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Dettaglio seduta n.6 del 12/09/80 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita

Esame progetto di legge n. 3: "Ulteriori modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1976, n. 28, modificata ed integrata con legge regionale 18 febbraio 1980, n. 7 e legge regionale 14 aprile 1980, n. 21"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, devo scusare la momentanea assenza della Giunta che è occupata in un incontro con una delegazione dei lavoratori Fiat. Nel frattempo, propongo di passare all'esame di alcune leggi iscritte all'ordine del giorno.
Iniziamo con l'esame del progetto di legge n. 3: "Ulteriori modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1976, n. 28, modificata ed integrata con legge regionale 18 febbraio 1980, n. 7 e legge regionale 14 aprile 1980, n. 21".
Nessuno chiede di parlare in merito, vi do lettura dell'articolo unico: Articolo unico - "L'articolo 7 della legge regionale 17 maggio 1976, n.
28, modificata ed integrata con legge regionale 18 febbraio 1980, n. 7 e legge regionale 14 aprile 1980, n. 21, è sostituito dal seguente: 'I mutui integrativi di cui agli artt. 5 e 9/bis nonché i mutui di cui all'art. 9/quater, dalla presente legge, fruiscono della garanzia dello Stato ai sensi e per gli effetti dell'art. 10 della legge 15 febbraio 1980 n. 25 e dell'art. 44 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sostituito dall'art. 4 della legge 29 luglio 1980, n. 385.
I mutui integrativi di cui al precedente art. 5/bis sono garantiti da ipoteca e fruiscono della garanzia integrale della Regione per il rimborso del capitale, degli interessi e degli oneri accessori' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri E' approvato.


Argomento: Edilizia scolastica

Esame deliberazione Giunta regionale n. 49-29404: "Legge 5 agosto 1975, n. 412 - Secondo programma triennale di edilizia scolastica 1978/1980 approvato con deliberazione consiliare n. 221 del 28 ottobre 1977. Utilizzo fondi di accantonamento - Programma integrativo"


PRESIDENTE

Il punto undicesimo all'ordine del giorno reca: Esame deliberazione Giunta regionale n. 49-29404: "Legge 5 agosto 1975, n. 412 - Secondo programma triennale di edilizia scolastica 1978/1980 approvato con deliberazione consiliare n. 221 del 28 ottobre 1977. Utilizzo fondi di accantonamento - Programma integrativo".
Questo il testo della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la legge 5 agosto 1975, n. 412 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 49-29404 del 13 maggio 1980, che fa parte integrante del presente provvedimento delibera di approvare il programma integrativo di finanziamento mediante l'utilizzo dei fondi accantonati ai sensi dell'art. 3 della legge 5 agosto 1975, n. 412, secondo gli importi indicati nella deliberazione suddetta.
Data l'urgenza dei conseguenti provvedimenti, la presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva, ai sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione, ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Nomine

Nomina di un membro effettivo della Regione nel Consiglio Sanitario Nazionale.


PRESIDENTE

E' necessario procedere con urgenza alla nomina di un membro effettivo della Regione nel Consiglio Sanitario Nazionale. Il nominativo proposto è quello dell'attuale Assessore alla sanità, Sante Bajardi.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 40 hanno riportato voti: Bajardi Sante n. 30 Viglione Aldo n. 2 schede bianche n. 8 Proclamo quindi eletto il signor Sante Bajardi quale membro effettivo della Regione nel Consiglio Sanitario Nazionale in sostituzione del signor Ezio Enrietti.
Ricordo inoltre che la presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione a norma dell'art. 65 dello Statuto.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Determinazione del numero e delle competenze delle Commissioni permanenti ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 21 del Regolamento consiliare


