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Dettaglio seduta n.56 del 10/04/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Dibattito sui problemi dell'agricoltura (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprende il dibattito sui problemi dell'agricoltura con l'intervento del Consigliere Mignone che ha facoltà di parola.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito che si conclude questa mattina ha ampiamente illustrato i vari aspetti dell'agricoltura piemontese, la complessità dei problemi del mondo rurale e le difficoltà di enucleare alcune linee politiche portanti che evitino il rischio della genericità, ma che nel contempo riescano a farsi carico dei problemi della pianura, della montagna, dell'imprenditore agricolo ricco, del piccolo proprietario coltivatore di collina, del vino e dell'orticoltura.
Il tutto è ulteriormente complicato dalla forbice che si è venuta aprendo tra la Regione, ente delegato e gestore in senso operativo delle politiche agricole, e lo Stato con la Comunità Europea, come enti decisionali delle risorse e degli indirizzi programmatici. Si pensi, per il primo, alla legge Quadrifoglio e al piano agricolo alimentare e per la seconda alla varietà delle politiche agricole comunitarie.
Sia chiaro, questo non vuol dire trovare sempre qualche altro sulle cui spalle far ricadere presunte colpe o manchevolezze. Si vuole solo segnalare che siamo - in questo settore - in presenza di una pluralità di centri decisionali, non sempre omogenei o convergenti. Anche in questo settore noi riteniamo che un ridisegno complessivo che porti chiarezza di competenze, snellezza operativa e decentramento decisionale non sia del tutto campato per aria.
Per limitarci alla nostra istituzione, occorre con chiarezza riconoscere nei fatti, e non solo nelle dichiarazioni, la centralità della tematica agricola sul nostro territorio. Basti pensare - e altri lo hanno lodevolmente ricordato - all'apporto che dà l'agricoltura alla produzione: è un settore che produce e produce con qualità. Invece pare, quando si giunge sul mercato, che vi sia un disincentivo alla produttività (tema delle eccedenze). Con la conseguenza che i contadini si lamentano dei bassi prezzi che spuntano sui mercati e i consumatori si lamentano per i prezzi sempre troppo alti dei prodotti agricoli.
Le strozzature del mercato, il sempre celere rincaro dei prodotti industriali utilizzati in agricoltura (concimi, fertilizzanti) sono elementi su cui riflettere che devono farci coscienti anche di un salto culturale che occorre fare per ridare dignità e peso, quali spettano, al settore agricolo, non fosse altro che per dare incentivi socio-culturali anche ai giovani perché rimangano in campagna e perché non debbano sentirsi i paria della società e per riconoscere i sacrifici degli anziani che, con caparbia, continuano a praticare l'agricoltura.
Ma è sempre più chiara l'esigenza - di converso - di interventi strutturali inseriti in un quadro di programmazione indicativa che chiarisca il peso delle tipologie colturali e il corretto utilizzo della superficie agricola.
Il Gruppo socialdemocratico da sempre ha sottolineato l'esigenza di una più marcata attenzione per il mondo agricolo. Avemmo occasione di farci promotori, assieme ad altri Gruppi e la stessa Giunta, di un dibattito in Consiglio regionale sulle tematiche vitivinicole. La situazione pesante in questo settore esiste ancora, ma crediamo che siano ancora valide peraltro, anche le indicazioni contenute nell'ordine del giorno votato in allora dal Consiglio regionale.
Certo, le vicende di fine marzo hanno fatto precipitare le situazioni e qui occorre rispondere rapidamente dando il segno alla comunità piemontese che la Regione vuole dare risposte adeguate ai problemi dell'agricoltura.
Intanto ci pare che la vicenda comunitaria, con il blocco del principio della corresponsabilità finanziaria generalizzata, con l'aumento dei prodotti, con il mantenimento degli aiuti ai prodotti mediterranei, possa considerarsi con un qualche favore, anche se - riteniamo - la battaglia va fatta per ristrutturare la politica agricola comune (più per investimenti che per interventi spiccioli).
L'agricoltura, insieme alla tecnologia e all'energia, è, a nostro avviso, una delle sfide mondiali dell'Europa. Ci va bene anche il programma per lo sviluppo degli allevamenti bovini, ovini e caprini in Italia secondo il programma quinquennale della Comunità Economica Europea.
Tuttavia, pensiamo che si debba rispondere con le politiche regionali con quello che possiamo intanto fare noi. L'esigenza di una programmazione non è più rinviabile e al riguardo sono da condividere le linee che in questi anni hanno guidato la politica agricola regionale. L'esigenza della programmazione non è più rinviabile sia per gli indirizzi colturali che per un più equilibrato utilizzo delle risorse territoriali.
Condividiamo la programmazione agricola zonale anche se le Commissioni per i piani di zona non sempre hanno dato i frutti sperati; comunque, in questa prima fase di avvio riteniamo che non sempre abbiano avuto la capacità di giocare un loro ruolo. Lo stesso può dirsi per le Commissioni consultive comprensoriali che sovente sono diventate un formale passaggio o un ulteriore elemento di lungaggine o soltanto una mera sede di mediazione tra le diverse componenti del mondo organizzativo rurale.
Un passo avanti si era fatto nel raccomandare che nella predisposizione degli strumenti urbanistici tutto ciò che non era edificabile non si riducesse in una mera e indistinta macchia verde genericamente indicata come terreno agricolo, ma si tenesse conto anche dell'uso agrario del territorio e delle sue diverse capacità.
Un altro punto è quello dell'assistenza tecnica per la quale i CATA da soli, per talune difficoltà organizzative e gestionali, non si dimostrano completamente sufficienti nel momento in cui si riconosce l'esigenza di una maggior qualificazione. Purtroppo gli Ispettorati agrari, in origine anche deputati a questa funzione, sono soltanto più dei meri uffici di disbrigo burocratico. Anche il settore della formazione professionale in agricoltura ha bisogno, a nostro avviso, di un ridisegno complessivo perché a fianco di alcune valide iniziative, per larga parte non raggiunge le finalità istituzionalmente dichiarate. Per le zone montane pensiamo che le Comunità montane attraverso i piani socio-economici e gli uffici tecnici debbano rapidamente attivare politiche agricole, laddove non lo hanno ancora fatto e possono giocare un ruolo importante.
Pensiamo che le Comunità montane, inoltre, siano da rilanciare decisamente, facendole nostre interlocutrici principali per i problemi della montagna e della sistemazione forestale in particolare, trovando rapporti più stretti con l'azienda regionale delle foreste e riconoscendo la funzione anche sociale svolta dai montanari oltre a quella di presidio idrogeologico. In tal senso, ci pare peraltro che anche la recente legge statale sulle Comunità montane pubblicata il 24 marzo vada in questa direzione dopo un periodo di silenzio non certo positivo per quanto riguarda la legislazione statale in materia.
In questo quadro la Regione deve anche trovare momenti di raccordo più precisi con gli enti strumentali. Riconosciamo la validità delle attività dell'ESAP e dell'IPLA con i quali però occorre collegare un disegno programmatorio di più ampio respiro che eviti interventi o settoriali o fra loro slegati.
Un ruolo importante può essere svolto dalle organizzazioni agricole, ma su questo già ampiamente si sono soffermati i colleghi che mi hanno preceduto nel dibattito.
A fianco di queste iniziative occorre anche lavorare per uno snellimento procedurale, sia con il ricorso alle deleghe, alla responsabilizzazione a livello decentrato e per un coinvolgimento sulle politiche creditizie degli Istituti bancari, che pur estraggono (per così dire) notevoli risorse dal risparmio in Piemonte.
Così come bisogna ridisegnare le politiche promozionali e di commercializzazione, tali da far presa sulle grandi masse urbane e tali da evitare, per quanto riguarda la commercializzazione, i troppi passaggi.
Il riordino della rete dei mercati e la loro aggregazione consortile per favorire l'incontro tra produttori e consumatori è un obiettivo ragionevolmente perseguibile a tempi sufficientemente solleciti.
Non è solo questione di chiedere più soldi per l'agricoltura, ma prioritariamente di utilizzare bene le risorse esistenti, finalizzandole verso l'incentivazione di un'agricoltura moderna in filoni quali l'irrigazione, le colture specializzate, la zootecnia, la viticoltura e la forestazione.
Sotto questo profilo le indicazioni dell'Assessore ci paiono complessivamente condivisibili, così com'è condivisibile la proposta avanzata dal Presidente della Giunta di una conferenza che proponga alla comunità piemontese la riflessione sulla centralità del settore agricolo e soprattutto sulle sue prospettive.
Riteniamo che questo dibattito possa aiutare a capire le diverse realtà dell'agricoltura, i problemi in cui si dibattono gli agricoltori e i modi per intervenire nella crisi di trasformazione di questo importante settore.
Da ultimo noi riteniamo che anche una ricerca di tipo socio-culturale non sarebbe da escludersi a priori per capire questo mondo così vicino a noi, ma che - talora - dal dibattito è anche parso così lontano dalla nostra comprensione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris per la replica ai vari oratori.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Signor Presidente e colleghi, riprendendo la parola a conclusione del dibattito sui problemi dell'agricoltura e sulla gravità della crisi che la investe, mi pare di poter affermare senza forzature di comodo che sia nella discussione sulla relazione da me presentata a nome della Giunta, sia nell'illustrazione delle mozioni presentate dai vari Gruppi, siano prevalse le posizioni di convergenza rispetto a quelle di divaricazione o di contrasto.
Abbiamo avuto un confronto franco, pacato e puntuale sulle cause e sui nodi della crisi di un settore che è stato da tutti riconosciuto decisivo ed importante sul piano nazionale e regionale. Un settore che negli anni dello sviluppo distorto aveva conosciuto e toccato il fondo della crisi e dell'emarginazione e che si era ormai avviato ad una consistente ripresa anche se su di esso pesavano e pesano ancora le conseguenze negative di quel periodo.
Il Consigliere Revelli ha definito l'agricoltura la seconda Fiat del Piemonte, la Fiat agricola. Questa immagine appropriata è tale da dare la dimensione delle forze sociali in essa impegnate e del ruolo economico produttivo che l'agricoltura piemontese rappresenta ed esprime soprattutto se la si considera correttamente inserita nel più ampio contesto delle altre attività economiche ad essa collegate. Di qui il ruolo portante e trainante per un nuovo tipo di sviluppo economico, che si può avere o non avere, a seconda del suo stato di salute. Fu questo uno degli impegni che la precedente Giunta di sinistra assunse sin dal 1975. Di qui, senza trionfalismi o autocompiacimenti che sarebbero del tutto fuori posto, la riaffermazione da parte mia del grosso impegno dedicato a questo settore nel programma della Giunta precedente, la giusta collocazione che al settore primario venne assegnata nel piano di sviluppo regionale '77-'80 e i risultati conseguiti. Del resto quell'impostazione ebbe in questo Consiglio l'adesione di forze che andavano oltre quelle che sorreggevano la stessa maggioranza. Di qui la validità delle scelte compiute sul piano legislativo (legge n. 15 e legge n. 63) che mirarono quanto meno a realizzare - come ha sottolineato il compagno Viglione - l'inserimento della nostra agricoltura nel contesto della politica comunitaria. Ma, aggiungo io, non in forma pedissequa come abbiamo operato con il concorso di tutte le forze opposizione compresa, per fare quanto era possibile, per adattare quelle direttive alla realtà dell'agricoltura regionale, che è avanzata come ha detto giustamente il Consigliere Revelli, ma che è disomogenea nel senso che assomma nella nostra Regione tutte le peculiarità del Paese ossia tre agricolture: la polpa, il magro del sistema collinare, l'osso della montagna dove sta ineluttabilmente scomparendo la figura dell'imprenditore agricolo a tempo pieno e prevalendo la figura dell'imprenditore a part-time e la pluriattività.
L'altra scelta compiuta nel corso della passata legislatura è stata quella di aver individuato nella strada della cooperazione e dell'associazionismo una delle vie per lo sviluppo dell'agricoltura e per il suo ammodernamento. Abbiamo individuato nel metodo della programmazione settoriale per comparti e della programmazione disaggregata sul territorio a livello zonale, così com'è previsto nello Statuto, la strada fondamentale del riequilibrio.
E' difficile programmare in agricoltura se non c'è il quadro complessivo di programmazione economica.
Le scelte compiute mi pare che abbiano pagato e stiano pagando proprio ora che ci troviamo di fronte di nuovo al morso della crisi che colpisce duramente i settori più deboli e meno protetti dalla politica comunitaria.
Abbiamo scelto come indirizzo generale il riequilibrio territoriale, la difesa del suolo, il massimo rispetto del bene terra.
Confermiamo quindi queste scelte di fondo all'insegna della continuità avendo chiara coscienza del cambiamento della situazione, dell'aggravarsi di tutti gli aspetti della crisi con la consapevolezza che le risorse si vanno assottigliando e che si impone maggiore sforzo per individuare obiettivi precisi e per concentrare attorno a tali obiettivi gli investimenti di carattere produttivo. Ha ragione il Consigliere Chiabrando quando dice che in una situazione di questo tipo è necessario rendere più rapida la spesa e più programmazione.
Riteniamo che la cooperazione e l'associazionismo siano strumenti per superare le strozzature tra agricoltura e industria, tra agricoltura e distribuzione.
La nostra situazione regionale ha sempre dimostrato un'estrema carenza di concentrazione dell'offerta, un inadeguato apparato industriale impegnato nel settore della trasformazione e della commercializzazione e l'insufficienza dei mercati. In queste direzioni vanno gli investimenti ricerca, sperimentazione, assistenza tecnica, lotta contro le frodi e le sofisticazioni. Vanno inoltre in questa direzione l'individuazione ed il funzionamento di iniziative capaci di determinare a tempi brevi l'aumento della produzione unitaria. Il discorso riguarda le opere di irrigazione, il recupero dell'energia alternativa, il rapido completamento delle stalle sociali (40 miliardi di domande insoddisfatte: segno che c'è un processo di aggregazione alla base che valuto estremamente significativo ed importante).
Nel corso del dibattito sono emerse diverse questioni che meriterebbero ben altro approfondimento, per esempio, che cosa si intende per assistenzialismo nell'intervento pubblico sulla centralità dell'agricoltura e così via.
Il Consigliere Revelli per quanto riguarda l'assistenzialismo ha già detto che non vi è agricoltura al mondo che non sia assistita e che non goda di qualche forma di protezione.
L'on. Pisani, ad esempio, ritiene che l'agricoltura degli USA è la più assistita del mondo, nel senso che quella produzione agricola viene utilizzata come potenziale strategico ed i prezzi dei prodotti agricoli sono mantenuti ad un livello più alto di quelli praticati all'esportazione per cui i premi, gli incentivi, i disincentivi alla produzione agricola dipendono in gran parte dalla politica estera della Casa Bianca. Questo discorso ci porterebbe assai lontano. Il concetto di assistenzialismo non dimenticando il quadro comunitario e nazionale, sia da considerarsi positivo o negativo, comprensivo di tanto o di poco assistenzialismo nella misura in cui l'intervento pubblico sia o no finalizzato a sviluppare la produzione, a risolvere problemi di riequilibrio, di ristrutturazione, di riconversioni produttive, di riduzione della dipendenza alimentare dell'Europa dal resto del mondo e proprio. L'on. Pisani diceva che l'attuale meccanismo dei prezzi non favorisce lo sviluppo di produzioni di cui siamo deficitari, per esempio, la soia, perché è congegnato in modo che finisce di favorire le produzioni eccedentarie. Quindi la politica agricola della CEE, l'attuale strategia dei prezzi contribuisce ad esaltare gli squilibri esistenti ed a creare situazioni e rendite di posizioni non più accettabili. Ecco perché la vertenza Europa resta per il nostro Paese più che mai aperta. La trattativa per rinegoziazione della PAC riprenderà entro maggio.
Di qui la proposta avanzata dal Presidente della Giunta di un convegno da tenersi qui a Torino, con la partecipazione delle altre Regioni degli estensori delle tre proposte di riforma principali e delle parti sociali interessate.
La proposta del Gruppo comunista per una conferenza economica sui problemi dell'agricoltura è accettabile in quanto si propone di affrontare i problemi dell'agricoltura piemontese quale settore a cui attribuire le potenzialità e le capacità di svolgere un ruolo trainante e portante nel contesto delle attività produttive regionali.
Sul problema sollevato dal compagno Viglione per quanto riguarda l'assistenza tecnica, ripreso dal collega Mignone, il discorso è aperto.
Devo dire con chiarezza che l'attuale sistema non è in contrasto con gli orientamenti, le direttive e i regolamenti della CEE. La legge 153, la direttiva comunitaria, la legge 15 regionale prevedono le associazioni interaziendali, quindi i CATA possono ricevere il concorso previsto dalle direttive CEE. Il che non esclude che si debba fare una profonda verifica.
Del resto, da tempo il sistema dell'assistenza tecnica non poggia più esclusivamente sui CATA, infatti con la legge 63 alle Comunità montane è stato affidato questo compito. L'assistenza tecnica sempre di più deve essere coerente alle scelte dei piani zonali di sviluppo e sempre più devono essere collegate alla ricerca, alla sperimentazione.
Per quanto riguarda lo snellimento delle procedure dichiaro la piena disponibilità mia e della Giunta ad accogliere ogni proposta e suggerimento che vada nella direzione di rendere più rapida la spesa. Abbiamo già esaminato due proposte che sono le uniche per le quali occorre modificare la legge. Una è quell'anticipo dei contributi che esiste già nella legge cioè le opere collettive (infrastrutture rurali, cooperazione o quelle funzioni che sono state attribuite ai Comuni e alle Comunità montane). Non c'è difficoltà ad estendere questo anticipo. Si è già tenuta una riunione tecnica.
In merito alle deleghe ho recepito un generale consenso, sia pure con un desiderio di riflessione da parte del Gruppo D.C.
Mi pare di poter registrare un generale consenso sulla proposta della Consulta da istituirsi presso l'Assessorato e presso il Presidente della Giunta, come momento di consultazione istituzionalizzato e di coordinamento fra Assessorato, enti strumentali per parti sociali, Enti locali, Province Assessorati all'agricoltura, rappresentanti dell'UNCEM, dell'ANCI. A questo organismo attribuiscono una grande importanza come strumento di raccordo di coordinamento, di confronto sulla formazione degli indirizzi generali in materia di politica agraria, di applicazione delle di formazione dei programmi, è un organismo utile e sarà indispensabile nel momento della delega e del post-delega.
Credo di aver dato alcune risposte, altre ne verranno nel corso dei dibattiti già programmati sui problemi del personale e sul piano di emergenza.
Infine, mi pare giusto sottolineare la complessità dei problemi del settore primario, la loro incidenza, il loro intreccio con i problemi del commercio, del turismo, dell'assetto territoriale, dell'ecologia dell'urbanistica. Perché gli strumenti che ci siamo dati possano incidere occorre la partecipazione e la crescita culturale degli amministratori locali e soprattutto l'impegno specifico della collegialità della Giunta attraverso la quale sarà possibile governare sempre meglio i vari aspetti della politica agraria e della politica economica e realizzare il concetto della centralità dell'agricoltura o quanto meno della giusta collocazione della questione agraria nella Regione e nel più ampio contesto della politica economica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Ringrazio l'Assessore Ferraris per l'interessante e puntuale replica e per la sua opera che lo vede costantemente impegnato in momenti così difficili. Poiché il dibattito dovrebbe concludersi con la votazione di un ordine del giorno e la materia è complessa e le posizioni emerse dal dibattito non possono essere sintetizzate in breve tempo, saremmo grati se tutte le forze politiche concordassero di rinviare la valutazione dell'ordine del giorno, possibilmente comune, al giorno 22 aprile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Siccome si vuole il nostro parere, non ho difficoltà a dire che non ci sottraiamo all'esame di un documento congiunto che tenga conto delle nostre posizioni espresse in questo dibattito. Se vi è la volontà di tenere conto in un documento delle posizioni che abbiamo espresso, credo che i giorni che verranno potranno essere spesi lavorando in questa direzione.
Da parte nostra non vi è la ricerca di una posizione comune a tutti i costi, ma poiché siamo convinti delle cose che abbiamo sostenuto nella mozione e negli interventi, da parte nostra non vi è difficoltà a far sì che le nostre considerazioni vengano recepite in una volontà comune.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Revelli.



