Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.46 del 12/03/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Come dal punto quinto all'ordine del giorno proseguiamo il dibattito sul problema dell'energia.
La parola alla collega Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, signori Consiglieri, quanto esprimerò a nome del Partito Repubblicano italiano non è altro che un aggiornamento a quanto fu già da noi espresso circa 16 mesi fa nel discorso della conferenza energetica regionale organizzata dalla passata Giunta nel novembre del 1979. Devo, purtroppo, aggiungere che, da allora ad oggi, la situazione si è oggettivamente aggravata e devo quindi solo proporvi alcuni spunti di ulteriore riflessione che oggi confermeranno la giustezza di quanto allora dicemmo e proponemmo e che resta agli atti di questo Consiglio.
Va in particolare ricordato che il P.R.I. è stato l'unica forza politica ad assumere una posizione chiara e precisa sull'intera problematica energetica e, soprattutto, ciò è avvenuto in tempi non sospetti: prima delle elezioni amministrative e nel corso, della campagna elettorale, quando assumere certe posizioni poteva anche essere impopolare e, di fatto, lo era. Ma su questo aspetto essenziale ritornerò nel seguito approfondendolo adeguatamente.
Ricordo, per dovere di cronaca, che il P.R.I. elaborò già circa due anni fa un documento scritto che analizzava in modo approfondito la situazione energetica del Piemonte con particolare riferimento all'energia elettrica e nel quale venivano indicate alla Giunta soluzioni concrete per cominciare a risolvere i problemi. Ma il messaggio che allora cercammo di lanciare fu quello di dare finalmente corso alla fase decisionale perché di questo ha, bisogno la comunità regionale. E, pur dando atto alla passata Giunta di essere stata la prima in Italia a promuovere tale tipo di conferenza, facemmo osservare che il tutto si risolse in un nulla di fatto perché le divisioni interne ai partiti di Giunta, la paura delle elezioni che si avvicinavano, bloccarono, di fatto, ogni decisione, rimandando tutta la questione alla futura Giunta. Questo il quadro di riferimento in cui si inseriscono le considerazioni che oggi svolgerò.
Dicevo prima che la situazione si è oggi aggravata e le interruzioni di energia elettrica avvenute nel corso di questo inverno sono il segnale premonitore di una situazione ormai irrecuperabile già nei prossimi anni e che diventerà sempre più grave: ciò deve indurre ciascuno a prendersi le proprie responsabilità e quindi anche questo Consiglio e questa Giunta.
La Giunta ha presentato un documento base per questo dibattito e ci sembra francamente di poter dire che "la montagna ha partorito il topolino": è infatti tale e tanta la vastità del problema che per lo meno ci saremmo aspettati un contributo più definitivo, più chiaro, tenendo anche e soprattutto conto del fatto che il problema è ormai noto nei suoi termini essenziali e che esiste un Assessorato preposto all'ambiente ed all'energia. Ma, fatto questo rilievo, vogliamo porci in termini propositivi nei confronti di questo documento e della Giunta che lo ha prodotto perché riteniamo che il Consiglio nel suo insieme debba arrivare ad una posizione comune su questo argomento.
Il problema dell'energia in Piemonte riguarda essenzialmente l'energia elettrica perché è nei confronti di questa forma che la Regione è più pesantemente chiamata in causa sia per i riflessi che ciò ha sul territorio che per le risposte istituzionali che essa è chiamata a dare. E su questo terreno la situazione è chiara: esiste oggi un deficit pauroso destinato ad aumentare sempre di più se non si corre subito ai ripari. E' come se la nostra Regione vivesse di rendita e tenendo conto che siamo caratterizzati da un'elevata industrializzazione, quello che corriamo è veramente un rischio gravissimo e tale da indurre esso stesso ulteriori aggravamenti di una situazione che è già grave dal punto di vista occupazionale.
Per far fronte a questo problema le vie sono ben note: risparmiare e razionalizzare, costruire nuovi impianti diversificando al massimo le fonti e, soprattutto, sfruttare le residue risorse idroelettriche locali. Su questo punto, cioè sull'utilizzazione delle residue risorse idroelettriche abbiamo già detto altre volte che occorre fare il massimo sforzo possibile indipendentemente dai costi che ciò comporta, poiché se il confronto con altre fonti è oggi sfavorevole non lo è già più domani e perché poi si tratta di una fonte rinnovabile che comunque va utilizzata. Sul piano concreto occorre ricordare che recentemente la Federazione degli Industriali ha individuato tutta una serie di piccoli impianti privati da recuperare: l'apporto che essi potranno dare non è certamente rilevante, ma nella logica del bilancio complessivo, nemmeno trascurabile. Va quindi subito avviata una trattativa tra la Regione e gli industriali perché Si predisponga un piano di recuperi concreti e con scadenze precise; inoltre va subito pensata una modalità concreta di incentivazione finanziaria a questi recuperi, utilizzando opportunamente la Finpiemonte attraverso una sua sezione specializzata opportunamente.
Ma sul problema delle risorse idroelettriche c'è poi la questione di alcune grandi concessioni che, dopo la recente ed ulteriore proroga dovranno rientrare sotto la giurisdizione dell'Enel. La questione è molto grossa ed ha notevoli risvolti politici: ciò che ci preme sottolineare è che molti di questi impianti sono obsoleti ed hanno bisogno di grosse ristrutturazioni per un utilizzo più razionale ed efficiente delle acque anche di tipo plurimo. Va quindi aperta una trattativa globale tra la Regione, l'Enel e l'Azienda Elettrida Municipale di Torino perché si trovi una soluzione che non mortifichi nessuno dia che non sia nemmeno paralizzante dal punto di vista operativo e consenta di fare subito quegli interventi di ristrutturazione e recupero di cui si ha urgente bisogno.
Il problema dell'insediamento nucleare è certamente quello più spinoso e su cui ormai da anni si dibatte senza arrivare a soluzione. Su questo argomento il P.R.I. ritiene che si debba assolutamente evitare che la discussione ritorni sul terreno della pura disquisizione teorica se il nucleare serve o non serve, se è necessario o meno. Ormai tutte le forze politiche o quasi, concordano stilla necessità, per il nostro Paese, di ricorrere alla scelta nucleare secondo le modalità e le quantità stabilite dal nuovo piano energetico nazionale di cui si conoscono le linee essenziali. Va in proposito ricordato che lo scorso mese di gennaio anche il P.C.I. ha chiaramente optato per la scelta nucleare e nella giornata di studio svoltasi a Roma presso il gruppo parlamentare, a sancire l'ufficialità di questa scelta erano presenti e sono , intervenuti autorevolmente nel dibattito Chiaromonte, Colaianni, Ippolito e così via.
Un assenso importante che esige quindi comportamenti coerenti a livello locale, proprio dove il P.C.I. è forza di governo: e questo è il caso del Piemonte.
Un punto fermo deve quindi essere che la scelta nucleare va fatta: ma ciò non basta affermarlo, occorre concretamente attuarlo; e ciascuno deve fare la sua, parte ed assumersi le proprie responsabilità. Noi sappiamo benissimo che questa scelta è difficile e tale da creare contrapposizioni anche dure con chi dovrà poi ospitare sul proprio territorio l'impianto, ma è però altrettanto illusorio pensare che su questo tema si possa ottenere il consenso totale, anche se nessuno sforzo deve essere evitato per ottenere che ciò avvenga. Chi governa deve avere anche il coraggio di essere impopolare se è convinto della giustezza delle posizioni che porta avanti e se poi queste sono nell'interesse di una collettività più ampia.
Su questo punto occorre la massima chiarezza. Ma la scelta nucleare non va fatta al buio: al contrario la Regione deve pretendere di avere un ruolo importante nella gestione di questo problema, stimolando il potere centrale e gli enti direttamente interessati a svolgere, diversamente dal passato il loro ruolo istituzionale. Noi repubblicani abbiamo sempre sostenuto che una volta accertata la necessità di costruire una centrale nucleare, la Regione debba farsi parte attiva di questa scelta anziché subirla passivamente. Ciò vuol dire discutere in modo globale del problema con il Governo e con gli enti interessati alle realizzazioni, evidenziando quali devono essere i benefici che la Regione nel suo insieme e le zone interessate in particolare dovranno ricevere quale contropartita per l'indubbio e riconosciuto impatto sul territorio che la centrale comporta.
La strada maestra da seguire, noi riteniamo, è la ricerca di un giusto equilibrio: le installazioni energetiche e la rinuncia all'utilizzo alternativo che esse comportano, devono trovare giuste compensazioni in termini di sviluppo economico regionale e locale.
Quanto accaduto recentemente in Puglia è un esempio di corretta applicazione di tale principio. La Regione ha dichiarato la propria disponibilità concreta ad ospitare sul proprio territorio una centrale nucleare e sabato prossimo, tra la Regione ed il CNEN, alla presenza del Ministro dell'Industria e del Bilancio, verrà siglato un importante protocollo di accordo per un programma pluriennale di attività contenente urta serie di progetti direttamente od indirettamente collegati con la tematica energetica da inserire, Insieme con la centrale, in un piano coordinato di sviluppo regionale. Questi progetti verranno considerati tra quelli immediatamente finanziabili dal piano a medio termine. Questo esempio che ci viene da una Regione meridionale tra le più attive ci deve far riflettere e deve stimolare la Giunta a non perdere più tempo su questo problema, ma ad agire con risolutezza. Nel documento presentato dalla Giunta si pronuncia molte volte la parola "spreco" ma si stenta a capire, e questo è' il limite culturale del documento, che il massimo spreco è dato proprio dal ritardo con cui si prendono le decisioni: e ciò, piaccia o no è incontestabile! Cosa deve quindi fare, a nostro avviso, subito la Giunta? Noi repubblicani riteniamo che occorra muoversi su due fronti.
Innanzitutto la Giunta deve indicare subito due aree suscettibili di insediamento nucleare, utilizzando i risultati della Commissione di studio nominata dalla passata Giunta e che sono tuttora validi nelle sue conclusioni essenziali. Fare diversamente significa solo perdere altro tempo e favorire, come detto, lo spreco. Si pensi che così facendo solo tra cicca venti mesi potranno iniziare i lavori sul sito che sarà prescelto dopo la lunga istruttoria tecnica prevista dalla legge.
Questo è un primo banco di prova su cui si misureranno o la concreta volontà di agire o, viceversa, quella di continuare con le chiacchiere.
Contemporaneamente a ciò noi chiediamo che venga istituita una Commissione permanente di tecnici esperti in materia di energia con la partecipazione di un membro designato da ciascuna forza politica presente in Consiglio e un membro dell'Enel, del CNEN e dell'ENI. Il compito di questa Commissione, che risponderà direttamente al Consiglio, per il tramite dell'Assessorato all'energia, dovrà essere quello di seguire costantemente tutte le iniziative che di volta in volta" verranno messe in cantiere. In tal modo verrebbe individuata un'unica sede tecnica che avrà sotto controllo tutto quanto accade in campo energetico e che di volta in volta sarà chiamata ad affrontare i vari problemi, dal nucleare alle nuove forme di risparmio. Ci sembra, infatti, molto dispersivo dividersi in tanti tavoli separati, anche perché la Regione non ha né le forze, né le competenze tecniche per potersi muovere su un fronte così ampio. La creazione di una Commissione che renda conto direttamente al Consiglio e comprendente tutte le forze politiche attraverso rappresentanti esperti dovrebbe costituire la garanzia perché non ci sia alcuna prevaricazione da parte di nessuno e dovrebbe costituire per l'intera legislatura il punto di riferimento per il Consiglio cui spetta il controllo politico delle scelte da effettuare. Questa proposta semplifica le cose e consente di avere a disposizione uno strumento tecnico idoneo ad aiutare il Consiglio nelle scelte che dovrà fare. La varietà della sua composizione dà poi la garanzia che ciascuna forza politica possa liberamente esprimere non solo il proprio pensiero politico, ma anche quello tecnico che ne può rappresentare il giusto supporto.
I repubblicani piemontesi non hanno alcuna difficoltà nel dichiarare alla Giunta, cui spetta il compito gestionale, la loro piena disponibilità a collaborare con uomini ed idee, come è nel loro costume politico. Non accettiamo però che si prosegua ancora con sterili discussioni, ma chiediamo invece di agire con quel realismo che la gravità della situazione richiede. E se la Giunta dovesse ritenere di fare il contrario, si assumerebbe una grandissima responsabilità nei confronti della comunità regionale, penalizzandola sul fronte dello sviluppo e della crescita sociale e civile cui essa ha diritto.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il problema energia è un nodo che negli ultimi anni sempre più va assumendo un carattere discriminante di fondo tra le forze politiche e sociali sul come delineare una via d'uscita alla crisi dell'economia capitalista che il nostro Paese attraversa e che i recenti avvenimenti economici, politici, istituzionali ed energetici rendono ancora più drammatica.
Intendiamo riferirci alla capacità delle forze politiche ed in particolare della sinistra, del movimento operaio; delle sue strutture organizzate, di definire una proposta di sviluppo e di organizzazione della società e di nuove forme di partecipazione, controllo e democrazia, per rispondere alla crisi del nostro sistema economico.
Riteniamo, quindi, necessario che in questa sede si puntualizzi se pur in estrema sintesi, il nostro giudizio sulla politica energetica del Governo che, a nostro avviso, strumentalizza la gravità della situazione energetica (black-out) subordinandone la soluzione alla costruzione delle centrali nucleari nel nostro Paese.
Una proposta di soluzione della crisi energetica basata essenzialmente sul nucleare ribadisce una scelta di fondo del Governo e della D.C.
l'accettazione di un modello di sviluppo basato sullo spreco, di un'organizzazione della produzione e di un sistema industriale fondato su tecnologie "energivore", all'interno di una rinnovata divisione internazionale del lavoro e delle quote di mercato, che assegna all'Italia un'industria di trasformazione a tecnologie intermedie, tendenzialmente a bassi livelli di occupazione e ad alti contenuti energetici.
A nostro avviso la scelta nucleare è coerente alla proposta di politica economica che il padronato porta avanti: i processi di ristrutturazione dei cicli produttivi industriali richiedono grande disponibilità di energia privilegiata quale quella elettrica: basti pensare ancora una volta a come la Fiat stia ristrutturando i suoi impianti (transfert, robotica, ,ecc.) per rendersene conto; a ciò corrisponde, per mantenere in vita tale modello di sviluppo, una forzata riduzione di forza lavoro diretta e quindi un abbassamento dell'occupazione e una dequalificazione della forza lavoro occupata.
Ecco allora il segno politico dell'equazione sostenuta dal padronato: profitti, ristrutturazioni industriali, maggiore disponibilità energetiche espulsione di forza lavoro, utilizzazione di fondi anche pubblici a tale scopo.
Se non si coglie questo dato allora diviene difficile cogliere una serie di corollari che ne derivano: la trasformazione dell'assetto sociale basata sull'accentuazione di meccanismi autoritari e di controllo, tanto in fabbrica quanto nella società (a proposito di riforma istituzionale e della Costituzione), i problemi legati all'ambiente e alla sicurezza l'equilibrio del territorio e così via.
Ed è proprio anche alla luce di questa necessità impellente di difesa dell'ambiente molla rapina capitalistica che, a nostro avviso, il problema del modo di produzione dell'energia va totalmente rovesciato. Il ricorso alle fonti di energia rinnovabili, quali la geotermica, il solare l'eolico, le biomasse, l'idroelettrico leggero, costituisce in questo senso la premessa indispensabile ma non ancora sufficiente. Solo sfruttando al massimo le loro capacità di diffusione, di utilizzazione, cioè economicamente vantaggiosa anche impianti di ridotte dimensioni, sarà possibile compiere un salto politico, qualitativo sul modo di produzione dell'energia.
