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Dettaglio seduta n.43 del 24/02/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Questioni internazionali

Dichiarazione del Presidente del Consiglio regionale, a nome di tutta l'assemblea, sul tentato golpe in Spagna


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Convoco la conferenza dei Capigruppo per concordare il programma dei lavori odierni in relazione ai fatti successi in Spagna.



(La seduta, sospesa alle ore 9,35 riprende alle ore 10,10)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Signori Consiglieri, i drammatici avvenimenti di Madrid suonano allarme ben al di là dei confini spagnoli.
L'occupazione del Parlamento spagnolo, il tentativo di golpe militare rappresentano una gravissima minaccia per il sistema democratico.
Grande preoccupazione deve suscitare in tutta Europa. La difesa della democrazia spagnola, se riguarda in primo luogo il popolo e le istituzioni spagnole, è compito di tutti noi, anche per i precedenti storici cui la situazione spagnola ci richiama.
Nel 1936 la guerra di Spagna e la fine della democrazia in quel Paese rappresenta una prova generale della guerra in cui il nazismo e il fascismo trascinarono l'Europa.
La vita democratica in Italia e in Europa rappresenta oggi un baluardo contro ogni tentativo golpista.
In questo senso si esprime il Consiglio regionale piemontese.
Per questa ragione le assemblee elettive del Piemonte hanno deciso di riunirsi questa sera alle ore 18 presso la sede del Consiglio regionale per esprimere tutto il peso delle forze politiche, sociali e sindacali del nostro Paese, in difesa della democrazia spagnola.
Occorre creare un clima di grande tensione democratica, senza sottovalutare i segnali di segno autoritario che gli avvenimenti spagnoli rappresentano anche nei confronti di tutta l'Europa.
La giovane democrazia spagnola ha bisogno del sostegno di tutti, un sostegno che siamo ben decisi a non fargli mancare.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Richiesta di convocazione della VII Commissione durante la seduta consiliare


PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Chiedo al Presidente del Consiglio di voler autorizzare la convocazione della VII Commissione durante i lavori del Consiglio regionale. Come Presidente ritengo di dover sottoporre ai Commissari la conclusione della trattativa tra Regione ed Enel che abbiamo appreso dal giornale, sulla quale la Commissione deve fare le sue considerazioni.



PRESIDENTE

D'accordo, valuteremo il momento più opportuno per riunire la VII Commissione. Mi stupisce che la Commissione non ne fosse al corrente.



MARCHINI Sergio

Presenterò le mie dimissioni poi la Commissione prenderà le sue determinazioni.



PRESIDENTE

Non le dia a me le dimissioni.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Prosecuzione del dibattito sul piano auto


