Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.4 del 11/09/80 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo con il punto primo all'ordine del giorno. "Approvazione verbali precedenti sedute". Se non vi sono osservazioni, i processi verbali delle sedute del 28 luglio 1980, trasmessi ai Consiglieri tramite i Gruppi consiliari, sono approvati.


Argomento: Calamità naturali

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso inerente i danni arrecati dalle recenti grandinate nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze".
Iniziamo con l'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Lombardi e Penasso inerente i danni arrecati dalle recenti grandinate nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo.
Tale interrogazione viene dichiarata decaduta in quanto l'Assessore Ferraris comunica di aver dato risposta scritta.


Argomento: Viabilità

Interrogazione del Consigliere Martinetti congiuntamente all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente i problemi riguardanti l'autostrada Torino Savona


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Martinetti congiuntamente all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente i problemi riguardanti l'autostrada Torino-Savona.
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai trasporti e viabilità

Rispondo contemporaneamente anche all'interrogazione del Consigliere Cerchio che verte sullo stesso argomento.
Mi occorre far riferimento agli ordini del giorno presi dal Consiglio regionale l'anno scorso, e in particolare all'ordine del giorno approvato il 31 ottobre del '79, con il quale il Consiglio regionale sottolineava la necessità di far adottare da parte della società che gestisce l'autostrada per conto dell'Anas, provvedimenti urgenti per migliorare le condizioni di viabilità e sicurezza. Con quello stesso ordine del giorno si prendeva atto inoltre che la vastità de i problemi posti dall'autostrada Torino-Savona di natura economica e finanziaria, erano molto elevati e andavano al di là dei problemi tecnici, giuridici e legislativi. L'intervento risolutivo sulla Torino-Savona richiede infatti il raddoppio completo dell'autostrada l'intervento era valutato, un anno fa, in 950 miliardi; oggi certamente supera i 1.000 miliardi. Si prendeva atto delle difficoltà finanziarie in cui operavano sia l'Anas, sia la Società Autostrada Torino-Savona e del fatto che le ristrette risorse nazionali non consentono finanziamenti di questa portata (a questo proposito va richiamata la norma legislativa che blocca i finanziamenti per interventi autostradali).
Quell'ordine del giorno concludeva che per l'autostrada Torino-Savona era necessario raccogliere le indicazioni della Commissione di studio che era stata formata dopo le riunioni del mese di agosto (svolte qui a Torino nella sede della Giunta, a cui avevano preso parte numerosi Consiglieri regionali, presente il Ministro Nicolazzi, coordinate dall'Assessorato ai trasporti e alla viabilità) ed introdurre misure urgenti di viabilità e di sicurezza ed avviare i lavori di miglioramento già previsti dalla Società.
In ordine a tale impegno, l'Assessorato alla viabilità e trasporti provvedeva a concludere i lavori della Commissione. Il 27 febbraio 1980 inviò la relazione conclusiva a tutti gli Enti pubblici e privati interessati: la Regione Liguria, le Province di Torino e Cuneo, l'Anas, la Società Autostrada Torino-Savona.
Delle risultanze della Commissione non si è però tenuto conto: l'Anas e la Società Autostrada Torino-Savona non hanno fatto interventi; dirò poi delle posizioni che la Regione ha assunto nel mese di luglio.
Parallelamente a questa iniziativa che riguardava interventi urgenti per la sicurezza, l'Assessorato ai trasporti e alla viabilità, aveva fatto avviare, attraverso l'ELC con il coordinamento dell'Ires, una ricerca e uno studio sui collegamenti fra il Piemonte e le aree confinanti (sia la Liguria che la Francia e la Svizzera) prendendo come riferimento le potenzialità di generazione di traffico delle aree economiche interessate correlate all'attività produttiva dei terminali del sistema di trasporto navale.
Tale ricerca, non ancora conclusa, consentirà alla Regione di disporre di un quadro geografico e temporale delle future necessità di collegamenti viari e dei loro potenziamenti, tenendo conto delle capacità già disponibili sull'intero sistema infrastrutturale, con precisazioni particolari sul tema dei collegamenti con il Nizzardo da un lato e con i porti liguri dall'altro (traforo del Ciriegia, autostrada Torino-Savona) ma visti in un contesto programmatico ben più vasto. E' stato inoltre formato un gruppo di lavoro fra i due Assessorati regionali ai trasporti e alla viabilità della Liguria e del Piemonte per l'esame congiunto dei dati tecnici e funzionali della viabilità interregionale, nonché delle proposte che gli Enti locali e le categorie interessate hanno da tempo avanzato e che richiedono una sistemazione organica e una sintesi immediata di fattibilità.
L'esito del lavoro delle Commissioni congiunte è previsto per quest'autunno, nel mese di ottobre o novembre. Evidentemente è intenzione di questo Assessorato di procedere ad una valutazione politica e programmatica di tutto il materiale di informazione anche alla luce dei piani territoriali comprensoriali, e dei piani comprensoriali dei trasporti, in gran parte in via di completamento. Quindi possibilità, in quelle occasioni, di rivedere anche indicazioni che sono già state formulate nella prima fase di elaborazione del piano dei trasporti. Sul problema specifico dell'autostrada Torino-Savona posso aggiungere che in data 23 luglio 1980 (sottolineo la data perché le interrogazioni sono l'una del 28 luglio e l'altra dell'11 agosto e chiedono che cosa la Regione abbia fatto in relazione ai provvedimenti che erano stati presi; le date mostrano che la Regione si era tempestivamente mossa), si è tenuto presso il Ministero dei lavori pubblici un incontro, chiesto dall'Assessore ai trasporti allora in caricai Sante Bajardi, a cui hanno partecipato il Capo di Gabinetto e il Capo Ufficio Stampa del Ministero, l'Anas, con il Direttore Generale, ing. Perotti, ed arano inoltre presenti l'ing. Papa per la Regione Liguria ed il sen. Urbani di Savona. In quell'occasione l'Assessore Bajardi ha esposto la posizione della Regione sul grave problema dell'autostrada Torino-Savona ed in particolare sui temi che riguardavano le misure di intervento promosse dal Ministero nel mese di luglio. Furono richiamati gli impegni assunti con il Ministero dei lavori pubblici il 28 agosto 1979, impegni che avrebbero dovuto portare gli interventi definiti dalla famosa Commissione di studio di cui facevano parte Regione Piemonte, Regione Liguria, Provincia di Torino e Provincia di Cuneo, Federazione delle Associazioni industriali piemontesi e la Società Autostrada Torino-Savona (come ho detto, la Commissione che ha lavorato ed ha concluso i lavori il 27 febbraio 1980). In quell'occasione l'Assessore Bajardi ha espresso la sua preoccupazione ed il suo rammarico per la disattesa delle indicazioni di quella Commissione, come era risultato da sopralluoghi effettuati. Ciò comportava l'adozione di misure alternative certamente gravose, che rendevano difficile la situazione ambientale e funzionale dei centri disposti sulla statale su cui è stato fatto convergere tutto il traffico in andata verso Savona (avendo chiuso la direttrice verso Savona). La Regione, in questo caso, non potè che rammaricarsi del fatto che non fosse stato dato seguito alle indicazioni della Commissione.
Oggi il provvedimento è stato revocato e si è tornati ad una situazione di normalità. Sono incominciati alcuni interventi per la sicurezza certamente non sono risolutivi e non coprono tutte le indicazioni che la Commissione aveva dato. Devo però dire che nel mese di agosto, nonostante il traffico turistico intenso, non si sono avuti incidenti gravi sulla Torino-Savona. Questo deve farci per lo meno ripensare sui giudizi che abbiamo dato in merito al provvedimento preso dal Ministero e pensare che è stato anche opportuno. Certamente poteva essere evitato se si fossero introdotte le misure di sicurezza che si erano indicate. La responsabilità di ciò non è imputabile alla Regione.



PRESIDENTE

Gli interroganti sono soddisfatti? La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Ringrazio l'Assessore per le sue spiegazioni e per la sua risposta di cui mi dichiaro parzialmente soddisfatto. E' chiaro che non imputiamo alla Regione la responsabilità dei provvedimenti in ordine all'autostrada; alla Regione chiediamo la massima sensibilità su questo problema, sensibilità che nel passato non si è mostrata sufficiente, basti pensare che il piano dei trasporti della Giunta regionale del marzo '79, non includeva alcun paragrafo sul problema dell'autostrada A/6 e che il piccolo paragrafo che esiste nel testo definitivo approvato dal Consiglio regionale nel mese di dicembre porta le stesse proposte che anche adesso facciamo e che l'Assessore ha ricordato, dopo che è passata un'altra stagione di difficoltà e dopo che da parte di molti Comprensori era stata sollecitata un'iniziativa. Questa sensibilità si può manifestare anche in questi giorni. E' vero, come ha detto l'Assessore, che il provvedimento sembra revocato, ma è altrettanto vero che la revoca effettiva dipende dall'esecuzione di una serie di operazioni nella segnaletica e di altri piccoli correttivi che, subendo dei ritardi per questioni tecniche, fanno sì che a metà settembre l'autostrada sia ancora chiusa. Mi rendo conto che specialmente dopo l'annuncio della riapertura, la protesta non è più così forte come nei mesi scorsi, ma non sono convinto che il provvedimento sia accettabile a posteriori. Ovviamente, in qualunque autostrada chiusa non ci sono incidenti. Con il provvedimento di chiusura sono stati chiusi anche due caselli, uno dei quali è fuori del tratto incriminato, cosa che non ha nessuna giustificazione.
La mia interrogazione vuole anche rilevare come questo particolare momento difficile abbia sottolineato l'inadeguatezza del sistema di collegamenti del Piemonte sud con la Liguria occidentale. Lo stesso piano dei trasporti non li considera nella loro reale importanza, tant'è vero che gli interventi previsti dal piano dei trasporti per la viabilità principale di collegamento del Piemonte e del Comprensorio di Mondovì con la Liguria sono compresi in settori di priorità che vanno dal dieci in poi e non sono considerati particolarmente coerenti con gli obiettivi della programmazione. Questo assolutamente non ci sembra giusto e merita una nuova riflessione da parte della Giunta e del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Siamo stati attenti alla pubblicità delle iniziative dell'esecutivo della Regione Piemonte, soprattutto da informazione giornalistica, data molte volte prima di avere informato la sede legittima dell'assemblea consiliare. E' per questo motivo che due Consiglieri democristiani hanno presentato un'interrogazione sulla problematica dell'autostrada Torino Savona.



RIVALTA Luigi, Assessore ai trasporti e viabilità

In questo caso l'informazione veniva dal Ministero, noi l'abbiamo appreso dai giornali.



CERCHIO Giuseppe

Certo, purtroppo siamo abituati, attraverso i comunicati stampa dell'efficiente Ufficio Stampa della Regione Piemonte, a conoscere le iniziative che la Giunta assume su ogni cosa e in ogni latitudine.
Certamente, in un momento caldo non solo per l'estate, ma per la gravità dei problemi che interessano i collegamenti fra il Piemonte e la Liguria di fronte alla chiusura parziale dell'autostrada e della protesta sollevata da parte delle comunità locali, non si è, almeno in questa occasione, sentita la voce della Regione, solitamente presente. Apprendiamo oggi, che si è realizzata fra le Regioni Liguria e Piemonte una riunione e chiediamo che in tutte queste iniziative siano coinvolte le Comunità montane che hanno sollevato suggerimenti e proteste nel momento in cui il traffico è stato parzialmente riportato sulle strade statali. Mi dichiaro quindi solo parzialmente soddisfatto della risposta.



PRESIDENTE

Le interrogazioni, sono così discusse.


Argomento: Comprensori

Interrogazione presentata dal Consigliere Brizio relativa al rinnovo degli organi dei Comitati comprensoriali


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione presentata dal Consigliere Brizio relativa al rinnovo degli organi dei Comitati comprensoriali.
Risponde l'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore agli Enti locali e decentramento

La Giunta regionale, utilizzando la pausa estiva del Consiglio, ha elaborato e presentato una legge modificativa dell'art. 13 della le e n. 41 del '75 istitutiva dei Comitati comprensoriali. Essa ha l'obiettivo di spostare la data delle elezioni, da una data non precisata ma attorno a tre mesi dalle elezioni amministrative, a una data definita a quattro mesi circa successiva alla data delle elezioni amministrative e rinvia al Consiglio regionale la facoltà di definire con regolamento le modalità per lo svolgimento delle elezioni stesse. Come il Consigliere Brizio sa, in alcuni Comitati comprensoriali si erano avuti problemi per le modalità di elezione adottate in passato. La Giunta regionale invita il Consigliò, e nella relazione alla legge è richiamato l'art. 44 dello Statuto, per la procedura d'urgenza, all'approvazione contestuale della legge e del regolamento che appianerebbe i problemi procedurali in passato riscontrati.
Colgo il senso dell'interrogazione e cioè che i Comuni e l'associazionismo intercomunale possano in questa legislatura decollare rapidamente ed avere il ruolo e la forza necessari anche per far sì che la Regione non continui ad esercitare funzioni amministrative che propriamente toccano agli Enti locali singoli o associati. In questo senso la Giunta sta operando perché a ridosso della data che viene fissata per i Comitati comprensoriali avvenga contestualmente l'elezione degli organismi delle U.L.S., stante l'analogia delle procedure ed essendo possibile in tempi brevi ritoccare le procedure al fine di farle coincidere.
Va da sé che un ben più ampio discorso dovrà essere fatto in questa sede con le comunità regionali per le prospettive e gli orientamenti dell'associazionismo, dei Consorzi, dei Comitati comprensoriali e del ruolo delle Province, cioè del complesso problema del sistema delle autonomie locali sul quale non mi sono soffermato perché esule dalla materia specifica richiesta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio, per una breve replica.



