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Dettaglio seduta n.58 del 30/04/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Interrogazione dei Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente al Convegno sui beni culturali


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo con il punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze".
Discutiamo per prima l'interrogazione presentata dai Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio inerente al Convegno sui beni culturali.
Risponde l'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore ai beni culturali

Ammetto che in questo caso sono stati compiuti degli errori dal sottoscritto. L'invito è andato alla stampa in una forma incompleta.
Vorrei aggiungere alcune considerazioni a margine di quelle che i Consiglieri del Gruppo liberale adducono per motivare la loro interrogazione. Quando vi è stato il dibattito sulla cultura, avevo rinunciato a leggere le venti cartelle della relazione e mi ero limitato ad alcune informazioni sintetiche. L'ultimo punto riguardava il progetto di un convegno, che allora era ancora da definirsi nella data e nelle caratteristiche, che permettesse di fare una riflessione e una messa a punto su una serie di attività di recupero, restauro e promozione culturale che erano state portate avanti.
Le discussioni all'interno della Commissione non avvennero su questo argomento e forse è responsabilità della Giunta il non aver sollecitato ulteriori riunioni in proposito; ma credo non sia solo responsabilità della Giunta se a volte le cose dette rimangono a giacere fino al momento della realizzazione.
Il Convegno, che ha avuto la partecipazione di 480 persone la prima giornata e di non meno di 280 persone nelle giornate successive, è stato un momento di discussione tecnica tra specialisti e persone che hanno avuto un impegno in questo campo. Può anche darsi che la presentazione parziale e il ritiro da parte del Governo di un testo di legge di modifica del regime di vincolo della legge 1089/39 abbia caricato il Convegno di altre valenze e di altri significati che non erano prevedibili. Su questo punto c'è stato il pronunciamento di Assessori regionali di altre Regioni. Il Convegno non ha registrato consenso almeno tra i due enti organizzatori, l'Assessore alla Regione Piemonte, il Ministero dei Beni Culturali, gli specialisti gli studiosi e le persone che avevano affrontato sul piano tecnico questo problema.
La preoccupazione che traspare dall'interrogazione mi pare più pesante di quanto la materia richieda. Questo è un mio giudizio.
Ammetto e riconosco che nelle prossime occasioni si adotteranno tempi di preparazione più lunghi per garantire che gli iter e le procedure di messa a conoscenza della comunità regionale siano maggiormente rappresentati.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La coraggiosa presa d'atto da parte dell'Assessore di una situazione non simpatica da parte dello stesso ci obbliga, anche per questione di stile, a dichiararci soddisfatti.
Rimarchiamo peraltro che personaggi non di secondo piano della cultura piemontese, tra cui un Rettore di Università, non erano a conoscenza di questa iniziativa.
Comunque due argomenti vanno sottolineati. Sostanzialmente il Convegno non è più, come in tempi passati, un momento eccezionale della vita di un'istituzione, ma è diventato un modo normale, quasi istituzionalizzato con cui l'Amministrazione regionale si confronta con la collettività.
Quindi deve essere considerato come un momento dell'istituzione.
E' certo che una buona parte delle decisioni o quanto meno della maturazione delle decisioni avviene in quella sede. Quindi il Convegno deve essere inteso come fenomeno proprio delle istituzioni in cui tutte le loro parti debbono avere pari dignità in ogni fase: nella preparazione, nella gestione e anche nella raccolta delle informazioni per la fase operativa susseguente.
Esiste un'altra considerazione che è stata oggetto di una mia lettera al Presidente del Consiglio nella mia qualità di Presidente di Commissione.
Ho sottolineato l'opportunità che la Giunta informi i Commissari interessati ai diversi problemi di tutte le iniziative esterne prese dalla Giunta che hanno in qualche modo riflesso in questa sede, se non si vuole che si verifichi una curiosa divaricazione presso gli Enti locali, che sono i nostri riferitori, i quali ci chiedono chiarimenti ed illustrazioni, su problematiche portate avanti dalla Giunta delle quali i Consiglieri non sono a conoscenza.
La nostra interrogazione è stata opportuna per richiamare l'Assessore e la Giunta a considerare i convegni come qualcosa che attiene all'istituzione nel suo complesso e non all'Assessore o alla Giunta e soprattutto per richiamare la Giunta al problema dei rapporti con i Consiglieri regionali che devono essere puntualmente messi a conoscenza delle iniziative che in qualche misura li coinvolgeranno in tempi successivi.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Personale del servizio sanitario

Interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente allo sciopero dei medici


PRESIDENTE

L'Assessore Bajardi risponde all'interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente allo sciopero dei medici.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Con direttiva del Dipartimento Servizi Sociali del 4 febbraio e del 16 marzo 1981 ed ulteriori direttive in corso di emanazione, le USL sono state informate delle modalità da osservare per l'effettuazione dei rimborsi agli utenti che hanno dovuto pagare visite generiche o pediatriche nonché delle trattenute ai medici interessati.
Per quanto riguarda i rimborsi, essi vengono effettuati nei limiti di L. 10.000 (visite mediche generiche) e L. 15.000 (visite mediche pediatriche) se trattasi di visita ambulatoriale e di L. 15.000 (visite mediche generiche e di L. 20.000 (visite mediche pediatriche) se trattasi di visita domiciliare.
Un numero consistente di USL effettua il rimborso immediatamente, a presentazione delle fatture; altre si stanno organizzando (e tra queste Torino) per effettuare il rimborso con le stesse modalità ed altre ancora sono in grado di effettuarlo a breve scadenza.
Alcune USL hanno difficoltà organizzativa ed in questi casi l'erogazione dei rimborsi segna ritardi notevoli.
La Giunta segue la situazione, sollecitando un rapido e generale adeguamento alle disposizioni regionali.
Per quanto concerne le trattenute ai medici, esse avvengono in rapporto alle giornate di sciopero e su segnalazione delle USL, tenendo conto del fatto che gli emolumenti ai medici generici e pediatri convenzionati vengono erogati, per ciascun mese di riferimento, alla fine del mese successivo.
Quanto ai contenuti della Convenzione Nazionale Unica a suo tempo concordata, essi possono giudicarsi sostanzialmente coerenti alle scelte di fondo della riforma sanitaria ed all'impostazione auspicata dall'interrogante.
E' tuttavia da sottolineare la necessità di soluzioni unitarie e globali ai problemi del personale sanitario, che tengano conto delle giuste esigenze di perequazione nei trattamenti economici e di qualificazione dell'assistenza sanitaria.
E' parimenti da sottolineare la necessità che miglioramenti ai contenuti dell'accordo, attraverso eventuali intese integrative già nella prassi del precedente accordo nazionale tipo, vengano perseguiti coerentemente al livello nazionale della trattativa ed alla rappresentanza nazionale delle Regioni e dell'ANCI.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore e mi dichiaro soddisfatto della risposta che chiarisce le polemiche sui rimborsi uscite nei giorni passati sui giornali.
Alcune considerazioni vanno fatte rispetto all'agitazione dei medici che colpisce i soggetti più deboli e gli strati più poveri ed altre vanno fatte rispetto a richieste economiche che vanno ad aggiungersi a privilegi sostanziosi, nel momento in cui si parla di raffreddamento della scala mobile. Richieste di questo genere ed aumenti consistenti a categorie o a gruppi corporativi innescano meccanismi di richieste a catena.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Interrogazione del Consigliere Martini inerente alla Scuola Media "V. Bersezio" di Cuneo


PRESIDENTE

Passiamo infine all'interrogazione presentata dal Consigliere Martini inerente alla Scuola Media "V. Bersezio" di Cuneo.
Risponde l'Assessore Cernetti Bertozzi.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

Con riferimento all'interrogazione n. 112/165 in data 3/3/1981, con la quale il Consigliere Martini chiede al Presidente della Giunta regionale e all'Assessore all'assistenza se non sia opportuno erogare alla Scuola Media "V. Bersezio" e alle altre scuole che svolgono attività di inserimento di soggetti handicappati un contributo valido, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Per quanto riguarda i soggetti handicappati, l'Assessorato all'assistenza assegna contributi agli Enti locali perché svolgano attività di tipo domiciliare e predispongano strutture diurne e residenziali nell'ambito di precisi piani di zona.
Rispetto al personale docente di appoggio per l'inserimento nel mondo della scuola, la competenza (peraltro prevista da una precisa normativa nazionale) è del Ministero dell'Istruzione, che la esercita tramite i Provveditorati agli Studi. In specifico, per l'assistenza medico-psichica agli alunni delle scuole materne, elementari e medie inferiori l'Assessorato alla cultura e all'istruzione della Regione assegna contributi, ai sensi degli artt. 42 e 45 del D.P.R. 24/7/1977 n. 616, ai Comuni sede di distretto scolastico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Lo scopo dell'interrogazione non era tanto di avere delle indicazioni sulle competenze dei vari enti, quanto piuttosto di sottoporre all'attenzione della Giunta una scuola che porta avanti un'esperienza di inserimento di un centinaio di alunni handicappati. La risposta sul piano delle competenze è ineccepibile. Siamo però nell'anno dell'handicappato e se vogliamo cercare quelle sfumature che la legge non può prevedere dovremmo seguire questo esperimento con particolare attenzione per vedere se non sia possibile considerare il problema degli handicappati in maniera più articolata di quanto la legge nazionale e le disposizioni regionali non abbiano previsto fino a questo momento.
Il mio scopo era di sensibilizzare L'Assessorato portando in evidenza un'esperienza tipica. Mi auguro che prima del 31/12/1981 l'Assessore nell'ambito delle iniziative e degli eventuali provvedimenti straordinari che assumerà, possa dare una risposta meno legata alla lettera della legge e più consona allo spirito che anima iniziative di questo genere.



PRESIDENTE

La parola ancora all'Assessore Cernetti Bertozzi.



CERNETTI Elettra, Assessore all'assistenza

L'Assessorato si è fatto carico di sottolineare il caso della Scuola Media "V. Bersezio" all'Unità Sanitaria Locale, affinché venga recepito nei piani di zona. Dopodiché l'Assessorato erogherà il contributo adeguato a quell'esperienza. Il contributo non è erogato direttamente ma attraverso l'Unità Sanitaria Locale.



PRESIDENTE

Le interrogazioni ed interpellanze sono così discusse.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione delle vittime dell'attentato all'Assessore all'urbanistica della Regione Campania, Ciro Cirillo


PRESIDENTE

Con un rituale ormai tristemente consueto le b.r. hanno rivendicato nel pomeriggio di martedì il rapimento dell'Assessore all'urbanistica della Regione Campania, Ciro Cirillo, e la strage della scorta.
Lunedì alle 21,30 è scattato l'agguato: dopo avere bloccato la vettura su cui viaggiava l'Assessore, i terroristi hanno aperto il fuoco uccidendo un componente della scorta, il Brigadiere Cardone, l'autista Mario Canciello e ferendo alle gambe il Segretario Ciro Fiorillo.
Questo ennesimo atto compiuto dalle b.r., perpetrato con la solita tecnica della criminalità terroristica, colpisce un'altra volta profondamente la nostra coscienza di democratici.
Le b.r. hanno inteso questa volta puntare sulle condizioni disperate di una Regione come la Campania e di una città come Napoli, ulteriormente aggravate dal terremoto per cercare di dare consistenza al loro folle disegno che facendo leva sulle attese rivendicazioni sui temi della casa e del lavoro mirano a portare un ulteriore attacco alle istituzioni democratiche con la convinzione di trovare facile proselitismo in una zona così martoriata caratterizzata da larghe fasce di emarginazione.
Il rapimento dell'Assessore Cirillo e la strage erano quasi certamente azioni preparate da tempo miranti a spostare la strategia eversiva concentrando le proprie forze nel Mezzogiorno e in particolare nelle zone terremotate, dopo i duri colpi subiti al nord dal partito armato.
Puntando sull'esasperazione le b.r. non hanno esitato a compiere un altro crimine che ha gettato due famiglie nel dolore e nella disperazione e ne costringe un'altra ad una lunga ed estenuante attesa.
A queste famiglie desidero esprimere la nostra solidarietà esortando a rinnovare l'impegno da parte di tutte le forze democratiche affinché sia sempre più ferma l'opposizione contro l'abbietto disegno di chi specula cinicamente sulla tragica situazione dei terremotati e dei disoccupati di Napoli per distruggere la democrazia. Questo ci impone di continuare come Regione il nostro impegno nell'azione di aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto anche nella fase della ricostruzione al fine di far uscire il sud dalla fase dell'emergenza, condizione indispensabile per superare le tensioni su cui fanno soprattutto leva i disegni eversivi.
Un ulteriore motivo di preoccupazione risiede nel fatto che questo episodio terroristico è avvenuto alla vigilia dei processi che si celebreranno a Torino dai primi di maggio.
Ciò dimostra come sia più che mai necessario intensificare la lotta contro l'eversione ed il terrorismo e attraverso un'attenta vigilanza e il fermo comportamento di tutte le forze democratiche.
A questo fine, l'Ufficio di Presidenza ha deciso di convocare per oggi pomeriggio alle ore 16,30 il Comitato unitario antifascista.
Chiede di intervenire il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, la Democrazia cristiana è ancora una volta duramente e ingiustamente colpita in un suo esponente. Il nostro pensiero, come il suo e come quello del Consiglio, va innanzitutto alle vittime, alle forze dell'ordine, ai lavoratori che hanno perso la vita, a quello ferito, alle loro sventurate famiglie. Va poi al nostro collega di attività consiliare Cirillo, che sta vivendo in una cosiddetta "prigione del popolo" la stessa dolorosa vicenda di Aldo Moro.
Braccate nel nord le BR spostano le loro gesta in una terra del sud terra da decenni in tensione e in difficoltà e recentemente martoriata dal terremoto; ma non spostano la loro mira politica.
E' ancora un uomo della Democrazia cristiana ad essere colpito, un rappresentante di primo piano del nostro partito cui spetta testimoniare con tanto sacrificio la fede nei valori della libertà e della democrazia.
Giungono in queste ore alla Democrazia cristiana tante attestazioni di solidarietà da amici e da altre forze politiche.
Ringraziamo tutti, ma diciamo che non basta. Crediamo non sia fuori luogo ricordare che il terrorismo si combatte in questo momento con la solidarietà di tutti ma anche, giorno dopo giorno, predicando, pur nella diversità delle opinioni, il reciproco rispetto che ogni forza politica deve alle altre.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Intendiamo anche noi esprimere il dolore e la condanna per questo atto.



PRESIDENTE

Propongo un minuto di silenzio per onorare la memoria delle vittime dell'attentato.



(L'assemblea e i presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale".
Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Alasia, Benzi, Biazzi Ferraris e Martinetti.


Argomento:

b) Presentazione progetto di legge


PRESIDENTE

E' stato presentato il seguente progetto di legge: N. 84: "Istituzione del fondo regionale di solidarietà e partecipazione della Regione a Comitati di soccorso", presentato dall'Ufficio di Presidenza in data 22 aprile 1981.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale 23/3/1981: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1981 e bilancio pluriennale 1981-1983" alla legge regionale 1/4/1981: "Integrazioni all'art. 39 della legge regionale 16/1/1973, n. 4 'Iniziativa popolare e degli Enti locali e referendum abrogativo e consultivo' ".


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Rendo note le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 31 marzo e 7 aprile 1981, in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65.



PRESIDENTE

Seduta del 31 marzo 1981 59 - Parziale modifica della DGR n. 30-3565 del 6/1/1981 relativa alla realizzazione di un sistema informativo presso l'Assessorato agricoltura e foreste. Impegno di L. 1.254.000 sul cap. 2630/81.
Ferraris Bruno 124 - Corso di aggiornamento sulle metodologie didattiche per gli insegnanti del centro di formazione professionale regionale di Valenza Po (AL). Spesa prevista L. 540.000 (cap. 11540/81).
Ferrero Giovanni 130 - Formazione professionale. Gestione diretta. Rettifica conferimento incarichi di insegnamento autorizzati con deliberazione n. 9-1252 del 22/10/1980.
Ferrero Giovanni 137 - DGR n. 28-31191 del 15/7/1980 relativa alla liquidazione delle competenze per il funzionamento del Comitato Tecnico Consultivo per il credito artigiano sino al 30/6/1980. Provvedimenti: integrazioni di spesa per L. 222.750. Cap. 1900. Esercizio 1981.
Marchesotti Domenico 138 - Spese per il funzionamento, nell'anno 1980, del comitato Tecnico Regionale per il Piemonte della Cassa per il credito alle imprese artigiane. Liquidazione competenze residue L. 1.674.140. Cap. 1900.
Esercizio 1981.
Marchesotti Domenico 141 - DGR n. 74-27494 del 4/3/1980 e DGR n. 147-1576 del 28/10/1980. Studi sulla sismicità del territorio regionale. Elaborazione del progetto esecutivo. Affidamento lavoro suppletivo di svolgimento indagini e raccolta dati ai sigg.ri Gardenghi Gianfranco e Capponi Giovanni. Spesa L.
6.616.000. Cap. 22/50 Imp. n. 1769.
Rivalta Luigi 197 - Pagamento alla Soc. semplice Edilstudio, corrente in Torino, Corso Lombardia n. 241, delle prestazioni rese per la valutazione del patrimonio immobile della Regione. Spesa di L. 741.000 oneri fiscali compresi. Cap.
580 bilancio 1981.
Testa Gianluigi 198 - Liquidazione parcelle al dr. arch. Andrea Bruno e al dr. arch.
Roberto Nivolo relative alla progettazione e direzione dei lavori di sistemazione e ristrutturazione dell'immobile regionale denominato "Palazzo Callori" sito in Vignale Monferrato. Spesa di L. 123.834.250 oneri fiscali compresi (cap. 1000/81).
Testa Gianluigi 208 - Autorizzazione ad intervenire nel giudizio promosso dalla SAFE s.n.c.
di Gaia Luciano &C. contro il Comune di Camandona avanti il Tribunale di Biella. Affidamento incarico legale all'avv. Manfredi. Spesa di L. 300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 209 - Autorizzazione a resistere nel giudizio promosso avanti il Presidente della Repubblica ed affidamento incarico legale all'avv. E. Gliozzi.
Ricorrente: Bergamaschi Pizzamiglio Angioletta avverso DPGR n. 9586/79 concernente la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera di costruzione di una strada in Comune di Ameno (NO). Spesa L. 300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 210 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale. Ricorrente: S.p.A. Nuova Satip Società Auto Trasporti Interprovinciali Piemontesi avverso la deliberazione della Giunta regionale n. 22 del 16/10/1979 concernente la revisione della sovvenzione per l'esercizio dei servizi automobilistici di autolinee integrative e sostitutive di tranvie gestite dalla Società ricorrente. Spesa L. 300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 212 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR del Lazio ed affidamento incarico legale all'avv. Romanelli. Ricorrente: Alianello dr.
Sergio avverso circolare Assessorato sanità Lazio n. 19084 del 18/11/1980 e accordo collettivo nazionale del 22/2/1980 concernenti l'erogazione di prestazioni ambulatoriali in regime di convenzionamento esterno. Spesa L.
300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 213 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale al prof. C.E. Majorca. Ricorrente: s.r.l. Gru Ge Di Gruppo Generale Distribuzione avverso DPGR n. 4986 del 7/6/1979 concernente l'approvazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Osasco. Spesa L. 300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 214 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale all'avv. E. Gliozzi. Ricorrente: Gerbotto Adriana avverso DPGR n. 701 del 21/11/1971 concernente l'espropriazione di un'area di proprietà della ricorrente sita in Comune di Nichelino. Spesa L.
300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 215 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale. Ricorrente: Pubusa Marco ed altri avverso la deliberazione Coreco Sez. di Asti n. 8507/10545 del 9/4/1979 concernente l'annullamento della deliberazione n. 189 in data 4/7/1979 del Consiglio comunale di Canelli.
Testa Gianluigi 216 - Autorizzazione a proporre gravame d'appello avanti il C. di S.
avverso la Sentenza TAR Lazio n. 986 concernente l'annullamento della deliberazione del Consiglio regionale del Piemonte 15/12/1978 n. 410-CR 8573 (pronunciata sul ricorso TAR proposto dalla S.p.A. Industria Italiana Petroli) ed affidamento incarico legale agli avvocati Comba e Romanelli.
Spesa L. 600.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 217 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il C. di S. ed affidamento incarico legale agli avvocati Comba e Romanelli. Appellante geom. Carlo Ferrario ed altri avverso Sentenza TAR Piemonte 1143/80 concernente la reiezione del ricorso TAR proposto dal geom. Ferrario. Spesa L. 300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 218 - Integrazione di impegno di spesa relativamente alla liquidazione di spese giudiziali all'avv. Stefano Pes a seguito di sentenza TAR Piemonte n.
821/80 (pronunciata sul ricorso S.p.A. Aris). L. 45.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 219 - Liquidazione onorario all'avv. Marco Casavecchia a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Comune di Leinì (L. 311.260 sul cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 220 - Liquidazione onorario all'avv. M. Casavecchia a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Ovan (L.
685.335 sul cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 221 - Liquidazione onorari all'avv. Metello Scaparone a seguito di consulenze legali e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Boretto, Valle, Viale, Rizzon, Poncini (L. 870.000 sul cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 222 - Liquidazione di onorari all'avv. G. Radice di Vercelli a seguito di assistenza giuridica e di rappresentanza nel ricorso proposto avanti la Pretura di Borgomanero dalla sig.ra P. Maltempi. Spesa L. 300.000 (cap.



