Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.312 del 07/03/85 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute". Il processo verbale dell'adunanza consiliare antimeridiana del 5/2/1985 è stato distribuito ai Consiglieri prima dell'inizio di questa seduta. Se non vi sono osservazioni il processo verbale si intende approvato.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazioni dei Consiglieri Biazzi, Avondo, Barisione e Di Gioia e del Consigliere Montefalchesi inerente la Montefibre di Pallanza


PRESIDENTE

Punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni e interpellanze".
Esaminiamo le interrogazioni dei Consiglieri Biazzi, Avondo, Barisione e Di Gioia e del Consigliere Montefalchesi inerente la Monte- fibre di Pallanza.
La parola all'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Informo che in merito al problema della Montefibre siamo arrivati alla definizione di alcuni punti con la commissione ministeriale competente.
A seguito dell'incontro tra le organizzazioni sindacali, i Capigruppo consiliari e la Giunta regionale del 14 marzo, la Regione Piemonte, con un messaggio firmato dai Presidenti del Consiglio regionale e della Giunta regionale aveva richiesto al Ministro Altissimo ed al Sottosegretario Zito un incontro per conoscere, prima che la Commissione arrivasse alle conclusioni, gli sviluppi della situazione Montefibre.
L'incontro ha avuto luogo venerdì 22. Era presente anche il collega Biazzi. Informo inoltre che la Commissione prevista dall'art. 5 della legge 193 ha licenziato la relazione conclusiva sulla possibilità di riavviare col supporto della Gepi, la produzione di acetato di cellulosa.
Sono due le proposte concrete degli imprenditori interessati a questo tipo di prodotto. Si tratta di due operatori che lamentano la mancanza sul mercato interno dell'acetato di cellulosa, prodotto di qualità che gli impianti di Pallanza possono fornire. Le proposte sono diverse nelle partecipazioni, anche se è simile lo sbocco produttivo. Il primo potenziale imprenditore propone un solo contratto di gestione su un mercato ipotizzato e da verificarsi di 15.000 tonnellate annue di produzione di acetato di cellulosa. Il programma di investimento è attorno ai 17 miliardi ed è articolato fra capitale circolante, spese per immobilizzi e manutenzioni straordinarie per il riavvio.
Il secondo imprenditore prevede una partecipazione diretta al capitale di rischio ed una ripresa aziendale per fasi che partendo da una ricostituzione della produzione per quote pari alla necessità dello stesso arriva al soddisfacimento delle quote storiche del mercato interno ed esterno. Questo in una prospettiva di medio-lungo termine.
Per quanto riguarda la ripresa della produzione del nylon 66, nelle più limitate ipotesi di riavvio del ciclo produttivo a monte da acido adipico a polimero, gli impianti si presentano in condizioni tecniche idonee.
Tuttavia la Commissione ha affermato la mancanza della presentazione di un progetto d'intervento da parte di un interlocutore industriale credibile.
La presenza dei vincoli assunti dai principali produttori di fibre a livello CEE (si ricorda l'accordo Multifibre di Parigi); la grande onerosità economica di qualunque progetto di riavvio a fronte di un modesto risultato occupazionale (si pensa che questo riavvio possa toccare da 100 a 160 addetti), che rendono estremamente complesso anche se fattibile dal punto di vista tecnico un riavvio totale o parziale dell'area nylon.
A questo proposito, in sede di commissione, ho fatto rilevare che, pur senza nascondere le difficoltà del caso, non deve essere lasciata intentata alcuna strada per salvare una presenza di produzione del nylon 66 a Pallanza. Nel corso dei suoi lavori la Commissione ha preso in considerazione la situazione dello stabilimento cartario di Possaccio della cartiera di Tolmezzo (chiusa dall'83 con oltre 400 dipendenti attualmente in cig) e, nel quadro degli impegni assunti dal Governo nel febbraio dell'84, a conclusione di una trattativa con il sindacato è stata indicata la necessità di riavvio dello stabilimento. In conseguenza di tale impegno una trattativa a lungo protrattasi presso il Ministero dell'industria ha portato alla messa a punto di uno studio di fattibilità studio di fattibilità considerato valido con possibilità di reimpiego seppure parziale di manodopera (si parla di circa 200 unità), ma con fabbisogni finanziari, come è noto, incompatibili con le capacità di accumulazione della costituenda struttura cooperativa.
Anche nella prospettiva di operatività della legge Marcora, che tra l'altro è entrata in vigore ora però avrà dei tempi abbastanza lunghi per poter essere realmente operante, quindi per poter permettere il trasferimento di risorse.
Pare esistano anche disponibilità di qualificati operatori del settore cartario, per una conduzione alternativa a quella cooperativa della cartiera. E' evidente che in questo caso vanno ricercate tutte le strade anche legislative, per permettere alla finanziaria Gepi un intervento ordinario nella cartiera, nella nostra convinzione della grande importanza che assume questa unità produttiva nella zona.
Sono anche proseguiti i contatti per ricercare iniziative sostitutive di rianimazione industriale, nel Verbano-Cusio-Ossola. Mi riferisco, per quanto riguarda l'intervento Gepi, ad un'azienda di montaggio di carrozzerie per autobus con sede a Novara, la Novabus, che dovrebbe impiantare un nuovo stabilimento a Verbania.
Le possibilità occupazionali e di innesco di volano economico si presentano in modo, se non rilevante, comunque significative. E' pero necessario, noi l'abbiamo sottolineato, una pressione ulteriore sulla Gepi che appare talvolta lenta nell'operatività nel Verbano-Cusio-Ossola. Deve anche proseguire una pressione sugli organi dello Stato, per questo la Regione Piemonte vede con favore la costituzione di un comitato ristretto di lavoro permanente tra Ministero dell'industria, Regione, Enti locali Finpiemonte e Gepi, con il compito di agevolare al massimo il decollo di tutte le iniziative di rianimazione industriale che possono compensare le eccedenze di manodopera che si verificheranno, qualsiasi sia il tipo di ripresa produttiva sull'acetato di cellulosa e se si potrà innescare in qualche misura e a qualche livello la ripresa produttiva del nylon 66.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Nel ringraziare l'Assessore della risposta sottolineo la positività della presa di posizione fatta dai Gruppi consiliari e dalla Giunta regionale.
Sono anche d'accordo sulla costituzione di un comitato misto o tecnico in cui sia presente la Regione, il Ministero dell'industria, gli Enti locali e la Finpiemonte per poter seguire con l'attenzione dovuta i problemi dell'intera zona, ma anche i problemi che riguardano la ripresa della produzione delle fibre a Verbania.
Sull'incontro avvenuto il mio giudizio non è positivo, direi, anzi che è del tutto negativo il giudizio sui lavori della Commissione e sugli incontri avvenuti con i Gruppi consiliari, con le organizzazioni sindacali il mercoledì successivo, in quanto nell'incontro con le organizzazioni sindacali si è addirittura andati indietro rispetto ai pochi spiragli che sembravano aperti.
E' vero, sembra che l'acetato possa riprendere, ci avevano detto con più di 200 persone; nell'incontro con i sindacati il numero era già ridotto. Per quanto riguarda l'avvio del gruppo di lavorazione che si indica con la sigla "nylon 66" oppure delle attività integrative o sostitutive, l'incontro è stato del tutto deludente.
La Commissione, che doveva essere tecnica, non è riuscita a chiarire n a noi né alle organizzazioni sindacali i motivi tecnici per cui questa produzione non può partire, mentre un tecnico sostiene invece che ci sono le condizioni per far ripartire le produzioni (polimero, nylon, filo etc.).
Le motivazioni che ci hanno dato i rappresentanti della Commissione ed il coordinatore non sono del tutto convincenti. Avanzano riserve che deriverebbero da un accordo a livello comunitario, accordo richiamato come vincolo negativo per la ripresa delle produzioni. In effetti è un accordo tra dieci produttori all'interno della CEE, che la Comunità europea ha autorizzato perché lascia aperta la possibilità ad altri produttori, che non fanno parte del cartello mantenere alcune quote di mercato, garantendo in tal modo, almeno in parte, le regole della libera concorrenza.
L'autorizzazione della CEE, era necessaria per l'accordo di cartello, ma su quei presupposti. La ripresa delle lavorazioni a Pallanza non è quindi assolutamente in contrasto con l'accordo che è invocato come vincolo semmai si inserisce nella logica dell'accordo stesso autorizzato dalla CEE.
Non siamo riusciti a capire l'entità degli investimenti necessari perché nessuno ha fornito cifre che permettano di valutare l'entità e la congruità degli investimenti che genericamente venivano definiti eccessivi.
Per cui, per quanto riguarda il "nylon 66", non si può che essere insoddisfatti: dovevano venire dalla Commissione delle risposte precise tecniche; queste risposte non sono assolutamente arrivate.
Anche per quanto riguarda le attività alternative si è rimasti nel vago, sia nell'incontro con noi, che con quello con le organizzazioni sindacali.
Si parla di un complesso alberghiero, ma non si sa né dove deve sorgere né di quale entità, né quanta occupazione può indurre. Si parla di attività nel settore dell'elettronica, ma non si va oltre il titolo.
Si parla di attività nel settore della lavorazione delle "pietre" dell'orologeria, ma non siamo riusciti a sapere nulla di più. Nel giro di 24 ore abbiamo visto cambiamenti di posizione sulla valutazione di elementi essenziali per l'intervento nel settore del nylon: una volta si dice che la produzione viene tutta importata dall'estero, un'altra che gran parte invece viene prodotta in Italia.
Mi pare quindi non credibile le risposte che fino a questo momento la Commissione ha dato.
Non dimentichiamo infine che non si avviano le produzioni e le attività alternative, i lavoratori Montefibre passano tutti a carico della Gepi, ci troveremmo quindi di fronte ad assistenza improduttiva.
Noi vogliamo invece che si punti soprattutto sulla costruzione di posti di lavoro e sull'avvio delle produzioni, dove queste sono possibili.
Anche per quanto riguarda la cartiera di Possaccio non possiamo che essere delusi dell'incontro.
Ci sono due progetti fattibili, l'uno può far capo alla cooperativa dei lavoratori già costituita e richiederebbe 15 miliardi di investimenti l'altro ad un imprenditore, giudicato serio, e richiederebbe un intervento di soli 5 miliardi.
Di fronte a possibilità serie, a detta dello stesso Ministero, non si capisce perché la Gepi ed il Governo non riescano a reperire 5 miliardi per far decollare questa attività che garantirebbe una produzione essenziale per l'avvio di 200/250 posti di lavoro.
Aggiungo che a margine di quella riunione c'è stato uno spaccato su quanto avvenirà per il ripartizione dei fondi Fio: quella sera di sono distribuiti 3000 miliardi e non si è riusciti a trovare 5 miliardi per attivare una produzione seria.
Sono comportamenti del Governo che fanno riflettere e forse assumere iniziative perché qualcosa di più si faccia per la zona così colpita dalla crisi.
Sono d'accordo con la proposta fatta dall'Assessore di riprendere l'iniziativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Anch'io ritengo che l'incontro del 22 marzo a Roma con il Governo e con il sottosegretario Zito, è stato insoddisfacente per molti versi.
Il Governo dà per scontata la scelta del non riavvio o afferma l'esistenza di moltissimi problemi per il riavvio del "nylon 66" pur riconoscendo che esistono condizioni tecniche valide degli impianti e condizioni di mercato. L'accordo tra i produttori è passato sulla testa di tutti, quindi il Governo, se vuol governare, non può trincerarsi dietro tale accordo.
E' evidente che se non si avvia la produzione a Pallanza dobbiamo dipendere dall'estero, non ci sembra neanche accettabile la scelta di non riavviare la produzione del nylon 66 a Pallanza e poi vociferare che comunque questa produzione verrà avviata alla Snia.
La scelta è che ci sono pressioni da parte dei gruppi industriali perché questa produzione non venga riavviata.
A questo punto la scelta è politica, è una scelta che deve tenere conto degli interessi nazionali.
C'è la sostanziale apertura sull'acetato, con la possibilità di riavvio, ma anche in questo caso vanno chiariti i partners della Gepi e i tempi.
C'è il discorso sulle attività sostitutive, attorno alle quali occorre definire i nomi degli imprenditori e i tempi di avvio.
La Gepi, fatte le proposte, deve prendere contatto con gli imprenditori, costituire le società, definire il capitale sociale, ecc...
C'è la questione della cartiera per la quale è veramente scandaloso che non si trovino 5 miliardi.
Da una parte c'è la necessità che il livello politico si assuma tutte le responsabilità sul riavvio del nylon 66; dall'altra parte quella di stringere i tempi sulla parte che può essere immediatamente riavviata (acetato e attività sostitutive).
Visto che l'intervento deve avvenire di concerto tra la Gepi e altri imprenditori che devono costituire delle società, c'è il rischio che sorgano altri problemi alla dichiarazione di possibilità di riavvio dell'acetato e di attività sostitutive.
Infatti la Gepi ha già detto che per l'intervento su Pallanza e sull'Alto Novarese non ha ancora ricevuto una lira.
Non vorrei che incominciasse il bisticcio e il balletto tra la Gepi ed il Governo e cioè che la Gepi dica: "non faccio i progetti, né costituisco le società finché il Governo non mi dà i soldi" e che il Governo dica: "non dò i soldi alla Gepi finché non farà i progetti".
Sta bene la proposta del Comitato, ma io credo che la Regione debba sollecitare un tavolo di incontro con il Governo, con la Gepi e con le organizzazioni sindacali, nel quale si pongano le basi per l'avvio immediato della produzione dell'acetato.
In quella sede si potranno sciogliere i nodi sulla costituzione delle società, sul rapporto tra Gepi e privati, sui finanziamenti alla Gepi.
Abbiamo aspettato due anni, ora si dice che si possono avviare delle produzioni con il rischio di aspettare altri due anni perché una serie di questioni debbono essere ancora definite.


