Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.60 del 21/05/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il punto primo all'ordine del giorno reca: "Approvazione verbali precedenti sedute".
Se non vi sono osservazioni, i processi verbali delle adunanze del 30 aprile e 7 maggio sono approvati.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente", rende noto che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bruciamacchie, Picco, Testa.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 85: "Norme per la costituzione ed il riparto del fondo sanitario regionale", presentato dalla Giunta regionale in data 30 aprile 1981 N. 86: "Assistenza domiciliare a favore delle persone handicappate" presentato dai Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio in data 30 aprile 1981 N. 87: "Rendiconto dell'esercizio 1980", presentato dalla Giunta regionale in data 8 maggio 1981 N. 88: "Sottoscrizione di nuove azioni della Promark s.p.a.", presentato dalla Giunta regionale in data 8 maggio 1981 N. 89: "Istituzione del difensore civico", presentato dai Consiglieri Viglione e Salvetti in data 11 maggio 1981 N. 90: "Perequazione del trattamento economico del personale regionale.
Abrogazione dell'art. 5 della legge regionale 27/12/1977, n. 63" presentato dalla Giunta regionale in data 13 maggio 1981 N. 91: "Modificazioni alla legge urbanistica regionale num. 56/1977 (tutela ed uso del suolo) e successive integrazioni", presentato dai Consiglieri Paganelli, Genovese, Martinetti, Petrini, Picco, Ratti Sartoris e Chiabrando in data 14 maggio 1981 N. 92: "Interventi regionali in agricoltura e foreste 1981/1985" presentato dai Consiglieri Paganelli, Borando, Chiabrando, Devecchi Lombardi e Penasso in data 14 maggio 1981.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 23 marzo 1981: "Disposizioni finanziarie concernenti autorizzazioni di spesa per gli esercizi 1982 e 1983, nonch modifiche alla normativa contabile di leggi di settore e devoluzione di quote di assegnazioni statali nell'area di intervento agricoltura" alla legge regionale del 10 aprile 1981: "Integrazione agli articoli 26 39 e 40 della legge regionale 6 gennaio 1973, n. 4 'Iniziativa popolare e degli Enti locali e referendum abrogativo e consultivo', modificata con legge approvata dal Consiglio regionale in adunanza del 1 aprile 1981".


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto: alla legge regionale del 1° aprile 1981: "Interventi straordinari a favore dei cittadini con redditi insufficienti per sostenere prioritariamente il rincaro del costo del riscaldamento per l'inverno 1980/1981".


Argomento:

e) Deliberazioni assunte dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Rendo note le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 15 e 29 aprile, 5 e 12 maggio 1981 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65.



PRESIDENTE

Seduta del 15 aprile 1981 56 - Integrazione del programma di sperimentazione agraria, ricerca e servizi di analisi predisposto dall'Osservatorio per le malattie delle piante e assunzione di spesa di Lire 37.759.800 per pagamento retributivo ad organi agricoli. (cap. 3790 del 1981).
Ferraris Bruno 62 - Convenzione Regione AIMA per disciplinare rapporti reciproci per l' attuazione del regolamento CEE 1667 relativo a premi produttori bovini.
Approvazione e autorizzazione a delega di firma.
Ferraris Bruno 65 - Trasferimento alla Regione di canali ex-demaniali d'irrigazione e da essa gestiti direttamente. Affidamento di particolari mansioni sul canale Carlo Alberto.
Ferraris Bruno 128 - Approvazione delle proposte creative e di pianificazione dei mezzi relativi alla campagna pubblicitaria per le stagioni Primavera-Estate 1981.
Impegno di spesa di Lire 296.208.211 (Cap. 8230 bilancio 1981).
Moretti Michele 132 - Formalizzazione di impegno di spesa prenotata con deliberazione della Giunta regionale n. 94-2502 del 2.12.1980 e autorizzazione maggiore spesa di Lire 59.626. Spesa complessiva di lire 6.857.033 (Cap. 2250 bilancio 1981).
Moretti Michele, Simonelli 174 - Liquidazione parcella al Dr Arch. Cesare Volpiano relativa alla ristrutturazione delle aree interne di pertinenza degli immobili regionali di Piazza Castello n. 161 e 165 e di Via Garibaldi n. 2 - Torino. Spesa di Lire 29.902.016 di cui Lire 20.582.729 già impegnati sul cap. 840/80 e lire 9.319.287 sul cap. 1000/81.
Testa Gianluigi 191 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti la Pretura di Alessandria ed affidamento incarico legale all'Avv. Ugo Procopio.
Ricorrente Cerrini Rosita per rimborso spese farmaceutiche. Spesa di lire 300.000 sul capitolo 1081/81.
Testa Gianluigi 192 - Autorizzazione ad intervenire nel giudizio promosso dalla SAFE s.n.c.
di Gaia Luciano &C. contro il Comune di Valle Mosso avanti il tribunale Civile di Biella. Affidamento incarico legale all'Avv. Manfredi di Biella.
Spesa di L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 193 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale all'Avv. A. Comba Ricorrente S.p.A. Centrale del Latte di Torino avverso il provvedimento n. 2/68 del 7.2.1980 concernente i prezzi massimi di vendita al pubblico del latte alimentare pastorizzato e pastorizzato-omogeneizzato adottato dal Comitato Provinciale Prezzi di Torino. Spesa L. 300.000 sul cap. 1081/81.
Testa Gianluigi 195 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR-Piemontese ed affidamento incarico legale all'Avv. P. Sertorio. Ricorrenti: Appino Franco e Bertino Maria avverso Comune di Agliè e la Regione Piemonte concernente annullamento del provvedimento del Sindaco del Comune di Agliè in data 16.10.1980 all'oggetto: "Pratica edilizia" n. 1012/68 del 7.12.1977. Spesa L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 198 - Parziale modifica delle deliberazioni della Giunta regionale relative alla liquidazione onorari all'Avv. Marco Casavecchia.
Testa Gianluigi



PRESIDENTE

Seduta del 29 aprile 1981 7 - Lavori di ristrutturazione di Palazzo Lascaris in Torino. Deliberazione Giunta regionale n. 2-4866 del 17 marzo 1981. Progettista De Cristofori.
Maggior impegno di spesa di L. 1.895.570 - Cap. 1000/79 per I.V.A. al 15%.
Presidente 8 - Slittamento all'esercizio finanziario 1981 del compenso residuo spettante al Dr. Flavio Bonifacio per l'incarico di cui alla deliberazione 12.2.1980 n. 76-26888 L. 2.340.000 (Cap. 5040 bil. 1981).
Sanlorenzo Dino 86 - Corso di aggiornamento del personale sanitario D.E.A. del Comprensorio Torinese sulle modalità di intervento ai politraumatizzati cranici.
Liquidazione spettanze dovute ai relatori.
Bajardi Sante 205 - Formazione Professionale - Ratifica conferimento incarichi di insegnamento autorizzati con deliberazione n. 66-2821 del 16/10/80.
Ferrero Giovanni 215 - Istituzione di un corso di qualificazione ed aggiornamento su problemi di sicurezza ed igiene del lavoro in materia di coltivazione di cave e torbiere, acque minerali e termali. Convenzione con il Politecnico di Torino. Spesa di L. 3.500.000. Cap. 380. Bilancio 1981.
Marchesotti Domenico, Testa 216 - Parziale modifica dell'atto deliberativo n. 69/2824 del 16.12.1980 (affidamento al Politecnico di Torino di uno studio sulle interferenze tra attività estrattiva di inerti ed uso del territorio). Maggior spesa di L.
30.000. Cap. 5550 del bilancio 1981.
Marchesotti Domenico 219 - Studio preliminare di fattibilità per il recupero funzionale del complesso Prà Catinat in Comune di Fenestrelle. 18a fase, recupero padiglione Nasi. Affidamento consulenza all'arch. Giuseppe Satti. Spesa globale di L. 14.950.000. Cap. 2250 bilancio 1981.
Moretti Michele 234 - Liquidazione note di addebito per variazione I.V.A. - Spesa di L.
637.864. Capitoli 520, 1000, 7790, 11755. Bilancio 1981.
Rivalta Luigi 249 - Legge regionale 19.12.1978 N. 77. Pagamento gettoni di presenza ai membri esterni del CUR e indennità di trasferta a quelli residenti fuori Torino quale rimborso spese per le sedute del II Semestre dell'anno 1980.
L. 5.389.370 sul cap. 7160 per l'esercizio finanziario 1981.
Simonelli Claudio 269 - Affidamento incarico legale all'Avv. V. Vivona di Bergamo per procedere all'esecuzione contro il sig. Bottaro Renato residente in Bergamo. Spesa di L. 400.000 (cap. 1081/81).
Testa Gianluigi 270 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti la Pretura di Torino nel ricorso proposto dal sig. Durante Massimo ai sensi della legge 24.12.1975 n. 706. Affidamento incarico al Dott. Proc. Giuseppe Bava. Spesa di L. 400.000. (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 271 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti la Pretura di Perosa Argentina nei ricorsi proposti dai Signori Feraudo Elidio e Damberto Fausto ai sensi della legge 24/12/1975 n. 706. Affidamento incarico al dott. proc.
Giuseppe Bava. Spesa di L. 400.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 272 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR-Piemonte ed affidamento incarico legale. Ricorrente: s.r.l. Larc. Avverso la deliberazione della Giunta regionale n. 2 del 3.12.1980 concernente la chiusura a tempo indeterminato dei presidi sanitari della Società ricorrente. Spesa L. 300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 275 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR-Piemonte ed affidamento incarico legale all'Avv. M. Scaparone. Ricorrente: Comune di Vercelli avverso provvedimento CORECO-Sezione di Vercelli n. 8809 e 3216/3 del 25.5.1979 concernenti l'annullamento della deliberazione della Giunta Municipale del Comune ricorrente n. 575 del 3/4/1979. Spesa L. 300.000 (Capitolo 1080/81).
Testa Gianluigi 276 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR-Piemonte ed affidamento incarico legale all'Avv. M. Casavecchia. Ricorrente: S.p.A.
Centro Diagnostico Cernaia avverso annullamento delibera della Giunta regionale n. 1 del 3.12.1980 concernente la chiusura a tempo indeterminato dei presidi sanitari della ricorrente. Spesa L. 300.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 277 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR-Piemonte ed affidamento incarico legale all'Avv. Marco Casavecchia. Ricorrente: S.p.A.
Centro Diagnostico Cernaia avverso deliberazione della Giunta regionale n.
2 del 3.12.1980 concernente la chiusura a tempo indeterminato dei presidi sanitari della ricorrente. Spesa L. 300.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 278 - Autorizzazione a proporre gravame d'appello avanti il C.d.S. avverso la sentenza TAR Lazio n. 1041 concernente l'accoglimento del ricorso proposto dalla S.p.A. Agip Petroli, ed affidamento incarico legale agli avv. Comba e Romanelli. Spesa L. 600.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 279 - Autorizzazione a proporre giudizio d'appello avanti la Corte d'Appello di Torino avverso la sentenza del Tribunale di Biella n. 566/78 r.g. concernente la condanna dell'Amministrazione regionale a rimborsare al Comune di Trivero le somme che quest'ultimo corrisponderà alla ditta Costa.
Affidamento incarico legale all'Avv. P. Manfredi di Biella. Spesa L.
300.000 (Capitolo 1080/81).
Testa Gianluigi 280 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il P. di R. ed affidamento incarico legale all'Avv. G. Bava Ricorrenti: Vedani Enrico e Gagnor Riccardo avverso D.P.G.R. 4.2.1981 concernente l'irrogazione della sanzione amministrativa di L. 500.000 per violazione degli artt. 48 e 69 Legge regionale n. 56/77. Spesa L. 300.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 281 - Rettifica della deliberazione della Giunta regionale 210 del 31.3.1981: affidamento incarico legale al Prof. Avv. C.E. Maiorca in luogo del Prof. Avv. A. Comba.
Testa Gianluigi 282 - Affidamento in sanatoria di incarico per consulenza giuridica agli Avvocati G. Borio e C. Scalvini in materia di liquidazione di indennità di fine rapporto e di problemi inerenti la manutenzione di immobili di proprietà regionale. Spesa L. 295.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 283 - Liquidazione onorari all'Avv. M. Casavecchia a seguito di consulenza e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Cantamessa. Spesa L.
246.245 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 284 - Liquidazione onorari agli avvocati G. Borio e G. Scalvini a seguito di consulenza e di assistenza in giudizio avanti il TAR nelle cause Zambon Lenzi, Colli, Fabbri e altri, Pizzimbone ed altri, Comune di Occhieppo.
Spesa di L. 3.566.690 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 285 - Dipendente a tempo indeterminato (assunta ai sensi della legge 285/77) Anna Maria Santhià - Accettazione dimissioni.
Testa Gianluigi



PRESIDENTE

Seduta del 5 maggio 1981 90 - Affidamento alla "Sistemi audio-visuali" di Torino di uno studio esecutivo per la successiva realizzazione di una serie di pannelli esemplificativi della riforma sanitaria. Spesa di L. 6.663.500. (Cap. 10670 bilancio 1981).
Bajardi Sante 94 - Commissione regionale per l'elaborazione di proposte inerenti l'attuazione dell'art. 23 del D.P.R. 616/77 e per l'integrazione delle attività connesse alle funzioni di competenza degli Enti locali e del Ministero di Grazia e Giustizia. Rinnovo. Impegno di spesa di L. 3.000.000.
Cernetti Elettra 130 - Progetto di riqualificazione e aggiornamento per docenti tecnici del settore automazione industriale. Convenzione con il Consorzio CSEA. Spesa L. 10.062.500 (Cap. 11540/81).
Ferrero Giovanni 160 - Commissione di studio per la pianificazione dei servizi scolastici nell'ambito della pianificazione territoriale. Cap. 7790 anno 1981 - L.
27.250 000.
Ferrero Giovanni 166 - Affidamento di consulenza per l'aggiornamento e l'adeguamento del Piano regionale di risanamento delle acque, approvato con DGR n. 12-22871 del 31.7.1979. Liquidazione a saldo di L. 90.288.000 (cap. 8950/80 Impegno



PRESIDENTE

44150). Impegno e liquidazione di L. 2.804.500 (Cap. 8950/81).
Salerno Gabriele 167 - Piano regionale delle risorse idriche per il territorio piemontese.
Liquidazione a saldo dei compensi agli esperti incaricati della direzione del progetto di ricerca ed al gruppo di consulenza. Spesa di L.
100.000.000. (Cap. 12750 bilancio 1981).
Salerno Gabriele 182 - Approvazione progetto di ristrutturazione del fabbricato regionale sito in Torino - Via Principe Amedeo 17 - Autorizzazione affidamento lavori a licitazione privata - Nomina direttore dei lavori. Spesa di L.
1.236.485.972 - Impegno sul cap. 1000 del bilancio 1981 per L. 600.000.000 oneri fiscali e spese tecniche compresi.
Testa Gianluigi 205 - Liquidazione di onorari e spese di causa all'Avv. Enrico Piola a seguito di assistenza giuridica e rappresentanza dallo stesso prestata in ricorsi avanti all'Autorità Giudiziaria ordinaria del Piemonte. Spesa di L.
2.550.000 oneri fiscali compresi. (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 207 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR-Piemonte ed affidamento incarico legale all'avv. C.E. Maiorca. Ricorrente: s.r.l.
Consorzio Regionale Latte Verbano avverso deliberazione del Comitato Provinciale Prezzi di Novara n. 3 dell'11.2.1981, concernente la determinazione del prezzo del latte pastorizzato omogeneizzato intero per Novara e Provincia. Spesa L. 300.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 212 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti la Pretura di Alessandria ed affidamento incarico legale all'Avv. Procopio. Ricorrenti: Ponzano Dr. Cristoforo ed altri avverso l'accesso condizionato del cittadino alle strutture private. Spesa L. 300.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 213 - Autorizzazione alla costituzione di parte civile ed affidamento incarico legale al Dr. Avv. Cellerino nel procedimento a carico dei Sigg.
Finazzi Lino, Galeassi Fulvia, Ravera Carlo, Druetta Sandra. Spesa L.
300.000 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 214 - Liquidazione onorario all'Avv. Marco Casavecchia a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Gruppo Finanziario Tessile. Lire 794.915 (Cap. 1980/81).
Testa Gianluigi 215 - Liquidazione onorario all'Avv. Marco Casavecchia a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Ozella. L. 651.489 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 216 - Liquidazione onorario all'Avv. Guido Sertorio a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Bazzica. L.
674.960 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 217 - Liquidazione di spese giudiziali a seguito di sentenza TAR-Piemonte n. 142/81 (ricorso Dott. Sergio Bertolini). L. 1.096.100 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 226 - Piano di razionalizzazione della rete distributiva di carburanti.
Affidamento di incarico alla TEMA S.p.A. Finanziamento 2^ e 3 ^fase L.
67.971.052 (Cap. 5536 esercizio 1981).
MARCHESOTTI Domenico 227 - Piano di settore delle aree artigiane attrezzate. Affidamento di consulenza a Finpiemonte Spa L. 57.000.000 cap. 2250 esercizio 1980.
Integrazione di spesa di L. 15.450.000 (Cap. 5290 esercizio 1981).
Marchesotti Domenico



PRESIDENTE

Seduta del 12 maggio 1981 7 - Affidamento della rilevazione dei dati relativi alle Imprese dell'Industria Manifatturiera Piemontese con oltre 35 addetti, presso gli Uffici provinciali del lavoro. Incarico alla Soc. Cooperativa Educazione Proietto. Spesa complessiva L. 3.680.000 (Cap. 5040 Bilancio 1981).
Sanlorenzo Dino 38 - Nomina del Comitato regionale per i tartufi per la determinazione del periodo di raccolta ed in generale per tutti gli altri problemi di disciplina del settore.
Ferraris Bruno 56 - Iniziative culturali e di divulgazione scientifica in collaborazione con la Provincia ed il comune di Torino - Partecipazione della Regione alle spese di organizzazione. Affidamento incarico,realizzazione a Radio Stuff.
Management S.r.l. Torino. Contributo di L. 21.000.000 (Cap. 11755/81).
Ferrero Giovanni 57 - Parziale modifica delle deliberazioni n. 55-5123 e n. 56-5124 del 24 marzo 1981, per quanto riguarda l'affidamento alla CIDEC, anziché alla Cooperativa Esedra, delle attività di visite guidate presso musei e mostre.
Ferrero Giovanni 98 - Liquidazione onorari all'Avv. M. Casavecchia a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Girardello L. 545.040 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 99 - Integrazione impegno finanziario previsto con deliberazione della Giunta regionale n. 113 del 24.3.1981 e liquidazione spettanza Avv. G.
Sertorio. Spesa L. 209.415 (Cap. 1080/81).
Testa Gianluigi


Argomento: Commissione di controllo sugli atti della Regione

f) Richiesta di chiarimenti da parte della Commissione di controllo sugli atti della Regione


PRESIDENTE

Comunico che la Commissione di controllo sugli atti della Regione, con lettera 11 maggio 1981 Prot. 43987, ha chiesto chiarimenti in merito alla deliberazione approvata dal Consiglio regionale in adunanza del 22 aprile: "Legge regionale 12.5.1975 n. 27 modificata ed integrata con legge regionali 23.1.1979 n. 4 e 16.5.1980 n. 44. Regolamento di attuazione Albo Professionale Imprenditori Agricoli".


Argomento:

g) Ritiro progetto di legge


PRESIDENTE

Comunico che è stato ritirato il progetto di legge n. 11: "Integrazione all'art. 52 della legge regionale 12/10/1978, n. 63, relativa a 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste' e successive modificazioni" da parte del Presidente della III Commissione, Chiabrando (primo firmatario).