PRESIDENTE

Punto settimo all'ordine del giorno: "Determinazione del numero e delle competenze delle Commissioni permanenti ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 21 del Regolamento consiliare".
Le competenze delle Commissioni permanenti e il loro numero sono fissate dal Regolamento consiliare, il quale prevede all'art. 21 che le Commissioni permanenti siano cinque e ne stabilisce le competenze.
Il Regolamento aggiunge che il numero e le competenze delle Commissioni permanenti possono essere modificate con deliberazione del Consiglio regionale. Ciò al fine di permettere al Consiglio di procedere con agilità e speditezza alle eventuali modifiche che l'esperienza, esigenze di funzionalità, motivazioni di vario ordine, suggerissero.
Sulla base di tale norma la Presidenza del Consiglio all'inizio della terza legislatura propone al Consiglio, tenendo soprattutto conto dell'esperienza del passato, di modificare il numero e le competenze delle Commissioni permanenti.
Allorché nel 1971 furono istituite le Commissioni permanenti, queste erano otto. All'inizio della seconda legislatura, nell'ottobre del 1976 sulla base di un primo periodo di funzionamento si ritenne opportuno procedere ad un accorpamento diverso delle materie in un numero minore di Commissioni nell'intento di dare maggiore omogeneità alle competenze e di conseguenza maggior funzionalità e speditezza di procedimento alle Commissioni. Si istituirono quindi cinque Commissioni che hanno operato fino alla fine della seconda legislatura. Una valutazione obiettiva dell'esperienza di questi quattro anni, porta però a rilevare come vi siano state spesso delle difficoltà di funzionamento dovute in gran parte ad incongruenze negli accorpamenti effettuati. In particolare alcune Commissioni - specificatamente la I, la II e la V - si sono trovate oberate di lavoro in misura eccessiva come dimostrano anche le cifre relative al numero di sedute tenute. Infatti, su 1.053 sedute tenute complessivamente dalle Commissioni 264 furono tenute dalla I, 264 dalla II e 234 dalla V per non parlare delle numerose ulteriori riunioni di gruppi di lavoro creati in maniera più o meno formale all'interno delle Commissioni per l'esame di particolari argomenti.
Da queste osservazioni e considerazioni scaturisce l'opportunità che nel momento in cui stiamo avviando l'attività delle Commissioni all'inizio della terza legislatura regionale - si proceda ad una nuova e più equilibrata distribuzione delle competenze fra le Commissioni che risponda a criteri di logica e di coerenza.
In particolare ci siamo ispirati nella formulazione di questo schema al criterio di alleggerire e diminuire le competenze di quelle Commissioni che erano risultate più sovraccariche, pur mantenendo sempre un elemento di organicità fra le competenze assegnate. Ciò comporta la proposta di creare due nuove Commissioni cui assegnare - con i necessari aggiustamenti ispirati alla ricordata esigenza di organicità - parte delle competenze in precedenza assegnate alla II e alla V.
Per la I invece si è ritenuto di non toccare le competenze che hanno una ben precisa omogeneità, in gran parte derivante dallo stesso dettato statutario. Si è solo specificato, sulla base dell'esperienza passata l'assegnazione anche della materia dell'industria.
Lo schema risultante si ispira quindi a motivazioni funzionali ed istituzionali ed è presentato dalla Presidenza del Consiglio regionale proprio in base alla considerazione che lo Statuto e il Regolamento le affidano le responsabilità del buon andamento e del funzionamento delle Commissioni.
La Presidenza del Consiglio è consapevole dell'importanza di affrontare questi problemi con coerenza e delle conseguenze che le decisioni che il Consiglio assumerà comporteranno non solo per il lavoro dei Consiglieri regionali, ma anche per il lavoro che sono chiamate a svolgere le strutture del Consiglio con i conseguenti problemi di funzionari e di locali idonei.
Proprio sulla base di questa consapevolezza, il progetto che stiamo presentando risponde ad una logica interna che tiene tonto innanzitutto della realtà regionale quale si configura all'inizio della terza legislatura, che si ispira inoltre al principio, su cui tutti concordiamo della centralità del Consiglio che è coerente infine con le competenze che la Costituzione e le leggi assegnano alla Regione: Commissione I Programmazione - Bilancio - Industria - Finanze - Partecipazioni regionali - Affari istituzionali - Patrimonio - Personale - Enti locali Controlli.
Commissione II Pianificazione territoriale - Urbanistica - Infrastrutture - Edilizia residenziale e scolastica - Viabilità - Trasporti e comunicazioni - Parchi naturali. Programmi pluriennali di attuazione.
Commissione III Agricoltura e foreste - Uso e disciplina delle acque in agricoltura.
Promozione e mercati agricoli alimentari. Cooperazione in agricoltura.
Commissione IV Artigianato - Commercio - Cave e torbiere - Acque minerali e termali Fiere e mercati - Problemi del lavoro e dell'occupazione.
Commissione V Sicurezza sociale - Sanità - Assistenza.
Commissione VI Cultura - Istruzione - Formazione professionale - Musei e biblioteche Assistenza scolastica - Sport e tempo libero - Turismo - Caccia e pesca.
Commissione VII Tutela dell'ambiente. Problemi energetici. Uso delle acque Sistemazione idrogeologica e forestale - Inquinamento.
Chiede la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, penso sia giusto segnare con un intervento questo momento importante della costituzione e della determinazione del numero delle Commissioni della terza legislatura.
E' positivo il fatto che oggi, attraverso tutta una serie di discussioni che ci hanno permesso di valutare opportunità alternative possiamo definire questo quadro entro i tempi che ci eravamo prefissi.
Considero l'esperienza della scorsa legislatura positivamente: le cinque Commissioni ci hanno permesso di raggiungere dei risultati ragguardevoli sul piano legislativo e delle iniziative correlate alla funzione legislativa. E' vero, non possiamo dirci del tutto soddisfatti sul piano della qualità ma questo è un problema che attiene a una tematica su cui sarà bene ritornare in seguito. L'esperienza ha dimostrato che le Commissioni hanno marciato in maniera diversa a seconda delle materie che trattavano. Gli accorpamenti, che erano logici sotto il profilo dell'organizzazione dipartimentale, in qualche misura hanno messo in secondo piano le competenze legislative, per esempio, per quanto riguarda la sanità e l'assistenza.
Teniamo presente che la riforma sanitaria comporterà alla Regione maggiori compiti sul piano legislativo. Un certo numero di leggi è già stato realizzato, ma altre dovranno essere perfezionate entro la fine dell'anno. Questo a mio parere giustifica la divisione della Commissione separando le funzioni inerenti la sanità, l'assistenza e la sicurezza sociale dagli altri servizi. E' stata anche valutata l'opportunità di suddividere le Commissioni I e II che normalmente sono cariche di lavoro.
Era sostenibile l'ipotesi della suddivisione della I Commissione per quanto riguarda gli affari istituzionali, motivazioni ragionevoli hanno invece consigliato la suddivisione della II intanto per un motivo specifico collegato ai problemi dell'ambiente e dell'energia che nella scorsa legislatura motivarono la costituzione di una Commissione speciale.
E' ovvio che, portando a sette il numero delle Commissioni, si pone l'esigenza primaria del coordinamento delle Commissioni attraverso gruppi di lavoro flessibili: intercommissioni e forme di lavoro congiunto esperienza questa che abbiamo già adottato per altri temi, come la pianificazione territoriale, la programmazione.
Il discorso della funzionalità e della continuità istituzionale delle Commissioni va verificato e ripreso tenendo presente che questa assemblea si può apparentare sempre meno a un Consiglio comunale e sempre più ad una assemblea legislativa di tipo parlamentare. Forse anche lo Statuto va ripensato. Voglio brevemente accennare al ruolo delle Commissioni di cui si è parlato spesso. Il progetto di potenziamento del Consiglio deve avere come nucleo centrale un reale potenziamento sia sul piano delle strutture che sul piano delle competenze. Al di là dell'impegno dei funzionari abbiamo registrato carenze di informazioni, di dati, di competenze tali da rendere difficile il lavoro dei Gruppi consiliari oltre che dei Consiglieri La funzione legislativa che, come stabilisce lo Statuto non è riservata alla Giunta ma è propria di ogni Consigliere, viene affinata nella misura in cui si riesce ad entrare nel merito dei problemi, quindi credo che il progetto di potenziamento del Consiglio è l'interfaccia positiva e dinamica e l'altro corno del problema a cui si ancora la composizione delle Commissioni che andiamo a nominare oggi.
Presupposto necessario per la funzionalità delle Commissioni è l'impegno delle persone e dei Gruppi politici a tempo pieno. Ricordo che l'amico Bianchi propose un emendamento per dare una figura e un rilievo al Vicepresidente; non era solo un'intenzione formale, ma era l'intenzione di dare al Vicepresidente un ruolo di corresponsabilità reale nella direzione e nel controllo del lavoro. Credo che questo sia indispensabile e necessario se vogliamo il pieno funzionamento di questa assemblea di fronte ai suoi numerosi compiti e alla sua grande mole di lavoro attuale e futura.
Il nostro Gruppo si è sempre adeguato e credo che questo valga anche per gli altri Gruppi.
Farò per ultimo una considerazione politica che volutamente ho posto a conclusione del mio intervento. Il risultato di questa operazione è che c'è uno spazio per tutte le forze politiche.
Il Partito Comunista che ha sempre fatto di questo tema il riferimento costante del modo di intendere la presenza nelle istituzioni ritiene che la soluzione definitiva che assicuri la presenza di tutte le forze democratiche dell'arco costituzionale sia un dato di grande rilievo: sulle questioni istituzionali non ci sono le maggioranze politiche come nel caso dell'esecutivo. Noi crediamo che la soluzione delle sette Commissioni risponda a questo criterio e, come tale, ci pare soddisfacente sia sotto il profilo della funzionalità che sotto il profilo del rapporto tra i Gruppi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Le considerazioni svolte dal Presidente del Consiglio regionale e dal Capogruppo del P.C.I., Bontempi, ci trovano in gran parte consenzienti.
Debbo ricordare che nella seconda legislatura, allorquando il numero delle Commissioni venne ridotto, si fecero delle critiche alla precedente composizione come se quella ripartizione fosse stata lontana dalla realtà.
D'altra parte erano i tempi in cui si sognava sui dipartimenti, poi anche i sogni sui dipartimenti sono passati e oggi, con molta ragionevolezza e con molta aderenza alla realtà, si ritiene di tornare ad un numero di Commissioni che credo sia quello esatto e confacente al lavoro del Consiglio regionale.
Gli accorpamenti di materie, aumentando il numero delle Commissioni sono coerenti alle esigenze. Circolavano ipotesi di minor rigore, ma quest'ultima che viene proposta ha un suo rigore logico e funzionale quindi si debbono ringraziare i colleghi che si sono adoperati perché le Commissioni abbiano dignità e aderenza ai compiti ai quali sono chiamate.
Il tema richiede una brevissima riflessione sulla successiva attività che il Consiglio regionale dovrà svolgere in ordine all'adeguamento della legge delle strutture in relazione all'aumento delle Commissioni.
Il discorso dell'adeguamento delle strutture del personale delle Commissioni si integra con quello del Consigliere Bontempi relativo al potenziamento dei servizi del Consiglio regionale perché tutti i Consiglieri abbiano possibilità di svolgere il proprio lavoro. Coloro che hanno compiti di esecutivo dispongono di strutture che servono anche per l'attività legislativa e coloro che non hanno compiti di esecutivo hanno necessità di strutture del Consiglio funzionanti e in grado di mettere i Consiglieri e i Gruppi consiliari nella condizione di svolgere appieno il loro compito. Noi abbiamo rivendicato il ruolo che spetta al nostro Gruppo e ci auguriamo che le intese tra i Gruppi politici che devono ancora essere perfezionate, portino al riconoscimento del ruolo che il Gruppo della D.C.
deve svolgere in quest'aula.
L'esperienza di tanti anni insegna che le Commissioni si reggono si sull'attività di tutti, ma si reggono principalmente sull'attività e sulla presenza del maggiore Gruppo che siede all'opposizione: perché i Gruppi di maggioranza avendo compiti di esecutivo non sempre possono garantire la loro presenza.
Sappiamo quale compito ci attende e siamo disponibili a svolgerlo con impegno e con tenacia come abbiamo fatto nella seconda legislatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, anche il Gruppo socialista che ha partecipato alla discussione sulle proposte per la costituzione delle Commissioni, approva l'aumento del numero delle Commissioni stesse da cinque a sette perché il nuovo disegno pare rispondere alle esigenze e alle competenze del Parlamento regionale.
Con la legge 382 e il D.P.R. 616 sono state trasferite o delegate alla Regione molte competenze nuove e questo è il motivo per il quale passiamo dalle cinque Commissioni della precedente legislatura alle sette che oggi vengono proposte, dando così piena soddisfazione alle competenze che ricadono sulla Regione, che sono sempre più numerose, che spesso non hanno carattere di organicità, che spesso vengono formulate improvvisamente dal Parlamento o in sede governativa creando difficoltà per il Consiglio regionale. Questa è la questione principale che dobbiamo risolvere.
Siamo consci che queste Commissioni non avranno vita facile perché le riunioni si susseguiranno costantemente creando difficoltà ai Gruppi minori, però riteniamo che l'ambito delle competenze debba avere questi valori numerici a cui corrispondono, come conseguenza ma non come priorità la soddisfazione dei singoli Gruppi che democraticamente deve essere data.
La ripartizione che è stata fatta non ha tenuto conto del numero e della composizione dei Gruppi. Bontempi ha ricordato giustamente che il Partito Comunista, che conta, venti Consiglieri, avrà una sola Commissione. Ci pare apprezzabile questo sforzo; è certo che se fosse compiuto anche dal Parlamento ci onorerebbe maggiormente. Al Parlamento invece c'è stata una sorta di separatezza che nega ai Gruppi di opposizione nelle varie fasi di Governo la possibilità di direzione nella Presidenza è nella direzione di Commissioni legislative della Camera e del Senato. Noi invertiamo questa rotta perché riteniamo che tutte le forze del Consiglio regionale, anche quelle che non sono al Governo, abbiano la capacità non soltanto di formulare proposte ma anche di dirigere le Commissioni. Già la precedente legislatura ha avuto questi comportamenti, infatti questa è la continuazione ideale e storica di programmazione, di intervento, di linee e di obiettivi.
Il P.S.I. aveva nella passata legislatura la presidenza di una sola Commissione, quindi non è fra quelli che hanno fatto dei sacrifici; il P.C.I. invece ha compiuto un grosso sacrificio che va apprezzato.
Questo è l'aspetto rilevante che riteniamo di sottoporre alla vostra attenzione. Concordiamo con i Consiglieri Paganelli e Bontempi sull'organizzazione interna delle Commissioni; che però il precedente Consiglio aveva avviato, ma che sarà opportuno potenziare anche in relazione alle nuove attribuzioni.
Per quanto riguarda il raccordo fra le Commissioni, va ricordato che soltanto la Commissione raggiunge la perfezione dell'obiettivo dell'omogeneità assoluta, essendo competente su tutto il disegno programmatorio della Regione. Le altre Commissioni scendono ai settori specifici che sono connessi tra loro. Spetterà alle singole Commissioni di trovare i raccordi generali attraverso le conferenze dei Presidenti delle Commissioni perché l'attività non abbia separatezza ma abbia la massima compiutezza, così come il lavoro legislativo richiede in una società moderna e democratica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente e colleghi, siamo nettamente contrari al progetto che ci è stato presentato per ragioni di principio e per ragioni di merito che ci permetteremo di illustrare brevemente.
E' indubitabile che nella precedente legislatura le cinque Commissioni avevano portato sul piano della funzionalità per la distribuzione stessa delle materie a taluni avvertiti inconvenienti. Se si fosse trattato unicamente di procedere a taluni accorpamenti per materia, lasciando inalterato il numero delle Commissioni, nulla avremmo avuto da eccepire. Ma il fatto che, sotto la maschera della necessità di rivedere i compiti delle singole Commissioni, si voglia far passare l'aumento del numero delle stesse da cinque a sette ci trova, come dicevamo, sfavorevoli. Noi non riteniamo che l'aumento delle Commissioni risponda a quelle esigenze di funzionalità che prima abbiamo sentito annunciare dai colleghi Bontempi Paganelli, Viglione; pensiamo piuttosto, e lo diciamo chiaramente, che risponda a bassi calcoli di ingegneria politica e - se si vuole - alla logica delle lottizzazioni, per cui, avendosi più Commissioni, si hanno anche più posti a disposizione delle forze politiche. In effetti, l'aumento delle Commissioni mette i Gruppi di minoranza, e in particolare un Gruppo di opposizione quale è il nostro, in condizioni di obiettiva difficoltà.
L'art. 22 stabilisce che ciascun Consigliere regionale possa fare parte di due sole Commissioni. Se nella precedente legislatura il problema poteva essere abbastanza risolto in modo soddisfacente per il nostro Gruppo, è ora evidente che portandosi a sette il numero delle Commissioni stesse il Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, si troverà escluso per legge alla partecipazione di tre Commissioni e a ben poco serve la facoltà introdotta, sempre dall'art. 22, che i Consiglieri regionali possono partecipare ai lavori di tutte le Commissioni perché, sempre l'aumento del loro numero a sette, rende questo fatto obiettivamente più difficile per un Gruppo che abbia la consistenza numerica del nostro.
Questa la ragione di merito ma, accanto a questa, ne poniamo e ne sottolineiamo un'altra di principio. Protestiamo fermamente per quella che riteniamo antidemocratica esclusione della Destra Nazionale da tutti gli Uffici di Presidenza delle Commissioni. Noi abbiamo assistito ad un vero e proprio mercato di posti e se in questo momento possiamo approvare soltanto la distribuzione delle materie nelle sette Commissioni previste e non siamo ancora in grado, o perlomeno gli altri Partiti non sono ancora in grado, di risolvere la questione relativa agli Uffici di Presidenza, ciò dipende proprio dalle lotte, dai contrasti, dalle rivendicazioni che ogni forza politica ha ritenuto di avanzare. Siamo quindi contriti e denunciamo questo aspetto veramente poco serio di un compito quale quello di suddividere democraticamente tra tutte le forze politiche presenti in questo Consiglio regionale la carica della Presidenza o della Vicepresidenza. L'avere voluto escludere a priori da questa divisione il Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale è una discriminazione che intendiamo denunciare e fermamente respingere nel momento in cui annunciamo anche il nostro voto contrario alla deliberazione che ci sarà sottoposta dall'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

