutto si può, anche abusivamente quando si vuole porre rimedio, nascono le critiche.
Condivido la preoccupazione di Marchini per il futuro, ma penso che questa legge in prospettiva non creerà problemi perché la selezione è stata fatta dalla Commissione Tecnica rigidamente, senza interferenze politiche e considerando coloro che provenivano dalla montagna.
La Regione ha indetto i corsi professionali per lo sci di alpinismo per lo sci di fondo e per lo sci di discesa, anche per porre rimedio ai 119 che non hanno la professionalità ed inoltre si è fatta carico di predisporre, d'intesa con l'Assessore Ferrero, un piano pluriennale di formazione sulla professionalità per tutti i mastri di sci. Il problema è anche legato all'impostazione della politica del turismo sul territorio. Ci siamo impegnati a fissare un dibattito in Consiglio su questo tema perch il turismo ha delle connessioni con altri settori: i trasporti, il territorio e così via.
In virtù dell'impostazione politica data dalla Giunta, il turismo in Piemonte non è più in posizione di degrado, è chiaro però che implica problematiche. Concordo con Martini che occorre affrontare il problema dell'individuazione delle aree turistiche, evitando la saturazione.
Sul turismo si è incominciato a parlare in modo diverso da qualche anno, uscendo dal concetto di mono-cultura industriale.
Dovremo affrontare anche il discorso del terziario nell'ambito della quale si inserisce il discorso del turismo. Se limitiamo il discorso alla professionalità e alla legittimità si affronta il problema in termini riduttivi, mentre sul piano politico, il problema va affrontato al di, là delle norme che possono vincolare l'attività e non permettere che si sviluppi un settore economico della nostra Regione che ha rilessi sull'economia e sull'occupazione.
Non penso che si debba essere rigidi sulla questione dei maestri di sci.
La Giunta ha voluto affrontare questo problema? Se guardiamo tutte le leggi, anche quelle che riguardano l'attività commerciale, vediamo che c'è stata una sanatoria per il ,rilascio delle autorizzazioni; successivamente ci sono stati gli esami. Non si tratta nemmeno, come qualcuno ha voluto osservare, di una ragione di pura cassetta, oltretutto questo problema lo affrontiamo in un periodo post-elettorale e quindi non è strumentalizzazione.
Ho avuto un incontro con il dott. Gizzi su questo problema. La sua osservazione è venuta perché l'AMSAO ha mandato centinaia di telegrammi.
L'AMSAO dice che "per svolgere l'attività di maestro di sci occorre essere iscritti all'AMSAO".
Non è vero: puoi svolgere l'attività di maestro di sci pasta essere iscritti nell'albo dei maestri di sci.
L'AMSAO è tutta un'altra cosa. Nuove associazioni in un Paese democratico che esalta il pluralismo, sono legittime.
La Giunta s'impegna a predisporre un piano dei corsi di formazione professionale per tutti i maestri di sci, non solo per quelli in discussione.
Sono d'accordo di approvare un ordine del giorno così com'è stato proposto dal Consigliere Marchini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini per le dichiarazioni di voto.



MARTINI Mario

Ho sentito le argomentazioni che sono state portate con una competenza specifica nel settore, forse fin troppo specifica e che riflette la formazione dei tecnici per i quali l'amico Marchini ha spezzato una lancia a favore.
La mia preoccupazione di non creare dei precedenti ì una preoccupazione condivisa da tutto il Gruppo D.C. Mi rendo conto alla luce di quello che ha detto Marchini, che l'emendamento da me proposto diventa pericoloso perch potrebbe innestare un processo paritetico del corso abilitante rispetto all'esame. Ritiro l'emendamento ed esprimo il voto favorevole nella misura e nelle proposizioni che ho prima illustrato con una dichiarazione di adesione a un ordine del giorno, che la Giunta è disponibile ad accettare e che, eventualmente, potremo i stilare e portare all'approvazione, anche nella prossima seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Mi rendo conto che la discussione fa di nuovo violenza al regolamento faccio però presente che ho fatto una proposta di tipo ordinatorio.
L'ordine del giorno non può essere generico e deve riconoscere che lai Giunta avrà come interlocutore l'Associazione dei maestri di sci veri. I maestri dell'A.N.SCI sono in grado di superare le tecniche previste a livello internazionale? I maestri di sci piemontesi vanno in tutta Europa in Austria, in Francia, nel Canada. Un maestro di sci non è un bagnino.
L'ordine del giorno deve significare che l'interlocutore della Giunta e della Regione è l'Associazione dei Maestri di Sci alla quale è auspicabile che accedano altri maestri (che noi facciamo entrare con questa legge).
I colleghi si rendono conto che questo dibattito è più interessante e più significativo del dibattito, sulla pace, perché la pace non la facciamo noi piemontesi, altrimenti faremo cattivi maestri di sci o un cattivo servizio al turismo.
Quindi, siccome è stata data per scontata l'adesione ad un ordine del giorno, dico che il Corpo fondamentale di un ordine del giorno che abbia senso è quello di riconoscere come interlocutore della Regione l'Associazione dei maestri di sci e non l'associazione degli abusivi perché altrimenti l'ordine del giorno non ha alcun significato. Questo è il nocciolo del problema.
Se consideriamo di pari dignità giuridica (e li abbiamo messi con la legge sui maestri di sci) l'associazione di coloro che un esame non l'hanno mai dato e l'associazione di coloro che l'esame l'hanno dato e superato questa vicenda diventerà ingovernabile.
Il pluralismo è una gran bella cosa, però mi sembrerebbe curioso che la legge sui professionisti, avvocati e procuratori prevedesse, per esempio tra gli esaminatori i rappresentanti dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori e i rappresentanti di altre associazioni di avvocati.
Nessuno nega agli avvocati torinesi di associarsi, però nessuna legge penserà mai che gli esaminatori e i preparatori dei futuri avvocati dell'area torinese provengano da altre associazioni al di fuori dell'Ordine degli Avvocati torinesi, che con proprie libere elezioni nominano i propri rappresentanti.
Non voglio dare un premio gratuito a qualcuno che sul terreno non se lo è meritato e i che crea soltanto problemi. Quindi su un ordine del giorno che riconosca ai maestri dell'AMSAO la funzione centrale, se non esclusiva di questa vicenda, c'è consenso.
Se non c'è consenso sul fatto che l'AMSAO e il nostro riferitore tecnico, ognuno assuma le proprie responsabilità e voti di conseguenza.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore allo sport

Un liberale propone un ordine del giorno con il riconoscimento di una sola associazione: viene meno anche il pluralismo.
Nel mio intervento ho detto che non bisogna equivocare tra iscrizione all'albo e iscrizione all'associazione.
La Regione non può riconoscere in un ordine del giorno una sola associazione. Per questo non sono favorevole alla proposta di Marchini.



PRESIDENTE

La parola alla collega Vetrino.



VETRINO Bianca

Ho sperato fino all'ultimo, visto anche l'andamento del dibattito, che l'Assessore accogliesse la mia richiesta di mandare a monte questo provvedimento di legge. Il fatto stesso che su questo disegno di legge si verifichino all'interno di uno stesso Gruppo differenti valutazioni e differenti voti (DC e PCI hanno detto che i loro Consiglieri voteranno differentemente), evidenzia che questo provvedimento nasce, ancora una volta, senza chiarezza. Devo anche dire che dopo la bocciatura del Governo mi auguravo che la Giunta cogliesse l'opportunità della bocciatura per far cadere tutto nell'oblio; viceversa, insiste e peraltro propone delle motivazioni sul tema dell'eguaglianza che - mi consenta Assessore Moretti sono alquanto discutibili.
Se non fossi Assessore in questa Regione, prima di assicurarmi dell'eguaglianza tra piemontesi e veneti mi assicurerei che il principio dell'eguaglianza venisse rispettato all'interno dei piemontesi.
Questo provvedimento non lo fa, perché oltre a questo, mortifica la competenza e la professionalità ed esalta l'appiattimento che risponde ad una logica di un egualitarismo che è l'ora di mandare a casa. Questo provvedimento privilegia 119 persone e porta lo squilibrio su tutta l'organizzazione della scuola dello sci.
Il turismo si incrementa nella misura in cui si riesce a coinvolgere la gente che deve vivere di turismo. Con questa legge si va a mortificare una categoria di persone che hanno fatto del turismo e dell'attaccamento alla montagna lo scopo della loro vita di lavoro. Noi andiamo ad innescare un provvedimento che provocherà all'interno della categoria forti tensioni.
Non è vero che il Veneto ha ottenuto l'approvazione della legge. Ho telefonato al mio corrispondente del Veneto e so che il TAR è subissato di richieste e di contestazioni. Questo succederà in Piemonte con questo provvedimento.
Vedo nella dichiarazione dell'Assessore uno spunto positivo, quello del piano pluriennale di formazione professionale. Apprezzo questa iniziativa che spero abbia l'opportunità di portare dei correttivi ad un provvedimento che porterà dei guai.
Non ho parlato né di associazioni né di clienti né di cose di questo genere. Mi sono appellata a questioni di principio e siccome ci sono questioni di principio che con questo provvedimento vengono calpestate, il voto del nostro Gruppo a questa legge è negativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Confermo il voto negativo del nostro Gruppo richiamando integralmente le argomentazioni svolte e rilevando che l'argomento della sanatoria, cui tende il disegno di legge, non è valido perché la sanatoria era già stata espressamente prevista nel terzo comma dell'art. 12, che oggi si vuole modificare.
Questa, semmai, è una "sanatoria della sanatoria" riservata a coloro i quali, in sede di sanatoria, non hanno superato l'esame pratico.
Quanto al richiamo ai precedenti di altre Regioni, devo rilevare (per quello che possono valere i precedenti) che indubbiamente un peso possono averlo: ma non è vero che la Regione Veneto si sia comportata sulla line i di questo disegno di legge. La Regione Veneto prevede infatti che coloro i quali avevano frequentato i corsi delle associazioni di fatto, vengono privilegiati (e con seguono la sanatoria, evitando di frequentare i corsi) ma devono sostenere l'esame teorico. La Regione Abruzzo ha ritenuto, in sede di previsione legislativa, che tutti coloro i quali avessero frequentato i corsi delle associazioni di fatto verranno iscritti a condizione che frequentino un corso di istruzione professionale della Regione.
La illegittimità sta in questo: mentre nel caso della Regione Abruzzo la scelta di "sanare" col solo coro di istruzione professionale è stata fatta in sede di emanazione della legge, nel caso del Piemonte la sanatoria era già stata fatta una volta ed era stata fetta prevedendo che le persone interessate dovessero sostenere l'esame pratico e venissero privilegiate evitando la frequentazione del corso.
Oggi - e qui sta la illegittimità e la disuguaglianza rilevata - si vuole fare una sanatoria della sanatoria, disponendosi una diversa scelta in tal senso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Dichiaro il voto positivo del nostro Gruppo.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolo unico del progetto di legge n. 123.
Articolo unico "Coloro che, precedentemente all'approvazione della legge regionale 13/8/79, n. 41, abbiano frequentato con esito favorevole i corsi di formazione per aspiranti maestri di sci organizzati secondo idonei criteri metodologici da associazioni a tale fine operanti a livello nazionale nonché siano stati ammessi agli esami di cui all'ultimo comma dell'art, 12 della medesima legge, sono iscritti nell'elenco regionale degli abilitati all'insegnamento dello sci a condizione che partecipino a idoneo corso di aggiornamento professionale organizzato dalla Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 38 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'articolo è approvato.


Argomento: Questioni internazionali - Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Dibattito in ordine ai problemi del disarmo e della pace