Argomento: Ordine pubblico e sicurezza

h) Attentato al Papa Giovanni Paolo II


PRESIDENTE

Signori Consiglieri la notizia del gravissimo attentato di cui è stato vittima il Sommo Pontefice ci ha lasciati fortemente colpiti e sgomenti.
Con un comunicato stampa, la Presidenza del Consiglio regionale ha immediatamente espresso lo sdegno e l'esacrazione per questo inqualificabile e infame attacco rivolto al Capo della Chiesa Cattolica che, oltre ad essere punto di riferimento del sentimento religioso della maggioranza degli italiani, raccoglie intorno a sé vasta popolarità e simpatia quali si erano manifestati anche in occasione della sua venuta a Torino lo scorso anno.
Ma emozione e sgomento si sono manifestati in tutto il mondo al di là di qualunque barriera nazionale, etnica e religiosa; unanime si è sollevato il coro di riprovazione e non c'è stata parola sufficiente sulle pagine di giornali o pronunciata da radio e televisioni per esprimere l'indignazione e la commozione di vaste folle, addirittura di Nazioni.
In tante parti del mondo, infatti, il Papa si è prodigato per testimoniare la costante presenza della Chiesa, in particolare laddove persistono gravi tensioni politiche e sociali, sofferenze, oppressioni ingiustizie, portando parole di pace, contro la violenza, la fame, per il rispetto dei diritti dell'uomo: l'attentato alla vita di Giovanni Paolo II costituisce inevitabilmente un gesto contro la sua opera.
La sera stessa dell'attentato, con il Presidente Enrietti, ci siamo recati dal Cardinale Ballestrero per esprimere la viva partecipazione e solidarietà delle istituzioni e della comunità piemontese e per formulare l'augurio più fervido per la salute del Pontefice.
A otto giorni di distanza dal ferimento, apprendiamo con sollievo che le condizioni del Papa sono in via di graduale, ma costante miglioramento che ha in certo qual modo rasserenato non solo noi in Italia, e non solo i Cattolici, ma popoli di tutto il mondo e di qualsiasi fede religiosa.
L'opera di Giovanni Paolo II a favore della pace nel mondo è apprezzata e condivisa da tutti gli uomini di buona volontà e sappiamo con certezza che, con la speranza della sua guarigione, il suo impegno per il raggiungimento della pace tra gli uomini, riprenderà più forte di prima.
Il Consiglio regionale e tutti i piemontesi rinnovano l'augurio di pronta guarigione affinché possa essere al più presto restituito alla pienezza delle sue forze e della sua salute per riprendere il suo alto magistero.
La più rapida e completa guarigione, auguriamo anche alle due donne ferite nell'attentato.


Argomento: Commemorazioni

i) Commemorazione della scomparsa di Arturo Carlo Jemolo


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, è con estrema commozione che abbiamo appreso della scomparsa di Arturo Carlo Jemolo. Con lui scompare la voce di una originale cultura laica che non ha mai smesso di intrecciarsi e confrontarsi con gli avvenimenti dello Stato italiano, commentando, tra l'altro, fino all'ultimo, i problemi e i fatti più importanti dalle colonne del quotidiano La Stampa.
Egli lascia dietro di sé il preziosissimo patrimonio ideale del suo pensiero testimoniato dalle decine di volumi: grandi opere storiche giuridiche, saggistiche e dalle migliaia di articoli attraverso i quali ha sempre manifestato e difeso la propria libertà di opinione senza mai piegarsi ad alcun condizionamento.
Jemolo ha mantenuto sempre i caratteri fondamentali della sua formazione: non è mai venuto meno alla sua profonda convinzione cattolica e, insieme, liberale e democratica, anzi ha saputo conciliare con estrema coerenza ed equilibrio questi due momenti in una visione superiore della laicità dello Stato che non ha più abbandonato.
Durante il periodo fascista fu strenuo oppositore del regime continuando a difendere la propria autonomia di storico e di giurista nei libri e sulla cattedra. Fu firmatario della petizione di Croce nel 1925 e fu tra i primi cattolici a schierarsi apertamente contro le ingiuste e folli leggi razziali.
Dopo la liberazione il suo impegno civile, scientifico e culturale si manifestò più forte partecipando costruttivamente al dibattito riapertosi sui rapporti tra Stato e Chiesa, auspicando il superamento delle barriere concordatarie e indicando quale doveva essere la separazione tra i due campi, fedele sempre alla sua figura di cattolico liberale.
Sebbene fosse, ed egli stesso si considerasse, un uomo di altri tempi di un'altra Italia più vicina ad antichi e rigorosi valori e guardasse al futuro con pessimismo ed apprensione, era sensibile e acuto osservatore dei problemi attuali, dei fenomeni sociali, politici e di costume.
Soprattutto in questi ultimi anni, Jemolo è stato riconosciuto universalmente come un maestro da cattolici e laici; egli ha saputo dare con la sua lunga vita operosa, un prezioso contributo al progresso civile politico e alla cultura italiana.
Il patrimonio ideale, l'insegnamento morale e il messaggio ai giovani che Jemolo ci ha lasciato appartengono alla vita ed alla storia democratica del nostro Paese e costituiscono un ineguagliabile esempio in un momento così difficile e tormentato come quello che le istituzioni democratiche ed il popolo italiano stanno vivendo.
Le comunicazioni del Presidente del Consiglio sono così concluse.


Argomento: Interventi a favore dell'economia - normative organiche nei vari settori

Provvedimenti di politica economica di pronto avvio. Anticipazioni del secondo Piano di sviluppo regionale


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo all'ordine del giorno: "Provvedimenti di politica economica di pronto avvio. Anticipazioni del secondo Piano di sviluppo regionale".
La parola al Presidente della Giunta regionale, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, il discorso sulla politica economica della Regione non comincia oggi. Siamo una Regione fondamentale per la produzione del reddito.
Sono concentrati in Piemonte più di un milione di lavoratori; malgrado la crisi, siamo la Regione che anche nel 1980 ha esportato più di mille miliardi di merci e prodotti.
Grave però è il nostro deficit energetico ed il nostro disavanzo di prodotti alimentari. Questa Giunta regionale, fin dall'inizio della legislatura, ha focalizzato la propria attenzione sui problemi economici ritenendo che il ruolo attivo di governo che aveva rivendicato e che la comunità chiedeva che svolgesse, esigessero questa prima scelta prioritaria.
Abbiamo approfondito e discusso con voi i problemi economici durante la vertenza Fiat; abbiamo, nell'ottobre, esaminato insieme i punti di crisi e le soluzioni necessarie; vi abbiamo, nel novembre, presentato il nostro ampio ed approfondito disegno programmatico, anch'esso saldamente ancorato alle realtà economiche regionali, nazionali, internazionali; abbiamo analizzato insieme le proposte della Giunta in dibattiti settoriali, ma sempre inquadrati nello scenario economico complessivo, nell'ottobre per il carovita, nel febbraio per il piano auto, nel marzo per le fonti energetiche, nell'aprile per il settore agro-alimentare.
Sempre, dal confronto, a volte serrato, a volte aspro, sempre utile abbiamo acquisito il contributo di idee e di posizioni, che riflettono nelle diverse sfaccettature, le idee e le posizioni della Comunità piemontese.
Ulteriore occasione di approfondimento dei temi economici la presentazione del bilancio 1981, agganciato al bilancio pluriennale che sia pure nella sua essenzialità e nella sua tecnicità, è insieme scelta di rigore amministrativo, di chiarezza di gestione, di dirottamento, almeno emblematico, per la limitatezza dei fondi, delle risorse dalla spesa corrente a quella di investimento.
Proprio durante la presentazione del bilancio, la Giunta regionale si è impegnata a presentare al Consiglio, in tempi brevi, in concomitanza con i primi provvedimenti assunti dal Governo per fronteggiare l'inflazione, una serie articolata di progetti, ispirata ad una rigorosa logica economica.
Progetti di pronta fattibilità, tesi ad incidere sulle cause strutturali dell'inflazione ed a contribuire quindi, ad innescare meccanismi di rilancio della competitività, di ripresa della capacità di investimento, di sostegno dell'occupazione, nell'ottica del riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
Oggi la Giunta regionale ritiene di aver soddisfatto a questo impegno.
Sia per i tempi, estremamente brevi, ove si consideri che i progetti sono stati presentati a seguito della consultazione e del coinvolgimento di tutte le forze politiche economiche e sociali, sia per la loro gamma, che testimonia insieme lo sforzo di colpire gli obiettivi e di farli discendere dal quadro programmatorio regionale.
La Giunta regionale si è avvalsa dei suggerimenti e dei documenti presentati dalle forze politiche del Consiglio, dalle forze economiche (Federpiemonte, API, Federazioni Artigiane, Commercianti, Agricoltori Unione edilizia), organizzazioni sindacali, gruppi politici, Enti strumentali (Finpiemonte, Ires, Promark, Esap) ed Istituti di credito.
Mi sia consentito qui di ringraziarli pubblicamente, e non è un grazie rituale, è un grazie sincero e sentito, non solo per il contributo di idee ma per la prontezza della risposta, per la partecipazione dimostrata, a testimonianza, se ancora ce ne fosse bisogno, che il Piemonte risponde sempre, che la Regione-Ente è anche la Comunità regionale e che la Comunità regionale, pur nelle divergenze politiche o ideologiche, offre la sua fiducia alla Regione-Ente.
Di questa fiducia cerchiamo sempre, con tutte le nostre forze, e speriamo di riuscirci, di fare buon uso.
Ed i nostri progetti che qui presentiamo tendono proprio a dare una risposta in senso complessivo, un contributo che va al di là delle cifre pur imponenti se si tiene conto del pacchetto globale, perché tendono attraverso la calendarizzazione dei tempi, la stessa scelta dei settori e delle localizzazioni, ad offrire un quadro di riferimento certo, a catalizzare quindi le risorse economiche degli operatori regionali azionando un volano di un meccanismo più ampio che coinvolge il sistema produttivo economico regionale.
Non si deve infatti dimenticare che il Piemonte, per la sua struttura economica, è fra le Regioni che più risentono degli effetti negativi della stretta monetaria.
Al debole vantaggio che le imprese esportatrici conseguono dalla svalutazione, si deve infatti contrapporre l'aggravio dei costi fissi per unità di prodotti, che la stretta è destinata a provocare.
A questo panorama si deve aggiungere l'arresto di un processo di ristrutturazione e riconversione che soltanto recentemente aveva incominciato a manifestarsi a livello di alcuni settori industriali e che diventa ancor più necessario in relazione alle prospettive molto incerte del settore dell'auto.
Pertanto, nel corrispondere all'impegno assunto, la Giunta regionale ha tenuto conto di alcune coordinate fondamentali: il programma della Giunta regionale il metodo, in analogia alla logica del piano a medio termine, che rappresenta una svolta positiva nella politica economica del nostro Paese caratterizzata dal superamento di concezioni globali e totalizzanti sulla carta. Metodo che privilegia quegli interventi significativi, che diano contenuti ad un disegno strategico e che costituiscono "segnali" precisi capaci di guidare il sistema degli operatori regionali verso scelte prioritarie la logica, che sarà propria del 2 Piano regionale di sviluppo, che si caratterizza per il coinvolgimento di organismi, strutture, enti strumentali già nella fase della formazione e per la capacità di appropriarsi ed avviare progetti idonei al raggiungimento degli obiettivi.
Gli obiettivi non possono essere che quelli del programma di legislatura e del piano nazionale a medio termine.
Infatti il secondo Piano regionale di sviluppo, che verrà presentato tra breve al Consiglio, prima per la metodologia e poi nei contenuti, deve tener conto di due aspetti essenziali: 1) che la specificità dei problemi dello sviluppo del Piemonte deve essere commisurata agli obiettivi fissati nel piano a medio termine attraverso il confronto dialettico.
Nelle varie conferenze dei Presidenti delle Regioni è stata richiesta una concertazione stabile Regione-Governo, in cui possa essere sviluppato in modo funzionale il confronto tra piano a medio termine e Piano di sviluppo regionale.
Sarà possibile in questo modo far diventare operativi progetti con finanziamenti governativi, ampliando così il campo di intervento della Regione.
Una prima eco di questa positiva azione sta nel fatto che il Governo sembra intenzionato, nell'attuale situazione di taglio di risorse regionali, che peraltro le Regioni respingono, a finanziare esclusivamente i progetti regionali già fattibili, che colpiscono gli obiettivi del piano a medio termine 2) necessità di mettere in atto comportamenti dettati dalla constatazione che dobbiamo convivere con la "crisi". Dove con questo termine si vuole indicare la situazione in rapida evoluzione (a volte anche drammatica) che il sistema produttivo attraversa nel nostro Paese per essere competitivo.
I provvedimenti di pronto avvio, l'eccezionale consultazione che sta a monte della proposta che la Giunta sottopone al Consiglio, si collocano dunque come contenuti all'interno della strategia che formerà il secondo Piano regionale di sviluppo ed attivano nei fatti il metodo che, come si è detto, caratterizzerà, con la flessibilità e la rapidità di risposta, il modo d'essere del piano stesso.
Ne costituiscono altresì la riserva (progetti da avviare successivamente) che sarà sottoposta a verifica nei prossimi mesi.
Tali provvedimenti sono resi possibili anche dallo stadio di elaborazione di progetti già avviati, di scelte già operate, di un metodo programmatorio da tempo consolidato.
In questo contesto assume indubbia rilevanza una corretta politica di pianificazione territoriale che non può non rappresentare il riferimento complessivo delle politiche di settore che incidono sul territorio.
Nell'ottica sopra indicata acquistano particolare valore i progetti nel campo energetico, alcuni dei quali vengono presentati per la prima volta e tengono conto anche dei suggerimenti offerti dalla consultazione. Nella logica del riequilibrio della bilancia dei pagamenti, i progetti tendono a ricavare energia utilizzando nuovi metodi o metodi già maturi per la produzione di energia ed, insieme, per il risanamento dell'ambiente, o potenziando lo sfruttamento delle fonti energetiche tradizionali.
Stretta è peraltro la connessione del risparmio energetico nel settore agricolo, ove solo si pensi all'uso plurimo delle acque, alla produzione di biogas: in tale settore sono stati già presentati due progetti dimostrativi comunitari alla CEE, con integrazione tra produzione di servizi in agricoltura, risanamento ambiente, produzione e risparmio energia emblematici della scelta di progetti che colpiscono insieme più obiettivi.
Sempre nel settore agricolo, sono state sottolineate le iniziative più rilevanti che hanno già preso l'avvio, finanziate con fondi regionali, del Governo e della CEE e che, per la loro rilevanza, abbisognano di forte accelerazione.
Il settore agro-alimentare è infatti tra quelli che pesano di più sulla nostra bilancia dei pagamenti e, non a caso, nel programma della Giunta regionale era stato posto tra quelli abbisognevoli di maggiore attenzione nella strategia dello sviluppo economico complessivo piemontese.
I progetti di investimento sulla zootecnia, sulla forestazione, sul potenziamento, l'ammodernamento delle strutture e gli interventi nei settori collinari e montani, rappresentano già una risposta alle sollecitazioni di intervento, in attuazione del programma, per condizioni di sviluppo delle aree più deboli.
Di centrale rilevanza in questo settore sono gli interventi sull'irrigazione, la realizzazione delle opere alternative all'invaso del Moiola, secondo un preciso scadenziario di interventi: progettazione della Regione e degli Enti locali, costituzione di un consorzio tra Enel Regione, Istituti finanziari e Finpiemonte per reperire, oltre ai finanziamenti dello Stato e della CEE, gli ulteriori finanziamenti sul mercato obbligazionario.
Al Governo chiediamo di stornare fondi stanziati nel piano nazionale dell'invaso del Borbera al lago collinare Paradiso e la ripresa delle trattative insieme all'Enel ed alla Regione Liguria per l'utilizzazione delle acque del Tanaro (diga del Casotto e del Ponte di Nava) per la stretta rilevanza nel settore energetico.
Nel settore industriale, il tentativo è stato quello, pur nella limitatezza delle competenze regionali, di difendere e qualificare l'occupazione e contrastare la tendenza allo sviluppo zero, creando nuove occasioni ed investimenti.
Ferme restando le richieste già avanzate al Governo per un maggior spazio al ruolo delle Regioni, specie nella gestione del mercato al lavoro in questo settore si è battuta la strada di realizzare aree industriali attrezzate in zone determinate ed infrastrutture finalizzate al completamento di zone già esistenti, con impegno finanziario parzialmente già imputato al bilancio, per il riequilibrio del sistema industriale; si sta lavorando per la attuazione di una sezione consorzio garanzia Fidi Fidipiemonte per il sostegno alle industrie in via di ristrutturazione, un leasing immobiliare nel comprensorio Verbano-Cusio-Ossola, zona duramente colpita dalla crisi, per favorire gli investimenti da parte delle imprese ed un progetto per il recupero della carta da macero, sollecitato da più parti, considerata la nostra dipendenza dall'estero nel settore.
Verrà pure avviato un progetto conoscitivo per l'industria della componentistica auto, che coinvolge il settore pubblico e privato, con l'intento di razionalizzare il settore e di favorire il consorzio tra le imprese per massima cooperazione; un progetto pilota di mobilità interaziendale, su un territorio individuato, per un anno di sperimentazione, sulla base di un accordo tra i vari soggetti sociali ed istituzionali (organizzazioni sindacali, organizzazioni industriali Ministero del lavoro, Enti locali, C.F.P., ecc.), il cui costo dovrebbe essere finanziato dal Ministero del lavoro e dal Fondo Sociale Europeo.
Significativo è il progetto osservatorio sul mercato del lavoro già finanziato per lire 50 milioni dal Fondo Sociale Europeo, che, partendo dai dati conoscitivi, la cui richiesta è già stata avviata, consentirà di elaborare una strategia per l'offerta di forza lavoro nella Regione.
Strettamente collegati a questa strategia dovranno essere i corsi della formazione professionale, specie per le zone più colpite dalla crisi (Comprensorio Verbano-Cusio-Ossola) quelli di sostegno alle imprese da un punto di vista tecnologico e scientifico.
Va segnalato come elemento, davvero capace di dirottare risorse ed investimenti, il grande progetto di rilievo culturale, e di manovra ad ampio respiro, ignitor, esempio di progetto integrato nel settore industriale e scientifico che trova attuazione ed utilizzazione nel settore energetico.
I progetti nel settore artigianato e commercio testimoniano della volontà di andare ad una manovra complessiva, pur nella settorialità dei progetti presentati dalla Giunta regionale, tesi a sostenere l'occupazione ed il rilancio degli investimenti.
Alcuni dei progetti sono in tutto o in parte finanziati (e ne appare determinante l'accelerazione) e tendono a facilitare il credito, sia come accesso che come costo, a favorire gli investimenti, a ridurre i costi.
Ma particolare significativo assumono, secondo anche le sollecitazioni venute da più parti, i grandi progetti sulle comunicazioni (Frejus-Voltri Sempione, viabilità Piemonte-Liguria) già avviati come studio, per alcuni dei quali la scelta è già avvenuta e mancano i relativi finanziamenti statali.
Un avvio anticipato dei lavori, una puntuale indicazione dei tempi di realizzo, raggiungono il duplice scopo di sostenere l'occupazione, di rilanciare gli investimenti e di facilitare vasti settori di attività economica strettamente collegati alla riduzione dei tempi e dei costi dei trasporti.
In questo senso, la Regione chiederà al Governo l'immediata approvazione della legge sulla viabilità della Valle Susa, in ottemperanza alla convenzione italo-francese, la partecipazione dell'Anas alla società Sitaf e la concessione alla stessa della rapida ultimazione dei lavori.
La Regione provvederà da parte sua a tutti gli adempimenti per consentire la realizzazione della grande infrastruttura (approvazione legge di acquisto Stef).
Sempre nel settore dei trasporti, occorre sottolineare il potenziamento e la riqualificazione della rete ferroviaria e delle aree metropolitane (metropolitana di Torino), del sistema delle merci (interporti, quale quello di particolare rilevanza, di Orbassano), la estensione ed il miglioramento delle vie navigabili collegato al progetto energia.
Nel settore edilizia residenziale, è stato già anticipato l'intervento regionale, in termini progettuali o di funzionamento; si tratta ora di assicurarne l'attuazione dei programmi, nella consapevolezza che una grossa spinta nel settore, oltre a garantire livelli di occupazione, consente di dare alcune risposte nel settore - casa, di evidente importanza sociale ed economica.
La Regione intende costituire un fondo di dotazione che anticipi i finanziamenti per l'acquisizione delle aree e per le opere di urbanizzazione, ed attenuare alcune vischiosità in campo urbanistico nel rilancio delle concessioni edilizie e nel campo di applicazione dei P.P.A.
Sempre nella logica dello stimolo nel settore edilizio, in riferimento a compiti istituzionali della Regione di rilevante valore sociale, il completamento di programma nel settore dell'edilizia scolastica e quello socio-assistenziale, deve apparire significativa la definizione della sperimentazione già avviata per gli impianti solari negli asili nido.
I progetti sul caro-vita, già approfonditi anche in sede consiliare tendono, ovviamente, per la loro propria natura, a contrastare l'inflazione. Sono previsti una campagna informativa già nell'età giovanile, il raccordo diretto tra produttori agricoli e collettività, la rilevazione dei prezzi all'ingrosso, come primo passo per il progetto più generale dell'osservatorio sui prezzi.
Nel settore urbanistico, particolare impegno è quello della revisione in tempi brevi di alcuni nodi della Legge 56, l'avvio, entro maggio, della revisione della convenzione ex art. 78 della legge 10 con il coinvolgimento dei Comuni e delle rappresentanze degli operatori, nonché la messa in opera di tutti gli strumenti idonei a facilitare l'attività degli operatori privati e pubblici.
E', in definitiva, il discorso dell'efficienza della macchina regionale, delle sue leggi e delle sue strutture: tutti i progetti elaborati abbisognano, per la loro stessa efficacia, di essere realizzati in modo rapido e nel rispetto dei tempi prestabiliti al fine di consentire a tutto il sistema degli operatori di fondare la propria attività su un quadro di riferimento che diventa esso stesso parametro economico essenziale.
Per questo motivo è necessario un processo di revisione legislativa che sulla base delle sperimentazioni ormai acquisite, consenta una risposta sempre più pronta.
La stessa rapidità e duttilità deve informare il sistema dei servizi regionali che devono essere in grado, anche in situazioni di emergenza, di corrispondere ai compiti propri della Regione, e garantire, attraverso il massimo dell'agilità e dell'automatismo, l'attuazione delle iniziative assunte.
Questo è stato un impegno centrale del programma di legislatura, questo impegno abbiamo inteso rispettare. Come intendiamo già in questa prima tranche di provvedimenti economici, riconoscere il ruolo determinante che dovranno svolgere tutte le autonomie locali della Regione, in un articolato sistema, e, a questo fine, intendiamo procedere per la delega di alcune funzioni, nel quadro di un progetto più approfondito e concordato, che consenta all'autonomia locale l'efficienza della sua azione per diventare essa stessa strumento economico positivo nella realizzazione dei programmi.
Ritengo che sarà particolarmente apprezzata la proposta di una Commissione mista che riferisca entro giugno in Consiglio per le successive decisioni sulle deleghe.
Il costo complessivo del pacchetto, valutato in lire 3.850 miliardi appare piuttosto elevato, ed inoltre occorre considerare che il bilancio 1981, pure già approvato dal Governo, dovrà essere ridimensionato in base ai tagli proposti dallo stesso Governo, per un importo ancora da definire.
Va però considerato: 1) che il Governo intende finanziare i progetti finalizzati e tra questi con priorità assoluta quelli che possano ricevere contributi dalla Comunità Europea 2) che gli istituti di credito si sono dichiarati disponibili a reperire finanziamenti per progetti che vanno nella linea della lotta all'inflazione e del riequilibrio della bilancia dei pagamenti 3) che gli Enti locali dispongono di risorse finanziarie proprie per finanziare alcune opere pubbliche.
Va pure segnalato che alcune esigenze di immediato avvio, non compaiono nel pacchetto presentato perché fanno parte degli adempimenti istituzionali della Regione che troveranno sollecita attuazione (nomine e funzioni della Sito, revisione dello Statuto dell'Esap).
Dovranno altresì essere puntualizzati e rilanciati, specie nel Piano regionale di sviluppo, il ruolo centrale della Finpiemonte, inteso come soggetto economico attivo nello stimolo all'attività imprenditoriale e della Promark che, in stretto collegamento con le Camere di Commercio sostenga le imprese negli scambi con l'estero e più in generale di tutti gli Enti strumentali della Regione.
Va pure precisato, che altri progetti di notevole rilevanza, suggeriti dalla consultazione, saranno approfonditi nel Piano regionale di sviluppo e la loro assenza non assume il significato di una mancata considerazione; la Giunta ha ritenuto di presentare progetti precisi, definiti o sufficientemente definiti con propri tempi di attuazione, da avviare celermente.
Viceversa tutti i progetti condizionati o dalla mancanza di un quadro legislativo nazionale di riferimento o dalla necessità di ulteriore elaborazione, ovvero che in qualunque modo risultassero solo manifestazioni di volontà, non figurano nell'attuale pacchetto.
Ritengo peraltro che è una gamma abbastanza ampia di progetti alcuni dei quali integrati, capaci di rappresentare in questa fase un primo impulso ed un primo concreto indirizzo per il sistema economico complessivo piemontese.
La scelta verrà operata sulla base delle risultanze del dibattito della possibilità di concretizzazione dei finanziamenti con il Governo, con gli Istituti di credito, con la CEE.
La scelta non potrà comunque prescindere dal nodo energetico, da quello agro-alimentare, specie per quanto riguarda l'irrigazione e l'uso plurimo delle acque, dalla giusta strada dell'innovazione tecnologica, dalla realizzazione della viabilità del Frejus.
Prima di concludere sulle questioni economiche per combattere l'inflazione e sostenere l'occupazione, mi preme svolgere alcune considerazioni di carattere politico, per inquadrare questi provvedimenti nell'azione quotidiana che questa maggioranza svolge, per rispondere alle aspettative di chi ha avuto fiducia in noi e contemporaneamente anche a quelli che sinora non ci hanno confortato con il loro consenso, ma sono in posizione di attesa per verificare le nostre capacità di governo.
Siamo a nove mesi dalle elezioni di questa Giunta, ed in questo periodo il Paese è stato tormentato da avvenimenti sconvolgenti per la vita politica, sociale ed economica.
Molte cose sono successe, dalla crisi drammatica riguardante il settore automobilistico, alle tragedie del terremoto in Basilicata ed in Campania alla crisi economica degenerata nell'inflazione galoppante, alla stasi dell' economia nazionale, a forti contrasti sul piano delle coscienze, come il recente dibattito ideologico e culturale sul tentativo di abrogare la legge sull'aborto.
Abbiamo risposto con un'azione programmatica precisa presentando all'approvazione del Consiglio regionale il programma per la legislatura.
Voglio a questo proposito ricordare una lettera del Ministro Andreatta che sottolineava l'importanza e l'incisività di quel documento, uno dei pochi fra tutte le Regioni italiane.
Azione di governo di fronte ai vari settori in crisi della nostra società, in maniera particolare nei confronti dell'agricoltura: basti ricordare la grande manifestazione dei coltivatori diretti che ha avuto come interlocutore il governo regionale in una vertenza, la vertenza Europa, che non è nata contro la Regione, ma ha avuto al contrario nella Regione un soggetto attivo di solidarietà.
In questo quadro di difficoltà nazionale e regionale e di sommovimenti politici, è nata l'attuale maggioranza.
Essa trae le sue radici nella continuità dell'esperienza del 1975, nel forte successo elettorale del PSI alle elezioni del 1980 e si colloca quale risposta ad un dibattito politico più elevato, più corrispondente alle esigenze della società piemontese per gli anni '80.
L'associazione alla maggioranza del PSDI, determinante sia sul piano politico che sul piano programmatico, è la risposta all'evoluzione politica e sociale della società piemontese.
Riteniamo quindi dopo nove mesi, valida la scelta politica e la filosofia che è stata a monte di questa maggioranza. La riteniamo valida come scelta organizzativa; e non posso fare a meno di rivolgere un caldo ringraziamento ed elogio a tutti gli Assessori che, in una situazione drammatica e difficile, hanno risposto adeguatamente alle responsabilità che loro competono.
Il metodo di lavoro che questa Giunta si è dato, basato sull'elaborazione quotidiana di una linea che è frutto del lavoro collegiale di tutti gli Assessori, ci appare opportuno ed idoneo.
E' nostra volontà sviluppare un'azione di coinvolgimento di tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale, purché ciò non sia confuso con debolezza organizzativa o politica.
Con ciò ripetiamo l'invito che avevamo già fatto all'inizio di questa legislatura, e nell'atto della costituzione di questa maggioranza, al Partito Repubblicano, al Partito Liberale, per il loro appoggio ed il loro sostegno. Siano loro a determinarne le forme, il metodo ed i tempi.
Per noi quella proposta fatta allora rimane valida, e sollecitiamo quindi delle risposte, anche se in questi nove mesi abbiamo avuto con questi due partiti contatti in alcuni momenti positivi ed in altri negativi.
Vogliamo sollecitarli ad un confronto sempre più serrato, per coinvolgere sempre maggiormente queste forze in una logica di progresso ed efficienza.
Abbiamo grande rispetto nei confronti della Democrazia Cristiana, un partito di grandi tradizioni e con il quale collaboriamo a livello nazionale, ma non riteniamo oggi, nel Piemonte, che ci siano le condizioni per una valida collaborazione.
Ci sono piuttosto le condizioni per un franco confronto, con l'augurio che la Democrazia Cristiana possa superare velocemente i momenti di crisi che la travagliano, specialmente nella provincia di Torino.
Noi siamo avversi ai trionfalismi, noi non abbiamo come metodo di governo quello di sostenere che ciò che fa la maggioranza è sempre bello e buono, ma abbiamo la modestia di chi lavora sodo e con metodo, di chi sa accettare le critiche costruttive e non demagogiche, ed adeguarsi conseguentemente ad un aggiustamento del metodo di lavoro.
Oggi occorre fare emergere, da un elevato dibattito politico, il pluralismo delle idee e nel far ciò non perdere mai di vista i filoni storici che legano i vari partiti e conseguentemente promuovere la propria azione nell'interesse del progresso e, per quanto ci riguarda, degli strati più umili e bisognosi della società.
Nei confronti delle minoranze vogliamo mantenere un confronto aperto e rispettoso dei ruoli. Ripeto quanto ho detto all'inizio di questa legislatura: in un regime di democrazia le opposizioni hanno lo stesso valore della maggioranza.
Questo documento, che vuole essere di governo dell'economia del Piemonte, credo che aumenti il nostro credito, il credito della comunità piemontese, delle sue aziende, dei suoi commerci, del suo export, nei confronti dell'Italia e dell'Europa.
Crediamo di rappresentare, con umiltà, ma con grande dignità i valori di modesti, di lavoro, di onestà, dì capacità di adeguarsi alle situazioni più difficili, di intraprendenza delle popolazioni del Piemonte.
Dicevo all'inizio che la situazione è difficile, lo è oggi più che mai ma come in questi nove mesi abbiamo assicurato continuità, stabilità e governabilità dell'Istituto regionale, intendiamo continuare nei prossimi anni.
Un'ultima considerazione: in tutti questi nove mesi, in questo Consiglio regionale fra le forze politiche, fra le forze sociali nella comunità piemontese, non è emersa sino ad oggi una proposta alternativa a questa maggioranza, né sul piano politico, né sul piano organizzativo, n sul piano programmatico.
Ciò ci fa dire che siamo sulla strada giusta.
Signor Presidente, signori Consiglieri, il documento che vi è stato consegnato forse non è tutto o il meglio, ma è certamente importante frutto di lavoro appassionato, serio e responsabile, e può contribuire a risolvere i problemi dell'economia piemontese.
I Consiglieri si apprestino ad esaminarlo con spirito critico, ma nella certezza che abbiamo lavorato con serietà e nell'altrettanta certezza che se dovessero venire, come mi auguro, contributi positivi, certamente verranno accolti nello spirito della massima collaborazione nell'interesse del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al collega Petrini.



