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Dettaglio seduta n.69 del 09/07/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbale precedente seduta", non essendovi osservazioni il processo verbale della seduta del 25.6.1981 è approvato.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Carazzoni relativa alle equipes psichiatriche delle USL n. 51 e n. 52


PRESIDENTE

Il punto secondo all'ordine del giorno reca: "Interrogazioni e interpellanze".
Viene discussa l'interrogazione del Consigliere Carazzoni relativa alle equipes psichiatriche delle USL n. 51 e n. 52.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

La drammatica vicenda dei due suicidi avvenuti nello scorso mese di maggio a Novara e Trecate, ripropone alla discussione, come spesso ormai accade, il problema del funzionamento dei servizi istituiti dopo l'approvazione della legge 13/3/1978 n. 180 di riforma psichiatrica.
Rispondendo al primo punto dell'interrogazione, anche da informazioni ricevute dal responsabile dei servizi psichiatrici delle Unità Sanitarie Locali di Novara e Galliate, si è trattato del suicidio di due persone seguite dai servizi territoriali una a livello ambulatoriale e l'altra attraverso una struttura alternativa residenziale (comunità terapeutica) funzionante nella USL di Novara.
Nel primo caso la persona aveva già tentato il suicidio precedentemente ed anche per questa ragione l'azione del servizio psichiatrico era particolarmente intensa con visite domiciliari ed interventi ambulatoriali mentre per la seconda persona il programma terapeutico prevedeva la frequenza diurna (dal mattino alla sera) presso la Comunità terapeutica di Novara; si trattava, fra l'altro, di persona per la quale non si erano registrati altri tentativi di suicidio.
Per tutti e due i casi comunque il responsabile del servizio psichiatrico ha dichiarato che non erano stati riscontrati sintomi che potessero richiedere interventi particolari e sulla base degli elementi rilevati dall'Assessorato alla sanità la gestione dei casi è risultata corretta e sostanzialmente esente da rilievi di ordine tecnico.
D'altra parte l'attività del servizio psichiatrico in questione si è articolata nei primi cinque mesi dell'anno in corso in 2691 visite ambulatoriali e 1959 interventi domiciliare per quanto attiene il territorio dell'Unità Sanitaria Locale n. 51 (Novara) e 914 visite domiciliari e 895 interventi domiciliari per quanto attiene il territorio dell'Unità Sanitaria Locale n. 52 (Galliate), mentre nel corso dell'anno 1980 sono stati effettuati nel servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell'ospedale di Novara, nel quale sono attivati 15 posti letto, 630 ricoveri di cui 575 volontari e 55 in trattamento sanitario obbligatorio.
Più in generale sul problema, grave e drammatico, del suicidio non è accettabile un discorso semplificatore, che conduca in ogni caso l'evento a condizioni psichiatriche sottostanti.
E' noto infatti che il tasso di suicidi in una data collettività è considerato uno degli indicatori di disagio e di sofferenza sociale più che l'indice di diffusione di malattie mentali in seno ad essa. Esso risulta (dato Istat 1977/78) in aumento, sia pure lieve (dal 6,4 sul 100.000 abitanti del '77, al 7,5 del '78) nella nostra Regione.
La Regione Piemonte intende affrontare anche questo dato, che appare inquietante se rapportato ad esempio con quello di altre Regioni, come la Lombardia ed il Veneto e tutto il Meridione. Né si può affermare che tale incremento sia da porsi in relazione all'approvazione della legge 180, in quanto il raffronto tra primo e secondo semestre dei due anni dimostra un aumento analogo non suscettibile pertanto di essere addebitato alla linea di rinnovamento dell'assistenza psichiatrica.
Nello specifico, pertanto, non può farsi carico soltanto all'attività ed alla buona organizzazione del servizio psichiatrico, il grande tema della prevenzione del suicidio. Esso dipende non solo da elementi di fondo come qualità della vita, modelli culturali e sociali, momenti attivi di solidarietà, ecc., ma da una estesa gamma di interventi dell'intero corpo sociale volti a modificare condizioni di emarginazione e di bisogno che possono incidere seriamente non solo sulla dinamica suicida, ma sulla sofferenza che la precede e l'accompagna.
Volendo infine fare un discorso più generale sulla riforma psichiatrica si devono rilevare in primo luogo i buoni risultati raggiunti nell'ambito della costituzione dei servizi psichiatrici territoriali tramite il decentramento del personale prima operante negli ospedali psichiatrici che dalla data di approvazione della legge 13.5.1978 n. 180 ad oggi hanno fatto registrare un decremento nelle presenze dei degenti di circa il 30%; ferma restando la completa accettazione e condivisione di quanto previsto dalla citata legge 180 e dalla legge di riforma sanitaria in materia di graduale superamento delle strutture manicomiali, che si sono rivelate, com'è ormai noto, strutture non curative bensì luoghi di segregazione e sofferenza, il problema è di individuare le modalità di funzionamento dei servizi territoriali complessivamente considerati in una operatività di integrazione fra i vari settori, affinché da una parte sia garantita la corretta gestione della cura di malati e d'altra parte sia comunque garantito a questi ultimi il diritto di non essere esclusi dal reinserimento sociale, familiare, ecc., cosa che prima si verificava con i ricoveri in ospedale psichiatrico.
L'Assessorato alla sanità intende proporre alla discussione del Consiglio regionale (fermo restando l'inserimento della materia, salute mentale, nel piano socio sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1981/1983) una apposita proposta di legge quale strumento efficace di tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo ed integrando i servizi psichiatrici nei servizi sanitari e socio assistenziali, con obiettivi di lotta contro ogni forma di discriminazione e di segregazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Ringrazio l'Assessore Bajardi per aver voluto dare risposta orale ad una interrogazione per la quale ero disposto ad accettare una risposta scritta. Forse è stato più opportuno affrontare pubblicamente il problema che è acutizzato dai due drammatici suicidi che nel mese di maggio si sono verificati a Novara e a Trecate.
Prego l'Assessore Bajardi di fornirmi i dati statistici.
Sul merito dell'interrogazione non posso dichiararmi completamente soddisfatto in quanto si è evitato il punto centrale che ho tentato di sottolineare.
Non è né la sede né il momento di riaprire il dibattito sulle conseguenze e sugli effetti della legge 180, sulla quale diamo un giudizio negativo in contrasto con la posizione dell'Assessore. Intendiamo chiedere all'Assessore se erano confermate o smentite le dichiarazioni che il primario dell'assistenza psichiatrica novarese, prof. Eugenio Borgna, aveva fatto riguardo ai servizi sanitari delle Unità Sanitarie Locali sottoposte al suo controllo. Quelle dichiarazioni non possono lasciare insensibili le forze politiche. Egli ha testualmente dichiarato, pur ribadendo il suo punto di vista favorevole alle legge 180, e dicendo che la legge è nei principi valida ed accettabile, che, da quando è entrata in funzione, la psichiatria novarese non ha più trovato alcuna autentica partecipazione da parte del potere politico.
Non ho avuto rassicuranti risposte, pertanto, pur condividendo l'impostazione dell'Assessore, lo ringrazio per i dati forniti e mi dichiaro insoddisfatto.


Argomento: Comunita' montane

Interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Chiabrando e Penasso inerente alle indennità compensative alle Comunità montane Valli Po, Bronda ed Infernotto e Val Sangone


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Chiabrando e Penasso inerente alle indennità compensative alle Comunità montane Valli Po, Bronda e Infernotto e Val Sangone.
Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Preciso che questa risposta sarebbe di competenza dell'Assessore alle finanze quale responsabile della Ragioneria.
Tuttavia, posso dire che non solo la quarta determinazione è stata pagata prima della terza, ma forse anche la quinta e la sesta possono venir pagate prima della terza, essendo in corso le pratiche.
La terza determinazione riguarda le Comunità montane Valli Po, Bronda ed Infernotto e Val Sangone. Il fatto è increscioso ma non è n straordinario né insolito. Ciò può capitare per diverse ragioni. A volte basta che una deliberazione incappi in una osservazione del Commissario di Governo o nella richiesta di un chiarimento che blocca temporaneamente il pagamento e che ciò non avvenga per le determinazioni successive.
IL servizio montano dell'Assessorato ha predisposto la terza determinazione in tempo utile, che ha ottenuto l'approvazione della Giunta il 22 dicembre 1980 (deliberazione n. 150/3082 per un importo di 568 milioni e 437 mila sul capitolo 3700/1980 che prevedeva tale importo).
L'Ufficio ha fatto tutto il possibile relativamente ai tempi entro cui le Comunità montane hanno inviato la documentazione.
Nonostante i ripetuti solleciti da parte della Ragioneria decentrata non si è provveduto al relativo accredito e quindi al pagamento. Solo successivamente si è saputo che l'Assessorato alle finanze non aveva ritenuto possibile pagare un importo così frazionato entro il 31 dicembre quindi non ha disposto l'accredito e ha mandato questa somma in economia reiscrivendola sul bilancio 1981.
L'Ufficio montagna ha previsto sul nuovo bilancio la quarta, la quinta e la sesta determinazione.
L'Ufficio, venuto a conoscenza della situazione, ha presentato la nuova deliberazione dell'importo della terza determinazione (568 milioni e 437 mila lire) per cui credo di poter assicurare gli interroganti e la Comunità montana che entro il mese di luglio saranno pagate tutte le indennità compensative previste sull'esercizio 1980.
Con l'occasione vorrei dire che al momento attuale non vi è alcuna certezza in ordine al pagamento delle indennità compensative per l'anno 1981 in quanto i fondi statali sono esauriti da tempo e che la Regione ha già fatto fronte all'indennità compensativa del 1980 con fondi propri.
Spero venga approvata in tempo la legge finanziaria e che comporti stanziamenti adeguati per pagare in tempo l'indennità compensativa del 1981.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola agli interroganti, l'Assessore Testa integra questa risposta con qualche precisazione.
Testa Gianluigi, Assessore al bilancio Per tutti i pagamenti che vengono a scadenza nel mese di dicembre (in questo caso siamo al 22 dicembre) è buona norma, per evitare l'accumularsi di residui passivi, trasformare le somme in economia.
L'Assessorato ha usato una linea più dura nel 1980 per presentare il rendiconto del 1981 in tempo.
Uno degli impegni presi dalla Giunta in questa sede era la revisione degli impegni vecchi, quindi quella determinazione doveva essere deliberata. Forse i funzionari non sempre sono attenti alle disposizioni delle leggi perché avrebbero dovuto essere rideliberati non appena fatta la revoca.
Questi pagamenti sono stati sfortunati nel senso che sono incappati su tutte le barriere che sono state poste per razionalizzare meglio la spesa regionale e per cercare di dare delle scadenze sicure e eliminare i continui slittamenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Sull'aggiunta fatta dall'Assessore alle finanze potrei dichiararmi soddisfatto. Non potevo essere soddisfatto della risposta dell'Assessore all'agricoltura perché pagamenti antecedenti che si vedono scavalcati per motivi di contabilità, non sono a conoscenza né delle Comunità montane n delle popolazioni, creano attese e conseguenti delusioni.
E' difficile spiegare i motivi per cui una determinazione precedente slitti anche per sette o otto mesi. Certamente si poteva capire prima che quella deliberazione non poteva più essere pagata entro dicembre.
Sulla questione delle indennità compensative ci sono stati altri equivoci in altri tempi. Ricordo che nel 1979 diverse Comunità montane annunciavano con manifesti il pagamento, ma quando i coltivatori andavano per riscuotere, le indennità non c'erano. Eravamo alla vigilia delle elezioni, i manifesti erano affissi, ma i soldi non c'erano.
Questi equivoci non dovrebbero più verificarsi essendoci uno stretto coordinamento fra gli Assessorati all'agricoltura e alle finanze, i funzionari sappiano quali sono i tempi entro i quali queste pratiche si debbono concretizzare.
Concordo invece con l'Assessore all'agricoltura sull'indennità compensativa 1981; è una grossa conquista che deve essere mantenuta. La nostra forza politica si è impegnata perché anche in questo settore ci sia certezza per gli operatori di zone estremamente disagiate.


Argomento: Produzione e trasformazione dei prodotti

Interrogazione del Consigliere Carazzoni relativa alla provenienza di alcuni prodotti tipici piemontesi


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Carazzoni relativa alla provenienza di alcuni prodotti tipici piemontesi.
Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Primo punto. Sempre si sono verificati scambi commerciali tra paesi e frontiere aperte, tanto più all'interno di un mercato comune. E' logico ed inevitabile quindi che si verifichi in Italia la presenza di formaggi francesi come del resto alcuni caseifici italiani, anzi piemontesi esportano prodotti in Francia.
Per quanto riguarda i tipici, si tratta di una definizione da chiarire: se con essa ci riferiamo a prodotti con denominazione d'origine, allora la sostituzione dei prodotti originali con quelli di importazione rappresenta una frode, e come tale può essere perseguita. A questo scopo esistono i Consorzi di produttori e svolgono una loro azione di sorveglianza statutariamente prevista.
Se si tratta invece di quei prodotti che chiamiamo abitualmente tipici ma non hanno alcun contrassegno di origine o di denominazione, ed è il caso della grande maggioranza di prodotto dei valligiani, allora in questo campo non c'è possibilità di distinguere e riconoscere il prodotto, se non al gusto. In ogni caso la Regione non ha istituzionalmente nessun compito e nessuna competenza sui controlli doganali e neppure sulle frodi in commercio; difficile è quindi pensare a qualsiasi intervento regionale.
Se il Consigliere infine intende riferirsi alla consuetudine antica e continuata di certi operatori economici italiani di importare del "fontal" oppure dell'"italico" dalla Francia perché evidentemente vi trovano il loro tornaconto, questo fenomeno corrisponde a verità, ma risulta che il prodotto al momento dell'ingresso in Italia abbia i contrassegni di produzione francese. Essendo questo fatto quindi legittimo e non essendoci di fatto possibilità di controllo sui movimenti del prodotto sul territorio nazionale, dove vige la libertà di movimento delle merci, non vedo come sia possibile intervenire, anche perché questi sono formaggi nazionali e non.
Secondo punto. Un'azione promozionale a favore dei formaggi piemontesi prodotti dalle cooperative e dai caseifici dell'Esap è già in atto attraverso un'iniziativa dello stesso Ente di sviluppo, che sta testando a Torino un marchio, in cui si valorizza il fatto che il latte utilizzato per tali formaggi è interamente piemontese.
Altre iniziative saranno intraprese, sulla base di uno stanziamento già assunto dalla Giunta regionale che ha deliberato un impegno di L. 170 milioni per promozione del latte fresco e dei formaggi tipici del Piemonte questa somma sarà spesa nel corso dell'autunno prossimo. Va ricordato peraltro che una prima iniziativa della Regione Piemonte si era avuta con la realizzazione e di una pubblicazione dedicata appunto ai formaggi del Piemonte, stampata e diffusa in 40 mila copie nei due anni scorsi; una ristampa di tale opuscolo e la produzione di altri strumenti informativi sui formaggi del Piemonte sono in programma tra il 1981 e il 1982. E' infatti importante un'azione di orientamento dei consumatori e di loro educazione alimentare, essendo difficile pubblicizzare sui punti di vendita un prodotto che pur avendo molti elementi in comune, non ha elementi di riconoscibilità comuni a tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Confesso che non ho alcuna particolare competenza in materia di formaggi. Conosco al massimo il gorgonzola che è il formaggio tipico e caratteristico della mia provincia.
Non avrei presentato questa interrogazione se non fossi stato sollecitato dalla lettura di alcune dichiarazioni di Giovanni Perfumo il quale ha reso noto che molti formaggi tipici italiani (cercherò di chiarire l'aggettivo "tipico") in realtà sono francesi. Ha detto testualmente: "I nostri hanno un solo difetto, quello di arrivarci in gran parte pronti per la tavola, direttamente dall'estero, dalla Germania e ancor di più dalla Francia". Aggiungeva - e qui evidentemente non si riferiva a formaggi tipici - "Persino molte mozzarelle sarebbero prodotti su semilavorati importati dalla Francia". La cosa non stupisce. I prezzi francesi risultano più concorrenziali dei nostri e nel commercio questo dato di fatto esclude qualsiasi altra considerazione.
Il Vice Presidente della Ascom non ha detto chiaramente se si riferiva a formaggi contrassegnati col marchio DOC o a formaggi tipici genericamente. Nell'articolo che ho citato il "tipico" era messo tra virgolette, quindi potrebbe benissimo trattarsi di quanto diceva l'Assessore.
E' indubbio però che il nostro mercato, in particolare quello piemontese, è invaso da una produzione straniera che mi pare vada intelligentemente e opportunamente fronteggiata. Con questo ho chiarito il motivo dell'interrogazione che è andata a colpire un problema esistente e reale.
Ho preso atto delle iniziative che nel campo promozionale la Regione intende assumere. L'Assessore ne ha enumerate alcune in corso di svolgimento e ne ha annunciate altre.
Posso solo augurare che queste altre iniziative si realizzino al più presto e diano i risultati sperati.
Indubbiamente la nostra produzione, che in Piemonte ha una sua caratteristica e una stia tradizione, deve essere valorizzata sempre più e difesa nei confronti di una concorrenza straniera spesso pesante e che si fa sentire sulla bilancia dei pagamenti.