A nome del Gruppo liberale desidero svolgere tre brevi considerazioni.
La prima riguarda il nostro apprezzamento al risultato che è stato ottenuto sulla composizione delle Commissioni. A me sembra che, anche se in via teorica si sarebbe dovuto auspicare un numero più ristretto, la proposta che viene fatta equilibri bene tra i nodi politici che inevitabilmente sono presenti dietro questo tema e il reale funzionamento delle Commissioni stesse. Noi siamo soddisfatti e diamo atto del risultato, positivo raggiunto, in primo luogo, al Presidente del Consiglio regionale, al Consiglio di Presidenza ed anche alle forze politiche e ai Capigruppo che hanno lavorato su questa materia.
Seconda considerazione. Il risultato che viene presentato è un segno di grande attenzione al ruolo che i liberali intendono svolgere in Consiglio regionale e di questo diamo atto a tutte le forze politiche di maggioranza e di minoranza. Era forse più facile non tener conto di alcune nostre preoccupazioni perché i numeri ci davano sicuramente torto: l'aver con pazienza ricercato un'intesa è sicuramente un segno di attenzione che a noi non è sfuggito.
Terza considerazione. Queste Commissioni devono poter lavorare nell'interesse del Consiglio e nell'interesse della Giunta; quindi occorre che sia loro dato ogni strumento organizzativo per poter svolgere fino in fondo il proprio ruolo e la propria funzione.
Dal punto di vista funzionale rimangono alcuni problemi di frangia; era inevitabile che le Commissioni non risultassero perfettamente omogenee perché, per fortuna, la realtà non è totalmente omogenea e schematizzabile.
Abbiamo sottolineato nella riunione dei Capigruppo questi problemi, non vogliamo riportarli in aula per non introdurre un elemento di divisione o che tale potrebbe essere interpretato. Saranno le condizioni reali di funzionamento a suggerire in itinere gli aggiustamenti più opportuni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianca Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Concordiamo sulla proposta di elevare il numero delle Commissioni perché crediamo che dieci anni di esperienza siano sufficienti per farci dire che questo è il numero ideale. Concordiamo anche sul concetto di omogeneità (perlomeno lo consideriamo un tentativo di omogeneità perch alcune Commissioni non sono poi così omogenee). Ci auguriamo che questo tentativo possa garantire nei prossimi anni il funzionamento e l'efficienza delle Commissioni. Siamo d'accordo sul numero anche se la nostra esigua presenza numerica ci creerà dei problemi di rappresentanza, lo accennava il Consigliere Viglione parlando del Consigliere Castagnone Vaccarino che aveva quelle difficoltà che probabilmente avranno il Consigliere Gastaldi e io stessa nella nuova legislatura, comunque non possiamo certo subordinare l'esigenza del nostro Gruppo alle esigenze superiori del Consiglio che l'Ufficio di Presidenza e i Capigruppo hanno ritenuto di definire nelle sette Commissioni così composte.
Il ruolo delle Commissioni è un ruolo istituzionale importante e proprio per questo crediamo debbano essere assicurati l'impegno e la responsabilità dei Gruppi della maggioranza e della minoranza che raccoglie tra le sue fila un Partito importante che ha addirittura la maggioranza assoluta dei voti, e Gruppi minori.
Queste attribuzioni di responsabilità date con questo criterio impedirà ai Gruppi di lasciarsi prendere, anche a questo riguardo, dal tarlo deleterio della lottizzazione del potere che sappiamo essere diventato costume nel nostro Paese, ma che va rifiutato, altrimenti non solo si continuerà ad accedere al malcostume ma non si darà alle Commissioni ed al Consiglio il rispetto dovuto.
Abbiamo lavorato nel corso delle numerose riunioni dell'Ufficio di Presidenza e dei Capigruppo con questo spirito, quindi, non con l'arroganza, ma con questo spirito e con il rispetto reciproco si potrà giungere a composizioni e attribuzioni che rispondano essenzialmente alle esigenze del Consiglio e della correttezza politica. Ringrazio il Presidente per l'attenzione che ha voluto prestare a questa composizione che sembrava difficile e che alla fine è venuta.
Il nostro voto sarà favorevole. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Il Gruppo socialdemocratico aderisce alla proposta formulata dall'Ufficio di Presidenza e per esso dal Presidente del Consiglio, che è una sintesi delle indicazioni operative e tecniche pervenute e dell'esperienza maturata in questi anni dai Gruppi politici. Concordiamo sul numero e sulle competenze attribuite alle Commissioni. Ci pare corretta la divisione dei compiti operata nelle Commissioni V e II, che permetterà da una parte di dare completa attuazione alla riforma sanitaria e alla riforma del settore assistenziale e di quello culturale, che ci auguriamo sollecita; e, dall'altra, ci permetterà di seguire con particolare attenzione due grossi nodi, quello della tutela dell'ambiente per il quale da sempre il Consiglio regionale ha un occhio particolare, e quello dei problemi energetici.
E' stato correttamente osservato che non si può operare per compartimenti stagni, si tratterà di trovare dei meccanismi che permettano l'interscambio di informazioni e di lavoro. E' altrettanto importante il tema dei rapporti tra le Commissioni, l'esecutivo e il legislativo.
Concludo concordando sull'ipotesi che ci è stata formulata assicurando l'impegno del Gruppo socialdemocratico affinché le Commissioni possano funzionare a pieno regime e dare il contributo necessario al compito della funzione legislativa del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Durante la passata legislatura ripetutamente suggerivo di trasferire la materia caccia e pesca alla III Commissione agricoltura. Ritengo oggi di rinnovare questo invito perché la materia è più pertinente alla III Commissione che non alla VI che ha competenza nel tempo libero, nella cultura, nell'assistenza scolastica. Auspico che tale suggerimento venga accolto.



PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza ha seguito il dibattito e terrà conto di tutte le osservazioni che sono emerse, anche di quest'ultima, ed esaminerà quanto si potrà fare.
La proposta di deliberazione è nei seguenti termini: "Visto l'art. 21 del Regolamento interno del Consiglio regionale approvato con deliberazione 29 novembre 1979 n. 525-8129 del Consiglio regionale il quale all'ultimo comma stabilisce che il numero e le competenze delle Commissioni permanenti sono modificabili con deliberazione del Consiglio regionale.
Considerato che in base all'esperienza fin qui maturata e per esigenze di maggior funzionalità delle Commissioni stesse appare opportuno fissare in sette il numero delle Commissioni permanenti del Consiglio procedendo ad una redistribuzione delle competenze a modifica di quanto stabilito dal citato art. 21 del Regolamento.
Il Consiglio regionale delibera a parziale modifica dell'art. 21 del Regolamento interno del Consiglio regionale sono costituite sette Commissioni permanenti del Consiglio le quali hanno rispettivamente competenza nelle seguenti materie: Commissione I Programmazione, Bilancio, Industria, Finanze, Partecipazioni regionali.
Affari istituzionali, Patrimonio, Personale, Enti locali, Controlli.
Commissione II Pianificazione territoriale, Urbanistica, Infrastrutture, Edilizia residenziale e scolastica, Viabilità, Trasporti e comunicazioni, Parchi naturali. Programmi pluriennali di attuazione.
Commissione III Agricoltura e foreste, Uso e disciplina delle acque in agricoltura.
Promozione e mercati agricoli alimentari. Cooperazione in agricoltura.
Commissione IV Artigianato, Commercio, Cave e torbiere, Acque minerali e termali Fiere e mercati, Problemi del lavoro e dell'occupazione.
Commissione V Sicurezza sociale, Sanità, Assistenza.
Commissione VI Cultura, Istruzione, Formazione professionale, Musei e biblioteche Assistenza scolastica, Sport e tempo libero, Turismo, Caccia e pesca.
Commissione VII Tutela dell'ambiente. Problemi energetici. Uso delle acque Sistemazione idrogeologica e forestale, Inquinamento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 39 voti favorevoli e 2 contrari.


