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Dettaglio seduta n.322 del 26/03/85 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprende la discussione sul punto 29 dell'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 437: 'Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1985/1987"'.
La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, gli interventi dei colleghi che finora mi hanno preceduto nel dibattito mi hanno offerto lo spunto per riprendere alcuni punti sollevati. Vorrei partire dalla polemica durissima che si è accesa la settimana scorsa sulle UU.SS.SS.LL.
Ricordiamo tutti il titolo di un giornale ad ampia diffusione: "Lo sfascio delle Unità Sanitarie Locali". Le UU.SS.SS.LL. sono accusate in modo indiscriminato di essere artefici di un vero e proprio disastro nazionale.
Non voglio contrapporre condanne indiscriminate a soluzioni facili altrettanto indiscriminate, né voglio sostenere che non sia necessaria la cosiddetta riforma delle UU.SS.SS.LL.
Il Gruppo P.S.I. ha presentato una proposta di legge significativa anche per gli aspetti di connessione tra sanità ed assistenza. Credo che le soluzioni individuate in quella proposta di legge debbano farci riflettere.
Perché - mi sono più volte domandato malgrado i condizionamenti nazionali, in Piemonte la situazione non corrisponde affatto a quelle immagini nazionali della sanità pubblica? Abbiamo problemi complessi, ma l'elemento di fondo che emerge è quello di uno sforzo positivo di attuazione e non la contemplazione delle macerie del sistema sanitario regionale.
Ci sono diversità evidenti da Unità Sanitaria Locale ed Unità Socio Sanitaria Locale, in generale però l'impressione è quella di una tenuta del sistema socio-sanitario e dell'avvio diffuso della riorganizzazione postulata dalla riforma sanitaria nella nostra Regione. Questi elementi positivi, che qualsiasi osservatore non distratto, soprattutto in questa fase non assorbito da ragioni esclusivamente elettoralistiche sottoscriverebbe con tutta tranquillità non sono né il frutto del caso n cose che potevamo dare per scontate; hanno pesato in realtà due elementi concomitanti, da un lato il Piemonte ha voluto darsi una rotta, ed il primo piano socio-sanitario oggi aggiornato in una veste sia pure delegificata, e siamo la prima Regione in Italia che raggiunge un tale obiettivo, e dall'altro un'azione tenace ininterrotta di governo che ha saputo orientare con coerenza la nave della sanità regionale lungo quel percorso compiendo alcune prime e significative tappe.
Prima di fermare l'attenzione sulle tappe percorse e quindi almeno su alcuni obiettivi, anche quantitativi, raggiunti in Piemonte, vale osservare quanto è successo nel frattempo nel quartiere generale della sanità italiana. Giova ricordare che cosa abbiamo visto accadere in questi sei anni che ci separano dal varo della riforma sanitaria sulla nave ammiraglia, quella che dal governo centrale doveva guidare la flotta delle navi regionali e per restare sempre in metafora che non può che essere se non marinaresca stante il revival riproposto dalla televisione attraverso "Cristoforo Colombo", guidare la flotta delle navi regionali e dei vascelli delle Unità Socio Sanitarie Locali.
Qui un primo dato balza del tutto evidente. Per quanto abili si possa essere nell'attività di ricerca, non riusciremmo comunque a scovare la rotta di navigazione del governo per la semplice ragione che non c'è mai stato un piano sanitario nazionale, carenza che ha pesato e pesa come un macigno sull'attuazione della riforma. Solo ultimamente si sono adottate alcune misure programmatiche, a cui ha già fatto riferimento il relatore Barisione, e che entrano a far parte del nostro piano regionale.
Ma se il quartiere generale non ha saputo darsi in tutti questi anni una rotta, ha invece esercitato la sua funzione con una lunga serie di ordini e contrordini spingendosi persino all'ipotesi ricorrente di affondare la riforma.
Inoltre i cittadini italiani, bisognosi di interventi sanitari, sono stati messi in contatto per la prima volta con la riforma sanitaria attraverso il pagamento dei tickets e le code davanti gli sportelli per pagarli. Molto difficile è sostenere che da questo incontro ne potesse nascere un idillio tanto più che le politiche restrittive in materia di mezzi finanziari e di personale hanno messo a dura prova ed anche in discussione i servizi e le relative prestazioni.
Su questi temi ci siamo ripetutamente intrattenuti nelle discussioni svolte anche in quest'aula ed in particolare nel dibattito sulla spesa sanitaria che, annoto solo, torna ad essere il cavallo di battaglia preferito per lo schieramento antiriformatore.
Certo una mano a tale schieramento l'hanno data quelle Regioni che facendo della mancanza del piano sanitario nazionale un alibi non si sono date loro strumenti o, peggio ancora, ne hanno approfittato in termini di sgoverno del settore. I riferimenti di Barisione ai piani sanitari delle altre Regioni mi paiono oltremodo significativi. Possiamo solo immaginare salvo le verifiche dirette che molti di noi hanno potuto anche solo occasionalmente fare, le sbandate di quelle UU.SS.SS.LL. che si sono trovate nel vuoto programmatorio assoluto sia nazionale che regionale.
Certo, tra le UU.SS.SS.LL. ci sono anche quelle che ne hanno maldestramente approfittato, creando quei veri casi nazionali che, additati all'opinione pubblica, come esempio di malgoverno vengono poi generalizzati facendo di ogni erba un fascio con il rischio di offuscare, per citare solo il nostro caso piemontese, i tanti sforzi compiuti dalla stragrande maggioranza degli amministratori delle UU.SS.SS.LL. piemontesi.
Essi in prima fila e con essi le migliaia di operatori del settore partecipi di già avviate e qualificate azioni di formazione, certo con comportamenti diversi da USSL a USSL. da categoria a categoria, con risultati differenti su cui vale il giudizio politico da esprimersi in sede locale. Costoro sono stati gli stretti referenti e collaboratori di quella tenace azione di governo, di coordinamento, di impulso che l'Assessorato, e in primo luogo l'Assessore regionale, hanno saputo svolgere conseguendo come dicevamo, alcuni obiettivi importanti. Ne ricorderò in ordine non sistematico solo alcuni anche per rispondere a questo riguardo alle obiezioni circa il primo piano regionale come libretto o libro dei sogni.
Penso all'avvio dell'educazione sanitaria, di cui prima non si sentiva neppure parlare, penso all'avvio dei distretti, ne abbiamo avviato 146 in Piemonte, sono poco meno della metà (il distretto rimane il caposaldo di un nuovo assetto della salute sul nostro territorio regionale), penso ai consultori. Abbiamo oggi in Piemonte 281 punti consultoriali, nell'81 erano 189; penso all'ambiente, USSL a servizi di igiene pubblica.
Si è avviato il progetto ed i primi finanziamenti per il primo dei 5 nuovi laboratori di sanità pubblica, penso a quanto abbiamo detto nel dibattito sulla psichiatria e sulle tossicodipendenze dal punto di vista delle prime realizzazioni concrete in questo settore; penso ad alcune patologie di particolare rilievo come la dialisi, garantita a tutti gli uremici cronici della nostra Regione; penso agli interventi più complessi come i primi 90 trapianti di rene realizzati alle Molinette; penso alle due grandi patologie statisticamente prevalenti come sono i tumori ed il cuore.
Sui tumori sappiamo che fondamentale è la ricerca, la sperimentazione, la prevenzione; un terzo dei fondi per la ricerca finalizzata sono destinati al settore dei tumori; per quanto riguarda la prevenzione intesa anche come diagnosi precoce, gli investimenti in strutture diagnostiche, nel settore del cuore e delle malattie cardiovascolari.
Penso a tutto ciò che si è fatto chiamando anche qui ad esprimersi il mondo scientifico e tecnico piemontese, nei servizi di base fino alle scelte più complesse e in fase di allestimento come la cardiochirurgia di Novara. L'elenco delle tappe raggiunte potrebbe continuare, ma non voglio propinare al Consiglio elenchi descrittivi su ciò che si è fatto nelle singole realtà; del resto ne abbiamo fatto una diligente raccolta e su tutto ciò inviteremo a riflettere la comunità piemontese, anch'essa coinvolta nel clima generale che non è dei migliori, clima che attraversa la sanità nel nostro Paese. Qui in Piemonte possiamo però dire che le cose già fatte e già avviate possono rappresentare validi argomenti rispetto al disagio reale, ma soprattutto validi anticorpi rispetto alle mode politiche che vorrebbero considerare "retro", o "paleo" tutto ciò che suona a difesa dei principi fondamentali della riforma sanitaria.
Il piano che attualmente abbiamo in esame, dopo aver lavato i panni in Arno (questa funzione letteraria che il Gruppo della D.C. si è attribuita va certamente a suo merito. Non credo sia questa però la funzione principale che spetta al Gruppo della D.C., sia pure nella sua veste delegificata che non può essere in questa fase deliberata ma che non abbiamo nessuna intenzione di abbandonare e lavoreremo, non appena ne avremo la possibilità in termini istituzionali, per riprendere tutto questa fase) è un piano che non è un libretto dei sogni e non è il talmud del sistema socio-sanitario piemontese, ma uno strumento essenziale per il lavoro nel comparto. Questo piano parte dalle esperienze del primo e ripropone alla realtà piemontese nuove tappe in cui cimentarsi in quel processo di programmazione così ben descritto nella relazione del collega Barisione. In questo ambito si pongono anche adeguamenti relativi al comparto socio-assistenziale, che qui vorrei toccare nei suoi aspetti più generali ma delicati di impostazione politica complessiva. Il problema che ci siamo posti per quanto riguarda questo settore può essere così riassunto come aiutare chi sta peggio oggi nella nostra società? Il primo obiettivo che ci siamo posti è quello di sforzarci di investire innanzitutto nel settore pubblico in termini di risorse istituzionali, e qui il discorso della riorganizzazione istituzionale che pure presenta ancora dei problemi a nostro avviso in termini di rendere più flessibile il modello istituzionale che oggi abbiamo presente, in termini di risorse finanziarie.
Non possiamo non denunciare su questo settore la latitanza dello Stato rispetto alla spesa del settore socio-assistenziale. La Regione non è provvista di zecca, quindi destina questi suoi 50 miliardi annui a questo settore ed ha mantenuto nel corso di questi anni la progressione di questa cifra sulla base del tasso medio di incremento dell'inflazione. Però, le distanze sono ancora incolmabili rispetto alle esigenze, rispetto ai bisogni. Si pone un problema che riguarda, come nel versante delle finanze i Comuni ai quali chiediamo uno sforzo maggiore in questa direzione: risorse istituzionali, finanziarie, umane, uno sforzo sul personale in termini di formazione. Il tentativo di legislazione sulle piante organiche dell'associazione intercomunale è un tentativo che non è potuto andare in porto stante l'esiguità dei tempi che abbiamo avuto a disposizione. Era comunque un segnale della direzione che volevamo percorrere.
Certo, non basta secondo noi investire nel settore pubblico.
Innanzitutto perché il pubblico non ce la fa da solo, non ha i mezzi sufficienti anche volendo per ipotesi fare tutto e, in secondo luogo perché il settore pubblico è caratterizzato da alcune rigidità che si prestano anche ad alcune ricadute negative sulla personalizzazione ed umanizzazione degli interventi.
Pur con questi limiti quantitativi e operativi, noi però siamo convinti che al settore pubblico spetti garantire comunque la programmazione, il coordinamento e la gestione di alcune cose essenziali nel comparto socio assistenziale. Pensiamo a un nucleo forte di servizi pubblici che abbia una grande capacità di stimolare la società civile nelle sue varie componenti laiche e religiose, a liberare risorse umane, culturali e finanziarie, ad autoorganizzarle e ad organizzarsi nella loro autonomia. Riguardo a questa problematica, le modifiche introdotte rispetto alla legislazione attuale sulle strutture residenziali sono significative, restando nel contempo molto lontane da quelle proposte ufficialmente e per iscritto e in parte riproposte negli odierni emendamenti dal Gruppo della D.C., che chiedeva in particolare l'abolizione tout court del sistema autorizzativo, censimento e non la registrazione dell'esistente e nessuna distinzione tra privato con e senza fini di lucro.
Abbiamo invece puntato ad un sistema autorizzativo teso a garantire i diritti fondamentali della persona e ad un sistema di registrazioni avente come unico obiettivo quello di migliorare le condizioni di vita dei 32.000 nostri concittadini oggi ricoverati negli istituti, ponendo quindi questi vincoli sostanziali e questi doveri rinunciabili all'autonomia dei singoli enti. Riportare l'attenzione delle istituzioni locali su questa realtà attraverso l'atto ufficiale della registrazione è un primo e fondamentale passo che riteniamo si debba compiere, superando con slancio, con convinzione reciproca, senza riserve mentali, il clima di sospetto certamente ingiustificato, almeno per quanto ci riguarda, che aleggia nel vasto mondo delle case di riposo. Nessuna incertezza dunque né sul significato della registrazione né sul diritto-dovere dell'ente pubblico di richiedere attraverso l'attività di vigilanza il rispetto di tutti i principi costituzionali a cui ha diritto la persona dell'ospite, ivi compresi quelli che il collega Gastaldi ha definito come i requisiti minimi igienico-sanitari, che per loro natura possono essere secondo noi attivati meglio con l'attività di vigilanza che non con il metodo di non facile definizione dell'autocertificazione.
Per questa via, esaminando questi temi, affrontando questi problemi nell'ambito del piano socio-sanitario regionale, abbiamo isolato la questione che riguarda il settore del privato nei suoi aspetti di settore avente fini di lucro e settore senza fini di lucro ed abbiamo operato questa distinzione precisa in termini di valori espressi dai due settori tenendo a regolamentare con molta attenzione lo spazio al settore del privato con fine di lucro, evitando il fenomeno di parassitismo che è una tentazione fortissima che si può manifestare e che già si sta manifestando in questo campo e in questo settore e promuovendo invece la solidarietà operante del privato cosiddetto sociale del volontariato, della cooperazione, delle associazioni e delle fondazioni che operano in questo campo. Una solidarietà operante e che vediamo però strettamente congiunta e saldata con una solidarietà che chiamiamo di tipo statuale, una solidarietà piú generale che, se volete, è la solidarietà sottesa al concetto all'ideale di una società più giusta, una solidarietà tra i grandi strati che compongono la nostra società.
Se non scattano questi meccanismi generali di solidarietà, il vuoto che si lascia tra le classi e tra i ceti sociali è così ampio che la pure importante e indispensabile attività del volontariato, la solidarietà operante di queste iniziative non riescono a colmare questi spazi. Non dimentichiamo che il diritto alla salute è anche uno di questi temi fondamentali di solidarietà statuale e il piano socio-sanitario è un mezzo non secondario per assecondare questo valore essenziale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Questo piano socio-sanitario è un atto dovuto alla società, un atto atteso dalle UU.SS.SS.LL. un atto qualificante per la maggioranza.
Riteniamo che non sia stato approvato uno stralcio di piano, visto che la legge nella sua intierezza è stata approvata, discussa, riga per riga approfondita parola per parola.
Riteniamo invece che le appendici che non sono state presentate, anche perché i limiti di tempo non avrebbero consentito un approfondimento delle medesime, contribuiscano a dare a questo piano un carattere di apertura, un carattere di non rigidità che a nostro avviso giova al piano stesso.
Non vorremmo di nuovo prendere in considerazione aspetti già ampiamente discussi, anche per non ripetere le stesse cose, vorremmo soltanto sottolineare due aspetti di questo piano che ci sembrano qualificanti.
Si è preso atto della realtà esistente per adeguarsi e porvi riparo nei modi più solleciti possibili.
L'attenzione data da questo piano al settore droga, ci pare molto importante. Ci pare che il problema droga sia affrontato con la dovuta operatività, facilmente traducibile in concretezza quotidiana. Addirittura gli ultimi provvedimenti presi stanno a certificarlo. Ci pare importante la sottolineatura per la formazione professionale in questo specifico settore e quanto mai opportuno quegli operatori proposti chiamati operatori della strada, per dire operatori in loco, dove più necessita una presenza che operi nel "sommerso" che oggi è di gran lunga superiore a quanto non emerga nella UU.SS.SS.LL. o nelle comunità private. Il P.S.I. ha dato un grosso contributo agli anziani, altra parte importante. Sono stati in gran parte recuperati i reparti di geriatria che sono intesi in senso aggiornato e più moderno. E' sottolineata la necessità della presenza di un geriatra nei servizi sul territorio a livello di zona proprio per l'importanza che ha questa branca della medicina per il continuo crescere della popolazione anziana.
Mi soffermerò nel dettaglio sulla parte socio-assistenziale del piano che è stata la più approfondita e la più dibattuta e che ha impegnato a lungo la Commissione competente.
Sono stati salvati i capisaldi della legge 20. Giova ricordarli visto che si ritrovano tali e quali in questo piano socio-sanitario. Sono sostanzialmente tre: integrazione dei servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari essendo gli uni e gli altri rivolti al benessere psicofisico delle persone ed essendo facce di un'unica medaglia, prevedendo i bisogni e riducendo i ricoveri in ospedale, intervenendo tempestivamente la riabilitazione; gestione dei servizi socio-assistenziali da parte delle UU.SS.SS.LL., favorendo l'integrazione dei servizi per la distribuzione uniforme degli stessi sul territorio; non istituzionalizzazione.
L'istituto non è la risposta né agli anziani autosufficienti o parzialmente autosufficienti né agli handicappati né ai minori. Le scarse risorse economiche vanno finalizzate per far vivere gli anziani nelle proprie case attraverso contributi economici e attivando centri di incontro, centri socio-terapeutici e l'assistenza domiciliare. Dove non è possibile realizzare queste strutture la legge prevede comunità-alloggio e affidamenti familiari. Le strutture protette sono riservate agli anziani non autosufficienti e agli handicappati gravissimi che non hanno possibilità di assistenza da parte delle famiglie.
Rimane ferma l'autorizzazione per il funzionamento delle nuove strutture ed è tolta quella per le strutture esistenti per le quali vi è una registrazione che avviene attraverso l'autodichiarazione degli istituti stessi.
Il Gruppo P.S.I. è convinto che l'autorizzazione costituisce garanzia per gli utenti e non è punitiva per nessuno, visto che mette sullo stesso piano le strutture private e le strutture pubbliche. Questa logica imparziale e rigorosa dovrebbe essere accettata da tutti gli istituti soprattutto da quelli che bene operano nel campo dell'assistenza, quindi nessun controllo devono temere. Non è così e sinceramente non abbiamo capito il perché. Siamo d'accordo che gli standards strutturali devono avere una gamma più larga proprio per diversità delle strutture della nostra Regione, siamo d'accordo che i tempi per la riconversione degli istituti devono essere compatibili con le possibilità economiche reali riteniamo però che il non aver previsto limiti di tempo alla vigilanza per accertare nelle strutture pubbliche e in quelle private i requisiti minimi richiesti dal piano, quanto meno quelli rispondenti all'igiene ed alla sanità è da parte della D.C. una pretesa eccessiva e da parte della maggioranza un eccessivo cedimento.
Siamo convinti che non è a questo giusto criterio che intendeva sottrarsi la lettera episcopale. Riteniamo che la Giunta debba aggiornare la deliberazione sulla vigilanza, visto che la vigilanza dipende dalla autorizzazione; venuta meno l'autorizzazione, verrebbe necessariamente meno anche la vigilanza se non l'aggiornassimo rispetto alla diversa terminologia ma anche rispetto alla diversa concezione passata nel piano socio-assistenziale.
Questo aggiornamento deve avvenire contemporaneamente all'approvazione del piano socio-sanitario. Su questo punto e soprattutto sul non limite alla vigilanza per quello che riguardano i principi di igiene e sanità rimangono le nostre perplessità, pur riconoscendo alla D.C. l'impegno costante e la collaborazione fattiva in tutta l'attività svolta nel settore assistenziale.
Così come un apprezzamento va al P.R.I. che, con attenzione e fattività costante, ha rimarcato sempre in ogni occasione i principi laici dell'assistenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Discutere un importante atto come il piano socio-sanitario in queste condizioni non è accettabile per la dignità dei Consiglieri presenti dell'Assessore, della Commissione. Chiedo che si sospenda la seduta e che si riprenda quando la presenza dei Consiglieri sia totale. Non si pu forzare a fare tutto in questa sede se non ci sono i tempi per farlo. Un dibattito sul piano socio-sanitario che interessa i primissimi tre anni della Regione va fatto in condizioni normali e dignitose.