In questo senso la nostra proposta di legge che abbiamo presentato negli scorsi giorni tende a ribaltare la logica del piano energetico nazionale dando gambe a quanto scritto nel programma della Giunta. Affinch le iniziative in materia non si riducano ad un puro fatto episodico e marginale, nel contesto della programmazione regionale, è necessario superare lo stato di subordinazione delle autonomie locali nei confronti del Governa e degli enti strumentali centrali, definendo con chiarezza il ruolo politico e programmatico delle Regioni, le quali devono poter concorrere all'individuazione dei programmi e alla costruzione di conseguenti strumenti operativi sul territorio, in un quadro di strategia nazionale di intervento, nel rispetto delle risorse ambientali e nella garanzia di sicurezza delle comunità e degli addetti agli impianti. A questo riteniamo che la nostra proposta di legge che abbiamo presentato qui in Regione risponda.
Il risparmio energetico e l'uso razionale di energia diventa o i una scelta prioritaria nell'ambito del processo di sviluppo della Regione e costituisce uno degli obiettivi strategici dell'assetto socio-economico e territoriale della Regione Piemonte; come base di partenza è necessario condurre una precisa analisi sulle risorse energetiche locali esistenti e sui reali fabbisogni e compararla poi con un disegno centrale sulle scelte di politica energetica complessiva, permettere un maggiore sfruttamento delle risorse energetiche rinnovabili in un , modo di produrre energia riportato il, dimensioni più controllabili e gestibili democraticamente e più rispettose di un assetto ambientale e culturale che sempre più deve diventare patrimonio delle popolazioni locali.
Alla luce di questo riteniamo errata l'intesa Regione - Enel, sulla quale mi soffermerò più a lungo più avanti, che scavalca le aspettative di buona parte della popolazione che su tematiche così rilevanti rivendicava un più ampio dibattito e il riconoscimento di un peso reale nelle scelte da definire. In questo senso la nostra proposta di legge è antitetica alla logica del protocollo Regione Piemonte - Enel per il ruolo che viene attribuito alla ricerca da parte dell'Università e degli enti pubblici specializzati (CNE, CNEN, ecc.).
Nella nostra proposta i tre soggetti, ente pubblico, sede di ricerca attività economica, si muovono coordinatamente ed ognuno con un proprio ruolo istituzionale all'interno di una logica coordinata, l'ente pubblico si pone come ente di programmazione per lo sviluppo della collettività; le sedi di ricerca, Università in particolare, vengono investiti di compiti di ricerca finalizzati con gli ovvi benefici che ne discendono al loro funzionamento ed all'attività didattica, le attività economiche nel ruolo di fruitori di tecnologie a basso consumo energetico, ma non solo, anche nel ruolo di stimolo e di collaborazione fattiva alla ricerca per la produzione di tecnologie.
Ritengo necessario entrare nel merito del dibattito e delle problematiche poste dalla relazione dell'Assessore. Ciò è oltremodo difficile, in quanto questo documento ci pare dica poco nel merito delle scelte da operare, ma sottende una scelta politica che non si può che definire subalterna. Subalterna ai grandi enti strumentali dello Stato ai quali si delega totalmente, ed alla cui politica ci si lega mani e piedi in questo senso ci pare essere il protocollo di intesa Regione - Enel del 23 febbraio, il gruppo misto Regione - Enel - CNEN - forze politiche e la convenzione quadro con l'ENI di cui parla il documento.
Ci pare importante a questo punto fare un'annotazione: dal documento traspare che la maggioranza ha presentato un progetto di legge rispetto al risparmio energetico. A me non pare sia cosi nel senso che anche noi abbiamo presentato una nostra proposta di legge. Correttezza vuole, dunque che si parli di quella proposta di legge presentata dai partiti di Giunta e non dalla maggioranza che in questo Consiglio si è determinata; riteniamo che ci siano le sedi opportune per discutere i problemi e ricercare, se possibile, le convergenze nell'ambito della maggioranza.
E' certamente vero un fatto: il problema energia è di una rilevanza tale da condizionare le scelte di fondo delle forze politiche. Per entrare più specificatamente nel merito del documento rispetto allo sfruttamento delle risorse rinnovabili, a me sembra che ci sia una dignitosa facciata e un elenco degli obiettivi e desideri. Se si tiene conto del generale riconoscimento dell'incapacità degli enti strumentali nazionali Enel - ENI ad operare per lo sfruttamento di queste fonti di energia, e dell'assenza di una proposta di struttura regionale, con strumenti e competenze tecnico scientifiche, non si capisce come lo sfruttamento di risorse rinnovabili possa essere effettuato. In questo senso non si capisce la coerenza tra le affermazioni fatte nel quotidiano l' "Unità" dal compagno Bottazzi là dove afferma che le risorse rinnovabili sono settori dovei le grandi strutture nazionali Enel-ENI riconoscono di non essere in grado di operare con la necessaria elasticità mentre più congeniale risulta essere il ruolo delle Regioni e degli Enti locali proprio per gli stretti collegamenti con la programmazione del territorio.
Lo stesso fatto che si parli di impianti dimostrativi nel documento mentre mi sembra sia urgente operare per una loro diffusione, testimoniano la limitatezza con la quale si affronta l'utilizzo delle fonti rinnovabili ed in definitiva, mi sembra che vengano viste quale tampone per questo decennio e comunque subalterne alla soluzione nucleare. Si afferma nel documento dell'allestimento di un "forum permanente sull'energia". Questo più che uno strumento utile mi sembra il tentativo dl creare una tribuna attraverso la quale contribuire a far passare determinate scelte e superare l'opposizione delle popolazioni a determinate scelte.
Infatti se vogliamo parlare di informazione, credo che l'Assessore e la Regione dovrebbero dirci come mai la Regione non promuove un'indagine epidemiologica, ambientale, sui prodotti agricoli, sulla salute delle popolazioni a Trino Vercellese e nel Comprensorio circostante. Dei risultati di questa indagine se ne informino le popolazioni. Questa credo sia vera informazione. Tra l'altro sarebbe interessante sapere se a Trino Vercellese esiste un piano di sicurezza degli impianti o se non c'è, che cosa si pensa di fare. Sarebbe anche interessante sapere il giudizio dell'Assessore e della Giunta sull'esperienza di Caorso a proposito di sicurezza ed efficacia degli impianti, sull'aggiornamento: perché non utilizzare le strutture pubbliche esistenti, quali l'Università e il Politecnico in uno stretto rapporto con la Regione che promuova e coordini l'intervento regionale con un rapportò con gli enti centrali però a partire da un coordinamento della Regione e, quindi, con uno strumento di cui la Regione si deve dotare. Il nostro "no" al nucleare non discende da uno spirito naturalistico, come si potrebbe pensare, ma perché ci sembra che la scelta nucleare è una scelta tecnologica autoritaria, non controllabile democraticamente, che ripropone subalternità senza i requisiti necessari di sicurezza. In questo senso non è possibile saltare alcuni interrogativi: centrali nucleari, chiavi in mano? Riproponendo una subalternità rispetto a chi le costruisce.
Si può ritenere che chi ha l'uranio oggi sia disponibile a regalarlo o quasi? Io non credo.
In questo senso salta anche l'equivoco o la favola sull'economicità dell'energia nucleare. Credo che in futuro se sarà la scelta nucleare a prevalere, si porranno i problemi che si pongono oggi per il petrolio.
Rispetto al nucleare la Regione nella passata legislatura, attraverso l'istituzione di una Commissione apposita era venuta alla conclusione nel luglio '79, che non c'erano i necessari requisiti di sicurezza e credibili piani di emergenza. Ora non si capiscono i motivi per i quali deve essere costituita una Commissione che studi nuovamente il problema. Questa Commissione ha una sua logica se cambiano delle cose, ma mi sembra che dal '79 in avanti siano cambiate delle cose: ci sono stati i terremoti di cui due in Valle di Susa, l'Italia dopo analisi territoriali è stata dichiarata una zona sismica, c'è stato Harrisburg, c'è stato Caorso, e ci sono stati 100.000 che hanno manifestato nella Repubblica Federale Tedesca, che non erano tutti del P.D.U.P, ma anche di altri partiti che qui sostengono le centrali nucleari.
Nella pagina 7 del documento si afferma: "D'altronde, una Regione che tende al pieno sviluppo industriale e alla medesima occupazione della forza lavoro, non può non prevedere un incremento anche sostenuto dell'impiego di energia elettrica".
A me sembra che mantenere gli attuali cicli produttivi significa fare una scelta di aumento dei profitti delle aziende, non certo un aumento dell'occupazione, in quanto questi cicli produttivi, piuttosto che garantire occupazione garantiscono disoccupazione e recessione, che non verrà certamente superata con un aumento delle disponibilità di energia elettrica alla Fiat. E' necessario quindi collegare la, ricerca di nuove fonti di energia con una modifica del tipo di sviluppo e un'attivazione di altri settori.
In questo senso va: 1) rifiuto dell'ipotesi nucleare, non solo per il Piemonte, ma anche per il Paese, e costruzione, a partire dai piani energetici regionali, di cui il Piemonte deve farsi promotore proprio perché presenta un deficit nel rapporto produzione - consumi energetici, di un nuovo piano energetico nazionale.
2) Costruzione del piano energetico regionale, attraverso il coinvolgimento degli Enti locali (Comuni, Comunità montane, Comprensori) e dei soggetti sociali (Consigli di fabbrica, sindacati, Comitati di quartiere, ecc,) per rilevare consumi, bisogni; sprechi, possibilità di reperimento di risorse energetiche, esperienze di risparmio nei vari settori (dall'industria alla, residenza), proposte di uso delle risorse.
Obiettivi politici del piano devono essere: a) impegno di strutture pubbliche di ricerca e dell'Università per quanto riguarda strumenti di conoscenza o indicazione per un corretto uso delle risorse rilevate b) partecipazione reale alle decisioni da parte dei soggetti sociali e istituzioni operanti nella Regione con conseguente democratizzazione delle scelte c) riduzione dell'incidenza del petrolio mediante sviluppo di fonti rinnovabili e/o pulite, idroelettrica, solare, geotermia, gas naturale biogas e l'uso diffuso di tecniche più razionali d) coogenerazione del riscaldamento e pompe di calore.
3) Apertura di una vertenza con l'Enel e con il Governo per usare nel riscaldamento domestico il calore residuo delle centrali termoelettriche Enel e chiedere la regionalizzazione di questo ente che si ponga come referente per la progettazione di impianti che risparmiano energia, andando ad un rapporto non subalterno con i gruppi industriali che operano in questo settore od indirizzandone le scelte con precise richieste.
4) Revisione del ruolo delle aziende municipalizzate produttrici e/o distributrici di prodotti energetici, sia per estendere i loro compiti sul territorio realizzando una gestione integrata dei servizi (recupero dei rifiuti solidi e liquidi, smaltimento dei rifiuti, depurazione acque produzione di energia - gas e idroelettrico leggero - acquedotti) sia per fornire loro, da, parte della Regione, strumenti finanziari e legislativi per la progettazione degli impianti, per l'estensione dei servizi, per risolvere i problemi amministrativi.
5) Agevolazione della sperimentazione di impianti di teleriscaldamento e/o di cogenerazione, da parte di quartieri urbani, di Comuni o loro Consorzi, di aziende municipalizzate.
6) Verifica dell'applicazione della legge 373 sui risparmi energetici con strumenti di controllo decentrati, per giungere entro un anno al risparmio energetico previsto (20%) e dal quale Si è ancora lontani (5-6 lo scorso anno), ottenibile non soltanto con il rispetto della legge, ma anche grazie ad una Maggiore conoscenza delle tecniche di uso razionale dell'energia in ogni sua forma.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Il Presidente della Giunta regionale, durante il dibattito che sviluppammo in occasione della, discussione sul programma, dopo aver tracciato gli indirizzi e delineato i campi di impegno di una politica regionale, rivolti a fare dei problemi dello sviluppo dell'economia piemontese i più alti e qualificanti dell'impegno Politico della Giunta parlando di energia ebbe modo di dire che "non si può nella strategia di rilancio dell'economia piemontese prescindere dal nodo fondamentale che rappresenta non solo in Piemonte, non solo in Italia, ma in larga parte del mondo, il problema, della crisi energetica".
Come affrontare questo nodo, senza avere presunzioni taumaturgiche, che sarebbero in questo caso senza dubbio fuori luogo, devianti ed irresponsabili, ma fissando invece obiettivi credibili e possibili a raggiungersi? Intanto credo che debba essere sottolineato come in questo campo esista uno iato abissale tra il ruolo politico che la Regione ha e si è conquistata ed il ruolo specifico attribuitole per competenza.
Il ruolo politico della Regione, il ruolo che essa riesce ad avere nel campo dei rapporti con il Governo, don i grandi enti verticali che per legge si occupano di energia, è stato e può essere grande nel senso che esso è quasi del tutto da ricondurre all'autorità politica della Regione ad un peso politico che in larga parte dipende da una coerenza di comportamento. Ma occorre anche aggiungere che sul piano più istituzionale sul piano più specifico delle competenze, allo stato attuale delle cose questo compito è assai più limitato.
Come non ricordare che se si vuole trovare qualche riferimento legislativo su questa materia sui compiti delle Regioni, non si va oltre all'art. 11 del D.P.R. 616, quello che definisce in linea di principio i rapporti tra Stato e Regioni sulla programmazione economica? L'Assessore Salerno citava la 393. La legge 393, che risale alla stessa epoca della 382, anzi è stata varata nel mese successivo, non è una novità che dà un'interpretazione ad una valenza dirigistica e per molti aspetti burocratica del rapporto tra Stato e Regioni, ma di questo parlerò più avanti.
Questa legge è molto coerente, peraltro, nella parte che riguarda le centrali idroelettriche con il punto 6 dell'art. 91 del 616, che assegna allo Stato l'utilizzazione delle risorse idriche per la produzione di energia elettrica. Insomma, in materia vigono ancora le riserve disposte a favore dell'Enel dalla legge 1643 del 1962.
Nella passata legislatura, e tuttora, c'è una coerenza di comportamento delle ma e', che si sono susseguite. C'è stata una ricerca costante di conquista di spazi rivolti a fare in modo che la Regione, come ente di programmazione, nel momento in cui si fa carico dei problemi dell'economia dei problemi più generali, coglie anche l'esigenza di ritagliarsi terreni d'impegno in cui possa essere soggetto attivo.
Si è, tra l'altro, preso spunto dagli artt. 11 e 13 della legge n. 393 per presentare un disegno di legge della Giunta sullo sfruttamento di risorse energetiche rinnovabili. Ma l'esito di questa legge, voluta dal Consiglio regionale, è sotto gli occhi di tutti. Voglio dire, in sostanza che dove e quando si aprono, come si sono aperti, spiragli per interventi diretti della Regione, il quadro che offre la legislazione nazionale non è dei più chiari.
Io trovo molto corretto, anche alla luce delle esperienze passate quanto si afferma nel documento programmatico della Giunta, laddove si dice che "in attesa di un piano energetico nazionale ché programmi e realizzi il necessario ed urgente processo di diversificazione delle fonti energetiche e la modellazione di iniziative e di tecnologie volte al risparmio energetico, la Regione Piemonte orienta la propria politica complessiva di programmazione in modo da favorire sistemi di vita di produzione e di consumo a bassi assorbimenti di energie, promuovere e realizzare i una i tecnologia diversificata per lo sfruttamento di fonti energetiche reperibili localmente, anche attraverso propri interventi legislativi e finanziari, senza sottrarsi all'esame di soluzioni realistiche ed immediate per il reperimento di nuove fonti energetiche, ivi compresa quella nucleare".
Se ho citato questo passo del documento programmatico non è per un gusto ripetitivo alla citazione, perché da esso possono ricavarsi alcune considerazioni a cui il dibattito di oggi non può sottrarsi. La prima che mi permetto di ricavare è che su questi problemi occorre prendere atto che sia oggi che ieri, cioè nella passata legislatura, non ci si è trottati di fronte ad una passività o ad un atteggiamento latitante della Giunta. Il deficit energetico del Piemonte, che attualmente §i aggira sul 35 arriverebbe entro il 1990 al 60 % se l'incremento costante di consumo continuerà a mantenersi attorno ad un tasso annuo del 5% e se non si interverrà con appropriate iniziative sia agendo sulla domanda che sull'offerta di energia.
