Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.41 del 16/02/81 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Interventi per calamita' naturali

Primo bilancio delle iniziative finora assunte dalla comunità piemontese a favore delle zone terremotate dell'Italia meridionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I lavori odierni hanno per oggetto: "Primo bilancio delle iniziative finora assunte dalla comunità piemontese a favore delle zone terremotate dell'Italia meridionale".
Onorevole Zamberletti, Autorità civili, militari, nell'aprire questa seduta straordinaria del Consiglio regionale desidero portare il saluto dei piemontesi a lei Onorevole Zamberletti, ai Presidenti della Giunta e del Consiglio regionale della Campania, ai Sindaci, alle delegazioni dei Paesi terremotati e a tutti i convenuti.
Il terremoto del 23 novembre fu un episodio di lutti e distruzioni che dovrà, però, essere anche una storia di ripresa e di ricostruzione.
La configurazione geologica del Mezzogiorno ha dato origine a calamità sin dai tempi più antichi.
Nel 1964, in settembre, un terremoto sconvolse l'Irpinia e certe situazioni di allora si sono ripetute oggi. Ma quello di cui tutti dobbiamo tener conto è che le zone terremotate sono zone di antica e solida civiltà.
Dalla fine del '700, quando l'Italia del nord aveva un terzo della popolazione odierna, in quelle zone esisteva una popolazione pari all'attuale.
L'attuale popolazione, nonostante un'emigrazione che dal 1860 in poi è stata continua e massiccia, negli ultimi dieci anni, oltre 110 mila campani e circa 24 mila abitanti della Basilicata sono emigrati all'estero. Oggi risiedono nei Paesi europei 176 mila campani e 60 mila persone provenienti dalla Basilicata. Negli Stati transoceanici risiedono 160 mila persone della Campania e 76 mila della Basilicata, oltre a 100 mila e 40 mila unità, rispettivamente, negli Stati Uniti. Solo in Pie monte vivono attualmente 200 mila persone provenienti dalle Regioni terremotate.
E quanto incidesse l'emigrazione in Irpinia e in Basilicata lo dimostrano i primi dati riguardanti i rientri.
Sono ritornati almeno 50 mila emigrati, per lo più dal Belgio, dalla Germania, dalla Svizzera, dall'Argentina 2.200, dal Canada 920, senza contare tutti i rientri da altre località.
Sarebbe pertanto un errore una ripresa dell'emigrazione che ostacolerebbe in modo gravissimo il processo di ricostruzione.
Qualcuno si è stupito, dopo il 23 novembre, di un fatto nuovo: la resistenza delle popolazioni ad abbandonare i loro Comuni, la volontà dei giovani di rimanere, il ritorno degli emigrati per lavorare in mezzo alla propria gente per dare una nuova vita là dove oggi vi sono solo macerie e lutti.
I Paesi sono esseri viventi e senza i giovani non potranno risollevarsi.
Ecco perché è bene che le forze giovani emigrate siano tornate e tornino per prestare la loro opera per la rinascita.
La ricostruzione deve avere per artefici le popolazioni locali.
Gli amministratori locali devono avere la possibilità di decidere in un quadro di aiuti nazionali. L'Onorevole Zamberletti ha fatto molto, anzi moltissimo, e gliene siamo grati.
Egli conosce benissimo queste necessità, perciò ha perfettamente valutato ed utilizzato le forze dei Paesi sinistrati, forte dell'esperienza del Friuli.
All'impiego dei soldati, indispensabili nell'emergenza a cui va tutto il nostro apprezzamento ed elogio, con l'andar del tempo, dovranno sostituirsi le forze locali.
Noi del Piemonte sappiamo benissimo che all'emergenza dovrà succedere un'altra fase. Tutti abbiamo dato i, in uno slancio affettuoso, impiegando i cittadini, i giovani, i sindacati, gli enti locali, le associazioni e continueremo nella nostra opera, con la nostra consueta riservatezza e tenacia, a fianco dei lavoratori del sud, per far sì che il Mezzogiorno sotto lo stimolo di una grave sciagura abbia la possibilità di sconfiggere il suo male antico : la miseria, creando fonti di benessere tali da permettere alle popolazioni di vivere e prosperare nella propria terra senza più percorrere le vie dell'emigrazione, molte volte causa di frustrazioni e separazioni dolorose dal proprio Paese e dai propri affetti.
La parola al Presidente della Giunta, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Onorevole Zamberletti, Presidente della Giunta regionale della Campania De Feo, signori Sindaci, Autorità, un saluto fraterno ed appassionato del Piemonte, un grazie per aver accettato questo nostro invito di partecipare alla seduta straordinaria del Consiglio regionale del Piemonte.
In questi momenti ed in queste ore avevamo temuto che per le ulteriori scosse del terremoto la vostra presenza non potesse essere qui fra noi. Le cose che abbiamo saputo, però, sono meno drammatiche di quanto sono apparse e, quindi, la vostra presenza ci è ancora e più particolarmente gradita.
Nelle difficoltà si registrano dei solidi momenti di unità e di fratellanza e questi momenti di unità e di fratellanza fra il Piemonte, la Campania e la Basilicata si sono registrati al di sopra delle diverse opinioni che i vari partiti e le varie forze politiche potevano avere. Questo appartiene alla cultura del Piemonte, appartiene alla cultura della Campania e della Basilicata e di questo vogliamo dare atto in questo Consiglio regionale.
La Regione, come organo dello Stato, ha contribuito in maniera determinante - e questo ci è stato riconosciuto dall'onorevole Zamberletti nella fase dell'emergenza, durante questi terribili momenti e, come parte dello Stato, abbiamo intensificato i rapporti e con il collega De Feo ci siamo fatti promotori di una riunione nella Campania con i Presidenti delle Giunte regionali, al di sopra di ogni strumentalizzazione di carattere politico. Ci siamo fatti promotori perché in quel momento, al di sopra delle difficoltà oggettive che si potevano riscontrare, vi erano da difendere le popolazioni così duramente colpite, la legittimità dell'intervento dello Stato democratico di cui le Regioni fanno parte. Ma volevo sottolineare un altro aspetto, al quale il Piemonte è molto legato: o più o meno interventi che abbiamo potuto fare, d'ordine finanziario, li abbiamo sempre fatti con spirito di servizio, mai ci siamo sentiti nella posizione di popolazioni che potevano dare ma, ripeto, legati sempre allo spirito di servizio ed alle esigenze che venivano dalle popolazioni disastrate. Mai abbiamo voluto mettere innanzi l'azione politica tale che potesse prevaricare un solo momento le autonomie locali, dalle Regioni, ai Comuni, alle Province o a qualsiasi organo e credo che questo ci debba essere riconosciuto. Abbiamo puntato ad un'azione rilevante rivolta al problema più urgente e più drammatico che il Paese ha di fronte in questi momenti, il problema del Mezzogiorno, antica questione italiana non ancora risolta, per dargli una soluzione definitiva, partendo proprio da questi momenti drammatici.
Credo che se noi ci ponessimo nell'ottica di portare contributi per risolvere soltanto problemi contingenti delle popolazioni o problemi contingenti dell'economia del nord, avremmo capito poco. Il nostro spirito è tutt'altro: è dare un contributo politico, sociale e culturale, affinchè l'unità del nostro Paese sia effettivamente garantita.
Con questo spirito, onorevole Zamberletti, Presidente De Feo, signori Sindaci, vi ringrazio per aver partecipato a questa seduta.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Sanlorenzo.