PRESIDENTE

In merito al punto quinto all'o.d.g. esaminiamo il "Dibattito in ordine ai problemi del disarmo e della pace".
Sono stati presentati cinque ordini del giorno riguardanti la pace dai Gruppi PDUP, PLI, PCI, DC e PSI-PSDI.
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il dibattito sulla pace cade nel momento in cui sta crescendo un grande Movimento originale che non è riconducibile a schieramenti predeterminati che ha dato vita ad imponenti manifestazioni in Italia (Perugia, Torino Cosimo, Roma) e in Europa (Bonn, Londra, Parigi e Bruxelles). Il movimento in Italia è caratterizzato dalla nascita di Comitati che raggruppano associazioni, organizzazioni cattoliche, forze ideologicamente diverse, ma tutte unite nella lotta per la pace e contro il disarmo.
Alla luce degli ultimi avvenimenti, alla luce delle affermazioni di Reagan sulla possibilità di una guerra limitata in Europa, alla luce delle grandi manifestazioni che si stanno svolgendo, è facile contestare le tesi di coloro che sostengono che la pace non è in pericolo e che le manifestazioni sono una strumentalizzazione, in particolare del PCI.
Contesto queste tesi perché non sono facilmente strumentalizzabili 300/400 mila persone, tante erano presenti alla manifestazione di Roma. E poi, chi strumentalizzerebbe le manifestazioni all'estero, in Inghilterra, in Germania, in Belgio? Non si mobilitano centinaia di migliaia di persone in tutta l'Europa se non c'é una coscienza diffusa che si sta andando verso un reale pericolo di guerra.
Lo stesso Presidente americano Reagan ha chiaramente ammesso la possibilità di una guerra nucleare localizzata nel territorio europeo.
Un altro motivo che fa pensare al pericolo di guerra è il salto di qualità che hanno assunto gli armamenti il frutto di una evoluzione terribile delle dottrine strategiche, con il passaggio dalla fase di assoluta preminenza del concetto di dissuasione, nella convinzione che un conflitto nucleare significherebbe la reciproca distruzione, al diffondersi di teorie diverse sulla possibilità di una guerra nucleare limitata che non metta in discussione e non coinvolga le due superpotenze e che si dovrebbe svolgere in Europa.
Queste sono le ragioni che ci convincono che il pericolo di guerra in Europa è sempre maggiore e che dobbiamo tutti batterci per fermare questa sciagurata corsa al riarmo.
E' da respingere anche l'altra tesi secondo cui l'installazione dei missili in Europa occidentale avverrebbe in funzione del riequilibrio delle forze nucleari. Siamo convinti che il proliferare di armamenti nucleari limitati e specializzati rende sempre più credibile la possibilità di un loro utilizzo.
La politica del riarmo che è alla base dell'azione dell'amministrazione USA va contrastata non solo perché va a discapito dello sviluppo e del rapporto costruttivo con i Paesi in via di sviluppo, ma va contrastata perché essa si concretizza con l'installazione dei missili in Europa. E' una politica che non coglie le grandi possibilità di disarticolazione del patto di Varsavia che emergono dalla situazione polacca e in particolare dalle importanti prese di posizione da parte del Presidente Ceausescu.
Il movimento che sta crescendo l'abbiamo vissute), lo stiamo vivendo e lo vogliamo vivere come protagonisti. Riteniamo gravemente sbagliata la posizione della maggiorana del PSI così come le incertezze le timide posizioni trattativistiche del PCI che non hanno impedito la nascita e la crescita di questo imponente movimento, anzi ne sottolineiamo l'autonomia incidendo sugli orientamenti degli stessi partiti.
I primi segni in questo senso si sono visti dopo l'imponente manifestazione di Roma.
In questo movimento, di cui non rivendichiamo la primogenitura vogliamo stare insieme alle centinaia di migliaia di giovani, cattolici persone di varie fedi che vogliono battersi per la pace e contro il riarmo.
Il movimento non si limita a proposizioni di pace generose ma indeterminate, Ma si pone obiettivi ben precisi: la non installazione dei missili a Comiso, il disarmo nucleare unilaterale, la non accettazione sul suolo europeo della bomba N sono obiettivi precisi sui quali le forze politiche e le istituzioni devono dare risposte chiare.
Le nostre posizioni sono note e vogliamo riassumerle brevemente: la non installazione dei missili Cruise e Pershing in Europa e a Comiso lo smantellamento degli SS-20 come obiettivo immediato e condizione necessaria per aprire una strada ad una smilitarizzazione generale dell'Europa occidentale ed orientale e per impedire che le trattative si arenino e falliscano, non affidandosi esclusivamente alla trattativa che rischia di diventare un gioco a dama da parte dei generali il rifiuto di accogliere in Europa la bomba N, sviluppando un'azione nei confronti del governo americano perché non costruisca tale bomba.
Assumiamo come obiettivo strategico, a medio periodo, quello della crescita di un'Europa non allineata, Parte integrante di una nuova forza mondiale insieme con il gruppo dei paesi non allineati, soggetto di un nuovo ordine internazionale e di un nuovo rapporto con i paesi del Terzo e del Quarto Mondo e che superi le resistenze che si sono manifestate alla conferenza di Cancun nel rapporto tra i Paesi in via di sviluppo e i Paesi industrializzati. Una Europa quindi che superi la logica dei blocchi.
E' necessario che i paesi dell'Europa occidentale si pongano Come interlocutori attivi nei confronti degli aderenti al patto di Varsavia che esprimono potenzialità di disarticolazione del blocco orientale. Questo implica un ruolo dell'Italia che rifiuti di essere il "gendarme del Mediterraneo" con la conseguenza di non accettare l'installazione dei missili, a Comiso, che definisca una linea autonoma di politica estera quale reale interlocutore dei paesi in via di sviluppo.
La spiegazione del fatto che il nostro paese non sia stato invitato alla conferenza di Cancun non viene dall'alto tasso d'inflazione, ma dal fatto che l'Italia non ha una linea politica estera. Per dirla con una battuta: la linea dell'Italia di politica estera è più facile conoscerla andandola a chiedere all'amministrazione americana perché è completamente dipendente dalle scelte degli Stati Uniti.
E' necessario anche avviare un confronto ed una ricerca con le forze sociali per un ridimensionamento delle Produzioni belliche e per la riconversione delle industrie con l'obiettivo di produrre e di esportare meno armi. Il nostro paese è il quarto esportatore di armi nel Mondo.
E' anche necessario invertire la tendenza che nel 1980 ha portato all'aumento del 34% del bilancio del Ministero della Difesa.
Il movimento di massa a cui stiamo assistendo è il più grosso che sia avvenuto dalla fine della guerra; esso ha una radicalità molto forte ed ha un impatto molto profondo sulle forze politiche tant'è vero che alla recente manifestazione di Bonn del 10 ottobre hanno aderito e partecipato parti consistenti dei partiti socialdemocratico e liberale. Esso è stato decisivo anche in ordine alla modifica delle posizioni del partito laburista in Inghilterra a proposito delle questioni del disarmo, così come è stato decisivo in ordine alle modifiche delle posizioni del partito socialista e del governo olandese.
La richiesta di nuova installazione dei missili USA, ha avuto innanzitutto l'impatto sui partiti socialisti e socialdemocratici europei infatti la posizione del partito laburista inglese è quella del disarmo nucleare dal l Portogallo alla Polonia e del proprio Impegno in ordine al disarmo unilaterale come primo passo verso il disarmo generalizzato. Fa propria la posizione di non installare altri missili in Gran Bretagna e di rimuovere quelli nucleari già esistenti.
Analoga decisione è stata presa dal Congresso delle Trade Union, frutto di uno spostamento a sinistra del partito laburista.
Dopo la recente sortita del Presidente Reagan, il governo olandese ha deciso di soprassedere all'installazione dei missili.
Per quanto riguarda il Belgio la situazione è più complessa; ma anche qui ci sono delle situazioni in movimento. Nel nord dell'Europa le posizioni dei Paesi scandinavi è per la denuclearizzazione dell'Europa del Nord. Anche il governo greco ha assunto una posizione di denuclearizzazione della penisola balcanica.
Riteniamo che le modificazioni delle posizioni di partiti e di governi in Europa siano frutto di questo movimento.
Martedì 27 la "Repubblica" si domandava, in un corsivo, se sarebbe stata possibile la sortita di Ceausescu di arrivare all'opzione zero se non ci fossero state le marce antinucleari in occidente.
Siamo convinti che quelle marce siano state il momento decisivo che ha permesso di ma turare posizioni di questo tipo. Bisogna intensificare la mobilitazione in questo senso per allargare queste prese di posizione e queste crepe che si manifestano nei paesi del Patto di Varsavia.
Nessuno, tanto meno i patiti di sinistra, possono ignorare questi primi importanti risultati.
Certamente il tentativo di rinchiudersi all'interno del blocco occidentale provocherebbe il rinchiudersi anche all'interno del blocco orientale e vanificherebbe le esperienze della Polonia. Il PSI, di fronte all'esploderle di questo movimento, si trova in difficoltà, è in qualche modo isolato, rispetto alle posizioni che hanno assunto gli altri paesi e gli altri partiti socialisti e Socialdemocratici europei.
Il PSI ha avuto una grave e preoccupante inversione di tendenza, è diventato il partito filo-NATO tra i partiti socialisti europei. La sua stria e la sua tradizione si riflettono nella partecipazione alle manifestazioni di migliaia di militanti socialisti, nell'adesione ai comitati per la pace, nati a Novara, Alessandria, Pinerolo, Verbania Omegna, Casale, Galliate, dove il PSI ha dato la sua ufficiale adesione.
Questo rivela le grosse e profonde contraddizioni tra il corpo militante in questo partito e le posizioni a livello nazionale.
L'affermazione contenuta nell'ordine del giorno dei Gruppi PSI e PSDI secondo cui questo movimento si batte perché si modifichino le attuali condizioni di disparità nucleare, è una mistificazione. Personalmente lo partecipato a manifestazioni e non mi sembra di aver mai sentito che il movimento chiede il riequilibrio delle armi nucleari in Europa, piuttosto chiede il disarmo unilaterale.
In chiusura del mio intervento sottolineo due questioni.
Per la prima volta, dopo che per tanti anni molti partiti hanno fatto la gara per essere paladini dell'unità europea, assistiamo ad un movimento che testimonia l'unità del popolo europeo su una questione di fondamentale importanza: la pace.
Non è possibile ignorare questa unità europea che è coerente con i movimenti europeisti, che vuole una Europa autonoma, una Europa del popolo europeo e non una Europa in mano ai generali.
E vengo al ruolo della Regione. Uno degli obiettivi della Costituzione è quello di promuovere la pace ebbene, la Regione deve farsi interprete di questo obiettivo presso il governo e ha anche il dovere di informare nelle scuole sugli effetti che le nuove armi e la bomba N produrranno.
Mercoledì scorso venne avanzata la proposta di un Consiglio regionale aperto alle associazioni e alle forze che si battono per la pace. Ma non venne accolto e credo che questo sia sbagliato.
Con questa dichiarazione credo di aver ampiamente illustrato l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Il Consigliere Viglione, ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno presentato.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, credo che userò molto meno tempo di quanto abbia fatto il collega Montefalchesi anche perché la posizione che il PSI ha espresso, g à è nota. Debbo solo rilevare che siamo giunti a questo dibattito perché noi l'abbiamo chiesto e perché in precedenti circostanze non ne abbiamo avuto né l'opportunità né l'occasione né siamo stati coautori di iniziative del Consiglio regionale, né tanto meno di esserne avvertiti.
Vorrei dire al Consigliere Montefalchesi che i socialisti sono stati sempre per la pace, lo sono stati, lo sono e lo saranno, indipendentemente dalle sue convinzioni, che tutto sommato ci lasciano del tutto indifferenti. Lo sono stati anche durante la prima guerra mondiale, quando tutti i socialisti dei paesi belligeranti si riunivano in un paese della Svizzera I per discutere sul fatto che non volevano in modo assoluto che la guerra continuasse. Non abbiamo mai avallato nel corso di questi lunghi decenni né oppressioni, né guerre, né occupazioni. Abbiamo lottato nel momento della guerra in Corea, abbiamo lottato nel momento dell'invasione ungherese, di quella cecoslovacca. Abbiamo lottato per dieci anni, perch il Vietnam fosse libero e oggi dovremmo fare qualche osservazione rispetto al comportamento del Vietnam, non dico che dovremmo rivedere la nostra lotta di liberazione. Non siamo con quanti ritengono che soltanto chi partecipa alle marce della pace difende la pace e gli altri sono dei guerrafondai, chi non corre il sabato e la domenica o chi non si iscrive all'associazione per la pace, che è Stata diretta dal Consigliere Reburdo è un guerrafondaio; chi non fa la marcia è un guerrafondaio; chi non partecipa con i cartelli: "Craxi boia", chi non usa la parola d'ordine: "contro il partito socialista e contro gli USA" (ma non ho visto nessun cartello "boia Breznev" che ha invaso l'Afghanistan, I che circonda la Polonia, che opprime i Popoli dell'Est) è un guerrafondaio.
Noi non accettiamo questo metodo. La nostra storia ha una tradizione molto lunga, ha alle spalle anni e anni di lotta coerente, in ogni momento per la pace e contro l'oppressione.
Pertanto il nostro ordine del giorno è in quella direzione.
Concordiamo con quanto ha detto il Vicepresidente Picco e cioè la lotta per la pace deve essere corale. Non è mai una lotta di parte, una lotta che vede delle parole d'ordine date soltanto in una certa direzione come è avvenuto nelle recenti marce per la pace.
La nostra Regione e il nostro Paese debbono coralmente esprimersi senza che parole d'ordine identifichino chi è nel campo della pace e chi è nel campo della guerra, per cui se fai una determinata cosa che alcuni Vogliono, sei nel campo della pace, se non la fai sei nel campo della guerra. Dovremmo dire che i 56 milioni e 800 mila italiani che non hanno partecipato sono nel campo della guerra, e così i 50.000 di Parigi sono per la pace e gli altri 49 milioni sono per la guerra. Questi schematismi non reggono più. Chi li esalta fa un cattivo servizio alla pace. Dobbiamo discutere delle cause e dei motivi profondi che portano alla guerra, sui quali possiamo anche non concordare, ma che sono i veri nodi e le vere strozzature. La fame nel mondo è una delle cause di tensione che crea le basi per sviluppare la guerra, ecco allora che siamo al nodo centrale del problema. Come si può venire a dire che il Ministro Lagorio minaccia la pace quando ci si avvede che, al di là della pace, vi sono 1000 missili sovietici puntati verso l'Europa oltre a quelli che L'URSS ha dato a Gheddafi? L'altra sera nell'intervista televisiva il nostro Paese ha dimostrato di essere democratico perché permette a uno come Gheddafi di rispondere alle domande dei giornalisti, dimostrando la sua crudeltà dimostrando di essere un criminale e un assassino. Questo lo possiamo dire qui come lo possiamo dire fuori. Noi chiediamo che gli altri Paesi siano altrettanto democratici, che la Libia e l'Unione Sovietica permettano, come noi permettiamo, di inviare messaggi, di accedere ai mass-media, questa è una dimostrazione di pace.
Siamo qui per illustrare l'ordine del giorno. Noi diciamo che l'Europa non è e non può essere un campo limitato di guerra e di scontro, che l'informazione non sia data a direzione unica, non con i cartelli del sabato pomeriggio, che l'extra sinistra ha definito folcloristici (e per certa parte possiamo anche convenire), ma che sia un vero impegno informativo ampio a milioni di persone i sulla pace, sulla guerra che ci minaccia, sull'Europa, sul suo ruolo, non sul disarmo unilaterale, ma sul negoziato, sui mille missili SS-20.
Sono anch'io d'accordo che una vera linea politica estera nel nostro Paese tarda a venire anche se il Ministro Colombo è molto attivo.
L'esclusione dal Convegno di Cancun sta a dimostrare che non siamo stati considerati attivi in politica estera. Abbiamo parlato di ruolo delle istituzioni di democrazia rappresentativa, ma non potete chiedere costantemente un Consiglio regionale aperto in cui abbia accesso chiunque passi per strada e venga ad esprimere la sua opinione in un Parlamento che ha tratto la sua rappresentanza popolare con il voto, né possiamo ammettere tutte le associazioni esistenti.
Non possiamo dolerci, spaventarci, essere in difficoltà, come è stato detto, perché il sabato pomeriggio non lo trascorriamo a fare la marcia della pace, ma lo trascorriamo in opere utili per rimuovere le cause che sono alla base del pericolo di guerra. Noi ci sentiamo più forti di coloro che magari intendono fare le marce in senso unilaterale, contro il PSI contro la socialdemocrazia tedesca, contro il partito socialista francese.
Chi continua su questa strada può soltanto pensare di andare al fallimento della sua iniziativa. Ecco perché vogliamo la coralità in questo grande disegno che anima la pace in un vero e autentico momento di solidarietà fra tutti gli uomini.



PRESIDENTE

Il terzo ordine del giorno è presentato dai colleghi liberali. La parola al Consigliere Marchini per l'illustrazione.