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sul piano auto.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Mignone. Ne ha facoltà.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, signori Consiglieri, nel riprendere la discussione in ordine alla proposta di programma finalizzato per il settore auto predisposta dal Governo, credo debbano essere fatte alcune considerazioni propedeutiche, nel senso che la discussione già avviata la scorsa seduta non abbia a registrare delle mere dichiarazioni di intenti od affermazioni di buona volontà, ma indichi proposte precise in ordine al ruolo della Regione e al parere che essa deve esprimere.
Anche da parte del Gruppo socialdemocratico si condivide la comune convinzione che siamo di fronte ad una crisi con aspetti di notevole gravità, in particolare per la nostra Regione, riconoscendo che ad essa hanno contribuito vari fattori che non discendono soltanto dalla crisi energetica, ma da aspetti negativi come il ritardo nella presentazione di nuovi modelli, la scarsità dell'intervento pubblico specie per ciò che attiene all'innovazione e alla riorganizzazione del settore, la caduta di efficienza operativa oltre ad elementi collegati alle incertezze che alcuni hanno palesato in ordine al futuro dell'auto. Oggi, più elegantemente questo aspetto è ricondotto al dibattito sulla cultura industriale. La crisi energetica ha anche comportato una diversa valutazione di ordine culturale. Le incertezze degli anni '70 del settore automobilistico sono nate dal fatto che forze sociali, produttive, politiche hanno dato valutazioni diverse in ordine all'auto come se avesse esaurito una fase all'interno del processo storico di sviluppo industriale.
La crisi si ricollega poi ad una serie di fenomeni sfavorevoli congiunturali di ordine nazionale ed internazionale. Ancora nel 1980 le esportazioni italiane sono cadute di un ulteriore 8 % in corrispondenza dell'aumento del volume delle esportazioni degli altri Paesi industrializzati.
Il fenomeno dell'inflazione non tende a diminuire, anzi, negli ultimi cinque anni ha superato la media europei di oltre 7 punti per anno; per quanto riguarda il settore degli investimenti l'Italia è sotto di almeno 2 punti rispetto alla media europea degli ultimi dodici anni. La crisi del settore automobilistico si è allargata al settore dell'indotto e i riflessi sono notevolissimi specie in Piemonte dove ci sono i sintomi di altre crisi, quali quella della Montedison e del settore alimentare. Anche il settore del vino nel 1980 non ha avuto un andamento favorevole, quindi anche il settore agricolo registra un ulteriore elemento di difficoltà.
A nostro avviso la sfida alla crisi dell'industria automobilistica si gioca sull'innovazione, sulla rapidità di nuove politiche per superare il gap che negli anni passati tra incertezze, mere dichiarazioni di intenti e assistenzialismi pubblici si è venuto creando.
Le aziende italiane debbono una volta per tutte chiarire le loro intenzioni e precisare i progetti che intendono concretizzare di fronte ai lunghi passi compiuti dagli altri produttori.
Riprenderò le indicazioni contenute nella nostra proposta di ordine del giorno sottoposta all'attenzione dei Consiglieri.
A nostro avviso se sviluppo ci sarà, non potrà che non essere conflittuale in rapporto con la produzione europea ed extraeuropea.
Il piano auto, che sollecitammo l'autunno scorso quando discutemmo attorno alla vertenza Fiat, è cruciale per consentirci di guardare con più speranza al futuro del Piemonte. E' un piano auto che, a nostro avviso contiene delle buone indicazioni, anche se è carente dal punto di vista della concretizzazione di politiche da attivare a tempi brevi e dal punto di vista conoscitivo per ciò che riguarda l'indotto. Ci preoccupa il fatto che nella proposta di legge finanziaria, in discussione in questi giorni, è scomparso l'intervento di 1.500 miliardi che era presente nei precedenti decreti e disegni di legge per il rilancio del settore automobilistico finalizzato al settore dell'innovazione tecnologica. Del piano, anche se dobbiamo registrare ritardi ed insufficienze conoscitive, sottolineiamo alcune linee di azione condivisibili quali: l'accelerazione del tasso di innovazione gli investimenti di ristrutturazione e per l'aggiornamento tecnologico gli investimenti nel quadro del riequilibrio territoriale (qui c'è l'aggancio alla programmazione regionale) il potenziamento delle attività di commercializzazione all'estero, la realizzazione del settore componentistico attraverso la concentrazione e gli accordi di collaborazione tecnica tra concorrenti ed imprese della componentistica sviluppo di gruppi integrati di componenti e parti standardizzate.
In questo quadro l'indotto può giocare un ruolo importante ed è su questo punto che si sofferma l'ordine del giorno presentato dal Gruppo socialdemocratico che sottoponiamo alla valutazione del Consiglio nello spirito di giungere, anche attraverso altri contributi, alla determinazione di un ordine del giorno unitario.
Credo non sia corretto tentare di vedere un'alternativa tra lo sviluppo dell'indotto e della componentistica e il settore terminale. L'indotto ha autonome potenzialità che possono essere semplicemente sviluppate oppure r accordate con l'industria automobilistica e non può essere visto come mero compensatore di eventuali cadute dell'industria terminale, anzi, bisogna favorire la collaborazione tecnica tra case automobilistiche, imprese della componentistica e case fornitrici di materiali.
Circa gli strumenti indicati nella proposta di piano auto, a nostro avviso, va data priorità al rifinanziamento collegato alla revisione della legge 675, al sostegno dell'innovazione e delle attività di ricerca che consentono di recuperare i ritardi e di eguagliare le quote che all'estero sono destinate da parte dello Stato a queste finalità. Il sindacato va rapportato in questa battaglia e non va ulteriormente diviso con dichiarazioni che mettono in moto meccanismi che in sostanza fanno riaffiorare il discorso partitico al suo interno.
Nella nostra proposta di ordine del giorno abbiamo sottolineato la necessità della predisposizione di un piano nazionale dei trasporti all'interno del quale siano individuati il ruolo del trasporto privato e di quello pubblico, il miglioramento delle condizioni generali di traffico con provvedimenti che non penalizzino la motorizzazione privata di cui l'automobile rappresenta la quota più rilevante. E' altresì importante dare indicazioni in ordine all'organizzazione della produzione di più marche a livello europeo per conseguire economie di scala e favorire scambi di tecnologie che rafforzino il prodotto dal punto di vista qualitativo al quale è collegato il discorso dell'incentivazione dell'attività di ricerca e di sperimentazione con criteri di assegnazione e forme di controllo che precludano il mero assistenzialismo, oltre alla messa a fuoco degli elementi di interesse comune per le aziende dell'indotto e per la committenza in modo da favorire lo sviluppo coordinato delle rispettive esigenze.
Questo quadro deve anche verificare l'accelerazione della messa in studio e dell'elaborazione della fattibilità per i progetti relativi alle nuove forme di trazione e per l'applicazione dell'elettronica all'automobile.
In questo quadro un ruolo importante spetta alla Regione. Occorre che la Regione si impegni a predisporre le condizioni atte a favorire nell'ambito della programmazione regionale quei processi di riconversione delle attività produttive che possono rendersi necessari al fine di svincolare, nella misura possibile, le attività economiche, in particolare quelle dell'indotto, dalle interdipendenze nel settore della produzione di automobili.
La Regione può e deve fare fino in fondo la sua parte nel dare risposte precise che favoriscano e stimolino la ripresa produttiva ed occupazionale.
Ciò presuppone che sul piano auto sia sentita in modo convinto e completo tale per cui possa svolgere positivamente una parte attiva nell'individuazione delle linee di intervento e nella loro attuazione concreta.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Desidero innanzitutto ringraziare il collega Montefalchesi, nella sua qualità di Presidente della Commissione competente, per l'ampia documentazione che ha voluto far pervenire ai Gruppi relativamente all'argomento all'ordine del giorno.
Il fatto di prendere la parola quando ormai il dibattito è ad uno stadio avanzato, non solo, ma dopo l'incontro con la Commissione parlamentare nel corso del quale molti punti ampiamente sviscerati in quest'aula hanno già ricevuto in sede parlamentare approfondimenti ed attenzioni, mi esime da tutta una serie di premesse e di affrontare il tema alla luce di una situazione in movimento, nel senso già auspicato da questo Consiglio ed auspicato altresì nei numerosi ordini del giorno presentati su questo argomento.
Infatti è stato riconosciuto ché la legge 675 deve essere sottoposta ad un processo modificativo ed aggiuntivo che tenga conto non soltanto della specificità del settore auto ma anche della necessità di renderla operativa attraverso procedure più snelle, meno complesse e meno lente di quelle finora previste.
Inoltre pare accolta la riproposizione di un fondo speciale di innovazione e sviluppo del settore auto (i 1.500 miliardi caduti con la caduta del decretone), il rifinanziamento del fondo IMI per la ricerca applicata. Con la Commissione parlamentare si è discusso anche della componentistica da considerarsi nell'ottica con la quale si guarda alle industrie del prodotto finito, il che comporta, tra l'altro, modifiche alla legge 374 sui consorzi di impresa.
Questi erano infatti i provvedimenti di "cornice" senza i quali non sarebbe stato possibile intraprendere alcun serio discorso di piano.
Se è vero che il settore automobilistico è destinato a restare per tutto il decennio '80 essenziale e trainante per lo sviluppo industriale che però la lievissima crescita della domanda non solo lascia poche speranze per uno sviluppo non conflittuale, anzi, ci consegna la certezza di grandi scontri industriali, che negli anni '80 saranno rilevanti soltanto tre aree, Europa, Stati Uniti, Giappone, con elementi di contesa particolarmente acuti in Europa, che la possibilità di sopravvivenza sui mercati dipenderà dalla capacità di disporre di gomme adeguate (ampie e rispondenti ai nuovi requisiti di consumo e affidabilità) con prezzi competitivi nella valuta del Paese di destinazione, con reti adeguate di vendita, che le tendenze tecnologiche in atto sia nei prodotti che nei processi di produzione dimostrano l'indispensabilità di una comprimarietà dell'industria componentistica; se tutte queste premesse sono reali, appare quanto meno singolare come un documento governativo su un argomento prioritario e condizionante per tutta l'economia italiana non abbia saputo indicare né tempi, né priorità, né orientamenti precisi.
E questo è un primo ordine di valutazioni elle vengono date relativamente al piano finalizzato.
Un secondo ordine di valutazioni va sviluppato sull'articolazione della parte propositiva del programma finalizzato, che sembra debba essere più calibrata sulla specificità dei problemi dei due grandi costruttori italiani, Fiat e Alfa Romeo.
Cominciando a parlare della Fiat non si può non rilevare che l'analisi del documento governativo ci consegna - come è in effetti - l'immagine di una presenza sui mercati ancora valida e di risorse imprenditoriali e tecniche capaci di una ripresa e un rilancio.
I problemi della Fiat appaiono generati da un lato dalla scarsa produttività ed eccessiva rigidità di fabbrica e da un altro lato dalla lentezza di introduzione sul mercato di nuovi prodotti, oggi evidente in particolare sulla fascia medio-alta (prodotti sostitutivi della 131 e della 132) e sulla fascia medio-bassa (prodotti sostitutivi della 128) della linea.
Sul primo ordine di punti di debolezza (produttività, costi e rigidità della manodopera) il programma finalizzato si limita ad auspicare una rapida approvazione dell'iter legislativo del disegno di legge n. 760 e l'introduzione di controlli pubblici per ridurre l'assenteismo. Ci sembra che un documento nazionale di programmazione non possa esimersi dall'indicare e proporre - anche alle forze sindacali - gli obiettivi da realizzare in termini di recuperi di produttività della forza lavoro rispetto alle aziende europee con cui è logico confrontare la Fiat; e dal sottolineare che questi obiettivi pur essendo legati ai normali processi di contrattazione tra le parti sociali, debbano valere come punti di riferimento, o "linee guida" non solo per le parti ma anche per gli organi della pubblica amministrazione destinati ad entrare - con funzioni di mediazione - nelle future vertenze. Il problema del recupero di margini di produttività del lavoro - nel quadro della competizione internazionale così accuratamente descritta - deve investire le responsabilità di tutti i centri decisionali e deve trovare, nel documento di piano, una più precisa e puntuale indicazione di obiettivi.
Per quanto riguarda l'introduzione di nuovi prodotti e l'adeguamento di tutta la linea alle caratteristiche di consumo, inquinamento, rumorosità adottate a livello comunitario il programma propone incentivo e sostegno pubblico attraverso l'istituzione di un fondo analogo a quello decaduto con il D.L. 503. Su questo punto va ribadita l'importanza e l'assoluta necessità di una decisione, finalizzata a finanziare - se necessario anche investimenti commerciali. Ma va pure proposto un livello di obiettivi (sui tipi di modelli da sviluppare, i tempi di realizzazione, le quote di mercato da raggiungere, i mercati su cui applicarsi con azioni particolari) che in qualche modo costituisca un metro di valutazione per gli organismi che riceveranno il compito di istruire e valutare le richieste di finanziamento. La Fiat ha bisogno non tanto di incentivi generici, ma di incentivi finalizzati a stimolare risposte in termini di scelte di prodotto, politiche di mercato, tempi di allestimento dei nuovi prodotti.
Il programma finalizzato, senza pretendere di entrare nell'area di valutazione e decisione che va lasciata all'impegno imprenditoriale, deve dunque indicare ordini di priorità (riferiti ai più evidenti punti di debolezza), obiettivi un po' più definiti del generico recupero di quote di mercato, deve proporre strumenti di valutazione dei piani aziendali più legati alla specificità del settore automobilistico e del problema dell'innovazione di prodotto di quanto è ad esempio indicato al primo comma dell'art. 6 della legge 675.
Il discorso relativo all'Alfa Romeo richiede anch'esso ulteriori elementi di approfondimento. Valgono per l'Alfa molte delle considerazioni di quadro e di obiettivo fatte per la Fiat. Ma l'Alfa Romeo ha una specificità in più: la decisione strategica di entrare nel settore delle cilindrate medio-basse si è rivelata un errore per l'impossibilità di arrivare a dimensioni minime efficienti di produzione. La situazione oggi poi è resa ancor più grave dalla sensazione che al problema di raggiungere dimensioni minime economiche di produzione si aggiunge la necessità di pensare - in questa fascia - anche ad un rinnovo di modelli. Le preoccupazioni sono accresciute dal fatto che i programmi aziendali presentati recentemente agli organi governativi hanno messo in luce come malgrado l'accordo con la Nissan - l'azienda non riesce ad indicare un traguardo temporale al di là del quale si possa considerare risolto il problema dell'economicità di gestione dell'Alfa Sud. Sicché un documento di piano nazionale ci sembra non possa prescindere dall'indicare l'esigenza di un piano per l'azienda che veda concorso di volontà politiche e imprenditoriali per: colmare i divari di produttività del lavoro oggi esistenti tra l'Alfa Sud e le aziende concorrenti risolvere il problema del divario di costi con la concorrenza attribuibile a deficienza di dimensione di produzione con nuove soluzioni strutturali nelle uniche due direzioni possibili: tentativi di aumento di quote di mercato e/o accordi con altri costruttori italiani o europei.