Argomento: Viabilità

Interrogazione del Consigliere Carazzoni inerente al traffico dei TIR presso la Dogana di Brissago-Cannobio


PRESIDENTE

Per ultima esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Carazzoni inerente al traffico dei TIR presso la Dogana di Brissago-Cannobio.
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore alla viabilità

Il collega Carazzoni con la sua interrogazione ha posto l'accento su un problema che sta tormentando una zona già interessata da problemi notevoli.
La Statale 34 in questi giorni è interessata da una decisione delle autorità federali svizzere che hanno assunto in forma autonoma una serie di problemi nell'area del Verbano.
Purtroppo, gran parte degli interventi che interessavano l'Ossola ed il Verbano non sono stati affrontati, prima di tutti il problema della grossa viabilità del tronco autostradale che avrebbe risolto il traffico da Gravellona in giù.
L'Anas sta ultimando una serie di progetti sulla Statale 34 che quanto prima saranno oggetto di approvazione da parte della Regione. Sono interventi migliorativi della viabilità a carattere prettamente turistico.
Ritengo che nessuno pensi di trasformare la Statale 34 in una superstrada anche per il traffico pesante. L'entità dell'intervento è di circa 5/10 miliardi e riguarda il miglioramento delle curve, di scarpate, la creazione di piazzole, di aree di sosta.
La Regione Piemonte ed in modo particolare il Novarese, dovranno compiere una scelta di fondo in ordine alle strade di collegamento con la Svizzera. L'apertura del Gottardo comporta un problema di selezione del flusso. Con la realizzazione della bretella che dovrebbe collegare Sesto Calende con la Voltri-Sempione si pensa di dirottare il traffico pesante in linea diretta anziché indirizzare il traffico sulla strozzatura di Milano creando una alternativa di collegamento con i porti liguri.
C'è il problema che riguarda l'alto Novarese che si potrebbe risolvere con una selezione del traffico turistico, ossia anziché dirottare il traffico su Milano, su Varese e su Como, dirottarlo sull'area del Novarese e sui laghi.
Recentemente abbiamo avuto un incontro con il Presidente della Commissione lavori pubblici della Camera nel quale abbiamo sollecitato lo sblocco del 18 bis che consentirebbe il completamento della Voltri Sempione.
La Statale 34, che è di carreggiata limitata, è interessata da un traffico di circa 40/50 TIR al giorno. In questo periodo il traffico è molto pesante, dovuto anche per la decisione del governo svizzero.
Sono intervenuto presso le autorità svizzere per chiedere la revisione del provvedimento che è stato assunto in forma unilaterale e la riapertura della dogana di ponte Stresa, lasciando in questo modo la possibilità di utilizzare la dogana di Cannobio per i collegamenti e il traffico che riguardano l'Alto Novarese, al fine di non appesantire la situazione già precaria della Statale 34. Attendo una risposta da parte delle autorità svizzere.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

La risposta sostanzialmente dà atto dell'esistenza del problema, dà atto che le difficoltà denunciate sussistono, riconosce una sostanziale impotenza di interventi e si limita agli auspici. Sotto questo profilo dovrei dichiararmi insoddisfatto.
Con questa interrogazione non si voleva affrontare il problema della grande viabilità in provincia di Novara. Condivido le preoccupazioni dell'Assessore per il ritardo nella realizzazione dell'asse centrale Voltri Sempione e delle bretelle di congiungimento di quella arteria; ma si intendeva fare presente che da parte delle autorità cantonali ticinesi e da parte delle organizzazioni turistiche italiane era richiesto con provvedimento di emergenza la chiusura del valido doganale al traffico pesante. Questo perché, a seguito del provvedimento della chiusura da parte delle autorità svizzere del valico di Ponte Stresa, i mastodontici TIR si sono in gran parte riversati lungo la Statale 34 creando problemi di traffico praticamente insostenibili.
L'Assessore ha comunicato di essere intervenuto nei confronti delle autorità cantonali svizzere. Purtroppo finora il suo intervento non ha dato alcun risultato, se è vero come è vero, che non più tardi di una settimana fa, nel Municipio di Locarno si sono riuniti a caldeggiare la richiesta di chiusura del valico doganale gli enti ticinesi interessati e le organizzazioni turistiche di parte italiana.
Il problema continua ad esistere e prego che sia tenuto all'attenzione delle autorità regionali perché crea difficoltà estreme non soltanto al movimento turistico di cui dobbiamo forzatamente o fortunatamente tenere conto, visto che in zona le poche attività alternative vanno spegnendosi ma anche al movimento degli oltre 3 mila frontalieri che si trovano ogni giorno a dover affrontare il transito lungo quella statale ridotta ormai in condizioni impossibili.
Quanto agli interventi dell'Anas si tratta di provvedimenti tampone che possono al massimo sistemare qualche tratto di strada, ma che non possono risolvere radicalmente il problema al quale, un giorno o l'altro, bisognerà decidersi di porre mano.


Argomento:

Interrogazione del Consigliere Carazzoni inerente al traffico dei TIR presso la Dogana di Brissago-Cannobio

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Fassio Ottaviano e Revelli.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 113: "Proposta di modifica allo Statuto della Regione Piemonte" presentato dai Consiglieri Paganelli, Brizio, Carletto, Genovese, Picco e Villa in data 29 giugno 1981 N. 114: "Interventi socio-assistenziali a favore delle persone anziane" presentato dal Consigliere Carazzoni in data 30 giugno 1981 N. 115: "Interventi straordinari a favore dei Comuni per attività socio assistenziali", presentato dalla Giunta regionale in data 1 luglio 1981 N. 116: "Omogeneizzazione dei trattamenti di quiescenza e di previdenza del personale regionale, degli Enti sub o para regionali e degli altri Enti locali", presentato dalla Giunta regionale in data 1 luglio 1981 N. 117: "Protezione civile contro le calamità pubbliche. Piano poliennale di intervento per la prevenzione, per l'organizzazione dei soccorsi, per la ricostruzione dei territori colpiti", presentato dalla Giunta regionale in data 1 luglio 1981 N. 118: "Norme per la valorizzazione degli organi rappresentativi dell'artigianato e per la delega alle Province e alle Comunità montane di funzioni concernenti la materia", presentato dalla Giunta regionale in data 1 luglio 1981 N. 119: "Disciplina per l'apertura, l'esercizio e la vigilanza degli ambulatori privati di riabilitazione", presentato dalla Giunta regionale in data 6 luglio 1981 N. 120: "Disciplina per l'apertura, l'esercizio e la vigilanza degli studi privati di radiodiagnostica", presentato dalla Giunta regionale in data 6 luglio 1981 N. 121: "Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1981/1983", presentato dalla Giunta regionale in data 7 luglio 1981 N. 122: "Proroga e modifiche della legge regionale 22 agosto 1979, n. 48 'Provvidenze in materia di promozione e diffusione della cultura e dell'informazione locali'", presentato dalla Giunta regionale in data 8 luglio 1981 N 123: "Integrazione della legge regionale 13 agosto 1979, n. 41" presentato dalla Giunta regionale in data 8 luglio 1981.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

La Giunta regionale ha adottato le seguenti deliberazioni:



PRESIDENTE

SEDUTA DEL 23 GIUGNO 1981 129 - Ricerca sugli spazi e le attività cinematografiche in Piemonte (L.R.
58 del 28.8.1978). Spesa L. 25.438.000 (IVA compresa) cap. 11755/1981.
FERRERO Giovanni 197 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti la Pretura di Tortona Sez. Lavoro ed affidamento incarico legale all'avv. Ugo Procopio.
Ricorrenti: Laboratorio di Analisi Bianca Maria, dott. Baraldi, dott.
Omodeo Torini per la dichiarazione di illegittimità di ogni atto che in violazione della legge n. 833/1978 discrimini i ricorrenti nella possibilità di fornire servizi ai cittadini. Spesa L. 300.000 (Capitolo 1080/81).
Testa Gianluigi 198 - Autorizzazione a intervenire ad opponendum nel giudizio pendente avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale al prof. avv. Paolo Scaparone. Ricorrenti: Calosso Aldo ed altri avverso deliberazione del Consiglio comunale di Moncalieri n. 416/80 concernenti l'individuazione e l'assegnazione al Consorzio per l'edilizia industrializzata di un'area di proprietà dei ricorrenti. Spesa L. 300.000. (Capitolo 1080/81).
Testa Gianluigi 199 - Liquidazione onorario all'avv. Egidio Vercelli a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il Tribunale di Novara nella causa Viola. Lire 199.660 (capitolo 1080/81).
Testa Gianluigi 200 - Liquidazione onorario all'Avv. Guido Sertorio in relazione alla causa TAR Bazzica. Integrazione della precedente deliberazione della Giunta regionale n. 216 del 5.5.1981. Lire 112.695 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 214 - Affidamento al sig. Borio Fabrizio ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 6.11.1978 dell'incarico di collaborazione con il Servizio Stampa della Giunta regionale per mesi sei. Spesa L. 7.500.000 (Capitolo 2250/81).
Testa Gianluigi 215 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale al prof avv. C.E. Maiorca - ricorrente Camarlengo comm. Pietro avverso la deliberazione della Giunta regionale n.
11 in data 4.4.1979 concernente l'autorizzazione all'apertura di una Casa di cura in ottemperanza alla sentenza TAR Piemonte n. 200/78, facendo salvi gli appelli avanti il C.D.S.
Testa Gianluigi 216 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale. Ricorrente: Sessarego Dott. Rosella avverso deliberazione della Giunta regionale n. 83 del 5.5.1981 concernente l'autorizzazione all'apertura in gestione provvisoria a favore del Dott.
Denina della farmacia nel Capoluogo del Comune di Frabosa Sottana.
Testa Gianluigi


Argomento:

d) Decreti di variazione di bilancio


PRESIDENTE

Comunico due decreti di variazione al bilancio per l'anno 1981 - in attuazione dell'art. 41, primo comma, della L.R. 14/3/1978, n. 12 - il cui testo è allegato al presente verbale.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione dell'ing. Giuseppe Taliercio, dirigente della Montedison barbaramente trucidato dalle brigate rosse


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, il 6 luglio, dopo le due di notte, il cadavere del direttore del Petrolchimico di Porto Marghera è stato rinvenuto nel bagagliaio di un'automobile, a pochi passi dallo stabilimento Montedison.
La ferocia dei terroristi ha concluso tragicamente, dopo 47 giorni di prigionia, l'esistenza di Giuseppe Taliercio. E' la stessa tecnica usata nell'assassinio di Aldo Moro.
L'ingegnere aveva 54 anni, sposato con cinque figli, era stato rapito dalle brigate rosse nella sua casa di Mestre il 20 maggio.
Nelle mani delle brigate rosse restano ora altri tre ostaggi: Ciro Cirillo, esponente della D.C. e Assessore all'edilizia popolare della Regione Campania, rapito il 27 aprile; Renzo Sandrucci, dirigente dell'Alfa di Arese, rapito il 3 giugno; Roberto Peci, fratello del brigatista "pentito" Patrizio, rapito il 10 giugno.
L'assassinio dell'ing. Taliercio segna un' ennesima svolta del terrorismo in Italia: ne indica la ripresa e la riorganizzazione dopo i colpi ricevuti. Lo stesso rituale di morte, simile a quello inscenato per l'omicidio dell'onorevole Moro tre anni fa, tende a far risaltare la ferocia del delitto in contrasto con il clima di sottovalutazione che si era diffuso negli ultimi tempi.
Non ci si può e non ci si deve illudere che possa trattarsi di un "colpo di coda", di un'azione compiuta dagli ultimi adepti restati al terrorismo: l'assassinio di Taliercio e gli altri sequestri dimostrano che il "partito armato" è riuscito a trovare aree di reclutamento. D'altra parte la scelta delle persone sequestrate illumina a sufficienza il disegno terroristico. Il rapimento dell'Assessore Cirillo punta a scavare un fossato tra le istituzioni, impegnate in Campania in una difficile opera di ricostruzione dopo il terremoto, e la società civile. E infatti le brigate rosse cercano di pescare consensi tra il sottoproletariato napoletano chiedendo, per il rilascio dell'Assessore, il blocco dell'evacuazione del centro storico pericolante e la requisizione delle case sfitte.
Il rapimento di Sandrucci, come quello di Taliercio, serve a rilanciare azioni di propaganda nelle fabbriche, oltre che seminare il panico tra i dirigenti e avvelenare il clima sindacale di per sé già teso. E a questo proposito segnali inquietanti sono venuti nei giorni scorsi dal ritrovamento di volantini br all'interno di uno stabilimento Fiat qui a Torino, e di striscioni inneggianti al terrorismo negli stabilimenti Alfa di Arese e Montedison di Porto Marghera.
Infine il rapimento di Roberto Peci tende ad arginare il fenomeno dei terroristi "pentiti". Da una parte intimidendo quanti vorrebbero prendere le distanze dal terrorismo, per impedire, con la minaccia di possibili ritorsioni sui familiari, altre defezioni e denunce. Dall'altra tentando di dimostrare che i "pentiti" sono solo dei deboli e che la strategia politica terroristica non è fallita.
Se questi sono gli obiettivi chiaramente e direttamente perseguiti dalle brigate rosse con i sequestri di persona, si deve però aggiungere che anche questa volta la ripresa del terrorismo avviene in un momento in cui più forte si avverte la crisi del Paese, sia a livello politico che economico e sociale. L'offensiva terroristica approfitta cioè delle difficoltà e delle debolezze del paese e vi si inserisce nel tentativo di stravolgere la dialettica democratica con minacce, attentati ed atti di rappresaglia disumana.
La lotta nei confronti del terrorismo va dunque non solo proseguita bensì rinnovata e intensificata a tutti i livelli.
E' altresì necessario riprendere con slancio l'azione di informazione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica perché dobbiamo rialzare il livello di guardia per pervenire a più efficienti forme di mobilitazione e di vigilanza.
Proprio l'esperienza della nostra Regione dimostra che la capacità di mobilitazione dei lavoratori, l'impegno delle istituzioni e delle forze democratiche, insieme all'azione delle forze dell'ordine e della Magistratura, sono stati decisivi per le sconfitte subite dal terrorismo in Piemonte.
Iniziative di sensibilizzazione non sono d'altra parte mancate neppure in questi ultimi due anni, nonostante la riduzione degli episodi di violenza e i molti arresti operati nella nostra Regione.
A questo proposito mi limito a ricordare l'ultima iniziativa assunta in ordine di tempo dal Consiglio regionale e dal Comitato regionale antifascista, e cioè la pubblicazione "Dossier sul terrorismo 1980", edita nel marzo di quest'anno come spunto di riflessione e di approfondimento per tutti i cittadini, sulle caratteristiche nuove del fenomeno terroristico e di quello degli imputati "pentiti".
Ma oggi in presenza di una ennesima svolta nella strategia del partito armato, altre iniziative si rendono necessarie. Per discutere quali potrebbero essere queste iniziative invito pertanto i rappresentanti delle istituzioni e delle forze democratiche piemontesi a partecipare alla riunione del Comitato regionale antifascista che è convocato per martedì 14 luglio alle ore 18.
A nome del Consiglio regionale e della comunità piemontese esprimo la più profonda solidarietà alla famiglia dell'ing. Taliercio, con la certezza che il loro lutto è anche il lutto di tutti i democratici italiani.