MARCHINI Sergio

La nostra proposta di deliberazione è posta nella logica introdotta dal Presidente Viglione della coralità del discorso, ma soprattutto vuole promuovere la circolazione delle idee.
A noi sembra che il fenomeno al quale stiamo assistendo abbia significati diversi. Stupisco che non si sia notato da parte di qualcuno un significato particolare che peraltro i mass-media più significativi in Italia hanno evidenziato: alla base del grande dibattito sulla pace e delle marce non c'è soltanto un fatto di footing, c'è una vera e propria rivoluzione culturale giovanile. Sappiamo che le generazioni dall'anno '68 e forse anche più indietro, non si sono impegnate nel vivo della gara sociale e stanno cercando una loro collocazione (la protesta del '68 ha prodotto frutti significativi in Francia e in Germania, mentre da noi ha prodotto frutti non marci, che se marci fossero stati non avrebbero creato piante, ma bacati che hanno determinato certe sin, azioni). Abbiamo visto la mobilitazione dei giovani sui temi dell'ambiente e ci spiace prenderemo iniziative in tal senso - che tale mobilitazione nella difesa dell'ambiente non sia così puntuale; abbiamo visto i giovani mobilitarsi nel culto di miti di tipo culturale o artistico e, purtroppo, temiamo che questi giovani, non alla luce del giorno, ma in situazioni meno chiare siano stati disgraziatamente reclutati in fenomeni ben più gravi qual è quello terroristico.
Il fenomeno che stiamo vivendo va visto come una grande svolta giovanile che tende, a riappropriarsi di temi ideali, a pensare in grande a guardare in grande, a vedere in grande. Istituzionalmente il nostro primo dovere è quello di riconoscere che questo processo ha un valore e un significato di tipo culturale e di civiltà. Ma, per lasciare ai giovani questo loro spazio, le istituzioni politiche hanno il dovere di rispondere in termini politici. Non possiamo in questa sede limitarci a una valutazione e a un giudizio ma, come politici, dobbiamo valutare le ragioni politiche che ci hanno portato a discutere su questi banchi. Le ragioni politiche sono quelle indicate dall'avv. Viglione.
Le marce sulla pace, questo grande dibattito, sono nate da un fatto semplice ed elementare: la volontà dei Paesi Nato di recuperare il gap tecnologico, tecnico, strategico e tattico portato avanti dal Patto di Varsavia. Su questo si sono mobilitati i giovani, si sono mobilitate le coscienze, si cerca di mobilitare le istituzioni e qualche volta chi mobilita le istituzioni, come la città di Bologna, si trova come quel montanaro che era andato per suonare e se ne è ritornato suonato.
Visto che qualcuno ha ritenuto di mobilitare queste istituzioni su temi che non sono culturali, ma politici, sarebbe fare un cattivo servizio all'entusiasmo dei giovani chiudendo questo dibattito senza precisare le posizioni politiche de: le diverse parti.
Quindi il problema politico di una istituzione rappresentativa di 5 milioni di cittadini è di dire se è dalla parte di quelli che dicono che male ha fatto il Governo ad attuare il deliberato del Parlamento sulla politica di equilibrio nucleare tattico, oppure se è tra coloro che dicono che questo significa essere dei boia, significa essere dei guerrafondai.
Incertezze non ce ne possono essere. Secondo me, nel documento comunista si dice erroneamente che si deve tutelare la posizione di equilibrio.
La posizione attuale non è una posizione di equilibrio, è una posizione di prevalenza del Patto di Varsavia, quindi si potrà trattare quando si sarà ristabilita la situazione di equilibrio, oppure si tratta per arrivare a una situazione di equilibrio. Dice il documento comunista: "...ritiene che nell'attuale crisi internazionale gli equilibri debbano essere considerati come condizione base da rispettare e che la loro alterazione da qualunque parte sia venuta o venga, rappresenti un motivo di grave turbamento della pace".
Bisogna dire che l'equilibrio non c'è. Il documento socialista lo dice.
L'equilibrio non esiste più.
Allora, il dibattito politico deve registrare dei fatti e, se possibile, le cause e le responsabilità. I fatti sono una situazione di non equilibrio. Se poi volete sapere cos'è la situazione di non equilibrio, la andiamo a leggere: i soldati del Patto di Varsavia sono 2.612.000, quelli Nato sono 1.600.000, i carri armati sono 46.000 contro 11.000; gli aerei tattici sono 5.475 contro 31.171; i cannoni Nato sono 6.200, quelli del Patto di Varsavia sono 14.000; i sommergibili Nato sono 1815, quelli di Varsavia sono 2177; le navi da battaglia per Varsavia sono 266 quelle della Nato 248. Per quanto riguarda le strutture nucleari: 1298 missili a corto raggio del Patto di Varsavia corrispondenti a 748 missili per la Nato; 1500 bombardieri contro 636; 1095 vettori e 1220 testate nucleari a lungo raggio per il Patto di Varsavia a cui corrispondono soltanto 2121 vettori e 368 testate a lungo raggio della Nato.
Questa è la realtà. Questo è stato registrato nel dibattito al Consiglio comunale di Bologna e la responsabilità di questi dati è da ascrivere al Consigliere Berselli che si è ripromesso di mettere a disposizione la fonte da cui arrivava. Se andiamo a discutere sui documenti, ne ho uno molto più interessante da leggere. E' la circolare del PCI, datata 17 marzo 1959, a firma Giuliano Paletta, destinata a tutte le sezioni del PCI che, se proprio lo volete, posso leggervi. Vi ho letto brevemente la situazione del gap tecnologico, tattico e strategico della Nato rispetto al Patto di Varsavia. Può essere che questi dati non siano realistici e siano inesatti, faccio però notare che Cinque partiti compreso il PSI, in una sede non sospetta, cioè quella di Bologna, su richiesta della sinistra hanno dichiarato testualmente: "L'Unione Sovietica, particolarmente negli ultimi anni, ha approfittato del processo di distensione per una politica di riarmo, di aggressione militare e di espansione imperialistica senza precedenti".
Questo e un giudizio che hanno dato forze politiche in una città di non secondaria importanza, in una situazione non certamente non favorevole come è quella bolognese.
A nostro avviso esiste un'altra ragione per cui ci si deve preoccupare politicamente di non essere ambigui. Solo in Italia la filosofia della pace gestita dal PCI aveva come commissari in ordine pubblico il servizio d'ordine comunista e solo in Italia i cartelli erano a senso unico. Quindi una differenza in Italia rispetto al resto dell'Europa c'è. Assistiamo alla strumentalizzazione da parte del PCI di un grande fenomeno culturale di base che noi riteniamo debba essere difeso nella sua genuinità e, per difenderlo, bisogna riportare questo fenomeno alla equidistanza; quindi deve cessare l'impressione che la difesa della pace si fa parlando male di Reagan, parlando male di Lagorio, di Craxi, parlando male magari da domani in avanti anche di Bastianini e di Marchini.
La difesa della pace la si fa con riconoscimenti politici delle situazioni. E' anche evidente che la strumentalizzazione da parte del PCI di un grande fenomeno giovanile positivo e interessi ante tende a chiudere gli spazi ai partiti l alci e a portarli a elezioni politiche anticipate.
E' certo che se si riapre su questo falso Obiettivo una polemica nella sinistra, lei capacità di organizzazione e di strumentalizzazione del PCI sono maggiori di quelle del PSI e dei laici in genere. E' evidente che il PSI sarà costretto a chiudere in termini abbastanza stretti la sua gara contro n tempo. Secondo qualcuno il PSI ha ingaggiato una guerra contro il tempo.
I tempi di Mitterand e di Papandreu non dureranno una generazione.
Durano quello che durano, è una ventata politica, quindi è evidente che le forze politiche si atteggeranno. Vediamo in questa strumentalizzazione del PCI anche una precisa volontà di mettere in discussione la durata di questa legislatura. Venendo all'illustrazione della nostra proposta di deliberazione devo dire che è semplicemente un fatto operativo abbastanza significativo. In termini semplici proponiamo che il Consiglio regionale invii a Bruxelles, presso la sede del Comando Nato e nella città dove c' il comando del Patto di Varsavia, ma che sicuramente non sarà una delegazione composta di sei giovani (su questo non faccio problemi di numeri), rappresentanti i partiti che siedono in questo consesso, sei giovani, espressione dell'altra realtà culturale, che non è rappresentata dai partiti, accompagna ti da un Consigliere regionale, che deve farsi carico del coordinamento dell'iniziativa, che vadano a portare in quelle due città la voce dei piemontesi. Proponiamo nell'ultima riga che a questi giovani venga affidata la pubblicizzazione di tutto quanto scrivono sul problema della pace le componenti politiche e culturali della nostra Regione.
Per quante, attiene agli ordini del giorno più specificatamente politici che sono stati Presentati, diciamo che aderiremo a quello presentato dal PSI e dal PSDI, nonché non vengano messi in discussione i Principi indicati al comma quarto, laddove si richiamano le responsabilità e che non avvenga una confusione con il primo argomento portato a pag. 2 nell'ordine del giorno del PCI. I termini in cui gli amici socialisti e socialdemocratici hanno voluto marcare la loro differenzi a rispetto al documento comunista, sono significativi e sufficienti a far sì che questo resti un dibattito politico con un minimo di chiarezza e un minimo di assunzione di responsabilità politica.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Revelli. Ne ha facoltà.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siccome verso la fine dell'estate ho inviato al Presidente della Giunta.
regionale e al Presidente del Consiglio una lettera sulle questioni della pace dove, a firma del collega Guasso e mia, precisando le differenze che si erano venute determinando nel Parlamento italiano e le responsabilità diverse che devono assumere un Governo che è alla guida degli affari interni ed esteri della Repubblica e un'opposizione chiedevamo se non si riteneva opportuno assumere iniziative per riavviare il dibattito, per costruire una cultura della pace; non posso quindi accettare i riferimenti, anche di logica formale, che sono stati fatti dal Consigliere Marchini e forse velatamente dal Consigliere Viglione.
Nel prendere atto delle posizioni e nel rispettare le decisioni del Governo, legittimamente alla testa del Paese, pensiamo di dover sottolineare il Movimento che è nato intorno alla pace e le posizioni dei vari Gruppi politici.
Sulle manifestazioni ci sono state alcune imprecisioni. La manifestazione di Parigi è stata organizzata in modo settario e non accettabile. Condivido pienamente le dichiarazioni rese dal compagno Jospin nelle conclusioni del congresso, al quale ho partecipato con il compagno Pajetta, quando giustamente dice: "non andiamo alle manifestazioni degli altri,1 quando le fanno sapendo che siamo impossibilitati a partecipare e senza aver discusso delle parole d'ordine che tengono conto dei nuovi fatti culturali che emergono tra le nuove generazioni".
Noi comunisti non siamo né organizzatori né promotori delle manifestazioni per la pace per una ragione molto semplice. Vi abbiamo aderito con uno spirito diverso che non è affatto quello di attaccare il compagno Craxi o qualche componente singolo di partiti che sono al Governo.
Viviamo tranquilli nella discussione e non pensiamo (perché non ve n'è l'occasione e perché il nostro ordine del giorno è sì di parte, ma e chiaro sui nostri punti di vista) di ricreare qui il caso di Bologna come premessa ad un'altra formula di maggioranza: questo è nelle libertà delle scelte politiche.
Se Marchini leggesse gli ordini del giorno potrebbe capire le posizioni diverse dalle nostre, che noi rispettiamo guardando alla tradizione democratica delle forze che hanno dato vita alla Repubblica e guarderebbe con maggiore attenzione, rispetto e devozione alla grande tradizione del socialismo italiano di cui oggi siamo la parte Numericamente maggioritaria.
Non pretendiamo di essere qualitativamente superiori.
Il fatto nuovo, colleghi Consiglieri, è che ormai è impossibile - in questo c'é un appunto a qualche forza politica che vuole impadronirsi del movimento - basarsi su fuorvianti, a priori, ideologi per identificare gli interessi, le posizioni, la ricchezza, la contraddittorietà delle aspirazioni che vengono espresse nel grande movimento per, la pace che attraversa l'Europa con interessi di questo o di quello Stato. C'è stato il tentativo da parte dell'Unione Sovietica di accreditare l'idea che questo movimento andava a proprio favore; le settimane successive l'amministrazione Reagan ha fatto dichiarazioni in qualche misura inquietanti.
Il problema è un altro. E' che i pericoli per la pace stanno crescendo in modo allarmante e, lentamente, tutti cambiamo ottica, cambiamo cultura cambiamo modi di analisi della vita e delle cose che succedono nel mondo. A nessuno è più permesso essere come era prima o, semplicemente, a seconda degli schieramenti geologici che ci hanno tenuti forse per troppi anni al riparo da nostre dirette e precise responsabilità.
Voglio sottolineare rapidamente le cose che abbiamo detto nel nostro ordine del giorno.
Quando diciamo: "Il Consiglio regionale del Piemonte fa propria la profonda preoccupazione dell'opinione pubblica democratica piemontese per gli attentati che vengono alla pace in larghi settori del mondo", non vogliamo dire che il Consiglio regionale rinuncia a dare il proprio giudizio, ma che le istituzioni sono attente a ciò che avviene, lo riportano nei dibattiti per vagliarlo, non per costituire un movimento o un punto qualsiasi del movimento, ma per fare delle proposte che, lasciando la libera autonomia a questo movimento così composito, riaffermi il ruolo e il valore delle istituzioni che non sono certo chiamate ad organizzare le manifestazioni.
Ribadiamo la necessità di punti nuovi che debbono essere alla base per un'analisi della crisi del mondo, così come ha evidenziato la grande maggioranza del mio partito nell'ultimo Comitato centrale. Ribadiamo la necessità di una rivoluzione culturale, di un mutamento di atteggiamento di una presa di coscienza che siamo alla fine di un'epoca senza con questo dare per scontato che la terza guerra mondiale sia iniziata e che sia necessario schierarsi da una parte o dall'altra e mettersi sotto l'ombrello di un passato quasi centenario.
La distensione o la pace si è retta attraverso due blocchi che hanno governato i destini del mondo nell'ultimo dopoguerra. Mai come oggi i rapporti tra questi due blocchi sono stati così gravi, così pieni di incomprensione, di sfiducia, di tensione, di non capacità di comprendersi l'uno con l'altro, senza per questo rinunciare o pretendere propri interessi immediati in tante parti del mondo. C'é un altro dato che provoca tensione: il moltiplicarsi di conflitti locali che hanno quella novità strana che non hanno avuto i conflitti in passato: ogni conflitto locale richiama immediatamente una frizione diretta fra le due grandi potenze e ovunque vi sia tensione o conflitto tra le nazioni, non si ricorre più al negoziato, anzi, si privilegia lo strumento militare in luogo di quello politico e di quello diplomatico.
Di qui la crisi dell'ONU di cui si è parlato sovente.
Inoltre, l'aggravarsi della crisi economica non è un fatto di poco conto: è la crisi di un'epoca. Ne abbiamo discusso per la divisione internazionale del lavoro, per il destino del nostro Paese, con accenti che possono tramutarsi in decisioni diverse nelle decisioni di una maggioranza e di un esecutivo, che ha avuto tanti accenti di analisi simile ed unitaria perché i fatti sono più duri delle loro rappresentazioni: intendo le ideologie che superano o vogliono superare pericolosamente, a volte, i fatti.
Non posso dire di non riconoscermi pienamente nelle posizioni espresse a Cancun da Mitterand, che ci fanno riflettere, che richiamano la sinistra e non solo la sinistra, a compiti nuovi, a ripensamenti, a misurarsi con temi e con problemi inediti.
La corsa al riarmo è una diretta conseguenza dell'insicurezza e della mancanza di iniziativa politica. Per questo noi riaffermiamo gli ultimi dati, gli ultimi fatti (ma ce ne sarebbero tanti altri) che hanno portato a questa grave incomprensione, a questa incapacità di iniziativa politica tra Est e Ovest: l'occupazione dell'Afghanistan , come risposta militare di una grande potenza che sceglie la linea della politica di potenza piuttosto di quella che in passato, sia pure in periodi duri, aveva Sempre avuto iniziativa politica, ideologica, comunista (non condivisibile fin che volete), ma che aveva un suo contenuto e che oggi, invece, è rinchiusa su se stessa e pensa di vivere in un accerchiamento; la questione della Polonia che rappresenterebbe uno scioglimento all'interno del blocco. Di fronte alla crisi delle due grandi potenze e delle relazioni Est-Ovest in entrambi i blocchi si assumono nuove responsabilità. Ci sono governi e popoli che la vogliono dire in modo diverso pur rimanendo fedeli alle alleanze: questa è la lunga storia drammatica dei rapporti tra Solidarnosc il Partito Comunista polacco e la Chiesa, quando un anno fa sollecitavamo che fossero premessa di nuove alleanze, di nuovi confronti, di nuovi pluralismi.
Al di là della triste e drammatica condizione che è detta nell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Viglione e Mignone, c'é un dato essenziale sulla questione della pace, che è il destino del popolo polacco e delle sue libertà: sono i pericoli che vengono alla pace (e che noi sottolineiamo nel nostro ordine del giorno) se venisse messa in discussione l'autonomia, quella tragedia autonoma, interna, che ha ancora delle forze per risolversi. Altri popoli hanno conosciuto vicende drammatiche corrile quella, ma le hanno risolte all'interno dei loro confini.
Poi ribadiamo altre cose, un'altra realtà che è vivente, anch'essa in gran parte superata, non più riconducibile ai vecchi schemi dei buoni e dei cattivi, a seconda da che parte si sta: i drammi dell'America Latina, i focolai del mondo che citate in molti ordini del Giorno, dall'Angola al Mozambico, alla presenza sovietica, ai missili di Gheddafi.
C'è la realtà economica dell'America Latina, c'é questa oppressione civile e politica, c'è quell'altro discorso neoliberista, che non vale tanto quanto teoria quanto piuttosto come fatto che non vuole riconoscere le mutate ragioni di scambio tra nord e sud; il fatto che l'indipendenza di quei popoli passa attraverso un nuove, assestamento dell'economia, che deve tener conto che il petrolio più nessuno lo vuole regalare e che neanche la Fruit Company non può disporre più dei frutti e delle banane altrui come ha fatto fino ad oggi; che Una democrazia di interessi come quella americana ci abbia portato nel dopoguerra dei valori non lo neghiamo; quella democrazia di interessi, di lobbyng, è però arrivata troppo in là, non risolve più i suoi conflitti se non attraverso un'iniziativa che può essere destabilizzante, a volte ceni la guerra aperta, a volte con interventi economici pesanti. Abbiamo parlato del green power e di tante altre cose.
Questo vuol forse dire che ci sentiamo di mettere sotto accusa forze politiche, la D.C. o il compagno Craxi? Lanciamo un appello perché vogliamo capire. Parliamo in primo luogo per noi stessi e, in secondo luogo, vogliamo capire insieme agli altri il nuovo. La preoccupazione più grave è che ci sia incomprensione, che non si sia ancora arrivati tutti, anche noi stessi, a quella sufficiente laicità per giudicare la realtà dei blocchi contrapposti. Non per di munire l'Italia delle I sue difese, non per togliere l'Italia dalle sue alleanze non per dire all'Italia che deve disarmarsi in modo unilaterale, non per uscire in modo unilaterale dalla NATO. Non abbiamo condiviso, n condivideremo, le parole di Papandreu. Si possono vincere le elezioni e si può essere ugualmente ambigui su questo piano. Non è questa la questione.
Vogliamo capire, invece, che la mancanza di iniziativa politica, il fatto di badare in modo prioritario al successo di sé piuttosto che agli interessi generali (che vogliamo fare dall'opposizione , come riconosciamo a voi in questo Consiglio di volere e di dovere fare dall'opposizione e quando sarete maggioranza, come maggioranza) porti a privilegiare le logiche di potenza, a far rinascere la fiducia nelle armi, a portare alla produzione di armi sempre più micidiali.