Senza dubbio, insieme ad alcune Regioni meridionali, siamo tra quelle che registrano il maggiore disavanzo e che; lasciando inalterato le cose rischiano una proiezione di questo disavanzo resa ancor, più acuta dalla domanda. Di fronte à questa realtà si può dire che lo sforzo compiuto, sia ieri che ancora recentemente, è stato quello di avviare un serio e sistematico approccio ed inquadramento del problema, tenendo conto delle novità che emergono, che sono emerse sia nel CNEN che nell'Enel, che al nucleare guardano oggi come ad un'alternativa al petrolio, ma non come un'alternativa egemonica. E, credo vada detto, l'obiettivo di promuovere un aggiornamento di conoscenza della situazione, di non accettare un ruolo passivo e burocratico, di costruire le linee di un impegno specifico non è stato improduttivo.
Con la conferenza regionale sull'energia, dell'ottobre '79, la comunità regionale è stata chiamata a prendere atto del complesso articolarsi di questo problema. Si è avviato lo studio e la ricerca sulla sismicità, che permetterà di giungere alla classificazione dell'intero territorio regionale sotto il profilo del rischio sismico.
La mostra sull'energia e la legge della Giunta nella passata legislature sullo sfruttamento delle risorse energetiche rinnovabili, tra l'altro, non hanno forse rappresentato uno sforzo rivolto a correggere una situazione di fatto caratterizzata dall'assenza di un'adeguata cultura generale nel campo della produzione e del consumo di energia? lo non so se i recenti black-out sono valsi in questi mesi a colmare un poco questa assenza. Non credo molto, perché il problema dell'energia continua ad essere affrontato tra la gente come unicamente un problema tecnico e commerciale di approvvigionamento da fonti dei cui limiti si è tardato a prendere coscienza. E' nel senso comune della gente tutto questo? Si certo, ma lo è stato nel senso comune dello Stato, negli anni '60 e '70 nelle idee-forza che presiedevano alla sua politica economica.
Come stupirci oggi se convinzioni e modelli di comportamento che hanno accompagnato per 20-30 anni la nostra vita sono duri a morire? Pensiamo per un attimo: le implicazioni tra sistema energetico, sistema produttivo modello dei consumi ed ambiente, riproducibilità delle risorse e qualità della vita tono o dovrebbero essere punti di riferimento per la determinazione di una complessiva, articolata, diffusa politica energetica" che si proponga di soddisfare correttamente l'obiettivo dell'utilizzo di tutte le fonti. Dovrebbe essere una convinzione acquisita questa. Un dato incontrovertibile? Nelle dichiarazioni di principio sembra, di sì, nei fatti le cose non sempre stanno ,così: anche contro tutto questo ha cozzato la politica della Regione in questi anni. Eppure, credo sia opportuno dire che quanto è stato fatto, le cose elencate sono fatti che si inquadrano in una politica energetica che il Piemonte vuole portare avanti, vuole costruire. Di questa politica l'ultimo tassello, per ordine cronologico, è il protocollo d'intesa con l'Enel.
A questo protocollo sono state date da più parti diverse interpretazioni, non voglio aggiungerne una mia, anche perché nei suoi aspetti propositivi è molto chiaro, dal momento che con esso si definiscono i terreni di collaborazione per la produzione ed il risparmio di energia elettrica, si definiscono delle intese nel concordare e programmare i nuovi impianti di produzione di energia elettrica. Peraltro questo protocollo è un atto conseguente alle indicazioni del programmati dove si rileva l'opportunità di costituire una Commissione Enel - Regione in grado di valutare tutte le iniziative possibili che investono il territorio sotto il profilo delle fonti energetiche.
E' forse in virtù di questa indicazione del programma che nel protocollo d'intesa tra gli obiettivi si indicano anche-le ricerche e le iniziative volte allo sviluppo di fonti alternative ed integrative di energia, alla produzione combinata di energia-calore per usi civili ed industriali. Noi condividiamo questa formulazione, con due avvertenze che possono apparire superflue, ma che vogliamo avanzare, anche per contribuire alla chiarezza.
La prima è che una formulazione di questo tipo potrebbe anche lasciar intendere che con il protocollo d'intesa si entra anche ad affrontare: ricerche ed iniziative sui problemi del nucleare. Un'interpretazione di questo tipo credo sia da scartare, in quanto essa non sarebbe coerente ton il programma della Giunta che, sul nodo del nucleare, parla di un gruppo misto di lavoro tra Regione - Enel e CNEN che è un'altra cosa rispetto al Comitato d'Intesa Enel - Regione definito all'art. 2 del protocollo.
La seconda avvertenza vuole mettere l'accento sul fatto che con il protocollo d'intesa la Regione chiama in causa l'Enel per coordinare iniziative, certo; ma la convenzione è uno strumento di cui deve avvalersi la Regione per definire un bilancio energetico, per portare avanti un piano energetico basato su iniziative autonome e sulla stipula di intese con i grandi enti verticali.
In sostanza, vogliamo dire che senza un programma ed un piano energetico regionale che riconduca alla Regione una funzione di coordinamento e di iniziativa, che affermi nei fatti il ruolo di soggetto politico della programmazione, il protocollo d'intesa - anche senza e contro la nostra volontà, la stessa della Giunta - potrebbe essere letto come uri atto con cui l'Enel viene delegato a gestire anche per conto della Regione i problemi energetici.
Eccoci quindi al punto centrale del nostro ragionamento. Le pressioni che vengono dal deficit energetico, il fatto stesso che non si è ancora imposta un'adeguata cultura nel modello di comportamento e di consumi nella realtà piemontese e più generale, la stessa struttura produttiva non solo del settore industriale e le sue evoluzioni future impongono che da un bilancio energetico in Piemonte si passi ad un vero e proprio piano energetico, ad un vero e proprio progetto che agisca sia sul lato della produzione che sul sistema complessivo dei consumi.
Quando si pensa che secondo i dati dell'Enel, di fronte ad un deficit di 5,5 miliardi di kwh nel '79 e di 19 miliardi ipotizzabili in Piemonte nel 1990, si potrebbero ricavare grosso modo 2 miliardi in più di energia idroelettrica usando meglio le disponibilità accertate e quelle sinora individuate, quello che emerge è che l'energia idroelettrica da sola non è sufficiente - anche quando ci fosse un uso razionale di tutti i corsi d'acqua -- a coprire il deficit attuale e futuro. E' vero che questo ragionamento dell'Enel risale a due anni fa, quando si prevedeva da ,un lato un incremento annuo dei consumi superiore al 5% e, in pari tempo nella bozza del piano energetico nazionale di allora si sottovalutava il ruolo delle fonti alternative ed integrative. Stando a dei contributi dati dalla Fiat alla stesura della nuova bozza di piano energetico nazionale con il documento "Energia 2000" la domanda di energia (considerando un aumento annuo del 3-3,5 % del prodotto lordo per i prossimi cinque anni) dovrebbe variare dall'1,9 - 2,6 ossia, grosso modo, la metà di quanto previsto due anni fa.
Noi non sottovalutiamo il protocollo &intesa, giacche esso rappresenta un atto concreto rivolto al recuperò delle possibilità e delle potenzialità idroelettriche che il Piemonte presenta.
E' un passo concreto verso il piano, ma un piano energetico regionale proprio perché non può essere estraneo o sottovalutare le grandi scelte nazionali sul carbone e sul nucleare, ha bisogno di rifarsi a delle grandi Coordinate nazionali. In realtà, queste coordinate non ci sono o, quanto meno, non sono certe. A più di sette anni dalla guerra del Kippur siamo alla stesura dell'ennesima bozza di piano ; energetico nazionale. E' una bozza quella presentata recentemente più credibile e più seria di quelle precedenti.
Il Ministro Pandolfi ha assicurato che non si metterà a riscriverla come hanno fatto i suoi predecessori: la aggiusterà solo in alcune parti.
E' un atto di ,saggezza, se pensiamo che la bozza di piano , energetico nazionale in cinque anni è stata riscritta tre volte. Ma, allo stato attuale delle cose, noi dobbiamo prendere atto non solo delle dichiarazioni del Ministro, ma anche di cosa è successo in questi anni. Sono anni durante i quali abbiamo assistito ad uno stallo sia nella politica della domanda che nella politica dell'offerta di energia, tanto che risparmi energetici nuove fonti, carbone, uranio, ecc, rischiano di essere ipotesi astratte ed assai futuribili, in assenza di verifiche pratiche sull'adeguatezza e sulla percorribilità delle diverse scelte.
Sono queste le questioni che in Piemonte abbiamo vissuto quando si è trattato di discutere sul carbone da un lato e sulle procedure della legge 393 per il nucleare, per la definizione dei siti delle nuove centrali nucleari.
Noi comunisti, oggi come ieri, non avanziamo alcuna pregiudiziale ideologica contro le centrali nucleari. Non possiamo condividere le posizioni di quanti sono contro il nucleare per una sorta di apriorismo. Le centrali, entro un limite ben preciso, sono necessarie. Questo è il punto di cui occorre avere consapevolezza.
Detto questo, affinché non ci siano equivoci, ci pare però, in pari tempo, un po' sbrigativo l'ordine del giorno del Partito Liberale che invita la Giunta a rispettare le procedure della legge 393, a deliberare ad accettare un iter che nella sua scarsa burocraticità ha un aspetto di fondo che non è condivisibile, un aspetto che porta la Regione da sola, o quasi, a sostenere il confronto, a costruire il consenso (non l'unanimismo) oggi mancante nelle zone interessate. Noi partiamo dall'idea che questo consenso debba essere costruito, e lo si può costruire dando garanzie di sicurezza sia sul piano delle tecnologie degli impianti, sia dimostrando che in casi di emergenza ci si saprà muovere con maggiore efficienza di quanto si è fatto con il recente terremoto nel Mezzogiorno.
Tutto questo è possibile perché nel caso di una centrale nucleare siamo di fronte ad un rischio che è preventivabile e definibile a priori, che deve rientrare nei calcoli e nelle misure che accompagnano la costruzione della centrale. Ma queste garanzie non possiamo darle noi Regione Piemonte.
Abbiamo visto con particolare favore il fatto che il Ministro Pandolfi si è recato a Montalto di Castro, l'altro ieri abbiamo appreso che si recherà In Puglia. Se si ritiene che una delle due aree individuate in Piemonte sia da scegliersi per costruirvi la centrale nucleare e se questa scelta verrà compiuta seguendo un ragionamento che tiene conto dei problemi di sicurezza e di garanzia e porta una di queste aree ad essere considerata tra le più sicure del nord-Italia, a quel punto come Regione, dovremo fare sino in fondo il nostro dovere, dovremo esserci anche noi, non solo noi, a sostenere il confronto con le popolazioni dell'area interessata, perché a quel punto ci si vorrà dimostrare che dei 40, e più siti individuati in Italia quello piemontese è tra quelli che offrono maggiori garanzie. Ma, a quel punto, il dato di maggior rilievo che emergerà tra le forze politiche sul piano nazionale e nell'articolazione dello Stato sarà rappresentato dal fatto, o dovrà essere rappresentato dal fatto, che tanti dei dubbi di natura politica che c'erano e ci sono stati saranno superati.
Non si sarà più in un'Ottica come quella che portava il CNEN ad orientare il suo piano quinquennale a mettere in cantiere due centrali da 100 Mw all'anno per dieci anni.
Quante volte abbiamo sentito criticare giustamente pianificazioni come quelle di tipo sovietico: là gli uffici del piano decidono e la classe operaia: applica le decisioni che sono state assunte. Figuriamoci se quei modi di pianificazione che là non sempre danno i risultati voluti possono valere nel nostro Paese, dove :per fare le cose bisogna conquistare il consenso e quindi discutibili sono le procedure della legge 393 che portano lo Stato a voler decidere e le Regioni ad applicare le decisioni.
Il P.L.I. vuole che si decida subito con il suo ordine del giorno; ma anche nel dibattito in aula nel 1979 Marchini chiedeva che si decidesse subito e, ad avvalorare le sue richieste, sosteneva che era illusorio pensare che una nuova versione del piano energetico nazionale avrebbe ridimensionato il progetto sul nucleare.
Ma voglio anche dire che non tutto è rimasto fermo. Anche rispetto agli anni in cui venne licenziata la, legge 393 molte cose sono cambiate; è modificato, tra l'altro, lo stesso approccio culturale rispetto al nucleare.
Come dimenticare che la bozza di piano energetico del '75 prevedeva la costruzione di 20.000 Mw nucleari nell'arco di un decennio. Quella del 1980 riduce a 4.000 Mw il nucleare ed orienta la propria scelta sul carbone prevedendo di ricavare da esso la produzione di 16.000 Mw entro il 1990.
E' un dato di fatto, stando alla bozza attuale, che per il nucleare si prevedono due centrali, una al sud ed una al nord.
Ma, anche qui, se è vero com'è vero che il carbone implica uno spostamento enorme di materiali, tanto che per una centrale di 2.000 Mw occorre rifornirla con quattro treni merci giornalieri, con tutto quello che ne deriva sul piano delle infrastrutture, del loro potenziamento, dello smaltimento delle ceneri, dell'inquinamento e della polluzione atmosferica è chiaro che le scelte da compiersi, proprio perché hanno un immediato impatto sul territorio, implicano un coordinamento di iniziative tra il piano energetico nazionale e la Regione che sulla politica territoriale ha le sue competenze.
Si tratta di verificare in tempi brevi il programma dell'Enel e le ipotesi ltalgas-ENI sul centro di Cairo Montenotte e sulle infrastrutture necessarie per le due centrali dell'Enel di Bastida Pancarana e di Chivasso e sulle possibilità di uso delle ceneri nei cementifici del Casalese e del Cuneese.
Quello che si chiede, anche purtroppo in assenza di un piano energetico nazionale che sia qualcosa di più di una semplice bozza, e ben sapendo quanto pesa questa situazione di incertezza e di stallo, è di lavorare con urgenza per un piano complessivo di politica energetica, senza tralasciare nessun orientamento. Su questo terreno si sono fatti i primi passi, si tratta di andare avanti.
Prendendo come riferimento uno studio fatto dal CISE per conto della Esso sulle possibilità di mettere in moto risparmi di fonti energetiche tradizionali, si può giungere alla conclusione che è praticabile un obiettivo di risparmio entro il 1990 di un equivalente di 30 milioni di tonnellate di petrolio.
Il piano energetico nazionale, o meglio la sua bozza, è più pessimista: riduce questa ipotesi di risparmio di una volta e mezza.
Noi non abbiamo elementi in mano che ci portino a dire quali sono le cifre su cui si può fare maggiore affidamento. Quello che è certo è che l'Enel giustamente, finalmente dichiara di non essere interessata ad impegnarsi sulle piccole centrali idroelettriche: nessun ente di Stato giustamente, dichiara di essere interessato a piani di cogenerazione e di teleriscaldamento, nessun ente, nazionale credo si impegnerebbe su progetti che si basino sul biogas.
Cosa significa tutto questo? Che è ormai convinzione comune (almeno in questi termini noi la leggiamo) che sul complesso problema dell'energia occorre fare una distinzione.
Una cosa sono i settori che richiedono in modo prioritario un quadro di riferimento nazionale (quali possono essere il nucleare, il carbone, gli idrocarburi), ben altra cosa sono i settori che trovano un riferimento più congeniale nelle politiche regionali e degli Enti locali.
Uso razionale e conservazione dell'energia attraverso il teleriscaldamento e la cogenerazione o utilizzo delle risorse rinnovabili come l'acqua, per centrali inferiori a 3.000 Kwh, il biogas, il solare l'eolica, implicano capacità di intervento che i grandi enti non possono assicurare.
Tutto questo sembra ormai diventare una convinzione acquisita, ma non ancora del tutto sufficientemente se sii considera che da un lato, ancora nel 1979, il Governo ci bocciava una legge che andava in questa direzione.
Se si considera che solo adesso è stato varato dal Senato ed è al vaglio della Camera il testo del disegno di le e n. 655 sul risparmio e sulle fonti rinnovabili.
Io non voglio abusare della troppa pazienza di chi sinora è stato ad ascoltarmi. Non mi soffermerò sul testo licenziato dal Senato.
Qualora esso venisse approvato alla Camera, lo Stato metterebbe in moto una consistente mole di incentivi, dotando quindi le Regioni di condizioni finanziarie minime per portare avanti una politica in questo settore.