Argomento: Personale del servizio sanitario - Formazione professionale

Ratifica deliberazione Giunta regionale n. 55-55: "Straordinaria riqualificazione degli infermieri generici. Regolamentazione transitoria dell'esame-colloquio di cui all'art. 1 della legge 3 giugno 1980 n. 243. Adozione provvedimento urgente con i poteri del Consiglio (art. 40 Statuto)"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora il punto ottavo all'ordine del giorno: Ratifica deliberazione Giunta regionale n. 55-55: "Straordinaria riqualificazione degli infermieri generici. Regolamentazione transitoria dell'esame colloquio di cui all'art. 1 della legge 3 giugno 1980 n. 243. Adozione provvedimento urgente con i poteri del Consiglio (art. 40 Statuto)".
La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Il Gruppo della D.C. intende conferire la sua adesione ed esprimere il voto favorevole su questo provvedimento che nel territorio piemontese investe circa 12.000 lavoratori dipendenti da istituzioni sanitarie. Questa delibera riguarda solo un momento del complesso problema della qualificazione professionale, però evidenzia la complessità e le difficoltà che incontra la materia.
Le difficoltà sono offerte da una così forte presenza di infermieri generici rispetto a quelli professionali, da costituire un divario rispetto alla situazione degli altri Paesi. Su 100 infermieri professionali abbiamo 12 infermieri generici nella Svizzera, 25 in Germania, 50 in Inghilterra.
In Italia succede il contrario: 200 infermieri generici su 100 professionali e questo stato di cose crea un grosso vuoto all'interno del sistema.
La legge 243 del 3 giugno 1980 cerca di innescare un processo di recupero, cosa utile ed interessante. C'è la tendenza al livellamento professionale con contrazione della scala gerarchica verso la cosiddetta figura dell'operatore unico, cosa ugualmente utile purché non comporti l'appiattimento e non rivolga il personale alla disaffezione e alla diminuzione del grado di preparazione professionale. In passato per accedere ai corsi per infermieri professionali occorreva avere frequentato almeno dieci anni di scuola (cinque anni di scuola elementare, tre di scuola media inferiore, due anni di media superiore); con la legge 243 si consente a coloro che da due anni esercitano l'attività di infermieri generici di poter accedere straordinariamente ai corsi partecipando ad un colloquio-esame. Ancor prima dell'emanazione della legge la Regione Piemonte aveva dato vita ad una deliberazione con la quale predisponeva gli infermieri generici all'accesso a questo esame e li indirizzava verso il livello di istruzione richiesto.
Con questo provvedimento, che ha carattere transitorio, si consente a coloro i quali hanno già frequentato i corsi della Regione di poter accedere ai corsi per infermieri professionali, fin dall'anno scolastico 1980-1981.
Faccio alcune brevi osservazioni. Nelle premesse e nell'oggetto si dice che il provvedimento ha carattere transitorio, mentre nel dispositivo si dice che l'esame-colloquio è disciplinato in via transitoria ma non si dice sino a quando; propongo di aggiungere nella parte dispositiva della delibera, dopo le parole "è disciplinata in via transitoria" le parole "limitatamente all'anno scolastico 1980-1981".
Rilevo inoltre che da nessuna parte vengono indicate le materie sulle quali si basa l'esame. Pertanto alla voce a) della parte dispositiva suggerisco di togliere le parole "..di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 98" e di aggiungere "secondo quanto previsto dalla legge 243/1980, art. 1, terzo comma".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerutti.



CERUTTI Giuseppe

Nel condividere queste precisazioni e annunciare il voto favorevole alla deliberazione vorremmo aggiungere una raccomandazione all'Assessore.
Approviamo questa procedura che consente a molti infermieri di raggiungere il titolo professionale desiderato, sappiamo però che gli ospedali spesso si trovano in difficoltà per carenza di personale atto a svolgere i corsi.
Invitiamo l'Assessore ad esaminare attentamente le richieste che giungono dagli Enti ospedalieri e di consentire l'assunzione di personale idoneo a svolgere le funzioni che la deliberazione propone.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

La Giunta accetta l'integrazione suggerita dal collega Beltrami.
La materia trattata dal Consigliere Cerutti si collega con le considerazioni fatte da Beltrami. Dobbiamo essere molto attenti a che il processo di formazione nella fase degli esami per l'accesso ai posti corrisponda realmente ai bisogni della collettività e non si riduca ai soli aspetti giuridico-formali che danno diritto a retribuzioni diverse. Nel momento in cui la Commissione incomincerà a funzionare potremo avere un primo scambio di idee sui problemi relativi a questa tematica.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione nel testo che sottopongo alla vostra attenzione: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale n. 55-55 delibera l'esame-colloquio di cui all'art. 1, secondo comma, della legge 3 giugno 1.980 n. 243 (che detta norme per la straordinaria riqualificazione degli infermieri generici) è disciplinati in via transitoria limitatamente all'anno scolastico 1980-1981 come segue: a) l'esame consisterà in un colloquio su argomenti di cultura generale e sulle materie dei corsi secondo quanto previsto dalla legge 24311980 art. 1, secondo comma b) le Commissioni di esame sono nominate dal Presidente della Giunta regionale e sono composte da: un coordinatore dei corsi di cui alla citata deliberazione n. 98 21766 del 12 giugno 1979 che la presiede due docenti dei corsi medesimi un rappresentante indicato dal Provveditorato agli Studi competente per territorio un insegnante dei corsi per infermiere professionale c) in via transitoria sono ammessi a sostenere l'esame-colloquio, oltre a coloro che hanno frequentato i corsi di cui sopra nell'anno scolastico 1979-1980 e che non hanno sostenuto positivamente esame di idoneità al terzo anno di scuola media superiore, tutti coloro che ne hanno i requisiti a norma di legge d) a coloro che avranno superato l'esame-colloquio verrà rilasciato un attestato che è titolo valido per l'ammissione ai corsi per infermieri professionali ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della legge 3 giugno 1980 n. 243.
Ai componenti delle Commissioni d'esame verrà liquidato un gettone di presenza giornaliero ai sensi della legge regionale 2 luglio 1976 n. 33.
Alla spesa conseguente accertata in L. 1.500.000 si farà fronte con l'impegno già assunto con la deliberazione n. 98-21766 del 12 giugno 1979 sul cap. 10720 del bilancio 1979 (43317).
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti in aula.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Comprensori

Esame progetto di legge n. 2: "Modifica dell'art. 13 della legge regionale 4 giugno 1975, n. 41 - Individuazione ed istituzione dei Comprensori" (rinvio)


PRESIDENTE

Punto nono all'ordine del giorno: Esame progetto di legge n. 2:.
"Modifica dell'art. 13 della legge regionale 4 giugno 1975, n. 41 Individuazione ed istituzione dei Comprensori".
La parola all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Ieri, nel corso della discussione dell'interrogazione relativa ai Comprensori, è stata sollevata dal collega Ferrero l'eventualità di una connessione tra i processi di formazione degli organismi dei Comprensori e delle Unità Sanitarie Locali.
Dalla risposta dell'interrogante è emersa la disponibilità della D.C.
di operare in tal senso. Se da parte di tutto il Consiglio vi fosse analoga intenzione si potrebbe procedere immediatamente apportando l'integrazione di un articolo (c'era già una proposta che la Giunta intendeva formalizzare con apposito provvedimento di legge) e modificando il titolo.
Faccio questa proposta perché le elezioni degli organi delle U.L.S.
investono le Comunità montane. E' una anomalia che deriva dal rispetto della legge nazionale. La Regione Piemonte non ritenne di apportare delle modifiche perché è opinabile la possibilità di modificare con legge la legge nazionale. C'è tuttavia il precedente della legge del Veneto che ha apportato delle modifiche, ossia fissa una cifra percentuale oltre la quale può essere ragionevolmente accettabile il ruolo della Comunità montana però, di fronte a percentuali limitate non pare giusto creare organismi troppo allargati, d'altro canto sarebbe sbagliato limitare l'integrazione a criteri non proporzionali perché la Comunità montana avrebbe un peso sproporzionato rispetto al resto della popolazione. E' possibile quindi con un articolo correggere questa situazione e procedere con rapidità. Se la proposta sarà accolta, staremo entro il termine dell'8 ottobre, se invece fosse respinta, chiederemo al Governo che la respinga subito in modo che possiamo rispettare la data dell'8 ottobre che è fissata dalla legge delle U.L.S.
Sarà opportuno un breve scambio di idee tra i rappresentanti dei Gruppi per formulare la soluzione da presentare al Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Il Gruppo D.C. concorda con la proposta dell'Assessore. In sede di discussione della legge da parte del mio Gruppo erano state sollevate le anomalie di quel meccanismo che avrebbe comportato Consigli giganteschi e praticamente non convocabili. A questo punto, ritengo che l'esame dei due disegni di legge debba essere rimandato all'inizio della seduta pomeridiana per consentire nella pausa del Consiglio l'esame del testo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Avevo chiesto la parola per dichiarazione di voto sulla modifica al progetto di legge. Visto che la votazione slitta al pomeriggio, ne parler in quel momento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Poiché da tempo alcuni Comuni chiedono il passaggio da un Comprensorio ad un altro creando difficoltà nell'attuazione di piani e di iniziative nel campo della sanità, dei trasporti, ecc., a mio avviso, sarebbe opportuno procedere prima di fissare le norme per l'elezione dei nuovi organi comprensoriali. Si sono approvati ordini del giorno con l'impegno della Giunta in questo senso e di fatto quei Comuni esercitano la loro attività nell'ambito del Comprensorio a cui hanno chiesto di aderire.



PRESIDENTE

La parola ancora all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Mentre non ci verrà contestato il fatto di aver agito come Consiglio in ordine all'elezione degli organi dei Comprensori e delle U.L.S., ho l'impressione che la modificazione di giurisdizione degli organi, fatta sulla testa dei Comprensori e delle U.L.S., che diventa automatica, per una serie di altri livelli, ponga qualche problema di principio.



PRESIDENTE

Ritengo accettabile la proposta avanzata da più parti di rinviare l'approvazione del progetto di legge n. 2 a oggi pomeriggio dopo l'incontro tra i Gruppi.