REVELLI Francesco

Il problema non è affatto strumentale, anzi, siccome sono state espressioni, pareri molto precisi sulla questione generale, sull'analisi della crisi, sui problemi degli interventi strutturali e siccome questi interventi sono estremamente articolati, in quanto riguardano il territorio, le imprese e le iniziative che la Regione può assumere, ci pare opportuno prendere visione in modo dettagliato di alcune proposte operative di snellimento e di mettere a punto le questioni generali per arrivare alla presentazione di un ordine del giorno complessivo che tenga conto delle questioni principali che sono state affrontate: questione CEE, convegno conferenza e, in specifico, i problemi dell'intervento pubblico.
Si vuole dare il tempo alle forze politiche e alla maggioranza di valutare nel dettaglio le cose che si sono sentite.
Sull'ordine del giorno ci potranno poi essere atteggiamenti diversi e i Gruppi avranno modo di esprimersi sul modo in cui agisce la Giunta. Il Consiglio, in quella occasione, potrà dare davvero un indirizzo, com'é suo compito, alla politica generale in un settore di questa importanza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio

Anche il nostro Gruppo aderisce alla proposta di una riunione per tentare la formulazione di un ordine del giorno comune. Ribadiamo la posizione espressa nel nostro intervento. Naturalmente se non sarà possibile giungere ad un'espressione comune penso che ci sarà la possibilità di presentare delle mozioni per qualificare la posizione di ogni Gruppo.



PRESIDENTE

I colleghi Vetrino Nicola e Mignone mi dicono che sono d'accordo su queste linee.
Convoco per alcuni minuti i Capigruppo per concordare l'ordine dei lavori.