SANLORENZO Dino, Vicepresidente della Giunta regionale

Onorevole Zamberletti, signor Commissario del Governo, Presidente della Giunta della Campania, colleghi Consiglieri delle due Regioni, cari amici Sindaci delle zone terremotate, amministratori, ieri una nuova scossa di terremoto non ha provocato solo otto morti per infarto, ma ha seminato nuova angoscia, insicurezza, paura, per decine di migliaia di abitanti.
L'emergenza nelle zone terremotate dunque continua, la ricostruzione non decolla ancora e la legge nazionale di ricostruzione presentata venerdì nel migliore dei casi non sarà operante che fra due mesi. Ed è in questo periodo dunque che migliaia di terremotati decideranno se ci sono elementi razionali per avere fiducia e speranza (e quindi rimanere) o se prevarrà la spinta a staccare un biglietto di viaggio verso tutte le storiche e tradizionali vie di emigrazione. Poiché la situazione è questa, il significato di questo nostro incontro è semplice e duplice: si tratta di fare una riflessione su ciò che abbiamo fatto e contemporaneamente assumere un nuovo impegno, l'una e l'altro necessari perché questa giornata di lavoro produca fatti positivi.
La riflessione comincia da quella che è stata la nostra esperienza fin dal giorno successivo al terremoto.
La prima colonna di soccorsi (ne sarebbero seguite altre) partì il 25 novembre da Torino, 14 ore dopo che erano stati costituiti, senza opposizione, sia il Comitato Unitario di solidarietà, che il Comitato giovanile: espressioni della Regione, dell'ANCI, dell'UPI, dell'UNCEM e cioè del sistema delle autonomie locali del Piemonte e del pluralismo sociale e politico.
Riteniamo che siano state le prime decisioni positive che oggi dobbiamo confermare.
Di fronte alle catastrofi naturali, e in particolare di fronte alla più grande che il nostro Paese abbia conosciuto dal terremoto di Messina, o si realizza l'unità operativa politica ed istituzionale, o tutto si frantuma e si disperde.
La seconda decisione ci fu suggerita dall'esperienza che avevamo già compiuto in occasione del terremoto in Friuli.
In luogo di stanziare fondi da trasmettere alle zone colpite, si sono rastrellate le somme disponibili dai vari bilanci trasformandoli in tende roulottes, sacchi a pelo, coperte e stufe.
Tutto ciò che in sostanza "sicuramente" poteva essere immediatamente utile.
Anche questo indirizzo, stanziare e spendere, credo debba essere confermato se vogliamo, con la velocità della spesa, attuare progetti concreti.
La terza scelta la maturammo lungo il percorso della prima colonna e la sottoponemmo alle Autorità locali di Salerno: chiedemmo di avere assegnata una zona precisa nella quale far progressivamente convergere gli aiuti dettati dall'emergenza e le iniziative rivolte alla ricostruzione, in modo da costruire, attraverso un rapporto via via arricchito da nuovi contributi non solo un flusso di aiuti, ma un sistema coordinato.
Infine la quarta scelta è stata quella di istituire immediatamente nelle zone a noi assegnate e a Torino un centro di coordinamento regionale espressione del Comitato esecutivo unitario: punti di riferimento non solo per le autonomie locali; ma per le forze sociali ed economiche, per i giovani, per i volontari, per chiunque avesse accettato il coordinamento regionale, senza d'altra parte pretendere nessuna esclusione.
Sono passati 84 giorni da quelle prime scelte. Non abbiamo ragione di recriminare per averle fatte, anche se non tutto, certamente, si è svolto come si voleva: qualche roulotte si è fermata prima del traguardo o è proseguita altrove sulla base dell'autonoma decisione di chi la voleva portare là dove era stata a lui richiesta.
Alcuni gruppi di volontari, medici, infermieri, sono dovuti tornare prima di quanto avrebbero voluto, e non per colpa loro.
E ci volle tempo prima di coordinare, davvero, lo slancio generoso di chi voleva dare, o di chi voleva partire.
Ma il dato generale non è stato né la confusione, né lo sperpero.
Subito è stato determinante il rapporto di particolare collaborazione come si era stabilito con il Commissario Zamberletti già nel periodo del Friuli.
E' stata molto importante l'intesa rapidamente ritrovata, e continuare su una strada che avevamo già sperimentato essere efficace anche se in una situazione completamente diversa.
Non tutto si poteva fare come a Colloredo di Mont'Albano, a San Daniele, o negli altri Comuni di quella comunità collinare del Friuli.
Ma si doveva, in condizioni di superiore difficoltà, non perdere la bussola delle cose sicuramente giuste, quelle che "in ogni caso" bisognava fare.
Questo rapporto di fiducia, oggi qui si rinnova onorevole Zamberletti e va al di là di qualsiasi differenziazione politica o di ruoli.
Una riflessione ancora viene dai dati nei quali si è riflesso lo sforzo sinora compiuto dall'intera comunità piemontese.
Se qui ne ricordo alcuni non è perché ci sia bisogno di attestati o riconoscimenti, ma semplicemente perché bisogna, prima di tutto, presentare i conti.
E non solo quelli finanziari. Bastano infatti le cifre a dimostrare che la grande ricchezza che possiede il nostro Paese, quella essenziale per tentare di dominare i problemi indotti dalla tragedia di quelle popolazioni della Campania e della Basilicata, è la possibilità di mobilitazione delle coscienze, dei singoli cittadini e di tutto il Paese.
E questo è possibile perché c'è stato, malgrado la crisi profonda che attraversiamo, malgrado l'infuriare delle polemiche che sono, sì, anche il sale della democrazia, ma che possono anche paralizzarla ed ucciderla quando non si ricompongono in una superiore sintesi, non solo uno slancio un sussulto, ma un'ondata lunga di solidarietà e di generale impegno civile.
E c'è oggi in noi la volontà di far fronte anche in periodi di oscurità intellettuale e morale, persino di pericoli di eclissi e di imbarbarimento della cultura ad un compito di rinascita di grandi proposizioni. Ecco allora, alcune cifre di ciò che è stato fatto.
Complessivamente possiamo stimare in circa 10 mila i terremotati che hanno sinora usufruito continuativamente degli aiuti partiti dall'intera comunità regionale.
Intendo qui non soltanto coloro che hanno ricevuto un qualsiasi aiuto (perché in questo caso la cifra sarebbe ben più grande), ma quelli che oggi hanno un qualche tetto sotto il quale ripararsi: questione, come ben si sa decisiva in zone dove l'inverno è stato assai più duro che da noi, qui al nord.
Sono arrivate nelle zone terremotate, inviate, con il coordinamento della Regione Piemonte (acquistate direttamente o donate da privati) e con il tempestivo, efficace impegno delle Prefetture di Torino, Cuneo Vercelli, Novara, Asti ed Alessandria: 2.168 roulottes, 391 camions e 60 autobus dell'ATM attrezzati a ricovero, e centinaia di tende grandi e piccole.
La Prefettura di Torino ha inoltre organizzato otto voli speciali per il trasporto di un'infinita quantità di materiale.
E' impossibile fornire invece il dato delle iniziative individuali o di gruppi di lavoratori in precedenza immigrati qui in Piemonte che sono ritornati al sud per prestare a questi il loro aiuto materiale e morale.
La sola Prefettura di Torino ha concesso 6.000 autorizzazioni di viaggio verso le zone terremotate.
Sono cifre eloquenti, ma comunque insufficienti. Tuttavia sappiamo che senza quegli aiuti molte di queste migliaia di persone avrebbero visto messa in gioco la loro stessa esistenza.
Nello stesso tempo dobbiamo avere coscienza che alcuni continuano ad avere oggi solo ciò che hanno avuto 30 o 40 giorni or sono: una tenda.
Ecco perché l'emergenza non solo continua, ma rimane grave.
Alla solidarietà verso il sud dobbiamo aggiungere quella effettuata verso coloro che sono costretti ad allontanarsi dai Paesi colpiti: 4.800 sono i nostri fratelli delle zone meridionali che hanno ricevuto assistenza concreta qui in Piemonte.
Essi sono solo una parte di quella nuova ondata di emigrazione che si è innescata, si può dire, sin dal primo giorno del terremoto.
Essa si è rivolta in tante direzioni: non solo verso Torino, o verso il nord, ma verso i Paesi dell'Europa, in Belgio, in Germania, in Svizzera.
E tuttora questa emergenza straordinariamente continua senza che la possiamo nemmeno registrare con precisione.
Ecco un altro problema: dobbiamo tutti operare perché questo esodo sia temporaneo, perché si creino per i più le condizioni del ritorno. Se no chi e per chi si farà la ricostruzione? Non meno di mille sono i piemontesi che hanno portato volontariamente le roulottes (la loro o quelle acquistate dagli Enti pubblici o privati).
E questa è stata un'altra scelta che ha permesso di arrivare in tempi brevi e utili eliminando le vie più complesse (e peraltro in parte inevitabili) della spedizione con treni o con navi.
Si è così realizzato, attraverso la partecipazione individuale e con il sacrificio di chi si è sottoposto a questo sforzo, il trasferimento diretto delle roulottes, dei pullman, e dei camions dal Piemonte al Mezzogiorno.
Sono stati oltre 1.500 i cittadini, i lavoratori organizzati dai sindacati, i giovani piemontesi che sono stati impegnati nell'azione di volontariato e non solo nelle zone assegnate alla Regione Piemonte, ma un po' ovunque in Campania ed in Basilicata.
Perché è del tutto evidente che nella prima fase (ma anche in parte ora) gli aiuti sono arrivati non soltanto nei Comuni a noi assegnati, ma hanno imboccato anche altre strade: quelle che venivano indicate dalle singole zone terremotate.
Di qui la spontanea e giusta decisione di enti, associazioni e Comuni a raccogliere l'invito e farvi comunque fronte.
Davvero non ci siamo fermati ad Eboli! Dove pure, all'inizio, eravamo stati indirizzati.
Abbiamo potuto censire interventi continuativi operati dal complesso degli Enti locali, delle associazioni, dei volontari, dalla Charitas alla Confcoltivatoti in 48 Comuni della Campania e della Basilicata.
E ciò che è arrivato è stato distribuito.
Possiamo dire che la stragrande maggioranza di questo materiale non è stato sperperato, non si è perso per strada, non si è depauperato, non è stato scaricato lungo gli argini delle strade, ma è stato consegnato alle popolazioni terremotate. Anche qui non tutto è andato sempre come si voleva.
Dobbiamo qui rivolgere, da lontano, un ringraziamento speciale al colonnello Orsi che comanda la Caserma Bucci di Persano ed ai suoi militari.
Si deve alla sua intelligenza, alla sua fantasia, e all'assunzione di responsabilità se il centro di Persano ha potuto, in tutti questi mesi servire da magazzino per gli aiuti che dal Piemonte si trasferivano al sud.
E il materiale è stato così conservato, censito e smistato in modo organizzato. Questo ha permesso anche di trasferire ora al Comune di Napoli tutto ciò che è risultato esuberante alle necessità.
Fra le "grandi cifre" non possiamo dimenticare i 500 mila piemontesi che hanno aderito alla sottoscrizione lanciata da "La Stampa".
Anche i loro fondi si sono trasformati in un progetto in avanzata fase di realizzazione: il villaggio di Lioni.
Credo che anche in questo caso sia stata utile l'esperienza che allora compimmo assieme in Friuli, quando una parte di fondi della sottoscrizione furono destinati al ripristino immediato delle scuole e degli edifici pubblici. E proprio perché così si fece, si realizzarono tempi di assoluta rapidità nella ricostruzione perché si saltarono tutti gli intoppi burocratici e si partì dalle esigenze delle autonomie locali per avviare un lavoro in cui lo slancio dei progettisti, i fondi immediatamente disponibili e la loro utilizzazione razionale si saldarono in un progetto concreto riducendo i tempi necessari a consegnare le opere agibili di 10-15 volte.
Questo stesso metodo consente di dire oggi che la Regione Piemonte e le autonomie locali del Piemonte hanno installato nei Comuni gemellati già 20 edifici nuovi prefabbricati per una superficie complessiva di circa 3.100 metri quadrati e che sono in parte già previamente utilizzati per strutture pubbliche a carattere sociale (municipi, scuole, poliambulatori e centri sociali).
E ancora bisogna ricordare la ripresa dei lavori a tempo di record che è stata compiuta dalla Fiat e dai lavoratori Fiat di stabilimenti situati in Campania, permettendo così la ripresa del lavoro produttivo, elemento essenziale per qualsiasi rinascita.
Ma al centro della promozione di ogni incontro di ogni coordinamento sono stati i Comuni, i Comprensori, le Province, le Comunità montane, in una parola le autonomie locali del Piemonte. E' stata una riprova che le stesse possono essere il volto efficiente dello Stato. Sono gli Enti locali che hanno coordinato e promosso l'apposito gruppo di lavoratori specializzati di aziende pubbliche e private.
Di grande efficacia, tempestività e competenza si sono dimostrati gli interventi dei 65 tecnici dell'Azienda Elettrica Municipale di Torino, dei 137 lavoratori dell'ATM, delle 3 squadre dell'AMRR, dei 125, tra docenti e studenti, dell'Istituto "Avogadro" di Torino; dei 20 studenti della scuola di amministrazione aziendale, dei 68 quadri sindacali, dei 96 sanitari delle Molinette, del Martini, del Mauriziano, e al personale della CRI, CVI e CBI che hanno assicurato l'assistenza sanitaria. Cinquecento giovani volontari del Piemonte sono stati coordinati dal Comitato unitario giovanile. A turni settimanali essi si sono alternati in questi mesi e continuano a prestare il loro aiuto alle popolazioni terremotate.
E oggi qui sono portatori di proposte per continuare questo loro impegno. E ancora occorre ricordare il contributo prestato dal Corpo Forestale, dai Vigili Urbani e dai 1.058 Vigili del fuoco piemontesi che con grande abnegazione hanno lavorato senza risparmio di energie nei momenti più tremendi dell'emergenza.
Il Corpo docente, gli studenti e i volontari (neo-laureati e professionisti) del Politecnico di Torino hanno operato in 48 unità per il rilevamento dei danni e per tutto l'aiuto tecnico che veniva richiesto.
E i tecnici dell'ENPI, quelli del sindacato e dell'Ordine degli Architetti e degli Ingegneri, dei Geometri che, in condizioni di grande difficoltà, hanno contribuito in modo determinante a dare soluzione ai mille problemi dell'emergenza.
Si è ripetuto come sempre l'impegno delle organizzazioni sindacali, di quelle culturali e religiose, quali l'ARCI, la Caritas, la San Vincenzo e tante altre che oltre alla raccolta, all'organizzazione e all'invio di mezzi di soccorso, hanno svolto opera di assistenza alle popolazioni.
Credo infine che dobbiamo ricordare il contributo essenziale dato dalle centinaia di funzionari regionali, comunali e provinciali del Piemonte che hanno realizzato il concreto coordinamento senza limiti di orario di lavoro e di impegno.
Le caratteristiche del nuovo impegno Tutto ciò che ho ricordato come dati e riflessioni deve servire solo ad indicare le possibilità e le dimensioni di quello che dovrà essere il nostro nuovo impegno. Mi pare evidente però che ora si dovrà sempre più qualificarlo.
La partita in gioco nei mesi di febbraio, marzo e aprile può essere davvero decisiva.
L'emergenza dovrà essere ancora dominata con interventi concreti che abbiano ad un tempo anche già la capacità di infondere questa fiducia di dare la sensazione tangibile che la solidarietà nazionale e l'efficienza dello Stato sono in grado di avviare i processi di ricostruzione.
La nostra nuova parte, quella che ci verrà richiesta e quella che sarà possibile potrà intanto attuarsi in un rapporto diretto fra i 15 Comuni del Salernitano e i Comuni e le autonomie locali del Piemonte.
Pensiamo di individuare gli strumenti (per caratterizzare questa fase) nelle convenzioni che oggi pomeriggio verranno o firmate o perfezionate.
Che cosa si intende per convenzione? Si tratta di stipulare accordi che contengano la sintesi fra le richieste avanzate da un lato dai Sindaci dei Comuni terremotati, e dall'altro l'offerta di aiuto che può essere oggi data da gruppi di Comuni Province ed autonomie locali del Piemonte.
Il tutto specificato in documenti ed accordi che quantifichino in forma estremamente precisa quanto si può fare in questi mesi con i fondi che ancora si hanno e con quelli che si possono stanziare.
La formula può essere quella adottata dal Comune di Torino di grande portata economica e morale o quella del Comune di Ivrea o di Cuneo o tutte le varianti che risulteranno possibili e comunemente accettate.
In queste convenzioni possono infatti trovar posto Sia la definizione dell'impianto dei prefabbricati (con l'individuazione di ruoli e di compiti precisi fra il Comune che riceve e il Comune o la Regione o l'Ente che offre); la determinazione del numero dei tecnici piemontesi che possono essere utilizzati per questi due mesi per ogni forma di lavoro ritenuto utile dalle Amministrazioni locali, nonché il modo in cui questi tecnici vengono ospitati; la definizione del ruolo del volontariato (magari con un'ulteriore precisazione dei compiti loro affidati nel tempo e nella qualità), l'assistenza amministrativa che il sistema delle autonomie locali del Piemonte può offrire ai Comuni del Salernitano.
E insomma tutte le eventuali altre iniziative che i Comuni fra di loro riterranno opportuno intraprendere.
Gli incontri di oggi alle 15 tendono a dare grande concretezza a questo lavoro.
La collaborazione fra la regione piemonte e la regione campania Ma esiste ora un altro problema: quale può essere in questa nuova fase il coordinamento fra la Regione Piemonte e la Regione Campania? Pensiamo intanto di continuare ad assicurare una presenza istituzionale, come è stato fatto in questi mesi, al centro di Buccino e contestualmente con la Regione Campania a Napoli.
Tale coordinamento dobbiamo altresì, credo, garantire nei principali Comuni (tra i 15) dove i problemi si pongono con particolare gravità.
Di diversa qualità sono infatti i problemi che si pongono nelle tre fasce nelle quali sono collocati i 15 Comuni a noi assegnati.
Ma prima di avanzare concrete proposte a nome del Comitato esecutivo regionale, vorrei premettere un concetto di cui siamo stati sempre convinti.
Così come le rivoluzioni e le controrivoluzioni non si esportano e non si importano, non si esportano neanche le ricostruzioni.
Nessuno può pensare di trasferire in qualche modo modelli culturali che non siano liberamente scelti.
Tocca alla Regione Campania, alle sue popolazioni indicarci le caratteristiche dell'aiuto che possiamo dare.
Anche perché la stessa nostra storia nazionale consiglia di fare in modo, appunto, che alcuni momenti di quella storia non si ripetano.
Ciò premesso ecco alcune proposte di collaborazione che si potrebbero realizzare tra la Regione Piemonte, la Regione Campania e gli Enti locali gemellati.
Si potrebbe dar vita a: 1) un programma di assistenza sanitaria tendente al rafforzamento ed al potenziamento delle strutture sanitarie esistenti nelle zone terremotate della Campania con la messa a disposizione, in un quadro concordato, del potenziale sanitario esistente in Piemonte. Ciò al fine non solo di rendere pienamente operanti le strutture esistenti, ma anche per poter sostenere concretamente nelle zone terremotate le linee di indirizzo, definite dalla Regione Campania nel quadro di attuazione della riforma sanitaria.
2) Un programma di assistenza tecnico-amministrativa tendente al rafforzamento ed al potenziamento delle strutture degli uffici degli Enti locali gemellati per far fronte al carico di lavoro a carattere straordinario conseguente agli adempimenti tecnici ed amministrativi necessari per superare la fase dell'emergenza e per avviare il processo di ricostruzione. Tale collaborazione già iniziata nella prima fase dell'emergenza potrà proseguire in forma organizzata e continuare con personale proveniente dagli Enti locali del Piemonte che si avvicenderà nei Comuni della Campania gemellati, con turni concordati.
3) Un Programma di assistenza tecnico-scientifica tendente all'arricchimento del patrimonio di studi e conoscenze esistente sulla realtà territoriale, economica e produttiva delle zone colpite e sulle conseguenze che su di essa ha determinato il sisma del 23 novembre u.s.
ciò al fine di dotare gli Enti locali gemellati dei necessari strumenti conoscitivi per l'impostazione e la definizione dei programmi e dei piani di ricostruzione e di rinascita. Particolare attenzione sarà inoltre posta alla formazione ed alla qualificazione del personale degli Enti locali delle Amministrazioni pubbliche e dei quadri tecnici necessari per la gestione di tale processo. Tale programma di assistenza tecnico-scientifica sarà definito utilizzando pienamente il notevole patrimonio di esperienze di dati e di ricerche svolte all'interno della convenzione quadro esistente tra la Regione Piemonte, il Politecnico e l'Università degli Studi di Torino e la convenzione specifica a suo tempo stipulata tra queste istituzioni per gli studi preliminari al piano comprensoriale di ricostruzione di rinascita della comunità collinare del Friuli. Al fine di sostanziare operativamente tale programma proponiamo di costituire congiuntamente da parte delle Regioni Piemonte e Campania, in tempi brevi un Centro Coordinamento Tecnico da localizzare in uno dei Comuni gemellati con il Piemonte. Tale Centro potrebbe avvalersi attraverso convenzione pubblica da stipulare con il Politecnico e l'Università degli Studi di Torino dell'apporto tecnico, scientifico e specialistico esistente negli Atenei piemontesi, al fine di attivare, in accordo con gli obiettivi e le finalità di ricostruzione che saranno definiti dalla Regione e dagli Enti locali della Campania ed in collaborazione con le istituzioni universitarie ivi presenti, programmi di lavoro specifici che potranno riguardare: a) corsi di aggiornamento e di riqualificazione tecnico-professionale per i quadri tecnico-amministrativi degli Enti locali, delle Amministrazioni pubbliche e per le forze tecnico-professionali esistenti in loco sui temi e le problematiche della ricostruzione b) attività di consulenza tecnica e specialistica da fornire agli esistenti corsi di formazione professionale o a quelli che la Regione Campania vorrà istituire, per la formazione e la riqualificazione professionale delle maestranze locali che saranno impegnate nell'opera di ricostruzione. Particolare attenzione sarà posta alla formazione delle maestranze addette al recupero del patrimonio edilizio esistente e a quello dei beni culturali danneggiato dagli eventi sismici da ripristinare con le opportune tecniche di adeguamento antisismico c) attività di consulenza tecnica e specialistica da fornire su loro richiesta agli Enti locali e al sistema delle autonomie locali colpite per la redazione di studi e di piani che attengano ad ambiti sia territoriali che settoriali d) attività di documentazione, di studio e di ricerca da attuare in stretta collaborazione con il Comitato Scientifico istituito dalla Regione Campania e con gli altri Centri di ricerca pubblici (Università, C.N.R.
ecc.) sulla realtà territoriale economica e produttiva delle zone colpite sull'opera di ricostruzione e rinascita e più in generale sui temi della prevenzione e della protezione civile. Tale Centro potrebbe essere costituito con personale della Regione Piemonte e della Regione Campania degli Enti locali delle due Regioni, del Politecnico e dell'Università degli Studi di Torino e assumerebbe notevole importanza anche per la formazione di quadri tecnici comuni alle due Regioni, qualificata attraverso l'esperienza diretta sul campo ad affrontare i problemi della prevenzione delle calamità naturali e più in generale della protezione civile.
4) Un programma di sviluppo dell'apparato produttivo industriale agricolo, commerciale ed artigianale esistente nelle zone terremotate da attuare attraverso la mobilitazione delle capacità delle risorse imprenditoriali esistenti in Piemonte (pubbliche, private e cooperativistiche), disponibili a localizzarsi, in un quadro coordinato di iniziative e di investimenti nelle zone terremotate. Tali iniziative dovranno essere sviluppate con il pieno accordo della Regione Campania secondo lo sviluppo dell'apparato produttivo delle zone terremotate che sarà deciso dal proprio piano di sviluppo regionale e potranno essere rese operanti anche attraverso progetti di formazione-lavoro nei settori dell'edilizia, dell'agricoltura, dei servizi e della sanità all'organizzazione dei quali la Regione Piemonte si impegna a mettere a disposizione della Regione Campania le proprie esperienze e competenze tecnico-professionali.
5) Un programma di opere pubbliche a carattere sociale da realizzarsi in sintonia con i provvedimenti che saranno disposti dal Parlamento nella legge nazionale per la ricostruzione e la rinascita delle zone terremotate e con le indicazioni operative e le scelte che saranno operate dalla Regione Campania e dal sistema delle autonomie locali.
Signori Consiglieri, amici delle zone terremotate, i piemontesi che hanno portato solidarietà si sono scontrati, certo, anche con realtà amare sconvolgenti, inaccettabili. Ma chi ha avuto occhi per vedere ha capito che coloro che incontravano facevano parte di popolazioni di antica e Solida civiltà.
Gente che ha vissuto per secoli con la modestia delle migliori società contadine d'Europa.
Alla fine del '700, quando qui da noi, e nell'Italia nel complesso e in tutto il centro nord c'era un terzo della popolazione che c'è oggi nelle zone che abbiamo aiutato, era già insediata una popolazione pari .a quella dei nostri tempi.
Quello che il Piemonte ha dato lo ha già anche ricevuto.
Un giovane volontario, nella riunione che abbiamo fatto in preparazione di questo incontro, ha detto che l'esperienza fatta lavorando e vivendo insieme ai giovani di quei Comuni è stata la più grande lezione di meridionalismo che si potesse ricevere.
Viviamo momenti nei quali è persino difficile trovare l'intesa sul significato della parola cultura.
Ma se guardiamo ai valori veri, quelli senza i quali non c'è convivenza, allora la bussola possiamo ritrovarla tutti.
Voglio qui ricordare alcune parole scritteci da quella ragazza di 14 anni che ha avuto per un po' come indirizzo di casa questo: Gerardina Robertiello, roulotte 114, Buccino.
Ha scritto a tutte k amiche sconosciute del Piemonte una lettera piena di malinconia dove apparentemente pareva spegnersi la speranza: "Frequentavo la seconda media, sono restata orfana, ho perso la mamma e altre 15 persone della mia famiglia, la mia casa non c'è più, ho perso tutto. Io sono stata tirata da sotto le macerie insieme a mio padre che è ancora all'ospedale. Ora vivo nel campo roulottes ma fa freddo. Per me quando vado al Paese mi viene solo da piangere e penso dove e come è morta mamma mia. Io e mio padre che siamo usciti per primi ci siamo salvati. Ma siamo finiti sotto le macerie".
Eppure dopo questo quadro desolante è stata lei che ha fatto gli auguri a noi, ai suoi lontani e sconosciuti amici.
Essa ci ha detto che è l'uomo con le sue speranze, la sua insopprimibile vitalità al centro di ogni possibile cultura.
Cercheremo, noi, di non dimenticarlo mai questo messaggio, lavorando in questi mesi, in questi anni, per tutte le Gerardine del Piemonte e della Campania, per un nuovo Mezzogiorno ricostruito anche con il contributo nostro, con tenacia e serietà, facendo fino in fondo il nostro dovere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

L'incontro di oggi, onorevole Zamberletti, va ben oltre il carattere di ufficialità; è piuttosto un dialogo fra vecchi amici, che hanno un antico e radicato vincolo che si riannoda nei momenti difficili, che va ben oltre la mera solidarietà e che si esprime, invece, nella rapidità dell'aiuto, nel collegamento fattivo ed operoso, nel discreto e non chiassoso risultato.
Così opera quello che è stato chiamato poc'anzi il vecchio Piemonte, il quale si pone, come sempre, al servizio del Paese, non chiuso nella grandiosità del suo antico disegno storico che portò all'unificazione del nostro Paese, non separato nell'orgoglio dalle sue realizzazioni, ma disponibile sempre a contribuire per la crescita generale del Paese di cui si sente parte integrante.
Né piangiamo noi di fronte alla sventura, né leviamo voce lamentosa per dire che capitano proprio tutte a noi, che tutte le calamità potrebbero essere sempre evitate e sconfitte, che il Governo è sempre inerte, che tutto rimarrà come il giorno dopo la catastrofe e che non se ne uscirà mai più. Non siamo fra questi.
Nulla di tutto questo avviene qui in Piemonte. Non abbiamo distribuito responsabilità - lei ha avvertito, onorevole Zamberletti, quanta distribuzione di responsabilità è avvenuta in queste settimane - non ci siamo seduti a lavare i panni, né a fare mille "ciacole" di goldoniana memoria, né il turco, navigatore dell'Impresario delle Smirne, è partito lasciandoci sul molo a disputare come una compagnia di guitti. Noi non siamo guitti. Noi, onorevole Zamberletti, ci conosciamo da tempo, da lunghi anni mi onoro di essere cittadino onorario di Gemona, le difficoltà ci hanno uniti, hanno cementato la nostra amicizia, ci comprendiamo con un cenno e pratichiamo tra di noi la disciplina e l'umiltà come metodo. Siamo ancora oggi a disposizione, come suol dirsi in termini militari, pur non essendo militari.
Noi del Gruppo socialista alla Regione Piemonte, di cui mi onoro di essere Presidente, apprezziamo moltissimo la sua opera di Commissario attivo, onesto, intelligente, lontano da schemi clientelari che spesso ritroviamo in queste occasioni, in un'azione che dovrà dare inizio non solo alla ricostruzione del distrutto, ma ad un lungo periodo di un affresco grandioso che è la rinascita del sud, il suo riequilibrio economico e sociale, che fu già il grido di milioni di uomini e di donne, tradotto peraltro, in tante pagine di Croce, di Giustino Fortunato, di Guido Dorso di Carlo Levi, di Giorgio Amendola, di Rocco Scotellaro, di Leonardo Sciascia.
Noi socialisti sappiamo anche che la tremenda calamità, peraltro sempre piena di ulteriori incognite, come è accaduto in questi giorni, colpisce un territorio già storicamente in difficoltà, logorato da emorragie emigratorie, da debolezze economiche e sociali, da insufficiente attenzione pubblica, se vogliamo oggi qui rilevare un dato che a noi pare importante e significativo.
Questa nostra città, Torino, è la terza città meridionale d'Italia, è la terza città meridionale del nostro Paese. Noi unici abbiamo scritto nel nostro Statuto che soltanto risolvendo i problemi del sud saranno risolti i problemi del Piemonte. E quindi, onorevole Zamberletti, ed amici delle zone terremotate, quando suona la campana - come ha detto Hemingway - noi sappiamo che suona anche per noi.
La campana è suonata, la calamità è di fronte a noi in tutta là sua vastità. Occorre, dunque, riprendere il cammino, quel cammino che era stato indicato per gli emigranti e gli immigrati nella nostra regione come il "cammino della speranza" che non sempre si era poi avverata, che è il cammino non della speranza, ma della certezza. L'occasione, signor Commissario, pur triste, pur drammatica, pur tremenda che oggi noi viviamo non deve essere sprecata e le forze disperse.
Noi sappiamo anche, onorevole Zamberletti, che lei è un indomito guerriero, e l'abbiamo conosciuto nel Friuli. Sappia che in questo grande affresco, che parte da un dato storico e drammatico che è il terremoto nel sud, che non è soltanto quello di ricostituire i beni perduti, ma è quello di dare inizio ad un vero, autentico riequilibrio tra nord e sud, le forze socialiste sono state e saranno ancora al suo fianco.