Quando discutiamo degli SS-20, dei Pershing e dei Cruise, sapete di che cosa discutono i tecnici? Che con i Pershing e gli SS-20 non può scattare la linea calda o la linea rossa, Mentre sarebbero da smantellare gli SS-20 e Pershing per adoperare i Cruise perché sono di crociera ed invitare i sovietici a Metterne altri di crociera che, viaggiando a 600 chilometri all'ora, darebbero un'ora di tempo per far funzionare la linea rossa! Ecco che cosa dicono i tecnici, forse in modo ingenuo, ma che ci fa riflettere perché non lo dominiamo noi quel movimento. Ne abbiamo abbastanza delle linee rosse. Troppa gente dice che non vuole vivere il momento di terrore che passa tra quelle due ore in cui si consultano i due grandi, o i te o i quattro della terra. E' ora di diminuire gli armamenti.
Non voglio essere ambiguo, Consigliere Marchini, Come voi credete che noi siamo. Votatevi l'ordine del giorno che credete. Le nostre parole continueranno nel tempo su questo piano. Quando noi diciamo che nell'attuale crisi internazionale gli "equilibri costanti" sono considerati la base, vogliamo dire che c'é stato squilibrio: le parole di Pajetta, le dichiarazioni fatte in Parlamento ed altrove, gli equilibri sono ripristinati (lasciateci questo piccolo spazio di utopia), attraverso un negoziato che non sia folle.
Non bisogna essere irrealistici, bisogna essere pragmatici, ma con dei principi, tenendo conto di tutte le percezioni e delle preoccupazioni degli interlocutori che stanno gli uni di fronte agli altri perché si ristabiliscano gli equilibri sulla base della riduzione delle armi.
L'abbiamo detto noi, l'ha detto Ceausescu, l'opzione zero è stata formulata da forze democratiche europee e da governi; nel recente congresso socialista francese, l'ha detto il compagno Jospin, in riferimento a tutti i missili dai SS-20 ai Pershing, ai Cruise.
Consideriamo positiva, stando all'opposizione, ogni azione che non sia pedissequa; che corrisponda ad un'autonomia, a non essere servi, a non essere ciechi verso la cultura, verso il nuovo, verso ciò che il nostro Paese può proporre quando possiamo essere protagonisti di un'iniziativa di pace, anche in mezzo alle forze della NATO, per salvaguardare l'autonomia e l'equilibrio dell'Europa, non in modo egoistico, ma in funzione di quei tre o quattro valori che sono i più diffusi in questo movimento, così parcellizzato, così complesso, così ricco di aree sociali diverse e di culture diverse.
Ci vuole un nuovo ordine economico mondiale.
Siamo per il ripristino di un rapporto di fiducia, di equilibrio e di distensione tra i blocchi.
Ma garantire la pace nel mondo non è più soltanto questo, se non ci saranno delle azioni nuove ed incisive, un nuovo ordine economico internazionale, attivo, non egoistico, che tenga conto degli interessi dell'Europa occidentale, della comunità, che ormai si sta riducendo al "si salvi chi può" in nazionalismi sempre più chiusi, in barriere doganali sempre più ristrette, in difese che sono la reazione al non saper uscire da una crisi economica senza guardare più in là nelle relazioni nord-sud.
E poi, non è attuale, non è immediato, ma andrà costruito nel tempo quello che è stato chiamato, nel recente convegno di Firenze, il "nuovo concetto di sicurezza", che non possa più basarsi soltanto sull'equilibrio del terrore delle due potenze.
Hanno delle responsabilità le grandi potenze? Si. Lo abbiamo detto nell'ordine del giorno. Sappiamo anche che sarà una escalation tremenda, spaventosa, se da un lato come dall'altro si crederà di poter rispondere solo con la forza militare e se Brzezinski si dichiarerà per un confronto globale. La dottrina Kissinger era quella dell'equilibrio del terrore, un equilibrio spaventoso, ma che aveva retto.
Quella che ha avviato Reagan è la dottrina del confronto globale su ogni terreno, sul confronto economico. Senza dubbio, per le relazioni internazionali che gli Stati Uniti hanno, per le forme di pressione, per i Paesi che inglobano su cui hanno un'egemonia, una loro influenza, il confronto è impari; dall'altra parte si risponderà sempre più con una politica di potenza.
Ecco perché bisogna distendere le cose.
Come? Con nuove iniziative, guardando ai popoli che bussano alle porte dei popoli più ricchi, per usare in linguaggio cattolico ma senza dubbio efficace, e risolvere con essi, comprendendo loro ragioni storiche, i problemi della pace.
La pace è difficile da costruire. Sono d'accordo con Chi propone iniziative che vengano portate avanti dal Consiglio regionale e dall'esecutivo in modo corale, esse saranno tanto più efficaci perch daranno un senso autonomo e responsabile delle istituzioni, degli eletti piemontesi. E' un'iniziativa che deve avere la caratteristica di informazione, di promozione, soprattutto di equilibrio e di garanzia, non deve essere né il cappello né la coda di un movimento, ma deve saper parlare chiaro ai cittadini.
In questo interesse di partito e di bottega, l'esprit boutiquier, come dicono giustamente i compagni socialisti francesi al compagno Marchais, chi lo tira fuori se lo rimetta in tasca.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Roma, Parigi, Londra, Bruxelles, Madrid ed altri capitali sono impegnate nelle manifestazioni contro il disarmo. E' indubbio che quello della pace è un tema cruciale e fondamentale, specie perché la sofisticazione e la potenza impresse agli attuali ordigni bellici non lasciano all'umanità alcuna speranza di sopravvivenza qualora un conflitto internazionale dovesse aprirsi.
Come uomini e come operatori nel campo politico e, per ciò che ci riguarda, come democristiani e come cristiani, siamo profondamente preoccupati di fronte ad una simile ipotesi, ne attenua la nostra preoccupazione la subordinata di una guerra limitata.
Siamo e restiamo contro ogni violenza, abbia essa la fisionomia del terrorismo o quella dello scontro fra potenze o superpotenze.
Abbiamo apprezzato le iniziative che L'ONU ha inteso avviare ed apprezziamo anche tutte quelle, occasioni di confronto, come è anche questo dibattito in Consiglio regionale, se veramente e se realmente servono per meditare ed operare contro i rischi di guerra che una tremenda ed assurda corsa al riarmo avvicina a tutti noi.
Ma la condizione essenziale, almeno per rimanere in casa nostra nel nostro Paese, per una reale presa di coscienza di questo pericolo è che le iniziative pacifiste non vengano usate contro una delle superpotenze a favore diretto od indiretto dell'altra perché, in tal caso, si finirebbe obiettivamente per premiare in termini politici chi ha deciso in termini unilaterali di rompere tin certo equilibrio strategico in Europa.
Dunque, c'è una condizione di partenza che rischia di essere squilibrata se non facciamo obiettiva chiarezza su questo problema. E l'inquietudine si accentua dalle notizie sempre più insistenti di considerevoli stanziamenti, soprattutto sovietici, per organizzare e sostenere le manifestazioni della pace in occidente, a partire da alcuni atteggiamenti formali e strumentali, come le adesioni all'allora marcia della pace ad Assisi, ad altre iniziative.
In realtà se Mosca, città in cui ogni anno si marcia per presentare l'immenso arsenale bellico, avesse risparmiato gli ingenti stanziamenti per gli SS-20 avrebbe poi potuto Obiettivamente risparmiare anche quelli per supportare direttamente od indirettamente manifestazioni in occidente.
Ho presentato queste considerazioni preliminari non per creare delle turbative, ma per segnalare obiettivamente i rischi di un pacifismo distorto, ispirato appunto a distorsioni Politiche.
L'ansia è la ricerca di negoziati perché la corsa degli armamenti trovi un limite, trovi un freno, perché l'equilibrio venga ristabilito, Perché il rischio del confronto armato non si faccia insostenibile, la conseguente obiettiva necessità di libertà e di giustizia, la necessità di lavorare per la pace e per garantire l'autodeterminazione dei popoli, è quanto i giovani, i democratici, le associazioni nella loro stragrande Maggioranza hanno in questi giorni giustamente e legittimamente sollecitato nelle loro manifestazioni di massa.
In questo senso la presentazione della mozione su Amnesty International, presentata dal Gruppo consiliare della D.C., e che oggi è finalmente all'ordine del giorno, aveva un indirizzo mirato in questo senso. Cioè un indirizzo mirato a sostenere le condizioni di libera determinazione dei popoli ed il loro destino senza l'intervento di alcuna potenza straniera (il riferimento alla Polonia e al Salvador è attuale) o mirato alla difesa dei diritti civili, all'educazione del valore della vita alla valorizzazione del diverso, allo smascheramento soprattutto di un terrorismo internazionale che in questi Ultimi mesi, che in queste ultime settimane ha assassinato il Presidente Sadat, operatore ed artefice di pace, ha gravemente ferito Giovanni Paolo II, promotore di pace che da sempre si batte per creare una cultura della vita, per creare una cultura della pace intesa non semplicemente come assenza di guerra, ma come intreccio vitale di fiducia come globale inversione di tendenza.
Conveniamo quindi con coloro che si danno convegno per protestare contro la corsa al riarmo, non solo con le marce, ma in tutte le forme, in tutti i fatti, in tutti i comportamenti - lo rilevava molto opportunamente il Consigliere Viglione nel suo intervento - e protestano anche contro l'ipotesi di una Europa sempre, più armata che rinuncia a svolgere una funzione attiva per il mantenimento della pace.
Dissentiamo con coloro che, utilizzando queste iniziative, fanno della unilateralità la loro discutibile bandiera.
Dissentiamo da coloro che condannano gli euromissili, che sono pur sempre cose a venire e tacciono sugli SS-20 sovietici che sono una realtà consolidata ormai da quattro anni nelle nostre zone.
Siamo, viceversa, con quelle organizzazioni, con quei movimenti cristiani che vedono, con un richiamo particolarmente valido, le motivazioni profonde, il desiderio di pace, l'aspirazione a creare degli equilibri autentici che si fondono non sulla logica di potenza, ma sui reali valori dell'uomo e su di una continua ricerca della verità e delle libertà individuali e collettive.
Acquisiamo quindi quegli aspetti positivi di iniziative per le grandi prove di maturità e di partecipazione proprio perché, ad esempio, per noi almeno per noi credenti, si realizza un'autentica aspirazione cristiana quella di una convivenza pacifica fra i popoli che segni la fine di tanti egoismi e di tante sopraffazioni.
Lieti se questo coinvolge aree sempre più vaste, componenti laiche nuove e vecchie generazioni all'interno di schieramenti politici e di tutte le credenze.
La nostra equidistanza porta ovviamente a condannare gli errori di tutte le grandi potenze, ma anche a respingere gli usi politici delle iniziative, le animosità unilaterali antiamericane o, per i riferimenti nazionali, antigovernative o antisocialiste di una parte di Marcia tori, di una parte di registi di alcune marce, le ripetute forzature, le manovre di certa regia che guida e muove alcuni organizzatori.
Per chi, Come me, giovanissimo più non è, tutto ciò richiama molto da vicino vecchie manifestazioni contro il Patto Atlantico. E' scatenamento di un apparato che affianca preoccupazioni magari diffuse, ma le utilizza per scopi certamente differenti e tutto ciò è in contrasto con un autentico desiderio di pace espresso dai dimostranti.
E' per questo che, quando sulle ali di una recente bianca c piomba si vogliono fa passare dei disegni diversi, non possiamo non registrare la distanza esistente fra un'autentica, almeno per noi cristiana, aspirazione di pace, ed i giochi più o meno scoperti avviati u di un campo dove alcuno muove per conto di terzi le sue scelte.
Non possiamo certo esprimere dei giudizi positivi se ai cortei della pace partecipano gruppi di libici, come è capitato a Roma, inneggianti a Gheddafi, perché dissentiamo da Colore che per difendere la pace vorrebbero ispirasi al colonnello libico. L'assonanza di queste parole è in termini coerenti con quanto diceva Viglione.
Non possiamo certo esprimere giudizi positivi anche di fronte ad atti obiettivamente destabilizzanti quasi che fossero contributi di pace.
Poniamo questi interrogativi perché non riteniamo che la cultura della pace possa affermarsi all'insegna della confusione, della furberia n tanto meno, dell'inganno.
Potrebbero sembrare polemici questi giudizi, ma non lo sono. Riteniamo che chiarezza debba essere innanzi tutto fatta a partire proprio da certe forze politiche. Mi riferisco, in particolare, ad una forza politica di sinistra che riconobbe in questi ultimi anni utile la partecipazione dell'Italia all'alleanza atlantica (il Consigliere Revelli lo richiamava prima), che sostenne l'equilibrio delle forze ancora in questi ultimi anni come condizione della distensione. Ci chiediamo se oggi cambia la rotta per sostenere alcuni disarmi unilaterali o alcune condizioni differenti da quanto sostenevano alcuni anni or sono.
A fronte di una situazione internazionale grave, la pace si afferma con la chiarezza e non con politiche contraddittorie e non con la confusione dei linguaggi. In una situazione internazionale dove il dramma polacco rischia di cambiarsi in tragedia con gravi conseguenze per la distensione dobbiamo porre mente ad una realtà preoccupante e completamente diversa da Paesi in cui è libero il diritto di tenere le marce di Roma, di Bruxelles di Parigi e di Londra.
Siamo convinti che sé c'è una tendenza fra le due superpotenze i USA ed URSS ad una spirale di aggressività, occorre sollecitare con tutti i mezzi e con tutte le forze una spinta per sedersi obiettivamente e realmente attorno ad un tavolo.
Non mancano le basi per una discussione, né manca l'interesse collettivo ad impostare la trattativa con qualche probabilità di successo.
Le manifestazioni pubbliche, se condotte con chiarezza, quella chiarezza giustamente invocata dai colleghi Viglione e Marchini nei loro interventi, e non con furbizia, attraverso le pressioni per rilanciare la necessità di una distensione, avranno un loro significato ed un loro prodotto concreto.
Le marce avranno anche una meta per sapere dove andare, dove marciare e allora la pace rappresenterà veramente un traguardo e non solo un pretesto per alcuni.
Ho colto in alcune riunioni, l'ultima in questo Consiglio regionale la scorsa settimana, l'invito di alcuni ad essere comunque unitari per il traguardo da raggiungere, I cioè la pace. E l'invito non può non essere apprezzato. Ma questa affermazione generale corre il rischio di qualche stonatura quando a parlar di pace si mettono tanti che proprio della pace rischiano di avere delle idee magari profondamente differenti, per non parlare poi dei metodi per raggiungerla. Il rischio indubbiamente esiste.
Però un concerto non può essere condannato per qualche madornale stecca di orchestrali avventizi o dell'ultima Ora, anche se il dovere del critico è sempre di rilevarla e di capire perché c'è stata.
La vera pace, che per noi cristiani è un dono di Dio affidato agli uomini, che è realizzabile facendosi consapevoli, che va difeso, va valorizzato, va proposto in ogni circostanza è in ogni occasione con coerenza totale e di fronte a tutti e senza rinunciare all'impegno politico, non può avere delle partigianerie precostituite e sospette.
Se è pensata così, la pace potrebbe anche essere meno importante, ad essere in disaccordo sui metodi per raggiungerla: disarmo concordato e generale o se mediante quello unilaterale, scarsamente efficace quanto a garanzie concrete, ma certamente più profetico. Disarmo unilaterale per non vuoi dire favoreggiamento del riarmo altrui, perché questa sarebbe complicità.
Ecco perché parliamo di chiarezza, chiarezza di giudizi e chiarezza di atteggiamenti, rifiuto di ogni strumentalizzazione, risposta precisa a chi cerca di fai re del pacifismo altrui il primo passaggio magari verso il neutralismo e poi un'arma peri se stessi.
Se cosi avviene e se i recenti fatti delle marce di memoria recente rischiano di far emergere alcune di queste interpretazioni, verrebbero ad avere spessore quei dettagli, quelle stecche da orchestrali di cui parlavo prima.
Dobbiamo essere tutti insieme, ma per una vera pace. Il tema della pace è senza dubbio tema centrale e vitale soprattutto nel rapporto interumano e proprio lo sviluppo di armi di distruzione di massa pone all'umanità un problema identico della necessità di mettere al bando questi ordigni di morte.
Tuttavia, tutti sappiamo che ciò non è sufficiente di per sé per garantire la pace.
Manifestiamo quindi insieme, certo, per il valore emblematico di una testimonianza popolare, manifestiamo senza mistificazioni e forzature per le intenzioni reali e per gli obiettivi di gran parte di quelli che in queste settimane si uniscono in nome della pace anche se ci rendiamo conto che la grande causa della pace nella sicurezza vale qualche rischio.
Manifestiamo e marciamo ma di fronte alla situazione internazionale e considerando che della pace non si deve fare un problema astratto, fissiamo delle responsabilità, soprattutto noi che siamo forze politiche, e prendiamo delle decisioni che possano garantire questa pace, consapevoli che essa non può essere disgiunta dalla tutela della sicurezza e della libertà dei popoli. Uno stabile equilibrio va perseguito con determinazione, ma nella sicurezza. Va garantito anche richiamandoci coerentemente al Patto Atlantico che nei suoi 32 anni di storia nel nostro Paese, e non solo nel nostro Paese, si è confermato uno strumento di pace.
In questo quadro richiamo l'utile sistema difensivo della NATO soprattutto nel rispetto di criteri di una libera alleanza difensiva fra eguali e richiamo anche quanto già detto alcuni mesi or sono , in questa stessa assemblea, circa la posizione di alcune forze come quella dell'Unione Sovietica, grande potenza che manda telegrammi di elogi a chi marcia per la pace in Europa, ma vieta ai suoi marciatori di attraversare le sue frontiere.
In questo ambito non possono non essere ricordati alcuni passaggi necessari per valutare nel nostro Paese alcune scelte. Ricordiamo che la decisione di installare i missili Pershing è stata assunta dalla NATO alla fine del 1978, ci e il Parlamento italiano approvò tale atteggiamento a larga maggioranza con l'astensione e con il voto contrario del P.R. e del P.C.I., che l'impegno diventerà operativo fra qualche anno, mentre l'Unione Sovietica sta installando a ritmo ancora oggi di uno ogni cinque giorni i suoi SS-20, rifiutando di aprire in sostanza la trattativa su una base di partenza equilibrati.
Ricordiamo I che la decisione di produrre la bomba N è tata assunta autonomamente dagli Stati Uniti ancorché possa essere utilmente usata in Europa nel caso deprecabile di un tentativo di invasione dell'extra potenza del Patto di Varsavia per bloccarne il primo uno.
Da cristiani quali tentiamo umilmente di essere, siamo consapevoli fino in fondo della frase pontificia, più attuale che mai: "Con la pace tutto si salva, con la guerra tutto è perduto" e condividiamo quindi ogni iniziativa di pace e sollecitiamo il Governo a muoversi in tal senso solidalmente con gli altri Governi europei occidentali.
Siamo pertanto consapevoli che il periodo di pace di cui ha goduto l'Italia dal 1945 ad oggi, Peraltro il più lungo periodo da qualche millennio in qua, è stato garantito appunto dalla solidarietà europea ed atlantica e dall'equilibrio delle forze con il mondo comunista.
Contro queste scelte fu sempre, come ora, agitato da alcune forze politiche lo spettro della guerra mondiale; ma i fatti lo hanno smentito del resto proprio queste decisioni occidentali sembrano aver creato al Cremlino una qualche volontà alla trattativa.
Queste considerazioni, slegate, a volte un po' crude, sono state presentate con una reale disponibilità per unire. In quanto il rischio è che, invece di unire, la parola "pace" finisca per dividere, se non ci si intende fino in fondo. Siamo in una sede istituzionale regionale, con un dibattito aperto tra forze politiche e la domanda che sorge in tutti é: "Come atteggiarsi se si intende operare per la pace di fronte ad iniziative che per essere politiche corrono comunque il rischio della mediazione, del realismo, magari anche della strumentalizzazione? " Pare al nostro Gruppo che proprio le manifestazioni di questi giorni al di là di alcune strumentalizzazioni che si fanno, finiscono per esprime:e degli stati d'animo e delle esigenze reali delle quali non si pu non tenerne conto - e il Consigliere Mar chini lo richiamava molto opportunamente - anche se noi amministratori, anche se noi politici siamo chiamati a misurarci con senso della realtà sui problemi della difesa della responsabilità verso i cittadini nella Concretezza di una difficile situazione internazionale.