Argomento: Questioni internazionali

Relazione del Presidente della Giunta regionale sulla crisi polacca


PRESIDENTE

Punto quinto all'ordine del giorno: "Relazione del Presidente della Giunta regionale sulla crisi polacca".
La parola al Presidente Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Il 30 agosto 1980, con la firma dell'accordo tra il Governo polacco ed il Comitato Unitario di sciopero, sulla base dei 21 punti rivendicativi, si concludeva una vicenda che aveva lasciato il mondo con il fiato sospeso una vicenda di importanza e portata tali da avere conseguenze non solo per la Polonia, ma per tutta l'Europa, ad est come ad ovest.
Sedici giorni prima, la protesta operaia era scoppiata nei cantieri navali "Lenin" di Danzica: la scintilla era scaturita dalle precarie condizioni economiche dei lavoratori le cui paghe erano falcidiate a causa dell'aumento dei prezzi di tutti i generi di prima necessità, ma rapidamente, con l'estendersi degli scioperi alle città di Stettino ed alle miniere della Slesia, la protesta assumeva carattere e dimensioni assai diverse.
Venivano infatti poste sul tappeto questioni squisitamente politiche che investivano la stessa organizzazione dello Stato polacco e che rischiavano di essere il preludio di una crisi internazionale di proporzioni incalcolabili.
Mentre il numero degli scioperanti cresceva ed appariva sempre più netto il collegamento tra gli operai in lotta e le popolazioni delle città investite dalla protesta, il Comitato Unitario di sciopero - guidato da Lech Walesa - un tecnico elettricista che già in passato aveva avuto noie con le autorità per le sue attività rivendicative - riassumeva in 21 punti le richieste degli scioperanti.
E' importante ricordare alcuni di questi punti per meglio comprendere la portata ed il significato della protesta operaia ed il contraccolpo che questa aveva sulla leadership polacca.
I lavoratori in lotta chiedevano: la costituzione di sindacati autonomi il diritto di sciopero l'abolizione della censura la pubblicazione degli atti finali della conferenza di Helsinki l'elaborazione di una "carta dei diritti dei lavoratori" nei cantieri navali la reintegrazione di tutti gli operai licenziati nel decennio 1970/1980; ed infine: garanzie per tutti i lavoratori che abbiano partecipato agli scioperi.
Come si vede, le richieste mettevano in discussione alcuni fondamenti dello Stato socialista, tendendo ad instaurare un rapporto conflittuale tra Partito Guida ed organizzazione dei lavoratori, come mai si era verificato in precedenza, ed a mutare radicalmente il rapporto tra Partito e Nazione.
Il nodo politico degli scioperi in Polonia sta qui, e non tanto nelle rivendicazioni salariali o comunque tendenti a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori ed a cancellare disuguaglianze di trattamento difficilmente comprensibili per un Paese che si dice socialista.
Occorre dire che i dirigenti polacchi hanno saputo agire con responsabilità e realismo, accettando di trattare con il Comitato Unitario di sciopero senza riserve mentali e rifiutandosi di fare intervenire la Milizia, che avrebbe reso insostenibile una situazione già incandescente ed avrebbe potuto aprire le porte ad un eventuale intervento esterno in nome della "fratellanza socialista" che avrebbe precipitato l'Europa ed il mondo intero in una crisi di proporzioni incalcolabili.
Va detto, per onore della verità, che questa drammatica eventualità non è mai sembrata presentarsi come imminente, ma i timori di un intervento armato esterno apparivano giustificati se visti alla luce dell'esperienza che ci deriva da altre vicende analoghe del passato.
Il risultato delle trattative è da giudicarsi senz'altro positivo.
Gli operai di Danzica hanno vinto, i dirigenti del Partito hanno saputo accettare condizioni che mutano il panorama dello Stato polacco allargandone gli spazi di democrazia. Alla conclusione positiva delle trattative non è estranea la Chiesa polacca, cui gli scioperanti si sono mostrati devotissimi, e che ha impegnato tutta la sua autorità morale al servizio di una delicata quanto proficua opera di mediazione.
L'allargamento degli spazi di democrazia ottenuto con le lotte operaie apre un nuovo capitolo per la Polonia e per tutto l'est europeo. Questo capitolo non poteva essere scritto dai medesimi protagonisti di prima dell'accordo.
Così, all'indomani della ratifica del compromesso con il Comitato Unitario di sciopero da parte del Comitato Centrale del Partito, il Segretario Generale - Edward Gierek - si è ammalato ed è stato fulmineamente sostituito da Stanislaw Kania.
Il meccanismo di avvicendamento è sempre pressoché il medesimo e mostra i limiti del sistema del socialismo reale.
Anche Gomulka, nel '70, si ammalò e venne sostituito da Gierek, ma allora, nelle città del Baltico ci furono 44 morti, 120 feriti e 100 arrestati, e quando Gomulka sostituì Ochab, all'indomani dei moti di Poznan, nel '56, vi erano stati 53 morti, 270 feriti e 154 persone processate.
Oggi il nuovo Segretario Generale del Partito Comunista, come primo atto ufficiale, è andato a Danzica ad incontrare gli operai, ed assicura di voler mantenere fede agli accordi stipulati. Noi ce lo auguriamo, così come ci auguriamo che nelle prossime settimane la Polonia torni alla normalità e possa così incamminarsi sulla strada dell'allargamento della democrazia e del miglioramento delle condizioni di vita.
Non è detto che il popolo polacco riesca a mantenere le conquiste testè raggiunte: già nel passato si assistette allo svuotamento progressivo dei Consigli Operai conquistati nel '70.
Ma l'Europa deve aiutare la Polonia a superare questo difficile momento ed a percorrere i sentieri segnati a Danzica. L'aiuto deve essere ad un tempo economico e politico.
La fiaccola della libertà deve superare ancora tanti ostacoli prima di potersi radicare nella realtà delle istituzioni polacche ed occorreranno, a questo scopo, realismo e senso della misura da parte di tutti.
Un compito spetta all'Europa: difendendo i principi di libertà, umana religiosa, civile, sindacale, nei propri Paesi come nei consessi internazionali, a cominciare dalla prossima conferenza di Madrid, le democrazie occidentali aiuteranno il popolo polacco a tenere accesa la fiaccola della libertà accesasi a Danzica.
Resta un problema di carattere generale che ci sembra giusto porci e che riguarda la natura stessa dei Paesi del socialismo reale.
Socialismo e libertà.
Libertà individuale ed eguaglianza sociale sono , valori inconciliabili, per cui il socialismo può dare più eguaglianza solo concedendo meno libertà? Noi sappiamo che la socializzazione dei mezzi di produzione senza una corrispondente socializzazione del potere politico ha portato alla burocratizzazione degli Stati del socialismo reale, ad un dispotismo di partito che non accettiamo e che condanniamo.
Noi auspichiamo però un'evoluzione in senso democratico di questi regimi, confidiamo che ciò avvenga non solamente in Polonia, ma in tutti gli altri Paesi dell'est europeo e nella stessa Unione Sovietica.
In questo senso le conquiste degli operai di Danzica ci riempiono di speranza.
Ha scritto Norberto Bobbio: "La libertà sindacale noli è che un inizio una splendida aurora da cui non si può ancora antivedere il meriggio. Come può sopravvivere la libertà sindacale se non è accompagnata dalla libertà politica? Il libero sindacato senza il libero partito? E il libero partito in un sistema non pluralistico? E come può svolgersi un sistema politico pluralistico senza libere elezioni, e libere elezioni senza libera stampa? Le tappe della libertà sono come anelli di una catena. E la catena è lunga".
Fin qui Bobbio.
Noi vogliamo aggiungere che il primo anello è stato posto e che dalla difesa delle libertà sindacali si potranno porre le basi per il raggiungimento di altre conquiste, fino alla costruzione di una società più giusta, più democratica, più libera.
Noi abbiamo fiducia che questo avverrà.
Ci auguriamo che il futuro non ci smentisca.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Il dibattito è aperto. Ha chiesto di parlare il Consigliere Viglione Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, discutiamo dei fatti della Polonia in un contesto che è drammatico anche per noi. Proprio in questi giorni avvengono fatti stravolgenti, tali che non possiamo considerare i fatti polacchi a sé stanti, separati da problemi generali che coinvolgono molti Paesi. Ci sono Paesi dove è lontano ogni processo democratico. In Cile si tengono le elezioni, ma possiamo dire che sono qualche cosa di più della truffa anche se in queste elezioni molti movimenti politici e molti uomini che avevano sofferto all'interno e all'esterno hanno potuto finalmente dare nuovo respiro ad iniziative per la libertà e per la democrazia. Non vogliamo con questo accomunare tutti i problemi sullo stesso tavolo e nello stesso destino, ma sentiamo di non dover porre nessun problema di strumentalizzazione.
Ringraziamo il Governo, e per esso il Ministro degli affari esteri l'on.le Colombo, che ha voluto porre l'accento su questi problemi in un quadro generale di contributi e di aiuto perché possa andare innanzi un processo ulteriore di democratizzazione.
Va sottolineata la collocazione storica della Polonia in un quadro territoriale e in un contesto politico che non nasce oggi; nasce dagli incontri di Yalta, che meglio saranno definiti dagli storici, nascono, se dobbiamo credere alle memorie di Churchill, da una specie di accordo di cui Churchill aveva conservato alcuni foglietti annotati in cui erano esattamente divise le zone di influenza.
Il Cancelliere Schmidt ha ricordato che il vero pericolo di guerra pu passare attraverso la modificazione del quadro generale che nasce negli accordi di Yalta e che la non garanzia della sicurezza potrebbe portare alla terza guerra mondiale, per cui la prudenza che ha mosso i Governi della Germania, degli Stati Uniti e anche il nostro con la risposta alle interpellanze presentate alla Camera, è stata nel dire che questi problemi possono essere risolti all'interno della Polonia; così è stato per la Cecoslovacchia e l'Ungheria. Nessun intervento di forze esterne può essere perseguito come soluzione di problemi che spettano invece ai polacchi.
Nell'esprimere la nostra solidarietà il Gruppo socialista manifesta anche la preoccupazione che ingerenze di oggi, nei fatti polacchi, possono intervenire anche domani in qualsiasi altro Stato e potrebbero essere la causa di uno scontro di carattere mondiale, di un pericolo reale di guerra.
Non è sufficiente la solidarietà espressa dalle forze politiche sociali e sindacali, ai lavoratori che hanno combattuto e hanno vinto una battaglia per maggiori spazi democratici, e allora dobbiamo contribuire con ulteriori iniziative perché questi spazi abbiano a consolidarsi perché non sia riassorbita la promessa e ipotizzata riforma degli accordi di Danzica perché tutti gli impegni di carattere democratico, di partecipazione, di libera organizzazione sindacale abbiano ad essere mantenuti. Ma per respingere l'intervento esterno che possa sorreggere l'uno o l'altro tipo di governo occidentale oppure orientale, dobbiamo compiere atti concreti.