Certo, l'articolato lascia alcune perplessità, definisce un sistema di incentivi su cui costruisce delle procedure non uniformi. In alcuni casi il riferimento è la Regione, in altri, invece, si concedono direttamente contributi a Comuni, loro Consorzi ed alle industrie, senza che nelle procedure siano coinvolte le Regioni. Queste perplessità non le manifestiamo per delle pure e semplici questioni di principio. E' chiaro che un diverso articolato, che tenesse in piedi un complesso sistema di incentivi, diviso per settori, com'è la 655, ma avente come riferimento le Regioni, avrebbe permesso di valutare meglio il rapporto costi-benefici che è solo ricavabile da un'omogeneità procedurale.
Detto questo, però, credo che nella nostra Regione non si tratti di aspettare che la legge passi alla Camera per poi predisporre un nostro piano ed un nostro programma; non può esserci su questioni così importanti e così urgenti un prima ed un poi, anche perché sin da adesso si tratta di governare i processi in atto.
L'Assessore Salerno nel suo documento ha posto l'accento su alcuni progetti ed iniziative settoriali che si stanno muovendo, anzi la sua relazione è stata molto descrittiva ed esauriente.
Aziende municipali, Consorzi di Comuni per il trattamento delle acque reflue, Enti locali non solo nell'area torinese, ma anche del Novarese ed in altre realtà, acquisiscono consolidano la loro convinzione che possono dare un notevole contributo a risolvere il problema energetico.
Un piano energetico regionale crediamo debba far leva e portare ad unità quanto autonomamente viene avanti nelle singole realtà e, non solo ma anche risorse che si possono liberare. Il 'piano' energetico nazionale una volta approvato metterebbe in moto qualcosa come 54.000 miliardi: una fetta di queste risorse (non, irrilevante, peraltro) va alla riconversione orientata sull'uso di fonti rinnovabili e ,sui risparmi energetici. E' da auspicare che tutto questo stimoli e costringa finalmente la definizione di uno dei tre settori orizzontali previsti dalla 675, quello sul risparmio energetico il cui progetto non è mai decollato.
Peraltro, rispetto ai problemi di riconversione, esiste oggi in Italia un'industria attrezzata? Qualche cosa di positivo lo si può dire per la Fiat, qualcosa di positivo si può dire ,per le piccole e medie industrie su tecnologie mature come sull'energia solare. Ma mi ha impressionato il fatto che gli scambiatori di calore da installare nelle abitazioni di , Brescia in seguito alla realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento si è stati costretti ad acquistarli in Svezia ed in Germania. E, allora, si deve convenire che comparti rilevanti dell'industria, soprattutto di piccola e media industria, possono avere una loro prospettiva in questo settore se si sviluppano la ricerca e le tecnologie. Università, C.N.R. convenzionati con la Regione, utilizzando le facilitazioni della 655 possono rappresentare le strutture portanti di questa ricerca da svilupparsi in stretto contatto con la piccola e media industria.
Ma, non solo, quanto viene avanti con il testo della 655 sui corsi d'acqua ha una stretta pertinenza con lo studio del comportamento e dell'attività dei corsi d'acqua in Piemonte, specie per quanto attiene ai bacini montani. L'uso di queste acque per la produzione di energia elettrica apre senza dubbio il problema dell'uso più razionale e plurimo delle risorse idriche, rispetto al quale non sono estranei i problemi del riordino delle utenze irrigue. Anzi, senza dubbio questo riordino si porrà in termini pressanti. E se ieri poteva essere suggerito dalla necessità di alimentare meglio le colture agricole della pianura, ora non è più solo questo, nel senso che se l'agricoltura ha bisogno di più acqua per produrre più foraggio e più risorse alimentari, per compiere meglio il proprio ciclo, ha anche bisogno di più energia per portare avanti meccanizzazioni tecnologie e processi che la rendano più moderna. Il coordinamento di queste iniziative crediamo consenta alla Regione di mantenere e consolidare quell'autorevolezza politica che in questo campo si è conquistata In questi anni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito che oggi si svolge in aula sui problemi dell'energia è stato richiesto dalla Giunta nella riunione dei Capigruppo la settimana scorsa ed ha travolto un po' gli accordi che in VII Commissione (se vale ancora questa Commissione, me lo chiedo e ce Io chiediamo in molti dell'opposizione) erano emersi: si era infatti, concordato che domani, il giorno 13, si sarebbero illustrati i progetti di legge presentati dalle varie forze politiche e, nella seconda metà del mese di marzo, si sarebbe svolto in aula il dibattito complessivo sui problemi dell'energia.
La richiesta della Giunta ha modificato il calendario dei nostri lavori ed è per questo che stamattina ho" chiesto, a nome del mio Gruppo, al Presidente della Commissione, Consigliere Marchini, di far slittare i tempi per l'esame dei progetti di legge. E' una richiesta, mi pare, legittima perché i Gruppi devono valutare con attenzione e con profondità il dibattito che oggi avviene in aula, anche se devo dire che il disinteresse che riscontro su un tema così importante, mi fa pensare a certi rituali che, debbo dire, alcune volte Mi parse di cogliere in quest'aula. E' un problema importante, sul quale da sei anni il Consiglio regionale non ha saputo dare delle indicazioni e degli indirizzi precisi alla comunità piemontese; è un problema sul quale la comunità piemontese aspetta dei provvedimenti dal Governo, certamente, ma anche dal Consiglio regionale aspetta il segno di un cambiamento di tendenza, da noi Consiglieri regionali aspetta la capacità di entrare nel merito di questo problema e la capacità e la volontà politica di dare su questo tema delle indicazioni precise.
Da troppi anni si parla di, energia, da troppi anni si parla di occasioni perse, mentre la situazione si è andata deteriorando. Sono state aperse delle occasioni, a mio giudizio, sul piano del risparmio energetico perché la legge non ha avuto quell'applicazione completa che meritava - e su questo ritornerò più avanti - né, tanto meno, sono stati fatti passi avanti nel realizzare impianti per la produzione di energia non dipendenti dagli oli combustibili. Tutto questo in presenza di una crisi profonda del nostro Paese, con un'incidenza del costo dell'energia sempre più alto, che penalizza i fatti produttivi e lo sviluppo sociale.
Basta pensare, colleghi, che: i cittadini sono preoccupati perché fra un po', a mio giudizio, costerà di più il riscaldamento dell'equo canone.
Queste sono le preoccupazioni presenti nella società piemontese, nel nostro Paese complessivamente; questi sono i problemi sui quali dobbiamo dare delle valutazioni. E mentre la dipendenza dal petrolio del nostro Paese è ormai a livelli superiori all'80%, quando andiamo a valutare i costi del Kwh prodotto da una centrale ad olio combustibile ( 73 lire) contro quello prodotto da una centrale a carbone (50 lire), contro quello di una centrale nucleare (27 lire) individuiamo l'esigenza di produrre energia a costi inferiori se si vuole restare competitivi e non essere definitivamente superati dalla concorrenza dei Paesi che avranno più bassi costi di energia.
Confrontare questi dati con dati di altri Paesi europei, come la Francia, che nel 1990 avrà oltre il 70 % della sua energia prodotta dal nucleare, ai costi che citavo prima, ci fa capire lo sforzo che nel nostro Paese dobbiamo fare per colmare il buco energetico che si ripercuote sullo sviluppo sociale ed economico.
Un altro settore da non sottovalutare, che lascio all'attenzione dei colleghi, è quello delle energie dolci, che sono fondamentali e rappresentano un elemento culturale attuale ed utile su cui lavorare. Ha dichiarato recentemente il Ministro Pandolfi ad un quotidiano: "Il problema energetico può essere un'occasione di sviluppo, cioè per retrocedere, ma può essere anche una grande occasione di sviluppo. Gli incentivi che si possono dare per favorire la costruzione di centrali, il fatto che possiamo produrre in Italia le nostre centrali, la manodopera impiegata, l'indotto che si determina, tutto questo può rappresentare, nel momento in cui si affronta il problema energetico, anche una grande occasione per sostenere lo sviluppo del nostro Paese".
Ecco l'opportunità, a nostro giudizio, di richiamare le forze politiche, le forze sociali, i cittadini, non alla sensibilizzazione perché i cittadini ormai sono sensibilizzati a questo problema e mi pare ridicolo parlare di sensibilizzazione, ma ad un grande senso di responsabilità e di presa di coscienza per fare un salto di qualità in questo problema; abbandonare atteggiamenti strumentali ed irresponsabili finalizzati alcune volte - consentitemelo - a risultati elettorali per ottenere i quali si sono avuti anche in quest'aula cambiamenti radicali di atteggiamento su questo problema, oppure il tentativo di coprire spazi istituzionalmente delegati ad altre strutture dello Stato, solo per avere un po' più di potere, oppure la difesa ad oltranza di interessi di parte od essere portavoce di preoccupazioni illimitate ed incontrollate imboccare la strada delle scelte, questo è il dovere del Consiglio regionale, ma in primo luogo dello Stato e degli enti centrali per potere superare il "gap" energetico in cui ci troviamo.
Consigliere Viglione, la D.C., il collega Petrini non ha detto che vuole il nucleare, ma ha detto che su questo problema bisogna essere coerenti con le, esigenze, bisogna valutare i costi ed i benefici e bisogna avere il coraggio di fare delle affermazioni serie e definitive. D'altro canto, la mozione che il suo Gruppo - e lei l'ha firmata - indica come l'inizio delle procedure per l'individuazione dei siti di impianti nucleari sia cosa urgente, da fare subito. Allora mi chiedo, su questi problemi, se all'interno della maggioranza, avendo ascoltato con attenzione l'intervento del collega Montefalchesi e l'intervento del collega Ferro - peraltro molto più sfumato - c'è chiarezza.
Si evidenzia da questo mio ragionamento ancora una volta l'esigenza di un metodo che analizza, distingue i problemi, definisce i livelli decisionali e che opera attivamente perché uno dopo l'altro i vari problemi vengano risolti.
E' emersa progressivamente con chiarezza la necessità che il fenomeno energetico, per i suoi impatti con lo sviluppo, con l'ambiente, con l'ecologia, con la programmazione territoriale, conosca un momento di gestione coordinata, a livello nazionale e regionale, con il concorso di tutti gli enti, pubblici e privati ai vari livelli. E' indispensabile offrire ai cittadini quelle garanzie complessive che in materie come queste si chiedono, giustamente, a gran voce; dare ai cittadini la certezza che le scelte che si dovranno operare sono frutto di studi seri, severi e completi, tali da offrire a coloro che dovranno decidere la tranquillità morale per le scelte che opereranno ed a coloro che ne dovranno vedere i risultati la serenità necessaria che deriva da una corretta analisi scientifica e tecnica.
Quali sono su questo tema le competenze regionali? E' opportuno soffermarsi, mi pare un settore sul quale con troppa rapidità negli interventi che mi hanno preceduto si è sorvolato. Nulla è cambiato rispetto ai poteri istituzionali assegnati alle Regioni in materia di energia. La vera contraddizione in cui si dibatte la maggioranza consiste nel fatto che, a parità di mezzi operativi consentiti dallo Stato, oggi ritiene finalmente opportuno fare qualcosa, in parte in ritardo di almeno cinque anni rispetto a quello che si sarebbe potuto e dovuto fare, in parte cercando di contrapporsi alle leggi dello Stato. Allora, dobbiamo registrare una carenza di programmazione negli anni '75-'80, dobbiamo registrare che oggi siamo costretti, in ritardo, a prendere delle iniziative senza avere alle spalle esperienze e strumenti concreti.
Cosa si poteva fare? Sono tre i fronti che, a mio giudizio, potevano essere incentivati negli anni passati: intanto gli studi per il teleriscaldamento, realizzati da altre Regioni, come la Lombardia; questo studio è stato preceduto da un'analisi di fattibilità? Se sì, quali sono stati i risultati? Se no, quali saranno i criteri generali di impostazione di un progetto di dimensioni così grandi? E' noto il rischio che si corre spendendo centinaia di milioni in studi e progetti non preceduti da analisi di fattibilità; si può anche arrivare a definire solo l'impossibilità di realizzare degli impianti per mancanza di risorse umane e finanziarie. Su quali dimensioni si pensa di fare lo studio? Su un quartiere, sulla città? Su quale quartiere? Mirafiori, Crocetta, con l'esigenza di sposare le necessità industriali con quelle civili. Su questo terreno vorremmo del chiarimenti da parte della Giunta.
Secondo problema sul quali si poteva intervenire: le indagini sui consumi e sull'utilizzo di energia, occorre, a mio giudizio, prima conoscere i bisogni e poi definire i programmi di intervento. La Regione conosce - i dati sul come, perché, quando si consuma. Possedendo i dati di consumo e la loro possibile razionalizzazione, avremmo potuto confrontarci con gli enti centrali, in particolare l'Enel, senza dover subire i dati, le valutazioni, le conclusioni che emergono dai loro documenti, ma su di essi dare un nostro contributo nel merito della questione. A tutt'oggi la Regione non ,ha ancora promosso una serie di studi e di rilievi per sapere dove, dome ed in che quantità sia consumata l'energia, neanche per: gli edifici di sua proprietà. Una dettagliata analisi dei risparmi energetici attuabili su campioni di edifici di proprietà pubblica, come già effettuato da altre Regioni, potrebbe fornirci degli elementi di base fortemente indicativi per formulare programmi non dispersivi sia nei tempi che nei costi.
Terzo problema sul quale,' a nostro giudizio, si poteva intervenire è il risparmio di energia. Invece di seguire solo la strada, peraltro utile delle nuove tecnologie sperimentali, era indispensabile dare impulso alle tecnologie consolidate (solare a bassa temperatura e biogas), settori nei quali si poteva incentivare la comunità regionale ad interventi finalizzati al risparmio energetico, premiandola don meccanismi legislativi e finanziari che potevano offrire un significativo contributo nella sostanza.
Nel campo del risparmio energetico - e mi ricollego a quanto dicevo all'inizio - la Regione poteva avere un grande spazio promozionale di supporto alla legge 373. Era indispensabile, quindi, che la legge 373 venisse attuata, in tutti i suoi dettati, anche nei Comuni più piccoli posto e non accertato che ciò avvenga nei medio-grandi. Su questo tema, il rispetto della legge 373, la Regione può e deve offrire alla comunità regionale nel suo complesso un significativo aiuto ed è soprattutto per questo che il "servizio risparmio energetico" deve essere varato in tempi brevissimi, immaginando anche corsi di qualificazione per il personale degli uffici tecnici dei Comuni.
E' compito della Regione incentivare il risparmio energetico, favorendo la possibilità di accedere a finanziamenti derivanti da leggi specifiche nei singoli settori di intervento quali l'agricoltura, l'artigianato, il settore della depurazione ed il settore abitativo, favorendo l'installazione di impianti con tecnologie alternative provate.
Il risparmio va fatto. Non si possono tollerare sprechi. Questa non è austerità, è buon senso, efficienza, rigore. Il Kippur ha dato una lezione a tutti ed abbiamo presenti però le iniziative, i piani di riconversione industriale, gli studi del C.N.R. che sono stati elaborati in questi anni non, quindi, indulgere a tentazioni di grandezza. Diciamo "no" ad un domani di sottosviluppo.
Il documento della Giunta è interessante per quanto riguarda l'aspetto del raccordo con gli enti centrali; problema che la Giunta affronta in modo ambiguo, perché prevede accordi, protocolli d'intesa e convenzioni-quadro con Enel ed ENI, scegliendo, invece, lo scontro con il Governo. Cerchiamo di capire la logica di questa impostazione: se attraverso lo scontro con il Governo la Giunta cerca di ampliare l'area dei poteri che ritiene di sua competenza e pertinenza, ben venga questa impostazione; ma se l'azione ha solo lo scopo di predisporre i mezzi per giustificare l'inerzia dell'attuale maggioranza nei confronti del problema energetico, allora l'opposizione non può condividere questa impostazione. E' noto, d'altra parte, che programmi di formulazione di studi e ricerche d'interesse nazionale non possono essere de mandati alle Regioni.