PETRINI Luigi

Quando, all'indomani della votazione in Consiglio regionale sul bilancio preventivo della Regione, nacque, forse più per il fatto contingente delle nuove misure antinflazionistiche varate dal Governo (e adottate per allontanare mali peggiori) che per un reale, precostituito disegno programmatorio, nacque dicevo, l'idea di un piano di emergenza regionale per strappare il Piemonte dalle secche della recessione e per sostenere l'occupazione, chiamato successivamente "provvedimenti di politica economica di pronto avvio, anticipazioni del secondo Piano di sviluppo regionale" più di un motivo di perplessità e di riserva accompagn questa iniziativa della Giunta regionale, pur riconoscendo ed apprezzando da parte nostra la metodologia di consultazione seguita.
Sia chiaro sin dall'inizio che nell'attuale situazione di crisi e di inflazione consideriamo più che mai corretto un ruolo delle Regioni nella direzione propositiva, nei confronti del Governo e in quella di iniziativa riferita alle proprie funzioni politico-istituzionali, sia sul versante promozionale sia, in modo più incisivo, nel settore degli investimenti direttamente produttivi: tagliando le spese correnti ed improduttive spendendo più velocemente qualificando gli investimenti in alcuni settori facendo la propria parte direttamente o a mezzo degli enti strumentali collegati.
Si trattava, è bene ricordarlo, di misure a livello nazionale inevitabili e necessarie, anche se non sufficienti, se è vero che ad esse seguono e devono seguire altre fasi e, particolarmente, l'avvio del piano a medio termine 1981/83 che il Governo ha presentato al Parlamento nelle scorse settimane.
Nessuno, dunque, negava e nega le difficoltà economiche dell'Italia e del Piemonte; nessuno è in grado di sostenere che senza una rigorosa politica di contenimento della spesa corrente e di rilancio degli investimenti produttivi si possa invertire l'attuale tendenza recessiva in atto; nessuno infine pretende che le Regioni registrino senza autonome iniziative l'operato del Governo nazionale. Ma di qui a giudicare la validità e la funzionalità di un programma (il giudizio è complessivo, non sui progetti presi singolarmente) e la sua reale possibilità di incidenza nel contesto socio-economico regionale, il passo è lungo.
E tre elementi di giudizio portano a tale conclusione.
I provvedimenti di pronto avvio non sono il Piano di sviluppo: la Giunta ci dice che siamo di fronte a delle "anticipazioni del secondo Piano regionale di sviluppo". Che cosa si vuol dire, in concreto, con questa espressione e con un successivo "passaggio" del documento che parla di "provvedimenti ponte tra il primo e il secondo Piano di sviluppo? ".
Un ponte si getta quando si conosce la sponda di partenza, ma pure quella di approdo. E questa sponda, che sarebbe il secondo Piano di sviluppo, chi la conosce? E qual è la strategia che deve informare il secondo Piano di sviluppo all'interno della quale si collocano i progetti di questo documento della Giunta regionale? Questo documento della Giunta non è una parte del nuovo Piano regionale. Forse è un lotto del lavoro preliminare ad esso, ma non molto di più. E può anche ridursi ad essere stata un'utile consultazione particolarmente all'interno degli Assessorati regionali, in preparazione del nuovo Piano regionale di sviluppo, arricchita peraltro anche da interessanti spunti offerti, sia dagli Enti strumentali della Regione, sia dai soggetti e dalle parti sociali ed economiche esterne.
Almeno un dato, infatti, è da pretendersi da un qualsiasi strumento programmatorio ed è la coerenza con alcuni obiettivi di fondo dell'azione politica ed amministrativa fin qui condotta e quella che si intende d'ora in avanti perseguire. Ma dal collage di progetti della Giunta è assai arduo, per non dire impossibile, intravvedere un benché minimo disegno di fondo che non sia lo slogan "facciamo al più presto possibile tutto ciò che era ed è pronto nei cassetti della Regione".
In seconda istanza, le cifre. Dirò poi dell'improbabilità di impegni assunti con quattrini altrui. Ma sin da ora è giocoforza eccepire che l'approvazione di un bilancio deve pur avere un minimo riscontro con l'operatività concreta di un Ente.
Già discutendo il bilancio 1981 della Regione erano presenti tutti i motivi di crisi e pertanto si poteva più concretamente trattare dei provvedimenti, dei progetti, delle proposte contenute in questo documento della Giunta, avendo la possibilità immediata di far sfociare la nostra discussione in concrete impostazioni di bilancio. E se di problemi non annuali si trattava, altra concreta occasione di concludente discussione c'era pure ed era (ed è) quella del nuovo Piano regionale di sviluppo.
Infine, avremmo gradito un riferimento di carattere generale, avallato da dati del passato ed analisi per il futuro, attorno a quello che fu il principale, primario obiettivo della II legislatura regionale, vale a dire il riequilibrio territoriale della nostra Regione. Temiamo davvero che la polarizzazione attorno all'area torinese sia andata intensificandosi nel corso dell'ultimo triennio e riteniamo che ad invertire la tendenza ci si possa giovare di tutti gli strumenti della programmazione, ordinari o straordinari.
A noi sembra che il dibattito sulla passata esperienza di programmazione regionale e comprensoriale e le analisi della crisi in cui anche il Piemonte si dibatte stiano indirizzandoci, un po' tutti, a riconsiderare, da un lato, i modi di intendere gli squilibri all'interno della Regione (nel senso che, ad esempio, non basta più pensare meramente a dei decentramenti industriali per porre stabilmente rimedio ad essi) e dall'altro lato, a ripensare al ruolo di Torino come area metropolitana e terziaria e così pure ai ruoli di poli sociali e terziari di altri centri.
Mi pare proprio che questo più corretto "respiro", questa dimensione regionale sia carente nel pacchetto di provvedimenti che sono al nostro esame oggi. Teniamo pertanto per buono il senso del documento regionale come di un censimento rassegna di progetti peraltro assai disomogenei tra di loro, difficilmente legabili insieme, per chiamarli non tanto un piano (cosa che peraltro la Giunta ha evitato di fare) quanto una premessa al piano o a un insieme coordinato di interventi. Che senso ha mettere in fila progetti come il progetto di ricerca "componentistica auto" e la fusione nucleare del progetto Ignitor il teleriscaldamento di alcuni centri o aree regionali e il rimboschimento del regolamento CEE 269/79, la viabilità Piemonte-Liguria e una serie di comportamenti innovativi (o semplificatori) programmati nel settore urbanistico? Tante delle cose dette o auspicate o indicate come cose da fare (soprattutto da parte degli altri più che da parte di noi, Regione) sono sacrosante esigenze. In particolare il progetto Ignitor, ricerca sperimentale destinata ad avviare programmi per la produzione di energia mediante il processo di fusione nucleare è di ampio respiro e di elevata dignità culturale, anche nell'incertezza dell'effettivo regime di competenze.
Egualmente, l'articolazione del disegno per l'edilizia residenziale pubblica esprime un tentativo apprezzabile di rendere compatibili le esigenze dell'utenza (bisogno di case), i limiti finanziari (con alcune soluzioni "intelligenti"), e legislativi, con l'eliminazione delle vischiosità procedurali delle leggi urbanistiche.
Ma come si è detto, questi progetti sono più che altro una rassegna di cose da farsi. A far compiere ad essi un salto di qualità e qualche passo verso una logica di piano, occorreva la fissazione di obiettivi (che specificassero bene i termini alle finalità di combattere l'inflazione e sostenere l'occupazione) e di priorità.
Ma è una condizione che manca al documento della Giunta e che il dibattito, oggi, ad esso non può dare. Il Governo regionale deve presentare una sua proposta di piano e chiedere sulla proposta il giudizio e l'arricchimento da parte del Consiglio regionale, non venire in aula con una raccolta in ordine sparso di progetti diversi, alcuni certamente fattibili, altri presumibilmente improbabili.
Se pertanto si vuole offrire uno sbocco positivo a questo nostro dibattito ed alla vicenda dei provvedimenti di emergenza, non c'è correttamente, che la seguente strada: tenere sì conto del lavoro fatto per redigere il documento, selezionare quanto in esso c'è di buono, aggiungere quanto manca (e manca molto) per avere il materiale e le impostazioni di base per il piano regionale e varare, presto, il secondo Piano di sviluppo della Regione Piemonte. Conseguentemente, sulla base del piano, si potrà utilmente reimpostare il nostro bilancio (annuale e pluriennale), per adeguarlo, con scelte concrete, alle scelte del Piano regionale.
Per giungere a questo risultato occorre che già oggi l'analisi sui diversi progetti si svolga utilizzando come criteri di selezione prioritaria, gli obiettivi della proposta di piano a medio termine 1981/83 del Governo, fornendo così al documento della Giunta un raccordo necessario, quello con l'abbozzo di programmazione nazionale, raccordo che oggi a noi sembra carente. E pertanto occorre riordinare i progetti selezionarli e precisarli, tenendo conto di queste priorità: a) riduzione della dipendenza dall'estero b) riduzione degli sprechi nei settori in crisi c) miglioramento delle prestazioni civili essenziali d) miglioramento dell'attività di alcuni settori capaci di levare la produttività media del nostro sistemi.
Prendiamo la priorità costituita dall'obiettivo di ridurre la dipendenza dall'esterno. Tra i progetti presentati non mancano di certo contributi in questa direzione, visto che essi si intitolano all'energia all'agricoltura e alla forestazione, alla promozione dell'export, all' ampliamento dei flussi turistici in arrivo dall' estero e quindi portatori di valuta. Occorre però che ci sia una più coerente precisazione degli interventi e soprattutto che si fissino bene i ruoli di chi li realizza, a cominciare ovviamente dal ruolo nostro come Regione, dalla nostra partecipazione finanziaria, dai nostri tempi di azione.
Lo stesso può dirsi per quanto attiene alla priorità di elevare la produttività del sistema produttivo e del fornire a questo il quadro infrastrutturale in grado di consentire condizioni di operatività e di efficienza ottimali. Anche qui non mancano tra i progetti messi sul tappeto del dibattito dalla Giunta regionale, valide proposte, dalle aree industriali e artigiane attrezzate a sistemi di finanziamento nuovi, dal sistema della formazione alle vie di comunicazione. Ma a noi sembra che al di là della ripresentazione di progetti ormai definiti o in itinere manchi un disegno organico nel quale gli interventi si collocano. Manca, è il caso di ribadirlo ancora, il piano all'interno del quale collocare tutti i nostri interventi e tutti i nostri comportamenti.
E la mancanza di un coerente quadro è ben visibile anche nella parte del documento che riguarda le vie di comunicazione.
Sia ben chiaro, sono proposte e interventi sui quali in larghissima misura si concorda, magari sottolineando e denunciando colpevoli ritardi come per la viabilità in Valle di Susa di accesso al tunnel del Frejus. Ma si tratta di proposte e di interventi che dovrebbero discendere da una precisa strategia a scala più vasta.
Abbiamo notato con una certa soddisfazione, a suo tempo, l'approccio nuovo della Giunta regionale in materia di ruolo europeo del Piemonte e pertanto il discorso del Piemonte-piattaforma di scambio e di relazioni tra il Centro-Nord Europa e lo spazio mediterraneo, gli accenni alle relazioni con le vicine regioni della Francia. Perché non si è provveduto allora a precisare meglio questo quadro di relazioni internazionali e interregionali, illustrando poi come da questo quadro discendono tutti gli interventi, pure in maniera puntuale prospettati nel documento che abbiamo di fronte? Questo vale certo per i collegamenti con la Francia (non solo sul versante del Frejus, ma anche su quello dal Cuneese verso la Costa Azzurra e la Provenza), per i collegamenti con la Svizzera in completa realizzazione dell'asse Voltri-Sempione, per gli stessi collegamenti Porti Liguri-Piemonte. Per concludere su questo punto: gli interventi ci sono manca il quadro del sistema di relazioni internazionali e interregionali nel quale essi si devono collocare.
Nel documento della Giunta regionale sono interessanti le pagine nelle quali si tratta del funzionamento e dell'efficienza regionale per accelerare lo sviluppo economico piemontese. E' senza dubbio un terreno sul quale c'è ancora molto da fare, nonostante il lodevole sforzo di tanta parte del personale. Ma su due punti conto di insistere.
Il primo riguarda un razionale impiego, ai fini di sviluppo e di programmazione, di tutti gli enti strumentali della Regione. Forse, fin qui, l'Ente che ha dato migliori prove dì muoversi in quest'ottica è la Finpiemonte, la quale, pure nella sua autonomia, è stata costantemente utilizzata dalla Regione con un agile strumento di impiego in situazioni nuove (si cita qui tutta la tematica delle aree attrezzate, ma anche altri campi, come quelli di assistenza finanziaria alle imprese) e pure come strumento di presenza della Regione in diverse operazioni chiaramente di riequilibrio e di riassetto territoriale (come nel caso dell' area attrezzata di Vercelli).
Il secondo punto, che il documento della Giunta regionale solo di passaggio accenna, è quello riguardante il coinvolgimento e la partecipazione delle autonomie locali a queste misure per la ripresa e soprattutto, al nuovo disegno di sviluppo regionale del prossimo Piano regionale di sviluppo. L'efficienza della macchina regionale è necessaria ma, se vogliamo veramente realizzare quel modello di Regione che programma e coordina, da tutti (o almeno da tanti) vagheggiato, bisogna aprire subito un discorso di partecipazione e di collaborazione con gli Enti locali.
Andiamo verso un Ente intermedio imperniato sulle strutture (da rinnovare) delle Province, ma con i contenuti programmatori dei comprensori, insieme a taluni qualificati compiti di gestione? Bisogna allora spegnere sul nascere ogni conflittualità tra Province e Comprensori chiamandoli entrambi a lavorare sia al nuovo Piano di sviluppo, sia alla definizione dei piani comprensoriali.
E bisogna partire gradualmente (ma partire) con le deleghe, già oggi.
In parecchi dei progetti del documento della Giunta vediamo Enti locali segnalati tra i soggetti interessati o titolari dei progetti medesimi. E' di certo una buona occasione per andare avanti sul terreno della realizzazione di un "sistema regionale" Regione-Province-Comuni (e altri Enti ancora, come ad esempio, le Comunità montane). Ma è anche un'occasione per esplorare tutte le possibilità e tutti gli spazi di possibili deleghe da parte della Regione. Va quindi bene la proposta di una commissione che lavori su questo terreno e fornisca a tutti noi, presto, indicazioni e proposte. Indicazioni e proposte da rendere operative con le opportune scelte allorché si varerà il nuovo Piano regionale di sviluppo e si cercherà di dotare il Piano non solo dei consensi, ma anche degli strumenti e delle "partecipazioni" per realizzarlo.
L'illuminante tabella che chiude il documento della Giunta regionale quantificando l'onere derivante dall'attuazione dei progetti, ci dice con chiarezza quali sono gli impegni nostri e gli impegni che richiedono agli altri. E sono, come ci attendevamo, di gran lunga prevalenti questi ultimi specie quelli che dovrebbero essere caricati alla finanza e all'organizzazione operativa dello Stato: la proporzione non regge poich su circa 3.900 miliardi di spesa complessivi, ben 3.000 spettano allo Stato e una parte alla Regione, agli Istituti di credito, alla CEE.
Avevamo espresso l'avviso, quando fummo consultati sull'operazione in discussione, che la Regione dovesse operare sul terreno che le compete senza inutili e velleitari sconfinamenti. Gli sconfinamenti ci sono stati e non di poco conto, per cui siamo largamente in possesso non di un piano di provvedimenti, ma di un pacchetto di richieste con le quali bussare a Roma a Bruxelles, a Lussemburgo e così via.
Nelle nostre indicazioni di politica a breve e medio termine, abbiamo segnalato, come assolutamente necessari, una serie di interventi che andavano dall'energia, ad una diversa politica urbanistica, alla riorganizzazione degli uffici e dei servizi, a un discorso di deleghe agli Enti locali, alla politica di coinvolgimento più diretto e più intenso degli Enti strumentali: per questo, su alcuni di tali problemi, abbiamo presentato appositi progetti di legge. Questi ultimi ed altri che verranno presentati sono il frutto propositivo del disegno di sviluppo per il Piemonte negli anni '80 da parte del Gruppo Democrazia cristiana Disegno che non è genericamente alternativo, ma senza dubbio è autonomo; originale e concreto e si configura oggi, in Consiglio regionale, vista la nostra posizione di maggior forza d'opposizione, come una voce, un serio contributo, un inserimento nel discorso politico amministrativo e legislativo che riguarda la Regione Piemonte e per il quale vogliamo il rilancio della Regione Piemonte.
Come esprimere dunque un giudizio globale sull'elaborato oggi in discussione: il senso di disagio nei confronti di un'operazione, tutto sommato poco organica, è alquanto marcato e deriva proprio dall'impossibilità di un giudizio omogeneo. Se infatti ne valutassimo gli aspetti programmatici, diremmo che sono per lo più vaghi, quando non inesistenti. Sulla carta mancano progetti e programmi diffusi sul territorio, ma ciò non vuol dire ancora riequilibrio in senso lato, se è vero che il riequilibrio territoriale fu e rimane il principale primario obiettivo programmatorio.
Per questo occorre a nostro avviso un disegno organico di piano economico e territoriale, oggi ancora latitante, prendendo sin d'ora in esame il lavoro di collegamento dei piani comprensoriali prodotti e realizzati con il nuovo piano e con i provvedimenti urgenti in esame.
E inoltre il riequilibrio va pensato in termini nuovi, con il Piemonte che perde globalmente peso e con Torino che non riesce a giocare efficacemente ruoli di grande centro terziario al servizio di tutto il Piemonte.
Se cedessimo all'intento di vagliare i singoli progetti, l'opera di analisi riscontrerebbe certo alcuni elementi di validità, ma per così dire estemporanei, avulsi da un complessivo disegno politico e programmatorio.
Forse, torno a dire, è necessario stabilire delle priorità delle varie iniziative, distinguendo i vari progetti tra quelli fattibili e quelli da verificare, perché non in linea con il disegno programmatorio e tra quelli che trovano un finanziamento regionale e quelli che sono ancora oggetto di confronto con altri soggetti.
La cosa migliore, pertanto, ritengo che sia prendere atto che la Giunta intende realizzare nel breve periodo una serie di progetti che ha già pronti, sperando che vi siano le risorse e che si tenga conto anche dei nostri suggerimenti. Non si tratta tanto allora di fare delle cose in alternativa, quanto di organizzarci meglio e con efficienza per realizzare obiettivi che possono essere comuni a grande parte delle forze politiche.
E allora bisogna mettere ordine nella macchina organizzativa regionale facendo della Regione veramente un Ente di programmazione e coordinamento e chiamando a lavorare al comune disegno di sviluppo che ci saremo dati, le autonomie locali.
E', quindi, discorso di raccordo programmatico ma anche lo spunto per cominciare con un progressivo sistema di deleghe a Province e Comuni, e per offrire in definitiva una speranza alle Comunità locali e una spinta alla risoluzione dei problemi di sviluppo e dell'occupazione in un momento di grave crisi che tocca l'intera comunità regionale.