(La seduta, sospesa alle ore 10,30 riprende alle ore 10,40)


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Dibattito sull'Ordine Mauriziano


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Il punto quinto all'ordine del giorno ci richiama al dibattito sull'Ordine Mauriziano.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Vorrei, in pochi minuti, ricostruire in sintesi l'oggetto oggi in discussione che sta così a cuore ai piemontesi. Le considerazioni che andr a sviluppare possono fornire dei dati oggettivi importanti da far meditare su alcune vicende dell'Ordine Mauriziano.
Straordinarie paiono la nascita e la vita dell'Ordine Mauriziano.
L'Ordine nasce con Amedeo VIII-Duca di Savoia il quale, ad un certo punto della sua vita dice: "Le passioni umane non fanno presa nel mio animo", si ritira sul lago di Ginevra e fonda con alcuni nobili quello che sarà il "Milites Santi Mauritiis", cioè l'Ordine Mauriziano (1434). Egli sarà poi eletto antipapa nello scisma d'Occidente, avrà tutta una, serie di traversie e successivamente la Chiesa ricomporrà la sua figura più come regnante e come fondatore dell'Ordine Mauriziano che non come antipapa.
Il principio al quale egli si legava e al quale spero si leghino ancora i cavalieri di oggi, coloro che governano l'Ordine (mi rivolgo a voi, amici democristiani), era netto d'ogni macchia di misfatto e di infamia.
Dal 1434 fino alla venuta di Emanuele Filiberto a Torino l'Ordine non ha uno sviluppo notevole. Chi invece gli darà nuovo impulso sarà Emanuele Filiberto che aggiungerà negli scopi una serie di principi come la lotta ai pirati, agli eretici, come l'ospitalità generosa. Nel 1572 il San Maurizio viene unito all'Ordine Gerosolomitano di San Lazzaro, Ordine antichissimo.
Il tutto viene poi portato sotto la regola di Sant'Agostino con la bolla di Gregorio XIII.
In quel momento ai Duchi di Savoia viene concessa la dignità del gran maestro e incomincerà l'ordine di successione anche al Mauriziano. L'Ordine Mauriziano si lega sostanzialmente alla storia dei Savoia. Il simbolo è la croce verde in segno di San Lazzaro insieme alla croce bianca.
Nel 1573 Emanuele Filiberto dà notizia ai sudditi della ricostituzione della sacra famiglia e della sua unione con San Lazzaro. Nel 1573 ha inizio l'Ospedale a Torino accanto alle torri palatine. Non sarà il "padiglione" che verrà inaugurato solo nel 1882 e non avrà nulla dell'Ospedale militare delle guerre di Indipendenza. Si costruiscono anche due navi per la lotta ai turchi. Si inizia l'assistenza ospedaliera.
Signori Consiglieri, abbiamo voluto questo dibattito perché l'Ordine Mauriziano costituisce il primo momento dell'assistenza ospedaliera in Piemonte con una sorta di grossa anticipazione, lasciandosi alle spalle i compiti degli antichi Ordini che erano quelli di combattere gli infedeli, i pirati e i turchi e passando, come viene detto negli scopi: "L'Ordine religioso e militare dei Santi Maurizio e Lazzaro si riprometteva il duplice intento di liberare i mali infestati dai corsari che venivano distrutti dalla galera dell'Ordine e di esercitare pietosa ospitalità".
Allorché la lotta contro gli infedeli fu cessata e la lebbra sembr vinta, l'Ordine si diede con ogni cura alle opere di cristiana pietà ed intraprese iniziative di beneficenza, costituendo ospedali per la cura di ogni genere di infermità e fondando altri pii luoghi mantenuti con la rendita dei propri beni.
Viene costituita la prima dotazione di Stupinigi. Non ci sarà ancora il castello barocco del Juvarra in quel nucleo ancora adesso presente di circa 20 milioni di metri quadrati (di cui 1 milione e 600 mila metri quadrati ceduti alla Fiat e ora in disponibilità alla Regione). Emanuele Filiberto dona anche la casa di Porta Doranea, prima sede dell'Ospedale Mauriziano e il Mauriziano costituisce il primo nucleo di vera assistenza ospedaliera.
L'Ordine ha una sua lunga vita attraverso il 600/100, costruisce anche una serie di beni storici culturali e monumentali di grandissimo valore, o contribuisce a costruirli (Staffarda e Stupinigi). Quindi, accanto al motivo della costituzione ospedaliera, l'Ordine si dà anche un motivo culturale che è quello dell'identificazione in momenti di valori storici e culturali quali furono il barocco anche prima del barocco come fu Staffarda, o li costruisce o comunque contribuisce a mantenerli in vita non tutti saranno costruiti perché i reali anche loro parteciperanno in parte e le donazioni saranno fatti dai reali all'Ordine Mauriziano e si identificherà la stessa storia con quelli della casa reale. Nel 1800 Napoleone giunge nel mentre spazia per l'Europa liquida anche il Mauriziano unendolo al San Giovanni.
La restaurazione nel 1814 lo reintegra e attraverso una serie di processi che avevano visto l'acquisto delle aree fabbricabili tra Porta Palatina, Via Milano, Piazza Emanuele Filiberto, si costituirà una serie di dotazioni sulle quali fino al 1882 si identificherà questa parte di Torino con la stessa vita dell'Ordine Mauriziano.
Gli anni tra il 1882 e il 1885 vedono il nuovo Ospedale di Aosta quello di Valenza, di Lanzo, di Luserna, l'Ospizio del Piccolo San Bernardo che costituirà quest'ultimo non soltanto un presidio di natura sanitaria ma anche un presidio di assistenza, tutti inglobati in questo complesso.
La Costituzione, nel momento in cui affronta il problema degli ordini cosiddetti religiosi, dice che l'Ordine Mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge. La legge del 1962 dà esecuzione alla norma della Costituzione; si ricompone il Consiglio di amministrazione e poiché la legge del 1962 nomina la Regione e la Regione non è ancora costituita, avviene una nomina sostitutiva.
Costituita la Regione, l'allora Presidente Calleri propone una deliberazione con la quale l'Ordine Mauriziano diventa sostanzialmente un ente ospedaliero secondo i suoi fini, i suoi obiettivi e i suoi statuti parificandosi agli altri ospedali. Il Consiglio dei Ministri però, a seguito di un parere del Consiglio di Stato, annulla tale deliberazione e nomina un Commissario. Da quel momento la Regione ha corrisposto al Mauriziano tutto quanto era dovuto come ente ospedaliero. Che cosa si è invece costituito del patrimonio che oggi assomma a 17 mila giornate di terreno, a beni immobiliari di valore storico? Che cosa è avvenuto, amici democristiani? Questa è diventata un'azienda immobiliare. Si è costituito, come sempre, un piccolo nucleo di potere interno, questa azienda immobiliare si è opposta ad ogni processo, ad ogni momento che vedesse raggiunti gli scopi per i quali era stata creata. Si è opposta alla legge del parco, si è opposta all'affitto dei terreni. L'opposizione è stata tale per cui la Regione avrebbe coltivato tutto, fatte tutte le opere nella parte distrutta del parco, avrebbe consentito all'Ordine Mauriziano di tagliare i boschi.
Credo che anche il volto di Borando si sarebbe illuminato di fronte ad un fittavolo del genere, ma non si è illuminato quello del Commissario del Mauriziano e non si è illuminato per puro contrasto politico perch nonostante che in precedenza al Comune di Torino fossero stati concessi due milioni di metri quadrati di terreni in affitto per somme irrisorie e non alle condizioni che offriva la Regione, quando invece la Giunta è diventata di un colore che assomiglia al garofano che noi portiamo come stemma, non è stato più sufficiente spurgare i fossi, piantare le piante, riparare i boschi, farli tagliare all'Ordine Mauriziano e siamo diventati dei cattivi fittavoli talché anche questo con un segno di croce è stato cancellato.
Borando, devi protestare presso l'Unione proprietari! Noi, amici democristiani, partecipiamo con voi al Governo nazionale e non permetteremo più d'ora innanzi - e lo diciamo con tutta franchezza che questa situazione abbia a protrarsi.
Chiederemo al nostro Segretario del Partito di porre al Governo anche la questione dell'Ordine Mauriziano.
Chiediamo il rispetto degli Statuti e degli obiettivi per cui l'Ordine Mauriziano è nato e si è sviluppato nella storia. Si è costituito un gruppo di potere che permane e che è inattaccabile. Ho chiesto di asportare per consultare alcuni libri e mi è stato negato. Dobbiamo fare alcune riflessioni.
I beni monumentali, artistici e culturali decadono tutti: decade Staffarda, decade la Palazzina, decade il monumento dove è sepolta la contessa di Mirafiori, sta decadendo tutto e lor signori, che governano il Mauriziano, non si preoccupano minimamente, anzi, hanno detto che essendoci chilometri di balaustre, di pavimenti, di "come avrebbero mai fatto loro a governare?".
A questo punto, amici democristiani, con i quali partecipiamo al Governo nazionale, la questione ha aperto questo libro. Noi vogliamo che si ricostituisca il Consiglio di amministrazione, previsto dalla legge del 1962: una parte viene nominata dal Governo attraverso i Ministeri, com'è previsto, l'altra parte viene nominata dalla Regione; mentre proponiamo al Governo di nominare i suoi membri, chiediamo, signor Presidente, che sia iscritto prossimamente all'ordine del giorno del Consiglio la nomina dei membri della Regione nel Consiglio dell'Ordine Mauriziano.
Non vogliamo che il patrimonio sia disperso, ma vogliamo che venga messo a disposizione di tutta la comunità come parco, come bene monumentale.
Amici democristiani, vi diciamo subito che su questo saremo intransigenti.
Questa pagina non la lasceremo perdere. Ci sarebbero tante altre pagine sulle quali sarebbe molto interessante soffermarsi, ma credo che non sia il caso di andare oltre quello che ho detto per ricostruire sommariamente la vita di quei tempi che è straordinaria, importante e che è stata decisiva per la nostra comunità.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Non vorrei entrare in emulazione con il collega Viglione per quanto riguarda la storia, lascio a lui questo ruolo. Vorrei invece attenermi alle esperienze politiche. Tuttavia credo che questo excursus che ci è stato esposto sia illuminante e ci serva come guida nel decidere.
Il buon senso porta a dire che la costituzione del servizio sanitario nazionale, con la legge 833, farà superare in larga parte le motivazioni che hanno comportato la sopravvivenza dell'Ordine Mauriziano.
Ricordo che la legge 62 prevede la costituzione di un Consiglio di amministrazione di 9 rappresentanti. Il Presidente è nominato dal Presidente della Repubblica, un ordinario diocesano di Torino, 4 nominati da 4 Ministeri, 3 nominati dal Consiglio regionale. In relazione al passaggio delle competenze ospedaliere alle Regioni con la legge 132 del '68, un decreto del Presidente della Giunta regionale del '71 scorporava e costituiva in ente ospedaliero il Mauriziano.
Non mi compete entrare nel merito di quelli che sono i limiti di quella impostazione, che ha offerto il pretesto al ricorso e alle sentenze sui quali varrebbe la pena di discutere. A posteriori si può esprimere anche la considerazione che, emessi quei decreti in un certo modo, con certe finalità, il problema si sarebbe risolto prima della legge 833. Le cose sono andate diversamente. Un decreto del Presidente della Repubblica del '78 ha accolto il ricorso e nominato il Commissario.
Ricordo le date perché nel giugno '78 avveniva ciò e nel dicembre '78 era approvata la 833, che prevedeva, all'art. 80, i rapporti con la Regione Valle d'Aosta, ma, all'art. 41, l'esigenza di un nuovo ordinamento per la legge entro il 1979, sentite le Regioni interessate. Circolano due proposte ufficiose, profondamente diverse, una del Ministero dell'Interno e una del Ministero della Sanità. E' certo che le questioni come sono configurate a livello nazionale mi lasciano pensare che una soluzione giuridica di questa questione sia abbastanza di là da venire e quindi trovi fondamento la richiesta degli interpellanti, riassunta oggi dal collega Viglione, di procedere rapidamente all'attuazione della legge del 1962.