PRESIDENTE

12750/81).
Testa Gianluigi 223 - Liquidazione onorario all'avv. G. Scalvini a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Bordino (L.
360.815 sul cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 224 - Liquidazione all'avv. G. Scalvini a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa De Meo ed altri (L.
827.015 sul cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 225 - Liquidazione onorario all'avv. C. Scalvini a seguito di consulenza legale e di assistenza in giudizio avanti il TAR nella causa Calise (L.
497.440 sul cap. 1080/81).
Testa Gianluigi



PRESIDENTE

Seduta del 7 aprile 1981 32 - Affidamento incarico, ai sensi del sesto comma dell'art. 8 della legge regionale 12/8/1974 n. 22, al dott. Domenico Zambruno. Liquidazione compenso dovuto per il periodo 1 settembre - 31 dicembre 1978. Impegni e liquidazione di somme perenti agli effetti amministrativi. L. 1. 276 800 (IVA compresa) cap. 12750 bilancio 1981.
Presidente 33 - Proroga affidamento incarico, ai sensi del sesto comma dell'art. 8 della legge regionale 12/8/19 74 n. 22, al dr. Domenico Zambruno. Periodo 1/1 - 30/6/1981. Spesa L. 2.484.000 (IVA compresa). Cap. 106700 bilancio 1981.
Presidente 68 - Deliberazione n. 78-4721 del 10/3/1981. Approvazione convenzione con il prof. Marco Muller per la partecipazione della Rassegna Cinematografica Internazionale "Ombre elettriche - 50 anni di cinema cinese (1930-1980)" coordinamento del Comitato Scientifico Internazionale e direzione della Rassegna stessa. Spesa L. 10.200.000 (IVA compresa). Cap. 11755 (Imp.



PRESIDENTE

11135).
Ferrero Giovanni 151 - Liquidazione parcella al dr. arch. Cesare Volpiano relativa alla progettazione delle opere di sistemazione e di protezione al piano terreno dell'immobile sito in Torino, Piazza Castello n. 165. Spesa di L.
21.776.414 oneri fiscali compresi di cui L. 2.500.000 già impegnate con DGR 22/10/1980 n. 124-1367 e L. 19.276.414 da impegnarsi sul cap. 1000/81.
Testa Gianluigi 154 - Liquidazione parcella al dr. ing. Giuseppe Aluffi per la predisposizione di uno studio di massima per l'utilizzazione dell'immobile denominato "Casa Poncelletti" sito in Comune di Ivrea. Spesa di L.
3.630.318 sul cap. 1000/81.
Testa Gianluigi 174 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale all'avv. C.E. Majorca. Ricorrente: Mattalia geom. Valerio avverso deliberazione della G.R. del Piemonte n. 110 del 20/1/1981 concernente l'annullamento della licenza edilizia n. 133 del 18/9/1976 e della concessione edilizia n. 121 del 12/11/1978 rilasciate dal Comune di Centallo alla s.n.c. "Apollo". Spesa L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 175 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale all'avv. A. Comba. Ricorrente: Della Sala Spada M. Cristina, avverso la deliberazione della G.R. del 31/7/1979 concernente l'approvazione del Primo Programma Pluriennale del Comune di Quattordio.
Spesa L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 176 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale. Ricorrente: Bongiovanni, avverso provvedimento Coreco Sez. di Asti prot. 13159 del 20/11/1980 concernente l'annullamento della D.G.M. di Canelli n. 805 del 26/9/1980.
Testa Gianluigi 177 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale all'avv. U. Sogno Rata. Ricorrente: Ospedale S.
Spirito di Casale Monferrato, avverso decisione Coreco Sez. Casale Monferrato n. 11896 del 4/12/1980 concernente l'annullamento della deliberazione 785 del 24/11/1980 del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale S. Spirito di Casale Monferrato. Spesa L. 300.000 (cap.
1080/81).
Testa Gianluigi 178 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale all'avv. Ugo Sogno Rata. Ricorrente: Ospedale Maggiore SS. Annunziata di Savigliano avverso provvedimento Coreco Sez.
Cuneo n. 2577 del 25/3/1980, concernente l'annullamento della deliberazione Consiglio d'amministrazione dell'Ospedale Maggiore SS. Annunziata n. 232 del 7/3/1980. Spesa L. 300.000 cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 179 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale all'avv. M. Scaparone. Ricorrente: Morganti Pompeo ed altri avverso provvedimento Coreco Sez. di Ivrea 4/7/1979 concernente l'annullamento parziale della deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale Civile di Ivrea n. 199/79 in materia di inquadramento dei tecnici diplomati di laboratorio. Spesa L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 180 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR piemontese ed affidamento incarico legale all'avv. M. Scaparone. Ricorrente: Fontana Anna ed altri avverso provvedimento Coreco Sez. di Novara 5/7/1979 concernente l'annullamento parziale della deliberazione del Consiglio d'amministrazione dell'Ente ospedaliero, SS. Trinità di Borgomanero n. 261 del 27/4/1979.
Spesa L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 181 - Autorizzazione a resistere, in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale all'avv. M. Scaparone. Ricorrente: Rifugio Re Carlo Alberto, avverso ordinanza Coreco Sez. Pinerolo n. 16780 del 16/4/1980 concernente l'annullamento della delibera del Rifugio Re Carlo Alberto n. 70 del 17/11/1979. Spesa L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 182 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR Piemonte ed affidamento incarico legale all'avv. M. Scaparone. Ricorrente: Pistone M.
Teresa ed altri avverso ordinanza Coreco Sez. di Torino del 10/5/1980 concernente l'annullamento della deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'Ospedale San Luigi Gonzaga n. 197 del 3/4/1980. Spesa L. 300.000 sul cap. 1080/81.
Testa Gianluigi 184 - Autorizzazione a resistere in giudizio avanti il TAR ed affidamento incarico legale all'avv. M. Scaparone. Ricorrente: Galasso dott. Francesco Arturo avverso provvedimento Coreco Sez. di Vercelli 20/1/1981, concernente l'annullamento della deliberazione dell'Ente ospedaliero di Varallo n. 36 del 29/12/1980. Spesa L. 300.000 (cap. 1080/81).
Testa Gianluigi 185 - Liquidazione onorari all'avv. Enrico Romanelli a seguito di consulenza legale in giudizio avanti il Consiglio di Stato nelle cause Vischi, Cavallaro, Cinquino R., Tamaroglio, Cinquino Q., Ronco e Ufficio Raggruppato "Consorzio Bonifica Montana". Spesa di L. 5.050.000 sul cap.
1080/81.
Testa Gianluigi 186 - Integrazione di spesa di L. 100.000 a seguito di perenzione di somme stanziate sul bilancio 1977 (cap. 12750/81) e pagamento all'avv. A. Comba.
Testa Gianluigi 196 - Corresponsione del compenso di L. 40.000 al prof Giancarlo Bruno e di L. 40.000 al dr. William Liboni, per le prestazioni dei medesimi svolte durante il periodo 14/2/1980 - 31/12/1980 nella qualità di componenti del collegio medico di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 10



PRESIDENTE

16337/78 - Importo L. 80.000 sul cap. 320/81.
Testa Gianluigi



PRESIDENTE

Le comunicazioni del Presidente sono così terminate.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Questioni internazionali

Esame mozione Democrazia cristiana, Partito liberale e Partito repubblicano sull'Afghanistan


PRESIDENTE

Al punto quarto all'ordine del giorno troviamo: "Esame mozione Democrazia cristiana, P.L.I. e P.R.I. sull'Afghanistan".
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri, signor Presidente, è certamente logico che all'inizio di una discussione di questo tipo, nel presentare succintamente le ragioni che ci hanno indotto ad evidenziare questo problema all'attenzione del Consiglio, diamo anche giustificazione di un'iniziativa che può sembrare estranea agli interessi propri di questo consesso e quindi estranea alle tematiche che sono proprie delle istituzioni locali in un momento nel quale non mancano motivi né di dialettica né di confronto su aspetti che riguardano la realtà regionale, molto gravi.
Dobbiamo chiarire che abbiamo posto all'attenzione del Consiglio regionale questo problema unitamente ai colleghi Capigruppo del PRI e del PLI coscienti di dover evidenziare alla comunità regionale come alcuni temi che concernono il rispetto di diritti fondamentali e dell'uomo e dei popoli siano componente di quel processo di integrazione alle vicende, non solo locali, ma nazionali ed internazionali che devono caratterizzare la crescita della nostra presenza civile nella società e nelle istituzioni.
Riteniamo che le libertà fondamentali dell'uomo, soprattutto quelle che in questo campo concernono i diritti fondamentali che preesistono a qualsiasi tipo di costituzione o di struttura della società civile, i diritti della libertà, non possano essere calpestati senza che coloro che sono impegnati in una battaglia di civiltà, di progresso e di crescita delle istituzioni della democrazia reagiscano a questa sopraffazione.
Purtroppo a sedici mesi dall'invasione delle truppe sovietiche nell'Afghanistan la tragedia di questo popolo ancora una volta continua a consumarsi nel disprezzo assoluto di questi valori fondamentali. I servizi che ci vengono dal quotidiano "La Stampa" sono esemplari per il tipo di sforzo per cercare di aprire un varco nel silenzio che l'invasore ha imposto cercando non solo di occultare notizie, ma purtroppo uccidendo decine di giornalisti ed inviati che avevano osato varcare quella cortina.
Nonostante questo tipo di coercizione e di limitazione che non ci permette di avere continuamente elementi precisi di modalità e di caratteristiche della lotta che si sta svolgendo in quel Paese, dobbiamo evidenziare come il problema, che ha avuto una sua fase parabolica di attenzione e di tensione anche nei rapporti diplomatici internazionali, stia ritornando quasi ripiegando su di una posizione di attenzione, di evidenza sia per quanto riguarda la soluzione del problema, ma anche per quanto riguarda l'informazione che deve coinvolgere i popoli liberi su questa vicenda.
Purtroppo ancora una volta il prezzo che questo popolo deve pagare per saziare le aspirazioni imperialistiche dell'Unione Sovietica, delle quali conosciamo storia e vicende passate, non trova giustificazione alcuna di riscatto né di salvaguardia dei diritti, ma solo delle motivazioni di imposizione in una logica arcaica e perversa di tipo hitleriano e di occupazione fisica dei territori come premessa all'annientamento delle libertà civili e quindi delle espressioni di autodeterminazione.
Non siamo qui a sollecitare confronti su sottili analisi di comportamento delle grandi forze che caratterizzano oggi la permanenza degli equilibri a livello internazionale. Se ci siamo decisi a voler parlare di questo gravissimo evento, è perché sentiamo ancora una volta incombere sull'umanità intera, e quindi anche su di noi, il prevalere di incredibili, assurde e tragiche violazioni di diritti di sviluppo, di compressione di sviluppo e di dignità dei popoli, è perché sappiamo quale pericolo questo atteggiamento rappresenta, al di là delle aree interessate al dramma, per la pace mondiale.
Evidenziamo quanto queste deprecate esperienze storiche non abbiano lasciato alcun patrimonio di impegno fra le grandi potenze a regolare i rapporti mondiali nella ricerca di una dialettica di soluzioni pacifiche di compromessi, ma sempre nel rispetto della negazione della violenza e nel rispetto della determinazione autonoma dei popoli coinvolti anche in vicende strategiche e territoriali quale quella dell'Afghanistan.
Nemmeno le ultime gravi tragedie della Cambogia e del Vietnam, dove la terra bruciata dalla guerriglia ha lasciato larve e simulacri di dignità umana esposta all'alea di una soluzione politica e di governo che è ancora ben lontana dal poter essere definita civile, nemmeno questi sanguinosi conflitti che dall'Africa centrale all'America Latina stanno caratterizzando il Terzo Mondo, la fase di riscatto, la condizione di sottosviluppo e di sottrazione all'egemonia straniera, nemmeno questi impegni che derivano dalle esperienze storiche recenti unite alle condanne di tali esperienze fatte unanimemente non solo dalle organizzazioni ma anche da molte nazioni, hanno indotto l'Unione Sovietica ad affrontare con una logica diversa questi problemi di equilibrio richiesti sia pure da una situazione delicata dei Paesi detentori di importanti fonti di energie.
Come pensiamo di reagire all'immanenza di una tale logica del mondo? Come possiamo pensare di avviarci ad una fase di equilibri di tipo diverso con la presenza più incisiva dell'Europa, se alcune fondamentali, che sono proprie delle esperienze storiche vissute ed anche delle condanne che sono state espresse, non vengono accettate e rispettate come punti di riferimento fermi e fissi? Non siamo rassegnati ad accettare la logica delle riconversioni delle capacità politiche liberticide che sono attuate in questo caso dall'Unione Sovietica nel sud asiatico.
Purtroppo non accettiamo logiche che rischiano di andare avanti anche in altre realtà dove si passa dal riscatto, dalla dittatura o da governi autoritari a forme di pseudo democrazia (ricordiamo Cuba e il Nicaragua per non parlare del buio della vicenda dei Paesi dell'Europa orientale).
Colleghi, nell'Afghanistan più di un milione e mezzo di profughi hanno lasciato il Paese riversandosi nel Pakistan e in altre regioni limitrofe creando problemi seri a regioni sia pure ricche. Siamo in presenza di una vera e propria tragedia di immigrazione che continua e che certamente nell'esodo della disperazione, nell'incalzo della guerriglia esasperata ha già fatto decine di migliaia di vittime alimentata dalla presenza di truppe in un Paese come l'Afghanistan che è di poco inferiore ai 100 mila uomini.
Pensate che cosa è per una popolazione, qual è quella di quel Paese un'immanenza così pesante di truppe e di mezzi militari con tutte le conseguenze che sul piano dell'anedottica e dell'informazione sporadica che abbiamo, caratterizza la guerriglia, il terrorismo.
E' un'occupazione che ha dei caratteri eccezionali per lo stesso impegno militare dell'Unione Sovietica, che comporterà e sta comportando un sacrificio assurdo di uomini, anche di quel Paese, e quindi è una posizione di arretramento non solo politico, ma di civiltà, che si riversa su quel Paese, sul Medio Oriente e che è di esempio malefico rispetto alle soluzioni che si possono dare a tutte le realtà mondiali.
Questo focolaio che si alimenta più per gli aiuti di armi che provengono ai guerriglieri da parte dei Paesi limitrofi o dei Paesi esterni, è destinato a ingrandirsi e a ingigantirsi per alimentarsi con delle componenti non solo nazionalistiche ma anche di tipo religioso perché, quando si calpestano i diritti fondamentali, ogni pretesto che si innesca sulla rivendicazione e sul riscatto dei diritti ha delle partenze che sono logiche ed accettabili e delle proiezioni finali e delle conclusioni che non sono pensabili e che quindi potrebbero ancora una volta far cadere questo Paese nella dittatura, nell'autoritarismo in forme che come abbiamo visto in Medio Oriente, stanno riperpetuando una ritualità di successione da autoritarismo a autoritarismo.
Credo di dover concludere questa illustrazione, che ho cercato di ridurre all'essenzialità, ad alcuni concetti riaffermando come nella nostra posizione di evidenziazione della tematica ci sia la volontà di scuoterci sia a livello nazionale sia a livello internazionale, per sollecitare delle prese di posizione politiche coerenti nei livelli diplomatici e di rapporti tra gli Stati, che sono le uniche armi possibili, al di là delle condanne al di là delle espressioni di dolo e di esasperazione proprie in situazioni di questo tipo.
E' necessario che l'Europa assuma un'iniziativa politica di rilievo e le iniziative che anche questo Consiglio ha assunto per dibattere problemi come quelli della difesa europea rientrano in questa logica; anche la difesa, che è difesa dei diritti fondamentali dei popoli, la si attua nella misura in cui esiste una politica estera comune dell'Europa, esiste una presa di posizione comune, esiste quindi nei rapporti internazionali una strategia che consente di condizionare chi a queste regole fondamentali di rispetto dei diritti dei popoli non si attiene.
Auspichiamo che il Consiglio regionale assuma una posizione unitaria e che, con l'espressione di una sia pur sintetica mozione, vengano evidenziati questi nostri sentimenti e queste nostre prese di posizione.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Siamo firmatari della mozione unitamente ai colleghi della Democrazia cristiana e del P.L.I. sull'Afghanistan e siamo grati agli altri Capigruppo e all'Ufficio di Presidenza che nel regolamentare i lavori del Consiglio hanno deciso di trasformare la mozione in argomento di dibattito del Consiglio quale ulteriore conferma della nostra sensibilità di Consiglieri regionali su problemi che esorbitano da quelli strettamente territoriali ma, proprio perché coinvolgono l'uomo ed i suoi diritti, debbono essere considerati universali e quindi interpretati e vissuti anche da un Consiglio regionale.
L'invasione sovietica dell'Afghanistan alla fine del 1979 fu l'ultimo atto, anche se probabilmente più drammatico, di una grande tormenta nella quale l'Afghanistan si dibatteva da molto tempo. La presa del potere da parte di Taraki, l'assassinio dell'Ambasciatore americano a Kabul, la nomina di Amin a primo ministro ed il colpo di Stato con il quale lo stesso Amin riuscirà a rovesciare il Presidente Taraki sono soltanto i tratti essenziali di una situazione politica che è andata sempre più deteriorandosi e nella quale l'insurrezione islamica, appoggiata e non solo a parole, dal vicino Iran dell'ayathollah Komeini, non potrà essere contrastata neppure dallo stesso Amin.
E così, a cavallo del Natale, i sovietici passeranno all'offensiva organizzando un gigantesco ponte aereo che trasborderà in Afghanistan numerose divisioni russe. Per la prima volta dal 1945, l'Armata Rossa invade un Paese che ufficialmente non fa parte del blocco sovietico.
Nello stesso tempo un ennesimo colpo di Stato pone fine alla carriera politica ed anche alla vita di Amin che verrà trucidato nel palazzo presidenziale.
Il desiderio di spegnere sul nascere il contagio islamico sulle frontiere meridionali dell'Unione Sovietica o forse la logica di una grande potenza che non tollera l'erodersi del proprio prestigio in un Paese ormai considerato satellite, questi due aspetti sono stati forse alla base della grave mossa del Cremlino.
L'invasione suonò come una campana a morte per l'intero Occidente.
Gli Stati Uniti nello stesso tempo invischiati nelle vicende iraniane riforniranno armi al Pakistan e ciò per contrastare la corsa dell'Unione Sovietica verso i mari caldi dell'Oceano Indiano e verso le rotte petrolifere del Golfo Persico.
L'ingresso di truppe sovietiche in Afghanistan, secondo uno schema cecoslovacco, pone subito problemi gravi che non sfuggono neanche ai comunisti italiani perché con questo atto si conferma una direttrice di fondo, quella dell'Unione Sovietica, determinata a portare l'offensiva e a mutare gli equilibri strategici in tutte le zone marginali non comprese negli interessi di Yalta. Sono tecniche consuete agli imperialisti di sempre che peraltro la Russia ha già applicato in Ungheria e in Cecoslovacchia, ma che essendo rivolte in un'area del mondo vitale per i rifornimenti energetici dell'Occidente sembrano voler prefigurare i nuovi scenari di conflitti degli anni '80, compromettendo ogni ipotesi di collaborazione tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo.
Quell'atto condannato in quasi tutti i Paesi del mondo pone e continua a mantenere anche oggi un'ipoteca sulla distensione internazionale mentre il sopruso continua a perpetuarsi e le vittime della resistenza afghana ogni giorno aumentano e gli episodi di sangue e di morte sono ormai ordinaria amministrazione.
Alcuni giorni fa, in occasione del viaggio in Italia, Hasmatullah Al Hojadidoy, leader di uno dei sei movimenti di liberazione che operano in Afghanistan ha incontrato alcuni esponenti del mio partito. La visita era soltanto una testimonianza del collegamento che il PRI e la Federazione giovanile repubblicana hanno stabilito da tempo con questo movimento per dimostrare la solidarietà alla loro battaglia di libertà e per portare quegli aiuti che è stato finora possibile e sarà ancora possibile portare.
Nel corso dell'incontro presso la sede del PRI, incontro al quale erano presenti alcuni rappresentanti delle associazioni partigiane regionali e delle organizzazioni sindacali del Piemonte, il leader afghano ha detto che dopo l'invasione i morti possono considerarsi forse 2 milioni tra guerriglieri civili e militari e 2 milioni sono i profughi e questo su 17 milioni di abitanti. I russi hanno in Afghanistan un esercito di 150 mila uomini; 30.000 russi sono già caduti in guerra. Si parla anche di diserzione in massa delle truppe regolari afghane; ma i russi hanno armi sofisticate mentre le condizioni di inferiorità tecnico-culturali nelle quali gli afghani si trovano a rispondere agli attacchi di guerra da parte degli invasori sono note. La loro inferiorità, tuttavia, li rende più uniti se è vero che essi sono ogni giorno più numerosi e oggi sono alcune centinaia di migliaia. Questa loro condizione di guerrieri capaci ha origine antica in quanto l'Afghanistan per la sua naturale posizione come zona di transito fu sempre conteso fra i potenti Stati vicini ed ebbe sempre una vita travagliata tanto che gli afghani soltanto raramente e per periodi relativamente brevi riuscirono negli anni ad organizzarsi in una compagine statale abbastanza forte da resistere vittoriosamente alle pressioni esterne.
I Comitati che sono sorti e che stanno sorgendo in tutto il mondo per la solidarietà con gli afghani, tra i più importanti il Comitato internazionale di solidarietà con la Resistenza afghana, Presidente Norberto Bobbio e dove il PRI è rappresentato dal prof. Paolo Ungari membro della nostra direzione nazionale, tendono a dare concretezza alle iniziative unitarie che l'Europa e il mondo hanno intrapreso dopo l'invasione, ma probabilmente l'opinione pubblica mondiale e anche quella italiana non è ancora sufficientemente informata e sensibilizzata anche se va riconosciuto - la situazione per la sua gravità ha posto tra la popolazione più informata e politicamente impegnata, casi di coscienza che si sono estesi a tutto il mondo della sinistra europea.
E anche noi, per dare concretezza e continuazione alla presa di coscienza che il Consiglio regionale del Piemonte sta facendo attraverso questo dibattito, vorremmo chiedere al Consiglio regionale di esaminare una o più iniziative in questo senso.
Siamo a conoscenza che alcuni giovani a Torino, a Roma e in altre città italiane stanno pensando all'allestimento di una mostra fotografica quale testimonianza visiva delle sofferenze e del sacrificio degli afghani. Nello stesso tempo essi stanno raccogliendo aiuti, in particolare sacchi a pelo impermeabili, giubbotti, pale, medicinali, che spediscono in Pakistan ad un centro di raccolta e di coordinamento degli aiuti ai partigiani afghani (Afghan National Pakistan Liberation Front).
Noi vorremmo proporre al Consiglio un'attenzione ai programmi di questi giovani per una collaborazione ed un aiuto nell'organizzazione in termini immediati per l'invio del materiale di soccorso e successivamente per l'organizzazione della mostra.
L'Afghanistan, paese di antichissime origini e con città di grande interesse storico ed archeologico tra le quali Kandahar fondata da Alessandro Magno durante le sue spedizioni asiatiche e più volte capitale nel corso del XVIII secolo, potrà attraverso questa mostra far conoscere non soltanto la sua storia antichissima ma altresì la sua storia moderna quella che fa chiedere a tutti, ma soprattutto a noi che sul destino degli afghani ci stiamo interrogando e preoccupando, quale sia il futuro di pace o di guerra che li attende e se si trattasse di pace, come profondamente auspichiamo, vorremmo anche conoscere di quale pace essi potranno godere.
Parlando di pace, ricordo l'analisi che Bobbio faceva sul tipo di pace che l'umanità dovrebbe perseguire. Egli ricordava i quattro tipi di pace: la pace di equilibrio, la pace di egemonia, la pace di impegno e la pace di soddisfazione. La nostra coscienza democratica esclude tout court la pace di egemonia, quella pace cioè che sussiste quando c'è un gruppo sociale o una nazione più potente ed altre meno potenti che stanno nei confronti di quella in una posizione di indipendenza di diritti, ma di dipendenza di fatto, ed esclude la pace di impero perché questa l'umanità l'ha già conosciuta.
Con la ragione sono tentata di affermare che si imponga una pace di equilibrio, quella cioè che sussiste sulla base del timore che le forze in opposizione reciprocamente si incutano con le rispettive capacità di distruzione. Tuttavia con la convinzione che la democrazia debba comunque essere un traguardo raggiungibile da tutti gli uomini e con la speranza che nell'uomo prevalga sempre la sua parte migliore e, giacché oggi parliamo dell'invasione russa, anche dell'uomo russo, ma di chiunque osi mettere in discussione la pace, auspico una pace di soddisfazione in un contesto democratico e giusto nel quale ciascun Stato e gruppo sociale non abbia da rivendicare dagli altri nulla che meriti tanto da compromettere la pace.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