PRESIDENTE

Mi rendo conto della situazione, d'altra parte ci sono delle incombenze che hanno una particolare urgenza e per consentire l'approvazione dei provvedimenti sono riunite la I Commissione e la VI Commissione.
Sollecitiamo i Consiglieri a rientrare in aula. Invito i colleghi che non sono impegnati in Commissione, ma che stanno svolgendo attività che possono rinviare a rientrare in aula perché le osservazioni del Consigliere sono fondate e condivise.
Ha ora la parola il Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Le osservazioni della collega Bergoglio sono ampiamente fondate. Ci nondimeno mi ero già sottratto questa mattina ad un invito a parlare conseguente ad un frainteso tra la Presidenza ed il sottoscritto: mi sembrerebbe di esagerare se rinviassi ancora il tempo di prendere la parola.
Debbo anche aggiungere che personalmente mi preoccupa il tono complessivo della vita del Consiglio regionale; ho provato un po' di imbarazzo quando le scolaresche si sono assiepate per assistere alla vita del Consiglio e hanno constatato alle ore 10,30 la mancanza del numero legale. Siccome queste cose si ripetono da troppo tempo, ritengo che la raccomandazione ed il richiamo della collega Bergoglio abbiano una fondatezza consistente.
Debbo anche aggiungere con molta franchezza un apprezzamento per l'intervento del Consigliere Cernetti che so con quanta passione ha vissuto la preparazione della legge 20 e con quanta amarezza ha visto modificare in parte i contenuti della sua legge. Mi sembra che il suo intervento sia stato una dimostrazione di serenità al di là di tutto e quindi anche un positivo contributo allo svolgimento civile del dibattito che si sta svolgendo.
Non ho vissuto il precedente piano triennale socio-sanitario o meglio non ho vissuto la sua preparazione, quindi i miei riferimenti si limitano a questo. Debbo però confermare in larga misura le osservazioni critiche che il Presidente della Commissione che ha parlato stamattina a nome della D.C.
ha fatto in ordine all'impianto programmatorio predisposto e che quest'oggi viene in discussione e alla nostra approvazione.
Se la programmazione è ormai metodo imposto, vincolante dalla organizzazione della nostra società, ritengo che non sia di per sé come frequentemente viene ricordato un valore assolutamente positivo. Certamente non è l'elemento risolutore dei nostri problemi. Una fiducia nei metodi programmatori totale che quasi privilegi il metodo alla sostanza è premessa di numerosi errori.
Credo indispensabile un lavoro programmatorio serio ma è chiaro che deve essere strettamente collegato alla verifica dei valori verso i quali l'iniziativa programmatoria si indirizza. Vorrei anche minimizzare questa intensità del coro di esultanza che si alza tutte le volte che si parla del Piemonte primo, del Piemonte capace, in testa a tutti i processi programmatori ed agli interventi sperimentali in ogni settore ed in ogni campo.
Vorrei si andasse a vedere come queste sperimentazioni si concludono perché poi capiterebbe di osservare che fatte le leggi non si realizzano le opere, fissati i principi non li si coltiva e non li si attua.
Credo che questo sia ancora più grave che non dire niente e vivere temporaneamente alla giornata sul bagaglio delle esperienze precedenti.
Tutte le volte che si esulta per questo primato del Piemonte si dovrebbe aggiungere che è un primato dovuto. Non siamo una Regione che non ha storia ordinata alle spalle, siamo una Regione che ha dietro di sé esperienze di primissimo livello nel nostro Paese e il continuare sull'impegno ad imitare il passato, penso sia il minimo del nostro dovere.
Probabilmente una mentalità organizzativa, consolidata come il Lombardo Veneto non l'abbiamo avuta nel tempo passato, ma certamente questa Regione ha molto da insegnare alle altre Regioni e quindi credo che sia tempo di smetterla con questi inni e questi riconoscimenti a se stessi che sono semplicemente una dimostrazione di debolezza e non di forza.
Entrando nello specifico del metodo programmatorio, vorrei dire che mi sembra si sia esagerato nel dettagliare in maniera esasperata tutto quanto è materia di riflessione e di impostazione nel campo socio-sanitario.
Debbo ancora aggiungere che gli strumenti usati, soprattutto gli strumenti linguistici, sono estremamente discutibili. Credo sia nostro dovere preparare della documentazione immediatamente comprensibile ed agibile.
So che l'Assessore non è esclusivamente responsabile di questo, so che egli se ne fa totale carico perché non vuole riferirsi ad attori primi di questo parziale errore; mi si consenta quindi di riflesso di rivolgermi a coloro che, pur molto bravi, hanno propensioni per una forma di linguaggio estremamente contorta, ma certamente non accostabile dagli operatori ai livelli inferiori che si danno intensamente da fare nel settore sanitario e socio-assistenziale.
Credo che la semplificazione della documentazione sia uno dei nostri compiti. I malloppi che ci vengono abitualmente forniti non sono sempre dimostrazione di intelligenza o di efficienza. Credo che l'efficienza sia esattamente l'opposto, sia il documento semplice e il documento sintetico che traccia le linee e che lascia all'esecutivo il compito di svilupparle e di portarle all'obiettivo. Voglio ancora osservare che una preparazione di questo tipo come quella che ha caratterizzato prima ed ora il piano socio sanitario costituisce strumento per l'opposizione che lo usa in termini assolutamente legittimi perché può entrare e spaziare in tutta la documentazione fornita che ha tutta e per tutte forza di legge e quindi ha diritto di penetrare nei dettagli e di richiedere i tempi che i lavori consistenti richiedono.
Ma a questo proposito ritengo proprio di dire, con il Consigliere Devecchi, che noi non abbiamo mai svolto ostruzionismo. Dico questo non con senso di colpa, ma con la volontà di rispettare la verità, perché se avessimo voluto fare ostruzionismo credo che tutti i colleghi sappiano quante vie sarebbero state possibili prima e ancora adesso.
Non l'abbiamo mai fatto. Abbiamo cercato solamente di arrivare a determinati obiettivi che ci premevano, ma l'abbiamo fatto in modo corretto utilizzando gli strumenti che ci sono stati offerti. In ogni momento peraltro, questo nostro presunto ostruzionismo poteva essere smontato. La verità è che non lo si è voluto smontare perché non c'era la convinzione che dovesse esserlo, perché le osservazioni che da parte nostra venivano sollevate erano sempre osservazioni fondate tanto che una intelligente disponibilità alla ragione dell'Assessore ha frequentemente rallentato i lavori più di quanto noi stessi non abbiamo fatto nelle attività di Commissione. Anche proprio perché lo strumento legislativo sia il più opportuno per una discussione concreta ed efficace e non elemento di polverizzazione del dibattito, è necessario pensare in futuro ad una struttura della proposta legislativa diversa e più semplificata. C'è una propensione fra di noi a scrivere e a dire molto, a penetrare, ad analizzare; penso che tutto questo sia un fatto preliminare, ma che la legge debba essere la più concisa, la più sintetica e la più accostabile e comprensibile possibile.
Nessun ostruzionismo. Quanto è stato riportato in qualche giornaletto locale credo sia una inesattezza del giornalista e quindi sono certo che sia stato riportato male il tuo pensiero, Acotto, così come non ci siamo mai associati a coloro che hanno ampiamente denigrato la riforma, anche perché bene o male l'abbiamo fatta anche noi seppure in un clima diverso da quello attuale; in ogni caso ci sentiamo padri di questa riforma, e non possiamo certo rifiutare una paternità che è stata quasi responsabile e quindi abbiamo il dovere di riconoscere.
A questo proposito vorrei chiedere ai colleghi che fanno riferimenti generici che siano specifici nelle loro indicazioni, perché sentiamo aleggiare qui delle accuse che non individuano con esattezza le persone, i gruppi, i partiti, le forze sociali a cui si dirigono. Apprezzo che il collega Reburdo sia un vivace, appassionato difensore del nuovo. Sono anche convinto che sia molto più vivace assertore del nuovo di quanto non siano i più temperati colleghi del Gruppo comunista. Capita soprattutto per chi abbraccia con vigore fedi politiche nuove, di sentirsene inondato fino in fondo e di doverle per forza sostenere con la più profonda passione. Il Consigliere Reburdo ogni volta lancia accuse per colpe di altri presunte parla di difesa di interessi particolari anche per quanto riguarda l'assistenza, vede ombre di reazione dappertutto, usa linguaggi veterosessantottini che sinceramente non comprendiamo perché in tutta la battaglia che abbiamo fatto, la cosa che è sempre stata lontana da noi è quella di difendere interessi particolari, posizioni retrograde; abbiamo soltanto difeso coloro che hanno meriti, che continuano a svolgerli al servizio della comunità pagando tutti i giorni e penso che su questo ci troviamo d'accordo "nell'unica fede".
Penso sia il caso di parlarci chiaro, Quando si dice "costoro hanno difeso degli interessi particolari" si dica chi sono, quando l'hanno fatto e in che modo. Credo che a questo riguardo gli imbarazzi sarebbero considerevoli e probabilmente ci sarebbero accuse molto più coperte e prudenti.
Se la riforma l'abbiamo ritenuta positiva, se la legge 833 la sentiamo come figlia nostra, non lesiniamo le critiche che si fanno ai figli che non crescono come vorremmo. Che le UU.SS.SS.LL. - caro Acotto - abbiano delle difficoltà è cosa nota. E' sufficiente che tu vada in un presidio ospedaliero pubblico per rilevare mille e una mancanza, è sufficiente che tu ti rivolga ad un ufficio pubblico per cogliere le inefficienze, le lentezze, le indifferenze che molto spesso lo caratterizzano.
In sostanza, la denuncia ultima di Benvenuto, che a mio avviso ha esagerato, è l'interpretazione di un orientamento non modesto della nostra società, è un dato di fatto. Eppure - Acotto mi scuso se mi rivolgo a te ma sei il Consigliere che ha lavorato con maggiore intensità per il Gruppo P.C.I. - i mezzi per la sanità ci sono, sono abbondanti anche se tutti insieme diciamo che non sono sufficienti.
Eppure i comitati di gestione, a mio avviso, e intendo difenderli in questa sede, lavorano seriamente, le assemblee, per quanto è loro possibile, cercano di lavorare correttamente, la Regione con il suo apparato è certamente impegnata; dell'Assessore dirò. Anticipatamente riconosco a lui un lavoro che non è di modesto rilievo.
Dette queste cose, la sanità non è quella che vorremmo. I servizi socio assistenziali non rispondono alle esigenze dei cittadini come vorremmo e come potrebbero. Allora è la formula probabilmente che non è la più giusta e sulla quale dobbiamo fare delle riflessioni assieme. Ci sono dei meccanismi che si inceppano e ci sono dei pignoni che non consentono a questi di girare come dovrebbero.
Certamente il pretendere la collegialità dell'ufficio di direzione senza un momento centrale di conduzione dei presidi ospedalieri e delle UU.SS.SS.LL. è un elemento di freno. Affermare la necessità di una apicalità diffusa, ma deresponsabilizzata per cui non si sa mai bene chi sono alla fine coloro che debbono rispondere in prima persona, è un elemento di rallentamento dei meccanismi organizzativi.
La professionalità che è poco esaltata, l'appiattimento a determinate fasce che si verifica e che è stata una politica convinta degli ultimi 15 anni, è un altro elemento che frena la crescita di una organizzazione efficace della sanità. Ed ancora la sindacalizzazione esasperata (queste cose le diciamo sempre quando ci troviamo fra di noi e non abbiamo mai il coraggio di dirle quando ci troviamo nei consessi pubblici) che si batte ai livelli inferiori ai livelli della piccola corporazione, sulle piccole cose che sono quelle che impediscono un'attività regolare ed efficiente del nostro impianto sanitario, non può sortire risultati positivi.
Quante volte abbiamo visto servizi bloccati per questioni sindacali di nessuna rilevanza e quanti di questi casi si sono moltiplicati ed hanno contribuito a rendere più difficile il funzionamento. Quante TAC in Piemonte sono molto più frequentemente rotte delle TAC che funzionano nei presidi privati. Dobbiamo chiederci come e perché, perché se non ci chiediamo le ragioni delle disfunzioni continuiamo ad affermare dei principi, degli obiettivi su cui siamo d'accordo, ma la strada che dobbiamo fare non ce la segniamo e ci perdiamo nei sentieri vicini e paralleli che in genere portano in un bosco da cui non si riesce più ad uscire.
Una autorità negata che si accompagna spesso all'impossibilità di esprimere la propria autorevolezza. Se giriamo, ci accorgiamo che parecchie persone dotate di eccezionale valore sono all'interno delle nostre realtà sanitarie poco convinte di potere esprimere al meglio le loro possibilità e cercano, a volte per una filosofia sbagliata, consumistica e di opportunismo, e di guadagno, ma qualche volta per una legittima ricerca di realizzazione personale, nel privato la possibilità di manifestare capacità e competenze che nel pubblico non riescono ad essere espresse.
Della burocratizzazione ha detto ampiamente il Consigliere Devecchi. Io continuo ad insistere su questa impropria ricerca e sul modesto utilizzo delle risorse umane che sono a disposizione. Ricordo che è stata stralciata dal piano socio-sanitario una frase che in buona sostanza ripeteva l'insoddisfazione che colgo e rappresento in questo Consiglio, una frase che diceva che molto spesso gli utenti erano costretti per avere un trattamento più umano a rivolgersi all'istituto privato.
E' stata tolta e la ricordo qui per dire che non soltanto da parte mia ma da parte di altri che giovano in posizioni diverse, c'è questa consapevolezza della nostra impotenza, malgrado la nostra volontà, della formula che non risolve i problemi che abbiamo davanti.
Riporto la questione del privato. Penso che se uno Stato continua a non avere dei modelli di comparazione seri non può neanche verificare la sua capacità e la sua funzionalità. Chiedo a quanti qui dentro si sono rivolti a cliniche private, per quali ragioni essi, pur appartenendo a forze convintamente sociali, l'abbiano fatto.
Al privato dobbiamo ritornare a pensare anche sul piano sanitario addirittura dobbiamo sollecitarlo, ma va ben stabilito il crinale lungo il quale ci dobbiamo muovere per questa scelta.
Non un privato che abbia scopo di lucro in termini definitivi, conviti ed esclusivi, ma un privato che intende con gli stessi mezzi dello Stato svolgere un ruolo uguale a quello che può svolgere lo Stato e intende essere in pulita competizione e che lo Stato ha il dovere di controllare nei minimi termini e con la massima intransigenza. Sono cose che non si dicono perché sembra che ormai ci sia il mito del pubblico in alcuni settori.
Questa sede mi pare sia la più opportuna e qui sottolineiamo la rilevanza di questo argomento perché, chissà mai il tempo fa maturare tante cose, fa sciogliere tanti ghiacci che si sono consolidati negli anni passati e può darsi che anche su questo problema si arrivi ad una intesa quando forse noi avremo qualche anno di più e non saremo più qui a dibattere di queste cose. Abbiamo il dovere di indicare le prospettive e di manifestare le convinzioni anche se queste possono apparire fastidiose a molti che, qualche volta, non hanno il coraggio di dire a se stessi la verità e le cose in cui più profondamente credono.
Qualche annotazione di poca importanza per quanto attiene al settore dell'assistenza. Forse ho abusato del tempo, ma stiamo ancora aspettando il Consigliere Marchini che dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Voglio dire che siamo soddisfatti in larga misura delle modifiche che sono state apportate. Credo che siano contenti anche i vescovi. In questi giorni ho osservato un'attenzione al mondo curiale e vescovile che non avevo mai riscontrato in tutto il tempo della mia vita precedente. C'è un'attenzione rispettosa e una preoccupazione che anche i vescovi siano contenti....
Ho sempre cercato di far contento oltre che il mio vescovo, anche il mio parroco ed anche quando mi raccomandava di votare per la D.C. dal 1948.
Non posso quindi che associarmi alla presunta soddisfazione dei nuovi vescovi. Ma, voglio anche dire qualche cosa che si può riprendere e andarla a raccontare al vescovo come è riferita da quel blasfemo e da quel disobbediente democristiano che si chiama Nerviani che dice di essere amico dei vescovi.
Dico che se i vescovi non sono interessati all'autorizzazione, caro Acotto, il fatto ci interessa fino ad un certo punto perché i vescovi possono essere preoccupati di far funzionare i loro istituti dove esistono ed accettare anche delle posizioni minimali, ma noi abbiamo il dovere sul piano legislativo di fare riferimento ai principi. La posizione nostra riguardo all'istituto dell'autorizzazione, discende da un principio costituzionale, talmente laico, che non c'entra niente con gli aspetti religiosi. La Costituzione dà libertà assoluta all'iniziativa privata in campo assistenziale. Noi questo principio difendiamo, per questo abbiamo fatto battaglia, ma non intendiamo farne oltre in sede di Commissione su questo argomento. Siamo un pochino più retrogradi, più conservatori, più retró o piú vetero, crediamo che questa sia una posizione corretta costituzionalmente precisa, legislativamente sostenibile e concettualmente rispettabile. Pertanto vescovi o non vescovi la nostra posizione è questa: una posizione, una volta tanto, non ossequiosa come la vostra, ma una posizione laica.
Rifiutiamo come abbiamo fatto molto spesso in passato ogni tentativo di far aleggiare su tutte le iniziative private, laiche o religiose l'ombra della inefficienza, della trascuratezza, del parassitismo.
Apprezzerei il discorso improntato alle preoccupazioni che non ci sia parassitismo se fosse introdotto da un altissimo riconoscimento preliminare per quanto uomini caritatevoli, associazioni generose hanno fatto nel tempo passato, quando un discorso di questo tipo fosse preceduto dalla convinzione della complementarietà del privato con il pubblico e non dalla convinzione, come è scritto nella premessa alla legge 20, che il privato sia necessariamente destinato a definitiva consunzione. Ogni altra impostazione è un'impostazione sospettosa, pregiudiziale, preconcettuale che non possiamo accettare per il rispetto della verità storica che ciascuno di noi deve ritenere fondamentale nel suo comportamento etico politico.
Mi perdoni l'amico Consigliere Gastaldi che stimo in modo particolare ma non ho apprezzato il riferimento ad un presunto ricatto dei vescovi in ordine alla possibile modifica della legge 20, Credo che quando anche i vescovi dicono che se le cose non dovessero modificarsi farebbero le cose che è necessario fare, cioé dire a coloro che sono vicini a loro che si devono attivare perché si modifichino nel senso positivo del servizio cristiano e sociale ai fratelli, credo che facciano osservazioni legittime che con il ricatto non hanno niente da spartire.
Questa è la nostra posizione critica per alcune ragioni e soddisfatta per altre; soddisfatta sull'aspetto assistenziale, soddisfatta su alcune correzioni che attengono all'aspetto sanitario. E' una posizione che ci spingerà certamente ad un atteggiamento diverso da quello dell'approvazione del piano socio-sanitario.
Comunque riteniamo, come hanno detto altri, che si sia fatto un buon lavoro che poi è soltanto nostro dovere. Qualche volta però vale anche la spesa di ricordare che abbiamo fatto le cose per bene.
Voglio concludere con un riferimento all'Assessore.
Non so se si può dire, ma mi pare che il suo orientamento sia quello di non continuare una esperienza in questo settore o in questa sede.
Certamente devo dire che ho apprezzato l'impegno generosissimo che ho messo in tutto questo lavoro, la tenacia e la convinzione che ha sempre manifestato nelle linee che ha tracciato. Tuttavia, caro Bajardi, qualche volta uomini mediocri fanno molto perché la formula è giusta, altre volte uomini eccezionalmente capaci fanno poco perché la formula è sbagliata.
Purtroppo debbo classificarla nella seconda specie aggiungendo tuttavia che veramente il lavoro che ha fatto è stato grande sotto il profilo dell'impegno che l'ha e come Consigliere regionale debbo ringraziarla profondamente e dire che in una certa misura per la serietà del lavoro che ha svolto è stato per me un modello di riferimento molto serio e molto importante.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Le osservazioni del collega Nerviani con quelle del Presidente della Commissione, Devecchi, dicono quale sarà la nostra posizione in sede di dibattito generale e in sede di emendamenti che in questa seduta intendiamo presentare su alcuni punti qualificanti della proposta di piano che possiamo definire ridotta e minimale rispetto al documento iniziale che è stato portato alla consultazione ed alla discussione in Commissione. Ci siamo in particolare soffermati sulla situazione degli ospedali, sulle ipotesi di smantellamento o di dequalificazione di ospedali speciali, come il CTO, l'Oftalmico, il Regina Margherita, per i quali anche se rispetto alla proposta iniziale si prevedono miglioramenti, non riteniamo utile ed opportuno, soprattutto in presenza di risorse finanziarie non illimitatamente ipotizzare degli smantellamenti senza verificarne concretamente la migliore efficacia e la migliore efficienza di nuove costruzioni.
Presenteremo un emendamento in proposito e lo illustreremo a suo tempo.
Nel piano in realtà ci sono delle considerazioni abbastanza ovvie ed abbastanza scontate che forse sarebbe più giusto leggerle in un dizionario della lingua italiana che non in un piano socio-sanitario perché si definisce che cosa si intende per ospedale, per reparto ospedaliero aspetti che si possono anche scrivere in un piano, ma che non è necessario ripetere ogni volta. Si fanno poi affermazioni che nessuno di noi potrebbe non condividere: miglioramento dei servizi, qualificazione dell'assistenza sanitaria, disponibilità del personale addetto, cura degli utenti in tempi brevi, tecniche efficienti ed adeguate, tutte affermazioni condivisibili che un piano dovrebbe darle per scontate, che non fa male ripeterle, per un piano che si limiti a questo è un po' riduttivo.
Sono previste alcune figure professionali, ma, non per cavalcare una protesta più o meno facile, devo ricordare che c'è una richiesta da parte di una serie di figure professionali che chiedono di essere più qualificate e meglio introdotte nel piano, per la loro caratteristica particolare. Le assistenti sanitarie non possono essere dimenticate come figure professionali in disuso e obsolete, ma che devono essere riqualificate nella logica del servizio a domicilio anche nel settore sanitario.
E' un piano un po' "mingherlino" che, comunque contiene alcune indicazioni, che sono giustamente mitigate dalla possibilità che qua e là affiora, di fare riferimento sia rispetto ai piani di attività spesa, sia a verifiche successive per poter dare un assetto definitivo al piano socio sanitario che oggi è ancora in fasce.
Siamo ancora di fronte a indicazioni di massima, abbiamo scritto il titolo del tema che però deve ancora essere sviluppato. Sul tema della droga abbiamo già approvato nelle sedute scorse delle deliberazioni e dei provvedimenti di finanziamento che peró non sono le indicazioni di piano sono provvedimenti che abbiamo votato e siamo disposti a votare successivamente quelli che verranno ancora in Consiglio, ma in questo andirivieni, in questo disordinato modo di condurre i lavori del Consiglio non si sa piú che cosa è già votato e che cosa deve essere ancora da votare.
Per quanto riguarda la tutela materna infantile, abbiamo presentato poco fa all'Assessore una richiesta di integrazione.
Non è possibile in questa sede, non facendo parte dei documenti che votiamo, indicare le funzioni del consultorio familiare, che in sede di Commissione sono state rinviate al progetto-obiettivo specifico, sono state invece integrate per la parte riguardante il personale le funzioni ed i compiti più generali del distretto. Noi desideriamo sottolineare la specificità dell'intervento in relazione a tutela materno-infantile e la funzione del Consultorio.
L'emendamento che presentiamo, limitato ad un aspetto soltanto della tutela materno-infantile, punto essenziale sul quale ritorneremo in sede di illustrazione, mette in evidenza sistematici interventi a carattere preventivo, in relazione all'interruzione volontaria della gravidanza, come risulta dalla legge 194, che non è attivata nella nostra Regione nelle sue parti positive di prevenzione, cause, ragioni, motivi e difficoltà che inducono la donna all'interruzione volontaria della gravidanza. E' necessario riconoscere il diritto alla tutela della vita umana sin dal concepimento, il diritto alla qualità della vita, il diritto alla procreazione responsabile.
Vogliamo che si aprano concretamente le opportune strutture consultoriali per rimuovere gli ostacoli della gravidanza e alla maternità attuando inoltre la collaborazione tra i servizi ospedalieri e quelli territoriali per superare la concezione di burocratica certificazione introducendo approfondimenti sulle ragioni e sulle cause della richiesta della interruzione di gravidanza.
Chiediamo inoltre di prevedere forme idonee di utilizzo per i servizi di carattere consultoriale del volontariato, valorizzando anche nella fase preventiva le risorse e le esperienze umane del personale obiettore di coscienza.
Questo deve essere tenuto in considerazione per ridurre a zero, come era previsto nella bozza originale del piano, il ricorso all'aborto clandestino e il ricorso all'aborto più o meno legale.
C'è poi il problema legato ai servizi residenziali.
Di questo abbiamo già parlato, il collega Martinetti e la sottoscritta in varie occasioni e in ultimo quando è venuta in aula la nostra proposta di modifica alla legge 20. Ma proprio perché questo approfondimento non sia soltanto all'attenzione dei colleghi della V Commissione, ma interessi l'intero Consiglio regionale, consentitemi, oltre alle motivazioni che il collega Nerviani ha illustrato con abilità ed ironia apprezzabili in tema di libertà dell'assistenza, di diritto all'assistenza e di articolazione pluralistica dell'assistenza, alcune considerazioni di carattere statistico demografico.
Studi recenti, effettuati dall'organizzazione mondiale della sanità e portati all'attenzione dei Consiglieri, membri della V Commissione, dicono che in Europa nei prossimi anni la popolazione anziana da 81 milioni circa del 1980 passerà a 122 milioni circa nel 2000 di fronte ad un calo della popolazione complessiva da 483 a 320 milioni.
Avremo in Europa e in Italia una inversione di tendenza tra la popolazione in età lavorativa e la popolazione in età pensionistica.
Questi dati ci danno la dimensione di problemi che sono destinati a diventare sempre maggiori. Francia, Inghilterra ed i paesi del Nord Europa si stanno ponendo il problema di come creare una rete di servizi non assistenziali per una popolazione che tende a diventare sempre piú anziana.
Si tratta di rivalutare il servizio pensionistico in termini diversi per quanto riguarda l'Italia. Non saranno più sufficienti i generici richiami ai "buchi neri" dell'Inps, sarà invece opportuno attivare un sistema che copra la sempre maggiore incidenza dell'area delle pensioni per ridurre al minimo l'intervento assistenziale di tipo economico dei Comuni, delle UU.SS.SS.LL. Dobbiamo anche porci il problema delle pensioni minime.
Non è corretto dare sotto forma di assistenza ciò che deve essere previsto come forma di renumerazione per un'attività professionale e lavorativa prestata negli anni lavorativi.
Ho voluto accennare questi aspetti perché per fare un discorso completo sul problema dei servizi si deve partire anche da questi aspetti, In Piemonte il rapporto del 1981 è di 107 persone al di sopra dei 65 anni rispetto a 100 persone in età giovanile e lavorativa. Attorno al 2000 il rapporto sarà 150 al di sopra dei 60 anni rispetto a 100 persone al di sotto dei 15 anni. Questi dati si commentano da soli. Interessanti sono i dati relativi alle invalidità permanenti. Il dato nel 1983 di persone invalide permanentemente ciechi, sordi, insufficienti mentali è di 102 su 1000 abitanti. Questo non vuol dire che tutti siano in condizioni di aver bisogno dei servizi residenziali, però è un dato statistico che va tenuto presente. La sola invalidità motoria è presente nella misura del 9,7 per mille per i cittadini in età inferiore ai 64 anni e supera il 47 per mille (circa 5 per cento) per quanto riguarda i cittadini al di sopra dei 65 anni.
Questi dati ci inducono a considerazioni di carattere generale ed esigono una tempestiva programmazione di una rete di servizi. Negli anni '60, di fronte al boom demografico, abbiamo costruito scuole e servizi per l'infanzia. Oggi scoppiano i problemi della terza età.
Purtroppo la situazione è complessa di disoccupazione, di ristrutturazione di trasformazioni produttive, di disagio dei giovani in cerca di lavoro, di situazioni frustranti per pensionamenti anticipati, di droga, di prostituzione, di delinquenza, di emarginazione legata alle malattie mentali, di difficoltà a trovare casa, di attese deluse. In questo momento dobbiamo fare scelte programmatiche e non soltanto conferenze occupazionali, approvare piani di sviluppo a tre mesi dalla scadenza elettorale. Chiediamo che gli argomenti che si vogliono rimandare: progetto materno-infantile, tutela della malattia mentale, riabilitazione ed altri temi, siano ripresi immediatamente alla riapertura del Consiglio regionale perché sono temi indilazionabili.
Rispondo al Consigliere Signora Cernetti. Nel suo intervento ha sottolineato che i provvedimenti sui servizi residenziali per gli anziani sono di pretesa eccessiva da parte della D.C. ed eccessivo cedimento da parte della maggioranza. Noi non la pensiamo così, siamo invece convinti che i provvedimenti per le strutture residenziali siano migliori di altri che in altre occasioni sono venuti all'esame di questa sede.
Rivendichiamo per la nostra tenacia e pazienza con cui abbiamo difeso i nostri progetti, la bontà complessiva delle nostre proposte, l'aderenza con la realtà, con i bisogni. Abbiamo parlato con la gente, ci siamo confrontati sulle idee con i gruppi di volontariato, con i gestori, con i titolari di assistenza privata e pubblica, con gli amministratori locali.
Abbiamo presentato emendamenti su varie proposte di legge. A distanza di quattro anni, siamo in presenza di un testo non del tutto soddisfacente, ma che sicuramente rappresenta una svolta e una sostanziale inversione di tendenza rispetto alle proposte di riordino dell'assistenza di questi anni.
Il risultato è complessivamente accettabile.
Il coraggio di cambiare, la capacità di correggere gli errori, la lettura dei bisogni in chiave non demagogica o velleitaria sono presenti in questo testo e desidero sottolinearlo. La risposta che verrà con questa nuova proposta sulle strutture residenziali sarà certamente migliore di quella che era ipotizzata nei testi precedenti e non per pretesa eccessiva della D.C. né per eccessivo cedimento della maggioranza. La possibilità di operare concretamente, di costruire, di trasformare, utilizzando la fantasia ed adattando le strutture alle situazioni reali sono per noi punti centrali e questo testo ha cercato di coglierli.
Rimangono aperti altri problemi non secondari, quali le autorizzazioni burocratiche al funzionamento per le nuove strutture, la messa a regime dell'integrazione dei servizi socio-sanitari ed assistenziali delle UU.SS.SS.LL. che proponiamo di far slittare al termine del piano triennale la gestione diretta da parte del Comune di alcuni servizi di base l'assistenza domiciliare ed i servizi a dimensione comunale. Su questi aspetti presenteremo degli emendamenti migliorativi.
Il problema degli anziani in tutte le sue articolazioni economiche sociali e morali deve essere considerato un problema centrale. Devono essere dedicate risorse economiche sia per garantire i livelli dei redditi sia per far fronte al costo delle strutture dei servizi, sia per valorizzare il ruolo attivo delle persone anziane nella società di oggi e di domani. Ciò non vuol dire, focalizzando l'attenzione sui servizi si dimentichino gli altri problemi (handicappati, minori).
Siamo convinti ed è questa la ragione della nostra militanza politica in un partito di ispirazione cristiana, che ha capacità di governo e soprattutto capacità di interpretare i bisogni della gente, tradurli in fatti e leggi concrete. Ed ancor più siamo convinti che la legittimazione di un partito democratico popolare, di ispirazione cristiana, sia la sua capacità di farsi interprete e voce delle esigenze dei più indifesi, dei più bisognosi, degli emarginati, dei più soli, dei poveri, vecchi e nuovi con i bisogni emergenti, anche per effetto dei disordini sociali conseguenza della perdita di valori, della solidarietà e dell'umanesimo.
Questa convinzione ha ispirato la nostra azione in sede regionale, la nostra opposizione ai precedenti progetti ed alle precedenti leggi non è stata dettata da altra ragione se non quella di cui eravamo certi, e cio che non andavano nella direzione giusta, non rendono migliore il sistema dei servizi, anzi lo complicano inutilmente rendendolo rigido, hanno una visione punitiva dell'esistente, riduttiva del ruolo autonomo dei Gruppi sociali.
Sappiamo bene che alcuni modelli che hanno funzionato in altri momenti storici ed in altre realtà sociali, vanno adeguati e trasformati per far meglio. Il mondo cambia, la gente cambia e devono cambiare le strutture ai servizi ed i modi di gestirli. Cambiare, modificare, adeguare anche la legge 20 è un modo giusto, positivo di vedere i problemi ed è la strada che abbiamo scelto. E' con legittima soddisfazione che vediamo oggi su queste posizioni la possibilità di dialogo con altre forze politiche, attratte non tanto dalla nostra voce, dalla nostra volontà, quanto dalla verità contenuta nelle nostre analisi e nelle nostre proposte. Ci sentiamo oggi colleghi, su questo tema e per questi aspetti forza di governo, anche avendo esercitato senza cedimenti e compromessi, il nostro ruolo di opposizione all'interno del Consiglio regionale del Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