Il Ministro degli affari esteri, Colombo, ha ricordato come il nostro Paese abbia un'esposizione di 1.200 miliardi verso la Polonia, che non intende ridurre questa esposizione e che intende proseguire i rapporti economici con quel Paese. Il Ministro chiederà che nell'ambito della Comunità Europea avvenga un rapporto nuovo, un contributo economico, sociale e politico concreto, tale da aiutare quelle forze a cercare la soluzione ai propri destini sconfiggendo quelle forze su scala mondiale che invece vorrebbero una soluzione imposta con la forza e magari con la guerra. La terza guerra mondiale non può scoppiare, se scoppiasse avremmo la distruzione dei continenti, la morte di centinaia di milioni di cittadini: dobbiamo respingere questo evento anche soltanto come concetto. Per fare questo non dobbiamo manifestare solo la solidarietà, ma compiere atti concreti e fattivi.
L'ordine del giorno che abbiamo presentato unitamente al Gruppo socialdemocratico attesta questa solidarietà e chiede iniziative concrete per l'ulteriore espansione del processo democratico. Dalla discussione dei vari Gruppi politici emergeranno proposte ed iniziative, quindi noi dichiariamo sin d'ora che il nostro ordine del giorno potrà essere ulteriormente arricchito.
Il Gruppo socialista del Consiglio regionale va sicuramente incontro alla vicenda del popolo polacco come andrebbe incontro ad altri popoli, in altri contesti gravissimi in cui attraverso situazioni di rottura sindacale o politica possano generarsi pericoli di tensione. Diamo questo contributo alla distensione, alla pace, alla libera convivenza volendo sconfiggere ogni linea che porti alla violenza, così come hanno fatto Stati come la Germania e gli Stati Uniti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito sui fatti di Polonia si svolge in questo Consiglio quando i giorni caldi di fine agosto a cui si riferiva il Presidente della Giunta nella relazione introduttiva sono ormai passati e quando su questi fatti la stampa, autorevoli persone e forze politiche hanno già avuto modo di esprimersi ampiamente e di far sentire la loro voce.
Le brevi considerazioni che farò in questo dibattito necessitano di alcune premesse relative alla nostra sede di discussione. La prima è quella dell'iniziativa e della presenza della Regione. A quanto mi è dato di ricordare, per aver fatto parte delle due precedenti legislature, la Regione è sempre intervenuta con dichiarazioni e con iniziative ogni qualvolta nel mondo la libertà dei popoli e dei singoli individui è stata in pericolo o, peggio ancora, quando questa libertà è stata soppressa con la violenza. Ma, la rapidità del giudizio e della condanna - mi consentano i vertici regionali - questa volta ha perduto qualche colpo. Non dico questo per avere la primogenitura, ma per fare un rilievo perché solo dopo la presentazione dell'interpellanza del collega Cerchio, presente in quei giorni in Consiglio, i vertici della Regione hanno fatto sentire la loro voce ed annunciato questo dibattito.
E vengo alla seconda premessa. Diamo a questo dibattito il senso ed il valore che, discussioni come questa sulla Polonia e altre consimili debbono avere in consessi che istituzionalmente non sono propri per interventi del genere. Discussioni risolutive in questo campo non toccano a noi, ma, se mantenute nei loro limiti, hanno il valore di conoscenza e di appoggio.
Attraverso la concordanza o la disparità dei nostri giudizi (in questo caso penso vi sia molta più concordanza che disparità), ribadiamo il pensiero, le opinioni e le valutazioni dei cittadini che, ciascuno per la propria parte, rappresentiamo. Ho già accennato alla grande eco di questi fatti e quindi alla impossibilità di dire delle cose che non siano già state abbondantemente ripetute. Anzi, credo sia opportuno fare riferimento a quanti, autorevoli giornalisti o uomini di cultura, hanno avuto modo di dire nei giorni dell'appassionata lotta degli operai polacchi. Si era capito subito, al sorgere delle lotte operaie di Danzica, che il problema non era solo economico, ma politico, e che riguardava ancora una volta la natura del socialismo in uno dei Paesi dell'est. La rivolta e le richieste operaie hanno messo in luce come nella Polonia mancassero le più elementari libertà di associazione e di stampa, come non fosse realizzata la giustizia sociale, oltre al fallimento sul piano dello sviluppo economico.
Il rapporto tra socialismo e libertà ha appassionato più che mai gli uomini in questi giorni. Mi consentano i colleghi non già di valutare con le mie modeste parole la situazione che oggi è al nostro esame, ma di rifarmi al pensiero di uno dei più grandi pensatori così come ha fatto il Presidente della Giunta regionale nella fase finale del suo intervento.
Norberto Bobbio recentemente ha scritto: "Socialismo, se la libertà non è socialista".
Dice Bobbio: "Con questo non voglio dire che socialismo e libertà siano incompatibili. Voglio dire che quel socialismo, l'unico socialismo che la storia dell'umanità abbia sinora conosciuto, sia giusto o ingiusto chiamarlo così, è incompatibile; e se si continua a credere che la libertà nelle sue diverse forme, sia come libertà degli individui e dei gruppi contro Io strapotere dello Stato, sia come autodeterminazione, debba considerarsi un bene, quel socialismo che ha portato a quelle conseguenze (a conseguenze che, come ormai diventa sempre più chiaro, erano implicite nelle sue premesse), deve essere ormai condannato senza concedergli altre prove di appello".
Certo, nel momento in cui ci occupiamo delle condizioni di vita sotto il profilo economico e della libertà nei Paesi detti socialisti, non dimentichiamo (senza che sia necessario ce lo ricordi un prete dalle colonne di un quotidiano di sinistra) che gli stessi problemi gravi e tremendi esistono negli altri Paesi in altri regimi, Salvador, Bolivia Cile. Ricordava il Consigliere Viglione la farsa del referendum che si sta svolgendo in Cile, di cui oggi i mezzi di comunicazione ci daranno i risultati. Anche per questi popoli ci vuole l'attenzione e l'impegno del mondo e degli uomini liberi. Ma queste situazioni non possono essere accampate per gettare delle cortine fumogene sulle condizioni dei Paesi dell'est, né si può dimenticare che realtà ed esperienze diverse non sono a volte fra di loro facilmente confrontabili. Si sono manifestate perplessità e dubbi sulla troppa prudenza degli uomini politici italiani e sulla prudenza ancora maggiore delle grandi capitali, Washington, Parigi, Londra Bonn, sui timori, in sostanza, di interferire nei fatti interni di una nazione. Qualcuno ha anche sottolineato l'eccessiva cautela della Chiesa polacca che attraverso il suo primate Cardinale Wiczjnskj ha affermato: "Non bisogna esigere troppo, tanto più che se le rivendicazioni sono giuste, e in generale lo sono, non possono mai essere soddisfatte tutte assieme".
Noi diciamo che l'atteggiamento dell'occidente viene accettato proprio nella misura in cui è servito a non scatenare l'intervento sovietico, come è avvenuto in passato per altri Paesi. Per quanto riguarda la Chiesa polacca, con il suo coraggioso Primate, arrestato nel 1953 come nemico del regime, sospeso di autorità dalle sue prerogative di Primate, tenuto prigioniero in un monastero fino al 1956, ci è parso che essa si sia inserita correttamente in un'opera di mediazione tra operai e potere. La Chiesa cattolica si è dimostrata la vera forza di coesione dalla cultura e dalla società polacca, punto di riferimento per i contadini, per gli operai e per gli intellettuali. E i cattolici hanno ancora una volta dimostrato di essere strumento di crescita democratica e di emancipazione umana. La ripresa di quelle migliaia di operai in lotta, inginocchiati e preganti nelle loro tute di lavoro è una scena non facilmente dimenticabile per tutti e specie per chi ha il dono della fede.
Si deve prendere atto che gli operai polacchi, una svolta storica l'hanno determinata: è accaduto che per la prima volta in un Paese dell'est, il Partito ha dovuto discutere e scendere a patti con un movimento che ne contestava la credibilità; è accaduto che una massa operaia ha costretto il regime a discutere e a non invocare l'intervento dei carri armati. Ma sarebbe un'ingenuità imperdonabile, ha scritto Arrigo Levi, ritenere che con gli accordi di Danzica la crisi polacca sia da considerarsi chiusa. "Forse" - aggiunge - "la crisi è ancora agli inizi certamente non è chiusa". Che i problemi aperti siano stati e siano molti lo dimostrano le difficoltà incontrate dalla delegazione dei sindacati italiani recatasi a portare la solidarietà dei lavoratori italiani e da ultimo la fulminea sostituzione di Gierek, il modo con cui la stessa è avvenuta. La verità o meno sulla sua malattia crea e lascia aperti molti interrogativi. E' un momento difficile quello che viviamo: ogni popolo ha i suoi problemi. Noi non dobbiamo dimenticare i nostri, quelli terribili del terrorismo e dell'occupazione che proprio ieri, che stamattina, che oggi che in questi giorni, riguardano in modo drammatico questa città e questa Regione. Ma con lo sguardo rivolto ad un futuro mondiale migliore, che cosa dobbiamo augurare noi democratici alla nazione polacca e ai lavoratori polacchi? Alla nazione, l'effettiva solidarietà dei popoli e la disponibilità di iniziative di sostegno. All'economia polacca la disponibilità che il Governo italiano ha manifestato ieri l'altro in Parlamento. Ai lavoratori polacchi l'augurio che i nuovi vertici del Partito e del Governo rispettino gli accordi raggiunti. Walesa, questo operaio cattolico che ha guidato la lotta e le trattative delle masse operaie e che vive - è un dato che richiamo alla meditazione di chi vuoi meditare, è un dato che ci hanno offerto i giornali nei giorni della lotta polacca - con moglie e cinque figli in un appartamento di 26 metri quadrati, ha affermato durante le discussioni: "Non è altro che l'inizio, non si è parlato per 35 anni e abbiamo dunque molte cose da dire". Auguriamo che le possano dire auguriamo ai lavoratori polacchi di proseguire n ella strada delle conquiste che sono patrimonio dei popoli liberi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, forse si impone una considerazione di carattere preliminare che implicitamente è già stata fatta dal Consigliere Viglione e cioè se questa sia la sede idonea per un dibattito di questo tipo e se questo, soprattutto dopo il comunicato della Giunta, possa dare corso a comportamenti non strettamente conformi alle finalità di questa istituzione.
Si è detto, a mio avviso non propriamente, che esistono altri problemi altre realtà, altre vicende, ma la vicenda polacca ha una caratteristica specifica: non c'è una questione polacca che attiene ai polacchi, c'è una questione polacca che attiene a tutti noi, attiene alla nostra cultura, al nostro dibattito, alla nostra maturazione, alla nostra civiltà. Quindi la riflessione su quanto è avvenuto è una riflessione su noi stessi, è una riflessione che qui ha diritto di cittadinanza.