(L'assemblea e i presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Industria (anche piccola e media)

Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale


PRESIDENTE

Ha ora la parola il Presidente della Giunta regionale, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, darò alcune diverse informazioni al Consiglio proprio perché intendo mantenere costante il rapporto fra la Giunta ed il Consiglio regionale.
La Giunta ha avuto una serie di incontri con la Fiat, con le banche con i costruttori, con la Commissione lavori pubblici della Camera per esaminare i problemi industriali e quelli di carattere finanziario.
L'incontro con la Fiat si è incentivato sui problemi di carattere industriale e sulla verifica del protocollo di intesa a suo tempo firmato con le Organizzazioni sindacali in vista dell'incontro che la Giunta regionale intende chiedere al Governo.
Abbiamo chiesto informazioni sulla strategia del Gruppo Fiat, sugli effetti che tale strategia produrrà negli stabilimenti del Piemonte sull'occupazione, sulla mobilità e sulla formazione professionale. In ordine al protocollo di intesa abbiamo sollecitato notizie sulle eventuali variazioni degli uffici direzionali, sulla loro attuazione sull'informazione che, a nostro avviso, necessita di automatismo e di sistematicità attraverso modelli da concordare. Abbiamo avuto uno scambio di valutazioni sul possibile ampliamento della pista della Mandria e sul progetto di fusione nucleare "Ignitor".
Possiamo dire che si è stabilita una proficua collaborazione fra l'azienda e la Giunta regionale.
Per quanto riguarda il settore automobilistico l'azienda assicura che non procederà ad altre operazioni quali quelle operate nell'ottobre scorso anche se rimane drammatica la situazione occupazionale dei 23 mila lavoratori in Cassa integrazione.
Per quanto riguarda gli uffici direzionali la volontà dell'azienda è di procedere immediatamente alla costruzione del complesso direzionale nella località San Paolo di Torino. Vi è invece un ritardo per quanto riguarda l'area del campo di volo di Collegno.
In ordine al progetto Ignitor vi è la piena disponibilità e il massimo appoggio della Fiat tanto è vero che sono state date immediate istruzioni agli uffici in ordine alla realizzazione di un progetto di fattibilità.
Relativamente alla questione della Mandria le operazioni sono abbastanza convergenti. Nel complesso l'incontro è stato positivo.
Per quanto riguarda l'incontro con le banche e con i costruttori (chiedo scusa ai colleghi se molte di queste notizie sono già note perch sono apparse sui giornali ma il Consiglio è stato convocato solo in questi giorni e non potevo darne comunicazione prima), si sono raggiunti risultati positivi per sbloccare la situazione drammatica in cui si trovavano le organizzazioni sindacali, i lavoratori ed i costruttori.
Il Ministro del tesoro ha firmato un decreto, quindi tutti i mutui per l'edilizia agevolata avranno attuazione nonostante la difficoltà delle Banche piemontesi a reperire i fondi al tasso del 19,10%.
L'incontro con la Commissione lavori pubblici della Camera, presieduto dall'onorevole Sullo, aveva lo scopo di esaminare le questioni inerenti alle opere pubbliche in Piemonte; abbiamo fatto presente la situazione viaria del Frejus, quella del Sempione, abbiamo illustrato il piano di risanamento delle acque. Abbiamo avuto apprezzamenti per il lavoro svolto e il riconoscimento che il Piemonte è una Regione trainante in questo settore rispetto a molte altre Regioni.
C'è stata inoltre una Conferenza dei Presidenti delle Regioni che ha esaminato la situazione della finanza regionale in seguito ai tagli operati dal Governo. In particolare si sono esaminati il problema che riguarda la riforma dei beni culturali, il decreto che riguarda il collocamento, la mobilità, l'integrazione salariale, il documento sulla Riforma assistenziale, il servizio pubblico radio-televisivo di emittenza privata.
Le posizioni della Regione sono state sostanzialmente accolte nei documenti dei Presidenti delle Regioni, sono comunque documenti di indirizzo e di impostazione di carattere generale.
Mi voglio soffermare sul documento relativo alla finanza regionale.
Come è noto, il Piemonte, come capofila delle Regioni, attraverso l'opera degli Assessori Simonelli e Testa, ha avuto un costante contatto con gli Assessori al bilancio delle altre Regioni le quali sono pervenute ad un documento che la Conferenza dei Presidenti ha fatto proprio. La riunione tra gli Assessori al bilancio e la Commissione finanze e bilancio del Senato, è stata drammatica. Tutti i Presidenti delle Regioni hanno rilevato un atteggiamento negativo nei confronti delle Regioni, hanno avuto la sensazione che si voglia dichiarare una guerra alle Regioni, che non si vogliano comprendere le ragioni fondamentali sulle quali esse conducono la loro battaglia di attuazione della costituzione, ma soprattutto di sopravvivenza e di capacità di inserimento negli organi dello Stato.
Gli Assessori hanno presentato un documento contenente la contro proposta ai tagli del Governo, documento serio e responsabile che rivela la disponibilità delle Regioni ad affrontare con il Governo e con lo Stato la drammaticità della situazione inflazionistica ed economica del Paese, che accetta la diminuzione del disavanzo pubblico quindi la necessità del taglio della spesa, ma che porta avanti un discorso valido e indiscutibile sul piano politico e sul piano dell'iniziativa e cioè che i tagli non vengano fatti sull'art. 8, ma che vengano finalizzati su alcune leggi di settore.
In sostanza la proposta degli Assessori è la seguente: taglio per circa 300 miliardi sulla legge Marcora per quanto riguarda l'agricoltura taglio di 450 miliardi sulla legge del piano dei trasporti; le Regioni si impegnano per il 50% degli investimenti in questi settori. E' quindi una proposta che va incontro alle esigenze del Governo, che mette in moto meccanismi di dilazione e di impegno da parte delle Regioni.
Nella giornata di ieri abbiamo atteso la convocazione del Ministro Andreatta per avere una risposta a questa proposta.
Ho inviato al Presidente del Consiglio la richiesta di un incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri, non appena il nuovo Governo avrà ottenuto la fiducia, perché la Giunta intende prospettare i problemi che drammaticamente coinvolgono il Piemonte, ritenendo che sia necessario fare una discussione specifica sul "caso Piemonte".



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO


Argomento: Industria (anche piccola e media)

Proposte della Giunta regionale per una politica industriale


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto all'ordine del giorno: "Proposte della Giunta regionale per una politica industriale".
La parola al Vicepresidente della Giunta regionale Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Vice Presidente della Giunta regionale

Il documento che viene presentato al Consiglio ed ora qui illustrato si prefigge due obiettivi: quello di indicare alcune proposte di politica industriale in previsione dell'incontro con il Governo e di illustrare la linea di azione che in questo momento la Regione, pur nei suoi limitati compiti istituzionali, sta seguendo per favorire l'uscita dalla crisi dell'apparato industriale. Tali proposte ed iniziative vanno considerate nel quadro più generale di politica economica a suo tempo definito con la presentazione, già avvenuta in Consiglio, degli 84 progetti di pronto intervento, anticipatori del secondo Piano regionale di sviluppo.
Le richieste di intervento nazionali sono necessarie ed urgenti, stante l'aggravarsi di tutta una serie di fattori, alcuni generali, ma altri specifici della crisi industriale nella nostra regione. Ecco perché si è ritenuto di non attendere la discussione del più generale piano regionale di sviluppo che sarà presentato all'attenzione del Consiglio regionale all'inizio della ripresa dei lavori, nella sessione autunnale.
L'apparato industriale del Piemonte presenta segni gravi di crisi. In una situazione economica generale caratterizzata da livelli crescenti delle quotazioni del dollaro, da perdite cospicue realizzatesi negli ultimi giorni di tutti i titoli fondamentali quotati in borsa, specie industriali da un crescente deficit della bilancia dei pagamenti e da un tasso di inflazione che continua a mantenersi ai livelli del 20-21% di incremento rispetto allo scorso anno, gli elementi di crisi dell'apparato industriale piemontese si collocano come momento specifico grave, e rilevante della difficile situazione economica del Paese. La crisi investe la sostanza dell'apparato produttivo regionale caratterizzato da 9.595 per aziende che occupano 735.895 lavoratori (stime Ires riferite al 1979 e ad aziende con più di 10 addetti).
Data la presenza nella nostra regione non solo della più grande concentrazione industriale del nostro Paese, ma di tutti i fondamentali settori produttivi dell'industria privata e settori significativi dell'industria pubblica, la "questione" dell'industria piemontese diviene immediatamente "questione nazionale". I dati che l'illustrano li sottoponiamo oggi all'attenzione e alla valutazione delle forze politiche delle forze sociali e delle forze economiche della nostra Regione. Essi sono stati raccolti dall'Assessorato all'industria e lavoro attraverso consultazioni, strumenti di indagine propri, coordinamenti con indagini condotte da altri Istituti.
Senza nessuna pretesa di completezza essi offrono tuttavia gli elementi essenziali per la valutazione di una situazione che è venuta evolvendosi in senso negativo essenzialmente nel 1981. Come ai Consiglieri è noto, la "Radiografia della crisi industriale del Piemonte", aveva accertato che al 1° maggio 1981 la situazione poteva essere così caratterizzata: lavoratori a cassa integrazione straordinaria n. 43.994 * * dato corretto a seguito di una verifica sulla situazione Teksid Aziende in crisi n. 167 Lavoratori occupati nelle aziende in crisi n. 227.140 Le ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria sono passate da : da 3.717.632 di Gennaio 1981 a 4.682.813 di Febbraio 1981 a 2.969.697 di Marzo 1981 Lavoratori in cerca di occupazione n. 111.000 Lavoratori in cerca di prima occupazione n. 63.000 Ma un successivo aggiornamento condotto nel mese di giugno ha portato a queste nuove rilevazioni: Lavoratori in cassa integrazione straordinaria n. 45.149 Aziende in crisi n. 186 Lavoratori occupati nelle aziende in crisi n. 229.555 Le ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria sono passate da 2.969.697 di Marzo a 3.099.338 di Aprile a 3.932.683 di Maggio Più specificatamente delle 186 aziende in crisi : n. 76 nel settore metalmeccanico con 34.834 dipendenti in C.I.G.
n. 66 del settore tessile con 6.232 dipendenti in C.I.G.
n. 22 del settore chimico con 1.909 dipendenti in C.I.G.
n. 13 del settore alimentare con 1.490 dipendenti in C.I.G.
n. 7 del settore poligrafico - cartario con 630 dipendenti in C.I.G.
n. 2 del settore pelli-calzature con 54 dipendenti in C.I.G.
Il massiccio ricorso alla Cassa integrazione, pur indispensabile per garantire comunque un reddito a migliaia di lavoratori coinvolti dalla crisi, pone due fondamentali riflessioni: la prima che si corra il rischio che numerosi posti di lavoro vadano perduti, che si trasformino in una sorta di "precarietà stabilizzata" e che attraverso un meccanismo che pu diventare di fatto meramente assistenziale, finisca poi per dilatare il lavoro nero. La seconda che tutto ciò possa assieme ad altri fattori determinare un mutato atteggiamento nei confronti del lavoro, in altri termini che il lavoro non sia più visto come fonte primaria di inserimento e legittimazione sociale e quindi non più valutato come valore sociale, ma soltanto in rapporto alla sua qualità, al reddito che offre, al rapporto che viene a stabilirsi fra tempo di lavoro e tempo di vita.
L'attuale crisi non investe soltanto diversi settori produttivi, ma modifica radicalmente il quadro economico tradizionale della nostra Regione che aveva caratterizzato gli anni dello sviluppo. Dal 1950 al 1976 si era trattato di uno sviluppo impetuoso, distorto, congestionato, ma certo di sviluppo. Con qualche differenza di tassi di percentuali esso aveva per caratterizzato 26 anni della vita politica piemontese. Ora la situazione sta cambiando. In effetti l'analisi interna di questi dati mette in evidenza che su 186 aziende in crisi, 77 sono comprese nella provincia di Torino; su 45.149 lavoratori a cassa integrazione speciale, 36.215 sono dipendenti da aziende inserite nella provincia di Torino. Questo porta ad una prima ed immediata conclusione: è in crisi prima di tutto ciò che prima era fattore di congestione industriale; è in difficoltà il motore dello sviluppo e pone problemi di strategia qualitativamente nuova, il polo industriale di Torino, quello che era stato la sede e l'occasione negli ultimi decenni della più grande emigrazione interna della storia d'Italia e che aveva appunto portato a fare della città di Torino il simbolo di un certo tipo di sviluppo industriale.
A sottolineare l'indebolimento della situazione economica del Piemonte concorre anche il rapporto con le altre Regioni industrializzate dove gli indicatori di crisi appaiono molto più attenuati, in Lombardia, a fronte di una dimensione industriale doppia rispetto a quella piemontese, le aziende in cassa integrazione guadagni straordinari sono circa 170 e i dipendenti sospesi circa 20.000; il tasso di disoccupazione supera di poco il 3 mentre il Piemonte è del 5,6%.
Anche in Liguria, dove la struttura industriale ha dimensioni molto più contenute, le aziende in cassa integrazione guadagni straordinari sono 48 ed i dipendenti sospesi meno di 4.000.
Per quanto riguarda l'occupazione, i primi dati relativi al 1981 evidenziano a livello regionale e, in particolare a livello torinese chiari segnali di peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro.
34.000 sono i posti di lavoro perduti a gennaio 1981 rispetto al dato medio 1980; nella maggior parte si tratta di posti di lavoro dipendenti nell'industria, concentrati in provincia di Torino. Questa tendenza è confermata dal calo degli avviamenti.
Tra gennaio ed aprile 1981 in provincia di Torino sono state avviate ogni mese circa 1.000 persone in meno rispetto alla media mensile dell'80.
Il comune di Torino rappresenta il polo principale di crisi: nei primi cinque mesi dell'81 gli avviamenti sono stati 21.154, oltre 4.000 in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
In termini qualitativi, il crollo degli avviamenti è determinato dalla brusca riduzione delle chiamate numeriche (2.500 in meno) che, come è noto pur pesando solo per il 20% sul totale degli avviamenti costituiscono l'unica procedura che vede il collocamento pubblico soggetto attivo nell'incontro, sempre più difficile, tra domanda ed offerta di lavoro. Non va trascurato inoltre che tra le chiamate numeriche è sempre più frequente l'assunzione per contratti a termine.
Estendendo all'intero 1981 alcune considerazioni che si possono trarre sulla base delle tendenze emerse in questi primi mesi, si può ipotizzare in almeno 10/15.000 unità la diminuzione complessiva degli avviamenti su scala provinciale.
Naturalmente tutti questi dati che dimostrato insieme ad altri già noti (effetti della restrizione del credito) le difficoltà congiunturali e strutturali dell'industria piemontese a metà del 1981 non sottointendono n una tesi di crisi irreversibile, né un'incapacità del sistema industriale piemontese di dare vita ad una ripresa anche generale, né una qualche sottovalutazione del ruolo e della politica economica necessaria per un ulteriore sviluppo del settore terziario come è già avvenuto e come è opportuno che avvenga. I dati e gli elementi di analisi intendono solo costituire la base per una, serie di interventi e sollecitare una politica tale da consentire al nostro sistema industriale di partecipare in certi settori anche di vincere la sfida tecnologica e commerciale che è in corso in Europa e nel mondo.
L'industria piemontese può uscire dalla crisi ma il passato non ritorna. E' necessario un nuovo tipo di sviluppo.