Il documento poi non ha inquadrato nelle proporzioni e con le correlazioni dovute il problema della componentistica e quindi constatare che il Governo ha già riconosciuto la necessità di prestare maggiore attenzione al settore della componentistica è certamente un passo avanti.
Credo, anzi, che lo scopo di questo nostro dibattito al di là di far constare ed apprezzare la posizione di questo Consiglio sul piano finalizzato avesse e debba avere soprattutto l'obiettivo di portare l'attenzione sugli aspetti dell'indotto e della componentistica e in questo senso si muovono le mozioni presentate, innanzitutto quella del Partito Socialista e successivamente le altre che sono intervenute su questo argomento.
Per comprendere appieno i problemi che oggi in Piemonte si stanno creando in questo settore, occorre considerare che gli acquisti esterni dell'industria italiana rappresentano orientativamente il 60 % del costo del prodotto; tale percentuale comprende per il 50 % la componentistica che com'è noto può essere semplice, complessa o sofisticata nel caso riguardi l'intero equipaggiamento. In termini di occupazione si stima sull'indotto diretto un rapporto di i a 1 con l'industria dell'auto. Risulta evidente che la componentistica gioca un ruolo determinante di sostegno allo sviluppo stesso dell'industria dell'auto in termini di prezzo - qualità innovazione e servizio. Da questo dato di fatto sono motivati gli investimenti ingenti fatti anche dalla Fiat nel settore dell'indotto e da questo deriva la forte interdipendenza. Questa forza interdipendente finisce per condizionare o per lo meno per rappresentare un vincolo molto stretto tra l'industria automobilistica e quella produttrice di componenti e questo è un primo dato negativo.
Un secondo dato negativo di difficoltà che va evidenziato è che la componentistica pur avendo realizzato rilevante sforzo di diversificazione sui mercati e prodotti ha fatto registrare negli ultimi anni un'elevata frantumazione. Se si considera l'industria componentistica torinese, essa appare molto variegata e soprattutto si nota una scarsa presenza di industrie medio e medio-grandi.
Un terzo dato che contribuisce a creare difficoltà a questo settore rispetto al quadro nel quale si muove la nostra industria delle componenti soprattutto rispetto alle industrie europee, è che la nostra industria ha minore risorse per la ricerca e sviluppo. Inoltre le strutture organizzative e di programmazione e controllo dei prezzi e di qualità integrati, non sono ancora operanti, cosa questa che rende più complessa a molte industrie nazionali inserirsi sul mercato europeo.
A questi problemi di produzione di mercato si aggiungono quelli finanziari che vanno dal credito a breve termine agli investimenti, ancora aggravati dopo le misure finanziarie dei giorni scorsi. Nella migliore delle ipotesi, poi, quando il finanziamento è accordato, esistono altri problemi di tempi lunghi quando non lunghissimi per avere la disponibilità del credito. Pare che per ottenere un finanziamento dall'IMI occorrano mediamente 24 mesi. Ne consegue che i costi di una ricerca, per esempio vengono sopportati interamente prima che il finanziamento sia arrivato.
Se è vero che la battaglia che si sta combattendo nel mondo intero attorno al mercato dell'auto, si gioca sul piano della produzione di autovetture, non sfugge il ruolo importante che in questa battaglia ha la componentistica. Ecco perché il nostro esame del piano auto ha tenuto conto anche di questi aspetti e su questo terreno è importante approfondire il discorso proprio perché il documento governativo ne accenna genericamente non tenendo conto dell'importanza strategica di questo settore, pur proponendo qualche linea di azione al riguardo: concentrazione, accordi sviluppi di gruppi integrati che tuttavia sembrano tenersi troppo alla superficie dei problemi che non toccano le condizioni strutturali del settore, che evitano il nodo fra industria costruttrice di prodotti finiti e industria produttrice di componenti, il che non stupisce anche perch probabilmente com'è già stato detto in occasione di una delle consultazioni, questo problema di crisi della componentistica dell'indotto pare sia problema essenzialmente piemontese, in quanto in altre Regioni non si lamentano delle grosse difficoltà riferite a questo settore particolare dell'indotto e della componentistica.
Su questo terreno noi riteniamo che sia importante approfondire il discorso.
Se, vero com'è vero che la finalità fondamentale è quella di mantenere o aumentare i livelli occupazionali e migliorare la bilancia commerciale non c'è dubbio che l'attenzione maggiore va dedicata anche a questo settore.
Perché questo è il settore che condiziona anche il costo, la qualità e l'affidabilità del prodotto finale. Perché, è il settore attraverso il quale si può organizzare un "sistema integrato" capace di dare un volto nuovo, più agile, snello e competitivo ad una grande industria finale di progetto assemblaggio e commercializzazione. Perché è il settore dove più vivace e forte sarà la spinta concorrenziale nei prossimi anni. Oggi si sta svolgendo il conflitto tra le grandi aziende produttrici di prodotti finiti, ma nel giro di qualche anno il conflitto si sposterà nel settore della componentistica nel quale lo scambio internazionale è ancora limitato: le industrie europee acquistano mediamente all'estero il 20-25 dei componenti, l'industria italiana circa il 10% (e questo soprattutto perché ha caratteristiche di acquisto che corrispondono meno alle caratteristiche del mercato estero della fornitura). Nei prossimi anni assisteremo a fenomeni sicuramente più intensi di concorrenza internazionale con gravi pericoli per la nostra componentistica. Questa è competitiva prevalentemente nel settore dei componenti semplici ma tende ad essere emarginata dal settore dei componenti e sistemi complessi. Sicché i rischi strategici sono alti, tenuto conto che questo è il settore dove è maggiore l'occupazione (circa 350.000 addetti, 2.500 industrie di cui la metà in Piemonte), maggiore il valore aggiuntivo ed è un settore che per ora ci garantisce un saldo attivo nella bilancia commerciale. Perdere posizioni in questo settore può voler dire veder ridotta la nostra industria automobilistica assemblatrice ad industria di prodotti stranieri e la nostra componentistica al ruolo di produttrice di parti a bassissimo valore aggiunto.
Naturalmente questo non significa voler assegnare un ruolo secondario ai problemi della grande industria costruttrice di prodotto. I programmi di rinnovamento della gamma di prodotti Fiat, Alfa Romeo, Nuova Innocenti vanno sostenuti, perché vitali anche per la componentistica: solo quando il mercato interno è vivo si può pensare di costruire una politica di espansione all'estero. Ma non si può pensare che miglioramenti nelle prospettive dell'occupazione o della bilancia dei pagamenti possano venire dal prodotto finito. Nel quadro internazionale che ci è stato descritto possiamo puntare a superare un livello di auto prodotte di 7.500.000 unità all'anno, ma non possiamo sperare di andare molto oltre. Quello che possiamo sperare - e che dobbiamo volere come grande obiettivo nazionale è quello di sfruttare il know-how italiano nel campo meccanico elettromeccanico ed elettronico per conquistare quote di mercato consistenti nel settore dei componenti complessi, di puntare in questo settore a volumi di produzione nettamente più alti di quelli garantiti dall'industria nazionale.
Quest'area, essendo quella ad alto valore aggiunto, può permettere di compensare con il valore dell'innovazione e dell'inventiva gli handicap tipici del nostro Paese sul piano della produttività aziendale e di sistema e di riversare i vantaggi di economie di scala anche sull'industria assemblatrice. Tra l'altro il settore richiede investimenti per addetto più bassi dell'industria di prodotto finale e può permettere più agevolmente una politica di localizzazione nel sud.
Se si conviene su questa logica si arriva immediatamente ad un secondo ordine di nodi che riguarda la condizione strutturale della nostra industria componentistica.
Dobbiamo fare riferimento a tre livelli di industria di componenti. Il primo è quello delle aziende fornitrici di componenti - sistemi complessi tipo sistemi frenanti, apparati d'iniezione, propulsori, cambi sospensioni, ecc, che possiedono know-how e dialogano con l'industria costruttrice dell'auto. Il secondo livello è quello delle industrie produttrici di componenti completi - gruppi che però non assolvono a funzioni complesse quali quelle del primo livello. C'è poi l'industria che fornisce pezzi semplici di vario tipo.
In Italia registriamo la quasi totale assenza di industrie del primo livello, una presenza contenuta di aziende del secondo livello e una molto ampia e diffusa di aziende del terzo livello.
E' evidente che uno sforzo di innovazione non può che passare attraverso aziende del primo livello, capaci di agire come centri di ricerca e sviluppo di know-how e come capi commessa rispetto ai livelli inferiori. Viceversa qualsiasi politica di finanziamento all'innovazione che non abbia come riferimento questo primo livello di aziende rischia di essere del tutto improduttiva.
Il primo obiettivo da raggiungere è quello della creazione di un numero adeguato di punti di riferimento del primo livello. E questo si pu raggiungere per due strade: spingendo da un lato un certo numero di aziende di secondo livello a cooperare e consorziarsi su progetti di ricerca e sviluppo comune e premendo dall'altro lato sulla grande industria costruttrice perché porti a termine un rapido processo di "deverticalizzazione" e di creazione nel settore della componentistica di centri di profitto autonomi, diversificati ed orientati al mercato internazionale.
La Fiat e, in una certa misura, l'Alfa Romeo sono ancora industrie a forte integrazione. La Fiat, in particolare, ha dato vita ad un gruppo componenti in buona parte però acquisito dall'esterno nel quale esistono alcune produzioni di alto valore aggiunto e di alto interesse tecnologico e molte di scarso valore strategico che potrebbero essere utilmente trasferite ad aziende componentistiche esterne di secondo e terzo livello per dare spazio a sforzi intensivi su prodotti di maggior pregio e di maggiore importanza strategica. In realtà la Fiat ha ancora concentrate all'interno del Gruppo Auto grati parte della componentistica "nobile": la produzione di motori, cambi, differenziali, apparati di frenatura, ecc.
(quasi tutti - tranne i motori - costruiti su licenze straniere con pesanti incidenze sulla bilancia dei pagamenti). Un programma di ristrutturazione della Fiat, con creazione di centri di profitto autonomi, responsabilizzati su specifiche aree tecnologiche è di interesse non solo aziendale ma anche nazionale: come ho già detto solo dall'interazione tra portatori di know how tecnologico, slegati dalle logiche di integrazione - aziendale orientati al mercato ed aziende componentistiche di secondo livello possono nascere programmi innovativi e condizioni di recupero tecnologico per il nostro Paese.
Quanto detto se da un lato mette in evidenza e ribadisce l'importanza di questo settore, dall'altro vuole mettere in evidenza che questo settore non risolverà i suoi problemi se il sistema industriale non consentirà delle forme di collaborazione ed integrazione che unendo la capacità di programmazione della grande impresa alla capacità produttiva e di innovazione dell'apparato industriale collaterale possano produrre lo sviluppo parallelo di un'industria dell'auto e della componentistica in grado di competere sul mercato internazionale.
Ecco perché mentre è urgente che il piano auto decolli (credo che questo piano sia ormai vecchio) pare che lo stesso Ministro Pandolfi l'abbia definito tale, abbia la disponibilità a breve dei finanziamenti, è importantissimo che la parte più consistente dei finanziamenti sia orientata a programmi di ricerca e di innovazione in grado di coinvolgere anche con contratti di ricerca, l'industria dell'indotto.
Ed ecco per ché è altrettanto importantissimo che a latere del piano auto si provveda a rifinanziare la legge 675 ed il fondo IMI per la ricerca, oltre a riproporre il fondo speciale riservando quote da destinare all'industria media e minore per processi di riconversione ed innovazione nel settore della fornitura all'industria dell'auto.
Queste considerazioni sono quelle che ci devono spingere a chiedere al Governo a tempi brevi un programma aggiuntivo della componentistica e sulle linee di intervento relative e ciò perché questo settore del nostro Paese ha delle opportunità da cogliere, suscettibili di benefici effetti sull'occupazione e sulla bilancia dei pagamenti, ma vanno colte in tempi rapidi, sulla base di programmi operativi precisi e soprattutto con determinazione e seria volontà politica.
Credo però che un discorso su questa tematica non possa ritenersi compiuto se non colleghiamo il tema in riferimento anche ai governi locali per domandarci che cosa la Regione, come Ente istituzionale di Governo possa concretamente fare per intervenire sui fenomeni che abbiamo preso in considerazione nel corsa di questo lungo dibattito.
Questo richiamo alla nostra responsabilità ripropone la carenza ancora attuale del secondo piano di sviluppo che con i suoi interventi potrebbe eliminare quelle diseconomie esterne al sistema industriale che tuttora insistono e che pesano sul sistema stesso (infrastrutture, dei trasporti e del disinquinamento). Altro aspetto sul quale continuiamo ad essere carenti è quello legato alla formazione professionale che va finalizzata e non generalizzata. Poco fa il Consigliere Alasia mi diceva che non dipende solo da noi ma anche dalle aziende. Noi siamo d'accordo sull'iniziativa che ha preso la Regione relativamente a questo tipo di formazione professionale generalizzata per il recupero della scuola, ma ci riferiamo più in particolare alla formazione professionale che sia in grado di cogliere le esigenze del recupero o della riqualificazione professionale e quelle del mercato del lavoro così come ci sembra orinai irrinunciabile avviare in termini concreti ed immediati quella gestione degli investimenti pubblici in grado di concorrere - al superamento della fase transitoria di crisi occupazionale.
A monte rimane il problema di definire in forma stabile meccanismi di programmazione della domanda pubblica in grado di determinare nuove opportunità di attività produttive.
Questo è quanto il Partito Repubblicano ha ritenuto di comunicare a questo Consiglio e che ha tra l'altro sintetizzato in una proposta di ordine del giorno che sottoponiamo alla cortese attenzione dei signori Consiglieri regionali, nell'auspicio che le premesse di questo ordine del giorno, il suo contenuto ed i suoi impegni - possano essere condivisi e sottoscritti dall'intero Consiglio. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione

Il Capogruppo Viglione, con la presentazione delle nomine del P.S.I. ha introdotto la tematica della crisi dell'auto e il Consiglio discute questi temi proprio nel momento in cui il piano auto è tornato, dopo un periodo di vita più o meno clandestina, all'attenzione delle forze politiche e del Governo.
Del piano auto si è valutata positivamente la parte in cui si fa una diagnosi delle caratteristiche del settore e della crisi mentre si sono criticate, con motivazioni in buona parte condivisibili, le proposte operative. Si è detto che è un piano meramente difensivo a profilo basso rispetto al documento Prodi, si è detto che, pur puntando sull'innovazione come momento centrale per una strategia che consenta di uscire dalla crisi ha delle innovazioni limitate riducibile al semplice restyling, si è detto che ha un'attenzione insufficiente ai problemi della politica europea dell'auto, che ha un'insufficiente elaborazione della politica per la componentistica e che è privo di indicazioni finanziarie e di strumenti. In effetti credo che le critiche siano in larga parte fondate e che sia opportuno che le Regioni facciano uno sforzo per cercare di recuperare al piano auto il massimo dei contenuti positivi e per accompagnare la diagnosi con l'indicazione di possibili misure di intervento.
Fatte queste premesse, vorrei allargare il discorso per svolgere alcune valutazioni al di là del problema del piano auto e rimettere in discussione le caratteristiche della politica industriale. Ogni volta che discutiamo di politica industriale ci troviamo a fare i conti con problemi che è inutile che tentiamo di esorcizzare. Ho già espresso le mie opinioni su questo anche se a volte ho scandalizzato compagni ed amici. Sono convinto che nella politica industriale del nostro Paese lo strumento del piano di settore si stia rivelando sempre più inadeguato: figlio gracile della legge 675, peraltro confusa, sta a metà tra le velleità dirigiste e il sistema assistenziale e si rileva sempre di più incapace di offrire indicazioni operative concrete. Il piano di settore si è sempre rivelato un buon documento di analisi e di conoscenza, ma privo di denti per mordere nella realtà, incapace di offrire indicazioni di politica industriale, sganciato dagli altri strumenti di politica industriale: dall'iniziale impostazione che pensava di fare del piano uno strumento innovativo di programmazione il piano di settore è slittato verso i tradizionali sistemi assistenziali o clientelari, è diventato un'aggregazione statistica a maglie troppo larghe per consentire delle politiche industriali specifiche, quasi un requisito giuridico per poter erogare a metà del sistema- industriale e poter negare all'altra metà sussidi, premi ed incentivi. C'è stata la corsa ad allargare l'ambito dei piani di settore per poter allargare quello delle industrie potenzialmente assistibili con il denaro pubblico togliendo efficacia ad uno strumento che avrebbe dovuto essere selettivo che invece è diventato una specie di passaporto per poter entrare attraverso tutti gli ambulacri dell'incentivo finanziario. A questo ha contribuito la mancata attuazione di quella parte della legge 675 che si ricollega agli strumenti legislativi che non sono stati realizzati.
Quindi, lo strumento era nato per contrastare la politica assistenziale, ma l'astuzia del sistema l'ha invece piegato a questa politica, razionalizzando la politica dei salvataggi e dell'assistenza attraverso "l'imbuto" dei piani di settore.
I termini della politica industriale vanno rimeditati proprio in occasione del piano auto anche perché tale discorso non potrà a lungo rimanere estraneo rispetto al piano triennale che il Governo contemporaneamente manda avanti.
Ciò che è successo in un certo Palazzo, ci fa correre i brividi lungo la schiena: leggendo le vicende di Madrid mi sono chiesto se e quanto sia lontana la Spagna.
Il piano triennale contiene "volutamente" pagine bianche che riguardano la politica industriale, dico "volutamente" perché la sua filosofia vuole che esso sia un contenitore di politica settoriale, uno strumento nel quale i singoli Ministeri devono collocare gli interventi relativi ai settori di competenza.
Ma non c'è solo il piano triennale. Sono in scadenza leggi importanti che riguardano l'industria, la legge 675, la 183 per il Mezzogiorno, il D.P.R. 902. Sta per scadere la legge 787 sulla ristrutturazione finanziaria. E' caduto il decretone 503. Deve essere approvata la legge 760. La quota di trasferimento di risorse pubbliche alle imprese, che in Italia è del 2,50 % circa del prodotto interno lordo è più o meno vicina alla quota degli altri Paesi industriali europei, ma è patologica perch irrazionale ed ambigua perché svincolata dalla fissazione di obiettivi e dal controllo sul raggiungimento degli obiettivi medesimi.
Qui c'è la crisi del sistema del credito agevolato e qui c'è una serie di distorsioni dovute all'artificiosa distinzione introdotta dalla legge 675 tra riconversione e ristrutturazione. Le imprese operanti nel nord hanno dovuto inventare progetti di ristrutturazione attraverso un processo talmente distorto che ha indirizzato il capitale soltanto a patto che non si creassero le condizioni per nuovi posti di lavoro: una visione immobile e pietrificata del sistema industriale che non ha capito che il problema della riconversione produttiva non consiste nel lasciare immobili i livelli occupazionali e le dimensioni delle imprese, ma consiste nel favorire anche l'insediamento di nuove ,imprese al posto delle imprese decotte o che hanno crisi aziendali o crisi strutturali. L'obiettivo di non aumentare i posti di lavoro nelle Regioni del nord è corretto se è fissato al sistema industriale in genere, ma è folle se è fissato a livello della singola impresa.
E' necessaria una politica per l'innovazione. Innovazione significa sostegno alle spese di ricerca e sviluppo, significa sostegno al trasferimento e all'introduzione di nuove tecnologie, significa commesse pubbliche. Significa avere norme semplificatrici dei processi, di erogazione dei contributi per favorire l'attività di ricerca applicata e soprattutto l'attività di trasferimento dei dati sull'innovazione tecnologica alle piccole e medie imprese che sono continuamente sfavorite dai meccanismi con i quali viene finanziata la ricerca. Innovazione significa introduzione di procedure alternative alla politica assistenziale e ai contributi a pioggia, per esempio, il sistema dei contratti di sviluppo che la pubblica amministrazione può fare con imprese o con gruppi di imprese, con interventi agevolativi specifici, fondati su criteri selettivi, con priorità a progetti definiti nelle loro cadenze temporali negli obiettivi. Qui, secondo me, si salda il discorso della politica industriale generale e della politica di settore dell'auto. Un discorso di innovazione di questo tipo potrebbe riguardare la Fiat e il sistema dell'indotto, la Fiat e la componentistica, i grandi progetti di innovazione nei quali siano coinvolte le grandi imprese leader e le imprese che lavorano allo stesso prodotto finale. Gli incentivi che dati alla singola impresa non avrebbero senso, dati invece ad un progetto integrato complessivo di un grappolo di imprese hanno senso.
Questi progetti non dovrebbero riguardare solo la materia della ricerca e dello sviluppo finanziata con il fondo IMI e con risorse ad hoc, ma dovrebbero riguardare quelle spese che stanno a monte e a valle delle ricerche fino alla verifica del successo commerciale è produttivo del prodotto.
La politica dell'innovazione deve tener conto della concreta erogazione dei contributi: non è possibile andare avanti con tempi incerti, procedure discontinue, istruttorie centralizzate. Il rifiuto del ruolo regionale nella fase di istruttoria dei progetti delle aziende si traduce in macchinosità, in lentezza, in indeterminatezze continue quando proprio l'innovazione richiede tempi certi e temi rapidissimi. Quando le imprese aspettano due anni nell'incertezza se un progetto sarà o non sarà finanziato o lo attuano con propri mezzi oppure non lo attua no più, in ogni caso, l'incentivo all'innovazione è finito perché un'innovazione matura oggi, tra due anni non avrà più senso. Può essere abbandonato per questo tipo di intervento il sistema del contributo a fondo perduto. Ieri abbiamo letto che Massacesi e Ghidella hanno chiesto che venga ripristinato il fondo contenuto nel decretone di 1.500 miliardi per l'innovazione proposta giusta e corretta che anche noi facciamo. Non crediamo però che sia riproponibile nelle forme del contributo a fondo perduto così come era nella stesura iniziale, del decretone.
Esistono ipotesi di crediti agevolati rimborsabili sulla base del successo commerciale del prodotto, un processo di royalty vero e proprio come avviene in altri Paesi industriali. Questi quattrini pubblici vengono restituiti fino a sostituire una specie di fondo permanente di rotazione per finanziare i singoli progetti innovativi. In questo modo si risponde ad un'esigenza legittima delle imprese. Si dice che in tutti i Paesi lo Stato finanzia l'innovazione dei gruppi industriali, in Italia si finanzia la sopravvivenza dei gruppi industriali; però non si dice l'altra parte di verità e cioè che per lo più i finanziamenti statali non sono contributi a fondo perduto, ma sono finalizzati al raggiungimento di determinati obiettivi, in molti casi con ritorno del denaro pubblico impiegato e comunque con un controllo ed una pubblicazione dei risultati che si sono ottenuti.
Al di là delle spese di ricerca e sviluppo è possibile estendere i finanziamenti alle spese per ricerche di mercato, alle spese di avviamento in produzione e commercializzazione, per acquisizione di tecnologie dall'estero. Per la piccola impresa l'acquisizione di tecnologie dall'esterno di know-how spesso è l'unico elemento motore. Il fondo speciale per l'innovazione dovrebbe avere la caratteristica di sostegno di grandi programmi di investimento e di spesa inseriti in progetti prescelti e indicati prioritariamente dal CIPI, ossia si dovrebbero finanziare i progetti piuttosto che i settori e le aziende, questa scelta razionale dovrebbe riuscire a far fare un salto di qualità alla politica industriale del Paese.
Il problema dell'indotto è molto complesso, tuttavia può trovare alcune soluzioni nell'ambito di questa complessiva strategia. La componentistica e l'indotto non sono sinonimi come giustamente Alasia richiamava. La componentistica è la produzione delle parti che compongono l'auto e, in senso terminologico, è anche componentistica quella parte di produzione di componenti nobili che sono l'auto stessa (il motore, le sospensioni, i freni sono componenti). Non è escluso che queste parti e l'automobile stessa vengano prodotte da altri produttori. L'auto sta diventando sempre più un insieme di sistemi, basato su sottosistemi complessi, i quali a loro volta possono essere prodotti dalla stessa industria o da altre industrie quindi la componentistica sta diventando estremamente sofisticata.
Nella realtà italiana si viene individuando un gruppo di imprese medio grandi (che sono il primo livello della componentistica e dell'indotto) che sono strettamente integrate con l'azienda produttrice del bene terminale che hanno funzioni miste di progettazione, che spesso assumono il ruolo di capi-commessa rispetto all'indotto secondario; diventano il punto di riferimento delle imprese della sub-fornitura. Vi è poi un arcipelago enorme, indifferenziato, di imprese del secondo livello (sub-fornitura) che sono caratterizzate da diversi livelli dimensionali e da diversi rapporti di dipendenza con l'impresa produttrice del bene terminale, dipendenza per lo più stretta ma che molte volte è mediata nel senso che la produzione è per un fornitore della Fiat.
Qui si colloca la necessità di razionalizzazione che consenta di rendere le produzioni più competitive con quelle di nuovi produttori. Qui è il problema. Quando chiediamo all'industria dell'auto di essere competitiva nel suo insieme, presupponiamo una razionalizzazione dei processi che sono a valle e chiediamo una riduzione di costo in tutte le fasi intermedie.
Le imprese della sub-fornitura ottengono la riduzione o attraverso il lavoro nero a domicilio, oppure attraverso processi di razionalizzazione del raggiungimento di dimensioni ottimali, di capacità di presenza sul mercato. La terza strada può essere quella di chiudere imprese incapaci di stare al passo e sostituirle con altre imprese produttrici di componenti strettamente integrate con il produttore del bene finale.
Questa politica può consentire il raggiungimento di condizioni di maggiore autonomia e indipendenza. E' un problema che riguarda in parte un terzo livello di produttori di componenti: le aziende che producono i pezzi standards e che sono più svincolate dall'unica committenza. Ci possono essere grandi aziende, anche multinazionali o laboratori artigiani che producono pezzi standards, i quali possono avere una rilevante autonomia rispetto al produttore nazionale del bene finale. Queste aziende sono altra cosa rispetto alle aziende della sub-fornitura.
Ecco che allora una politica unica indiscriminata per l'indotto nel suo complesso e per la componentistica nel suo complesso è difficilmente proponibile. Si può individuare una politica articolata con diversi approcci.
Ci sono dei luoghi comuni che devono essere sfatati, uno dei quali è la finta sorpresa con la quale da parte dei grandi produttori di automobili per esempio la Fiat, si viene a considerare criticamente la situazione dell'indotto quasi che non si sia praticata nel passato una politica volta a rendere l'indotto com'è attualmente la segmentazione di commesse, la disponibilità di una miriade di piccole aziende in concorrenza tra loro senza che avessero la forza contrattuale di erigersi come controparte autonoma rispetto all'azienda produttrice del bene finale, la sollecitazione di un'estrema specializzazione per particelle delle componenti e delle sub-componenti. Oggi tutto questo si traduce in un aggravio di costi e la grande azienda deve ammettere di avere le sue responsabilità per il modo in cui l'indotto è venuto storicamente a sedimentarsi nella realtà produttiva del nostro Paese e in particolare della nostra Regione.
Detto questo, sarebbe un errore immaginare che con una ventata volontaristica trasformassimo un indotto con queste caratteristiche in una specie di comparto autonomo e autosufficiente, capace di vendere il suo prodotto sui mercati internazionali prescindendo dal rapporto stretto con il produttore del bene finale. Ci sono due tipi di indotto in grado di produrre anche per i mercati internazionali, l'indotto altamente sofisticato che si muove in stretta simbiosi con il produttore del bene finale e spesso lo anticipa sulle scelte (che possono riguardare altri produttori di automobili), oppure l'indotto che produce il bene standard non solo per l'auto, ma per utilizzatori diversi.
L'insieme dell'indotto resterà strettamente integrato con la produzione dell'automobile, perché non è pensabile che, in un momento di innovazione profonda di strategie complesse e sofisticate attraverso le quali si determina una nuova automobile, l'indotto si modernizzi prescindendo dal prodotto finale al quale fa riferimento.
Il problema è quello di sottrarre le aziende dell'indotto non solo ad una dipendenza progettuale e tecnologica, in certa misura difficile da superare, ma ad una dipendenza economica, in termini di tipologia, di commessa, di rapporti commerciali. Qui si collocano le proposte dei consorzi e degli strumenti attraverso i quali le aziende dell'indotto possono essere organizzate per migliorare il loro rapporto complessivo. La competitività può essere ottenuta o facendo partecipare l'insieme dell'indotto al processo complessivo di miglioramento della qualità del prodotto e quindi della redditività della produzione, oppure semplicemente facendo ricadere sull'indotto il costo della modernizzazione. Non si pu immaginare un indotto come un comparto che può essere vivificato e diventare autonomo né si può cedere alla tentazione di immaginare che la grande azienda produttrice del bene finale possa provvedere per tutti e pu salvare tutti. Le proposte di finanziamenti per progetti che vanno nel senso dell'innovazione possono essere intanto un esempio concreto per coinvolgere le aziende dell'indotto e l'azienda produttrice del bene finale in un progetto di finanziamento complessivo, che non sia assistenziale.
Abbiamo sentito riecheggiare nel dibattito e sulla stampa nazionale il richiamo al mercato e al raffronto tra il mercato e le tentazioni dirigiste.
Non soffro di tentazioni dirigiste e credo che in un confronto corretto di opinioni il richiamo al mercato valga se è inteso come riconoscimento del ruolo che esso ha di indicatore di efficienza, e in questo senso è essenziale e giusto porre al centro dei problemi dell'industria dell'auto la competitività, ma se il richiamo al mercato volesse invece significare come orgogliosamente da qualche parte si fa, il richiamo ad una legittimazione che deriva all'imprenditore dalla sua autosufficienza questo sarebbe inaccettabile e antistorico per c hè l'imprenditore autosufficiente e capace di innovare, di guadagnare e di produrre in modo illimitato garantendo la prosperità e l'avvenire della società non esiste più da molto tempo, semmai è esistito in questo Paese, le stesse tematiche sulle quali ci intratteniamo, i finanziamenti pubblici, la riconversione la politica di formazione professionale, le infrastrutture, le commesse pubbliche stanno a dimostrare che senza il sostegno dell'apparato complessivo dello stato moderno industriale, del sistema in cui viviamo l'imprenditore isolato, autosufficiente, il capitano di impresa orgogliosamente eretto sulla tolda della sua nave non ha possibilità neanche di alzare le vele e di uscire dal porto.
Occorre stabilire un corretto rapporto tra impresa e piano, tra mercato e programmazione. Su questo terreno il potere pubblico deve recuperare e deve fissare i grandi obiettivi. Non credo nei piani di settore, per questo è lo strumento intorno al quale dobbiamo lavorare, vediamo di recuperarlo per quello che è possibile. Nel piano di settore lo Stato deve fissare i grandi obiettivi, deve determinare il finanziamento di progetti collegati a quegli obiettivi, deve controllare l'uso delle risorse. Lo Stato, che pretende di assolvere ruoli esclusivi in materia di credito e di politica industriale, che non lascia che le Regioni o i livelli decentrati di governo abbiano accesso nel santuario del denaro, della politica creditizia, della politica di incentivi, riempie con manciate di migliaia di miliardi i buchi delle aziende a partecipazione statale o quelle private, senza chiedere alcun corrispettivo in termini di finalizzazione degli interventi, di risultati raggiunti, di politica settoriale o aziendale perseguita. Lo Stato non può pretendere di andare a determinare come l'impresa vive la sua realtà gestionale e l'imprenditore deve essere libero di fare il suo mestiere, non concependo il suo mestiere come un'attività segreta. Il rapporto tra piano e mercato si deve collocare nell'impresa capace di fare fino in fondo la sua parte senza inutili vincoli che ne limitino le capacità operative e nello Stato capace di fissare gli obiettivi e di esigerne, nei modi e nei termini che ad esso competono, il perseguimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