BRIZIO Gian Paolo

L'interrogazione presentata a nome dell'intero Gruppo democristiano aveva proprio il senso di sollecitare la Giunta a dar corso alla formazione degli organi comprensoriali in modo che anche le indicazioni elettorali emerse nelle elezioni degli Enti locali possano correttamente trasformarsi in organismi con la pienezza dei poteri. Infatti, le indicazioni elettorali hanno rafforzato la nostra presenta nelle Amministrazioni locali e riteniamo corretto che si proceda al più presto alla formazione di nuovi organismi che tengano conto delle indicazioni elettorali, già disattese nelle decisioni assunte dal Consiglio nella formazione della maggioranza che regge governo regionale: quindi senso politico oltre che giusta preoccupazione per il funzionamento degli organi in senso democratico. Il rinvio delle elezioni al momento attuale è un fatto forzato. Ritengo che dovremo valutare in sede di approvazione della legge se il termine che viene fissato per questa occasione sia da mantenere per i rinnovi degli organi comprensoriali, perché pare eccessivamente distanziato dalle elezioni di primo grado.
E' vero che c'è la difficoltà della costituzione dei Consigli, per nulla vieta che la Regione si faccia parte diligente presso i Consigli comunali, affinché provvedano almeno alla convalida degli eletti per avere il diritto di funzionare come elettorato attivo. Superata la convalida degli eletti l'elettorato attivo degli organi è operante ai fini della legge comprensoriale e non è che ciò debba essere collegato alle formazioni di maggioranza negli Enti locali, perché in questo caso si deve dare un'indicazione rispetto alle indicazioni degli elettori dei Consigli comunali. Questa difficoltà può essere superata da un'iniziativa e da una presa di posizione da parte di chi ha il compito di far funzionare gli organi decentrati democratici.
Ci dichiariamo soddisfatti per la prontezza con cui la Giunta affronta oggi il problema, però dobbiamo rilevare che se il problema fosse stato affrontato con norme più precise o i potremmo già procedere alle elezioni di questi organismi e si sarebbe potuto altrove procedere all'adempimento fondamentale che è la convalida degli eletti.
C'è il secondo aspetto affrontato nella risposta, quello dell'abbinamento delle elezioni delle associazioni dei Comuni a quelle comprensoriali. Noi siamo favorevoli a questo abbinamento e siamo anche favorevoli a che si proceda rapidamente alle elezioni di questi organismi.
I Consorzi che stanno attualmente operando vivono in una prorogatio dubbia che non è certo chiarita dalla circolare regionale la quale ha determinato una situazione in contrasto con alcuni Statuti delle Unità dei Servizi attualmente vigenti. E' difficile pensare che un Sindaco nuovo eletto non possa far parte dell'assemblea dell'Unità Locale dei Servizi. C'è un costante mutamento, se l'assemblea dovesse essere convocata adesso avrebbe una formula mista, una parte dei Consiglieri precedenti è sostituita da neo Consiglieri eletti nel giugno 1980.
Alla base dell'interrogazione c'è la preoccupazione di far funzionare questi organismi. Saremo lieti se questa iniziativa andrà avanti e si potrà votare al più presto. Siamo d'accordo sulla procedura accelerata, siamo d'accordo ad esaminare - il regolamento. La soluzione per questa legislatura ci pare corretta; i termini per il futuro dovranno essere attentamente valutati, perché siamo vicini ai cinque mesi dalla consultazione elettorale, il che è molto per il ricambio di un organo democratico.



PRESIDENTE

L'interrogazione è così discussa.
Prego i Consiglieri e gli Assessori di essere brevi nel porre le domande e nel dare le risposte attenendosi al Regolamento.


Argomento: Questioni internazionali - Problemi del lavoro e della occupazione - Viabilità

Interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente il problema dell'assenteismo alla Fiat; interpellanza del Consigliere Cerchio inerente i recenti avvenimenti accaduti in Polonia; interrogazione del Consigliere Sartoris sulla viabilità in Valle di Susa (rinvio)


PRESIDENTE

All'interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente il problema dell'assenteismo alla Fiat e all'interpellanza del Consigliere Cerchio inerente i recenti avvenimenti in Polonia si risponderà nel corso del dibattito.
L'interrogazione del Consigliere Sartoris relativa alla viabilità in Valle di Susa, data l'assenza del Consigliere stesso, è rinviata alla prossima seduta.
Le interrogazioni e le interpellanze sono così concluse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente".


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi di Consiglieri


PRESIDENTE

Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Ferro, Moretti e Sartoris.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Comunico che sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 2: "Modifica dell'art. 13 della legge regionale 4 giugno 1975 n.
41 'Individuazione ed istituzione dei Comprensori' ", presentato dalla Giunta regionale in data 2 settembre 1980 n. 3: "Ulteriori modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 maggio 1976, n. 28, modificata ed integrata con legge regionale 18 febbraio 1980, n. 7 e legge regionale 14 aprile 1980, n. 21", presentato dalla Giunta regionale in data 9 settembre 1980 n. 4: "Istituzione dell'anagrafe patrimoniale e tributaria dei Consiglieri regionali e degli amministratori di Enti regionali", presentato dal Consigliere Carazzoni in data 10 settembre 1980.


Argomento:

c) Delibere assunte dall'Ufficio di Presidenza e dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Vi do lettura dell'elenco delle deliberazioni assunte dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale e dalla Giunta regionale:



DELIBERE ASSUNTE DALL'UFFICIO DI PRESIDENZA IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE

REGIONALE 6 NOVEMBRE 1978, N. 65.
SEDUTA DEL 1° LUGLIO 1980 Affidamento al Politecnico di Torino di consulenza da prestare al gruppo di lavoro sulle radio private, costituito da rappresentanti della Commissione regionale per l'informazione, del Comitato regionale per il servizio radiotelevisivo e delle emittenti radiofoniche private piemontesi.
Spese: L. 3.500.000 ( + IVA) al Politecnico L. 5.000.000 ( + IVA) al CSI-Piemonte per la collaborazione relativa all'elaborazione dei dati.
SEDUTA DEL 29 LUGLIO 1980 Conferimento al signor Franco Galasso, esperto grafico, dell'incarico di consulente editoriale per la realizzazione del numero 7/8 della rivista "Notizie della Regione Piemonte".
Spesa: L. 600.000 lorde.



DELIBERE ASSUNTE DALLA GIUNTA REGIONALE

SEDUTA N. 424 DEL 22 LUGLIO 1980 87 - Approvazione progetto per il rifacimento della centrale termica opere edili per interventi di ripristino presso la "Tenuta Millerose" sita in Torino, Corso Casale n. 476. Affidamento a trattativa privata all'impresa Guerrini Gastone Edilità s.a.s. e con ferimento incarico per la direzione dei lavori. Spesa di L. 53.000.000 oneri fiscali compresi.
Simonelli SEDUTA N. 2 DEL 5 AGOSTO 1980 14 - Corso di riconversione a carattere propedeutico Società ICP Tortona - settore meccanismo approvazione programma corsi e convenzione.
Spesa L. 16.000.000 (Cap. vari/bilancio '80). Ferrero.
24 - Parziale modificazione alla deliberazione della Giunta regionale n. 32-28704 del 22 giugno 1980. Rivalta.
61 - Costituzione di una Commissione per lo studio della gestione del registro regionale delle nefropatie uremizzanti utilizzando strumenti informatici. Spesa L. 2.000.000 ( Cap. 10690./bilancio '80). Bajardi.
72 - Nomina Commissione provinciale per la protezione sanitaria della popolazione contro i rischi da radiazioni ionizzanti della Provincia di Alessandria Art. 89 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185. Bajardi.
154 - Nomina rappresentante Regione in seno alla Commissione consultiva prevista dall'art. 15 della convenzione tra Enti ospedalieri operanti nella Regione ed Università degli Studi di Torino - Ente ospedaliero "Ospedale Infantile Regina Margherita" di Torino. Bajardi.
157 - Nomina rappresentante Regione in seno alla Commissione consultiva prevista dall'art. 19 della convenzione tra Enti ospedalieri operanti nella Regione ed Università degli Studi di Torino - Ente ospedaliero "Centro Traumatologico Ortopedico" di Torino. Bajardi.
SEDUTA N. 3 DEL 29 AGOSTO 1980 56 - Corso di aggiornamento di "I.V.A." per docenti della formazione professionale. Spesa di L. 2.000.000 (Cap. 11540/bilancio '80). Alasia.
57 - Corsi di aggiornamento di Paghe e Contributi per docenti della formazione professionale. Spesa L. 760.000 (Cap. 11540/bilancio '80).
Alasia.
58 - Corso di aggiornamento sui Sistemi Elettronici di Scrittura S.E.S. - per docenti della formazione professionale. Spesa di L. 1.800.000 (Cap. 11540/bilancio '80). Alasia.
128 - Incarico consulenza al dott. Renato Balma. Spesa L. 3.000.000 I.V.A. (Cap. 2250/bilancio '80). Bajardi.


Argomento:

c) Delibere assunte dall'Ufficio di Presidenza e dalla Giunta regionale

Argomento:

d) Decreti del Presidente della Giunta regionale


DELIBERE ASSUNTE DALLA GIUNTA REGIONALE

Comunico, ai sensi dell'art. 41, primo comma, della le regionale 14 marzo 1978; n. 12, i decreti con cui il Presidente della Giunta regionale ha disposto le variazioni di bilancio:



DELIBERE ASSUNTE DALLA GIUNTA REGIONALE

Decreto n. 40 in data 16 luglio 1980, relativo all'iscrizione della somma di L. 135.000.000 al capitolo n. 12750, mediante prelievo dal fondo di riserva per le spese obbligatorie



DELIBERE ASSUNTE DALLA GIUNTA REGIONALE

Decreto n. 41 in data 12 agosto 1980, concernente l'iscrizione della somma di L. 572.281.000 assegnata dal Ministero della sanità per il pagamento delle prestazioni professionali relative all'impiego di prodotti immunizzanti per le profilassi obbligatorie delle malattie infettive degli animali.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Decreti di nomina del Vicepresidente della Giunta regionale e di attribuzione delle deleghe degli Assessori


DELIBERE ASSUNTE DALLA GIUNTA REGIONALE

Comunico inoltre, ai sensi dell'art. 36 dello Statuto, i decreti di nomina del Vicepresidente della Giunta regionale e di attribuzione delle deleghe agli Assessori: ENRIETTI Ezio Presidente, funzioni istituzionali SANLORENZO Dino Vicepresidente, funzioni istituzionali in sostituzione del Presidente ALASIA Gianni Assessore al lavoro, occupazione, formazione professionale, immigrazione BAJARDI Sante Assessore alla sanità, sicurezza sociale CERNETTI BERTOZZI Elettra Assessore all'assistenza FERRARIS Bruno Assessore all'agricoltura e foreste FERRERO Giovanni Assessore alla cultura, beni culturali, istruzione, enti locali e decentramento MARCHESOTTI Domenico Assessore all'artigianato, commercio, cave e torbiere, acque minerali e termali, fiere e mercati MORETTI Michele Assessore al turismo, tempo libero, industria alberghiera, sport, porti e navigazione interna polizia urbana e rurale, pesca RIVALTA Luigi Assessore alla pianificazione territoriale, industria edilizia residenziale e scolastica, parchi, trasporti e viabilità, enti strumentali SALERNO Gabriele Assessore alla tutela ambientale, energia, assetto idrogeologico-forestale, uso e risanamento delle acque, scarichi industriali, smaltimento rifiuti solidi, inquinamento atmosferico SIMONELLI Claudio Assessore alla programmazione socio - economica bilancio pluriennale, urbanistica, coordinamento e gestione opere pubbliche, intervento a seguito calamità naturali, pronti interventi caccia TESTA Gian Luigi Assessore al bilancio annuale, finanze, tributi patrimonio e demanio, economato, ragionerie centrale e decentrate, legale e contenzioso, personale ed organizzazione



DELIBERE ASSUNTE DALLA GIUNTA REGIONALE

Le comunicazioni del Presidente sono così terminate.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito sulla situazione occupazionale Fiat


PRESIDENTE

D'intesa con i Capigruppo si era stabilito di discutere della questione Fiat nella giornata di domani. Il Presidente della Giunta, in seguito ai fatti accaduti nelle ultime 24 ore chiede di discuterne questa mattina.
Chiede la parola il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Si era detto che se si fossero verificati fatti nuovi il dibattito previsto per la giornata di venerdì doveva essere anticipato a oggi, l fatti nuovi si sono verificati e credo che il dibattito sulla situazione occupazionale della Fiat debba avere la precedenza.
Gradirei una breve sospensione della seduta o un chiarimento in aula per conoscere le modalità del dibattito. Desidererei sapere se le proposte che erano state avanzate nella riunione dei Capigruppo vengono mantenute e cioè se il dibattito si svolgerà in due momenti: una serie di interventi e le proposte della Giunta sulle quali i Gruppi si esprimeranno. Mi chiedo se con i fatti nuovi vi siano altre questioni urgenti ed importanti da discutere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Anche il nostro Gruppo concorda con la proposta di procedere rapidamente, come d'altronde era stato previsto. Nel caso emergano fatti che richiedono ulteriori specificazioni - si è anche detto - da parte dei Gruppi saranno possibili interventi ed anche la presentazione di un ordine del giorno.
Questa però è la parte da verificarsi, è la parte decisa dal Presidente della Giunta, dall'Assessore Alasia e dai Gruppi.
Suggerisco di non sospendere la seduta perché la sospensione porterebbe ad un'ora tale da non consentire ai vari Gruppi di esprimersi; sono invece dell'opinione di procedere secondo il modo che è stato convenuto nella riunione dei Capigruppo.