ALCUNE PROPOSTE DI POLITICA INDUSTRIALE DA AVANZARE AL GOVERNO

Il quadro complessivo sopra descritto può essere maggiormente specificato. La crisi si manifesta in modo particolarmente pesante nei comparti dell'industria automobilistica - finito e componenti elettronica, chimica, tessile, siderurgica e, territorialmente, nel Verbano Cusio-Ossola, nell'area astigiana, nella Valle Scrivia.
Con riferimento alle situazioni più complesse la Giunta regionale sottopone al Governo alcune proposte concrete di politica industriale.



REVISIONE E RAPIDA ATTUAZIONE DEGLI STRUMENTI LEGISLATIVI VIGENTI IN



MATERIA DI POLITICA INDUSTRIALE E DELL'IMPIEGO

Si ribadisce la validità del documento interregionale presentato al Governo nel febbraio scorso sul nuovo ruolo delle Regioni in materia di politica industriale.
Per quanto riguarda in particolare gli strumenti di agevolazione creditizia, si chiede, d'intesa con le altre Regioni, che il Governo provveda con urgenza: alla revisione del D.L. n. 285 del 6 giugno 1981, per superare le strozzature dei numerosi punti dell'art. 3, che possono di fatto bloccare il credito agevolato alla piccola e media industria alla corretta applicazione della legge 675 sulla riconversione industriale ed al suo complessivo riesame, tenuto altresì conto delle proposte regionali a suo tempo presentate alla riformulazione dei criteri stabiliti dal D.P.R. 902/1976 per una ridefinizione da parte delle Regioni delle zone insufficientemente sviluppate, tale da consentire l'effettiva attuazione delle scelte regionali in materia di sviluppo industriale all'approvazione del D.D.L. sul risparmio energetico e sull'utilizzo di fonti rinnovabili ed alternative come strumento di razionalizzazione e sviluppo del sistema produttivo.
In tema di politica dell'impiego come emerge dal documento approvato il 3 luglio u.s. dalla conferenza dei Presidenti delle Regioni si chiede che venga urgentemente attuata la riforma degli strumenti di politica attiva del lavoro e che al suo interno venga dato spazio adeguato alla funzione programmatoria delle Regioni ed alla loro capacità di intervento sulle realtà locali e, particolarmente: che le Regioni abbiano una presenza altamente qualificata nelle Commissioni regionali per l'impiego e ne possano assumere la Presidenza che la Commissione regionale per l'impiego sia dotata di poteri e mezzi effettivi che sia dato il necessario spazio agli osservatori regionali sul mercato del lavoro che siano permesse effettive possibilità di sperimentazioni.
RAPIDA ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA FINALIZZATO PER L'INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA L'andamento del mercato automobilistico interno ed internazionale non delinea in questa fase ancora margini considerevoli di ripresa.
In questo quadro la Fiat Auto dopo un parziale recupero non è in grado di individuare nei tempi teorici a suo tempo previsti, una ripresa generale. Non mancano obiettivi e progetti per l'83, ma il problema è che non è delineato con chiarezza un piano di impresa.
Mentre si realizzano importanti accordi industriali in altri settori del gruppo (come il recente Fiat-Rockwell, Finsider, Alfa Romeo), per ampliamenti produttivi nei veicoli industriali, l'auto continua a gravare in termini di prospettive occupazionali sul sistema economico piemontese sia presso gli stabilimenti del prodotto finito, sia presso le centinaia di imprese di componenti ad esso legate.
E' dunque necessario un ben più ampio respiro strategico che punti non al ridimensionamento, bensì alla espansione delle attività del gruppo Fiat.
Ciò è possibile soltanto se da parte dello Stato verrà attuata una politica di programmazione. Il piano auto, il fondo per l'innovazione tecnologica ed altri strumenti di sostegno - i cui finanziamenti vanno garantiti non solo alla grande impresa, ma anche alle aziende dell'indotto - devono diventare operativi al più presto ed essere finalizzati ad una politica di sviluppo di riqualificazione produttiva e di difesa dell'occupazione.
Per contribuire al superamento, almeno parziale di questa situazione è quindi, fondamentale la rapida gestione del "programma", in particolare dando attuazione urgente alla delibera del CIPI del 21 maggio scorso e specificatamente ai principi contenuti nel punto 3, paragrafo terzo relativo all'industria dei componenti (allegato B).



MANTENIMENTO DEGLI IMPEGNI SOTTOSCRITTI PER LA OLIVETTI

Da circa due anni si sollecita il Governo al mantenimento degli impegni sottoscritti e nella quasi totalità, disattesi. In particolare ed in forma prioritaria si sollecita: a) il coordinamento della domanda pubblica di informatica degli Enti locali b) il concretizzarsi della domanda pubblica aggiuntiva, il mancato rispetto degli impegni di commessa relativa ai posti telex ha già portato alla C.I.G. di 150 lavoratori dello stabilimento Olteco di Scarmagno c) l'introduzione del registratore di cassa come strumento di politica fiscale. L'accordo prevedeva la conclusione dell'iter del necessario provvedimento legislativo entro il febbraio 1981; peraltro il D.D.L. non è ancora stato al momento attuale nemmeno portato in discussione. In conseguenza di queste inadempienze sono stati posti in Cassa integrazione guadagni 500 lavoratori dello stabilimento di Pozzuoli.



SOSTEGNO ALLA COSTITUZIONE DI UN CONSORZIO PER LA PRODUZIONE NEL



SETTORE DELL'ELETTRONICA CIVILE TRA LE AZIENDE INDESIT-VOXON-EMERSON

D'intesa con le Regioni Toscana, Lazio, Campania e gli Enti locali interessati, dopo specifiche consultazioni con le imprese e le organizzazioni sindacali, è stata avanzata al Governo la proposta di intervento, sia in base al "programma finalizzato per l'industria elettronica", sia in base alle possibilità operative della GEPI di eventuali altri possibili strumenti, al fine di rendere possibile la costituzione del "Consorzio", per il quale le Imprese si sono già pronunciate favorevolmente ed hanno presentato le proprie proposte tecniche, impegnandosi per la diretta partecipazione attraverso capitale di rischio ed estendendo eventualmente l'operazione alla Elcit di S. Antonino di Susa (Torino) ed acquisendo nell'accordo un partner straniero ad alta qualificazione tecnologica.
I lavoratori interessati a questa proposta sono 13.434, ma occorre considerare che per la sola Indesit i lavoratori dipendenti del complesso dell'indotto sono circa 12.000.
VERIFICA DEGLI IMPEGNI ASSUNTI DALLA MONTEDISON CON IL PIANO DI



RISTRUTTURAZIONE AI SENSI DELLA L. 675 E COMPLETA DEFINIZIONE DEL PIANO



DELLA CHIMICA IN RELAZIONE AI PROBLEMI MONTEFIBRE

Non appena il CIPI ha deliberato il finanziamento di circa 750 miliardi sulla 675 per la ristrutturazione degli stabilimenti Montedison è stata decisa la privatizzazione della Società, attraverso la vendita del pacchetto azionario pubblico Sogam al gruppo Bonomiorlando-Pirelli-Agnelli.
In questo nuovo quadro è indispensabile che il Governo verifichi che tutti gli impegni sugli investimenti vengano mantenuti ed accerti se i piani di sviluppo industriale permettono il mantenimento dei mercati e dell'occupazione.
Per quanto riguarda Montefibre sono preoccupanti le continue richieste di ridimensionamento occupazionale e le iniziative di chiusura di reparti (si veda nell'ultimo periodo la chiusura dei reparti nylonpart e polispe con sospensione di 150 lavoratori nello stabilimento di Verbania-Pallanza).
Sulla tematica delle fibre il Governo deve fornire indirizzo per lo sviluppo del settore, all'interno del piano della chimica, che deve essere definito nella sua completezza quanto prima.
E' inoltre necessario ricordare che la proroga del trattamento di cassa integrazione guadagni per tutti i lavoratori Montefibre è ferma al 15.6.1981.
I lavoratori Montedison in Piemonte sono 3.145 (stabilimenti di Novara Spinetta Marengo, Villadossola e Ferroleghe di Domodossola); i lavoratori Montefibre 3.528 (stabilimenti di Vercelli, Verbania ed Ivrea).



ACQUISIZIONE PARERE REGIONALE E SUCCESSIVE INDICAZIONI PER I PROGRAMMI



AZIENDALI DEL GRUPPO GEPI NELL'AMBITO DEL TERRITORIO

A seguito delle numerose consultazioni svolte nei mesi di gennaio febbraio-marzo e coerentemente a quanto previsto dall'art. 3 della legge 442/1980, il 25 maggio u.s. è stato trasmesso al Cipi il parere regionale relativamente ai criteri di classificazione GEPI delle aziende piemontesi.
E' ora necessario e urgente conoscere le deliberazioni definitive del CIPI circa le indicazioni operative alla GEPI e, quindi, i definitivi criteri di valutazione e i programmi produttivi ed occupazionali conseguenti.
Si ribadisce inoltre al Governo: 1) l'obbligo della GEPI di assolvere il proprio mandato istituzionale 2) la necessità del completo rispetto degli accordi sottoscritti (Vediremmert, Manifattura Lane di Carignano) 3) l'urgenza per la predisposizione e avvio sempre a norma della legge 442/80 all'art. 3, di attività sostitutive per le aziende non sanabili.
Il Governo deve altresì rispondere alle proposte contenute nel "parere regionale", in relazione alle singole unità produttive ed in particolare per quanto concerne il ruolo delle partecipazioni statali nei confronti della Neohm e della inclusione della Elcit nell'eventuale secondo polo dell'elettronica civile.
Occorre solo ricordare che i lavoratori interessati e occupati nelle aziende gestite dalla GEPI sono in Piemonte 4.855 (di cui oltre 900 in C.I.S.) e le aziende sono 16 collocate in provincia di Torino, Asti Novara.



INTERVENTO URGENTE PER IL VERBANO-CUSIO-OSSOLA

1) Esame ed attuazione del documento elaboralo dalla Commissione interministeriale.
Il Ministro del lavoro, per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha istituito nel marzo del corrente anno una Commissione interministeriale per l'esame della situazione socio-occupazionale del VerbanoCusio-Ossola.
E' necessario che il Governo esamini l'ampia relazione elaborata dalla Commissione (sulla quale il Comitato comprensoriale ha già espresso una propria valutazione - all. G -) e che, in relazione alla gravità della situazione dell'occupazione industriale nella zona, assuma gli opportuni provvedimenti.
2) Adozione di scelte operative per le aziende siderurgiche maggiormente colpite dalla crisi.
Al seguito della consultazione delle parti sociali condotto con le Amministrazioni locali interessate, nel maggio scorso, a fronte dell'aggravarsi della situazione industriale nel settore siderurgico fortemente concentrata nella zona Ossolana, è stata avanzata il 1 giugno scorso al Ministro dell'industria, una serie di proposte per l'adozione di concrete misure anticrisi.
Le aziende siderurgiche nell'area erano nel 1979 quattro per un totale di 3.300 occupati, al 30 aprile 1981 erano ormai tre per un totale di 2.600 occupati. Se persiste incontrastata l'attuale tendenza è prevedibile che nell'arco di diciotto mesi rimangano presso le tre aziende (Sisma di Villadossola - Pietra di Omegna e Ceretti di Pallanzeno) non più di 1.800 occupati (All. E).
3) Intervento specifico per due aziende del settore tessile E' necessario che la Commissione interministeriale attui, in sede governativa, la verifica delle situazioni delle aziende Novatoce e Unione Manifatture.
L'azienda Novatoce è stata posta in liquidazione. E' stato predisposto da un gruppo imprenditoriale un programma di ristrutturazione (L. 675), che necessita una valutazione da parte del Ministero dell'industria.
Per l'Unione Manifatture, abbandonato il progetto "filatura" è necessario che vengano valutate con la proprietà eventuali ipotesi di riconversione.
Occorrerà ancora solo ribadire che le proposte qui avanzate non esauriscono certo "tutta" la capacità propositiva della Regione Piemonte in materia di politica industriale nazionale. Le richieste sono però tali da rispondere da un lato ai tempi brevi, inderogabili, che esigono decisioni tali da evitare aggravamenti delle situazioni e peraltro verso interventi strutturali che si qualificano per la loro portata anche nazionale.



INTERVENTI DIRETTI DELLA REGIONE

La non esplicita attribuzione della materia "industria" tra le competenze regionali ex art. 117 della Costituzione non viene certamente intesa come un limite agli interventi e alla stessa formulazione ed attuazione di una politica industriale della regione, ovviamente nel quadro della programmazione regionale e delle scelte economiche nazionali.
L'AZIONE DELLA REGIONE NELLE SITUAZIONI AZIENDALI DI CRISI E DI SVILUPPO La difficile e progressiva crisi che investe il sistema industriale piemontese, con rilevanti ripercussioni sull'occupazione, impegna la Regione a seguire la maggior parte delle situazioni di crisi aziendali.
L'azione della Regione comporta un'ampia attività diretta non solo alla difesa dei livelli occupazionali, ma altresì, al conseguimento di nuovi assetti produttivi e ad una vera e propria opera di sostegno al mantenimento e allo sviluppo produttivo.
La Regione sviluppa così una vasta gamma di rapporti che investono il Governo, il Parlamento, le Organizzazioni sindacali dei lavoratori, gli imprenditori singoli e associati, gli Istituti di credito, la Magistratura ed altri Organismi dello Stato.
Questa complessa attività viene svolta attraverso un progressivo coinvolgimento degli Enti locali, ed in particolare dei maggiori Comuni; al fine di costituire un vero e proprio "sistema regionale" articolato e diffuso su tutto il territorio piemontese. Esempi di questa scelta condivisa dagli Enti locali stessi con l'approvazione del documento a loro presentato nel febbraio scorso (all. F) - sono stati i recenti convegni di Pozzolo Formigaro, Ciriè ed Asti, organizzati dalle autonomie locali che hanno visto scaturire valide proposte operative.
In particolare il convegno di Asti ha permesso fin d'ora di avviare un'iniziativa concreta, in collaborazione con gli Enti locali, le organizzazione sindacali, l'Unione Industriale, la Camera di Commercio l'Ufficio provinciale del lavoro, l'Ispettorato provinciale del lavoro, il Comitato provinciale dell'I.N.P.S. Tale iniziativa avrà come punto di partenza un'indagine sulla trasformazione dell'apparato produttivo ai fini dell'individuazione e predisposizione di linee di programmazione inerenti il mercato del lavoro, la pianificazione del territorio per fini di insediamento produttivo, le infrastrutture.
In direzione del sostegno dello sviluppo industriale, l'opera della Regione si dispiega ancora attraverso interventi che vanno dalla diversificazione, riconversione e ristrutturazione dell'apparato produttivo, anche con l'attivazione di un'adeguata attività di riqualificazione professionale, alla rilocalizzazione di unità produttive alla razionalizzazione del sistema delle localizzazioni - tramite la predisposizione di aree industriali attrezzate e la realizzazione di infrastrutture atte ad incentivare gli insediamenti.
Significativo in questo senso è il rapporto che viene costantemente mantenuto tra concorso nella gestione delle leggi operanti in materia industriale e obiettivi di sviluppo della Regione, partendo dai reali e concreti problemi dell'apparato industriale.
Non bisogna però dimenticare che diviene elemento vieppiù qualificante per lo sviluppo industriale di una economia avanzata, la razionale e programmata crescita di un sistema terziario volto in primo luogo alla espansione produttiva.
I dati dimostrano, tra l'altro, che l'occupazione nel terziario è in crescita a tassi più elevati in Piemonte che non in altre Regioni italiane.
Perché tale crescita non diventi incontrollata e incoerente con lo sviluppo dell'economia regionale appare auspicabile intervenire nel settore potenziandone le funzioni strategiche ed innovative. Appare in questo senso necessario, da un lato, qualificare la nuova offerta di forza lavoro e dall'altro, dare risposte alla crescente esigenza di approfondimento della ricerca applicata da parte del sistema industriale.