Più complesso risulta essere il problema dell'accordo Regione - Enel.
L'opposizione è stata informata dalla stampa quotidiana, e non già dalla Giunta, della sottoscrizione di un protocollo d'intesa: come di preciso sia stato formulato questo protocollo e quali siano gli obiettivi non c'è stato dato di sapere se non in questi ultimi giorni. La sola avvisaglia chiara dei risultati che ne possono sortire si intravede nella proposta di costituzione di un gruppo misto Regione - Enel - CNEN. L'accordo prevede quindi, certamente, la preparazione di tutti gli elementi - almeno così è stato letto dal mio Gruppo - atti a formulare una scelta di localizzazione in Piemonte di almeno una centrale nucleare.
La D.C. ritiene che complessivamente, nel confronto Regione - Enel e nella realizzazione concreta del protocollo d'intesa, debbano essere investite tutte le forze politiche ed il Consiglio nella sua centralità.
Riteniamo scelta irrinunciabile quella di offrire il nostro contributo in questo confronto, nell'elaborazione di proposte e di soluzioni che vedono coinvolti larghi strati sociali che nel nostro partito si identificano.
Per quanto riguarda l'ENI, l'unica domanda che ci si pone (sempre nell'ambito della totale disinformazione in cui la Giunta vuole relegare l'opposizione) è quella di sapere come si sia arrivati a preferire questo ente per l'azione in pectore, a scapito di altri. Perché non la Ansaldo, la Engineering del gruppo IRI, l'Euratom o altri? La convenzione-quadro sarà ancora una volta stipulata senza che ne sia investito il Consiglio? Diamo giudizio positivo, comunque, su questa iniziativa, anche se dobbiamo registrare un grave ritardo, potendo intervenire con queste trattative con molto anticipo.
Noi dobbiamo e vogliamo ribadire con fermezza - e lo ha già fatto il collega Petrini, Vicepresidente della VII Commissione - che questa materia deve trovare la sua sede istituzionale nella VII Commissione, creata su indicazione di tutte le forze politiche, avendo registrato nella passata legislatura che l'intercommistione è stata inadeguata e scarsamente produttiva.
La corresponsabilizzazione può avvenire seriamente, solo se l'esecutivo avrà il rispetto delle forze politiche è della centralità del Consiglio.
Dovremo, altrimenti, nostro malgrado, registrare che esiste una maggioranza che va avanti in direzioni non coerenti, non giustamente finalizzate e quindi, opposte alle nostre. Ad essa, allora, deve ritornare la responsabilità della gestione di questa materia, con le inevitabili conseguenze politiche.
Mi avvio alla conclusione. Quali sono i punti che noi riteniamo fondamentali nel prosieguo di questo dibattito: 1) definire il ruolo regionale nella politica energetica. Comprendiamo che vi sono delle difficoltà nell'individuare le linee che separano le competenze regionali da quelle nazionali, ma occorre però uno sforzo di crescita autonoma nei settori di competenza, come il risparmio, la raccolta dei dati sulla qualità e quantità dei consumi, sull'impulso delle tecnologie consolidate. Occorre un confronto con gli enti centrali, per approfondire seriamente alcuni settori vitali come il nucleare ed il recupero di piccoli impianti idroelettrici, sollecitando l'Enel con il quale, pare, la Giunta ha instaurato buoni rapporti e al quale credo sia opportuno chiedere rapidamente la dismissione degli impianti che non sono più di suo interesse, per valutare costi e benefici caso per caso e finanziare la rimessa in moto di quelli che danno un saldo economico positivo. Occorre, come diceva Ferro, un piano energetico regionale, che io avevo richiamato in un brevissimo intervento su una comunicazione dell'Assessore Alasia sul problema della MACH; occorre raccordare il tutto con il piano energetico nazionale in fase di definizione, di cui, comunque il disegno di legge n. 655/bis fa parte integrante e che, sostanzialmente apre una strada concreta nel senso delle dose che richiedevo poc'anzi.
2) Supporti finanziari: è un settore questo, a mio giudizio, di vitale importanza. Occorre uno sforzo da parte dello Stato e degli Enti locali per supportare nuove iniziative finanziarie, individuando rapidamente le risorse necessarie. Occorre premiare il risparmio e fare uno sforzo su tre fronti: incentivare i canali comunitari, raccordando glie enti pubblici e privati con la B.E.I. Anche su questo vi è un ritardo; dobbiamo registrare che la ha fatto il primo intervento tre o quattro anni fa, mentre la Regione non si è mossa con tempestività. Occorre attingere alle risorse nazionali nei singoli settori, offrire risorse regionali consistenti attraverso una volontà politica che fino ad oggi non è emersa chiaramente (vedi le risorse che sono state individuate dal progetto di legge presentato dalla maggioranza, che noi valutiamo assolutamente inadeguate e tulle quali faremo delle nostre proposte organiche nel nostro progetto di legge) valutando eventualmente l'opportunità di individuare uno strumento finanziario che possa concorrere ad affrontare, con liti salto di qualità questi problemi.
3) Confronto con la comunità regionale.
Occorre su questo terreno recuperare il tempo perduto, dare il segno alla comunità regionale, alle forze produttive, alle forze sociali, ai cittadini, che abbiamo raggiunto una maturità che ci consente di interpretare a fondo le preoccupazioni presenti nella società e di ,dare ad esse delle risposte concrete in termini di iniziative nostre e di stimolo agli enti centrali ,certamente anch'essi in grave difetto.
La Regione può essere un ente di promozione e di raccordo tra i cittadini e lo Stato: copriamo questo spazio, svolgiamo questo ruolo. La D.C. è pronta a collaborare assumendosi le responsabilità che le competono come forza di opposizione, ma invitando la maggioranza a fare chiarezza e a dimostrare, nei fatti, la volontà di operare con correttezza e con rispetto.
Ecco, dicevo - e concludo - le convinzioni da cui ci siamo mossi. Le ho ricordate, anche se alcune esulano dal nostro livello di competenza regionale, per caricare il nostro faticoso e difficile lavoro del suo significato più nobile, fiducioso che su questi obiettivi la comunità regionale saprà partecipare con disponibilità.
E' necessario, per noi e per la Regione, mantenere un collegamento con l'opinione pubblica: questo dialogo è l'essenza della democrazia.
Ci sono ancora aspetti da capire, da spiegare, da contrattare: noi speriamo di essere capaci, operando in ciò Secondo coscienza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intanto voglio scusarmi con l'Assessore e i colleghi che sono intervenuti questa mattina. Purtroppo per un lutto familiare non ho potuto essere presente; ho comunque avuto modo di avere nel colloquio con il collega di partito Benzi, notizie e documentazioni in ordine a quello che è stato lo svolgimento della seduta antimeridiana in ordine a questo tema. Un tema al quale è noto che il nostro partito ha dedicato particolare attenzione.
Quando si costituì la maggioranza e si avviò la discussione sul programma fu ripresa anche dai giornali e dai periodici la sottolineatura che nel programma veniva data attorno al tema dell'energia e alla necessità di una sua solerte e, celere soluzione, tant'è che nel documento programmatico viene a chiare lettere detto che la necessità di affiancare ad un'intensa politica per un uso razionale dell'energia e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, un vigoroso rilancio dei programmi di sviluppo di impianti elettro-nucleari a carbone è già stata sottolineata anche sul piano internazionale, e nello stesso programma si riconosceva che ogni ulteriore ritardo non può favorire altro che il collasso del nostro sistema energetico. Del resto, anche quando si iniziò la verifica di convergenza sul programma, su quale futuro dare al Piemonte, noi ponemmo la questione energia tra i temi qualificanti del programma, anche se non fu un aut-aut perché, nel, frattempo, anche gli altri partiti di questa maggioranza avevano assunto iniziative in questa direzione con una proposta di legge attorno al risparmio energetico che fu sventuratamente non approvata dal Governo ed anche con la modificazione di atteggiamenti assunti in precedenza. E' oggi da tutti riconosciuta l'urgenza della questione e delle soluzioni alternative che non possono non essere ricomprese se non in un quadro strategico, complessivo ed articolato a medio e lungo periodo che preveda più livelli d'intervento, più modalità operative.
Oggi abbiamo anche la proposta di piano energetico nazionale che pu costituire un'utile base di partenza, che noi condividiamo. Ma dobbiamo anche riconoscere che la questiona attorno al nodo energetico è anche un aspetto culturale, non soltanto un aspetto tecnico-economico. Un aspetto culturale legato alla dinamica della società industriale a tecnologia avanzata. Anni fa fu un tema di impegno da parte di soggetti dell'opposizione sociale? di quelli che Marcuse chiamava "gli individui di tutti gli strati", in polemica con la classe operaia ritenuta da lui integrata. Pensiamo ai movimenti di protesta, alle femministe, ai gruppi di ecologi, ai "verdi".
Secondo un filone che andava oltre i limiti della cultura alternativa si riallacciava secondo noi, ai movimenti storici di emancipazione, con un aspetto critico culturale della protesta, non basata sulla determinazione economica, collegata all'estendersi di nuove forme sempre più avvolgenti di razionalità.
Non dico, che questi movimenti non abbiano svolto anche un loro ruolo positivo nel far riconsiderare gli Stadi di sviluppo economico visto come un processo unilaterale, unilineare e positivisticamente considerato. Non dico non abbiano svolto anche un'azione positiva nel segnalare gli elementi non razionali sempre presenti anche attività umana e nel far comunque meditare sulle scelte.
Certo, nel timore verso le centrali nucleari, si nasconde anche un'ansia reale; in essa però si rispecchia anche lo spavento di fronte ad una nuova categoria di rischi letteralmente imperscrutabili, di rischi a lungo termine difficilmente controllabili, che sopravanza nei confini delle nostre capacità di comprensione storicamente sviluppate, ad esempio del tempo anticipato, dell'identità personale e delle dimensioni degli atti moralmente assumibili. Entrambi sono esempi di sovraccarico delle capacità sensibili, spazio - temporalmente organizzate, del mondo della vita. Ma questo sarebbe un tema filosoficamente assai interessante, che ci porterebbe lontano ma che ho voluto richiamare per sottolineare che c'è anche un elemento culturale innato intorno à tutti i temi delle scelte energetiche, e del nucleare in particolare.
Ma un fatto culturale che non vuol dire che il voler far meditare significhi temporeggiare o ritardare provvedimenti che invece la società richiede e che sono necessari.
Qui interviene l'altro aspetto insito in questo dibattito: quello tecnico-economico. Da un lato, attraverso gli elementi già segnalati dell'incidenza - sulla produzione - del costo dell'energia e dall'altro sulle capacità di produzione di energia che i diversi metodi che si vanno ad attivare possono avere. Anche se qui non starò a dilungarmi su dati tecnici che ormai sono stati già citati secondo indicazioni tecnico economiche di convenienza economica già ricordate, secondo tabelle che sono a mano di tutti. E' comunque chiaro che la politica energetica è pregiudiziale ad ogni altro tipo di politica di sostegno del settore produttivo e dell'occupazione nella nostra Regione, perché è ormai evidente che il deficit di energia, con i 5 miliardi di Kwh nel '77 che rischia di triplicarsi nell'arco di dieci anni, non può più essere ulteriormente non affrontato e non risolto. Del resto, l'altro nodo che occorre sciogliere è quello di diminuire la dipendenza dal petrolio che oggi è all'83% e che si prevede nel piano di ridurre almeno al 50%. Dobbiamo anche considerare che la nostra Regione è una Regione ad alto tasso di sviluppo industriale e che, per converso, il fatto di avere già oggi scarsità di energia è un fatto che occorre affrontare e che, dall'altro, la competitività dei prodotti italiani già oggi è compromessa dall'alto costo che ha l'energia nella produzione rispetto a quelli che sono invece gli indici medi delle Nazioni europee più sviluppate. Noi, da un lato, diciamo che vogliamo favorire la crescita economica produttiva e occupazionale della nostra Regione, che vogliamo inserire sempre più e meglio anche su questi fatti il Piemonte nell'Europa, adeguando duello che è il livello medio raggiunto su questa materia, dalle altre Nazioni europea. Dobbiamo anche che occorre incentivare il rapporto con lo Stato, migliorare la qualità del rapporto con lo Stato e con gli altri enti preposti al tenia energetico.
Per passare rapidamente agli aspetti operativi, riteniamo che occorra in materia una pluralità di interventi: che occorra avere ed approfondire l'aspetto della :conoscenza sui consumi, sugli sprechi e sulle possibili razionalizzazioni, conoscenza sul bilancio energetico nazionale e sulla dinamica, con riferimento alla produzioni, al trasporto e così via.
In secondo luogo occorre uno sforzo più incisivo per quanto riguarda i temi dell'informazione (che non deve essere né ideologica, né passionale ma oggettiva) e dall'altro della partecipazione (che deve essere reale effettiva da un lato, delle autonomie locali e dall'altro delle collettività coinvolte dagli eventuali insediamenti nucleari). Una pluralità di interventi che da un lato riguarda il settore del risparmio energetico in cui la Regione, attraverso l'attuazione completa della legge 373, può svolgere un ruolo decisivo attraverso l'incentivazione dell'innovazione e della ricerca, che va meglio coordinata tra gli enti che hanno competenza di intervento al riguardo. Interventi che vanno anche indirizzati con decisione sulla diversificazione delle fonti, e in questo certamente va dato impulso alla ricerca e sperimentazione nel settore dell'energia dolce e delle fonti rinnovabili.
Al riguardo, sottolineiamo che come P.S.D.I. assieme agli altri Gruppi consiliari di maggioranza abbiamo presentato una proposta di legge che ci sembra articolata e completa e che - da un lato - vuole incentivare la produzione di studi e ricerche e - dall'altro - vuole promuovere convenzioni e contributi su temi quali la verifica delle distorsioni termiche, le tipologie edilizie, in particolare di quelle pubbliche, le verifiche sulla valutazione delle prestazioni nel campo dell'applicazione delle tecniche che utilizzano le fonti alternative, sulle mappe del territorio predisposte secondo le caratteristiche meteo-solari e le anomalie geotermiche.
Certo, occorre anche al riguardo, provvedere sulle fattibilità di ripristino delle centrali idroelettriche.
Il discorso del carbone e il discorso del nucleare sono scelte sulle quali, è chiaro, non v'è un consenso totale ed unanime delle collettività.
Pensiamo a quello che succede ad Entracque, pensiamo a quel che riguarda le centrali a carbone, agli aspetti negativi che ci sono sul piano ambientale: è certamente un intervento ambientalmente pesante, per quanto riguarda poi anche i problemi del trasporto, delle scorie, il problema dell'inquinamento atmosferico.
E' certo una scelta controversa anche quella del nucleare, quando pensiamo a quello che si è verificato in questi anni in località come Trino e la Filippona. Se da un lato diciamo che vediamo favorevolmente le cose già avviate - e certamente in questo quadro si inserisce anche la convenzione recentemente stipulata tra Regione ed Enel -, diciamo che va proseguito il discorso già avviato per un rapporto più costruttivo con lo Stato, certamente senza, panregionalismi ma neanche cedimenti, nella chiarezza invece e nella collaborazione.
Noi certamente diciamo che al riguardo va anche definito con maggior precisione il ruolo della Regione in settori chiave quali sono quello dell'innovazione, quello della ricerca e della sperimentazione.
Noi siamo: favorevoli al gruppo misto così come è stato individuato nella proposta della Giunta, di esperti, di rappresentanti degli enti interessati e delle forze politiche il quale dovrà e potrà trovare momenti opportuni di raccordo con il Consiglio e con la competente Commissione consiliare.
Dobbiamo anche dare una risposta precisa e chiara alla collettività piemontese e da questo dibattito deve uscire un'indicazione precisa - e per noi positiva - sulla scelta nucleare che va fatta pur con l'incentivo e con il ruolo (che deve essere definito e ripreso) sulle fonti alternative e sulla loro diversificazione.
Credo chef noi non possiamo eludere questo nodo e dobbiamo uscire da questo dibattito dando su questi temi delle indicazioni precise.