PRESIDENTE

La parola al collega Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Innanzitutto voglio ancora esprimere la mia solidarietà alle popolazioni colpite, qui rappresentate dai loro Amministratori, che ancora una volta in questi giorni hanno dovuto subire una dura prova. Certamente la soddisfazione per quanto abbiamo fatto finora come Regione Piemonte deve servirci da stimolo per valutare ed individuare il nostro ruolo nell'immediato ed in futuro, per la ricostruzione di quelle zone, ben sapendo l'enormità dei problemi da affrontare.
E' per questa valutazione, è per questa ricerca di qual è il ruolo della Regione Piemonte, che utilizzerò questi pochi minuti.
E' stato detto, ed è vero, che l'emergenza non è ancora finita e quindi, questo è un primo livello di continuità di impegno, ma ritengo che ci sia un'altra cosa profondamente vera e cioè: dal modo in cui ci si muove oggi, in questa fase di transizione e di avvio della ricostruzione, dipende il segno che avrà la ricostruzione nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
E' stato detto, e sono d'accordo, che quella della ricostruzione è una prova nazionale per fare uscire quelle zone dal sottosviluppo, dalla miseria, dal clientelismo assistenziale. Le popolazioni di quelle zone stanno dimostrando la volontà dr battersi perché non si ripeta un nuovo Belice. L'organizzazione, la nascita dei Comitati popolari in quelle zone testimoniano la volontà di un controllo e di una gestione democratica di massa della ricostruzione, perché questa non significhi la fortuna di grandi imprese, ma l'avvio di un tessuto produttivo e l'attivazione di posti di lavoro. E' questa organizzazione, la volontà di una gestione democratica e di massa della ricostruzione, la garanzia migliore per la sconfitta dei piani della camorra. Per questo bisogna dare spazio a questi nuovi interlocutori, ai Comitati popolari come nuove forme di volontà di partecipazione di quelle popolazioni, non bisogna mortificarli. Anche questo è l'unico modo, ritengo, per dare una prospettiva a quelle zone incentivando il ritorno degli emigrati. Per questo è necessario evitare e battersi perché la ricostruzione non abbia di nuovo un segno "colonizzatore", cioè ricostruzione fatta dalle grandi imprese del nord con manodopera del nord. Ritengo che se passasse questa linea si può ben dire che quello che si ricostruirà sarà la miseria e non, invece, un tessuto produttivo che vada al di là della ricostruzione. Purtroppo ho delle notizie che in questo senso non confortano: mi risulta sia stato ultimato in queste settimane uno studio fatto dalla Fiat Engeenering che, a fronte di 25 mila prefabbricati chiesti dal Commissario Zamberletti, abbia individuato 64 aziende che in cinque mesi hanno la potenzialità di costruire 69 mila prefabbricati completi di accessori; sono aziende collocate in gran parte al nord, di proprietà Fiat o collegate. Quello che non è accettabile - se le notizie sono fondate - è che tali aziende fornirebbero i 25 mila prefabbricati richiesti chiavi in mano, cioè completi di accessori e montati da tecnici ed operai propri (circa 10-15 mila lavoratori).
Chiedo all'onorevole Zamberletti un chiarimento su queste voci, perch se questo avvenisse significherebbe che già l'avvio della ricostruzione partirebbe attraverso l'installazione di prefabbricati, con un segno opposto a quello sperato, cioè sarebbe una frustrazione della volontà di ripresa di quelle popolazioni, una frustrazione della speranza che insieme alla ricostruzione si avvii un apparato produttivo e posti di lavoro. Del resto, sembra che lo stesso piano approvato dal Consiglio dei Ministri non corrisponda a questa esigenza: è doveroso, quindi, battersi per cambiarlo.
Ritengo che alcuni punti devono essere chiari e guidare la nostra azione: la ricostruzione deve avvenire impiegando soprattutto manodopera del luogo o emigrati che ritornano; non bisogna staccare il momento formativo dal momento della ricostruzione, mettendo quindi in atto già dall'installazione dei prefabbricati corsi di formazione-lavoro. Per questo, se è inevitabile acquisire i prefabbricati al nord, in quanto le imprese si trovano qui, tutta la par te dell'indotto, delle opere di urbanizzazione e gli allacciamenti, deve essere affidata ai lavoratori del luogo, con corsi di formazione-lavoro e costruendo un vero e proprio apparato produttivo, incentivando la costituzione di cooperative.
All'interno di questa concezione della ricostruzione il ruolo delle Regioni e degli enti gemellati deve essere innanzitutto un ruolo che serva ad attivare la forza-lavoro del luogo; fornire tecnici - come giustamente ha individuato il Vicepresidente Sanlorenzo - che avviino corsi di formazione-lavoro con lavoratori del luogo, permettendo di gestire da subito l'installazione dei prefabbricati, sapendo che questo è un segno anche per il futuro; fornire esperienze tecniche e scientifiche coinvolgendo gli istituti di ricerca e l'Università, cosa che peraltro la Regione Piemonte sta facendo; elaborare insieme alle Regioni ed Enti locali delle zone terremotate piani di ricostruzione che integrino il momento della ricostruzione con l'avvio di un tessuto produttivo.
Ecco, per finire, credo che se vogliamo che da questa tragedia esca un sud che riesca a spezzare le catene che lo legano all'emigrazione ed al sottosviluppo, dipende dalla nostra capacità di attivare la partecipazione delle forze del luogo che in questi giorni, in queste settimane, in questi mesi, hanno dimostrato di voler partecipare alla ricostruzione attivamente e di non voler abbandonare quelle zone, di assumere come interlocutori anche le nuove forme di organizzazione che le popolazioni si stanno dando.



PRESIDENTE

La parola al prof. Frunzi, Sindaco di S. Gregorio Magno.
FRUNZI, Sindaco di S.Gregorio Magno Onorevole Zamberletti, onorevoli Presidenti delle Giunte regionali del Piemonte e della Campania, onorevoli Consiglieri regionali, io sono il Sindaco di S. Gregorio Magno, uno dei Paesi più duramente colpiti dal sisma del 23 novembre 1980.
Il mio Comune fa parte della Comunità montana del Tamagro, insieme ai Comuni di Auletta, Salvitelle, Ricigliano, Buccino, Palomonte, Caggiano Comunità montana che è contermine a quella del Vallo di Diano, dove ci sono altri Comuni che pure sono stati colpiti la sera del 23 novembre. Quella sera, alle ore 17,34, mentre noi eravamo in Consiglio comunale e discutevamo di problemi inerenti la nostra vita amministrativa, già pesanti e numerosi, in nome e per conto delle popolazioni del sud che rappresentiamo, fummo improvvisamente sconvolti da questo evento così triste. Ed è con motivo di soddisfazione che io oggi, a nome mio personale della popolazione che rappresento e dei Sindaci di queste due Comunità voglio fare il mio ringraziamento all'onorevole Zamberletti che ha avuto veramente una tenacia e delle iniziative bellissime, che ha portato avanti con un disegno preciso i problemi delle nostre zone.
Voglio ringraziare anche il Presidente della Regione Piemonte ed il Vicepresidente, con i quali ho avuto modo di incontrarmi a Buccino nella fase più drammatica, quella dell'emergenza.
Ebbene, onorevoli Consiglieri, l'emergenza da noi non è ancora finita: abbiamo avuto, è vero, dei problemi drammatici, ma ne abbiamo ancora per risolvere questa prima fase, per passare poi, dopo questa serie di problemi complessi che ci ha creato l'emergenza, ad una fase successiva che deve, e ci auguriamo presto, venire: la fase della ricostruzione. E' in questa fase che noi chiediamo l'aiuto, l'assistenza tecnica e scientifica per la rinascita delle nostre zone.
Voglio ringraziare ancora il Comune di Collegno ed il Comune di Grugliasco, con il quale il mio Paese è gemellato. Sono convinto che in questa comunione, con la partecipazione di tutti gli Amministratori dei Consigli regionali, in seduta congiunta, si possa effettivamente portare avanti un discorso nuovo, che ci veda protagonisti in questa fase del dopo terremoto.
Noi apparteniamo a dei Paesi che avevano un'economia già povera rispetto all'economia del nord; abbiamo pagato lo scotto del terremoto riteniamo però che questo evento possa essere per i nostri Paesi un momento di crescita e di partecipazione, nel senso che si possa dare una svolta decisiva a tutti quei meccanismi arcaici e metterci su una via nuova che con la collaborazione di voi altri tutti del Piemonte, attraverso un'azione coordinata e con un impegno di collaborazione concreta tra il Presidente della Regione Piemonte e il Presidente della Regione Campania, si possa portare avanti il discorso della rinascita della nostra zona, il discorso della risoluzione di problemi antichi, di quei problemi che non siamo ancora riusciti a risolvere e che vorremmo risolvere per frenare quell'emorragia di nostre forze che - va via dalle nostre terre.
Con questo ringrazio tutti, nella speranza che si possa veramente fare qualcosa di positivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

La comunità nazionale sarà severamente impegnata, nei prossimi anni, a mettere a disposizione le risorse necessarie all'opera di ricostruzione.
Per capire cosa questo significhi non serve tanto sottolineare il valore assoluto degli investimenti, ma riflettere perché tali risorse saranno sottratte ad altre possibili linee di investimento.
E tutti sappiamo quali e quanti siano i bisogni del Paese anche nelle aree economicamente più forti.
In queste condizioni il Paese non è in grado di sopportare l'onere di ricostruzione se questa azione non saprà diventare occasione per qualificare la spesa pubblica e per sostenere l'intero apparato produttivo nazionale.
Se si accetta questa premessa, ci si rende davvero conto che l'opera di ricostruzione non potrà limitarsi alla sola rinascita delle strutture fisiche del territorio colpito, ma deve essere occasione per il definitivo rilancio di vaste zone del Mezzogiorno.
Il Paese degli anni '80 ha davanti una grande sfida: interpretare l'opera di ricostruzione del Mezzogiorno, non come un impegno di settore ma come un progetto integrato.
E' una sfida difficile da raccogliere in uno Stato in cui l'apparato centrale troppe volte ha dato prova di inefficienza, in cui le Regioni troppo spesso hanno più velleità che capacità di programmazione, in cui gli Enti locali sono troppo spesso rassegnati ad un ruolo subalterno.
Il Partito Liberale Italiano dà del disegno di legge sulla ricostruzione un giudizio di grande rispetto ed attenzione per lo sforzo di saldare le responsabilità di decisione che devono essere conservate alle autonomie locali a nuove logiche per rendere più controllabili e più efficienti gli investimenti.
La ricostruzione del Mezzogiorno, dopo il terremoto, pone le forze politiche e sociali di fronte ad un bivio: impegnarsi nel progetto di rinascita, inteso come uno dei grandi progetti della società italiana degli anni '80, con l'orgoglio di costruire uno Stato diverso, coordinato nell'azione delle autonomie, efficiente nelle decisioni, trasparente nell'impiego delle risorse o rassegnarsi nell'alternativa ad essere uno Stato ancora incapace di qualificare la propria azione ed impegnato solo ad imporre tasse o a distribuire assistenza.
Noi non siamo rassegnati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, onorevoli Autorità, il Gruppo consiliare del P.S.D.I. desidera sottolineare il carattere e lo spirito unitario, già espresso dal Consiglio regionale nel dibattito del 10 dicembre scorso che ha caratterizzato l'azione del Comitato di coordinamento dei soccorsi immediatamente costituito e che ha operato, a nostro giudizio, con efficacia a fianco degli altri organismi preposti all'opera dell'emergenza e della ricostruzione; spirito e carattere unitario costituiscono un costume ormai consolidato nella vita politica della comunità piemontese. Il nostro Gruppo desidera anche pubblicamente ringraziare quanti hanno accolto l'invito della Regione a collaborare per l'emergenza e la ricostruzione: gli Enti locali piemontesi, le Province, i Comuni, le Comunità montane con il personale, le risorse e le strutture messe à disposizione, le forze sociali, sindacali e imprenditoriali, i giovani che hanno riallacciato il filo della solidarietà umana militante.
A nostro giudizio è importante qui ribadire il rinnovato impegno del Consiglio regionale per andare avanti. Sulla ricostruzione il Piemonte pu svolgere ancora un ruolo attivo in ordine ai servizi, alle tecnologie ed al personale che può offrire alle popolazioni terremotate, ma soprattutto stabilendo un rapporto profondo e coordinato con le autonomie locali dei Comuni colpiti, perché l'impressione è che ozi ci si trovi davvero ad un bivio: il riaggancio, anche morale oltre che produttivo, all'Europa o un ulteriore scivolone verso un destino da cui sembra difficile intravedere via d'uscita, Ci sono certamente timori che nuovi debiti pubblici possano fare ulteriormente franare la nostra economia già vacillante, ci sono paure di fronte a tragiche lentezze burocratiche che impastoiano il buon volere di tanti, di tutti. Allora, sia chiaro che l'interrogativo a cui rispondere è questo: dalle pietre sconvolte del sud si riesce ad emergere? Noi diciamo che si può. Il Piemonte è qui per contribuire a lavorare perché si esca davvero da questa situazione. Abbiamo visto in questi mesi il volto civile e responsabile del nostro Paese, donne e uomini nella varietà dei ruoli che vogliono rimanere per dare un senso ed una continuità alla loro resistenza la gente che scava e che vuole ricostruire, i soccorritori, il personale di enti e di istituti, i vigili del fuoco, i volontari, i soldati, i giovani cui va il nostro più sincero riconoscimento.
Occorre continuare, non si tratta di muoversi per consolarci, ma per fare, per costruire, un muoversi per essere; è evidente che bisogna lanciare una sfida alla storia e alla natura, così aspra e talvolta nemica nei confronti di quelle popolazioni. Si tratta di agire a nostro avviso con intelligenza, con lungimiranza e con buona lena, in un'operazione che deve essere complessiva e non settoriale.
Questo Consiglio regionale, a giudizio del Gruppo socialdemocratico può concorrere a realizzare questi obiettivi, tutti tesi ad una sola cosa: ricostruire per far rinascere la vita e le attività là dove il terremoto ha colpito specie per le giovani generazioni, impegno di cui oggi qui tutti diamo testimonianza.