Questa vicenda ha la caratteristica particolare dei films di Einsenstein, la capacità di trasfigurazione dell'artista coinvolge gli spettatori fino a farne protagonisti. Non si è riusciti a distinguere se i soggetti della presentazione erano i polacchi o coloro che partecipavano di questa vicenda, ossia le nazioni europee, i cittadini, la stampa, gli uomini di cultura. C'è in questi vicenda il senso di Einsenstein certamente non c'è la scalinata insanguinata della Potemkiw, ma c'erano le masse scioperanti, c'era tutto il senso dell'immanenza di un potere al di sopra dei protagonisti, di un potere che sfugge alla ragione ma viene fuori dai fotogrammi. Non è un caso che mentre avvenivano queste cose in Polonia un altro artista presentava a Venezia un film, "Mega Alexandros", dove l'artista vivendo in altra collocazione storica e culturale si pone i problemi che gli operai polacchi hanno fatto emergere. Che cosa rimane del socialismo nell'anno 1980? Dove evolve, dove ci porta, che cosa ci lascia? Soprattutto chi erediterà in questi Paesi l'illusione mancata di un socialismo "reale"? E' poi curioso che, quando non si vogliono chiamare le cose con il loro nome, cioè "comunismo", si metta vicino al termine nobile "socialismo" l'aggiunta dal "volto umano" (quasi che esista il socialismo dal volto intimano, grottesco) e "reale" (come se esistesse il socialismo irreale).
Il socialismo si concreta in forme di esperienza e di gestione della cosa pubblica e si realizza in termini diversi rispetto alle collocazioni storiche.
Ebbene, questi operai che ci ricordano i protagonisti di sciopero scendono in campo con una maturazione e un'intuizione globale della problematica politica che fa invidia ai politologi dei nostri settimanali.
Noi stiamo ancora discettando se ci sia la possibilità di scindere le libertà economiche dalle libertà politiche e dal pluralismo, mentre questi con un loro documento e con loro comportamenti hanno evidenziato come questa esigenza esiste, sia legata, sia integrata e sia inscindibile: il prezzo della carne non si può mettere in discussione se non si mette in discussione la libertà di sindacato; la libertà di sindacato non si pu mettere in discussione se non si mette in discussione lo strumento per attuarla cioè lo sciopero e, a questo punto, ci si ferma di fronte alle regole e alle esigenze della realtà politica. Ma di fronte ad una vicenda che si è avviata con questa dimensione epica e storica, c'è da aspettarsi che i protagonisti, che non sono più sulla scena, si stiano preparando in camerino, si stiano rifacendo il trucco; probabilmente il camerino è a Mosca non è a Danzica, quindi dobbiamo aspettarci il secondo tempo in cui i protagonisti tornano: alcuni saranno quelli che abbiamo conosciuto, poi cambieranno e ci saranno altri protagonisti.
Il secondo tempo che cosa sarà? Lo diceva il Presidente della Giunta che l'ha letto dalle testimonianze di un socialista libertario: è evidente che, quando si arriva alla battaglia per i diritti civili, non ci si pu fermare se non al risultato finale di una società pluralistica con libere elezioni. Se la vicenda polacca ci appartiene e ci condiziona, perché è evidente che dopo Danzica il rapporto tra libertà e socialismo e il senso stesso del termine "comunista" in un Paese occidentale è rimesso in discussione, qualche riflessione va fatta sui comportamenti dei Paesi occidentali che abbiamo tutti apprezzato il che ci fa dire che viviamo in un ben triste tempo.
Il problema della libertà è un problema di valore universale e quando un valore universale viene piegato alle esigenze del contingente finisce per essere un privilegio, quando diventa un privilegio non è più un patrimonio di tutti, non è più un valore, è soltanto più un bene; e proprio quando diciamo queste cose incominciamo ad essere disponibili alla rinuncia. Queste sono considerazioni di tipo ideale che devono fare i conti contro gli ostacoli e i limiti duri della realtà politica internazionale degli accordi di Yalta, della debolezza dei rappresentanti del mondo occidentale, in un certo pometi: io, in una certa località. Ci aspettiamo di vedere il secondo atto che ci preoccupa. In Europa e in Italia il secondo atto è già cominciato. Se Bobbio ha scritto quello che ha scritto sulla stampa, se il Presidente Enrietti e il Consigliere Viglione hanno detto questa mattina le cose che hanno detto, è evidente che il socialismo in particolare quello del Partito Socialista, ha fatto nel nostro Paese una scelta precisa e irreversibile che non ha niente a che fare con il socialismo reale.
Condividiamo questa scelta perché rilancia i temi delle grandi libertà che, senza i protagonisti con le radici nelle classi operaie e nelle grandi masse, diventano dei discorsi da élite. Soprattutto nel nostro Paese dove senza un grande partito libertario la rivoluzione vera non si fa (la rivoluzione dell'800 è stata una rivoluzione d'élite). La rivoluzione vera è incominciata con la Resistenza ma si deve radicare in realizzazioni politiche di massa.
Non si può non fare qualche considerazione sul comportamento del Partito Comunista su queste vicende. I comunicati e le dichiarazioni sono meno ambigue del solito e più avanzate, però, proprio questo partito di sinistra, che si dichiara per la scelta occidentale, che mantiene il nome "Partito Comunista" che poi vuol dire socialismo reale, evidenzia ogni giorno la sua timidezza rispetto alle scelte che deve fare, non soltanto sui fatti nominalistici e su questi argomenti, ma su comportamenti che non possiamo non ricordargli augurandoci tutti - e lo diciamo sperando di essere credibili - che riesca a diventare a tutti i titoli e a tutta realtà un protagonista totale e assoluto della vita politica dal punto di vista ideale. E se questo lo dice un liberale gli dovete credere perché la democrazia non si realizza soltanto con le elezioni, ma comporta necessariamente il confronto, la dialettica, l'alternanza. Allora, se la sinistra rimane divisa e prigioniera di certi miti e di cene ambiguità, il disegno liberale della società non si realizza, anche se a gestirlo protagonisti saranno magari i partiti non liberali.
Perché il nostro Paese è ad economia assistita? Proprio perché non si è realizzata la democrazia economica e la democrazia politica, che è soprattutto alternanza. L'economia assistita nasce dal rapporto continuo, e mai messo in discussione, tra il potere economico e il potere politico; è evidente che un sistema economico che possa contare indefinitivamente sui rapporti privilegiati con il rapporto politico non è tenuto a quella che è la regola fondamentale del vivere liberale in politica ed in economia, cioè la continua verifica, la concorrenza con gli altri.
Auspichiamo che il Partito Comunista da questa vicenda tragga argomenti per inserirsi ancora di più, qualora lo sia, ed inserirsi, qualora non lo sia, nella grande avventura del nostro tempo. Ricordiamo che la nostra generazione e la nostra area è q u ella che nella storia dell'uomo ha conosciuto i più alti livelli di libertà individuale, politica, sociale ed economica. Cerchiamo tutti insieme di cogliere nelle differenze delle posizioni questa occasione, questo tempo unico, non facilmente ripetibile e non destinata a rimanere in eterno.
Non è accettabile che il P.C.I. sistematicamente scrimini i comportamenti del dissenso delle masse dal comportamento del dissenso degli intellettuali. Non abbiamo visto tanta mobilitazione del P.C.I. per i dissidenti come l'abbiamo vista per le masse; addirittura abbiamo visto l'assenso della sinistra per una grande manifestazione patrocinata da un quotidiano locale sul dissenso, e il P.C.I., come persone, come uffici e come istituzione è rimasto assente. Questo mi pare estremamente significativo, non solo, ma il tentativo di nascondere e di far sì che si ignori il significato ideale di questa lotta al punto di voler ridurre la vicenda di Danzica ad un episodio, è un disegno politico suo, è l'eurocomunismo.
Le lotte a cui abbiamo assistito, nei nostri Paesi ai tempi del paleo capitalismo, non sono in alcun modo riferibili alle prospettive che pu avere l'eurocomunismo in Europa.
Questa vicenda ci appartiene, soprattutto ci appartiene in un momento particolare. Il prof. Bobbio con l'oggettività dello storico, soprattutto con lo scetticismo del laico, concludeva il suo scritto parlando della catena che è destinata a rompersi prima o poi. E' la consapevolezza del laico e dello storico che sa che la storia dell'intolleranza e della libertà vince sulla tolleranza e sulla libertà, questo impegna tutti a far si che la catena si allunghi e si rafforzi nel futuro perché si allontani dalla nostra generazione e, per quanto c i è possibile, dalle generazioni più vicine, il momento in cui l'anello delle libertà che si susseguono si romperà.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bianca Vetrino Nicola. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siedo sui banchi dell'opposizione, ma credo che l'opposizione abbia dei compiti più importanti di quello di provocare la maggioranza, o quella parte della maggioranza che, anche se farà di tutto per dimostrare il contrario, è messa a disagio dall'argomento dell'interpellanza all'ordine del giorno. E tanto più che, qualunque cosa noi si possa dire in quest'aula, non avrà non potrà avere alcuna conseguenza sulle vicende di cui ci stiamo occupando.
Tuttavia, poiché rappresento uno dei partiti che costituiscono questo Consiglio, non posso esimermi dal dovere di esprimere un'opinione, anche perché sono convinta che chi, con la sua interpellanza, ha provocato un dibattito ed un confronto sul problema del giorno, lo ha fatto senza alcuna intenzione polemica, ma nella consapevolezza che di questo si dovesse occupare anche il Consiglio regionale piemontese e, soprattutto, perché non sarei degna di appartenere al Partito Repubblicano se non ritenessi di spendere una parola in difesa dei diritti civili degli uomini, di cui stiamo parlando e di cui ancora si parlerà.
Ebbene, l'"Unità" ha scritto che sarebbe da sciacalli rallegrarsi della crisi economica polacca, che è stata l'occasione della rivolta di Danzica.