L'intervento che si svolgerà a nome del Gruppo sarà estremamente ridotto nei tempi, mi auguro non così ridotto nei contenuti. E' un intervento che porta una lamentazione diretta soprattutto ai colleghi della opposizione più che ai colleghi della maggioranza.
Volutamente ho partecipato di meno quanto avrei voluto e potuto ai lavori della V Commissione perché ho colto le poche volte che ho avuto occasione di essere presente, che si stava facendo un errore politico e culturale gravissimo. Si ignorava cioé la questione sanitaria italiana e si parlava del secondo piano sanitario regionale. Sembrava improvvisamente che tutto il dibattito culturale, scientifico, economico sul problema nazionale in Piemonte non avesse ragione ad esistere, come se questa Regione fosse una isola felice e non una Regione d'Italia. Quindi non si parlava di riformare la legge 833.
A noi sembrava che le cose non fossero esattamente così.
Il Presidente del Consiglio Craxi ha dichiarato: "E' indispensabile procedere al risanamento della gestione sanitaria attraverso revisioni istituzionali ed organizzative. Lo Stato non può farsi carico dell'assistenza globale dei cittadini - ha dichiarato il Ministro del tesoro - e quindi una sia pur parziale privatizzazione è necessaria".
Il Ministro Darida ha poi dichiarato: "Certo, occorre ridimensionare i livelli delle prestazioni, poiché il treno di sviluppo della spesa sanitaria, anche organizzata al meglio, è sempre largamente superiore a quello dello sviluppo del Paese". Basterebbero queste tre citazioni per giustificare il nostro sbigottimento nel constatare che le forze politiche piemontesi hanno ritenuto di non cogliere l'occasione del piano sanitario regionale per avviare una riflessione e soprattutto da parte delle forze di opposizione per indicare una strategia sulla quale muoversi nella prossima legislatura.
In particolare mi scandalizza che il P.S.I. abbia dichiarato che era necessario procedere alla approvazione di questo piano. Tre mesi di vacanza del piano (peraltro è vacante ormai da quasi un anno) avrebbero determinato chissà quale catastrofe nel servizio.
Ci chiediamo su quale momento di novità, di fantasia, di originalità sul piano della politica sanitaria si formerà una maggioranza diversa da questa. Sono estremamente perplesso che queste dichiarazioni vengono portate avanti da un Partito che pure fa del problema sanitario una sua bandiera al punto di aver scelto una persona di grande capacità e rappresentanza a reggere ad hoc un seggio in Parlamento. Però questo partito non ci ha seguito quando abbiamo affrontato l'applicazione della legge 833 per rendere autonomi i grandi ospedali delle UU.SS.SS.LL., non pone alcun problema sulla liberalizzazione della scelta del cittadino, non pone alcun problema sulla razionalizzazione dei servizi, non pone nessun problema sulla riapertura di quelle che noi consideriamo ormai una indefferibile verifica dell'apporto che può dare il privato alla soluzione dei problemi sanitari nel nostro Paese. Siamo stupefatti e perplessi.
Abbiamo altre ragioni di perplessità da sviluppare nei confronti della maggioranza in ordine alla legge 20. Mi spiace di non aver potuto ascoltare l'intervento della collega Cernetti, ma da alcuni riferimenti che ho colto dall'intervento della collega Bergoglio, posso pensare che grande entusiasmo per la soluzione che è stata data al piano sanitario non ci sia Non riteniamo che l'impostazione della legge 20 fosse sicuramente fattibile; era un tipo di messaggio che andava verificato nella realtà.
Modificare l'obiettivo, prima ancora di aver mirato, evidentemente non è un problema di fattibilità di una ipotesi, è una scelta politica di non scontrarsi con alcuni poteri presenti sul territorio, con alcune realtà sociali portatrici di un tipo di messaggio, di un tipo di cultura. Questa maggioranza ci deve dire se è rimasta culturalmente sul piano della legge 20, che noi consideravamo un messaggio coraggioso da verificare sul territorio e poi da recuperare nelle sue oggettive possibilità di realizzazione e di attuazione. Non siamo noi a non aver colto il limite della legge 20, ne abbiamo però apprezzato il grosso messaggio di avanzamento culturale e sociale.
Ci troviamo alla fine della legislatura con un piano che per i partiti che hanno radicato il senso dello Stato, in particolare quello repubblicano ed il nostro, che eredita in articolo mortis un piano sanitario che reggerà alla sanità per tre anni, tre quindi della quarta legislatura. Queste forze ritengono di doversi misurare in una esperienza di una maggioranza contrapposta ad una minoranza probabilmente di tipo comunista, però su uno dei fatti fondamentali non mette in discussione la legittimità politica di una formulazione in articolo mortis di questa maggioranza e addirittura si conviene su grande parte delle argomentazioni e delle soluzioni adottate.
Mi sembra questo un modo di procedere poco prudente. Per carità, ogni forza politica ha proprie strategie, propri obiettivi, devo però dire che soprattutto da parte dei partiti di opinione vi è l'esigenza di creare una ipotesi di diverso governo di questa Regione: uno scenario. Se lo scenario non lo inventiamo sul versante, in questo momento questione centrale, il problema della sanità che piú fa gridare allo scandalo da parte dei cittadini, veramente non riesco a capire dove troveremo questa capacità di innovazione, di contrapposizione e di differenziazione rispetto alla gestione della sanità condotta con grande capacità, serietà e solerzia dell'Assessore Bajardi, ma, in una sua logica, ignorando che il P.C.I. se rimasto l'unico partito difensore della legge 833. E' giusto che l'Assessore Bajardi, istituzionalmente tenuto ad applicare la legge 833 politicamente convinto della legge stessa, dia l'interpretazione e l'applicazione più rigorosa e più puntuale; noi gliene diamo atto. Ma le tante forze politiche che chiamano a raccolta i medici, che scrivono loro a casa che bisogna votare in un certo modo per combattere un certo sistema che poi vengano in aula a dire cose completamente diverse, mi lasciano per plesso perché mi creano grandi problemi a capire quale sarà il nostro ruolo in una maggioranza diversa rispetto a questa su questo versante che assorbe 1'80 per cento delle risorse regionali.
Mi rendo conto che le mie considerazioni sono in una qualche misura un po' lontane dall'argomento che è all'ordine del giorno. Su questo il nostro partito ha preso una posizione radicale, molto intransigente, coraggiosa.
Ognuno usi l'aggettivo che ritiene rispetto a questa posizione. Siamo partiti dalla convinzione che la filosofia della riforma sanitaria è ormai economicamente insostenibile, improduttiva sul piano dell'efficienza e costrittiva sul piano delle libertà personali e siamo andati a proporre a livello nazionale una proposta di legge che recita: "Criteri ispiratori di fondo della proposta. La liberalizzazione del sistema, attraverso l'inserimento organico a pieno titolo della impresa privata".
Evidentemente di fronte ad una ipotesi di rivoluzione (copernicana direbbero i comunisti), abbiamo qualche difficoltà ad accettare supinamente una sostanziale adesione al piano Bajardi con la soddisfazione di aver stralciato una parte al punto di renderlo forse meno governabile che in passato.
Siamo convinti che abbiamo toccato il fondo. Per recuperare sul piano dell'efficienza dei costi bisogna rimettere in pista quel fisiologico rapporto tra pubblico e privato di concorrenza non soltanto sui costi, ma soprattutto sulla qualità dei servizi.
Bisogna rimettere in pista la libertà dell'utilizzatore, dell'utente di accedere alla struttura sanitaria che più preferisce (diciamo nella nostra legge, addirittura al di fuori della propria U.S.S.L.) e questo non tanto per scatenare quella che potrebbe essere considerata una selvaggia gestione della sanità, ma per mettere alla frusta gli elementi tipici di una società moderna, caratterizzata da processi di innovazione, di trasformazione continua, quelli della concorrenza culturale e dell'efficienza. La stessa classe medica, quando verrà messa alla frusta in un sistema di concorrenza in cui più nessuno è tutelato da niente, perché la struttura pubblica dovrà essere pensalizzata qualora non regga il confronto con quella privata evidentemente avremo un recupero di responsabilità e quindi di capacità della classe medica nel complesso. Questi sono gli orientamenti che dovevano trovare cittadinanza in questo dibattito, i grandi temi della riforma sanitaria, non la gestione, mi consenta, Assessore Bajardi, al quale gli è riconosciuto forse meno di quanto dovuto. E' la gestione di un problema che ormai è superato da una cultura e da una voglia politica delle istituzioni e della società a cambiare nel profondo il problema della sanità.
Ci rammarichiamo che il lavoro in Commissione abbia rilevato i limiti della interpretazione che noi diamo al regolamento. Un giorno o l'altro dovremo inventare un regolamento che assegna alle Commissioni entro un certo limite di tempo, altrimenti svuotiamo l'assemblea della sua ragion d'essere.
La rappresentanza dei cittadini è un momento di confronto, di scontro anche vivace, ma che fa emergere la problematica della società.
In I Commissione si continua a discutere per esempio sulla legge del personale. Alla fine uscirà qualche testo. Le cose che si dicono in Commissione, finita la fase istruttoria, la fase di denuncia e di contrapposizione devono venire in aula. Quello che avviene in I Commissione dovrebbe avvenire in aula. Tutte quelle parti di carattere generale che in Commissione sono state superate, con una serie di patteggiamenti (chiedo scusa del termine) non di natura politica, ma metodologica dovevano trovare cittadinanza in quest'aula. Anche questo dibattito sul piano sanitario poteva diventare una occasione in cui le forze politiche si misuravano e crescevano rispetto ai problemi della società e non soltanto un misurarsi del tutto impari tra la struttura burocratica dell'Assessorato, alcuni grossi partiti che hanno una parastruttura alle spalle come la D.C. ed i partiti di opinione che hanno difficoltà a capire se 13 letti nel reparto x, del piano terzo della quinta scala, della seconda divisione di un certo ospedale, fossero significativi o meno. Il fatto che si sia ridotti a dibattere in questi termini fa pensare che le forze politiche anzich essere portatrici in questa sede delle grandi esigenze della società, si sono fatte portatrici soprattutto dei messaggi un po' corporativi che vengono da questa o da quella categoria di utilizzatori e di assistiti.
Esprimiamo un giudizio critico perché, senza colpa di nessuno e mi auguro senza merito di nessuno, il dibattito sul piano socio-sanitario si è ridotto nel complesso della discussione ad una verifica puntuale di numeri di contenuti di strumenti senza denunciare la filosofia che c'era dietro. I letti, le colonne, i numerini, i tabulati vanno letti ed interpretati secondo quello che si vuole fare. Quello che si vuole fare, amico Nerviani è chiaro e netto: una interpretazione rigorosa, prussiana della legge 833 che ormai non ha più nessun rapporto con le esigenze dello Stato, della cultura in materia sanitaria.
La Regione Piemonte che è stata la prima ad elaborare un piano sanitario regionale ed a sperimentare gli strumenti, doveva essere anche la prima a dare una risposta sulla capacità che hanno questi strumenti ad affrontare le problematiche. Se non ci poniamo questo problema, diventiamo dei ragionieri della medicina, non diventiamo dei politici.
Esprimiamo un giudizio molto critico e la preoccupazione che abbiamo espresso sin dall'inizio rispetto all'Assessorato alla sanità, e per inizio mi riferisco alla seconda legislatura, da quando cioé si è avviata la legge 833. La materia sanitaria è fortemente gestionale. E' difficile leggere l'intelaiatura politica di una serie di decisioni, che prese una per una sono giustificate e valide. E' difficile leggere la trama politica che c'è dietro. Infatti, rispetto a un non dimenticato Assessore alla sanità che si era rivelato capace, efficiente, intelligente, l'Assessore Enrietti, io avevo coniato una frase che ritengo felice e cioé che la sanità è un vascello fantasma che di tanto in tanto approda in quest'aula. Noi la osserviamo nella sua maestà, ne siamo affascinati, colpiti, ma non riusciamo a capire cosa c'è dietro questa immagine. Che cosa porti e dove vada questo vascello fantasma abbiamo difficoltà a capire. Non è un caso che proprio l'Assessore Enrietti che tali numeri aveva dimostrato nella gestione della sanità quando poi è stato chiamato a reggere la suprema carica della Regione ha rivelato qualche limite di capacità di interpretazione dei processi politici, proprio perché la sanità nella nostra Regione è sfuggita alla interpretazione politica ed è diventato un fatto soprattutto gestionale.
Allora il dibattito che abbiamo avviato in Commissione e in quest'aula è impari, è ingiusto nella misura in cui vede forze contrapposte troppo disomogenee non solo dal punto di vista qualitativo ma anche quantitativo rispetto alle strutture informative del retroterra. Proprio per questa ragione non ci siamo misurati in questa attività che ci vedeva perdenti in partenza ed abbiamo aspettato in Commissione ed in aula che venisse il momento per confrontare la nostra campagna elettorale, ma che sarà anche un debito che noi contraiamo con gli elettori e che dovrà pure essere riconosciuta in sede regionale qualora su questo ci si avvii ad una ipotesi di programma di maggioranza.
Questo lo dico soprattutto alle forze politiche con le quali il P.L.I.
si augura di poter costruire un governo diverso alla Regione Piemonte.
Riflettiamo sul fatto che nella IV legislatura, la prima maggioranza dal 1975 in poi non di sinistra dovrà porsi il problema della sanità non più in termini gestionali, ma in termini politici.
Ed allora il ruolo del privato rispetto al pubblico, il ruolo e la dignità del medico, la laicità dei servizi (visto che si è andati indietro secondo qualcuno molto, secondo qualcuno poco rispetto alla legge 20) sono problemi che la classe politica dovrà porsi sulla quale noi rappresentiamo le nostre difficoltà di comprensione di alcuni atteggiamenti ai Gruppi consiliari qui presenti.
Avremo alcune considerazioni di dettaglio da fare nel corso dell'esame dell'articolato, due questioni di carattere marginale che rappresenter anche discorsivamente all'Assessore per non togliere al lavoro dell'assemblea tempo maggiore al risultato che i nostri interventi possono comportare.