PRESIDENTE

La parola al rappresentante sindacale, Fausto Bertinotti.
BERTINOTTI, rappresentante sindacale Loro sanno quanto grande sia stato il moto di solidarietà dei lavoratori italiani e piemontesi nei confronti delle zone terremotate, che si è espresso sia nella sottoscrizione che nell'invio di soccorsi immediati. Su questo il sindacato piemontese ha costruito un'iniziativa diretta dei suoi militanti in Irpinia e nell'Alto Scie per farci conoscere i bisogni delle popolazioni, instaurare un rapporto con la gente e con le istituzioni, concorrere all'organizzazione dei soccorsi. In questo quadro abbiamo prodotto un impegno per costituire squadre di operai specializzati per impianti elettrici ed idraulici nelle tendopoli, abbiamo concorso a promuovere i Comitati popolari.
Oggi siamo in una fase di passaggio, indilazionabile, fra l'emergenza la ricostruzione e la rinascita di quelle zone; un intreccio tra questi momenti si fa pressante. C'è ancora tanta emergenza - ci dicevano i compagni che questa notte sono tornati da quelle zone ci sono ancora bisogni elementari da soddisfare, c'è una grande esigenza strutturale attorno ai prefabbricati per garantire le condizioni affinché le genti possano rimanere in quelle zone. C'è bisogno di un'analisi insieme su cosa si è fatto, su quello che non si è fatto e perché non lo si è fatto. Siamo ad un passaggio delicato, in cui potrebbero inserirsi momenti di incrinatura e di rottura del grande moto di solidarietà che finora si è prodotto se si compissero scelte politiche sbagliate. Per questo il sindacato ha criticato con forza la scelta del Governo di ricorrere all'addizionale del 5%, quando si era disposto a questa ipotesi condizionandola oltreché ad un preciso piano di spesa per le zone terremotate alla revisione della curva delle aliquote e ad un'indagine precisa sul bilancio dello Stato.
Andiamo, come loro sanno, Agli scioperi regionali in tutta Italia, non per ridurre ma per qualificare la nostra solidarietà, per evitare che ci possa essere un riflusso nell'impegno solidale delle masse lavoratrici fin qui espresso, riflusso che si potrebbe determinare se si introducesse la sfiducia, se si potesse far strada l'idea che anche questa tragica vicenda del terremoto può essere utilizzata dalle classi dirigenti per colpire una certa classe sociale, in particolare i lavoratori.
Lavoriamo, quindi, a mantenere alta la solidarietà e, per questo costruiamo il nostro impegno anche sulle questioni decisive del piano di rinascita. Faremo come sindacato un esame più attento delle proposte del Governo, ma intanto non possiamo non esprimere la nostra preoccupazione per quello che ci pare non esserci in questo piano: ci pare non esserci proprio una questione decisiva, una proposta che riguardi il lavoro, la ricostruzione del lavoro, la produzione di convenienze capaci di attrarre nuove energie nelle zone terremotate. L'assenza di questa proposta rischia di non consentire un rapporto con le forze sociali su cui puntare per la rinascita; oggi è necessario stabilire un rapporto stretto fra l'emergenza e lo sviluppo, per arrestare l'esodo, per invertire la tendenza.
C'è bisogno di un grande sforzo di politica economica e progettuale per riequilibrare le zone di sviluppo con quelle emarginate, le zone costiere con quelle interne, per riportare nelle zone terremotate le energie necessarie allo sviluppo, per produrre elementi di rientro degli emigrati.
Per questo, allora, accanto ad una discussione che coinvolga tutte le forze sociali e le forze politiche, su progetti di sviluppo dell'agricoltura dell'agro-industria, dell'edilizia, dell'indotto dell'edilizia, dei servizi, capaci di collegarsi fortemente al tessuto locale ed alle potenzialità di risorse locali, c'è bisogno - e questo riguarda in particolare l'impegno nostro qui in Piemonte - di una discussione anche su possibili poli industriali che riguardino la Campania e le zone interne.
C'è un'occasione che il sindacato e le forze politiche non possono perdere: è l'occasione della discussione sul piano auto. L'auto è la componentistica, pure in una fase di crisi come quella che investe l'industria automobilistica, può essere l'occasione per offrire insieme alla questione dell'agricoltura, dell'edilizia, dei servizi, delle possibilità di nuovo sviluppo in Campania, basti pensare alla possibilità di costruire lì un polo nuovo di sviluppo della componentistica; basti pensare a cosa può significare la gestione dell'accordo Alfa-Nissan oppure per quello che ci riguarda, quello Fiat-Peugeot. C'è bisogno di un impegno decisivo su questi temi della politica economica e industriale. In questo quadro, allora, la proposta di gemellaggio, di sviluppo delle iniziative già in corso fra la Regione Piemonte e la Regione Campania, ci sembrano assai utili; devono avere un peso nella legislazione. Se questi gemellaggi non possono esaurire tutto l'intervento dello Stato, che dovrà trovare anche forme originali di intervento sui temi dello sviluppo e della politica economica, certamente su questi gemellaggi deve poter puntare con grande forza una proposta: in questo senso va la proposta della Regione Piemonte; sui tecnici il coordinamento delle due Regioni può avviare un processo, la convenzione rappresenta un elemento interessante, anche per ciò che riguarda la qualificazione dei tecnici di amministrazione. Ma c'è bisogno di una diffusione della formazione, di competenze tecniche; c'è bisogno di uno sforzo di riqualificazione che parta anche da questo elemento per riqualificare le conoscenze esistenti e per muoversi ad una diffusione grande che assuma, ad esempio, i contratti formazione-lavoro come un elemento decisivo di questo processo. Diffusione delle competenze e sviluppo della partecipazione e della democrazia, come quella che si esprime nei Comitati popolari, sono già una risorsa per lo sviluppo diventano un punto di qualificazione importantissimo per tutte le forze che vogliono puntare davvero alla rinascita delle zone terremotate. Per trasformare lo sviluppo, lo abbiamo imparato, bisogna davvero innovare la politica, e non solo nelle zone terremotate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signori Presidenti, colleghi Consiglieri, sia consentito anche alla nostra parte politica, il Movimento Sociale Italiano, di inviare anzitutto, un rispettoso saluto al Commissario di Governo, onorevole Zamberletti, agli Amministratori delle zone terremotate oltreché alle Autorità militari e civili oggi qui convenute.
In loro, ed attraverso loro, noi salutiamo con commozione sincera tutti gli Italiani della Campania e della Basilicata colpiti da una calamità naturale che, per l'estensione dell'area sinistrata e per l'altissimo numero delle vittime, non ha precedenti nella storia unitaria della nostra Nazione.
E' una sciagura immane, che purtroppo ancora prolunga nel tempo i suoi effetti disastrosi, così com'è avvenuto con la scossa sismica di sabato scorso cui sono da addebitare altri morti, altri feriti, altre distruzioni e che, comunque, è destinata a pesare per anni, forse per decenni, sul futuro dell'Italia intera.
Ma dilungarsi oltre sulla gravità della catastrofe è senza dubbio superfluo: non v'è, infatti, chi non l'abbia afferrata e compresa in tutte le sue vaste e profonde dimensioni, tant'è che la tragedia collettiva di un popolo è diventata - si può dire - l'esperienza angosciosa vissuta singolarmente da ciascuno di noi, magari interpretata in diverso modo, a differenza di ciò che avvenne nel 1976 per il terremoto del Friuli, segno questo che da allora qualcosa è profondamente mutato nella nostra società e magari vissuto con sofferta partecipazione o con rabbioso impegno o con solidarietà umana che non escludeva, però, l'indignazione più viva a mano a mano che si venivano a conoscere certe crude verità sulla situazione verificatasi.
Tuttavia, davanti al dramma, la risposta è stata pronta, generosa e corale. Si spiega così il "fenomeno" di un quotidiano come "La Stampa" giunto a raccogliere oltre 6 miliardi e mezzo di offerte pro-terremotati: i lettori, i cittadini piemontesi hanno compreso che, al di là di tutto prima di tutto, il dovere principale era quello di tendere una mano ai fratelli del sud.
E in quest'ottica crediamo si siano mossi tutti: le istituzioni pubbliche e private, le organizzazioni assistenziali e gli organismi religiosi, la cittadinanza, infine, nella diversità delle sue varie opinioni e tendenze.
Anche la Regione Piemonte i cui programmi di pronto intervento, proprio nell'ottica prima precisata, noi pure abbiamo condiviso ed approvato, Così come adesso dichiariamo di condividere ed approvare l'attenta ed esauriente relazione di consuntivo e insieme di preventivo presentataci dal Vicepresidente Sanlorenzo.
Su questa strada occorre, dunque, continuare, intanto perch l'emergenza è tutt'altro che finita ed è necessario impegnarsi tutti affinché la tensione ideale che ci aveva sorretto e spronato nei primi giorni e nelle prime settimane non venga fatalmente ad affievolirsi.
Citiamo in proposito - e le facciamo nostre - le parole pronunciate secondo quanto riferito dall'ANSA, dall'onorevole Zamberletti: "C'è una caduta pericolosa di tensione e la cosa più angosciosa è che per questa gente disastro sta diventando routine".
In secondo luogo, perché l'opera da svolgere nel Mezzogiorno è davvero immane dovendosi non soltanto provvedere alla ricostruzione materiale bensì creare le condizioni idonee per un rilancio del sud facendo finalmente uscire i Paesi di quella terra sventurata dalle condizioni di secolare arretratezza e di miseria allucinante in cui sono sinora vissuti.
Ecco perché noi auspichiamo che intorno a questa tragedia abbia anzitutto a mantenersi viva la solidarietà nazionale e che lo Stato sappia partecipare tutto intero, e non con un suo livello soltanto, a questo impegnato sforzo, sicché sia possibile uscire dalla tragica esperienza dando concrete risposte alle attese delle popolazioni meridionali ed alle speranze dell'intera comunità nazionale in termini di recupero, di ricostruzione, di rilancio, di rinascita.
Per la verità, dobbiamo anche aggiungere che i provvedimenti recentemente varati dal Governo a questo fine non ci sembrano andare nella direzione auspicata. Vogliamo solo dire, per inciso, che anziché inasprire il già insopportabile carico fiscale, si poteva, secondo noi, ricorrere ad un prestito sul mercato internazionale per la ricostruzione delle zone terremotate. Vogliamo ancora aggiungere che riteniamo non credibili i tempi di attuazione della legge-quadro relativa alle aree colpite dal terremoto di novembre: c'è il rischio di dissipare fiumi di denaro pubblico e di aprire la strada a nuove speculazioni.
Ma non indugeremo oltre su questi temi perché, nel rispetto degli accordi intervenuti tra le forze politiche per questa seduta ed anche, se ci è consentito dirlo, per una questione di stile personale, non sono questi né il momento né la sede per abbandonarsi a valutazioni ed a polemiche di parte.
Concludiamo quindi approvando la relazione che ci è stata presentata ed augurando che, dal canto suo, per quanto le compete, la Regione Piemonte sappia e voglia continuare a fate il suo compito, con la sensibilità, con la generosità, con l'efficienza con le quali sinora si è mossa impegnandosi anzitutto per la soluzione della crisi economica. Infatti, se è vero che il nord non può fare a meno del sud, è altrettanto vero che soltanto attraverso la ripresa del nord possono passare la rinascita ed il rilancio del sud.



PRESIDENTE

La parola alla collega Bianca Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Onorevole Zamberletti, signor Presidente del Consiglio, colleghi ed amici, il 23 novembre la catastrofe tellurica venne a riproporci in tutta la sua urgenza angosciosa l'emergenza della questione meridionale, mentre già su questo travagliato Paese incombeva l'emergenza istituzionale segnata dalla sfida del terrorismo, l'emergenza economica imposta dall'inflazione, l'emergenza morale, caratterizzata dall'inquinamento della vita pubblica per gli oscuri intrecci tra politica e finanza.
La catastrofe risvegliò solidarietà e generosità per l'Italia da tutto il mondo, ma mise soprattutto alla prova l'attualità e l'intensità dei sentimenti di fratellanza degli italiani.
Il Piemonte attraverso le sue innumerevoli azioni da ogni dove e nelle più svariate manifestazioni, ha voluto e saputo tendere la mano al fratello del sud.
Questa corale immediata partecipazione ci fece anche pensare che se la strategia terroristica, che aveva scelto il Piemonte come sua terra prediletta per i suoi crimini, avesse avuto tra i suoi obiettivi anche quello di annientare il senso dello Stato unitario democratico e solidale dei piemontesi, ebbene, il Piemonte con la sua generosità aveva dato un'ennesima risposta negativa agli eversori.
Ozi, mentre si sta superando il periodo dell'emergenza, si presenta in tutta la sua enormità la questione della ricostruzione. Sappiamo che su questo problema esistono posizioni anche diametralmente opposte: ognuna di queste ha motivazioni scientifiche o sociali, economiche o umane.
Tuttavia, perché il sud non sia anche in questa occasione solo terreno di clientele e di interventi a pioggia, perché lo Stato abbandoni la veste assistenziale, perché le autonomie locali possano affermare il loro ruolo di enti programmatori e gestori, s'impone la necessità di una programmazione globale e seria. Per questo, come repubblicani, riteniamo che il piano a medio termine, che resta al centro della nostra iniziativa politica odierna, sia la cornice più idonea per avviare il processo di ricostruzione che deve tener conto delle esigenze di un Mezzogiorno teso a sfuggire alla sua condizione di antica emarginazione.
Riteniamo altresì che una condizione fondamentale per la ricostruzione e lo sviluppo delle città e delle campagne sia quella di un coinvolgimento adeguato delle stesse popolazioni colpite nell'opera di ricostruzione.
Il protagonismo dei Sindaci delle zone terremotate in tutte le vicende di questa tragedia (alcuni dei quali sono sui presenti e che salutiamo affettuosamente) dimostra che i cittadini, che la gente intende essere partecipe e responsabile del suo risollevamento; ecco perché il piano di ricostruzione non solo deve saper tenere conto delle caratteristiche economiche, ambientali e sociali delle diverse aree, ma deve essere concertato con le popolazioni colpite e dalle stesse condiviso.
Tra i fautori del "rispetto delle radici" e gli "sradicatori", cioè i portatori delle tecnologie nuove in una ristrutturazione globale del territorio, noi riteniamo che esista una via, quella che gli amici meridionalisti Compagni e Galasso chiamano la "via mediana", che è quella di cogliere questa occasione per accelerare la riconquista dei fondovalle o delle pendici più immediatamente gravitanti sul fondovalle.
E' proprio tale riconquista che può consentire alle attività economiche e di servizio di arricchire la funzione residenziale più di quanto non sarebbe stato possibile e non sarebbe possibile sulle più alte, più lontane, più scoscese, più defilate pendici, sulle quali giacciono distrutti o semidistrutti i Paesi dell'Alta Valle dell'Ofanto e dell'Alta Valle del Sele.
Personalmente auspicherei che potesse essere il singolo a scegliere in definitiva, anche sbagliando, dove e come ricostruire: il potere pubblico gli dia le indicazioni e gli strumenti per poter scegliere. Nondimeno questa tragedia e le sue innumerevoli (ed ultime quelle di ieri) vittime che ricordiamo con rimpianto e riverenza, ha dimostrato quanto sia urgente ed indilazionabile per il nostro Paese affrontare il problema della protezione civile, ben consapevoli che la mancata attuazione dei regolamenti discendenti dalla legge del 1970, sia stata in gran parte alla base delle insufficienze e delle contraddizioni del servizio di soccorso e di assistenza.
Sarà anche questa un'occasione di affermazione delle autonomie locali come diceva il Vicepresidente della Giunta nella sua introduzione - ma sarà anche occasione di recupero e valorizzazione di tante altre forze, quelle che in occasione della tragedia hanno dimostrato tanta vitalità e tanto spirito di organizzazione e di sacrificio, collaborando con le forte armate, con i corpi dello Stato, con il personale degli Enti locali: parlo dei volontari civili e religiosi, dei tanti e validi giovani, delle donne che dopo questa tragedia più di ieri auspicano che il Parlamento riesaminando al più presto la legge sul servizio militare, preveda le condizioni per un sud allargamento alle donne, non perché le stesse ambiscono esercitarsi alla guerra, che esse rifiutano ideologicamente ed incondizionatamente, ma per essere abilitate a dare il contributo della loro azione, del loro entusiasmo, del loro impegno nella prevenzione e nel soccorso civile.
Le sciagure della Campania e della Basilicata oggi e ieri quelle di Firenze, del Belice, di Seveso e del Friuli, hanno avuto conseguenze che sconvolgendo la vita economica e sociale di tutto un Paese, hanno fatto paragonare le loro conseguenze a quelle della guerra.
In ogni caso, adoperiamoci tutti per una ricostruzione non burocratica tempestiva, efficiente, pulita; cogliamo l'occasione per dimostrare a noi stessi che veramente questo nostro Paese vuole rinnovarsi integralmente e che la volontà da tanti conclamata di voler ridurre le distanze fra le due Italie ed annullare la drammaticità di tale frattura è reale.
Ecco perché, come repubblicani, giudichiamo indispensabile un vasto consenso di forze politiche, di forze sociali, di forze volontaristiche nell'opera di ricostruzione del sud terremotato, senza distinzione fra l'area pubblica e l'area privata, nel presupposto di una politica di rigoroso coordinamento delle risorse e di ancor più rigorose compatibilità e priorità.