PRESIDENTE

La parola al collega Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'occasione che ci viene offerta dal dibattito sulle linee del futuro Piano di sviluppo è troppo importante per non coglierla in tutta la sua ampiezza e le sue finalità.
Non solo per integrare lo sforzo che la Giunta ha compiuto, ma per meglio definire l'area in cui noi socialisti intendiamo muoverci, gli obiettivi che desideriamo cogliere, la società che vogliamo costruire, le alleanze che ci proponiamo di contrarre. Noi socialisti riteniamo impercorribile la strada di proposte gestionali od attuative ed interventi anche di grosso spessore economico, se manca un retroterra di chiara indicazione di valori da difendere, di modelli cui ancorarsi, della scelta di campo per una società pluralista e democratica, in cui ciascuno faccia la sua parte, pur in ruoli diversi, con il grande obiettivo della politica cosiddetta a misura d'uomo. Queste affermazioni, potrebbero anche apparire generiche e si potrebbe anche pensare che tutti sono per una politica a misura d'uomo almeno nei principi.
Ma noi oggi, signori Consiglieri, signor Presidente, vogliamo riempirla di contenuti, cercare di portare la discussione al concreto, determinare delle linee chiare e vedere poi chi ci sta e chi no, con chi noi possiamo percorrere un lungo cammino.
Noi socialisti non riteniamo esaustivo il lungo elenco segnalato di opere necessarie nel nostro Piemonte, né l'immane mole di lavori da eseguire che si concretano in quasi 4.000 miliardi di lire attuali, ma che nel tempo, per i fenomeni inflattivi, saranno destinati a raddoppiare.
Le linee accelerate del Piano di sviluppo debbono, necessariamente, per essere tali, collocarsi in un contesto generale del paese, contribuire ad uno sviluppo programmato, diventare omogenee ad indicazioni nazionali oltreché europee.
Se il dibattito fosse fuorviante da questi temi si limiterebbe alla sola elencazione delle necessità e non sarebbe certamente utile e si risolverebbe in una sola doglianza sulle cose non fatte o da fare e non sui modi, termini, forze su cui contare, risorse da mobilitare, investimenti moltiplicatori, insomma un'azione generale di governo più che una rassegna di lavori pubblici. D'altronde, se così non fosse, dovremmo verificare che con i 200 miliardi e poco più che ci rimangono nel bilancio 1981 dopo i tagli Andreatta (parlavamo di 400 miliardi, ma oggi saranno poco più di 200 miliardi) non potremmo percorrere un lungo cammino. Riteniamo quindi di essenzializzare il problema e di trasferirlo anche nell'azione che il Governo e il Parlamento conducono oggi per superare la crisi ed anche nelle istituzioni europee, nelle quali siamo stabilmente e definitivamente inseriti.
Vi è dunque un sostanziale rapporto tra l'iniziativa lodevole che ha assunto la Giunta con quella del Governo, e se vogliamo delle ulteriori iniziative che hanno impegnato il Parlamento Europeo ed esecutivo in dibattiti, quale quello sulla sorte dell'automobile, per l'agricoltura, per la siderurgia. La Giunta si è inserita bene in questo processo. Questa Regione che è strettamente collegata con l'Europa, che ha antica vocazione europea, affronta oggi il tema della crisi e propone di contribuire al suo superamento attraverso linee accelerate di sviluppo e non può, certo ignorare ciò che avviene in Europa: i nuovi processi di sviluppo, le forze che vi concorrono, i nuovi rapporti politici e di Governo che si sono instaurati, le leaderships che sono emerse.
E' l'indistruttibile valore della democrazia, della libertà e della pace che sono il perno della costruzione europea. Il Gruppo socialista alla Regione non le ignora certo, sa bene che il ruolo socialista nell'Europa, è conscio delle responsabilità di Governo nei singoli stati dell'Europa che da solo o partner di altre forze politiche, ha assunto negli obiettivi che intende realizzare. Questa situazione comporta delle decisioni importanti cioè la scelta occidentale, la difesa e il rinvigorimento delle forze pluraliste esistenti nella società, l'assoluto rispetto delle forme democratiche parlamentari, l'alternativa come metodo di governo l'autonomia e l'indipendenza dalle superpotenze, il ruolo di pace e di distensione non solo all'interno dell'Europa, ma nel mondo intero.
Se questi principi che sovrintendono alla vita delle grandi democrazie europee, sono respinti o non accettati, è evidente che si crea una frattura ineliminabile e non è possibile parlare di un Piano di sviluppo separato dal grande contesto nel quale noi socialisti siamo come forza profondamente inseriti e di cui siamo coautori di non trascurabile peso dal momento che le nazioni di maggior rilevanza in Europa hanno una guida socialista.
Un'Europa libera con un ruolo, non subalterno ma attivo per la pace, di solidarietà dei popoli oppressi, di lotta alla dittatura e ai regimi autoritari, in grado di promuovere lo sviluppo culturale, sociale economico delle masse popolari. Se le cose sono così correttamente poste un vero significato assume un Piano di sviluppo che voglia incidere realmente in un processo generale della nostra società regionale ed in quella più ampia nazionale.
Le scelte del Governo riguardano soprattutto la lotta al processo inflattivo che è il vero nemico delle grandi masse di lavoratori.
L'occupazione e l'inflazione sono due problemi che oggi affliggono il nostro Paese, aggravati da una mancanza di beni cosiddetti durevoli come la casa, i trasporti pubblici, l'ambiente, l'energia, la scuola, i profili professionali, un processo nuovo in agricoltura. Si dice che il meccanismo di frenata creditizia non agevoli certo l'espansione produttiva ed occupazionale e quindi conduca l'economia in stasi il che vuol dire una diminuzione complessiva del tenore di vita dei lavoratori. Occorre quindi percorrere altre strade, indicate come la fase 2 e la 3, che corrispondono agli investimenti in grado di produrre un salto nell'economia. Ma nel periodo intermedio occorre pur trovare qualche iniziativa di sostegno alla vita di milioni di lavoratori, di pensionati, di ceti meno abbienti.
La scala mobile non è il rimedio, è la conseguenza della galoppante inflazione che pure avrà nel fenomeno italiano qualche causa a monte.
Economisti e sindacati hanno proposto come primo momento il blocco di alcuni generi alimentari, come il pane, la pasta e il latte, un prezzo politico che fu già uno degli strumenti del primo dopoguerra. Ci invertirebbe il processo della scala mobile e frenerebbe l'ulteriore espansione inflattiva. Diventeremmo più competitivi in quanto il costo del lavoro, a seguito di una decelerazione della scala mobile, non avrebbe quegli incrementi che sono determinati dai punti della scala mobile, per cui il costo del lavoro determinerebbe una maggiore competitività.
Così come erroneo appare l'aumento tariffario indiscriminato specialmente nel trasporto pubblico. Non condividiamo questo dato della politica di Andreatta.
Non così nel settore sanitario, dove l'introduzione a carico delle fasi medio-alte della popolazione, del ticket sui medicinali o sui ricoveri ospedalieri e sulle analisi consentirebbe risparmi elevati ed eliminerebbe sprechi colossali.
Pensiamo sia giunto il momento di passare da una condizione di Paese fornitore di assistenza, ad un Paese attivo, ricco di risorse, originale nella sua economia, produttivo e competitivo. Ciò è possibile. Il nostro Paese ha dimostrato recentemente di essere tale, di saper valutare distinguere, muoversi quando è chiamato su grandi temi. A questo processo non può essere estranea una seria politica fiscale. Certo, risultati imponenti sono stati realizzati. Dobbiamo darne atto al Ministro Reviglio anche se non è ancora giunto alla fase conclusiva (registratori, livelli incrociati che permetterebbero di individuare le fasce di evasione attraverso l'incrocio dei controlli).
In questo quadro come si colloca il Piemonte? Quale iniziativa propone quale metodo, quali investimenti? Diciamo subito che noi socialisti vogliamo un ruolo nuovo e più alto del Piemonte. Si è detto che il Piemonte dalla fine della guerra in poi non ha ancora riconquistato la sua posizione rispetto ad altre Regioni (Lombardia, Emilia), la sua originalità, l'identificazione delle sue realtà, dei suoi valori, il suo inserimento nel complesso dell'area europea. Quando noi socialisti facciamo espresso riferimento ai grandi collegamenti autostradali e ferroviari che ci legano o ci legheranno al cuore dell'Europa, non abbiamo di certo una visione distorta di questa realtà, ma sappiamo che la crisi si batte con le grandi correnti di traffico provenienti dal centro Europa con lo scambio costante di prodotti con i collegamenti con i grandi centri produttivi e di ricerca.
Siamo quindi favorevoli a questo processo autostradale del Frejus e del Sempione, non per realizzare infrastrutture inutili e dispendiose, ma per rendere concreta una politica che veda i porti liguri e il Mediterraneo stesso quale fattore vero di intervento, di presenza europea, l'accesso ai grandi porti, un vasto rapporto umano e commerciale. Vogliamo quindi un sistema autostradale Frejus-Piemonte-mare rapido e veloce, di facile percorrenza che con la presenza del raddoppio ferroviario, la costruzione di grandi centrali di smistamento traffico faccia del Piemonte un centro di mobilitazione produttivo, integrato permanentemente e fattivamente nell'Europa, gli restituisca quel ruolo che forze miopi e assenti su questo terreno gli avevano tolto.
Un grande Piemonte dunque di cui Torino abbia la sua parte, ma non l'intera parte del Piemonte, nel quale ogni snodo debba essere attivato ogni valore esaltato, ogni zona incentivata. Sappiamo che tutto questo non può essere realizzato con i 200 miliardi che la Regione Piemonte ha quest'anno a disposizione. Questo problema l'abbiamo affrontato in occasione del dibattito sul bilancio. Si tratta di essere Governo, di mobilitare tutte le forze esistenti, disponibili oggi nella nostra comunità e nel Paese e portare avanti questa politica di inserimento europeo di un Piemonte protagonista di un modello politico ed economico che chiaramente lo faccia emergere.
Ma per fare questo occorre avere quante più forze possibili al fianco tante alleanze, specialmente fra i Gruppi politici e democratici, laici e progressisti, con la rappresentanza dei ceti produttivi ed economici accompagnandosi con le grandi forze sindacali nella realizzazione di una politica popolare.
Ecco perché abbiamo proposto l'allargamento della base del governo regionale, centralmente ricondotto ad una forte rappresentanza laica progressista e socialista come oggi vediamo emergere nell'Europa e che sarà anche domani in tutti i suoi aspetti la soluzione del "caso italiano" ci non per escludere alcuna forza politica da questa iniziativa, ma per realizzare quel disegno dell'alternativa o del bipartitismo perfetto che rappresenta il modello di democrazia, non formale o borghese, come qualcuno ha inteso deridere, ma sostanziale difesa dei ceti popolari che nella dittatura o nei sistemi autoritari hanno avuto tutto da perdere e nulla da guadagnare. Le scelte che vi propone il Gruppo socialista, che fa parte con il Gruppo socialista democratico e con il Gruppo comunista del Governo della Regione Piemonte, sono quelle indicate nel I Piano di sviluppo.
Così possono essere riassunte: la salute, l'occupazione, la casa, il governo del territorio; in senso pubblico e sociale il sistema dei trasporti, la cultura e la scuola, le attività produttive, l'energia e l'ambiente, l'agricoltura e il tempo libero.
Per raccordare la società su questi temi occorre avere la forza, la capacità di intervento, la rappresentanza di grandi ceti della società, la decisa volontà di modificare realmente il quadro generale del Paese e della nostra comunità. Allora occorre dire chiaramente che il sistema produttivo deve funzionare, che il complesso dei servizi pubblici dello Stato non pu essere permanentemente in crisi, che lo sciopero va regolamentato o autoregolamentato, come avviene nelle grandi democrazie europee, nelle quali coi socialisti governiamo in posizione diretta, che la giustizia tutta va rapidamente realizzata e che questo e solo questo costituisce l'interesse delle classi popolari, che funzioni il sistema produttivo, che dia occupazione, che il complesso dello Stato funzioni, che la giustizia sia realizzata in tutti i suoi effetti, anche quella tributaria.
Tutto questo per evitare poi che le stesse classi popolari correggano i colossali errori compiuti da chi ne aveva le responsabilità, come recentemente è avvenuto con la marcia dei quarantamila che è una marcia di correzione di errori compiuti alle spalle.
Né vi sembri questo un discorso moderato, ma che ritengo invece concreto, realistico, se vogliamo evitare la caduta in regime autoritario o parautoritario, che sarebbe contro le classi popolari e che i lavoratori pagherebbero durissimamente come è avvenuto durante il periodo fascista. Il nostro Paese e la nostra comunità soffrono di una crisi di crescita. Non è il modello di una società occidentale che è in crisi, come qualcuno ha tanto superficialmente ipotizzato. E' la crescita, il modello di sviluppo la società dei consumi che si è determinata che vanno corretti all'interno della società occidentale. Le forze pluraliste esistenti sono chiamate a questa prova. E' la lunga marcia all'interno delle istituzioni democratiche che noi socialisti proponiamo con la fermezza di sempre.
Se procederemo su questa strada, ed il Gruppo socialista lo propone potremo insieme percorrere un lungo itinerario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, senza la pretesa di spaziare negli alti cieli della filosofia politica ed economica, ma per stare al concreto, vogliamo accostarci a questo delicato, e per molti aspetti anche difficile dibattito, liberando innanzitutto il campo della discussione e del confronto da due atti dovuti, che proprio la nostra posizione non sospetta e non sospettabile di oppositori fermi ed intransigenti, ma al tempo stesso mai settari e faziosi, ci sollecita per una questione di stile politico e personale insieme, lealmente compiere.
Riconosciamo dunque all'esecutivo regionale la correttezza dimostrata nella fase di elaborazione dei provvedimenti per l'emergenza economica portata avanti anche con il contributo esplicitamente richiesto a tutte le forze politiche presenti in Consiglio: è stato un metodo non abbiamo nessuna difficoltà a dichiararlo che abbiamo in questa occasione sinceramente apprezzato e che auguriamo sia mantenuto anche nei futuri rapporti, pur nella diversità e nell'inconciliabilità dei rispettivi ruoli.
Riconosciamo ancora, o per lo meno non neghiamo, all'esecutivo regionale l'impegno sviluppato nel lavoro di predisposizione del piano.
Indipendentemente dai risultati che a nostro giudizio si sono ottenuti e che si potranno conseguire, risultati che passeremo poi ad esaminare, noi non crediamo che questo sforzo nel quadro di una valutazione spogliata da ogni preconcetto, sia in qualche misura contestabile.
Assolti, con senso di responsabilità e per lealtà doverosa da questi adempimenti, vediamo di precisare con chiarezza come il MSI ritiene di doversi collocare davanti al complesso di proposte formulate dall'esecutivo regionale per combattere l'inflazione e sostenere l'occupazione in Piemonte.
Ci corre l'obbligo però di richiamare in premessa e di riconfermare una dichiarazione già altre volte resa; dichiarazione che in una certa misura ci pare anche giustificata e convalidata da alcune affermazioni che poc'anzi sentivamo fare dal Consigliere Viglione. Non si può pensare od anche solo sperare di uscire fuori dalla crisi attraverso interventi ed iniziative, per quanto validi possano essere, che non abbiano il supporto al vertice nazionale di una diversa politica economica, perché, infatti, la pesante e drammatica situazione attuale verrà superata, soltanto imprimendo un radicale cambiamento di rotta agli indirizzi economici sin qui seguiti dai diversi governi.
Indirizzi che, non da oggi e non da ieri e non dall'altro ieri, ma da ben 17 anni, vale a dire dal sorgere del centro sinistra dopo il "miracolo economico" propiziato dal centrodestra, hanno imposto sacrifici sempre più pesanti agli italiani con la promessa, mai mantenuta, di raddrizzare le condizioni economiche andate invece costantemente deteriorandosi. Vogliamo sottolineare che il dissesto dell'economia italiana si è iniziato ben prima della crisi energetica, adesso presa come alibi, e che allo sfascio progressivo non hanno saputo porre rimedio né le coalizioni di centro sinistra, né quelle dell'ammucchiata né ancora quelle successive tri o quadripartite.
In verità, con o senza i comunisti, con o senza i socialisti, con o senza i socialdemocratici, con o senza i repubblicani, con o senza i liberali, la nostra economia ha continuato ad andare di male in peggio: a dimostrazione che la questione non è di formule, ma di indirizzi politici ed economici e che per cambiare veramente e risanare il quadro economico, è indispensabile, come dicevamo, invertire radicalmente la rotta al centro.
Discende da questo convincimento la constatazione implicita che ogni proposta, ogni iniziativa, ogni slancio a livello regionale, anche se generoso e ricco di fantasia, è destinato a venire fatalmente vanificato se prima non si deciderà a livello nazionale, di affrontare i nodi strutturali dell'economia italiana, che si chiamano spesa pubblica improduttiva assistenzialismo, sperpero delle risorse, mortificazione continua ed ostinata del risparmiatore e del risparmio.
Non diciamo con questo che la Regione debba restare affacciata alla finestra, sosteniamo, anzi, che la Regione ha il dovere di continuare a fare la sua parte, ma, secondo noi, il piano di emergenza economica dell'esecutivo regionale, va necessariamente esaminato e giudicato anche per non suscitare colpevoli illusioni secondo quest'ottica, che non vuole essere riduttiva, né tanto meno spregiativa, ma al contrario solo realistica.
Ciò precisato, passando al nostro complessivo giudizio sui provvedimenti economici presentati al Consiglio, pensiamo di dovere evidenziare alcuni rilievi critici di fondo.
Primo. Troviamo discutibile e - non esitiamo a definire strumentale la presentazione del piano di emergenza economica immediatamente dopo l'approvazione del bilancio di previsione. La crisi, infatti, lo abbiamo rilevato poc'anzi, non è in atto da ora: quindi, era lo stesso bilancio che doveva essere diversamente impostato e che adesso - se si vuole dare credibilità all'operazione - occorre criticamente rivedere.
Secondo. Così come ci è stato presentato, il piano di emergenza economica può solo venire configurato, al di fuori di ogni gonfiatura propagandistica, quale elencazione, anche diligente, delle molte necessità denunciate dal Piemonte; necessità che si possono soddisfare o che potrebbero essere soddisfatte, oltre che dalla Comunità Economica Europea e dallo Stato, dal congiunto concorso degli istituti di credito e dell'iniziativa privata. Ma, in proposito, non possiamo fare a meno di osservare che, ancora prima di ipotecare, o se si vuole di programmare interventi esterni non di sua competenza, la Regione avrebbe dovuto più concretamente, attivare al meglio tutte le risorse di cui dispone.
Terzo. Proprio per averlo voluto ancorare a questa impostazione, il piano di emergenza economica rischia di diventare invece ed in larga misura soltanto una dichiarazione di intenti, magari apprezzabile, ma con non verificate possibilità di attuazione.
Quarto. Accentuano queste caratteristiche di aleatorietà le incognite che tuttora gravano sul futuro immediato della nostra economia. Ed ecco che qui torna il discorso di prima sui condizionamenti e sulla dipendenza da fattori di ordine nazionale. Riferiva l'altro giorno la stampa di informazione che il Ministro delle Finanze, on.le Reviglio, dopo aver esaminato i diversi provvedimenti elaborati, avvertiva che tutto, comunque era legato al cosiddetto "patto anti inflazione" in discussione tra governo e sindacati al riguardo del quale - lo annotiamo senza volere adesso fermarci a discuterlo - sono molte le difficoltà ancora da superare e molte le garanzie da pretendere.
Quinto. Infine e soprattutto denunciamo come grave carenza del piano di emergenza economica quello di presentarci quale sommatoria indifferenziata delle necessità del Piemonte, una "fotografia" delle esigenze della Regione senza alcuna indicazione delle priorità che si intendono seguire.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Perché dice questo? Abbiamo indicato energia e agricoltura.