I colleghi, illustrando la nostra mozione, già hanno allargato la materia all'esame del Consiglio.
Gli avvenimenti dell'Afghanistan hanno caratterizzato la nascita degli anni '80 e probabilmente la soluzione o meno di questo problema sarà la chiave di volta della soluzione di altri problemi politici. Questi avvenimenti avvengono in un Paese che nel tempo andato fu chiamato la porta dei destini dell'Asia (e questo è facilmente comprensibile guardando una carta geografica), basta ricordare che la sua linea di confine con l'Unione Sovietica è lunga 1.600 km. Si è fatto riferimento al destino di questo Paese. E' - ha detto la collega - sede di testimonianza di grandi conquiste in termini positivi: diciamo testimonianza di grandi fatti di colonizzazione e di asservimento. Certamente le piste asfaltate di sabbia che percorrono oggi i carri armati russi hanno visto passare Alessandro il Grande, hanno visto passare Genghis Khan e soprattutto Tamerlano. I passi delle montagne afghane, per molti versi simili alle nostre, sono una porta aperta dalla Russia verso il continente indiano e ricordiamo che proprio su questi passi l'antica tradizione culturale degli inglesi aveva attestato per due secoli e con due guerre le linee difese di un mondo di cultura.
Tutto nasce nell'aprile del '78 quando ucciso Daoud si presenta Taraki come rappresentante della Repubblica Democratica dell'Afghanistan (cominciamo a scoprire un linguaggio ed una terminologia tristemente nota) che viene governata da un partito, ovviamente democratico e popolare, che ha ovviamente una bandiera rossa di colore, con la falce, il martello e la stella in alto, quindi difficilmente distinguibile da quella russa.
Ovviamente le prime sollevazioni di carattere religioso e culturale, alle quali faceva riferimento la collega repubblicana. Nasce la crisi del sistema nella sua profondità con il passaggio agli insorti di circa metà dell'esercito. Rivelatosi insufficiente Taraki nella logica di questi colpi di Stato internazionali (altro che golpe! ), Taraki sparisce fisicamente la vigilia di Natale avviene l'invasione: viene usato Amin, anche qui in questa logica da golpe internazionale, e viene insediato Karmal.
In queste date si apre non soltanto la strada verso il sud continente indiano, ma si apre la strada per la Russia verso il Mare d'Arabia, antica aspirazione del popolo russo, strada soprattutto aperta alla via del petrolio. Si compie un atto significativo (in questo vorrei richiamare il collega Picco a non essere troppo ottimista) di un'antica vicenda storica che trae le sue origini in tempi molto lontani. E' improprio parlare della storia dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ci stiamo occupando della storia della Russia e - forse diceva scherzando il Presidente Viglione - più che della Russia si deve parlare del ducato della Moscovia che nel XV secolo ha dato inizio a questa vicenda: storia di centinaia e centinaia di anni, storia di espansione continua, che ha ragioni culturali e politiche che andremo a lumeggiare e che ha dato quei semi che incominciano a maturare in questo momento.
Si fa anche molto parlare della Polonia. Vogliamo ricordare che l'attuale vicenda polacca ha un momento immediato e un momento antico. Il momento antico è la divisione della Polonia fatta da Caterina la Grande, il momento più vicino, storicamente molto significativo, riguarda il comportamento tenuto dall'Unione Sovietica durante la lotta di liberazione di Varsavia iniziata il 1 agosto 1944. All'avvicinarsi delle truppe sovietiche a Varsavia è avvenuto quello che è avvenuto in tutte le grandi città europee dove fosse presente una certa resistenza. Tale resistenza si mobilita ed è presente sul piano militare ma soprattutto come classe dirigente del futuro per impedire che l'alleato che aiuta a liberarsi dall'occupante si sostituisca come occupante. Dietro la logica dei fatti di Milano, di Torino, di Napoli ci sono queste cose: la guerra di liberazione è stata anche la necessità di ricreare una classe dirigente, di presentarla ad appropriarsi del potere senza averlo in regalo dal liberatore di ieri che può diventare il tiranno di oggi.
Cosa avviene a Varsavia? La classe dirigente, aperta e progressista, si mobilita; c'è il movimento partigiano che aspetta l'aiuto fraterno dell'Armata Rossa che, siccome non vuole assolutamente che questa nuova generazione diventi padrona della Polonia perché padrona della Polonia vuole diventare la stessa Armata Rossa, si ferma alle porte di Varsavia aspetta che la resistenza venga soffocata; addirittura si rende conto che i tempi del soffocamento e della rivolta di Varsavia sono talmente lunghi da compromettere l'avanzata dell'Armata Rossa e allora l'Armata Rossa avanza lo stesso scavalcando Varsavia, lasciando peraltro un canale di comunicazione attraverso il quale si possa continuare a portare a compimento la sua opera di soffocazione della resistenza polacca che si compie il 3 ottobre. Mauro Bosio dice che i russi sono grandi bugiardi e magnifici attori dei quali bisogna sempre dubitare.
L'architetto Picco si è lasciato andare a riferimenti un po' pressapochisti su una realtà mondiale di sopraffazione, di violenza che vedrebbe sullo stesso piano alcuni schieramenti politici e - dico io storico-culturali. Esiste uno scritto di un padre liberale Tocqueville che con lungimiranza, nel 1835, epoca in cui gli Stati Uniti e la Russia venivano considerati dalla cultura europea come fatti estranei, ne interpretava già la funzione di protagonisti nei secoli a venire e individuava il diverso comportamento dei cittadini di questi Paesi con queste parole: "Le conquiste dell'uno sono ottenute con il vomere, quelle dell'altro con la spada. Scopo del primo è la libertà, del secondo la schiavitù"! Nel 1981 ci occupiamo di vicende che sembrano di oggi, ma sono molto lontane nel tempo. Nel 1215, i ribelli inglesi costrinsero Giovanni Senzaterra a firmare la Magna Carta Libertatis, documento sul quale sono nati il lessico e i concetti di Costituzione, di parlamentarismo e dei diritti civili. In quegli anni, l'Inghilterra si apriva ai secoli della libertà, le orde mongole guidate da Genghis Khan occupavano la Russia e la riducevano in totale barbarie. Qui probabilmente nasce la dicotomia storica tra due continenti. Genghis Khan occupa la Russia e il popolo russo comincia a mettere in evidenza una sua caratteristica precisa. La dominazione mongola dura quasi tre secoli e i russi seppero acquisire da quella popolazione la sua capacità colonizzatrice ed imperialistica e questa - amici della sinistra - è una citazione di Marx il quale ebbe a dire che la Moscovia continuò ad interpretare come padrone la parte tradizionale dello schiavo.
La grande esperienza mongola in tre secoli di schiavitù ha oltretutto radicato nella mentalità russa il principio fondamentale della guerra totale. Fino ad Alessandro il Liberatore il contadino russo per 24 anni era chiamato tutte le primavere a difendere i confini contro il pericolo mongolo, che veniva sempre allontanato. In questi fatti storici, in questa concezione della guerra totale come ragione di esistenza della Grande Russia, della Moscovia prima e della Russia poi, ci sono molte ragioni di comportamento. Lo stato totalitario nasce nel concetto che tutto quanto viene prodotto per la difesa. Attraversando i confini fra la Cina e la Russia si può avvertire dal colore della terra la diversità della concezione stessa del comunismo: la terra russa è rossa perché non è coltivata, la terra cinese è verde, perché è coltivata. La Russia e l'URSS attuale trovano le loro ragioni di comportamento storico-culturale in questa loro antica tragedia. E' stato scritto che la schiavitù mongola forma la culla della Moscovia e in questo precedente storico troviamo probabilmente la risposta a molte vicende attuali.
Ivan il Terribile arriva al Baltico nel XVII secolo. Si occupa la Siberia, nel 1741 l'Alaska, al sud vengono occupate Samarcanda e Bukhara. E qui avviene un altro fatto storico che prego i colleghi di voler considerare con qualche attenzione. Qualcosa di diverso avviene a contatto con L'Europa. Questa antica realtà orientale trova finalmente un freno al suo espansionismo al contrario. Viene invasa nel XVII secolo dalla Polonia viene invasa nel XVIII secolo dalla Svezia e nel XIX secolo dalla Francia.
In queste tre invasioni, nella difficoltà di portare avanti ad ovest la sua capacità di espansione, la Russia scopre la tecnologia europea, fa disegnare il Cremlino dagli italiani, i tanto temuti e odiati tedeschi aiutano Ivan il Terribile a mettere le mine sotto le mura di Kazan. Pietro il Grande passerà alla storia in qualche libro poco approfondito come l'occidentalizzatore della Russia. Niente di più sbagliato. Pietro il Grande con sottile senso politico fa proprie le conquiste della tecnologia occidentale non per arrivare ad un modello di vita occidentale, ma semplicemente per dotarsi di strumenti che gli diano la possibilità di continuare il grande disegno che la storia del suo Paese l'obbliga a continuare. Acquisite le tecnologie occidentali, si riesce a vincere la guerra contro la Svezia, contro la Turchia e contro la Persia.
Gli altri avvenimenti della storia sono abbastanza noti a tutti loro perché ci si debba riflettere ulteriormente. Ricordo soltanto la spartizione della Polonia nel 1790. Sempre Marx notava come le frontiere russe in 60 anni erano avanzate di 1.500 km, verso Vienna e Berlino, di 1.000 verso Stoccolma e 1.600 verso Teheran, quindi l'URSS di cui parliamo oggi è il risultato di un precipitato storico con cui una Repubblica, la Russia, l'antica Moscovia, ha occupate le altre. Secondo alcuni motti che alcuni storici e pensatori russi usano adottare, in Asia è padrone chi afferra senza pietà il popolo alla gola. Un ministro di Caterina disse: "Ciò che smette di crescere comincia a marcire". Nonostante questo, la storia ha fatto qualche tentativo di mortificare il corso espansionistico dell'antica Moscovia, della Russia e oggi dell'URSS. La rivoluzione francese era pure riuscita a far filtrare qualche elemento della sua cultura innovativa. Abbiamo la fioritura della scienza, della letteratura (i grandi scrittori Puskin, Cechov ed altri del XIX secolo), la fioritura della politica. Ricordiamo che nel secolo XIX la Russia ha conosciuto le elezioni e le uniche forme di rappresentanza parlamentare a livello locale.
Alessandro II, e non i comunisti, aveva abolito la schiavitù nel 1861.
Avvenne un fatto estremamente significativo: la coscrizione obbligatoria passò da 24 a 6 anni: l'ideologia liberale aveva fatto breccia nell'ideologia espansionistica di questo grande Paese.
Questo è lo scenario storico che ha portato alle conseguenze e alla realtà della quale ci stiamo occupando.
Diceva giustamente il Consigliere Picco che c'è il problema degli esuli. Gli esuli per i comunisti non sono un problema. Lenin ebbe a dire: "Gli esuli sono cittadini che votano con i piedi" perché se ne vanno via.
Quando si è accontentato di lasciarli andare via è già un grosso risultato per loro è una votazione a favore del comunista.
Su questo scenario storico si è innestata la vicenda del petrolio.
Nella mia raccolta di citazioni ce n'é una di Molotov che nel 1946 dichiarava che la zona a sud di Batum è al centro delle aspirazioni russe.
Chiudo le mie citazioni con quella del Presidente egiziano Sadat il quale ha dichiarato a proposito dell'Afghanistan che la battaglia intorno ai pozzi di petrolio è cominciata. Si è finalmente aperta una delle quattro strade che portano al petrolio, quella dell'Afghanistan quindi, a mio avviso; non pensiamo che la Russia ritorni indietro. Assistiamo al fatto nuovissimo che gli stretti abbandonati nel 1970 dagli inglesi siano oggi sotto la possibilità di intervento dell'aviazione russa, cosa che non poteva avvenire prima dell'occupazione dell'Afghanistan. Riteniamo che questa sia la giustificazione e la motivazione del comportamento della Russia e quindi siamo molto scettici sulla possibilità di rimedio. L'Amu Darja sul quale si attestarono gli inglesi è stato per secoli una linea di equilibrio: questa linea di equilibrio è saltata.
Ancora due considerazioni che debbo alla consueta attenzione dei giornalisti di un grande giornale torinese. La pace, dal punto di vista solidaristico è qualche cosa di cui hanno diritto tutti gli uomini, non è un bene nostro perché nel momento in cui diventi un bene nostro non è più un valore, ma un privilegio. Se vogliamo parlare della pace come bene universale, dobbiamo considerare che le piccole guerre che vengono combattute qua e là in modo più o meno tradizionale sono altrettanto offensive nei confronti del valore della pace, come lo è la guerra totale: per l'afghano, per l'angolano, per il cambogiano, per il vietnamita il bene della pace non è distinguibile se attenga ad una guerra totale o a una piccola guerra. La nostra preoccupazione è che il valore della pace deve essere molto attento alle realtà periferiche.
Se è vero e se è opportuno, come suggeriva il collega Picco, che si giunga ad una mozione, concordo sulla sua conclusione laddove richiama la necessità che sia soprattutto la solidarietà europea ed atlantica ad aprire quel tanto di capacità e di manovra diplomatica che possa, se non risolvere il problema dell'Afghanistan, almeno ridurre in termini accettabili il fenomeno che è nella storia e negli obiettivi della Russia. Ricordo le polemiche sul voto dei comunisti a proposito dei missili intercontinentali.
Vorrei chiedere ai comunisti che sono così attenti ai problemi della Polonia se non ritengono che sia opportuna la decisione della Nato di dotare il nostro Paese di missili, non soltanto sul piano militare, ma soprattutto sul piano politico. Invito il Vicepresidente Picco a farsi promotore di una mozione da sottoporre al Consiglio che centri nella funzione della solidarietà europea ed atlantica il punto di mediazione internazionale delle vicende della nostra storia tendente a ridimensionare i momenti di sopraffazione, i momenti di occupazione, i momenti di guerra del mondo.



PRESIDENTE

La parola alla collega Marchiaro.