PRESIDENTE

La parola al signor Boscarolo, rappresentante del Comitato coordinamento giovani.
BOSCAROLO, rappresentante del Comitato coordinamento giovani Non erano ancora trascorse 24 ore dalla tragedia e non si avevano chiare le dimensioni della catastrofe che aveva colpito il Mezzogiorno d' Italia, che già i giovani piemontesi, attraverso le loro organizzazioni politiche, sociali e religiose, costituivano un Comitato unitario giovanile, con lo scopo principale di organizzare lo slancio massiccio e generoso di centinaia di giovani e di ragazze che si erano mostrati disponibili, oltre che a raccogliere fondi e generi di prima necessità anche a prestare lavoro volontario presso le popolazioni colpite dal sisma.
Ribadiamo in questa sede il grande valore civile, politico ed anche culturale rappresentato dalla scelta di migliaia di giovani italiani di farsi protagonisti volontari, con i propri limiti, certamente, ma anche con le proprie capacità, dell'opera di soccorso alle zone terremotate.
E' molto significativo, infatti, che in un periodo in cui molti teorizzano il riflusso dei giovani nel proprio privato e la diffidenza verso qualsiasi forma di partecipazione civile, il terremoto abbia evidenziato come essi conservino un altissimo grado di coscienza civile e democratica. Se essa si è espressa in forme qualche volta imperfette, certo molto è dovuto alle difficoltà frapposte, nonostante la palese utilità degli interventi da parte di alcune Amministrazioni dei centri colpiti: questo è un limite da superare nell'interesse di tutti, soprattutto verso una maggiore capacità operativa.
Comunque crediamo che lo slancio di solidarietà dimostrato in questa tremenda occasione non solo dai giovani volontari ma dalle Regioni italiane, dai Comuni, dalle diverse associazioni ed organizzazioni e dalla gente in genere, non debba essere disperso, ma vada valorizzato ed utilizzato per l'opera, certo non meno difficoltosa, della ricostruzione.
A partire da questa convinzione, riteniamo quindi che i provvedimenti che si stanno approntando da Parte del Governo debbano ricevere il contributo propositivo di tutte le forze politiche e democratiche presenti in Parlamento e delle forze sociali e soprattutto che debbano tenere conto e potenziare le capacità operative dimostrate, non solo in questa occasione ma anche in Friuli, dalla rete delle autonomie locali come garanzia di efficienza e di controllo democratico.
Occorre, dunque, superare tendenze centralistiche e contemporaneamente avviare un rapporto con le popolazioni colpite e con le loro Amministrazioni locali che sia improntato ad un'assoluta correttezza e chiarezza di obiettivi.
Protagonisti della ricostruzione e della rinascita del Mezzogiorno devono infatti essere innanzitutto le popolazioni, i giovani, le donne delle località colpite: in questo senso è positivo il ruolo svolto dai Comitati popolari nell'opera di collaborazione con le Amministrazioni comunali e soprattutto nella creazione di strutture di democrazia di base.
Siamo convinti che sia possibile avviare un processo di sviluppo, dal punto di vista sia economico che sociale, tale da eliminare una volta per tutte le differenze storiche strutturali tra nord e sud, che coinvolga le popolazioni locali, i lavoratori, i giovani, le donne, le strutture della partecipazione diretta e democratica.
In ogni caso, dovrà essere fermamente battuto qualsiasi tentativo, da qualunque parte provenga, di speculare sulla tragedia per fini personali o di gruppo, perché produrrebbe un ulteriore aggravamento delle condizioni già estremamente difficili; non solo delle zone terremotate, ma di tutto il Meridione.
Vogliamo ora formulare alcune proposte concrete cui siamo giunti con l'esperienza di questi mesi: verifica, da parte degli enti preposti all'erogazione dei fondi, dei danni effettivamente subiti sia da strutture pubbliche che da strutture private utilizzo per la ricostruzione di parte dei fondi destinati dallo Stato per le spese militari creazione, attraverso l'opera di ricostruzione in un quadro generale di programmazione, di nuovi posti di lavoro stabili per i giovani disoccupati meridionali sviluppo ed incentivazione della cooperazione, in modo particolare quella giovanile, affinché divenga elemento strutturale nel tessuto economico da ricostruire allestimento, con il concorso delle Regioni, del sindacato, delle organizzazioni degli imprenditori, di corsi di formazione professionale per i giovani meridionali utilizzando, tramite apposite convenzioni, l'apparato tecnico-scientifico delle Università. Sull'esperienza di un gruppo di studenti, e di insegnanti dell'Istituto Tecnico Professionale Plana di Torino, che proprio in questi giorni sta operando nelle zone terremotate crediamo sia necessario promuovere e favorire esperienze di scuola-lavoro utilizzando le conoscenze dei giovani e dei docenti per l'opera di soccorso e di ricostruzione dando contemporaneamente un contributo concreto al troppo lento processo di riforma della scuola.
Per ultimo, riteniamo necessario che il Parlamento approvi con urgenza le norme sulla protezione civile e che anche la Regione Piemonte legiferi in materia per far sì che calamità di qualsiasi tipo non ci colgano impreparati. All'interno di questa legge per la protezione civile chiediamo che venga in qualche modo riconosciuto il ruolo del volontariato.
Permetteteci, in fine, di dichiarare pubblicamente che la nostra esperienza nei Paesi terremotati è stata anche una grande esperienza umana i legami di amicizia e di affetto che abbiamo stretto con tante persone stanno a dimostrare che il nostro impegno, anche se ovviamente in forme diverse, deve e vuole continuare. In modo particolare pensiamo sia utile la continuazione dell'attività di animazione verso i bambini e gli anziani e contribuire alla nascita di centri sociali, come punto di ritrovo per il tempo libero e comunitario non solo dei giovani. A questo scopo avremo l'intenzione di organizzare campi di volontari per il periodo estivo e di fornire alcune delle attrezzature per i centri sociali nascenti.
Al fine di evitare confusioni od equivoci, sarebbe opportuno che tale disponibilità venisse espressamente inclusa all'interno delle convenzioni in via di stipulazione fra i Comuni interessati e la Regione.
Abbiamo imparato molto dalla gente di Palomonte, di Buccino, di S.
Gregorio Magno e chiediamo ai signori Sindaci qui presenti di ringraziare ancora una volta da parte nostra le loro popolazioni, con l'augurio che questo nuovo rapporto, anche se in circostanze dolorose, che si è creato tra nord e sud serva alla risoluzione dei gravi problemi che affliggono il Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Commissario Zamberletti, signori Sindaci della Campania Consiglieri, invitati, non parlerò, volutamente, delle posizioni del mio Gruppo e del mio Partito sui grandi nodi politici che abbiamo oggi sul tappeto: la legge di ricostruzione, il modo con cui avviare questo processo. Sono note a tutti le posizioni, anche fortemente critiche del nostro Partito, su alcuni di questi problemi, perciò non mi pare di dover porre, in particolare al Commissario Zamberletti, questi problemi nell'economia di un dibattito che, a nostro avviso, deve tendere all'impegno a discutere queste cose nelle prossime sedute nelle sedi proprie.
Compito del Consiglio è quello di avviare oggi questa riunione con molta modestia e serietà. E la modestia e la serietà devono essere espresse in due modi, con la riaffermazione netta, univoca e chiara della nostra volontà di andare avanti per coprire l'emergenza e per avviare la ricostruzione e con la volontà di conoscere da lei, Commissario Zamberletti, e dai Sindaci delle zone colpite, piani, tempi e modi per continuare a dare il nostro contributo.
Il Gruppo comunista approva l'introduzione del Presidente della Giunta e la relazione del Vicepresidente. In questi mesi, insieme con le altre forze politiche del Consiglio regionale, abbiamo portato avanti un'azione di continua ed intelligente attenzione ai problemi che via via emergevano.
I Consiglieri regionali Avo ndo e Bruciamacchie hanno assicurato per conto del Consiglio regionale del Piemonte la loro presenza nelle zone terremotate. Nel corso del dibattito abbiamo espresso le nostre posizioni in ordine alla ricostruzione, ma quello che più interessa al Gruppo comunista, e spero a tutti i Gruppi del Consiglio, è concretizzare un grande patto di solidarietà tra il Piemonte e il Mezzogiorno, non solo in riferimento al terremoto, ma anche relativamente a tante iniziative concrete che sono la chiave di volta per interpretare profondamente un atteggiamento delle istituzioni piemontesi locali.
L'emergenza del terremoto ci richiama a comportamenti urgenti, ma io vorrei iscrivere questo grave evento in un disegno più grande che ha avuto anche nelle legislature passate uno dei riferimenti fondamentali.
Riaffermare questo patto non è secondario e, in questo senso, colgo le sollecitazioni venute dal rappresentante sindacale.
Dico questo non solo perché sono gli obiettivi scritti nello Statuto della Regione Piemonte ma perché i comunisti lo ritengono uno degli elementi fondamentali del loro impegno politico.
Questo obiettivo si può iscrivere in un grande disegno di risanamento e di cambiamento del Paese.
Esso è uno dei compiti più gravosi e più difficili che ci attendono.
Non bastano le parole, non bastano gli appelli, non bastano le generose intenzioni. Credo sia stato possibile riunirci qui insieme con tanti Sindaci, forze sociali, giovani, proprio perché non abbiamo giocato solo la carta della retorica. Le popolazioni hanno creduto per la tempestività, la concretezza .e la trasparenza con cui si è espressa l'azione delle istituzioni.
Gli operai di Villar Perosa, che avevano raccolto circa 35 milioni per le zone terremotate, vennero in Regione per consegnarli, ma volevano avere assicurazioni sul loro impiego. Ebbene, la tempestività con cui ha operato il Comitato esecutivo permise di prospettare a quegli operai i tipi di prefabbricati che venivano realizzati, il luogo in cui venivano insediati le dimensioni, i costi.
Sono intervenuto insieme con il collega Testa ad una riunione decentrata nella quale Comprensori, Comunità montane e Comuni ricercavano orientamenti ed indirizzi di coordinamento per poter dare certezze alle popolazioni, nella speranza di conquistarci la loro fiducia con la concretezza dei nostri comportamenti.
Mi si permetta di chiudere con un saluto caloroso e rispettoso al Commissario Zamberletti e agli Amministratori della Campania. E' un saluto che ha anche il segno di una collaborazione non acritica, ma intelligente e totale.



PRESIDENTE

La parola al collega Picco, Vicepresidente del Consiglio regionale.



PICCO Giovanni, Vicepresidente del Consiglio regionale

Colleghi ed amici delle zone terremotate ospiti di questa riunione, mi associo anch'io ai ringraziamenti ed ai saluti che sono stati espressi finora, in particolare un vivo saluto all'amico Zamberletti, che rappresenta qui il Governo e, quindi, la dimensione maggiore rispetto alla quale dobbiamo considerare e valutari i problemi che stiamo discutendo in questa riunione e in questa circostanza.
Debbo alla cortesia del collega Paganelli, se faccio questo intervento a nome del Gruppo della Democrazia Cristiana e per economia di spazio in questa riunione è toccato a me questo ruolo essendo anche rappresentante del Comitato esecutivo di coordinamento degli aiuti alle zone terremotate assieme al collega Sartoris.
Assieme abbiamo potuto valutare quanto sia stata apprezzata questa nostra pur modesta opera di solidarietà che abbiamo svolto unitariamente Giunta e Consiglio, all'interno del Comitato, pur in una differenziazione di valutazioni che mi sembra doveroso esprimere in questa sede. Deve essere chiaro che quando si esprimono queste differenziazioni di valutazione non sono incrinate le unitarietà degli obiettivi che si intendono perseguire né sono in discussione le motivazioni per le quali ci siamo mossi e per le quali intendiamo assicurare, con la presenza delle forze politiche e delle loro articolazioni, dei valori che riteniamo siano da salvaguardare.
Orbene, noi riteniamo che la solidarietà che è stata dimostrata dalla comunità piemontese in questa come in altre circostanze sia il frutto di una presenza di energie che non si sono tanto e solo mosse in funzione di sollecitazioni e stimoli che possono essere derivati da quotidiani e dalle istituzioni, quanto piuttosto siano espressione di un'articolata adesione spontanea derivante da motivazioni che trascendono le differenziazioni proprie strumentali rispetto alle quali alcune sollecitazioni vengono espresse. Noi, quindi, questo intendiamo ribadirlo, anche per esaltare il significato di una serie di iniziative che sono state coordinate sì dalla Regione, ma che hanno avuto un nascere ed una espressività spontanea dobbiamo riconoscerlo.
In secondo luogo voglio sottolineare come, pur consapevoli e coscienti dell'esigenza di coordinare queste iniziative nella fase di "atterraggio" di approdo nelle zone terremotate, siamo anche consapevoli dell'esigenza che vi è il pericolo, qualche volta, che il coordinamento nella fase di decollo, cioè iniziale, possa fagocitare determinate iniziative e possa non ricondurle a quella capacità di espressività e di potenzialità che esse potrebbero esprimere.
In questo senso, forse, il discorso sarebbe lungo, non voglio cogliere i problemi di polemiche che potrebbero nascere tra le forze politiche in una circostanza come questa; certo è che la differenziazione che avevo preannunciato avrei espresso a nome del mio Gruppo, per quanto riguarda il ruolo che noi intendiamo possa essere affidato alle istituzioni ed alle autonomie locali in certe circostanze, è un problema che rimane aperto, sia per questo momento come per altri, un ruolo che non vediamo n miracolistico né risolutivo, da parte degli Enti locali, di tutti i problemi e vorremmo, anzi, che nella valutazione di questi problemi di emergenza, come di altri problemi che travagliano il Paese, vi fosse da parte di tutti maggiore responsabilità nel considerare ruoli e distribuzioni di competenze del pubblico e del privato, in un'armonizzazione che possa trovare veramente chiaro e definito l'obiettivo finale che si vuole perseguirei non tanto la strumentalizzazione dei mezzi.
Noi siamo preoccupati che queste grande tema del collegamento nord-sud riemerga in circostanze eccessivamente strumentali rispetto alla grande attenzione che richiederebbe ed al grande peso che ha rispetto alle prospettive del nostro Paese. Siamo preoccupati perché rischia di divenire un tema sul quale la sollecitazione dei consensi ed anche dei propositi è eccessivamente discontinua, sporadica talune volte, non sempre finalizzata a quella concretezza di individuazione dei ruoli precisi che possono essere assolti, ad esempio per quanto riguarda le istituzioni locali, in un'armonizzazione di compiti che sia quella effettivamente necessaria.
Questa preoccupazione i la esprimiamo anche qui stamattina, dicendo che comunque la nostra adesione a questa tematica non è da scindere da quelle adesioni rispetto alle quali ci siamo collocati con spirito di collaborazione e di effettiva volontà di costruire un qualche presupposto reale a questa esigenza, fin da quando impostando lo Statuto della Regione Piemonte, le sue articolazioni funzionali, i suoi obiettivi, abbiamo inteso perseguire un riequilibrio di natura storica rispetto alle modificazioni con le quali la nostra stessa realtà regionale si è modificata in funzione delle esigenze del sud. Ribadiamo, quindi, questa nostra volontà che si colloca anche rispetto alle stesse proposte di intervento e di presenza che la Regione Piemonte può assicurare in questa seconda fase dell'emergenza.
Noi Gruppo della D.C. diciamo che le proposte che Sanlorenzo ha esposto nella sua illustrazione sono i una base di discussione da verificate sia come opportunità, sia come accettazione da parte degli interlocutori locali, sia come effettiva possibilità di destinazione di risorse economiche, ma sia soprattutto come compatibilità rispetto ad un disegno unitario che deve vedere coinvolto lo Stato e le Regioni, soprattutto quelle meridionali, disegno unitario rispetto al quale non possiamo presumere di collocarci con delle azioni che siano di disturbo o, per lo meno, non tali da essere effettivamente coinvolte in una strategia unitaria che Corrisponda alle reali esigenze della ricostruzione.
Siamo quindi disponibili - e l'elencazione che Sanlorenzo ha fatto è un punto di riferimento valido - per una serie di progetti di intervento che purtroppo, sono impropriamente definibili assistenziali ma che sono soprattutto, di collaborazione ad integrare eventuali carenze rispetto alle quali le autonomie locali della Campania e delle Regioni limitrofe si trovassero fagocitate od impegnate al di sopra delle proprie capacità di intervento operativo.
Abbiamo, da questo punto di vista, maturato esperienze e capacità di mobilitazione di energie, che disinteressatamente sono disponibili in questa direzione, e vorremmo metterle a disposizione senza iattanza, con molta umiltà, consapevoli di poter da questo punto di vista dare un contributo all'opera che precede la ricostruzione.
Siamo quindi consapevoli, in questo senso, che anche per noi, per il Piemonte, la ricostruzione delle zone terremotate è un'occasione di recupero e non di scoperta di valori. Noi sappiamo bene quali sono i valori che hanno guidato lo sviluppo del nostro Paese, in un quadro di economia e di crescita della civiltà e di rapporti internazionali nel quadro della collaborazione internazionale europea e siamo consapevoli che questi valori possono essere recuperati e della possibilità di fare di questo recupero un'occasione per risolvere anche i problemi del Piemonte. Ecco perch dichiaro, a nome del mio Gruppo, e credo anche a nome dei Consiglieri che mi hanno espresso all'interno del Comitato, e ringrazio ancora per la fiducia che mi hanno concesso, che vogliamo essere in questo senso, con umiltà e responsabilità, protagonisti di questa opera di ricostruzione.