CARAZZONI Nino

Nel complesso non si rileva.
Se tutti i chiamati in causa e cioè Comunità Europea, BEI, Governo Enti, Banche e privati dovessero o potessero o volessero intervenire contro la crisi sarebbero in grado di muovere, come è noto, un "volano" di 3900 miliardi di investimento. Questo è il massimo obiettivo ipotizzato, ma è anche chiaramente un obiettivo - mi consenta il Vice Presidente Sanlorenzo del tutto teorico, perché le risorse da impegnare sono poche ed in particolare gli investimenti richiesti allo Stato, che sono la parte più consistente (oltre 2 miliardi e mezzo) attengono ad iniziative solo parzialmente finanziate ma ancora da attivare.
Di qui la necessità allora, e vengo alla domanda, che tra gli 84 progetti elencati si selezionassero, in un quadro di rigoroso controllo della spesa, quelli concretamente ed immediatamente fattibili per ridare produttività alle aziende, a futuro, all'economia del Piemonte.
Si risponderà che queste scelte urgenti e prioritarie deve essere il Consiglio, attraverso questo dibattito, ad indicarle. Non siamo assolutamente d'accordo: perché, secondo noi, questa è responsabilità politica che compete all'esecutivo regionale, fermo restando alle opposizioni il diritto di condividere o di respingere, in tutto od in parte, le indicazioni date. Ma l'esecutivo regionale a questa responsabilità ha preferito sottrarsi. E' su questa voluta "non decisione" di operare una chiara individuazione delle priorità nonché una altrettanto precisa distinzione tra i provvedimenti necessari subito e quelli già programmati per i vari assessorati nei prossimi anni, che si fondono le nostre motivate riserve al piano di emergenza economica. E' un piano comunque - teniamo a sottolineare - che, proprio perché è indifferenziatamente omnicomprensivo, riteniamo di poter accettare in molti dei progetti nei quali si articola.
Sarebbe infatti oltremodo difficile a pena di scadere nella faziosità aprioristica, cosa che vogliamo evitare, negare anzitutto validità all'affermazione secondo cui per portare il Piemonte fuori dalle secche della recessione, occorre sciogliere con decisione e con prontezza due nodi: quello energetico e quello agro-alimentare.
Per il problema dell'energia dalla cui soluzione dipende tutto lo sviluppo industriale e che nel 1980 ha fatto segnare un saldo negativo di 8 e 6 miliardi di Kwh, mentre da un lato ci associamo alla rinnovata richiesta al Parlamento ed al Governo per un non oltre rinviabile piano energetico nazionale, dall'altro ci paiono degni di attenzione i sette progetti definiti per l'utilizzazione di nuovi metodi e tecnologie; tutti però attuabili soltanto con l'intervento di fondi comunitari.
Esprimiamo poi il nostro pieno consenso, già del resto manifestato in quest'aula e ripetuto nelle proposte scritte del nostro Gruppo all'attenzione dell'esecutivo regionale, per il progetto di ripristino di centraline private per auto-produzione idroelettrica, individuate dalle indagini della Federpiemonte. Siamo tuttavia ancora nella sfera dei rimedi opportuni sì, ma non risolutivi, del fabbisogno energetico lamentato dal Piemonte che potrà essere colmato soltanto attraverso il ricorso al nucleare.
Ed è a questo proposito che, ripetuta la denuncia sul comportamento incerto e contraddittorio seguito dalla maggioranza del passato, avremmo voluto un impegno più esplicito di quanto non lo siano il richiamo all'ordine del giorno votato il 18 marzo dal Consiglio o le 6 righe di relazione dedicate al problema. Comprendiamo che in questo caso non era da aspettarsi alcun progetto definito, ma a fugare ogni legittimo sospetto su incertezze ed esitazioni che ancora sembrerebbero resistere, sarebbe bastata una più solenne ed esplicita dichiarazione di volontà.
Per il problema dell'agricoltura non possiamo fare altro che prendere atto dei progetti enunciati e già coperti da finanziamento per l'anno 1981 mantenendo comunque le perplessità già manifestate nella discussione sul bilancio preventivo.
Ci pare che sia soltanto un'aspirazione almeno allo stato attuale quello che ha portato alla formulazione di due altre iniziative: il vaso della Moiola e del Borbera e il piano di ristrutturazione e ammodernamento delle strutture abitative presentato al fondo di ristabilimento del Consiglio d'Europa.
Invece ci sembra essere stato trascurato il settore della forestazione che per il mancato rifinanziamento del programma regionale, avrebbe meritato più attenzione, specie alla luce dei disagi recentemente enunciati dai cantieri di rimboschimento delle vallate cuneesi.
Quanto alle misure contro la stretta creditizia, che è la grave minaccia di paralisi incombente sull'agricoltura, la previsione di poterla fronteggiare tramite la stipula e l'erogazione di mutui da parte degli istituti bancari è indubbiamente ottimistica. Purtroppo è ancora da verificare la possibilità di mantenere ad un livello adeguato il credito agrario.
Comunque è nostra opinione che il settore agricolo continui a restare una delle aree di maggiore inefficienza della spesa regionale. Occorre rivedere le leggi in vigore snellendo metodi e procedure così da consentire il tempestivo impiego dei fondi erogati.
In questo spirito abbiamo accolto con favore la presentazione a iniziativa di un'altra forza politica, la Democrazia cristiana, di un nuovo testo unico sull'agricoltura. Non mancheremo di esaminarlo con obiettività dandovi per quanto ci riguarda il nostro costruttivo contributo.
Ma più in generale, ci sia consentito aggiungere che la crisi agricola va combattuta, prima ancora che con enunciazioni programmatiche e con progetti vari, con una diversa educazione del consumatore, che proprio dalla Regione andrebbe promossa, indirizzandolo a privilegiare i prodotti della nostra agricoltura essendo inconcepibile, tanto per fare degli esempi, che il latte sfuso piemontese sia esportato in quantità inferiori alle importazioni di latte alimentare trattato, che i mercati piemontesi siano invasi da formaggi francesi, o che, nel corso del 1980, siano state importate dall'estero qualche cosa come due milioni e 916 quintali di patate quando nel basso Piemonte il settore è in crisi. Che, in conclusione, la nostra bilancia agricola abbia fatto registrare l'anno passato un deficit di 116 miliardi.
Per quanto riguarda l'industria, campo nel quale la Regione ha ben scarse e limitate competenze, condivise le rivendicazioni di fondo e cioè le richieste al Governo dei programmi finalizzati per il settore dell'auto (per il quale però proprio l'altro ieri, anche se nella stampa di oggi la notizia è smentita, leggevamo che sono venuti a mancare i fondi), per la chimica, per la siderurgia e per l'elettronica, il nostro apprezzamento va innanzitutto per i suoi valori culturali e scientifici, al progetto Ignitor che auguriamo di poter vedere realizzato per i benefici riflessi che avrebbe anche sul nostro apparato industriale.
Ugualmente interessanti consideriamo su un altro piano i progetti per le operazioni di leasing immobiliare nel Comprensorio del Verbano-Cusio Ossola per il quale comunque sarà necessario attendere la legge di assestamento del bilancio perché ne venga determinato il finanziamento previsto in due miliardi.
Per quanto riguarda gli interventi in campo industriale, nell'attesa di misure, quali il controllo della spesa pubblica, il raffreddamento della scala mobile, che potranno solo essere assunte a livello nazionale riteniamo che la Regione debba intanto preoccuparsi di contenere conseguenze negative della situazione odierna soprattutto per le piccole e medie imprese.
Quindi, ben vengano tutte le iniziative rivolte a favorire la formazione di consorzi di imprese, la richiesta per rivedere i meccanismi nell'attuale legislazione sul collocamento, le auspicate intese con le banche per lo studio di nuove forme di finanziamento e di concrete possibilità di contenimento del costo del denaro. Più direttamente pensiamo che la Regione debba riformare urgentemente la legge 56/77, che per quanto riguarda gli insediamenti produttivi è rimasta un elemento particolarmente frenante.
Infine auspichiamo che la Regione assuma l'impegno diretto a una più diffusa informazione sui canali di finanziamento provenienti dalla CEE oggi ancora non conosciuti e considerati dalla piccola e media industria.
Brevemente ci permettiamo di ritornare sulla situazione del Comprensorio del Verbano-Cusio-Ossola, non tanto e non solo per amore di campanile, quanto perché l'alto novarese rappresenta uno dei punti di maggiore crisi dell'intero Piemonte. Abbiamo già espresso il nostro apprezzamento per l'istituzione del leasing immobiliare in collaborazione con la Finpiemonte.
Aggiungiamo che a nostro avviso si sarebbero dovuti programmare più consistenti interventi a favore dell'area industriale attrezzata individuata nel territorio dei Comuni di Verbania, Gravellona, Baveno, area che in oggi stenta a decollare a causa dell'isolamento in cui la zona è venuta a trovarsi.
Un progetto che con favore avremmo visto definito era quello della metanizzazione dei Castelli Cusiani. L'estensione della rete del gas metano ai comuni dell'area avrebbe avuto infatti risultati positivi sia sull'andamento produttivo, i cui manufatti sono in gran parte destinati all'esportazione, sia sui livelli occupazionali. Pregherei il Vice Presidente di appuntarsi questo problema perché poteva facilmente essere tradotto in un progetto definito, magari in concorso con altre forze.
Così pure ci attendevamo più significative dimostrazioni di interessamento in settori nei quali il Verbano-Cusio-Ossola ha specifica vocazione: il turismo, la forestazione e la floricoltura, e per lo meno una dichiarazione di appoggio incondizionato alla richiesta avanzata dagli imprenditori ossolani che nel recupero degli impianti di auto-produzione di energia elettrica progettati dalla Federpiemonte sollecitano il ripristino di tariffe differenziate come avveniva in passato prima della nazionalizzazione del settore, quando questo trattamento preferenziale serviva a stimolare opportunamente gli insediamenti industriali.
D'altra parte, nella presentazione di un documento dove le proposte veramente si sprecano, una presa di posizione, ad esempio, nei confronti del Governo per una sollecita approvazione del disegno di legge istitutivo della Camera di Commercio del Verbano-Cusio-Ossola, crediamo proprio che non avrebbe guastato: una organizzazione camerale autonoma sarebbe infatti uno stimolo, senza dubbio efficace, per reagire alla crisi economica della zona.
Accanto ai voti, perché di semplici voti si tratta, per la realizzazione dello scalo merci Domo-2, ai voti per l'apertura dell'idrovia Svizzera-Adriatico, interessanti il lago Maggiore, ai voti per il completamento dell'autostrada Voltri-Sempione, che tuttavia nonostante le reiterate promesse del Ministro ai lavori pubblici, on. Nicolazzi, ci sembra ancora una volta allontanarsi nel tempo e per la quale, francamente abbiamo l'impressione che, al di là delle espressioni formali, anche l'impegno della Regione sia più tiepido di quello dimostrato per la superstrada del Frejus, accanto a tutti questi voti, dicevamo, anche un voto in favore dell'istituenda Camera di Commercio dell'alto Novarese non sarebbe stato fuori di posto.
Vorremmo ancora dire qualche cosa a proposito dei progetti relativi alla formazione professionale e all'edilizia.
Per il primo settore, che giudichiamo di importanza fondamentale per la riqualificazione della mano d'opera e soprattutto per la lotta alla disoccupazione, in particolare a quella giovanile dopo il fallimento della legge 285, l'esecutivo regionale ha formulato alcune interessanti proposte.
Notiamo però che per il completamento dei programmi già avviati e per il pagamento delle spese correnti previste per il 1981, occorrono o occorrerebbero in aggiunta agli stanziamenti già disposti, circa 30 miliardi di lire. Il nostro suggerimento è per intanto di provvedere al potenziamento dei centri già operanti, assicurandone la massima efficienza possibile e soprattutto la loro piena utilizzazione.
Per il settore dell'edilizia, con riferimento particolare all'edilizia residenziale, noi vorremmo innanzitutto sapere se i progetti hanno tenuto conto del blocco dei mutui, proprio in questi giorni disposto dagli istituti bancari. Noi temiamo infatti che questa decisione, ulteriormente negativa per il settore delle costruzioni, forzatamente forse non sia entrata nei calcoli previsionali; il che pure confermerebbe, come dicevamo il carattere di incertezza e di aleatorietà delle previsioni di piano oltretutto sempre in precario equilibrio per i possibili tagli dei fondi alle Regioni da parte del Governo.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Questa non è colpa nostra.