La nostra posizione sul programma finalizzato per il settore auto è stata ampiamente esposta dal Consigliere Alasia, non ritornerò quindi nel dettaglio se non per cogliere qualche novità venuta alla luce dopo il dibattito della scorsa settimana. Mi riferisco al primo parere espresso dalle Regioni interessate sulla bozza di piano e al primo incontro con la Commissione parlamentare per la ristrutturazione e la riconversione industriale. Le documentate critiche e le osservazioni svolte da Alasia al documento Barattieri non sono frutto di giudizi di parte né tanto meno di una posizione preconcetta ad un documento governativo. Le nostre posizioni sono invece frutto di un lavoro rigoroso che non è iniziato solo oggi, ma che ha alle spalle due conferenze nazionali.
Svolgerò velocemente quattro brevissime considerazioni.
Condivido le considerazioni fatte dall'Assessore Simonelli e cioè che i piani settoriali, per l'auto, non per la chimica, per la siderurgia devono essere staccati l'uno dall'altro e tornano a riproporre con forza la questione dello sviluppo del Piemonte e di Torino nel contesto nazionale ed europeo.
Anche per questo nella recente assemblea dei comunisti della Fiat, ma nello stesso dibattito sul programma della Giunta regionale ed in quello al Consiglio comunale di Torino, si sono affrontati i temi della crisi economica generale che attraversa il Paese e quella delle grandi imprese.
Sarebbe sbagliato perseguire la politica del carciofo. Purtroppo Alasia, che è stato Assessore, sa cosa significa perseguire in questo campo, in un momento di crisi, la politica del carciofo.
Ecco allora perché il nostro impegno è quello di affrontare i problemi delle grandi imprese e la questione dell'occupazione come problema di portata nazionale, di interesse generale.
Per questo siamo impegnati nell'individuazione di nuovi indirizzi produttivi, di nuove fonti di lavoro, per lo sviluppo e la produttività.
Per questo consideriamo il terziario, la ricerca e l'impegno delle istituzioni culturali li vediamo in funzione dell'industria; per il rilancio dell'industria, perché essa tenga il passo con la sfida tecnologica.
"Sprovincializzarsi" per noi, vuol dire questo: "una cultura industriale che non torni ad appoggiarsi sui vecchi alibi", per ripristinare vecchie compatibilità ormai irraggiungibili: cultura industriale non vuol dire predica moralistica a chi ha già pagato sempre e più di ogni altro, ma progetto strutturale di uso diverso delle risorse, di orientamento e di guida della produzione, di ricerca di nuove e più elevate compatibilità.
Un progetto dunque che partendo dalla crisi oggettiva delle grandi imprese veda gli organi di governo, ad ogni livello (nazionale, regionale locale) cimentarsi, nelle responsabilità che sono loro proprie, nella sfida per introdurre elementi nuovi di quantità e qualità nella produzione, nel lavoro, nella società, nella qualità della vita; sapendo che senza di essi non può esservi né sviluppo né governabilità dell'economia e della società.
Noi ribadiamo che il Piemonte può e deve svolgere una parte importante in un quadro di questa portata: perché nella nostra Regione, a Torino in particolare, sono concentrati larga parte degli insediamenti industriali del Paese; a Torino ed in Piemonte continuano ad essere prodotte parti importanti del reddito; perché qui vi è forse la più alta concentrazione di classe operaia dell'industria di tutta Europa. Per questo diciamo, come discorso che ha radici nell'immediato e guarda alla prospettiva, che se non si innescano a questo livello alto della struttura, industriale italiana i meccanismi di cambiamento e di trasformazione, che sono necessari, non si riesce a cambiare nemmeno nelle altre parti del Paese.
In questi anni, in molti, hanno creduto di poter affermare che la "grande impresa" era già "sostituita" dal "cespuglio", dall'insieme delle "piccole imprese", dall'economia sommersa.
Sono soluzioni e risposte che hanno rivelato tutti i loro limiti e la loro strumentalità: noi rispondiamo che non è pensabile immaginare che il nostro Paese tenga il passo dello sviluppo senza le grandi imprese. Ma non per questo dobbiamo accettare quella sorta di "appelli" volontaristici e semplicistici improntati ad un "pragmatismo" dalle gambe corte, che sono riecheggiati anche dall'interno di settori della sinistra italiana in questi ultimi giorni. Ne cito solo alcuni: "Torino tutto Fiat"; "I problemi di Torino sono solo i problemi della Fiat; tutto il resto, il terziario qualificato, è solo ideologia".
Noi parliamo delle cose, dei fatti e diciamo che una cultura industriale oggi segna la fine di un ruolo abnorme assunto in passato dalla grande impresa e cioè quello del "deus ex machina", di gestore assoluto dello sviluppo.
E dicendo questo, stiamo sempre ai fatti, e non manifestiamo in nessun modo uno spirito punitivo, di rivalsa, come qualcuno vorrebbe lasciare intendere, verso i problemi oggettivi della grande impresa, anzi li poniamo come questioni che non possono essere risolte se non nel contesto di un mutamento profondo delle relazioni industriali, nei rapporti sociali e politici.
Ed è proprio là risposta a questi interrogativi che ci riporta all'esigenza della programmazione, di piani di settore. Qui però mi interessa aprire una brevissima parentesi per dire che è necessario operare con urgenza sui piani di settore, in particolare su quello dell'auto che non c'è ancora.
Ma è necessario che i piani settoriali, per non restare libri dei sogni, vadano rapportati organicamente ad una più complessiva politica industriale, che non punti alla deflazione, allo pseudo galleggiamento sulla crisi, ma guardi invece allo sviluppo, alla crescita, al rilancio produttivo ed economico, a scelte prioritarie precise.
La cura Andreatta, può solo tenere in vita il moribondo, con gravissimi ed inaccettabili sacrifici, che non risolvono il problema, ma anzi lo possono aggravare.
In questo contesto ripeto, ben lungi dal voler insegnare ad altri come si fanno le auto, non possiamo non discutere nelle sedi proprie dei partiti, delle istituzioni, questioni di grande portata generale che tutti hanno qui ricordato: il destino dell'auto; il destino della siderurgia la collocazione dell'Italia nella divisione internazionale ed europea del lavoro, per quanto riguarda questo settore in un'economia a forte integrazione internazionale come è quella del nostro Paese la collocazione territoriale della grande impresa nel contesto generale del Paese la qualità del prodotto rispetto ai "protezionismi" che caratterizzano la vera e propria guerra commerciale che da anni è in atto e rispetto anche alle esigenze di un minor consumo di energia all'inquinamento, ecc.
la produttività in tutti i suoi aspetti e riflessi sull'organizzazione del lavoro, sulla professionalità, sui rapporti sociali il problema dell'occupazione il ruolo stesso dell'"impresa".
Allora mi pare che sia, questa del nostro partito, una discussione che dà prova di responsabilità, verso il Paese ed i suoi interessi generali a partire dalle esigenze poste da centinaia di migliaia di lavoratori.
E' con questa coscienza "nazionale" che abbiamo affrontato ed affrontiamo la questione urgente del "piano auto", qui, in sede di Consiglio regionale, secondo le determinazioni e le conclusioni cui"perverrà la Giunta, unitariamente alle altre Regioni interessate, ed in Parlamento.
Proprio per queste ragioni non può essere vietato - sarebbe una miopia storica oltre che politica - che un partito come il nostro, di fronte a problemi di così grande portata, non si interroghi sulla questione più generale della direzione politica, del blocco sociale e politico che dovrà guidare la ripresa dello sviluppo.
Per queste ragioni guardiamo con molto realismo, per nulla velati dalle semplificazioni ideologiche, ad un problema di così grande portata, e con forte senso di responsabilità, senza presunzioni, ma con la consapevolezza di essere una forza decisiva per la ripresa del Paese.
Anche per quanto riguarda il problema sindacale ci pare di non ledere l'autonomia di nessuno quando poniamo il problema della "democrazia" nel sindacato.
E' un problema su cui una grande forza operaia, com'è il Partito Comunista Italiano, deve pronunciarsi, perché questo problema è sollevato è posto all'ordine del giorno dai lavoratori, dalle esperienze di recenti e durissime lotte.
Lo abbiamo ricordato numerose volte in questo Consiglio, negli ultimi mesi, che per il movimento operaio nel suo complesso, per i partiti della sinistra, per il sindacato, si pongono problemi ed interrogativi nuovi che non possiamo liquidare facilmente proprio perché l'unità del movimento sindacale è una delle "chiavi di volta" dello sviluppo democratico del Paese.
Nella recente assemblea dei comunisti della Fiat abbiamo affrontato questo problema, rispettosi dell'autonomia sindacale, con spirito critico ed autocritico.
Perché dovremmo negare la realtà e sostenere che non vi è nulla da cambiare, da correggere? Intanto per quanto ci riguarda, è poi per promuovere un livello più alto di democrazia sindacale, dentro e fuori la fabbrica.
Le grandi questioni che abbiamo di fronte: l'organizzazione del lavoro i temi della professionalità, quelli inerenti lo stesso "salario" che sono tutti elementi connessi al tipo di sviluppo, potranno essere risolti tanto più agevolmente se si consoliderà la democrazia nel sindacato, se alla discussione su di essa parteciperanno tutti i lavoratori, se essi saranno protagonisti delle decisioni.
Abbiamo espresso uri nostro punto di vista meditato e preciso, non pretendiamo certo di imporre l'egemonia del P.C.I. a chicchessia.
Quando noi avanziamo critiche e proposte, quando ci interroghiamo su questioni così decisive lo facciamo perché non dimentichiamo che attraversiamo un momento in cui un profondo distacco si è prodotto tra le istituzioni e la gente comune e più forti si vanno facendo i corporativismi, i particolarismi che attenuano il senso responsabile degli interessi generali, collettivi. Eppure, è anche in questo momento che più grande si fa la richiesta di partecipazione e nessuno accetta più di essere una pedina in una partita decisa da altri.
Mi si permetta, infine, di sottolineare un'ultima questione: quella che riguarda il rapporto Enti locali, Regione, in primo luogo, con la Fiat.
Ci sono troppe "speculazioni" interessate su questo argomento, da parte della Fiat e da parte di forze politiche e sociali.
Per quanto ci riguarda, come Gruppo comunista non possiamo che ribadire che il confronto, anche in ottemperanza delle leggi, tra Fiat (come qualsiasi altra impresa) e Regione, deve essere improntato alla massima chiarezza ed efficienza nell'interesse generale. Il che non vuoi dire affatto che, come peraltro si è dimostrato correttamente negli anni passati, la Regione, il governo regionale, debba rinunciare a porre in quel confronto gli interessi generali della collettività ed il metodo "statutario" della programmazione.
Ma, più in particolare, rispetto alle questioni aperte e sul tappeto come Gruppo comunista, non possiamo che respingere le valutazioni espresse da taluni esponenti Fiat che hanno liquidato in modo "sprezzante" e superficiale il ruolo delle istituzioni. Non vi è da parte nostra, né da parte della Giunta, alcuna preclusione a trattare e a chiudere le "questioni" che stanno a cuore alla Fiat e alla Regione stessa.
Anzi, se la Fiat non lo ricorda, vogliamo ribadirlo per parte nostra che c'è un governo regionale in carica, operante, c'è un Presidente con i suoi Assessori. Può darsi che il giudizio politico della Fiat su questa Giunta non coincida con i nostri, anzi, è certo, ma non crediamo che sia su questo terreno che debba avvenire il confronto.
Ciò che n on possiamo accettare è il "gioco su tanti tavoli" o peggio ancora quello "sotto banco".
Con la stessa chiarezza diciamo al riguardo che abbiamo piena fiducia in questa Giunta e che essa ci rappresenta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Non possiamo nasconderci che, dietro la definizione del programma finalizzato per l'auto, si celi un forte confronto tra modi alternativi e diversi per fare uscire l'Italia dalla crisi industriale e per individuare nuove possibilità di sviluppo e di ripresa.
La partita non è Costituita dai pur molti miliardi che la 675 e i provvedimenti collegati mettono sul tappeto, ma dal sistema di equilibri che devono legare, nel settore dell'auto (unico settore ad alta concentrazione industriale ancora prevalentemente privato nel nostro Paese) l'intervento pubblico e l'impegno privato.
Dall'autunno scorso si sono assestate tutte le componenti del confronto, superando fatti emotivi e radicalizzazioni frontali. Si è, nei fatti, dimostrato che in un sistema industriale complesso quale quello italiano, con un sistema di garanzie sociali plurime, non vi è spazio per allarmismi da anno mille e che, anche in presenza di una situazione congiunturale fortemente depressa e fortemente influenzata in senso negativo da fatti esogeni alle nostre capacità di intervento, vi è tempo e spazio per una ripresa produttiva, solo che parti sociali, responsabilità politiche e impegno aziendale sappiano svolgere fino in fondo il loro ruolo.
Si è superato l'impatto emotivo di una crisi, che don si era stati capaci di prevedere, e vi sono ora le condizioni per tentare di dare un seguito ad un progetto di politica industriale in un settore che, a differenza di altri, non è affatto decotto, ma è ancora ben vivo e vitale.
Si tratta di un settore che ha difficoltà, ma si tratta di problemi noti e per i quali non sembra impossibile porre rimedio. Si tratta di un settore ancora fortemente radicato all'area privata; si tratta di un settore strettamente collegato alle scelte di politica comunitaria che l'Europa intende svolgere.
Il problema è ora, nel particolare, saldare l'intervento pubblico di stimolo con un pieno recupero delle capacità imprenditoriali. Questo è il compito del programma finalizzato, ma più in generale, si deve essere capaci nella piena responsabilizzazione delle parti sociali e delle forze economiche, di attivare condizioni di scenario che consentano allo sforzo di riqualificazione di trasferirsi in capacità produttiva e di tenuta competitiva.
Diremo più avanti giudizi più in particolare sul programma auto. Una cosa può essere sottolineata. Piace, del programma auto, la convinzione che la partita del rilancio del settore si gioca su due versanti complementari.
Da un lato un progetto di politica industriale che, nel sostegno di parte pubblica, allinei l'Italia alle altre realtà del mondo industriale dall'altra il superamento di alcune distorsioni del sistema italiano (quali il recupero di produttività, il recupero del differenziale di inflazione) senza il quale ogni impegno sarebbe vano.
Se non si vincono entrambe queste battaglie, sarà inutile l'impegno pubblico e privato e saranno inutili i sacrifici chiesti ai lavoratori. A noi sembra che il secondo aspetto (la riflessione su cosa fare per eliminare le distorsioni del sistema italiano) sia troppo assente dalla linea della Giunta.
Ha sicuramente ragione il collega Sanlorenzo quando dichiara (citando peraltro dati di cui non conosciamo la fonte) che i tagli di occupazione ed il recupero di produttività della forza lavoro non sono, da soli sufficienti. E' però necessario riflettere a fondo se una ripresa del settore sia compatibile con il mantenimento di una dinamica salariale anomala rispetto ai partners europei e con un'inflazione con differenziali così marcati da rendere drammatica l'alternativa tra svalutazione e caduta della capacità di esportare.
Scala mobile e inflazione: è un dilemma che ricorda la nota storia dell'uovo e della gallina. Bisogna fare qualcosa se non si vuole che la gallina muoia e l'uovo si rompa. Così è per i ritardi nella normativa per una reale mobilità del lavoro, dando anche per scontato che potranno esservi periodi e settori ove la manodopera eccedente dovrà essere collocata in area di parcheggio più o meno lunga Questa, ove esistano funzionali ammortizzatori sociali, è una delle regole del gioco di una democrazia industriale ed è il prezzo che deve essere pagato se si vuole un'organizzazione produttiva capace di attivare posti di lavoro con funzione economica e non puramente assistenziale.
Il dibattito sul programma finalizzato per il piano auto è anche occasione per dire queste cose.
Entrando più nel merito del programma finalizzato, deve forse essere chiarito, nelle premesse, il taglio del parere richiesto alle Regioni. Le Regioni devono, a nostro avviso, valutare nel programma, la capacità di garantire una gestione corretta dei finanziamenti pubblici, la capacità di conseguire gli obiettivi di rilancio del settore, la capacità, infine, di rispondere in modo adeguato ai problemi occupazionali che si pongono e ai nodi di riequilibrio dello sviluppo che le politiche regionali perseguono.
In altre materie le Regioni è bene che non entrino.
A noi sembra che nel programma debbano essere evitati due gravi pericoli. Il primo che il programma si riduca ad una "finzione scenica" che, come dice il prof. Forte, "sia di alibi all'attribuzione di consistenti finanziamenti senza alcuna garanzia di impegno e di risultati".
Il secondo che il programma divenga invece uno strumento di specificazione delle linee operative, di fatto presupponendo di trasferire negli uffici dei pianificatori responsabilità, orientamenti e scelte sullo sviluppo dei diversi settori.
Noi vogliamo essere molto chiari e fare un'affermazione precisa.
Discutere se il programma debba essere un piano di autoprogrammazione o un piano di programmazione, è un falso problema: il piano auto non pu essere che una cornice esterna di razionalizzazione, che colleghi attività aziendali, attività extra aziendali, quali quelle della domanda pubblica dell'indotto, ecc.
Il settore ricomincerà a tirare se diventerà competitivo il prodotto finito e, in tale ottica, anche la componentistica è sicuramente chiamata ad un grande sforzo, secondo linee ed indirizzi da concordare con le industrie terminali. Non è accettabile un'impostazione del programma che non coinvolga la componentistica in un grande impegno di trasformazione né, d'altro lato, può essere corso il rischio di un sostegno disarticolato alla componentistica, che si muova su linee non coordinate agli sforzi delle case produttrici o, peggio, disegnate a freddo nelle astratte visioni di pianificatori.
Circola una bozza di parere regionale predisposta dall'Emilia Romagna che si ha ragione di ritenere rappresenti la Posizione comunista. In tale impostazione, che è risuonata nelle parole di Alasia e, pur se in modo attutito per le responsabilità di coalizione, di Sanlorenzo (sensibilmente diversa è la linea proposta da Viglione e da Simonelli) vi sono due pericoli da battere. Da un lato una velleità ingenua, di poter disegnare nelle pagine del piano l'assetto di uno sforzo di innovazione e di ricerca che potrà essere costruito solo sul campo; dall'altro, più pericoloso ancora, il disegno politico di non essere disponibili (nei fatti, non nelle parole) ad operare per eliminare le diseconomie esterne e, nel medesimo tempo, operare per disarticolare il settore, isolando le aziende terminali dallo stesso contesto imprenditoriale. E' la "separatezza" che, con felice espressione, Viglione indicava come uno dei nodi rifiutati dai socialisti.
Ma prima di entrare nel merito del rapporto industrie terminali componentistica ed indotto (accettando la giusta distinzione di Alasia) voglio ancora ritornare sulla posizione del prof. Forte. Credo che i due rischi (programma finalizzato come finzione scenica o programma finalizzato come astratto documento per ridisegnare, nel settore, compiti e funzioni) siano probabilmente inevitabili come Scilla e Cariddi. Il metro di paragone sembrano dover essere invece i piani di sviluppo aziendali, supportati da progetti finanziari adeguatamente legati alle capacità produttive delle imprese. E' la fiducia all'impresa che deve prevalere, come diretta responsabile delle risposte del mercato, sulle astrazioni della riqualificazione progettata "in vitro".
Di fatto il piano, nella sua attuale stesura, consente di recuperare con alcuni punti da approfondire, questa logica, senza escludere o penalizzare alcuno.
Al le aziende terminali si devono sicuramente chiedere i piani aziendali (ma questi sono altra cosa e non devono entrare nel programma finalizzato); alle aziende della componentistica o dell'indotto deve essere assicurato, nello stesso spirito, un ampio spazio di recupero.
Bisogna tuttavia sgombrare il campo da alcuni equivoci di fondo. Nelle posizioni delle industrie e della componentistica e dell'indotto e, più spesso ancora, nelle posizioni dei loro improvvisati paladini (gli stessi che nulla fanno per eliminare le distorsioni generali che strozzano l'attività delle piccole e medie aziende) si è portati a coltivare alcuni equivoci.
I mali congiunturali che affliggono componentistica e indotto sono molti: la stretta creditizia, il costo del denaro, le condizioni di pagamento. Bene. Bisogna essere chiari. Con tutte queste cose il piano auto non ha nulla a che spartire. I finanziamenti della 675 e quelli per l'innovazione o i fondi per la ricerca non devono servire a fare costare di meno il denaro o ad assicurare eredito nelle fasi congiunturali più difficili.
La 675 ed i fondi per l'innovazione hanno una funzione di riorganizzazione strutturale e non devono, da tali obiettivi, essere distorti.
Inoltre, nella giusta separazione tra componentistica ed indotto occorre anche chiarire che la componentistica può e deve avere un suo spazio, anche autonomo, purché coordinato, di innovazione e di ricerca all'indotto Servono invece prevalentemente sforzi di articolazione produttiva e di migliore diversificazione della committenza.
E' la logica di una gerarchia di fornitori al settore dell'auto articolata su più livelli, da riorganizzare e da riaccorpare, con interventi, come diceva Simonelli, diversificati in funzione delle condizioni oggettive proprie ad ogni livello, sempre mantenendo distinti i problemi di ordine congiunturale dagli obiettivi strutturali propri al programma finalizzato.
L'azione nel settore della componentistica e dell'indotto sarà tanto più facile quanto maggiore sarà la capacità di dialogo interno e di coordinamento al settore; in questo senso sono Segni di un'attiva disponibilità l'iniziativa assicurata dall'associazione degli industriali per favorire un'integrazione di orientamenti e di programmi tra aziende terminali ed aziende fornitrici ai diversi livelli.
In questo scenario il parere della Regione sul programma finalizzato deve esprimere con chiarezza alcuni punti, senza pretendere di sviluppare indicazioni per le quali la Regione non ha veste giuridica né titoli tecnici. E' necessario ribadire questi punti: il programma finalizzato deve essere fortemente ancorato alle politiche comunitarie, per mettere le nostre aziende in condizioni analoghe a quanto proprio alle aziende dei Paesi partner e concorrenti il programma finalizzato deve individuare e richiedere l'attivazione di provvedimenti complementari, quali i fondi per l'innovazione e la ricerca, le norme per la mobilità del lavoro, il sostegno all'export il programma finalizzato deve essere di stimolo ad un impegno coordinato tra aziende terminali ed aziende fornitrici, affidando al riferimento di mercato il compito di individuare, in modo flessibile, gli indirizzi di investimento il programma finalizzato deve con chiarezza ribadire l'opportunità che gli investimenti interessino le aree ove vi siano strutture produttive e di ricerca operanti ed affidabili, senza inseguire il mito illusorio di operare, in un momento di crisi, per una politica di riequilibrio.
Ma vi è un punto che, a nostro avviso, occorre sottolineare. Bisogna fare in .fretta, perché è errato tenere immobili finanziamenti, mentre le aziende dei Paesi partner nell'Europa e l'intero apparato industriale mondiale nel settore dell'auto da tempo ha avviato, con il sostegno pubblico, rilevanti investimenti di innovazione.
La Regione dovrebbe essere meno tentata da responsabilità generali ed essere, al contrario, impegnata in una concreta azione locale.
Un primo campo può essere il potenziamento degli strumenti di assistenza al credito alle industrie, per concorrere al superamento di una difficile fase congiunturale.
Ma un secondo progetto ci deve vedere impegnati. Tra le tante voci negative nella consultazione, un dato deve fare riflettere. Anche in una fase congiunturale così difficile, permane una forte domanda di personale specializzato. Avviare un progetto globale per la formazione professionale anche senza attendere di poter verificare nei singoli casi di crisi le specifiche esigenze di intervento, è un modo per scommettere sul futuro.
Un Piemonte che sapesse produrre una generazione di lavoratori professionalmente preparati non avrebbe più da temere crisi e difficoltà nel settore industriale.