MARCHIARO Maria Laura

Ribadiamo qui, innanzitutto, in questo dibattito, la nostra posizione di comunisti italiani sull'invasione sovietica dell'Afghanistan; posizione che è stata subito chiara: una condanna ferma ed inequivocabile dell'intervento armato dell'URSS, la richiesta del ritiro delle truppe come una delle condizioni necessarie per ristabilire l'equilibrio nell'area del Golfo Persico, ma poi anche un impegno politico costante teso a favorire il crearsi delle condizioni per il ritiro, il più prossimo, possibile, delle truppe d'occupazione.
Del resto ripetutamente e con tempestività abbiamo espresso la nostra preoccupazione per le tensioni, le rotture avvenute in campo internazionale, per le soluzioni di controversie raggiunte attraverso guerre locali, per situazioni in cui si arriva alla trattativa dopo anni di guerriglia strisciante.
Ma le nostre scelte di politica internazionale significano anche aver sostenuto al Parlamento europeo posizioni a favore della distensione e di un ruolo autonomo dell'Europa, significano opposizione all'installazione di nuovi missili in Europa e sul territorio nazionale insieme ad una concreta e praticabile proposta alternativa. Le vie che abbiamo proposto non sono mai state favorevoli a posizioni di forza, a differenza di quanto sostiene il Consigliere Marchini. E forse le vicende polacche sembrano darci ragione.
Dunque: un coerente rifiuto a muoverci secondo la logica delle scelte di campo e l'assidua, costante, affermazione, da un lato, del ruolo decisivo della mediazione, dall'altro, della necessità di grandi movimenti di solidarietà e di pace.
E' qui, rispetto a questi riferimenti, che si deve collocare la nostra posizione sull'Afghanistan: una posizione al tempo stesso di principio e realistica: la posizione di chi considera questo intervento un fatto che ha gettato nella tragedia un popolo povero e isolato e che sicuramente accresce i pericoli contro i quali ci siamo mossi e vogliamo muoverci.
Noi non dimentichiamo e non lasciamo dimenticare che su quelle montagne dell'Asia, insieme alla perdita di tante vite di sovietici e di afghani, si è perso un'enorme quantità di consensi in ogni parte del mondo, si è gettato turbamento in tante coscienze, si sono smobilitate forze che bisogna, invece, siano presenti e attive, se si vuole, come si deve volere la coesistenza pacifica e l'indipendenza dei popoli, la ripresa del processo di distensione e, quindi, la garanzia del disarmo.
E, infatti, noi comunisti non abbiamo avuto alcun timore o esitazione a tradurre nella nostra condanna dell'intervento sovietico e nell'enunciazione di un inequivocabile dissenso con i comunisti dell'Unione Sovietica e di altri Paesi il nostro internazionalismo e il nostro antico impegno per salvare la pace nell'interesse del nostro Paese o del mondo intero. Non abbiamo mai avuto e non abbiamo esitazioni a denunciare le azioni dell'imperialismo e il pericolo che questo rappresenta. E così queste nostre posizioni ci conferiscono l'autorità necessaria per rivolgerci alle masse popolari, alle forze politiche interessate alla pace ai movimenti o che, per un motivo o per l'altro, si oppongono al conflitto.
E ci consentono di chiedere con autorevolezza al Governo italiano che non assuma iniziative che lo accodino a qualsiasi oltranzismo.
E ciò ci autorizza a dire che nello stesso tempo non vi sono e non possono esserci ragioni alcune, anche determinate da vincoli di alleanza che autorizzino per esempio una reticenza tanto grave sui delitti della giunta Duarte in Salvador e sull'appoggio militare dell'amministrazione Reagan a quella giunta o valutazioni faziose su un regime come quello sandinista.
Ecco che cosa noi pensiamo che debba venire superato nel dibattito politico italiano: la logica immobilistica del lontano passato per cui esistono aree e cause che appartengono alla sinistra ed aree e cause che sono delle forze moderate, cosiddette atlantiche. Per questo noi comunisti abbiamo lottato e lottiamo per l'autonomia del nostro Paese nella politica internazionale e anche nella determinazione dei governi nazionali.
Tocca a tutte le forze democratiche lavorare contro la divisione del mondo in due blocchi. Tocca a tutte le forze democratiche capire che cosa sta avvenendo nel mondo: antiche e nuove contraddizioni fra progresso della scienza e condizioni umane; antiche forme di dominio, di sfruttamento, di colonialismo, ma anche nuove forme di imperialismo, nuove forme di rapina delle risorse, di saccheggio, di spreco dei Paesi ricchi. Vi sono antichi e nuovi mali che il capitalismo non ha risolto. Ma vi sono risposte insufficienti dei Paesi socialisti al dramma dell'umanità.
Che senso ha, in un quadro così complesso, nell'emergere continuo di nuove presenze sulla scena del mondo, ridurre la propria presenza politica ad un tacito consenso verso atti che rendono sempre più incerto un futuro di pace? Oppure accettare, con cinismo o con rassegnazione, la logica dei blocchi e degli schieramenti, che è poi logica del confronto militare? Noi comunisti abbiamo fatto altra scelta. E la indichiamo all'Europa.
Non in quanto regione immune e incolpevole rispetto alla crisi attuale. Ma in quanto, per esempio, interlocutore a cui la conferenza dei Capi di Stato dei Paesi non allineati ha chiesto non elargizioni assistenziali, ma interventi sulle strutture dell'economia (in agricoltura, per esempio), un ruolo nelle trattative sulle relazioni tra "centro" e "periferia" del mondo, un ruolo nel porre in essere nuove istituzioni internazionali che consentano al terzo e al quarto mondo di incidere sulle decisioni mondiali.
Eurocomunismo significa anche individuazione di motivazioni e di potenzialità specifiche per l'iniziativa europea verso la distensione, il disarmo e la cooperazione: 1) il confronto militare danneggia in modo particolare l'Europa e la espone più di ogni altra zona del mondo, perché la colloca sul terreno in cui è più debole 2) l'Europa ha bisogno di una discussione collettiva su una nuova divisione internazionale del lavoro: basta pensare alla questione energetica per rendersi conto del rischio di dipendenza di tutta l'area europea da storiche potenze e da Paesi emergenti 3) ma diciamo di più. Siamo forse l'unica area del mondo in cui è cresciuto un solido movimento operaio e un tessuto di forze democratiche che in questi anni ha cercato strade per trasformazioni sociali che non passassero attraverso la guerra, i conflitti armati, spaccature verticali della società.
Perché non collocare questi tentativi in una prospettiva internazionale? Sono queste le riflessioni e l'elaborazione che noi comunisti poniamo alla base della nostra azione internazionale.
Il nostro richiamo ad un senso di responsabilità che sembra venir meno deve esplicarsi, secondo noi, con una proposta positiva, con un appello a tutte le forze, per quanto diverse esse siano, per trovare soluzioni, anche intermedie e per lavorare per obiettivi, anche limitati, ma non distanti all'infinito, che garantiscano una continuità al processo di distensione.
E' necessario operare perché la coesistenza pacifica possa essere qualcosa di più che una parola d'ordine, così come dovrebbe esserlo l'equilibrio degli armamenti: attraverso una riduzione prima, e poi un disarmo generale che si accompagni al dissolversi dei blocchi militari contrapposti. Per tutti, nelle situazioni più diverse, le prospettive di liberazione nazionale, di soluzioni democratiche e di cambiamenti sociali, di rinnovamento, sono legate alla pace e ad orientamenti che non la dimentichino come l'assoluta priorità.
Dunque, questo è il senso del nostro impegno costante anche in questo Consiglio e per questo ci auguriamo fra l'altro di giungere oggi ad un ordine del giorno unitario, ma al tempo stesso chiediamo di non limitare ad atti come questi la nostra presenza politica collettiva rispetto alle questioni internazionali.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, credo che non bisogna correre un rischio, che ravviso nella mozione presentata dai Gruppi di opposizione di vedere i problemi e le tensioni che affliggono il mondo come provenienti da una sola parte, dall'Unione Sovietica.
Mi sembra di estrema importanza questo dibattito e dobbiamo riuscire a cogliere queste occasioni per portare un contributo ad una riflessione più generale sui rischi per l'umanità connessi alla ripresa di aggressività delle due superpotenze. Per questo in questa sede vogliamo ribadire la nostra posizione in merito ai problemi dell'Afghanistan ma anche in merito alle questioni internazionali. In primo luogo riteniamo che l'attuale situazione di tensioni determinatesi nel mondo è dovuta a fattore di progressivo deterioramento della politica di distensione. Da tempo siamo di fronte ad una vera e propria inversione del processo di distensione, ed alla tendenza invece al ritorno alla guerra fredda, una guerra fredda che non esistendo più il controllo ideologico e politico che le grandi potenze negli anni '50, esercitavano sul loro campo, più pericolosamente di allora può diventare guerra calda. Se la situazione è questa, se la tendenza all'inasprimento dei rapporti e direi quasi ad un pericolo di guerra, è la tendenza dominante, si pone il problema politicamente drammatico: come si risponde e come deve rispondere un Paese come l'Italia a questa tendenza? Noi siamo d'accordo, non solo sull'importanza, ma sulla necessità di fare degli appelli per la distensione e per la pace e di continuare a ricordare a milioni di uomini il carattere nuovo che avrebbe la guerra ed il carattere decisivo, anche sul piano ideale, che ha una lotta per la pace. Però, quando la situazione è quella che è oggi, oltre al richiamo ideale alla distensione ed alla pace, credo occorra anche fare uno sforzo più impegnato per dire come questa esigenza della pace si cali nella situazione reale ed attraverso che politica possa essere portata avanti.
L'interrogativo è molto semplice ed è questo: dobbiamo fronteggiare questa nuova situazione, questo nuovo scontro tra le due grandi potenze con un'unità più convinta di quanto non sia stata negli ultimi anni intorno al blocco cui tradizionalmente apparteniamo ed intorno, dunque, alla potenza americana? Oppure proprio oggi dobbiamo affermare, ed accelerare una nostra iniziativa di disimpegno dei blocchi, una pressione per il disarmo e un ruolo dell'Europa come terza forza mondiale, sul piano economico e sul piano diplomatico? Questa è la scelta al di là degli appelli. Ora, su questa scelta bisogna dire che le forze atlantiche, e soprattutto la Democrazia Cristiana, ha preso una posizione chiara ed esplicita a favore di un'esplicita rinnovata subalternità alla potenza americana.
La sinistra, invece, ancora non ha fatto o non è stata (a me pare di capire) altrettanto decisa a fare una scelta che io credo debba essere diversa, quella cioè dell'Europa, in sostanza, come terzo punto di riferimento mondiale, come elemento essenziale per rompere la spirale dell'aggressività delle due superpotenze (in questo senso stupisce la posizione assunta rispetto alla questione degli euro-missili) e sul Patto atlantico; questo è il riflesso a nostro avviso di un'incertezza molto profonda e grave.
Altra questione che fa riflettere anche chi, come noi, da sempre, si è ostinatamente opposto all'imperialismo e al Patto atlantico, il fatto che a fianco del Patto atlantico si siano, in questo momento, venute schierando anche forze (penso alla Cina) che per anni sono state in prima fila nella lotta antimperialista e contro l'imperialismo americano. Così come non pu non farci riflettere - e crea un problema - il fatto che l'invasione dell'Afghanistan, a differenza di quella della Cecoslovacchia, non sia solo intollerabile sul piano dei principi, ma si iscriva in una serie di avventuristiche mosse di politica estera, già presenti in altri scacchieri del mondo, per esempio in Etiopia o in Cambogia o alle frontiere della Cina. Tuttavia - ed è questa la tesi che voglio brevemente sostenere penso assurdo e anche suicida, oggi, scegliere come risposta a questa tendenza del mondo ed a questa stessa politica sovietica, una linea di rilancio atlantico. Innanzitutto, perché credo che oggi la spinta alla guerra, se vogliamo parlare seriamente e senza esorcismi, nasce da spinte presenti e oggettivamente radicate in entrambi i campi che in questo momento si contrappongono, in secondo luogo perché queste stesse tendenze nascono non tanto da una spinta espansionistica di sistemi in fase ascendente, come fu per esempio la prima guerra mondiale ed anche il periodo della guerra fredda, negli anni '50, ma piuttosto da una crisi della leadership economica, politica, ideale dei due imperi, o meglio dalla sproporzione crescente tra la loro potenza militare e la loro capacità di affrontare e risolvere i problemi emergenti nel mondo.
Per quanto ci riguarda rispetto all'Afghanistan, riconfermiamo il diritto dei popoli all'autodeterminazione a decidere loro democraticamente del loro destino, per questo condanniamo l'intervento sovietico in Afghanistan e ne chiediamo il ritiro delle truppe. Come condanniamo qualsiasi intervento teso a limitare la libertà dei popoli, in qualsiasi parte del mondo si verifichi. Alla vicenda dell'Afghanistan ci rimanda la natura delle società dell'est. Altri colleghi prima di me, hanno definito buia la situazione dei Paesi dell'est; noi per primi abbiamo aperto una riflessione critica con il Convegno di Venezia sulle società dell'est credo che non sia sbagliato dire oggi che rispetto alle società dell'est ci sono alcuni raggi di sole importanti. Sono società dove non sono risolti i conflitti tra salariati, detentori del potere e strumenti e mezzi di produzione (in questo caso lo Stato); non sono società a socialismo realizzato in quanto masse intere di uomini restano subalterni ad un potere che si esercita in loro nome, ma dall'esercizio dal quale vengono estraniate.
La nostra analisi è estremamente chiara e spietata, questo dimostra quanto sia illusoria e sbagliata la costruzione di una società diversa, di una società socialista come presa del palazzo d'inverno da parte di un'avanguardia. E come invece sia necessario un itinerario partecipato che permetta alle masse di costruire una società il cui potere si esercita con la loro reale partecipazione e non in loro nome.
In questo senso fatti importanti stanno muovendosi. L'esperienza polacca si muove in questa direzione e da qui il nostro giudizio positivo e l'appoggio sull'evolversi della situazione in quel Paese.
Parlare di aggressione vera e propria nei confronti dell'Afghanistan credo abbia un certo fondamento, ma sia anche molto generico. Mi chiedo infatti perché mai, anche dal punto di vista della politica di potenza l'Unione Sovietica, nel momento in cui le si presenta un'occasione storica che nasce particolarmente in Medio-Oriente dall'esplosione della rivoluzione islamica, perda tale occasione, si separi da tale spinta, per una posizione strategico militare, quale può essere data da un diretto controllo dell'Afghanistan. A me pare che la sola risposta razionale, e del resto non nuova, consista nel fatto che l'Unione Sovietica non è - e non ritiene di essere - in grado di gestire in modo egemonico e positivo il grande sommovimento che sta avvenendo nel Terzo Mondo.
Ma c'è una seconda riflessione, sempre riguardo alla politica sovietica. Perché (mi domando) malgrado queste iniziative sovietiche ripetute (penso all'Etiopia, alla Cambogia) che intervengono particolarmente nel Terzo Mondo, più che in Europa, assistiamo non già ad un crescente isolamento dell'Unione Sovietica, rispetto ai più avanzati Paesi ed ai movimenti di liberazione, ma a un fenomeno contrario visto che in Africa c'è una polarizzazione di forze e di Stati progressisti, intorno alla politica sovietica, e che ciò avviene in parte in America Latina. Il fatto evidente a mio parere, sempre taciuto dai nostri atlantici più osservanti è che negli ultimi anni è venuta crescendo una crisi dei rapporti reale tra i Paesi occidentali e soprattutto dei rapporti tra Stati Uniti e Paesi in via di sviluppo: una crisi che è causa autonoma e forse primaria di quel graduale prevalere nella politica americana, di una linea neo-aggressiva, che abbiamo sotto gli occhi (mi riferisco alla vicenda del SALT, alla vicenda dei missili, alle dichiarazioni prima di Carter, ora di Reagan sulla fine del complesso del Vietnam). A tutto ciò gli Stati Uniti rispondono alle cosiddette minacce sovietiche, con un più esplicito collegamento con l'ala destra nel Terzo Mondo, con una politica di riarmo più aggressiva e strumentale e con un'intesa politica prima e poi militare con la Cina. Quindi andiamo alla formazione di due blocchi e di una tensione, e quindi descriverli in termini tradizionali - il campo delle democrazie occidentali e il campo delle democrazie, o non democrazia socialiste - mi pare assolutamente ridicolo. L'idea stessa dei due campi tradizionali entro cui ripararsi dal diluvio è insensata; e non basta affermare la tendenza alla guerra. Anzi, la spinta alla guerra nasce proprio dalla crisi e dallo scompaginamento ormai irreversibile dei vecchi campi politici e ideologici e dall'emergere di schieramenti complessi all'interno dei quali passa il discrimine tra forza della pace e forza del conflitto. La sola speranza di rompere questa spirale è quella che entri in campo una terza forza che per le proprie risorse economiche, tecnologiche e culturali sia capace di dare un punto di riferimento al Terzo Mondo non ricattandolo sul piano delle armi, ma offrendogli una base di sviluppo e di reciproca utilità. Le basi di questa terza forza, che non è utopistica stanno sia nell'interesse oggettivo dell'Europa e di parte della stessa borghesia e del mondo cattolico a sottrarsi ad un'egemonia americana che trent'anni fa offriva una contropartita di sicurezza e di sviluppo e che oggi invece è in pura perdita, ma stanno d'altra parte nell'emergere nei Paesi non allineati di spinte, interessi, risorse che stimolino e consentano tale intesa e che ovunque cercano di liberarsi, anche nel campo sovietico, da una politica di blocchi.
Questo deve essere il centro del nostro dibattito, la definizione di una nuova politica esterna che parta non solo da giuste affermazioni di principio ma da un'analisi reale dello stato del mondo.
Il nodo politico che ubbidisce a questa scelta sta nel fatto che essa implica, come del resto lo implicava il Patto atlantico a suo tempo, una svolta e una trasformazione del sistema politico e sociale interno all'Europa e del suo modello di sviluppo. Non è più sperabile una soluzione vera, non ideologica, del problema della pace, se non nel quadro di una svolta radicale di politica interna.
Con l'avvio della politica di disarmo a livello internazionale e a livello nazionale, con la massima limitazione delle spese militari e la destinazione dei fondi a scopo sociale e di pace.
Questo, a nostro avviso, deve essere il terreno di confronto reale per uscire in modo concreto da questo dibattito come da altri. Il resto rischia di essere solo esercizio dialettico.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, per affrontare in tutta la sua dimensione ciò che ha significato l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Armata Rossa, crediamo che sia necessario andare oltre i limiti posti dalla mozione presentata qui dalla Democrazia cristiana, dal PRI e dal PLI mozione che, forse nell'ansia nobile, è giustificata per il dramma di quel Paese o per le sofferenze di quel popolo (oppure - ma ci auguriamo che questo non sia vero - per non creare difficoltà particolari al PCI, ci sembra non avere sufficientemente sottolineato le ragioni di ordine militare, economico, politico che sono alla base dell'espansionismo sovietico. Mozione che ci pare avere dimenticato le responsabilità dell'Occidente, che vanno freddamente denunciate, che si chiamano mancanza di coraggio, mancanza di volontà, mancanza di unità di intenti, cioè incapacità di capire, in una parola sola, le ragioni profonde della sua stessa crisi.
In questa direzione pertanto, svilupperemo brevemente il nostro intervento, cominciando con il dire che il punto di riferimento di tante battaglie militari e politiche vinte dalla Russia è ormai lontano.
Dall'Oriente, con il Vietnam e la Cambogia, alla grande operazione strategica di Cuba, all'Africa, con l'Angola e il Mozambico, dallo Yemen del Sud sino all'Afghanistan attraverso i movimenti di liberazione ed i partiti comunisti fratelli disseminati in ogni continente, l'imperialismo sovietico da tempo sta segnando tappe di rilievo eccezionale per il proprio espansionismo. La seconda guerra fredda, dopo quella del periodo '47-'55 non è scoppiata all'inizio degli anni '80. IL colpo di Kabul - dice Ronchey nella sua recente ed approfondita analisi sull'URSS - ha solo drammatizzato le tensioni di cinque o sei anni durante i quali è avvenuta l'incubazione del fatto nuovo. Dunque, al punto in cui siamo giunti, le condanne platoniche in nome degli impegni sottoscritti anche dalla Russia nell'atto finale di Helsinki, e poi traditi, non servono più. Anche la questione dell'Afghanistan, come tutte quelle che abbiamo ricordato e come le altre oggi sul tappeto, dipende dall'atteggiamento che l'Europa e l'Occidente vorranno assumere. Con i fatti concreti, però, e non con le vuote parole.
Cioè, senza illusioni pericolose, che si sono pagate e si pagano con guerre brutali, con allucinanti genocidi, con milioni di morti. Il mondo ha vissuto ed ha sofferto i più agghiaccianti avvenimenti nascondendosi dietro l'ipocrisia di molte formule e di tanti appelli per la pace: ma dimenticando di difendere l'umanità, la libertà, la civiltà.
In questo quadro, il cinismo e la spregiudicatezza del comunismo internazionale sono stati pari alla viltà di quanti hanno passivamente assistito, in Occidente ed in Oriente, alle terrificanti vicende che hanno travolto ogni diritto dell'uomo, lasciando spazio all'espansione di Mosca che si è sviluppata e che continua a svilupparsi perché i sovietici nei loro piani di accerchiamento del mondo libero, di penetrazione nelle "zone molli" del Terzo Mondo, di conquista dei grandi tesori dai quali dipende la società occidentale - tesoro energetico del Golfo Persico ed il tesoro minerario nell'Africa centro-meridionale - hanno potuto agire fidando nella debolezza dell'Occidente. Nessun prezzo sono stati chiamati infatti a pagare per le loro imprese: cosi in Angola, nello Zaire, nel Corno d'Africa e nella regione del Mar Rosso.
In questa situazione, diciamo che l'Occidente uscendo fuori dalla trappola della "distensione" deve finalmente reagire.
Solgenitzin nel suo ultimo saggio apparso in Italia: "L'errore dell'Occidente", ha scritto: "Dal comunismo non c'è niente da sperare: con la dottrina comunista non sono possibili compromessi". E ancora: "Il comunismo si ferma solo quando si imbatte in un muro. E basta anche il muro di una volontà ferma e forte". Siamo anche noi d'accordo: un muro di volontà ferme e forti per evitare che l'imperialismo di Mosca cancelli la civiltà occidentale, portandoci senza speranza nel tunnel del materialismo dove l'uomo è svuotato della propria memoria, della propria tradizione della propria dignità. Ma con una riflessione di fondo: non si sconfigge un materialismo opponendogli un altro materialismo. L'Occidente oggi ha di fronte a sé un duplice pericolo: esterno, il primo pericolo, che è visibile e temibile; interno l'altro, mascherato dietro la pericolosa "civiltà delle macchine", dove l'uomo diviene oggetto di consumo e di ingannevole felicità, quasi erede della macchina, anziché suo cervello e dominatore.
Contro i profeti della "società del benessere" e gli spacciatori di morfina per lo spirito dell'uomo occidentale è indispensabile riacquistare un sano ed integrale realismo nell'analisi delle situazioni. Solo una crisi riconosciuta come tale può essere superata. Solo vivificando i valori dimenticati ma non spenti, i valori che hanno fatto la storia del mondo nel segno delle civiltà occidentali, sarà possibile la vittoria contro un impero nemico dell'uomo e della libertà. Solo coltivando la nostra memoria storica potremo superare le tante debolezze che incoraggiano il nemico e consentono che sia schiacciata l'indipendenza dei popoli. I quali popoli non debbono più essere servi, non debbono più essere gregari, ma debbono diventare protagonisti della loro storia. E ciò vale, innanzitutto, per i popoli dell'Europa.
Queste le considerazioni che, secondo l'impegno assunto all'inizio del nostro intervento, abbiamo ritenuto di fare in ordine alle mire espansionistiche dell'Unione Sovietica sulla rassegnata volontà di non battersi dell'Occidente e sull'incapacità di guardare dentro le ragioni profonde della propria crisi.
Questa è la lezione che abbiamo tratto dai drammatici avvenimenti afghani e che anche altri dovrebbero trarre senza naturalmente venire meno sul piano umano e nel giudizio morale alla solidarietà profondissima per la sofferenza di quel popolo e per la sua mancanza di libertà. Così come senza incertezze, pronunciamo la nostra condanna per la politica sovietica e per i suoi metodi: una condanna che, tuttavia, resterà fatta soltanto di parole se non sarà sorretta e sostanziata dai propositi di cui parlavamo prima.
Ai comunisti, che abbiamo sentito anche in quest'aula condannare l'invasione dell'Afghanistan, vorremmo dire (ci dispiace che non sia in aula il Vicepresidente Sanlorenzo al quale già da altro dibattito dobbiamo questa precisazione) che siamo profondamente rispettosi del processo di revisione, sofferto e difficile che taluni di loro tentano di fare, ma crediamo che questo processo non li possa portare lontano. Il 26 luglio scorso, l'Armata Rossa era già entrata a Kabul, Berlinguer negava l'imperialismo sovietico ad Oriana Fallaci che glielo contestava.
"Nell'analisi scientifica che di questo concetto hanno fatto i marxisti diceva - l'imperialismo è legato alla formazione di monopoli capitalistici ed allo sfruttamento degli altri Paesi". E Berlinguer ha ragione perch l'identità del comunismo non cambia e non può cambiare nella storia e nell'ideologia né all'interno, né nei suoi legami internazionali. Mosca è la chiesa e nella chiesa ci si sta come credenti oppure si va allo scisma.
Ma lo scisma non è nel destino dei comunisti italiani ed è giusto per loro che sia così. Non è giusto, invece, ed è pericolosissimo, che forse che si autodefiniscono democratiche, per piccoli giochi di politica interna o per pigra viltà chiudano gli occhi davanti al pericolo comunista.
E' a questi partiti, soprattutto alla Democrazia cristiana che si accinge a votare o a concordare un ordine del giorno unitario, che bisogna chiedere più forza morale e più sicurezza di convinzioni, se si vuole battere il comunismo ed impedire che altri Afghanistan entrino drammaticamente nella nostra vita e nella storia dell'Occidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendo brevemente la parola a nome del Gruppo socialdemocratico per esprimere la più severa condanna all'invasione avvenuta in Afghanistan per opera delle truppe dell'Armata Rossa.
Noi diciamo un severo e deciso "no" a tutte le forme di imperialismo e di espansionismo, sia esso mascherato sotto ragioni di carattere culturale o ideologico, come economico, come religioso.
Il nostro giudizio è sempre negativo e deciso per ogni azione che con la violenza cerca di condizionare o predeterminare la vita e lo sviluppo delle altre Nazioni. Non siamo per giudizi graduali, ma decisi, perch laddove avvengono questi fatti, vi sia la più ferma e decisa condanna da parte delle forze democratiche. Perché, dovunque nel mondo vi sia oppressione e vi siano forze militari straniere che occupano con la violenza o la guerra altri Paesi, noi siamo sempre a condannare e a respingere fermamente.
Noi che come partito, siamo anche parte dell'Internazionale socialista siamo per la libera convivenza fra i popoli, siamo per l'autodeterminazione dei popoli. Non crediamo né nelle ideologie esportate né nelle esportazioni di modelli di sviluppo economico non agganciate alle singole realtà nazionali per gli aspetti culturali e storici, e non finiremo di avvertire i pericoli che sono presenti nel mondo di continui attacchi alle libertà dei popoli. Non vi sono ragioni dì carattere internazionale legate ad una qualche presunta sfida di modelli est-ovest né ragioni interne legate a fattori etnici o a fattori religiosi che, in quelle aree di confine fra Russia e Afghanistan, possano in qualche modo anche soltanto dare parvenze di giustificazione a questi interventi militari. La guerra chiama la guerra, chiama la morte, la distruzione, condizioni di vita spaventose per le popolazioni civili. Non è con le invasioni che si possono acquisire aree di consensi a modelli di società o di economia. Ancora una volta il complesso militare - industriale ha vinto nel momento dell'invasione.
Ancora una volta, quindi, ha vinto il volto truce dell'espansionismo di un certo autoritarismo, che ha peraltro anche alcune tradizioni storiche legate all'esperienza dello zarismo.
Siamo favorevoli per tutte quelle iniziative volte alla condanna dell'imperialismo, di questo imperialismo in questa occasione particolare e di tutti gli imperialismi che sono ancora presenti nel mondo. Anche per questo auspichiamo che vi sia da parte del Consiglio regionale un ordine del giorno unitario che condanni l'intervento dell'Unione Sovietica in Afghanistan.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signori Consiglieri, il Gruppo socialista condanna l'aggressione dell'Unione Sovietica all'Afghanistan, così come aveva condannato l'aggressione dell'Unione Sovietica all'Ungheria, alla Cecoslovacchia per i fatti della Germania dell'Est e in tante altre occasioni cui si è espressa la ormai consolidata condotta dell'Unione Sovietica quale Stato imperialista ed aggressore.
Noi socialisti abbiamo sempre avuto particolare attenzione più dall'Unione Sovietica. Non passa settimana che da parte del Governo o degli organi di informazione dell'Unione Sovietica non vengano attacchi al nostro partito. Recentemente una nota del Governo sovietico o di ispirazione del Governo sovietico ha attaccato pesantemente il Ministro della Difesa Lagorio perché avrebbe proposto delle sistemazioni avanzate al nostro Esercito la cui caratteristica è di esercito di difesa civile all'interno del Paese.
Vorrei rispondere a quanti hanno criticato la decisione presa dal nostro Paese rispetto all'installazione dei missili. Si dice che bisogna superare i due blocchi. D'accordo. L'Unione Sovietica però non può chiedere all'Occidente di non armarsi se essa stessa è in continuo riarmo. E' invece possibile ottenere la pace se l'Occidente si pone all'altezza ed alla pari per poter controbattere l'Unione Sovietica. Il 10 o il 12 delle risorse di quel Paese è destinato agli armamenti. E' ridicola quindi la critica al Ministro Lagorio. I socialisti hanno votato l'installazione dei missili non come aggressori verso l'Unione Sovietica, ma con l'intento di costituire in Europa un'area di mediazione fra i due grandi blocchi. L'Europa costituisce un elemento fondamentale della mediazione fra i due blocchi. A mio giudizio l'America di Carter sarà rivalutata per il comportamento che ha tenuto nell'Iran quando, in palese violazione di ogni principio internazionale venivano catturati i 45 membri dell'Ambasciata americana, non ha mosso alcun elemento (salvo il disgraziato blitz ridicolo nel deserto dell'Iran) e Carter ha perduto la sua battaglia elettorale proprio perché è stato iniziatore di un principio di trattativa e di pace con l'Iran, che pure deteneva l'Ambasciata americana. Proprio mentre l'America stava superando la politica imperialista e di Paese aggressore che aveva tenuto nel Vietnam e in tante altre parti del mondo, l'Unione Sovietica avviava una politica di aggressione all'Afghanistan e di oppressione sulla Polonia. Mentre l'Occidente cerca di superare quel lungo periodo di aggressione in tante parti del mondo, da parte dell'Unione Sovietica vi è una nuova fase di espansione, di imperialismo e di oppressione.
Il nostro partito da sempre pacifista, è favorevole al negoziato e ad una politica di distensione e di pace.