PRESIDENTE

La discussione generale è conclusa.
La parola all'Assessore Bajardi per la replica.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità ed assistenza

Voglio sinceramente ringraziare i colleghi, nella stringatezza del poco tempo a disposizione per chiudere i lavori della III legislatura. Sono intervenuti molti Consiglieri e sono emersi contributi, giudizi, proposte linee e modi di intendere il piano.
Poco fa Marchini guardava alla legislatura precedente, prima il collega Nerviani richiamava la storia, le tradizioni della nostra Regione. A questo passato dobbiamo richiamarci. Siamo, con tutti i nostri pregi ed i nostri difetti, figli del passato anche se ognuno di noi porta nel presente qualcosa che si spera positivo. Le proposte che vengono dalla comunità contano, di esse si è tenuto conto nelle varie puntualizzazioni, nei vari sforzi per rendere più sintetico e più comprensibile il piano.
Ho letto, seppure sommariamente, le proposte di emendamento; molte di queste possono essere accolte per colmare certe lacune che emergono in relazione alla decisione assunta di spezzare l'allegato b) ad una certa soglia e di rinviare a una fase più generale gli allegati.
Il collega Marchini ha imperniato il suo discorso sulla filosofia del piano. E' un discorso che ha diritto di cittadinanza, devo però dire che molte sue osservazioni appartengono al dibattito di qualche mese fa, un po' invecchiato. Gli addetti ai lavori ed il sottoscritto hanno letto attentamente gli atti dei convegni del P.L.I., del P.R.I., del P.S.I. e della D.C. e sono convinti che vi sono quattro idee profondamente diverse nel modo di cambiare la legge 833. Che poi si dica che il P.C.I. non intenda modificare la legge 833 è una affermazione che deriva da una non informazione. Ho presieduto l'assemblea sulla politica sanitaria nel convegno che il P.C.I. ha indetto quattro mesi fa a Milano dove puntualmente sono state avanzate precise proposte in questa direzione che mi permetto di dire molto assonanti con le conclusioni di Martelli nell'ultimo convegno del P.S.I.
Questa assonanza, faccia piacere o no, è un dato oggettivo, e l'Avanti ha dedicato due pagine sull'argomento. E' necessario prendere delle decisioni in tempo ravvicinato per quanto riguarda la nostra Regione per una politica di piano perché in tempi brevi o medi non ci si può attendere una modificazione degli orientamenti nazionali.
Lasciar stare le cose senza modificarle, senza riflettere sulla esperienza degli anni passati, porta più danno che vantaggi. Forse pu essere una strategia quella di lasciare deteriorare la situazione dopo aver fatto mancare le risorse, in carenza di quadri di riferimento nazionali. Si può anche sostenere che le Regioni debbono paralizzarsi. Quando si passa al merito delle questioni le diversità non dico che sfumano, ma si attenuano e sorgono le esigenze pressanti di vedere risposte alle attese. Non si pu pensare che una politica possa essere sostituita dalla sommatoria di atti amministrativi o di atti legislativi.
Una politica può essere espressa da un documento programmatico di ordine generale e lo potrà fare con pienezza di titoli la futura maggioranza che reggerà l'amministrazione regionale ed, in ragione della propria forza e dei propri orientamenti politici, si inserirà nel contesto giuridico ed amministrativo che ha ereditato e trarrà le proprie conclusioni.
Non so quante sono le Regioni che si sono adeguate alle disposizioni della legge finanziaria del 1985 e non mi interessa se la stragrande maggioranza delle Regioni non ha tenuto conto degli adempimenti fissati dalla legge finanziaria e che scadono in questi giorni.
Sono sostenitore della non disubbidienza ai precetti legislativi. Forse il mio partito è tra i pochi che ha votato contro la legge finanziaria, ma gli amministratori hanno il dovere di attenersi alle disposizioni legislative.
Ho già avuto occasione di ricordare che, per quanto riguarda il noto problema del 6 per mille dei posti letto, la discussione ed il confronto a livello nazionale ed il confronto tra le Regioni che hanno approvato il piano dimostreranno che una cultura nuova può crescere.
Nel recente incontro degli assessori regionali alla sanità di Senigallia abbiamo chiarito diversi aspetti, compreso il fatto che il numero del 6 per mille dei posti letto non va considerato per quanto riguarda i letti di day hospital. Ciò non deve essere considerato in termini strumentali, ma come uno strumento per procedere con gradualità alla trasformazione dell'utilizzo attuale dei posti letto in modo più puntuale in un processo di evoluzione verso la percentuale del 6 per mille.
Percentuale che ha perso gli elementi burocratici delle prime formulazioni della legge finanziaria, ed ha avviato un nuovo processo graduale anche per l'utilizzo del personale dentro e fuori l'ospedale con una integrazione delle varie attività specialistiche di tipo ospedaliero e ambulatoriale.
Per avviare la politica di prevenzione e di educazione sanitaria, la grande scommessa della legge 833, dobbiamo passare alle indicazioni della organizzazione mondiale della sanità della promozione della tutela della salute psicofisica, e non attardarci nel momento curativo che ha giocato un grande ruolo nel passato, ma che oggi la cultura moderna considera in raccordo con la prevenzione, la riabilitazione e soprattutto all'interno di un raccordo tra sanità ed assistenza.
Sorge un paradosso. Si è auspicata maggiore sintesi, più snellezza, e questi obiettivi li abbiamo realizzati, ma non abbiamo il coraggio di chiamare questo un piano. Lo chiamiamo stralcio, stralcetto.
Ma quello che chiamiamo stralcetto altre Regioni l'hanno considerato un piano perfetto. La qualità non è misurabile a peso o a pagine, sappiamo benissimo che si può scrivere poco e in termini sintetici quando si è molto padroni della materia e si può essere molto prolissi quando non si ha una profonda padronanza della materia.
Si possono dire meno cose e lasciare ad altre fasi la continuazione del discorso. La soluzione che abbiamo trovato nell'ambito della legge è partita dallo stato di necessità ed è poi diventata una soluzione ragionevole. E' forse un processo che si è impostato in termini nuovi. Vi era l'esigenza di raccordarsi e di dare un ruolo alle UU.SS.SS.LL. con piani successivi, abbiamo comunemente concordato in sede di Commissione che si poteva arricchire, anche un anno prima della scadenza del piano, in un documento del Consiglio che fissasse i criteri di ordine generale.
Abbiamo individuato nella nostra legge una procedura che mi pare giusta, corretta, ragionevole, che definisce il ruolo della amministrazione regionale, che sottolinea il ruolo di proposta delle UU.SS.SS.LL. accelera il rapporto tra le UU.SS.SS.LL. e la Regione, responsabilizza maggiormente il Consiglio.
Mi pare che anche dal punto di vista metodologico abbiamo compiuto un passo avanti. Se saremo capaci di raccogliere tutte le potenzialità che esistono in questa impostazione potremo certamente trarne dei risultati positivi. Nella politica della sanità era necessario sfuggire ai localismi ed alle corporazioni che abbiamo ereditato. Siamo riusciti a non cadere n nel localismo né negli interessi particolari di questo o quel gruppo nonostante debbano essere pienamente considerate le esigenze di tutte le località in una politica di decentramento. Deve essere considerata essenziale la collocazione delle singole categorie in un disegno generale.
Un sistema complesso qual è quello sanitario non può fare a meno delle varie categorie anche se qualcuna di esse può avere un ruolo maggiore, ma con l'evoluzione delle tecnologie l'attività intersettoriale e interdisciplinare diventa lavoro di equipe, un modello a cui non si pu sfuggire per rispondere in termini di qualità. Il senso generale del nostro piano è di avvicinare i servizi all'utenza e la capillarizzazione delle presenze.
Nel corso del 1984 i distretti funzionanti sono passati da 148 a 225 di cui 211 dotati di sede; di queste sedi però solamente il 40 per cento sono adeguate, le altre sono ancora insufficienti. Dei 255 distretti 71 hanno già la figura del coordinatore come è previsto nella legge regionale.
I colleghi hanno ricevuto la scorsa settimana due fascicoli di grande importanza: il primo è la relazione sullo stato sanitario in Piemonte, una relazione tutt'altro che trionfalistica, anzi molto problematica, che ha sottolineato la necessità di sviluppare il discorso dell'epidemiologia con prudenza, senza certezze. In ogni caso gli indici della mortalità infantile e della mortalità generale si sono ridotti. Il sistema informativo non è ancora ottimale, ma qual è il sistema informativo in Italia a carattere epidemiologico? Vorrei che quando si discute di queste cose si tenga conto della dimensione culturale e politica, ma anche della dimensione organizzativa del problema, La collega Bergoglio ha citato le proiezioni della popolazione ed io vorrei ricordare che un mese fa ho inviato ai Consiglieri quattro fascicoli dell'annuario delle statistiche socio sanitarie dove le proiezioni della popolazione della nostra Regione erano chiaramente evidenti, U.S.S.L. per U.S.S.L., con le piramidi di età confrontate nei vari censimenti. Di quei dati abbiamo fatto tesoro anche per il riparto del fondo socio-assistenziale che abbiamo approvato l'altro giorno.
I colleghi hanno anche ricevuto il fascicolo con il rendiconto del bilancio del 1984. E' la prima volta che riusciamo, a due mesi e mezzo dalla scadenza del bilancio, a presentare un quadro delle spese delle UU.SS.SS.LL. Si può incominciare a ragionare non genericamente, ma puntualmente sui punti di debolezza su cui concentrare la nostra attenzione. Mi chiedo se esiste un'altra struttura che al 20 del mese di marzo sia in grado di presentare il consuntivo dell'anno precedente.
Perché allora si continua a dire che la sanità non presenta i conti che non dimostra quello che fa? Molta gente continua a dire che la satira si giudica con il metro dell'anno precedente o di due anni fa. Spero invece che molta gente impari a capire che è cresciuta una sanità diversa, più complessa, piena di problemi, senza troppi schemi, ma che sa fare i conti con se stessa. Questo è il germe che abbiamo fatto nascere, non solo in Piemonte, ma nel complesso delle Regioni forse con un retroterra più solido, con condizioni piú favorevoli per potersi cimentare.
Il problema sta nel sapere tirar fuori i dati essenziali, il sistema chiave di indicatori che possa permettere di fornire elementi per il decisore politico.
Il nostro piano propone la periferizzazione del servizio. Non abbiamo compiuto un atto di acquiescenza alla legge finanziaria del 1985, ci siamo allineati certamente sulle prescrizioni di legge, ma questa è una proposta alle UU.SS.SS.LL. per il numero dei posti-letto e per la loro distribuzione nei reparti e per la organizzazione dei servizi.
In periferia ci saranno 50 nuovi reparti ed oltre 30 nuovi servizi che ieri erano concentrati solo nei capoluoghi di provincia o nelle strutture principali ed oggi sono presenti nel discorso di ospedale generale, che deve poter dare il massimo delle prestazioni e deve riuscire al suo interno a riorganizzare la propria attività raccogliendo le indicazioni articolate dalla legge finanziaria 1985, avvicinando servizi di base e attività distrettuali in attività poliambulatoriali. Gran parte dei poliambulatori già esistono, ma vogliamo, attraverso un processo complesso di riconversione, realizzare altre strutture per altre finalità qualificando alla periferia le strutture ospedaliere in un intreccio tra attività generale e attività specialistica.
In relazione all'assistenza, mi sento di aver adempiuto alle indicazioni che corrispondono al voto dato dal Consiglio regionale qualche mese fa. Qualcuno aveva perplessità sulla volontà e sulla determinazione di andare in questa direzione. Si è avviato quello che allora chiamai il superamento di una visione amministrativa e una fase di emulazione tra i vari momenti nell'assistenza. E' una questione di competenza squisitamente locale. Se riusciamo a far rivivere L'U.S.S.L. come strumento dei Comuni possiamo far vivere sanità ed assistenza nella loro intierezza come strumento dei Comuni in un processo complesso che ignora le difficoltà anche in ordine finanziario ma che trova il modo di procedere in direzione di una visione unitaria ed integrata di questi due aspetti.
Abbiamo trovato delle soluzioni a questi problemi che ritengo ragionevoli e che possono permetterci di dire che ci siamo dotati di uno strumento diverso da quello che avevamo presentato ma che tutto il Consiglio regionale ha motivo di considerare un risultato importante di cui poter essere orgogliosi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

L'Assessore proporrebbe prima di passare alla votazione degli articoli per permettere alla Giunta di esaminare le proposte di emendamenti. E' una prassi che abbiamo già seguito in presenza dei provvedimenti complessi. Mi pare sia accoglibile perciò se non vi sono pareri discordi, direi di rinviare a domani mattina l'esame degli articoli, tenendo conto che alle ore 9,30 dobbiamo cominciare a votare.
Possiamo oggi affrontare e concludere un altro provvedimento impegnativo, quello sui trasporti.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Siamo d'accordo sulla richiesta di rinviare a domani mattina la votazione della legge sul piano socio-sanitario. Circa l'ordine da seguire oggi informo che non siamo in grado di entrare nel merito dei punti che trattano i problemi tecnici dei trasporti e della legge sul condono perch è assente il Consigliere Picco che rientra domani mattina.
Chiediamo di passare ad altri punti altrettanto importanti.



PRESIDENTE

Proporrei di votare tutto ciò che si può votare stasera ma di affrontare almeno la discussione generale sui trasporti. Rinviamo il merito degli articoli e il voto a domani.



BRIZIO Gian Paolo

Non è possibile fare neanche la discussione generale perché la legge sui trasporti l'ha seguita il Consigliere Picco.



PRESIDENTE

Sono d'accordo che si debba tenere conto di queste esigenze, ma faccio presente ai colleghi che entro domani sera non potremo esaminare tutto l'ordine del giorno. Il piano socio-sanitario ha molti emendamenti e penso che l'Assessore farà in modo che siano superate molte discussioni e che si potrà fare una votazione veloce, ma è comunque una discussione complessa.



BONTEMPI Rinaldo

Si potrebbe incominciare la legge sui trasporti con la relazione generale, superare la discussione generale e recuperando la parte in sede di emendamenti in parte in sede di dichiarazioni di voto.



PRESIDENTE

Va bene, se tutti sono d'accordo. Invito comunque tutti a rispettare i tempi del regolamento.



BRIZIO Gian Paolo

Ci va bene la soluzione proposta dal Consigliere Bontempi. Siamo peraltro disponibili domani per tutto l'orario previsto. Non c'é mai stata da parte nostra intenzione alcuna né di rinviare i provvedimenti, né di fare dell'ostruzionismo. Teniamo però presente che oggi si sono portati all'esame moltissimi argomenti, bisognerà avere la pazienza di discuterli secondo le esigenze di tutti.