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione del Consigliere Acotto, inerente i nuovi orari cadenzati delle Ferrovie dello Stato ed interpellanza del Consigliere Petrini inerente l'isolamento della zona del Biellese


PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Acotto, inerente i nuovi orari cadenzati delle Ferrovie dello Stato ed interpellanza del Consigliere Petrini inerente l'isolamento della zona del Biellese.
La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

A seguito della iniziativa della Direzione generale di adottare, sulle linee Torino-Milano-Venezia e Milano-Genova-Ventimiglia, un modello di orario cadenzato, la Regione Piemonte ha partecipato in data 29 agosto 1984 con le altre Regioni interessate, con i Direttori compartimentali Ferrovie dello Stato e con funzionari della Direzione generale Ferrovie dello Stato ad una riunione che doveva consentire di acquisire informazioni particolareggiate sulla proposta per poter esprimere un parere in merito.
Questa Regione, in data 25 settembre 1984, ha inviato alla Direzione generale Ferrovie dello Stato, una lettera che nei suoi contenuti esprimeva, a fianco della positiva validità del principio del miglioramento qualitativo e quantitativo del servizio che si potrebbe teoricamente raggiungere con l'adozione dell'orario cadenzato, alcune preoccupazioni su tre ordini di livello che così si possono riassumere: A) INTERCITY 1) Tendere ad adeguare i tempi di percorrenza alle effettive caratteristiche di un servizio intercity rapido. Ciò progressivamente, in funzione della realizzazione degli opportuni interventi infrastrutturali 2) verifica della composizione degli attuali convogli, in relazione alle fermate dei treni intercity a Novara e Vercelli, eventualmente considerando la possibilità di istituire corse supplementari 3) prevedere un orario cadenzato che possa essere associato mnemonicamente in maniera semplice dall'utenza 4) prevedere l'estensione e l'integrazione del cadenzamento intercity tra Torino e Genova e, successivamente, tra Milano, Torino e Lione - Parigi (TGV) facendo proprie le esperienze della Torino-Milano-Venezia e Milanogenova-Ventimiglia: incrementare inoltre i collegamenti di Torino con Ginevra 5) particolare attenzione dell'Azienda Ferrovie dello Stato verso una maggiore regolarità di esercizio, sia per i collegamenti inter-city che per i collegamenti di carattere locale e per le diramate.
B) COLLEGAMENTI TORINO-MILANO DIRETTI E LOCALI 1) Necessità di assicurare almeno il livello di servizio attualmente fornito, con particolare attenzione alla realizzazione di un sistema di coincidenze che possa essere eventualmente migliorativo rispetto all'attuale.
C) LINEE DIRAMATE 1) Notevoli preoccupazioni per i collegamenti delle linee secondarie afferenti dovute ai vincoli imposti da modello di orario cadenzato 2) garantire almeno l'attuale livello di servizio con possibilità di realizzazione di trasbordi, a condizione che ciò non penalizzi il tempo di percorrenza complessivo e la disponibilità di posti 3) verifica della rispondenza tra domanda ed offerta di trasporto ferroviario 4) a compensare le eventuali relazioni dirette delle linee afferenti alla linea principale, prevedere una intensificazione delle corse su queste linee 5) per la ferrovia del Canavese è necessario che non vi siano sostanziali variazioni dell'attuale livello di servizio; diventa importante verificare la possibilità di realizzare una integrazione tariffaria mediante un documento di viaggio utilizzabile per entrambe le ferrovie, per quei treni che non potessero più inserirsi a Settimo 6) una volta definiti gli aspetti relativi ai collegamenti intercity le proposte relative ai trasporti locali debbono essere attentamente verificate e seguite nelle sue evoluzioni con il comportamento Ferrovie dello Stato di Torino.
Inoltre, con successiva lettera del 15 gennaio 1985, la Regione Piemonte integrava tali considerazioni ponendo l'accento sull'aumento tariffario conseguente alla trasformazione dei treni Expr, in I.C.
maggiormente pesante per quanto riguarda gli utenti pendolari e se riferito ai tempi di percorrenza che rimangono sostanzialmente invariati.
La Direzione generale Ferrovie dello Stato, come già esplicitamente indicato nella presentazione del progetto in questione, ribadiva la propria costante attenzione per con- temperare le esigenze locali con quelle interregionali.
Poiché non era ancora stato possibile verificare gli orari interessanti principalmente le linee diramate, questa Regione aveva inviato in data 11 gennaio 1985 alla Direzione compartimentale di Torino un telegramma in cui si richiedeva l'urgente convocazione di una riunione, stante le notevoli preoccupazioni manifestate da Enti locali, organizzazioni sindacali organizzazioni degli utenti e condivise dalla Regione stessa.
Analogamente, aveva inviato in data 12 febbraio 1985, ed indirizzato al Ministero dei trasporti, alla Direzione generale Ferrovie dello Stato ed al Direttore compartimentale Ferrovie dello Stato di Torino, un altro telegramma ribadendo la necessità di un urgente incontro con l'Azienda Ferrovie dello Stato.
L'incontro richiesto avveniva il giorno 18 febbraio 1985 presso la Direzione compartimentale F.S. con la partecipazione, oltre che dell'azienda F.S. e della Regione, di rappresentanti dei Comprensori piemontesi.
In quella sede, dopo una ampia esposizione delle motivazioni generali alla base del provvedimento delle F.S., emergevano in tutta la loro complessità le problematiche relative principalmente alle relazioni di Biella con Torino e con Milano, mentre dagli altri Comprensori non si avevano particolari osservazioni negative al provvedimento che si andrà ad adottare dal 2 giugno p.v. Solo durante quell'incontro era stato possibile ottenere copie degli orari delle linee diramate, in mancanza dei quali era impossibile fare valutazioni e proposte alternative.
Per poter esaminare gli orari suddetti e fare successivamente delle controproposte, si stabiliva allora la convocazione, per il giorno 25 febbraio, di una riunione tecnica al mattino, per l'esame e la verifica della fattibilità tecnica delle proposte stesse, e di una riunione politica al pomeriggio per fare il punto della situazione ed approntare un documento organico da sottoporre all'attenzione dell'azienda F.S.
Le esigenze degli utenti biellesi, consistevano principalmente nella necessità di un collegamento, possibilmente diretto, al mattino con arrivo a Torino attorno alle ore 8,20, nell'anticipo dell'arrivo a Torino per il treno in partenza da Biella alle ore 5,58, nel posticipo, al ritorno, di un treno in partenza da Torino alle ore 16,47, nella riconferma del treno diretto alle ore 18,30 (da Torino), sottolineando inoltre l'eccessiva ampiezza di vuoti d'orario, in particolare alla sera e soprattutto nei giorni festivi.
Per i collegamenti di Biella con Milano si richiedeva il prolungamento della corsa in partenza da Ghislarengo (farla partire da Biella alle ore 6,25), con possibilità di giungere a Milano per le 8,00/8,10. Per il percorso inverso si sottolineava la necessita del miglioramento del tempo di percorrenza del treno in partenza da Milano alle ore 17,15, la riconferma del treno diretto delle ore 18,05 con arrivo a Biella alle ore 19,45/19,50 e l'istituzione di un locale da Novara alle ore 20,50 con arrivo a Biella previsto per le ore 21,50.
Questo Assessorato, facendosi carico delle suddette proposte, insisteva presso la Direzione compartimentale F.S. di Torino per ottenere l'accoglimento del maggior numero di richieste, considerando che la completa competenza in materia spetta unicamente all'azienda autonoma F.S.
ed al Ministero dei trasporti.
Pur con queste difficoltà, il confronto serrato con l'azienda F.S. ha portato ai seguenti risultati, che sono stati oggetto di una riunione, con la partecipazione, oltre che della Regione Piemonte, del comprensorio del Biellese e dei rappresentanti delle organizzazioni degli utenti, che si è tenuta il giorno 1 marzo 1985 : accoglimento della richiesta di realizzare un collegamento da Biella per Torino, con arrivo in quest'ultima alle ore 8,33: non è stato possibile avere una relazione diretta però l'orario previsto è sostanzialmente uguale a quello che era inserito nell'orario precedente e che non era inizialmente stato previsto col nuovo orario risposta negativa per l'anticipo dell'arrivo del treno in partenza alle ore 5,58 da Biella, causa la necessità di realizzare con il suddetto treno coincidenze importanti per altri utenti impossibilità di accogliere la richiesta di un treno diretto in partenza da Torino alle ore 18,30: il collegamento, previsto per le ore 18,30 non può però costituire relazione diretta con Biella in quanto serve tutta l'utenza fino a Novara; non è possibile ridurre il tempo di attesa a Santhià per il trasbordo sul treno che andrà a Biella (tempo di attesa 14 minuti) poiché, nonostante sia tecnicamente possibile, manca a Santhià l'automotrice necessaria. Essa proviene da Novara svolgendo la funzione di locale per gli utenti delle località tra Novara e Santhià risposta negativa per il posticipo del treno in partenza da Torino alle ore 16,47 in quanto lo spostamento d'orario farebbe perdere alcune coincidenze a pendolari di Novara e non può proseguire poiché verrebbe ad interferire con il treno proveniente da Arona e Luino accolta la richiesta di far partire da Biella (alle ore 6,20) il treno precedentemente attestato a Ghislarengo: ciò comporta anche la modifica dell'orario di un treno in senso opposto ma che dovrebbe essere bene accetto dagli utenti. Non è stato invece possibile prevedere il collegamento di questo treno con altri diretti a Milano e ciò vanifica purtroppo la completa utilità della richiesta accolta il miglioramento del tempo di percorrenza del treno delle 17,15 non è possibile in quanto in quella fascia oraria la traccia dei vari treni, sia per quelli incrocianti che per quelli della stessa direzione, è estremamente rigida accoglimento della richiesta di un treno che consenta l'arrivo a Biella per le ore 19,45/19,50: non si realizzerà come diretto bensì mediante trasbordo e occorre tenere conto che accogliendo la richiesta è stato necessario abbandonare due coincidenze a Novara accoglimento della richiesta di un locale in partenza da Novara alle ore 20,50 con arrivo a Biella previsto per le ore 21,50 circa. Anche in questo caso l'accoglimento della richiesta comporta la perdita della coincidenza con un treno proveniente da Milano e con un altro in arrivo da Torino è stata manifestata disponibilità per quanto riguarda la corsa serale richiesta, previa verifica dell'utenza in quanto un treno analogo era stato inserito anni addietro e non aveva avuto sufficiente frequentazione (secondo i dati F.S. i viaggiatori erano inferiori alla decina) disponibilità a verificare la possibilità di intensificare i collegamenti di Biella con Vercelli, a partire però dall'orario successivo a quello che entrerà in vigore il 2 giugno.
In conclusione, questo Assessorato ha già manifestato all'azienda F.S.
la propria determinazione e volontà di verificare le risultanze dell'adozione del cadenzamento e dei treni intercity per giungere, già con le possibilità date dall'orario invernale, a proporre correttivi laddove le esigenze degli utenti, in particolar modo per i viaggiatori pendolari, non risultino confacenti con i collegamenti previsti dalle Ferrovie.
Inoltre abbiamo interessato nuovamente il Ministro competente e la Direzione centrale delle FF.SS. perché diano una risposta positiva alle richieste che interessano i pendolari del biellese (il ritorno da Torino verso Biella; la partenza da Biella verso Milano con l'arrivo alla stazione centrale di Milano verso le 8,30).
Questi problemi sono ancora aperti.
Devo lamentare - e questo penso che rientri nel costume italiano - che su un problema così importante alcuni personaggi (che forse saranno interessati nelle prossime campagne elettorali) si agitano con un po' di anticipo senza cognizione di causa sulla correlazione tra Biella e Torino e fra Biella e Milano e si comportano abbastanza allegramente e sconsideratamente.
Come responsabili regionali del settore non possiamo seguire tutte le loro manifestazioni di protesta, che sono più o meno giustificate, lasciamo ai cittadini la verifica dell'impegno che da parte nostra abbiamo profuso in questa problematica.
L'intercity è una scelta nazionale. Il nostro problema, che è acuto soprattutto per i collegamenti con il Biellese, il Casalese e Ivrea purtroppo trova difficoltà per l'armamento esistente sul collegamento Torino-Milano.
Esiste un semplice doppio binario fino a quando il quadruplicamento non sarà realizzato. E' indubbio che qualsiasi collegamento veloce con Milano non consentirà miglioramenti con tutte le linee di adduzione sull'asse principale della Torino-Milano.
Spero di ottenere questa richiesta da parte del Ministero possibilmente attraverso un incontro con il Ministro o con i suoi rappresentanti autorevoli per verificare qualsiasi possibilità che non vada a penalizzare ulteriormente i collegamenti soprattutto con l'area del Biellese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Voglio intanto dare ampiamente atto dell'impegno dell'Assessorato regionale ai trasporti e in prima persona dell'Assessore Cerutti su un problema molto importante per il Biellese, quale quello del collegamento tra quell'area con Torino e con Milano. Collegamento messo in discussione come ha ricordato l'Assessore nella sua risposta, dai nuovi orari derivanti dai treni cadenzati Intercity.
Voglio nel contempo registrare con favore i risultati, sia pur parziali raggiunti, in seguito a questo impegno della Regione, del Comprensorio di Biella, dei pendolari, delle forze locali.
Rimangono due nodi ancora irrisolti, quello di un treno che colleghi il traffico del mattino con Milano e un treno che colleghi il traffico serale da Torino verso Biella. Mi pare di poter dire che il lavoro compiuto ha consentito di selezionare tutte le richieste e di trovare ad esse parziali accoglimenti proprio perché siamo riusciti ritengo a selezionare queste richieste.
E' opportuno l'incontro con il Ministro dei trasporti, tanto più che il nodo del collegamento con Milano è un nodo di carattere interregionale quindi si giustifica anche un intervento su scala più generale. Insistiamo nella direzione allora di questo incontro con il Ministro dei trasporti per affrontare problemi specifici e nel contempo per verificare le compatibilità più generali tra queste innovazioni importanti che vengono introdotte sulla linea Torino-Milano-Venezia con gli intercity e gli investimenti necessari su tutta la rete ferroviaria delle zone periferiche afferenti la rete principale.
A questi obiettivi da perseguire con il Ministro dei trasporti ne aggiungiamo un altro, quello di fare chiarezza sulle polemiche artificiosamente alimentate su scala locale sulle responsabilità della Regione.
L'incontro con il Ministro dovrebbe servire a ripuntualizzare un tema che pare ovvio, ma che ovvio non è nella polemica sviluppata su scala locale da parte di alcune iniziative di carattere estemporaneo e portatrici di elementi di confusione. L'incontro dovrebbe fare chiarezza sulle responsabilità, nel bene o nel male, da parte di chi la decisione la deve assumere.
Fino a prova contraria, la decisione per quanto riguarda gli orari l'andamento dei servizi trasporti delle Ferrovie dello Stato è una responsabilità che compete all'azienda delle Ferrovie e al Ministero competente.
Mi pare che, sulla base di queste indicazioni, sia possibile perseguire nell'impegno finora profuso su questa vicenda con la speranza di ottenere ulteriori risultati sui punti rimasti aperti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mentre l'Assessore Cerutti rispondeva, un collega spiritoso mi suggeriva di acquistare un calesse per venire da Biella a Torino.
Anche per questo non posso dichiararmi soddisfatto di questa triste vicenda e quindi della risposta dell'Assessore, anche se devo dare atto dell'impegno personale da lui profuso.
Infatti alcune modifiche agli orari, per suo interessamento, appunto, ci sono state. Ma solo una parte delle questioni prospettate dal Comprensorio biellese hanno trovato soluzione. Infatti, nonostante che si chieda più attenzione per il biellese e la Valsesia, le ferrovie dello Stato hanno deciso di penalizzare queste zone come risulta dal progetto di riorganizzazione della linea Torino-Milano. Probabilmente questo problema non è stato seguito con quell'interesse dei competenti uffici che la stessa comunità biellese e valsesiana si attendevano. Non c'è dubbio che l'Assessorato aveva manifestato, sin dal settembre dello scorso anno, la sua perplessità sul progetto degli intercity ma un conto è la perplessità espressa attraverso i telegrammi delle aziende delle Ferrovie, altro conto è dire chiaramente a chi doveva assumere le decisioni che il biellese, che ha quasi 1.500 imprese industriali operanti nel campo del tessile e dell'abbigliamento, con le 5200 aziende commerciali e le sue 7500 imprese artigiane contribuisca allo sviluppo nazionale in un momento di non facile situazione economica. Il Biellese favorisce con la sua attività il raggiungimento di un segno positivo nel saldo della bilancia commerciale estera. Il tessile biellese ha registrato nello scorso '83 un saldo attivo pari ad almeno 200 miliardi. Questo comparto viene quindi a collocarsi in una posizione di rilevanza nel quadro non solo dell'economia piemontese, ma nel quadro della stessa economia nazionale. Ma nei rapporti con il terziario pubblico o meglio nei rapporti con i sistemi integrati di comunicazione (strade, ferrovie, aeroporti) per quanto riguarda il biellese siamo ancora abbondantemente penalizzati sul piano dei collegamenti stradali, assolutamente carenti, per quelli ferroviari e per quelli aerei.
E ciò in un territorio che è caratterizzato da una fitta rete di interdipendenze produttive interne ed esterne che richiedono una elevata mobilità e scorrevolezza dei flussi, delle persone, dei beni e dei servizi.
Gli stessi pendolari biellesi e valsesiani hanno manifestato più volte la volontà di non perdere i collegamenti esistenti che garantiscono la possibilità di mantenere un posto di lavoro per operai, impiegati e di adempiere al dovere scolastico, specialmente quello universitario da parte degli studenti. Per questo ho la sensazione che i soli telegrammi o il silenzio da settembre dello scorso anno ad oggi in attesa di conoscere un progetto che tutto sommato già si conosceva, ha nuociuto alla causa dei pendolari e dell'apparato industriale e commerciale biellese.
Non sono poi mancati i commenti che se Biella fosse provincia queste difficoltà non ci sarebbero state. E questo sicuramente non giova neppure alla Regione che del problema della provincia di Biella si era pure fatto carico.
Dal movimento autonomistico del Piemonte viene largamente sfruttata ancora questa sera con un grosso convegno regionale. Dal momento che si sono conosciuti i progetti, l'Assessore Cerutti effettivamente si è attivato per ottenere le opportune modifiche che consistono non solo nel ripristino dei collegamenti diretti Biella-Torino e Biella-Milano, perch siano apportati dei collegamenti migliori e diretti e negli orari, ma anche per tutti quei miglioramenti che sono stati richiesti dalla comunità biellese. Siccome i risultati purtroppo sono parziali, credo che sia necessaria una ulteriore pressione politica nei confronti del Ministero dei trasporti.
Credo infatti, così come è già stato d'altro canto preannunciato dall'Assessore Cerutti, che possa essere utilmente interessato di persona il Ministro dei trasporti Signorile, che aveva a suo tempo assicurato tutto il suo interessamento e che aveva dichiarato che il biellese non meritava questa penalizzazione.
In questo senso quindi prego anch'io l'Assessore Cerutti di adoperarsi ancora a favore di questa ulteriore iniziativa che significa soprattutto la non penalizzazione di comprensori piemontesi di rilievo. In questo senso lo ringrazio già sin d'ora.