Se questo è l'impegno nostro, si ha il diritto di chiedere a tutti coloro che si impegnano sul terreno della pubblica opinione, politici compresi, il massimo di lealtà e di coerenza. Occorrono in particolare impegni globali, e impegni senza riserve. Non si può dichiararsi deboli contro i potenti né farsi potenti contro i deboli.
Né occorre essere semplici pacifisti. Se non esiste l'impegno globale per l'uomo si resta effettivamente dei pacifisti, categoria magari utile ma da sempre sospetta.
Impegno quindi a tutti i livelli. L'impegno del Consiglio regionale ad appoggiare ogni iniziativa al di fuori di devianti strumentalizzazioni di parte per sensibilizzare l'opinione pubblica per l'affermazione di una vera cultura della pace.
Impegno, in particolare, nei confronti di quelle associazioni che da anni per tradizione operano in piena autonomia e con iniziative indirizzate ali conseguimento di un'autentica pace basata sui valori dell'uomo e di una continua ricerca della verità e della libertà.
In questo senso ed in questa visione si colloca il Gruppo democratico cristiano ed in questa Ottica si colloca l'ordine del giorno presentato dalla D.C., avendo notato posizioni in parte identiche alle nostre contenute negli ordini del giorno presentati da altre forze politiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Cercherò di essere breve anche se il mio intervento potrà suscitare qualche problema nel senso che mi pongo, fuori dell'ottica con cui si è cercato di affrontare questo problema, non esimendomi da alcune valutazioni di carattere generale sul tipo di movimento che si sta sviluppando nel nostro Paese e in Europa, segnando la linea di un'Europa dei popoli e non più di un'Europa dei governi.
E' un Movimento di grande novità, con grandi tendenze autonome con grandi articolazioni all'interno, è un movimento che interroga tute le forze politiche. Dico questo, al di là di alcune valutazioni che non condivido, al di là dell'ostracismo da parte dei grandi mezzi di informazione; denuncio pubblicamente il comportamento del secondo Canale Tv attorno a questi temi.
Abbiamo il compito e il dovere di dare un nostro Contributo. Io cercherò di dare un contributo atipico rispetto al tipo di dibattito che è in corso. Le posizioni attorno ai temi della pace e del disarmo non possono discendere unicamente da una pur giusta carica emotiva provocata dall'annuncio della disponibilità americana a fabbricare la bomba N o dalla scelta di Comiso o più recentemente dalla prospettiva di una guerra limitata in Europa.
Si trattai o di eventi più remoti o di conseguenze di scelte molto precedenti. Alcuni ne parlavano quando questi dati e queste situazioni non facevano ancora notizia e molti tendevano a dimenticare.
La bomba N, ad esempio, risale al 1978, Comiso alle decisioni di Bruxelles del 12/12/1979 (e forse al 1977 quando gli Stati Uniti dichiararono, già allora, che i Governi europei erano d'accordo sugli euromissili). L'ipotesi di guerra limitata risale al 1971 quando si Vide aprire il dibattito sul tema, e al 1975, quando negli Stati Uniti si modificò la strategia militare (dalla risposta flessibile alla capacità controforza che presuppone la capacità di primo colpo).
Oggi la situazione appare più netta perché i termini politici della pace e della ricerca delle vie per giungervi sono più esasperati e più chiari.
Un settore non secondario della società italiana, in cui mi riconosco si trova ad affrontare e a motivare la propria attiva presenza su questi temi e la propria posizione in modo articolato. Vi è prima di tutto una motivazione di carattere religioso, morale e culturale dipendente dall'essere credenti. E' chiaro che oltre alle citazioni di carattere generale, che sono state fatte dal collega Cerchio che indiscutibilmente sollecitatrici di confronti più ampi, mi riferisco a documenti che richiamano alla responsabilità più precisa concreta i credenti, alla coerenza tra principi e scelte.
Voglio citare per tutte una dichiarazione della Santa Sede fatta nel 1976 all'ONU sul disarmo generale che è stata volutamente dimenticata anche dai grandi mezzi di informazione e che proprio recentemente una rivista cattolica ha giustamente ripreso.
Già allora la Santa Sede affermava che "quando la politica degli armamenti è ispirata da un pensiero di legittima difesa, e comunque, sia per la natura delle armi moderne che per la situazione planetaria, un pericolo, un'ingiustizia, un errore, una colpa, una follia. La contraddizione evidente tra lo sperpero della sovrapproduzione e la sofferenza enorme di quelli i cui bisogni vitali non sono soddisfatti (Paesi in via di sviluppo, ecc.) costituisce già, un'aggressione nei riguardi di coloro che ne sono vittime, aggressione che giunge sino al crimine. Anche quando non sono adoperati, per il solo costo, gli armamenti uccidono i poveri facendoli morire di fame".
Potrei citare decine di altri documenti. Cito per tutte le posizioni assunte dal Movimento Internazionale Cattolico "Pax Christi" che su questi i temi sta realizzando proposte di comportamento, di atteggiamento coerente tra il dato di fede e le scelte che si vanno a fare su questi temi.
Potrei citare la posizione dei vescovi americani sul problema degli armamenti atomici, potrei citare il vescovo di Seattle dove è insediata una base Trident.
Questa motivazione le è una motivazione che cerca, nel limite del possibile, di avere una sua coerenza.
Vi è anche una motivazione politica su questo. Mi scuso se non sarò in sintonia con altri su questo, perché è anche il frutto di quello che sto dicendo, di elaborazioni cattoliche che su questi temi stanno cercando in qualche modo di lavorare e di approfondire. Una motivazione politica all'interno di un mondo diviso in blocchi che finora ha ritenuto la pace un fatto esclusivo dell'equilibrio bipolare del terrore.
Tale assetto è in crisi per spinte multipolari. E' in crisi accentuata dalla ricerca-risposta di un unipolarismo (strategia del primo colpo) che ha per subordinata una struttura rinnovata di bipolarismo con egemonia "circondata" e regionale riservata all'URSS. E' una tendenza che nasce nel 1975, subito a ridosso della conclusione della CSCE e dell'Atto di Helsinki, visti come chiusure di antichi contenziosi, ma anche di esperimenti multipolari.
La scelta prioritaria, in questo caso, è di lavorare per l'organizzazione di un multipolarismo sulla base di Helsinki. Questo implica tutti gli aspetti possibili di un'organizzazione della pace in un'area decisiva (si va dalle Hawaii a Vladivostok).
Vi è una situazione di crisi oltre quella del bipolarismo espressa da: a) crisi del trattato di non proliferazione nucleare b) stasi settennale delle trattative di Vienna per la limitazione delle armi convenzionali nell'Europa Centrale c) riarmo della Cina in funzione antisovietica (con e eventuale nuova parità strategica che già assorbe il 25% del potenziale sovietico) d) crisi monetaria mondiale che mette in crisi il Giappone, oggi sollecitato sia da forze interne che dagli Stati Uniti, a procedere al riarmo per dare uno sfogo-volano ad una produzione industriale in difficoltà di esportazione (altra eventuale parità verso L'URSS) e) situazione del Medio Oriente in cui, a partire dal 1977, si è esclusa dalla cogestione della crisi L'URSS con esiti ormai ben noti. E' uno strappo al sistema fondato negli anni '60 e si rivela incapace di dar soluzione alle questioni tragiche dell'area.
Consegue a tale situazione che: a) il multipolarismo si esprime sempre più dentro le strutture di blocco più rigide per cui, se non si produce una distensione, non si vede neppure come si potrà andare avanti per la Polonia, per la Francia e per la Grecia (non dimentichiamo che in Grecia il golpe ci fu già). E' necessario dare sfogo a certe tendenze dentro una struttura nuova b) rimane ferma la necessità di una cooperazione economica che dura malgrado le crisi politiche c) il riarmo supera le possibilità di tenuta economica di tutti i sistemi compreso quello americano d) appaiono inquinati tutti i dati sulle quantità degli armamenti. Le fonti sono diverse e si contrappongono. Non c'è dubbio che se il problema non si risolve nella "ragioneria" delle armi, su questa si basano le scelte. A fronte &gli SS-20 sovietici c'é una sproporzione di risposta priva di senso che va riaffermata anche se ciò espone ad ingiurie manichee e) la tendenza all'intervento diretto può diventare preminente ed è già in atto. Afghanistan e Salvador sono solo i segni più evidenti di questa tendenza f) la crisi del gruppo degli Stati non allineati provoca immensi spazi vuoti che rendono ancora più labile la frontiera tra i blocchi; ciò rinvia ad una impostazione nuova e corretta del rapporto nord-sud g) punto di crisi rilevante è la Germania ove pare si scarichino tensioni latenti e ragioni antiche di supremazia continentale. La Germania investita dall'Ostpolitik puntava ad un "protettorato militare americano e sovietico", avendo in vista una riunificazione di fatto (Brandt). Con Schmidt è nata la tendenza a dare voce anche politica alla Germania tendenza all'interno della quale si colloca il dibattito sulle armi di teatro e in particolare sugli euromissili h) il Salt 2 non viene ratificato dagli Stati Uniti che bloccano così l'apertura del Salt 3 e la Connessa conferenza paneuropea sul disarmo in cui Bonn avrebbe acquisito un nuovo ruolo. Le vicende monetarie dollaro marco confermano questo drammatico contenzioso.
In questo complesso di crisi, la politica di riarmo è un non senso.
Avendo superato il "livello di guardia" di dissuasione (fino al 1990 e forse oltre i sottomarini e gli aerei strategici sono sufficienti: il resto rientra nell'overkill, cioè nella capacità di uccidere più volte) si determina una situazione paradossale.
Non si accetta, infatti, una crescita zero degli armamenti, proposte che provengono da una serie di organizzazioni cattoliche (di cui sono esempio il Salt 1 e 2) mentre si accetta una crescita zero economica generale o, forse, sotto zero, ove si assuma che la spesa per gli armamenti, nelle proporzioni attuali, è puro spreco. Si tratta di un investimento senza profitto anche da un punto di vista capitalistico. Il profitto potrebbe essere una guerra vinta. Ma pare che tutti concordino nel dire che la guerra vinta è concetto astratto e irreale, appartenente alla fase storica chiusa con Hiroshima e Nagasaki.
Il rilancio di una cultura di pace si pone come prioritario assoluto.
Il rilancio di iniziativa politica, per trovare ed usare gli strumenti di pace, è urgente.
Non si vuole una dichiarazione astratta e moralistica di pace.
Ecco perché credo sia importante sottolineare come venga avanti una piattaforma nell'area cattolica che investe una serie notevole di organizzazioni, che prima di tutto contengono un approfondimento della morale della pace, un'elaborazione di una cultura di pace che opera anche nel campo dell'istruzione a partire da quella elementare ove si inizia l'incubazione della virtù bellica come valore preminente.
In concreto chiediamo: ristabilire il carattere negoziale e politico dei rapporti internazionali. La politica mai come oggi si rivela alternativa alla guerra per differenza di metodi e di risultati possibili che il nostro Governo fermi il rialzo della spesa militare (1981: aumento del 29%; 1982: 33%) senza una valutazione dei pericoli veri e dell'utilità dello stesso la fine del segreto politico - militare sul commercio delle armi per sottoporlo a controllo pubblico in linea pregiudiziale il blocco di ogni esecuzione di applicazione di riarmo NATO sul nostro suolo finché non siano adempiute tutte le condizioni negoziali già previste e non rispettate una ridefinizione non solo militare ma civile dei rapporti nell'area de Mediterraneo un'azione incisiva a Madrid che insista su quelle condizioni di cooperazione umanitaria del III Paniere di Helsinki che non riguarda i soli diritti umani, ma iniziative comuni sul terreno culturale (scuola informazione, sanità, professioni, editoria, ecc.) un impegno maggiore per il Terzo Mondo e una diminuzione, almeno simbolica, della spesa militare, senza procedere sull'incremento previsto che porta la spesa, oggi, a più di 10 mila miliardi di lire.
E' bene esaurire tutte le possibilità positive degli accordi esistenti per giungere ad una trattativa tra tutti i membri del Patto Atlantico e del Patto di Varsavia. In or dine a ciò andrebbero attentamente valutate le possibili conseguenze sia dell'uscita della Grecia dalla NATO che dell'ingresso della Spagna, anche in rapporto all'esigenza di mantenere intatta la possibilità di mandare avanti processi progressisti nell'Est come quello polacco, che solo in un quadro di fiducia può evitare un peggio da tutti temuto.
Voglio terminare facendo una proposta. Sarebbe importante che la Regione Piemonte si facesse carico dell'indizione di un'assemblea sulla pace e sul disarmo, nella quale possono trovare voce e confronto tutte le organizzazioni, tutte le espressioni presenti nella società politica civile, culturale, religiosa del nostro Paese, cioè una messa a disposizione, di un luogo di confronto dove tutte le posizioni nel massimo della correttezza possono avere la possibilità di Espressione, possono trovare in qualche modo voce, possono essere valutate per lo spirito che h anima al di là delle differenziazioni che nel concreto si possono individuare.
Nel raccogliere un'affermazione che facevo all'inizio, mi chiedo: pensiamo che le marce della pace siano strumentalizzate da qualcuno? Si pu pensare di fronte al grande movimento dei giovani che gli stessi si possano ricondurre sotto un'unica bandiera, sotto un unico simbolo? Per la concezione che abbiamo della democrazia dobbiamo valutare l'importanza di queste marce, il loro contenuto democratico e il senso di speranza. Non solo la manifestazione di Torino, ma anche la manifestazione di Roma hanno dato il senso della partecipazione, che è stato falsato dai grandi mezzi di informazione: un corteo di giovani così immenso che pareva non potesse finire tanta era la folla presente, tante erano le diverse rappresentanze. Qui sta la positività del movimento, nella sua articolazione, nella sua capacità di confronto, senza strumentalismi. Le forze politiche e le istituzioni si debbono fare carico di questi problemi non per strumentalizzarli, ma per mettere dentro questo movimento il meglio di loro stesse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a nostro avviso questo dibattito è nato e si è andato sviluppando secondo un'errata ed equivoca impostazione, un'impostazione falsa che minaccia di farlo approdare a conclusioni distorti, fuorvianti e che, pertanto, in apertura di intervento, noi dobbiamo subito fermamente respingere. Avendo infatti voluto intitolarlo "ai problemi del disarmo e della pace" esso tende in modo preconcetto, in modo aprioristico a stabilire una correlazione tra i termini "disarmo" e "pace", quasi che l'uno, il disarmo, fosse premessa e condizione indispensabile dell'altra, la pace; e viceversa.
Ma l'equazione tace uguale disarmo è in realtà, come dimostreremo, una falsa equazione, buona soltanto a favorire ingenui oppure strumentali equivoci.
Contro questa forzata identità dei due termini, forzata identità che fatalmente porta a concludere nel Pacifismo e quindi nel neutralismo vogliamo prendere posizione attraverso un ragionamento chiaro nelle argomentazioni, quanto fermo nei principi.
In verità noi, al pari di altri che ci hanno preceduto, non ci sentiamo secondi a nessuno nel volere la pace: e del resto soltanto un pazzoide o un mentecatto oggi potrebbe pensare e parlare in modo diverso.
Per la pace intendiamo anche operare, senza però intrupparci nelle varie marce, tanto ricordate e da qua che tempo venute alla moda, ma auspicando ed anche impegnandoci perché abbiano ad essere salvaguardate le condizioni sufficienti, le condizioni necessarie ad assicurarla sul serio.
Quali sono queste condizioni inderogabili? Sono l'equilibrio delle forze in campo e la sicurezza di tutti e di ciascuno. Senza equilibrio delle forze in campo la pace, lungi dall'essere garantita, è in grave pericolo, perché chi detiene o ritiene di detenere la superiorità pu essere indotto a sfruttarla.
E' quindi inevitabile che la rincorsa agli armamenti sia illimitata e che le conseguenze si facciano ogni giorno più pesantemente avvertire.
In altre parole noi affermiamo che unico fondamento per una vera autentica politica di pace, sono l'equilibrio e la sicurezza e che sicurezza ed equilibrio non possono non poggiare sulla reale parità delle forze in campo. Ecco dunque rovesciata l'equazione pace uguale disarmo, che abbiamo già detto essere falsamente impostata nonché generatrice di folli illusioni o, peggio ancora, di tragiche confusioni.
Orbene, due schieramenti si fronteggiano oggi nel Mondo e in Europa: il blocco occidentale ed il blocco sovietico.
Noi, Italia, abbiamo liberamente accettato Con atto sovrano del nostro Parlamento di stare con l'occidente ed è stata non una scelta fra un sistema militare ed un altro, fra una strategia ed un'altra, fra una tattica ed un'altra, fra un ordigno di morte ed un altro. E' stata invece almeno così l'ha intesa il MSI, una scelta di campo, una scelta di civiltà una scelta che ci fa preferire in modo irreversibile di vivere da uomini liberi in questa parte dell'Europa, in questa parte del mondo con tutti i suoi difetti, con tutti i suoi errori, con tutte le sue colpe, con tutte le sue ingiustizie, piuttosto che cedere una parte, anche minima, del nostro essere liberi al dominio del sistema comunista.
Ma, riprendendo il filo del nostro discorso, nei due schieramenti che si fronteggiano, l'equilibrio delle forze sul teatro europeo oggi è fortemente sbilanciato a vantaggio del blocco sovietico, sia nel campo delle armi convenzionali, sia nel campo nucleare tattico.
E' stata ricordata la marcia della pace che si è svolta a Roma, sono state ricordate le numerose altre manifestazioni che hanno avuto come teatro di svolgimento Londra, Bruxelles, Parigi e per le quali l'"Unità" il "Manifesto", la "Repubblica" hanno tanto gioito, mentre invece non ha potuto farlo il "Corriere della Sera" che proprio in coincidenza con la marcia di Roma, era in sciopero.
Chi ha organizzato queste marce? A noi non interessa tanto stabilirlo.
Se volessimo tentare un'individuazione semplicistica, diremmo che parlano a sufficienza i cartelli, gli slogans, i discorsi che in quelle marce sono stati inalberati o sono stati detti.
Ci interessa invece rilevare, e non possiamo fare a meno di dirlo, che in nessun cartello, in nessuno slogan, in nessun discorso abbiamo sentito dire, ad esempio, che i bilanci militari della NATO non superano il 6% del prodotto nazionale lordo contro il 20% del bilancio sovietico. Che L'URSS produce quattro volte più missili dell'occidente, tre volte più navi da guerra, due volte più aerei da combattimento. Che il Patto di Varsavia dispone di 50 mila carri armati, contro i 10 mila della NATO, che già 200 SS-20 sovietici con gittata di 5 mila chilometri, e ciascuno con tre testate nucleari, sono in postazione verso l'Europa, mentre i Pershing 2 e i Cruise della NATO devono ancora essere installati e lo saranno solo fra qualche anno. Lasciamo perdere che i marciatori siano scesi in campo soltanto ora, cioè siano rimasti in poltrona quando era la Russia a rompere a proprio favore gli equilibri con un poderoso Programma di riarmo.
Diciamo, invece, per restare entro i limiti della tesi che ci siamo proposti di sostenere, che la pace oggi è in pericolo per questa situazione squilibrata e che occorre, dunque, per preservarla il riequilibrio delle forze in campo.
L'attuale superiorità convenzionale e tattica dell'URSS in Europa la paghiamo tutti in termini di condizionamento e quindi di libertà. Con noi la pagano gli afghani invasi i quali constatano che l'occidente, in ragione della propria relativa vulnerabilità, non può dissuadere i sovietici; la pagano i polacchi, ridotti a sovranità limitata; la pagano gli eritrei e tutti i popoli aggrediti dalla sovversione, diretta o indiretta dell'espansionismo comunista. Per annullare lo squilibrio la NATO ha deciso l'installazione in Europa dei missili Pershing 2 e Cruise e no i siamo apertamente favorevoli a questa decisione, così come siamo apertamente favorevoli all'assemblaggio della bomba N, in quanto fermamente convinti che soltanto in questo modo l'equilibrio possa essere ristabilito e che la pace in Europa abbia a risultare più sicura.