Argomento: Questioni internazionali

Comunicazione del Presidente del Consiglio regionale sui fatti di Spagna


PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Presidente della Giunta regionale, vorrei dare alcuni aggiornamenti sulla situazione della Spagna.
Dalle cortes di Madrid sono usciti i deputati donne: 32 guardie civili asserragliate nel Parlamento che tengono in ostaggio i deputati si sono spontaneamente arrese, uscendo dal Parlamento.
Si stanno arrendendo anche gli altri militari asserragliati all'interno del Parlamento.
Sono in sciopero tutte le grandi fabbriche della Spagna; in particolare la Seat, l'Olivetti ed i gruppi siderurgici di Barcellona, Madrid.
Unitamente si svolgono manifestazioni di ceti medi, commercianti, impiegati professionisti.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Prosecuzione del dibattito sul piano auto


PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale per le conclusioni sul dibattito del piano auto.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, nel ringraziare gli intervenuti per il grande contributo che hanno dato, pur nella diversità delle opinioni, mi chiedo che cosa ha significato per il Piemonte questo dibattito. Al di sopra della questione specifica del piano auto e dello stesso piano triennale e al di sopra dell'esame dei problemi della grande industria, ha individuato il nodo politico in cui si trova l'economia del Piemonte se al Piemonte vogliamo dare una dimensione europea.
Il problema del Piemonte, per la sua storia e per le sue caratteristiche si identifica nel problema dell'automobile. Prima di addentrarmi sulle questioni specifiche vorrei fare alcuni rilievi di carattere generale senza con questo lasciare credere che voglia essere un costruttore di automobili, ma riferendomi al ruolo che la Regione e le istituzioni hanno avuto nella difficile vicenda Fiat. La vicenda Fiat è una questione dei piemontesi ma è una questione anche nazionale. Vogliamo esprimere alcuni criteri di carattere generale sulla funzione di questa grande azienda e sul modo in cui si deve collocare nell'ottica di un'economia industriale avanzata.
Non v'è dubbio che questo Paese ha bisogno della grande azienda e non vi è dubbio che la grande azienda senza piani vincolistici deve essere soggetta all'impostazione di un piano economico nazionale di cui pu esserne il centro. Siamo contrari all' "irizzazione" dell'azienda Fiat.
Abbiamo vissuto 35 giorni difficili durante la vicenda Fiat e in quei momenti sentivamo di fare una battaglia non nell'interesse di questa o quella parte sociale ma nell'interesse del Piemonte.
Ieri mattina il Questore Giusti, nel porgermi il saluto perché lascia Torino, con mia grande soddisfazione mi ha detto che ricorderà Torino e l'alta opera di conciliazione sociale nel momento in cui il Presidente della Giunta regionale è andato a parlare di fronte ai cancelli della Fiat e che registrerà questo fatto come uno dei dati essenziali sul piano dell'ordine pubblico, cosa estremamente importante e di una dimensione assolutamente ineguagliabile. La crisi dell'auto non ha dimensioni congiunturali. La crisi è strutturale ed investe non soltanto la nostra economia ma tutta l'economia mondiale del settore; per dare un contributo alla soluzione dei nostri problemi dobbiamo avere un'ottica che non pu essere soltanto piemontese, nazionale, europea, ma deve essere mondiale.
Occorre individuare immediatamente alcune scelte delle quali noi possiamo essere portatori. In questo senso si inquadrano le iniziative della Giunta del Piemonte, capofila tra tutte le Regioni del Paese, che ha promosso per venerdì prossimo il convegno sulla crisi dell'auto e sulle soluzioni proposte dalle Regioni e dal Parlamento Europeo.
Quando ci incontrammo a Bruxelles con gli esponenti comunitari del settore abbiamo suggerito alcune iniziative e abbiamo avuto alcune cognizioni e ci siamo sentiti dire che questo settore, se non vuol fare la fine della cantieristica europea, ha bisogno di un collegamento fra i governi nazionali dei Paesi produttori e le industrie produttrici di automobili, ossia è necessaria una forte politica comunitaria che tenga conto degli interessi nazionali e che abbia una dimensione capace di fare argine all'offensiva dei colossi giapponesi e americani. In questo senso ci siamo mossi con umiltà, convinti però di fare il nostro dovere nei riguardi del movimento operaio e degli imprenditori del Piemonte. Abbiamo insistito sul coordinamento delle istituzioni, sulla razionalizzazione del settore (è nato appunto il piano triennale e il piano del settore automobilistico) sull'unificazione delle condizioni di mercato, sull'incentivazione dei programmi di ricerca, sulla concentrazione della componentistica, sulla riconversione e ristrutturazione industriale e sulla collaborazione fra i diversi costruttori.
E' opportuno approvare quanto prima il piano auto: esso formula proposte operative che ci hanno visti critici sul piano dell'innovazione della politica europea di cui ho accennato, della componentistica e delle indicazioni finanziarie che in questo piano non erano previste. Appunto per dare risposta a tutti questi quesiti, abbiamo posto l'accento non tanto sulla critica, sulla positività, quanto sulla proposta realistica che la Regione Piemonte fa in questo settore. Quindi la richiesta più pressante che occorre sottolineare nei confronti del Governo è che delle proposte che il Consiglio regionale se ne fa carico, ne tenga conto con urgenza e faccia immediatamente un'azione operativa in tal senso.
Al di là delle proposte di carattere generale sulle quali si sono soffermati gli Assessori, che cosa può fare la Regione per avviare a soluzione i problemi nell'economia piemontese? Due sono i compiti precisi e concreti: una continua, assidua azione di governo, svolta anche con cocciutaggine in tutte le tensioni sociali, ed un'azione per dare risposta ai problemi energetici del Piemonte, per mettere in atto tutti gli incentivi necessari perché le aziende possano proseguire nei loro piani di intervento. Occorre continuare con assiduità malgrado le difficoltà e le nebulosità dei progetti da parte del Governo e da parte delle aziende, sul piano della formazione professionale.
Vogliamo contribuire in maniera adeguata e puntuale agli investimenti per gli insediamenti necessari alle aziende al di fuori però di schematismi o di tensioni polemiche.
Vogliamo uno sviluppo del settore, non vogliamo uno sviluppo basato sull'assistenzialismo, ma uno sviluppo basato su progetti precisi in cui interagiscono capacità imprenditoriali ed un'attenta azione del movimento operaio.
In ultimo mi soffermo brevemente sui rapporti fra la Regione, in maniera particolare fra la Giunta regionale, e la dirigenza della Fiat.
Vogliamo ripetere che i rapporti devono essere improntati a correttezza e a grande rispetto. Questa Giunta vuole essere la Giunta dei piemontesi, delle aziende, del movimento operaio, vuol rappresentare gli interessi di tutti cercando di dare alla comunità piemontese uno sviluppo armonico. Certo la Giunta regionale non può venire a conoscenza delle decisioni dell'azienda dalla lettura dei giornali, perché questa non è la strada giusta per un corretto e sereno confronto. Tali rapporti vanno riportati su un piano sereno e dignitoso. Alcuni passi in questo senso sono stati fatti dal movimento operaio. Con cocciutaggine perseguiamo la strada che ci porta a sederci al tavolo delle discussioni cercando, cori umiltà ma con coraggio di dare compiutamente il contributo che le istituzioni possono e devono dare.
Siamo interessati perché nell'azienda si sviluppi con serenità il lavoro di ognuno; siamo interessati affinché vi siano rapporti sereni, fra azienda ed organizzazioni sindacali, ma non vogliamo vedere in una concezione manichea i buoni e i cattivi. Siamo anche interessati perché a volte dei falsi o frettolosi amici possono condurre su strade sbagliate: a noi non interessa l'amicizia o la non amicizia, ma ci interessa il rapporto corretto e la serenità del dialogo. Quando i problemi svino posti in questo senso saremo sempre in prima fila.
Ci auguriamo che coi come è tornata la serenità nella fabbrica torni in Piemonte uno sviluppo adeguato dell'economia.



PRESIDENTE

Sul piano auto sono stati presentati quattro ordini del giorno, da parte del Gruppo democristiano, liberale e repubblicano e delle forze di maggioranza. Su di essi chiede di parlare il collega Viglione.



VIGLIONE Aldo

La maggioranza, nello spirito di collaborazione fra tutte le forze politiche, è aperta a ricercare un terreno comune su alcuni punti degli ordini del giorno.



PRESIDENTE

La parola al collega Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Siamo disponibili a verificare la possibilità di un ordine del giorno unitario a condizione però che nello stesso venga evidenziato che il documento è giudicato positivo nell'impostazione generale di progetto quadro e negli obiettivi che si pone.
Non possiamo approvare le linee di comportamento della Giunta perché ha anticipato giudizi che dovevano nascere solo da questo dibattito.
Riteniamo infine che non si possa proporre di inserire entro brevi termini un piano generale dei trasporti; in questo caso la richiesta di approvazione sollecita del piano auto andrebbe invece a tempi lunghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Noi comunisti siamo sempre stati disponibili a valutare le possibilità di incontro. In questo caso però vengono poste delle condizioni, da parte della D.C., che non ci trovano d'accordo né sulla prima né sulla seconda parte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Il mio Gruppo è disponibile a ricercare delle posizioni unitarie, mi sembra però che non sia possibile conciliare le posizioni. Le condizioni che il Vicecapogruppo della D.C. ha posto non hanno i margini per iniziare una discussione e per trovare una soluzione unitaria. Quindi la conciliazione delle due posizioni mi sembra improponibile.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Considerata la ricchezza delle argomentazioni portate in questo dibattito, e che hanno caratterizzato l'intervento di ogni Gruppo, mi pare difficile concentrarle in un solo ordine del giorno.
Ritengo che tutti gli ordini del giorno possano essere messi in votazione, tanto più che questo dibattito non si chiude oggi perché il problema è presente nella comunità e su di esso dovremo ripetutamente intervenire e riproporre le nostre posizioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Insisto nella richiesta di una riunione per addivenire ad un documento possibilmente comune.



PRESIDENTE

Sospendo la seduta per cinque minuti e convoco i Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 12,50 riprende alle ore 13,10)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Poiché i Capigruppo non hanno raggiunto un accordo per un ordine del giorno unitario, passiamo alla votazione di ogni singolo ordine del giorno.
Chiede di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Siamo sinceramente dispiaciuti di dover concludere con una dichiarazione di voto forse anomala un dibattito ricco e qualificato nei contenuti, al quale abbiamo cercato di portare il nostro contributo.
Signor Presidente, ci deve dare atto di aver ricevuto nei giorni scorsi uffa nostra lettera con la quale annunciavamo che, visto quanto successo nella precedente seduta del Consiglio regionale, il Gruppo del M.S.I. si sarebbe rifiutato da ora in avanti di prendere posizioni e di votare su qualsiasi documento che non fosse stato prima consegnato anche alla nostra parte politica.
In questo momento non abbiamo il documento dei partiti di maggioranza né il documento della D.C. né il documento del P.L.I. Pertanto non parteciperemo alla votazione di questi tre documenti.
Abbiamo invece l'ordine del giorno del P.R.I., ricevuto per la cortesia personale della collega Vetrino Nicola, in ordine al quale daremo voto di astensione. Si spendono milioni in fotocopie, si può spendere anche qualche migliaia di lire per distribuire gli ordini del giorno che vengono presentati.



PRESIDENTE

La lettera a cui lei fa cenno sarà portata domani all'esame dell'Ufficio di Presidenza.
La parola al collega Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Chiedo di conoscere i motivi per cui l'ordine del giorno del Gruppo liberale, trasmesso all'Ufficio di Presidenza giovedì scorso, non è stato trasmesso ai Gruppi consiliari.