Argomento: Viabilità

Interpellanza dei Consiglieri Martinetti, Lombardi, Quaglia, Giorsetti ed interrogazione del Consigliere Turbiglio inerenti la chiusura del Casello autostradale Santuario Vicoforte, autostrada Torino-Savona


PRESIDENTE

Interpellanza dei Consiglieri Martinetti, Lombardi, Quaglia, Giorsetti ed interrogazione del Consigliere Turbiglio inerenti la chiusura del casello autostradale Santuario Vicoforte, autostrada Torino-Savona.
La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Da informazioni assunte presso la direzione della società autostradale risulta che la chiusura del casello oggetto della interpellanza è del tutto temporanea.
Tale chiusura è stata effettuata nella stagione invernale al fine di recare minore danno all'utenza, prevalente nella stagione estiva, e si protrarrà per circa due mesi.
In tale periodo verranno condotti studi, sondaggi ed indagini geognostiche sulla stabilità dei terreni che potranno essere interessati dalla progettazione del raddoppio dell'asse autostradale Torino-Savona.
Si assicura l'interessamento dell'Assessore regionale competente presso la società autostradale per il rispetto dei tempi prefissati di chiusura nonché per la disponibilità ad ogni collaborazione fattiva di studio per la predisposizione del progetto del raddoppio autostradale.
Voglio sostanzialmente assicurare i colleghi che alcune voci che davano per chiuso definitivamente il casello Vicoforte Santuario, che questa chiusura invece è temporanea: due mesi di tempo, tempo necessario per i sondaggi che ci consentono di avere il progetto del raddoppio dell'autostrada e pertanto ritengo anche successivamente un adeguato miglioramento anche delle uscite dei caselli con opportune correzioni soprattutto della parte che interessa la zona di Fossano Cuneo in modo tale da consentire il miglior utilizzo di questa importante arteria che collega Torino con i porti della Liguria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio

Ringrazio l'Assessore per la risposta. La mia interrogazione derivava dal timore che il casello venisse soppresso. Ho appreso con piacere dell'interessamento dell'Assessore. Lo ringrazio non avendo nient'altro da dire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Anch'io prendo atto delle dichiarazioni dell'Assessore che concordano con le dichiarazioni ufficiali della società che gestisce l'autostrada e confermo che l'avvio della questione aveva dato spunto alle preoccupazioni perché si era manifestata con il semplice taglio del sedime stradale per impedire l'accesso agli automezzi al casello e nessuna sensazione si aveva che si trattasse non di lavori così importanti addirittura motivati dal futuro raddoppio dell'autostrada, ma neanche di lavori spiegabili con necessità contingenti.
Il sospetto che si sia trattato di un tentativo per vedere se veramente il casello era necessario o se si poteva ritornare sulle decisioni assunte altra volta di chiuderlo resta nell'aria.
La novità nella risposta dell'Assessore è molto importante, il collegamento con il raddoppio e il sacrificio di due mesi è un sacrificio che le popolazioni accettano di buon grado se è orientato a facilitare ad avvicinare quel raddoppio che è atteso da tutti come iniziativa assolutamente necessaria. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Difesa idrogeologica

Interpellanza del Consigliere Ariotti, inerente il progetto del Po


PRESIDENTE

Interpellanza del Consigliere Ariotti, inerente il progetto del Po.
Risponde il Vicepresidente della Giunta regionale, Rivalta.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

L'interpellanza si riferisce ad escavazioni di ghiaia nell'isolone cosiddetto di "ghiaia grande" che è contiguo alla tenuta Obieto di Morano Trino, di proprietà del Demanio pubblico.
Sul piano generale richiamo quanto già la collega Ariotti è a conoscenza, sottolineando che sempre più appare necessario ed opportuno un intervento della Regione per impedire ulteriori compromissioni e trasformazioni all'ambiente fluviale del Po che è già gravemente deteriorato. Le escavazioni sul Po hanno trasformato in molte parti il fiume fino a renderlo non più individuabile. E' stato trasformato da impianti di pioppeti fatti all'interno degli argini e in occupazione di aree golenali ed anche da piantamenti vari che modificano sostanzialmente il carattere fluviale dell'asta del Po eliminando quindi progressivamente il carattere paesaggistico e naturalistico.
Proprio per dar vita ad una politica organica da un lato di salvaguardia del fiume e dall'altro di utilizzo, la Giunta regionale ha presentato approvato e presentato al Consiglio regionale un aggiornamento al piano dei parchi che ricomprendendo ampie aree di salvaguardia lungo il Po e zone di particolare pregio naturalistico ed ambientale, tende al recupero di questo ambiente umido attraverso appunto l'istituzione di un parco con vincoli di tutela graduati in base alle caratteristiche dei vari tratti del fiume. E' stato inoltre avviato dall'ASsessorato lo studio per la predisposizione di un piano territoriale operativo avente per oggetto la fascia fluviale del Po. Attraverso questo strumento di pianificazione territoriale sarà possibile in futuro un controllo delle trasformazioni e delle attività lungo il fiume, introducendo sul Po, su questo segno naturalistico così rilevante, una valutazione di impatto ambientale per le attività che possano e debbano essere consentite. Aggiungo che gli interventi citati nell'interrogazione non sono ancora stati puntualmente localizzati. A questo proposito avevamo chiesto informazioni all'Assessorato alle cave per gli aspetti di escavazione, ma non abbiamo ancora avuto una risposta.
Invito la collega Ariotti a sentire anche attraverso la forma dell'interpellanza il collega Bruciamacchie. Il decreto ministeriale (Galasso) del 21/9/1984 al punto 1) lettera c) stabilisce che i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua classificabili pubblici e le relative ripe per una fascia di 150 metri ciascuna, sono sottoposti per qualsiasi eventuale modifica dello stato dei luoghi all'autorizzazione preventiva dell'amministrazione regionale competente in materia, ai sensi dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616.
A tutt'oggi non risultano pervenute richieste di autorizzazione relativamente alle opere citate nell'interpellanza. Pertanto non sono state autorizzate ai sensi della legge 1497 del 1939, dalla Regione.
Faccio presente tuttavia che trattandosi di prelievi di inerti dall'alveo del fiume, le opere in corso potrebbero essere state a suo tempo autorizzate dal Magistrato del Po che è stato l'esclusivo competente in materia fino all'emissione del decreto del 21/9/1984. In questa fase abbiamo sottolineato e comunicato al Magistrato del Po che ogni autorizzazione all'escavazione deve essere accompagnata dall'autorizzazione ai sensi del decreto Galasso. Non abbiamo ancora avuto risposte alla nostra sollecitazione al Magistrato del Po.
Sappiamo che il Magistrato del Po ha inviato circolari alle Comunità Montane e a vari enti che tenderebbe a far enucleare dalle procedure previste dal decreto Galasso le opere di escavazione ritenendosi il Magistrato del Po l'unico soggetto avente diritto di intervento sul fiume.
Ancor più appare necessario ed urgente che la Regione su aste fluviali rilevanti quanto quelle del Po prenda un provvedimento di governo di quanto avviene e quindi assuma in prima persona una responsabilità diretta complessiva e non settoriale.
Spero che il collega Bruciamacchie completi la mia risposta. Resto in attesa di informazioni per poter decidere come procedere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti per la replica.