Ecco perché sosteniamo il diritto-dovere degli europei e quindi degli italiani di non cedere alle insidie pacifiste, alle insidie neutraliste alle insidie terza-forziste che le varie marce di Roma o di Parigi o di Londra o di Bruxelles sono andate propagandando; sosteniamo invece il dovere degli europei e quindi degli italiani di rafforzarsi a livello nucleare e convenzionale per evitare che i loro territori diventino teatro di quella guerra che l'URSS scatenerà soltanto se continuerà ad avere la superiorità in tutti i settori militari.
Questo noi consideriamo essere l'imperativo morale del momento, per l'Europa e per l'Italia non disarmare ma, al contrario, difendere la pace attraverso il riarmo militare e soprattutto ideale.
Diceva, nel corso di un intervento da noi attentamente seguito, il Consigliere Revelli che bisogna porsi, sul piano della cultura e della pace, domande rivolte ad individuare fatti nuovi che possono sorgere.
Allora noi, dal nostro punto di vista, sentiamo di doverci chiedere se sia oltranzismo atlantico il nostro oppure no. E crediamo di potere rispondere che non di oltranzismo atlantico si tratti, ma di semplice realismo.
Realismo cinico, se volete, ma adeguato sicuramente e necessariamente alla realtà del mondo in cui viviamo. Certo, non ci fa piacere - ed è l'ultima considerazione che vorremmo qui svolgere - apprendere che nel Mediterraneo, alle porte di casa nostra, ad arginare ciò che di drammatico sta accadendo, vi siano solo i piloti ed i missili americani. Ma di chi è la colpa di questo Processo? Di questo pauroso vuoto? Noi, e come noi grosso modo tutti gli europei, siamo impediti di portare armi nostre, ma al tempo stesso non possiamo scrollarci ci dosso tutto il peso delle armi degli altri. Passa attraverso questa linea la nostra libertà; la nostra vita stessa; è amaro ma è soltanto così, e così sarà, dobbiamo convincerci tutti di questo, finché coraggiosamente vivendo questa dura realtà, con la dovuta dignità accettandone i sacrifici ed apprendendone la pesante lezione che ne deriva, non avremo tutti trovato l'orgoglio di essere anche noi almeno come Comunità Economica Europea, almeno come Europa, una grande potenza nel significato ampio e concreto di questo termine.
Dobbiamo da ultimo dichiarare, a fronte degli ordini del giorno che sono stati presentati, che il nostro Gruppo esprimerà voto contrario a tutti i documenti portati alla nostra attenzione. Lo farà ovviamente con una gradualità e secondo sfumature diverse. Così, ad esempio, dirà "no" per una chiara impostazione politica all'ordine del giorno del PDUP, e dirà "no", ma semplicemente perché non ritiene credibile la proposta, all'ordine del giorno liberale, che suggerisce di inviare una delegazione di giovani piemontesi nelle capitali della NATO e del Patto di Varsavia.
Se si dovesse votare anche sulla mozione D.C. relativa al XX anniversario di Amnesty International, esprimeremmo in merito a questo documento un voto di astensione perché non ci sentiamo di condividere il vivo apprezzamento a cui la mozione fa cenno. In più di un'occasione infatti, abbiamo dovuto rilevare come gli interventi di Amnesty International, forse travalicando gli stessi principi fondamentali della sua carta statutaria, siano stati a senso unico. Per questo non crediamo possibile concludere con i firmatari della mozione che Amnesty International abbia sempre agito al di fuori di preconcette posizioni ideologiche e politiche.
Da qui l'a nostra perplessità critica, che tradurremo come detto in un voto di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Cercherò di tenermi in tempi sufficientemente ristretti anche se i temi della guerra, del disarmo e della pace e i rapporti tra gli stati e i popoli sono temi su cui da sempre l'umanità riflette con posizioni anche diametralmente opposte, a partire dai Pacifisti estremi a coloro che propagandano la guerra come strumento di risoluzione dei rapporti internazionali. C'è il vecchio detto. "se vuoi la pace prepara la guerra".
Volevo riprendere una frase che ho trovato alla voce "guerra" nell'"Enciclopedia" Diderot e d'Alembert, ma mi hanno detto che qui si fa politica e non si fa cultura. Mi I piaceva riprenderla, intanto perché è opera di una delle più alte espressioni del pensiero laico-illuministico su questo I sono abbastanza vicino al Consigliere Viglione - dice che "rifiuta ogni forma di fideismo e manicheismo in cui si denuncia da un lato l'intreccio economico e militare (purtroppo le decisioni degli Stati sono condizionate da un intreccio di lobbie, di gruppi di pressione all'interno dei singoli Stati fra Militari e aspetti dell'industria pesante) e dall'altro porta miseria fra i popoli che invece dovrebbero stringere i legami di un'amicizia già fin troppo debole e non invece troncarli".
E' per questo che non siamo d'accordo con chi ha una visione manichea delle cose del mondo, Spartito tra buoni e cattivi.
A nostre, avviso, tutti debbono lavorare insieme per evitare di innescare la miccia di una guerra.
La situazione internazionale ha, in questi ultimi tempi, subito un grave deterioramento. Sono stati fatti ampi riferimenti a una serie di realtà internazionali che vanno da quella dell'Afghanistan, alla guerra tra l'Iran e l'Iraq, al Medio Oriente, alla Polonia, al Corno d'Africa. Credo che l'elenco del sostanziale tradimento della politica di distensione potrebbe continuare.
Viene spontanea la constatazione che all'idea forse più diffusa che reale, dell'esistenza di una politica, di distensione tra le due super potenze che sembrò permeare la vita internazionale negli anni '60/70, si va via via diffondendo, non solo a livello dei Governi ma anche dell'opinione pubblica europea, il timore di un'escalation nucleare e no, portata fino alle estreme conseguenze e tali da creare nella stessa Europa presupposti di un potenziale conflitto.
Che il cosiddetto periodo, di distensione sia stato un periodo di disarmo è comunque opinione ormai rivelatasi errata. Si deve anzi ricavare dalle cifre, pur discordanti, che gli internazionalisti ricavano dai bilanci resi pubblici dai singoli Stati e da, altre fonti che vi è una tendenza irreversibile all'aumento della dotazione di armi. L'ultimo rapporto dell'Istituto di Studi Strategici di Londra è abbastanza rivelatore al riguardo. Ma su questo non mi voglio soffermare.
E' inutile sottolineare quali migliori usi sarebbero pensabili per l'investimento di queste risorse: combattere la fame, migliorare la sanità la ricerca scientifica, l'istruzione ecc.
Non è vero che il disgelo abbia raggiunto quei risultati che, forse con eccesso di ottimismo, ci si attendeva.
Ora che il nucleare è alla portata di quasi tutte le Nazioni, tragico olocausto di cui noi europei faremo le spese maggiori, rimane pur sempre da tentare la via che il Presidente dell'Internazionale Socialista, Brandt ha chiamato "intelligente cooperazione e di percezione degli interessi comuni tra i popoli, allo scopo di creare per noi e le generazioni future un mondo di equilibri ragionevoli".
Come ciò sia possibile farsi è la più grave ed immediata questione a cui questa Europa, che neppure al suo interno, purtroppo, sa trovare una cooperazione, è chiamata a dibattere.
L'Europa sembra in bilico tra due tensioni: da una parte il timore di fronte all'espansionismo ma i arrestato dell'URSS; timore generato anche dalla coscienza delle carenze difensive c i cui gode l'Europa contro il pericolo rappresentato dagli SS-20 su di essa puntati; dall'altra una spinta ideale - cui non sono indifferenti uomini di cultura, politici religiosi e scienziati - alla pace, alla smilitarizzazione e al disarmo immediato.
In quest'ultimo contesto deve porsi l'intervento di Willy Brandt col rapporto tenuto all'Internazionale Socialista di Madrid, in cui angosciosamente sono manifestate le preoccupazioni per un futuro dell'umanità carico di incertezze e minacce, la cui maggior causa è la divisione del mondo in due blocchi contrapposti e inamovibili che rende attuale il rischio di un pericoloso confronto nucleare.
Tali prospettive drammatiche per il nostro Paese e, per l'Europa non possono che rafforzarci nell'idea che chiunque abbia modo di dar risonanza alle proprie parole in assemblee, in gruppi o in organizzazioni ha il dovere di adoprarsi per indicare la via che ritiene più efficace per mantenere la pace nei paesi che vivono in essa e per raggiungerla nei paesi in cui si combatte, sia contro aggressori esterni, sia in guerre civili alimentate da Nazioni che perseguono logiche di spartizione del mondo.
Quale sia la via da percorrere per giungere ad una pace che non sia sacrificio della libertà dei popoli e il ruolo che l'Europa deve avere in questa questione costituiscono dunque il punto fondamentale da risolvere.
Non si ritiene da parte nostra che possa essere perseguita utilmente una via del tutto neutrale ed estranea rispetto ai due schieramenti di alleanze.
Le alleanze in cui da decenni la nostra Nazione si è impegnata vanno e devono essere rispettate. La nostra partecipazione alla Nato, che per altri può essere messa in discussione, è per noi chiaramente un punto fermo.
Da questo riferimento inamovibile partiamo per affermare che in questo schieramento l'Europa non deve avere ruolo secondario, non deve sottrarsi ai suoi obblighi nei confronti degli alleati, ma che i governi delle Nazioni che la compongono non devono lasciare nulla di intentato per avviare al più presto trattative internazionali che conducano, da una parte, al disarmo bilaterale e contro lato e, dall'altra, alla soluzione pacifici delle tensioni che alimentano nel mondo focolai di guerra.
Occorre poi far comprendere a coloro che reggono le sorti delle Nazioni che ricercare la pace significa intanto assumere credibilità in campo internazionale e impegnarsi al rispetto dei patti sottoscritti, e ci perché, permanendo una situazione in cui gli accordi vengono sistematicamente violati e creandosi un giustificato sentimento di sfiducia reciproca, tali accordi non avranno mai alcuna utile funzione.
Occorre inoltre che i chiarisca che il concetto di pace, che qui si richiama, non può assolutamente corrispondere ad una pace senza libertà una pace per sottomissione. Per tale motivo quelle Nazioni, come l'URSS che, gabellando invasioni per guerra di liberazione non possono chiedere all'Europa, che ha frontiere così vaste con essa, di essere completamente disarmata e di non consentire neppure all'installazione di apparati difensivi.
Quanto a controllare che gli apparati difensivi non diventino strumento di offesa, affermiamo che questo è un altro compito da perseguire per quell'Europa autorevole di cui si è fin qui parlato. Non ci nascondiamo infatti la possibilità che negli USA possano attualmente esserci i germi di una politica che tenda a un bipolarismo opprimente URSS/USA (ne è sintomo il caso del Salvador) ed è infatti per spezzare questa evenienza e rendere la vita internazionale più articolata che l'Europa, pur nel rispetto dell'Alleanza Atlantica e facendosi carico degli impegni che essa comporta deve trovare un podio dignitoso da cui parlare.
In questo quadro vi sono le ultime vicende che chiedono un approfondimento.
Noi diciamo che, rispetto a coloro i quali, forse in modo strumentale hanno voluto ricondurre questo dibattito ai tempi di agosto, a Bologna per intenderci, vi sono situazioni nuove, che hanno caratterizzato diversamente il dibattito sulla pace e sul disarmo.
Intanto, dobbiamo dare atto di un diverso atteggiamento che si è venuto delineando da parte del Partito comunista il quale ha anche condannato apertamente, attraverso interventi di autorevoli esponenti, la politica Imperialistica che in alcuni casi si è manifestata nell'Unione Sovietica dice Berlinguer: i "abbiamo da tempo rilevato, come per la crisi del processo di distensione vi siano responsabilità anche dell'Unione Sovietica".
Specie sui temi internazionali le differenze tira noi socialdemocratici e i comunisti sono più profonde sia per ciò che attiene la fedeltà alla NATO, e l'atlantismo, per la condanna decisa e immediata delle varie invasioni di cui l'Unione Sovietica si è resa responsabile, per la politica di riarmo talora perseguita per la nostra chiara scelta occidentale. Su questi temi non vi è convergenza fra i due partiti. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere al PCI lo sforzo e l'impegnò per assumere una posizione autonoma i e di crescente distacco dall'Unione Sovietica.
Credo che non giovi, in particolare alle forze laiche e socialiste, il voler soffocare il dibattito entro il Partito comunista o che giovi soltanto a chi trae vantaggio da un Partito comunista tutto filo-sovietico ed emarginato in un'ottica di bipolarismo ferreo, il voler nascondere queste prime e incoraggianti aperture.
Un altro fatto di cui occorre tener conto è quello del rilievo e dell'importanza assunta dalle manifestazioni pacifiste che hanno dimostrato come la gente si sia rivoltata ai sofismi strategici, alle battaglie di formule ideologiche in nome della paura e della guerra.
Credo che occorra comprendere questo movimento perché, se mai vi è stato un momento in cui la gente si è sentita europea e soltanto europea, è questo che stiamo vivendo. Ciò vuol dire anche che il pericolo della guerra era forse diventato veramente attuale e che le logiche imperiali e imperialistiche erano emerse con tutta la loro terribilità.
Possiamo riconoscere che nelle manifestazioni avvenute in Italia forse vi era un prevalere di slogans contro gli Stati Uniti e rispetto per l'Unione Sovietica; questo è un difetto che in altre manifestazioni è stato meno evidente e questo è un limite di queste manifestazioni. In ogni caso noi crediamo che non si possa non riconoscere la vitalità delle organizzazioni pacifiche, il loro contributo, quando è privo di intendimenti di parte. Ma altri due fatti sono avvenuti da agosto ad che ci debbono far riflettere. Intanto l'intervento di Reagan attorno al ribadire l'aspetto della risposta flessibile all'interno dell'alleanza NATO.
Reagan ha dichiarato testualmente: "Posso benissimo concepire una situazione in cui l'uso di armi tattiche contro eserciti sul campo non indurrebbe le superpotenze a spingere il bottone, ventilando la possibilità di un conflitto nucleare limitato all'Europa, e dal quale gli USA si terrebbero alla larga".
Siamo d'accordo con chi ha definito l'affermazione una gaffe.
Nessuno può disconoscere che la teoria della risposta flessibile è parte di alcuni trattati, ma l'errore compiuto dal Presidente americano è in particolare psicologico nel momento in cui pretende di avviare i programmi per la bomba al neutrone e chiede il rispetto degli accordi NATO del '79 per l'installazione dei missili Cruise, per altro impegno che l'Italia e il Governo italiano stanno onorevolmente adempiendo.
Riteniamo che sul piano psicologico Reagan abbia dimostrato di non conoscere a fondo l'Europa e la cultura europea. E' ovvio che noi riconosciamo e riconfermiamo la validità della scelta NATO nella quale vi è compresa la scelta della risposta flessibile, però diciamo che questa va intesa come strategia di dissuasione e dunque come strategia di prevenzione del- la guerra. Questo vuoi che siamo per una piena politica di negoziato.
Vi è l'altro aspetto recente che occorre ricordare se vogliamo dare attualità al dibattito, quello dell'affermazione dell'opzione zero. I Paesi europei, a nostro avviso, hanno ottenuto un risultato altamente positivo perché finalmente hanno dimostrato un po' più di grinta, anche Sulla spinta dei movimenti pacifisti, un risultato ottenuto in Scozia, per l'elaborazione degli obiettivi finali del negoziato tra Stati Uliti e Unione Sovietica, sul controllo e sulla limitazione delle armi nucleari o strategici e che inizierà il 30 novembre.
Ha vinto l'Europa a nostro avviso, con un documento che dice che "il livello zero sulla base della reciprocità, resta un'opzione possibile nelle circostanze ideali", cioè la rinuncia ad installare 572 euro-missili della NATO in cambio dello smantellamento degli SS-20 sovietici, di cui 180 sono già puntati contro obiettivi europei.
Sul piano politico l'allusione all'opzione zero è importante, perch dimostra disponibilità dell'America a condurre negoziati con Mosca in collaborazione con gli alleati.
Noi ovviamente auspichiamo che il negoziato porti alla riduzione e non solo al controllo e alla limitazione delle armi di teatro, invitando gli Stati Uniti a perseguire la strategia della deterrenza e non a ricalcare una superiorità pacifica.
Comunque, riaffermiamo e ribadiamo l'importanza della politica del negoziato.
Ultimo aspetto: legami tra il disarmo, tra la pace e la politica di sviluppo. Il riferimento alla riunione di Cancun è ovvio, dove assieme al confronto fra est ed ovest vi era il contrasto nord-sud, aspetti tra loro collegati poiché il conflitto tra i due blocchi militari, a nostro avviso può essere esasperato, scongiurato a seconda delle soluzioni che saranno trovate per la spaccatura che divide il mondo industriale da quello sottosviluppato.
Cancun non ha certo seguito risultati eclatanti, è stato avviato senza un ordine del giorno preciso, senza una risoluzione significativa, con molta verbosità.
Eppure le premesse erano buone, nasceva dal rapporto Brandt su nord-sud come un programma per la sopravvivenza, ma l'assenza dell'Unione Sovietica è stato il primo e a nostro avviso il più grave colpo non giustificabile con l'affermazione contenuta nel documento ufficiale che "i rapporti nord sud non riguardano i paesi socialisti in quanto sono i paesi capitalistici quelli che devono pagare i debiti ai paesi derubati del Terzo Mondo".
Questo è un comunicato che non fa onore all'internazionalismo proletario; la solidarietà fraterna avviene in altri casi.
Siamo da sempre il Partito della pace.
Sono d'accordo con Viglione nel respingere certe affermazioni di Montefalchesi. Ho il titolo del rapporto Brandt dove si dice che il Partito socialista è il partito mondiale della pace e della libertà negli anni '80.
Per questo motivo la nostra meta principale è quella ci usare tutta la nostra influenza per evitare che le grandi potenze proseguano la corsa agli armamenti su scala internazionale, aiutare a superare la fame nel mondo.
Occorrono gli sforzi di tutti, questi sforzi noi li facciamo collaborando e rivalizzando con i non alleati.
La cooperazione regionale può sperare in un futuro promettente solo se si appoggia sulla ferma volontà di esplorare e concentrare le risorse di cui si dispone.
Non dubitiamo dell'importanza del ruolo delle superpotenze nei progressi del processo di distensione, tuttavia rifiutiamo di accettare la divisione del mondo in due blocchi opposti e inamovibili e con essa il rischio di un pericoloso confronto globale.
L'atmosfera negativa che sta circondando i problemi del rapporto nord sud si fa sentire con particolare acutezza. Per i rapporti est-ovest i passi non sono andati molto avanti nello sforzo per controllare gli armamenti. In particolare Helsinki mostra tutte le sue difficoltà di concretezza. L'eccessivo zelo terminologico, il massimalismo semantico accompagnato da Compromessi verbali dei quali l'atto finale di Helsinki era carico possono aver creato illusioni che erano condannate ad essere frustrate e senza dubbio, nessuno può sperare seriamente che un fascio di documenti Sulla pace sia pari alla nobiltà delle intenzioni e possa disperdere una volta per sempre tante radicate differenze ideologiche.
Riteniamo che l'Europa possa ancora giocare una carta se riconoscerà le sue responsabilità e coglierà le opportunità che le si offrono; non è sostenere una posizione neutralista, però occorre che da parte dell'Europa ci sia una maggior assunzione di responsabilità di fronte ai più gravi problemi del mondo. In concreto e sinteticamente proponiamo, come aspetti operativi, intanto un ruolo più marcato del Piemonte per accrescere il ruolo dell'Europa, per una politica di disarmo e di pace e iniziative per una serie di incontri e conferenze da parte della Regione Piemonte con i Nobel, o con alcuni fra i più significativi Nobel della pace, che si stabiliscano dei rapporti con il Ministero degli Esteri, l'Università degli studi per avere la possibilità di istituire un istituto per gli studi militari e strategici perché, ancora una volta, dal dibattito emerge la necessità di maggiore conoscenza e informazione per affrontare seriamente e oggettivamente il problema del disarmo e della pace.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola alla collega Vetrino.