PRESIDENTE

Vi chiedo di iscrivere all'ordine del giorno i seguenti argomenti: 41) Esame deliberazione Giunta regionale n. 157-42181: "Integrazione al piano dei siti ed adeguamento del piano stesso alle 'Disposizioni per la prima applicazione dell'art. 4 del DPR n. 915/1982, concernente lo smaltimento dei rifiuti'. Deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato Interministeriale di cui all'art. 5 del DPR 10/9/1982 n. 915" 42) Esame deliberazione Giunta regionale n. 40-42494: "Programma triennale di investimenti 1985/1987 - Piano annuale di investimenti in opere edilizie ed attrezzature sanitarie per l'anno 1985 - Assegnazione alle UU.SS.SS.LL.
della Regione della quota del fondo sanitario nazionale 1985 in conto capitale, pari a L. 79.759.000.000 e delle somme di cui all'art. 69, lett.
b), della legge 23/12/1978 n. 833, pari a L. 7.400.000.000' 43) Esame deliberazione Giunta regionale n. 132-41419: "Contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai avventizi addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria. Recepimento contratto integrativo regionale stipulato in data 19/3/1985" 44) Esame progetto di legge n. 523: "Integrazione dell'art. 3, punto 6 della L.R. 12/10/1978 n. 63: 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste' e successive modificazioni ed integrazioni".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità.


Argomento: Norme generali sui trasporti

Esame progetto di legge n. 312: "Legge generale sui trasporti"


PRESIDENTE

Punto trentesimo dell'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n.
312: 'Legge generale sui trasporti'".
La parola al relatore Biazzi per la relazione sulla legge dei trasporti.



BIAZZI Guido, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, la legge che ci apprestiamo a discutere ed a votare costituisce certamente uno degli atti più importanti di questa legislatura.
Con questa legge il Piemonte è la prima Regione in Italia che sceglie la strada della delega piena alle Province per quanto riguarda la gestione di importanti funzioni amministrative regionali.
Ha avuto una gestazione molto lunga ed anche travagliata, per alcuni versi; c'è stato un confronto molto aperto tra le istituzioni, in particolare tra Province e Regione.
Come noto il disegno di legge fu presentato dalla Giunta il 15/3/1983 furono fatte ampie consultazioni il 21/10/1983 e il 12/12/1983 e furono ripresi successivamente contatti.
Molte sono state le memorie inviate e anche gli incontri più o meno informali che si sono tenuti su questa proposta di legge.
La Commissione incaricò due suoi membri, i colleghi Ferrari e Sartoris di esaminare il testo e di fare una relazione alla Commissione; ciò che fecero regolarmente.
E' stata posta all'ordine del giorno della Commissione numerose volte.
Negli ultimi tre mesi è stata iscritta ben 7 volte; per 3 volte praticamente come unico punto all'ordine del giorno.
Purtroppo è da registrare che nei lavori di commissione il confronto è stato piuttosto scarso tra maggioranza e minoranza.
Ciò nonostante, c'è stata invece una discussione molto aperta tra le forze presenti ai lavori della Commissione e tra queste e la Giunta regionale.
Questo confronto, molto positivo, ha portato alla stesura finale di una proposta che è molto diversa su alcuni punti rispetto al disegno iniziale anche se rimane valido l'impianto.
La legge che stiamo per affrontare costituisce, dopo la 44, una nuova tappa sulla costruzione di una politica regionale dei trasporti.
Spetterà al nuovo Consiglio ed alla nuova Giunta renderla operante. Non sarò un lavoro di poco conto. Si tratta di innovare profondamente nel costume, nelle strutture regionali e soprattutto provinciali, che devono attrezzarsi per svolgere i compiti loro attribuiti e che li costringono a misurarsi in un campo del tutto nuovo per loro. Si tratta, cioé, di dare l'avvio ad un processo né facile né breve.
Con la legge approvata, la nuova Giunta potrà mettersi subito all'opera per iniziare quel processo.
Se non approvassimo entro il 27 marzo la legge, questa decadrebbe e il nuovo Consiglio e la nuova Giunta dovrebbero cominciare ex-novo il lavoro con le consultazioni, gli incontri con gli organismi appena eletti, ecc.
Si rischierebbe di perdere tempo prezioso e di non riuscire nemmeno nella prossima legislatura ad avere la possibilità di sperimentare in modo adeguato la legge e di apportarvi le eventuali correzioni.
Sono molte quindi le motivazioni per affrontare questo disegno di legge. Ne aggiungo un'altra: con la legge 44 abbiamo anticipato la normativa nazionale che si è tradotta nella legge 151 del 1981. Con questa legge anticipiamo una nuova normativa generale nazionale che dovrà adeguare la 151 alle novità che sono emerse in questi anni.
La Commissione ha licenziato il testo all'unanimità dei presenti, che nel caso specifico significa semplicemente dalla maggioranza dei componenti la Commissione.
Per comodità si allega una relazione essenzialmente tecnica, che si propone di chiarire i meccanismi della legge e le novità piú importanti che sono state introdotte dalla Commissione al testo originario presentato dalla Giunta.
Darei quindi per letta questa seconda parte in quanto è già a mani dei Consiglieri.



PRESIDENTE

Non ci sono interventi in discussione generale. La legge sui trasporti riprenderà domani con la replica dell'Assessore, il voto sugli articoli e le dichiarazioni di voto.
Prego i colleghi di presentare adesso gli emendamenti e tra oggi e domani la Giunta potrò esaminarli e fare delle contro proposte eventuali.


Argomento:

Iscrizione all'ordine del giorno di argomenti


PRESIDENTE

Propongo l'iscrizione all'ordine del giorno dei seguenti argomenti: 45) Esame progetto di legge n. 475: "Ristrutturazione dell'ex Preventorio antitubercolare di Limone Piemonte. Contributo finanziario al Comune" 46) Esame progetto di legge n. 365: "Interventi su disadattamento, devianza e criminalità".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame deliberazione Giunta regionale n. 40-42494: "Programma triennale di investimenti 1985/1987 - Piano annuale di investimenti in opere edilizie ed attrezzature sanitarie per l'anno 1985 - Assegnazione alle UU.SS.SS.LL. della Regione Piemonte della quota del fondo sanitario nazionale 1985 in conto capitale, pari a L. 79.759.000.000 e delle somme di cui all'art. 69 lettera b), della legge 23/12/1978 n. 833, pari a L. 7.400.000.000".


PRESIDENTE

Punto quarantaduesimo dell'ordine del giorno: "Esame deliberazione Giunta regionale n. 40-42494: 'Programma triennale di investimenti 1985/1987 - Piano annuale di investimenti in opere edilizie ed attrezzature sanitarie per l'anno 1985 - Assegnazione alle UU.SS.SS.LL. della Regione Piemonte della quota del fondo sanitario nazionale 1985 in conto capitale pari a L. 79.759.000.000 e delle somme di cui all'art. 69, lett. b) della legge 23/12/1978 n. 833, pari a L. 7.400.000.000'." La deliberazione ha avuto l'approvazione a maggioranza dalla Commissione.
La parola al Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando

Il Gruppo D.C. si astiene perché ci troviamo di fronte ad un impegno di spesa triennale, in secondo luogo perché abbiamo avuto poco tempo per valutare le voci dei vari stanziamenti e la distribuzione tra le UU.SS.SS.LL.
Con ogni probabilità tutto sarà stato fatto e deciso nel modo più corretto, ma non abbiamo avuto il tempo di valutarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico

Alla deliberazione darò voto favorevole. Potrei ripetere le considerazioni che ho svolto per la dimostrazione della necessità del piano socio-sanitario. Il programma delle spese per investimenti per il 1985 è indispensabile perché possano essere finanziati presto gli investimenti i cui progetti sono già approvati e forse sono in corso di opera. Questo non sarebbe possibile se il piano degli investimenti dovesse subire il ritardo che necessariamente imporrà la consultazione elettorale del 12 maggio. Se poi la legge finanziaria prescrive che il piano annuale debba essere compreso e preceduto da un piano triennale, che grosso modo e non in modo preciso e vincolante identifichi il capitale disponibile nel triennio, mi pare indispensabile accettare di conseguenza ed approvare anche la parte della deliberazione che si riferisce al piano triennale.



PRESIDENTE

Pongo ora in votazione tale deliberazione che recita: "La proposta di P.S.S.R. per il triennio 1985/1987, in corso di approvazione legislativa per il governo della politica degli investimenti prevede, fra l'altro, i seguenti strumenti di riferimento: Piano triennale di investimenti (PTI), che, nel quadro complessivo delle risorse finanziarie di riferimento e tenuto conto degli obiettivi prioritari di piano, fornisce indicazioni in ordine all'ammontare della spesa complessiva articolata per quadrante e settori di investimento secondo precisi criteri di indirizzo da fissare in tale sede Piano annuale degli investimenti (PAI) che autorizza la spesa annuale in base alle disponibilità finanziarie ed i corrispondenti investimenti da sostenere nell'anno, in aderenza ai criteri di indirizzo fissati in sede di P.T.I.
L'adozione del P.T.I.. e del P.A.I.. inoltre si rende opportuna per corrispondere anche alle indicazioni contenute all'art. 17 della legge 22/12/1984 n. 887.
In questo contesto si propone pertanto l'adozione del P.T.I. 1985/87 allegato alla presente deliberazione, per farne parte integrante (Allegato A).
Detto piano potrà essere aggiornato annualmente in relazione allo stato di attuazione degli obiettivi prefissati e delle variazioni del quadro di risorse finanziarie disponibili.
Al contempo si propone altresì l'adozione del piano annuale degli investimenti (PA.I..) per l'anno 1985, allegato alla presente deliberazione per farne parte integrante (Allegati B e C).
Per l'anno 1985 il P.A.I. - va altresì precisato - è stato predisposto avendo a riferimento le disponibilità finanziarie derivanti dall'assegnazione alla Regione Piemonte della quota di F.S.N., in conto capitale, disposta dal Cipe con deliberazione del 3/8/1984, ammontante a 79.759 milioni complessivi, comprensivi della quota da destinare ad investimenti di mantenimento, ad investimenti di innovazione e ad investimenti di trasformazione.
Dei suddetti, una prima quota di 28 miliardi, assegnata alla Regione Piemonte con deliberazione Cipe del 20/12/1984, riferibile all'area 'mantenimento' è già immediatamente attribuibile, mentre la restante quota verrà attribuita alla Regione Piemonte a seguito della verifica congiunta del piano complessivo disposta dai Ministeri della sanità, del tesoro e del bilancio e della programmazione economica ai sensi della legge finanziaria per l'anno 1985.
La quota di 28 miliardi, nel piano proposto, è destinata al finanziamento delle Opere edilizie nei presidi sanitari (ospedali e poliambulatori) già previsti in rete e nei quali siano in atto interventi di ristrutturazione dell'esistente.
Nella formulazione del P.A.I. 1985, la quota del F.S.N, in c/ capitale è integrata dai proventi di cui all'art. 69, lettera e) e b), della legge 833.
La disponibilità complessiva viene così ad ammontare a L. 101.959.000.000.
Nell'ambito di detto stanziamento complessivo, tenuto conto degli obiettivi prioritari del PSSR. dei criteri di indirizzo contenuti nel PTI 1985/87 e delle disposizioni nazionali, è stato pertanto articolato il PAI in opere edilizie ed attrezzature tecnico-sanitarie per l'anno 1985, di cui ai citati allegati B e C.
il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale n. 40-42494 del 22/3/1985 sentito il parere favorevole espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di approvare il programma triennale di investimenti (P.T.I.) 1985/87 secondo le indicazioni dell'allegato A alla presente deliberazione che ne fa parte integrante, nonché il piano annuale di investimenti (P.A.I.) in opere edilizie ed attrezzature sanitarie per l'anno 1985 a favore delle UU.SS.SS.LL. della Regione Piemonte, secondo le indicazioni degli allegati B e C che formano parte integrante della presente deliberazione La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole e pregato di alzare la mano.
E' approvata con 22 voti favorevoli e astensioni.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame deliberazione Giunta regionale n. 132-41419: "Contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai avventizi addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico- agraria. Recepimento contratto integrativo regionale stipulato in data 19/3/1985"


PRESIDENTE

Il punto quarantatreesimo dell'ordine del giorno reca: "Esame deliberazione Giunta regionale n. 132-41419: 'Contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai avventizi addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria. Recepimento contratto integrativo regionale stipulato in data 19/3/1985"".
Il testo della deliberazione recita: "Visto il contratto collettivo nazionale in data 22/3/1984 che recepisce integralmente l'accordo collettivo nazionale firmato il 29/4/83 relativo agli operai avventizi addetti ai lavori di sistemazione idraulico forestale e idraulico-agraria vista la deliberazione n. 641-1394 del 2/2/1984 con cui il Consigliere regionale deliberava il recepimento dell'accordo per il contratto nazionale in oggetto e dava mandato alla Giunta regionale di partecipare alle trattative per la definizione con le controparti sindacali del contratto integrativo regionale da valere per gli operai sopraddetti, con riserva di procedere nelle forme e con le modalità necessarie all'adozione formale dei conseguenti provvedimenti preso atto del contenuto del contratto integrativo regionale per gli operai avventizi addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico agraria, siglato in data 19/3/1985 dall'Assessore Bruno Ferraris coadiuvato dai funzionari dott. Mauro Dana e geom. Alberto Murru, in rappresentanza della Giunta regionale e le organizzazioni sindacali di categoria (Federbraccianti-Cgil, Fisba-Cisl, Uisba-Uil) considerato che tale accordo integrativo era espressamente previsto dal precitato CCNL vista la deliberazione della Giunta regionale n.. 132-42419 del 21/3/1985 di proposta al Consiglio regionale di recepimento del contratto integrativo regionale stipulato in data 19/3/1985 Il Consiglio regionale delibera di recepire, nelle forme e con i limiti e le modalità della vigente normativa regionale, il contratto collettivo nazionale di lavoro in data 22/3/1984 e l'accordo per il rinnovo del contratto integrativo regionale in data 19/3/1985 inerenti gli operai addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale ed indraulico-agraria e di curarne l'applicazione ai lavori eseguiti in amministrazione diretta dagli Uffici regionali.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.


Argomento: Boschi e foreste

Esame progetto di legge n. 523: "Integrazione dell'art. 3, punto 6, della L.R. 12/10/1978, n. 63: 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste' e successive modificazioni ed integrazioni"


PRESIDENTE

Punto quarantaquattresimo all'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 523: 'Integrazione dell'art. 3, punto 6, della L.R. 12/10/1978 n.
63 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste' e successive modificazioni e integrazioni"'.
Relatore è il Consigliere Acotto che dà per letta la relazione.
Passiamo quindi alla votazione dell'articolato.
Articolo unico "All'articolo 3, punto 6) della legge regionale 12 ottobre 1978 n. 63 'Interventi in materia di agricoltura e foreste' e successive modificazioni ed integrazioni è aggiunto il seguente comma: 'Il contributo integrativo negli interessi di cui ai commi precedenti può essere concesso ai beneficiari delle domande presentate ai sensi della L.R. 12/10/78 n. 63 e ammesse al finanziamento dei prestiti contratti all'estero ai sensi dell'art. 13 della L. 22/12/84 n. 887; in alternativa al contributo negli interessi può essere concesso un contributo in conto capitale equivalente come misura massima, all'attualizzazione del concorso negli interessi.
Resta fermo il rispetto dei limiti previsti dal DPCM 2 aprile 1982".



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri L'articolo unico è approvato.


Argomento: Difensore civico

Proposta di legge al Parlamento del Consiglio regionale del Piemonte relativa all'istituzione del Difensore Civico


PRESIDENTE

Proposta del relatore al progetto di legge n. 520: "Proposta di legge al Parlamento del Consiglio regionale del Piemonte relativa all'istituzione del Difensore Civico".
Vi chiedo ora di votare per alzata di mano il progetto di legge n. 520 che - ricorderete - nella seduta precedente avevamo votato come proposta al Parlamento.
Il Consiglio regionale deve anche decidere quale ramo del Parlamento va avviata la proposta per l'inizio dell'iter perché nella seduta precedente non l'avevamo fatto. Il relatore ci chiede di inviare la proposta alla Camera dei Deputati dove giacciono provvedimenti di legge analoghi.
E' approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno relativo alla vetreria Borma di Acqui Terme


PRESIDENTE

I Consiglieri Mignone, Montefalchesi, Marchesotti, Bruciamacchie Genovese, Devecchi e Simonelli hanno presentato un ordine del giorno relativo alla Vetreria Borma di Acqui Terme il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte appresa volontà della direzione della Vetreria Borma di Acqui Terme di fermare tutte le produzioni per procedere alla ristrutturazione dello stabilimento che comporterà l'abbandono della produzione di vetro cavo con una riduzione di personale di circa 80 unità su 220 esprime la propria preoccupazione per l'ulteriore diminuzione occupazionale nell'area acquese, nonché per il futuro stesso dello stabilimento Borma messo in forse dal mantenimento della sola produzione di isolatori, che non appare sufficiente a garantire la sopravvivenza dell'unità produttiva anche alla luce dell'abbandono da parte dell'azienda del progetto di rilocalizzazione e quindi di costruzione di un nuovo stabilimento impegna la Giunta regionale a ricercare soluzioni positive per la vertenza aperta alla Borra, anche in virtú del fatto che il Piemonte è utilizzatore di vetro cavo e proprio per le caratteristiche del prodotto abbisogna di questa produzione in loco a livelli tali da rendersi autosufficiente" Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Ordine del giorno inerente la proposta di legge al Parlamento n. 18: "Modifiche alla legge 4/8/1977 n. 517 'Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica all'ordinamento scolastico"'


PRESIDENTE

I Consiglieri Moretti, Ariotti, Villa, Mignone, Gerini, Vetrino Ferrero e Majorino hanno presentato un ordine del giorno inerente la proposta di legge al Parlamento n. 18: "Modifiche alla legge 4/8/1977 n.
517 'Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica all'ordinamento scolastico"', il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la proposta di legge al Parlamento n. 18 'Modifiche alla legge 4/8/1977 n.
517 'Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica all'ordinamento scolastico" approvata dal Consiglio regionale della Lombardia il 15/11/1984 considera positiva tale proposta perché favorisce il decentramento e una maggiore articolazione dell'organizzazione del calendario scolastico a livello regionale e subregionale, e si fonda sulla necessità di raccontare la scuola con le esigenze della famiglia, del mondo del lavoro, delle opportunità turistiche sportive e culturali offerte dal tessuto sociale in cui la scuola si inserisce considerata d'altra parte, l'opportunità di svolgere una larga ed approfondita consultazione su tale materia per coinvolgere le componenti interessate così come avvenuto nella Regione Lombardia data la mancanza dei tempi necessari per dar corso all'iter legislativo auspica che il prossimo Consiglio regionale del Piemonte dia avvio alle procedure necessarie per la formulazione di una analoga proposta di legge".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Esame progetto di legge n. 365: "Interventi su disadattamento, devianza e criminalità"


PRESIDENTE

Punto quarantaseiesimo dell'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 365: 'Interventi su disadattamento, devianza e criminalità"'.
La legge è composta di tre articoli ed è stata esaminata dalla V Commissione e licenziata all'unanimità.
Il relatore è il Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra, relatore

Questo documento traduce in un disegno di legge il DPR 24 che era stato presentato dalla Giunta regionale nel 1982 ed era stato approvato all'unanimità dal Consiglio. Riguarda il disagio giovanile, il disadattamento, la criminalità non soltanto giovanile, ma riguarda anche l'assistenza ai carcerati intesa come recupero attraverso il lavoro. Per chi volesse approfondire l'argomento si rimanda il DPR 24 che è stato pubblicato dall'Assessorato all'assistenza con gli interventi dei colleghi Consiglieri che si erano svolti in Consiglio regionale.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale. Ha chiesto di parlare il Consigliere Bergoglio. Ne ha facoltà.