PRESIDENTE

Ritengo che possiamo iniziare la discussione, le modalità rimangono invariate.
La parola al Presidente della Giunta, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, a tutti noi è ampiamente nota la vicenda che in questi giorni sta calamitando l'interesse della comunità regionale e di tutto il Paese su Torino: la drammatica intenzione della direzione della Fiat di procedere a massicci licenziamenti collettivi in conseguenza della grave crisi del settore automobilistico.
Prima di entrare nel merito di questa complessa situazione, che presenta troppi aspetti ancora oscuri e suscita interrogativi inquietanti mi preme tuttavia fare alcune considerazioni preliminari, ma non per questo meno importanti.
Fin dal suo sorgere, all'inizio del secolo, la Fiat (non è un caso che la sigla sia l'abbreviazione della dizione "fabbrica italiana automobili Torino") ha caratterizzato con la sua specifica impronta l'economia torinese e piemontese prima ancora che nazionale; i ritmi di lavoro nei grandi capannoni di Mirafiori, Lingotto, Rivalta hanno scandito la fatica di migliaia di lavoratori, hanno segnato nel bene e nel male la loro vita hanno fatto della fabbrica spesso la loro "seconda casa".
Il lavoro è sempre stato la vera religione di questa città e di questa regione, l'unica fonte del relativo benessere duramente conquistato a prezzo di lotte e notevoli sacrifici dai lavoratori; sono stati gli operai torinesi che la primavera del '43 hanno scioperato per impedire il trasferimento di alcuni macchinari in Germania; sono ancora gli operai che il 24 aprile del '45 occuparono tutte le fabbriche torinesi per impedire la distruzione degli impianti minacciata dai nazisti e dai fascisti e scatenare l'insurrezione che avrebbe poi portato alla liberazione.
E' la classe operaia con l'intera città che ha difeso la fabbrica: ai lavoratori, all'intera comunità, quindi, appartiene il patrimonio ideale della Fiat.
Le istituzioni si identificano con questo patrimonio, lo fanno proprio ed intendono fermamente difenderlo e conservarlo; la Fiat non è solo la famiglia Agnelli, ma è anche tutti noi.
E' da queste considerazioni e dalla certezza nostra che l'automobile ha ancora sicuramente un futuro che emerge con chiarezza il ruolo che la Regione ha in questa vicenda e che intende continuare ad avere.
La massima assemblea elettiva piemontese rappresenta gli interessi di tutta quanta la Regione: "istituzionalmente" essa deve concorrere alla programmazione economica nazionale, individuando le linee di sviluppo socioeconomico del Piemonte; "istituzionalmente" la Regione è chiamata a formulare il parere sui piani di settore, in particolare sul piano auto che il Governo sta elaborando; è "politico" ed istituzionale quindi il ruolo che la Regione intende ricoprire nel rapporto con la Fiat.
E' nostra intenzione discutere tutto con l'azienda, a partire per dalla conoscenza delle sue strategie di sviluppo, dai suoi piani per i prossimi anni, economici, finanziari, di mercato, degli investimenti che essa intende fare ed in quali settori ed ovviamente anche dei ventilati licenziamenti.
Da questo quadro è scaturito l'incontro della settimana scorsa tra la Giunta regionale, insieme a quella comunale e provinciale e la direzione dell'azienda.
Ma prima di scendere nel merito specifico dei risultati dell'incontro con la direzione dell'azienda, mi preme sottolineare ancora la diversa specificità dei ruoli dei soggetti che agiscono in questa vicenda: ho chiarito, credo a sufficienza, il ruolo della Regione; l'azienda faccia correttamente e con competenza la sua parte di imprenditore; i sindacati ne sono la naturale controparte ed hanno il diritto - dovere di discutere dei posti di lavoro e delle prospettive occupazionali; il Governo deve varare una politica economica efficace e credibile che corrisponda agli interessi della collettività.
Ma veniamo all'incontro tra la Giunta regionale ed il management dell'azienda.
L'incontro, sul cui andamento per altro la Fiat ha informato anche le forze politiche presenti in Consiglio regionale, ha consentito il raggiungimento di alcuni risultati non secondari: ha anche consentito la riapertura delle trattative tra la Fiat ed i sindacati, in seguito alla dichiarata disponibilità dell'azienda a sospendere la preannunciata operatività dei licenziamenti collettivi, condizione pregiudiziale per altro richiesta dalla stessa Giunta regionale perché potesse avvenire l'incontro; garanzia che mi venne personalmente fornita il pomeriggio precedente l'incontro dallo stesso Amministratore delegato della Fiat.
L'azienda automobilistica durante l'incontro ha fornito la sua valutazione sulla crisi del settore a livello europeo e mondiale ed ha reso note le cifre dell'eccedenza dello stoccaggio fino a tutto il 1981: per l'azienda si tratta di circa 457 mila autovetture complessivamente (cifra per altro corretta nell'ordine degli addendi tra il 1980 ed il 1981 durante il primo incontro con i sindacati presso l'Unione Industriali il lunedì pomeriggio) ed ha quindi prospettato la sua necessità di ricorrere alla conseguente riduzione di personale, riduzione quantificata in circa 24 mila unità, assicurando al tempo stesso la precisa volontà di non ridurre le dimensioni economiche dell'azienda e di voler anzi preparare in questo modo il proprio rilancio in grande stile per l'inizio del 1982.
La Giunta regionale non ha assolutamente contestato la gravità della crisi che sta attraversando il settore automobilistico a livello non solo italiano, ma europeo e mondiale. Noi seguiamo con grande attenzione gli sviluppi della situazione, preoccupati per le sue ripercussioni non soltanto occupazionali e sociali, ma anche economiche e produttive.
E' infatti nel contesto della consapevolezza della gravità dell'ampiezza e della complessità del problema che abbiamo preso l'iniziativa di richiedere urgentemente un incontro con Roy Jenkins Presidente della Commissione delle Comunità Europee e con Jacques Delors Presidente della Commissione Economica del Parlamento Europeo, incaricata di studiare il problema nelle sue dimensioni continentali e di indicare i possibili rimedi alla crisi.
La Giunta regionale è quindi ben consapevole della necessità di ristrutturazioni tecnologiche e dell'assetto produttivo della Fiat, ma non concorda assolutamente sulla necessità dei licenziamenti. Non è accettabile il discorso di mera riduzione delle potenzianti produttive e della manodopera.
E' necessario che il sindacato e l'azienda trattino, senza irrigidimenti pregiudiziali da parte dell'azienda neanche sul problema della mobilità esterna: suscitano notevoli perplessità le concomitanti affermazioni dell'azienda di una decisa volontà di rilancio da una parte insieme all'asserita necessità di espellere, sia pure sotto la veste della "mobilità esterna" circa 12 mila lavoratori dal processo produttivo alla fine dell'81, dopo averne tenuti 24 mila complessivamente in cassa integrazione fino a quella data.
Ma, e qui stanno i nostri dubbi più grandi, è necessario che alcuni punti fondamentali per la corretta prosecuzione del rapporto tra la Regione e la Fiat siano ben chiari: bisogna giocare a carte scoperte.
La Giunta regionale deve rilevare a questo proposito l'assoluta carenza di informazioni fornite dalla Fiat sui propri programmi di sviluppo e sulla situazione finanziaria. Anche le grandi aziende devono accedere all'idea della necessità della programmazione: il management Fiat non può pensare di prendere decisioni di drastici tagli alla produzione e all'occupazione senza tenere conto dei risvolti sociali ed economici che essi comporterebbero per l'intera collettività; non può ragionare con la sola logica delle necessità interne all'azienda.
Il Governo, per parte sua, deve darsi carico di attuare una politica economica compatibile con l'attuale quadro di crisi e a cui la Regione possa efficacemente concorrere per la sua parte; ma non è possibile programmare un piano di sviluppo per gli anni '80 in Piemonte se non si conoscono in modo chiaro e convincente le linee di indirizzo della Fiat.
Devo dire francamente che le voci ricorrenti in questi giorni di possibili futuri cambiamenti o rimpasti nell'assetto del management che dirige la Fiat ci lasciano perplessi e molto preoccupati; solamente due mesi fa abbiamo assistito al cambiamento, sicuramente traumatico dell'assetto dirigenziale dell'azienda, con le dimissioni di Umberto Agnelli; ora si rincorrono nuovamente voci ed indiscrezioni giornalistiche sulla possibilità di affiancare all'attuale Amministratore delegato un altro manager; contemporaneamente corrono cifre disparate, ma comunque allarmanti, sull'esposizione finanziaria della holding, mentre su un altro versante assistiamo ad un consistente rialzo dei titoli Fiat quotati in Borsa, in evidente attesa di una ricapitalizzazione dell'azienda che ormai tarda da troppo tempo.
Ci ha preoccupato, a questo proposito, l'assoluta mancanza da parte del 'management di qualsiasi cenno autocritico sulla passata conduzione dell'azienda; noi ci auguriamo che la trattativa ora sospesa riprenda urgentemente a livello della Presidenza del Consiglio e abbia un esito positivo e soddisfacente per tutti; per i lavoratori che debbono conservare il loro posto di lavoro e per l'azienda che può e deve trovare un rilancio adeguato; ma non possiamo esimerci qui dall'esternare gli inquietanti interrogativi e le perplessità sull'efficacia della conduzione dell'azienda che le vicende di questi ultimi tempi hanno suscitato in noi.
La Giunta regionale ha già manifestato, e lo ribadisce fermamente e con chiarezza oggi davanti alla massima assemblea elettiva del Piemonte, la sua totale disponibilità al confronto chiaro e leale con la Fiat; essa è convinta di poter efficacemente favorire la governabilità dell'azienda e quella sociale, tessendo instancabilmente, pur nella diversità dei ruoli il rapporto tra il sindacato e l'azienda; il confronto non è solamente un metodo o una formula di rito vuota di contenuti, non è una scatola cinese di cui non si riesce mai a vedere il fondo, ma è l'essenza stessa della governabilità e della vita di una moderna società a democrazia avanzata e che tale vuole rimanere.
La Giunta regionale nella sua precipua funzione di responsabile del governo del territorio, e dei processi economici che su di esso si sviluppano, ha da tempo individuato alcune direttrici principali dello sviluppo piemontese che passano attraverso investimenti di ingenti risorse finanziarie per la costruzione di grandi infrastrutture pubbliche; non si tratta, come maldestramente hanno interpretato alcuni quotidiani nei giorni scorsi, di mettere una toppa all'eventuale fuoriuscita di manodopera dalla Fiat o, peggio, della volontà, come è stato scritto, di trasformare i metalmeccanici in muratori; una Regione come il Piemonte che geograficamente ed economicamente è l'anello di congiunzione tra il nord ed il sud dell'Europa, tra i Paesi economicamente sviluppati ed il Mediterraneo, non può non essere dotata delle infrastrutture pubbliche necessarie alla sua crescita.
Si è parlato di 5 mila miliardi che complessivamente la Regione, l'Anas e le Ferrovie dello Stato investirebbero, e qualcuno ha anche provato a quantificare l'incremento occupazionale che ne deriverebbe, fissandolo in circa 30 mila nuovi posti di lavoro; non è questa la sede per precisare le quantità ed è pericoloso creare facili illusioni in un momento così drammatico: ma quello che voglio dire qui ora è che l'intenzione nostra è di andare avanti, anche se costa fatica e gli ostacoli sono molti.
La crisi dell'auto esiste, certo; ma è altrettanto certo, e qui esprimo una mia ferma, personale convinzione, ma anche di tutta quanta la Giunta regionale, che il settore dell'auto è ancora un momento trainante non solo della nostra economia nazionale, ma di quella mondiale e che Torino ed il Piemonte sono e resteranno anche nel futuro la Città e la Regione dell'auto.
Lo ricordavo all'inizio, lo ribadisco ora: la Fiat è un patrimonio di tutti, in primo luogo di chi lavora; la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro ed il lavoro è la nostra vera ricchezza nazionale; la Costituzione garantisce il diritto del cittadino al posto di lavoro; noi intendiamo operare, tenendo conto di tutte le compatibilità economiche del sistema industriale e del mercato, per salvaguardare nei fatti questo diritto dei lavoratori.
Un'ultima considerazione: il Consiglio regionale si faccia interprete dell'ansia e tensione della popolazione piemontese per richiedere fermamente alla Fiat di non compiere alcun atto verso i licenziamenti nel mentre la trattativa verrà ripresa a livello governativo.