PRESIDENTE

Mi dicono che non sono stati mandati ai Gruppi.
Vi do ora lettura dell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Brizio, Carletto, Genovese, Villa, Paganelli e Picco: "Il Consiglio regionale del Piemonte esaminando con attenzione in ogni suo aspetto il programma finalizzato per l'industria automobilistica, anche alla luce della particolare rilevanza che lo stesso presenta per l'economia piemontese, dopo ampio dibattito giudica largamente condivisibili: l'impostazione strutturale e metodologica del programma, inteso come provvedimento quadro gli obiettivi del programma indirizzato ad accrescere sensibilmente la competitività del prodotto italiano attraverso: a) il miglioramento della produttività globale b) il miglioramento della relazione costi - prezzi prestazioni delle autovetture italiane c) la razionalizzazione dell'industria componentistica nazionale d) il recupero progressivo delle quote perse dall'industria italiana nel mercato europeo nel periodo 1975-1979 le linee e gli strumenti d'azione ritiene che debbano essere attentamente valutati dal CIPI i contributi e i pareri espressi dal sindacato, dalle aziende interessate, dalla Confederazione generale dell'Industria e dall'API-Torino, e recepiti per quanto coerenti e compatibili con la struttura del programma, con gli accennati obiettivi e strumenti d'azione invita il CIPI ed il Governo ad un'approvazione rapida del programma finalizzato, strumento indispensabile per l'avvio di una politica di intervento a sostegno della produzione automobilistica nazionale invita il Governo a presentare in Parlamento, in tempi brevi, disegni di legge intesi alla realizzazione degli strumenti legislativi indicati dal programma, quali: riforma e rifinanziamento della legge 675, riforma e rifinanziamento del fondo ricerca IMI, costituzione del fondo speciale per l'innovazione del settore auto, e a dotare tali strumenti di stanziamenti finanziari adeguati ad ottenere in tempi brevi gli obiettivi prefissati invita il Parlamento ad una definitiva stesura e ad una rapida approvazione dei provvedimenti contenuti nel disegno di legge 760 Governo e Parlamento a ricercare a livello comunitario europeo gli accordi necessari per una politica di sostegno all'industria dell'automobile, anche attraverso la contrattazione con il Giappone l'investimento al sud tramite il fondo regionale e l'utilizzo delle risorse finanziarie per la mobilità della manodopera impegna infine la Giunta regionale ad esprimere in sede di Commissione interregionale parere conforme alle indicazioni di cui sopra".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con il seguente esito: presenti 51 favorevoli 17 Consiglieri contrari 31 Consiglieri astenuto 1 Consigliere non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Vi do lettura dell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Bastianini, Marchini e Turbiglio: "Il Consiglio regionale del Piemonte presi in esame i problemi generali del settore automobilistico e valutati, in particolare, gli andamenti delle aziende produttrici insediate nell'area piemontese e delle aziende a queste direttamente legate per organizzazione produttiva esprime in primo luogo la propria preoccupazione per il permanente stato di crisi del settore, cui non sembra possibile far fronte, malgrado i positivi segni di impegno e di ripresa manifestati dall'industria produttrice ed il responsabile comportamento delle parti sociali, senza un impegno complesso e coordinato esprime la convinzione che ogni sforzo che potrà essere attuato nel settore, da parte pubblica e privata come da parte aziendale e sindacale, rischia di essere di fatto inefficace ove non si riesca ad operare su alcune distorsioni del "sistema Italia", quale l'anomala crescita del costo del lavoro ed un differenziale d'inflazione che rende il nostro prodotto scarsamente competitivo sui mercati internazionali riafferma che occorre a tempi brevi dare effettivo seguito al programma finalizzato per il settore dell'auto, al fine di attivare l'impegno pubblico non come occasione di assistenzialismo o come premessa per irizzazioni più o meno dichiarate, ma per un recupero tecnologico delle aziende produttrici, secondo indirizzi e metodi da tempo in atto in tutti i Paesi interessati da aziende del settore ritiene che accanto a tale impegno ed in coerenza con gli obiettivi del programma finalizzato, debbano essere varate, a tempi brevi, misure aggiuntive, per il sostegno e la promozione dell'innovazione e dello sviluppo, per il recupero della produttività (attraverso una reale mobilità del lavoro), e per il credito all'export afferma che il rilancio del settore dell'auto richiede una concentrazione degli sforzi dove esistono impianti e strutture produttive, delle industrie terminali, della componentistica e dell'indotto, senza indulgere alla speranza, che si rivelerebbe pericolosamente erronea, di poter saldare una difficile fase di riqualificazione ad una radicale ridistribuzione territoriale afferma che l'efficienza dell'intervento pubblico sarà tanto maggiore quanto più sarà centrato sulla valorizzazione e sul rilancio delle capacità delle aziende produttrici, chiamate a confrontarsi con il mercato internazionale afferma che il recupero e la riqualificazione della componentistica e dell'indotto richiedono una riorganizzazione del settore, la cui finalizzazione deve essere perseguita promuovendo intese tra aziende produttrici ed aziende fornitrici, ed evitando ogni tentazione di affidare ad astratte scelte di piano la responsabilità di definire le condizioni di riorganizzazione del settore impegna la Giunta regionale a dare seguito a tutti gli adempimenti di propria competenza, specie nel settore della formazione professionale, per sostenere il processo di recupero del settore impegna infine la Giunta regionale a prospettare, in sede interregionale e di consultazione presso gli organi governativi, quanto sopra indicato".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con il seguente esito: presenti 51 favorevoli 17 Consiglieri contrari 31 Consiglieri astenuto 1 Consigliere non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Vi do lettura dell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Vetrino Nicola e Gastaldi: "Il Consiglio regionale del Piemonte al termine del dibattito sul piano auto, mentre rileva con soddisfazione che nel corso della riunione tra le Regioni e la Commissione parlamentare per la ristrutturazione industriale e di progetti particolari è stata riconosciuta la necessità di: riproporre un fondo speciale di innovazione e sviluppo del settore auto modificare e rifinanziare prontamente la legge 675 con finanziamenti finalizzati e con meccanismi di accesso ai fondi agili e semplici rifinanziare il fondo IMI per la ricerca applicata rivedendo altresì i suoi meccanismi di erogazione dei finanziamenti prestare maggiore attenzione al settore della componentistica prevedendo altresì la modifica della legge 374 sui concorsi d'impresa necessità queste peraltro rispondenti a precise istanze emerse nel corso del presente dibattito ritiene indispensabile 1) che si proceda ad un rapido avvio del piano finalizzato auto al fine di contribuire alla costruzione di una produzione nazionale competitiva ed in grado di inserirsi sui mercati internazionali 2) che la parte più consistente dei finanziamenti sia orientata a programmi di ricerca e di innovazione in grado di coinvolgere, anche con contratti di ricerca, l'industria dell'indotto 3) che il fondo speciale di ricerca, il rifinanziamento della 675 è il fondo IMI per la ricerca riservino quote da destinare all'industria media e minore per processi di riconversione ed innovazione nel settore della fornitura all'industria dell'auto 4) che il sistema industriale, nell'utilizzo dei fondi pubblici ritrovi e testimoni forme di collaborazione che unendo la capacità di programmazione della grande industria alla capacità produttiva e di innovazione dell'apparato industriale collaterale, consentano lo sviluppo parallelo di un'industria dell'auto e della componentistica in grado di competere sul mercato internazionale.
Il Consiglio regionale ritiene quindi di poter Chiedere al Governo a) l'impegno rinnovato a presentare al Parlamento in tempi brevi disegni di legge di realizzazione degli strumenti di intervento legislativi indicati (fondo speciale ricerca, 675, IMI) b) l'impegno a presentare entro tre mesi un programma aggiuntivo sulla componentistica e sulle linee d'intervento c) che nell'ambito della 675 e del fondo IMI per la ricerca tenga conto delle esigenze di prodotti e settori tecnologici.
Il Consiglio regionale ritiene inoltre indispensabile di impegnare la Giunta 1) a presentare in tempi brevi il secondo piano regionale di sviluppo con interventi capaci di eliminare quelle diseconomie esterne al sistema industriale che tuttora insistono (infrastrutture, trasporti disinquinamento) 2) a definire un piano di formazione professionale finalizzata e non generalizzata, in grado di cogliere le esigenze del recupero e della riqualificazione professionale e quelle del mercato del lavoro 3) avviare in termini concreti ed immediati la gestione degli investimenti pubblici in grado di concorrere al superamento della fase transitoria della crisi occupazionale 4) definire in forma stabile meccanismi di programmazione della domanda pubblica in grado di determinare nuove opportunità di attività produttive".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con il seguente esito: presenti 51 favorevole 1 Consigliere contrari 31 Consiglieri astenuti 19 Consiglieri Sull'ordine del giorno presentato dalla maggioranza chiede di parlare il Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Nella riunione dei Capigruppo si è concordato di apportare alcune modificazioni al documento.
Alla pag. 2, lettera a) la parola " predisposizione" viene preceduta dalla parola "nella".
Alla lettera c) si sostituisce la parola "anche" con le parole "stimolo anche con iniziative del Governo a livello europeo".
Alla lettera i) dopo la parola "componentistica" si aggiungono le parole "il piano individui modalità di promozione dei necessari consorzi" dopo "si impegna" le parole "delle attività produttive" sono modificate con le parole "che rendano possibile una maggiore articolazione del sistema produttivo piemontese".



PRESIDENTE

La parola al collega Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Apprezziamo il tentativo condotto dal Capogruppo socialista per giungere ad un ordine del giorno comune, tuttavia il giudizio sul documento presentato e sull'azione svolta dalla Giunta non ci trovano concordi.
Poiché la votazione dell'ordine del giorno avviene per parti, noi ci asterremo su quelle che consideriamo accettabili e daremo voto contrario su quelle parti che hanno originato il nostro dissenso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Questa proposta di ordine del giorno è da noi valutata con attenzione perché è la dimostrazione di come servano i dibattiti in quest'aula. Siamo convinti che l'ordine del giorno conclusivo di questo incontro non sarebbe uscito in questi termini se non ci fosse stato il dibattito e l'apporto delle diverse forze politiche.
Manifestiamo il nostro dissenso soprattutto nel punto in cui si approvano le linee di valutazione, dl proposta e di modifica al piano nazionale presentate dalla Giunta, in quanto non riprendono in modo sufficientemente chiaro il contributo che dal Consiglio è venuto e la correzione di linea che dal Consiglio è stata suggerita alla Giunta.
Credo che le parole vadano confortate con qualche fatto per chiarire il perché noi diamo un giudizio positivo su gran parte del documento.
Partivamo da posizioni espresse in quest'aula con grande chiarezza dal Consigliere Alasia e da posizioni espresse con grande chiarezza dal Consigliere Viglione su linee di valutazione sostanzialmente non allineate.
Ho una bozza di osservazioni al programma finalizzato per l'industria automobilistica preparate e presentate dalla Regione Emilia Romagna nella quale vi sono frasi - come: "l'estrema genericità del programma, da un lato consente all'azienda di definire le proprie scelte autonomamente dall'altro riduce l'intervento finanziario dello Stato alla consueta operazione di ripianamento di deficit accumulati e quindi ad un fatto assistenziale" e l'intervento del Consigliere Alasia e una parte dell'intervento iniziale del Vicepresidente Sanlorenzo, non si discostavano troppo da queste valutazioni.
E potrei illustrare altre frasi simili.
Mi sembra che il documento conclusivo si muova in una linea decisamente diversa e in questo senso decisamente apprezzabile.
Ci spiace che nel documento manchi l'elemento portato dall'Assessore Simonelli, a cui abbiamo dato la nostra adesione, cioè la convinzione che il programma finalizzato auto se non si saprà articolare in progetti aziendali rischierà di essere una scatola vuota e di fatto costituirà un'altra occasione perduta per il rilancio della nostra industria.
Apprezziamo la richiesta socialista di votare per parti il documento perché questo ci consente di dividere un giudizio politico da un giudizio sui contenuti propositivi del documento stesso.



PRESIDENTE

La parola alla collega Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Nella riunione dei Capigruppo ho riconfermato la mia posizione. E' stato estremamente difficile arrivare ad un ordine del giorno comune in quanto, al di là delle differenziazioni che sono emerse sul dibattito, ogni Gruppo ha espresso in questa sede delle proposizioni difficilmente ricomponibili in un testo definitivo.
Per quanto riguarda il documento della maggioranza ritengo che esso sia molto analitico, ma generico, e soprattutto non focalizzi appieno il motivo per cui siamo arrivati a questo dibattito che partiva dalla mozione socialista e che intendeva fare constare una considerazione del Consiglio regionale relativamente ai problemi della componentistica e dell'indotto.
Inoltre questo documento non fa rilevare una presa di posizione della Giunta o del Consiglio regionale relativamente: al secondo piano regionale di sviluppo al programma di formazione professionale alla gestione immediata degli investimenti pubblici alla definizione in forma stabile dei meccanismi di programmazione della domanda pubblica in grado di determinare nuove opportunità di attività produttive.
Pensiamo che al termine di un dibattito che ha toccato anche questi temi, non si possa votare un documento in cui è indicato soltanto ciò che devono fare gli altri.
Ritengo corretta l'impostazione di votare per paragrafi l'ordine del giorno, nell'ansia di esprimere un momento unitario, seppure separato, del Consiglio regionale e nell'ottica di far constare una presa di posizione abbastanza solidale del Consiglio stesso relativamente a questo problema che riguarda tutti i piemontesi.



PRESIDENTE

La parola al collega Viglione.