BERGOGLIO Emilia

Devo riconoscere che la collega Cernetti con tenacia ha portato avanti questo provvedimento. Il Consiglio aveva deliberato tre anni fa una deliberazione di intenti che prevedeva un articolato progetto relativo agli interventi in accordo con il Ministero di grazia e giustizia, sulla base di una esperienza pilota che avrebbe dovuto essere realizzata proprio nella nostra Regione. Questa esperienza aveva dato luogo ad un dibattito, non so se distratto anche quello come quello degli ultimi tempi o un po' più ascoltato. Era stato pubblicato un libretto con gli interventi, con le indicazioni di tutte le forze politiche che auspicavano una realizzazione certa e rapida di quei provvedimenti. Devo dire che avevo parlato a favore di quel provvedimento, ne condividevo le linee di fondo e auspicavo a nome del mio Gruppo qualche cosa di più che non la semplice dignità di stampa come succede per le tesi di laurea degne di nota, ma che poi restano nel cassetto del professore e nelle biblioteche degli studenti laureati.
Siamo d'accordo a che, sia pure con un finanziamento limitato (100 milioni sono in effetti pochi), si dia corpo ad un provvedimento che nelle linee essenziali condividiamo. La raccomandazione che vogliamo fare è che comunque questi interventi non siano sganciati da un disegno complessivo di intervento rispetto a tutti gli altri servizi di base presenti nelle varie zone, per evitare che si ripropongano forme di intervento specializzato e specialistico rispetto a chi o è già in carcere o rischia di entrarci che sono invece nella direzione opposta rispetto a tutta una linea di servizi generali che anche in questo campo si sono attivati.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato.
Art. l "Nell'intento di contribuire all'azione di prevenzione della devianza e della criminalità, nonché al recupero dei soggetti interessati da detti fenomeni, la Regione e gli Enti locali, nell'ambito della programmazione e del coordinamento regionale ed il collegamento con lo Stato, pongono in essere gli interventi che saranno ritenuti necessari nel settore, con riferimento sia ai soggetti sia alle situazioni ambientali.
Nell'azione di prevenzione del disadattamento sociale e nel porre in essere gli interventi volti al recupero dei soggetti minori di età, si applicano le norme di cui alla L.R. 23/8/1982 n. 20".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 30 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "La Giunta regionale provvede a sottoporre annualmente al Consiglio regionale, per l'approvazione, il programma di interventi di cui all'articolo precedente, sulla base delle linee programmatiche stabilite dal Consiglio per i settori disadattamento, devianza, criminalità".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 30 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "Per l'attuazione della presente legge è autorizzata per l'anno 1985 la spesa complessiva di lire 100 milioni.
Nello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1985 vengono conseguentemente istituiti appositi capitoli con le seguenti denominazioni: 'Contributi a Comuni per interventi su disadattamento, devianza e criminalità' e con lo stanziamento di lire 50 milioni in termini di competenza e di cassa; 'Contributi ad amministrazioni penitenziarie per collaborazione ad interventi su devianza e criminalità' e con lo stanziamento di lire 50 milioni in termini di competenza e di cassa.
Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge, per l'anno finanziario 1985, si fa fronte mediante una riduzione di pari ammontare dello stanziamento iscritto al capitolo n. 1850 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1985.
Per gli anni successivi si provvederà con la Legge di approvazione dei rispettivi bilanci.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 30 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Procediamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 30 Consiglieri L'intero disegno di legge è approvato.
La votazione di tale legge è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma del regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali

Esame p.d.l. n. 475: "Ristrutturazione dell'ex Preventorio Antitubercolare di Limone Piemonte - Contributo finanziario al Comune"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 45 dell'ordine del giorno: proposta di legge n. 475 presentata dai Consiglieri Ferro, Gastaldi, Giorsetti, Lombardi Martinetti, Quaglia, Turbiglio e Viglione: "Ristrutturazione dell'ex Preventorio Antitubercolare di Limone Piemonte - Contributo finanziario al Comune".
Relatore è il Consigliere Martinetti a cui do la parola.



MARTINETTI Bartolomeo, relatore

Si tratta di un provvedimento la cui preparazione risale a molti mesi addietro da quando, specialmente per iniziativa degli enti locali (Provincia di Cuneo, Comune di Limone e Comunità Montana), è emersa l'opportunità di utilizzare il compendio immobiliare ex preventorio antitubercolare di Limone, già di proprietà della Provincia di Alessandria in precedenza di proprietà della Croce Rossa Italiana, un complesso di cinque fabbricati in buono stato, eccezionalmente mantenuto bene anche durante i vari anni di non uso, che, per la posizione si prestano ad utilizzazione di carattere sociale. L'iniziativa che i Consiglieri provinciali della Provincia di Cuneo appartenenti a tutte le formazioni politiche hanno preso, ovviamente in accordo con la Giunta e con le comunità locali prima accennate, mira a far sì che il complesso possa essere utilizzato per finalità socio-assistenziali turistico-culturali ed è per questo che è necessaria una legge specifica in quanto, trattandosi di immobile proveniente da finalità sanitarie, deve essere trasferito ad una utilizzazione piú ampia confacente a certi programmi che gli enti locali hanno in progetto.
La spesa per la ristrutturazione supera il miliardo di lire circa secondo progetti che già sono stati in linea di massima elaborati.
Attraverso contatti con la Giunta, con il Presidente Viglione, con l'Assessore Bajardi, l'Assessore Mignone, si era ipotizzato un finanziamento regionale maggiore di quello previsto nella legge di 100 milioni; si era previsto un finanziamento di almeno 400 milioni nel primo anno da integrarsi ancora nell'anno successivo. L'ipotesi della Giunta era di utilizzare a questo fine i proventi che sono previsti per la cessione al Comune di Andora di uno stabile, ex colonia, di proprietà regionale.
Non essendosi potuto, per ragioni di carattere amministrativo e di bilancio, addivenire al finanziamento della legge sulla base di questa sopravvenienza che non è ancora completamente formalizzata, la I Commissione ha acconsentito allo stanziamento limitato di 100 milioni, con la raccomandazione che il prossimo Consiglio regionale tenga presente questo provvedimento, che di per sé è incompleto, che dovrà essere quindi rifinanziato affinché le finalità di questa legge vadano a buon fine come auspicano specialmente le popolazioni della vallata.



PRESIDENTE

Non ci sono richieste di intervento, passiamo quindi alla votazione del provvedimento.
Art. 1 "Per consentire la trasformazione del complesso edilizio di proprietà del Comune di Limone Piemonte - già adibito a preventorio antitubercolare - per un uso sociale di cui possano beneficiare tutti i cittadini della Regione l'amministrazione regionale contribuisce alla ristrutturazione del predetto complesso con l'importo di L. 100 milioni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "La trasformazione sarà effettuata dal comune di Limone Piemonte, ai fini di conservazione e valorizzazione dei beni, attribuiti all'USSL (Unità Socio Sanitaria Locale) n. 60, nel rispetto delle procedure previste dalla legge regionale 28/3/1983 n. 9".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "Il Comune di Limone Piemonte, in accordo con la Regione, utilizzerà il complesso edilizio, con i beni mobili e le attrezzature di pertinenza, per attività socio-ricreative-culturali e di soggiorno climatico, il Comune procede all'alienazione dei beni mobili e attrezzature di pertinenza del complesso eventualmente non compatibili con le attività che vi si svolgeranno, destinando il ricavato ad opere di realizzazione ed ammodernamento dei presidi sanitari dell'USSL di cui è parte".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "Le attività di cui all'articolo precedente possono essere gestite dal Comune di Limone Piemonte anche mediante altri organismi, che diano il necessario affidamento, fatta salva l'osservanza delle norme vigenti".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 "Il contributo della Regione Piemonte sarà concesso al Comune di Limone Piemonte a condizione che reperisca, anche tramite alti enti, gli ulteriori fondi necessari per la ristrutturazione edilizia del complesso".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 "Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di lire 100 milioni.
Al suddetto onere si fa fronte mediante riduzione di pari ammontare, in termini di competenza e di cassa, del capitolo n. 1000 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1985 e l'istituzione per lo stesso esercizio di apposito capitolo denominato 'Ristrutturazione dell'ex Preventorio antitubercolare di Limone Piemonte. Contributo finanziario al Comune', con lo stanziamento di lire 100 milioni in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame deliberazione Giunta regionale n. 157-42181: "Integrazione del piano dei siti ed adeguamento del piano stesso alle 'disposizioni per la prima applicazione dell'art. 4 del DPR n. 915/1982, concernente lo smaltimento dei rifiuti'. Deliberazione del 27 luglio 1984 del Comitato Interministeriale di cui all'art. 5 del DPR 10/9/1982 n. 915"


PRESIDENTE

Punto 41 all'ordine del giorno: "Esame deliberazione Giunta regionale u. 157-42181: 'Integrazione del piano dei siti ed adeguamento del piano stesso alla 'disposizioni per la prima applicazione dell'art. 4 del DPR n.
915/1982, concernente lo smaltimento dei rifiuti'. Deliberazione del 27 luglio 1984 del Comitato Interministeriale di cui all'art. 5 del DPR 10/9/1982 n. 915"'.
La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Avevamo approvato all'unanimità in Commissione questa delibera con l'unica osservazione che era stata accolta: che non ci sia uno sbilanciamento territoriale e cioè che i due siti da indicare nella Provincia di Torino non convergano verso la parte nord-orientale del Piemonte e quindi che ci sia una valutazione geograficamente articolata nell'insieme del Piemonte.



PRESIDENTE

L'Assessore concorda con la richiesta del Consigliere Villa. Metto quindi in votazione la deliberazione.
"Il Consiglio regionale Visto il DPR 10 settembre 1982, n. 915 'Attuazione delle direttive CEE n.
7.5/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi' entrato in vigore il 16/12/1982 vista la deliberazione del Consiglio regionale n.. 623-11250 del 22/12/1983 con la quale si approva il 'Piano di siti idonei allo smaltimento dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione e potabilizzazione, dei fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa e rifiuti solidi industriali non assimilabili agli urbani, ai sensi della legge regionale 22 giugno 1976 n. 31, art. 12' vista la deliberazione 27/7/1984 del Comitato Interministeriale di cui all'art. 5 del DPR 10/9/1982 n. 915 'Disposizioni per la prima applicazione dell'art. 4 del DPR 10/9/1982 n. 915, concernente lo smaltimento dei rifiuti' vista la proposta della Giunta regionale relativa all'integrazione del piano dei siti nonché all'adeguamento di quest'ultimo e delle sue integrazioni alle disposizioni statali citate premesso che nella citata deliberazione di approvazione del piano di siti si fa riferimento al DPR n. 915/1982 e che pertanto lo stesso, come viene anche stabilito dall'articolo 6, sesto comma, della legge regionale 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del DPR 10 settembre 1982, n. 915' approvata dal Consiglio regionale il 21 febbraio 1985, si configura come prima attuazione del DPR citato, in particolare laddove quest'ultimo: all'art. 6 lettera a), stabilisce che i piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti debbano prevedere, fra l'altro, le zone nonché le modalità di stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti ivi comprese le discariche controllate all'art. 6, lettera b), attribuisce alla Regione il compito di individuare le zone idonee nelle quali realizzare gli impianti di trattamento e/o stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti considerato che nel piano di siti vengono individuate 14 aree puntuali in corrispondenza delle quali realizzare discariche dei rifiuti non assimilabili agli urbani tenuto conto comunque che in relazione alla maggior parte dei siti delimitati dal piano non sono state finora avanzate proposte da parte dei soggetti interessati mentre per contro sono state inoltrate alcune domande di autorizzazione per installare e gestire discariche di rifiuti speciali ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi in corrispondenza di aree non comprese nel citato piano di siti valutata l'opportunità di tenere attualmente in considerazione, per i motivi citati nei punti precedenti, domande relative a discariche ubicate in aree non comprese nel piano di siti, sulla base anche del fatto che comunque i siti del piano hanno già una destinazione individuata e potranno essere utilizzati in futuro a fini di smaltimento finale di rifiuti speciali ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi, in sede di applicazione del DPR n. 915/82 richiamata la possibilità di integrare il piano di siti mediante l'individuazione di nuove aree con le procedure di cui all'art. 12 della L.R. 22/6/1979 n. 31, come esplicitamente previsto nella deliberazione del Consiglio regionale di approvazione del piano stesso e, dopo l'entrata in vigore della legge regionale 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del DPR 10 settembre 1982, n. 915' approvata dal Consiglio regionale il 21 febbraio 1985, con le procedure previste nell'art. 6, quinto comma, della suddetta legge sottolineata in generale la necessità che a tempi brevi vengano realizzate in Piemonte discariche per rifiuti speciali, ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi, che si configurino come prestazione di servizi od attività in conto terzi, al fine di evitare la proliferazione di iniziative singole e concentrare in grandi impianti, piú correttamente progettati realizzati e gestiti e controllabili con piú facilità, la collocazione dei rifiuti suddetti, in carenza attualmente di concrete possibilità di riutilizzo e riciclo per la maggior parte di essi tenuto conto inoltre che nelle disposizioni statali, deliberazione 27/7/1984 del Comitato Interministeriale, già citate: a) vengono stabiliti i criteri di classificazione dei rifiuti speciali in tossici e nocivi b) vengono classificate le discariche di rifiuti nel modo qui di seguito sinteticamente riportato: discariche di prima categoria per rifiuti urbani e assimilabili agli urbani discariche di seconda categoria, tipo A, per rifiuti inerti discariche di seconda categoria, tipo B, per rifiuti speciali e debolmente tossici e nocivi discariche di seconda categoria, tipo C, per rifiuti speciali tossici e nocivi discariche di terza categoria per rifiuti altamente tossici e nocivi sottolineato che l'applicazione del citato piano di siti non riguarda le discariche di prima categoria e quelle di seconda categoria, tipo A valutato inoltre che la realizzazione e la gestione di discariche di terza categoria è subordinata alla verifica ed al rispetto di condizioni particolarmente severe, che rendono estremamente improbabile la realizzazione di questi impianti in Piemonte, e che comunque la loro realizzazione deve essere subordinata ad un'accurata scelta del sito ed alla verifica dell'assenza di soluzioni alternative per lo smaltimento dei rifiuti particolarmente tossici rilevato pertanto che lo smaltimento in discarica dei rifiuti speciali, ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi può avvenire in pratica, allo stato attuale, solo in discariche di seconda categoria tipo B e tipo C e che quindi alla realizzazione di questi impianti sono destinati i siti indicati nel citato piano regionale rilevata inoltre la necessità che, in attesa dei piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 6 del DPR 915/1982, le discariche di seconda categoria, tipo C, possano essere realizzate esclusivamente in corrispondenza di aree individuate nel piano dei siti approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 623-11250 del 22/12/1983 e sottolineato anzi che è indispensabile che il loro numero venga inizialmente limitato, in assenza di dati oggettivamente certi, sui quantitativi e sulle caratteristiche dei rifiuti speciali, ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi prodotti in Piemonte, la cui disponibilità è subordinata all'istituzione ed alla gestione del catasto regionale dei rifiuti previsto dagli articoli 2 e 3 della legge regionale 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del DPR 10 settembre 1982 n. 915' approvata dal Consiglio regionale il 21 febbraio 1985 considerato che per i motivi sopraesposti le discariche di seconda categoria, tipo C debbano essere attuate inizialmente sull'intero territorio piemontese, in numero di sei e precisamente: due nella provincia di Novara e/o di Vercelli due nella provincia di Torino una nella provincia di Alessandria e /o di Asti una nella provincia di Cuneo nell'intesa che l'individuazione delle suddette discariche debba avvenire anche sulla base delle domande che i soggetti interessati devono presentare ai sensi del DPR 915/1982, mediante l'autorizzazione prevista dal suddetto Decreto e nel rispetto delle procedure fissate nella legge regionale citata al punto precedente sottolineato altresì che fra le condizioni poste nelle disposizioni statali per l'ubicazione delle discariche di tipo C ve n'è una relativa alla distanza di sicurezza, fissata in almeno 2000 metri dai centri abitati esistenti e da quelli previsti dagli strumenti urbanistici vigenti od adottati, fatte salve diverse e motivate disposizioni della Regione e ritenuto che per le aree individuate nel piano di siti possa essere ammessa la deroga rispetto alla distanza di sicurezza, valutati i vincoli ed i limiti che hanno condotto alla scelta delle aree suddette e che sono ampiamente illustrati nel piano rilevata pertanto l'opportunità di integrare il piano di siti, con l'inserimento di ulteriori aree per installare e gestire discariche di seconda categoria tipo B, in attesa dei pianti regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti previsti nell'art. 6 del DIR 915/82 e richiamati nell'art. 5 della legge regionale già citata, al verificarsi delle seguenti condizioni : 1) avvenuta presentazione di domande di autorizzazione, in base al DPR n.
915, per installare e gestire discariche di rifiuti speciali, ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi che si configurino come prestazione di servizi o attività in conto terzi 2) assenza o carenza di strutture alternative per lo smaltimento finale dei rifiuti suddetti e contemporanea presenza di una loro notevole produzione negli ambiti territoriali gravitanti intorno alle aree oggetto delle domande di autorizzazione di cui al punto precedente 3) valutazione positiva, in sede di istruttoria, degli elaborati tecnici prodotti a corredo delle suddette domande da parte degli uffici regionali a ciò preposti, alla luce della normativa vigente rilevata altresì la necessità di adeguare l'applicazione del piano di siti e delle sue integrazioni alle disposizioni statale citate sentita la competente Commissione consiliare delibera 1) che il 'Piano di siti idonei allo smaltimento finale dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione e potabilizzazione, dei fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa e rifiuti solidi industriali, non assimilabili agli urbani, ai sensi della legge regionale 22 giugno 1979 n. 31, art. 12' approvato dal Consiglio regionale con deliberazione n. 623-11250 del 22/12/1983, possa essere integrato, per i motivi descritti in premessa, mediante l'individuazione di nuove aree per installare e gestire discariche per rifiuti speciali, ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi esclusivamente di seconda categoria, tipo B, alla luce delle 'Disposizioni per la prima applicazione dell'art. 4 del DPR n. 915/1982 concernente lo smaltimento dei rifiuti' Deliberazione 27/7/84 del Comitato Interministeriale di cui all'art. 5 del DPR 10/9/1982 n. 915.
Ogni integrazione del piano di siti deve essere approvata secondo le procedure di cui all'art. 12 della L.R. n. 31/1979 e, dopo l'entrata in vigore della legge regionale 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del DPR 10 settembre 1982 n. 915' approvata dal Consiglio regionale il 21 febbraio 1985, secondo le procedure previste nell'art. 6, quinto comma, della suddetta legge, ed subordinata al verificarsi delle seguenti condizioni: 1) avvenuta presentazione di domande di autorizzazione, in base al DPR n.
915, per installare e gestire discariche di rifiuti speciali, ad esclusione degli inerti e tossici e nocivi, che si configurino come prestazione di servizi o attività in conto terzi 2) assenza o carenza di strutture alternative per lo smaltimento finale dei suddetti rifiuti e contemporanea presenza di una loro notevole produzione negli ambiti territoriali gravitano intorno alle aree oggetto delle domande di autorizzazione di cui al punto precedente 3) valutazione positiva, in sede di istruttoria, degli elaborati tecnici prodotti a corredo delle suddette domande da parte degli uffici regionali a ciò preposti, alla luce della normativa vigente.
La possibilità di integrare il piano di siti, al verificarsi delle condizioni suddette, e da ritenersi valida fino all'approvazione dei piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti previsti all'art. 6 del DPR n. 915/82 e richiamati all'art. 5 della legge regionale 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti in attuazione del DPR 10 settembre 1982 n. 915' approvata dal Consiglio regionale il 21 febbraio 1985 2) che alla luce inoltre delle disposizioni statali citate e del fatto che in esse, fra l'altro: vengono stabiliti i criteri di classificazione dei rifiuti speciali in tossici e nocivi vengono classificate le discariche in modo tale che l'applicazione del piano dei siti riguarda esclusivamente le discariche di seconda categoria tipo B (per rifiuti speciali e debolmente tossici e nocivi) e tipo C (per rifiuti speciali e tossici e nocivi) le discariche di tipo C, in attesa dei piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti, di cui all'art. 6 del DPR n.
915/82, possano essere realizzate solo nell'ambito dei siti indicati nel piano, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 623-11250 del 22/12/83 e che, in assenza di dati certi e inequivocabili, relativi ai quantitativi ed alle caratteristiche dei rifiuti speciali, ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi prodotti in Piemonte, la cui disponibilità è subordinata all'istituzione ed alla gestione del catasto regionale dei rifiuti previsto dagli articoli 2 e 3 della legge regionale 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti in attuazione del DPR 10 settembre 1982, n. 915' approvata dal Consiglio regionale il 21 febbraio 1985, le discariche di seconda categoria, tipo C', debbano inizialmente essere attuate sull'intero territorio piemontese in numero di sei di cui : due nella provincia di Novara e/o di Vercelli due nella provincia di Torino una nella provincia di Alessandria e/o Asti una nella provincia di Cuneo nell'intesa che l'individuazione delle suddette discariche debba avvenire anche sulla base delle domande che i soggetti interessati devono presentare ai sensi del DPR n. 915/1982, mediante l'autorizzazione prevista dal suddetto decreto e nel rispetto delle procedure fissate nella legge regionale citata l'installazione e la gestione di discariche di seconda categoria, tipo C possono essere autorizzate pertanto nel rispetto dei criteri fissati nella presente deliberazione, secondo le procedure stabilite nel DPR n. 915/82 e nella legge regionale citata.
In relazione alla limitazione, contenuta nelle disposizioni statali relativa all'ubicazione delle discariche di tipo C, da realizzarsi cioè ad una distanza di sicurezza di almeno 2000 metri dai centri abitati esistenti e da quelli previsti dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati, fatte salve diverse e motivate disposizioni della Regione, viene ammessa una deroga alla limitazione suddetta, per i siti individuati nel piano dei siti di cui sopra, valutati i vincoli ed i limiti che hanno condotto alla scelta delle aree suddette e che sono ampiamente illustrati nel piano stesso.
Nelle aree restanti del piano pertanto, ed in quelle individuate in base a successive integrazioni possono essere realizzate esclusivamente discariche di seconda categoria, tipo B.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 33 voti favorevoli e 1 astensione.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame deliberazione n. 88-40666: "Definizione delle tariffe minime e massime per i servizi di fognatura a carico dei titolari di insediamenti produttivi"


PRESIDENTE

Punto 26 dell'ordine del giorno: "Esame deliberazione n. 88-40666: 'Definizione delle tariffe minime e massime per i servizi di fognatura a carico dei titolari di insediamenti produttivi"'.
E' una deliberazione licenziata a maggioranza dalla VII Commissione.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Ci stiamo muovendo fuori da ogni norma del regolamento. Stiamo violando il regolamento.