CARAZZONI Nino

Certo. Noi pensiamo che l'effettivo rilancio del settore, vuoi per l'attività pubblica, vuoi per quella privata, si potrà ottenere, al di là dei progetti definiti o da definire, solo quando si scioglierà in Piemonte il nodo della normativa urbanistica che in sede regionale è anche più vincolante delle previsioni contenute nella legge nazionale.
Ed è a questa paralizzante disciplina che va imputata per gran parte l'impossibilità operativa non solo dei privati, ma anche spesse volte delle stesse pubbliche amministrazioni.
Facciamo nostra la denuncia del Presidente del Collegio dei costruttori edili. "L'aver emarginato l'edilizia privata - egli ha detto - è stata ed è la vittoria della demagogia politica i cui effetti deleteri si sono riversati non solo sulla vitalità del nostro settore produttivo, ma anche sulle condizioni di vita di larghi strati della popolazione". Ed infatti oggi in Piemonte la fame della casa costituisce uno dei problemi più drammatici ed urgenti.
Ed è dunque questa rigida disciplina che deve essere riveduta. Per la verità, sintomi di voler procedere in questa direzione si sono notati.
Dobbiamo però rilevare che le assicurazioni date dall'esecutivo regionale di voler rivedere, oltre che la convenzione quadro, ex artt. 7 e 8 della legge n. 10/77 e la legge urbanistica 56, nonché la presa di posizione in questo senso annunciata anche da Gruppi consiliari della maggioranza, ad esempio il P.C.I., ci sembrano ancora troppo vaghe e generiche per ridare fiducia ad un settore sempre ormai boccheggiante e sempre ingiustamente penalizzato da legislazioni statali e da legislazioni regionali.
Ci resta da pronunciarci infine sulle iniziative per la lotta contro il caro-vita e sui provvedimenti annunciati per ridare efficienza alla macchina regionale e ridurre le spese correnti.
Ebbene, sulle reali possibilità delle prime di incidere positivamente per rallentare costo della vita, noi esprimiamo tutte le nostre perplessità già motivate nel dibattito che nell'ottobre dello scorso anno si tenne in quest'aula. Era illusoria la speranza della Regione di riuscire a fronteggiare il fenomeno: i fatti, purtroppo, ci hanno dato ragione nonostante gli interventi dal sapore quasi miracolistico, proclamati dall'esecutivo regionale, i prezzi hanno continuato nella loro ascesa toccando un aumento, secondo gli ultimi dati conosciuti, del 5 e 6 % nei primi tre mesi del 1981 e dell'1,9% nel solo mese di marzo.
Quanto poi alle misure relative ad una migliore organizzazione burocratica con l'attribuzione di deleghe agli Enti locali, tra i quali vediamo citati i comuni e le comunità montane (ma non le province e questo ci sembra oltremodo sospetto e censurabile) ed alla riduzione delle spese correnti, qui più che mai, ci troviamo di fronte a semplici enunciazioni di volontà. Per darvi credito è indispensabile che ad esse seguano atti concreti in positivo e non crediamo che sino a questo momento sia stata offerta una sola prova a conferma di tanta bontà di propositi.
In conclusione, ci siamo trovati a discutere su di un piano che, come abbiamo riconosciuto in premessa, è manifestazione di un diligente lavoro da parte dell'esecutivo regionale e come tale rappresenta un documento anche apprezzabile. Non è dunque, lo ripetiamo, un piano che anche nelle valutazioni del MSI si respinga in toto, ma su questo piano restano le nostre riserve di fondo che qui richiamiamo e ribadiamo.
E rimane soprattutto la perplessità derivante dalla constatazione che quello presentatoci è in larga misura soltanto un documento propositivo: un documento che per essere tradotto nella realtà, richiederebbe un concorso di coincidenza e di fattori del cui verificarsi è cosa seria, prima ancora che legittima, fortemente dubitare.
A questo punto, signor Presidente, potremmo anche considerare concluso il nostro intervento, senonché il Presidente della Giunta nel suo discorso del 7 maggio scorso, ha introdotto alcune dichiarazioni politiche che non è possibile passare sotto silenzio e lasciare senza un pur breve commento.
Sostanzialmente il Presidente Enrietti ha: confermato la validità dell'attuale maggioranza giudicando positivo il fatto di avervi associato il P.S.D.I.
rivolto un aperto invito al P.R.I. e al P.L.I., ripreso stamane in aula dall'intervento del Capogruppo Viglione, per avere il loro appoggio ed il loro sostegno, secondo le forme, i metodi e i tempi da questi determinato, precisando peraltro che l'invito non deve essere interpretato come segno di debolezza organizzativa o politica.
La prima affermazione ci offre l'occasione per esprimere a nostra volta un giudizio che ovviamente è, e non poteva essere altrimenti diametralmente opposto a quello del Presidente Enrietti.
L'attuale maggioranza ha vissuto in questi 9 mesi tra incertezze contraddizioni, revanscismi anche personali che sono in più circostanze venuti alla luce anche in quest'aula e che derivano proprio dalla non omogeneità dei partiti che la compongono. Il risultato è stato la paralisi o la semiparalisi dell'esecutivo. Quanto al coinvolgimento del P.S.D.I.
ribadiamo l'opinione già espressa al momento della sua entrata in Giunta: si è trattato soltanto di una spregiudicata operazione di potere compiuta in disprezzo di precisi impegni elettorali e sotto la copertura di motivazioni pretestuose poi puntualmente disattese.
Adesso il Presidente Enrietti ci riprova (e ci riferiamo alla sua seconda affermazione) con i laici, forse anche incoraggiato da certi atteggiamenti qui e fuori di qui, assunti dal P.R.I. e dal P.L.I. Non vogliamo ipotecare il futuro e quindi aspettiamo di conoscere, come risponderanno all'appello i repubblicani e i liberali, anche se personalmente pensiamo, che risposte definitive nell'uno o nell'altro senso, non verranno date almeno sino al prossimo 21 giugno, tutta la vita politica centrale e periferica essendo bloccata in attesa di quella scadenza elettorale.
Per ora staremo a vedere, sapendo però che anche da piccole sfumature si possono comunque percepire tendenze e propensioni. Ci interessa, è chiaro, e non mancheremo di prendere posizione in argomento, le conclusioni che dalla proposta Enrietti, a cominciare dalle reazioni suscitate (si veda, ad esempio, l'intervista dell'Assessore Simonelli alla Gazzetta del Popolo del 20 aprile scorso) vorranno trarre alcuni partiti della maggioranza, il P.C.I., ad esempio ed anche il PDUP, ci interessa naturalmente, e soprattutto su questo non mancherebbe la nostra ferma presa di posizione, essere testimoni all'eventuale capriola che porterebbe i repubblicani o i liberali in questa maggioranza, a fianco appunto del P.C.I. e del PDUP.
Nell'attesa preferiamo non anticipare giudizi, anche se riteniamo di poter senz'altro dichiarare subito che il corollario ed il completamento di questa equivoca operazione, se attuata e in quanto attuata, avrebbe come risultato, a parte ogni giudizio sul comportamento delle forze politiche interessate, soltanto l'accresciuta non omogeneità della maggioranza e di conseguenza l'accentuarsi dell'immobilismo dell'attività regionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Alasia. Ne ha facoltà.



ALASIA Giovanni

Nell'avviare questo dibattito il 7 maggio, il Presidente Enrietti ha voluto molto opportunamente ricordare che il discorso della Giunta sulla situazione economica non incomincia oggi esplicitamente sottolineando che oggi: "si rende ancora più necessario il processo di ristrutturazione industriale". Sono questi due richiami non rituali fatti nella consapevolezza che se da una parte occorrono risposte puntuali e puntuali atti della Regione, dall'altra i problemi della crisi esigono di non rinchiudersi in un'ottica riduttiva e meramente localistica. Mi pare che a questo respiro siamo giunti tutti. Per esempio il Consigliere Bastianini nell'ultimo numero di "Notizie" richiamava l'importanza di un programma straordinario della Regione e aggiungeva molto opportunamente che urgono provvedimenti strutturali che non rientrano nelle competenze regionali, ma in quelle statuali. Nei progetti dedicati al settore industriale e occupazionale, che ha seguito l'Assessore Sanlorenzo, si può leggere che "parte integrante dell'impegno progettuale della Regione è anche la richiesta avanzata al Governo per la delega di più specifiche competenze in campo industriale e nelle gestioni del mercato del lavoro".
I colleghi ricorderanno che nell'ultima seduta il Consigliere Montefalchesi aveva chiesto, e la Giunta si era dichiarata d'accordo, di acquisire a questo nostro dibattito il documento unitario delle Regioni italiane inviato al Governo sui problemi industriali. Quindi non sono necessarie molte parole per ricordare i pesanti effetti della crisi industriale e occupazionale quale fattore determinante della situazione inflattiva che registriamo. E non occorre ripetere i dati sulla Cassa integrazione, che di giorno in giorno accrescono quella massa finanziaria che viene erogata, senza trovare un corrispettivo nella produzione.
Il quadro presentato ieri dall'Assessorato al lavoro è preoccupante e si commenta da sé. Non è casuale che l'Assessore nel presentare questi dati e nell'abbozzarne un commento in larga misura metodologico, prenda le mosse dal 1977.
Questi dati dimostrano un inasprimento delle situazioni. Si pensi alla durata dei provvedimenti, al prolungarsi dei provvedimenti in termini assistenziali senza che si intraveda una via di uscita di politica industriale.
Dai dati dell'Inps risulta che il solo C.V.S. di Lanzo nel solo 1980 è costato circa un miliardo e 552 milioni. Il C.V.S. di Rivarolo, sempre solo nel 1980, è costato 2 miliardi e 417 milioni, questo solo per citare due casi fra i più piccoli di un elenco che, purtroppo, è assai lungo e assai pesante. Quando si denuncia la natura assistenziale e parassitaria delle situazioni che pesano largamente sul processo inflattivo, vorremmo che si ricordasse che ci sono interventi di carattere assistenziale a sostegno dei lavoratori, c'è un assistenzialismo che va ai grandi gruppi e alle grandi aziende che per anni non hanno saputo o non hanno voluto dare quelle soluzioni di carattere produttivo che dovevano dare e che in alcuni casi (fibra e chimica) erano pattuite con regolari accordi. Ecco perch connettiamo una grande importanza a questi problemi e al rilievo che ad essi ha dato la Giunta. Sono problemi intrinseci connaturati alla situazione di crisi che discutiamo, problemi che vogliamo riproporre qui non ripetendo considerazioni politiche di ordine generale, ma cogliendo e sottolineando quelle implicazioni che investono più da vicino la politica e gli atti della Regione.
Signori Consiglieri, le ultime notizie a proposito dell'auto l'annunciato pesantissimo ricorso alla Cassa integrazione, l'accordo Giappone-Usa ripropongono le questioni che la Giunta portò in questo Consiglio e nell'incontro con i Parlamentari europei. E' necessario un puntuale aggiornamento. Poche settimane fa l'ing. Pittaluga parlando alla Fiera di Milano, ha riproposto il problema del fondo ricerca per l'auto.
Sullo stesso argomento è ritornato il Ministro per la ricerca scientifica on. Romita, sottolineando con un richiamo accorato l'esigenza che il fondo non venga tagliato. Ha anche aggiunto (cosa che la Fiat non ha mai detto) che l'esigenza di attivazione del fondo ricerca va vista in stretto collegamento con i piani di settore. Cerchiamo di cogliere questa sollecitazione che il Gruppo comunista fa totalmente sua, ma, appunto per questo, dobbiamo essere molto chiari, dobbiamo rilevare che davanti ai perduranti ritardi che sempre più ci distanziano dai processi mondiali di riorganizzazione (opportunamente il Ministro De Michelis ha parlato in queste ultime settimane dell'esigenza di respirare per la nostra industria un'aria europea) rileviamo che non sarebbero accoglibili delle sollecitazioni ad attivare il fondo ricerca che fossero disgiunte dalla politica del settore.
Cari colleghi, non lo diciamo perché siamo diffidenti o polemici per natura, lo diciamo per il semplice fatto che questa sollecitazione è stata fatta dalla Fiat fin dall'incontro che abbiamo avuto con il dott.Romiti in autunno. Chiediamo semplicemente il rispetto dello spirito della legge che unisce in uno stesso corpo la ricerca e la politica del settore.
La Federpiemonte in occasione della consultazione ha rimesso una nota nella quale dice che la Regione deve adoperarsi per sollecitare strumenti nazionali e richiama l'esigenza di attivare i piano orizzontali previsti dalla 675. Questo la Giunta lo caldeggia da tempo e il collega Ferro, non a caso, l'ha riproposto quando si è discusso del risparmio energetico essendo questa materia in parte prevista nei progetti orizzontali.
Signori Consiglieri, a questo punto si impone un'amara riflessione visto che a distanza di molti anni dall'approvazione della legge 675, le istituzioni locali e le forze sociali debbono ancora fare tali richiami! Non giova piangere sul latte versato, occorre pensare al presente.
I progetti orizzontali della legge 675 sono previsti nel testo di un unico corpo legislativo e ne verrebbe meno l'efficacia se non si attivasse contemporaneamente una robusta politica verticale nei settori merceologici che la legge prevede. Nel mese di dicembre era stato richiesto il parere della Giunta su un progetto sulla 675 della Montedison in Piemonte per 127 miliardi. Non sollevo la questione delle cessioni Sogam - Montedison alla Fiat e Pirelli e non lo faccio non già perché esistono in questi problemi differenti valutazioni fra il partito attualmente al governo e il P.S.I.
ma perché il confronto su una materia così ardua e più che auspicabile e doveroso e credo che la Giunta dovrà portare questa materia alla discussione in Consiglio. Certo che, andando avanti di questo passo, gli statisti liberali di fine ottocento, che nazionalizzarono le ferrovie passeranno alla storia come dei terribili rivoluzionari, come dei veterocollettivisti! Ma non voglio soffermarmi su questo perché voglio mantenermi fedele allo spirito che vogliamo dare a questo dibattito, che chiama in causa i compiti della Regione.
Nel mese di dicembre la Giunta aveva condizionato il suo parere ad una serie di garanzie. Successivamente la Giunta, insieme con le altre Regioni italiane, aveva inviato una nota al Governo. Il Governo ha fatto alcuni tagli sulle richieste Montedison portando l'importo a 121 miliardi per la parte del pacco piemontese che rientra nel pacco nazionale dei 900-1000 miliardi.
E' lecito che il Consiglio regionale e la Giunta chiedano i criteri con i quali il CIPI dà l'assenso all'operazione? E' lecito che la Regione si chieda se i "capitalisti rampanti", come si sono automagnificati, hanno qualcosa di nuovo e di diverso da dire per la Ferroleghe di Domo, che non è mai stata considerata negativamente e che faceva parte dell'operazione "cessione gioielli di famiglia"? (adesso si cede però tutta la famiglia! ).
Hanno qualcosa da dirci per il carburo di calcio di Villa per il quale da tempo si chiede inutilmente un confronto con le proposte del Centro Ricerca? Alla fine di questo mese, il Comune di Firenze indirà un seminario sulla programmazione e sul controllo dell'informatica con la partecipazione dei Ministeri del lavoro, degli interni e delle partecipazioni statali.
I colleghi ricorderanno che le Regioni italiane hanno precisato nel febbraio 1980 le loro rispettive proposte in ordine alla diffusione delle tecniche informatiche nella pubblica amministrazione, rispondendo ad un impegno che era stato sottoscritto dal Governo con l'accordo del dicembre 1979 che esplicitamente si impegnava a realizzare un centro di coordinamento della domanda delle Regioni. E' superfluo ricordare il duplice interesse che avrebbe avuto questa scelta sia come committenza all'industria produttrice, sia come strumento di riforma e di adeguamento dei servizi dell'amministrazione pubblica.
Piemonte e Toscana hanno rimesso un'infinità di memoriali al Governo senza avere alcuna risposta. Il Ministro Foschi, quando ancora ricoprivo l'incarico di Assessore, mi disse che avevo perfettamente ragione, ma che dovevo rivolgermi al Ministro La Malfa. Così feci.
Il ridicolo, cari colleghi, è che la formulazione dell'accordo del dicembre 1979 è stata ripetuta tale e quale nell'accordo del gennaio 1981.
Le trattative sindacali sono in corso.
Dalla direzione Olivetti ho saputo che le conclusioni sono negative. Un piccolo passo formale l'avrebbe compiuto il Ministero del bilancio che avrebbe assunto direttamente l' impegno del coordinamento. Suggeriamo alla Giunta di cogliere questa opportunità per riproporre la questione.
Sostanzialmente i problemi di politica industriale sono ridotti ad una questione retributiva, basti pensare al coro di voci che si è levato nelle ultime settimane sul costo del lavoro e sulla scala mobile.
Tutto fa ritenere che la Confindustria sia convinta che la politica industriale possa essere la semplice somma di progetti di razionalizzazione aziendale. La questione non è di poco conto: questo sarebbe un grave passo indietro rispetto ai processi programmatori, settoriali o territoriali anche elaboratori dalla Regione in questi anni; significherebbe buttare a mare quanto si muove, con fatica e con contraddizioni, nella cultura industriale in Italia e fuori dell'Italia.
La Giunta nei progetti che ha presentato fa, con un lodevole sforzo, la sua parte.
Vediamo alcuni aspetti di tali progetti. Si è parlato tanto della nostra disponibilità al tema della mobilità. L'Assessorato al lavoro ha presentato un progetto pilota per il riequilibrio del mercato del lavoro nel quale opportunamente si parla di sperimentazione concreta e non simulata. In carenza di un quadro legislativo nazionale, questo è importante anche perché si collega agli impegni per la formazione professionale. La Giunta ha dichiarato di essere pronta ad accogliere la proposta della Federpiemonte per la formazione professionale in aree più ristrette di quelle comprensoriali dove si presenti una richiesta omogenea per qualifiche e per profili.
La legge regionale consente la stipulazione di convenzioni che indurrebbero a sforzi congiunti di ordine formativo, ma anche di ordine finanziario, perché assocerebbero studio e lavoro. Anche in questo caso c'è la nostra piena disponibilità ricordando ancora una volta che per realizzare una qualificazione non obsoleta occorre che il Ministro del lavoro definisca le fasce di professionalità. Su questo vorrei essere informato dall'Assessore Ferrero.
Gli allegati ai progetti contengono una documentazione minuziosa sulla gestione della legge 902 e sui risultati. Nella passata legislatura abbiamo affrontato questo problema con i Comprensori, con le Unioni Industriali con i sindacati. Abbiamo fatto di necessità virtù, ci siamo adattati a quei contorsionismi che il collega Simonelli ricorderà. Ora siamo di fronte ai risultati che descrive l'Assessore Sanlorenzo, si impone una riflessione non solo da parte delle Regioni, che peraltro l'hanno fatta, ma anche da parte del Governo.
La Federpiemonte critica e giudica negativa la gestione della legge 902 dicendo esplicitamente che la colpa non è da attribuire alla Regione.
Il Gruppo comunista dà il pieno appoggio alle richieste formulate dalla Giunta a pag.11 dell'allegato. Petrini lamenta la mancanza di strumenti di riequilibrio regionale nei progetti presentati. Questo non è uno strumento di riequilibrio regionale? Come si fa a fare opera di incentivazione, di sviluppo produttivo, di programmazione e di riequilibrio territoriale senza avere un minimo di voce in capitolo sulla determinazione e sulla gestione concreta di questi strumenti? Quando abbiamo definito le aree insufficientemente sviluppate, stando ai parametri, abbiamo dedotto che la punta del Monviso era un'area insufficientemente sviluppata! E questo è ovvio per ogni persona di buon senso, ma ogni persona di buon senso sa che sulla punta del Monviso non ci andrà mai nessuna fabbrica. Ecco il senso della richiesta.
Siamo gente responsabile. Non chiediamo di "splafonare" i limiti quantitativi che ci sono imposti, non chiediamo di stravolgere il senso della legge, non vogliamo venire meno all'impegno meridionalista che ha questo strumento. Chiediamo semplicemente di consentire alle Regioni di poter orientare questo strumento secondo il Piano di sviluppo che la Regione si è data e non per bussare a Roma - come dice Petrini - ma per fare il nostro mestiere e per chiedere a Roma che faccia la sua parte in quanto a formazione professionale e al credito.
Altri colleghi di Partito svilupperanno altri temi. Concludo aggiungendo che il senso della scelta che la Giunta compie nel proporre al Consiglio questi progetti e al Governo queste proposizioni, è altamente positivo, ha il significato di dare la risposta complessiva a cui ha accennato il Presidente Enrietti, significa rifiutare l'ipotesi di sviluppo zero per il Piemonte che, in effetti, non sarebbe stagnazione, ma sarebbe regresso. La Regione sta facendo la propria parte. La facciano anche gli altri.