INIZIATIVE PER LA REALIZZAZIONE DI UN ESPERIMENTO DI MOBILITA' DA POSTO

DI LAVORO A POSTO DI LAVORO Il crescente squilibrio tra domanda ed offerta di lavoro, aggravato dalla minaccia di espulsione di migliaia di occupati da aziende in crisi richiede l'attivazione immediata di nuove politiche per l'impiego.
Nell'attesa che il Governo dia finalmente avvio ad una riforma complessiva degli istituti del collocamento e della mobilità, all'interno del quale deve essere definito e rafforzato il ruolo delle Regioni, si propone l'immediata attuazione di un progetto sperimentale di mobilità contrattata. In questo contesto sarebbe anche possibile, da un lato attivare nuove forme di avviamento al lavoro da parte del collocamento tenendo conto delle reali caratteristiche dell'offerta; dall'altro realizzare almeno parzialmente, la razionalizzazione e la modernizzazione degli organismi locali di gestione del mercato del lavoro (Uffici di Collocamento).
In questo senso sono già state invitate le parti sociali a discutere possibili ipotesi di intervento da sperimentare nella nostra Regione, sulla base di un accordo con il Ministero del Lavoro.
Il primo passo che può essere fatto in direzione dell'attuazione di qualsiasi ipotesi di gestione della mobilità è quello di attivare la Commissione regionale per l'impiego che secondo le norme vigenti, ha la concreta possibilità di operare in questo senso, con il supporto anche tecnico, delle strutture funzionali della Regione.
In seno alla Commissione potrebbe fin d'ora essere praticata l'anticipazione di alcuni criteri della legge di riforma del servizio per l'impiego attualmente in discussione in Parlamento (D.D.L. 760)



INIZIATIVA DI ADEGUAMENTO DELLE PROFESSIONALITA'

Per parte propria la Regione ha attivato finora, come elemento tradizionalmente portante di politica per l'impiego, significativi interventi per adeguare le caratteristiche qualitative della forza lavoro espulsa dalle aziende in crisi alle professionalità richieste dal mercato e dai nuovi gruppi industriali coinvolti in processi di riassorbimento occupazionale.
Ultimo caso estremamente significativo è quello della necessità avanzata dalla Fiat di predisporre al più presto un programma di formazione professionale adatto agli sviluppi produttivi presso lo stabilimento di Veicoli Industriali di Cameri dopo l'accordo internazionale con la Rockwelle.
Ma se questo tipo di intervento deve continuare a qualificare la politica regionale per l'impiego è evidente che non può essere sottodimensionato dal punto di vista finanziario rispetto alle esigenze del mercato del lavoro.



INIZIATIVA A FAVORE DELLA PICCOLA E MEDIA INDUSTRIA

Tenuto conto della determinante presenza nell'apparato industriale piemontese della piccola e media impresa, occorre riservare a questo settore una specifica attenzione.
Si tratta di rendere operante la nuova legge n. 240/1981 per favorire la promozione della costituzione di Consorzi, per incentivare una maggiore capacità di penetrazione della p.m.i. sui mercati esteri, l'adozione di adeguate tecnologie, lo sviluppo della ricerca, la razionalizzazione degli impieghi energetici, il reperimento delle materie prime. Importante è altresì, promuovere operazioni di leasing, di factoring e di garanzia fidi anche attraverso il coordinamento delle iniziative e delle competenze degli Enti strumentali della Regione.



INIZIATIVA VERSO L'INDUSTRIA DELLA COMPONENTISTICA

In attuazione del punto 10 del "parere regionale sul programma finalizzato per l'industria automobilistica", si darà corso : a) alla realizzazione del progetto - già inserito tra gli 84 progetti di pronto avvio, presentati dalla Giunta regionale - finalizzato all'effettuazione di un'indagine sui problemi e sullo stato industriale del comparto ed all'individuazione degli strumenti più opportuni ed efficaci per una politica attiva sia anticrisi, sia di sostegno per la ripresa e lo sviluppo b) alla verifica - d'intesa con gli Enti locali interessati - tramite consultazione dei programmi dei gruppi e delle maggiori imprese operanti nel settore. (significativa in questo senso la convocazione presso la Regione della società multinazionale I.T.T.-I.A.O. Industrie Riunite presente con nove stabilimenti in Piemonte) c) all'intervento, presso il Governo, perché la Regione Piemonte venga al più presto associata al Comitato che, in attuazione della già citata delibera CIPI deve essere costituito per la predisposizione degli elementi di base necessari per l'elaborazione di uno specifico programma per la componentistica.



INIZIATIVA PROMOZIONALE NELL'AMBITO DEL SETTORE DELLA CARTA

Sono note le difficoltà dell'industria cartaria derivate dal reperimento della materia prima nell'ambito del mercato nazionale e come ciò comporti gravi squilibri nella nostra bilancia commerciale: Per contribuire a ridurre almeno parzialmente le difficoltà dell'industria piemontese la Regione propone tra i possibili interventi di puntare alla razionalizzazione del recupero della carta da macero.
Gli Enti che sarebbe opportuno attivare ulteriormente in questa direzione, per il recupero della carta sono i maggiori comuni del Piemonte attraverso le loro aziende municipalizzate di raccolta rifiuti.
La raccolta della carta da macero può essere effettuata a monte (cioè prima di essere gettata nei rifiuti) e a valle (dopo essere stata gettata nei rifiuti).
Un progetto di intervento a valle comporterebbe problemi di natura finanziaria, tecnologica e tecnica, oggi difficilmente superabili.
Per quanto concerne la raccolta a monte invece gli impegni tecnologico e finanziario sarebbero inferiori. A questa operazione potrebbero partecipare, per quanto concerne la fornitura della carta straccia, tutti i maggiori Enti pubblici, fatte salve normative di legge che regolino diversamente questo comportamento.
Alcuni Enti pubblici a scopo anche pubblicitario dovrebbero impegnarsi nell'utilizzo del prodotto cartario rigenerato (es. carte per ufficio).
Ciò sarebbe anche di incentivo per rastrellare eventuali capitali di rischio privato, necessari a finanziare nuovi impianti per la lavorazione di carta da macero.
Può essere ancora utile, all'interno dell'iniziativa, prevedere una revisione della legge regionale sullo smaltimento dei rifiuti urbani, al fine di dotare le aziende municipalizzate di macchinari più idonei alla raccolta.



INIZIATIVE PER CONTRIBUIRE AD UNA INTEGRAZIONE TRA I SETTORI DELLA



PRODUZIONE AGRICOLA E DELLA TRASFORMAZIONE INDUSTRIALE

In questo settore che risente dello scarso raccordo tra la produzione agricola, locale e nazionale, e l'industria di trasformazione dei prodotti alimentari, sono state intraprese, con il supporto dell'Esap, due iniziative tendenti a favorire tale accordo.
La prima iniziativa riguarda il settore delle mense, su cui si riflette negativamente la crisi di alcuni grandi complessi aziendali. L'iniziativa offre la possibilità alle aziende di ristorazione di utilizzare prodotti dell'agricoltura piemontese, specie del settore cooperativo ed associativo sostituendo così i prodotti di importazione con prodotti locali.
La seconda iniziativa riguarda il settore della trasformazione dei prodotti alimentari.
Su iniziativa della Regione Piemonte è avvenuto un primo confronto con l'Alivar (gruppo industriale a PP.SS. operante nel settore agroindustriale) che ha dichiarato la sua disponibilità ad un coordinamento con l'Esap al fine di realizzare rapporti diretti tra il settore produttivo agricolo piemontese e le industrie di trasformazione alimentare.
In seguito a ciò l'Esap si impegna a coinvolgere l'Alivar e tutti gli amministratori degli Enti locali e pubblici interessati ai problemi della ristorazione collettiva nella verifica delle possibilità di sviluppo del settore.



PRESIDENTE

L'accordo preso in sede di Conferenza dei Capigruppo è di rinviare il dibattito sulle comunicazioni del Vice Presidente perché il Consiglio possa esaminare la relazione che è stata qui resa.


Argomento: Bilanci consuntivi (generale e del Consiglio Regionale)

Esame del progetto di legge n. 87: "Rendiconto dell'esercizio finanziario 1980"


PRESIDENTE

Passiamo al punto nono all'ordine del giorno: "Esame del progetto di legge n. 87: 'Rendiconto dell'esercizio finanziario 1980'".
La parola al relatore, Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è forse opportuno rilevare che siamo arrivati all'esame ed all'approvazione del rendiconto relativo all'esercizio 1980 nei tempi stabiliti dalla legge. Merito della Giunta e dell'Assessore competente.
Ciò può costituire la premessa per una non facile messa a regime delle scadenze di bilancio.
Il rispetto di tali scadenze trova spesso ostacoli insormontabili in inadempienze e decisioni molto discutibili da parte del Governo. Entro il 30 giugno si doveva provvedere, per legge, all'approvazione dell'assestamento del bilancio in corso, ma, come ogni Consigliere ben sa tale adempimento è reso praticamente impossibile dall'incertezza che permane sulle entrate della Regione a seguito dei provvedimenti governativi in materia di finanza locale e regionale, che si sono accavallati negli ultimi mesi in modo convulso.
Ciò ha creato una confusione notevole nella gestione dei bilanci degli Enti locali e delle Regioni, per cui a quasi due terzi dell'esercizio non si è ancora in possesso delle disposizioni definitive in materia di bilanci.
Si sperava che quanto accadde nel 1980, con l'approvazione della legge sulla finanza locale avvenuta soltanto il 5 luglio, fosse un limite invalicabile.
Ma, evidentemente, non c'è limite al peggio ed alle inadempienze.
Quest'anno saremo fortunati se le nuove disposizioni ci saranno per ferragosto.
C'è solo da sperare che il nuovo Governo dia immediatamente il segno di voler cambiare rotta predisponendo contemporaneamente, ed in tempi brevi le norme per il 1982 e le proposte definitive per la riforma della finanza locale.
Inoltre la scadenza della legge sulla finanza regionale è ormai vicina e si arriverà in ogni caso in ritardo alla sua definizione.
Non può quindi che esprimersi l'augurio che il nuovo Ministro per le Regioni, Aniasi, acceleri i tempi al massimo, altrimenti anche la sua ben nota sensibilità ai problemi della finanza locale e regionale, finirà per essere offuscata dalle tradizionali inadempienze ministeriali.
E' vero che i ritardi ormai, sembrano rasentare l'assurdo, ma non possiamo però nasconderci che, caoticamente e fuori da ogni controllo istituzionale, sono serviti a far passare, oggettivamente, una linea di politica economica e finanziaria basata quasi esclusivamente sui tagli indiscriminati ai bilanci degli Enti locali.
Nel merito delle scelte fatte dalla Giunta nel 1980 in materia di gestione tecnico-finanziaria del bilancio, va rilevato il fatto positivo di non aver contratto nuovi mutui se non quando indispensabile, riuscendo così a risparmiare sulle rate di ammortamento.
Il risparmio è consistente se teniamo presente che a fronte di mutui previsti in L. 187.555 milioni ne sono stati contratti solo per lire 48.777.407.394, corrispondenti al 26,01% dell'importo preventivato. Sono state utilizzate, e messe a frutto, tutte le possibilità offerte dai meccanismi di erogazione e di spesa.
Questo è stato possibile, probabilmente, per l'ultima parte del 1980. I provvedimenti governativi che restringono la liquidità della Regione ridurranno enormemente le possibilità di utilizzare le disponibilità di cassa per rinviare dei mutui a pareggio del bilancio.
Riflessi negativi ci saranno anche sugli interessi attivi maturati sui fondi regionali, che per il 1980 sono stati ancora molto consistenti, L.
23.700 milioni. Essi subiranno sostanziali riduzioni in conseguenza dei meccanismi prima ricordati.
Si avranno pertanto, almeno per quanto riguarda il 1981, riduzioni di entrate e di possibilità di spese che deriveranno: a) dalla contrazione delle disponibilità di cassa e dalla conseguente riduzione degli interessi attivi b) dai maggiori oneri a carico del bilancio derivanti dalla necessità di contrarre i mutui a pareggio durante l'esercizio.
In altre parole i tagli ai bilanci hanno anche effetti negativi indotti per cui alle diminuzioni di alcune voci dell'entrata vanno aggiunti i minori introiti per interessi attivi ed i maggiori oneri per ammortamenti dei mutui.
L'esame del rendiconto, per grandi comparti, mette in evidenza una serie di elementi, che rafforzano il giudizio positivo sulla gestione del bilancio fatta dalla Giunta. Uno di questi elementi, tra i più consistenti è l'andamento del rapporto tra previsioni e accertamenti.