PRESIDENTE

Non stiamo violando le norme regolamentari. Mi rendo conto dell'esigenza da lei espressa, ma non è stato violato il Regolamento perch il punto è iscritto all'ordine del giorno da una settimana. Ho chiesto se potevamo votarlo, mi avete dato la vostra conferma. Voi sapete che per le deliberazioni non è prevista la discussione generale, la relazione e la replica; di solito esse vengono poste in votazione così come sono licenziate dalla Commissione. Chiedo di non fare queste dichiarazioni perché la Presidenza non le può accettare.



BRIZIO Gian Paolo

Presidente, mi consenta di non aprire questa polemica. Stiamo svolgendo delle sedute di Commissioni pendente la seduta in aula il che è contro il regolamento.



PRESIDENTE

Non c'è nessuna norma che prescrive questo.
La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Per quanto riguarda il Gruppo D.C. credo di interpretare anche il pensiero del Gruppo P.L.I., votiamo contro a questo provvedimento in particolare perché l'aumento delle tariffe sugli scarti industriali non ci sembra adeguato.



PRESIDENTE

Metto in votazione la deliberazione.
"Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale n. 88-40666 del 29 gennaio 1985 recante 'Legge n. 319/1976 - artt. 16 e 17 - D.C.R.P. 24 maggio 1979 n. 469 - Definizione delle tariffe minime e massime per i servizi di fognatura e depurazione a carico dei titolari di insediamenti produttivi Proposta al Consiglio regionale' vista la relazione allegata alla presente deliberazione sentito il parere della Commissione consiliare competente delibera di approvare i nuovi massimali di cui alla tab.1 e tab. 2 dell'allegato A) della deliberazione del Consiglio regionale 24/5/1979 n. 469, per la determinazione delle tariffe relative al servizio di raccolta allontanamento e depurazione delle acque reflue provenienti dagli insediamenti produttivi (così come previste dall'art. 17 della L. 10.5.1976 n. 319, così determinati: 1) i massimali di cui alla tab. 1 e tab. 2 dell'allegato A) della delibera del Consiglio regionale del Piemonte 24/5/1979 n. 469, così come modificati con gli aumenti percentuali con deliberazione della Giunta regionale con i poteri del Consiglio, n. 2-16964 del 30/6/1982, sono da considerarsi come 'limite minimo' per la determinazione delle singole tariffe per le categorie di utenze diverse da quelle 'civili', cosi come previsto dall'art. 17 bis secondo comma della legge n. 319/1976 come integrata con legge 23/4/1981, n. 153.
2) Il 'limite massimo' alle predette tariffe è determinato con l'applicazione alle tab.1 e 2 dell'allegato A) della citata deliberazione del Consiglio regionale n. 469/79 così come modificata con l'applicazione degli aumenti percentuali di cui alla citata deliberazione della Giunta regionale del 30/6/1982 n. 2-16964, delle percentuali di aumento così ripartite: a) Servizi di fognatura fino ad un volume di scarico di mc 100.000 aumento 10 per cento da un volume di scarico di mc 100.001 mc 500.000 aumento 20 per cento da un volume di scarico di mc.500.001 a mc 5.000.000 aumento del 40 per cento da un volume di scarico di mc. 5.000.001 a me. 50.000.000 aumento 80 per cento oltre mc 50.000.001 aumento 120 per cento b) Servizio di depurazione fino ad un volume di scarico di mc 50.000.000 aumento 100 per cento oltre mc 50.000.001 aumento 200 per cento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 23 voti favorevoli e 19 contrari.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Esami progetti di legge nn. 134 e 386: "Diritto allo studio - Modalità per l'esercizio delle funzioni di assistenza scolastica attribuite ai Comuni a norma dell'art. 45 del DPR 24 luglio 1977, n. 616, ed attuazione dei progetti regionali"


PRESIDENTE

Punto 31 all'ordine del giorno: "Esame progetti di legge un. 134 e 386: 'Diritto allo studio - Modalità per l'esercizio delle funzioni di assistenza scolastica attribuite ai Comuni a norma dell'art. 45 del DPR 24 luglio 1977, n. 616, ed attuazione dei progetti regionali'".
Ha ora la parola la relatrice signora Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, la VI Commissione ha terminato i lavori nel settore dell'assistenza scolastica e del diritto allo studio.
E' giunta alla formulazione di un testo unificato, partendo dalla proposta presentata dal Gruppo della D.C., dal disegno di legge della Giunta regionale, dalla proposta di legge di iniziativa degli Enti locali e recependo gli approfondimenti ed i suggerimenti derivati dalle discussioni e puntualizzazioni avvenute in Consiglio regionale in più occasioni e durante le consultazioni, svolte sul territorio, nelle province piemontesi.
Il lavoro di confronto non è stato semplice, per un insieme di difficoltà che la materia presenta.
Innanzitutto le perplessità avanzate da alcune forze politiche sulla legittimità o perlomeno sull'opportunità di legiferare su funzioni amministrative attribuite ai Comuni (nonostante l'esplicita previsione dell'art. 45 del DPR n. 616 di una legge regionale del settore), anche di fronte al fatto che i Comuni impiegano quote consistenti dei loro bilanci per attuare la politica del diritto allo studio ed i finanziamenti regionali costituiscono quote importanti ma non determinanti nel costo dei servizi.
In secondo luogo la mancanza di una legge quadro nazionale che indichi le linee generali entro cui le Regioni possono muoversi permettendo certezza di diritto e quindi chiarezza di posizioni.
I testi confrontati sono diversi fra di loro: quello del Gruppo della D.C., volto a rispondere prioritariamente alle esigenze fondamentali di chi ha bisogno, a rendere possibili i servizi assistenziali ed a sottolineare la parità degli alunni delle scuole statali e non statali; quello della Giunta, attento ad unire erogazione di servizi ed attività di formazione culturale, destinando i primi agli alunni delle scuole pubbliche e private e gli interventi di qualificazione, prioritariamente, alla scuola pubblica statale e degli Enti locali, estensibili alle istituzioni scolastiche private senza fini di lucro, sulla base di intese con i Comuni.
Entrambe hanno alle spalle normative statali che hanno sciolto problemi su cui a lungo si era discusso nella passata legislatura: le funzioni amministrative relative alla materia sono, dal DPR n. 616, attribuite al Comune che diventa momento di raccordo per gli organi collegiali l'assistenza medico-psichiatrica e le attività di sostegno agli handicappati sono svolte dagli operatori delle UU.SS.SS.LL., in base alla legge statale 3 dicembre 1978, n. 833.
Da parte di tutti la consapevolezza della necessità di una distinzione di compiti e di competenze: gli Enti locali possono rafforzare le funzioni degli organi collegiali non fondarne il ruolo e l'identità, e contemporaneamente di momenti di raccordo e di occasioni di interazione in cui il passaggio continuo tra informale e formale - che dovrebbe, secondo Asor Rosa, costituire il circuito fecondo tra gli stimoli molteplici dell'ambiente o meglio come dice Argan "del contesto storico" e la chiarificazione concettuale propria della scuola - sia facilitato e reso più ricco e denso di significati e sollecitazioni.
Da parte di tutti la consapevolezza che sul diritto allo studio sembrano scaricarsi contraddizioni che risalgono a nodi istituzionali e politici complessi e non ancora risolti, a nuove situazioni di fatto da cui nascono domande insoddisfatte e frustrazioni crescenti: da un lato oltre la legge quadro la richiesta di una legislazione riformatrice e di un chiarimento dei ruoli istituzionali: riforma dell'amministrazione, del Ministero, ridefinizione delle competenze degli organi collegiali, anche alla luce del dibattito in corso sulla riforma istituzionale e della revisione del concordato; dall'altro lato: l'emergere di esigenze sorte dal calo demografico che, comporta riconversioni, difficili da attuarsi, di uomini e strutture l'apparire di nuove tecnologie che il mondo del lavoro impone a cui devono rispondere nuove didattiche pena la dequalificazione della scuola e la sua emarginazione l'allargamento della domanda, sollecitata anche da novità apprezzabili introdotte a livello centrale, come il tempo prolungato, che si scontra con l'aggravarsi della situazione economica di vasti strati sociali e la stretta finanziaria che incide sul taglio dei servizi.
Da parte di tutti, infine, la consapevolezza che sul diritto allo studio si ripercuote, in modo surrettizio, la mancata soluzione di un problema delicato quale quello del rapporto tra privato e pubblico, che ha implicanze addirittura di natura costituzionale e concordatoria, problema che deve trovare soluzioni in altre sedi legislative e in tempi brevi, se non vogliamo continuare a giocare con sottili distinzioni concettuali, a rievocare la Costituzione ed i dibattiti da cui è nata e le intenzioni di chi l'ha scritta, vantando ognuno l'esegesi più autentica. Senza precise norme di legge sarà difficile uscire dall'ambiguità, dalle contrapposizioni, dalle tensioni.
Affrontando una problematica così articolata e contraddittoria, ogni forza politica avrebbe potuto, appellandosi ai principi che la ispirano alle ideologie che la sostanziano, rimanere chiusa in essi, ognuna nelle proprie weltanschaung, strutture totalizzanti ed irrelate, se la cogliamo nella loro individualità così ricche di motivazioni ideali, di approfondimenti culturali, ma così gravate da sedimenti di contrasti antichi e recenti, legate come sono al farsi dalla stessa struttura unitaria italiana, alle grandi vicende storiche, alle trasformazioni sociali e politiche e culturali che il nostro paese ha attuato.
Le diversità di principio esistono, ed hanno la loro validità e durezza, che solo un grande confronto culturale e politico può verificare e reimpostare, un confronto che abbia la capacità di uscire dai confini angusti e senza respiro di alcune polemiche, il coraggio e l'onestà intellettuale di capire lo scenario nuovo in cui possono e devono porsi i problemi, la volontà di tener conto che molti cambiamenti sono avvenuti e si sono modificati elementi strutturali che impediscono di riproporre, nei termini usuali, antiche contese.
Non è questa la sede, non avendo a disposizione tutte le leve di possibile intervento, che solo l'ambito legislativo parlamentare offre.
Si è preferito, in Commissione, scendere sul terreno concreto amministrativo e, in attesa della legge quadro, delineare un ambito certo di riferimenti, tenendo presenti tre elementi fondamentali di orientamento: A) Riconoscere l'esistenza dei diritti soggettivi degli alunni.
B) Avvertire la necessità di superare la stessa logica del 616, che per quanto positiva per la sua visione evolutiva della norma costituzionale presenta ancora alcuni caratteri assistenziali, riflesso di fasi storiche precedenti; non coglie che gli squilibri, che pure esistono nel diritto allo studio, si collocano all'interno di una avvenuta scolarizzazione di massa, che comporta un approccio più ampio agli stessi temi dell'accesso: si tratta di garantire insieme la domanda di istruzione e livelli formativi qualitativamente elevati: in questa luce si sono superati i possibili contrasti sulla priorità dei servizi di accesso o della qualificazione perché in una società avanzata come quella piemontese non possono essere cose diverse e radicalmente separate.
C) Constatare che di fatto il DPR 616 è stato in molti casi superato dall'azione degli enti locali e dalla legislazione regionale quando usando gli artt. 42 e 45 del DPR in stretta connessione con altri profili contenuti nello stesso decreto (orientamento scolastico e professionale formazione continua, collaborazione tra Regione, Enti locali e Stato per l'uso di attrezzature scolastiche - artt. 35, 38 - attività di promozione educativa e culturale da parte della Regione, Enti locali, istituzioni artt. 47, 48), collegandosi alle aperture presenti nella legislazione scolastica (L. 412/74, L. 820/71, L. 970/75, L. 517/77) e rispondendo alle sollecitazioni nuove presenti nella domanda educativa, questi Enti hanno esteso gli interventi ad esempio alla scuola materna, per scelta culturale e politica, scelta largamente acquisita, ma ancora da legittimare sotto il profilo legislativo ed economico-finanziario, o hanno individuato la scuola secondaria superiore come un nuovo determinante campo di intervento, nodo cruciale in cui si addensano, le maggiori contraddizioni e si misurano più nettamente la volontà riformatrice e la capacità di cogliere il nuovo: ecco, allora, nel nostro caso, per le politiche del diritto allo studio determinarsi problemi di accesso e di integrazione con l'insieme del sistema formativo, con gli strumenti e le occasioni culturali offerte dal complesso della società piemontese: il sistema delle biblioteche, dei musei, del patrimonio dei beni culturali, dei parchi; delle strutture teatrali e di quelle scientifiche e di ricerca.
Da qui il tentativo, pur nei limiti di incertezza e provvisorietà, dovuti a carenze legislative nazionali, di andare oltre una legislazione, chiusa sulle tipologie dei servizi, sulle forme di accesso, sui destinatari, che ha presentato il rischio della settorializzazione, ed è apparsa tesa soltanto a specificare e razionalizzare i vari tipi di intervento; il tentativo di delineare ed impostare una politica che cerchi di avvicinare e raccordare momenti ed iniziative diverse e che, offrendo opportunità comuni a tutti, permetta, da una parte, di potenziare il ruolo programmatorio della Regione e degli Enti locali (dopo un periodo in cui si è oscurato specie nei Comuni minori, spesso isolati dal dibattito culturale e meno attrezzati a proporre o a sintetizzare proposte altrui) e dall'altro di costituire un circuito di idee ed esperienze in grado di coinvolgere tutti e di far maturare da parte di tutti nel contatto, nello scambio reciproco e nell'impegno di lavoro, capacità critiche di confronto e di arricchimento personale: su questa impostazione già opera la Regione quando ad esempio ogni anno offre la possibilità agli alunni di tutte le scuole, statali e non statali, di partecipare ai concorsi per i viaggi culturali ai campi di concentramento o al Parlamento Europeo.
La programmazione spetta al pubblico, ma spetta anche al pubblico garantire parità di risposta a parità di bisogno.
Terza importante direttiva seguita è stata quella di richiedere ai destinatari degli interventi di contribuire alla copertura finanziaria dei costi, a seconda delle proprie condizioni economiche, sulla base di fasce di reddito, quindi di contribuzione e di esenzione, individuate dai Comuni ben sapendo che è fondamentale difendere e sviluppare i servizi, ma che non si può responsabilmente richiedere tutto all'Ente locale: certo, intorno a questo nodo si profila un interrogativo di fondo su cui sarebbe opportuno fermarsi più a lungo: quale ruolo, quale significato e funzione attribuire alle politiche sociali in una fase di crisi? Questi, rapidamente, i problemi che la Commissione ha affrontato nel formulare una legge che giudica valida in questa fase transitoria, in attesa dell'emanazione della legge quadro e delle altre leggi di riforma del settore scolastico e culturale.
E' una legge che: 1) dà certezza di procedure 2) valorizza i Comuni nel loro ruolo programmatorio 3) sottolinea il coinvolgimento degli organi collegiali 4) spinge la scuola ad una più stretta interconnessione con il territorio 5) specifica gli interventi di assistenza ma tende a superare il concetto di mera assistenza per giungere ad una dimensione più ampia di diritto allo studio 6) considera gli alunni come i destinatari degli interventi e perciò stesso prescinde da ogni dimensione ideologica.
Forse la vera laicità sta proprio in questo atteggiamento: lavorare come abbiamo fatto sui dati concreti, pensando che i problemi veri siano, in questo momento, per questo settore, di altro tipo, rispetto ad una eventuale riproposizione di polemiche tra pubblico e privato: la riforma dell'amministrazione del Ministero pubblica istruzione, degli organi collegiali, una scuola secondaria finalmente rinnovata.
La legge è così articolata: L'art. 1 definisce l'oggetto della legge e ne sottolinea la provvisorietà "fino all'emanazione della legge quadro nazionale".
L'art. 2 contiene le finalità.
L'art. 3 prevede gli interventi distinti in due tipologie: a) rivolte a facilitare l'accesso e la frequenza; b) a favorire la qualificazione del processo educativo.
L'art. 4 individua i destinatari negli alunni delle scuole statali e non statali.
L'art. 5 prevede la contribuzione degli utenti sulla base del reddito.
L'art. 6 sottolinea i compiti della Regione tra cui in particolare la funzione di indirizzo per coordinare il settore dell'assistenza scolastica con quello dei trasporti e della sanità.
L'art. 7 stabilisce i criteri di riparto, destinando la quota più rilevante ai trasporti, e privilegiando la scuola dell'obbligo.
L'art. 8 prevede i progetti regionali.
L'art. 9 precisa i compiti dei Comuni, tenuti a garantire la parità degli alunni in eguale condizioni di bisogno.
L'art. 10 richiama le funzioni dei Consigli scolastici distrettuali.
L'art. 11 prevede il finanziamento.
La Commissione ha licenziato la presente legge e ne raccomanda l'approvazione da parte del Consiglio.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale. Ha chiesto la parola il Consigliere Gerini. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Ho l'impressione che i Gruppi non presenti in VI Commissione non abbiano avuto la possibilità di leggere la relazione di questa legge Moretti, infatti ne veniamo a conoscenza appena adesso ascoltandola dal relatore.
E' l'unificazione del ddl della Giunta n.386 e della proposta n. 134 a firma Paganelli ed altri. Non ci entusiasma anche perché ha avuto un iter defatigante in Commissione. Vede di fatto un compromesso che non modifica il problema di fondo.
Dopo l'entrata in vigore del DPR 616 alcune Regioni hanno legiferato in materia di diritto allo studio rendendolo effettivo così come è previsto all'art. 4 del nostro Statuto, ispiratosi a sua volta all'art. 33 della Costituzione.
Se la Regione Piemonte nella materia era inadempiente, lo rimane ancora oggi perché la legge che si vuole approvare, pur dando una generica certezza, non crea le condizioni per un mutamento concreto dell'attuale realtà, che non è in grado di sopperire ai grandi bisogni che provengono dalla domanda di assistenza scolastica. E' pertanto una normativa transitoria in attesa della legge quadro che non arriverà fintantoché non sarà ultimata la riforma scolastica che vede le forze politiche alquanto divise. Questa legge di fatto va incontro ai piccoli Comuni dove sono predominanti le spese del trasporto (la percentuale è calcolabile intorno al 50 per cento se è vero come è vero che esse sono state finora di 15 miliardi sui 31 spesi).
Dobbiamo dire che in questi centri esiste solo la scuola pubblica in quanto le scuole private o le scuole non statali sono caratteristica precipua delle grosse e medie città, specialmente del centro-nord d'Italia dove la frequenza è lievitata dopo il travaglio che la scuola pubblica ha subito negli anni della contestazione studentesca fra il 1968 ed il 1978 soprattutto nelle grandi città, quando scioperi ed assemblee creavano confusione e perdite di ore di lezioni.
C'è stato anche il diffondersi della droga in primis nelle scuole statali che ha coinvolto dopo anche le scuole non statali. L'unica novità rispetto all'esistente ci può venire in maniera più formale che sostanziale dall'articolo che prevede i progetti regionali, la cui spesa, ammessa la bontà dei progetti stessi, è poca cosa se si pensa che la percentuale del 4 per cento porta ad una spesa di circa 1 miliardo.
Approviamo le modifiche concordate riguardanti i compiti dei Comuni che primieramente poteva supporsi avessero la facoltà di intervenire nella gestione del programma scolastico e nella didattica. Nella nuova stesura all'art. 10, viene dato maggior spazio agli organi scolastici distrettuali e quindi c'è una maggior garanzia a che la scuola pubblica mantenga la caratteristica di scuola libera con minori condizionamenti o strumentalizzazioni. Vorremmo che gli enti locali, ai quali prioritariamente compete la gestione delle strutture e dei servizi necessari al buon funzionamento delle scuole, evitassero la tentazione di operare parallelamente o concorrenzialmente con le istituzioni statali e non statali riconosciute.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, su questo problema più volte durante questa legislatura abbiamo richiamato l'attenzione del Consiglio con ordini del giorno, interrogazioni. Ogni volta che ci è stato offerto il destro abbiamo richiamato la Regione al dovere fissato dalla legge dello Stato, e cioé al DPR 616, di provvedere con legge regionale a stabilire le modalità attraverso cui i Comuni esercitano la funzione loro attribuita di assistenza scolastica.
La nostra proposta di legge in materia è del 29 luglio 1981 e, mentre ci rammarichiamo che ci siano voluti tanti anni e tante sollecitazioni da parte nostra per arrivare in zona Cesarini a questo traguardo, esprimiamo la soddisfazione che finalmente a questo si è arrivati e si è arrivati attraverso l'unificazione della nostra proposta con una proposta della Giunta regionale ed attraverso un lungo e approfondito dibattito in una sotto commissione prima e nella Commissione competente poi.
Che cosa voleva la D.C. con la sua proposta di legge è stato chiaramente detto dalla collega Ariotti nella sua ampia, lucida e molto onesta relazione.
La proposta del Gruppo della D.C. era volta a rispondere prioritariamente alle esigenze fondamentali di chi ha bisogno, a rendere possibili i servizi essenziali ed a sottolineare la parità degli alunni delle scuole statali e non statali.
Fermandoci alle prime due finalità della proposta, si ha l'impressione che da qualche parte siano giudicati dei fini un po' retro, un pò: vetero.
Nella cosiddetta società avanzata (che è sempre avanzata salvo quando abbiamo qui le schiere dei disoccupati o dei cassintegrati) parlare di "rispondere alle esigenze fondamentali di chi ha bisogno e rendere possibili i servizi essenziali" sia cadere in un assistenzialismo di vecchia maniera assolutamente inconcepibile nel 1985. Sul piano concettuale è questo il punto fondamentale in cui si sono opposte le due proposte di legge, le due concezioni che sono emerse molto chiaramente dalla relazione tra chi ritiene che sia un dovere della Regione, un modesto compito compiti modesti che se fossero tutti assolti bene la nostra vita sociale sarebbe più ordinata e più pulita invece di inseguire delle chimere, delle idee grandiose, elevate, fantasiose ma che a volte non si possono raggiungere perché mancano i mezzi e le competenze per farlo.
Anche il richiamo alla Costituzione ed allo Statuto regionale "operare per rendere effettivo il diritto allo studio" è un compito più ampio di quello che intendevamo raggiungere con questa legge, legge di esplicazione di modalità con cui i Comuni adempiono a un dovere loro affidato dal DPR 616.
Rimuovere gli ostacoli al diritto allo studio, può essere fatto con mille iniziative da parte degli enti locali a cominciare dallo Stato e poi delle Regioni e degli Enti locali. Non è meno nobile o meno dignitoso se la Regione si occupa di fare bene anche quell'altra più modesta attività di cui parlavo prima.
Sul piano tecnico avevamo presentato una legge molto più elaborata ed articolata, magari persino in eccesso (ed eravamo ovviamente disponibili ad ogni correzione di questa eccessiva puntigliosità di determinazione di adempimenti) perché lo scopo che avevamo era quello di mettere in mano ai Comuni uno strumento che li guidasse, li orientasse, che creasse certezze sia per i Comuni che per gli utenti, le famiglie e gli alunni, nell'ambito della funzione dell'assistenza scolastica. Il collega Gerini dice che questa legge avrebbe raggiunto in parte questo scopo, ha parlato di generiche certezze (é un po' difficile capire come le certezze possano essere generiche). Comunque questo fine, parzialmente sarebbe stato raggiunto ed è per questo che siamo soddisfatti di questa legge.
Ci sono state le consultazioni, abbiamo sentito nelle varie zone del Piemonte molto interesse da parte di tutti gli enti, le associazioni, le autorità scolastiche, i rappresentanti degli organi collegiali su queste problematiche. Ci siamo resi conto successivamente delle buone ragioni addotte dall'Assessore, dalla Giunta e dalle altre forze politiche, circa la transitorietà di questo momento in cui la scelta per una legge più snella, più di orientamento e meno puntigliosamente articolata poteva essere migliore. Abbiamo accettato la logica dei progetti regionali anche se, secondo noi, sono fuori dalla logica di questo provvedimento e sono al di là della logica del DPR 616. La collega Ariotti dice nella sua relazione che bisogna superare la logica del DPR 616. Le logiche delle leggi vigenti si devono sempre superare, probabilmente si tratta di vedere come e in che forma.
L'Assessore Bajardi afferma la volontà di essere esecutore delle normative e delle leggi, ma, prima di superarle si dovrebbero applicare nella loro linearità. Sul discorso sulla priorità o meno ai servizi di accesso, siamo sì noi per la priorità assoluta ai servizi di accesso perch se alla scuola non si può andare è inutile parlare di tutti gli altri problemi, compresi quelli della qualificazione della scuola che, tra l'altro, è un problema che non tocca noi, ma tocca lo Stato.
La priorità dei servizi di accesso esiste, esiste nella nostra Regione pur in questo clima dove sembrerebbe che non ci siano più condizioni di bisogno, esistono i bisogni primordiali, i bisogni primari. Ci sono ancora alunni di montagna che impiegano due ore ogni mattina per andare a scuola.
Bisogna che questo sacrificio pesante lo facciano in condizioni il più possibile lievi per essere messi in condizione di parità con gli altri di altre zone.
Ci sono i figli dei lavoratori che per ragioni di lavoro non possono assisterli durante l'ora del pasto e che hanno bisogno delle mense. Se non vado errato il Consiglio regionale non molti mesi fa, ha approvato degli stanziamenti per pagare le bollette della luce a nostri concittadini piemontesi. Allora sarà forse il caso di ricordare che una volta agli alunni perché andassero a scuola si compravano anche le scarpe, forse questo problema esiste ancora.
Non ho difficoltà a fare questo discorso che può essere considerato un discorso sorpassato, ma non lo é. Siamo in una società che ha tanti aspetti squilibrati e, avendo pochi fondi a disposizione bisogna garantire attraverso una normativa regionale chiara e precisa ed attraverso indicazioni di metodologia precisa ai Comuni che siano gli studenti bisognosi ad approfittarne.
Non sempre i fondi per l'assistenza scolastica, quei filoni che si danno in vista della qualificazione dell'insegnamento, della dotazione di sussidi finiscono in veri sprechi.
Chi ha esperienza di scuola come me sa che in tutte le scuole ci sono delle fotocopiatrici o degli apparecchi video-registratori, magari inutilizzati, ma comprati sotto la voce dell'assistenza scolastica.
Ovviamente questo è contro le norme e contro lo spirito che tutti vogliamo dare a questo intervento.
Comunque abbiamo accettato i progetti regionali, li abbiamo accettati nello spirito che siano fondi dati perché i fanciulli bisognosi possano anch'essi accedere a queste forme di qualificazione scolastica che magari invece sarebbero riservate ad alunni in condizione di maggiore agiatezza.
E' stato detto dalla relatrice che non c'è problema ideologico in questa legge, così come non c'è né nel decreto 616 né nelle altre leggi regionali di qualunque maggioranza disponessero che hanno approvato prima di noi la legge di adempimento del DPR 616.
Non c'è problema di scuola statale o di scuola non statale. Il problema è semplicemente quello di riconoscere che tutti gli alunni sono uguali ed a parità di bisogno, hanno diritto alle stesse possibilità di intervento nulla attiene in questa legge ai grossi temi che formano oggetto in questi giorni di polemica politica, ideologica, costituzionale. Non si tratta di assegnare dei finanziamenti alle scuole statali. Ovviamente su questo problema come su altri abbiamo le nostre idee che saremmo in grado nelle sedi opportune di confrontare con tutti i nostri colleghi. Vorrei che quanti hanno espresso in Commissione ed in aula una rispettabilissima sensibilità a questa problematica e quasi temono che con questa legge in via traversa proprio nel momento in cui la polemica e avviata su campo politico nazionale, si introduca qualche cosa di ideologico che non potrebbe essere oggetto di una normativa così congeniata e concordata tra tante forze politiche diverse, si rassicurassero di questo, volessero approfondire serenamente il problema. Non è questione di sovvenzioni alle scuole statali e non statali, né di premiare gli alunni delle scuole non statali qualora avendone i mezzi e condizioni finanziarie agiate, nel caso che ciò fosse necessario per accedere alle scuole non statali, il che in tanti casi come nelle scuole materne dove sono l'unico servizio questo non avviene, abbiano i contributi assistenziali anche se non hanno il bisogno.
E' chiaramente stabilito che gli interventi sono, a favore degli alunni e non delle scuole. Sono stabilite le massime garanzie perché non avvenga nulla di marginale o di straforo che stravolga questa concezione per cui a me sembrerebbe un segno di obiettività e di razionalità se le forze politiche, che sono estremamente sensibili a questa problematica, volessero credere che in questa legge non c'è nulla di simile e che riconoscere agli alunni delle scuole non statali, a pari condizioni di bisogno, non è un problema di scuola statale o non statale ma è un problema di uguaglianza dei cittadini italiani.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Ho seguito con molta attenzione la relazione del Consigliere Ariotti relazione che ha tenuto conto dell'iter della legge e dell'esito delle consultazioni. Sono stati citati due uomini di cultura, Asor Rosa e Argan le cui opinioni condivido, e non è stato interpretato il pensiero sulla scuola e sul diritto allo studio del senatore Bobbio.
Ritengo che il concetto di laicità che è molto estensivo debba essere chiarito, altrimenti i laici sembrano non tener conto del pluralismo nel mondo confessionale.
Io che sono un laico difendo la libertà e la democrazia. Se si anteponesse l'ideologia a tutti i problemi credo che il Consiglio regionale voterebbe sempre all'unanimità e non ci sarebbero più posizioni diversificate. Sono d'accordo su quanto è stato detto sulle finalità della legge, non vorrei però che non sfuggissimo di fronte ad un problema di natura politica.
Ci troviamo di fronte a due leggi transitorie, mentre il Parlamento sta affrontando una legge quadro sul diritto allo studio.
Era opportuno a fine legislatura portare in aula questo provvedimento? Quando già esiste una legge transitoria che favorisce lo studio alle scuole pubbliche e private? Qualcuno si aspettava posizione rigida da parte del Gruppo del P.S.I.
Ma non è così. Il P.S.I. non è contrario a questa legge, certamente ha una sua opinione a proposito di questa legge. Noi seppure critici, diciamo che siamo favorevoli perché non vogliamo creare difficoltà. Siamo in campagna elettorale e sappiamo che ci sono forze politiche capaci di strumentalizzare tutto e potremmo sembrare dei diavoli. Questo ci preoccupa. Questo tema lo riporteremo in sede di Consiglio regionale non appena verrà affrontata la legge quadro con una chiara interpretazione del privato e del pubblico.
Si è discusso sul problema e si è parlato più di assistenza agli alunni e non si è francamente parlato delle scuole private. Non aggiunto altro.
Noi comunque siamo per una interpretazione molto estensiva rispetto al concetto della laicità, siamo favorevoli a difendere il pubblico più che il privato, specie quel privato che ha fini di lucro. Pertanto, pur esprimendoci criticamente nei confronti della legge, la votiamo perch siamo responsabili di fronte a un problema che è di assistenza più che di diritto allo studio.