PRESIDENTE

Non vi sono altri interventi, quindi riteniamo concluso il dibattito. A nome dei Gruppi proponenti e a nome dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio ringrazio le forze politiche per il contributo che hanno dato al dibattito.
Al Consigliere Vetrino Nicola vorrei significare che la proposta che ha formulato verrà portata all'attenzione dell'Ufficio di Presidenza.
La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

La proposta di ordine del giorno necessita ancora di una verifica e della raccolta delle firme dei Capigruppo. Chiedo di rinviare la votazione ad un momento successivo comunque nel corso della mattinata.



PRESIDENTE

La proposta è accolta.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Esame progetto di legge n. 58: "Assegnazione di personale ai Gruppi consiliari"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto all'ordine del giorno che reca: Esame progetto di legge n. 58: "Assegnazione di personale ai Gruppi consiliari".
La parola al relatore, Consigliere Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca, relatore

Il disegno di legge risponde alla volontà emersa più volte in questo scorcio di legislatura di dotare i Gruppi di strutture idonee affinché i Consiglieri possano svolgere appieno la loro attività di approfondimento di studio, di documentazione sulla varie materie che sono attribuite alla competenza legislativa ed amministrativa della Regione.
Il disegno di legge evidenzia il significato politico del ruolo che i Gruppi consiliari sono chiamati a svolgere per essere loro stessi articolazione propria della struttura regionale e, in quanto tali interpreti di quella funzione di indirizzo e di sintesi che spetta al Consiglio regionale stesso. Non solo, ma essi sono corresponsabili del funzionamento del Consiglio regionale.
I Consiglieri regionali dovrebbero conoscere una circolare del Ministero per gli Affari Regionali che riconosce enfaticamente tale prerogativa dei Gruppi consiliari. La relazione approfondisce i compiti cui sono chiamati i Gruppi e per essi i Consiglieri regionali e tende ad evidenziare la necessità che il personale messo a disposizione sia, sotto il profilo numerico e sotto il profilo professionale, idoneo a svolgere una funzione di collaborazione. Si tratta di una proposta che si adegua ad una normativa legislativa già attuata da altre Regioni e, considerando che i molti problemi che si sono aperti oggi nella nostra Regione impegnano e obbligano i Consiglieri regionali ad un'attività straordinaria, riteniamo che la dotazione di personale sia ormai un fatto irrinunciabile. Questo provvedimento, che ha avuto inizio come proposta dell'Ufficio di Presidenza, è stato successivamente esaminato dai Capigruppo e dalla I Commissione che ne ha fatto oggetto di ripetute indagini. Ringraziamo la Giunta per la collaborazione che ha voluto portare in sede di I Commissione nell'elaborazione del documento e i funzionari regionali, la dott.ssa De Simone, il dott. Clemente, la dott.ssa Rovero e il dott. Notari, per l'impegno profuso affinché il progetto di legge si presenti ineccepibile e raccolga, oltre che il consenso che auspico di tutti i Consiglieri regionali, anche l'approvazione del Commissario di Governo.
Per questo motivo lo sottopongo all'attenzione dei Consiglieri regionali e chiedo a nome della Commissione il voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Questo disegno di legge, che era nella mente e nella penna dei Gruppi politici da qualche anno, costituisce un importante riconoscimento dell'attività dei Gruppi politici. Nel momento in cui approviamo questo provvedimento dobbiamo ribadire quello che abbiamo scritto nel 1970 e nel '75 e quello che ancora diciamo nel 1981 sulla centralità del Consiglio. Il valore di quanto le forze politiche esprimono deve trovare riconoscimento nell'organizzazione delle strutture.
Respingo affermazioni secondo cui i partiti debbono provvedere a se stessi, non debbono avere alcun legame di natura finanziaria o di supporto o di organizzazione all'interno delle istituzioni. Guai se le forze politiche venissero meno al loro compito fondamentale di vita democratica politica, di organizzazione, di programmazione e di governo all'interno del Paese autodeclassandosi a forze occasionalmente inserite nel contesto delle istituzioni.
L'abbiamo scritto e noi siamo fra quanti da domani incominceremo la battaglia perché si affermi la centralità del Consiglio regionale, quindi la forza che esso deve esprimere attraverso i suoi Gruppi politici, il valore che esso ha nella comunità non venga disperso, ma venga esaltato e sorretto.
Per adesso questa lunga battaglia è andata perduta. Palazzo Lascaris fu acquistato e ricostruito in primo luogo perché i Gruppi politici vi operassero e perché si creasse un polo di valori, di intelligenza, di proposte. Chi si unirà a noi socialisti in questa battaglia sarà il benvenuto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

La mia sarà una breve dichiarazione per esprimere il nostro consenso pieno, totale, responsabile alla legge che attribuisce la possibilità ai Gruppi di avvalersi di personale qualificato. C'è quasi il desiderio di cogliere in questa legge una provocazione contro il qualunquismo dilagante un atto di orgoglio delle forze politiche che chiedono di essere messe in condizione di fare a fondo e responsabilmente il proprio dovere e di essere misurate su questo. Non ci nascondiamo dietro questa legge, la difenderemo in ogni sede. Per concludere, diamo la piena adesione alle richieste di restituire ai Gruppi ed al Consiglio una dignità che purtroppo sta andando sbiadendosi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, mi associo alle dichiarazioni che sono state qui rese nelle dichiarazioni politiche dei Capigruppo Viglione e Bastianini.
Con questo provvedimento si viene a dare sanzione ad un importante principio secondo cui i Gruppi sono delle articolazioni del Consiglio. Di fatto non sarebbe possibile concepire una pienezza di vita democratica e una piena resa delle istituzioni se i Gruppi da un lato non avessero le condizioni strutturali e strumentali e dall'altro non si muovessero nell'ottica di essere protagonisti e partecipi della vita dell'istituzione.
La strada che abbiamo imboccato di rivedere il finanziamento ai Gruppi e quella di sanzionare in maniera stabile la struttura del personale è una strada giusta e corretta. Guai se affermassimo solo a parole il principio della dialettica democratica, dell'autonomia, dell'iniziativa legislativa dei Gruppi e se non traducessimo sul piano delle condizioni strutturali e degli strumenti queste affermazioni. Se la politica, i partiti e i Gruppi che ne sono una proiezione, vogliono riprendere dignità e pienezza di funzioni, questo può avvenire lasciando alle spalle il non conosciuto, il non trasparente, il non pubblico che, purtroppo, ha decretato per tanti anni un atteggiamento di diffidenza e di sfiducia nei confronti dei partiti. Dobbiamo incardinarci anche fisicamente, anche come Gruppi politici, nelle istituzioni, in maniera tale che la vivacità di un'istituzione sia anche vivacità di vita politica, sia trasparenza di vita politica sulla quale si possa fondare profittevolmente un lavoro che nella chiarezza delle posizioni e delle responsabilità dia il massimo di dinamica democratica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, esprimo il consenso del Gruppo Democrazia cristiana al progetto di legge n. 58 che, unitamente alla revisione della legge sul finanziamento ai Gruppi, rappresenta un importante e significativo momento della nostra attività. Il presupposto su cui si basa questo progetto di legge è quello del riconoscimento dei Gruppi come "articolazione" del Consiglio regionale, che di conseguenza vengono investiti di una particolare responsabilità nei confronti del funzionamento complessivo degli organi della Regione.
Abbiamo partecipato con gli altri Gruppi ai lavori della Commissione e siamo lieti di aver potuto contribuire a risolvere con un indirizzo unanime questo annoso problema. Avendo rinunciato a nostre particolari proposte questo ci impone di ricordare, nel momento in cui dichiariamo il nostro voto favorevole, che ci muoveremo per tutelare i diritti acquisiti dai dipendenti che in questi anni sono stati alle dirette dipendenze dei Gruppi, sulla base di diversi contratti di lavoro e dei poteri che ai Gruppi stessi erano stati assegnati dalla legge di finanziamento del 1972.
Per evitare sperequazioni di trattamento nella fase di passaggio dalla precedente alla nuova normativa, cercheremo di trovare le soluzioni più idonee che consentano, attraverso forme particolari di concorso pubblico una sistemazione onesta e giusta del personale.
In merito a quanto è stato affermato dal Capogruppo del PSI Viglione e richiamato dal Capogruppo del PCI anche noi ci associamo al preannunciato dibattito di ricerca delle condizioni che consentano ai Gruppi consiliari di contribuire in modo pieno al miglior funzionamento del Consiglio e delle proprie strutture.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, se nell'occasione abbiamo un motivo di lagnanza da esporre, è semmai quello che il provvedimento di legge portato adesso al nostro esame giunga troppo in ritardo; infatti da tempo altre Regioni si sono attrezzate nel modo in cui adesso va organizzandosi anche la Regione Piemonte. Esprimiamo quindi assenso a questa proposta di legge che inizialmente - va detto questo per debito di sincerità - aveva suscitato qualche nostra perplessità, laddove non prevedeva la possibilità di avvalersi di personale estraneo ai ranghi regionali. La formulazione poi introdotta all'art. 7 viene a superare questa difficoltà e rappresenta un'obiettiva garanzia anche per il nostro Gruppo.
Sottolineiamo quindi il riconoscimento ai Gruppi politici come articolazione del Consiglio regionale e sottolineiamo anche - questo lo diciamo per dovere di obiettività - l'indubbio apporto a condizioni di favore che vengono mosse proprio nei confronti dei Gruppi minori, resi così più facilitati nello svolgimento dei loro compiti. Dal momento che questa proposta di legge è approvata, si pone tutta una serie di altri problemi concatenati, ad incominciare da quello di una diversa sistemazione dei Gruppi. Abbiamo sentito annunciare dal Consigliere Viglione e dal Consigliere Genovese l'intenzione di trasferire tutti i Gruppi a Palazzo Lascaris, perché proprio per questo compito fondamentale questa sede era stata acquisita al patrimonio regionale. Dobbiamo dire che lungo questa via, cioè per il raggiungimento di questo fine, siamo senz'altro disponibili e favorevoli.
Annunciamo intanto il voto favorevole ai singoli articoli da parte del Gruppo del Movimento Sociale.