ARIOTTI Anna Maria

Vorrei che l'Assessore Brucia- macchie fosse presente. I problemi oggetto di questa interrogazione, sono stati discussi molte volte in quest'aula, forse troppe. Dico forse troppe perché purtroppo non hanno avuto risultati concreti se non una sensibilizzazione più estesa sia all'interno del Consiglio regionale, che all'esterno, ma secondo me anche un'esasperazione come sempre avviene quando i problemi sono più volte ripresentati e discussi e non trovano una soluzione.
Su questo caso particolare le associazioni naturalistiche hanno presentato un esposto alla Pretura: quando si arriva a questo vuol dire che c'è qualche cosa che non funziona.
So che si investono interessi grandi, soprattutto nella zona di Casale e so anche che le competenze su questi problemi sono ancora estremamente suddivise.
La Regione non ha potuto incidere. Le premesse però ci sono e possono essere concretizzate, molte sono già state indicate dall'Assessore.
Vorrei specificarle attraverso alcuni punti molto chiari. Innanzitutto la modifica della legge 43, che deve essere portata avanti entro questa legislatura, cosi come il piano dei parchi e il parco fluviale.
Chiedo formalmente alla Giunta oltretutto visto che la zona del Casalese è stata gravata dalla centrale nucleare, che faccia almeno questo come contropartita, che il parco fluviale venga votato e venga portato avanti in questa legislatura.
In questo modo Giunta e Consiglio avranno dignità e capacità di governo.
Chiedo inoltre che l'applicazione del decreto Galasso sia fatta con rigore e sia applicata in ogni caso. Allora pregherei davvero che tutti gli Assessori procedano in modo congiunto quando devono toccare problemi di questa natura.
Purtroppo devo avere risposte spezzettate, questo è avvenuto oggi ed è avvenuto nella risposta di due settimane fa sulla cava di Pomaro, dove Assessorati diversi mi danno risposte sempre settoriali.
Lo dico al Presidente della Giunta, al vice Presidente ed a tutti gli Assessori: una Giunta che si comporti seriamente deve assumere come motivo fondamentale della sua condotta questo coordinamento perché non è possibile che si abbiano atteggiamenti diversi su materie affini. Vi è poi una terza linea di indirizzo che vorrei indicare e insisto su un' azione più incisiva nei confronti del Magistrato del Po, in un rapporto diretto perché questo è possibile e impostando un lavoro di più lungo termine di revisione dell'istituzione stessa.
Questo lavoro è stato già portato avanti in alcune Regioni dal coordinamento delle quattro Regioni della Pianura Padana.
Non posso che ringraziare per l'interesse sempre mostrato da parte dell'Assessore Rivalta, per gli interventi concreti attuati attraverso l'opera legislativa e di stimolo di sollecitazione a suscitare ricerche scientifiche sui problemi di tutela ambientale di questo periodo. Spero solo che questa sua azione sia in questo momento e nel futuro sorretta e non contraddetta da azioni concomitanti.


Argomento: Parchi e riserve

Interpellanza dei Consiglieri Picco, Bergoglio, Devecchi e Nerviani inerente gli ambiti territoriali da vincolare


PRESIDENTE

Interpellanza dei Consiglieri Picco, Bergoglio, Devecchi e Nerviani inerente gli ambiti territoriali da vincolare.
La parola al Consigliere Picco per l'illustrazione dell'interpellanza.



PICCO Giovanni

Cerco di contenere anch'io l'illustrazione nei tempi e mi rifaccio alla sollecitazione che testé ha fatto la Consigliera Ariotti su una materia che è estremamente delicata e molto importante circa il governo del territorio e circa il regime dei vincoli che stanno calando sulla realtà regionale.
Credo che sia da rilevare una certa insensibilità della Giunta nell'affrontare il tema del Decreto Galasso non tanto e solo in termini di contenzioso, per quanto riguarda cioè gli aspetti di legittimità o meno e quindi di rivendicazione di ruoli, quanto piuttosto per il merito dei problemi. Se esaminiamo le implicazioni che il Decreto Galasso comporta sul governo del territorio, implicazioni che come abbiamo rilevato in una proposta di legge che abbiamo presentato, incidono sostanzialmente sui poteri amministrativi e quindi sui ruoli degli amministratori comunali, non possiamo pensare che la Regione rimanga insensibile di fronte a queste gravi impossibilità di gestire coerentemente l'istituto e il contenuto di questi decreti.
Chiediamo che questa interpellanza faccia luce sul rapporto tra la Regione e gli Enti locali.
Per quanto attiene alla precisazione dei ruoli, il nostro ddl (che speriamo venga sottoposto quanto prima all'esame della II Commissione) chiarisce questi livelli di competenza e un quadro di competenze che non risultavano dal Decreto Galasso in modo chiaro come invece la gravità delle imposizioni che vengono fatte prescrittive impongono.
Non si tratta di argomenti che devono essere valutati sul merito e cioè se sia opportuno o meno che vi siano certi provvedimenti cautelativi, ma di provvedimenti cautelativi che, una volta emanati, possano trovare un tipo di Applicazione che sia confacente alle competenze istituzionali ai diversi livelli.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta per la risposta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Il collega Picco usa un linguaggio a me estraneo e direi anche non proprio del dibattito politico, né del dibattito di merito che normalmente si svolge in Consiglio regionale.
Gli risponderò precisando che noi non abbiamo aperto un contenzioso con il Ministro dei beni culturali come invece hanno fatto alcune altre Regioni, perché ci è parso che nel nostro Paese fosse necessaria una sterzata nei confronti del problema della tutela ambientale, una sterzata che faccia inglobare il problema della tutela ambientale nei processi di governo amministrativo, nei processi di intervento economico e produttivo.
D'altra parte non avremmo capito come mai nel governo Craxi siano stati introdotti, dal punto di vista dell'organizzazione governativa, entità nuove nei confronti del problema ambientale, come quella del Ministero dell'ecologia.
Quindi non abbiamo assunto un atteggiamento di contenzioso nei confronti del Governo, abbiamo invece sollecitato una discussione nel merito, ritenendo che una politica di tutela ambientale non possa essere fatta semplicemente attraverso i decreti.
Operare attraverso l'affermazione di vincoli non significa affatto inglobare nelle procedure di carattere produttivo ed economico il tema dell'ambiente, significa soltanto sovrapporlo.
Per questo abbiamo partecipato alle riunioni che su richiesta di alcune Regioni sono state effettuate presso il Ministero dei beni culturali, in particolare con il Sottosegretario Galasso, al quale abbiamo chiesto di accogliere indicazioni che a noi parevano positive per modificare il decreto, intanto riportandolo a termini di applicazione articolati a seconda delle strumentazioni delle singole Regioni.
La nostra Regione ha svolto un discorso di pianificazione, di corretto uso del territorio come nessun'altra Regione d'Italia, ha operato attraverso interventi di tutela specifica in aree di particolare pregio ambientale, nei parchi per esempio, ha svolto un'azione sul piano della politica urbanistica di vasto impegno.
Nessuna Regione ha una percentuale così alta di Comuni dotati di piani regolatori recenti, basati anche sulle concezioni culturali che sono emerse in questi ultimi anni attorno al problema ambientale. Abbiamo ribadito al Sottosegretario Galasso di condividere lo spirito del provvedimento riconoscendone la necessità.
Si è pure affermata l'esigenza che venisse riconosciuto il ruolo fondamentale delle Regioni nella gestione del proprio territorio e che il decreto del 21/9/1984 venisse integrato da un successivo provvedimento articolato in modo da rispettare le competenze regionali e il quadro legislativo e normativo di cui molte Regioni si sono dotate, con finalità simili a quelle che hanno ispirato il decreto Galasso stesso.
Sono state riunioni di grande interesse, anche determinate dal valore culturale di una persona come Galasso. Purtroppo finora non hanno dato frutto perché il decreto non è stato modificato.
Ci si trova allora nella situazione di dover sottoporre a tutela una parte rilevante del territorio regionale e questo pone problemi di adeguamento dei servizi, del personale e pone problemi, oggi più di ieri di interpretazione differente di opportunità tra me per esempio e gli uffici.
Credo sia giunto il momento di promuovere un decentramento dell'esercizio di queste competenze.
La Regione opera per delega e appare incerto rischioso un ulteriore decentramento attraverso una sub-delega. Abbiamo svolto un ruolo attivo perché il decreto venisse modificato, ci siamo messi in moto per esercitarlo al meglio, certo trovando la difficoltà dell'attua le struttura che non è adeguata alle esigenze del nuovo decreto, trovando la difficoltà di merito, amministrativa e politica di dover operare insieme alle politiche attive di governo del territorio che la Regione ha messo in atto con una politica di vincolo così estesa che ci è calata dall'alto.
In merito al punto 2 del Decreto Galasso, quello che promuove l'individuazione di aree in cui dovrebbero venire inibite opere e lavori fino al 31/12/1985, la competente Sovrintendenza ai beni architettonici ed ambientali del Piemonte, ha inviato al Ministero per i beni culturali un elenco di proposte coperte dal segreto d'ufficio. I rapporti tra gli organi pubblici che operano su stessi indirizzi, su stessi settori, sono regolati anche dal segreto d'ufficio.
Ho scritto al Ministro Gullotti e al Sottosegretario Galasso per essere messo a conoscenza di queste indicazioni, chiedendo che queste indicazioni vengano discusse con le Regioni.
Quindi non siamo affatto stati passivi o latitanti come dice il Consigliere Picco, abbiamo invece svolto un'azione attiva per gestire al meglio il decreto, abbiamo cercato nella situazione attuale di portare avanti la nostra responsabilità di controllo, di gestione che il decreto ci attribuisce.
Aggiungo, richiamandomi all'interpellanza testé discussa che mi sembra importante che su un fatto singolare e di grande rilievo come quello del fiume Po, la Regione faccia quel passo avanti che in altre parti del territorio ha fatto per istituire il parco fluviale e per riportare ad una gestione permanente, attiva, oculata, la tutela della maggiore asta fluviale della nostra Regione.
Questo sarebbe un segno di carattere positivo nella strada che sottolineava come necessaria il Consigliere Picco, quella cioè di fare interventi di programmazione, di pianificazione e di studiare strumenti di gestione e non stare fermi soltanto all'intervento di vincolo del decreto Galasso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

La risposta dell'Assessore ha in parte dato alcune ragioni dell'apparente non presenza della. Regione su questa materia, dico apparente perché...



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Scusami Picco, voglio informarti che per limitare gli effetti di questo decreto noi abbiamo assunto alla metà del mese, deliberazioni per autorizzare in via generale la ceduazione ed il taglio dei boschi di alto fusto là dove sono stati approvati dei piani di assestamento forestale passando ad un utilizzo degli strumenti di programmazione e di pianificazione, li dove ce li siamo dati, in funzione attiva e positiva e non restando fermi nell'ambito del decreto Galasso.
Abbiamo inoltre, con una definizione tecnica più oculata e studiata con gli esperti, assunto una deliberazione per l'autorizzazione generale del taglio dei boschi produttivi, pioppi o frutteti o di strutture forestali che hanno questo carattere. Ma su questo risponderò dopo.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Risottolineo, anche a seguito dell'informazione che ha dato adesso l'Assessore, che si colmano in parte alcuni dubbi sulla presenza attiva della Regione su questa tematica. Le deliberazioni che sono state prese pur nella loro importanza, colmano solo gli aspetti che concernono la gestione delle attività agricole e silvo-pastorali, però non tutte le attività produttive, in particolare le attività di estrazione che sono pure assoggettate a pesanti limitazioni in funzione del decreto. Il pericolo è che queste attività di estrazione non potendosi seguire negli alvei sedimentari alluvionali, si vadano a ribaltare sui terreni agricoli sottraendo all'uso del territorio agricolo ulteriori aree, quando invece l'effetto di tutela dovrebbe appunto esercitare una conseguenza opposta.
Come abbiamo sottolineato nella proposta di legge che abbiamo presentato il decreto Galasso incide anche sulle previsioni degli insediamenti, sia di quelli consolidati nella loro accezione più vasta.
Rinvio all'esigenza di prendere coscienza di questa realtà esaminando il nostro progetto di legge e cercando di correggere la limitazione eccessiva che il decreto introduce, cioè il riferimento alle perimetrazioni della legge 765. Non mi addentro su questo argomento perché spero che ne avremo occasione di farlo in sedute successive.
E' pur vero che la Regione si trova in una situazione vincolistica pesante per effetto di una serie di provvedimenti, per l'individuazione di aree poste sotto tutela ai sensi dell'art. 9 della legge 56, e forse non aveva bisogno dell'ulteriore decreto Galasso, però questa rivendicazione di un ruolo proprio della Regione, secondo me, caro Assessore, va rivendicata non in termini conflittuali, ma di contrapposizione ad un modo di gestire queste attività da parte del Governo e che sia di ragione anche rispetto poi agli effetti che ne discendono sul territorio.
Queste ragioni sono da rivendicare per quanto attiene in genere alle competenze Regione-Stato, ma sono da rivendicare anche nel merito rispetto ad una serie di attività, di proposte rispetto alle quali il Governo non potrebbe rimanere indifferente.
Se la Regione Piemonte, saputo che le Sovrintendenze redigevano questi elenchi, avesse attivato una sua proposta, oggi ci troveremmo di fronte a due elenchi, quello della Regione Piemonte e quello delle Sovrintendenze quindi il Governo si troverebbe ad assumere un atteggiamento definitivo decisionale, che non sia poi l'accettazione dell'unica proposta che giace a Roma che è quella delle Sovrintendenze.
Questo è il primo aspetto.
Gli aspetti più rimarchevoli di questa questione riguardano le strutture. Ci troviamo di fronte ad una materia, seppur delegata, che non trova nella Regione una capacità strutturale di governo e di gestione che sia adeguata all'importanza.
Lo dimostra il fatto che, ad esempio, le Commissioni per i beni culturali ed ambientali sono state previste in due edizioni della L. 56 e non sono state ancora attivate nei Comprensori. Lo dimostra la difficoltà che forse lo stesso Assessore ribalta o sulla Giunta o su altri colleghi di non avere capito l'esigenza di dotare questa struttura e questo servizio di personale sufficiente.
Lo dimostra il fatto che il decentramento di queste competenze non ha attribuito una virgola di competenze ai Comuni. Questo è paradossale.
Posso capire che alla Regione si possa continuare ad attribuire competenze che attengono al Governo del territorio, ma il Governo della "vetrina" dell'insegna luminosa, non attiene al Governo del territorio.
La Regione si tiene queste competenze minimali e riduttive che potrebbero essere date ai Comuni per poi addurre giustificazioni in ordine all'impossibilità di gestire il fiume che dilaga e quindi l'emergenza dei gravi problemi, che riconosco attengono ad una Regione che, grazie a Dio ha una sua vitalità e una sua capacità anche di muoversi.
Siamo soddisfatti per la prima parte dell'informazione, ma non siamo soddisfatti per tutto ciò che deve essere ancora affrontato.
Auspichiamo che questo discorso si approfondisca innanzitutto con una serie di deliberazioni che integrino le emergenze che abbiamo sottolineato soprattutto per le attività produttive, ed affrontino nel merito il problema dei rapporti Comuni-Regione e il problema dei centri abitati con una proposta legislativa che sia adeguata al Governo che richiede questo decreto.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Boschi e foreste

Interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Penasso, Giorsetti, inerente le procedure di autorizzazione al taglio dei boschi cedui


PRESIDENTE

Interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Penasso, Giorsetti, inerente le procedure di autorizzazione al taglio dei boschi cedui.
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai parchi

Il servizio competente ha approfondito il tema delle autorizzazioni da formulare ai sensi della legge 1497 del 1939 per il taglio dei boschi e l'ha fatto con gli apporti tecnici del Corpo forestale dello Stato, dei Servizi di forestazione ed economia montana dell'Assessorato regionale all'agricoltura e foreste, per procedere ad una corretta applicazione del cosiddetto decreto Galasso e nel rispetto delle leggi regionali e statali vigenti in materia di forestazione e, per altri versi, per avere una coerenza anche dal punto di vista tecnico nella definizione della normativa di autorizzazione.
A seguito di tale studio, si è proceduto a sottoporre alla Giunta regionale, che ha deliberato il 19 gennaio 1985, la decisione di autorizzare ai sensi dell'art. 82 del DPR 616 su tutto il territorio regionale l'esecuzione delle opere previste nei piani economici di assestamento, gia regolarmente approvati dai competenti organi regionali in data antecedente il 21/9/1984, di autorizzare l'esecuzione dei tagli dei boschi cedui semplici composti e da capitozza, a condizione che gli stessi vengano effettuati nel rispetto delle prescrizioni di massima vigenti nelle singole province.
In data 26/2/1985 si è deciso di autorizzare, ai sensi del Decreto presidenziale 616, su tutto il territorio regionale, l'impianto, la normale coltivazione, l'utilizzazione intercalare e di fine turno dei pioppeti e delle altre piantagioni arboree o arbustive industriali da legno o da frutto provenienti da impianto artificiale, Quando tali colture non considerabili bosco o foreste ricadono in zone sottoposte per ubicazione o destinazione al vincolo paesistico di cui alla legge 1497 del 1939 a condizione che le operazioni indicate escludano modificazioni plani altimetriche del suolo ed a condizione che gli impianti non vengano eseguiti entro superfici a bosco o foresta; di autorizzare poi ancora su tutto il territorio regionale rimboschimenti, rinfoltimenti, le conversioni verso la fustaia, nonché le operazioni selvo-culturali eseguite nei boschi e nelle foreste ivi compresi gli sfollamenti, diradamenti dei tagli sanitari, ma escluse le utilizzazioni di fine turno delle fustaie coetanee e coetaneiformi e dai tagli di curazione delle fustaie disetanee comportanti l'utilizzazione di piante che hanno raggiunto il diametro di recidibilità, quando le stesse operazioni si svolgono in conformità alle prescrizioni di massima di polizia forestale oppure sulla base di progetti redatti dai servizi forestazione regionali o dal corpo forestale dello stato secondo le rispettive competenze.
Queste deliberazioni sono state assunte nelle date che ho detto dalla Giunta regionale e sono presso il Commissario di Governo per la loro approvazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Ringraziamo l'Assessore per la risposta. Prendiamo atto con favore della decisione della Giunta anche se dobbiamo sottolineare un ritardo che è stato evidenziato dalle lamentele e dalle critiche di coloro che erano saliti a svolgere la ceduazione in un certo periodo dell'anno e che quest'anno invece si trovano a doversi scontrare con il cosiddetto decreto Galasso.
La decisione della Giunta è condivisibile ed opportuna. Vorremmo solo sottolineare un aspetto: il decreto Galasso avrà degli aspetti positivi ed alcuni negativi.
Fra gli aspetti negativi vi è senz'altro quello di calare dall'alto su una realtà consolidata e che vede nelle zone montane dove ci sono i boschi una consuetudine:, bisogna essere molto attenti ad andare a prendere provvedimenti che contrastino con le consuetudini di lavoro, e di coltivazione nelle zone monta ne che l'esperienza ci dice che non hanno mai sconvolto l'equilibrio della natura.



PRESIDENTE

Scusi Consigliere. Il regolamento del Consiglio regionale prescrive che non è possibile affiggere alcun tipo di insegna in questa sala mentre è in corso la seduta del Consiglio. Chiedo di rispettare il regolamento e di ritirare gli striscioni esposti nella tribuna del pubblico. Consigliere Lombardi, prego.



LOMBARDI Emilio

Queste iniziative rischiano di portare ulteriore danno ai pochi rimasti nelle zone montane a tutelare l'equilibrio ecologico.
I problemi ecologici nelle zone montane derivano soprattutto dall'assenza dell'uomo, e perché vi rimanga l'uomo è importante che le normali coltivazioni che si sono svolte nei tempi passati possano continuare.


Argomento: Formazione professionale

Interrogazione del Consigliere Picco inerente le scuole professionali per parrucchieri


PRESIDENTE

All'interrogazione del Consigliere Picco inerente le scuole professionali per parrucchieri, risponde l'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

A tutt' oggi in Piemonte non sono attivati corsi regionali di formazione professionale nel settore dell'artigianato di servizio per parrucchieri.



PRESIDENTE

Scusi l'interruzione Assessore. Chiede di intervenire il Consigliere Marchini. Abbia pazienza.



MARCHINI Sergio

Posto che non siamo nelle condizioni di porre sanzioni agli esterni che non ci consentono di rispettare il regolamento. Chiedo di applicare a noi stessi la sanzione di sospendere il Consiglio, qualora l'ordine anche formale del Consiglio non venga ripristinato.



PRESIDENTE

Non è il caso di sospendere il Consiglio. Continuiamo i lavori con l'intervento dell'Assessore Tapparo. La richiesta che la Presidenza ha fatto ovviamente deve essere rispettata. Possiamo proseguire.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Il motivo di questa scelta non ha origine da un disconoscimento dell'importanza di questo settore, ma in una situazione di risorse limitate tale settore non rientra in quelli prioritari di intervento per riqualificazione e formazione professionale.
Si è pensato di dare priorità a settori dove oggi sono più critici e maggiori sono le tensioni del mercato del lavoro e più ampie sono le prospettive occupazionali e più alti sono i riflessi nella crescita del nostro sistema economico. Ci è sembrato più importante forzare la formazione in quei settori dove nuove figure professionali si stanno manifestando, dove il sistema produttivo piemontese si evolve per stare al passo con l'innovazione tecnologica ed organizzativa, cadenzata dalla competitività internazionale.
Questa è la ragione per la quale a tutt'oggi non c'è ancora un impegno diretto da parte della Regione nel settore in discussione. Tuttavia non lo consideriamo un settore marginale. Lo squilibrio che si è creato ultimamente fra servizi offerti e domanda dell'utenza impone un'attenzione nuova da parte nostra sul problema e l'esigenza di una ricerca di soluzione.
Va evidenziato che si registra una crescita continua di operatori non qualificati che cercano di inserirsi in tale realtà lavorativa, senza aver acquisito una vera e propria professionalità.
Abbiamo in corso incontri con le associazioni di categoria per verificare possibilità occupazionali in questo settore, nella quantità e nella qualità necessarie, al fine di meglio definire e programmare gli interventi formativi, in modo che siano più rispondenti alle reali esigenze economico-sociali della Regione, operando inoltre accertamenti sul numero di autorizzazioni rilasciate dai Comuni riferiti alle attività di parrucchieri e di estetisti anche per ricercare un giusto equilibrio tra la popolazione e tale attività. Tutto ciò con l'intento di frenare l'abusivismo.
Ovviamente, nel momento in cui la Regione riconoscesse gli enti preposti a tale formazione, questi dovranno adeguarsi rigorosamente alle normative che regolano la formazione professionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Ringrazio l'Assessore per la risposta. Credo che abbia il segno di giustificare una carenza dell'amministrazione regionale in ordine all'attivazione di corsi professionali su questa materia lasciando uno spazio indiscriminato alle iniziative private e quindi di fatto non riuscendo a dirimere gli aspetti più sconcertanti, gli aspetti di una penalizzazione sostanziale della categoria soprattutto in alcune aree urbane dove la concorrenza è spietata e dove l'allargamento delle licenze è tuttora oggetto di attente valutazioni ad evitare, ovviamente, che questi mestieri divengano improduttivi.
Credo di non dovermi dilungare molto su questa questione anche se andrebbe ricordata la vicenda che ha accompagnato la cassazione da parte del TAR Piemonte (sentenza del 1982) della legge 28/80 che aveva appunto per titolo: "Attività formative libere con presa d'atto regionale".
La cassazione di quel provvedimento avrebbe dovuto indurre la Regione dopo a correggere gli effetti più distorcenti della cassazione stessa e cioè gli effetti che non impediscono alla Regione di tutelare le attività educative libere e non impediscono di tutelare soprattutto gli allievi che vedono in questi corsi di formazione una prospettiva per il loro avvenire professionale.
Prendo atto dell'impegno dell'Assessore di porre rimedio a questa carenza, ma sottolineo che il ritardo è paradossale e che il danno che ne è derivate alla categoria ed ai futuri aspiranti è sotto gli occhi di tutti.
Ci troviamo di fronte ad allievi che vengono abilitati senza titolarità e senza possibilità di collocazione. Se la normativa regionale fosse stata rigorosa e più attenta, oggi saremmo in grado di operare una selezione professionale e in grado di produrre effetti sul piano occupazionale produttivo.
Di questa preoccupazione ce ne dobbiamo far carico non solo per tutelare gli interessi settoriali, ma anche per tutelare i consumatori quindi la comunità nella sua generalità, ha diritto di sapere se queste attività sono 0 non solo legittime, quindi se è legittimo o meno fare riferimento ad esse per un servizio largamente popolare. E' interesse del legislatore, dell'istituto regionale e comunale tutelare il consumatore anche dal punto di vista di calmierazione e quindi di produzione di soggetti adatti a determinare una concorrenza leale.
Il quadro che abbiamo è invece un quadro di abusivismo e di incertezza insoddisfacente per gli operatori, frustrante per gli aspiranti futuri parrucchieri e penalizzante per i consumatori.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo dell'ordine del giorno "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che sono in congedo i Consiglieri Chiabrando, Gastaldi, Ratti e Simonelli.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 500: "Norme per la costituzione delle commissioni giudicatrici dei concorsi per l'ammissione alle qualifiche funzionali regionali", presentato dalla Giunta regionale in data 28 febbraio 1985 N. 501: "Rettifica di errori materiali della legge regionale 16 agosto 1984, n. 40", presentato dalla Giunta regionale in data 28 febbraio 1985 N. 502: " Integrazione all'art. 6 della legge regionale 19 maggio 1982, n. 11", presentato dalla Giunta regionale in data 28 febbraio 1985 N. 503 "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 23 luglio 1982, n. 16", presentato dalla Giunta regionale in data 4 marzo 1985.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 24 gennaio 1985: "Integrazione alla legge regionale 6/8/1984 n. 36 'Rendiconto dell'esercizio finanziario 1983"' alla legge regionale del 24 gennaio 1985: "Provvedimenti per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della produttività nel settore dell'artigianato".


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Comunico che le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 29 gennaio, 5, 7, 12, 14, 19 e 21 febbraio 1985 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della legge regionale 6/11 /1978 n. 65, i cui elenchi sono depositati ed a disposizione presso l'Ufficio Aula.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Richiesta di risposta ad interrogazione


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, ricordo che abbiamo presentato un'interrogazione urgente che concerne l'applicazione del condono edilizio. Vorremmo sapere dal Presidente della Giunta, oppure da un Assessore da lui delegato, stante gli stretti termini previsti dalla legge stessa per quanto attiene gli adempimenti regionali e stante il fatto che il 27 marzo il Consiglio regionale concluderà i lavori di questa legislatura, quali sono le intenzioni della Giunta in merito.
Altre Regioni (per esempio la Lombardia) hanno già pronto il provvedimento e, nonostante l'esecutività della legge scatti a giorni, non sono in condizione di rendere operante il processo da parte del Consiglio in ordine alla sua approvazione.



PRESIDENTE

Per quanto riguarda la Presidenza posso dirle che ci adopereremo nella Conferenza dei Capigruppo perché sia assicurata una risposta nella prossima seduta del Consiglio.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Poiché il problema è importante ed urgente, speravamo che il Presidente della Giunta ci desse almeno un'indicazione di massima in proposito.