PRESIDENTE

Ha ora la parola l'Assessore ai problemi del lavoro, Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'informazione svolta dal Presidente Enrietti e la diffusa documentazione scritta che la Giunta ha fornito, debbono indurmi ad evitare ripetizioni, non certo ad esimermi dal fornire maggiori dettagli ed un giudizio il più organico possibile.
La gravità, ma anche la complessità (perché di questo si tratta) della situazione Fiat, debbono indurci ad evitare ogni improvvisazione ed ogni atteggiamento di pura propaganda che sarebbe tanto querula quanto impotente.
E posso assicurarvi che è con questo senso di responsabilità - e se mi è consentito - con questo costume e metodo (che tende cioè ad individuare ed attivare i suoi ruoli istituzionali e politici precisi), che la Giunta segue tutti i punti di crisi occupazionale e produttiva dei quali vi abbiamo fornito stamane un quadro scritto; ci sono interrogazioni alle quali devo rispondere, ci sono quesiti posti pubblicamente in questi giorni dai Gruppi del nostro Consiglio, che non vogliamo né dobbiamo lasciare senza risposta; ci sono problemi di merito, ma ci sono anche problemi di metodo sull'operato regionale in questa materia che, posti all'inizio di questa legislatura, meritano attenzione e risposte.
Voglio assicurare il collega Bastianini ed il P.L.I., che con meditazione hanno sollevato alcune questioni nei giorni scorsi, che è lontana da noi ogni visione di autarchismo regionale che, oltre tutto sarebbe anche ridicola e grottescamente pretenziosa.
I colleghi della passata legislatura sanno, quante volte, nelle decine e decine di relazioni su Olivetti, Montefibre, Egam, Gepi, ecc., io ho insistito su questo concetto, ricordando che la politica occupazionale ed industriale, per le infinite implicazioni che ha in un'economia moderna non è certamente circoscrivibile alla dimensione regionale, n riconducibile a ruoli delle Regioni che noi non vogliamo e non abbiamo mai sollecitato.
Quando si trattò di varare (elaborare prima e varare poi) la legge 675 noi sostenemmo l'esigenza di rifiutare ogni metodologia che portasse ad assecondare illusioni di regionalismo autarchico (perché poi si tratterebbe di illusioni a fronte di complessi e gruppi produttivi e finanziari che hanno dimensioni oltreché super-regionali, super-nazionali).
E coerentemente con ciò abbiamo insistito (e la legge lo fissa) che i pareri delle Regioni vengano espressi nella sede unitaria della Commissione interregionale.
Le cose sono serie per permetterci qualunque slabbratura.
Assicuro il collega Bastianini che provo anch'io - proviamo anche noi un grosso fastidio per quella che il compianto Walter Tobagi - cogliendo non un male complessivo della nostra società che rischia di contaminarci tutti - definiva la "Società dello spettacolo che trasforma anche la lotta politica in una gigantesca recita collettiva".
Nessuna recita dunque. Ma ruoli ai quali vogliamo assolvere. Su questo dunque non ci piove. Ed il collega Bastianini sfonda una porta aperta.
Dove mi pare di non poter condividere i rilievi ed i commenti di Bastianini e del P.L.I., è quando - partendo da questo corretto assunto di fondo - ne tira poi una conclusione riduttiva del ruolo della Regione.
Noi abbiamo ruoli precisi assegnatici da leggi nazionali e regionali (anche se insufficienti e talora contraddittori o vanificabili da una prassi politica centrale): parlo dei nostri impegni sulla 675, per i pareri e per le istruttorie, per i progetti di settore; la nostra presenza nella Commissione dell'impiego; la formazione professionale; gli interventi sulle aree e per le localizzazioni; per il credito. E vogliamo giocarceli tutti.
Signori Consiglieri, sulla crisi della Fiat e dell'auto occorre fare una precisazione preliminare, perché da essa è disceso poi un nostro comportamento pratico-politico come Giunta.
Noi non abbiamo atteso né le dichiarazioni di Umberto Agnelli della primavera-estate, né le risultanze della Commissione Prodi della primavera che lamentava l'impreveggenza governativa nel non aver avvertito la crisi in tempo e nel non aver previsto nella legge industriale (675) il settore auto.
Non abbiamo atteso né la lettera del Ministero, né la convocazione della Commissione interregionale della 675, per chiedere l'inclusione nella stessa del settore auto.
E con queste precisazioni, signori Consiglieri, non ho inteso fare precisazioni procedurali e di comportamento fine a se stesse.
Ed occorrono allora alcune spiegazioni per chiarire la nostra insistenza sull'esigenza del piano di settore (e correlato a questo del programma aziendale), insistenza che è stata al centro del nostro incontro con la Fiat l'altra settimana, il 5 settembre.
L'auto deve certo fare i denti con l'insorgenza di problemi nuovi legati alla crisi energetica generale, e legata al fatto che se gli anni '50-'60 hanno registrato un mercato in diffusione - espansione di massa negli anni successivi si è avuto in parte un mercato di sostituzione, con differenti ritmi di acquisto. Ecco perché abbiamo insistito per legare il progetto auto a quello più generale dei trasporti.
Il destino dell'auto pare dunque legato alla sua capacità innovativa alle caratteristiche del prodotto. Rileva infatti la Commissione CIPI, in un suo documento del luglio 1980 (che noi non abbiamo ancora ufficialmente), ma che rivendichiamo, "che la crisi petrolifera ha invece stimolato (negli anni successivi al '74-'75) innovazioni di processo e di prodotto" e, riferendosi ai Paesi esteri, "all'abbandono dei modelli in uso e alla progettazione di nuove famiglie".
Questa relazione continua affermando che "in Italia invece la crisi non è stata subito percepita né avvertita la gravità della situazione di un settore dove un ritardo nell'innovazione, rispetto ai concorrenti, comporta l'incapacità (per un periodo di tre-quattro anni) di mantenere un confronto con i concorrenti".
Mi pare di poter dire con obiettività che sostanzialmente questo giudizio sia stato confermato nell'incontro con la Fiat anche se il dott.
Romiti ha voluto con noi sottolineare che la Fiat ha dovuto "gioco forza" procrastinare gli investimenti e conseguentemente il rinnovamento della gamma dei prodotti, per non aprire allora problemi occupazionali.
A questo compito si accingerebbe ora la Fiat con investimenti che secondo quanto ci hanno confermato nell'incontro - ammonterebbero, negli anni '80-'81-'82, a circa 1.000 miliardi orientati soprattutto al rinnovo dei modelli, innovazioni per bassi consumi, innovazioni ai motopropulsori materiali alternativi per componenti, razionalizzazione produttiva.
La Fiat afferma che essi non potranno essere minimamente ritoccati, n suscettibili di ritardi o sospensioni, pena la perdita di un ruolo importante sul mercato.
Il dott. Romiti e l'ing. Ghidella in particolare, hanno insistito sul problema della concorrenza internazionale (affermando testualmente che: "i produttori si stanno scannando"), rilevando in particolare il massiccio ingresso giapponese. L'ing. Ghidella ha insistito particolarmente sul fatto che le industrie estere, e segnatamente quelle giapponesi, godono di consistenti aiuti statali. E' un argomento al quale aveva fatto ripetuti accenni anche Umberto Agnelli nel maggio-giugno.
Vediamo un po' più da vicino questa questione degli interventi statali perché su di essa dovremo pronunciarci anche a termini di legge, e perch su essa ci è parso rilevare dissonanze fra quel che noi sosteniamo e quel che vorrebbe la Fiat.
Il documento del CIPI già citato afferma che nei Paesi industriali sono state realizzate ristrutturazioni rilevanti e che se da noi "è stato perduto molto tempo esiste ancora spazio per un recupero". Richiama poi le sei condizioni Prodi (vi abbiamo distribuito il documento) e conclude affermando la necessità di "un piano organico che abbracci non solo le aziende produttrici, ma anche la componentistica". Ebbene, noi condividiamo totalmente questa esigenza di un rapporto organico fra piano nazionale di settore (si intende con i suoi vincoli) e programma aziendale.
Ora, la Fiat è venuta a dirci di "non aver chiesto che si formulasse un piano di settore per l'auto", che la stessa Fiat contribuisce all'elaborazione del piano con un suo rappresentante, ma che non intende chiedere finanziamenti per ristrutturazione.
La Fiat si dichiara invece interessata ad avere i soldi per la ricerca e che prenderà aiuti solo rigidamente finalizzati alla ricerca e che considera il fondo ricerca istituito sulla 675 come l'unico strumento moderno a livello europeo. La cosa è estremamente complessa e andrà chiarita.
Vorremmo sapere quali preoccupazioni nutre la Fiat circa i piani di settore previsti dalla 675, quali limiti non vorrebbe accettare - o vorrebbe rimuovere - giacché avendo chiesto noi alla Fiat come doveva intendersi la dichiarazione di Umberto Agnelli, secondo la quale la 675 doveva essere modificata, la Fiat non ci ha, sino ad ora, risposto. Sta di fatto però (ed io debbo rilevarlo) che anche il ricorso al fondo ricerca è e sarà condizionato al fatto che vi sia una progettualità aziendale coerente con il piano nazionale. E sta di fatto che sarebbe ben una strana cosa che il Paese si desse un piano di settore auto e che poi la più grande azienda del Paese non operasse secondo le linee di questo piano.
Signori Consiglieri, consentitemi di nutrire alcune preoccupazioni sulle varie pressioni che vi sono per la gestione del fondo ricerca: la Olivetti ha chiesto centinaia di miliardi; l'Indesit chiede 100 miliardi la Fiat ci dice che vuole accedere. Sta tutto bene. Noi crediamo che lo Stato debba attivarsi nella ricerca, spendendo più e meglio.
Ed abbiamo ancora fatto in questi giorni proposte per informatica ed elettronica.
Ma il fondo non è il fondo di San Patrizio. E' un fondo che si utilizza secondo certe finalità, per l'appunto fissate nei piani di settore. Ecco perché allora ritorna - e ritorna come centrale - il problema della programmazione.
Rispetto a questo problema e al piano di settore sul quale dovremo essere interpellati, la Giunta ha deciso - nel rispetto della legge che ci impegna a livello interregionale - di stendere una prima bozza di valutazioni e problemi che sottoporremo al confronto delle altre Regioni italiane e poi al CIPI.
E veniamo ai problemi occupazionali. Devo una particolare risposta all'interpellanza del collega Montefalchesi che ha sollevato il problema dei licenziamenti individuali già in atto, che non sono affatto separati dal problema generale, ma che hanno una loro particolarità. Ringrazio il collega e compagno Montefalchesi per aver sollevato questo problema che in genere rimane pure in ombra nelle tante discussioni e dispute che si fanno oggi attorno alla Fiat.
Non a caso la lettera del nostro Presidente di richiesta di incontro alla Fiat ai primi di agosto poneva, fra gli altri, esplicitamente, questa questione e chiedeva alla Fiat di interrompere questa pratica di licenziamenti individuali che avrebbe già superato le 2.000 unità.
Abbiamo riproposto la questione nell'incontro con la Fiat, ricordando che la misura e il modo insoliti di questi licenziamenti tendono a precostituire parte di quei licenziamenti collettivi che la Fiat stessa aveva preannunciato. Abbiamo peraltro sottolineato ché una parte (non trascurabile) di questi licenziamenti comprende invalidi, la cui invalidità è stata contratta proprio sul lavoro. E questa è una partita aperta sulla quale noi abbiamo manifestato il nostro netto dissenso e ne abbiamo chiesto l'interruzione. Ma noi non siamo nè la parte individuale né la parte contrattuale che può impostare le vertenze sindacali.
Abbiamo discusso la questione con la Segreteria della F.L.M., che si è riservata di avanzare proposte in ordine a possibili iniziative di recupero (formativo e fisiologico) di capacità lavorative e noi siamo ben disponibili ad assolvere ad un nostro ruolo istituzionale che deve trovare corrispondenza nei comportamenti aziendali, mentre dobbiamo ribadire la nostra richiesta alla Fiat che desista da una pratica che non può che inasprire la situazione.
Già i signori Consiglieri sono informati, dalle abbondanti notizie di stampa, sui problemi d'ordine occupazionale Fiat. Ma la ridda di informazioni e di cifre, che si inseguono con una certa approssimazione circa le forme dei provvedimenti ipotizzati o ipotizzabili, ci inducono ad alcune precisazioni.
La Fiat valuta che fra l'80 e l'81 avrà 457.000 macchine stoccate (a parte il fatto che la Fiat ha fatto una previsione per 1'80 poi corretta).
A questa previsione non corrisponderebbe esattamente una eguale percentuale del 20 % di esubero sul personale, ma una sua stima la porta a valutare attorno alle 24.000 unità lavorative la cifra di eccedenza occupazionale.
Non tutta la cifra prevista è nell'area di Torino, ma certo la maggioranza e la totalità dell'eccedenza considerata strutturale, come ha detto la Fiat, si tratta in parte di un'eccedenza congiunturale ma in larga misura si tratterebbe di eccedenza strutturale, rispetto alla quale si tratterebbe di dar luogo alla procedura dei licenziamenti collettivi.
Risparmio commenti fin troppo facili sulla gravità di queste cifre alle quali vanno aggiunte le conseguenze già presenti in parte sull'indotto, specie in alcune situazioni dell'area torinese e dell'astigiano.
Per l'indotto la Fiat ha voluto peraltro assicurarsi che non vi saranno modifiche nelle condizioni di pagamento e che le conseguenze più pesanti si dovrebbero avere in direzione del lavoro sommerso (e dei minori ), il che creerà comunque un problema di appesantimento nella nostra economia. Ciò è parziale se si pensa alle aziende medio-grandi nelle quali c'è già un massiccio ricorso alla cassa integrazione.
Stamane l'API, caro Presidente, mi ha consegnato un elenco di 60 aziende indotto Indesit.
La Fiat ha però dichiarato a noi, al Governo e ai sindacati, nella ripresa della trattativa, che era disposta ad esaminare forme alternative ai licenziamenti. Come sapete dai giornali, le trattative sindacali di questi giorni sono state sospese ieri sera. E' un fatto grave. Non ne ripercorro la cronistoria. Ricordo solo che, specificando le sue posizioni rispetto a quanto illustrato a noi, la Fiat ha detto ora che delle 24.000 unità ritenute eccedenti 12.000 sarebbero congiunturali e 12.000 strutturali, cioè tutte da espellere dall'azienda (una parte minima con provvedimenti di pre-pensionamento e la parte massima da inserire in mobilità esterna all'azienda).
Il sindacato ha peraltro avanzato la proposta di rotazione di cassa integrazione per tutto il settore auto proponendo una successiva verifica per l'inizio dell'81 dal momento che il dato Fiat sullo stoccaggio è previsionale; ciò per alleggerire l'azienda, sgravarla di costi in questo momento di crisi, senza pregiudicarne la potenzialità.
Noi non possiamo accettare la posizione Fiat. Non gli sono stati chiesti costi aggiuntivi. Non gli sono stati rifiutati gli atti per ridurre gli stoccaggi dal momento che si ammette di aver valutato previsionalmente i dati dello stoccaggio. E' saggia proposta quella di fare una verifica all'81. A questo punto è la Fiat a porre pregiudizialmente la questione della mobilità esterna. E vediamo allora di chiarire questa questione della mobilità esterna.
L' on. Pininfarina, che è deputato europeo, Presidente dell'Unione Industriali, e grande imprenditore, afferma che davanti ad eccedenze di manodopera la strada praticabile è quella della mobilità.
Noi vorremmo farlo chiaramente questo discorso. Giacché non abbiamo firmato contratti, né firmeremo contratti, né gestiremo contratti, ma siamo una parte in causa per i problemi sociali, per la mobilità della manodopera, per la formazione professionale, diamo la nostra risposta.
Se si vuol sapere la nostra opinione circa la questione generale della mobilità ci sono le nostre dichiarazioni e i nostri atti al riguardo. Noi abbiamo sempre parlato di una mobilità che garantisca il passaggio da un posto di lavoro ad un altro. Siamo contrari agli espedienti assistenziali parassitari. In quest'aula l'ho detto mille volte.
Siamo convinti che un'economia che deve ristrutturarsi e riconvertirsi ha bisogno di mobilità: di mobilità aziendale, di mobilità extraziendale.
Abbiamo anche fatto la nostra parte su questo, stipulando accordi facendo la formazione professionale, ricercando rapporti con altri partners imprenditoriali (cosa che non sarebbe nostro mestiere), spendendo soldi come Regione per i corsi di riqualificazione, come è, per esempio, alla ex Singer, alla Mossi e Ghisolfì di Tortona, come è stato alla Melco di Asti.
Abbiamo avuto, in questi casi, partners imprenditoriali che sono venuti a dirci che assumevano lavoratori "x", per qualifiche "y", ed entro i tempi "z", e noi abbiamo salutato questi sforzi di parte imprenditoriale ma sono stati pochi e a volte contrastati; ci siamo adoperati, quando il Governo si muoveva ancora per avere la Commissione per la mobilità e ora per l'impiego. Abbiamo istituito l'Osservatorio sul mercato del lavoro. Abbiamo fatto la legge sulla formazione professionale e speso ultimamente 2 miliardi per accordi aziendali di mobilità. Ebbene, se si vuol fare (se l'Unione Industriali vuol fare) un accordo generale con noi per la mobilità, che comprenda tutto, Gimac, Venchi Unica, Tessili, Cartiere Bugnone, ecc., noi siamo pronti.
Tralascio le difficoltà e le opposizioni, i solleciti declinati che abbiamo raccolto su questo terreno. Ma tutto questo cosa ha a che fare con un progetto produttivo di sviluppo che si ha il dovere di chiedere alla Fiat? E che deve comprendere anche lo sforzo e l'impegno di questo grande gruppo a risolvere i problemi occupazionali? La Giunta regionale, come ho già detto, ha posto alla Fiat, come centrale, il problema di un organico programma produttivo e finanziario. La Giunta regionale è impegnata, quindi, per la parte di sua competenza, a verificare e sostenere nei rapporti con il Governo un siffatto programma che si presenta in coerenza con il piano nazionale.
E' in quest'ambito che, a nostro giudizio, vanno affrontati i problemi dell'occupazione garantendo organici adeguati alle scelte produttive e tecnologiche. Ciò significa che i problemi attuali di eccedenza di manodopera, e quelli che saranno conseguenti ai processi di riorganizzazione Fiat, andranno affrontati adeguatamente con misure di mobilità interna, di riqualificazione professionale, con le forme del pre pensionamento, l'utilizzo del tournover, il ricorso alla cassa integrazione, che consentono un alleggerimento di fronte alle crisi senza pregiudicare le potenzialità complessive della Fiat e le condizioni per la ripresa.
Nella situazione data nell'area torinese e piemontese dove vengono minacciati migliaia di posti di lavoro alla Fiat, all'Indesit, nel vasto indotto di queste aziende ed in altre aziende medie e grandi il ventilato ricorso alla mobilità "esterna" si presenta del tutto illusorio se non è accompagnato da un consistente sforzo rivolto a risolvere i problemi occupazionali prima di tutto all'interno dei grandi gruppi e dei loro programmi (Fiat, Olivetti, Montedison, Chimica).
Nella situazione Fiat, e nella situazione più generale di questo momento, è necessario e possibile risolvere all'interno del gruppo i problemi di eccedenza occupazionale, con misure di riorganizzazione e ristrutturazione che puntando ad un miglior utilizzo della manodopera non pregiudichino il quadro economico e l'occupazione generale.
Ecco perché, signori Consiglieri, noi abbiamo chiesto alla Fiat e chiediamo al Governo che la sospensione di ieri sera non si trasformi in rottura, che la trattativa riprenda subito, che l'azienda non proceda ad alcun atto unilaterale, che la discussione sia condotta sul suo terreno logico e reale che è quello dei programmi produttivi.