Due giornalisti hanno risposto sulla "Stampa" che i comunisti tengono sistematicamente questo atteggiamento quando crisi anche molto meno importanti colpiscono i Paesi dell'occidente. Questo purtroppo è abbastanza vero. E tuttavia la crisi polacca non soltanto non ci rallegra: ma ci rattrista perché si sa che dalla crisi la Polonia non uscirà senza gravi sacrifici, che purtroppo ricadranno sulle spalle dei suoi lavoratori. Io non so se Edward Gierek avrebbe potuto, nella situazione politica in cui si trovava, manovrare meglio l'economia polacca. Però, ai Paesi del cosiddetto socialismo reale parrebbe potersi chiedere, in cambio delle libertà coartate e del livello di vita inferiore imposto ai loro cittadini, di tenerli fuori dalle ricorrenti crisi economiche che, si è detto per tanto tempo, sono la conseguenza nefasta del sistema capitalistico. Ed invece le crisi, e gravi, si succedono regolarmente anche al di là della cosiddetta cortina di ferro. Ed allora, vien fatto di chiedersi, cosa ha dato ai popoli il socialismo reale, tanti anni dopo la Rivoluzione d'ottobre, tanti anni dopo la conquista di mezza Europa da parte dell'Armata Rossa? Ha dato Budapest, Podsdam, Poznam, Praga e oggi Danzica, Stettino e Breslavia se ci limitiamo all'Europa: ha dato la Cambogia, il popolo delle barche in Vietnam, l'Afghanistan e Cuba, se volgiamo lo sguardo fuori dal nostro continente. E non ditemi, colleghi comunisti, io vi debbo chiamare colleghi Consiglieri del Partito Comunista perché non posso dimenticare che voi con gli amici socialisti governate questo nostro Piemonte, che voi avete in mano gli strumenti per influenzare con le vostre decisioni il destino di oltre 4 milioni di uomini, per questo non io ma i nostri piemontesi debbono essere sicuri che voi avete, nei giorni dell'attesa angosciosa, trepidato come tutti gli uomini del mondo per i fratelli polacchi, che vi siete commossi nel vedere attraverso lo schermo televisivo la gioia e l'esultanza degli operai del Baltico alla notizia che il Governo avrebbe trattato; che vi siete sentiti orgogliosi, come si sono sentiti orgogliosi tutti i democratici, nel vedere allo stesso tavolo Lech Walesa e il vice primo ministro finalmente distesi, soddisfatti e felici entrambi, perché se è così, voi dovete trarre delle conclusioni politiche importanti per voi, ma anche per tutti noi.
Non ditemi però, colleghi comunisti, che anche l'occidente ha i suoi errori ed i suoi orrori, perché lo so benissimo, io reagirei allo stesso modo ma ai regimi ai quali voi fino a ieri vi siete ispirati e dai quali ancora i vi dissociate con qualche difficoltà, sono sorti, secondo voi appunto per evitarli, ed invece contro di essi insorge dovunque, sfidando con la forza della disperazione, la polizia, l'esercito ed i carri armati russi, la gente, in genere la piccola gente, la classe lavoratrice.
Non posso negare la mia simpatia per quei capi comunisti dei Paesi del Patto di Varsavia, dipinti genericamente tutti come servi di Mosca, che si dimostrano invece risoluti a difendere quel poco che resta dell'indipendenza dei loro concittadini, ed a non usare le armi per soffocare le rivolte, che spesso nascono da richieste di carattere economico, ma sempre includono un anelito di libertà che nobilita, in quanto uomini, anche noi ignavi spettatori. E che fanno questo avendo alle spalle esempi terribili: Imre Nagy, catturato a tradimento ed impiccato Alexander Dubcek, ridotto operaio metallurgico (non è un disonore, lo so) Wladislaw Gomulka, imprigionato dagli stalinisti, liberato e portato al potere da un moto popolare e ricacciato nell'ombra forse dai suoi errori ma certo dal corso inesorabile della storia. E Gierek? Quali che sia no state le sue insufficienze, egli appartiene ormai alla stessa schiera, ed allora non possiamo che augurargli buona salute.
Noi oggi trepidiamo ancora per la sorte della Polonia, perch ricordiamo che gli uomini del Cremlino non hanno mai impiegato le forze armate alle prime avvisaglie insurrezionali, ma hanno sempre atteso che le conquiste dei rivoltosi raggiungessero limiti da essi giudicati intollerabili.
E noi sappiamo che la Polonia è sola, che la nostra triste saggezza ci vieterebbe di prendere in considerazione la prospettiva di morire per Danzica come ci vietò di farlo per Budapest, per Praga e come ce lo avrebbe vietato per Santiago, anche se gli Oceani non ci avessero separato dal Cile.
Se non sono illusioni, pare che oggi, a differenza del passato, un certo margine di manovra esista, forse perché la Russia è già impegnata in Afghanistan o perché (e sarebbe l'ipotesi più confortante) qualcosa è cambiato anche dietro le impenetrabili mura del Cremlino. Tuttavia è un melanconico segno dei tempi, che il sacrosanto cammino della libertà debba essere percorso, atteso che lo possa, non soltanto con intemerato coraggio e di questo i polacchi hanno dato ampia prova, ma con moderazione e soprattutto con prudenza.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, perdonerete se al tono ufficiale di una dichiarazione di partito, che peraltro due anni fa nella sede istituzionale idonea a trattare della politica estera è stata resa da tutti i nostri partiti, io abbia preferito un dimesso tono attingendo certamente alle convinzioni ed agli ideali di libertà per i quali il mio partito lotta da oltre 150 anni ma anche ai miei sentimenti di cittadina che crede che non la città del sole ma una condizione umana dignitosa debba essere un traguardo raggiungibile da tutti gli uomini e da tutte le donne.
PRESIDENTE.
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, alla luce di quanto affermato in questo inizio di dibattito, ci pare opportuno e doveroso fare subito urla precisazione che, dal nostro punto di vista, valga a sgomberare il terreno da certe equivoche o per lo meno ambigue dichiarazioni che abbiamo sentito fare. Discutendo sulle vicende polacche a noi preme innanzitutto denunciare la fin troppo scoperta ed interessata manovra di certe forze politiche che sul piano nazionale hanno inteso interpretare i fatti di Danzica nell'evidente intento di facilitare la marcia del P.C.I. verso l'area di Governo.
Questa strumentalizzazione, che per la verità storica è stata prima di tutto tentata dal Segretario del Partito Repubblicano, l'on.le Spadolini cui si è andata immediatamente affiancando la sinistra democristiana, è secondo noi da respingere perché dobbiamo ricordare che la Polonia non pu essere trasformata sul piano internò in un pretesto per spericolate manovre di cabotaggio politico o di piccoli intrallazzi di Governo, al contrario deve indurre alla più vigile riflessione tutti gli uomini liberi e perci stesso anticomunisti, del nostro Paese e dell'occidente intero.
Poiché molte cose sono state dette nei giorni scorsi fuori di quest'aula e oggi qui, ci limiteremo a sottolineare due aspetti degli avvenimenti polacchi che vorremmo richiamare all'attenzione generale. Il primo riguarda la rivolta di Danzica in sè considerata. Si è prestata poca attenzione o addirittura si è passato sotto silenzio ciò che essa ha realmente significato.
E' normale, è connaturato al sistema che nei Paesi cosiddetti ad economia capitalista si avanzino rivendicazioni salariali, si promuovano agitazioni sindacali, si giunga abitualmente agli scioperi, ma quando questo avviene oltre cortina, quando questo avviene nei regimi a democrazia popolare, quando questo avviene laddove i lavoratori dovrebbero essere al potere, allora rivendicazioni salariali, agitazioni sindacali, scioperi non devono essere giudicati con il metro solito, ma devono essere giudicati in altra misura.
Ecco perché Danzica costituisce la prova del fallimento reale del socialismo o del comunismo. Ecco perché la vittoria degli operai nei cantieri di Danzica, vittoria dovuta soprattutto al senso di fermezza dimostrato da quelle maestranze nel richiedere le libertà politiche religiose, sindacali, nel domandare più giustizia sociale, apre secondo noi un periodo di grande rilevanza storica, non solo per la Polonia ma per tutti i Paesi dell'est. Oggi si può affermare infatti che si è iniziato un nuovo corso, e noi non saremmo su questo tanto ottimisti, anche se rimane acuta la tensione internazionale. E l'occidente farà bene a vigilare fermamente perché purtroppo non è stato eliminato il pesante dubbio dell'invasione sovietica.
Questa è la prima considerazione che sentiamo di dover fare a commento delle vicende polacche.
Il secondo rilievo si riferisce all'intervento militare in s considerato, all'intervento della Russia, che tutti parevano attendersi quasi fosse ineluttabile, scontato, normale che oltre cortina, sull'esempio tragico di quanto già è accaduto a Budapest, a Berlino, a Praga, a Posdam ogni moto di libertà dovesse inevitabilmente finire soffocato, stroncato nel sangue dai carri armati sovietici; che poi, non essendosi verificato questo - ma trepidiamo ancora per la Polonia - (d'altra parte il troppo provvidenziale infarto di Gierek, la nomina del duro Kania, i minacciosi moniti dei generali, sono tutti sintomi inquietanti di questa situazione che ci porta ancora a paventare il peggio) immediatamente ha fatto subito parlare di una Russia diversa, di una Russia più responsabile, più aperta alle istanze del popolo - diceva la collega Vetrino Nicola - di una Russia dove qualcosa è cambiato forse dietro le mura del Cremlino.
Non vorremmo essere facili profeti, non vorremmo che fosse dimenticato un particolare importante: in Polonia Mosca può attendere.
La Polonia infatti non assolve un ruolo militare primario nel Patto di Varsavia, non è una base avanzata come l'Ungheria e la Cecoslovacchia dove la repressione russa si impose con carattere di immediatezza oltre che di barbara ferocia: nella Polonia i sovietici, per il momento, possono permettersi di attendere, sia pure rimanendo con le armi al piede.
Speriamo solo che non si verifichi, in un vicino o più lontano avvenire, che proprio in Polonia si debba avere un'ulteriore dimostrazione del disprezzo sovietico per la libertà e per la sovranità dei popoli.
Per finire vorremmo ricordare alcune fotografie degli scioperi di Danzica: quei visi induriti dal dolore e dalla determinazione, quella compostezza quasi militare delle maestranze operaie, il coraggio che da quelle immagini trasudava, la fede in Dio e nella patria, tutto ciò, al di là della cortina di ferro, tutto ciò in un Paese socialista, tutto ci nell'impero comunista: il pendolo della storia sembra che sia nuovamente in movimento, ma forse noi italiani siamo troppo drogati per poterlo avvertire e capire.
Non è l'America mercantile che possa mettere in ginocchio il comunismo è lo spirito dell'occidente, antico ed eterno, contro le presunzioni aberranti della ragione che nelle mani delle burocrazie marxiste distrugge tutto, persino la speranza di vivere.
La speranza oggi invece ricomincia a fiorire riacquistando nozione dello spirito, mentre il comunismo comincia a vivere il suo dramma di arrogante formula scientifica. Le folle, che in un Paese comunista gridano libertà in nome di Dio e della patria, aprono un nuovo capitolo della storia, un capitolo di speranza, appunto, che va oltre all'episodio di Danzica, oltre il materialismo marxista e il materialismo capitalista.
Forse è questa, al di là di tutte le interpretazioni, al di là di tutte le speculazioni e le strumentalizzazioni la vera lezione che i fatti di Danzica ci hanno dato. Non altra.
PRESIDENTE.
I lavori consiliari riprendono alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.00)



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