PRESIDENTE

La parola alla collega Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nella prefazione alla pubblicazione "Piemonte", curata dalla Regione alcuni anni fa, Aldo Viglione, allora Presidente della Giunta regionale, faceva proprie alcune considerazioni di Valerio Castronovo, laddove, parlando dell'originalità della nostra Regione, asseriva che il Piemonte da sempre si trova al centro delle fasi di mutamento e di conversione e la sua modernità sta nel precedere gli eventi e anche nell'evidenziare la complessa equazione di tensioni e realtà antitetiche: quello che accade nel Piemonte, è sempre un anticipo di fenomeni destinati ad avere una risonanza ben più vasta, una più duratura influenza.
Valga come esempio, recente e significativo, che è già stato portato questa mattina in quest'aula, quella manifestazione che passerà alla storia come quella dei "40 mila".
Manifestazione che peserà a lungo nelle relazioni industriali del Paese contro tutti i tentativi di svalutazione ad episodio complessivamente secondario.
Non tutti, infatti, vogliono ancora ammettere che una delle più lunghe travagliate vertenze Fiat di questo dopo-guerra, fu decisa dall'iniziativa dei suoi capireparto, i quali, mai prima di allora, era assunti a veri protagonisti nelle lotte del lavoro.
Anche una manifestazione come quella del novembre dello scorso anno può essere emblematica di un destino anticipatorio di questo Piemonte e di quale sia il suo grande ruolo nella società italiana ed in Europa.
Questa consapevolezza è quella che dobbiamo avere nell'accingerci ad esaminare ed attivare quei provvedimenti che il documento della Giunta chiama di pronto avvio e che ci vengono presentati come progetti per combattere le cause strutturali dell'inflazione e sostenere l'occupazione.
Prima di entrare nel merito del piano, vorremmo soffermarci su alcune brevi considerazioni che riteniamo indispensabile premessa al nostro intervento in questo dibattito, dei lavori di questo Consiglio e che, come opportunamente ricordato dal Presidente della Giunta nella sua impegnata relazione introduttiva, non si presenta isolato, ma è già la sintesi coordinata di altri momenti dialettici del Consiglio sui grandi temi aperti che hanno segnato occasione di approfondimento e di elaborazione del Consiglio stesso.
La prima premessa riguarda il metodo adottato dalla Giunta nell'impostazione di questo, forse ambizioso ma necessario progetto di emergenza.
Il coinvolgimento reale, stimolante, ci auguriamo apprezzato, che la Giunta con il personale e diretto impegno del suo Presidente e del suo Vice Presidente, ha dimostrato la convinzione politica che dal tunnel dell'incertezza non si esce se non recuperando idee, risorse, progetti di tutti coloro che quotidianamente vivono la realtà economica e sociale di questa Regione.
L'impegno con il quale tutti i consultati hanno voluto dimostrare con le loro proposte la volontà di dare una mano, è una riprova della validità di quel processo elaborativo, che gli americani chiamano il brain storming ma che, in chiave socio-politica, altro non è che l'affermazione del pluralismo e delle idee dei progetti, per la loro elaborazione ottimale e per delle scelte realizzative in grado di soddisfare il maggiore numero e di distanze con il minor dispendio di risorse.
La seconda premessa, anch'essa positiva, è d'aver presentato questo progetto come anticipazione del secondo Piano di sviluppo: una sorta di primo contributo allo sviluppo del Piemonte negli anni '81-83, un mosaico che l'amministrazione deve aver già delimitato nella sua dimensione generale e nel quale i provvedimenti di pronto avvio si collocano perch già fattibili e compatibili con gli obiettivi generali.
La terza premessa è quella ricordata ampiamente dal Presidente nella sua relazione introduttiva e cioè che la logica alla quale il piano di emergenza del Piemonte si ispira è la logica del piano a medio termine nazionale.
Questa assonanza non appare come un acritico rimodellamento locale della linea economica nazionale, e finalmente possiamo parlare, bene o male, di una linea economica nazionale, non solo ma - sono parole di Enrietti - la specificità dei problemi dello sviluppo del Piemonte deve essere commisurata agli obiettivi fissati nel piano a medio-termine attraverso il confronto stabile tra Regioni e Governo.
Nel documento da noi presentato alla Giunta su una richiesta che avevamo chiamato "Le proposte del P.R.I. per un piano regionale straordinario di interventi", tra gli obiettivi prioritari, avevamo evidenziato proprio la necessità di definire le modalità di raccordo con la programmazione nazionale.
Se il secondo Piano di sviluppo si muoverà su queste linee, noi riteniamo fin d'ora che sia un piano che intende partire razionalmente soprattutto se avrà chiarito a monte le linee del suo riequilibrio territoriale; mi sembra molto centrale e molto importante quello che ha detto a questo proposito il Consigliere Petrini che, avendo avuto l'onore di introdurre questo dibattito con molta dignità, si è particolarmente soffermato su questo aspetto che è prioritario a tutti gli altri.
Ma per andare avanti e per introdursi sui progetti in discussione anche se non potremo esaminare nel dettaglio tutto quanto è istruito, ma seguendo i progetti di nostro maggiore interesse, dobbiamo affrontare il problema dell'energia.
Nel nostro documento propositivo non mettevamo in evidenza questo problema perché per noi era ed è prioritario, fondamentale e condizionante in quanto gli interventi urgenti attivabili in questo campo o erano già in corso di perfezionamento o dipendevano dagli altri o erano di effetti a tempi talmente distanti da non poter essere inseriti in un programma di emergenza capace cioè di incidere nell'immediato e comunque già nell'anno in corso.
Di fatto il problema energetico rimane il primo problema condizionante dello sviluppo economico del Piemonte. La storia ci dirà che il vero scandalo degli anni '70 più del caso Loockeed o di quello Italcasse, sarà stata la mancanza di una politica energetica degna di un Paese industriale.
Ugo La Malfa diceva che il non governo può recare danni, più mali della stessa corruzione.
Tutti i Paesi occidentali e soprattutto quelli con il quale l'Italia dovrà competere per restare sui mercati internazionali, già da tempo hanno lanciato ambiziosi piani energetici proprio per non farsi cogliere alla sprovvista da un possibile ed anche probabile terzo shock petrolifero.
In occasione del dibattito sui problemi dell'energia chiedemmo a tutte le forze politiche, specialmente a quelle che sul problema dell'energia nucleare si erano mostrate in passato incerte ed esitanti, un atteggiamento chiaro e risoluto. Questo Consiglio votò il 18 marzo un ordine del giorno che sembrò sciogliere finalmente il nodo anche alla Regione Piemonte, ma è necessario che le forze politiche si assumano le responsabilità derivanti da quell'ordine del giorno anche in periferia, dove l'ostilità e la resistenza passiva degli amministratori locali preoccupati innanzitutto di non perdere consensi, sta impedendo di fatto di andare avanti.
E' quasi incredibile pensare che non si riesca a dare seguito a decisioni fondamentali solo perché vi si oppongono gli interessi di comunità locali.
I problemi della sicurezza hanno ben poco in comune con questa opposizione preconcetta e irrazionale, talvolta fanatica che nasce da inquietudine e timori spesso ancestrali in ataviche insicurezze dinanzi a forze della natura che l'uomo ha imparato a imbrigliare ma che conservano un alone di mistero per i non addetti ai lavori.
La posizione della Giunta, come appare dalla nota illustrativa dell'allegato 1: "Priorità di intervento nel settore dell'energia" ci sembra ancora incerta e non determinata come dovrebbe essere dopo tanti anni di dibattito e tante dichiarazioni anche ufficiali al riguardo.
Nel campo dell'agricoltura e delle foreste, sul quale più approfonditamente e con maggiore competenza interverrà il collega Gastaldi è probabile che il recente dibattito consiliare sull'agricoltura avesse già evidenziato tutti i nodi di questa attività economica così importante nella nostra realtà piemontese.
Nelle nostre note propositive prospettavamo la necessità di una riverifica del volume globale della spesa disponibile ed impegnata in agricoltura, per controllare se essa fosse orientata nel modo migliore.
Dicevamo nel nostro documento che la politica delle opportunità indifferenziate deve essere abbandonata.
Siamo consapevoli dell'importanza che nella nostra economia ha l'agricoltura e la notizia ufficiale di questa mattina resaci dal Presidente del Consiglio, che la Democrazia cristiana stia per farsi portatrice di un progetto proprio in tema dell'agricoltura, e ci contestualmente al momento di presentazione di progetti straordinari anche in tema di agricoltura da parte della Giunta, è da noi considerata con estremo interesse consapevoli che la radicata conoscenza della realtà agricola da parte della Democrazia cristiana, realtà in movimento, forse in ebollizione, avrà consentito un aggiornamento della linea democristiana in tema di politica agricola, che per noi, nell'obiettivo della riduzione del deficit della bilancia commerciale determinata dall'importazione agricolo alimentare, resta quella di concentrare gli sforzi soprattutto nello sviluppo dell'attività di commercializzazione, trasformazione dei prodotti agricoli, quando questi però siano suffragati da analisi di produttività.
Il latte ed il vino restano certamente i prodotti della nostra economia agricola, ma anche l'ortofrutta, nell'ottica di quella trasformazione di cui dicevamo prima, dovrà avere la nostra attenzione.
Nel nostro documento propositivo avevamo dato particolare risalto al problema che oggi viene globalmente indicato come il problema della casa.
Non abbiamo mancato di evidenziare la tempestività della nostra Regione nel rendere operative le leggi regionali e nazionali in tema di edilizia residenziale di cui conosciamo tutte le difficoltà e che sono ben esplicitate peraltro nelle lunghe pagine che a questo riguardo la Giunta dedica a questo argomento. Ma siamo ancora ben lungi dal risolvere il problema della casa in Piemonte.
Nella considerazione che il problema della casa è stato centrale in molti degli interventi propositivi dei consultati e dal momento che questo problema nella sua via risolutoria è capace di mobilitare economia e lavoro e di soddisfare una ormai dirompente istanza sociale, di cui peraltro la Giunta dice di essere ben consapevole, ci saremmo aspettati un più incisivo progetto relativamente a questo aspetto.
Fra i numerosi fattori che ostacolano un corretto rapporto fra mercato e impresa, vi è innanzitutto un cattivo funzionamento del mercato dei capitali, che di certo non favorisce la destinazione degli investimenti al settore produttivo.
In Italia il risparmio familiare tende, anzi, ad isterilirsi proprio perché non riesce a trovare uno sbocco diretto attraverso il mercato azionario, o indiretto, tramite l'intermediazione bancaria verso il settore produttivo.
Ecco perché noi ritenevamo utile che si ragionasse attorno ad un programma speciale di intervento sulla casa.
Per comprendere appieno la gravità della situazione occorre soffermarsi su questo argomento. La legge sull'equo canone ha consentito il passaggio dal regime vincolistico ad una più idonea disciplina del mercato locatizio.
La sua stessa natura di strumento tecnico-politico per raggiungere un compromesso tra esigenza sociale dei locatari e posizione dei proprietari attraverso un regime di prezzi controllati (affermato come temporaneo) non può ovviamente consentire la base per un rilancio di riordinamento del settore.
A prescindere da questa legge (che forse va anche migliorata), a noi sembra urgente richiamare nell'ambito del settore edilizio il risparmio delle famiglie oltre che degli investitori istituzionali.
Tutte le norme agevolative non hanno sufficientemente incentivato l'investimento sul bene casa. Evidentemente, in presenza dei limiti di reddito fissato dalla legge sull'equo canone, questo flusso di fondo è destinato a ridimensionarsi ancora e occorrerà quindi individuare gli strumenti necessari a colmare tale vuoto.
Per ovviare almeno in parte, nel breve periodo in attesa di più organici generali provvedimenti di competenza forse dello Stato, al problema sopra evidenziato, occorre porre rapidamente in atto altre forme di incentivo all'acquisto delle proprietà specie della prima casa.
In effetti, esigenze di mobilità delle forze di lavoro, variazione nel tempo delle dimensioni delle famiglie, rendono insopprimibile la domanda di casa in affitto, ma pur se non è ipotizzabile, anche se sarebbe augurabile che tutti i locatari siano e diventino proprietari di casa, sembra ragionevole ritenere che nella nostra Regione vi sia ancora un largo margine per l'acquisizione di alloggi per uso diretto.
E' evidente che a monte del problema casa, esistono altri problemi in tema di gestione del territorio, che il documento pone ed espone, prima fra tutte una revisione della legge 56, attorno alla quale occorrerà un nuovo impegno di tutte le forze per rendere perseguibili i corretti principi ai quali essa si ispira.
Lo sforzo che la Giunta ha voluto intraprendere coraggiosamente con questi progetti è apprezzabile. Le scelte che la Giunta ha inteso operare rispondono a quelle che la sua autonomia di organo di governo le consente autonomia che noi le riconosciamo, perché, come siamo da sempre sostenitori della linea del confronto e del coinvolgimento, siamo anche da sempre difensori dei differenti ruoli, e delle differenti responsabilità.
Per questo, per esempio, l'ipotesi di una Commissione Giunta-Consiglio sul problema delle deleghe non ci convince, come non riteniamo quello delle deleghe un aspetto da affrontarsi in termini di emergenza. Questo aspetto attiene ad un argomento fondamentale del ruolo della Regione nel contesto nazionale ed occorre, a nostro avviso, un ripensamento organico dei compiti, dei poteri e delle responsabilità delle autonomie locali.
Il problema delle deleghe è strettamente connesso all'essere della Regione ed al suo "come essere". La Regione Piemonte vorrà avere un ruolo di guida? Una capacità di indirizzo e di orientamento o vorrà ancora gestire burocraticamente ed indifferenziatamente? Ma, per tornare ai nostri progetti, a nostro avviso, riteniamo che essi non daranno i necessari frutti, se contestualmente non si porrà mano a quel processo di revisione degli impegni di spesa che la Giunta ed il Consiglio ritennero indispensabili nel momento in cui votarono l'ordine del giorno che concludeva il dibattito sul bilancio di previsione per il 1981.
In altre parole occorre porre mano al bilancio 1981 ed anche al pluriennale ed approfittare dell'assestamento per operare quelle scelte che la Giunta non ebbe il coraggio di fare in sede di approvazione del bilancio di previsione 1981. Proprio in quella occasione i repubblicani avevano chiesto alla Giunta di farsi artefici di tre scelte coraggiose: la prima riguardava l'assunzione del metodo della programmazione come metodo di governo delle politiche socio-economiche e come l'unico possibile e proponevamo come metodo per la predisposizione del secondo Piano di sviluppo, quello del piano a medio termine. Diamo atto che la Giunta ha dichiarato il suo assenso e ha già cercato di indirizzare i progetti dell'emergenza in questa logica.
La seconda riguardava appunto la revisione generale degli impegni di spesa, di cui abbiamo già detto, e questa verifica doveva comprendere,a nostro avviso, anche un controllo ed una riconsiderazione degli Enti strumentali della Regione, in particolare della Promark, una revisione degli strumenti normativi di procedura delle spese, oltre ai vari problemi derivanti dalla necessità inderogabile di un più efficiente funzionamento della macchina regionale.
Il piano di emergenza non dimentica questi aspetti, ma non li considera prioritari. Come non appare prioritaria nel disegno della Giunta la necessità che questi progetti debbono avere al loro interno delle possibilità di integrazione. Quel mosaico di cui parlavamo all'inizio non può essere riempito se non attraverso un filo conduttore che lega i progetti l'uno all'altro. Si può osservare che il minimo comune denominatore dei progetti può essere l'emergenza; ma l'emergenza è la causa, lo stato di necessità che è ciò che obbliga a delle scelte, alcune delle quali tuttavia appaiono ancora molto generiche e necessitano quindi non soltanto di un approfondimento, ma di comparazione di specificità e di compatibilità, anche perché - e questa è la grande carenza di tutto il progetto - molti di questi piani resteranno probabilmente i sogni nel cassetto per l'impossibilità di dare loro la copertura finanziaria.
Nel bilancio pluriennale recentemente approvato dal Consiglio per gli interventi programmati negli anni 82/83, c'erano a disposizione 228 miliardi. Con il progetto di emergenza noi ci troviamo di fronte ad una spesa regionale prevista di 428 miliardi.
Tutto questo mentre si continuano a paventare tagli ai fondi regionali anche se siamo certi che i problemi del Piemonte saranno al centro dell'attenzione anche nella sede nazionale, dove tuttavia la verifica degli investimenti da finanziare da parte del nucleo di valutazione dei progetti obbligherà le Regioni all'assunzione di quei criteri di fattibilità e di compatibilità di cui dicevamo poc'anzi.
Il documento rivela carenze per esempio in tema di provvedimenti di tipo socio-assistenziale. E' certamente interessante sapere che in Piemonte si stanno installando degli impianti solari negli asili nido, ma non è questo di cui ha bisogno la società piemontese. A questo riguardo l'ipotesi delle società del Welfar State, avanzata da Viglione in questa sede certamente non dovrà limitarsi a quelle poche righe che sono esposte nel progetto di emergenza.
Il progetto è carente in tema di formazione professionale. Noi avevamo segnato questo argomento tra quelli centrali e dicevamo appunto nelle note propositive alla Giunta che il settore andava riconsiderato al fine di proporre un più valido e razionale sistema anche in relazione alle esigenze di mobilità della mano d'opera, in relazione ai problemi di riqualificazione del lavoro; i centri già operanti devono garantire il massimo livello possibile e soprattutto la loro piena utilizzazione tenendo anche conto delle esigenze di piccole e medie imprese industriali ed artigianali.
Il tema è carente anche in quella parte abbastanza semplice, relativa al progetto della componentistica auto; sappiamo che la Regione forse non può fare di più e, a proposito di auto, speriamo che si ritrovino i soldi per il rifinanziamento della 675. L'articolo di ieri sulla Stampa emblematico nel suo titolo "mancano i soldi per il piano auto" evidentemente non è molto confortante.
Ci sono queste carenze e ce ne sono molte altre. Ci sono poi anche delle iniziative apprezzabili, delle intenzioni che sono forse ambiziose come l'affascinante progetto Ignitor, talmente affascinante e importante che il suo committente forse più che la Regione dovrebbe essere lo Stato.
Ci sono dei progetti originali, come il progetto Carta o come quelli contro il caro vita che vorremmo vedere inquadrati però in un discorso più generale di difesa del consumatore.
Il documento del P.S.I. su questo aspetto si sofferma e credo che lo stesso P.R.I. si farà portatore in Consiglio regionale, peraltro prendendo un progetto che il Partito ha a livello nazionale, di aspetti relativamente allo specifico problema della difesa del consumatore.
Ci sono poi delle proposte che sono irrinunciabili, come le iniziative di risparmi elencate sotto la voce "riduzione delle spese correnti" e che riguardano il parco macchine, la pubblicazione, i convegni e le spese di rappresentanza di cui tante volte abbiamo già parlato in questo Consiglio.
Un programma di questo tipo esige anche da parte di chi dovrà gestirlo una grande coerenza. Non so se sia coerente che, contestualmente a questo programma che definiamo dignitoso e che ha rappresentato un grande sforzo per dare una risposta politica ad una situazione difficile, la Giunta presenti nello stesso giorno e subito dopo l'ordine del giorno, il disegno di legge sul cartografico, provvedimento che non avrà il nostro voto favorevole proprio per la sua caratteristica di progetto senza verifica di quella fattibilità ed economicità alla quale ogni progetto, specie se pubblico, dovrebbe ispirarsi.
In sede nazionale da tempo andiamo affermando che occorre restituire le partecipazioni dello Stato ad una logica economica capace di renderle nuovamente competitive ed in grado di contribuire al rilancio del nostro sistema produttivo.
Nella sede regionale riteniamo che quando la Regione intende comportarsi come l'imprenditore privato, deve accettare le regole del gioco. Noi non siamo contrari in assoluto al cartografico. Ritenevamo che data la dimensione dell'istituto, la sua prospettiva, il suo impegno, fosse necessaria una certa prudenza e soprattutto si esplorassero per la sua destinazione, tutte le vie possibili per evitare di trovarsi tra breve con uno strumento sofisticato (forse unico in Italia) con delle possibilità e degli aiuti da dare a tutta la comunità regionale piemontese importantissima, ma con dei costi di gestione non più sopportabili.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, abbiamo esaminato il piano di pronto avvio con la stessa disponibilità al confronto con la quale accettammo a suo tempo l'invito della Giunta ad un contributo all'elaborazione del piano stesso.