PRESIDENTE

La parola al Capogruppo del P.S.I., Viglione.



VIGLIONE Aldo

Signori Consiglieri, credo che la Giunta regionale abbia fatto bene ad assumere le iniziative in ordine agli incontri per l'esame del problema Fiat, con l'azienda, con i Gruppi sindacali e politici. Non concordo con coloro che ritengono che il Consiglio, la Giunta e le forze politiche abbiano scarsa competenza, creino con il dibattito e con gli incontri delle illusioni. Credo che costoro abbiano torto.
Nel portare oggi il nostro contributo, non ci lasceremo tentare dall'entrare nei fatti tecnici dell'azienda. Questo l'ha fatto l'Assessore Alasia, ci esimiamo dall'andare oltre quei dati.
Cercheremo di fornire un giudizio complessivo ed un indirizzo che certamente, spetta a noi come forze politiche regionali. Oggi viviamo in un'angoscia grandissima. Mai nella storia piemontese, ma non credo nemmeno nella storia italiana, un avvenimento così negativo si è verificato nel mondo del lavoro. Estrapolando dal libro di Castronovo, si può ricordare forse l'epoca dell'immigrazione veneta che fu poi ributtata, negli anni '30, indietro nel momento della grande crisi, ma certamente le dimensioni di quella crisi erano meno drammatiche di quelle di oggi. Non si sa quale portata abbia la crisi nel suo complesso. E' certo che la portata di questo avvenimento non la conosciamo, le dichiarazioni rese sono contraddittorie.
Sull'indotto si riproduce una serie di fenomeni negativi per circa 30.000 lavoratori e la ripetizione dell'indotto sulle attività commerciali e terziarie porta ad un limite che possiamo identificare di completa rottura del processo del lavoro (il numero dei lavoratori interessati si potrebbe aggirare sui 50.000).
A questo riguardo dobbiamo dire che la Fiat, in qualunque modo la si riguardi nella storia, è la vita della nostra città, l'automobile ha costituito e costituisce l'elemento trainante anche se il processo che abbiamo portato avanti con il piano di sviluppo tende alla diversificazione; è certamente grossa parte del nostro sviluppo contribuisce alla formazione dello sviluppo, dei quadri tecnici, della costituzione di momenti economici per i lavoratori, per gli operatori, per un complesso di attività autonome, che è l'elemento diversificante rispetto alla monocultura industriale della Fiat.
Anche se il nostro indirizzo è la diversificazione, la Fiat costituisce un momento occupazionale insostituibile; il suo sviluppo, sia pure programmato, costituisce pur sempre l'obiettivo che noi vogliamo cogliere insieme con i processi di diversificazione industriale.
Noi socialisti, rispetto a questo problema, abbiamo tenuto una linea di continuità e questo oggi lo ribadiamo.
Rispetto a questi processi che ricadono come una scure, non riusciamo a capire come negli ultimi mesi proprio nel settore dell'automobile sia cresciuta l'occupazione per 10-12 mila unità, proprio quelle unità che oggi, a 15 mesi di distanza, si richiede di licenziare. Oggi il governo regionale contrasta il processo dei licenziamenti intendendo cogliere uno dei suoi obiettivi nello sviluppo programmato del settore insieme ai processi di diversificazione, I livelli occupazionali vanno difesi, non possono arretrare. Certo, non siamo indifferenti alle variabili di mercato alle variabili economiche, perché in una società di libero mercato gli scontri che vi sono possono produrre delle flessioni.
Ci spieghino - ripeto - perché nei 15 mesi addietro sono stati avanzati dei processi di occupazione e dopo 15 mesi gli stessi sono arretrati. Non è possibile che tutto questo possa accadere unicamente a spese dei lavoratori, non è possibile che gli scontri a livello mondiale abbiano il solo obiettivo di decapitazione dei lavoratori: 15 mila assunti ieri, 15 mila licenziati oggi e 15 mila riassunti, attraverso meccanismi di mobilità negli anni futuri, con prospettive che possono esserci o non esserci a seguito dell'esito dello scontro mondiale che oggi vede l'automobile al centro della gravissima crisi.
Noi diciamo che la crisi deve essere gestita attraverso forme che da una parte non facciano cadere l'occupazione e che dall'altra consentano dei processi produttivi elevati e tali da essere competitivi sui mercati mondiali.
Personalmente non riesco a comprendere come possa essere competitiva sul mercato mondiale essendo oggi la Fiat la prima azienda delle piccole aziende produttrici. I grandi sono i giapponesi che stanno rilanciando per arrivare nel 1985 a circa 10 milioni di autoveicoli; sono gli americani che producono 8 milioni di auto; sono i tedeschi e i francesi che si collocano sul mercato con quantità notevoli. Allora non si vede se questo rilancio deve esserci effettivamente e se l'aggressione giapponese, americana tedesca e francese deve avere un momento di vero confronto, se non di scontro con la Fiat. Non soltanto la Fiat, ma tutta la comunità, in questo caso, deve essere chiamata a gestire la crisi.
Qualcuno dice che l'azienda Fiat è tra le aziende che hanno bisogno della pubblica assistenza. Noi non ci scandalizziamo se il Governo ed il Parlamento predispongono dei provvedimenti economici. Non siamo tra quanti dicono che l'intervento economico è una forma assistenziale. Quindi bene hanno fatto il Parlamento ed il Governo a predisporre provvedimenti ed aiuti economici e a formulare addirittura un piano per l'automobile.
D'altronde quelli che si scandalizzano per questa vicenda devono sapere che i Governi giapponese, americano, tedesco e francese intervengono direttamente. Ricordiamo i provvedimenti americani dell'antinquinamento che sono leggi di tutela del mercato in un mercato che vuole essere libero competitivo e che non lo diventa per una serie di normative che impediscono alle vetture estere di entrare negli Stati Uniti. Quindi tutti questi Governi hanno già definito una serie di interventi atti a ravvivare la produzione o a facilitare l'esportazione. Semmai, se una critica deve essere fatta al Governo e al Parlamento, è di essere giunti tardi.
Quindi il Governo deve intervenire, ma l'intervento non deve conseguire il risultato della riduzione produttiva dell'azienda.
Se deve essere dato un sostegno dai 250 ai 400 miliardi alla Fin perch lo scontro mondiale abbia a verificarsi, l'esito dipenderà dalla Fiat, dai suoi amministratori, dalla sua dirigenza, dalla stessa proprietà che oggi si è autoesclusa da un processo diretto di conduzione.
E' certo che noi, con il nostro apporto, vogliamo il rilancio dell'azienda anche su scala mondiale. La riduzione comporta la perdita di molti mercati, quelli del Terzo Mondo, quelli del Medio Oriente, quelli dell'Est e i mercati asiatici nei quali, attraverso questo concetto riduttivo della Fiat, faranno sempre più presa le iniziative americane saranno sempre meno conquistabili dall'azienda che sul mercato italiano ad oggi ha perduto larghe fette passando dall'80 % al 54 % e certo non sarebbe in grado di avvicinarsi al 70% delle vendite sul mercato nazionale e di avvicinarsi quanto meno ai livelli dei mercati tedeschi e francesi e il concetto riduttivo, sia pure con l'aiuto dello Stato, non porterebbe nessun risultato apprezzabile perché nel momento in cui il mercato è conquistato da altre iniziative, neanche con il rilancio previsto per il 1982 potrebbe avere possibilità di successo.
Se le iniziative degli altri Stati hanno teso delle alleanze, che non sono di autarchia ma di valorizzazione di capacità nazionali, non si vede perché oggi nel processo formativo economico politico dell'Europa non possiamo noi stessi trovare alcuni elementi all'interno degli Stati dell'Europa produttori di autoveicoli per una sorta di alleanza non isolandoci attraverso una riduzione dell'attività, che non sarebbe produttiva nemmeno per l'azienda stessa.
Interviene il discorso dell'Alfa Nissan sul quale già abbiamo dato giudizi negativi in altre occasioni anche se l'Alfa Romeo sostiene che per avere un'autentica autonomia deve passare dai 111 mila autoveicoli ai 200 mila. Noi diciamo anche che se si ipotizza un accordo a livello europeo tanto più si può ipotizzare un accordo a livello nazionale. Nel Giappone il 98 % del mercato è conquistato dalle case giapponesi e, nel momento in cui si sta avvicinando paurosamente la crisi dell'automobile, lo Stato aiuta i giapponesi a sbarcare nel nostro Paese. Qualcuno dovrà spiegarci la necessità di questa operazione.
L'automobile non è obsoleta. Le opinioni degli anni scorsi facevano quasi una sorta di presagio e cioè che l'automobile avrebbe chiuso la sua vita nel giro di pochi anni. Questa non è la nostra opinione. L'automobile al di là di quelle che possono essere le questioni inerenti le fonti energetiche, attraverso una serie di iniziative potrà sopravvivere oltre gli anni 2000 e quindi avere un'economia.
Occorre una riconversione. Il rapporto uomo-automobile è cambiato.
L'automobile non deve essere un bene di lusso, un gradino della scala sociale ma un modello di lavoro. L'automobile ha un futuro e non può non averlo dal momento che ha costituito tanta parte nel processo tecnico dell'umanità. Non si può pensare che questo processo si interrompa.
Anche sé il nostro piano di sviluppo va verso il trasporto pubblico e collettivo, non si può pensare che da questo nasca la decapitazione dell'automobile.
Sentiamo la Fiat come nostra perché centinaia di migliaia di lavoratori della comunità piemontese e del sud hanno costruito per ottant'anni ogni sua parte e se oggi questa città e questa regione hanno dei livelli occupazionali non ancora adeguati, ma certo più soddisfacenti che in altre regioni, questo è dovuto anche alla presenza di un'impresa come la Fiat.
Respingiamo i licenziamenti perché non possiamo pensare che questa regione possa provincializzarsi ulteriormente. Nella presentazione delle linee della Giunta abbiamo ipotizzato anche interventi di sostegno dell'economia. Non vogliamo trasformare gli operai specializzati della Fiat in muratori, ma nel momento in cui o di fatto, o per spinta interna o per volontà della direzione dell'azienda si realizzano 5 mila licenziamenti e non si effettua il tournover, per cui si va attorno alle 10 mila unità di disoccupati, sarebbe ipotizzabile che le istituzioni pubbliche locali predisponessero un piano a sostegno dell'occupazione.
Di fronte a quasi 50 mila unità, dirette o indirette, dell'indotto, del commercio, di attività autonome collegate all'attività primaria dell'azienda che vengono ad essere decapitate, occorre un progetto da parte delle istituzioni che preveda investimenti nei settori scelti dal piano di sviluppo regionale, scelte precise, innovatrici, una sorta di new deal roosweltiano.
Per fare questo occorre unità tra le forze politiche. Alla rapidità di intervento delle grandi istituzioni, delle banche, del braccio esterno dello Stato, le Regioni, devono corrispondere chiarezza, scelte precise e controllo immediato su tutte le attività, trasparenza e partecipazione di tutte le forze politiche.
Il piano a breve termine che deve essere sviluppato entro i prossimi 24/30 mesi dovrebbe essere portato innanzi attraverso la costituzione di una Commissione, che noi indichiamo nella I Commissione consiliare, e dovrebbe avviare sotto il controllo di tutte le forze politiche un processo che dovrebbe essere simile ai processi di formazione che nei periodi difficili videro le grandi democrazie europee unite in tutte le forze politiche presenti nei Parlamenti. Questo permetterebbe di costruire ipotesi di lavoro che consentirebbero di superare la grave crisi che oggi attraversiamo in Piemonte e che potrebbe riflettersi sull'intero Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