Tralascio alcuni aspetti di tipo umano che ci suggeriscono anche l'esigenza di prendere questo provvedimento con il massimo di sollecitudine perché si sta creando una condizione di non governo all'interno dell'Ordine Mauriziano e che pongono il problema di affiancare al Commissario un nuovo organismo collegiale, capace di gestire questa complessità di questioni.
Vorrei ancora ricordare che la legge 761 del '79 che organizza lo stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali, stabilisce all'art.
25 che il trattamento e l'organizzazione del personale dell'Ordine Mauriziano deve essere equipollente al personale delle Unità Sanitarie Locali previo adeguamento del regolamento interno e reso conforme a quel decreto. Questo non è avvenuto e quindi siamo in una condizione di totale disubbidienza delle leggi che regolano la materia. Bisogna prenderne atto e provvedere.
In relazione al personale e in relazione all'emananda legge nazionale che regola la materia, la Regione potrà assumere una legge regionale che nello spirito della legge 761, possa organizzare la mobilità del personale tra l'Ordine Mauriziano e le Unità Sanitarie Locali perché non si crei un corpo separato di operatori sanitari.
Anticipo questa esigenza perché è oggetto di un atteggiamento molto responsabile da parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del Mauriziano che rifiutano un trattamento economico e normativo diverso da quello del servizio sanitario nazionale. La Giunta regionale è pienamente disponibile a sollecitare con la forza di un ordine del giorno del Consiglio la costituzione degli organi sulla base della legge del '66 e a sollecitare l'emanazione della nuova legge ai sensi della legge 833.
I rapporti con il Mauriziano sono stati in questi anni complessi ed articolati, ufficialmente non cattivi. Le vicende della legge regionale sul Parco di Stupinigi sono a tutti note. Certamente abbiamo perso una grande occasione e ho impressione che vicende di questo genere, sia sul Parco di Stupinigi sia sull'uso della struttura edilizia di Stupinigi ai fini dell'utilizzo universitario, poco hanno da essere addebitate agli interessi diocesani, che per la legge devono essere presenti. Gli interessi che si sono mossi in questa direzione sono all'interno del momento pubblico istituzionale che avrebbe dovuto trovare la forza per risolvere i problemi.
L'unico problema positivamente risolto è quello della sede di Roma ripristinata a spese della Regione ed in uso trentennale.
In attesa della legge, la Regione ha perseguito la linea dell'utilizzo e dell'inserimento funzionale dei servizi ospedalieri del Mauriziano nelle proposte di piano regionale socio-sanitario. In coerenza con questo si è fatta carico: degli oneri di gestione di quasi la totalità degli investimenti fatti; in modo particolare il grande investimento dell'Eremo nella Valle di Lanzo, a totale carico della Regione.
L' Amministrazione regionale coerente con il Decreto del Presidente della Giunta regionale del '71, della spesa corrente e degli investimenti ha fatto carico al fondo sanitario nazionale. Una legge che ribadisca totale autonomia, seppure nell'ambito di qualche clausola, certamente pone in discussione la legittimità giuridica del comportamento che abbiamo tenuto fino alla fine del 1980. Non ho dubbi che la spesa corrente debba essere addebitata al fondo sanitario nazionale come qualsiasi altra struttura privata; a maggior ragione questa struttura che giuridicamente è privata, ma sostanzialmente è pubblica.
Per dare un quadro normativo, in assenza della legge e dello schema quadro nazionale, la Giunta ha approvato uno schema minimo per le Unità Sanitarie Locali di Torino, di Valenza, di Lanzo e della Val Pellice che prevede accordi preventivi tra Unità Sanitarie Locali e Ordine Mauriziano per la riorganizzazione dei servizi in quelle località, previo il rispetto delle normative relative al personale.
Per quanto riguarda la spesa in capitale, il problema è complesso e si riferisce al patrimonio complessivo ingente seppure rigido dal punto di vista del suo utilizzo e dei riflessi per quanto riguarda il reddito. Una recente corrispondenza tra il Mauriziano e il Ministero della Sanità fa emergere l'intenzione o la richiesta dell'Ordine Mauriziano di attingere direttamente al fondo sanitario nazionale tramite la Regione ai finanziamenti in capitale. La cosa non è ancora stata discussa in Consiglio Sanitario Nazionale, certamente porrà dei problemi di ordine giuridico.
Le vicende emerse recentemente in un dibattito nel Consiglio della Regione valdostana in ordine ad una convenzione tra l'Ordine Mauriziano e quella Regione pone grossi problemi, perché un conto è parlare di politica di investimenti per la manutenzione e il miglioramento delle strutture altra cosa è parlare di vendita di strutture, di acquisto di altre, quindi dell'estensione del ruolo del Mauriziano nel campo sanitario attingendo direttamente alla spesa di investimenti del fondo sanitario nazionale. Sono problemi di ordine giuridico, di ordine programmatorio e persino di legittimità.
Esiste parallelamente il problema del patrimonio artistico, delle scuole, di edifici del culto, che pongono problemi di manutenzione urgenti se non si vogliono lasciar degradare ulteriormente.
Il patrimonio dei beni rurali è di 6.520 ettari, di cui 5.260 sono in affitto e 1.270 in gestione diretta. Gli edifici, gli alloggi e i negozi hanno un'incidenza di un certo rilievo, sono essenzialmente collocati a Torino ed erano destinati un tempo ad ospedale e sono stati successivamente trasformati in edifici di abitazione e negozi a Porta Palazzo e in Via Milano.
Preso atto che nell'attuale situazione economica il patrimonio da reddito, per il reddito che se ne trae, non è assolutamente in grado di finanziare quelle attività istituzionali, né la manutenzione degli edifici né opere a finalità ospedaliera, il problema si può porre nei termini dell'ipotetica alienazione di parte di questi patrimoni.
Non può essere assolutamente ignorato che i due grandi capitoli del patrimonio, il patrimonio artistico e il patrimonio agricolo (6.500 ettari una delle più grandi proprietà terriere del Piemonte) pongono problemi di politica agraria, non ignorando che per 5.000 ettari vi sono quelle condizioni da tutti riconosciute di prelazione degli attuali affittuari per cui le condizioni di utilizzo e di inserimento di questo patrimonio in una politica agraria sono fortemente condizionate. In ogni caso, l'inserimento del patrimonio artistico e del patrimonio agricolo nelle corrispondenti politiche culturali agricole della nostra Regione è un problema che esiste realmente dal quale non si può assolutamente sfuggire.
Credo che la strada migliore sia quella della costruzione di un corretto nuovo rapporto tra Regione e Ordine Mauriziano. La politica dei corpi separati, l'illusione di decidere per proprio conto non possono assolutamente approdare a risultati. Un patrimonio giuridicamente privato ma sostanzialmente pubblico, deve essere piegato alle necessità pubbliche.
Su questo non c'è che la riflessione, il confronto per approdare a questo obiettivo che non può che essere l'obiettivo generale del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, da parecchi mesi stiamo aspettando questo dibattito e noi democratici cristiani, che sapevamo di essere i grandi accusati, lo aspettavamo per capire il senso delle polemiche che il Capogruppo del P.S.I. con molto garbo, ha inteso rivolgerci. Sarebbe interessante andare a rivedere, nelle legislature precedenti, quante volte è accaduto che un problema di ordine politico, che viene valutato di grossa rilevanza nella realtà piemontese come questo, sia stato fatto slittare passando ad un dibattito di serie "B" (un po' come il Milan e la Lazio).
Vogliamo sgombrare il campo e dire che quando tornerà in serie "A" sarà un Milan forte in "A"; adesso è un Milan forte in "B".
Aspettavamo questo dibattito al quale intendiamo dare un serio contributo, in linea con le cose che abbiamo detto in questi anni in ordine al problema Mauriziano.
La posizione del P.S.I. indicata nell' interpellanza pone due quesiti: la richiesta di costituzione del Consiglio di amministrazione e la salvaguardia dei beni e delle attività dell'ente.
Il Consigliere Viglione ha fatto un excursus storico interessante.
Nelle mie premesse storiche sono partito dal 1573. Desidero però dare più rilevanza ai fatti che sono accaduti negli ultimi venti anni. Partire da lontano è utile per capire come si è costituito l'Ordine Mauriziano che come diceva Viglione, trae le sue origini dalla fusione tra l'Ordine dei Cavalieri di San Maurizio e quello di San Lazzaro, ma vale la pena di valutare cosa è successo negli ultimi anni.
Nei secoli successivi l'istituzione, direttamente collegata alla Casa dei Savoia, l'Ordine svolse compiti che risentivano della sua duplice natura, civile e religiosa; accanto all'assistenza agli infermi, vennero così precisandosi ed attuandosi altri e non meno importanti fini, quali l'istruzione, la beneficenza ed il culto.
Con l'avvento della Repubblica e con l'entrata in vigore della Carta Costituzionale l'Ordine ricevette il proprio assetto definitivo secondo il criterio della conservazione del patrimonio e del mantenimento di tutte le attività sino ad allora esercitate. Infatti la disposizione finale n. 14 della Costituzione testualmente recita: "L'ordine Mauriziano è conservato come Ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge".
Affermato il principio di base, diveniva necessario disciplinare, con apposita legge ordinaria dello Stato, gli organi e l'attività dell'ente dotandolo di quelle strutture operative che gli consentissero un regolare espletamento dei suoi multiformi compiti. Fu così emanata la legge 5/11/1962 n. 1596 che regolò la vita dell'Ordine sia nell'ambito ospedaliero che in quello extraospedaliero.
L'entrata in vigore della legge generale sugli enti pubblici ospedalieri (legge 12/2/1968 n. 132) pose immediatamente il problema se le nuove norme si intendessero applicabili anche all'Ordine Mauriziano, con la conseguente ed implicita abrogazione di quelle della legge speciale del 1962, o se invece quest'ultima mantenesse la propria vigenza, trattandosi per l'appunto di disciplina particolare non riconducibile a quella ordinaria del settore.
La Regione Piemonte ritenne valida la prima alternativa. Con decreto n.
5029 del 23/9/1971 il Presidente della Giunta regionale piemontese stabilì che il Consiglio di amministrazione dell'Ordine dovesse venire costituito in conformità a quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 132 per gli enti che comprendono almeno un ospedale generale provinciale.
Contemporaneamente, l'Ordine venne assoggettato al controllo tutorio della Regione, che sostituì quello ministeriale sino ad allora attuato.
A seguito di tale decisione, l'Ordine Mauriziano venne inquadrato nella normativa generale ospedaliera, pur conservando il patrimonio e le attività extraospedaliere originarie. Senonché la complessità dei compiti svolti dall'ente e la peculiare organizzazione dei suoi servizi, resero in taluni casi difficile l'applicazione della disciplina richiamata dal citato decreto regionale. A ciò si aggiunsero le pronunce del Giudice amministrativo che, nel risolvere l'annosa controversia tra l'Ordine e la Regione Valle d'Aosta per la titolarità del locale stabilimento di cura espressamente sancì il principio della non applicabilità all'Ordine stesso delle leggi riguardanti l'assistenza ospedaliera pubblica.
A seguito di tali orientamenti della giurisprudenza, venne assunta in sede ministeriale l'iniziativa di promuovere l'annullamento governativo dei decreti regionali d i nomina del Consiglio di amministrazione dell'ente.
Si giunse così al D.P.R. 24/6/1978, con il quale vennero in effetti annullati, a norma dell'art. 6 del Testo Unico leggi comunali e provinciali, i decreti del Presidente della Regione Piemonte che avevano inquadrato l'Ordine Mauriziano nella disciplina ex legge 132 e nominato, di conseguenza, il Consiglio di amministrazione. Con altro D.P.R. in pari data si provvide alla nomina di un Commissario straordinario, destinato a reggere l'ente nelle more della ricostituzione degli organi ordinari in conformità alla normativa originaria.