PRESIDENTE


Argomento:

Nomine

Argomento: Nomine

Proposta al Consiglio regionale di revocare la precedente deliberazione n. 33 - C.R. 8089 del 10/12/1980 relativa a: "Collegio Sindacale Promark: nomina di 2 Sindaci effettivi ed 1 supplente".


PRESIDENTE

Sospendiamo momentaneamente la discussione per esaminare rapidamente gli ultimi punti all'ordine del giorno. Il punto sesto ci richiama alle "Nomine"; a questo riguardo propongo al Consiglio di revocare la precedente deliberazione n. 33 - C.R. 8089 del 1 0 / 12 / 19 8 0 relativa a: "Collegio Sindacale Promark: nomina di 2 Sindaci effettivi ed 1 supplente".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Tale proposta di revoca è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.


Argomento: Nomine

Nomina di 5 esperti di cui 2 designati dalla minoranza (art. 9 regionale 30/10/1979, n. 62) per la ricostituzione della Commissione regionale consultiva per i mercati all'ingrosso.


PRESIDENTE

Proseguiamo con la nomina di 5 esperti di cui 2 designati dalla minoranza (art. 9 regionale 30/10/1979, n. 62) per la ricostituzione della Commissione regionale consultiva per i mercati all'ingrosso.
Si distribuiscano le schede per la votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 41 hanno riportato voti: Cucchiarati Franco n. 27 Sandri Claudio n. 27 Di Pietrantonio Matilde n. 27 Savoré Carlo n. 12 Geya Lorenzo n. 10 schede bianche n. 2 Li proclamo eletti.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.


Argomento: Nomine

Nomina di 3 Sindaci effettivi e 2 supplenti nel Collegio Sindacale della Promark.


PRESIDENTE

Passiamo alla nomina di 3 Sindaci effettivi e 2 supplenti nel Collegio Sindacale della Promark.
Si distribuiscano le schede per la votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 41 hanno riportato voti: Sindaci effettivi Pitet Giovanni n. 26 Ferreri Guido n. 27 Bello Giustino n. 11 Sindaci supplenti Arnulfo Francesco n. 25 Cordaro Giancarlo n. 12 schede bianche n. 2 schede nulle n. 1 Li proclamo eletti.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.


Argomento: Nomine

Sostituzione del membro supplente, signor Luigi Gambino, nel Comitato di Controllo sugli atti dei Comuni, sezione decentrata di Asti.


PRESIDENTE

Infine procediamo alla sostituzione del membro supplente, signor Luigi Gambino, nel Comitato di Controllo sugli atti dei Comuni, sezione decentrata di Asti Si distribuiscano le schede per la votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 41 ha riportato voti: Lasagna Luigi n. 28 schede bianche n. 11 schede nulle n. 2 Lo proclamo eletto.
La presente deliberazione é dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Le nomine sono così terminate.


Argomento: Problemi energetici

Dibattito sul problema dell'energia (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sul problema dell'energia.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nell'intervento di stamattina il mio collega di Gruppo, Consigliere Carazzoni, ha individuato nel remoto evento della nazionalizzazione delle industrie elettriche la causa prima dell'attuale crisi energetica in Italia. A mia volta, devo fare una constatazione di fondo e di sfondo dell'odierno dibattito rilevando che l'Italia è l'unico Paese europeo che, di fronte alla crisi energetica, è andato avanti soltanto attraverso disorganici provvedimenti-tampone, senza elaborare né confezionare un piano energetico nazionale: tant'è che a tutt'oggi il programma energetico nazionale deve ancora essere varato.
Inoltre, pur essendo stata emanata una legge avente per titolo: "Norme sulla localizzazione delle centrali elettronucleari", la n. 393 dell'agosto '75, legge in ordine alla quale non mi risulta che sia stato presentato alcun progetto di abrogazione, non si è ancora data attuazione alla legge stessa, mentre in materia di contenimenti energetici e di attuazione concreta delle fonti energetiche rinnovabili alternative, ci troviamo di fronte soltanto ad un disegno di legge (il n. 655/bis) che, peraltro secondo le notizie che ci ha fornito cortesemente l'Assessore Salerno, è già stato approvato dal Senato con alcune consistenti modifiche.
Intervenendo il 20 ottobre 1979, in sede di conferenza regionale sull'energia, avevo avuto modo di mettere in evidenza questo massiccio ritardo del potere esecutivo nel confezionare il piano energetico nazionale, nell'attuare la legge 393 e nell'emanare provvedimenti in materia di contenimenti energetici e di energie alternative.
E ritengo di essere stato nel giusto, nel formulare in allora, circa 15 mesi fa, questi rilievi, in quanto non fui, in quella sede, "vox clamantis in deserto", posto che, argomentazioni e critiche sostanzialmente identiche alle mie vennero esposte da altri partecipanti di quell'importante convegno e in particolare da accreditati tecnici della materia. Ma, a tutt'oggi, la situazione non è nella sostanza cambiata, al di fuori dell'approvazione del disegno, di legge 655/bis, peraltro soltanto da parte del Senato.
Fatta questa premessa di fondo va ora messo in evidenza, per rimanere su un piano di concretezza e di chiarezza di questo dibattito, che vanno tenute distinte la questione delle centrali elettronucleari, dalla questione delle fonti alternative e dei contenimenti energetici.
La prima questione trova la sua presa in considerazione normativa nella legge n. 393 dell'agosto '75, in attuazione della quale, e sia pure molto distanziati nel tempo, sono stati compiuti alcuni adempimenti che non penso possano essere definiti solamente e puramente di carattere burocratico.
Nell'ottobre 1975 il CIPE ha individuato l'insediamento nella Regione Piemonte di una centrale elettronucleare a due gruppi; nell'ottobre 1976 la Giunta ha costituito una Commissione tecnico-scientifica per sviscerare le questioni relative all'insediamento, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti; alla salute dei cittadini: nell'agosto 1977 la Giunta informava il Consiglio di essere in grado (sulla scorta dell'elaborato della Commissione) di individuare due aree di insediamento.
C'è poi una!' pausa di riflessione, e si arriva all'agosto 1978. In questo mese viene costituita l'Intercommissione consiliare sul problema delle centrali nucleari la quale un anno dopo, nel corso di un dibattito del luglio 1979, nelle sue considerazioni conclusive afferma (tra l'altro) che il ritardo con cui si adempie all'obbligo di determinare le aree suscettibili di accogliere le centrali, va inteso non come una colpevole negligenza nell'affrontare la questione (o come un ragionato calcolo per evitare ogni,.e qualsiasi decisione) ma come momento di riflessione e di ricerca delle soluzioni più vantaggiose per la collettività. Sempre in quella sede l'Assessore Rivalta, riprendendo l'argomentazione del Presidente dell'Intercommissione, rilevava e sottolineava che il significato dell'insediamento dell'Intercommissione era quello di dare corso ad un processo di formazione delle decisioni e precisava che questo processo avrebbe preso corpo a partire dal convegno "che dovrà svilupparsi" (e qui si alludeva al convegno che si è sviluppato e si è in concreto tenuto nell'ottobre del 1979).
Da allora, sono passati 17 mesi, e da allora la situazione di stallo relativamente alla legge n. 383 è rimasta tale e quale.
A questo punto è doveroso fare presente che ci troviamo di fronte all'obbligo di provvedere con urgenza agli ulteriori adempimenti di un atto dovuto che consiste nell'attuazione di una lede dello Stato, di cui l'istituzione è destinataria. Tanto più che (come ho già rilevato) nessuna norma di legge e nessun progetto di legge, prevede l'abrogazione di questa legge del 1975.
Ritengo, dunque, di poter condividere quell'affermazione che si lei e nella proposta di ordine del giorno del Gruppo liberale, secondo la quale la Regione dispone di materiale tale da far ritenere conclusa la fase conoscitiva. Quindi, si deve andare avanti per cercare di guadagnare il tempo perduto, ed è quindi necessario provvedere alla concreta individuazione dei siti previamente verificando (attraverso le consultazioni con gli Enti locali interessati, con le popolazioni interessate, con gli enti tecnici e con l'apporto della loro competenza) le cautele doverose da prenderà, ai fini di garantire la sicurezza e la salute delle popolazioni e ai fini di contemperare anche le esigenze della produzione agricola con quelle del nuovo insediamento industriale.
Per quanto concerne la seconda questione (quella cioè relativa ai contenimenti energetici e all'attivazione di fonti alternative rinnovabili) va rilevato che, allo stato attuale della legislazione, le competenze della Regione in materia - questa è, e vuole essere, :una mera constatazione sono estremamente limitate: basti considerare che l'art. 88 del decreto 616 pone una chiara riserva in favore dello Stato per tutto quanto concerne le opere relative alla ricerca e alla coltivazione delle risorse energetiche.
Ma c'è di più: il Governo, con il presentare il progetto di legge n.
655/bis, ha dimostrato di volere rivendicare la materia alla propria competenza.
Ne deriva che, allo stato attuale, i progetti di legge regionale sino ad oggi presentati in materia di contenimenti energetici e quello preannunziato dei Capigruppo della maggioranza, sono suscettibili, se approvati, di essere respinti dal Governo.
Ne deriva ancora che ragioni di opportunità suggeriscono una pausa in ordine all'esame di questi progetti in Commissione, anche perché, stando al testo del disegno di legge n. 655/bis, e alle modifiche subite in sede di approvazione da parte del Senato, l'emananda legge, prevedendo delle deleghe alla Regione e delle competenze legislative attuative della medesima legge nazionale, si presenta con, i connotati di una "legge quadro", nell'ambito della quale andranno inquadrare le leggi regionali in materia. Nel frattempo è, a mio avviso, doveroso non rimanere inerti, in quanto è necessario investire la VII Commissione del mandato di provvedere ad una precisa indagine conoscitiva sulla situazione energetica in Piemonte.
Il materiale raccolto sarà utile e prezioso per realizzare gli adempimenti amministrativi e legislativi che l'emananda legge regionale demanderà alla Regione.
Per quanto riguarda il merito del dibattito ho sostanzialmente finito: desidero però rilevare elle la Giunta, con il Costituire il Comitato misto Regione - Enel, il gruppo misto Regione - Enel - CNEN, con il predispone lo schema di convenzione Enel, e con il fare osservazioni, una parte delle quali risultano accolte in sede di discussione del disegno di legge n.
655/bis, ha, ancora una volta, violato il principio della centralità del Consiglio e la regola doverosa di previamente tenerlo informato dei propri comportamenti; e al riguardo si sarebbe quanto meno potuto tenere al corrente della situazione (se i tempi tecnici non consentivano di riferire al Consiglio) e riferire, quanto meno, alla VII Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