Signor Presidente, signori Consiglieri, nel febbraio di quest'anno quando si riunì la conferenza dei comunisti sulla Fiat, e noi illustrammo con grande serietà e senso di responsabilità i risultati del lavoro preparatorio, sia sull'inchiesta condotta tra i lavoratori, sia sulla situazione produttiva della Fiat, in particolare del settore auto, già mettendo in luce i tratti premonitori di una grave crisi, preoccupante e di vaste proporzioni, avemmo delle reazioni di vario tipo.
Si espresse, allora, interesse, riconoscimento della serietà del lavoro svolto, approvazione delle conclusioni a cui la conferenza era pervenuta, e questo soprattutto tra i lavoratori, nelle forze sindacali, in molti organi di informazione.
Voglio però ricordare che a questi elementi positivi si contrapposero allora, disinteresse, posizioni irresponsabili, tentativi di coprire la realtà, mistificazioni. Ricordo solo qualche titolo: "Berlinguer scende in campo per aiutare Agnelli", "Berlinguer corteggia l'avvocato", "Il P.C., fa le fusa al colosso industriale Fiat", "Perso l'autobus il P.C.I. cerca di prendere l'automobile".
Molte, troppe stupidità politiche Interessate.
Sarebbe troppo facile per noi dire, oggi, che siamo stati dei facili profeti, che con altrettanta facilità si potrebbero individuare coloro che allora snobbarono quel lavoro, quel contributo, che ci incolparono di violare campi non di nostra competenza o che rimasero assolutamente zitti.
Buttando cosi a mare mesi preziosi che avrebbero potuto essere utilizzati invece per affrontare i problemi che già erano aperti. Oggi costoro, dentro e fuori della Fiat, si sentono un po' spaesati, quasi increduli che proprio il più grande complesso industriale del nostro Paese possa essere in crisi e minacciare migliaia di licenziamenti.
Se si vuole però, nei fatti e non a parole, fare ognuno il proprio dovere in modo autonomo, in base alle rispettive competenze e campi d'azione, si deve fare uno sforzo per avere chiari e fermi i tratti fondamentali del problema Fiat. Intanto si devono inquadrare i problemi Fiat nel contesto più complessivo dei nodi presenti nel settore automobilistico non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo.
Non può essere isolato il settore come fatto a sé, cioè, esso va inquadrato nelle questioni di fondo che travagliano i sistemi economici non solo nazionale, ma europeo e mondiale. Tutto questo però non esclude, ma viceversa impone, un discorso serio e responsabile anche sulle cause specifiche della crisi Fiat in quanto tale, sui ritardi, sugli errori ed impone un discorso sulla situazione economica del nostro Paese.
Intanto, mi pare possa essere detto che ci si ritrova ad operare in una crisi mondiale non solo pesante, ma dalle varie facce, in cui sono presenti elementi congiunturali ma anche grossi fattori strutturali. Infatti, dalle tendenze in atto si può facilmente individuare una depotenzializzazione dei sistemi economici occidentali, una caduta del tasso di crescita della produzione, un alto tasso di benessere da cui è difficile retrocedere, ma che è altrettanto difficile mantenere senza grandi trasformazioni sociali ed economiche.
Perché la crisi investe direttamente i meccanismi che hanno governato sino ad ora i cicli economici, per cui è anche crisi che investe le classi dirigenti e i meccanismi statuali da esse forgiati.
Perché è crisi di razionalità che nasce nel cuore stesso dei processi produttivi e quindi ha imposto ed impone sempre più una nuova rivoluzione industriale, l'impiego e lo sviluppo su vasta scala di nuove e moderne tecnologie, una nuova e diversa organizzazione del lavoro.
Al riguardo, è significativo il peso trainante che vengono assumendo settori quali quelli dell'informatica, della chimica, della trasformazione delle fonti di energia, persino un posto nuovo viene assumendo il trasporto pubblico.
E' crisi poi delle grandi imprese a cui si è cercato e si cerca di rispondere con l'avvio di grandi processi di trasformazione, con lo sviluppo dell'intervento pubblico programmato.
Certo è, che se di fronte a questi problemi e al modo in cui si cerca di risolverli, si apre una finestra sul nostro Paese, ci si può subito rendere conto come l'Italia pare già tagliata fuori dai settori trainanti come si sia inutilmente perso tempo teorizzando sulla funzione ideologica del ne liberismo, sull'illusione dei siur Brambilla, sulla forza dell'economia sommersa.
Si teorizza il galleggiamento dell'economia italiana nella crisi rischiando così di andare alla deriva. Noi stiamo navigando in questo mare tempestoso con una piccola barca mentre gli altri pare navighino su delle portaerei e non si punta invece ad uno sviluppo programmato nel cui ambito trovino un nuovo posto le imprese e il mercato.
E' quindi dentro questa cornice che vanno collocati, a nostro avviso, i problemi del settore auto sia a livello internazionale che a livello nazionale ed è dentro questa cornice che voglio tentare un esame attento ed approfondito dei problemi che sono oggi al centro della nostra discussione.
1) Due dati caratterizzano la crisi generale che l'industria automobilistica attraversa. Il primo è rappresentato dalle difficoltà congiunturali.
E' in via di esaurimento il ciclo di sostituzione del parco automobilistico avviatosi successivamente alla crisi energetica e considerato il peso rilevante assunto ormai dalla domanda di sostituzione sui mercati più importanti, si può comprendere la netta contrazione della domanda che si è determinata sul mercato mondiale. Non illude peraltro il ritmo positivo che mantiene il mercato italiano dovuto semplicemente ad un ciclo di sostituzione in ritardo rispetto a quello degli altri Paesi.
2) Noi riteniamo però che sarebbe limitativo e pericoloso soffermarsi al solo dato congiunturale.
Al dato della crisi congiunturale si sovrappone il secondo dato che riguarda la struttura dell'industria automobilistica, il processo di profonda trasformazione del mercato e del prodotto in corso.
Ad un'analisi attenta appare chiaro il fatto che muta la qualità della domanda, il mercato è in continua evoluzione, si "riprogetta" il prodotto automobile.
La crisi è un fenomeno complesso che sviluppa un'elevata dinamica: genera una concorrenza furibonda tra le imprese costruttrici e prospetta con le sue tendenze - una nuova divisione internazionale del lavoro anche per l'industria automobilistica.
Scendono in campo direttamente gli Stati attuando politiche di sostegno. Da ciò ne derivano elementi prioritari e di fondamentale importanza.
3) Ne deriva intanto il decisivo e necessario impegno nella ricerca e sviluppo da parte delle principali imprese.
Si "riprogetta" il prodotto auto (e il modo di produrlo) all'insegna del risparmio energetico e dei materiali, del rispetto delle norme antinquinamento, dell'elevata affidabilità, della maggiore durata e sicurezza.
Pare si punti ad un modello base di carattere modulare, universale, che consenta di razionalizzare la famiglia dei motori e dei modelli e di sviluppare una componentistica che, per quantità e qualità di produzione possa assumere una dimensione internazionale.
L'attività di ricerca e sviluppo ferve e si incentra sui nuovi materiali e sui nuovi processi produttivi (a basso contenuto energetico) sull'aerodinamica, sull'ottimizzazione del rendimento dei motori attraverso l'introduzione di tecnologie elettroniche, sui carburanti alternativi.
Così come crescerà l'importanza dei problemi del contenimento dei costi di produzione legati al conseguimento di economie in scala per ciascun modello prodotto e per le attività di ricerca, per la componentistica e per la commercializzazione all'aumento della produttività.
La tendenza delle grandi imprese pare essere quella di ridurre considerevolmente il numero di modelli base e di motori.
4) Infatti, se per un attimo facessimo un passo indietro nel tempo possiamo rilevare, come già negli anni '74-'75, la crisi petrolifera avesse stimolato le innovazioni (mutamenti delle caratteristiche del prodotto dimensioni, peso, aerodinamicità).
I giapponesi con le auto a , basso consumo erano riusciti a penetrare negli Stati Uniti e questi ultimi avevano avviato un processo di riconversione che puntava sulle auto di media cilindrata. D'altronde nell'ultimo decennio la struttura della produzione mondiale ha già subito profondi cambiamenti: mentre si è manifestato un relativo declino dei Paesi europei e degli USA, impetuosa è stata la crescita del Giappone e si è affermata una certa presenza dei Paesi socialisti.
In una situazione di contrazione del mercato mondiale, in presenza di fondate previsioni che indicano un limitato tasso di crescita della domanda per il prossimo decennio (media mondiale inferiore al 4%) e la prossima saturazione dei mercati del "primo acquisto"; l'elemento innovazione è condizione decisiva per la sopravvivenza e lo sviluppo. Ma se l'elemento innovazione diventa sempre più decisivo e determinante, un peso strategico assume, come dicevo prima, l'elemento ricerca.
Un primo esempio può rendere evidente la mole di risorse che dovranno essere impiegate: le spese di ricetta e sviluppo nel 1978 sono ammontate a 1.300 miliardi di lire per la General Motors, a 1.050 miliardi per la Ford a 160 miliardi per la Renault.
6) Ma ancora se, come si fa spesso, si prendono come punto di riferimento gli USA si scopre che gli investimenti attuati in questi ultimi anni per la completa riconversione degli impianti finalizzata alla produzione di modelli di tipo europeo con componenti standardizzate, sono stati colossali. Solo quelli previsti per il periodo '79/85 ammontano a 80 miliardi di dollari.
Le grandi imprese americane hanno concentrato gli sforzi sugli investimenti e l'innovazione per adeguarsi ai mutamenti del mercato. Il Governo americano in questi anni è intervenuto direttamente a sostegno dell'industria automobilistica: ha promosso interventi di innovazione tecnica e la ricerca di nuovi modelli, ha stabilito severe norme antinquinamento per i motori venduti sul mercato nazionale che si sono configurate anche come misure protezionistiche, ha frenato le importazioni stabilendo un limite oltre il quale l'operatore straniero deve produrre direttamente negli Stati Uniti. Il nuovo modello della Ford, la Escort, è costato 3 miliardi di dollari.
7) D'altra parte la capacità di penetrazione commerciale dell'industria giapponese, sostenuta dal robusto intervento del Governo, è eccezionale. In cinque anni le esportazioni sono raddoppiate e sfiorano ormai i 5 milioni di veicoli.
8) Ma se per un attimo lasciamo le sponde americane e giapponesi e ci fermiamo alla vecchia Europa, possiamo subito constatare che l' industria europea, rispetto alle concorrenti, è maggiormente frazionata e disomogenea, quindi fragile e particolarmente esposta ai contraccolpi della crisi e all'aggressività della concorrenza americana e giapponese.
Le cause sono note: la presenza in Europa di un alto numero di case automobilistiche (due case americane producono annualmente 10 milioni di autovetture, in Europa dieci produttori superano appena 9 milioni di vetture) la decisione dei costruttori americani di passare dalla produzione di auto di grande cilindrata e dimensioni alla produzione di auto di media cilindrata l'accresciuta concorrenza dell'industria giapponese che, sui mercati europei, è passata da una quota di penetrazione del 7,5 % nei primi cinque mesi del '79 al 10,7 % nei primi mesi dell'80 la secca riduzione della quota di penetrazione dei produttori europei nei mercati del Terzo Mondo il carattere prevalentemente di sostituzione del mercato europeo (mediamente il 71%, in Italia intorno al 60%).
In conseguenza di quanto già qui detto, le previsioni per i prossimi anni configurerebbero per il mercato europeo il quadro seguente: la domanda dovrebbe essere concentrata ancora nei quattro Paesi maggiori che insieme assorbono il 70% del mercato il 1980 registrerebbe una contrazione della domanda, con una diminuzione del 4% sul '79 il 1981 registrerebbe una fase di recessione nel primo semestre mentre nel secondo semestre prenderebbe avvio il nuovo ciclo di sostituzione '82-'85 nel quinquennio '80-'85 l'incremento annuo sarebbe del 2,5 % seguito da una crescita dell'1,5% nel quinquennio '85-'90; la domanda totale dovrebbe aggirarsi mediamente sui 12 milioni e 700 mi la :vetture all'anno tuttavia l'andamento della domanda non sarà regolare e costante bensì caratterizzato da forti oscillazioni e da diversi andamenti di mercato nei singoli Paesi.
9) Ma se dopo gli USA, il Giappone, l'Europa, torniamo all'Italia possiamo oggi dire, è meglio ripeterlo, che la grave crisi che aveva colpito il settore auto nel 1974-'75, a differenza delle maggiori imprese tedesche e delle maggiori imprese francesi e dei rispettivi Governi, in Italia essa non era stata avvertita in tutta la sua portata. L'errore di valutazione di allora ha determinato un ritardo nella diffusione dei nuovi modelli e nella costruzione di nuovi motori. Di qui la sensibile perdita di competitività dell'industria italiana: nel decennio scorso le importazioni sono passate dal 20 % del '69 al 36,3 % del '78 e la situazione è andata ancora peggiorando. In Francia e in Germania le importazioni si sono assestate su valori del :20% circa. Va osservato, inoltre, che le stesse esportazioni hanno subito nello stesso periodo un rallentamento preoccupante a favore dei grandi concorrenti europei.
10) Mi pare si possa dire, sulla base di questi fatti, che il quadro generale di difficoltà dell'industria europea trova un particolare riscontro nella situazione italiana. Anzi: mentre i maggiori produttori tra il '73 e il '79 hanno registrato forti incrementi di domanda, il mercato italiano ha raggiunto solo nel '79 i livelli del '73 la quota di produzione italiana su quella europea è diminuita dal 17,4% del '73 a meno del 14% del '79 in particolare la Fiat ha in tutti questi anni costantemente perso, a favore di produttori stranieri, quote di mercato all'interno e all'estero.
Nonostante ciò, la congiuntura dei mesi scorsi ha fatto registrare sul mercato interno italiano una situazione anomala rispetto agli altri Paesi: nel periodo gennaio - giugno la produzione ha subito un incremento del 13,5%, la domanda interna ha registrato il 12,8% in più e l'esportazione un incremento del 2,6%.
Ciò ha consentito di attutire gli effetti della crisi e di compensare il crollo della domanda sugli altri mercati.
Il comportamento atipico del mercato italiano al 1. settembre 1980 è dovuto a tre fattori: il ciclo di sostituzione '74-'79 in Italia è leggermente arretrato rispetto agli altri Paesi il più alto tasso di inflazione (e i contenuti aumenti dei listini) determina anticipazioni di acquisto il parco vetture italiano, tra i più vecchi d'Europa, garantisce un mercato di sostituzione più ampio (anche se i ritardi produttivi e tecnologici della Fiat fanno sì che le maggiori opportunità di sostituzione siano sfruttate in misura maggiore dai produttori stranieri).
In ogni caso tale situazione atipica volge ad esaurimento. Infatti: negli ultimi tre mesi (maggio-luglio) si è scesi rispetto alla domanda dello scorso anno (- 15%) le previsioni per l'81 indicherebbero il perdurare di una fase recessiva, il cui superamento si avvierebbe in Italia soltanto all'inizio dell'82.
Per quel che riguarda invece il decennio '80-'90, considerato lo stato di maggiore arretratezza del parco vetture italiano, le previsioni indicherebbero incrementi di domanda leggermente superiori alle medie: '80 '85 + 2,7% (Europa + 2,5%); '85 -'90 + 1,8% (Europa + 1,5%).
Fatte queste constatazioni molto generali, e in parte anche sommarie di cui mi scuso, mi pare però chiaro il fatto che le difficoltà attuali della Fiat vadano intanto collocate entro il quadro generale di crisi che colpisce l'industria automobilistica europea e mondiale.
Ciò detto, voglio però dire subito che l'industria automobilistica italiana accumula le difficoltà dovute alla sfavorevole congiuntura del mercato internazionale con i gravi ritardi strutturali di cui è malata.