PRESIDENTE

La parola ancora alla signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Per completezza di informazione devo dire che nella fase di avvio della discussione relativamente a questo provvedimento (tra l'altro, è attribuito al Presidente Benzi il merito se oggi arriviamo a questa votazione in quanto più volte dall'inizio della legislatura sollecitò in sede di Capigruppo e di Ufficio di Presidenza una regolamentazione) i repubblicani si erano fatti portatori di una diversa proposta di legge. Pensavamo infatti che fosse preferibile un'attribuzione ai Gruppi di contributi annuali, per una serie di ragioni che spiegai opportunamente in sede di conferenza di Capigruppo. L'art. 7 va incontro a questa nostra esigenza poiché consente appunto ai Gruppi che lo desiderino, di stabilire un diverso modo di dotazione di personale.
In sede di presentazione di disegno di legge da parte dell'Ufficio di Presidenza avevamo dato il nostro voto favorevole per opportunità politica.
In questo momento diamo il nostro voto favorevole per convinzione politica.
Devo brevemente introdurmi sul discorso che è stato avviato sul fatto che questa legge vuole sfidare quelle calunnie, quelle ipotesi di qualunquismo alle quali a volte i partiti sono sottoposti.
Recentemente ho letto una frase che mi ha lasciata sconcertata: "Bisognerebbe decidere se i partiti stanno dalla parte del cittadino o dalla parte del potere.., i partiti in un certo senso sono i sindacati dei cittadini per il controllo della delega pubblica".
Credo che non ci sia niente di più sbagliato. Il partito non ha scelte da fare fra il cittadino e il potere. Il partito deve scegliere il cittadino e il potere, perché il potere non è una cosa sporca, il potere non è "l'uomo nero", non è il nemico da combattere. Il potere è ciò a cui legittimamente deve aspirare un partito che non sia un'associazione di questuanti, ma un organismo con delle idee, con degli ideali e con delle speranze.
Questa legge ha anche questa ambizione e cioè di far lavorare i Gruppi alla luce del sole, con personale con il quale la Regione ha un rapporto oppure con un personale che comunque inserito avrà un rapporto istituzionale. E' già stato detto che in fondo i premiati con questo disegno di legge sono i piccoli partiti che hanno maggiori difficoltà nello svolgere la loro attività all'interno del Consiglio. Per volontà unanime soprattutto dei grandi partiti, si è scelto il criterio della rappresentatività nell'assegnazione del personale. Questo è un fatto importante, che vuole definire la funzione insostituibile dei partiti piccoli nello schieramento politico italiano e in questo Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

L'intervento del Consigliere Genovese presupponeva che, al termine degli interventi, la Giunta si esprimesse su quello che in Commissione era stato detto e che Genovese ha ripetuto e cioè che questo disegno di legge non è definitivo, perché ci sono aspetti che dovranno trovare idonea collocazione con un successivo disegno di legge.
L'Assessore Testa, ora assente, in sede di Commissione si era espresso favorevolmente.
Chiedo agli altri Capigruppo che si impegnino a far seguire successivi provvedimenti che tengano conto delle situazioni dei lavoratori che dovranno trovare idonea collocazione nella struttura regionale.



PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza si farà carico della raccomandazione del Capogruppo Paganelli e la porterà alla discussione nella riunione dei Capigruppo.
Credo di dover riprendere quanto affermato dal Consigliere Vetrino Nicola relativamente al riconoscimento dell'attivismo del Presidente del Consiglio Benzi in ordine a questo provvedimento e dell'impegno che tutte le forze politiche hanno dimostrato per arrivare, sia pure in tempi non brevissimi, ad una conclusione.
Rivolgo anche un ringraziamento all'Ufficio di Presidenza a nome dei proponenti per avere accettato il compito di svolgere la relazione con tutte le mediazioni finali, le ricomposizioni di posizioni che questo compito ha comportato.
Passiamo ora alla votazione dell'articolato.
Art. 1 "Il personale occorrente per il funzionamento dei Gruppi consiliari è assegnato a ciascun Gruppo dalla Giunta regionale su proposta dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio entro i seguenti limiti: a) due entità per ogni Gruppo consiliare costituito a norma di Regolamento cui siano iscritti fino a 4 Consiglieri, di cui uno di livello funzionale non superiore al V livello e 1 di livello funzionale non superiore al VII b) tre unità per ogni Gruppo consiliare costituito a norma di Regolamento cui siano iscritti da 5 a 10 Consiglieri, di cui uno di livello funzionale non superiore al V livello e 2 di livello funzionale non superiore al VII c) cinque unità per ogni Gruppo consiliare costituito a norma di Regolamento cui siano iscritti oltre 10 Consiglieri, di cui 2 di livello funzionale non superiore al V livello e 3 di livello funzionale non superiore al VII".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "Il personale di cui alla presente legge può essere scelto: a) fra gli impiegati regionali di qualifica corrispondente a quella da assegnare b) fra impiegati di Enti pubblici a tal fine comandati presso la Regione di qualifica corrispondente a quella da assegnare".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "L'assegnazione del personale di cui alla lettera a) dell'articolo precedente è disposta dalla Giunta regionale su proposta dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio, previa richiesta nominativa dei singoli Gruppi o dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio qualora si tratti di personale in servizio negli uffici del Consiglio regionale. In ogni caso è richiesto il preventivo assenso dell'interessato".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "La richiesta nominativa dei Presidenti dei Gruppi consiliari di assegnazione del personale di cui alla lettera b) dell'art. 2, è trasmessa dal Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della Giunta stessa su proposta dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale all'Ente pubblico presso il quale è in servizio il dipendente.
L'assegnazione ai Gruppi è disposta dalla Giunta regionale dopo la delibera di comando alla Regione adottata dall'Ente di appartenenza del dipendente stesso, esperite le procedure di cui all'art. 35 della legge regionale 17/12/1979, n. 74.
Il personale di cui al presente articolo conserva il trattamento dell'Ente pubblico di appartenenza e i doveri ed i diritti del proprio stato giuridico".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 "L'orario di servizio del personale di cui ai precedenti articoli, i limiti del lavoro straordinario retribuito, le modalità di trasferta o missione sono disciplinati dai rispettivi Presidenti dei Gruppi consiliari, secondo le esigenze operative di ciascun Gruppo, nel rispetto della normativa regionale vigente in materia di personale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 "L'assegnazione ai Gruppi consiliari del personale di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2 della presente legge, ha termine con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza assunta su motivata richiesta del Presidente del Gruppo consiliare cui il personale è assegnato.
L'assegnazione stessa è revocata in caso di scioglimento del Gruppo presso cui il personale presta servizio ed ha comunque termine con la ricostituzione dei Gruppi consiliari a seguito del rinnovo del Consiglio regionale.
L'assegnazione ai Gruppi può essere rinnovata su nuova specifica richiesta dei Presidenti dei Gruppi consiliari, con le stesse modalità previste per la prima assegnazione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 "Ai Gruppi che non si avvalgono di personale messo a disposizione ai sensi dei precedenti articoli o che se ne avvalgano solo per una parte del contingente loro spettante, viene erogato un finanziamento sostitutivo pari al costo globale previsto per il personale regionale dei corrispondenti livelli funzionali determinati in base a quanto previsto all'art. 1 della presente legge.
Il finanziamento di cui al comma precedente è assegnato con provvedimento dall'Ufficio di Presidenza e corrisposto in rate mensili, commisurate all'effettivo e comprovato impiego di personale nel limite dei fondi a tal fine destinati nel bilancio regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 "Ai Gruppi che, prima dell'entrata in vigore della presente legge, si siano avvalsi in forma continuativa di personale per il proprio funzionamento, su deliberazione dell'Ufficio di Presidenza è corrisposto, a rimborso forfetario delle maggiori spese sostenute, un contributo una tantum di Lire: 3.000.000 per i Gruppi fino a 3 Consiglieri 5.000.000 per i Gruppi fino a 10 Consiglieri 10.000.000 per i Gruppi oltre 10 Consiglieri".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 "Per l'attuazione della presente legge in base a quanto disposto dal precedente art. 1, la dotazione organica del personale prevista all'art. 10 della legge regionale 17/12/1979, n. 73 è integrata di 23 unità così ripartite per livelli: 7 livello: n. 8 unità 6 livello: n. 5 unità 5 livello: n. 8 unità 4 livello: n. 2 unità Totale: n. 23 unità".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 " All'onere derivante dall'applicazione della presente legge si fa fronte per l'anno 1981, per quanto riguarda gli artt. 1, 3 e 4, con lo stanziamento iscritto ai Capp. 200 - 220 dello stato di previsione della spesa e per quanto riguarda gli artt. 7 e 8 con lo stanziamento iscritto al Cap. 50 dello stato di previsione stesso.
Per gli anni successivi si farà fronte con gli stanziamenti iscritti ai corrispondenti capitoli del bilancio regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Art. 11 "Nella prima applicazione della presente legge il costo per il personale per il finanziamento sostitutivo ai Gruppi previsto dal precedente art. 7 si intende comprensivo dei diritti eventualmente maturati dal personale in servizio presso i Gruppi consiliari alla data di approvazione della presente legge, secondo debita certificazione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio e comunque nei limiti dei livelli determinati ai sensi del precedente art. 1".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Art. 12 "La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Si passi alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Caccia

Esame progetto di legge n. 65: "Proroga del termine di scadenza delle riserve di caccia"


PRESIDENTE

Passiamo al punto settimo dell'ordine del giorno: Esame progetto di legge n. 65: "Proroga del termine di scadenza delle riserve di caccia".
La parola al relatore, Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, il disegno di legge regionale n. 65, che la VI Commissione sottopone all'esame del Consiglio regionale viene a normare un aspetto che è stato oggetto di lunga discussione anche in seno alla Commissione stessa, pur nell'estrema sinteticità del testo formale del provvedimento. L'argomento "caccia" è già di per sé stimolatore di controversie e dispute: ancor più si può dire - al suo interno - per gli elementi collegati allo specifico istituto delle riserve di caccia.
Abbiamo allegato alla relazione uno specchietto illustrativo. Anche se i dati non sono del tutto precisi, esso dà il quadro dell'attuale presenza dell'Istituto riservistico nella Regione Piemonte. Sono escluse ovviamente le riserve esistenti nella zona alta e nei comparti alpini.
Com'è noto, la legge nazionale (legge quadro) in materia di caccia legge 968 del 27/12/1977 - stabiliva che le concessioni in atto sarebbero rimaste in vigore fino alla scadenza e per un solo rinnovo, comunque non oltre tre anni dall'entrata in vigore della legge stessa. La legge adottata dalla Regione Piemonte in materia di caccia (legge n. 60 del 17/10/1979) precisava, all'art. 71, che le concessioni delle riserve sarebbero rimaste in vigore sino alla scadenza e per un solo rinnovo deliberato dalle Province, e non oltre il termine stabilito dalla legge statale. Con lo stesso articolo si prevedeva inoltre la trasformazione delle riserve stesse, alla scadenza, in oasi di protezione, fino alla destinazione definitiva prevista dal piano quadriennale regionale.
Tuttavia, nel frattempo, è intervenuta la legge statale del 16/1/1981 n. 9, con la quale si dà facoltà alle Regioni di prorogare per un periodo non superiore a due anni il termine previsto dalla legge n. 968, al fine di consentire la trasformazione delle riserve in aziende faunistico-venatorie qualora sussistano i requisiti richiesti dall'art. 72 della legge regionale n. 60.
Con il presente provvedimento la Regione Piemonte intende avvalersi della facoltà prevista dalla norma sopra richiamata. Ragioni legate: alla carente definizione della programmazione faunistica complessiva - che preveda un inquadramento globale sul territorio di ogni localizzazione all'indispensabile ricognizione delle varie possibilità consentite di destinazione finale delle riserve; alla necessità di non disperdere quanto di valido l'esperienza riservistica può aver rappresentato; all'esigenza di preparare una graduale transizione alle finalità del dettato legislativo nazionale, ma ancor più regionale - che rappresenta comunque una prescrizione non più dilazionabile -; hanno suggerito l'opportunità del presente provvedimento.
L'ampia consultazione doverosamente svolta dalla Commissione con Enti locali, associazioni protezionistiche, associazioni venatorie organizzazioni agricole e sindacali, ha evidenziato, per larga parte l'assenso sul provvedimento regionale in esame. Un giudizio decisamente negativo è venuto invece dall'ENPA, dall'ARCI-CACCIA, che peraltro ha presentato una serie di firme raccolte a campione in due località del Piemonte (che sono state ricordate anche con lettera comunicata questa mattina ai Capigruppo consiliari) e dall'Associazione Italia Nostra.
Merita peraltro rilevare che tutti gli enti consultati hanno in ogni caso sollecitato una rapida definizione della programmazione faunistica regionale che consenta di attuare i principi ispiratori della legge regionale n. 60 e di avviare il superamento - ormai sancito da tutta la legislazione - dell'istituto riservistico.
Al riguardo, si ritiene che l'avvenuta costituzione della Consulta regionale per la tutela della fauna e l'avvio completo delle Consulte provinciali possano rappresentare una tappa importante per il concretizzarsi della programmazione faunistica.
Nello specifico del provvedimento si precisa che, avendo la legge regionale delegato le funzioni alle Province, il legislatore regionale pu soltanto spostare il termine ultimo di proroga, salve rimanendo le competenze provinciali per gli adempimenti conseguenti all'osservanza del T.U. n. 1016 del '39 e successive modificazioni, nonché le deliberazioni assunte ai sensi della legge regionale n. 60.
Si richiede nel contempo anche la dichiarazione d'urgenza, posto che la legge 9 stabilisce transitoriamente la proroga non oltre quattro mesi dalla sua entrata in vigore (gennaio 1981). Ciò al fine anche di dare certezza di continuità che consenta di adempiere in pieno da parte dei riservisti agli obblighi previsti nella concessione e di dare assicurazioni sul piano occupazionale ai dipendenti delle riserve stesse. Anche se per questi ultimi occorre, da parte di tutti, l'impegno per trovare nei prossimi due anni soluzioni graduali che consentano alle 320 guardie di arrivare all'ultimo giorno di scadenza senza il timore della perdita del posto di lavoro per carenza di alternative.
La VI Commissione ha, infine, ravvisata l'opportunità che contestualmente all'approvazione della legge si addivenga alla formulazione di un ordine del giorno del Consiglio che raccomandi una sollecita attuazione della legge regionale n. 60 per gli aspetti di indirizzo e programmatici.
Debbo ancora precisare per doverosa informazione al Consiglio che in seno alla VI Commissione la discussione si è incentrata più che altro sull'opportunità del provvedimento e che il testo è stato licenziato con l'assenso del Gruppo democristiano e del Gruppo socialdemocratico e con una dichiarazione di voto di astensione da parte del Gruppo comunista.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Il Gruppo del P.S.I. dichiara voto favorevole al disegno di legge n.
65.
Il problema delle riserve può dare luogo a motivi di dubbio. Le riserve non dovrebbero avere carattere speculativo, dovrebbero essere aziende faunistiche di sperimentazione, di produzione della fauna, dovrebbero essere anche un supporto per i liberi cacciatori che in genere non hanno grandi possibilità di trovare selvaggina sul territorio.
Il Gruppo socialista non può accedere alla richiesta di abbandono di ogni iniziativa faunistica di tipo privato che è produttrice e sperimentatrice specie di quella selvaggina di cui non abbiamo quasi più traccia (specie alpine difficilmente riproducibili in cattività). La tutela, anche sotto l'aspetto della sperimentazione e della riproduzione ha dato risultati importanti per il gallo cedrone, per il gallo forcello e per altre specie. Chi pensa che ci si debba sempre riferire al pubblico che il pubblico provveda all'azienda faunistica, che allevi le starne ed i fagiani, che provveda ad alimentarli e sia sempre l'iniziatore di ogni processo che attenga alla società o che sia di suo interesse, perde la sua battaglia. Tutto questo deve essere correttamente visto, controllato e noi siamo anche perché il rapporto fra pubblico e privato sia mediato nella direzione che abbiamo indicato.
Oggi con questa legge diamo una proroga, ma dobbiamo avviare questo discorso in modo più ampio, perché riteniamo che sia di interesse comune il portarlo avanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

La proposta della Giunta regionale si avvale della facoltà offerta dalla legge del 16/1/1981 n. 9 di prorogare per un periodo non superiore a due anni il termine previsto dalla legge 968. E' un'iniziativa che vuole trovare una soluzione perché non si disperdano quegli elementi positivi richiamati anche dall'intervento del Capo gruppo socialista, che l'esperienza riservistica ha rappresentato in questi anni. Non vorremmo che momenti negativi ed episodici de terminino conseguenti atteggiamenti di voto verso un progetto di legge che si colloca positivamente come finalità e come presupposto.
Esistono motivi, giustificazioni che impongono di esprimere un giudizio positivo sulla proposta che la Giunta regionale ha presentato: l'urgenza la necessità di predisporre un passaggio a gradi dalla normativa nazionale il problema sul quale ci sono state forzature o speculazioni.
Il progetto di legge che oggi viene presentato è diverso dal testo originario presentato dalla Giunta proprio perché ha accolto i suggerimenti venuti dagli enti consultati.
Riteniamo che un cambiamento affrettato delle riserve faunistiche possa procurare danni negativi al settore. Siamo in un periodo di transizione e la normativa proposta si colloca come elemento di congiuntura fra la vecchia e la nuova disciplina.
Il nostro atteggiamento è responsabile, seppure mutato rispetto a quello tenuto in passato rispetto all'atteggiamento della Giunta regionale precedente che marciava nel senso di imporre alle Province piemontesi l'eliminazione delle riserve. Prendiamo atto della disponibilità al riferimento al privato per quello che di positivo si vuol rilevare in questa considerazione.
Per questi motivi il giudizio del nostro Gruppo consiliare è prevalentemente positivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Devo innanzitutto ringraziare il Consigliere Mignone per aver presentato alla valutazione del Consiglio una relazione che ha messo in luce i vari argomenti e le varie posizioni che sono emerse nel corso del dibattito relativamente alla proposta di legge n. 65.
E' stato anche opportuno da parte dei colleghi che mi hanno preceduto richiamare i dati generali del dibattito che si è sviluppato in questi ultimi anni attorno ai problemi della caccia: mi riferisco al dibattito del Consiglio regionale sulla legge regionale n. 60 e al dibattito più breve nel corso della terza legislatura.
La proposta attuale va valutata alla luce di questo retroterra e di queste motivazioni con la consapevolezza che su questi temi vasti settori dell'opinione pubblica sono venuti via via formandosi una loro autonoma opinione circa il modo di atteggiarsi alla caccia. Nella legge regionale n.
60 venivano riposte molte aspettative sul piano della regolamentazione dell'esercizio venatorio.
Sulle riserve e sul ruolo che esse sono venute esercitando negli ultimi anni si sono accentrate molte valutazioni critiche da parte delle associazioni dei cacciatori, delle forze politiche e dell'opinione pubblica. La nostra valutazione sulla decisione del Parlamento di consentire alle Regioni di prorogare per altri due anni l'istituto riservistico è una valutazione critica, come risulta dalla relazione. Di fatto la proroga è dettata dal riconoscimento che un arco di tempo di tre anni non ha consentito l'avvio delle procedure di programmazione faunistica, poste nella legge nazionale come uno dei riferimenti precisi.
L'avvalersi di tale facoltà da parte della Regione Piemonte comporta un'incoerenza rispetto alla legge n. 60, se si pensa che l'art. 71 già prevedeva questa eventualità oltre alla trasformazione in oasi di protezione fino alla destinazione definitiva prevista dal piano quadriennale regionale.
La nostra impostazione non vuole apparire come un'impostazione volta solo al pubblico perché esistono aziende private che hanno saputo svolgere il loro ruolo in modo serio. Se non è stato possibile fare questo in tre anni, in un momento in cui il Paese aveva avuto una forte sollecitazione con la raccolta di firme per il referendum abrogativo, ci chiediamo se la non sufficiente volontà e determinazione dei soggetti coinvolti, gli interessi del sistema riservistico e anche i condizionamenti che questi interessi determinano potranno essere superati in un arco di due anni.
Di fronte a queste valutazioni sarebbe più credibile e politicamente più serio non avvalersi della facoltà prevista dalla legge n. 9 del 16/1/1981, di attuare il disposto dell'art. 71 della legge regionale.
Alcune motivazioni che sono state portate nel corso del dibattito che ha preceduto questa seduta del Consiglio regionale ci ha però convinti del fatto che forse sarebbe stato più utile o più opportuno provvedere alla variazione di una parte dell'art. 71 della legge n. 60. Questo diverso orientamento da parte del Consiglio regionale non avrebbe forse maggiori possibilità di richiamare tutti all'esigenza di un più rigoroso rispetto delle leggi regionali e quindi di accelerare il processo di elaborazione dei piani faunistici territoriali provinciali e del piano faunistico regionale? Nel corso delle consultazioni è emerso un orientamento contrario all'istituto riservistico e il Gruppo comunista non si è limitato alle consultazioni promosse dalla VI Commissione, ma si è anche confrontato e consultato direttamente con il mondo dei cacciatori. Questo orientamento l'abbiamo riscontrato anche li, è un orientamento maturato negli ultimi anni da un'ulteriore estensione delle riserve nell'anacronistico perdurare di una fascia di privilegi e di una situazione di decadimento che via via si è riscontrata tanto che per molte riserve piemontesi di tutto si pu parlare fuorché di future aziende faunistiche e venatorie.
E' quindi debole, a nostro parere, la motivazione, peraltro formalmente corretta, secondo cui un'indiscriminata soppressione di tutte le riserve produrrebbe un ulteriore grave danno. Non proponiamo un'indiscriminata soppressione delle riserve. In molti casi le riserve non hanno più il patrimonio e la presenza faunistica, quindi le cose resterebbero come sono senza nessun danno. La decisione di avvalersi della facoltà di proroga è derivata anche dalla preoccupazione di salvaguardare il posto di lavoro di oltre 300 dipendenti delle attuali riserve. Siamo sicuramente sensibili a questo discorso, comunque riteniamo che il problema esiste oggi e si porrà anche allo scadere dei due anni. Il personale attuale è qualificato e competente e potrebbe vederci immediatamente disponibili ad una ricerca di soluzione per una collocazione diversa all'interno del processo produttivo del Paese.
Noi saremmo dell'avviso di modificare l'art. 71, dando alle Amministrazioni provinciali, con la procedura che è prevista all'art. 6 della legge 60, il compito di individuare i territori adibiti a riserva che hanno le caratteristiche, la funzionalità e il patrimonio naturalistico per la trasformazione in aziende faunistiche e venatorie, in attesa dell'approvazione del piano territoriale provinciale faunistico e di prorogare per due anni le concessioni in atto. Tutti quei territori che non avessero quelle caratteristiche potrebbero, secondo il disposto dell'art.
71, secondo comma, essere trasformati in oasi di protezione fino alla destinazione definitiva prevista dal piano quadriennale regionale. E' una proposta che tende a responsabilizzare le Amministrazioni provinciali, ad accelerare la definizione dei piani faunistici territoriali e a non disperdere quanto di positivo è oggi esistente.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Borando. Ne ha facoltà.