A questo punto sembrava che la complessa vicenda giuridico istituzionale dell'ente fosse avviata ad una conclusione definitiva, e che l'imminente ricostituzione degli organi tipici di amministrazione secondo la legge 1596 del 1962 avrebbe ridato al Mauriziano il suo assetto normale nel quadro dell'ordinamento positivo. Venne invece emanata, il 23/12/1978 la legge n. 833 istitutiva del servizio sanitario nazionale che ripropose anche se in altri termini, il problema della struttura interna dei servizi dell'ente. L'art. 41 di tale legge prevede infatti, al secondo comma, che apposita legge dello Stato provveda ad un nuovo ordinamento del Mauriziano "ai sensi della XIV Disposizione transitoria e finale della Costituzione ed in conformità, sentite le Regioni interessate, per quanto attiene all'assistenza ospedaliera, ai principi' di cui alla presente legge".
La stessa legge, all'ultimo comma dell'art. 80, prevede poi che l'utilizzazione dell'Ospedale di Aosta venga regolata da appositi accordi tra l'Ordine e quella Regione.
Infine l'art. 25 del D.P.R. 20/12/1979 n. 761, concernente lo stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali, stabilisce l'equipollenza dei servizi e dei titoli del personale mauriziano a quelli del personale delle U.S.L., previo adeguamento del regolamento interno, per la parte compatibile, ai principi del decreto medesimo.
Assessore Bajardi, noi riteniamo che questo, poiché è scritto debba essere fatto e che un confronto serio con chi guida l'Ordine e con le organizzazioni sindacali debba consentire alla Regione la realizzazione di questo dettato sul quale non abbiamo dubbi.
In tali circostanze, tenuto conto del fatto che l'emanazione della nuova legge mauriziana non può essere ulteriormente differita, è parso opportuno ai competenti organi ministeriali protrarre sino ad oggi il regime commissariale dell'ente, anziché provvedere alla ricostituzione del Consiglio a norma della vecchia disciplina del 1962 in quanto tale organo in ragionevole ipotesi, avrebbe avuto una durata in carica assai breve dovendo essere sostituito quanto prima dal nuovo Consiglio costituito secondo l'emananda legge.
In attesa che quest'ultima legge venga emanata, l'ente è retto, dicevo da un Commissario straordinario che ha sostituito il precedente Consiglio (la cui composizione era stata dichiarata illegittima in quanto costituito ai sensi della legge 132, che invece non si applica all'ente).
Stando così le cose, è evidente che l'Ordine potrà riavere i suoi organi istituzionali quando sarà entrata in vigore la nuova legge, che ne disciplinerà composizione e modalità di nomina.
Fino ad allora non esiste altra soluzione che quella attuale, non essendo possibile applicare oggi la legge del 1962, come viene tra l'altro richiesto dall'interpellanza dei Gruppi di maggioranza, che è stata ormai dichiarata superata e di cui è prossima l'abrogazione.
Piuttosto è auspicabile un'accelerazione dei tempi di elaborazione ed approvazione della nuova legge mauriziana.
In ogni caso è evidente, a nostro giudizio, che tale nuova legge, come già quella del 1962, non potrà non riconoscere il principio costituzionale della conservazione dell'Ordine e quindi della pluralità dei suoi compiti istituzionali.
La conservazione dell'ente presuppone altresì la conservazione del patrimonio, che non è dismissibile a favore di alcun altro ente pubblico.
D'altronde l'ente gestisce regolarmente, come ha sempre fatto, le sue attività nell'ambito dei servizi pubblici e nel rigoroso rispetto della legge.
Infatti: Ospedali: e lo ricordava l'Assessore il quale ha parlato di "rapporti non cattivi" che può voler dire che ci sono delle cose da chiarire, pu voler dire che l'Ordine è disattento rispetto alle linee della Regione.
Non mi pare però di leggerli in questo modo. Comunque, gli ospedali sono inseriti nella proposta di programma socio-sanitario regionale e operano appieno.
Scuole: materne ed elementari parificate, aperte a tutti nei limiti dei posti disponibili, assolutamente gratuite e pertanto funzionanti secondo le norme delle scuole statali.
Abbazie: sono considerati monumenti nazionali e sono regolarmente aperte al pubblico, sia per le visite culturali sia per il culto, in osservanza delle disposizioni impartite dalle rispettive Curie.
Palazzina di caccia: funziona come Museo, aperta al pubblico e l'onere complessivo di gestione, come di tutti gli altri monumenti mauriziani grava interamente sul bilancio dell'Ordine Mauriziano.
Quanto poi al patrimonio agrario ed immobiliare, l'ente utilizza i relativi redditi per finanziare le attività extraospedaliere le quali proprio in virtù della loro natura di servizi pubblici, sono svolte senza alcun fine di lucro.
Pretendere lo smembramento dell'ente ed il passaggio dei beni alla Regione (o ad altri enti opportunamente scelti o creati), oltre che costituire una violazione del dettato costituzionale, significa mascherare con pretesti pseudo-giuridici una volontà politica di asservimento del patrimonio e delle attività mauriziane alle forze che attualmente governano la Regione, sostituendo alla logica della ricerca costante di miglioramento obiettivo dei servizi, quella della lottizzazione politico - ideologica oggi dominante (vedi scuole, politica agraria, monopolio della cultura).
Le valutazioni politiche possono non disattendere le premesse storiche che ho tentato di fare per inquadrare il problema e per evitare le strumentalizzazioni e definire la posizione della D.C. rispetto ai vari atti e ai momenti che hanno contribuito a definire e a costruire la vicenda.
Mi pare più che altro un fatto personale di rapporti difficili tra il Presidente della Giunta regionale e l'Ordine Mauriziano. Se possiamo comprendere che rapporti difficili possano esserci stati, e non entriamo nel merito, ci pare che questa posizione personale non possa andare oltre il lecito e non possa ridurre un problema giuridico complesso ad un fatto di patrimonio e a un fatto di gestione di questo patrimonio. Noi certamente non lo limitiamo a questo aspetto e diamo una valutazione del problema dell'Ordine Mauriziano più complessiva. I Commissari che hanno guidato l'Ordine Mauriziano in questi anni non sono Commissari della D.C., sono Commissari nominati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, quindi rifiutiamo questa impostazione che è già stata tentata dal Comune di Torino e che viene qui ripresa. Sono Commissari nominati secondo quanto prevede la legge, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri rispetto ai quali ci siamo posti in modo critico anche come democratici cristiani. Riteniamo comunque di poter dire che hanno avuto la capacità e il rigore di operare con grande rispetto delle istituzioni, della Regione in particolare, delle forze sociali e delle forze politiche.
Queste cose credo di doverle dire per senso di obiettività, per senso di correttezza nei confronti di persone che debbono affrontare un problema giustamente definito da Bajardi mastodontico.
Questa è la prima valutazione che faccio a nome del Gruppo D.C. per sgombrare il campo da polemiche sulle quali noi non vogliamo entrare, ma sulle quali non debbono entrare neanche le altre forze politiche.
La soluzione commissariale - lo abbiamo detto e lo ribadisco in questa sede - è una soluzione che non condividiamo, che subiamo e - questo è il nodo sul quale si sono soffermati con sufficiente attenzione i colleghi Viglione e Bajardi - l'impegno della D.C. e di tutte le forze politiche deve essere nel senso di sollecitare il Parlamento affinché definisca al più presto la nuova legge.
C'è una proposta della D.C., una proposta del Ministero della Sanità mi risulta ci sia una proposta del P.C.I. Da questo Consiglio credo debba emergere l'impegno tassativo di tutte le forze politiche perché il più rapidamente possibile il Parlamento approvi la nuova legge che consenta di superare le difficoltà e i problemi nei quali oggi ci troviamo.
E' opportuno un confronto con chi guida l'Ordine Mauriziano e con le sue strutture amministrative e tecniche. In questo senso la D.C. darà il suo appoggio e il suo pieno e completo apporto.
Valuteremo con attenzione la proposta di ordine del giorno ma certamente se tale proposta strumentalizza la situazione dell'Ordine Mauriziano e non tiene conto delle ragioni giuridiche che ho tentato di descrivere e della situazione oggettiva esistente, sarà oggetto di una valutazione critica da parte nostra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, ci riconosciamo pienamente nell'introduzione che ha fatto il Presidente. Vorrei sottolineare al Consigliere Carletto che non c'è in ballo nessuna questione personale, è in ballo invece, come lui giustamente ha ricordato, un problema di ordine politico di notevoli dimensioni e di perdurante attualità per la nostra Regione su cui occorre tirare le somme per decidere gli impegni da assumere e per valutare la coerenza delle affermazioni generiche di disponibilità rispetto alle cose che si debbono fare. Se non fossimo costretti dall'economia dei tempi che ci siamo dati, questo dibattito richiamerebbe molte considerazioni storiche, giuridiche e politiche. Da parte della D.C.
si dichiara di voler uscire dalla situazione attuale, ma né nei comportamenti, nelle enunciazioni e negli impegni concreti se ne trovano i presupposti.
La vicenda necessita di alcuni chiarimenti su elementi che rischiano di continuare l'equivoco sull'aspetto giuridico. Non possiamo dimenticare che è vigente una normativa che però è inapplicata e che da troppi anni si parla di una futura disposizione legislativa, ma non ci sembra imminente.
Pertanto, così come ha sottolineato il Consigliere Viglione e così come ripropone la maggioranza nell'ordine del giorno, che auspichiamo venga approvato anche dagli altri Gruppi, chiediamo l'applicazione della legge vigente.
La questione non è di poco conto, anzi, è di grande rilievo.
Colleghi democristiani, non è nella nostra intenzione di porvi sul banco degli accusati, ma vogliamo porvi un interrogativo di fondo. Come pu essere ancora coltivato, con pretesti o basi giuridicamente più o meno fondate, uno stato che è in violazione della legge? Il patrimonio era a disposizione e in funzione della comunità e invece in questi anni si è voluto tenere in un regime rigoroso di separazione e di separatezza.
Certo, il Commissario è designato e nominato istituzionalmente, ma è la coincidenza puntuale, eccessiva, è l'appiattimento del vostro partito sulle posizioni tenute istituzionalmente dall'Ordine che ci preoccupano molto. Un ente che non è Stato, che ha una sua regimazione particolare pone delle necessità anche a voi. Per questo pongo l'interrogativo di una dialettica ben diversa da quella che c'è stata in passato. Nel tempo in cui la Giunta regionale fece la proposta di inserire il Castello di Stupinigi e le Cascine nel progetto della nuova Facoltà universitaria d'Agraria e di Veterinaria, avemmo un'opposizione pregiudiziale e violenta. Non ci fu il tentativo dell'Ordine di collocarsi in funzione di un progetto che poteva essere discusso, ma ci fu la raccolta di tutti gli interessi corporativi per impedire quel disegno. Conosciamo la storia del Parco, conosciamo gli atteggiamenti della D.C. tenuti qui nell'Ordine e magari al Governo.
Chiediamo soprattutto a voi, colleghi della D.C., di fare uno sforzo per eliminare gli elementi di sospetto e perché venga applicata la legge.
Chiediamo non solo che si faccia un passo avanti nella direzione da tutti auspicata della rapida approvazione della legge 833, ma chiediamo alla D.C. di fare uno sforzo affinché la normativa vigente venga applicata e si proceda alla designazione dei membri di spettanza e di competenza regionale.