PER LE ENTRATE

A fronte di circa 1890 miliardi di previsione, gli accertamenti ammontano a circa 1706 miliardi con una differenza intorno ai 184 miliardi.
Ma di questi 184 quasi 139 derivano dai mutui non contratti per le ragioni esposte in precedenza. Le altre differenze più significative riguardano le quote dei tributi statali, oltre 37 miliardi in meno, relativi soprattutto ai fondi ex legge 984/77 per quasi 21 miliardi, ai fondi del settore trasporti per oltre 11 miliardi, e ad altre voci meno consistenti ma non meno significative (asili nido, fondo regionale di sviluppo, fondi statali assegnati ex legge 364/70, ecc...).
Se è vero che lo scostamento tra le entrate previste e quelle accertate è stato di 184 miliardi, pari al 9,75% e altrettanto vero che la differenza reale, depurata cioè dai mutui non contratti e delle mancate assegnazioni dello Stato, riduce il tutto a cifre trascurabili.
Una considerazione va fatta, però, sul complesso delle risorse che la Regione si è trovata a disposizione nel 1.980 rispetto all'esercizio precedente.
Se si tiene conto della svalutazione della moneta, ci troviamo in presenza di una riduzione delle risorse effettive rispetto al 1979, in quanto l'aumento è stato solo del 12,88%, percentuale notevolmente inferiore al tasso d'inflazione dello stesso periodo.
Per quanto riguarda il flusso delle entrate, si deve rilevare che esso è stato superiore a quello dell'esercizio 1979, alla fine del quale le somme ancora da riscuotere rappresentavano il 22,34% delle entrate accertate. La composizione qualitativa delle entrate accentua invece il carattere vincolativo delle risorse regionali, in quanto le entrate del Titolo II "derivanti da contributi ed assegnazioni dello Stato ed in genere da trasferimenti di fondi del bilancio statale, anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate" rappresentano il 79,63% del complesso delle risorse regionali, con un incremento del 3,77% rispetto a quelle dell'esercizio 1979. Se a questo aspetto si collega un incremento di appena l'1,04% delle entrate tributarie, una diminuzione dell'1,60% delle entrate extra-tributarie, cioè quelle derivanti da rendite patrimoniali, e da utili di Enti o Aziende regionali; ed infine un incremento dello 0,14% delle entrate per mutui ed altre operazioni di credito, si deve ritenere che la rigidità del bilancio regionale si è ancora accresciuta, e che di conseguenza si riduce sempre di più la possibilità della Regione di attivare investimenti con le risorse sulle quali ha la più ampia discrezionalità.
Questo carattere di sempre maggiore dipendenza delle risorse regionali da leggi settoriali dello Stato si riflette anche nella formulazione sia qualitativa che quantitativa dei residui attivi, cioè delle somme ancora da riscuotere al 31/12/1980, il 62,2% delle quali è rappresentato appunto da assegnazioni statali a destinazione vincolata, con un incremento dell'8,47 rispetto all'esercizio 1979.
Discorso a parte merita la gestione di cassa, che presenta notevoli differenze tra previsioni e riscossioni effettive. Il confronto tra previsioni ed accertamenti per la spesa è ancora più significativo.
A fronte di previsioni di spesa per 2058 miliardi, ci sono stati accertamenti per circa 1853 miliardi. Vengono mandati ad "economie" oltre 204 miliardi. "Economie" per gran parte solo di natura contabile in quanto si tratta di importi da reimpostare nel bilancio 1981. Si tratta, in ogni caso, complessivamente di meno del 10% di minori accertamenti.
Per quanto riguarda le aree di intervento si va da un minimo del 67,11 di accertamento per l'area 1 ad un massimo del 99,01% per l'area 5.
Ovviamente meritano un discorso a parte le contabilità speciali, per le quali l'accertamento è stato del 127,31% rispetto alle previsioni.
Scendendo un po' più nel dettaglio si possono fare le seguenti osservazioni per singole aree.
1) AREA DI ATTIVITA' C'è l'utilizzo quasi totale delle risorse disponibili: 87,49%. La minor spesa riguarda essenzialmente il costo del personale per 6036 milioni e l'acquisto di beni e servizi per 5207 milioni. Si tratta, in questo caso, c on ogni probabilità di economie effettive.
Sarebbe forse opportuno poter disporre, oltre che dei dati interessanti già forniti dall'Assessore con la dettagliata relazione al rendiconto anche di una evidenza delle economie effettive, distinguendole da quelle che lo sono solo contabilmente.
2) AREA DI INTERVENTO 1 - AGRICOLTURA E FORESTE E' l'area in cui le "economie" sono più consistenti sia in termini assoluti che percentuali (75.707 milioni pari al 32,89% delle previsioni).
Una parte deriva dalle assegnazioni statali che non si sono realizzate mentre la parte più consistente è costituita da fondi a destinazione vincolata che sono stati mandati in meno e reimpostati nel 1981 al fine di non appesantire la gestione dei residui.
3) AREA DI INTERVENTO 2 - ATTIVITA' SECONDARIE E TERZIARIE Economie per 18.692 milioni, 18% delle previsioni.
Si tratta di minore utilizzo dei contributi in annualità e di economie per 8.254 milioni dei fondi per la metropolitana.
4) AREA DI INTERVENTO 3 - GESTIONE E ASSETTO DEL TERRITORIO Dopo l'area 1, è quella in cui si hanno le maggiori differenze: 66.614 milioni pari allo 0,16%. Le poste più significative riguardano contributi in conto capitale per 28.918 milioni ed in conto interessi per 12.277 milioni; i fondi per l'edilizia scolastica per 6.701 milioni e per la costruzione di impianti di depurazione per 8.500 milioni.
5) AREA DI INTERVENTO 4 - SERVIZI SANITARI E SOCIALI



AREA DI INTERVENTO 5 - FORMAZIONE E CULTURA

L'utilizzo di queste due aree, è stato praticamente totale: rispettivamente al 97,65% e al 99,01%.
Alcune considerazioni emergono dalle cifre prima esposte: a) siamo in presenza di un utilizzo pressoché totale b) c'è uno spostamento in avanti di molti capitoli finanziati con fondi statali a destinazione vincolata.
Questo deriva soprattutto dalla c) incertezza sulle assegnazioni statali che ha un riflesso negativo sulla spesa regionale rallentandone il meccanismo di erogazione.
Per migliorare ancora sostanzialmente la gestione del bilancio è quindi indispensabile avere certezza, in tempi utili, dei trasferimenti dello Stato.
Questo lo si potrà ottenere solo attraverso una programmazione a livello statale, con la conseguente introduzione del bilancio pluriennale.
Queste considerazioni sono rafforzate anche dall'analisi dei pagamenti fatti nel 1980 e dal loro miglioramento rispetto al 1979.
Su 1853 miliardi di spese accertate, ne sono stati pagati durante l'anno 1633 pari all'88,10%; a residui ne sono portati circa 220. La percentuale dei pagamenti è quindi molto alta e solo l'11,90% è portato a residui.
Anche escludendo la spesa sanitaria restiamo su percentuali molto significative: 71,30% di pagamenti, 29,70% di residui.
Per i singoli settori di intervento abbiamo le seguenti serie: per l'area 1 il 46,88% è stato pagato durante l'esercizio per l'area 2 il 78,05% è stato pagato durante l'esercizio per l'area 3 il 73,46% è stato pagato durante l'esercizio per l'area 4 il 96,40% è stato pagato durante l'esercizio per l'area 5 l'86,61% è stato pagato durante l'esercizio per l'area di attività l'82,85% è stato pagato durante l'esercizio per gli oneri non ripartibili il 94,68% è stato pagato durante l'esercizio.
Il confronto con il consuntivo 1979 indica un miglioramento consistente. Escludendo la spesa sanitaria, nel 1979, si pagò il 50,9 degli accertamenti mentre nel 1980 si passa, come già detto, al 71,30%.
La legge nazionale sulla contabilità ha indubbiamente prodotto i suoi effetti come strumento tecnico atto ad accelerare i pagamenti e la Giunta ha dimostrato di sapersene avvalere.
Ancora più evidente è il miglioramento che riguarda la formazione dei residui: nel 1980 se ne sono formati per 220 miliardi circa nel 1979 se ne formarono per 393 miliardi circa.
Escludendo il fondo sanitario abbiamo che: nel 1980 si formarono residui per 179 miliardi circa nel 1979 si formarono residui per 328 miliardi circa.
Se si entra un po' più nel dettaglio generalmente emerge come spesso la formazione dei residui è scesa ad un livello tale da potersi ritenere pressoché fisiologica.
Alcuni esempi.
Su residui per 15.296 milioni formatisi nell'area di attività, si ha che ben 8.102 milioni (oltre il 50,%) si sono formati in voci che riguardarono la gestione del patrimonio. Necessariamente in questo campo gli interventi richiedono tempi relativamente lunghi per la loro predisposizione, esecuzione e liquidazione Per l'area 2 su 19.241 milioni di residui, ben 8.382 milioni sono costituiti dal conguaglio a saldo dei contributi relativi al 1980 per l'esercizio per l'autolinee, che non potevano essere pagati che nel 1981 nel complesso ben 15.245 milioni di residui provengono dal settore trasporti e comunicazioni.
Nell'area 3 si formano residui per 40.930 milioni, derivanti per 10.075 milioni da residui relativi all'assistenza scolastica e ben 16.016 milioni derivano dal pronto intervento per calamità naturali. I due terzi riguardano quindi opere pubbliche, che hanno tempi tecnici non facilmente comprimibili.
Se ai due settori indicati aggiungiamo gli interventi nel campo delle abitazioni o della pianificazione territoriale, abbiamo la misura di come nel nostro bilancio avvenga la formazione di residui consistenti difficilmente addebitabili all'incapacità o all'inefficienza nello spendere da parte della Giunta e dell'apparato regionale.
Spesso i residui derivano dalle mancate erogazioni da parte dello Stato.
E' il caso dell'area 4, dove ben 41.087 milioni di residui sono prodotti dal mancato accredito di fondi da parte dei poteri centrali.
Sono osservazioni che possono diventare ancor più calzanti se le applichiamo alla formazione dei residui attivi.
Su 228.403 milioni di residui attivi complessivi, ben 170.020 derivano da fondi a destinazione vincolata, mentre 48.777 milioni sono costituiti da mutui perfezionati e non ancora incassati.
Se esaminiamo la situazione complessiva dei residui, ci troviamo di fronte alla situazione descritta di seguito.



RESIDUI ATTIVI

Formatisi fino al 1969 1.71.815 milioni Formatisi nel 1980 228.403 milioni Totale al 31/12/80 400.218 milioni Al 31/12/1979 i residui attivi ammontavano complessivamente a 492.510 milioni; la diminuzione di oltre 92 miliardi diventa ancor più rilevante se si tiene conto della svalutazione della moneta.



RESIDUI PASSIVI

Formatisi fino al 31/12/79 126.783 milioni Formatisi nel 1980 220.619 milioni Totale al 31/12/80 346.402 milioni Al 31/12/1979 i residui passivi ammontavano a L. 478.515 milioni. La riduzione è stata quindi di ben 130 miliardi.
I dati suesposti mettono in evidenza un continuo e spesso accelerato miglioramento; e come sia possibile arrivare a limitare la formazione dei residui intorno al 10%, soglia difficilmente valicabile. Non possono per essere taciuti i rischi che si stanno di nuovo affacciando e che riguardano essenzialmente il pericolo di arrivare ad avere una carenza nella liquidità di cassa.
Che tale deprecabile situazione possa determinarsi è tutt'altro che un'ipotesi lontana. Ci sono segni che la preannunciano vicina. Se effettivamente dovesse verificarsi quanto te muto, ci troveremmo inevitabilmente di fronte ad un ribaltamento della tendenza che si era impostata, seppur faticosamente, con la conseguenza di vanificare gran parte dei risultati possibili appena raggiunti.
L'esercizio 1980 si è chiuso con un avanzo finanziario di 112.383 milioni, che è inferiore all'ammontare dell'avanzo finanziario presunto iscritto nel bilancio di previsione dell'esercizio 1981, ma è pure inferiore all'ammontare Complessivo delle somme radiate e reimpostate nella competenza dell'esercizio 1981, relative a spese finanziate con le assegnazioni statali a destinazione vincolata non riscosse, spese che devono trovare finanziamento nell'avanzo finanziario dell'esercizio precedente. E' evidente che ove l'avanzo finanziario è inferiore all'ammontare di quelle somme, esso si traduce in un reale disavanzo, che per l'esercizio 1980 dovrebbe aggirarsi sui 140 miliardi. La situazione pu essere sanata ove si tenga presente che nell'esercizio 1980 si sono verificati minori accertamenti di entrata per 138.777 milioni, derivanti da mutui autorizzati e non contratti, che consentono di far fronte al finanziamento dell'effettivo disavanzo.
Uno dei tempi più importanti su cui è stato acceso il dibattito è indubbiamente la questione della spesa regionale e della sua tempestività ed efficienza.
Nonostante la caratteristica di anno ponte, il 1980 permette di chiarire e superare molti nodi che riguardano la capacità della nostra Regione di trasformare in beni e servizi per la comunità, in tempi brevi le risorse a disposizione.
La gestione del bilancio 1980 pur portata avanti da due diverse Giunte regionali, ha avuto tratti comuni, soprattutto nello sforzo di rendere sempre più efficiente e tempestiva l'azione della Regione Piemonte.
Dalle cifre esposte si può concludere che gli sforzi compiuti dalle due Giunte (Viglione prima, Enrietti poi) non sono stati vani ma hanno permesso di raggiungere risultati positivi considerevoli.
C'è inoltre un rendiconto che non trova collocazione in articolo di bilancio. L'ultimo anno non è stato facile per il Piemonte. Le comunicazioni fatte dalla Giunta all'inizio di seduta ne hanno dato una ulteriore prova. Il Piemonte è una tra le Regioni più colpite dalla crisi.
E' una crisi che scuote i settori fondamentali dell'industria chimica auto, siderurgia. E' minacciato lo stesso modello di sviluppo del Piemonte che per 30 anni è stata una delle Regioni di punta nel panorama industriale del Paese. Questo ha richiesto impegni del tutto straordinari da parte della Giunta e del Consiglio. Abbiamo avuto dibattiti in Consiglio che hanno riguardato l'auto, l'energia, la cultura, ci sono stati altrettanti rendiconti da una parte preventivi ed impegni di attività dall'altra.
La stessa attività legislativa è stata in testa. Basti pensare al piano socio-sanitario che verrà approvato questo mese. Il Piemonte è la seconda Regione, dopo l'Emilia, ad averlo predisposto. Altri interventi legislativi riguardano le aree industriali attrezzate, l'avvio delle USL. dei comprensori, la depurazione delle acque e soprattutto la casa, con risultati che possono essere considerati dei migliori tra quelli conseguiti dalle Regioni.
La legge 457 è stata attuata al 60%, molti edifici sono stati ultimati altri erano bloccati per conseguenza della stretta creditizia che ora sembra avviata a soluzione come ci ha comunicato il Presidente Enrietti.
Sono stati costruiti 105 mila vani, su 36 mila vecchi vani si sta intervenendo con operazioni di recupero. E' una dimostrazione di capacità di governo che si misura con gli 84 progetti di intervento contro la crisi e contro l'inflazione. E' un esempio di come la Regione può intervenire efficacemente sul piano economico, coordinando i programmi di enti diversi regolando il flusso dei finanziamenti. E' anche un modo serio e concreto per affrontare il problema dei tagli del Governo e per apprestare il nuovo Piano di sviluppo regionale.
Il rendiconto del 1980 è lo specchio di tali risultati e merita l'approvazione del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Introduce il dibattito con una breve dichiarazione l'Assessore Testa.
Testa Gianluigi, Assessore al bilancio Aggiungo alcune brevi considerazioni di carattere politico anche se la relazione allegata al documento consegnato ai Gruppi è abbastanza esaustiva e la relazione presentata dalla Commissione già comprende molti elementi (su cui sarebbe stato importante soffermarsi).
Il rendiconto di carattere politico del 1980 viene in un momento difficile della finanza regionale. Le comunicazioni del Presidente della Giunta relativamente al decreto 286, la scadenza della legge 281 per la quale non si hanno indicazioni di rinnovo, il mancato assestamento dovuto al decreto 286 sono altrettanti elementi di preoccupazione circa l'assesto della finanza locale del prossimo anno.
La linea di chiarezza che l'Assessorato sta perseguendo nell'impostazione del bilancio e l'analisi attenta e accurata del contenuto del bilancio, credo siano quanto mai indispensabili in questa situazione confusa per poter meglio orientare il bilancio 1982 verso scelte ben precise.
Informo il Consiglio che gli impegni presi in sede di approvazione del bilancio 1981 stanno andando avanti nel senso che si è conclusa la revisione degli impegni degli scorsi anni. C'era stata una mozione del Consigliere Vetrino in questo senso, condivisa da tutto il Consiglio. Il risultato di tale revisione sarà portato in I Commissione e poi in Consiglio.
Questa mattina si è anche concluso l'iter della nuova legge di contabilità che tiene conto sia delle esperienze positive maturate in questo biennio sia di alcuni aggiustamenti relativamente ai problemi che sono emersi.
La situazione che emerge dal rendiconto 1980 va ad aggravare la situazione obiettiva che influirà sul bilancio 1981 e sul bilancio 1982.
Vorrei fornire ancora alcune cifre in ordine alle risorse di bilancio disponibili sulle quali ruoterà il dibattito politico relativamente al bilancio 1982.
Il rendiconto 1980 si chiude con un disavanzo pari a 45 miliardi e 496 milioni. Questo disavanzo, che deriva dall'avanzo che il rendiconto porta e dall'applicazione dei fondi statali reimpostati, va evidentemente recuperato o in sede di assestamento 1.981 e in sede di bilancio 1982. Ai 45 miliardi va aggiunto il discorso dei tagli . Ci auguriamo ancora che il decreto 246 non sia convertito in legge, ma abbia delle ulteriori modifiche, tuttavia, per realismo, guardando in faccia la realtà, va segnalato in questa sede come i tagli del decreto 246 (che la circolare del Ministero quantifica in 48 miliardi per la Regione Piemonte) in realtà sono 32 miliardi (il Ministero quantifica la differenza rispetto al 45% e non rispetto al 36%, che è la cifra applicata nel nostro bilancio) più 30 miliardi di minori investimenti per minore capacità di mutuo. Totale 62 miliardi.
Il calcolo degli interessi passivi è destinato purtroppo ad aggravarsi di giorno in giorno perché il decreto 246 e la legge finanziaria dello Stato, mettendo in moto questo meccanismo (peraltro comprensibile a livello centrale, ma assai difficile da gestire a livello periferico per il fatto che la cassa non può superare il dodicesimo esclusa la spesa sanitaria e per il fatto che ci vuole ogni volta il decreto del Ministro per rimpinguare la cassa) fanno sì che siamo costantemente in rosso o comunque ai limiti minimi di cassa. E questo è calcolabile in un minor introito di circa 17/18 miliardi. Dobbiamo ancora aggiungere che nel bilancio 1981 vi sono 15 miliardi previsti in entrata per i trasporti, che invece la legge dello Stato ha fatto slittare agli anni successivi.
Non è difficile quindi fare un quadro da cui risulta che le minori somme a disposizione in entrata, che influiranno parzialmente sul bilancio 81 in sede di assestamento e poi sul bilancio 1982, ammontano a circa 140 miliardi sempre che (come io non mi auguro) il decreto legge n. 246 sia convertito in legge. Questo elemento va portato in sede di Consiglio perch nessuno si illuda che il bilancio 1982 possa essere redatto e presentato secondo criteri che non tengano conto di questi fatti. Se il bilancio 1981 è stato definito bilancio di transazione, non vi è dubbio che il bilancio 1982 potrà essere definito sin d'ora un bilancio di austerità nel senso che le cifre che ho fornito ne comportano un diverso assetto.
Poiché questo bilancio viene a collocarsi in un momento difficile della situazione economica piemontese, le linee su cui si muovono l'Assessorato e la Giunta non saranno quelle di penalizzare gli investimenti, ma di incidere il più possibile sulla spesa corrente per tutta quella parte che può ancora essere ulteriormente compressa.
La spesa corrente dell'anno 1981 è sotto controllo e l'introduzione per la prima volta di un sistema di budget ha consentito di comprimere la spesa corrente degli Assessorati nei termini previsti e di non prevedere il rimpinguamento in sede di assestamento. Posso quindi garantire al Consiglio che le spese a budget (consulenze, pubblicazioni, tutte quelle spese correnti a cui possono attingere più Assessori) sono state attentamente controllate nel corso dell'anno, non avranno un rimpinguamento in sede di assestamento, e saranno compresse ai tetti previsti nel bilancio 1981.
Ieri, in sede di Commissione, il Consigliere Paganelli osservava giustamente che una delle cause che ha determinato il decreto 246 è anche il fatto che le Regioni non sempre hanno saputo dimostrare di essere Enti capaci a gestire nel modo più proficuo le risorse.
Questa è una grossa sfida per le Regioni perché nel momento in cui le risorse vengono così pesantemente diminuite le Regioni devono dimostrare la loro capacità di governo nel senso che tanto minori sono le risorse da gestire, tanto più alta deve essere la capacità di governare il territorio e la spesa.
Il bilancio '82 dovrà quindi costituire un salto qualitativo. Occorrerà fare attente riflessioni su una serie di spese nel senso di farle funzionare come moltiplicatori di risorse esterne.
E' finito il tempo in cui le Regioni potevano funzionare esclusivamente come erogatrici di abbondanti risorse risolvendo tutti i loro problemi.
E' necessario impostare una politica economica di taglio sostanzialmente diverso.
Le Regioni non avranno più la capacità di spesa che avevano nel passato quando potevano essere mascherate meglio alcune scelte o decisioni politiche non fatte.