VETRINO Bianca

Confesso il mio imbarazzo nel prendere la parola a quest'ora della sera soprattutto perché, non essendo presentatrice di alcun ordine del giorno e trovandomi di fronte a cinque ordini del giorno, credo addirittura di non aver titolo per prendere la parola. Tuttavia, per farmi perdonare questa carenza, sarò assai breve, anche se auspico che alla fine di questa seduta quella coralità o quell'Unità più volte invocata con toni diversi in questi dibattiti, venga almeno esaltata in una sintesi e trovi quindi conferma in un ordine del giorno possibilmente unitario.
Soprattutto alla fine di questo dibattito credo che la portata del contributo che noi, quali rappresentanti politici del Piemonte, possiamo dare al problema della pace non va equivocato. La vastità e la complessità di questo gravoso interrogativo sono quotidianamente oggetto di discussioni, di vertici, di congressi, di riunioni a livello mondiale tali da renderci impotenti di fronte ad ogni effettiva decisione. Il nostro intendimento quindi non poteva avere (e così ha fatto il Consiglio) come scopo che quello di un momento di riflessione su quanto accade.
Il periodo storico di pace, relativo ma sostanzialmente positivo che stiamo attraversando in Europa, è fra i più lunghi che possiamo ricordare.
Per contro le grandi capitali europee vengono invase in questi mesi da migliaia di persone che sfilano, marciano, espongono cartelli, pronunciano discorsi di pace, appoggiano la distensione, il disarmo, la fratellanza, in un miscuglio di obiettivi politici, una offensiva propagandistica sulla pace, organizzata dai movimenti più diversi.
Anche se questo movimento di opinione non va sottovalutato, poich evidenzia una Europa tormentata e dubbiosa, in concreto però la situazione politica europea si presenta in termini diversi da quanto viene propagandato.
Il radicato senso pacifista si basa sulla tesi secondo la quale i popoli dell'Europa occidentale possono bloccare l'installazione dei missili Pershing e Cruise, decisa dai Governi e dai Parlamenti, e l'Italia ha fatto una dichiarazione nel dicembre '79 che tale installazione è pericolosa per la pace, che bisogna puntare al riequilibrio fra le due superpotenze non già ripristinando la parità sulla scacchiera europea, bensì sperando che l'Unione Sovietica, di sua spontanea volontà, decida lo smantellamento degli SS-20 puntati contro i Paesi dell'Europa occidentale.
Il nostro Paese e per voce sua il Governo, ha fatto le sue scelte scelte che non sono piacevoli per nessuno, ma che in questo momento sono le uniche in grado di garantirci un futuro.
Per sintetizzare queste scelte e queste tesi del Governo sottolineiamo: a) l'equilibrio militare complessivo tra Nato e Patto di Varsavia è stato rotto unilateralmente dall'Unione Sovietica con un eccezionale potenziamento dell'armamento nucleare tattico e, soprattutto, con l'installazione dei missili SS-20 puntati sull'Europa b) la rottura dell'equilibrio è, essa, una minaccia per la pace; lo dimostra anche l'atteggiamento aggressivo che l'Unione Sovietica ha assunto negli ultimi dieci anni (Afghanistan, Corno l'Africa, Indocina) in concomitanza con una accentuata politica di riarmo c) le decisioni adottate dai Paesi Nato per il riequilibrio militare, da un canto, garantiscono la sicurezza dei paesi occidentali, dall'altro, aprono la via a seri negoziati per la riduzione bilanciata degli armamenti. Se non vi fosse parità, in effetti, l'Unione Sovietica non si indurrebbe mai a negoziare come dimostra il fatto stesso che oggi i sovietici hanno dimostrato di voler accettare e di trattar(dopo aver negato, per due anni di essere disposti a farlo solo se la Nato avesse revocato la sua decisione sui missili Cruise e Pershirlg.
d) fedeltà atlantica ed integrazione europea, capisaldi della Politica estera del Partito repubblicano italiano, trovano attuazione nei rapporti italiani con gli altri alleati europei dal socialdemocratico Schrmidt al socialista Mitterand, i quali hanno concordato sulla necessità i che l'Europa non rinunci alla sua difesa e che tale difesa si attui innanzitutto con la coscienza di una identità europea più definita e non sempre coincidente con gli interessi americani.
Un moderato passo avanti l'Europa lo ha fatto. L'esperienza acquisita insegna però che la strada da percorrere è ancora molta, che l'unità europea deve acquistare efficacia, che in questa convergenza di opinioni sulla difesa delle istituzioni democratiche potrà avere valore concreto soltanto attraverso la volontà di tutti, con sacrifici politici se necessario. Bisogna seguire una politica unitaria, non deviante e mai confusa, incerta e ottusa.
Il Segretario del PCI Enrico Berlinguer in una intervista rilasciata a "La Repubblica", il 28/7/81 in sintesi diceva: "Noi comunisti italiani possiamo condividere la dichiarazione sugli euro-missili che figura nel programma del nuovo Governo francese. Essa, in sostanza, non chiede che l'America cessi di costruire i suoi Pershing e Cruise, cioè gli euro-missili più moderni che vuole installare in Europa dal 1983. Ma intanto si dia inizio immediato al negoziato per diminuire i missili in Europa, anzi per toglierli completamente e l'Unione Sovietica cessi l'installazione dei suoi SS-20 fin dal momento in cui il negoziato ha inizio".
Non mi stupisco che nel 1959 i comunisti parlassero, come accennava Marchini, in i un modo differente. Tutti abbiamo seguito con molto interesse l'evoluzione in senso democratico e positivo del PCI; piuttosto è un peccato che queste dichiarazioni a volte cozzino con comportamenti diversi o con altre dichiarazioni politiche non così equilibrate.
Abbiamo anche seguito la nascita e la crescita del movimento per la pace che in Piemonte il Consigliere Reburdo porta avanti in prima persona con molto interesse e molta passione . Ho letto con particolare attenzione un articolo di Reburdo su un giornale della mia zona, con un titolo affascinante, "La gente ha paura e chiede pace". Non credo, Reburdo, che i movimenti per la pace vogliano una Europa neutrale.
La parità degli armamenti è la sola premessa per un negoziato serio. E' l'assenza di parità che i determina il neutralismo al di fuori dei Vincoli atlantici e sotto l'ala protettrice dell'Unione Sovietica. Ecco perch l'invasione, seppure pacifica, delle capitali europee acquista dei valori indecifrabili ed è per questo che il nostro partito non partecipa a manifestazioni di questo tipo, come partecipazione ufficiale.
Ieri sera un esponente del PRI intervistato al TG 2 se egli avrebbe partecipato ad una marcia per la pace, ha risposto di sì. Anch'io rispondo sì se mi chiedono se partecipo ad una marcia per la pace, così come dico no se mi chiedono se partecipo ad i una marcia per la guerra. Certo che il desiderio di pace è nel cuore di tutti, ma non dobbiamo solo rispondere alle richieste di Partecipazione alle manifestazioni per la pace, i dobbiamo chiederci se siamo sicuri che le marce della pace avvicinino la comprensione tra i popoli e quindi la pace o non rendano oggettivamente più arduo il compito dei governanti, dei negoziatori, di coloro che a volte sul filo del rasoio si adoperano per abbassare o eliminare il rischio nucleare.
C'é un altro pericolo, ancora più rilevante, in queste iniziative.
Sarebbe drammatico se si affermasse il principio secondo cui la volontà di Pace appartiene alle piazze e ai marciatori, mentre i governi agiscono in senso opposto.
Sicuro e positivo è stato finora il cammino percorso dai governi europei alla ricerca di un equilibrio. Su questa linea penso che dovremmo muoverci.
Vorrei però intervenire espressamente sulle iniziative della Giunta regionale intraprese per solennizzare questa settimana della pace voluta dall'ONU. Intanto vorremmo dire che queste iniziative avrebbero dovuto opportunamente essere annunciate in un contesto istituzionale; Giunta e Consiglio dovrebbero trovare una intesa perché queste iniziative si rivolgono a tutta la comunità. Riteniamo che, al di là di questa partenza forse sbagliata, queste iniziative siano anche valide: i films, i dibattiti e le iniziative annunciate ci vanno bene.
Prendendo spunto da una dichiarazione congiunta del Presidente e del Vicepresidente della Giunta che attraverso questa iniziativa la Giunta ripropone di diffondere una cultura della pace, non ci pare che la cosiddetta "cultura della pace", nella sua genericità sentimentale, finisca per render un pessimo servizio alla causa della pace.
L'unica cultura della pace abbia un senso è quella che approfondisce i termini politici strategici e militari della situazione mondiale e individua le vie e le strade per tornare a politiche equilibrate e distensive; quella invece che individua nell'emozione e nel sentimentalismo gli strumenti per sensibilizzare l'opinione pubblica, non è cultura della pace, anzi, non è nemmeno cultura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Cercherò di limitare il mio intervento per evitare di tediare i colleghi.
Mi pare opportuno riprendere nel quadro delle posizioni delle forze politiche la posizione del nostro Gruppo con particolare riferimento a quelle realtà esterne, del mondo cattolico in particolare, che ci sentiamo di rappresentare, rispetto alle quali non ci troviamo assolutamente né in discordanza né in termini di subordinazione in ordine al tipo di proposta politica.
Vorrei partire da una definizione di Giovanni Paolo II: "promuovere la verità come forza della pace" per dire che, secondo noi, questa è la condizione basilare per porre solide, basi alla costruzione di un nuovo ordine di equilibri mondiali.
L'interesse che i popoli europei hanno a questo tipo di "nuovo ordine di equilibri" deve essere chiaro.
Non si identifica in un'Europa, come componente di un tripolarismo e nell'ambito di un'ambiguità neutralista, che non sarebbe producente né in positivo né in negativo a nessuno degli effetti disastrosi che noi intendiamo condannare, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di garanzia di continuità e di sviluppo dei popoli del mondo.
Noi riteniamo che il nuovo ordine di equilibri non debba essere solo strategico, ma di natura etica, quindi politica, intendendo la politica come la riscoperta di una dimensione etica della convivenza tra gli uomini cosa che purtroppo è ampiamente dimenticata anche da coloro che si fanno paladini del riscatto dell'evoluzione dei popoli.
Anche i concetti di solidarismo e di egualitarismo che sono alla base della politica europea del Terzo Mondo riteniamo debbano essere recuperati in una dimensione della convivenza tra gli uomini che sia di tipo etico e non solo strategico, perché dalla strategia finiremmo per ricadere nelle logiche di contrapposizione delle forze dei blocchi.
E' necessario recuperare la dimensione di tali valutazioni a fronte di questioni sociali che sono sempre più complesse e di strumentalizzazioni ideologiche che continuano ad inquinare Quella stessa cultura della pace che tutti rivendicano, a confondere e a mistificare le condizioni basilari perché anche don si assuma il problema della pace come ennesimo pretesto per utilizzare le ma ;se come strumento di speculazione partitica.
Diciamo chiaramente la nostra posizione rispetto alle manifestazioni che si sono svolte, con tutto il rispetto per coloro che sono scesi in piazza per manifestare la loro emotività, la loro convinzione.
Riteniamo che certo la cultura della pace debba oggi passare attraverso il coinvolgimento e la consapevolezza delle masse, quindi siamo consapevoli di questa dimensione e di questa realtà, ma rifiutiamo il principio purtroppo troppo caro al PCI e ai suoi accoliti che questo oggi possa essere perseguito con lo strumentale ricorso allo slogan, con la massificazione dei consensi, con il conformismo organizzato e con quei cortei che finiscono solo per alimentare faziose polemiche sul disarmo dell'Occidente.
Riteniamo di dover citare quanto detto esplicitamente nel documento unitario delle organizzazioni cristiane nelle quali ci riconosciamo laddove si dice che questo tipo di denuncia non deve essere strumentale a una particolare fase della corsa al riarmo, assumendola come pretesto.
E' quindi strano che nel 1981 si siano attivate tante manifestazioni rispetto ad una fase che, come è già stato ricordato da altri colleghi, in realtà dovrebbe essere valutata con proiezioni storiche, con visioni retrospettive di responsabilità, di errori commessi in una proiezione che va ben al di là della valutazione ci questo autunno.
I comportamenti politici sulle condizioni irrinunciabili perch sussistano sufficienti garanzie di pace nel mondo riteniamo debbano oggi essere valutati non già nella loro astratta accezione sul piano mondiale ma analizzando e constatando quanti popoli oggi nel mondo non sono in grado di autolimitare l'accesso alla guerra perché sono retti da dittature, sono retti da oligarchie militari, da sistemi che di fatto prevedono e prefigurano la guerra come unica possibilità di rivendicazione e sul piano economico e sul piano sociale. Non a caso la stragrande maggioranza di tali dittature opera come diretta emanazione di strutture di potere internazionale che sono ispirate, come cattolici ci Preme sottolinearlo all'ateismo, al marxismo. Non a caso le dittature, apparentemente di segno opposto, mistificano il loro ruolo di riscatto sociale all'insegna dell'anticomunismo, ma comunque e sempre in spregio alla dignità dell'uomo dei diritti civili, dell'autodeterminazione.
E' questo anche il significato e il tipo di attenzione che abbiamo voluto evidenziare al Consiglio regionale, alla comunità piemontese rispetto all'azione che svolge Amnesty International.
Riteniamo sia questa una battaglia reale e concreta Per perseguire obiettivi di pace che non sono assimilabili a nessun altro in termini strategici, in termini di valutazione sugli equilibri, in termini di comportamenti anche diplomatici.
Purtroppo constatiamo che in tutti questi paesi, laddove non esistono questi diritti civili, l'uomo è usato come strumento e non come soggetto, è al servizio di soluzioni Politiche che esprimono radicali forme di ateismo di negazione dei diritti dell'uomo stesso come immagine di Dio.
Costruire la pace come faticoso cammino solo di conciliazione di interessi diversi, di equilibrio tra forze opposte, può essere illusorio se l'autodeterminazione di tutti i popoli, nessuno escluso, non è realizzabile; quindi non è possibile condizionare i sistemi economici, i sistemi politici vigenti ad alcun fondamento morale o verifica che solo le vere democrazie possono assicurare.
E questa doveva essere una constatazione di fondo rispetto a tutte le nostre valutazioni che ci consenta anche di non confondere quelle emanazioni dirette di comportamenti, di strutture politiche e di governo con le emanazioni che sono state anche qui denunciate di strutture economiche, siano esse nazionali, o internazionali, multinazionali, che perseguono effetti di scambi di mercati, legittimi o illegittimi che essi siano che producono di fatto guerra e guerriglie.
Anche questa è una realtà da denunciare ma che, secondo noi, noni va confusa con l'identità propria d'ella capacità dell'autodeterminazione e con la capacità dei popoli di controllare questi effetti negativi dei sistemi economici.
C'è una bella differenza, i e questo è l'altro aspetto che ci preme sottolineare , tra il militarismo organizzato dai sistemi di governo e il militarismo che affiora in alcuni strati dell'opinione pubblica, forse anche in quella americana, ma che non va confusa con l'atteggiamento di governo, con l'atteggiamento che esprime la democrazia in quel paese. Su questo ci sentiamo di prendere le distanze rispetto alle affermazioni che sono contenute rispetto alle quali vorremmo che si chiarisse la differenza sostanziale che può esistere tra un militarismo che di fatto possa emergere come contrasto e come sollecitazione ad assumere da parte del governi o americano posizioni di maggior forza nei confronti dell'Unione Sovietica da un militarismo organizzato e strumentalizzato con chiare finalità organizzative e strumentali rispetto all'influenza dei governi dei pesi del Terzo Mondo, che è tipico dell'imperialismo dell'Unione Sovietica.
Sulla reale possibilità di raggiungere l'obiettivo dell'autodeterminazione dobbiamo valutare purtroppo con realismo, rispetto ai tempi e alle modalità, la capacità di promuovere delle reali condizioni di pace.
Su questa reale possibilità di arrivare a questi obiettivi, con sistemi di governo che tutelino ed esaltino la capacità di promuovere lo sviluppo di colmare le ingiustizie sociali, di esaltare l'uomo e la sua irrinunciabile dignità di persona, su questo tipo di proiezione storica dobbiamo fare le più serie valutazioni e pensare qual è il solco incolmabile che ancora oggi ci divide da questo tipo di obiettivo, quando sappiamo benissimo guai è il numero di paesi e di governi che sono retti con questi sistemi, laddove la prospettiva di un avvio all'autodeterminazione e alla democrazia, è ben lontana.
Su questi temi non vogliamo sostenere che i confronti sulle posizioni di principio siano inconciliabili. Certo, tutti possiamo essere d'accordo sul fatto che determinati obiettivi vanno Perseguiti, che la democrazia va perseguita come unico sistema politico per reggere le sorti dei popoli soprattutto di quelli che sono più emarginati, di quelli che sono attanagliati dalla fame e dall'emarginazione, però i comportamenti sia delle forze politiche, sia dei governi, non possiamo ammettere che siano stati sempre conseguenti e coerenti rispetto agli atteggiamenti che oggi sono di pura rivendicazione di principio. Il non confonderci non vuol dire necessariamente condannare e non vuol dire discriminare, ma, come ho detto non possiamo nemmeno dimenticare.
L'impegno di combattere la guerra, il terrorismo come punta avanzata di un certo sistema di destabilizzazione democratica, che in fondo è la i premessa per creare le condizioni di insofferenza anche nei rapporti internazionali, comincia per noi dalla capacità di far politica.
Rivendichiamo da questo punto di vista non solo la capacità di farla, per di farla e di continuare a farla nel rispetto di valori che abbiamo detto irrinunciabili quali sono la libertà e la democrazia e nella fedeltà anch'essa irrinunciabile, ai contenuti e ai valori che sono stati sempre alla base della nostra azione.



PRESIDENTE

Dalla discussione che si è sviluppata, devo dire che, nonostante le angolazioni diverse e le forti diversità, un fatto lega tutti: il desiderio di pace.
Non so che valore possano avere votazioni diverse su un argomento di questa portata e non so se il mio invito può essere accolto o se parlo salo a: me stesso. Certo, vogliamo veramente h, pace, se crediamo che gli armamenti sono nocivi e se è possibile costruire qualche cosa che non sia una guerra interna, perché anziché parlare di pace in realtà si parla guerra civile nel senso che siamo gente civile. Di fronte all'opinione pubblica piemontese italiana può avere un significato un Consiglio regionale che vota contro la guerra e contro gli armamenti, ma andrei cauto a votare in posizione di divisione interna.
Si sono dette cose che hanno un valore, altre che ne hanno poco. Per l'opinione pubblica conta il dimostrare un atteggiamento serio e sereno su un argomento molto scottante di cui tutti temiamo le conseguenze.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Dal Vicepresidente Picco, abbiamo mutuato il termine coralità e la coralità è espressa nel nostro ordine del giorno.
Il nostro ordine del giorno non è certamente perfetto, d'altra parte negli scontri fra i popoli non vi è mai né perfezione né intuizione dei fatti. Faccio una proposta e vorrei che i colleghi l'accogliessero non perché vogliamo esaltare il nostro documento più di altri, ma perch sarebbe utile riuscire a ricomporre un terreno di unità. Forse il nostro documento ha bisogno di essere rivisto e rimediato.
Quello presentato dal Gruppo ribadisce le stesse nostre tesi, così come quello presentato dai compagni i comunisti, così quello ipotizzato dal Gruppo liberale. Non credo che possa giovare l'introduzione di qualche furberia. Il Segretario Craxi dice che in genere le volpi finiscono per diventare pelliccia. Noi non siamo le volpi e non vogliamo diventare pelliccia, quindi riteniamo che nel nostro documento, come in molte parti degli altri documenti non vi sia nessun elemento di furbizia e nessun tentativo di far apparire cose dette e non dette, che poi possono essere giudicate in un modo o nell'altro. Ci sembra di riprodurre fedelmente le realtà delle cose; pertanto, partendo dal nostro documento, che trova rispondenza in quello della D.C. e in quelli del PCI e di altri Gruppi potremmo fare un'opera alta a favore della pace, come disse il Consigliere Vetrino, i cui interventi soli o sempre di rara intelligenza, e fare in modo che non si esca da questa riunione senza aver tentato di elaborare un ordine del giorno unitario. Offriamo il nostro documento alla meditazione per un suo miglioramento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