BORANDO Carlo

Non posso che dare la mia personale adesione alle conclusioni a cui è giunta la Commissione.
Ho l'impressione che in alcune forze politiche ci sia la voglia di far sparire le riserve come se fossero antico retaggio in un modo che cambia.
Con l'approvazione di questo ci sarà la possibilità di far sparire le riserve. Quali? Quelle che non rispondono ai requisiti, alle funzioni, ai principi, allo spirito per i quali sono state costituite. Se i Comitati provinciali caccia, ossia le Province, delegati dalla Regione, sapranno svolgere questa funzione, avremo delle aziende faunistiche che rispondono ai requisiti per i quali furono a suo tempo istituite le riserve con la salvaguardia di una parte almeno dei territori provinciali sotto l'aspetto faunistico e ambientale. Alle Province passa questo compito e alla Regione quello di controllare (visto che non possiamo dubitare della Regione.
Altrimenti varrebbe il vecchio detto latino: "Quid custodet custodern?" allora non ci fermiamo più).
Quindi dichiaro il mio voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Non sono un esperto di caccia non essendo cacciatore e non avendo purtroppo il tempo per approfondire il problema. Abbiamo una legge nazionale e una legge regionale con l'obiettivo del superamento dell'istituto riservistico, ma a tre anni dalla legge nazionale e a più di un anno da quella regionale, non si sono predisposte le misure atte ad applicare le leggi: questo sottintende un problema di volontà politica. Ora si propone una proroga e non si capisce perché questa proroga dovrebbe permettere l'avvio del piano. A mio avviso con questa proroga si rinvia di due anni l'applicazione della legge mentre, a mio avviso, occorre applicare la legge che prevede l'estinzione delle risorse e la trasformazione in oasi di protezione come condizione per affrontare i piani e superare quelle resistenze che non hanno permesso di fare una programmazione complessiva.
L'ARCI-CACCIA dice che 2.000 cittadini e cacciatori appartenenti alle varie organizzazioni chiedono che la Regione non faccia uso della facoltà di proroga delle riserve. Per superare la resistenze politiche in ordine alla predisposizione di un piano occorre trasformare le riserve in oasi di protezione costringendo i soggetti interessati ad avviare un programma faunistico complessivo.
Voterò contro questo progetto di legge.



PRESIDENTE

La parola alla signora Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Credo sia corretto completare l'informazione data dal Consigliere Mignone sul comportamento delle forze politiche in Commissione dove da parte mia è stata fatta una dichiarazione di voto contrario al provvedimento anche a nome dell'altro esponente della sinistra indipendente.
Le motivazioni sono quelle esposte dal collega Avondo. Da quelle premesse deduco un voto non solo di astensione ma un voto decisamente contrario.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

La legge statale 968 stabilisce l'obbligo per le Regioni di munirsi di piani faunistici ai fini della distribuzione sul territorio delle zone faunisticamente rilevanti. Quanto alle riserve nella legge sono ritenute degli istituti superati che entro il triennio si deve pervenire all'estinzione.
La legge regionale n. 60 nel recepire quanto ho detto sopra conferma il superamento dell'istituto riservistico privato e stabilisce l'avvio dei piani territoriali faunistici. In occasione del dibattito in Consiglio sulla legge 80 avevamo notato che si erano manifestati degli inammissibili ritardi nella formazione dei piani faunistici e nel varo delle zone autogestite. Si arriva quindi alla legge statale n. 9 del 16/1/1981 che assegna alle Regioni una proroga di altri due anni rispetto al termine stabilito dalla legge quadro. Conseguentemente la Regione Piemonte deve adeguarsi e il disegno di legge 65 appare come una necessità di fatto inderogabile.
Nella prima relazione di accompagnamento al disegno di legge si era scritto che le procedure di programmazione faunistica hanno richiesto più tempo di quanto previsto. Non viene detto però a quale stadio tali procedure si trovino e per quale motivo si ritiene che altri due anni possano essere sufficienti per mettersi in regola. Il Consiglio ha bisogno di una dettagliata relazione su quanto è stato fatto e su quanto resta ancora da fare. Tra l'altro sarà anche opportuno regolamentare le zone di ripopolamento e di rifugio della selvaggina (mi dicono, per esempio, che le lepri d'inverno mangiano molto, quindi si tratterà di affrontare anche questo discorso). Quali sono i motivi per cui si verifica questa lentezza? Sono le consuete beghe tra piccoli patentati locali oppure spartizioni di incarichi tra i Gruppi politici o tra le apparentate sezioni venatorie? Spero che non sia questo. Di fatto, però, esprimere un voto favorevole, di astensione o contrario a questo disegno significa dare un voto di benestare a quanto non è ancora stato fatto dalle Amministrazioni provinciali che sono le vere responsabili dell'inerzia a tre anni dal varo della legge quadro.
L'aspetto positivo di questa legge è nella proroga forzata che mantiene agganciate le riserve alle procedure del piano faunistico e non consente quindi che continuino a restare luoghi di sostanziale extraterritorialità.
Chiederemo all'Assessore di considerare la possibilità di modificare il termine della proroga da due anni ad un anno, nella convinzione che si possa ricomporre la situazione e per dimostrare la nostra buona volontà nell'andare a tamponare falle aperte. Quindi prima di definire la nostra posizione gradiremmo sentire la replica dell'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

In questo consesso si era a suo tempo paventata, com'era tradizione nel governo del regno sabaudo, la caduta della Giunta per colpa della caccia.
Ho la netta impressione che questa Giunta non cada soltanto per spirito di servizio delle opposizioni, che voteranno in termini di convincimento e non in termini strumentali.
Ci sembra molto scorretto da parte della sinistra introdurre in questa assise un ulteriore interlocutore: siccome non si ha il coraggio di dire che si vota contro il progetto della Giunta, si fanno le dichiarazioni a nome della sinistra indipendente. L'Ufficio di Presidenza prenda atto di questo e dia adito alle procedure conseguenti. Dichiarazioni di voto anche a nome "dell'altro esponente della sinistra indipendente" non sono di tipo individuale, ma hanno un minimo di collegialità: un minimo di collegialità significa Gruppo. Siccome il Regolamento prevede la costituzione dei Gruppi, si costituisca Gruppo della sinistra indipendente, dopodich sapremo a nome di chi si parla, a nome di chi si vota, a nome di chi si decide. Ogni volta che la classe politica si trova a fare i conti con le cose concrete e comprensibili a tutti, i giochetti e le espressioni fumogene non giocano più. E' difficile su certi argomenti trovare quei marchingegni, in cui è abilissimo il Capogruppo comunista, per cui attraverso l'indicazione di un'espressione rispetto ad un'altra, i documenti politici diventano diversi.
E' stato scritto in un'intervista su un giornale torinese (non ricordo se come dichiarazione riferibile al personaggio o come considerazione dell'articolista) che "il vento del '75 è cambiato". E che il vento del '75 sia cambiato, secondo me, si avverte anche in queste cose.
La collega Vetrino Nicola richiedeva perché non è stata attuata la legge. Mi viene in mente una frase di un noto, ormai defunto, personaggio liberale il quale ci spiegava che i residui passivi dello Stato certe volte sono la capacità della burocrazia, quindi della realtà, di far giustizia delle follie dei politici. Questa legge non è attuata perché le ragioni della realtà sono più forti delle follie dei politici, quindi non per le connivenze di periferia, o per i patentati locali. C'è una realtà che ha una sua ragione di conservarsi e che mette in movimento tutte le forze di conservazione e di realizzazione in modo tale da riuscire ad influire sul politico fino al punto o di impedirgli di portare all'estrema follia le sue determinazioni o, come in questa sede, di indurlo a fare una pausa di riflessione. Vorrei anche capire dalle dichiarazioni della maggioranza se questa è una pausa di riflessione procedurale o è un cambio di indirizzo.
Sono due gli interventi del Capogruppo socialista su problemi contingenti che individuano una prospettiva diversa. Viglione dice che questa legge è soprattutto il recupero della funzione del privato: il recupero del privato, quindi della riserva, è un'enunciazione politica. Viglione non dice: "non ce l'abbiamo fatta, non avevamo i fondi, non c'erano i piani provinciali". Nella sua dichiarazione c'é un preciso richiamo alle benemerenze, agli attributi e alle capacità operative delle riserve.
Altrettanto è avvenuto nel corso del dibattito sul centro neuro-chirurgico delle Molinette: mentre si diceva che si può accedere a qualche convenzione marginale causa di una situazione di emergenza, l'intervento del Partito Socialista è stato diverso. Se ci si rende conto che una collettività deve produrre anche altri soggetti, se c'è bisogno di pluralismo economico scientifico, culturale, sportivo vuol dire che veramente "il vento del '75" è cambiato. Quando vi rendete conto che per curare gli ammalati di cuore ci si deve rivolgere alle strutture private che hanno capacità scientifica tecnica, operativa, vuol dire che il "vento del '75 è cambiato". Quando ci si viene a dire, su un versante come questo, molto meno importante ma non meno significativo, che l'attività che i privati hanno svolto è stata positiva e costruttiva e che come tale va salvaguardata e recuperata, vuol dire che è cambiato il vento del '75, vuol dire che è cessata una situazione di subordinazione del Partito Socialista nei confronti del Partito Comunista, vuol dire che il Partito Socialista ha riconosciuto non solo una dignità vicariante del privato rispetto al pubblico, ma una pari dignità del privato che ha titoli, ha funzioni e che è complementare.
Per questo motivo non esprimeremo un voto strumentale (sperando che anche in Piemonte una Giunta cada sulla caccia), ma daremo voto favorevole perché ci sembra che questa legge abbia provocato un ripensamento su una materia che forse è stata affrontata con troppo velleitarismo.
Di questo diamo atto all'Assessore che l'ha proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

L'intervento ultimo del collega Marchini ha introdotto elementi tali che a volerli raccogliere ci porterebbero molto lontano.
Osiamo dire tranquillamente di non vedere come fatto scandaloso l'annunciato voto contrario di alcuni Consiglieri del Gruppo comunista. Non è, Consigliere Marchini, questo un elemento sufficiente per sottolineare possibili crisi all'interno del Gruppo comunista: il problema della caccia ha sempre diviso le coscienze e ha sempre spaccato gli schieramenti. Quindi non ci fermeremo su questo punto. Per noi una battaglia seriamente anticomunista la si fa in altro modo: per esempio, non firmando con i comunisti l'ordine del giorno che vede tutti uniti nella condanna dei fatti afghani.
Sul problema della caccia la nostra posizione si tradurrà in un voto favorevole al di là di qualunque valutazione strumentale.
In effetti, la Regione ha la facoltà di dare attuazione ad un disposto della legge statale. La proroga si rende necessaria - non lo si è detto o lo si è detto in forme molto circonlocutorie - in quanto è mancata una seria programmazione dei piani faunistici.
Non vogliamo ora addentrarci in una disputa sull'istituto riservistico che già tanto ha fatto discutere i colleghi. In realtà, il problema è stato male affrontato sin dall'inizio, perché non ci si è voluti rendere conto che le riserve di caccia non erano qualche cosa che si potesse sopprimere dall'oggi al domani, ma erano il sistema portante di tutta la struttura faunistica e venatoria.
Se appena fosse stato possibile dare attuazione alle leggi statali e regionali, saremmo arrivati immediatamente alla soppressione della riserva di caccia. E qui ha ragione Marchini quando dice che molte volte le volontà dei politici si scontrano con la realtà delle cose: e la realtà delle cose ha dimostrato che sul terreno della soppressione delle riserve private occorre procedere avendo prima predisposto gli opportuni strumenti alternativi. Per questi motivi diamo il voto favorevole ad un progetto di legge che - lo ripetiamo ancora - si limita a dare attuazione ad una disposizione statale che prevede esplicitamente la proroga per le riserve di caccia.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla caccia

L'esauriente relazione del collega Mignone e gli interventi hanno messo a fuoco la materia per cui posso concludere a nome della Giunta con una replica molto breve.
La presentazione di questo disegno di legge, che giunge peraltro un aula in un testo diverso da quello inizialmente proposto dalla Giunta, che raccoglie i pareri venuti dalle consultazioni e sul quale la Giunta si è dichiarata d'accordo, è dovuta alla legge nazionale che ha dato alle Regioni la facoltà di prorogare per un massimo di due anni le concessioni delle riserve di caccia, partendo dal presupposto che successivamente all'entrata in vigore della nuova legge nazionale le Regioni non avevano dato corso alle procedure per instaurare i nuovi sistemi di caccia sostitutivi del tradizionale istituto riservistico.
In questa situazione la Regione avrebbe potuto adottare in alternativa due soluzioni: la soppressione delle riserve trasformandole in oasi, soluzione che avrebbe comportato l'immediato e totale licenziamento del personale addetto alla vigilanza e, per l'inesistenza di strutture adeguate e di risorse finanziarie e stante l'impossibilità tecnica di dar corso alla gestione delle oasi, la falcidia se non la scomparsa della selvaggina esistente nelle riserve, oltre al bracconaggio facoltà di determinazione alle Province sulle riserve da conservare e sulle riserve da sopprimere, soluzione sulla quale non si è trovato l'accordo perché avrebbe introdotto una situazione di incertezza del diritto e di iniqua differenza tra una Provincia e l'altra.
Abbiamo preferito invece la dizione del testo che viene portato al voto del Consiglio nel quale la Regione fa propria la scelta di prorogare le concessioni per due anni, lasciando salvi in base alle deleghe che la legge regionale ha concesso, i poteri delle Province. Questi poteri delle Province si esercitano in due direzioni: verifica della sussistenza delle condizioni di legge che rendono la riserva legittima, cioè la rispondenza ai requisiti del Testo Unico del 1939, per modo che le Province possono esercitare il diritto-dovere di revoca della concessione per quelle riserve che non rispondono a quei requisiti di legge mutamento nella destinazione delle riserve, caso in cui fosse possibile entro due anni dar corso alle iniziative per realizzare le strutture alternative; l'ultimo comma dell'art. 1 del disegno di legge prevede infatti la possibilità per le Province di procedere alle modifiche nella destinazione e quindi alla realizzazione di oasi o di aziende faunistico-venatorie se il piano complessivo faunistico regionale e i piani territoriali potranno avere vita già prima del 31 dicembre 1982. Non si tratta di invertire le linee della legislazione venatoria nazionale approvata con il consenso di tutte le forze politiche. Le riserve, nella loro accezione tradizionale, così come sono disciplinate dal Testo Unico del '39, dovranno scomparire. Non c'è il tentativo di ripescaggio dell'istituto riservistico. Solo che la legge nazionale, e la legge regionale che l'ha recepita, prevedono la possibilità che restino alcune forme di gestione privata della caccia nella forma delle aziende faunistico venatorie, accanto ad altre forme che sono i comparti alpini e le gestioni sociali della caccia. Il provvedimento che proponiamo non vuole andare contro queste linee e questi orientamenti, ma, preso atto che c'è stato un ritardo dovuto a molteplici fattori, recupera questo ritardo in modo da non pregiudicare la possibilità di una programmazione corretta e seria di questi diversi modelli organizzativi della caccia.
Mi impegno a nome della Giunta a fare tutto il possibile perché si vada rapidamente a definire le strutture. Credo che, già prima dell'estate, sia possibile affrontare il dibattito in aula sui temi dell'organizzazione della caccia.
Il problema non è nella scelta tra riserve e oasi; una volta soppresse le riserve si dovranno realizzare i criteri per le aziende faunistico venatorie ed avviare la caccia di gestione sociale. Il passaggio alle forme di gestione sociale introduce il problema della garanzia del posto di lavoro ai guardiacaccia, sul quale esistono molte difficoltà (legge sul pubblico impiego, limiti di età). La gestione sociale richiede l'utilizzo di personale professionalmente qualificato e i guardiacaccia sono un patrimonio di manodopera esistente, che deve essere valorizzato e di cui non si può fare a meno. La Giunta è impegnata ad offrire il quadro completo della nuova organizzazione della caccia prima del 31 dicembre 1982. Pare però prudenziale avvalersi della facoltà di proroga offerta dalla legge dello Stato fermo restando che, se entro i due anni riusciremo a mettere in pista le strutture alternative, lo faremo. Siamo impegnati comunque a confrontarci con il Consiglio al più presto su questi temi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie per l'illustrazione degli emendamenti.



BRUCIAMACCHIE Mario

A dimostrazione che nei Gruppi vi è una posizione non unanime, il compagno Valeri ed io abbiamo presentato un emendamento. Ci rifacciamo concretamente all'art. 71 della legge regionale 60/79, nel quale viene precisato che le riserve decadono dopo tre anni dall'entrata in vigore della legge stessa, quindi entro il 31 dicembre 1980. Avvalendoci dell'art.
71 della legge regionale n. 60, possiamo andare ad esaminare concretamente come incide la legge statale n. 9, la quale dice testualmente: "Per consentire la trasformazione in aziende faunistico-venatorie delle riserve di caccia è data facoltà alle Regioni di prorogare.". Vorrei che fosse posta estrema attenzione a ciò che è scritto in quella legge e cioè non si tratta di una proroga indiscriminata, generalizzata, che abbraccia tutte le riserve e quindi che va a vanificare il dettato dell'art. 71 della legge regionale e quanto è scritto nell'art. 34 della legge nazionale, ma è un intervento che permette alle Regioni la trasformazione delle riserve in aziende faunistico-venatorie. E' un campo limitato e non è generale. Il provvedimento che si propone è invece talmente estensivo che abbraccia la totalità del sistema riservistico a livello regionale.
E' vero che lo stesso art. 71 nella seconda parte demanda la facoltà di rinnovare le concessioni alle Giunte provinciali, ma è anche vero che l'ultimo comma dello stesso art. 31 ribadisce che la concessione è rinnovata per una sola volta e comunque non oltre i tre anni dall'entrata in vigore della legge nazionale.
Vorrei ricordare che la legge regionale, all'art. 72, prevede, così come l'art. 34 della legge nazionale, la costituzione delle aziende faunistico-venatorie, elenca tre vincolanti caratteristiche ed aggiunge nell'ultima parte che le aziende faunistico-venatorie, sempre in base a quelle caratteristiche, debbono rappresentare una porzione del territorio estremamente limitata a livello delle singole Province e delle Regioni.
Questo è quanto abbiamo scritto nella legge regionale votata ed entrata in vigore il 1° dicembre 1980.
Stando così le cose, credo che sia arbitrario da parte nostra votare una legge che recepisce quanto è scritto nella legge nazionale n. 9 con un carattere estensivo che va oltre l'intento del legislatore nazionale.
Insieme con il compagno Valeri mi dichiaro contrario all'articolo proposto e ribadito dall'Assessore Simonelli.
Dobbiamo essere rigorosi nella programmazione faunistica rispettando i tempi, sollecitando le Province, impegnandoci seriamente visto che sono passati sedici mesi dall'approvazione della legge, andando nel contempo ad applicare l'art. 72 che prevede la costituzione delle aziende faunistico venatorie in base a quei criteri che sono contenuti nella legislazione nazionale e nella legge regionale sulla caccia.
Proprio in forza dell'art. 72 che parla di casi eccezionali o comunque di territorio limitato a livello di singola Provincia, sosteniamo che si debba mettere un tetto nell'estensione dei territori destinati all'azienda faunistico-venatoria. Il Sottosegretario all'Agricoltura Fabbri a nome del Ministero dell'Agricoltura e Foreste ha presentato il 17/12/1980 una proposta di legge che all'art. 13 dice: "Il territorio regionale destinato alla formazione delle aziende faunistico-venatorie non può essere inferiore al 2 % e superiore al 5 % dell'intero territorio regionale". Nel nostro articolo proponiamo di recepire quella percentuale. Questo produce quel disastro di cui si parla? Sarebbe una completa liberalizzazione del territorio? Non è così. Le Amministrazioni provinciali esaminino le riserve, ne verifichino gli habitat e le condizioni per trasformarle o meno in aziende faunistico-venatorie, decidano di applicare la percentuale prevista. Si trasformino le riserve in oasi, oppure si liberalizzino se si dimostrano nella pratica concreta non idonee ad assolvere alle funzioni per cui erano state istituite.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio del contributo dato dal nuovo raggruppamento formatosi all'interno del P.C.I.
Chiedo alla Presidenza del Consiglio se ritenga legittimo, anche sul piano istituzionale, avviare un discorso di questo genere non trattandosi concretamente e realisticamente di un emendamento, ma di una nuova proposta di legge presentata dai due colleghi i quali hanno naturalmente titolarità a presentarla nei termini stabiliti per la presentazione di leggi.