PRESIDENTE

Apro il dibattito sul rendiconto dell'esercizio finanziario 1980.



BASTIANINI Attilio

Chiedo alla Presidenza del Consiglio non ritenga adeguata la partecipazione della Giunta per un dibattito di questa importanza.



PRESIDENTE

Ho già fatto rilevare al Presidente della Giunta, che si è allontanato per un impegno, questa scarsità di presenze. Il suo rilievo è più che legittimo. Al suo rientro in aula, gli rifarò questo appunto.
La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

La Giunta è dimezzata, comunque parlo per quelli che sono presenti.
Signor Presidente e signori Consiglieri, abbiamo discusso il precedente consuntivo il 13 novembre 1980. In quella occasione mi ero fatto il proposito e avevo fatto un invito alle altre forze politiche a non fare della discussione sul rendiconto una sterile polemica, ma a dare alla discussione un tono, un incentivo, un salto di qualità rispetto a delle polemiche che possono facilmente riaffiorare in questa occasione.
Non abbiamo fatto in quella occasione, come era viceversa avvenuto in altre occasioni, due discorsi diversi che procedevano a sé stanti: la maggioranza faceva il suo discorso, l'opposizione faceva un altro discorso.
Non vi era un punto di incontro, non vi era un terreno comune su cui confrontarsi, su cui misurarsi. Invece, in quella occasione c'è stato.
Avevamo anche cercato di discutere sui grandi numeri, in effetti è dai grandi numeri che si possono trarre le indicazioni, gli ammaestramenti, i suggerimenti per la gestione a venire. Avevo predisposto una tabella, che non era fornita dalla Giunta, che raffrontava le previsioni, gli accertamenti, i pagamenti e che evidenziava i dati preoccupanti.
Anche quest'anno la Giunta non ha predisposto questa tabella. Vi sono due tabelle non raffrontate, gli accertamenti rispetto alle previsioni, i pagamenti rispetto agli accertamenti. Ho di nuovo predisposto una mia tabella.
I pagamenti complessivi sono di 1633 miliardi su 2038 di previsioni pari al 79,3%. Nel 1979, i pagamenti erano stati secondo i miei dati del 49,4%, in sostanza i pagamenti erano stati del 50% rispetto alle previsioni. Nel 1980 sono del 79% rispetto alle previsioni. Quindi, un netto miglioramento. I pagamenti, senza il fondo sanitario, sono per il 1980 di 445 su 823 miliardi di previsione, pari al 54,1%. Nel 1979 la percentuale era del 24,4%. C'è un salto più che doppio.
A prima vista, si potrebbe dire che è un risultato eccellente: più che raddoppiata la spesa in percentuale, rallegriamoci e basta! Ma non è tutto così idilliaco come il relatore Biazzi ci fa apparire nella sua relazione.
Certo, riconosciamo che un miglioramento complessivo in percentuale nei pagamenti c'è stato. Tutte le battaglie che abbiamo fatto su questa materia le abbiamo fatte per stimolare la maggioranza, la Giunta perché spendesse perché intervenisse, perché pagasse quanto deliberava e metteva in cantiere. Diverse sono le considerazioni che si possono fare su questo aumento di capacità di spesa, l'affinamento della macchina regionale sotto il profilo puramente tecnico, l'impulso politico del periodo elettorale.
Ma il risultato deriva anche da manovre tecniche, che, proprio per essere tecniche, rimangono semplicemente tali. Intanto, già diverso sarebbe il raffronto tra il 1980 e il 1979, se il 79 non fosse stato sfalsato da quei famosi 500 miliardi di cui avevamo discusso nel precedente conto consuntivo. La spesa complessiva sarebbe già stata superiore, quella generale del 63%, quella senza fondo sanitario del 38%.
Ma una incidenza notevole nelle risultanze consuntive per migliorare il quadro, deriva dalla manovra che è stata compiuta a fine anno con l'assestamento (legge 16 dicembre 1980), manovra che ha riguardato 90 miliardi circa; oltre 23 miliardi in più in spese correnti concentrate in due aree, nell'area di attività e nell'area di intervento 5; mentre 68 miliardi scompaiono dalle aree 1,2,3,4 che riguardano spese di investimento.
La manovra è tecnicamente ineccepibile, si innesca appunto nella legge di contabilità. E' politicamente meno qualificante perché ha dirottato risorse su quella che si può chiamare la spesa facile.
Inquadrato il problema, facciamo alcune considerazioni sul rendiconto 1980 considerando le cifre senza il fondo sanitario, che sfalsa tutti i ragionamenti e tutti i raffronti che nella relazione il collega Biazzi fa: dati ineccepibili, ma sappiamo che se vogliamo ragionare sulla finanza regionale dobbiamo mettere da parte i 1200 miliardi del fondo sanitario e ragionare sugli altri.
Le previsioni del 1980 senza il fondo sanitario sono 823 miliardi utilizzati sono 625 miliardi, spesi 445 miliardi. Queste sono le tre grandi cifre su cui bisogna fare i ragionamenti Se si può considerare buona la spesa sull'accertamento (i 445 miliardi sono pari al 71%) è allarmante invece l'accertamento sulle previsioni (75,9%) esattamente un quarto delle somme che erano state previste e che non sono state impegnate.
Residui. Le conseguenze di maggiori pagamenti e delle manovre cui ho accennato determinano indubbiamente una riduzione nominale dei residui (346 miliardi, su cui ha fatto i ragionamenti il relatore, a fronte dei 475 che erano stati accertati all'inizio dell'esercizio 1980). Se però spostiamo il discorso dai residui nominali alle somme non spese, vediamo che, in termini reali non si sono fatti dei passi in avanti. Le somme non spese, quando avevamo ragionato sul '78 e '79, le avevamo determinate in 633 miliardi nel '78, in 635 miliardi nel '79. Nell'80 che cosa abbiamo? L'Assessore mi conforta in questa considerazione perché pone dei problemi guardando in avanti: ai 346 miliardi di residui che risultano dal rendiconto vanno aggiunti i 198 miliardi di differenza tra le previsioni e gli accertamenti tolta la spesa sanitaria. Leggo poi nella relazione che accompagna il rendiconto che ci sono i 40 miliardi del '79 reimpostati nel 1981, ci sono i 37 miliardi residui perenti che se ne vanno, ai quali bisogna provvedere nuovamente nei bilanci futuri (346 miliardi più 198, più 40, più 37, uguale 621 miliardi).
E' questo il dato che gira e che si trasferisce da un bilancio all'altro, seicento e più miliardi che non vengono spesi e che stanno a dimostrare come questa lotta che si fa continuamente per gestire rapidamente il bilancio sia una lotta che, pur raggiungendo del risultati è ben lontana dall'essere vinta.
Lo stesso ragionamento vale se guardiamo la situazione dei residui degli anni precedenti. Nel 1979 avevamo eliminato il 51,3% dei residui vecchi, nel 1980 ne abbiamo eliminato il 52,2%; in sostanza, la capacità di smaltimento dei vecchi residui è attorno al 50% o poco più.
Scendo nello specifico di questi residui.
Dei 346 miliardi che risultano a bilancio (non parliamo di somme non spese, perché il discorso diventa difficile, dirò poi qualche cosa per una maggiore chiarezza sulla materia), 122 miliardi sono attribuiti all'area 1 agricoltura, e 69 miliardi all'area 3, gestione e assetto del territorio. E questo conferma che queste due aree sono le più lente in quanto a interventi della Regione quando invece dovrebbero essere le più vitali.
Il nostro Gruppo ha presentato due specifiche proposte di legge sull'agricoltura e sulla modifica della legge 28. Questo avrebbe dovuto farlo la Giunta che da tempo nei dibattiti sottolineava la necessità di modificare le leggi che determinano la spesa in questi settori. E' stato fatto con un disegno di legge molto limitato rispetto al nostro. La nostra proposta di legge è in grado di incidere maggiormente. Discutiamone confrontiamoci su queste proposte di legge che hanno appunto lo scopo di eliminare 122 miliardi di residui passivi in agricoltura e 69 miliardi nella gestione del territorio.
A fronte di queste aree sofferenti vi è un'area che va a gonfie vele ma proprio quest'area andrebbe frenata. Si pensi che ci sono quasi 90 miliardi di accertamenti; in primavera, quando fu approvato il bilancio, a previsione ve ne erano solo 86. Si è poi giunti ai 102 miliardi con la legge di assestamento. In quest'area i residui sono pari al 5,7% del totale, quindi di gran lunga inferiore a quel 10% che la Giunta indica nella relazione come ottimale. Raggiungere il 10% di residui sarebbe certamente un risultato ottimale, ma c'è sempre quel piccolo particolare secondo cui per ottenere i dati in percentuale bisogna considerare anche i 1200 miliardi della spesa sanitaria, che, invece, non possono essere inseriti per fare questi ragionamenti.
I 90 miliardi circa di accertamenti dell'area di attività sono esattamente il 50% delle assegnazioni fatte al Piemonte nel 1980, ex art. 8 della legge 281 (180 miliardi 326 milioni). Se il Piemonte deve rispettare l'impegno assunto con il Governo a non superare con le spese correnti il tetto del 50% dell'art. 8, dobbiamo tener conto che questo tetto è già raggiunto.
L'altro dato significativo da tenere presente è quello del costo del personale. Per anni la Regione ha affrontato il costo del personale con le sopravvenienze degli interessi attivi; ci sono stati degli anni in cui gli interessi e il costo del personale pareggiavano.
Nel 1980 il costo del personale è di circa 32 miliardi, gli interessi sono scesi a 23 miliardi 700 milioni e, molto opportunamente, l'Assessore ha ricordato che 17-18 miliardi scompariranno perché non possiamo più fare la politica della tesaurizzazione, quindi questa voce di entrata che è sempre stata tra le prime nel nostro bilancio, è destinata quasi ad azzerarsi. Questo costo, che è certamente destinato ad aumentare, se è rapportato ai 180 miliardi di entrate rappresenta il 18% del Fondo comune.
Altro dato da meditare. Sono questi i dati significativi sui quali dobbiamo fermare la nostra attenzione se vogliamo governare il bilancio.
Il rendiconto evidenzia un altro problema sul quale abbiamo già discusso e che è cautamente accennato nella relazione. Tra accertamenti e previsioni, circa 200 miliardi di spese - per usare un termine poco tecnico vengono fatti scorrere in avanti. Si aggiungono ai 40 miliardi reimpostati, si aggiungono ai 37 miliardi perenti, quindi dobbiamo finanziare circa 280 miliardi. Per far fronte, se si dovesse farlo in un colpo a questi 280 miliardi, che cosa abbiamo? Abbiamo 112 miliardi che sono quelli dell'avanzo finanziario, mentre tutto il resto è scoperto, e magari si scopre ancora di più se, come dice l'Assessore Testa, i 15 miliardi dei trasporti non ci sono, ecc, ecc.
E' vero quello che dice nella relazione Biazzi: "Riconosciuta l'insufficienza dell'avanzo ad affrontare le spese da riportare, va per tenuto conto che la radiazione in entrata di mutui non contratti permette la loro reiscrizione nel bilancio 1981".
Ma non possiamo rimanere nel vago all'infinito. La Giunta non pu governare una fetta di bilancio che non conosce. Non la conosciamo noi ma ho la sensazione che non la conosca nemmeno la Giunta.
Bisogna verificare le spese che vengono fatte scorrere in avanti bisogna accertare se sono stanziamenti che si trascinano stancamente in avanti o se sono impegni; se sono degli impegni bisogna determinare in quale bilancio vanno a finire e con quali mezzi vi si fa fronte. Questo è il problema a cui dobbiamo dare una risposta. E' un problema che emerge dal rendiconto e che deve trovare la sua risposta non in questa sede ma nella sede immediata dell'assestamento. La Giunta ci dovrà dire se ha accertato questa massa di spese vaganti e che cosa intende fare per normalizzare il bilancio.
Ho detto all'inizio che ragionavo sui grandi numeri, non scendo quindi sui singoli capitoli che favorirebbero particolari considerazioni anche se leggendo il rendiconto, abbiamo tutti presenti quei capitoli sui quali dobbiamo incidere.
Il triste è che queste cose si verificano nel bilancio del 1980 e si verificheranno nel bilancio del 1981: è un vizio. Quello che riguarda il 1981 lo segnaleremo con delle interrogazioni. Ci sono degli aspetti grossi degli aspetti piccoli, ne ho accennato uno in Commissione; sono comunque aspetti molto significativi.
L'intervento dell'Assessore ci ha dato una fotografia realistica ed obiettiva. Ha detto che la spesa non potrà più essere una spesa facile.
Allora, proprio alla luce di questa considerazione, certe cose non possono più essere ammesse.
Questo è un rendiconto di un bilancio contro il quale noi abbiamo votato, è un rendiconto che, pur rilevando apprezzabili sforzi, evidenzia ancora tante difficoltà di gestione e squilibri notevoli. Lo si può vedere in una luce rosea come ha fatto il relatore, lo si può vedere, e forse è meglio, nella luce obiettiva e non rosea nella quale ho cercato di evidenziarlo io.
Il nostro voto non può che essere contrario.
Riteniamo, con le meditate osservazioni che abbiamo cercato di avanzare, di aver dato anche in questa occasione un serio contributo per il miglioramento della gestione regionale nel settore finanziario, che interessa non solo la maggioranza, ma tutto il Consiglio.