PRESIDENTE

Penso che non avrà difficoltà a darla. Per quanto ci riguarda assicuriamo l'interessamento della Presidente del Consiglio perch l'argomento sia discusso nella prossima seduta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno inerente i lavoratori in cassa integrazione


PRESIDENTE

Vi leggo l'ordine del giorno che le forze politiche hanno concordato in seguito all'incontro con i rappresentanti dei cassintegrati: "Rilevata la permanenza di cig ordinaria e straordinaria (70.000 lavoratori a zero ore) Visto i contenuti della legge finanziaria '85 nella quale tra l'altro si è confermato il meccanismo di adeguamento per il tetto stabilito dalla legge 891 del 22/12/80 e si sono introdotte per la prima volta le detrazioni anche per oneri previdenziali (8,65 per cento) sulle somme erogata per la cig considerato che il combinarsi del già insufficiente aumento annuale del tetto salariale (attualmente copre solo il 70 per cento del salario reale) con le ulteriori detrazioni si arriverebbe ad una copertura reale pari a circa il 60 per cento del salario constatato che avendo attuato tale misura i redditi familiari dei lavoratori che usufruiscono dell'istituto della cig diventano insufficienti a garantire la già precaria sopravvivenza di intere fasce di lavoratori, determinando quindi un aggravamento ulteriore delle tensioni sociali oggi esistenti nella nostra Regione preoccupato per i gravi ritardi nell'erogazione della cassa integrazione soprattutto ai lavoratori delle piccole e medie imprese invita il Governo e il Parlamento (Senato e Camera) ad attuare i provvedimenti necessari per far sì che si elimini la detrazione dell'8,65 per cento in modo che per il 1985 sia ripristinata la copertura salariale prevista dalla legge sulla Cig e per garantirne la tempestiva erogazione impegna la Presidenza del Consiglio regionale a trasmettere il presente ordine del giorno alle Presidenze del Senato e della Camera, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai Gruppi Parlamentari inoltre il Consiglio regionale alla luce della difficile situazione determinatasi in Piemonte sui problemi dell'occupazione e della Cig si impegna ad esaminare con particolare rigore le richieste di finanziamento pubblico avanzate da parte della Fiat, avendo come scopo l'avvio di una soluzione globale del problema occupazionale che parta dal punto cruciale del mantenimento degli accordi".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Tossicodipendenza

Relazione della Giunta regionale sulle linee di intervento nel settore delle tossico-dipendenze e sulla situazione dei relativi servizi


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: "Relazione della Giunta regionale sulle lince di intervento nel settore delle tossico- dipendenze e sulla situazione dei relativi servizi".
Il dibattito si apre con la relazione dell'Assessore Bajardi che ha quindi facoltà di parlare.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità ed assistenza