PRESIDENTE

La parola al collega Marchini.



MARCHINI Sergio

Devo dichiarare con tutta modestia che mi è stato tuttora difficile capire dalla lettura del documento depositato a mano dei Consiglieri e dell'aulica esposizione del collega Viglione la realtà che sottende a questa materia e a questo dibattito.
Ritenevo che attenesse ad un problema di disciplina del personale, a vicende sindacali e avevo fatto alcune ricerche in questo senso. Adesso prendo atto che le diverse componenti della collettività piemontese qui richiamate, dai santi ai monarchi affossatori del potere temporale, avevano pure trovato in questa Regione la capacità di sintesi e di lavorare insieme per creare monumenti (che noi non riusciamo a mantenere sia pure per la sola ordinaria amministrazione).
Ho quindi cercato di capire quale sbocco vuole avere questa discussione per orientare la valutazione che deve dare il nostro Gruppo. Da parte della sinistra si tende a rimettere a regime quella situazione che aveva già trovato applicazione formale a tutti gli effetti dopo la legge del '62 situazione a regime che è stata rimessa in discussione da questa istituzione: quindi siamo soggetti propri in questa discussione. C'é una contraddizione lessicale, nel senso che chiediamo contemporaneamente l'applicazione di una legge, con la nomina degli organi statutari, e contemporaneamente sollecitiamo l'approvazione di un'altra legge. Ho cercato anche di capire che senso abbia questa contraddizione che non è casuale.
Il discorso che i proponenti fanno è quello che, in attesa che a questa istituzione e a quella di cui ci occupiamo (e non a questo o a quel partito o a questa o a quella forza), venga riconosciuta una competenza diversa e più ampia di quella restrittiva della legge del '68 e si incominci a dare comunque corso allo spirito della legge del 1962.
Lo sbocco che il Consiglio deve dare a questa discussione, al di là del merito specifico delle funzioni dell'Ordine, è quello di prendere una posizione. Mi sembra curioso sostenere da una parte che questa istituzione auspica l'approvazione della legge nazionale che dovrebbe darle maggiore potere e maggiore responsabilità e che poi non si sia tutti d'accordo nel dire che comunque la legge esistente (che dà comunque qualche potere e qualche responsabilità) non debba trovare attuazione.
Se la legge del 1962 non trova attuazione con la nomina del Consiglio e degli organi statutari, la presenza politica regionale è nulla, quindi diventa contraddittoria.
Poiché non conosciamo a fondo il tema (anche perché ci sembra più un tema da conventicole che da aule pubbliche) ci auguriamo di non aver dato inconsapevolmente con il nostro assenso alla proposta della maggioranza biada all'uno o all'altro cavallo che sembrano correre per cercare di accaparrarsi questo strumento. Darò voto favorevole, assumendomi la responsabilità di questa decisione per i colleghi non presenti, nello spirito che a tempi stretti si promuova questo processo che parta dall'attuazione della legge del 1962 per venire alla definizione del sistema giuridico attinente al problema del Mauriziano con la legge auspicata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Colleghi Consiglieri, questo mio intervento poteva essere evitato senonché alcuni passi della discussione mi hanno indotto a precisare certe affermazioni che ritengo debbano trovare una correzione in un confronto civile, quale vogliamo avvenga in Consiglio regionale.
Le affermazioni che debbono essere rettificate perché non vi sia il sospetto che una forza politica come la nostra possa essere collocata in una posizione di retroguardia rispetto ai problemi che sono stati portati avanti nella passata legislatura, concernono due problemi: quelli relativi al ruolo del patrimonio immobiliare dell'Ordine ed i tipi di funzioni o di compiti che il ruolo svolge nell'ambito della gestione di questo patrimonio.
Ritengo profondamente ingiusto il voler attribuire non già ad una sola forza politica, ma a tutti coloro che avevano contrastato l'ipotesi dell'insediamento dell'Università nel Parco di Stupinigi, una posizione di arretratezza culturale. In realtà, quel progetto era quanto mai discutibile. Dal mio punto di vista lo vedevo del tutto aberrante rispetto alla situazione di logica formale e di insediamento storico. Comunque era un'ipotesi di progetto che aveva trovato non solo nelle forze politiche e nelle componenti sociali interessate al patrimonio agricolo e locale, ma anche nei livelli di responsabilità universitaria, delle forti resistenze se non l'assoluta opposizione.
Il ruolo che l'Ordine ha avuto rispetto alle istituzioni e rispetto ai rapporti con l'economia strutturale e produttiva dell'epoca, giustificava una permanenza di queste strutture agricole annesse al patrimonio che oggi definiamo monumentale, ma che un tempo era nato con finalità e obiettivi strettamente legati a quel tipo di produttività. Tutto questo esige un rispetto che vuole connettere le strutture, che definiamo storiche, ma che hanno ancora una dimensione di funzionalità strettamente connessa all'utilizzazione del patrimonio agricolo, oltre un rispetto del supporto che esse costituiscono per la comunità che vive in quell'ambito e che ritrova in esso un momento di riferimento che non può essere improvvisamente, per decisioni assunte dall'alto, sradicato e completamente sconvolto.
Credo che i proponenti del progetto universitario non avevano assolutamente valutato questi aspetti, ma, quando si sono trovati a confronto con le realtà locali e con la dialettica che ne è nata, hanno dovuto constatare quanto quella ipotesi fosse inattuale rispetto agli obiettivi che si volevano conseguire e rispetto a quel tipo di utilizzazione complessiva di patrimonio agricolo e forestale che sussiste ancora in quell'area.
Da questo punto di vista, credo che si debba fare giustizia delle posizioni di arretratezza politica o dei preconcetti rispetto a questa ipotesi.
Piuttosto diciamo che l'esperienza che si è maturata con l'affitto delle aree del Mauriziano al Comune di Torino non è così esaltante ai fini di un affidamento tout court alla struttura pubblica di certi patrimoni: è un'esperienza deludente che, nonostante gli investimenti che la Città di Torino fece negli anni '72, '73 e '74, sul disboscamento, sulla ripulitura del sottobosco ha dato degli effetti in termini di utilizzazione non certamente rispondenti alle premesse che erano state impostate. Questo vuol dire che ci si deve rendere conto, al di là di tutta l'enfatizzazione che sempre e assolutamente vogliamo fare sul ruolo degli enti istituzionali per gestire le strutture di servizio, che o ci si mette in condizione di strutturare anche da un punto di vista organizzativo e logistico un supporto all'utilizzazione di questi beni, oppure tanto vale riversare le risorse necessarie perché questa gestione possa essere fatta da chi ne è proprietario.
Ritengo che la vicenda del Parco abbia gettato maggiori, lunghe, ombre sull'atteggiamento che le forze politiche di sinistra vogliono mettere in atto rispetto alla soluzione politica del problema. Dobbiamo essere chiari e, siccome non voglio dilungarmi molto nell'intervento, passo agli aspetti di prospettiva ed istituzionali.
Non si tratta di dire, come afferma il Consigliere Bontempi, che siamo in un continuo stato di non applicazione delle vigenti norme di legge. Noi siamo in presenza di un ente di diritto pubblico, il quale con il convenzionamento in atto nelle trattative con la Regione e con tutte le considerazioni che già il Consigliere Carletto ha fatto relativamente al problema di inquadramento del personale rispetto alle previsioni della riforma sanitaria, è in condizione di attuare, secondo le norme vigenti tutti i presupposti e gli obiettivi che la riforma sanitaria si è proposta.
Ci troviamo di fronte ad un patrimonio anche dal punto di vista delle strutture ospedaliere, che in questi anni non è rimasto privo di capacità di rinnovamento e di aggiornamento delle proprie strutture (confrontiamo per esempio, l'Ospedale di Lanzo con quello di Rivoli: due esempi emblematici di come gli investimenti del patrimonio sanitario ospedaliero possano essere finalizzati e quindi portati a conclusione per quanto riguarda la loro utilizzazione). Smitizziamo l'ipotesi che si sia di fronte ad un caso di violazione delle leggi nazionali perpetuata da parte di alcune forze politiche o da parte del Governo.
Siamo forse in condizioni di attuare una soluzione di tipo diverso da quella attuata dalla Regione Valle d'Aosta, ciononostante, siamo in condizione di dare una risposta precisa in termini di operatività e di celerità di utilizzazione, di collocazione giuridicamente giusta rispetto alla riforma del personale.
Ricordo ai Consiglieri Bontempi e Viglione come, dopo la prima bocciatura della legge, noi stessi ci siamo adoperati per percorrere la strada del preconvenzionamento e abbiamo steso faticosamente una convenzione che legava l'utilizzazione del patrimonio agro-forestale ai fini dell'utilizzazione a parco. Questa strada avrebbe potuto raggiungere dei risultati positivi se la pervicacia delle forze politiche di sinistra non avesse voluto insistere sull'utilizzazione del patrimonio immobiliare e monumentale.
Carletto l'ha detto con molto garbo, io lo dico con altrettanta chiarezza o con meno garbo, se preferite: il tentativo di voler assolutamente mettere le mani su quel patrimonio per fini che non sono istituzionali e che non hanno nulla a che vedere con i compiti strettamente istituzionali della Regione, è palese. Ci troviamo di fronte ad un patrimonio monumentale che è gestito secondo finalità museografiche che non sono istituzionali dell'Ente Regione. Questo, prima di tutto, non è un museo regionale, è un museo nazionale, è un museo che ha delle caratteristiche che il D.P.R. 616 assolutamente non assegna alla Regione, è ospitato in una struttura monumentale soggetta a tutele, a vincoli attraverso decreti ministeriali che, comunque, non sono di competenza gestionale della Regione.
Volete continuare a portare avanti la battaglia? Benissimo, continuate a portarla avanti però finché non si modificherà il dettato costituzionale finché non si modificherà il D.P.R. 616, vi troverete di fronte ad un diniego, al di là del colore politico del Ministro degli Interni.
Su questo ci deve essere chiarezza e realismo nel cercare di individuare gli obiettivi effettivamente rispondenti alle nostre affinità istituzionali.
Ritengo che il raccordo con la Regione, che l'Assessore Bajardi con molto garbo alla fine del suo intervento ha proposto sia legittimo, e lo sottoscriviamo. Siamo perfettamente consci che le competenze sul territorio della Regione implicano che anche questo patrimonio debba essere gestito ed amministrato secondo obiettivi rispondenti a finalità o di riequilibrio territoriale o di salvaguardia di certi valori, ritengo però che questo aspetto non debba essere confuso con i problemi di natura patrimoniale di questa struttura, che è certamente anomala, che ha caratteristiche di controllo pubblico rispetto alle quali non dovrebbero esservi sospetti di ingerenze inopportuni da parte di nessuno, tanto più della vostra forza politica.