PRESIDENTE

Possiamo passare all'esame degli articoli.
Art. 1 (Oggetto e finalità) "Le funzioni amministrative relative alla materia assistenza scolastica indicate nell'art. 42 del DPR 24/7/1977, n. 616 ed attribuite ai Comuni, ai sensi dell'art. 45 del DPR citato, sono disciplinate dalla presente legge al fine di rendere effettivo il diritto di ogni persona di accedere al sistema scolastico e di promuovere interventi volti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale, nonché di favorire la qualificazione del sistema scolastico, ai sensi degli artt. 3 e 34 della Costituzione e dell'art. 4 dello Statuto, nella prospettiva dell'educazione permanente ed in attesa della legge quadro sul diritto allo studio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Interventi) "Gli interventi nell'ambito della scuola materna dell'obbligo e secondaria superiore sono : A) interventi volti a favorire l'accesso e la frequenza del sistema scolastico: servizi individuali e collettivi (servizi trasporti e mensa libri di testo ed altro materiale didattico, interventi destinati ai portatori di handicaps, interventi volti a garantire ai capaci e meritevoli, privi di mezzi, il proseguimento agli studi, servizi residenziali) B) interventi volti a favorire la qualificazione del sistema scolastico: sostegno ad iniziative volte ad offrire al mondo della scuola opportunità di rapporti con le strutture extrascolastiche ricreative, culturali e sportive sostegno a iniziative di raccordo fra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Educazione degli adulti) "Per gli adulti, oltre gli interventi di cui all'art. 2, la Regione promuove corsi di formazione culturale e su tematiche specifiche, corsi volti al conseguimento di titoli di studio e corsi di alfabetizzazione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Assistenza sanitaria) "Gli interventi di assistenza sociale e medico-psichica e di assistenza ai minorati psico-fisici, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, sono attuati dalle UU.SS.SS.LL".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Destinatari) "Gli interventi di cui all'art. 2 e gli interventi di cui all'art. 4 sono attuati in favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche e private e dei frequentanti i corsi per adulti.
Per favorire il coordinamento degli interventi predetti i Comuni possono stabilire intese con le istituzioni scolastiche private, nelle forme e nei modi ritenuti idonei.
Gli interventi di cui all'art. 9, effettuati sulla base di specifici progetti, sono volti peculiarmente a favorire la qualificazione della scuola pubblica e statale e degli Enti locali.
Essi sono estensibili alle istituzioni scolastiche private, che non abbiano fini di lucro, sulla base di intese che i Comuni interessati possono stabilire con tali istituzioni, nelle forme e nei modi ritenuti idonei, al fine di coordinare i progetti e regolare l'attività".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 5 è approvato.
Art. 6 (Contribuzione degli utenti) "I destinatari degli interventi di cui all'art. 2, usufruiscono degli interventi stessi contribuendo alla copertura finanziaria dei relativi costi, in rapporto alle proprie condizioni economiche.
I Comuni individuano le fasce di reddito, le fasce di contribuzione e quelle di esenzione.
Sono esentati dalla contribuzione gli studenti che frequentano le scuole materne e dell'obbligo, che versano in condizioni di particolare disagio.
Possono essere esentati dalla contribuzione gli studenti capaci e meritevoli che frequentano le scuole secondarie superiori ed i corsi per adulti volti al conseguimento di titoli di studio, che versano in condizioni di particolare disagio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 6 è approvato.
Art. 7 (Compiti della Regione) "Al fine di conseguire le finalità della presente legge la Regione: delibera i criteri di riparto dei fondi dell'assistenza scolastica, per il finanziamento degli interventi di cui all'art. 2 e degli interventi di cui all'art. 4 esercita funzioni di indirizzo per coordinare, nel quadro della normativa vigente, l'assistenza scolastica con i settori dei trasporti, della sanità dell'edilizia scolastica e degli altri settori di intervento rilevanti ai fini della presente legge concorre con gli Enti locali e gli organismi scolastici a qualificare il sistema scolastico e si avvale della consulenza e della collaborazione dell'Irssae, nonché realizza forme di consultazione ed informazione tra autorità scolastiche e Regione stessa si avvale delle informazioni analitiche sugli andamenti della demografia scolastica e sui servizi effettivamente erogati, elaborate con l'ausilio di tecniche statistiche ed informatiche dal competente servizio regionale".



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 7 è approvato.
Art. 8 (Criteri di riparto) "La Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, propone entro il 31 dicembre di ogni anno, i criteri di riparto nei fondi dell'assistenza scolastica, di cui all'art. 2 e all'art. 4, definiti sulla base delle informazioni di cui all'art. 7 e corredati da documenti statistici sull'andamento demografico della popolazione scolastica.
La Giunta regionale, entro il 31 gennaio di ogni anno, delibera i criteri di riparto e la conseguente assegnazione dei fondi spettanti ai Comuni singoli o associati, o alle Comunità Montane".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 8 è approvato.
Art. 9 (Progetti regionali) "La Giunta regionale entro il 30 giugno di ogni anno approva, anche sulla base di proposte formulate da Enti locali, organismi scolastici, Enti ed istituzioni culturali, sentito il parere della Commissione consiliare competente, un programma di progetti regionali volti a favorire: l'uso da parte del sistema scolastico delle opportunità culturali ed educative offerte dalle principali strutture culturali e della ricerca l'utilizzo di nuovi strumenti e nuove tecnologie di supporto all'attività di apprendimento, della ricerca e della comunicazione.
Il programma sarà coordinato dalla Giunta regionale d'intesa con gli Enti locali interessati e la gestione dei progetti potrà essere demandata ai soggetti proponenti".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 9 è approvato.
Art. 10 (Compiti dei Comuni) "I Comuni, singoli od associati, o le Comunità Montane esercitano le funzioni di cui all'art. 42 del DPR 24/7/1977 n. 616, e gli interventi di cui all'art. 2 della presente legge, sulla base delle risorse disponibili delle specifiche esigenze locali e delle eventuali intese intervenute tra Comuni, nonché delle proposte di cui al successivo art. 11.
La gestione degli interventi è compito dei Comuni nel cui territorio hanno sede le scuole, fatti salvi accordi diversi che possono intervenire fra i Comuni dell'ambito distrettuale o interdistrettuale, per particolari esigenze di funzionalità ed economicità degli interventi.
La Regione riconosce le intese intervenute fra i Comuni compresi nell'ambito distrettuale, volte a razionalizzare la gestione degli interventi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 10 è approvato.
Art. 11 Funzioni dei consigli scolastici distrettuali) "I Consigli scolastici distrettuali, in attuazione delle proprie competenze di cui all'art. 12 del DPR 21/5/1974, n . 416, formulano, per il proprio ambito territoriale, proposte di intervento sulla base delle esigenze del sistema scolastico, che presentano ai Comuni facenti capo al proprio territorio, alla USSL ed Alla Regione per quanto di competenza".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 11 è approvato.
Art. 12 (Finanziamento degli interventi) "Al finanziamento degli interventi previsti dalla presente legge si farà fronte con l'istituzione dei seguenti capitoli nel bilancio di previsione per l'anno 1985: 'Oneri derivanti dal trasferimento ai Comuni delle funzioni già esercitate dalle Regioni in materia di assistenza scolastica' il cui ammontare sarà determinato ogni anno dalla legge di approvazione del bilancio regionale.
'Fondo occorrente per il finanziamento di progetti regionali di cui all'art. 9 della presente legge' il cui ammontare sarà determinato ogni anno dalla legge di approvazione del bilancio regionale e per il 1985 sarà pari ad almeno il 2 per cento della somma complessiva destinata al diritto allo studio' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'art. 12 e approvato.
Ha chiesto la parola il Consigliere Gerini per dichiarazione di voto.



GERINI Armando

Avevo accennato nel mio intervento a un compromesso tra i due progetti ma non avevo aggiunto l'aggettivo "storico".
Dopo l'intervento peraltro egregio dell'amico e collega Martinetti, ne ho adesso la certezza anche se non una certezza generica come osservava appunto Martinetti circa alcune mie posizioni, basterebbe questa motivazione a che il mio Gruppo dissentisse da questo progetto. Tuttavia facendo riferimento al mio intervento in sede di discussione generale, il P.L.I., dichiara di astenersi sull'intero progetto di legge.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione sull'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'intero testo di legge è approvato.
Il Consiglio è convocato per le ore 9,30 di domani.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,50)



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