12) Infatti la crisi mondiale ed europea del settore non può nascondere il fatto che da più parti (dall'analisi fatta da noi comunisti alla conferenza sulla Fiat, al documento della Commissione Frodi e anche all'analisi preliminare della situazione dell'industria automobilistica italiana del Ministero dell'industria) si è ribadito che l'industria automobilistica italiana, e segnatamente la Fiat, è caratterizzata da: insufficienti investimenti per quantità e qualità insufficiente ricerca per l'innovazione tecnologica sui prodotti inadeguata presenza nel settore dei componenti eccessivo numero di modelli politica dei prezzi non competitiva gigantismo degli impianti e rigidità dell'organizzazione produttiva minore produttività aziendale in rapporto al valore aggiunto e al fatturato per addetto mancanza di adeguate forme di collaborazione con le imprese europee grave incertezza nel definire strategie di adeguamento e di rilancio produttivo insufficiente disponibilità di risorse.
C'è quindi anche un fattore Fiat specifico che è aggiuntivo agli elementi internazionali ed europei. Infatti, il persistere di incertezze ed errori del gruppo, a fronte di un mercato in rapida trasformazione di cui gli altri produttori si apprestavano a cogliere tutte le nuove opportunità ha condotto la Fiat in una situazione di progressive difficoltà e, oggi, di grave debolezza.
Manifestazione delle odierne difficoltà Fiat sono: la costante perdita, negli ultimi dieci anni, di quote di mercato interno ed estero l'attuale situazione di super stoccaggio la flessione della domanda praticamente su tutti i modelli ad eccezione della Panda, della Ritmo e della Delta (modelli nuovi) bilanci e prospettive economiche ormai a livello di guardia risultati negativi della Fiat brasiliana, della Seat spagnola, ecc.
13) E' noto che a fronte di questa situazione la Fiat prevede: di assestare la produzione '80-'81 sui livelli '79 conseguentemente di ridurre gli organici del settore auto, attraverso il blocco del tournover, pre-pensionamenti, mobilità esterna e con misure di licenziamento.
Va detto che tale piano ha già peraltro conosciuto delle "anticipazioni": la Fiat ha, in queste settimane, licenziato per assenteismo numerosi operai (in realtà per la maggior parte invalidi inidonei ed ammalati veri) e sfoltito i livelli dirigenziali attraverso licenziamenti, dimissionamenti e trasferimenti: complessivamente oltre 200 dirigenti).
Una conseguenza di tali provvedimenti è la notevole diminuzione dell'assenteismo per malattia: da una media dell'11/12% al 5-6%. Così come va ricordato che l'attuale sovra capacità produttiva è stata anche determinata dall'incremento reale di produttività aziendale che, per esplicita ammissione dell'azienda, sarebbe aumentata in un anno del 5% (per diminuita conflittualità revisione accordi, modifiche all'organizzazione del lavoro, ecc.).
A questo punto voglio però aggiungere subito un secondo elemento, e cioè il fatto che il discorso sulla situazione Fiat va di pari passo con il discorso sulla situazione dell'indotto auto.
14) Stime recenti ci dicono che l'indotto auto assorbe nella nostra Regione da 160 a 210 mila occupati.
La crisi dell'auto, della Fiat non potrà non ripercuotersi massicciamente in questo settore, cosa che del resto già sta verificandosi.
La generalità dei fornitori ha già ricevuto dalla Fiat l'annuncio di una riduzione delle commesse mediamente del 20-30% , con punte del 60-70%. Si prevedono diminuzioni di volumi produttivi del 30% nel settore auto carrozzerie (Bertone, Pininfarina), del 10-15% nei pneumatici (Ceat Pirelli, Michelin), del 30% nell'accessoristica.
Molte di queste aziende sono di piccola dimensione, anche se il quadro è estremamente variegato: accanto alla "boita" ci sono colossi come l'ITT IO e addirittura fabbriche di proprietà Fiat come la Marelli e la Weber.
Comunque, solo una minoranza di queste imprese di componentistica che lavorano a commessa è "autonoma" , il 75% di esse risulta fortemente esposto all'industria per cui lavora.
Oggi, dopo le ferie, la situazione non è certo omogenea, accanto a richieste di cassa integrazione già in atto si potranno verificare anche fenomeni di crescita produttiva, perché la Fiat può decidere di concentrare le commesse in determinate aziende per ragioni di prezzo, magari con intenti ricattatori.
Un dato è comunque certo, il quadro generale dell'indotto Fiat è negativo e preoccupante e richiede certamente interventi specifici.
Aggiungo che nutriamo vivissime preoccupazioni per il futuro dell'indotto Fiat, polverizzato, dispersivo ed irrazionale, anche perché abbiamo presente che le profonde innovazioni avvengono innanzitutto a livello della produzione di componenti e per reggere il confronto con la concorrenza è indispensabile giungere, a non lunga scadenza, ad una componentistica razionale, di congrue dimensioni, specializzata.
15) In questo contesto, e data la realtà attuale dell'azienda, le terapie con le quali la Fiat pensa di intervenire ci paiono non solo inadeguate, ma sbagliate e pericolose non solo per il Paese ma per la Fiat stessa.
Licenziamenti e svalutazione. E dopo? Con questa terapia ci troveremmo a breve scadenza con problemi di competitività ancora più acuti, con problemi sociali e politici inaspriti per un lungo periodo. E' necessario convincersi - innanzitutto deve convincersi la Fiat - che questa terapia non è somministrabile al Paese e che, diversamente la reazione della classe operaia, delle forze politiche democratiche, del Paese, sarebbe durissima.
Conosciamo le difficoltà in cui si dibatte la Fiat e la loro base oggettiva, ma avvertiamo, al tempo stesso, che una parte del gruppo dirigente farebbe tentare un uso strumentale della crisi, per imporre una linea dura ai lavoratori e al Governo, per indebolire il sindacato.
E' la ricorrente vocazione autoritaria di una parte del gruppo dirigente, resa più pericolosa dalle reali difficoltà che attraversa la produzione e dalla palese mancanza di una linea per affrontarle. Il gruppo dirigente appare diviso, oscillante, incerto nel definire strategie.
Ecco, allora, che la questione cruciale riguarda le reali intenzioni della Fiat: cosa intende fare per fronteggiare una situazione che comporta rischi notevoli? Quale volontà la anima? E' per un rilancio delle attività produttive o per un loro ridimensionamento? Negli anni futuri l'industria automobilistica italiana potrà essere annoverata tra quelle che hanno retto la sfida oppure sarà irrimediabilmente emarginata? Quali piani produttivi guidano la Fiat? L'impressione che si ricava è che tutto sia incerto, indefinito, o che prevalgano scelte negative.
Di fronte a questi interrogativi, incertezze, oscillazioni noi vogliamo dire con chiarezza una cosa di ordine generale.
Proprio perché i problemi della Fiat non sono solo problemi del gruppo dirigente e degli azionisti, ma rivestono un carattere generale nazionale è giunto il momento di cessare il balletto delle cifre e delle ipotesi più o meno fondate e di giocare a carte scoperte, di far prevalere il senso di responsabilità, la volontà di dialogare con le parti sociali e le istituzioni.
Deve affermarsi una linea di tenuta e di rilancio delle attività produttive e all'interno di questa, ciascuno, parti sociali e istituzionali, può e deve fare la sua parte.
16) Ciò detto, aggiungiamo che per il peso (risorse investite e numero di occupati) che l'industria automobilistica ha in Italia, a nostro avviso non è possibile un suo ridimensionamento senza generare profonde tensioni nel mercato del lavoro e nella società.
La via che noi comunisti indichiamo non da oggi è quella di una programmazione dell'economia. Una programmazione democratica per i metodi seguiti nel definirla e per gli obiettivi che deve perseguire.
Non pensiamo neppure lontanamente ad una programmazione dirigistica n tantomeno coercitiva, ma ad una programmazione capace di definire indirizzi generali ed offrire strumenti ed occasioni alle imprese.
L'autonomia dell'impresa è condizione per la sua sopravvivenza. Solo la programmazione può garantire all'attività produttiva gli indispensabili punti di riferimento, mancando i quali si riduce la stessa autonomia dell'impresa.
Da questa considerazione generale deriva la nostra proposta di definire ed attuare urgentemente una politica industriale organica capace di articolarsi a livello di piani di settore.
Esistono altre strade largamente impraticabili per chiunque voglia rilanciare le attività produttive e superare positivamente la crisi economica, sono quelle del protezionismo e dell'assistenzialismo. In una situazione di mercato aperto, di accesa guerra commerciale il protezionismo è un'illusione, bisogna invece mettere l'industria italiana nella condizione di poter competere e ciò è ormai possibile solo attuando un'organica politica di programmazione e di innovazione tecnologica.
17) Al proposito ho voluto ricordare nella prima parte del mio intervento che nei Paesi indicati come "Paesi modello" dai neoliberisti nostrani, negli Stati Uniti, nel Giappone, ma anche in Francia e nella Repubblica Federale Tedesca, i rispettivi Governi non si sono limitati a sostenere con la loro politica l'industria automobilistica ma persino hanno preteso di stabilirne gli indirizzi, hanno "forzato" l'avvio degli indispensabili processi di ristrutturazione. Altrettanto stanno facendo nei confronti di quei settori industriali considerati strategici per il futuro sviluppo delle loro economie. Proprio per questo è necessario indispensabile, urgente che il Governo, consultati imprese e sindacati Regioni e Parlamento, definisca un piano finalizzato di settore per l'industria automobilistica ed attività indotte e lo attui.
Più in generale non è più procrastinabile una politica industriale di riconversione dell'apparato produttivo, misure di politica economica capaci di rimuovere le cause strutturali della crisi e di scongiurare il pericolo della svalutazione, puntando ad un allargamento della base produttiva del nostro Paese.
18) A nostro giudizio il piano di settore (auto-indotto) deve fissare obiettivi di carattere generale quali: il rilancio della competitività, da realizzarsi con aumenti di produttività (decentramento produttivo e nuova organizzazione del lavoro affrontando così i problemi del gigantismo degli impianti e della parcellizzazione del lavoro, cause principali della bassa produttività) lo sviluppo della ricerca applicata e la produzione di nuovi modelli innovativi sulla base dei criteri illustrati nella prima parte dell'intervento la produzione decentrata di componenti nel Mezzogiorno possibilmente con collaborazioni tecniche, compartecipazione di imprese preferibilmente europee (in modo da decongestionare gli stabilimenti al nord ed avviare forme di cooperazione a livello europeo).
Nel piano devono, inoltre, essere indicate le somme da impiegare, i tempi e le scadenze di attuazione, le forme di intervento diretto, gli obblighi cui le imprese debbono sottostare per poter ricorrere al finanziamento pubblico.
In sede di definizione del piano il CIP I, sentite le parti, pu valutare la compatibilità dell'ipotizzato accordo Alfa-Nissan e stabilire in caso di accertata compatibilità, eventuali forme e clausole.
E' nota la nostra posizione: preferivamo e preferiamo un accordo con la Fiat e con imprese europee, in assenza di questa possibilità l'Alfa Romeo deve poter realizzare forme di collaborazione tali da aiutarla ad uscire dalla crisi in cui si dibatte.
19) Ma ancora. Oltre al Governo italiano e ai singoli Governi dei Paesi europei, la stessa Comunità Europea deve fare la sua parte.
Nel breve volgere di cinque-sei anni il pericolo per una parte dell'industria automobilistica europea è quello di essere estromessa dal mercato e per il mercato europeo di essere invaso dai prodotti stranieri.
Si dice che nel prossimo quinquennio occorreranno risorse per investimenti nell'industria automobilistica europea pari a 20.000 miliardi di lire, esse non potranno essere reperite interamente né sul mercato n con l'autofinanziamento.
Governi nazionali e CEE dovranno intervenire con una strategia globale simile a quella adottata negli USA ove si prepara un piano di ricerca per "l'automobile nel prossimo decennio" con la partecipazione finanziaria pubblica.
20) Per la Fiat, data la natura di impresa diversificata, la più diversificata tra le imprese automobilistiche, non è sufficiente il piano per il settore automobilistico, sono necessari orientamenti programmatori: sulla domanda pubblica, statale e degli Enti locali, per il materiale ferroviario e i mezzi pubblici di trasporto sulla realizzazione e il coordinamento in quei settori in cui è presente l'intervento pubblicò, forme consortili o di compartecipazione (acciai speciali, materiali ferroviari, ecc.).
21) Però, ripeto, l'avvio di una seria politica industriale richiede che la Fiat metta veramente le carte in tavola.
Oggi mi pare di poter dire che, al di là di finalità ed obiettivi generici, la Fiat non ha ancora fornito gli elementi necessari a far capire le sue reali intenzioni in ordine alla strategia internazionale, alle iniziative per il Mezzogiorno, all'integrazione verticale (componenti) ed orizzontale (rapporto tra auto ed altri settori).
Ribadisco questi concetti perché per noi è chiaro il fatto che un piano di settore per essere attuato richiede la definizione di un programma d'impresa congruo con i suoi indirizzi di fondo.
Allo stato attuale dei fatti ci pare di avvertire, invece, una sostanziale riluttanza da parte della Fiat ad accettare la logica della programmazione. Forse perché, come ha detto Romiti all'incontro con le istituzioni locali, la Fiat ha già trovato le risorse necessarie? Non sarebbe questo un fatto negativo. Nutriamo però seri dubbi a tale proposito: le risorse necessarie, a meno che non si decida di ripiegare sono ingenti.
Il recente super-decreto approvato dal Governo contiene due provvedimenti ai quali la Fiat è interessata: la fiscalizzazione degli oneri sociali, il fondo di 1.500 miliardi di lire (in tre anni) per i settori in crisi finalizzato al sostegno dei programmi di sviluppo progettazione, sperimentazione, pre-industrializzazione di nuovi prodotti e processi produttivi, per l'auto, la chimica e l'elettronica. Vi sono poi le provvidenze previste dalla legge di riconversione industriale.
Di fronte a ciò noi poniamo una prima condizione per accedere sia al fondo sia al piano finalizzato di settore: l'azienda deve presentare i propri programmi.
Non vorremmo che ancora una volta prevalesse la pratica assistenziale: migliaia di miliardi, risorse pubbliche versate alle casse della Fiat senza programmi, senza garanzie, senza un controllo democratico e in più con migliaia di licenziamenti. Se così avvenisse sarebbe la classica soluzione "all'italiana" dei problemi e rappresenterebbe un danno e una beffa per il Paese, una strada questa del tutto inaccettabile.
Noi in questa sede rivendichiamo che a pieno titolo la Regione sia sentita nelle varie fasi della vicenda dagli organi di Governo. Così come rivendichiamo il diritto di dare un parere e di partecipare alla definizione di scelte pubbliche anche in materia di politica industriale di programmazione e di piani di settore e non solo nelle materie di nostra competenza che comunque non sono poche e vanno dalla formazione professionale alla programmazione del territorio.
22) Apro qui una brevissima parentesi.
Circola con insistenza la voce di un prossimo aumento di capitale della Fiat Auto. Si fanno varie ipotesi, noi vogliamo dire la nostra.
L'operazione consisterebbe nel consolidamento a medio termine dell'indebitamento con la conseguente riduzione degli interessi passivi e nel rastrellamento di capitali freschi. Un'operazione di alleggerimento dell'indebitamento, di risanamento finanziario, di ricapitalizzazione è certamente utile ed auspicabile. Ci interessa, però, anche sapere come partecipa la proprietà, i maggiori azionisti. Sarebbe inaccettabile che essi non facessero la loro parte anche come segnale di "fiducia" oggi abbastanza incrinata.