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, Assessore al bilancio, colleghi, ho promesso all'Assessore Testa di non ripetere in questa occasione il solito cahier de doleances dei repubblicani. Eviterò l'elenco dei documenti, che non sono stati allegati alla documentazione di rendicontazione ma che sarebbe stato corretto allegare, in ossequio agli artt. 69 e 76 della legge di contabilità. Probabilmente - ha, detto l'Assessore - il rimedio si troverà nella prossima legge che eliminerà gli artt. 69 e 76 e così i repubblicani non diranno più che mancano i documenti! Mi riferivo invece, in contrasto a quanto avevo annunciato ieri all'ultima modifica apportata al documento di rendicontazione del 1980 modifica che, proprio perché è stata mandata all'ultimo momento, ha finito per incuriosirmi e per insospettirmi. Le ultime modifiche di un bilancio di previsione possono essere anche comprensibili, essendo un documento dinamico che può consentire all'ultimo momento inserimenti e aggiornamenti non così dovrebbe essere un bilancio consuntivo tanto più che, presentato a sei mesi di distanza dalla sua definizione, dovrebbe aver consentito nell'arco di questo tempo una predisposizione di cifre sicura e determinata perché sono cifre statiche. Ancora qualche giorno prima della presentazione in Consiglio, abbiamo ricevuto alcune modifiche su tutte le aree di intervento al quale il rendiconto si riferisce.
Questa modifica lampo mi ha fatto associare la situazione regionale a quella statale quando nel bilancio dello Stato si scoprirono, con scandalo da parte di taluno, i 25.000 miliardi in più dei residui passivi. Era successo che l'improvviso affluire alla tesoreria dello Stato impegni di spesa di volume non previsto, ha messo in luce il problema della perdita di controllo della formazione della spesa pubblica la cui percezione fino a quel momento non era stata avvertita né dal Governo né tanto meno dal Parlamento. Nemmeno la Ragioneria dello Stato dispone di strumenti di controllo e di punti di riferimento precisi in grado di valutare la spesa autorizzata a livello politico a base pluriennale.
Questo aggiornamento lampo, di dimensioni non paragonabili al deficit dello Stato, non è forse la conseguenza della stessa logica? Non considero questa modifica lampo un fatto meramente tecnico, ma piuttosto - e vorrei essere smentita - un artificio contabile, magari un tentativo in buona fede per recuperare qualche miliardo per sanare la situazione del 1981 situazione che sappiamo precaria perché soggetta a quei vincoli che la Regione si è imposta negli anni passati, per cui quella manovrabilità che sarebbe utile in tempi in cui le esigenze della Comunità sono tante crescenti e a volte improvvise viene a mancare. L'Assessore nel presentarci il rendiconto dell'80 ci ha illustrato come sarà il bilancio del 1982. Egli si augura che sia sostanzialmente diverso dal bilancio 1981.
Credo che il Consiglio regionale non ha già più il controllo delle leggi di spesa, nonostante l'impegno, la competenza, la presenza dell'Assessore Testa in ogni occasione in cui la I Commissione ha ritenuto di approfondire questi argomenti. Non abbiamo più nemmeno il quadro di informazione su cui il Consiglio deve fondare le sue decisioni di spesa, il Consigliere Paganelli, quando parla degli scorrimenti e mette in evidenza tutte le difficoltà che questi creeranno negli anni a venire, ha centrato il problema.
Credo che non potremo continuare ad assumere gli impegni di spesa prendendoli, come viene detto, "nelle pieghe del bilancio", quindi controllo della ripartizione dei fondi tra gli utilizzatori finali e una considerazione particolare alle nostre responsabilità nel disavanzo pubblico al quale anche la Regione Piemonte concorre.
Se è vero che la documentazione è migliorata rispetto al passato, non è ancora così idonea da porre tutti i Consiglieri regionali nella possibilità di valutarla e di controllarla contabilmente. Faccio un esempio. Nel prospetto della competenza delle aree di attività della spesa esistono solo le previsioni finali, che sono quelle post-assestamento, per cui una verifica reale può essere fatta solo in presenza del documento di assestamento dello stesso anno. Poiché l'assestamento, per le note ragioni è stato presentato a novembre anziché a luglio, avrebbe dovuto consentire un assestamento corretto al 100%. La prima area di intervento alla voce "Spese per immobili destinati ad ufficio" a fine anno aumenta la previsione di 160 milioni; poi si realizza la differenza, fra accertamento e previsioni, di 677 milioni; alla voce "Manutenzione e ristrutturazioni locali" si aumenta a fine anno lo stanziamento di 400 milioni e, dopo un mese, si registra una differenza avanzata di 324 milioni. Ho fatto due esempi ma se ne potrebbero fare molti altri. Quello che conta e il giudizio che dobbiamo trarre da queste cifre.
Le forze politiche devono dare un giudizio di tipo ragionieristico ma anche di tipo politico, perché non farebbero appieno il loro dovere se non cercassero attraverso le aride cifre giustificazioni e motivazioni politiche delle spese.
I repubblicani attribuiscono al momento del consuntivo pari dignità politica del momento di previsione, anzi, la loro tensione morale rispetto al consuntivo è più pregnante perché il consuntivo realizza l'ora della verità, l'ora delle promesse mantenute o disattese. Nelle Regioni, nei Comuni, ove i repubblicani hanno l'opportunità di sedete nei Consigli pongono l'attenzione alla responsabilità dell'amministrazione e ai documenti di consultazione che, come è noto, per quanto riguarda soprattutto i piccoli Comuni, vengono costantemente disattesi o rinviati.
In molti Comuni della Regione Piemonte non si sono presentati i consuntivi degli anni 1976, 77, 78, 79. Nel nostro progetto delle autonomie non soltanto vogliamo difendere le autonomie locali, ma esaltarle. Occorrerà che il nuovo ordinamento parta da queste considerazioni di fondo perch l'assenza di strutture e di strumenti idonei impedisce agli amministratori di fare il loro dovere e di adempiere alle leggi di competenza. Questo è più grave se si considera che lo Statuto della Regione Piemonte, che nel momento della sua costituzione aveva attenzione a questi problemi, prevede all'art. 75 che gli organi comprensoriali, redigano ogni anno un bilancio consolidato degli Enti locali che fanno parte del Comprensorio, allo scopo di rilevare gli investimenti di competenza degli Enti stessi.
E' evidente che per fare delle valutazioni delle risorse manovrate dagli Enti locali occorre disporre dei bilanci di previsione, ma per esaminare razionalmente l'operatività degli Enti locali non si può non disporre dei conti consuntivi.
Ho voluto toccare in questo mio intervento questo punto poich l'analisi che ho voluto condurre in questa documentazione è partita dalla considerazione che l'anno '80 è stato l'anno di scadenza di una legislatura e l'avvio della nuova. E' ormai acquisito al costume politico, anzi, è benevolmente accettato, che quest'anno di transizione possa essere un anno di recuperi contabili e anche di promesse, alcune delle quali rimarranno sulla carta e nulla più: promesse ai Comuni e quindi agli elettori di quei Comuni.
Non volendo puntualizzare questo aspetto più dì tanto, cerchiamo la verità attraverso le cifre. Il conto consuntivo per l'esercizio finanziario 1980 si presenta con entrate accertate rispetto alle previsioni pari al 90 circa. In particolare lo Stato ha erogato quanto di sua spettanza nella misura del 97% rispetto alle previsioni. Solo le entrate da mutui, per le note difficoltà, si presentano con uno scarto di oltre il 70% tra preventivo e consuntivo.
Per quanto riguarda la spesa il discorso non è così facile e cosi confortante. La percentuale da prendersi in considerazione non è quella considerata dalla Giunta, che dice che quasi il 90% delle risorse si sono tradotte in pagamenti e poco più del 10% viene riportato a residui. Non si considera che le disponibilità del Fondo sanitario nazionale rappresentano un puro trasferimento di fondi dal bilancio dello Stato al bilancio dei singoli Enti che gestiscono la spesa sanitaria, per cui se depuriamo la percentuale dei pagamenti da quelli riferentesi alla sanità, la percentuale scende di molto.
Vorrei cogliere questa occasione per sfatare un luogo comune che da tempo si va facendo strada e che risiede nella convinzione che le Regioni settentrionali sono più brave di quelle meridionali, anche perché sanno spendere più speditamente.
Di questo luogo comune errato tra l'altro, ce ne serviamo poi egoisticamente nel senso che non tolleriamo che per comportamenti inadempienti delle altre Regioni, dobbiamo essere penalizzati noi che siamo più bravi. La maggiore capacità di spesa delle Regioni settentrionali è un equivoco poiché recenti statistiche smentiscono questo luogo comune e dalle ricerche non sono emerse sostanziali differenze di comportamento in relazione alla dislocazione geografica, in ogni caso poi, occorre considerare che, pur in presenza della crisi anche nel settentrione, le Regioni del nord hanno operato in questi anni in un sistema socio-economico più evoluto, in cui gli obiettivi sono sempre stati ricondotti alla crescita equilibrata e non soltanto allo sviluppo, problema sostanzialmente del meridione.
Passando alle aree di intervento, l'area dell'agricoltura è la più deficitaria sia in termini assoluti che in termini percentuali. Di fronte a previsioni di oltre 230 miliardi si sono avuti accertamenti per soli 154 miliardi pari al 67% delle previsioni.
Se consideriamo le erogazioni, che rappresentano l'effettivo intervento nel settore, di fronte ad una previsione di spesa di 306 miliardi (competenze più residui) sono stati spesi soltanto 130 miliardi pari al 43 delle previsioni.
Nel programma di intervento "Ammodernamento delle aziende agricole" i premi di insediamento e permanenze per i giovani agricoltori, in riferimento alla legge n. 984 e alla legge regionale n. 63, su 5 miliardi di somme accertate e previste anche come uscite di cassa, sono stati erogati 2,9 miliardi pari a mano del 60%.
Si potrebbe continuare. Occorre invece una riflessione generale non su che cosa si deve fare, ma sul come renderlo attuabile, realistico e realizzato nelle realtà decentrate.
Crediamo, per esempio, che interventi così massicci nel campo dell'agricoltura abbiano l'obiettivo politico di far crescere redditivamente e culturalmente la comunità agricola e l'intera comunità regionale. Allora, come è possibile che questa disponibilità della Regione a venire incontro ai problemi agricoli non venga accolta dal diretto destinatario? Si evidenziano le difficoltà che provengono dalle banche, ma i problemi inerenti alla qualità dell'intervento regionale che, in agricoltura come in qualunque altro campo, deve essere attivo responsabile, deve farsi carico dello stimolo all'utilizzo sul destinatario. Non solo. Occorre superare la pastoie burocratiche che ormai esistono anche nella prassi amministrativa regionale.
L'Assessorato all'agricoltura stanzia per il 1980, 6 miliardi a favore dell'allevamento zootecnico e se il consuntivo di quell'anno mette in evidenza che si è speso poco più di mezzo miliardo, si deve dedurre o che l'argomento non riguarda l'economia agricola piemontese o che gli allevatori non hanno bisogno di tali interventi, oppure che qualche cosa non ha funzionato nel rapporto tra la Regione e la comunità agricola.
Opuscoli, stampati e manifesti non sono evidentemente sufficienti a far conoscere gli interventi della Regione.
Ho avuto occasione di leggere alcuni bilanci di piccoli Comuni e l'aridità delle cifre mi ha convinta che molti amministratori locali o non conoscono le leggi ed i finanziamenti regionali o hanno rinunciato alla richiesta dopo esperienze negative.
Nelle aree di intervento 2 e 3 notiamo molte spese relative a contributi per mercati, promozione commerciale e fieristica, sistemazione strade. Quali strumenti sono stati adottati per portare a conoscenza soprattutto dei piccoli Comuni, le provvidenze a loro favore? Non dimentichiamo che proprio le comunità più bisognose di aiuto molto spesso non hanno una propria organizzazione burocratica sufficiente, quindi è necessario un intervento massiccio di informazione spicciola e di aiuto tecnico per il disbrigo delle formalità.
Sono state previste spese per 6 miliardi per il potenziamento di fognature e acquedotti a favore di Comuni e Comunità montane. Se ne sono erogati 3,4 miliardi. Per gli impianti sportivi sono previsti 3,6 miliardi se ne sono spesi 1,2.
Per altre forme di impiantistica sportiva sono stati previsti 400 milioni, ma non sono stati spesi. Contributi a Comunità e Comuni montani per programmi di formazione sportiva. Sono previsti 900 milioni che non sono stati spesi.
A conclusione del discorso sui Comuni, vorrei ricordare alla Giunta che nei suoi cassetti dovrebbe essere pronto un progetto di corsi di formazione per operatori pubblici e di informazione per gli amministratori che sarebbe forse urgente esaminare e approvare.
I dati di un consuntivo e le sue valutazioni dovrebbero guidare il futuro atteggiamento finanziario della Regione nella definizione o nella ridefinizione della spendibilità delle risorse, ciò anche in dipendenza e in considerazione del comportamento dei Comuni stessi.
Si dibatte molto se sia più opportuno dare erogazioni in conto capitale o in conto interessi. E' vero che con il conto interessi si mette in moto una capacità di interventi ben maggiore, ma è anche vero che a volte i Comuni preferiscono poter contare su una cifra iniziale certa che su altre la cui erogazione dipenderà da un altro Ente. Tralascio il discorso del vincolo di spesa per il futuro, è un problema aperto che comunque deve essere approfondito e dibattuto in altre sedi ed occasioni. La Regione deve essere più vicina ai Comuni anche sotto questo profilo.
Non rifacciamo il discorso dei residui. Si è registrato qualche miglioramento e in prospettiva si tenta di arrivare alla percentuale ideale del 10% anche perché per il precipitare della situazione inflazionistica paradossalmente un alto valore di residui, per certi aspetti, è diventato un fatto quasi positivo. La relazione della Corte dei Conti al Parlamento denuncia la carenza di capacità delle Regioni in tema di investimento, così come denuncia la conflittualità tra Governo e Regioni in ordine ai trasferimenti statali che finisce per ritardare i pagamenti stessi. La contemporanea presenza di cospicui residui attivi e di crescenti residui passivi, lungi dal compensarsi, è la rilevazione che se il fronte della gestione statale è coerente, non lo è meno quello delle Regioni.
Non mi dilungo sugli Enti strumentali, i cui bilanci e le relazioni delle attività avrebbero dovuto essere allegati al documento in discussione dato che su di essi è previsto un apposito dibattito nel mese di settembre.
Altra carenza questa di carattere tecnico, si riferisce al riepilogo e ai riferimenti per facilitare la consultazione, riepilogo che il Consigliere Paganelli continua a farsi da molti anni. Manca il quadro dei punti di concordanza tra la gestione patrimoniale e la gestione finanziaria. In compenso c'è un elenco dei mutui contratti nell'anno 1980 che tutto dice, compreso il nome del notaio che ha fatto il rogito. Meglio sarebbe se risultassero il tasso di interesse e la durata.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, propongo di sospendere i lavori a questo punto e di riprenderli alle ore 15,15.



(La seduta ha termine alle ore 13,05)



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