PRESIDENTE

La parola alla collega Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

A quest'ora della mattinata non mi soffermerò sugli aspetti storici sui quali, peraltro, con molta competenza e con il solito fascino si è soffermato il collega Viglione, anche perché non sono un cavaliere di San Maurizio, sono soltanto un cavaliere dell'Ordine dei Tartufi di Alba che peraltro, in questo Consiglio regionale ha degli estimatori a destra e a sinistra. In fondo gli scopi dell'Ordine dei Cavalieri di Alba si ritrovano in quelli di non facciamo la lotta ai privati, ma la facciamo ai sofisticatori, non facciamo la lotta agli eretici, ma a quelli che non vogliono conoscere il vino; siamo per l'ospitalità generosa (e credo che il Presidente recentemente abbia avuto occasione di constatarlo), siamo anche per la milizia, non quella militare, ma quella del proselitismo e dell'attività in senso lato.
Tralasciando questi aspetti storici, vorrei attualizzare il discorso tenendo conto di tutte le considerazioni che sono venute dai colleghi.
Vorrei centrare l'attenzione su due aspetti in particolare: il primo è che questo argomento necessariamente deve essere agganciato alla convenzione tra l'Ordine Mauriziano (in questo momento il Commissario) e la Regione Piemonte.
Ritengo che l'Ospedale faccia una sua programmazione slegata dalla programmazione regionale, proprio per la difficoltà di avere un interlocutore democraticamente valido eletto, appunto il Consiglio di amministrazione dell'Ente Mauriziano.
Questa considerazione mi riporta al secondo aspetto sul quale vorrei centrare la mia attenzione, cioè sul fatto che, in ogni caso, da questo Consiglio deve venire una sollecitazione, una presa di coscienza perch questo Ordine si dia al più presto un'organizzazione democratica.
Non ho elementi contro o a favore dell'attuale gestione commissariale.
So soltanto che qualsiasi gestione commissariale, per quanto cristallina trasparente o corretta possa essere, è sempre una gestione autocratica e personalistica. La volontà politica che unitariamente deve esprimere questo Consiglio è quella che alla collettività al più presto venga data relativamente a questo ente, così importante, una gestione democratica che può venire soltanto da un'elezione democratica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, signori Consiglieri, stante l'ora tarda mi limito ad una dichiarazione di voto sull'ordine del giorno proposto dalla maggioranza, con il rilevare che i connotati dell'odierno dibattito concernente l'Ordine Mauriziano sono - com'è emerso dal dibattito stesso di carattere politico e giuridico. Ad avviso del nostro Gruppo prevalgono peraltro, i connotati giuridici, in quanto ci troviamo di fronte ad una legge statale di attuazione della Costituzione (la legge 5/11/1962) la quale non trova applicazione da circa 19 anni. Indipendentemente dall'attuale situazione dei progetti di legge giacenti in Parlamento (che dovrebbero portare ad una abrogazione dell'attuale normativa e alla sostituzione, nel quadro della legge n. 833, con una nuova normativa) riteniamo, per intanto, che debba essere applicata la legge vigente. Questo è un principio generale dello Stato di diritto.
Per queste considerazioni di prevalente carattere tecnico-giuridico il nostro Gruppo vota per il proposto ordine del giorno, anche se lo stesso proviene dalla maggioranza: quindi, a prescindere dal substrato politico che caratterizza l'ordine del giorno stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, farò una brevissima dichiarazione di voto sull'ordine del giorno che mi risulta essere stato presentato dai Gruppi di maggioranza, da coloro che hanno proposto con la loro mozione questa discussione.
Non ho una particolarissima conoscenza dei fatti come hanno invece i miei colleghi di Gruppo intervenuti e, quindi, cercherò di andare per linee maestre che sono quelle che debbono guidare gli atteggiamenti e le prese di posizione.
La mia forza politica non ritiene di dare a questo dibattito un'impostazione secondo cui ci sono forze politiche che fanno battaglie di avanguardia quasi che noi dovessimo fare una battaglia difensiva o di retroguardia. Non si è mai esplicitamente discusso di questo problema e non riteniamo mai di fare battaglie di retroguardia né ci attestiamo su posizioni di retroguardia sul problema del Mauriziano.
Se le documentate considerazioni giuridiche fatte dal collega Carletto sui rapporti tra Regione e Ordine Mauriziano hanno un senso nessun Consiglio regionale può stravolgere i principi legislativi.
L'Ordine del giorno che è stato presentato ci vede consenzienti su tre delle quattro parti. Sulla parte in cui si chiede: "che il Governo proceda per parte sua alla designazione dei membri del Consiglio di amministrazione e che il Consiglio regionale proceda all'indicazione per quanto di sua spettanza", la maggioranza ci deve allora dire che tutte le considerazioni di ordine giuridico non hanno senso e che si può procedere a questo (magari incontrando difficoltà di ordine giuridico). Se la maggioranza è tranquilla su questo, proceda. Per noi valgono le osservazioni che sono state fatte.
Se invece si vuole chiedere la verifica con il Governo, la Giunta e quelle forze politiche che oggi sono forza di governo dappertutto, quindi anche a Roma, la facciano, si verifichi in sostanza con il Governo se c' la possibilità di procedere legislativamente a questa nomina. Non siamo qui a dire di non procedere alla nomina. Se la nomina, nell'ambito dei principi costituzionali, istituzionali, di diritto è possibile, noi siamo per la nomina. Non siamo invece per chiedere che comunque il Governo proceda e che il Consiglio proceda, perché questo vuol dire innestarsi in un canale di diritto che non sappiamo se è completamente percorribile e può presentare una possibilità di scontro.



PRESIDENTE

Chiede ancora di parlare il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Vorrei ringraziare i colleghi che sono intervenuti che hanno dato grande dignità a questo dibattito e vorrei dichiarare che noi non siamo distributori di responsabilità fra le parti politiche, ma siamo autori di progetti nuovi per la soluzione dei problemi che costantemente sono di fronte a noi. Non c'è da parte nostra nessuna intenzione di mettere sotto accusa nessuno, né l'abbiamo fatto ieri, né intenderemo farlo domani.
Però il problema va risolto e ci rivolgiamo soprattutto ai Consiglieri democristiani che hanno affermato di non avere parte in questa vicenda perché il Commissario è stato nominato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri quindi è persona neutra e non sarebbe neanche stato disputato tra le correnti; lo scontro tra correnti non sarebbe mai avvenuto pertanto i Commissari sono cittadini probi, presi come esempio dal Governo che li ha scelti tra le candele illuminanti del Piemonte.



CARLETTO Mario

Il Commissario è una persona qualificata.



VIGLIONE Aldo

Ho già detto che il Governo ha scelto questa candela illuminante.
Noi ci porremo come interlocutori non per disegnare un uomo del nostro partito. Ci porremo come interlocutori per nominare una persona che abbia capacità culturale.
Vogliamo uscire da questa logica perversa.
Prima c'era il re. Il re è caduto. La Costituzione ha indicato che l'Ordine Mauriziano persegua scopi di assistenza ospedaliera secondo le leggi che lo regolano. La legge del 1962 ha stabilito che il Consiglio di amministrazione deve essere nominato dal Presidente della Repubblica, dai Ministeri, dalla Regione.
Il Presidente Calleri, con proprio atto, disse che, a seguito della legge del 1968 che istituiva gli enti ospedalieri, il Mauriziano era un ente ospedaliero per cui le nomine venivano sottratte alla legge del 1962 e immesse secondo la legge del 1968, per cui due membri venivano nominati dal Consiglio comunale di Torino, tre dalla Regione. Furono nominati nel 1974 questi membri; insorsero i sostenitori della tesi che il Mauriziano non fosse ente ospedaliero e che si dovesse nominare il Consiglio di amministrazione del 1962; il Consiglio di Stato gli dette ragione; il Consiglio dei Ministri annullò la deliberazione di Calleri e, invece di ricostituire il Consiglio, ha nominato un Commissario.
Il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto percorrere l'altra strada indicare i nominativi ministeriali e chiedere alla Regione di indicare i propri. Invece non ha seguito questa strada. Perché? Spiegatemelo, amici democristiani.
Apprezzo l'intervento di Paganelli dove dice: "verifichiamo con il Governo la fattibilità della nomina del Consiglio di amministrazione". Sono d'accordo. Andiamo insieme dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro degli Interni o da chi regge l'ufficio apposito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per questi organismi, il cervello determinante le nomine commissariali.
Noi non vogliamo aggredire il patrimonio, ma vogliamo che esso sia messo a disposizione degli scopi per i quali l'ente è sorto.



CARLETTO Mario

Nominiamo una Commissione che verifichi se attualmente gli scopi sono rispettati.



VIGLIONE Aldo

Ho detto che il patrimonio non deve essere costituito in agenzia immobiliare fine a se stessa, che poi, se verifichiamo, non lo è nemmeno perché a S. Antonio di Ranverso cadono i muri, a Staffarda ogni volta che passo il cuore mi si gela.
Vogliamo che i principi che hanno presieduto sempre agli obiettivi degli Statuti siano perseguiti dalla Regione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Non intendo svolgere un intervento, ma soltanto fare una dichiarazione di voto.
Condivido l'impostazione dell'ordine del giorno presentato, vorrei per sottolineare due aspetti di esso. E' intanto importante aprire un serio confronto fra tutte le parti interessate, alcune delle quali investono settori importanti della Chiesa. Questo confronto può partire dalla proposta del piano socio-sanitario e dall'interesse della comunità nell'ambito del territorio e delle strutture.
Credo anche di dover sottolineare l'esigenza di una gestione unitaria del complesso problema.
Voglio inoltre mettere in evidenza un altro punto, che intendevo presentare come emendamento ma che forse è possibile accettare all'interno dell'ordine del giorno. Dove si chiede la sollecita approvazione da parte del Parlamento della legge prevista all'art. 41 della 833, si dica che è necessario garantire nei futuri organismi che saranno definiti dalla legge la presenza dell'Ordinario diocesano di Torino. Ricordo un episodio del 1944, quando la Repubblica di Salò tentò di sciogliere l'ente; ci fu un intervento della Santa Sede, direttamente interessata al problema, che di fatto bloccò quel provvedimento. Ecco perché mi pare interessante che il Consiglio regionale ponga all'attenzione questo elemento non secondario della questione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Nel caso in cui venga modificato l'ordine del giorno con l'ipotesi di una delegazione per l'attuazione della legge del 1962, suggerisco che la stessa delegazione unitariamente solleciti, con una visita di Capigruppo al Parlamento, la proposizione e l'attuazione della legge nuova. Non vorrei che la messa in atto del Consiglio di amministrazione, ex lege 1962, come tutte le cose create, finisca per storicizzare un'ulteriore situazione questo Consiglio di amministrazione in altri termini tenderà a durare nel tempo più di quanto forse è nello spirito e nella volontà delle forze politiche che si sono pronunciate in questo senso.
Quindi auspico che la delegazione che tende a verificare la possibilità di attuare la legge del 1962 si faccia anche carico presso i Gruppi a livello nazionale di chiedere che con speditezza si dia corso all'approvazione della legge che, tra l'altro, è già fuori termini rispetto alla legge 833.



PRESIDENTE

La parola al collega Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Propongo la modifica del punto sul quale ero intervenuto in questo senso: "Chiede che si verifichi con il Governo la giuridica possibilità di procedere alla designazione dei membri del Consiglio di amministrazione e conseguentemente alle nomine di spettanza del Consiglio stesso".
Per quanto riguarda la proposta di Marchini, possiamo inserirla nell'ordine del giorno, oppure ci può essere l'intesa che la Commissione verifichi con il Governo e solleciti al Parlamento l'approvazione della legge ai sensi dell'art. 41 della legge 33.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il collega Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Nello spirito della dichiarazione del collega Paganelli, vorrei mettere in luce due aspetti: la richiesta di verifica per gli aspetti di procedibilità e di legittimità invocati l'espressione della volontà politica nel caso di positiva soluzione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di intervenire l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Non posso che essere soddisfatto della discussione e della convergenza dei Gruppi. Richiamo l'esigenza che questo problema sia valutato seriamente e la necessità di arrivare in tempi rapidi ad un chiarimento.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale a seguito della discussione sulla situazione dell'Ordine Mauriziano preso atto della presenza del Commissario allo stesso Ordine Mauriziano, fatto anomalo e che impedisce lo svolgimento pieno dei compiti statutari osservato che occorre procedere con rapidità alla normalizzazione della vita dell'Ente chiede che si verifichi con il Governo la giuridica possibilità di procedere alla designazione dei membri del Consiglio d'amministrazione e conseguentemente procedere alle nomine di spettanza del Consiglio regionale stesso chiede altresì che si dia luogo da parte del Parlamento alla sollecita approvazione della legge sul nuovo ordinamento dell'Ordine secondo quanto è previsto dall'art.
41 della legge 833".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Iniziativa legislativa popolare e degli enti locali - Referendum abrogativo e consultivo

Iscrizione all'ordine del giorno e votazione del progetto di legge n. 80 relativo a: "Integrazione agli artt. 26, 39 e 40 della legge regionale 16 gennaio 1973 n. 4 'Iniziativa popolare e degli Enti locali e referendum abrogativo e consultivo', modificata con legge approvata dal Consiglio regionale in adunanza del 1 aprile 1981"