VIGLIONE Aldo

Il Gruppo socialista, presentatore della mozione, voterà il documento con le modifiche che sono state apportate.
Ringrazio i colleghi dell'opposizione che si sono resi disponibili per una ricerca di intesa sui punti in discussione. La ricerca di un terreno comune che la maggioranza ha fatto ha dato esiti positivi. La collega Vetrino Nicola ha sollecitato, tra l'altro, un programma sulla formazione professionale, ma devo anche ricordarle che questo è già contenuto in documenti precedenti che l'Assessore Ferrero, il Presidente della Giunta il Vicepresidente hanno già illustrato e quindi fa già parte del nostro patrimonio.
Ringrazio tutti i colleghi dell'opposizione che hanno dato questo apporto e che significativamente si riconoscono in molti momenti reali della lotta comune che conduciamo per la salvaguardia dell'automobile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Farò una brevissima dichiarazione essendo stato protagonista in quest'ultima fase della ricerca, insieme con i colleghi, di un punto unitario.
Mi sembra di dover dare atto alla capacità del dibattito di essere riuscito a realizzare punti interessanti di unità. Ribadisco che non potevamo che essere nettamente a favore della proposizione che si legge nel terzo capoverso delle proposte di modifica della Giunta che ha operato insieme alle altre Regioni tenendo conto delle risultanze del dibattito consiliare che è stato ricco e particolarmente utile.
Chiudo dicendo che in sostanza nell'ordine del giorno si sono modificate solo alcune posizioni della Giunta e in esso ritrovo, per fortuna, ben poco di certe posizioni che erano state espresse da altri Gruppi: si tratta di uno sforzo compiuto da questa maggioranza per entrare nei problemi più rilevanti del sistema produttivo piemontese; su questo terreno credo che il comportamento del nostro Gruppo, anche nelle sedi nazionali, sia stato perfettamente coerente.
Al Consigliere Bastianini devo dire che non ho letto il documento della Regione Emilia Romagna: questo dimostra ancora una volta che abbiamo fatto i conti con i problemi del Piemonte con originalità di impostazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Come presentatore del documento mi sembra sia importante che in esso si approvino le proposte della Giunta, questo significa dare un segnale di consenso rispetto al modo in cui la Giunta si è mossa in passato in ordine al problema dell'auto e si sta muovendo attualmente e si muoverà in futuro rispettò al piano auto.
Sono convinto che mettere d'accordo posizioni diverse ed inconciliabili quali quelle espresse nel documento e quelle espresse dal Gruppo della D.C., che sostanzialmente dà una valutazione positiva della proposta Barattieri, significhi approvare dei documenti vuoti di contenuto. Questo ordine del giorno invece fa delle proposte concrete perciò è utile ai fini della soluzione finale del piano auto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Il Gruppo socialdemocratico approva nella sua interezza il documento predisposto, di cui è anche sottoscrittore. Rileva che su molte parti del documento vi sono state delle convergenze e dei riconoscimenti da parte delle altre forze politiche e sottolinea lo sforzo che è stato fatto all'interno della maggioranza per giungere a un documento che tenesse conto sia delle indicazioni fornite dalla Giunta, sia delle proposte emerse dai Gruppi consiliari. Voglio ricordare al riguardo la mozione presentata dal Gruppo socialista, che è stata originatrice del dibattito, e il documento predisposto dal Gruppo socialdemocratico attorno al quale, attraverso gli apporti significativi della Giunta regionale, vi sono state convergenze significative che hanno costituito l'ossatura del documento. E' evidente che il Gruppo socialdemocratico approva l'operato della Giunta e della maggioranza alla quale chiede di muoversi portando avanti le indicazioni che sono contenute nell'ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

La maggioranza e la Giunta sono unite nel presentare e nell'accogliere questo ordine del giorno. Esso sarà salutato positivamente dalle forze sociali che sono fuori da questo Consiglio regionale. E' mia convinzione infatti, che avrà una ripercussione anche in quella parte della comunità regionale che non si organizza nelle forze politiche, che attende che il Consiglio regionale del Piemonte si pronunci così come si sta pronunciando oggi.
Ieri l'on. Ministro La Malfa esprimeva la sua fondata opinione che il piano auto sarà licenziato nel mese di marzo, se non interverranno elementi nuovi ed imprevedibili.
Come ha detto il Consigliere Bastianini, dobbiamo anche compiacerci del fatto che questa volta si è sviluppato un dibattito in cui i tre organi della Regione hanno giocato il loro ruolo su temi fondamentali della vita economica: questo fatto va salutato come contributo positivo che la Regione ha saputo esprimere.
La Giunta crede di aver dato il suo contributo sviluppando un'iniziativa politica a livello regionale, a livello nazionale, nei confronti delle altre Regioni e nei confronti del Parlamento.
L'iniziativa dei Gruppi consiliari si è manifestata in tempi particolarmente coerenti con lo sviluppo del dibattito nazionale e questo è particolarmente importante.
Il prossimo appuntamento è per venerdì, giorno in cui si terrà il convegno sulla crisi dell'auto, convegno indetto dalla Regione Piemonte nel suo complesso, Giunta, Consiglio e la Consulta regionale per i problemi dell'unificazione europea. Riusciremo a mettere assieme i principali protagonisti del dibattito del Parlamento Europeo nel quale il problema dell'auto è stato affrontato e nel quale si è riconosciuta la necessità di una politica industriale europea dell'auto.
Sarà un'occasione per, un confronto tra le forze politiche del Parlamento Europeo di quello italiano e le forze sociali, pure presenti al dibattito.
Non tocca alla Giunta ringraziare per il contributo che i Gruppi consiliari hanno dato all'iniziativa politica, ma, se posso anticipare quello che probabilmente dirà il Presidente del Consiglio, il ringraziamento è sincero per il contributo ideale, culturale, politico ed economico, che ha rispettato il pluralismo presente in questa assemblea e nelle rappresentanze sociali. Il modo in cui si conclude questo dibattito è rispettoso della realtà, così come tutto ciò che comporta chiarezza nella vita politica del nostro Paese è da salutarsi con favore assieme alle convergenze che si sono realizzate e che saranno foriere di convergenze ancora più importanti nella società piemontese nelle aspre e dure prove che ci attendono dato che la crisi continua e l'orizzonte non è certamente chiaro.



PRESIDENTE

Vi do lettura dell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Bontempi, Mignone, Viglione e Montefalchesi: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerato che la crisi nel settore auto è tuttora in atto e presenta sintomi preoccupanti di aggravamenti ulteriori; rilevato che in tale crisi sono coinvolti gli aspetti caratterizzanti delle realtà economica piemontese, quali il settore della produzione di automobili e l'indotto ad essa collegato; rilevato altresì che gli effetti sono destinati a ripercuotersi con notevole incidenza sul tessuto socio-economico dell'area e del Piemonte in generale, con gravi difficoltà nel mantenimento dei livelli occupazionali anche in altri settori preso atto dei problemi che tuttora sussistono per renderà il piano auto strumento idoneo ad un intervento riorganizzativo tempestivo ed efficace per il settore dell'automobile nel suo complesso sollecita il Governo ed il Parlamento ad agire senza indugi per rendere completo ed operativo il piano auto approva le linee di valutazione e le proposte di modifica al piano nazionale presentate dalla Giunta - tenuto conto delle risultanze del dibattito consiliare - a cui dà mandato di concordare con le altre Regioni un parere coordinato da avanzare in ogni sede opportuna (Governo, Parlamento) propone che si tenga conto nel perfezionamento delle linee di intervento per il settore dell'auto, delle seguenti indicazioni: a) nella predisposizione di un piano nazionale dei trasporti siano individuati chiaramente i ruoli del trasporto privato e di quello pubblico per il settore auto il piano deve porsi l'obiettivo del rilancio e dello sviluppo delle produzioni in modo da garantire l'occupazione, il recupero dei mercati esteri ed il superamento del passivo della bilancia dei pagamenti b) miglioramento dei trasporti pubblici e delle condizioni generali di traffico con provvedimenti nei confronti della motorizzazione privata di cui l'automobile rappresenta la quota più rilevante, che siano vincolanti per il contenimento dei consumi, la maggiore sicurezza e la riduzione dei tassi di inquinamento evitando misure di pura penalizzazione dell'utenza dell'auto c) stimolo anche con iniziative del Governo a livello europeo, per l'organizzazione della produzione fra più marche, per conseguire economie di scala e favorire scambi di tecnologie che rafforzino il prodotto dal punto di vista della qualità e consentano, per questa via, riduzioni di costo del prodotto finito d) inserimento in un preciso disegno strategico degli accordi con case automobilistiche extra-europee e) incentivazione dell'attività di ricerca e sperimentazione applicando criteri di assegnazione e forme di controllo che precludano l'assistenzialismo e favoriscano un ulteriore sviluppo del settore tenuto conto delle specifiche esigenze del riequilibrio territoriale fra nord e sud ed altresì tenuto conto particolarmente delle realtà produttive esistenti f) messa a fuoco degli elementi di interesse comune per le aziende dell'indotto e per la committenza, in modo da favorire lo sviluppo coordinato di scala e della specializzazione dei sistemi di componenti e della riconversione e riqualificazione produttiva g) accelerazione delle verifiche di fattibilità per i progetti belativi alle nuove forme di trazione h) coordinamento tra i piani di settore, particolarmente fra quello per l'auto, l'elettronica e la chimica per i ruoli fondamentali che questi assumono nei modelli automobilistici del futuro i) riforma degli strumenti legislativi necessari: legge 675, fondo ricerca IMI, fondo speciale per l'innovazione, legge 183/902, legge 374 che consenta un reale coinvolgimento delle Regioni nella piena attuazione degli obiettivi del piano; in particolare per quanto concerne il comparto della componentistica, il piano individui modalità di promozione dei necessari consorzi fra imprese favorendo un processo programmatorio fra la committenza dell'auto e l'indotto.
Si impegna a favorire nell'ambito delle linee della programmazione regionale i processi di riconversione delle attività produttive che rendano possibile una maggiore articolazione del sistema produttivo piemontese".
Pongo in votazione per parti separate l'ordine del giorno così come è modificato.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Le votazioni hanno avuto il seguente esito: dal primo al quinto comma: presenti 51 favorevoli 35 Consiglieri astenuti 14 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Sesto comma: presenti 50 favorevoli 30 Consiglieri contrari 17 Consiglieri astenuto 1 Consigliere non hanno partecipato alla votazione onsiglieri Dal settimo al quindicesimo comma: presenti 1 favorevoli 34 Consiglieri astenuti 15 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Ultimi due commi: presenti 50 favorevoli 31 Consiglieri astenuti 17 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Prima di passare alla votazione dell'intero ordine del giorno, la parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

La votazione dell'intero ordine del giorno non esclude le votazioni per parti separate già avvenute.



PRESIDENTE

D'accordo.
Pongo in votazione l'intero ordine del giorno.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con il seguente esito: presenti 51 favorevoli 31 Consiglieri contrari 17 Consiglieri astenuto 1 Consigliere non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Richiesta di chiarimento su questioni procedurali del Consigliere Paganelli


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ho chiesto la parola durante la discussione e la dichiarazione di voto dell'ultimo ordine del giorno perché non volevo immiserire con questioni procedurali un argomento che ha un'importanza chiarissima. Quando , non si raggiunge un'intesa generale è opportuno che le parti politiche si esprimano chiaramente e noi lo abbiamo fatto come anche altre forze.
Prendo la parola per evidenziare che sulle questioni procedurali, che di volta in volta si pongono alla nostra attenzione, non ci può essere un salvataggio in corner, ma ci deve essere decisione e chiarezza. Con tutto rispetto per la Presidenza del Consiglio regionale e per la Giunta, ritengo di dover dire che quest'ultima aveva il diritto di esprimere la sua posizione nel momento in cui venivano posti in votazione i quattro ordini del giorno. L'intervento del Vicepresidente inserito invece dopo le dichiarazioni di voto, è in contrasto con le norme del Regolamento del Consiglio regionale che stabilisce che dopo le dichiarazioni di voto non è più possibile intervenire. Non ne ho fatto una questione in quel momento perché il parere della Regione sul piano auto è di capitale importanza rispetto alle questioni procedurali; tuttavia anche le questioni procedurali devono essere valutate dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Collega Paganelli, onestamente, non sono ferrato come lei sulle questioni giuridiche; le faccio però presente che l'art. 52 stabilisce che "la Giunta ha diritto alla parola ogni volta che lo richieda".



PAGANELLI Ettore

Sì, ma l'art. 62 del Regolamento stabilisce che "dopo le dichiarazioni di voto che precedono una votazione non è ammesso nessun altro intervento".



PRESIDENTE

Ahimè, non sono arrivato all'art. 62!


Argomento: USSL: Elezioni

Parere sul decreto del P.G.R. recante disposizioni integrative al precedente D.P.G.R. 28/10/1980, n. 8871, per lo svolgimento di nuove elezioni nel Comune di Ceva (designazione componenti assemblea generale dell'Associazione dei Comuni dell'U.S.L. n. 67)


PRESIDENTE

Dobbiamo ora esprimerci sul punto quinto all'ordine del giorno: "Parere sul decreto del P.G.R. recante disposizioni integrative al precedente D.P.G.R. 28/10/1980, n. 8871, per lo svolgimento di nuove elezioni nel Comune di Ceva (designazione componenti assemblea generale dell'Associazione dei Comuni dell'U.S.L. n. 67)" e pertanto vi leggo la bozza del decreto: "Visto il proprio decreto n. 219 del 13/1/1981 di nomina dei membri dell'assemblea generale dell'Associazione dei Comuni dell'U.S.L. n. 67 vista la deliberazione del C.R. n. 61 - C.R. 1005 del 5/2/1981 con la quale viene accolto il ricorso presentato dal signor Anfossi. Argo Lucio per irregolare costituzione del seggio elettorale del Comune di Ceva non risultando essersi verificate le condizioni di cui al D.P.G.R. n. 10259 del 27/11/1980 atteso che tale decisione adottata dal C.R. comporta la necessità di procedere a nuove elezioni nel Comune di Ceva appartenente al Collegio n. 2 ai fini del completamento della costituzione dell'assemblea generale dell'Associazione dei Comuni dell'U.S.L. n. 67 visto il precedente decreto n. 8871 del 28/10/1980 di regolamentazione dello svolgimento delle elezioni atteso tuttavia che una serie di adempimenti preliminari connessi a tali elezioni risultano già essere stati assolti in base alle indicazioni previste dal suddetto decreto n. 8871/80 per cui in questa sede occorre solo apportare alcuni correttivi funzionali, disciplinare alcuni aspetti procedurali ed in particolare stabilire la data delle elezioni, previa acquisizione del parere favorevole del Consiglio regionale, di intesa con il Presidente del Comitato comprensoriale corrispondente, come previsto dall'art. 7, quinto comma, della legge regionale 21/1/1980, n. 3 vista la deliberazione del C.R. n. 61 - C.R. 1005 del 5/2/1981 visto il precedente decreto n. 8871 del 28/10/1980 e successive modifiche ed integrazioni decreta a) di disporre lo svolgimento di nuove elezioni per la designazione dei componenti dell'assemblea generale dell'Associazione dei Comuni, per le motivazioni in premessa indicate, nel Comune di Ceva appartenente al Collegio n. 2 dell'U.S.L. n. 67 b) di fissare per domenica 15 marzo 1981 la data di effettuazione delle operazioni di voto c) di disporre che i plichi sigillati dei verbali delle operazioni di voto e degli eventuali allegati vengano recapitati a cura del Segretario comunale di Ceva o suo delegato dipendente comunale entro le ore 12 del giorno successivo alle elezioni all'Assessorato regionale alla sanità d) di rinviare alle disposizioni previste dall'art. 4, escluso punt a), dall'art. 5, escluso ultimo e penultimo comma, e successivi del precedente decreto 28/10/1980 n. 8871 e successive modificazioni ed integrazioni e) di considerare assolti i restanti adempimenti previsti dal regolamento elettorale approvato con il suindicato decreto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La bozza di decreto è approvata all'unanimità dei 51 Consiglieri presenti in aula.
Il Consiglio sarà convocato a domicilio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14)



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