Abbiamo illustrato, seppur sinteticamente, le valenze e le carenze del piano stesso, le sue ambizioni, ma anche i suoi limiti di fattibilità. La sua realizzazione non sarà facile, perché molte cose non dipendono dalla nostra volontà e dalle nostre possibilità, ma poiché i principi che animano questo nostro sforzo che sono quelli di rimuovere le cause strutturali della crisi nell'ottica del riequilibrio economico di tutto il Paese, di recuperare la nostra capacità produttiva e garantire l'occupazione, di combattere l'inflazione, di perseguire una rigorosa politica della spesa poiché tutti questi principi sono condivisi da tutte le forze del Consiglio, abbiamo la certezza che la solidarietà, che attorno all'elaborazione del progetto la Giunta ha voluto e saputo sviluppare continuerà a trovare consenso poiché l'emergenza purtroppo continuerà, e forse si aggraverà.
Il libro che questa mattina ci è stato dato e di cui ringraziamo elenca i punti di crisi sui quali in futuro dovremo continuare a confrontarci proprio nel segno di questa emergenza.
Come caparbiamente da anni tentiamo di far passare il metodo della programmazione come necessità inderogabile di fronte alla drammatica riduzione del tasso di sviluppo, come continuiamo a sostenere che conseguenza di quel metodo sia l'individuazione di direttrici fondamentali ispirate a poche, ma precise priorità qualificanti, così ribadiamo che tutti i responsabili politici e sociali della comunità nazionale e regionale, devono partecipare all'ideazione ed all'attuazione del disegno programmatorio, nella consapevolezza e nella speranza che soltanto attraverso un patto sociale rigoroso e ampio, con progetti in grado di raccogliere il consenso più vasto, si potrà imboccare la strada per far uscire il Piemonte e l'Italia dalla sua crisi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, debbo innanzitutto esprimere la nostra soddisfazione per l'iniziativa della Giunta, non solo perché sono quanto mai opportuni ed urgenti i provvedimenti che incidono sulle cause dell'inflazione, ma anche perché c'è uno sforzo reale nel quale viene confermato il modo di governare della Regione ed il suo ruolo di programmazione avviato nella passata legislatura con il primo Piano di sviluppo e confermato oggi con la scelta di avviare provvedimenti economici per combattere l'inflazione, che hanno il naturale collegamento e sbocco nel secondo Piano di sviluppo regionale. Ci sembra comunque che questi provvedimenti siano in ritardo, visti problemi e la crisi che ci travaglia.
Prima di entrare nel merito dei provvedimenti che ci vengono proposti dalla Giunta, ritengo opportuno cogliere quelle implicazioni e quei collegamenti di politica economica e d'ordine politico più generale che investono più da vicino la politica e gli atti della Regione. Non cogliere questo collegamento significa non tenere conto dei condizionamenti e dei riflessi spesso decisivi sulle scelte della Regione che le scelte più generali che vengono compiute a livello nazionale hanno ed in definitiva accettare di rinchiudersi nel proprio orto senza contribuire a dare quelle risposte complessive che la situazione impone e che il Presidente Enrietti ha richiamato nella relazione del 7 maggio. Cogliere queste implicazioni di carattere generale significa tornare ai provvedimenti del Governo ed alla stretta creditizia.
Altri l'hanno già fatto prima di me. Noi in quest'aula abbiamo dato un giudizio estremamente negativo a quei provvedimenti, abbiamo sottolineato la necessità di respingerli dicendo, come è scritto nelle proposte fatte pervenire alla Giunta, che si trattava di provvedimenti congiunturali inefficaci che erano destinati ad aggravare la crisi economica e produttiva e soprattutto nell'ambito della piccola e media industria e dell'artigianato con ripercussioni negative sull'occupazione e sugli investimenti.
I fatti - e non ce ne rallegriamo - ci stanno dando ragione. La stretta creditizia ha riflessi dirompenti in alcuni settori e sull'occupazione.
Innumerevoli sono le aziende piccole e medie, sane e con prospettive di mercato che sono in difficoltà a causa dell' impossibilità di accedere al credito. Abbiamo letto le difficoltà che la stretta creditizia sta provocando in agricoltura, il rallentamento da parte degli istituti di credito nella stipulazione dei mutui e nell'erogazione di quelli già stipulati e il rallentamento od il rifiuto di finanziamento alle pratiche già autorizzate. Questo è tanto più grave se si tiene conto del rinvio, per mancanza di copertura finanziaria, di investimenti per oltre 400 miliardi nel settore agricolo che è fondamentale per combattere l'inflazione, che pertanto richiederebbe la completa copertura finanziaria dei progetti presentati e ritenuti validi. Abbiamo letto del blocco dei finanziamenti per l'edilizia agevolata, del conseguente blocco della costruzione di migliaia di appartamenti che comporterà prossimi effetti gravi sull'occupazione. Chiediamo alla Giunta quale sia il suo giudizio alla luce delle disastrose conseguenze che tali provvedimenti provocheranno. Il problema della stretta creditizia non è più eludibile e i provvedimenti che ci apprestiamo a varare rischiano di essere vanificati dal perdurare della stretta creditizia stessa.
Ampi richiami in questo senso vengono fatti nel documento della Giunta.
I provvedimenti che ci apprestiamo a varare sono credibili e attuabili se saranno accompagnati da una profonda modifica dei provvedimenti governativi. Sono d'accordo con il Capogruppo socialista Viglione che sottolinea l'importanza del raccordo dei provvedimenti regionali con quelli governativi, ma raccordo non può significare appiattimento bensì capacità della Regione di porsi in modo critico nei confronti di provvedimenti sbagliati ed inefficaci, che rischiano di travolgerla nell'ambito di interi settori. E' necessario ed urgente un allentamento della stretta creditizia una selezione del credito a favore dei settori produttivi fondamentali e a sostegno dell'occupazione. In questo senso il Consiglio deve esprimersi contemporaneamente al varo dei provvedimenti.
In linea di massima concordiamo sui provvedimenti che ci sono stati sottoposti dalla Giunta anche se riteniamo che sarebbe stato utile fare una distinzione tra i provvedimenti che sono già programmati e che riguardano la normale attività della Giunta e quelli straordinari. Alcuni problemi di notevole rilievo sono stati elusi.
Rispetto all'energia, settore sul quale si è concentrata l'attenzione delle forze politiche e sociali, al di là del giudizio sui singoli provvedimenti, ci pare che essi siano frutto della spontaneità dei soggetti produttivi e della buona volontà degli Enti locali. E' necessario superare l'intervento episodico e non programmato. Questi provvedimenti sono staccati da un quadro di riferimento regionale, ora inesistente e che è possibile avere solo approntando un piano regionale programmato, valutando la domanda, affidando il ruolo centrale ai Comuni, ai Comprensori, alle Comunità montane, stimolandone la partecipazione soprattutto per individuare le potenzialità di sfruttamento, di risorse energetiche sul territorio. Dai dati forniti dalla Giunta in occasione del dibattito sull'energia risulta che il biogas, per esempio, se sfruttato ha una potenzialità in grado di coprire il fabbisogno agricolo di energia dell'intera Regione. Ebbene, l'Assessorato all'energia ha predisposto o intende predisporre un piano regionale di sviluppo del biogas? A noi sembra necessario, per realizzare un intervento programmato e di coordinamento tra gli Assessorati in un'ottica di piano orizzontale. Questo è il senso politico della nostra proposta di legge. Il primo passo per realizzare questo obiettivo è l'approvazione di una legge regionale.
L'altro settore di intervento sul quale vogliamo fare delle valutazioni è quello della formazione professionale. Il dato da cui partire per fare un'analisi è la crisi strutturale dei settori industriali che impone modificazioni nella struttura produttiva e nell'organizzazione del lavoro riconversione e mobilità della manodopera. E' necessario orientare la formazione professionale anche in funzione di reimpiego dei lavoratori in Cassa integrazione e di uno sviluppo della professionalità di quelli occupati, tenendo conto delle modificazioni dell'apparato produttivo e questa linea ci pare di intravvedere nel documento della Giunta. Ci significa indirizzare la formazione professionale anche agli adulti ponendo come primo obiettivo il recupero dei livelli culturali omogenei pari almeno a quello della scuola dell'obbligo per chi ne è sprovvisto o soggetto al fenomeno dell'analfabetismo di ritorno. Per molti lavoratori questa è la condizione per partecipare con profitto ai corsi professionali o per ottenere un livello culturale tale che permetta un adattamento rapido all'apprendimento delle modificazioni che intervengono nell'organizzazione del lavoro.
Nella proposta della Federpiemonte si afferma la necessità di superare la formazione professionale come area di parcheggio e di finalizzarla a precisi obiettivi e possibilità di impiego. Concordiamo su questa affermazione. Una prima risposta verrà dai risultati dell'indagine sulla domanda condotta dalla Giunta e dalla Federpiemonte. Ma questo non basta, è necessario ai fini di una programmazione finalizzata dell'aspetto formativo, è necessario che si conoscano i piani aziendali di organizzazione produttiva, di modifica dell'organizzazione del lavoro, di riconversione; su questi aspetti purtroppo, rileviamo l'incapacità delle aziende ad elaborare piani aziendali o il rifiuto politico a farli conoscere. Auspichiamo una formazione professionale che estenda il livello formativo agli adulti in un quadro di formazione permanente. Questo intervento ha bisogno di ulteriori risorse.
Proponiamo di chiamare le aziende a contribuire soprattutto in momenti di grosse trasformazioni come l'attuale. In questo senso riteniamo che la Regione debba aprire un confronto con le associazioni degli industriali.
Ma c'è un altro aspetto decisivo che non è evidenziato nel documento e che travalica le competenze della Regione a cui il collega Alasia ha fatto cenno: la necessità che il Ministero del lavoro approvi al più presto le fasce professionali sulla base delle competenze assegnate dalla legge quadro, aspetto decisivo per avviare i programmi didattici.
Su questo argomento vogliamo ribadire la necessità di nominare al più presto la Commissione prevista dalla legge regionale, secondo gli impegni che si è assunta la Commissione nomine.
Rispetto al mercato del lavoro a noi sembra interessante l'esperimento di mobilità di cui si parla nel documento della Giunta. E' però necessario affermare un concetto prettamente politico e cioè che la Regione non pu in modo passivo e subalterno, gestire la mobilità dei lavoratori espulsi dalle aziende, non si sa verso quali posti di lavoro, ma deve essere soggetto attivo, anche attraverso una trasformazione dello sviluppo, a determinare occasioni di lavoro, a condizionare le scelte delle aziende, a gestire la mobilità.
Il Presidente della Giunta nella relazione del 7 maggio avviando questo dibattito, ha evidenziato la necessità di dare risposte complessive. Per raggiungere questo obiettivo, però, non bastano gli sforzi che la Regione ha fatto o che si appresta a fare, ma è necessario risalire alle cause strutturali della crisi e dell' inflazione, in cui la crisi dell'industria è uno dei fattori determinanti; senza illudersi che per uscirne basti agire sui salari, sulla scala mobile, operazioni che non approviamo ne oggi ne in futuro di fronte a qualsiasi quadro politico.
In queste settimane abbiamo assistito al taglio dei bilanci regionali della spesa pubblica e delle spese improduttive con polemiche sempre più roventi. Un dato è rimasto in ombra in questa situazione: i lavoratori in Cassa integrazione continuano ad aumentare con un impegno sempre maggiore da parte dello Stato che deve erogare una massa finanziaria enorme e improduttiva. Questo problema non si risolve chiudendo le fabbriche e licenziando i lavoratori. E' assolutamente necessario ridurre il numero dei lavoratori in Cassa integrazione, ridurre la spesa improduttiva e dirottare queste risorse in settori e scopi produttivi. Ma per realizzare questo obiettivo non bastano i soldi, anche se importanti, ma sono necessarie scelte e volontà politiche del governo e delle aziende per predisporre piani di settore che possano dare soluzioni produttive a situazioni che si trascinano vergognosamente da anni, provocando anche degenerazioni inaccettabili e situazioni di comodo.
Il classico esempio della nostra Regione è dato dall'Olivetti rispetto alla quale, con l'accordo del dicembre '79, il Governo si era assunto il compito di coordinare la domanda pubblica di tecniche informatiche, che avrebbe permesso una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e di assicurare alla Olivetti consistenti commesse. A tutt'oggi il Governo non ha coordinato nulla e l'Olivetti preannuncia per il prossimo futuro ricorsi alla Cassa integrazione.
Ci sarebbero molti altri esempi di incapacità e di mancanza di volontà politica da parte del Governo. Si impone una valutazione rispetto agli strumenti operativi di intervento, sulla politica industriale e il riferimento è necessariamente alla legislazione nazionale, le leggi 902 374, 675 e non riprenderò le valutazioni e le proposte contenute nel documento unitario delle Regioni sulla politica industriale, che, su proposta del sottoscritto, la Giunta ha acquisito a questo dibattito.
Quella nostra proposta non era dettata dal fatto che condividiamo completamente le valutazioni contenute in quel documento, ma dal fatto che le questioni trattate hanno una connessione inscindibile con l'iniziativa di politica industriale della Regione. Da una parte diventa sempre più necessario perseguire l' obiettivo del riequilibrio, del sostegno e della qualificazione delle piccole e medie aziende, che non significa interventi a pioggia, ma significa interventi selettivi a quelle aziende che si qualificano nel dare una risposta alle esigenze che la trasformazione e lo sviluppo richiedono.
Come è possibile perseguire l'obiettivo del riequilibrio e del sostegno alle piccole e medie aziende se il Ministero impiega due anni ad individuare le aree insufficientemente sviluppate? Ecco quindi, come è affermato nel documento delle Regioni, la necessità di delegare alle Regioni l'individuazione delle aree insufficientemente sviluppate, pur mantenendo il tetto dei finanziamenti e delegarne alla Regione la gestione.
E così, se vogliamo favorire il consorziamento delle piccole e medie imprese, è necessario approvare la legge sui Consorzi che è in discussione al Parlamento e modificare la legge 675.
Il documento della Giunta ci sembra carente in ordine al problema dei grandi Gruppi. In Piemonte sono in crisi i grandi gruppi industriali, Fiat Montedison, Montefibre, Olivetti. Alla base della crisi generale della Regione c'è la crisi dei grandi gruppi, che è anche causa della crisi di piccole e medie aziende. Al centro di questa situazione vi è la crisi dell'auto che è ben lontana da essere risolta. Gli avvenimenti di queste settimane, i nuovi ricorsi alla Cassa integrazione, l'accordo Usa-Giappone il mancato accordo Europa-Giappone ripropongono in modo drammatico l'interrogativo del destino di questo settore di cui a lungo abbiamo discusso nei mesi scorsi.
Alla luce dei fatti nuovi e del ruolo che la Regione deve svolgere, c'è il rischio che nel nostro Paese ci si avvii verso il ridimensionamento del settore ed alcuni fatti sembrano avvalorare questa tesi: la ventilata chiusura dello stabilimento Lingotto e il progressivo, drastico ridimensionamento del centro ricerche Fiat di Orbassano che ha più che dimezzato i propri dipendenti in un momento in cui tanto è necessaria l'attività di ricerca e l'innovazione del settore. Quale ruolo la Regione deve svolgere? Mi auguro che le proposte precise vengano dagli interventi della Giunta. A nostro avviso non può essere un ruolo subalterno di registratore delle scelte delle aziende e gestore dei problemi che queste scelte pongono. Va riconfermato un ruolo attivo di proposta e di stimolo che molto bene la Giunta ha svolto nei confronti del Governo, in occasione della discussione e del parere sul piano auto, rispetto al quale dobbiamo denunciare le gravissime inadempienze ed ancora una volta chiedere che il piano venga emanato al più presto. La Regione può e deve svolgere questo ruolo attivo e positivo, anche nei confronti delle aziende alle quali la Giunta regionale deve chiedere i piani aziendali come momento fondamentale di raccordo tra le scelte delle aziende ed i piani di settore, se non vogliamo che si riducano ad una semplice erogazione di denaro pubblico ad aziende magari sotto diversi titoli. In sostanza per uscire dall'attuale crisi si impongono scelte di strutturazione e di trasformazione dell'attuale assetto industriale.
Siamo estremamente perplessi nel leggere sugli organi di stampa la proposta della Giunta di verificare con gli Enti locali la possibilità di assumere lavoratori di aziende in crisi. Non approviamo questa proposta che sembra riproporre un ruolo subalterno della Regione. A nostro avviso è necessario chiedere alla Fiat ed alle aziende quali sono i suoi programmi quanti lavoratori in Cassa integrazione farà rientrare, quali sono le prospettive produttive, il destino dello stabilimento Lingotto che interessa circa 7000 lavoratori, dove si intende localizzare lo stabilimento per i motori con la Peugeot, i riflessi sull'area torinese il tipo di organizzazione del lavoro intende per esaltare le capacità professionali dei lavoratori e aumentare la produttività.
Tutti questi aspetti non possono essere lasciati all'arbitrio dell'azienda emarginando la Regione. Abbiamo ricevuto la richiesta di un Consiglio regionale aperto sui problemi dell' occupazione, richiesta che accogliamo e che facciamo nostra sulla quale ci auguriamo che anche le altre forze politiche si esprimano positivamente.
Un'attenzione particolare merita il Verbano-Cusio-Ossola. La drammatica situazione occupazionale rischia di travolgerne l'economia non solo per le oggettive difficoltà in cui versano alcuni settori, soprattutto per la sciagurata politica di disimpegno della Montedison, nel settore chimico che è vitale per l'economia nazionale e che è in via di espansione a livello internazionale. Le Regioni nel parere per l'accesso ai finanziamenti della legge 675 hanno espresso le loro preoccupazioni per mancanza di un piano di sviluppo e di ricerca e circa la volontà del Gruppo di ridimensionare il settore della ricerca. Sarà necessario discutere anche in questa sede la vicenda del passaggio ai privati del pacchetto azionario pubblico. Si è parlato e scritto molto circa lo sviluppo del terziario, della viabilità del turismo, dell'energia nel Verbano-Cusio-Ossola, tutti obiettivi da perseguire come sostegno indispensabile ad un'economia che mantenga quale asse centrale la struttura industriale. E' nel Verbano-Cusio-Ossola che possiamo misurare la nostra capacità di ribaltare le scelte aziendali tendenti al disimpegno e al ridimensionamento dell'occupazione e le scelte governative tendenti soprattutto all'assistenzialismo.
Una particolare attenzione dobbiamo dedicare anche agli Enti strumentali della Regione quali supporti indispensabili per la costruzione e la concretizzazione di scelte e programmi. E' indispensabile un raccordo tra il Consiglio regionale e gli Enti strumentali attraverso periodiche sedi di confronto e di verifica sul loro ruolo, sui loro programmi, sui loro progetti.
Signor Presidente, signori Consiglieri volutamente non ci siamo soffermati solo sui provvedimenti in discussione in quanto riteniamo che rinchiudersi nel proprio orto non risolverebbe i problemi che abbiamo di fronte. Abbiamo voluto mettere in risalto alcune connessioni tra i provvedimenti regionali e gli interventi di politica economica generale che riguardano le responsabilità del governo. Se è vero, e noi ne siamo convinti, che i sei punti di inflazione in più del nostro Paese rispetto agli altri Paesi europei derivano dalle carenze del Governo in tema di politica economica, in agricoltura e nel campo industriale, riteniamo che i provvedimenti che ci apprestiamo a varare daranno i risultati che la comunità attende sempre che contemporaneamente venga varato dal Governo una seria politica economica programmata.
In ultimo vogliamo ribadire la nostra posizione, in ordine allo schieramento che deve guidare il Piemonte nei prossimi anni. Si è parlato in queste settimane di allargamento della maggioranza e di apertura ai laici. Per assicurare sviluppo e continuità agli obiettivi fissati dalla precedente legislatura occorre una maggioranza fondata sull'unità delle forze democratiche di sinistra, nel rispetto delle rispettive posizioni strategiche. Quindi, una modifica degli attuali schieramenti strettamente collegata e correlata ad una correzione e ad un annacquamento dei documenti programmatici dell'attuale maggioranza sarebbe, a nostro avviso, sbagliata e probabilmente paralizzante e sarebbe una scelta tanto più grave oggi perché significherebbe andare contro corrente rispetto a consistenti segnali di inversione di una tendenza di destra che sembrava spirare sull'Europa. Questo è il segnale di inversione che viene dalla vittoria di Mitterand in Francia sostenuta dallo schieramento di sinistra e dalla vittoria dei "no" sul Referendum sull'aborto, che non può essere riportata a schieramenti di partito ma che è una grande vittoria delle forze progressiste e del cambiamento.



PRESIDENTE

I lavori proseguono oggi pomeriggio.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 12,50)



< torna indietro