PRESIDENTE

Chiedo al Consiglio l'iscrizione all'ordine del giorno del progetto di legge n. 80 relativo a: "Integrazione agli artt. 26, 39 e 40 della legge regionale 16 gennaio 1973 n. 4 'Iniziativa popolare e degli Enti locali e referendum abrogativo e consultivo', modificata con legge approvata dal Consiglio regionale in adunanza del 1° aprile 1981".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale proposta è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Esaminiamo e votiamo pertanto il seguente articolato.
Art. 1 "L'art. 26, primo comma, della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4 e successive modifiche ed integrazioni è sostituito dal seguente primo comma: 'Le schede per il referendum regionale sono fornite dalla Presidenza della Regione e sono di modello identico a quello riprodotto nelle tabelle P e Q allegate alla legge statale 13 marzo 1980, n. 70' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "L'art. 39, secondo comma, della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4 quale risulta dalle modifiche approvate con legge del Consiglio regionale in data 1 aprile 1981, è integrato dal seguente periodo: 'Tale intesa riguarderà altresì la scelta del colore delle schede da utilizzare per i referendum regionali'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "Al secondo comma dell'art. 40 della legge regionale 16 gennaio 1973 n. 4 sono aggiunti i seguenti terzo e quarto comma: 'Per lo svolgimento dei referendum regionali, ed in particolare per quanto riguarda la determinazione degli onorari dei componenti gli Uffici elettorali, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui agli artt. 1, 3, 4 e 5 della legge 13 marzo 1980, n. 70.
Nel caso di svolgimento contemporaneo di referendum nazionali e regionali, la Regione corrisponde ai componenti degli Uffici elettorali di Sezione, per l'attività prestata in ordine ai referendum regionali, un ulteriore onorario fisso forfettario nella misura e secondo i criteri stabiliti dal terzo comma dell'art. 1 della legge 13 marzo 1980, n. 70 e sue eventuali modificazioni; analogo onorario è corrisposto ai componenti degli Uffici centrali circoscrizionali e dell'Ufficio centrale regionale nella misura e secondo i criteri stabiliti dall'art. 3 della legge predetta'.
Il terzo comma dell'art. 40 della legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4 diventa il quarto comma".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e dell'art. 45 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Passiamo alla votazione sull'intero testo della



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Bilanci preventivi

Ordine del giorno relativo agli impegni di spesa del bilancio di previsione per l'anno 1981


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno relativo agli impegni di spesa del bilancio di previsione per l'anno 1981.
Prima di votarlo, la parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Annuncio il voto favorevole del mio Gruppo, ma questo voto favorevole non può essere dato senza una breve dichiarazione.
Vediamo recepiti in questo ordine del giorno i principi contenuti nella legge sulle procedure che abbiamo sempre sollecitato facendo anche riferimento a casi specifici. Quindi siamo lieti che colleghi di altri Gruppi abbiano presentato un ordine del giorno che impegna rigorosamente la Giunta.
Vediamo anche in questo ordine del giorno, che fa passare i finanziamenti nei Comprensori e nella compartecipazione dei Comuni, un rispetto indiretto di un'altra norma, che cito a memoria, relativa alla legge n. 28 che stabilisce che, approvando i bilanci della Regione, si devono dare le indicazioni per le modalità e i criteri relativi ai finanziamenti.
Lo stabilire oggi con un ordine del giorno così rigoroso il passaggio di ogni finanziamento attraverso l'organismo che abbiamo creato, il Comprensorio e la compartecipazione dei Comuni, ci fa piacere.
Lo votiamo sottolineando che vengono così recepite quelle istanze che molte volte abbiamo sollecitato.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

L'ordine del giorno, che è stato presentato senza paternità, è sottoscritto dal Gruppo comunista. Questo mi offre l'occasione per dire che l'ispirazione che veniva richiamata dal Gruppo democristiano è un'ispirazione profonda, continua e coerente anche del Gruppo comunista.



PRESIDENTE

Ha ora la parola la signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Esprimo voto favorevole a questo ordine del giorno.
Ho finalmente l'occasione di esprimere la nostra convinzione rispetto agli argomenti che il Presidente della I a Commissione, Valeri, in occasione della sua relazione sul bilancio, ha trattato e che trovano la nostra adesione.
Siamo con tenti che questi criteri vengono finalmente formalizzati in un ordine del giorno che va anche nella direzione di quel raccordo indispensabile tra la programmazione regionale e la programmazione degli Enti locali.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte, considerate le dichiarazioni programmatiche presentate dalla Giunta all'atto del suo insediamento e la relazione al bilancio di previsione 1981 valutato l'esito delle consultazioni sul bilancio svolte dalla I Commissione impegna la Giunta a dare coerente e rigorosa attuazione agli impegni volti a generalizzare in tutti i settori di intervento il criterio della formazione dei programmi assessorili di spesa con la partecipazione dei Comuni attraverso i Comprensori. Ciò al fine, in particolare, di realizzare il massimo di coordinamento intersettoriale della spesa regionale e tra i diversi livelli istituzionali, raccordando la stessa al processo di programmazione comprensoriale, accrescendone l'efficacia e sottraendola ai pericoli della casualità, discrezionalità e frammentarietà".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Edilizia scolastica

Esame deliberazione relativa a: "Edilizia scolastica - Ripartizione fondi assegnati alla Regione ai sensi dell'art. 35 legge 21/12/1978, n. 843"


PRESIDENTE

Pongo, infine, in discussione la deliberazione relativa a: "Edilizia scolastica - Ripartizione fondi assegnati alla Regione ai sensi dell'art.
35 legge 21/12/1978, n. 843".
Chiede di intervenire la signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Dovendo dare un voto su finanziamenti per un importo che si aggira attorno ai 6 miliardi, ritengo sia importante e giusto che il Consiglio abbia alcune precisazioni.
Prima di tutto vorrei sapere quale percentuale di opere questi 6 miliardi vanno a coprire, sulla base delle richieste; secondariamente vorrei conoscere i criteri di ripartizione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.
RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione e all'edilizia residenziale e scolastica Le richieste raccolte dopo la formazione del secondo progetto triennale, quindi a partire dal 1979, ammontano a circa 80 miliardi. Questa cifra non può essere considerata rispondente all'effettivo fabbisogno perché, non essendo stato promosso un ulteriore programma di finanziamento è possibile che molti Comuni che pur hanno esigenze non abbiano presentato la domanda. I Comuni che hanno presentato la domanda l'hanno fatto come loro atto spontaneo.
C'è da presumere pertanto che il fabbisogno regionale sia superiore.
In questo caso, si tratta di riutilizzare solo 5 miliardi circa di finanziamento; si tratta di fondi restituiti dal Ministero dei Lavori Pubblici alla Regione che nella formulazione del secondo programma triennale (1978/'79/'80) si era assunta l'incarico di completare opere avviate con i programmi diretti dello Stato e non ancora ultimati.
Con questi 5 miliardi non si può certamente impostare un nuovo programma di edilizia scolastica; per un nuovo programma sarà necessario il rifinanziamento della legge 412. Abbiamo utilizzato i 5 miliardi secondo il criterio di mandare avanti opere che sono in corso di esecuzione e che per la loro ultimazione abbisognano di sostegno finanziario. L'aumento dei costi registratosi in questo ultimo anno ha messo in discussione la possibilità di concludere varie opere: i 5 miliardi sono stati utilizzati al fine di sostenere, sotto questo profilo, situazioni di urgenza. Sono stati attribuiti ai Comuni che nel secondo programma triennale non avevano avuto un completo finanziamento, oppure a quelli che pur avendo avuto un completo finanziamento per la costruzione di un lotto funzionale sono intervenuti con finanziamenti autonomi nel tentativo di ampliare e completare la scuola; in sostanza, a quei Comuni che hanno opere finanziate, in via di ultimazione, e che oggi si trovano in difficoltà a finire. Questi finanziamenti, peraltro, consentono alle imprese di non sospendere le opere e di non chiudere i cantieri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Il Gruppo comunista ha preso atto del lavoro positivo svolto dall' Assessorato, che si è trovato ad affrontare le richieste di completamento delle opere di edilizia scolastica del secondo programma triennale 1978/1980 con fondi del tutto insufficienti rispetto ai bisogni espressi dalle comunità locali. Forse i criteri suggeriti per impostare un ordine di priorità nell'elenco delle opere da includere a finanziamento, possono essere sostituiti con altri. Questi criteri seguono la logica, certamente condivisibile, di rendere agibili le strutture scolastiche già avviate.
La definizione di questi criteri e la conoscenza diretta dei singoli casi seguiti puntualmente dagli uffici dell'Assessorato ed evidenziati dai suggerimenti, devo dire non sempre univoci venuti dalla Commissione, hanno permesso di formulare questa deliberazione.
Il quadro che ne risulta è Sostanzialmente equilibrato. Con questa assegnazione si riescono a sanare i casi più gravi e più urgenti.
La richiesta che sento di dover fare, anche a nome del Gruppo comunista, e di cui pregherei l'Assessore di farsi interprete presso il Ministero competente, è quella di un rifinanziamento in tempi brevi della legge 412 e, nello stesso tempo, di un invito ai Comprensori e ai Distretti a lavorare in questo settore secondo criteri di programmazione rigorosi per ottenere un uso razionale d elle risorse disponibili, che saranno certamente sempre inferiori alle necessità.
Il documento metodologico di base, illustrato e approvato dalla Commissione, potrà essere fornito dall'Assessorato agli stessi Comprensori e Distretti proprio per avviare un tipo di programmazione diversa e più proficua.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione della deliberazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la legge 21/12/1978 n. 843, secondo comma, art. 35, ai sensi della quale il Ministero dei Lavori Pubblici ha assegnato alla Regione Piemonte la somma di L. 5.827.000.000 per opere di edilizia scolastica visti i programmi di edilizia scolastica formulati ai sensi dell'art. 3 della legge 5/8/1975, n. 412 ed approvati rispettivamente con proprie deliberazioni n. 58 dell'8/1/1976 e n. 221 del 28/10/1977; considerate le necessità di completamento e di integrazione finanziaria delle opere avviate, nonché la necessità di provvedere alla risoluzione di alcune situazioni di grave fabbisogno oggi emergenti nel quadro dei fabbisogni ancora presenti nella Regione, necessità già valutate anche con le competenti Commissioni consiliari ritenuto, a seguito di tale valutazione, di dover procedere prioritariamente al soddisfacimento delle suddette esigenze e di dover rimandare ai prossimi programmi l'esecuzione di eventuali nuovi lotti in aggiunta alle opere già eseguite, pur riconoscendone l'urgenza e la validità, a causa della scarsità dei fondi disponibili delibera a) di dare mandato alla Giunta regionale di integrare gli stanziamenti già assegnati, ai sensi della legge 51811975, n. 412, secondo le indicazioni dell'elenco 'allegato A' che fa parte integrante della presente deliberazione b) di approvare detto 'allegato A' integrativo invitando la Giunta a darne successiva comunicazione ai competenti Ministeri c) di dare mandato alla Giunta regionale di assumere il programma integrativo di finanziamento delle opere di cui all''allegato B' che fa parte integrante della presente deliberazione e di proporlo al Ministero della Pubblica Istruzione per il formale raggiungimento dell'intesa secondo quanto espressamente specificato dal Ministero stesso nella nota n. 1314 del 17/7/1980 d) di approvare, subordinatamente all'assenso ministeriale, detto 'allegato B' secondo la procedura già messa in atto con l'attuazione della citata legge 5/8/1975, n. 412.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione a norma dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,25)



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