In pochi dibattiti c'è stata, al di là delle intenzioni, una sostanziale vicinanza tra i vari documenti. Non abbiamo nessuna difficoltà a adire ad una riunione e a prendere come base di riferimento il documento presentato dai Gruppi socialista e socialdemocratico. Credo anch'io che su un tema del genere sia opportuno esprimere una posizione unitaria del Consiglio regionale. Nei limiti e con il senso di questa dichiarazione il mio Gruppo è d'accordo ad accedere ad un confronto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Credo anch'io che non ci debbano essere furbizie e che ordini del giorno più meno calibrati non debbano prevalere sulle rispettive posizioni.
Sono state illustrate le varie posizioni. Ci sono molte assonanze, ma ci sono anche valutazioni profondamente diverse.
Non vedo che ci sia perfetta assonanza, ad esempio; tra l'ordine del giorno del Gruppo D.C., e quello presentato dal PDUP. C'é invece assonanza tra l'ordine del giorno presentato dalla D.C., e quello presentato dai Gruppi del PSI e del PSDI; c'é una certa assonanza, ma non in ugual misura tra l'ordine del giorno della D.C. e quello del PCI.
Dovendo sintetizzare la sua posizione, il Gruppo D.C., non ha alcuna difficoltà a votare l'ordine del giorno che è stato presentato dai Gruppi PSI e PSDI.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, sui contenuti degli ordini del giorno ci sono molte assonanze ed anche delle originalità.
Il problema è di sapere se vogliamo un ordine del giorno che ratifichi l'operato del Governo o se vogliamo un ordine del giorno che, rispettando le decisioni del Governo e precisando che vi sono forze politiche che hanno collocazioni più o meno sfumate rispetto alle posizioni parlamentari rivendicano alla Regione un ruolo autonomo come istituzione del Piemonte.
Questo vuol dire che si rinuncia a qualche cosa di più che precisi questa collocazione e questo fatto e cioè che si parla alla comunità regionale per sottolineare il fatto che è iniziata una trattativa che c'è una proposta per l'opzione zero nella qual è partiamo da un'analisi diversa.
Dico con grande onestà e franchezza che rispetto la posizione del PSI.
L'opzione che ha fatto il Governo della Repubblica, che ha avuto la maggioranza del Parlamento, dove il mio partito si è differenziato, ha suggerito altre cose che qui sono state ricordate da me e dai Consiglieri Cerchio, Vetrino e Mignone. Non mi scandalizza per nulla se le forze politiche che qui rappresentano la maggioranza centrale sentono un bisogno impellente di dare questo sostegno al Governo, anzi, siamo così laici da capire che ci sono queste differenze. Se invece è una esposizione autonoma sulle novità, sui fatti nuovi, sulla considerazione e sulla preoccupazione allora diventa un modo di rivolgersi ai cittadini, quasi una testimonianza attiva che ha nelle istituzioni un punto di riferimento che è globale per tutti, maggioranza ed opposizione. Questo è l'unico elemento da mettere in chiaro. Per la Polonia è stato così. Al Consiglio comunale di Torino hanno ritenuto che dovesse essere così. Credo che qui lo si possa fare ancora meglio, senza furbizie, con estrema chiarezza. Non ci siamo mai sognati essendo all'opposizione a Roma, di fare qui la guerra in modo preconcetto al Governo.
Siamo sufficientemente aperti alla democrazia, alla comprensione e al fatto che nel nostro Paese questa è la nostra cultura.
Se invece ci fossero furbizie di altro tipo, è bene che queste furbizie siano esplicite.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Il dibattito di oggi pomeriggio ha alzato il tono dei lavori del Consiglio e l'ha riportato ad un metodo di lavoro più consono all'importanza dei problemi che sono sottoposti alla nostra attenzione.
L'intervento di Revelli ha dato una lettura spessa della posizione del Partito comunista su questa materia, anche con alcuni accenti di novità non presenti nella posizione del partiti o, espressa in altre assemblee elettive. Per quanto ci riguarda non siamo contrari alla richiesta di verificare la possibilità di produrre un documento unitario. Diciamo per con franchezza che non siamo ottimisti sulla possibilità di trovare un'intesa perché già nei documenti presentati si sono fatti molti sforzi per avvicinare le posizioni e alcuni passi dei due documenti, individuando delle differenti valutazioni che è difficile (se non si vogliono fare delle furberie) ricondurre ad una posizione unitaria.
Per quanto ci riguarda siamo disponibili a questo incontro.



PRESIDENTE

Sospendo la seduta e convoco i Capigruppo per decidere in merito.



(La seduta, sospesa alle ore 20,40 riprende alle ore 21,30)



PRESIDENTE

La Seduta riprende.
Comunico che la riunione dei Capigruppo, nonostante l'a buona volontà non ha sortito nessun effetto, in quanto non è giunta ad un ordine del giorno unitario.
Metto in votazione gli ordini del giorno così come sono stati presentati.
L'ordine del giorno presentato dal Gruppo PDUP recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, constatato come a livello internazionale sia in atto una accelerazione da parte delle grandi potenze alla corsa agli armamenti, attraverso colossali programmi di investimenti, che innescano una spirale inarrestabile da parte di altre nazioni per spese e decisioni analoghe e che si aggrava la situazione dei paesi più poveri del mondo sottoposti inoltre ad atti di sfruttamento economico, di dominio militare e politico che bloccano le giuste spinte di quei paesi e di quei popoli alla autodeterminazione ed emancipazione politica, sociale ed economica, quali i numerosi paesi dell'America Latina dell'Africa, dell'Asia la decisione de governo americano di procedere all'installazione di una nuova serie di missili nucleari in Europa, la prosecuzione dell'installazione di missili nucleari SS-20 in URSS, e la scelta di localizzare a Comiso, in Sicilia, da parte del governo italiano le basi per i nuovi missili in relazione alle decisioni USA, comportano gravi ipoteche sul processo di distensione internazionale i deliberati del governo americano di avviare la produzione I della bomba al neutrone aumenta i rischi e le possibilità di conflitti nucleari sul territorio europeo come anche recentemente ammesso dalle dichiarazione del Presidente degli USA Reagan permangono e crescono tensioni e contrasti nell'ambito dei paesi del bacino del Mediterraneo, che rischiano di coinvolgere il nostro paese, e rispetto ai quali occorre rilanciare, a partire dall'Italia, una intensa attività politica, diplomatica ed economica, affinché, in una ottica di pace e di cooperazione, siano portati a risoluzione i nodi politici del riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, della prosecuzione del processo di distensione e coesistenza pacifica tra Egitto ed Israele con il rispetto di accordi già stipulati, e tra Israele e l'insieme delle nazioni arabe, oltre che di franco confronto circa le questioni sollevate dal governo libico crescono in molti paesi europei, quali la Germania occidentale, la Gran Bretagna, l'Olanda, Manifestazioni di massa che contestano le scelte di USA ed URSS circa l'installazione dei missili nucleari e che in base a tali movimenti e richieste alcuni governi, guaii quello belga e quello olandese tendono a Modificare il loro atteggiamento e le loro Decisioni circa la scelta dei missili, mentre all'interno di forze politiche di consolidata tradizione europea e pacifista (SPD tedesca, Partito laburista inglese Pasok greco, ecc.) si sviluppa il dibattito ed il confronto circa gli orientamenti da assumere nei confronti delle posizioni del governo americano, Mentre si moltiplicano gli appelli per la pace ed il disarmo di numerose personalità politiche, culturali, religiose in Europa e nel mondo anche in Italia in queste ultime settimane è i cresciuta una vasta articolata, partecipazione e mobilitazione popolare, che su questi temi e che si esprime in forme nuove e significative nel mondo religioso, dei giovani e del lavoro, della cultura trovando un punto di unità e convergenza significativa sui temi della pace, del disarmo e delle necessità di forme nuove di sviluppo e di rapporti economici tra i paesi e sui valori del rispetto al diritto alla emancipazione ed autodeterminazione dei popoli anche in Piemonte, tali sentimenti e posizioni trovino una loro vasta espressione in un crescere di iniziative, manifestazioni, prese di posizioni di settori significativi che vedono la partecipazione di un grandissimo numero di giovani, forze politiche, sociali, sindacali associazioni e movimenti di base ritiene che tutto questo renda urgente l'impegno per ricercare misure concrete per l'attuazione del disarmo sia convenzionale che nucleare, come condizione per liberare risorse così da destinare ad interventi di sviluppo e lotta alla miseria là dove essa si manifesta sia da sollecitare l'avvio di trattative per il disarmo anche sotto l'iniziativa e la pressione unitaria dell'Europa, mirata soprattutto alla richiesta della non installazione dei nuovi missili europei decisi dalle grandi potenze (Pershing, Cruise, SS-20), e quindi della rinuncia del governo italiano alla costruzione della base missilistica di Comiso in Sicilia occorra l'avvio immediato di misure di disarmo nucleare progressivo è bilanciato a partire dalla ratifica da parte degli USA del trattato Salt 2 (trattative per la riduzione di armi strategiche) e della sua attuazione vadano sviluppate iniziative di appoggio verso tutti i popoli oppressi riaffermando così il loro diritto all'indipendenza nazionale, al loro libero, pacifico ed autodeterminato sviluppo sia auspicabile il crescere di multiformi iniziative dei popoli dell'Europa per imporre ai propri governi ed al parlamento europeo concrete iniziative di pace a livello internazionale occorra limitare e controllare - anche attraverso nuovi provvedimenti di carattere legislativo - l'esportazione e la vendita di armi, a cominciare dall'Italia che risulta essere il quarto paese esportatore nel mondo di prodotti bellici vada favorita la riduzione della produzione di armi con proposte di lavoro e produttive alternative e processi di riconversione finalizzati a nuovi progetti di sviluppo nei Paesi produttori del Terzo Mondo.
Il Consiglio regionale del Piemonte pertanto decide: di farsi interprete di tali richieste profondamente radicate e variamente espresse dalla comunità regionale, presso il Governo ed il Parlamento italiano e presso i parlamentari europei anche con specifiche ed opportune iniziative di avviare un confronto ed un processo di ricerca con tutte le forze politiche e sociali interessate ed il comitato piemontese per la pace ed il disarmo, per dare concreti sblocchi alle questioni inerenti specifici problemi quali le produzioni belliche, la loro riconversione, il ruolo ed i rapporti del Piemonte nell'Europa e verso i paesi del Mediterraneo di sviluppare e promuovere iniziative nelle scuole e nel mondo del lavoro per favorire discussioni e la conoscenza del problema approntando all'uopo apposito materiale di informazione".
Chi è favorevole all'ordine del giorno è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 1 Consigliere hanno risposto NO 28 Consiglieri si sono astenuti 18 Consiglieri In merito alla presentazione dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo PSI-PSDI, ha la parola il Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Voterò a favore di questo ordine del giorno esprimendo il mio profondo rammarico che non si sia arrivati all'unitarietà che avevo invocato nel mio intervento. Condivido il contenuto dell'ordine del giorno stesso e credo che anche da parte del PCI si sia ricercata a tutti i costi quella unità che io stessa avevo invocato e che non è stata raggiunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Il Gruppo della D.C., può ravvisarsi nell'ordine del giorno presentato dal Partito socialista e pertanto vota a favore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Per parte nostra la dichiarazione di adesione all'ordine del giorno del Partito socialista era già stata fatta nell'intervento e viene qui confermata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il Gruppo comunista ha avuto da parte della D.C. un "no" deciso e netto alla richiesta di chiarire il senso di quella frase che "condanna la triste condizione politica, psicologica ed economica della Polonia";' noi ritenevamo di dover rilevare "la più viva preoccupazione per i pericoli che nel caso in cui autonomia e indipendenza venissero lese, verrebbero alla pace".
Diamo atto al PSI e, al PSDI di avere fatto il possibile. A differenza di altre volte, sembrava sgradito qualsiasi sforzo che portasse a comprendere le ragioni che possono sottostare ad un voto unitario quindi anche all'adesione del nostro Gruppo.
Sotto questo profilo la riunione si è arenata. Quando sono uscito dalla riunione la conclusione era che ogni Gruppo avrebbe votato il proprio ordine del giorno. Siamo rientrati in aula convinti che questo dovesse succedere. Al di là del fatto che questo poteva anche essere previsto abbiamo la conferma che il leitmotiv è che vi è la volontà di alcune forze di cogliere quella che è ritenuta una più o meno ghiotta occasione per differenziarsi nel voto.
Abbiamo la convinzione di quello che abbiamo scritto, che ci poteva essere un terreno unitario su questo documento. Se così non è, le ragioni più che attenere alla pace attengono ad altre motivazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Anche se ho molto apprezzato l'intervento del Capogruppo del Partito socialista democratico le motivazioni date mi costringono a votare contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il nostro Gruppo darà voto contrario all'ordine del giorno del PSI e del PSDI in quanto non ne condivide alcune affermazioni, in particolare quelle secondo cui le manifestazioni europee indicavano la volontà di un riequilibrio della disparità nucleare e soprattutto perché la giusta affermazione del favorire l'opzione zero non viene fatta seguire da iniziative opportune per arrivare a tale opzione. Rilevo inoltre una diversa impostazione di argomentazioni tra il Capogruppo socialista e il Capogruppo socialdemocratico.



PRESIDENTE

L'ordine del giorno presentato dai Gruppi PSI-PSDI recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte non può che far propria la preoccupazione dell'opinione pubblica democratica per i gravi attentati alla pace che scuotono larghi settori del mondo.
Le forze democratiche piemontesi non possono non condannare l'invasione dell'Afghanistan ad opera dell'Unione Sovietica, la triste condizione politica, psicologica ed economica della Polonia, gli isterismi nazionalistici di alcuni leaders arabi, la situazione di sottomissione economica o di oppressione civile di molti paesi dell'America Latina e la rinascita di una mentalità militare degli Stati Uniti in risposta alla crisi di stabilità che sconvolge le zone calde' del mondo.
Le forze democratiche del Consiglio regionale non possono che ribadire la ferma volontà dei cittadini piemontesi a favore della pacifica convivenza tra i popoli e della tolleranza come metodo di Comportamento morale e politico.
Battersi per la pace significa per la comunità piemontese promuovere un'iniziativa volta a rafforzare la proposta delle forze democratiche europee per l''Opzione zero': la disponibilità delle nazioni europee a non installare missili o strumenti nucleari solo se i paesi del Patto di Varsavia smobiliteranno le installazioni di SS-20 puntate contro l'Europa.
Le manifestazioni europee indicano la volontà di passare dall'attuale squilibrio militare, voluto dall'est europeo, non ad una rincorsa agli armamenti, ma ad una pressione pacifica e democratica perché si modifichino le attuali condizioni di disparità nucleare, non con l'equilibrio del terrore ma con l'equilibrio della ragione.
La Regione Piemonte considera positiva un'azione del nostro paese Che all'interno delle alleanze mobiliti le forze democratiche dei paesi aderenti alla NATO per un'offensiva di pace che salvaguardi l'autonomia e l'equilibrio della comunità europea".
Chi approva l'ordine del giorno è pregato di alzare la mano.
E' approvato con il seguente esito: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 17 Consiglieri Vi è ora una proposta di deliberazione presentata dal Gruppo PLI. La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

In realtà non si tratta di un ordine del giorno ma di un'indicazione deliberativa.
Non riteniamo che si debbano, su questa materia, avere delle divisioni pertanto, o si ha un assenso significativo da parte delle forze politiche altrimenti ritiriamo il documento.
Pregherei, i Capigruppo di volersi esprimere su questa proposta.



BONTEMPI Rinaldo

Lo spirito ci va, la formulazione no. Votiamo contro.



BASTIANINI Attilio

L'ordine del giorno viene ritirato per non introdurre elementi di divisione. Ci riserviamo nella riunione dei Capigruppo di discutere la correzione della forma.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli in merito all'ordine del giorno presentato dal Gruppo D.C.



PAGANELLI Ettore

Avendo noi votato l'ordine del giorno presentato dal PSI e dal PSDI ed essendoci riconosciuti in esso, ritiriamo il nostro ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione in merito alla votazione dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo PCI.



VIGLIONE Aldo

Il Gruppo socialista si astiene su questo ordine del giorno



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il Gruppo del PDUP si astiene a questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

L'ordine del giorno presentato dal Gruppo PCI recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, fa propria la profonda preoccupazione dell'opinione pubblica democratica piemontese per i gravi attentati alla pace che scuotono larghi settori del mondo; ribadisce la necessità - di fronte alla crisi dei rapporti est-ovest, al moltiplicarsi dei conflitti locali, all'aggravarsi della crisi economica mondiale e dei rapporti nord sud, alla corsa al riarmo - di operare per la pacifica convivenza dei popoli e di ricorrere al metodo del negoziato per la soluzione dei conflitti.
Per questo riafferma la propria condanna per l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'URSS; la viva preoccupazione per la situazione polacca, per i pericoli, qualora venissero messe in discussione l'autonomia e l'indipendenza di quella nazione, che deriverebbero alla pace; ribadisce la denuncia delle gravi responsabilità degli USA rispetto alla situazione di sottomissione economica, di oppressione civile e politica di molti paesi dell'America Latina ed in primo luogo della tragica realtà del Salvador rileva con viva preoccupazione come questi fatti abbiano accresciuto il clima di incomprensione nei rapporti fra i blocchi contrapposti incomprensione che provoca una sempre minor fiducia nell'iniziativa politica che ha portato, in questi ultimi anni, l'URSS a privilegiare una linea politica di potenza che ha provocato la rinascita di una mentalità militare degli Stati Uniti quale premessa ad una pericolosa corsa al riarmo, alla produzione di nuove terrificanti armi quali la bomba N'.
Il Consiglio regionale ritiene che nell'attuale crisi internazionale gli equilibri debbano essere considerati come condizione base da rispettare e che la loro alterazione da qualunque parte sia venuta o venga, rappresenti un motivo di grave turbamento alla pace riafferma che battersi per la pace significhi - come dimostrano le grandi manifestazioni popolari - sollecitare e rafforzare ogni iniziativa per favorire un negoziato che tenga conto di tutte le percezioni e preoccupazioni degli interlocutori, che ristabilisca gli equilibri ove alterati sulla base della riduzione degli armamenti sottolinea il valore della proposta avanzata dalle forze democratiche europee per l'opzione zero', perché il negoziato riguardi tutti gli euromissili, a cominciare dagli SS-20 già installati considera positiva ogni azione del nostro paese che all'interno delle alleanze europee mobiliti le forze democratiche dei paesi aderenti alla NATO per un'offensiva di pare che salvaguardi l'autonomia e l'equilibrio della comunità europea.
Il Consiglio regionale sottolinea il valore del movimento per la pace che esprime la necessità di dare ad essa un solido fondamento attraverso un nuovo ordine economico internazionale, un ruolo attivo dell'Europa nelle relazioni nord-sud, un nuovo concetto di sicurezza si impegna ad appoggiare ogni iniziativa volta a sensibilizzare l'opinione pubblica ed a costruire una mentalità ed una cultura di pace".
Chi è favorevole all'ordine del giorno è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 18 Consiglieri hanno risposto NO 20 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri Il Consiglio sarà convocato nei giorni 5 e 6 novembre La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 21,45)



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