PRESIDENTE

E' la presentazione di un emendamento sostitutivo di un articolo quindi credo che possiamo procedere alla votazione.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Il Gruppo socialista voterà contro questa proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Anche il Gruppo socialdemocratico voterà contro questa proposta rilevando che effettivamente si tratta di una nuova proposta di legge. Si tratterebbe di reintrodurre attorno a questa proposta una procedura di verifica con la comunità. Voglio fare un'altra considerazione. Con questa proposta modificativa dell'art. 1 si verrebbe a dire che le concessioni delle riserve dovrebbero essere assoggettate al regime delle aziende faunistico-venatorie. O si prorogano le concessioni o non si prorogano nella misura in cui si prorogano le concessioni, queste sono soggette alla disciplina del Testo Unico.
In questo articolo invece si vorrebbe introdurre un elemento per cui le concessioni sarebbero prorogate qualora sussistessero le condizioni dell'azienda faunistico-venatoria, cosa che riguarda un diverso istituto. A mio avviso, anche dal punto di vista giuridico, non sarebbe possibile fare questa operazione.
Per queste ragioni votiamo contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il Gruppo del PDUP voterà a favore dell'emendamento proposto dai Consiglieri Bruciamacchie e Valeri.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla caccia

La Giunta, pur apprezzando la motivazione dell'emendamento che è quella di fare un passo in avanti rispetto alla semplice proroga, ritiene che questo non sia concretamente fattibile. Se avessimo gli elementi per seguire la procedura proposta da Bruciamacchie saremmo già in grado di adottare la trasformazione in aziende e non di ricorrere alla proroga.
Per questi motivi la Giunta non è d'accordo.



PRESIDENTE

Procediamo con la votazione dell'emendamento.
Ve ne do lettura: Emendamento sostitutivo dell'intero art. 1: "Le concessioni delle riserve di cui al primo comma dell'art. 71 della legge regionale 17/10/1979 n. 60 possono essere prorogate alle condizioni previste dall'art. 72 della legge regionale 17/10/1979 n. 60 e per un minimo del 2% ad un massimo del 5% del territorio agro-forestale di ogni Provincia.
La proroga delle concessioni è valida fino all'atto dell'adozione dei piani faunistici provinciali e del piano faunistico regionale e comunque per non più di due anni".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto.
La parola al Consigliere Paganelli per dichiarazione di voto.



PAGANELLI Ettore

E' una dichiarazione di voto molto breve anche se i motivi specifici che si sono innestati potrebbero portarci molto lontano.
Si è ricordato il vecchio grande Giolitti il quale quando ritornava nella provincia di Cuneo narrava i fatti che avvenivano a Roma e diceva che un Presidente del Consiglio può fare una dichiarazione di guerra ma non pu sopprimere una Pretura, perché sarebbe successo chissà che cosa. Diceva anche che se un Governo voleva cadere doveva presentare una legge sulla caccia. Il vecchio Giolitti le leggi sulla caccia non le presentava per non cadere, mentre invece il bravo Assessore Simonelli la legge sulla caccia l'ha presentata! Sarà necessitata. Non ci inseriamo in questo discorso della caduta o non caduta del Governo anche perché leggiamo che questo Governo ha ben altri motivi di difficoltà per cadere.
Rileviamo però che in questo momento, senza la presenza fisica in aula e senza il voto della Democrazia Cristiana (con le libertà che venivano richiamate dai colleghi di questa parte, con le libertà che ci sono in questa occasione ed in ogni votazione) probabilmente il provvedimento non passerebbe e la Giunta si troverebbe in una situazione difficile. E' vero che la caccia passa attraverso le forze politiche, passa attraverso i partiti, ma un Governo ha la responsabilità di governare il complesso delle materie e tra le materie che sono affidate ad un Consiglio regionale ad una Giunta regionale vi è specificatamente anche quella della caccia; lo stabilisce il noto art. 117 della Costituzione.
Le motivazioni per cui diamo il voto favorevole sono quelle che hanno espresso i miei colleghi Cerchio e Borando e soprattutto il Capogruppo del Partito Socialista, al quale, anche in questa occasione, va riconosciuta una libertà di pensiero e di movimento che non riconosco, invece, nella replica dell'Assessore il quale, pure essendo impegnato a portare in porto il provvedimento, è stato molto più cauto, molto più attento alla compagine che gli sta accanto.
Nonostante la difesa d'ufficio della Giunta che è stata fatta da un Consigliere, pure sempre attento (ci insegnavano i libri di scuola che talvolta anche Omero dormicchia e questa mattina credo che il Consigliere Carazzoni abbia avuto qualche pausa nella sua sempre vivida attenzione) nonostante l'accorta tattica del Gruppo comunista che, attraverso diversificate posizioni di gruppi di Consiglieri, ha manifestato il suo sostanziale dissenso su questo provvedimento, riteniamo che la votazione che stiamo per fare si innesti comunque nel difficile momento che la maggioranza sta attraversando. In altri momenti ci sarebbe stato un diverso spirito di corpo che su questo provvedimento non c'è stato.
Non commentiamo il fatto, ma lo registriamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Mi tocca parlare perché implicitamente o esplicitamente il Gruppo comunista è stato chiamato in causa.
E' vero che c'è un'esigenza di governo su tutti i provvedimenti, ma è anche vero che su questo specifico argomento - e penso di poterne dare testimonianza per aver vissuto i cinque anni precedenti in questo Consiglio regionale - abbiamo avuto da sempre correttamente e giustamente per lo specifico di cui si tratta atteggiamenti diversi all'interno dei Gruppi. Su questo tema abbiamo ritenuto di sviluppare una riflessione autonoma coerentemente con le posizioni espresse più volte anche in altre occasioni.
Personalmente, pur avendo dei dubbi sul merito del provvedimento, non avrei alcun dubbio a dire che il nostro comportamento non può che essere di sostegno della Giunta di cui abbiamo fiducia, anche se questo specifico provvedimento si presta a parecchie osservazioni. Non accettiamo un terreno quale quello che ci viene proposto sia pure con molta intelligenza e con molto garbo. La nostra libertà di comportamento esplica nella sua pienezza vale a dire che ci comporteremo in base alle convinzioni personali. Io in particolare esprimo voto di astensione lasciando la piena libertà di comportamento ai membri del mio Gruppo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

I comparti della caccia e della pesca assommano nella nostra Regione a 500 mila persone e con le famiglie che accompagnano assommano a più di un milione di persone. Se il tema del tempo libero e del rapporto diverso che il cacciatore ha con la natura interessa una quantità così importante di persone, vuol dire che è un tema importante. In questa Regione gli operai sono 850 mila, i coltivatori diretti 200 mila, perché non dovremo discutere a fondo delle questioni che interessano i cacciatori che sono 500 mila? E' un errore non considerare anche l'ambiente nel quale il cacciatore e il pescatore si muovono: il pescatore non trova più alcun pesce perché i fiumi sono inquinati, il cacciatore a causa dei concimi, dei diserbanti non trova più selvaggina esterna, tranne nelle zone di montagna.
I cacciatori e i pescatori non possono però attendere che le istituzioni gli garantiscano la cattura dell'animale. Il cacciatore ed il pescatore devono contribuire in qualche modo, come avviene in tanti Paesi stranieri. Ricordo un famoso cacciatore che un giorno mi diceva: "ho preso 7 lepri, 20 fagiani, 3 starne, ma la tassa non la pago proprio! ". Non possiamo permetterci queste osservazioni.
Con il contributo del cacciatore e con il contributo dell'azienda faunistica noi ricomponiamo l'ambiente. La proroga viene a cadere nel momento in cui si è superato il referendum sulla caccia. Ci collochiamo in questa visione. Per questo motivo il Gruppo socialista darà voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Abbiamo già detto che non utilizziamo questa occasione in senso strumentale. Chiederemmo però all'Assessore e soprattutto al P.C.I. un maggior rispetto intellettuale a questo discorso. Questa non è una legge sulla caccia. Non è la vecchia tematica: "caccia sì, caccia no". I giudizi che esprime il P.C.I. sono sulle inadempienze della Giunta in ordine all'applicazione della legge regionale. E' messa sotto accusa la Giunta regionale, quella scaduta e quella in corso, che non è riuscita ad attuare la legge regionale, quindi il giudizio che viene dato dal P.C.I.
sull'operato della Giunta è un giudizio politico. La caccia non ha assolutamente rilevanza. Il voto che esprimiamo oggi è sulla presa d'atto di un'inadempienza della Giunta. Il P.C.I. non può che sottolineare questo.
Noi riteniamo invece che questa legge sia anche un momento di riflessione e non soltanto di adempimento procedurale, in questo senso diamo voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Non volevo prendere la parola perché avevo già pronunciato il mio voto contrario. Voglio soltanto far osservare al collega Marchini che la legge regionale ha delegato le Province ad approntare i piani. Non mi sembra allora che si debba esprimere un giudizio sull'operato della Giunta regionale.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Abbiamo apprezzato le manifestazioni di buona volontà e di attivismo dell'Assessore, per fare in modo che il termine di due anni venga ridotto.
Avremmo preferito che questa manifestazione di volontà fosse concretamente esplicitata nel disegno di legge che anziché prevedere due anni prevedesse un anno anche perché, pur di fronte ad un possibile referendum abrogativo sulla caccia, vediamo in questo modo gli Enti locali non soltanto inerti ma addirittura capaci di lasciare insabbiare l'unico provvedimento che avrebbe potuto riformare il settore venatorio.
Tuttavia abbiamo fiducia nelle osservazioni dateci dall'Assessore siamo sicuri che si farà di tutto perché i termini vengano abbreviati e perché le Province vengano poste in condizione di formare i piani. Per questo motivo daremo al provvedimento voto di astensione.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato.
Art. 1 "Le concessioni delle riserve di cui al primo comma dell'art. 71 della legge regionale 17/10/1979, n. 60, sono prorogate per altri due anni, ai sensi della legge 16/1/1981, n. 9, fatta salva ogni facoltà attribuita alle Province dalla normativa di cui al titolo III del T.U. 5/6/1939, n. 1016 per quanto concerne la revoca.
E' fatta salva, altresì, ogni diversa destinazione deliberata in conformità della legge regionale 17/10/1979, n. 60".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 5 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "La presente legge è dichiarata urgente ed entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 5 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Passiamo alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 5 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Comprensori

Esame ricorsi presentati avverso le operazioni elettorali ai sensi dell'art. 9 del Regolamento per le elezioni dei Comitati comprensoriali, di cui alla legge regionale 4 giugno 1975, n. 41 (rinvio)


PRESIDENTE

Procediamo con il punto sesto all'ordine del giorno: "Esami ricorsi presentati avverso le operazioni elettorali ai sensi dell'art. 9 del Regolamento per le elezioni dei Comitati comprensoriali, di cui alla legge regionale 4 giugno 1975, n. 41".
La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Chiediamo il rinvio della discussione. Il Regolamento prevede che il Consiglio, assommando i tempi previsti per l'operato della Giunta, si esprima entro 25 giorni dalla presentazione dei ricorsi. Il termine scade il giorno 3 maggio quindi noi non saremmo più in tempo per il prossimo Consiglio. La delicatezza della materia e la difficoltà di dare un'interpretazione che rispetti il ruolo e il peso che le forze politiche hanno nella Regione e nel Consiglio, ci suggeriscono di richiedere una settimana di rinvio per vedere se è possibile trovare una soluzione di fatto al problema posto dal ricorso liberale.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

La Giunta è d'accordo di rinviare questo punto dell'ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Pur avendo il Gruppo democristiano una precisa idea sulla votazione di questo ricorso, nel caso di uno scavalcamento del termine previsto dalla legge, il Gruppo democristiano si asterrà dal partecipare alla discussione e alla votazione.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

La discussione si è aperta su questo e, di conseguenza, non trova conclusione. I termini quindi possono essere dilatati.



PAGANELLI Ettore

Si legga l'articolo della legge. Se la legge lo consente, nessuna discussione.



PRESIDENTE

Vi do lettura dell'art. 9 del Regolamento: "Gli eventuali ricorsi avverso le operazioni elettorali devono essere presentati dal Presidente della Giunta regionale entro 10 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
Il Consiglio regionale si pronuncia definitivamente su di essi entro i successivi 15 giorni".
Secondo la mia interpretazione personale la pronuncia definitiva vuole dire votazione. Non mi sento di portare il Consiglio su di una posizione che scavalchi il contenuto delle norme che ci siamo dati.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Non è un tema temporale. Il provvedimento del Consiglio non è soggetto ad altre verifiche, quindi è un problema di esecutività.



PRESIDENTE

Prendiamo atto di questa interpretazione.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Cari colleghi, la discussione che stiamo facendo non è di poco conto.
In diritto amministrativo il silenzio della pubblica amministrazione, nei termini che le sono imposti, significa rifiuto; oppure il silenzio significa accoglimento: nel caso in cui sia scritto o non sia scritto è silenzio-rifiuto, nel caso in cui sia scritto diventa silenzio accoglimento.
Amici democristiani, nella discussione sulla legge per l'agricoltura o in quella per la tutela del suolo, avete posto l'attenzione sul fatto che la non risposta dell'Amministrazione nei termini fissati dalla norma doveva costituire l'accoglimento della domanda se non discussa o approvata o negata o rigettata dall'assemblea.
La norma stabilisce il termine di 15 giorni come termine ordinatorio ma non come termine perentorio. Non mi pare che sia detto che se entro 15 giorni non si è pronunciato il Consiglio regionale significa accoglimento del ricorso. Non prevedendosi questo, il silenzio non significa ancora rifiuto del ricorso per il semplice fatto che l'assemblea può stabilire oggi la fissazione della discussione alla prossima seduta, talché non vi è silenzio-rifiuto, ma vi è l'indicazione della data alla quale noi procederemo. Vi è stato un fatto analogico, quello della convalida degli eletti la quale doveva avvenire entro un certo termine; ma, per i motivi che hanno determinato la proroga dei termini, la decisione fu assunta oltre i termini fissati dalla legge o dal Regolamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Sono d'accordo sulla tesi ora prospettata, e cioè che si tratta di un termine ordinatorio, in quanto il Regolamento non prevede le conseguenze che si verificano in caso di sua inosservanza: mentre il termine è perentorio solo quando la legge, o il Regolamento, prevedono una conseguenza del non rispetto del termine. In questo caso non è prevista alcuna conseguenza e quindi il termine è ordinatorio.



PRESIDENTE

Faccio osservare che l'art. 10 di questo Regolamento recisa: "Norme integrative. Per quanto non previsto dal presente Regolamento si applicano le norme della legge per le elezioni dei Consigli regionali".
Non credo che queste norme prevedano delle dilatazioni dei termini.
Chi è d'accordo di proseguire la discussione del punto sesto all'ordine del giorno nella prossima seduta alzi la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità.


Argomento: Questioni internazionali

Ordine del giorno sull'Afghanistan presentato dai Consiglieri Paganelli Vetrino Nicola, Bastianini, Bontempi, Viglione e Mignone


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno sull'Afghanistan firmato dai Consiglieri Paganelli, Vetrino Nicola, Bastianini, Bontempi, Viglione e Mignone.
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Consideriamo questo or dine del giorno equivoco e contraddittorio.
Pertanto voteremo contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Propongo di aggiungere all'ultima riga giorno, dopo la parola: ".e la possibilità del popolo afgano." le parole ".come di ogni altro popolo...".



PRESIDENTE

Vi do lettura dell'ordine del giorno comprensivo della modifica proposta dal Consigliere Montefalchesi: "Il Consiglio regionale consapevole del ruolo di rappresentatività politica della comunità piemontese di fronte alla drammatica invasione dell'Afghanistan da parte dell'Unione Sovietica ed alla tragedia di un popolo soffocato nei fondamentali diritti di autodeterminazione esprime viva condanna per tale sopraffazione per la perdurante presenza di forze militari sovietiche impegnate a contrastare la guerriglia di resistenza auspica che l'Europa svolga nel quadro di una ripresa della politica di distensione, così gravemente minacciata in tante parti del mondo e per effetto di una preoccupante accentuazione della logica di potenza e della contrapposizione tra i blocchi, un ruolo attivo per una soluzione che anche in riferimento alle iniziative internazionali attualmente in corso preveda il ritiro delle forze d'occupazione e la possibilità del popolo afghano come di ogni altro popolo, di decidere dei propri destini".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 43 voti favorevoli e 2 contrari.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Comprensori

Esame ricorsi presentati avverso le operazioni elettorali ai sensi dell'art. 9 del Regolamento per le elezioni dei Comitati comprensoriali, di cui alla legge regionale 4 giugno 1975 n. 41 (seguito)


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Mi riferisco alla precedente votazione per dire che non ci siamo intesi sufficientemente. Noi intendevamo la prosecuzione immediata della discussione, invece ho capito che la prosecuzione avverrà nella prossima seduta. Mi riservo di pronunciarmi anche su questo punto nella prossima seduta. A meno che non si consideri la prossima seduta prosecuzione di questa.



PRESIDENTE

Questo comporterebbe una risoluzione anomala. Comunque il prossimo Consiglio regionale non viene riconvocato ma è la prosecuzione di questo.



REVELLI Francesco

Signor Presidente, lei può dare per letta la relazione sull'argomento e la discussione avviene alla prossima seduta.



PRESIDENTE

E' più corretto stabilire la prosecuzione della seduta, quindi la seduta di oggi, sospesa alle ore 14,40, viene ripresa alle ore 9,30 di giovedì 7 maggio 1981.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sul licenziamento del prete operaio della Lancia presentato dai Consiglieri Reburdo e Montefalchesi (rinvio)


PRESIDENTE

Esaminiamo l'ordine del giorno sul licenziamento del prete operaio della Lancia presentato dai Consiglieri Reburdo e Montefalchesi.
La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Chiedo che questo ordine del giorno sia discusso nella prossima seduta.



PAGANELLI Ettore

Mi associo a questa richiesta.



PRESIDENTE

D'accordo. La discussione viene rinviata ad una prossima seduta consiliare.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sulla Manifattura di Giaveno presentato dai Consiglieri Viglione, Carazzoni, Vetrino Nicola, Avondo, Montefalchesi, Bruciamacchie Brizio, Mignone, Sartoris e Marchini


PRESIDENTE

Infine è stato presentato un ordine del giorno sulla Manifattura di Giaveno firmato dai Consiglieri Viglione, Carazzoni, Vetrino Nicola Avondo, Montefalchesi, Bruciamacchie, Brizio, Mignone, Sartoris e Marchini.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale riunito il giorno 30/4/1981, su proposta della IV Commissione che ha esaminato la grave situazione determinatasi nell'azienda Manifattura di Giaveno a seguito della decisione della direzione aziendale di porre in liquidazione l'azienda stessa nella prossima assemblea dei soci;' nell'esprimere profonda preoccupazione per la decisione dell'azienda che colpisce circa 500 posti di lavoro a prevalente occupazione femminile in una zona caratterizzata da gravi problemi occupazionali, aggravando la situazione di crisi nella nostra Regione già duramente colpita ritiene necessario che vadano al più presto intraprese tutte le possibili iniziative, al fine di evitare la chiusura dell'azienda e la perdita dei posti di lavoro chiede al Ministero dell'Industria di farsi immediatamente promotore di un incontro con la proprietà, le organizzazioni sindacali gli Enti locali interessati, al fine di perseguire tutte quelle soluzioni che consentano la ripresa produttiva ed occupazionale dell'azienda".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti in aula.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,45)



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