E' stato consegnato anzitempo ai Consiglieri vario materiale di documentazione e statistico ed anche una relazione generale. Ciò mi permette oggi di introdurre il dibattito in modo più conciso.
La costante evoluzione qualitativa e quantitativa del fenomeno tossicodipendenze nel nostro Paese, la ramificazione dell'organizzazione del mercato e dello spaccio, la diffusione della "droga" su tutto il territorio nazionale, dalle grandi aree metropolitane al più piccolo comune, la sua penetrazione in tutti gli strati sociali, l'aumento del numero di consumatori tossicodipendenti, l'abbassamento dell'età media degli assuntori di sostanze stupefacenti, il progressivo aumento dei morti per sovradosaggio, sono tutti elementi che denunciano una situazione di "emergenza" e richiedono un forte impegno delle istituzioni: Stato, Regioni ed Enti locali per affrontare con determinazione il problema ai diversi livelli, mediante programmi di intervento articolati, coordinati e permanenti.
Por in assenza di un modello interpretativo univoco della tossicodipendenza, i più recenti studi sociologici tendono a considerarla l'espressione di un disagio individuale, ma anche come problema che ha ramificazioni e rapporti con l'insieme delle condizioni di vita dei giovani.
Il ricorso all'uso di sostanze che inducono dipendenza è visto come una conseguenza del tutto prevedibile del modello di sviluppo della society contemporanea, caratterizzata dalla presenza di una efficiente criminalità organizzata strettamente legata allo spaccio della droga, dalla cultura consumistica che spinge a cercare risposte indotte ai problemi della vita quotidiana, dal deterioramento del tessuto sociale e delle spinte ideali al cambiamento.
La consapevolezza che si sta oggi diffondendo una poli tossicodipendenza endemica, più che una mono-tossicomania grave, la necessità di combattere i rischi dell'assuefazione al fenomeno e della rimozione da parte di chi non ne è direttamente coinvolto, richiedono unitamente ad una precisa strategia delle amministrazioni pubbliche per la riduzione dell'offerta, ma anche della domanda di sostanze stupefacenti una mobilitazione di tutte le forze sociali e politiche per affrontare sul piano dell'impegno democratico i problemi della society contemporanea, e delle nuove generazioni in particolare: la tutela della salute, la formazione scolastica, l'attività lavorativa, la disponibilità della casa la possibilità di espressione e- di comunicazione, la partecipazione sociale e politica, ecc...
A livello normativo, il mutamento del fenomeno impone la modificazione di alcune disposizioni non più attuali, mentre per le altre è soltanto necessaria una più puntuale applicazione.
Si avverte soprattutto l'esigenza di una nuova legislazione che preveda in sede nazionale dei reali momenti di consultazione e di partecipazione a livello politico e tecnico delle Regioni e che inquadri gli interventi per la prevenzione e la riabilitazione delle situazioni di dipendenza da ogni tipo di sostanza, legale ed illegale, nell'ambito di un progetto più ampio tendente a creare le condizioni per una migliore qualità di vita delle giovani generazioni. Ma è altresì importante che la nuova normativa accanto a forme più incisive di lotta al grande spaccio di sostanze illegali ed al divieto di pubblicità delle sostanze legali che inducono dipendenza, riconosca al tossicodipendente una dignità umana insopprimibile e la sua partecipazione attiva al processo terapeutico-riabilitativo.
Questo principio è già alla base della legge 23 dicembre 1978 n. 833 di riforma sanitaria, che sancisce che la tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.
Pur essendo stata evidenziata da più parti e da più tempo la necessità di un approccio interdisciplinare al problema, che unisca al dibattito sulle varie ipotesi farmacologiche e psicoterapeutiche, anche l'analisi socio-economica e culturale del fenomeno e le sue implicazioni politiche, è fuor di dubbio che per molti anni sia a livello centrale che regionale è nel comparto sanitario o assistenziale che si sono incentrate le principali competenze e responsabilità di gestione del problema droga.
Pertanto, pur ammettendo che nuovi passi in avanti devono essere compiuti a livello delle strutture sanitarie, per estendere e migliorare il livello delle prestazioni, si può affermare che una fase, nella lotta alla tossicodipendenza, quella appunto della priorità sanitaria-assistenziale deve essere considerata in gran parte superata, e che proprio il livello di organizzazione e di risposte realizzato in questo settore ha creato le condizioni e le premesse, ha fornito utili dati di esperienza e di conoscenza del fenomeno, che hanno determinato negli ultimi anni la ricerca di collegamenti e collaborazione con altre competenze istituzionali per affrontare il problema nella sua complessità.
E' necessario quindi per il futuro spostare l'accento dal comparto strettamente sanitario-assistenziale alle iniziative di collegamento tra questi ed altri settori ed alla sperimentazione di attività specifiche in campi che, a prima vista, potrebbero non sembrare attinenti alle situazioni di tossicodipendenza.
Prima di procedere all'indicazione delle linee programmatiche ed operative a breve e medio termine, intendo riassumere brevemente luci ed ombre dell'intervento nel settore delle tossicodipendenze nella nostra Regione, illustrate più dettagliatamente nella relazione che è stata distribuita, e tentare di individuarne le cause.
Possono sicuramente essere considerati elementi positivi dell'intervento finora realizzato: a) il numero dei servizi attivati e la loro distribuzione in tutte le Unità Socio Sanitarie Locali b) l'accoglienza e la presa in carico di tutti gli utenti da parte delle équipes territoriali ("i servizi danno comunque sempre una risposta" recita una direttiva della Commissione regionale tossicodipendenze), senza l'attivazione di liste di attesa c) l'abbassamento generalizzato dei dosaggi iniziali di metadone sciroppo per i trattamenti di disassuefazione su tutto il territorio regionale, in considerazione dell'attuale minor dipendenza eroinica degli utenti, dell'aumento del fenomeno di poli-tossicodipendenza e della graduale disponibilità di altri strumenti di intervento d) la progressiva limitazione della concessione dell'autogestione del metadone agli utenti per finalità terapeutiche, resa possibile anche dall'ampliamento degli orari di apertura degli ambulatori ospedalieri e, in qualche raro caso, dalla collaborazione delle farmacie e) il non impiego dei preparati a base di morfine nella terapia di disintossicazione, sia per i problemi relativi all'uso per via parenterale sia per le precise indicazioni regionali circa la possibilità del loro utilizzo soltanto a titolo sperimentale, mediante la predisposizione di un apposito protocollo di ricerca f) il miglioramento delle possibilità di ricovero in ospedale per le patologie associate e dell'assistenza alle tossicodipendenti in stato di gravidanza g) il crescente impegno degli operatori dei servizi pubblici nel potenziare gli interventi psicologici e sociali, individuali o di gruppo pur in presenza di difficoltà operative inerenti all'elevato carico di lavoro ed alla inadeguatezza delle strutture h) il coinvolgimento attivo dei parenti nel programma terapeutico e l'attivazione in alcuni servizi di gruppi di discussione, sostegno ed aiuto reciproco aperti ai famigliari dei tossicodipendenti, determinati da una più ampia disponibilità delle famiglie a socializzare le proprie problematiche, da un minor grado di conflittualità fra i giovani ed i loro parenti, da una maggior attenzione ai problemi famigliari da parte degli operatori i) l'avvio in alcune zone, con la collaborazione delle famiglie, delle terapie domiciliari, che offrono il duplice vantaggio di isolare il giovane rispetto alle possibilità di approvvigionamento della sostanza e di permettergli un trattamento di disassuefazione in un ambiente più sereno e "protetto" rispetto a quello della struttura ospedaliera l) la buona collaborazione fra operatori territoriali delle UU.SS.SS.LL. ed operatori della scuola per la realizzazione di programmi differenziati di informazione agli educatori (genitori, insegnanti animatori, ecc.) al fine di porli in grado di affrontare con i giovani nell'ambito dei normali processi educativi, i problemi connessi alla dipendenza dalle sostanze m) l'attivazione di alcune occasioni di collaborazione fra operatori UU.SS.SS.LL. ed operatori dei Comuni, specie di quelli di maggiore dimensione, per la programmazione e la realizzazione di "progetti per i giovani", tendenti a migliorare la qualità di vita delle nuove generazioni n) la garanzia di intervento delle équipes territoriali negli Istituti di prevenzione e pena per adulti e per minorenni, nonché nelle sedi di arresto, per predisporre il programma di disassuefazione a favore dei tossicodipendenti detenuti o) la collaborazione e lo scambio di informazioni tra operatori delle UU.SS.SS.LL. e la Magistratura e le forze dell'ordine, per l'individuazione dei luoghi di spaccio delle sostanze illegali e di eventuali casi di prescrizione e/o consegna indiscriminata di farmaci p) lo stretto rapporto tra servizi pubblici ed iniziative private, con obiettivi e modalità operative comuni, per un'attività integrata di lotta alla droga.
L'evolversi della normativa e degli indirizzi regionali in relazione ai vari momenti della legislazione nazionale ed alla trasformazione del fenomeno, in gran parte dovuto alla positiva collaborazione tra livello di decisionalità politica e livello tecnico-operativo, ha senza dubbio influito positivamente sul progressivo adeguamento delle prestazioni dei servizi. Altri fattori positivi sono da individuarsi nella disponibilità e nell'impegno di alcuni amministratori e di molti operatori, nella formazione professionale ed esperienza da essi acquisite, nella corretta integrazione tra servizi pubblici ed alcune iniziative di volontariato.
Desidero pertanto evidenziare l'importante apporto del volontariato che rappresenta oggi nella nostra regione una realtà concreta di partecipazione, inserita nel territorio, con la gestione di vari servizi: l'accoglienza e la presa in carico di situazioni le comunità nelle diverse forme: pronta accoglienza, residenziali nuclei di convivenza autonomi attività lavorative: cooperative, laboratori artigianali.
Anche le sei associazioni per le famiglie, nate sulla spinta di esigenze comuni a tanti genitori di, essere non solo sostenuti, ma aiutati a capirsi ed a gestire i problemi dei propri figli, hanno fattivamente contribuito, operando in maggior parte in collaborazione con i servizi pubblici o all'interno degli stessi, alla realizzazione dei programmi riabilitativi. Sul piano della mobilitazione culturale e sociale nella nostra regione, ed in particolare a Torino, si deve registrare positivamente l'impegno di lotta alla droga e all'indifferenza che si va diffondendo negli ultimi tempi tra i gruppi spontanei, l'associazionismo, i movimenti giovanili, le forze sociali e politiche.
Accanto a questi dati positivi, devono comunque registrarsi ancora alcune situazioni problematiche: a) il preoccupante aumento del numero dei morti per "overdose" nel 1984 b) la inadeguatezza del numero e degli orari degli operatori della maggioranza delle équipes territoriali, rispetto alle necessità di intervento c) la mancanza di sedi adeguate ed unificate con altri servizi territoriali d) il permanere, salvo rare eccezioni, di serie difficoltà per ottenere dalle strutture ospedaliere le prestazioni di competenza: trattamenti di urgenza, somministrazione ambulatoriale del farmaco sostitutivo, ricoveri per disassuefazione e per una loro corretta collaborazione con le équipes territoriali e) la scarsa partecipazione dei medici di base e dei farmacisti sia all'attività di informazione e di orientamento ai servizi, sia al trattamento dei tossicodipendenti f) la mancata formalizzazione di regolari rapporti di collaborazione tra gli operatori delle UU.SS.SS.LL. e le autorità sanitarie militari, per programmi di prevenzione e di assistenza ai giovani in servizio di leva g) la non realizzazione in molte zone di programmi di formazione permanente degli operatori, dopo le iniziative attivate a livello regionale e di quadrante h) il ritardo nello sviluppo dell'attività informativo-epidemiologica per problemi inerenti al cambiamento delle procedure di raccolta dei dati i) la mancanza in molte UU.SS.SS.LL. di strutture od iniziative per il reinserimento sociale dei giovani in condizione di marginalità e/o disadattamento.
Le cause del permanere di queste situazioni di carenza od inadeguatezza delle prestazioni sono molteplici: la non corretta applicazione della legge regionale 23/8/1982 n.20 in alcune zone il lento processo di attivazione dei distretti la mancata formalizzazione di modelli organizzativi e di procedure operative integrate fra le varie risorse territoriali, per cui singoli momenti di "integrazione" sono stati possibili prevalentemente per attivazione volontaristica ai diversi livelli le procedure complesse per l'adeguamento delle piante organiche il turn-over degli operatori, alimentato dalla condizione di precariato e dal carico di lavoro le difficoltà ad individuare strutture idonee per l'attivazione di interventi riabilitativi gli atteggiamenti di rifiuto nei confronti dei tossicodipendenti da parte di amministratori, operatori e cittadini il ritardo nel decentramento da una a più UU.SS.SS.LL. nella città di Torino.
L'attuale situazione dei servizi e le principali difficoltà ed esigenze emerse a livello regionale nel triennio scorso hanno determinato l'individuazione, nella proposta di piano socio-sanitario regionale 1985/87, di due nuovi obiettivi in aggiunta a quelli indicati nel piano precedente: recupero da parte del nucleo famigliare del tossicodipendente del suo ruolo istituzionale modificazione degli stereotipi di lettura, degli atteggiamenti di indifferenza e delega da parte delle diverse realtà sociali nei confronti delle situazioni di emarginazione e di tossicodipendenza.
Per il perseguimento degli obiettivi previsti dal piano, è necessario un maggior impegno politico e sociale a tutti i livelli e l'inserimento del problema "lotta alla droga" nell'ambito di un più ampio progetto di interventi per il miglioramento delle condizioni di vita dei giovani.
A livello regionale occorre raggiungere una partecipazione più ampia di tutte le competenze (sanità ed assistenza, cultura, turismo, sport e tempo libero, agricoltura e forestazione, parchi, lavoro, occupazione, formazione professionale e cooperazione, commercio ed artigianato), le quali devono trovare un momento di coordinamento per concorrere congiuntamente alla formulazione di programmi di intervento sulla condizione giovanile, al fine di prevenire situazioni di disadattamento ed offrire occasioni di reinserimento sociale.
A livello locale è necessario superare l'ottica settoriale della delega delle problematiche relative alla tossicodipendenza alla equipe individuata dalla U.S.S.L. - che pur ha il compito specifico di predisporre il piano terapeutico individuale e di coordinare gli interventi - e realizzare una effettiva partecipazione di tutti gli enti pubblici e delle forze sociali che possono avere un'incidenza positiva sulla crisi di alcuni settori rilevanti (scuola, lavoro, tempo libero, ecc.) del mondo giovanile.
Non è quindi sufficiente prevedere una automatica espansione degli interventi finora attuati, ma è necessario procedere secondo una linea di sviluppo e di innovazione, che consenta di colmare le carenze evidenziate nel comparto socio-sanitario come in altri settori, e di realizzare dei programmi operativi, mediante un'integrazione di più aree funzionali, anche se governate da livelli politico-istituzionali diversi.
Per quanto riguarda il settore socio-sanitario si individuano le seguenti priorità, per la cui realizzazione l'Amministrazione regionale ha già predisposto, o ha in corso di approvazione, o intende adottare a tempi brevi gli opportuni provvedimenti.
L'ulteriore graduale diffusione delle équipes per le tossicodipendenze a livello territoriale, con il conseguente adeguamento degli operatori, pu essere realizzata di pari passo con l'attivazione dei distretti e l'attuazione della legge regionale 20/1982. In particolare per la città di Torino, è indispensabile procedere all'istituzione di almeno altre cinque quipes territoriali, anche in considerazione dell'attuale fase di decentramento da 1 a 10 UU.SS.SS.LL.
Una più ferma determinazione dagli amministratori nel richiedere agli operatori sanitari le prestazioni di competenza, colmando le eventuali carenze logistiche e/o di organico, deve comportare il miglioramento delle prestazioni a livello ospedaliero, secondo le precise indicazioni regionali (cfr. gli indirizzi metodologici-operativi della Commissione tecnico consultiva per le tossicodipendenze, del dicembre 1982), e della collaborazione dei medici di base e dei farmacisti.
Si conferma che la formazione degli operatori direttamente impegnati nel settore delle tossicodipendenze (équipes interdisciplinari territoriali servizi ospedalieri, comunità) deve diventare un intervento fondamentale per il triennio 1985/87, perché soltanto attraverso la loro preparazione ed il loro aggiornamento, in relazione alla modificazione del fenomeno e dei bisogni dell'utenza, è possibile conseguire una reale trasformazione dei servizi, e quindi, delle prestazioni.
L'esigenza, da un lato, di coordinare ed omogeneizzare le iniziative attivate da alcune UU.SS.SS.LL. e, dall'altro, di facilitare la partecipazione ai corsi di aggiornamento e di formazione di tutti gli operatori degli enti pubblici e privati, ha consigliato la trasmissione alle UU.SS.SS.LL., nello scorso dicembre, di un programma redatto a livello regionale in base alle esigenze ed alle indicazioni espresse dagli operatori interessati, mediante apposito questionario. Tale programma, dopo una verifica con le UU.SS.SS.LL., deve trovare attuazione nell'anno 1985 preferibilmente a livello di poli di formazione.
Ovviamente anche formazione per il personale che dovrà essere assunto per adeguare i servizi alle nuove necessità.
Per quanto riguarda l'attività informativo-epidemiologica, è prevista a tempi brevi una serie di riunioni tra i competenti servizi della U.S.S.L. e dell'Assessorato regionale alla sanità ed assistenza per migliorare sia la regolare trasmissione della scheda di segnalazione dei trattamenti e l'attendibilità dei dati segnalati, sia il rapido ritorno della loro elaborazione ai servizi che operano sul territorio, anche alla luce delle nuove disposizioni impartite dal Ministro della sanità con decreto 10/10/1984.
E' infatti, indispensabile poter disporre di dati e misurazioni relativamente a: statistica seriata che rappresenti la diffusione e l'evoluzione del fenomeno correlazione tra variabili: sostanze d' abuso, situazione culturale e socio-ambientale, condizione psico-somatica individuale, interventi positivi attuati.
Le indicazioni emerse nelle recenti consultazioni delle UU.SS.SS.LL. a livello di quadrante, al fine della predisposizione dei programmi di intervento per l'anno 1985 da finanziare con il Fondo Sanitario Regionale a destinazione vincolata, hanno confermato la validità delle scelte, già operate dalla Regione nel triennio 1982/84, di privilegiare lo sviluppo di interventi preventivi e riabilitativi, attivati da enti pubblici o privati mediante lo stanziamento di circa 5 miliardi e mezzo.
I progetti pubblici, finanziati nei tre anni, tardano a realizzarsi, sia per difficoltà burocratiche ed organizzative, sia per il permanere dei pregiudizi nei confronti dei tossicodipendenti (Andezeno, Piverone).
Nonostante le molte difficoltà, sono stati attivati: una "struttura intermedia" a Settimo, una Comunità a Cuneo, Centri di incontro a Novara ed a Torre Pellice, mentre è prevista l'attivazione, entro pochi mesi, e comunque non oltre il 1985, di un Centro crisi, un Centro di pronta accoglienza e due strutture diurne di riabilitazione a Torino, Comunità residenziali a Bioglio e a Valenza, un Centro di pronta accoglienza a Casale.
Per i Centri di pronta accoglienza di Novara e di Rivoli, le comunità residenziali di Andezeno-Chieri, Cerano, Borgomanero, Casale, non è attualmente possibile fare previsioni puntuali circa la data di attivazione.