PRESIDENTE

La parola al dottor Geremia Stanco, Sindaco di Salvitelle.
STANCO, Sindaco di Salvitelle Signor Commissario governativo, onorevoli Consiglieri della Regione Piemonte, Autorità, signori, noi della Campania, noi del Salernitano portiamo concordi a voi del Piemonte, a voi di Torino, il fraterno saluto il vivo e caloroso ringraziamento per quanto la Regione Piemonte e le autonomie locali hanno operato e stanno operando tuttora per lenire le sofferenze materiali e spirituali, fisiche e morali di chi ha perduto tutto o poco per colpa di un nemico invisibile ed inevitabile: il terremoto della sera del 23 novembre 1980 e dei giorni successivi.
Nel porgere il saluto in qualità di Presidente della Comunità montana del Tanadro, della quale fanno parte i Paesi disastrati di Auletta, S.
Gregorio Magno, Buccino, Palomonte, Pertosa, Ricigliano, Romagnano al Monte e Salvitelle, di quest'ultimo come primo cittadino, sento il dovere di trasmettervi le più vive espressioni di fratellanza leale di tutti gli abitanti di questo Comprensorio comunitario.
Le nostre popolazioni hanno visto finora concretamente il frutto del vostro pronto aiuto ed intervento, dei vostri programmi, hanno visto l'opera della vostra amicizia, della vostra solidarietà e della vostra vera collaborazione in sintonia con il Commissariato straordinario zamberlettiano.
La nostra odierna presenza qui a Torino, i nostri incontri stabiliti oggi da voi con le varie Autorità, con i funzionari, con i tecnici della Regione Piemonte e delle autonomie locali, vogliono appunto dimostrare ancora una volta sul piano dell'operosità che distingue notevolmente il popolo piemontese, sul piano della generosità, sul piano della fratellanza e della solidarietà umana, come bisogna effettivamente ricostruire e riattare i Paesi terremotati affinché i cittadini riabbiano la vita e le abitudini autentiche che avevano prima del 23 novembre.
Siamo venuti qui per dare il nostro contributo di idee e suggerimenti alle vostre programmazioni, che sono anche le nostre per la ricostruzione e riattazione degli edifici pubblici e privati, dei servizi idrici e sanitari, per la rivitalizzazione del patrimonio agricolo e zootecnico, per la rinascita delle piccole attività industriali della zona, per l'assistenza ai bambini e agli anziani.
A tale proposito intendiamo generare dei meccanismi di crescita economica e sociale attraverso gli argani e gli enti istituzionali, che già operano sul territorio in ossequio alla legge statale 1102. Tale legge istituzionalizzava tra i compiti e le mansioni di detti enti, quello della redazione dei piani urbanistico - comprensoriali e soprattutto quello di sviluppo economico - sociale del territorio. Ampia delega quindi;' sempre che ad essa facciano seguito precisi indirizzi programmatici per la compilazione e stesura, che tenessero conto delle priorità emergenti dalle varie e diverse realtà socio-economiche territoriali. E' mancata invece la stesura del piano regionale; ciò ha generato una serie di provvedimenti ad hoc, ogni qualvolta si presentasse la necessità di rendere operanti delle leggi finanziarie.
Tale fatto ha concorso anche a livello delle comunità locali minime ad indicare la capacità di spesa. Si commenta da sé la presenza di residui passivi nelle trascorse gestioni dei bilanci regionali. Ci si è dovuti affidare a sporadiche indicazioni di ipotesi di sviluppo abbastanza scarne quando si è dovuto operare per evitare la perenzione di termini. E' accaduto, ad esempio, nell'ambito della legge 183 del 1978 la quale istituiva i progetti speciali.
Nel novero di tali progetti speciali rivestiva particolare importanza il progetto numero 33 per lo sviluppo delle aree interne. Appunto in tale circostanza, attraverso la stesura di un documento, la nostra Comunità montana orientava in duplice modo le sue iniziative: da un canto promuoveva e compiva le opportune indagini conoscitive sul territorio, dall'altro verso, per perseguire l'immediata operatività, faceva propri gli studi e le conoscenze acquisite a titolo personale da operatori ed altri enti conoscenze perciò necessariamente non coordinate ma non per questo slegate od avulse dalla realtà. Si individuavano pertanto precisi settori giustamente connotati nel doppio ruolo di interventi e di interesse sovracomunale e di interventi di diretta o indiretta finalità produttiva.
Ne scaturiva la definizione dei settori, quali la difesa del suolo che comprendeva interventi di consolidamento e bonifica montana, di sistemazione idrogeologica, di forestazione e riforestazione. L'agricoltura che prevedeva la specializzazione delle culture in atto attraverso la creazione di opportuni centri di formazione professionale e campi scuola; a tale fase si affiancavano iniziative dirette alla creazione di aziende per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti rappresentativi dell'agricoltura locale. In tal senso venivano promosse iniziative finalizzate alla costituzione di cantine sociali e di centri di raccolta delle promozioni olearie; ad entrambe le iniziative si affiancava una rete di commercializzazione e pre-vendita, necessario supporto alla giusta collocazione del prodotto; la zootecnia, distinti interventi a favore del selezionamento e ripopolamento per le specie ovine e caprine nonché di quelle bovine brade. In tal senso si prevedevano interventi di sistemazione di nuovi impianti in demani incolti, abbeveratoi e ricoveri, captazione e sistemazione anche a scopo irriguo di piccole sorgenti; l'allevamento dei suini veniva parimenti incentivato attraverso l'iniziativa di un centro di selezionamento e riproduzione di specie semi-brade stante, nella maggior parte dei Comuni del Comprensorio montano, l'attività di produzione artigianale degli insaccati e dei salumi abbastanza rinomato sul mercato regionale e nazionale.
E' comprensibile che si possa facilmente cedere alla suggestione dell'impiego aziendale, dell'occupazione in fabbrica, del salario apparentemente elevato. Ora, se qualche meccanismo ancora lega le popolazioni all'area di provenienza, ebbene lo si attivi ulteriormente perché appunto detta area possa rappresentare la giusta e definitiva sede il proprio ambito sociale, la continuità.
Auspichiamo pertanto che la Regione Piemonte, in sintonia con la Regione Campania, voglia trasfondere la sua specifica esperienza nel settore della cooperazione in un preciso rapporto di incentivazione e di formazione di tale forma produttiva nelle nostre aree pur operando sempre nei settori preferenziali dell'agricoltura e della zootecnia, aderendo a quelle precise e connotate istanze e vocazioni della nostra area.
Tale incentivazione dovrebbe tradursi nella costituzione di centri cooperativi e nel potenziamento di quelli già esistenti, in modo da garantire la modifica dell'apparato produttivo, soprattutto del settore primario, mentre si attivano gli interventi della ricostruzione; stabiliti dalla legge-quadro adottata appena qualche giorno fa dal Consiglio dei Ministri, in particolare potrebbero essere interessati i settori: pascoli associati, stalle interaziendali, cooperative di trasformazione dei prodotti dell'agricoltura, cooperative tra operai forestali, consorzi per l'attrezzatura e la gestione di aree artigianali, cooperative fra giovani di cui alla legge speciale 285 per i beni culturali ed ambientali, per la riorganizzazione degli archivi e delle biblioteche comunali, per la gestione dei servizi comunali in genere, per l'assistenza agli anziani e agli handicappati e per l'animazione dell'infanzia.
E' proprio questo il giusto livello di investimento; resta pur questo il mezzo e l'incentivo del rientro delle nostre unità lavorative nelle aree di provenienza concorrendo ad alleviare il disagio e l'incertezza occupazionale delle provate e, quando industrializzate, aree metropolitane.
Signori, avete vissuto con noi la tragedia giorno per giorno, avete sofferto nell'anima mentre noi abbiamo sofferto nell'anima e nel corpo. Noi vi abbiamo compreso, voi ci avete compreso con la vostra intelligenza, con il vostro buon cuore, con là vostra cultura, abbiamo penato tutti. Grazie della vostra solidarietà e della vostra partecipazione. Di frequente la malattia dell'anima è peggiore di quella del corpo, perciò voi del Piemonte e noi della Campania abbiamo sofferto per quell'inevitabile imprevisto cataclisma della sera di novembre. Ora il binomio Campania-Piemonte è diventato un monomio, amore reciproco.
In tutti i Paesi, grazie alla generosità di tutti voi si sono viste roulottes, capanne di alluminio e di prefabbricati leggeri. Gli altri anni in questo periodo il mandorlo era già in fiore dalle nostre parti, ora invece, il mandorlo stenta a germogliare e a far brillare i suoi candidi petali, mentre voi siete circondati dalla meravigliosa visione delle candide Alpi, dalle quali sgorgano limpide le acque che attraversando città civili e industriali, illustri e generose, mormorano la nobiltà dei sentimenti, la magnanimità, la solidarietà, l'amore dei piemontesi verso I fratelli italiani del sud, verso noi di Salerno e, sfociando nei mari fanno riecheggiare le vostre virtù nelle onde dei nostri mari e quindi in quelle del golfo di Salerno.
A me non resta che ricordare la stupenda e sublime poesia del Carducci "Piemonte" in cui celebra giustamente e limpidamente la bellezza naturale e la fortezza della vostra Regione ed il calore di voi piemontesi.
La poesia per voi esce dall'animo di tutte le popolazioni sinistrate della Comunità montana Tanadro con lealtà, con l'intensità, con l'affettuosità: è questa la poesia che in questo momento attraverso queste semplici parole lascio a voi tutti, amici del Piemonte, con la speranza e con l'invito a venire un giorno nelle nostre zone per sentire il profumo dei nostri sentimenti e la tangibile manifestazione del nostro amore per voi di cui ci sentiamo fratelli.



PRESIDENTE

La parola al dottor Giovanni Acocella, Presidente della Commissione speciale per i terremotati della Regione Campania.
ACOCELLA, Presidente della Commissione speciale per i terremotati della Regione Campania Colleghi Consiglieri del Piemonte, anche a nome del Presidente del Consiglio regionale della Campania, Mario Del Vecchio, dei colleghi della Commissione speciale che ho l'onore di presiedere, Fantini, Fierro Iervolino, Mazzone e Ritorto, presenti in quest'aula, debbo manifestare il vivo apprezzamento per l'onore ed il privilegio che ci sono concessi di assistere alla vostra seduta di oggi.
Non è che questo sia un incontro senza rapporto, o con un rapporto soltanto diplomatico tra istituzioni. L'umano e comune sforzo compiuto recentemente ha cimentato le nostre genti, dopo aver consentito una migliore conoscenza e mi sia consentito in quest'aula andare ancora di là nel passato: penso che quando Viglione parlava di vecchi amici non intendesse riferirsi soltanto alle amicizie del terremoto, del Friuli ieri della Campania oggi, o andare ancora più in là a rapporti personali - mi sia consentito questo riferimento - magari tra qualche membro della mia famiglia e la sua stessa persona, in un momento travagliato della storia nazionale in Val di Pesa, unito solidamente a lui e vittima nella guerra di Liberazione, ma intendesse riferirsi ad una consuetudine di rapporti tra le nostre istituzioni che andava al di là delle sedi nelle quali le Regioni normalmente si incontrano.
Quando a Napoli e, successivamente, a Torino, nel 1977, le nostre due Regioni ebbero modo di scambiarsi le proprie opinioni e di trasmettersi la reciproca solidarietà ed un comune atteggiamento su questioni importanti ci fu anche qualcuno che si azzardò a definire astratti i temi delle nostre conversazioni. Non soltanto dobbiamo ammettere che quell'incontro fu proficuo per gli argomenti trattati e l'impegno esercitato, ma dobbiamo cercare nel rapporto instaurato in questa tragica circostanza quasi una continuità storica con il passato, certamente una riprova della validità di una certa impostazione, la validità e la riprova di quell'intuizione che insieme avemmo e che si è rivelata meno fragile e, certamente, non astratta: ha avuto, ahimè, in una circostanza drammatica, l'occasione per sostanziarsi e per vivificarsi.
L'allargamento ad altri organismi ed Enti locali della penisola di un esperimento dimostra che l'esempio di collaborazione tentato è fertile di risultati, è estensibile, positivo sotto tutti gli aspetti. Noi siamo qui a testimoniare l'impegno concreto, lo spirito di solidarietà dimostrato dalla Regione Piemonte alle nostre popolazioni, dai Comuni e da tutte le Province piemontesi.
Di fronte a simili sciagure non v'è forza organizzativa che tenga, non v'è risorsa morale e materiale che basti: bisogna fronteggiare danni materiali e distruzioni, ma bisogna anche aiutare un popolo, quello colpito, a risorgere moralmente, a vincere lo stato di prostrazione, a recuperare la stessa fiducia in se stesso.
Gli Irpini ed i Salernitani colpiti, le popolazioni delle zone interne della Campania disastrate hanno dimostrato le doti materiali per riprendere il cammino, hanno dimostrato quello spirito di sacrificio e di umiltà in grado di superare i ritardi storici; hanno voglia di lavorare ed intelligenza per creare un avvenire migliore, ma possono rei..ere da soli come del resto tutti i popoli, di fronte a questa tragedia? Non possono. Le stesse istituzioni del Mezzogiorno non possono non risentire della lentezza con la quale si è sviluppato il processo autonomistico in tutta l'Italia meridionale, per scelte antitetiche a queste finalità compiute all'interno di uno Stato centralizzato.
Forse qualcuno scorgerà il presupposto di una solidarietà tra il Piemonte e la Campania, fra Torino e le zone interne del Mezzogiorno nella forte presenza di persone del Mezzogiorno qui tra voi, nel riconoscimento che è stato fatto anche nel corso di questo dibattito, che ormai Torino è la più meridionale delle città del nord. Ma non è soltanto questo, perch il discorso delle istituzioni travalica la composizione cittadina: è un incontro tra organismi democratici e, pertanto, ritrova un presupposto ed un significato nella nostra comune fiducia nella democrazia, assume rilevanza come momento di rafforzamento delle istituzioni e, tra queste delle autonomie locali. Non è soltanto un insieme di gesti di umana solidarietà, ma un contributo e un rafforzamento delle istituzioni democratiche e delle autonomie locali.
E c'è una sfera propria di interventi peculiari delle autonomie locali delle Regioni, delle Province e dei Comuni, che può essere svolta soltanto da livelli similari e non può essere sostituita da alcun intervento dello Stato con altri strumenti, checché ne possa dire la fantasia. La conoscenza diretta delle nostre popolazioni, contro le immagini falsate: gente umile e laboriosa, disposta al sacrificio, comunità sane, anche se condannate da mali storici ad una condizione di precarietà. E' l'obiettivo della Regione Campania di perseguire non solo un riequilibrio regionale, che non veda le zone interne condannate alla permanente miseria, ma anche un intervento equilibrato, all'interno delle stesse zone interne; non è soltanto un equilibrio tra fascia costiera e zone interne che la Regione Campania intende perseguire, ma anche l'obiettivo di un intervento che non crei nuove distorsioni di carattere territoriale e di carattere economico. Non si risolve certo con i colossi soltanto, vi sorto problemi di riequilibrio e di compatibilità con quell'ambiente, con la storia e con le tradizioni antiche di quella gente.
Sono in atto processi spontanei perché anche nelle zone interne faticosamente, prima del sisma di stava avviando un processo nuovo, ad opera soprattutto degli emigrati che tornavano sul posto ad investire le capacità, la professionalità maturata, i sudati risparmi e cercavano di intraprendere da soli qualche debole iniziativa economica che aveva il suo significato.
C'è uno spazio, da noi, per le piccole e medie imprese, c'è uno spazio per chi vuole investire in un'area disposta al sacrificio, disposta ad intervenire attivamente nel processo di produzione, gente umile e laboriosa disposta a contribuire ad ogni processo di sviluppo positivo. E lo sforzo dei Sindaci, degli Amministratori comunali, dimostra che le autonomie nel Mezzogiorno non solo funzionano, ma che va smentita l'idea che le autonomie nel Mezzogiorno d'Italia non possono funzionare perché abbiamo visto come coraggiosamente i Sindaci, di fronte ad un problema immane, di fronte a problemi nuovi conseguenti al disastro, hanno saputo affrontare con un'ottica avanzata e moderna, oltre che con un permanente spirito di sacrificio, determinati problemi imposti dalle circostanze.
L'autonomia si conquista con l'autonomia e storicamente la pretesa di volontà centralistiche da parte dello Stato ha frenato lo sviluppo del processo autonomistico nel Mezzogiorno d'Italia, a parte le responsabilità politiche che, certo, sono un coronario di quello principale. Le autonomie sono anche una fonte di collaborazione tra gente diversa e se ieri nello Stato accentrato c'era addirittura uno scontro, proprio in quelle zone disastrate dal sisma, tra i bersaglieri piemontesi ed i briganti del sud dobbiamo riconoscere che oggi, viceversa, all'insegna dell'autonomia e della Collaborazione tra livelli istituzionali della stessa dimensione si sviluppa autonomamente un'azione validamente costruttiva.
Commovente lo sforzo di uomini e di istituzioni, commovente l'impiego di mezzi, di cui vi siamo grati come Regione Campania. E il terremoto non passerà invano nel sud: di fronte alla vastità del disastro vi è una volontà di rinascita, si riafferma sempre più l'esigenza di un discorso nuovo; la collaborazione futura tra i nostri livelli istituzionali, che nessuno si potrà sognare di scoraggiale, è un terreno di impegno che pu avere soltanto due vincoli: la soluzione di problemi concreti, il potenziamento contemporaneo del ruolo proprio delle varie istituzioni che partecipano al processo. Essa va ricercata nell'ambito degli spazi disponibili, ma nel quadro di organiche indicazioni.
Al Commissario del Governo, onorevole Zamberletti, dobbiamo la testimonianza e la viva gratitudine per l'impegno personale profuso; non solo il dinamismo e la capacità di autonomia, ma anche la sensibilità e la comprensione di problemi che non vanno affrontati soltanto con le fredde determinazioni ma con l'ispirazione e la sensibilità umana. Anche per la Regione Campania, quindi, il terremoto non passa invano.
L'istituzione ed il funzionamento della Commissione speciale rappresentano un importante momento unitario. Stiamo affrontando temi importanti che impongono non soltanto impostazioni corrette, ma soluzioni ravvicinate; i temi del lavoro, dello sviluppo, del ripristino e del potenziamento delle strutture sociali e civili, dalla sanità alla scuola ci impegnano in questi giorni.
E se costituirà un contributo valido al nostro sforzo quello delle istituzioni locali del Piemonte, noi vi rappresenteremo la nostra gratitudine ed il nostro vivo ringraziamento.