A una forza politica che ha contribuito a provocare questo incontro più che ripetere lezioni di tecnica nucleare magari imparate alla sera tra un film e l'altro, credo s'imponga il compito di ricondurre il Consiglio alle sue responsabilità istituzionali.
La vicenda energetica del Paese e del Piemonte è nota, ma sarà il caso di indicare alcune realtà precise. L'imprenditoria del Paese paga un prezzo superiore, 15 lire al Kwh per l'energia utilizzata nel processo produttivo: questa è la realtà con la quale dobbiamo confrontarci e questa è una delle risposte che il Paese aspetta da noi. Un Paese civilissimo, la Svizzera ricco di acque e di energia idrica, si è dotata di una struttura di produzione energetica nucleare di base ed utilizza la sua ricchezza bianca per vendere l'energia a Paesi, come l'Italia.
Sarebbe opportuno introdurre tra le grandi ragioni della nostra riflessione ,anche questo debito valutario di 600 miliardi annui.
Bisognerebbe anche smitizzare alcune convinzioni. Si sente parlare di risparmio: risparmio vuol dire non spreco e non minor uso. Il cittadino italiano consuma in media la metà dell'energia fruita dal cittadino tedesco e questo minore uso di energia si tradurrà certamente in maggiori costi di produzione o quanto meno in qualità diversa della vita alla quale certamente bisognerà provvedere.
L'altro mito è quello del risparmio inteso come recupero. Il nostro sistema produttivo era fino a qualche anno fa un paleosistema dal punto di vista energetico. Così non è più. Gli ultimi dati dell'80 dicono che lo sviluppo del prodotto è stato del 3,8 in Italia, contro un incremento del consumo di energia del 3,1. Questo vuol dire che quel fenomeno di utilizzazione non razionale dell'energia, così esasperato in passato, si sta riducendo notevolmente e quindi la forbice dei minori Consumi sta chiudendosi abbastanza velocemente. Altrettanto dicasi per il recupero dei ritardi di ottimizzazione dell'uso di energia nell'apparato industriale.
Dopodiché, dovremmo capire di che tipo di realtà stiamo parlando.
Osservavo poco fa un grafico estremamente eloquente. Questo dibattito sull'energia nucleare se sarà attuato il piano energetico nazionale, farà sì che il debito assoluto petrolifero dell'Italia del 1990 sarà esattamente eguale a quello del 1979, recuperando semplicemente il maggior costo del petrolio dal 1979 al 1985. Ciò nonostante rimarremo comunque il Paese a più alta dipendenza dal petrolio, saremo comunque il Paese a più bassa !percentuale nucleare e a più alto costo energetico.
Si tratta semplicemente di "invertire il peso ulteriore del petrolio Sul nostro approvvigionamento e sostituirlo con il nucleare.
Si sono fatti molti altri luoghi comuni su questo argomento. D'accordo le energie rinnovabili non costano come energie, costano però le strutture per la captazione delle energie rinnovabili, gi è parlato del carbone: una centrale al carbone deve avere porti, treni per il trasporto, ferrovie apposite. Probabilmente arriveremo a fare tutto questo quando sul piano internazionale si sarà arrivati alla classificazione del carbone. Questo è lo scenario di fronte al quale ci troviamo. La nostra Regione dispone solo del 50% dell'energia di cui ha bisogno per il mantenimento del suo sviluppo: se poi si riaprisse, come tutti speriamo, l'ipotesi di sviluppo la domanda relativa proporrebbe un'identica richiesta di energia.
Dobbiamo confrontarci con una sede meno simbolica di questa, ma più operativa per capire quale sbocco si vuole dare a questo dibattito. Sul tappeto ci sono tre documenti: uno della Giunta, un ordine del giorno del mio Gruppo e una mozione del Partito Socialista che ritengo valida sino a quando non sarà formalmente ritirata. C'è poi la riflessione del collega Ferro, che ringrazio non tanto perché è l'ubico ad essersi ricordato che all'ordine del giorno c'è anche il nostro materiale, ma soprattutto perch ha fatto delle considerazioni critiche sulla relazione dell'Assessore.
All'Assessorato rimproveriamo fondamentalmente di dimenticare che prima che venisse a fare l'Assessore all'energia c'era un funzionario all'energia che si chiamava Salerno. E' estremamente curioso (ed anche ambizioso) che Salerno dimentichi che siamo alla terza legislatura regionale, che la le e n. 393 è del 1975 e che la Regione di queste cose si è occupata ancor prima di questa folgorazione.
Esiste una realtà, esiste una storia, esistono dei documenti e dei dibattiti, tutti elementi di cui bisogna tenere conto per portare avanti il dibattito. A che punto siamo del dibattito? Non me lo chiedo soltanto per memoria mia o per curiosità storica, ma perché la relazione dell'Assessore oltre ad essere criticabile da questo punto di vista, è estremamente pericolosa nei confronti dei rapporti di correttezza fra le istituzioni tra Stato e Regione, fra Giunta e Consiglio. Su questo si deve riflettere prima di affrontare i contenuti e i rapporti con gli enti esterni.
La relazione dell'Assessore ignora e capovolge come un guanto l'impostazione della maggioranza della passata legislatura in ordine al rispetto delle competenze del Consiglio. Esiste una lettera dell'ex Presidente Viglione che rassegnava al Consiglio la funzione di deliberare sull'individuazione delle aree suscettibili di insediamento nucleare.
Tutto questo non esiste più nell'ipotesi Salerno. L'ipotesi Viglione della seconda legislatura faceva carico alla I Commissione e all'Intercommissione di questa problematica. L'Assessore Salerno del Consiglio e delle Commissioni fa tabula rasa. Che questo sia ormai caratteristica di questa Giunta e specie dell'Assessore l'abbiamo constatato anche in altre situazioni. Personalmente non ne ho fatto un dramma perché invidio all'Assessore gli anni, che gli permettono questi errori: quando avrà la mia età probabilmente non li commetterà più.
Dobbiamo pensare però che questa non sia una dimenticanza delle regole dello Statuto della Regione Piemonte, ma sia un fatto politico preciso. Non a caso il Consigliere Ferro prendendo le distanze dalle funzioni che avrà la Commissione, anticipa che l'istituenda Commissione non si occuperà della centrale nucleare.



SALERNO Gabriele, Assessore all'energia

Nella relazione dico: "Il Comitato dovrà valutare tutti quegli atti già elaborati , nel 1977 dall'apposita Commissione".



MARCHINI Sergio

Il Comitato non il Consiglio.



SALERNO Gabriele, Assessore all'energia

...di cui dovrebbero far parte le forze politiche presenti in Consiglio.



MARCHINI Sergio

Facciamo la storia: siete marxisti, quindi ci insegnate di prendere lezioni dalla storia. Vorrei in primo luogo che la Giunta chiarisse se è vero o se è un'impressione che la cosiddetta centralità del Consiglio ha fatto un passo indietro. Se non è impressione si può rimediare e siamo disponibili a dare un'interpretazione diversa ai documenti conché ne conseguano comportamenti che chiariscano che cosa vuol fare la Giunta.
Questo per quanto attiene ai rapporti tra Consiglio e Giunta.
Esistono poi i problemi tra Regione e Stato. Anche in questo caso lei non ha scoperto niente quando nella sua relazione richiama la necessità che lo Stato sia presente agli incontri con la gente. Se fosse andato a leggersi le relazioni dell'Intercommissione avrebbe visto che si richiedeva perentoriamente la presenza fisica del Ministro nei Comuni.
Il problema vero qual è? E' che, anche a seguito dell'esperienza non felicissima della seconda legislatura, abbiamo difficoltà a individuare lo spazio delle nostre decisioni e nell'ambito dello spazio delle nostre decisioni, assumere comportamenti coerenti. La sua relazione ha portato ad una indicazione operativa che condividiamo, la costituzione della Commissione, la quale sarà di grosso aiuto al Consiglio, alla Commissione alla Giunta, all'Assessore.
Chiediamoci però perché, a distanza di cinque anni, una forza politica continua ad esprimersi nello stesso modo. Il Consigliere Ferro non pone al centro delle sue preoccupazioni la verifica dei livelli di sicurezza, per esempio, la verifica dei parametri adottati nel 1978 dall'apposita Commissione, pone, invece, ed è logico anche se curioso da parte del P.C.I., il problema del consenso. L'Assessore Rivalta molti anni fa si scandalizzava che un Paese democratico ci mettesse tanto tempo a decidere queste cose. Allontaniamoci dal 1978, l'anno immediatamente successivo alle grandi convergenze, e dopo l'allontanamento dal patto sottoscritto dalle forze politiche che si impegnavano alla realizzazione del piano nucleare il problema di dimostrare al Paese capacità di governo e quindi capacità di assumere le conseguenze anche negative del Governo da parte del Partito Comunista, lascia il posto alla necessità di non giocarsi le sue sorti sul piano del consenso. Questo è il problema che c'era cinque anni fa ed è un problema che c'è ancora adesso. C'è un'altra frase di Rivalta che passerà alla storia: "Non possiamo, dopo che diciamo 'no' al referendum radicale subito dopo dire di 'sì' alla centrale nucleare". Dopo che lo stesso Rivalta non si era scandalizzato, quando in Commissione da parte di alcuni Commissari e addirittura del Presidente socialista, si era detto che la Commissione era in grado di deliberare sulla insediabilità o meno delle centrali nucleari nei siti, nel giro di un mese.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Ti riferisci a dei documenti?



MARCHINI Sergio

Si tratta di giudicare la proposta come la conseguenza di tutti i fatti precedenti.
Sono convinto che l'Assessore ha letto tutte queste cose. Sei anche convinto, Rivalta, che non si potrà procedere per vie rettilinee.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Ti riferisci a cose dette che mi sono nuove.



MARCHINI Sergio

Sono agli atti. Evidentemente non ti occupi più di queste case e non rileggi gli atti della Commissione che sono molto chiari. Abbiamo avuto anche la presenza del Vicepresidente Sanlorenzo che nell' Intercommissione ha dato inizio alla controffensiva ai radicali che erano accusati di voler costruire un partito stilla contestazione nucleare. E' poi curioso che la Commissione che è stata nominata dalla Giunta nel 1977 avesse partorito ben due rapporti: uno firmato dal coordinatore (tra l'altro nessuno l'aveva nominato coordinatore) e l'altro firmato dagli esperti. Richiamo questo fatto per dire come questa vicenda sia nata sfortunata per la maggioranza di sinistra che non è neanche riuscita a mettere in piedi una Commissione che per lo meno concludesse i lavori con un unico documento.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Noi le Commissioni le abbiamo sempre nominate senza guardare le tessere dei partiti.



MARCHINI Sergio

Non mi sono permesso di dire queste cose. Probabilmente era un problema di convincimenti tecnici.
Il Presidente Viglione nel trasmettere il materiale al Consiglio esprimeva un giudizio positivo sul lavoro e sulle conclusioni della Commissione e in Commissione ha detto che la Giunta esprimeva, sia pure in linea generale, una valutazione positiva sul fatto che quelle aree fossero suscettibili di insediamento nucleare.
L'Assessore Salerno ci dovrà dire nella replica se lo studio fatto nella seconda legislatura dovrà essere integrato e da che cosa; soprattutto consideri che l'attuale Capogruppo del P.C.I. ebbe a dire in Commissione che la Regione doveva meramente verificare i parametri minimi che attendevano al fattore demografico, al fattore idrico e al fattore morfologico; dopodiché era lo Stato e il Ministero a dover garantire i cittadini. Questo è il quadro istituzionale in cui ci siamo mossi e questo è significativo.
L'Assessore per farci capire verso quale obiettivo ci stiamo muovendo dovrebbe spiegarci che tipo di indagine intende fare la Regione: ripetitiva di quella passata sconfessando il giudizio dato allora sulla suscettibilità di insediamento di centrali nucleari in quelle aree o no? Questa è una risposta che aspettiamo visto che gli atti sono costati alla Regione e ai contribuenti qualche milioncino in parcelle. Ci sono dei punti firmi sui quali ci eravamo attestati; poi è arrivata la tigre radicale, allora ci siamo attestati un po' meno e probabilmente ci siamo intestarditi un po' di più sulle nostre posizioni. Comunque esistono delle relazioni e, per quanto ne so, il regime delle acque non è cambiato da cinque anni a questa parte.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Non è meglio che la Giunta dica qualcosa per il futuro anziché sul passato?