I contributi agli enti ed associazioni privati hanno consentito di ampliare le capacità ricettive e le possibilità occupazionali delle Comunità già operanti sul territorio regionale e di favorirne l'attivazione di sei nuove.
La proposta di riparto della quota del fondo di sviluppo vincolata al settore delle tossicodipendenze di L. 2.152.000.000, già presentata alle UU.SS.SS.LL. nello scorso dicembre (attualmente in V Commissione per il previsto parere) dovrebbe consentire l'assunzione di operatori per l'attivazione di strutture riabilitative pubbliche ed il pagamento per l'anno 1985 delle rette alle Comunità private che ospitano giovani tossicodipendenti, in base ad un programma concordato con la competente equipe pubblica territoriale.
Pur considerando la comunità residenziale o semiresidenziale come l'unico intervento risolutivo delle situazioni di tossicodipendenza, ma uno dei possibili strumenti di cui è necessario disporre per la formulazione dei programmi individualizzati, è necessario, per far fronte al fabbisogno regionale, un aumento dei posti disponibili, peraltro già previsto con i finanziamenti a destinazione vincolata degli anni scorsi e nella proposta di riparto dei fondi 1985.
La necessità di regolare i rapporti tra UU.SS.SS.LL. ed enti ed associazioni senza fini di lucro, al fine di un migliore coordinamento degli interventi, impone di procedere in tempi brevi a livello regionale in mancanza dello schema tipo di convenzione del Ministero della sanità - a fissare i requisiti e le procedure per il riconoscimento degli enti ausiliari, ai sensi dell'art. 94 della legge 685/1975 e dell'art. 4 della l.r. 62/1977, e ad approvare lo schema tipo di convenzione tra le UU.SS.SS.LL. e gli enti stessi.
Una proposta in tal senso è già stata presentata alle UU.SS.SS.LL. ed alle comunità private lo scorso dicembre, con l'invito a far pervenire osservazioni entro il mese di gennaio corrente anno, per poter quindi procedere all'adozione dei necessari atti deliberativi regionali.
I recenti avvenimenti giudiziari e l'ampio movimento di opinione sulle comunità residenziali per giovani tossicodipendenti documentano la necessità di un intervento a livello centrale per dare contorni più precisi alle iniziative private che si sono sviluppate in modo eterogeneo.
Condivido pertanto la proposta di istituire in ogni Regione un registro degli enti autorizzati al funzionamento ed un albo degli enti convenzionabili, formulata dal Gruppo tecnico di lavoro costituito presso il Ministero della sanità, con la partecipazione di funzionari del Ministero dell'interno e di alcune Regioni.
La predetta regolamentazione dovrebbe consentire di raggiungere tre obiettivi minimi: impedire l'attivazione di iniziative speculative verificare che l'attuazione dei programmi riabilitativi all'interno delle Comunità private avvenga nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana assicurare il reinserimento del giovane tossicodipendente nel normale contesto sociale.
Desidero ancora richiamare l'attenzione su una importante iniziativa in campo preventivo, prevista nella proposta di piano socio-sanitario, che dovrebbe essere avviata nell'anno in corso.
Mi riferisco all'attivazione, a titolo sperimentale, in due o tre zone ad alto rischio con realtà sociali diversificate, di un gruppo di "operatori della strada", che abbiano come sede di lavoro il territorio ed i luoghi di incontro e di aggregazione giovanile. Questo significa prevedere, nell'ambito del distretto, la "presenza" di operatori in grado di essere informati di ciò che accade in strada, per diventare, non tanto un polo di aggregazione, ma presupposto per una chiamata di responsabilità degli enti pubblici e stimolo allo sviluppo di iniziative associazionistiche e di volontariato, al fine della prevenzione di situazioni di disagio e di tossicodipendenza.
A conclusione dell'intervento mi siano consentite due considerazioni: 1) l'auspicio che l'ampio dibattito culturale e sociale sviluppatosi intorno al fenomeno tossicodipendenze non sia fine a se stesso, ma determini una reale mobilitazione delle istituzioni a livello centrale e locale con l'assunzione di precise responsabilità per realizzare la riduzione della domanda e dell'offerta di sostanze stupefacenti 2) oltre agli interventi concreti che le istituzioni possono programmare ed attuare, esiste una responsabilità personale di ciascuno di noi nel non accettare di convivere con la droga e nell'assumere un impegno civile ed umano per :favorire il miglioramento della qualità della vita e dei rapporti sociali, o, meglio, per ritrovare e far ritrovare, soprattutto ai giovani, il valore della quotidianità, attraverso il quale riuscire a riscoprire il rapporto con se stessi, con gli altri,con la società.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Si chiude qui la relazione dell'Assessore Bajardi al quale credo siamo tutti grati per la sua interessante introduzione.
Abbiamo ora otto iscritti a parlare. Parlerà ancora stamattina il collega Carazzoni. Sospendiamo i lavori, come aveva già annunciato il Vice Presidente Marchiaro, alle ore 13 per riprenderli alle ore 14. Sono già iscritti per il pomeriggio i Consiglieri Vetrino, Reburdo, Cernetti Montefalchesi, Marchini, Turco e Bergoglio.
Ha facoltà di parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo dibattito sulle tossicodipendenze si svolge mentre è ancora vivo e bruciante l'eco e lo sdegno per la sentenza di Rimini che - scaturita da un'interpretazione pedissequa e burocratica della legge - ha condannato Vincenzo Muccioli ed i suoi collaboratori di San Patrignano, ai quali tutti (anche in questo momento ed anche da questa sede) il Movimento Sociale Italiano desidera esprimere la più ampia solidarietà.
In realtà, è perlomeno sconcertante, a nostro avviso, che il verdetto di un Tribunale della Repubblica sia stato formulato senza tener conto delle responsabilità, delle insufficienze e delle mancate risposte di questo regime, ed in particolare delle strutture pubbliche, al fenomeno della droga: per cui, dobbiamo domandarci quanto sia moralmente giusta la condanna ad un privato che, come Vincenzo Muccioli, è intervenuto a "surrogare" la latitanza dei pubblici poteri, così salvando la vita a centinaia e centinaia di giovani.
Perché il punto è proprio questo: che, per combattere il flagello delle tossicodipendenze, poco si è fatto nel passato e poco si seguita a fare ancora oggi. O, a voler essere benevoli nella denuncia, lo si fà secondo un'impostazione sbagliata, che non può produrre risultati apprezzabili e che, pertanto, dovrebbe essere radicalmente riveduta.
Anche qui in Piemonte, certo, dove la diffusione della droga ha toccato ormai livelli pericolosi (e lo abbiamo sentito confermare dall'Assessore): 1 drogato ogni 849 abitanti, secondo dati del Censis purtroppo aggiornati soltanto a fine 1982, cioè 1 su 703 abitanti nella Provincia di Alessandria, 1 su 740 in quella di Torino; 1 su 781 a Novara; 1 su 1052 a Vercelli; 1 su 1563 a Cuneo; 1 su 3239 ad Asti! Ed intanto va allungandosi la tragica catena di morti per "overdose": 10 nel 1983, 28 nel 1984, già 12 in questo inizio 1985, dovendosi però tener presente che le statistiche non rispecchiano le reali dimensioni del fenomeno in quanto non comprendono i decessi per epatite virale, per affezioni renali e per collassi cardiocircolatori conseguenti all'uso sistematico di allucinogeni.
Bene: la Regione ha pure stanziato per la lotta alla droga centinaia e centinaia di milioni (1675 nell'82, 1852 nell'83, 2000 nell'84): ma, con quali risultati? In un numero del quotidiano "La Stampa" di qualche settimana fa si poteva leggere questa affermazione: "In Piemonte non esiste una sola comunità pubblica antidroga che funzioni. L'USSL ha una convenzione con Villa Turina, ma con liste d'attesa lunghe oltre due mesi. E come si può dire "torna tra due mesi" ad un giovane che dimostra serie intenzioni di disintossicarsi?": questa dura osservazione non è nostra, ma della Lega nazionale anti-droga di Torino firmata dalla sua presidente, che l'ha avanzata in una recente conferenza stampa, senza ricevere alcuna smentita! Vogliamo, ciò non di meno, cioè non ostante l'autorevolezza della fonte accoglierla con beneficio d'inventario? E sia.
Dobbiamo allora riferirci ad un altro documento, ossia al piano socio sanitario della Regione (a quello approvato, non alla proposta futura) che nell'allegato 20, tratta appunto della "Prevenzione alle tossicodipendenze e dell'assistenza ai tossicodipendenti" per testualmente affermare: "Dalla documentazione fornita dai servizi, dalle segnalazioni delle forze di polizia e della magistratura, ecc., risulta che il fenomeno della tossicodipendenza é, in questi ultimi anni, in espansione, sia per il numero degli utenti che afferiscono ai servizi, sia per il numero di persone tossicodipendenti. A questa espansione non ha fatto riscontro un adeguamento dei provvedimenti atti a contenere il fenomeno ed a garantire ai tossicodipendenti un'assistenza rispondente alle effettive esigenze...
Nei fatti, non sono stati adottati strumenti idonei per il superamento sia delle difficoltà oggettive, sia dei pregiudizi verso i tossicodipendenti onde assicurare un' immediata e corretta attuazione degli indirizzi regionali.... Le difficoltà ad attivare interventi socio-riabilitativi più completi sono da attribuirsi sia all'assenza di risorse finanziarie e di strumenti idonei, sia alla corretta scelta tecnico-politica di non attivare strutture settoriali per tossicodipendenti, ma di promuovere la creazione di una pluralità di strumenti di socializzazione e di reale possibilità di partecipazione e di, espressione dei soggetti giovanili." E adesso domandiamoci: da tutte queste ammissioni, per certi aspetti anche clamorose, quali conclusioni potremmo e dovremmo trarre se non costatare che, nella lotta contro la droga, si sono sbagliati gli strumenti e le loro modalità d'impiego, lasciandosi guidare da principi e da filosofie che oggi ripagano con questa squallida e terribile realtà. Una realtà che, per migliaia di giovani piemontesi, è una "via di distruzione" senza equivalenti, in termini di sofferenza e di degradazione; che, per le loro famiglie, è un dramma da viversi giorno dietro giorno; che, per chi ha figli adolescenti, è una specie di incubo strisciante, qualcosa che sta nel profondo delle proprie paure più inconfessabili.
Non possiamo non prendere atto che - ad otto anni dalla promulgazione della legge regionale 23/12/1977 n. 62 "Norme urgenti di attuazione della prevenzione e dell'intervento verso le tossicodipendenze" - nella nostra Regione si è giunti a contare 15.000 drogati nella sola arca di Torino, con il 66 per cento inferiore ai 18 anni! Dovremmo allora concludere che è giocoforza rassegnarsi? Che bisogna accettare la nostra impotenza, magari mascherandola dietro una profluvie di promesse accademiche, di auspici vaghi, di impegni generici, magari anche di ricorrenti e sterili dibattiti, che servono soltanto a rinviare l'intervento concreto? No, non siamo di questo avviso. Noi pensiamo che si possa - e quindi, si debba - fare qualcosa. Se le norme legislative hanno fallito - e lo abbiamo documentato, con i risultati statistici e con le denunce che si leggono anche nel piano socio-sanitario - allora occorre, come dicevamo cambiare impostazione, rivedere i criteri di lotta, promulgare nuove leggi.
Ma, per una opportuna ed ormai indilazionabile diversa linea di intervento nel settore delle tossicodipendenze, è necessario anzitutto prendere atto del fallimento della cultura permissiva e pietistica che ha imperversato a partire dagli anni 60. Una cultura che, ad un certo punto, è arrivata a proporre la droga in termine di catarsi, legittimandone l'uso quale antidoto all'oppressione e quale stimolo per la liberazione di una società repressiva.
Taluni di voi, colleghi Consiglieri, forse ricorderanno una copertina della rivista "Panorama" del 1979 (22 ottobre) che mostrava la radicale Emma Bonino mentre fumava uno "spinello", definendo la marijuana l'erba della speranza"; e molti di voi avranno letto, sullo stesso settimanale ma nel 1981 (20 luglio) - un articolo che titolava: "Contro una falsa cultura permissiva e pasticciona, si ribellano le famiglie" e che proclamava "guerra ai drogati".
Proponiamo questi due esempi, quasi plastici, per dimostrare quanto le cose adesso siano cambiate: e non per il solito qualunquistico riflusso, ma per sincera presa di coscienza delle terribili conseguenze che l'uso della droga comporta.
Si è posto fine al permissivismo che, partendo da posizioni radicali e socialistoidi aveva finito con il coinvolgere tutte le altre forze politiche, dal PCI alla DC al PLI. Ricordiamo la proposta di Altissimo allora Ministro della sanità, di liberalizzare l'uso delle droghe leggere.
Le illusioni sono cadute: ed anche nell'ambiente pur progressista della Lenad, un ambiente pur progressiva, pur lontano dalle nostre posizioni, per stare a Torino, oggi si attaccano frontalmente "quanti si sono prodigati con veemenza ed incompetenza a colpevolizzare, demonizzare, psicanalizzare padri, madri, nonni, zii, in un generico ed inconcludente atto di accusa contro la famiglia, invece di fronteggiare adeguatamente il pericolo che stava emergendo e che poi ha travolto tante decine di migliaia di giovani".
E' questo, un j'accuse che possiamo fare nostro e che sentiamo di poter fare nostro con ancor maggiore diritto culturale e politico-morale. Ed allora, se le cose stanno a questo punto, quali proposte, i suggerimenti le alternative del Movimento Sociale Italiano? Noi diciamo anzitutto - pur riconoscendo, in questo caso, la specifica competenza del legislatore nazionale sul legislatore regionale, che occorre rivedere la devastante legge 685 alla luce dei seguenti principi: 1) considerare l'uso della droga un male sociale, da combattersi con ogni possibile mezzo adeguato alla crescente estensione del fenomeno 2) dare grande rilievo alla riabilitazione sociale e civile del drogato sino a disporre dell'obbligatorietà di essa, considerando tale riabilitazione un obbligo tanto per la società, quanto per il tossico dipendente 3) controllare l'uso delle sostanze per la lavorazione e la preparazione della droga, la vendita a privati, i mezzi di somministrazione 4) punire i casi di uso illecito delle sostanze stupefacenti e psicotrope con la massima severità e l'inasprimento delle pene per gli spacciatori 5) infine, realizzare strutture adeguate per una impegnata azione contro la droga, respingendo ogni illusione di compatibilità e di convivenza con questo male aberrante.
Ma, anche nei limiti fissati dalla legge nazionale vigente, qualcosa di più e di maggiormente incisivo può e deve essere fatto nella nostra Regione. Proponiamo, in primo luogo, il rifiuto di quella che il primo piano socio-sanitario chiama la "corretta scelta tecnico-politica di non attivare strutture settoriali". Perché? Perché se quella scelta è causa come ammesso, di risultati negativi, allora "quella scelta" va abbandonata non proseguita.
Per questo, noi suggeriamo, più che un coinvolgimento generico di strutture, un preciso piano pluriennale contro la droga e nuovi strumenti specifici di intervento operativo. E' inutile, addirittura ipocrita riconoscere gli errori e non correggerli; è inutile, addirittura ipocrita ammettere la gravità della situazione e poi non cercare di modificarla; è inutile, addirittura ipocrita, far finta di cambiare senza nulla innovare nella sostanza.
Proponiamo poi, la revisione della legge regionale 62/77: perché quella legge ha fallito i suoi obiettivi, ma anche perché non possiamo dimenticare che, quando fu varata quella normativa, la diffusione delle tossicodipendenze non era ancora divenuta fenomeno di massa, che non risparmia nessun ambiente, da quello borghese a quello proletario dall'università alle fabbriche, dalle scuole superiori a quelle elementari ...
Nello specifico proponiamo infine: a) la creazione, nell'ambito dell'Assessorato alla sanità, di un "Osservatorio regionale sulle tossicodipendenze", a carattere permanente per la raccolta ed elaborazione di dati statistici sull'entità del fenomeno, sulla sua distribuzione territoriale, sulla sua incidenza nel mondo giovanile, a seconda delle varie fasi di assuefazione b) la costituzione di una "Agenzia per la lotta alla droga", nella quale convergano e si unifichino, il più possibile, tutti gli strumenti di intervento in materia. Dovrebbe, l'Agenzia, essere articolata in uffici provinciali; evitare pesantezze burocratiche e conflitti di competenza conservare rapidità di decisioni e snellezza operativa. Suoi compiti: da un lato, predisporre tutta l'attività informativa e divulgativa nel campo della scuola come in quello del lavoro; dall'altro, esercitare funzioni di controllo, di ispezione, di stimolo, sulle strutture impiegate nell'opera di prevenzione e recupero delle tossicodipendenze c) équipes tecniche di operatori sanitari che - scelti dalle UU.SS.SS.LL. nel territorio di loro competenza - assicurino l'assistenza medio-sociale, ambulatoriale e domiciliare ai tossicodipendenti e svolgano attività di sostegno per le loro famiglie, su tutta l'area regionale d) reparti ospedalieri specializzati per casi acuti ed urgenti. Il ricovero dei tossicodipendenti in reparti normali, infatti, si risolve, il 90 per cento delle volte, con la prematura dimissione del paziente, quasi sempre causata da un comportamento che genera rigetto da parte degli altri degenti e degli stessi operatori sanitari, non preparati ad un particolarissimo tipo di assistenza e) comunità terapeutiche protette, in grado di assicurare cure e riabilitazioni complete, al riparo da contatti esterni di estrema pericolosità.
La Comunità terapeutica aperta, infatti, deve rappresentare soltanto l'ultimo livello, al quale accedere unicamente per condurre a termine l'opera di reinserimento nella società. Nelle comunità terapeutiche protette, in- vece, il tossicodipendente è curato, in alcuni casi, perfino con il trattamento obbligatorio: né esiste, in questa ipotesi estrema alcuna violazione di libertà, perché la volontà di quel soggetto è stata distrutta, è stata annullata, è stata annientata dal farmaco. E', in altre parole, un soggetto che ha bisogno di "autorità", dato che società, cultura ed educazione sono stati capaci di riconoscergli solo il bisogno di "libertà".
Tutte queste proposte, che qui avanziamo con spirito di collaborazione costruttiva il Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale le ha d'altronde già esplicitate nel disegno di legge n. 250 "Norme per la lotta contro la droga e per la riabilitazione sociale e civile dei tossicodipendenti", presentato sin dal lontano anno 1982, assegnato per l'esame alla I ed alla V Commissione ma tuttora rimasto lettera morta, non essendosi trovato il tempo per farne almeno una prima, generica e generale ricognizione.
E, poiché medesima sorte hanno subito le proposte di legge, anche se più recenti, elaborate da altri Gruppi consiliari, non ci pare fuori luogo riproporre ancora l'interrogativo che era sotteso nell'apertura di questo nostro intervento: "combattere la droga sì .., ma esiste la precisa volontà politica di farlo?".
Sollecitiamo una risposta motivata e convincente: ed intanto diciamo che un tema come quello delle tossicodipendenze deve essere affrontato con una grande dose di umiltà, poiché al punto in cui sono giunte le cose in Piemonte ed in Italia in materia di droga, nessuno può avere la presunzione di considerarsi il depositario dell'arma "assoluta", della "mossa vincente", con la quale sconfiggere un così terribile nemico.
Noi confermiamo questo atteggiamento spirituale nell'approccio del problema. Ma tutto questo, diciamolo alto e forte, non può e non deve indurci a rinunciare a pensare prima ed a battersi dopo. Tutto questo deve invece impegnare ognuno di noi ed ogni forza politica a scendere - come fatto dalla Destra Nazionale - sul terreno dei contenuti, delle tesi alternative, delle proposte concrete: partendo dalla ormai maturata convinzione che lo stato di cose attuale non è più tollerabile; che il pericolo di un'infezione generalizzata della nostra gioventù è sempre più incombente, che, ormai, ogni indugio o ritardo nel provvedere diventano obiettive complicità con il flagello triste della droga.



PRESIDENTE

Si chiudono cosi i lavori antimeridiani. Il Consiglio riprenderà puntualmente alle ore 14.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,50)



< torna indietro