PRESIDENTE

La parola al dottor De Feo, Presidente della Giunta regionale della Campania.
DE FEO, Presidente della Giunta regionale della Campania Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta colleghi Consiglieri, Autorità ed intervenuti tutti, l'impegno di presenza con cui ho ritenuto doveroso rispondere all'invito espressomi dagli amici del Piemonte, in occasione di questa seduta speciale del Consiglio regionale, vi reca la testimonianza di un coacervo di sentimenti che non è facile liquidare con l'etichetta di una pura e semplice gratitudine.
Di fronte alla portata enorme di quel generoso moto di solidarietà nazionale di cui siete stati capaci nella tragedia del terremoto; di fronte a questo meraviglioso sussulto della società civile che ha saputo esprimere l'ansia morale della comune coscienza, non c'è parola che possa rispecchiare, per intero, la gamma di sentimenti suscitati nelle popolazioni campane così duramente colpite e delle quali io porto qui una eco appena rispondente alla reale entità di apprezzamenti.
E' la prima volta, forse, nella storia del Paese, che l' "altra Italia" è veramente venuta incontro a quella del sud. E non sotto la spinta di un puro fatto emozionale, di solidarietà virtuale.
E' la prima volta - anche se per un evento così drammatico - che lo Stato del decentramento e delle autonomie comincia veramente a dimostrare di esistere, di essere una realtà.
Questo incontro civile tra le "due Italie" va rispettato, sostenuto stabilizzato, perché ne può venire per tutti, un bene enorme. Ed è importante aver realizzato, nella sciagura che ci ha colpito, questa collaborazione di nuovo tipo, perché tutto questo significa aver posto le basi per più elevati assetti democratici in Campania,nel Mezzogiorno, nel Paese. Significa aver rimesso fortemente in circolo tutta la problematica meridionale. Significa dare al meridionalismo una clamorosa, quanto impreveduta, reviviscenza.
La ripresa della vita civile chiede, innanzitutto, questa tensione, che sarà vincente sulle inerzie, sulle smagliature della macchina statale sugli stessi pericoli di un antiregionalismo strisciante, nella misura in cui porremo insieme le basi di una metodologia di comportamenti e di scelte, che armonizzi ricostruzione e sviluppo, recuperando, sulla base di ogni possibile rigorosa convergenza, la portata di una visione progettuale della rinascita del nostro Mezzogiorno.
Perché è questa la strada obbligata per fare della solidarietà nazionale non un vuoto richiamo, ma un articolato, sentito coinvolgimento di speranza e di impegno nella ripresa.
Non suonino queste mie parole come un significato riduttivo del mirabile sforzo realizzato dalla Regione Piemonte nell'approntamento di opere e di servizi essenziali per la prima riorganizzazione della vita civile nei Comuni disastrati.
Abbiamo toccato con mano i risultati tangibili di un significativo gemellaggio, grazie al quale, nei Comuni dei Comprensori prescelti del Tanagro e del Vallo di Diano, si va ricomponendo un tessuto sociale che il terremoto aveva lacerato, mentre un nuovo vigore va animando i volti impastati di fango, la volontà di risorgere dallo sfascio di rovine rotolate a valle, la caparbia ostinatezza di contrastare le dimensioni di una tragedia che, accanto al suo carico di vite umane, ha sconvolto le basi stesse di un sistema economico, sociale, istituzionale che si era andato faticosamente formando.
E siamo qui per darvi pubblicamente atto, amici della Regione, delle Province, dei Comuni, dei sindacati, volontari tutti, generosi ed entusiasti di questa nobile terra del Piemonte, dell'opera preziosa da voi svolta nel nostri Comuni così duramente colpiti, nel momento difficilissimo dell'emergenza, fronteggiando le necessità più varie, in direzione dei più disparati settori.
E siamo qui, egregi colleghi, per ringraziarvi per le tante volte che siete stati e vi abbiamo visti tra di noi, a condividere le nostre pene, a confortarci con la vostra personale abnegazione.
Ma questo passaggio critico e difficile della vita del Mezzogiorno deve poter contare, anche, su un impegnò della collettività nazionale, in grado di durare al di là della solidarietà immediata, capace cioè di incidere nel futuro.
Perciò siamo qui anche per riscontrare la vostra disponibilità ed accogliere la vostra generosa offerta di continuità di collaborazione nella più delicata fase della ricostruzione e dello sviluppo delle zone terremotate; fase che può dirsi ormai avviata con l'approvazione del disegno di legge che il Governo nazionale ha varato nella seduta di venerdì scorso e che ci auguriamo diventi presto legge nazionale, con l'approvazione definitiva del Parlamento.
Senza voler, in questa sede, anticipare il giudizio che sul provvedimento la Regione Campania tempestivamente e doverosamente andrà a formulare, non può negarsi che esso offra possibilità concrete nella direzione della collaborazione di Regioni, Province e Comuni, che sarebbe stupido e colpevole, per noi, non cogliere, ma che anzi salutiamo e valutiamo assai favorevolmente.
Seguiremo il dibattito che sul disegno di legge si svilupperà in Parlamento. Faremo sentire la nostra voce ed il nostro pensiero sull'intero provvedimento, non mancando di insistere sull'opportunità della continuazione del proficuo rapporto instauratosi tra le Regioni italiane e la nostra e potremo poi pervenire rapidamente a precise intese, a specifici protocolli perché si possa attendere insieme anche all'opera di rinascita delle nostre aree così duramente provate.
Conoscevamo ed abbiamo oggi ulteriormente sentito le vostre proposte di collaborazione, assai interessanti, che abbiamo già valutato e continueremo a valutare con l'attenzione che meritano; e non dubitiamo che dagli accordi che potremo stipulare sortiranno effetti producenti per i nostri programmi ai quali non possiamo che chiedere che si adeguino i vostri interventi nell'interesse di un ordinato sviluppo della Campania.
Dinanzi ad un problema che non si può presumere di ridurre ad una riedificazione pura e semplice di ciò che esisteva prima del terremoto, ma che impone la necessità di rifondare un meccanismo di sviluppo di tipo nuovo e di stabile struttura, conviene soffermarci per un momento a riflettere sulla realtà geo-economica dei Comuni del Tanagro e del Vallo di Diano, da voi gemellati ed assistiti.
Due Comprensori a vocazione prevalentemente agricola, incentrati particolarmente sulla zootecnia e sulla olivicoltura, dove i dati ufficiali indicano, tuttavia, un progressivo dimezzamento degli addetti all'agricoltura e - nello stesso tempo - un processo di degrado e di abbandono dei cosiddetti centri storici, e cioè del patrimonio immobiliare tradizionale.
Sono tutti aspetti emergenti da una realtà complessa, resa tale non tanto per fattori intrinseci, quanto dall'assenza di un quadro organico di riferimento, che interessi non solo la formazione, ma la realizzazione di un qualche modello di assetto e di sviluppo.
Dalle indagini svolte proprio nel settore preminente dell'agricoltura risulta che la zona maggiormente interessata dal sisma, nel settore stesso è, decisamente, quella del Tanagro, ove il numero delle aziende danneggiate risulta di 1.456, con un'incidenza del 20,94 % sul totale provinciale.
Per i Comuni ricadenti nel Vallo di Diano, i danni invece interessano un numero minore di aziende (400 circa); anche se cospicuo, se rapportato a quell'economia.
In considerazione del tipo di agricoltura delle due aree, è evidente che occorrerà procedere con sistematicità all'attivazione di una serie di interventi che vanno dalle azioni connesse al risanamento del patrimonio zootecnico a quelle di sviluppo delle produzioni foraggere e al miglioramento delle strutture aziendali, alla specializzazione delle altre colture agricole in genere, alla incentivazione della cooperazione.
Altro aspetto caratterizzante, con riferimento all'obiettivo prioritario della valorizzazione zootecnica delle aree di collina e montagna, sarà l'attivazione di progetti organici a carattere integrato diretti a realizzare, ciascuno in un ben individuato ambito territoriale una serie di attività coordinate, strettamente finalizzate all'esaltazione delle potenzialità produttive in tale campo.
L'attuazione della formula dei "progetti integrati" potrà rappresentare, tra l'altro, un modo ed un tentativo per risolvere il problema dell'accorpamento dei terreni, non percorrendo la difficile strada della ricomposizione fondiaria, ma promuovendo forme di integrazione economica e territoriale delle unità aziendali esistenti.
Si tratterà, in sostanza, di pilotare e di accorpare gli interessi degli allevatori intorno ad un'azione comune programmata ed articolata tendente allo sviluppo della zootecnia. Si punterà, cioè, a creare strutture consorziali al servizio di una pluralità di aziende, che permettano di realizzare economie di scala attraverso un'utilizzazione delle superfici foraggere demaniali che, attrezzate di tutte le pertinenze necessarie, dovranno essere affidate in gestione ad organismi associativi.
Già da questa prima valutazione delle caratteristiche peculiari dei Comprensori al centro del gemellaggio realizzato dalla Regione Piemonte emerge tutta l'improponibilità di insediamenti di grandi complessi industriali invocati per altre zone della Campania. Ma questa necessaria esclusione, dettata dalle condizioni precipue dì una, realtà economico ambientale, non può assolutamente pregiudicare tutto un discorso di scelte portanti intorno ad un'agricoltura di trasformazione, nella consapevolezza della necessità di un raccordo tra agricoltura ed industria, come base fondamentale per un reale riassetto di un settore ormai in crisi quasi cronica, da collegare ad uno sviluppo produttivo industriale che sia finalizzato alle reali esigenze di un'economia regionale.
E' una grande occasione sulla quale far leva, sia per l'ulteriore qualificazione dell'agro-industria di pianura, sia - e in misura fondamentale - per il recupero e lo sviluppo delle zone interne della Campania, innescando nuove potenzialità, nuove occasioni produttive ed occupazionali che partano però - è bene qui ribadirlo - dalla valorizzazione ed utilizzatone delle risorse locali.
Obiettivo prioritario deve essere quello di piegare le lezi in vigore ad un'attuazione coerente con i grandi traguardi di riconversione agricola ed industriale, finalizzata al Mezzogiorno.
Va modificato inoltre il vecchio equilibrio tra processi di meccanizzazione e manodopera nelle campagne, se è vero, com'è vero; che anche questi aspetti, insieme a quello di un'inaccettabile qualità della vita e dei servizi, sono stati alla base di un processo di emigrazione lento e costante, da queste aree del Paese.
Ma saremmo pessimi conoscitori del grosso problema che assilla il "triangolo industriale", relativamente al decentramento produttivo, se non sollevassimo, in questa occasione, anche l'opportunità di guardare con interesse ad una delocalizzazione di piccole e medie aziende verso l'area dei Comuni gemellati e - in senso lato - sul territorio campano.
Vediamo, cioè, una delle direttrici di marcia per poter guardare, con cognizione di causa, ad un nuovo tempo della ricostruzione in Campania nello sviluppo dell'imprenditoria minore, con .un obiettivo che chiaramente prefigura una molteplicità di campi di sperimentazione produttiva, a cominciare dalla già citata industria di trasformazione, per considerare via via, altri settori industriali suscettibili di uno sviluppo consistente e addirittura imprevedibile.
E' tempo di chiedersi cioè, se non sia il caso di percorrere la strada esattamente opposta a quella che ha portato alla creazione nel Mezzogiorno delle tanto discusse cattedrali nel deserto.
La nostra vuol essere una proposta rivolta a stimolare, in Campania quel processo moltiplicatore delle unità produttive di piccola dimensione che, nel primo dopo guerra, ha trasformato la realtà della macchina utensile nell'Italia settentrionale.
Portare nel sud capitali e lavoro, attraverso insediamenti di piccole e medie industrie, è un obiettivo che non può non calarsi nella realtà di questa delicata fase della ricostruzione, specie se sapremo collegare a questo discorso anche le esigenze della prefabbricazione edilizia, che deve ancora conoscere, nel sud, qualificati traguardi del suo sviluppo ovviamente in un necessario raccordo di, intese, di programmi, di esperienze, anche in chiave consortile, tra imprenditorialità del nord e nascente imprenditorialità del sud.
E' quanto verificheremo più tardi, nel corso dell'incontro che avremo con le forze imprenditoriali piemontesi, che consideriamo un momento importante di questa nostra giornata torinese, per il quale, ancora una volta, vi siamo grati per esservi adoperati a promuoverlo.
Se l'incontro pomeridiano è finalizzato ad interventi nelle zone gemellate del Piemonte, per le quali sono ipotizzabili soltanto alcuni specifici tipi di industrie, qui, nella città che ospita la Fiat, nel momento in cui si discute del piano auto, rispetto a ventilati nuovi investimenti, che da sola o in combinazione con altri gruppi, anche internazionali, la vostra grande casa potrà avviare, vi preghiamo di consentirci, in questa sede di Consiglio regionale, di avanzare e non considerare esagerata od inopportuna la candidatura del nostto territorio regionale a tal fine, dal momento che le nostre pre-esistenze da un lato cui non è estranea, tra l'altro, la Fiat per la scelta di Grottaminarda, e le prospettive derivanti dai programmi dell'Alfa Romeo, per i suoi previsti nuovi insediamenti in Campania dall'altro, pienamente la legittimano.
Se questo può essere l'approccio ad una metodologia di intervento per la ricostruzione, non possiamo, peraltro, dimenticare che tra Regione Piemonte e Regione Campania non è questa la prima volta che si tenta di stabilire i valori di una ricerca di intese. Già altre volte, Piemonte e Campania hanno fatto da battistrada nel raccogliere per prime, non in una giustapposizione formale, ma in un legame oggettivo, l'invito ad una rinnovata unità costituzionale a livello nazionale, quale premessa per una politica meridionalistica diversa.
La Regione Piemonte ha dimostrato di comprendere da tempo - e ne costituisce concreta testimonianza la serie di accordi che, a suo tempo portarono al citato insediamento della Fiat a Grottaminarda e, più recentemente, alla soluzione di significative vertenze - che è nel Mezzogiorno che bisogna rinegoziare i meccanismi di decisione del; Paese per affrontare in termini concreti il problema delle "due Italie".
E' intorno al Mezzogiorno che bisogna attivare una forte mobilitazione di intenti e di sforzi, capace di saldare la lotta contro l'inflazione a quella per un nuovo processo produttivo.
Il Piemonte ha tutti i titoli per inserirsi in questa salda intesa unitaria nord-sud, essendo stato già rilevante il contributo fornito da questa Regione allo sviluppo del Mezzogiorno, se solo poniamo mente ai decenni '50 e '60 ed anche a buona parte degli anni '70.
Dobbiamo continuare su questa strada perché è qui che si esplica a pieno il ruolo qualificante delle Regioni, quello di sapersi ritagliare uno spazio adeguato per fare della centralità del Mezzogiorno un'occasione storica per riedificare l'Italia, a partire da un Mezzogiorno non già beneficiario di una politica assistenziale, ma ,protagonista autentico di nuovo sviluppo.
E qui ci sia concesso anche un rapido accenno ad un'altra questione che ci assilla, quella della Comind-Sud, che è l'unica industria Fiat napoletana, distrutta dalla violenza del terremoto, ma che non è possibile cancellare disinvoltamente da un apparato produttivo chiamato a rispondere alle tante necessità di lavoro che provengono da un serbatoio di manodopera così vasto e così percorso da bisogni di lavoro.
La Comind-Sud deve tornare a rinascere, per restituire a Napoli un'occasione produttiva che ha costituito, fino all'evento sismico, un punto fermo nel purtroppo incerto panorama industriale della provincia e della regione.
E' questo l'inventario delle possibilità che si offrono, nel momento attuale, alla Regione Piemonte, per trasformare un atto di solidarietà nato sotto la spinta del cataclisma del terremoto, in un fatto operante e decisivo, per arricchire di nuovi impegni la collaborazione tra le due aree del Paese.
Un inventario che può e deve anzi allungarsi, fino a comprendere la promessa consulenza tecnica, e non soltanto questa, per le altre avvertite numerose esigenze. A cominciare dalla razionalizzazione dei servizi, dalla sanità ai trasporti, necessari ed indispensabili supporto allo sviluppo economico e al miglioramento della qualità della vita nelle zone terremotate, per finire al potenziamento delle altre attività produttive dal commercio al turismo, all'artigianato, non secondarie rispetto ad un progetto di rinascita delle aree interessate.
Vorremmo, però, ribadire che qualsiasi intervento della Regione Piemonte, così come di altre Regioni, sul territorio campano colpito dal sisma, non può non rispondere alla logica necessità di attenersi ad un coordinamento di comportamenti e di scelte, che non può non essere affidato, per la stessa coerenza da dare al discorso della ricostruzione che alla Regione Campania.
E' questa l'unica nostra rivendicazione che, del resto, ha ritrovato un terreno proficuo di sperimentazione nella fase dell'emergenza, come più volte è stato affermato dal Commissario straordinario del Governo onorevole Zamberletti, cui anche da questa tribuna va il ringraziamento per l'opera generosa ed intelligente svolta.
Il coordinamento delle iniziative è un problema di capitale importanza ai fini dei traguardi che ci poniamo con la ricostruzione ed è l'unico che ci può assicurare quel "salto di qualità" che ci proponiamo per passare da un'economia assistita ad una reale economia di sviluppo.
Un coordinamento che discende, peraltro, dalle nostre specifiche irrinunciabili competenze istituzionali.
Il ruolo di protagonisti nella ricostruzione e nella rinascita spetta indubbiamente ai Comuni ed alle popolazioni colpite ed intendiamo riconfermare il nostro pensiero anche in questa sede, se ve ne fosse bisogno.
I nostri Sindaci, che hanno affrontato con inauditi sacrifici il tragico momento dell'emergenza, i Consigli comunali, le forze politiche e sociali locali, le popolazioni tutte sapranno affrontare e padroneggiare certamente, anche la più impegnativa fase che si para loro dinanzi.
Ma sappiamo pure che compiti delicatissimi saranno affidati ad eventuali Consorzi di Comuni, ad altri enti e, certamente, alle Comunità montane.
L'opera di ricostruzione, anche sotto questo aspetto, deve essere portatrice di una fase nuova, ai fini della valorizzazione di questo ente intermedio, creato per ricomporre i poteri comunali in un ambito più vasto ed in una forma di intervento che deve portare a superare le difficoltà operative di ogni singolo "Comune".
Ciò premesso, potrebbe essere opportuno ridistribuire sui nostro territorio la presenza delle Regioni e, tra queste, quella del Piemonte omogeneizzandola fino a farla coincidere, per maggiore chiarezza ed efficacia di rapporto e di intervento, con tali livelli sovracomunali.
Naturalmente, nessuno sforzo, anche il più generoso, per portare la Campania a più qualificanti traguardi di rinascita e di ripresa, potrà sortire l'effetto desiderato, fin quando l'intervento regionale non conoscerà una concretezza di impegni sul versante dell'assetto del territorio.
Vogliamo qui riaffermare, a tal riguardo, la precisa volontà della Regione di avviare, anche per i Comuni del Salernitano colpiti dal sisma un programma di indagini per l'individuazione delle zone di rischio nel quadro dell'ingegneria sismica, della programmazione urbanistica regionale e della normativa edilizia, al fine di fornire una base razionale sull'uso del territorio e sulla edificazione nell'ambito dello stesso.
Questi criteri di impostazione programmatica, da estendere logicamente all'intero territorio regionale, dovranno rispondere all'esigenza, ormai indilazionabile, di assicurare alla Regione quella rete di interventi che è l'unica capace di garantire l'uso più appropriato del territorio, e cioè: indagini geo-sismiche per la zonizzazione del territorio regionale, sotto l'aspetto del rischio sismico, completa sistemazione idrogeologica programma organico di urbanizzazione, che preveda la prioritaria realizzazione di servizi ed infrastrutture, rielaborazione delle norme tecniche generali e sismiche per le costruzioni di edilizia ordinaria e speciale.
Contro i rischi dell'improvvisazione o, peggio, dell'operazione di sottogoverno, portare avanti questi concetti di globalità equivale ad un impegno che pub qualificare l'intero ordinamento regionale.
E a proposito di qualificazione di scelte e di comportamenti, come non riandare, per un momento, al ricordo dell'ultima prova mirabile fornita dalla popolazione campana, dinanzi alla scossa sismica di sabato sera l'ultima in ordine di tempo? La verità è che ci abituiamo, ormai, a vivere con il terremoto. E' questa la considerazione da fare e che, a sua volta, ne comporta un'altra.
Emerge da questo travagliato momento vissuto dalle popolazioni campane la manifesta volontà di fronteggiare le avversità con grande forza d'animo e tanta serenità. Emerge un diverso tipo di comportamento, più maturo, più consapevole che i momenti difficili della storia di un popolo si superano grazie ad una grande forza morale.
Teniamo ben presenti questi concetti per le intese che andremo a realizzare e che troveranno un amalgama ideale nella capacità di un popolo a saper fronteggiare con dignità il corso, non sempre felice, della propria storia.
Sono queste le valutazioni che affiorano alla mente in questo nostro incontro di stamani, che si preannuncia così determinante, così decisivo per l'ulteriore fase di collaborazione che ti attende.
Chissà, allora, che non , spetti alle Regioni realizzare la vera unità nazionale: quella che è espressione di una convergenza di fondo delle forze politiche sui grandi obiettivi dello sviluppo del Paese.
Nel quadro storico che, dobbiamo proporci di costruire devono cadere le discriminazioni, le chiusure ideologiche. Il problema è di far maturare questo nuovo tempo della nostra vita nazionale. E dobbiamo farlo con coraggio, con determinatezza, perché riuscire a realizzare questo nuovo modello operativo, attraverso un modo di essere degli organismi istituzionali del Paese, significherà far valere il nostro impegno politico a non separare il momento istituzionale delle Regioni dal momento delle funzioni economiche e storiche di un popolo. E questo dà sostanza e certezza a tutto il discorso regionalistico.