Noi comunisti nutriamo viva apprensione nei confronti del management superiore indeciso nelle scelte di sviluppo che gli competono e che tarda a definire una strategia di rilancio produttivo parte di una politica di piano. Al tempo stesso noi sosteniamo che non va mortificato l'eccezionale patrimonio tecnico - professionale ed umano presente alla Fiat. Nutriamo grande fiducia nel, potenziale che esso rappresenta. Una sua piena valorizzazione però passa attraverso un'efficace politica industriale.
23) Sulla questione dei livelli occupazionali, infine, riteniamo intanto che sia dalle decisioni strategiche di rilancio e non di ridimensionamento che possono dipendere eventuali eccedenze di manodopera.
Se queste eccedenze risulteranno reali e verificate, si tratta di vedere se sono sopportabili per un certo periodo in attesa di una loro piena utilizzazione o no.
In ogni caso il nostro è un "no" ai licenziamenti, meditato e risoluto siano essi espliciti o mascherati.
La F.L.M. propone, com'è noto; di ricorrere al blocco del tournover non solo nel settore auto, ma in tutto il complesso Fiat del nord Italia.
Propone, inoltre, di ricorrere al pre-pensionamento di lavoratori che abbiano superato i 55 anni di età, con carattere volontario e di istituire corsi di riqualificazione professionale per alcune migliaia di lavoratori al fine di riequilibrare, anche dal punto di vista qualitativo, la manodopera quando nel 1982 si verificherà la ripresa produttiva. Inoltre il sindacato è pienamente disponibile ad utilizzare la cassa integrazione purché sia a rotazione in modo da non discriminare alcun gruppo di lavoratori.
In materia di mobilità interna si tratta di verificare, considerata l'elevata diversificazione del gruppo e pur sapendo delle difficoltà che colpiscono l'Iveco e la Teksid, in che misura è praticabile.
A noi paiono delle vie percorribili e valide.
Resta aperta, comunque, una questione tra le altre: quella della mobilità extra-aziendale: anche su di essa vogliamo dire la nostra con grande schiettezza. Noi non siamo mai stati, né tanto meno lo siamo oggi pregiudizialmente contro la mobilità extra-aziendale: abbiamo sempre affermato di considerare la mobilità interaziendale come uno degli strumenti al fine di conseguire i necessari processi di ristrutturazione e riconversione industriale in tal senso, nel corso di questi anni, questa politica è stata portata avanti. I modestissimi risultati conseguiti non vanno attribuiti al disimpegno dei lavoratori, ma alla resistenza pregiudiziale delle aziende e dell' Unione Industriali, che si faceva forza di un totale vuoto decisionale e programmatorio dei Governi abbiamo, però, anche delle ambiguità, presenti sia nel contratto dei metalmeccanici che della stessa "proposta Scotti"(surriforma collocamento,C.I.G. e mobilità) nei quali si precisa che dopo due anni il lavoratore messo in mobilità se non è stato assunto in, altra azienda ritorna all'azienda d'origine, ma lascia la possibilità di effettuare - a quella data - la procedura di licenziamento.
Il nostro punto fermo è l'integrale applicazione dell'articolo della legge 675 che considera la mobilità interaziendale come "passaggio da un posto di lavoro ad un altro". Questa pregiudiziale è tanto più necessaria in quanto ci troviamo solo di fronte ad un'opposizione padronale .nel ricercare soluzioni di mobilità interaziendali, non solo all' uso strumentale della crisi, ma a difficoltà reali di collocamento di lavoratori nel processo produttivo.
Infatti, la stessa Unione Industriali stima - oltre al normale assorbimento di forza-lavoro giovanile - di 3-4 mila unità lavorative all'anno la possibilità di ricollocazione di forza-lavoro nell'ambito dell'attuale apparato produttivo torinese; gli interventi di opere pubbliche nei prossimi due-tre anni comporteranno al massimo un'offerta di 9-10 mila posti di lavoro, caratterizzati peraltro da forte stagionalità.
Anche se non vi è paragone, in alcun modo, con le drammatiche situazioni del Mezzogiorno, da questo quadro si evidenzia tuttavia che una mobilità interaziendale presenta assai complessa praticabilità, e, in ogni caso, richiede definizione di strumenti e di garanzie.
E' la Fiat disposta a riconoscere che mobilità significa passaggio da posto di lavoro a posto di lavoro e ad assumere impegni in tal senso? L'Unione Industriali intende assumere verso le aziende associate quegli impegni di assorbimento di forza-lavoro in mobilità che fin qui lui sempre invece declinato? Fiat ed Unione Industriali sono disponibili a definire precisi profili professionali e sbocchi occupazionali certi a cui finalizzare eventuali processi di riqualificazione professionale attivabili della Regione? E' pronta la Fiat a garantire il rientro in fabbrica a quei lavoratori che, entro tempi definiti, non avessero trovato altre opportunità occupazionali? Il Governo, a sua volta, ha la volontà politica di approntare strumenti di governo e di controllo del mercato del lavoro che garantiscano una vera mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro? Nulla di tutto ciò la Fiat ha finora proposto. Ed è ben evidente che in assenza di qualsiasi garanzia, più forte diviene il sospetto che il vertice Fiat, o almeno una parte di esso, assolutizzando la questione occupazionale intenda usare strumentalmente la grave crisi aziendale per assestare un colpo al sindacato, ridurre il potere di contrattazione dei lavoratori "riappropriarsi della governabilità" della fabbrica? Se qualcuno mira a questi obiettivi deve allora sapere che lo scontro sarà durissimo e i comunisti saranno in prima fila nell'organizzare nel Paese e nelle fabbriche la lotta e l'iniziativa operaia.
Ecco, quindi, la nostra analisi, le nostre proposte. Noi approviamo l'operato sin qui svolto dalla Giunta. Siamo convinti, altresì, che nessuno ha in tasca la verità assoluta né la formula magica capace di risolvere problemi di questa portata, ognuno nell'ambito delle sue competenze, delle sue responsabilità deve fare sino in fondo la propria parte. Ma intendiamoci con chiarezza, fare la propria parte per noi significa "no" ai licenziamenti, rilancio e sviluppo dell'azienda e del settore tanto che l'auto trovi il suo giusto posto in un piano generale di sviluppo del trasporto pubblico.
Significa avviare con celerità uno sviluppo programmato dell'economia che punti ad un allargamento della base produttiva, che privilegi lo sviluppo di nuovi settori, si pensi per esempio alle possibilità che possono aprirsi per la Olivetti dal matrimonio tra telecomunicazioni ed informatica, si pensi al peso nuovo che può avere la chimica, solo per fare due esempi.
Se questa; è la strada che si vuole scegliere, e noi la riteniamo una strada obbligata, allora si può lavorate per portare fuori il Paese dal tunnel della crisi, altrimenti si deve sapere, e lo devono sapere soprattutto i lavoratori che non si galleggia ma si affonda ed a questo non può che esserci una risposta: la mobilitazione e la lotta dei lavoratori, e statene pur certi noi comunisti saremo come sempre in prima fila.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la rottura traumatica delle trattative Fiat e F.L.M., impone a tutti comportamenti di seria responsabilità. Noi vorremmo dire che la impone a cominciare dalle autorità regionali che debbono avere coscienza del proprio ruolo e dei propri limiti, quindi senza abbandonarsi a dichiarazioni trascendentali, senza arrogarsi competenze che in realtà non ci sono, debbono astenersi da prese di posizione destinate soltanto a suscitare illusorie speranze e perciò in prospettiva ad accrescere la tensione sociale che in questo difficile momento noi tutti avvertiamo.
Con questo spirito noi ci accostiamo al dibattito sul caso Fiat, non tanto con la pretesa di dire cose nuove o cose originali, quanto piuttosto per ripetere e per ribadire con fermezza considerazioni che già da tempo andiamo annunciando. Infatti, quello dell'auto non è problema scoppiato oggi all'improvviso; esattamente come la situazione occupazionale dell'area torinese e piemontese da tempo va dimostrando preoccupanti segni di deterioramento, per cui - anticipiamo un nostro giudizio - ci siamo sorpresi della leggerezza, dell'irresponsabilità delle rassicuranti dichiarazioni che abbiamo sentito rendere ieri sera, a trattative interrotte, dal Ministro del lavoro.
Che la crisi del mercato automobilistico non sia un'invenzione, non è cosa contestata o contestabile; che abbia dimensioni europee, anzi mondiali, è pur vero, e nessuno lo vuole mettere in discussione, senza ricorrere per dimostrano ai grafici ed alle statistiche di cui in questi giorni si è fatto un gran parlare. Basti ricordare tra gli ultimissimi avvenimenti l'improvviso crollo di vendite della Volkswagen, trovatasi con 100 mila vetture in più del previsto sul mercato delle vendite, o la soppressione di quasi 4 mila lavoratori recente- mente decisa dalla Ford Francia o le difficoltà avvertite adesso dalla Renault.
E' tutto vero, come è vero che, accanto a queste difficoltà di carattere generale, la Fiat ne presenta altre di carattere particolare.
Risente, ad esempio, non soltanto dell'aumento delle vendite giapponesi che ha sovvertito ogni previsione per il mercato continentale e non soltanto del calo della domanda, non previsto in effetti da nessun costruttore; ma anche della mancata produzione nel 1979 di 200 mila vetture in conseguenza degli scioperi per il contratto nazionale del lavoro che ha portato alla perdita di una consistente fetta di clientela estera. Lamenta il tasso di inflazione nettamente più elevato in Italia che altrove, denuncia l'alto costo del lavoro e la scarsa produttività per addetto, dichiara la necessità assoluta di attrezzarsi diversamente per far fronte all'agguerrita concorrenza estera. Tutto vero o quasi tutto vero anche questo.
Che cosa fare allora? Procedere prendendo atto realisticamente della situazione e limitarsi ad accettare a scatola chiusa la ricetta Fin per uscire dalla crisi? Forse dovremo farlo perché la situazione è davvero insostenibile e davanti alla realtà allarmante delle cose le parole servono a ben poco. Ci non toglie, anzi impone, che si debba riflettere un poco sul perché tutto quello che sta davanti ai nostri occhi sia potuto accadere.
La crisi è ammessa sì, ma quando la crisi viene ad essere accentuata ed aggravata da errori diversi, allora si ha il diritto, anzi si ha il dovere di mettersi alla ricerca delle relative responsabilità, non tanto o non solo per guardare a ciò che è stato, quanto invece per trarre profitto dall'esperienza offerta e per affrontare il domani senza ripetere e senza cadere negli stessi sbagli.
Ed errori nella vicenda Fiat ne sono stati commessi tanti e da tutte le parti: errori di politica economica, errori di politica sindaca- le, errori di politica aziendale.
Sicché, se oggi stiamo vivendo il doloroso processo dei tagli occupazionali sul banco degli imputati ci dobbiamo mettere Governo sindacati, azienda, tutti compromessi, tutti complici, tutti colpevoli di quanto sta oggi accadendo: il Governo, privo di qualunque linea economica, sempre a rimorchio negli anni delle "vacche grasse" del colosso Fiat per favorirne e non per guidarne il modello di sviluppo - e Torino l'ha pagata con l'immigrazione selvaggia degli anni passati - incapace ai qualsiasi seria, concreta organica programmazione; i sindacati, con la loro linea arrogante e demagogica che ha portato da una parte all'appiattimento delle carriere ed al conseguente disimpegno delle energie migliori dal processo produttivo, e che ha condotto dall' altra all'ingovernabilità della Fiat, testimoniata da noti e diversi episodi, su uno dei quali, per esempio, l'assenteismo in fabbrica e il suo crollo al 5 % dopo le ultime vicende, si è avuto modo in questi giorni di fare ponderate e pertinenti considerazioni l'azienda, che tutto questo ha subito, tollerato, in certi casi addirittura favorito, nella convinzione che "tanto tutto sarebbe andato sempre per il meglio" perché l'italiano si sa presta la moglie, ma non rinuncia alla macchina; l'azienda, .che quando i profitti piovevano in casa Agnelli si è ben guardata - e adesso fa l'autocritica - dal predisporre programmi di investimento; l'azienda che quando dettava , legge sul mercato dell'auto, non ha pensato di favorire la ricerca tecnologica, sicché oggi viene a trovarsi con modelli in massima parte superati e non competitivi.
Ritenevamo di dover dire queste cose in questa occasione perché è da qui che occorre partire, è da qui che occorre prendere le mosse, se si vuole avere chiaro il quadro di tutto ciò che ha portato alla drammatica situazione odierna.
Adesso l'universo Fiat è scoppiato, defilatisi i fratelli Agnelli: Umberto se né andato a fine luglio e, quanto all' "Avvocato", preferisce farsi rappresentare negli incontri in Regione, forse dimentico dei tempi in cui interveniva riverito ed ossequiato alla conferenza operaia sull'occupazione. I managers della Fiat affermano che occorre comprimere la produzione del 20 %ossia costruire 457 mila vetture (forse la cifra non è esatta perché successivamente corretta) in meno ed arrivare ad un taglio drastico della manodopera se si vuole arrivare in forma al 1982, anno previsto per la ripresa del mercato auto.
Rotte le trattative ieri sera, la parola passa alla mediazione del Governo. Il Ministro Foschi ha già dichiarato che i licenziamenti possono e debbono essere evitati. Noi ci auguriamo che sia così, ma dobbiamo chiederci come si intenda arrivare a questa soluzione se è vero che cassa integrazione, pre- pensionamento, blocco del tournover non sono misure sufficienti a far uscire la Fiat dalla crisi e se si è altresì da tutti proclamato che non si vuole barattare i licenziamenti contro un finanziamento pubblico, anche cospicuo, che verrebbe a pesare poi su tutta la comunità.
Per quanto ci riguarda noi riteniamo che la crisi debba essere fronteggiata con una serie di provvedimenti alternativi, comunque al di fuori di una logica puramente assistenziale e dalle caratteristiche di interventi tampone a cui il M.S.I., si dichiara decisamente contrario.
Se da una parte la Fiat deve precisare meglio il piano di sviluppo aziendale e ricalcolare l'entità delle somme previste per gli investimenti non sembrando sufficienti, a detta degli esperti, i 5.400 miliardi disposti per il rinnovo degli impianti, da parte sua il Governo oltre alla definizione non più procrastinabile del piano auto può e deve disporre una serie di misure organiche e noi ne indichiamo alcune: la riduzione IVA del 50% su macchine italiane vendute in Italia, la possibilità di fiscalizzare gli ultimi scatti della scala mobile e la loro non tassazione, la riduzione dei tassi a medio termine, la riforma della normativa sul collocamento.
Quanto al punto controverso della mobilità esterna non diciamo come l'azienda "sì" alla mobilità esterna, non diciamo, come i sindacati, "no" alla mobilità esterna, ma pensiamo che la si possa accettare e che la si debba attuare, Però, soltanto per i settori in crisi perché in altra misura potremmo convenire che sarebbe soltanto una forma mascherata di licenziamento.
A latere di queste nostre proposte diciamo che è urgente ed indispensabile nell'area torinese e piemontese attivare una politica di opere pubbliche da parte della Regione, del Comune, dell'Anas, delle FF.SS., e rilanciare il settore dell'edilizia pubblica e privata che già consentirebbe un buon ricambio occupazionale sul mercato del lavoro.
Per concludere, vogliamo dichiarare di seguire con attenzione e con speranza l'esito della trattativa romana. Ci auguriamo quanto meno che la soluzione che ne scaturirà non venga ad aggiungere altre colpe, altri errori, altre responsabilità alle molte già accumulate nel passato.



PRESIDENTE

Grazie Consiglieri. Comunico che per le ore 14,30 è convocata la Giunta delle Elezioni.
I lavori del Consiglio riprenderanno alle ore 15.
La seduta è tolta.
(La seduta ha termine alle ore 12,45)



< torna indietro