MARCHINI Sergio

Vedremo anche il futuro, ma se queste cose le aveste scritte nella relazione, potremmo anche sapere che cosa pensate del passato visto che non esiste un solo riferimento né dal plinto di vista del merito né dal punto di vista dei rapporti istituzionali tra Stato e Regione e tra Giunta Consiglio e Commissione. Vogliamo sapere dall'Assessore se ritiene di usare il metodo di comportamento utilizzato nella seconda legislatura o se vuole innovare. E' un problema di rapporti tra, Giunta e Consiglio, estraneo tra l'altro, a quello che noi pensiamo che nel merito vada fatto per il futuro.
La maggioranza passata non ha né messo in discussione la deliberazione CIPE che individuava il Piemonte per l'insediamento di una centra l e nucleare né invitato le forze del Consiglio a meditarci sopra, ma si è mossa sull'attenti e ha assolto alle sue funzioni. Non critico con questo la passata legislatura, criticò invece quella attuale.
Che cosa è cambiato? E' cambiata l'acqua del Po? Sicuramente no, i problemi delle risaie sono rimasti quelli che erano, la demografia di.
Trino non è cambiata nel corso di due anni, il pericolo dei terremoti in Piemonte non è né aumentato né diminuito. Sono cambiate altre cose.
Questa iniziativa è conseguenza di un'iniziativa dello Stato o di un'iniziativa della Regione? L'interrogativo, se verrà sciolto nell'uno o nell'altro senso, ci aiuterà a capire dove vuole approdare la proposta dell'Assessore.
Ho la netta impressione che siamo in presenza di un fatto demagogico e che lo Stato, essendosi reso conto che la legge 393 ha un difficile approdo stia andando di bulina e cerchi di arrivare ,allo scopo passando di traverso. Nel cercare di percorrere le scorciatoie mentre la strada diritta sembra quella indicata nel nostro ordine del giorno, vedo ai grossi pericoli. La nostra preoccupazione . è che la Commissione, che condividiamo negli aspetti generali finisca per ridurre la capacità di decisione della Regione.
La nostra impressione è che l'Enel abbia degli orientamenti precisi e questi orientamenti, guarda caso, sono esattamente per quelle località dove i problemi idrici sono più delicati e si dà il caso che quelle stesse località presentino un costo sul piano del consenso molto minore di quello di altre località. Non sono così certo che sia giusta la scelta di sottrarre al Consiglio e alla Commissione e alla Giunta le rispettive responsabilità facendole defilare sullo Stato e l'intervento del Consigliere Ferro esprimeva questa preoccupazione. L'Enel sa di arrivare ad una soluzione che è prefigurata. Nella passata legislatura chiedevamo se era vero che su certi terreni si stavano facendo gli studi dell'Enel che come sapete, sono successivi all'individuazione dell'area.
Non vi chiediamo il salto nel buio, vi chiediamo semplicemente di ripetere quanto la Giunta precedente ha già fatto e chiediamo al Consiglio di assumersi la responsabilità di fare propria la valutazione fatta dalla Giunta nella seconda legislatura: quindi nessun ricatto politico, nessun coltello alla gola. Se si vuole arrivare ad una soluzione unitaria, nel rispetto delle attribuzioni di ognuno, si dovrà accedere alla richiesta operativa fatta dall'Assessore di dotare la Regione di una Commissione politico-tecnica (che io vedrei più tecnica e meno politica proprio perch non si ripeta il fatto ricordato questa mattina che forze politiche che avevano sottoscritto il "documento dei sei" a Roma giuravano in Consiglio fedeltà alla centrale nucleare e nelle consultazioni periferiche non si presentavano per non incontrare il notabile locale preoccupato per le sue coltivazioni o per la sua sicurezza).
Si tratta di non sprecare il lavoro fatto nella seconda legislatura di rimettere in discussione il rapporto tra i diversi livelli istituzionali non ritardando i tempi delle decisioni.
Se i Capigruppo valuteranno la stesura di un documento comune, noi suggeriremmo che la VII Commissione (mi spiace di dover fare il Cicero pro domo sua) individui nel lavoro della seconda legislatura il punto dal quale si ritiene opportuno proseguire valendosi, se lo riterrà opportuno, del Comitato tecnico. La VII Commissione dovrebbe farsi carico della seconda fase ossia del rapporto con le istituzioni locali insieme con il Comitato tecnico. In questo modo i Commissari della VII Commissione dell'Intercommissione verrebbero sgravati dall'onere di dover rispondere ad .obiezioni e richieste di carattere tecnico che li hanno Messi sempre in difficoltà, mentre avrebbero un preciso supporto tecnico nella Commissione suggerita dall'Assessore. Concordiamo in toto sulle funzioni, sugli scopi sulle finalità, sulla composizione della Commissione suggerita dall'Assessore.
Riteniamo che il Consiglio, la Commissione è la Regione nel complesso debbano proseguire, nel rispetto della legge statale 393, nelle loro precise funzioni. Non ignoriamo le preoccupazioni dell'Assessorato, che probabilmente sono anche le preoccupazioni dell'Enel e del CNEN che la strada della legge 393 è difficilmente percorribile. A me pare che le due soluzioni possano proseguire se opportuna mente coordinate. Se ci sarà da parte della maggioranza, della Giunta e delle altre forze politiche questa disponibilità o una soluzione integrata, noi ritireremo il nostro ordine del giorno; in caso contrario chiederemo al Presidente del Consiglio di Metterlo in votazione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Tenuto conto della grande importanza del tema, oggetto della discussione di oggi e considerata l'ora tarda, i Gruppi hanno espresso l'opportunità di rinviare il dibattito ad una prossima seduta, per offrire ad esso ulteriore ed adeguato spazio. La richiesta è accolta ed il dibattito riprenderà nella seduta del 18 marzo 1981.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione relativa a: "Aiuti agli investimenti - Agevolazioni creditizie e contributi in capitale - Determinazione delle misure ai sensi degli artt. 10 e 12 della legge regionale 12/10/1978 n. 63"


PRESIDENTE

Prima di chiudere la seduta vorrei rapidamente esaminare gli ultimi punti all'ordine del giorno.
Passiamo pertanto al punto settimo dell'ordine del giorno che reca: Esame deliberazione relativa a: "Aiuti agli investimenti - Agevolazioni creditizie e contributi in capitale - Determinazione delle misure ai sensi degli artt. 10 e 12 della legge regionale 12/10/1978 n. 63". Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 12/10/1978 n. 63; visto l'art. 10 in base al quale l'esatta misura del contributo regionale negli interessi, riferita ai singoli interventi è stabilita con deliberazione del Consiglio regionale visto altresì l'art. 12 in base al quale le misure massime dei contributi in conto capitale sono stabilite, per ciascuno degli interventi fatte salve le misure già indicate nella legge regionale n. 63 citata, con deliberazione del Consiglio regionale tenuto conto che il citato art. 10 stabilisce che il contributo regionale negli interessi su prestiti e mutui contratti con gli Istituti e gli Enti esercenti il credito agrario deve essere Contenuto entro le seguenti misure massime: 12 % per le zone svantaggiate 9 % per le altre zone tenuto conto che l'art. 12 citato stabilisce che i contributi in capitale, fatte salve le misure già indicate, possono essere concessi in misura non eccedente la somma equivalente all'attualizzazione di un equivalente contributo negli interessi calcolato in rapporto a mutui corrispondenti all'intero ammontare della spesa approvata e considerando una durata ventennale per gli investimenti immobiliari ed una durata decennale per gli investimenti mobiliari tenuto inoltre conto che il tasso di riferimento da praticare Alle operazioni di credito agrario di miglioramento è attualmente pari al 17,25 come fissato dal D.M. 31/12/1980, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.
5 del 7/1/1981 e che in base all'art. 18 della legge 915/1975 n. 153 l'onere a carico del beneficiario non può essere inferiore al 3% , e al 2 limitatamente ai territori depressi, ivi comprese le zone classificate montane a norma delle vigenti leggi vista la deliberazione della Giunta n. 45 del 23/2/1981, di proposta al Consiglio regionale ciò premesso e ritenuto parte integrante e sostanziale della presente deliberazione il Consiglio regionale delibera di fissare ai sensi degli artt. 10, e 12 della legge regionale 12/10/1978 n. 63, la misura delle agevolazioni creditizie e dei contributi in capitale come risulta dalla tabella A) allegata alla presente deliberazione per farne parte integrante e con decorrenza dal 1° gennaio 1981.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione relativa a: "Concessione di garanzia fidejussoria a fronte di un mutuo agrario concesso alla Società agricola 'Agrasti' con sede in Castell'Alfero (Asti), Via Valle Versa n. 2"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora il punto ottavo all'ordine del giorno: Esame deliberazione relativa a: "Concessione di garanzia fidejussoria a fronte di un mutuo agrario concesso alla Società agricola 'Agrasti' con sede in Castell'Alfero (Asti), Via Valle Versa n. 2".
Vi do lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 12/10/1978 A. 63; visto l'art. 11 in base al quale l'Amministrazione regionale può concedere la garanzia fidejussoria tenuto conto che la fidejussione può essere concessa ai coltivatori diretti singoli od associati ed alle cooperative agricole e loro consorzi che non siano in grado di prestare agli Istituti di credito mutuanti adeguate garanzie nei riguardi di opere di particolare rilevanza economica e sociale tenuto conto che in tali casi il provvedimento relativo alla concessione della fidejussione è adottato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta tenuto conto altresì: che la Società agricola 'Agrasti' è stata autorizzata dalla Regione Piemonte, con nulla osta n. 19993 in data 29/1/1980 a contrarre un mutuo agrario dell'importo di L. 320.285.000 assistito dal contributo regionale previsto dall'art. 18, comma primo, punto 3, legge regionale 12/10/1978 n.
63 e successive modificazioni ed integrazioni che la Società agricola 'Agrasti' ha richiesto l'intervento fidejussorio della Regione Piemonte, in conformità della legge regionale 12/10/1978 n. 63 e successive modificazioni ed integrazioni che la Società agricola 'Agrasti, nelle more di una decisione da parte della Regione e per rispettare il periodo di validità del nulla osta ha stipulato l'atto di mutuo con l'Istituto Bancario San Paolo di Torino in data 26/8/1980 che le opere sono qUasi ultimate come risulta dalla fatturazione relativa agli acquisti dei materiali ed installati sul posto che sussistono, a norma del citato art. 11 della legge regionale 12/10/1978 n. 63, i requisiti soggettivi ed oggettivi tali da giustificare l'intervento fidejussorio della Regione Piemonte ancorché l'atto di mutuo sia già stato stipulato vista la deliberazione della Giunta regionale, di proposta al Consiglio n. 234 del 23/2/1981; ciò premesso è ritenuto parte integrante e sostanziale della presente deliberazione il Consiglio regionale delibera a) di concedere la fidejussione ai sensi della legge regionale 12/10/1978 n. 63 e successive Modificazioni ed integrazioni, all'Istituto Bancario San Paolo di Torino a garanzia di un mutuo di L. 320.285.000 stipulato da parte della Società agricola Agrasti' con sede in Castell'Alfero (Asti), per la durata di anni venti, oltre al preammortamento, con decorrenza dalla data di stipulazione del contratto di mutuo.
Con la garanzia di fidejussione di cui sopra e nell'ambito delle disposizioni di cui all'art. 11 della citata legge regionale 63/1978 e successive Modificazioni ed integrazioni, la Regione si obbliga: a considerare valida ed efficace la garanzia fidejussoria indipendentemente da qualsiasi altra garanzia a favore dell'Istituto mutuante in dipendenza del mutuo agrario di cui in premessa ed anche in difetto del ricorso alla garanzia sussidiaria del F.I.G. (Fondo Interbancario di Garanzia) ad iscrivere a bilancio annualmente, per tutta la durata del mutuo una somma pari a L. 25.050.826 calcolata al tasso del 15,70%.
Per la suddetta fidejussione la Regione rinuncia a far valere il disposto dell'art. 1957 C.C.
b) di autorizzare, una volta divenuta esecutiva la deliberazione, di cui al precedente punto a) il Presidente della Giunta regionale a dare attuazione alla deliberazione stessa ed a compiere tutti gli atti per rendere operante la fidejussione.
Alla spesa che eventualmente risultasse a carico della Regione si farà fronte, fino alla concorrenza della somma annua di L. 25.050.826 con lo stanziamento del cap. 3730 del bilancio 1981 (10858) e con gli stanziamenti che saranno iscritti sui corrispondenti capitoli dei bilanci 1982 e successivi.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Trasporti a fune

Ordine del giorno firmato da tutti i Gruppi relativo alla fiscalizzazione oneri sociali e modifiche regime IVA per imprese esercenti trasporto a fune in concessione


PRESIDENTE

Esaminiamo infine l'ordine del giorno firmato da tutti i Gruppi relativo alla fiscalizzazione oneri sociali e modifiche regime IVA per imprese esercenti trasporto a fune in concessione.
Vi do lettura dell'ordine del giorno: "Il Consiglio regionale del Piemonte, considerato che la mancanza di neve nella stagione invernale 1980-1981 ha gravemente pregiudicato l'attività dei centri di turismo invernale dell'arco alpino piemontese e che la Regione è impegnata per evitare che tale evento venga ad incidere negativamente a livello strutturale sulla potenzialità dell'offerta turistica per le future stagioni considerato che il turismo invernale, oltreché indurre benefici effetti in termini economici ed occupazionali nelle zone montane in cui si sviluppa, si configura in Piemonte come settore di esportazione di servizi verso l'estero che contribuisce al riequilibrio della bilancia dei pagamenti e che quindi particolarmente necessario diventa un suo sostegno considerato che in particolare gli impianti di trasporto a fune costituiscono la struttura portante ed indispensabile di tale turismo rilevato pertanto che pare opportuno venga presa adeguatamente in considerazione, soprattutto nell'attuale situazione di difficoltà, la richiesta avanzata dalle imprese esercenti i trasporti a fune di estendere anche a tale settore i provvedimenti di fiscalizzazione degli oneri sociali previsti dalle attuali normative per altri settori e ribaditi come previsione nel piano a medio termine proposto dal Governo, nonché la richiesta di rivedere le norme per l'applicazione dell'IVA del 15 % dal 1 ottobre 1981, sui prezzi dei biglietti di risalita per le sole sciovie parendo più opportuna un'applicazione dell'IVA a tariffa ridotta (pu valere ad esempio riferimento dell'aliquota dell'8 % applicata nel settore ricettivo) sui biglietti di tutti gli impianti.
Il Consiglio regionale fa voti affinché il Governo consideri la possibilità di estendere alle imprese esercenti, trasporti a fune in concessione i provvedimenti di fiscalizzazione degli oneri sociali, nonché di rivedere nel senso indicato in premessa il regime dell'IVA da applicare ai, prezzi dei biglietti degli impianti di risalita".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.
Tutti i punti all'ordine del giorno sono esauriti, quindi comunico che il Consiglio è convocato per i giorni 18 e 19 marzo 1981.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,35)



(La seduta ha termine alle ore 18,35)



< torna indietro