PRESIDENTE

La parola all'onorevole Zamberletti, Commissario straordinario del Governo per le zone terremotate dell'Italia meridionale.
ZAMBERLETTI, Commissario straordinario del Governo per le zone terremotate dell'Italia meridionale Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, signor Presidente della Giunta della Campania, signori Consiglieri,quattro anni fa ci siamo trovati qui a Torino per un incontrò che aveva un analogo obiettivo: da parte vostra era un incontro per fare il punto su ciò che il Piemonte aveva fatto, da parte mia e del Presidente Comelli l'occasione per ringraziare e per fare anche il punto su che cosa avevamo alle spalle.
C'è sempre in questi incontri il momento della proiezione verso il futuro e del desiderio di precorrere tutti i tempi per vedere come pu avvenire l'innesto delle occasioni di sviluppo che un processo di ricostruzione può portare con sé.
In questa occasione dobbiamo anche avere il coraggio di guardare avanti e, nello stesso tempo, di restare serenamente ancorati al presente per trarre tutti gli elementi per evitare errori che potrebbero essere quelli della fuga in avanti.
E' stato detto "l'emergenza non è finita". Se l'emergenza non è finita noi tutti siamo impegnati a fianco delle popolazioni e delle Amministrazioni locali perché i passi duri, dolorosi, difficili, faticosi dell'uscita dall'emergenza vengano compiuti tutti al più presto e nel modo più efficiente possibile. Questa è la vera condizione per far sì che il processo di sviluppo che vogliamo agganciare al processo della ricostruzione non sia soltanto un sogno, ma possa diventare una concreta realtà. Sui ritmi dell'efficienza di oggi si può misurare la concreta speranza per gli obiettivi che vogliamo raggiungere domani.
Devo dire alla Regione Piemonte che non è casuale la scelta di questo incontro perché, allora come questa volta, abbiamo comunemente coinciso sul ruolo che le Regioni e le autonomie locali, nel vasto coordinamento delle iniziative regionali, hanno nella fase dell'emergenza.
Vicepresidente Sanlorenzo sa qual è il significato dell'iniziativa che è stata definita, con un termine popolare, "i gemellaggi". In sostanza nel momento dell'emergenza lo Stato deve ritrovarsi tutto intero. Non si pu ritrovare sul campo solo l'espressione del potere centrale, ma deve ritrovarsi tutta l'articolazione di uno Stato che è lo Stato delle autonomie e delle Regioni che, tutto insieme, raccoglie la sua forza per gettarla nel punto in cui l'attacco dell'emergenza ha creato una situazione di debolezza.
E' per questo che la localizzazione razionale degli interventi regionali sul territorio deve trovare spazio non solo episodicamente nell'emergenza, ma deve trovare (e so che anche la Regione Piemonte sta adeguatamente studiando una proposta di legge per la protezione civile) permanentemente un'occasione di raccordo preventivo con l'organizzazione nazionale di protezione civile perché scelte di così grande importanza strategica noti possono essere lasciate all'inventiva del momento della catastrofe, ma devono essere razionalmente predisposte e preordinate in un'organizzazione di protezione civile che deve essere vista non più soltanto alla luce della legge dèl '70. Tale organizzazione va aggiornata stilla base delle drammatiche esperienze che dal '70 in poi abbiamo fatto e deve collocare la protezione civile non più come un risultato di un intervento verticistico a cui si debbono aggiungere in modo spontaneo tutti gli interventi dei vari organismi, ma deve diventare una predisposizione organica che preveda al momento dell'intervento i ruoli, i compiti e le iniziative che ogni parte del vasto pluralismo nazionale può svolgere nel momento dell'emergenza.
Proprio con Sanlorenzo, nel Friuli, evidenziammo l'importanza di un razionale impianto delle operazioni di emergenza, che ci ha consentito questa volta di guadagnare tempo attuando subito l'iniziativa dei collegamenti delle regioni sul territorio nelle prime ore.
il Consigliere Viglione ha detto: "ci si incontra fra cimici". Credo di dover dire che ho sentito estremamente vera questa affermazione. Chi si incontra nelle ore terribili in cui la sproporzione Immensa fra l'entità della tragedia e le forze e i mezzi a disposizione creano in tutti gli operatori l'angoscia profonda dell'interrogativo "riusciremo a farcela?" chi si incontra in quei momenti sul piano delle operazioni concrete, chi incontra un Sindaco travolto dalle ore terribili delle decisioni che sono fondamentali per la sopravvivenza della sua comunità, ebbene, non dimentica più che l'efficienza, come risultato di una determinazione politica, è un fatto fondamentale ed importante perché ogni ora, ogni sacrificio risparmiato ad un cittadino del nostro Paese è un bene meraviglioso per coloro che possono operare.
Sono venuto a Torino oggi mentre le notizie e le inquietudini del post terremoto lasciano in tutti coloro che sono venuti con me l'interrogativo sulle fasi successive dell'emergenza. Ai Sindaci della Campania sono siate dette parole di incoraggiamento. A loro devo dire parole di gratitudine che nasce dalla gioia profonda di vedere realizzati certi obiettivi di sacrificio e di impegno concreto. A questa gente meravigliosa, incontrata nelle ore del dramma, ognuno di noi credo debba dare nei giorni che verranno tutto l'impegno del proprio sforzo e del proprio sacrificio.
Ritorno a sottolineare l'importanza dell'efficienza dell'intervento di emergenza. Ricordo la gioia con cui nel mese di settembre, del 1976, dopo il terremoto in Friuli, salutai la lunga colonna di roulottes inviate dalla Regione Piemonte. 1 tetti delle case provvisorie del villaggio della "Stampa" di Lioni, che ieri vedevo passando durante l'ispezione in elicottero, che cosa sono per la nostra speranza per il futuro? Forse su questo terremoto c'è una tendenza minimizzatrice pericolosa per quanto riguarda le zone interne. Ebbene, sulle spalle dei Sindaci c'è una responsabilità come per la Regione Campania, per quanto riguarda le deleghe in agricoltura, in artigianato e in commercio, per le fasi dell'emergenza. Noi possiamo costruire l'agricoltura di domani, ma dobbiamo intanto salvare l'agricoltura seppure bisognosa dello sviluppo di oggi; se non dovessimo riuscire e se la Campania non dovesse riuscire in quello che è il secondo balzo dell'emergenza, del reinsediamento e del ripristino di condizioni di vita accettabili per la popolazione, prima dell'inverno 1981 1982, tutte le battaglie successive sarebbero perdute.
Devo dare atto alle forze che sono nel Comitato politico operativo ed alle forze democratiche della Campania della pericolosità dell'interrogativo che abbiamo di fronte circa la seconda emergenza. Se non si riesce a raggiungere quell'obiettivo per l'autunno prossimo, tanti nostri discorsi saranno compromessi e tante speranze deluse.
Chi liquida il discorso della partecipazione corale della Nazione attraverso la struttura della partecipazione delle autonomie a questa seconda fase, come fase ormai superata nel momento in cui il processo di reinsediamento è ancora nella fase iniziale, commette un errore di sottovalutazione. Dobbiamo distinguere l'emergenza di protezione civile da questa fase di reinsediamento e di ricollocazione in condizioni idonee della popolazione sul territorio. Se dovessimo sottovalutare questo momento, rischieremmo di andare incontro al rischio di uno spopolamento grave e pericoloso, inevitabile e drammatico delle zone interne del territorio disastrato. Mi riferisco con chiarezza a chi ha avuto la sensazione che questa fase del reinsediamento potesse essere presa con la tranquillità delle fasi normali.
No. Qui abbiamo pochi mesi davanti, in pochi mesi si gioca la partita per cui o si aggancia la rinascita e lo sviluppo o si aggancia un processo di degrado senza più il patrimonio umano, le energie, la speranza e la partecipazione reale democratica.
Nel Paese c'è la tendenza a definire tutto emergenza. Non vorrei che questa tendenza andasse anche alle fasi ricostruttive vere e proprie. Per ci sono delle fasi di eccezionalità per cui ciò che chiediamo alla struttura generale del Paese e alle forze locali, che giustamente dobbiamo esaltare, è che si lavori senza sosta, con un ritmo che tenga conto dei tempi con estremo realismo.
Oggi siamo qui con gli Amministratori regionali per dire una parola di ringraziamento e per sottolineare una comune convinzione: che ancora lo Stato, non tanto per aspetti formali di emergenza, ma di eccezionalità, sia presente nella fase del secondo balzo del reinsediamento che deve consentire di togliere la gente dalle roulottes. Ogni obiettivo deve essere visto nel quadro generale, ma non possiamo dimenticare gli obiettivi più urgenti e drammatici.
Qualche volta faccio riferimento alla caduta di tensione. Se è vero che in questi tre mesi si sono compiute operazioni prodigiose, se si tiene conto dell'enorme vastità dell'area e del fatto che intorno alla zona disastrata, quella che definiamo del cratere, c'è un'area vastissima di Comuni che non sono marginalmente danneggiati, ma che sono stati duramente e drammaticamente colpiti dal terremoto, ci rendiamo conto che il margine di molti Comuni che stanno intorno alla prima fascia è un margine dove le percentuali sono spesso frutto della statistica, che non sempre riflette il dramma umano E' il caso del Comune di Palomonte.
Chiedo due cose alle forze che hanno operato: anzitutto di guardare indietro per operare insieme per una legge di protezione civile che dia un ruolo organico e costante al quadro delle autonomie e delle Regioni in particolare.
Qualcuno si chiede; "che cosa potrà succedere la prossima volta?".
Tutti fanno gli scongiuri, ma io sono contro a questa linea perché chi fa gli scongiuri si ritrova regolarmente in situazioni li questo tipo.
Quando un Paese va ogni quattro anni in guerra contro le forze della natura deve sapere che se ha scelto la pace con gli tomini non riesce a dichiarare la pace con e forze della natura. Siccome non si riesce s, farlo in termini credibili, bisogna prepararci ad affrontare questa battaglia che consenta ad ogni Sindaco non di sperimentare il calvario del dramma della sua comunità e l'apprendimento organizzativo di cose che, mentre si scava ancora si devono imparare.
Ebbene, se tutti i Sindaci, se tutte le comunità e i cittadini sapessero, quali sono le procedure da compiere nel momento dell'emergenza quanti drammi risparmieremmo soprattutto nelle prime ore.
Chiedo infine che continui l'impegno nell'azione che ha richiamato De Feo; poteri, responsabilità operative sul territorio. E' necessario che tutte queste energie continuino ad operare in una fase che è delicata.
E' inutile che sottolinei ancora la concretezza delle operazioni di emergenza perché nell'emergenza sono i fatti, le cose, gli interventi puntuali quelli che contano. Ne avete dato prova l'altra volta, l'avete ridata questa volta, quindi sarebbe del tutto inutile soffermarmi ancora su questi richiami.
Devo anche dire che "da queste emergenze, da questi momenti di prova durissima, da una visione generalmente pessimistica spesso diffusa sul futuro della società nazionale , esce sempre un grande messaggio di fiducia e di speranza.
Ognuno di noi esce carico di amarezze, di affanni e di enormi responsabilità. Ma, credo, capace di verificare in ore e in mesi che paiono secoli, una vita, come questo nostro Paese abbia energie meravigliose. Lo dico pensando ai Sindaci, agli Amministratori locali, ma, pensando soprattutto ai soldati dell'Armata nazionale, a quel Corpo meraviglioso dei Vigili del fuoco, che quasi dimentichiamo, perché nel ricordo si stempera la memoria di quella gratitudine, di quelle ore; alle forze del volontariato e alle forze di polizia, all'Arma dei Carabinieri e a tutti coloro che ognuno di noi, in quel momento, in cuor, suo ha singolarmente benedetto perché ha visto un'immagine del Paese in cui tutti dobbiamo riconoscerci. Le forze sindacali sono state sul territorio con impegno ed hanno risposto anche ad alcuni appelli operativi, quando abbiamo chiesto di aumentare certi ritmi in certe situazioni.
Ebbene, da queste vicende, insieme ad amari insegnamenti esce anche l'immagine di un Paese in cui dobbiamo avere fiducia e speranza. Ognuno di noi, finita questa vicenda, potrà uscire dalla scena delle operazioni di soccorso portando con sé certo anche il ricordo del dolore, della morte delle difficoltà, ma anche un grande messa io di speranza nei giovani del nostro Paese: i giovani della Charitas, delle associazioni laiche che hanno fatto delle cose magnifiche.
Io so che a molti di costoro, funzionari dello Stato, amministratori militari, vigili del fuoco, non verrà nulla da questa vicenda se non il riconoscimento della loro coscienza e il sapere di aver servito la Repubblica su una frontiera che era difficile e durissima da tenere.
Grazie, signor Presidente del Consiglio, grazie signor Presidente della Giunta, signori Consiglieri, non potevo oggi mancare di essere qui perch ritrovo ancora la commozione che si ritrova nelle prime ore quando, stando nelle posizioni avanzate, si vede giungere la voce, la parola, il concreto supporto che in quei momenti vale più di qualunque altra cosa, il supporto delle cose, delle opere, delle iniziative che si misurano per la loro efficacia in termini di minuti e di ore e non di mesi e di anni.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente del Consiglio, signori Consiglieri, onorevole Zamberletti, Presidente De Feo, Sindaci ed Autorità: alcune brevi considerazioni a termine di questo proficuo incontro per, ringraziare prima di tutto, gli Enti locali del Piemonte, molto numerosi in quest'aula per l'intensa azione che hanno svolto in questi difficili mesi per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto.
Un ringraziamento pure caloroso ed affettuoso a tutti i volontari che si sono mossi con abnegazione nel senso di sostenere le popolazioni colpite. Credo che un ringraziamento debba pure essere dato a quelle oltre 500 mila persone che hanno sottoscritto presso la "Stampa" loro contributo per la rinascita del sud. Non può mancare un ringraziamento ai funzionari dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali che, con grande sacrificio hanno contribuito all'azione di sostegno dei terremotati della Campania e della Basilicata.
Molte altre persone vorrei citare, dagli organi dello Stato a tutte le varie associazioni, ma non le voglio citare tutte: mi preme ricordarle e ringraziarle pubblicamente.
Credo che da questa riunione si possa trarre un consuntivo. La Regione Piemonte, gli operatori del Piemonte, gli Enti locali, la cittadinanza piemontese, hanno operato bene. La testimonianza che il Presidente della Giunta della Campania, i Sindaci della Campania ci hanno dato, ci dicono calorosamente, fraternamente, che abbiamo operato bene e la cosa ci riempie di soddisfazione e ci stimola a migliorare ancora la nostra azione.
Abbiamo operato con chiari obiettivi, con spirito di servizio e mai volendo prevaricare in nessun momento le competenze giuste e legittime della Campania e degli Enti locali. In questo senso ci siamo mossi anche per creare le condizioni per cui l'azione di soccorso fosse un'azione accettata, voluta, mai prevaricatoria, e non era compito facile creare quelle condizioni per cui tutti hanno potuto operare con efficacia e con energia. Le condizioni per citi lo Stato, le Regioni, gli Enti locali, così come sottolineato dall'onorevole Zamberletti, potessero svolgere un'azione in cui tutti come organo dello Stato si potessero riconoscere non è cosa da poco e crediamo un'azione di collegamento fra il Piemonte e la Campania, ma anche un'azione di collegamento di tutte le Regioni d'Italia in questo senso.
Crediamo di aver svolto un'azione, un'opera che si identifica nelle linee più generali alla nostra visione del problema del Mezzogiorno, del rapporto fra nord e sud. Abbiamo visto e vogliamo vedere questo problema nella politica più , generale dell'unità nazionale, che tolga gli steccati che purtroppo possono emergere, in alcune situazioni, fra nord e sud.
La politica del Piemonte, così come l'abbiamo definita nei confronti del traforo del Frejus, nei confronti dello sviluppo dei porti liguri, la vediamo in funzione dello sviluppo del Mezzogiorno, perché questa nostra politica è nazionale che cerca di sviluppare non soltanto gli interessi del Piemonte, ma quelli del sud concordemente legati a quelli del nord. E' una politica nazionale che ha trovato la propria consistenza operativa nell'occasione concreta del terremoto oggi, ma anche in occasioni passate come bene ha ricordato il Presidente della Giunta regionale della Campania.
La nostra politica si identifica anche in un saldo collegamento con le popolazioni della Campania e della Basilicata, che vede come perno essenziale della nostra politica il permanere in quelle regioni lo sviluppo economico necessario per consentire la ripresa.
Il Piemonte, che è stato oggetto di grandi immigrazioni dal sud, non fa sicuramente una politica di ulteriore immigrazione verso il nord, ma di incentivazione in quelle zone perché là si devono creare le condizioni per poter sviluppare organicamente una politica nazionale. Quindi vogliamo mettere tutte le nostre risorse perché in quelle zone si creino le condizioni per lo sviluppo delle piccole industrie, per lo sviluppo dell'industria di prefabbricazione, così come sono state sollecitate (ed apprezzo in maniera intensa il della Campania).
In questo senso il nostro incontro di oggi con gli operatori economici è quello di creare queste condizioni, per cui gli operatori economici dei Piemonte, con spirito di servizio, vadano nelle zone dove ve ne sia la necessità, per insediamenti di carattere industriale tali da permettere la rinascita precisa.
Noi vogliamo impegnarci solennemente che ci adegueremo sempre e costantemente, nei nostri interventi, ,ai disegni ed ai progetti della Regione Campania. Non ci sarà mai un nostro intervento che possa eludere le scelte di quelle popolazioni, in particolare il piano di sviluppo della Campania.
Certo, avremmo molte iniziative, Sanlorenzo le ha elencate, a me non tocca il compito di riprenderle ma di sottolinearle: se esse sono confacenti alla politica della Regione Campania, le metteremo in atto perché la fase dell'emergenza non è ancora terminata.
E' emerso un problema generale, che è di carattere nazionale: molte risorse saranno necessarie per la ricostruzione del sud. In questo, alla presenza del Commissario straordinario Zamberletti e per rispondere alle sollecitazioni emerse anche da questo Consiglio, sottolineo ,l'impegno del Consiglio regionale del Piemonte di qualificare la spesa degli investimenti, perché molte risorse saranno necessarie, ma occorre rigettare il concetto di una politica assistenziale e rilanciare il concetto di una politica produttiva tale che gli investimenti possano generare nuove risorse, nuovi prodotti, nuove energie.
Queste sono le brevi considerazioni che avevo il dovere di fare.
Concludendo, credo che abbiamo compiuto con umiltà e con spirito di servizio il nostro dovere, in linea con la politica nazionale, come abbiamo fatto già per il passato (e ho ricevuto e mandato messaggi di fiducia a quelle popolazioni): il nostro impegno è di farlo anche per il futuro.



PRESIDENTE

I lavori terminano a questo punto.
Rivolgo un ringraziamento a tutti gli intervenuti.
Il Consiglio è convocato domani mattina alle ore 9,30 per il dibattito sul piano auto.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



< torna indietro