Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.311 del 28/02/85 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Psichiatria

Relazione della Commissione speciale d'indagine conoscitiva sullo stato di riforma psichiatrica in Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue il dibattito sulla relazione della Commissione speciale d'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della riforma psichiatrica in Piemonte.
E' iscritto a parlare il Consigliere Cernetti. Ne ha facoltà.



CERNETTI Elettra

Definirei la relazione presentata dalla commissione d'indagine sullo stato di attuazione della riforma psichiatrica in Piemonte, una relazione onesta, una relazione che mette in evidenza ombre e luci; non ci sono toni trionfalistici, né avrebbero a nostro avviso potuto esserci, per ciò che è stato fatto: c'è la constatazione del molto che resta da fare, E lascia intravedere problemi che rimangono aperti e per i quali nemmeno sul piano teorico sono state prospettate delle soluzioni, né a livello nazionale, n a livello regionale. E questo perché la 180 è una di quelle leggi che segna una svolta decisiva e direi drastica nella cultura della società e nella fattispecie degli emarginati e come altre leggi che vengono a normare settori rimasti immobili e quasi tabù per decenni, se non per qualche secolo, abbisognano di sperimentazioni, di tentativi ed anche di correzioni di tiro perché la riforma avvenga in modo equilibrato e sia tale da dare soluzioni anche a quei problemi che via via l'applicazione della riforma stessa può porre.
La 180 è una legge di grande significato, è un altro no all'istituzionalizzazione e, nel caso degli O.P., diciamo pure al ghetto: è una legge ispirata al profondo rispetto della persona umana, un richiamo alla società che il "diverso" si cura e si assiste in un contesto di "normalità" e non di segregazione, almeno fin dove è possibile, visto che nessuno vuole più un popolo di "martiri e di eroi".
Solo che queste leggi molto spesso cadono nel vuoto, perché in Italia si parla molto di programmazione, si scrive anche sulla programmazione, ma poi nella pratica ci si affida all'improvvisazione. Ciò è avvenuto anche per la legge 180. Anche nel piano socio-sanitario si danno indicazioni di principio, di comportamento, ma non di attuazione concreta e direi quotidiana. C'è la volontà di andare all'applicazione della 180, ma è una volontà che trova riscontro più nelle parole che nelle cose. E non trova riscontro nei fondi.
E questa indeterminatezza regionale discende certo da altrettanta indeterminatezza nazionale.
Cosi è capitato di aver chiuso i manicomi, ma di non aver prima previsto strutture alternative. E gli ex-ricoverati sono finiti in altre strutture, soprattutto case per anziani e cliniche private: strutture certo non emarginanti come gli O.P. e che potevano anche andar bene per una fase di passaggio, ma a 7 anni dalla legge, sono diventare da soluzione provvisoria a soluzione definitiva.
Anche i servizi attivati sul territorio sono gravemente insufficienti: gli orari stessi degli ambulatori ci dicono chiaro che l'aiuto dato agli ammalati e alle loro famiglie è estremamente limitato. Le crisi acute non arrivano in giorni ed ore prefissate e corrispondenti a quelli dell'apertura degli ambulatori.
Circa il recupero degli ex-degenti, per meglio dire di quelli meno gravi, attraverso il lavoro, le cooperative sorte hanno carattere sporadico, episodico, basate per lo più sulla buona volontà e sull'attivismo di qualche singolo individuo che non su una programmazione razionale. Ecco perché do ragione al collega Gastaldi, quando dice che nella nostra Regione, dove pure qualcosa si è fatto, è giusto parlare più che di attuazione, di sperimentazione della legge 180, il che è pur sempre rimarchevole, date le difficoltà legislative ed economiche e date anche le difficoltà che si incontrano quando ci si muove su un terreno nuovo.
Riteniamo che dopo questa fase di sperimentazione si possa avviare un programma più concreto e più preciso che tenga conto di necessità chiaramente emerse: 1) un'educazione sanitaria che è alla base di ogni salto significativo di cultura e che, nel caso specifico, deve iniziare dall'accettazione di una malattia da secoli non accettata, da secoli respinta, perché l'accettazione è il primo passo verso una collaborazione che solo può aiutare a risolvere simili gravi problemi; non basta il presidio, non basta il servizio, non basta la famiglia, se non c'è la collaborazione intera della società 2) presenza continua del personale sanitario nei servizi 3) una più intensa assistenza sanitaria a domicilio, che oggi è, se non inesistente, scarsissima, proprio per la mancanza di personale 4) una programmazione per le cooperative di lavoro, perché oramai è riconosciuto che solo attraverso il lavoro si possono recuperare la parte meno grave degli ex-dimessi e il lavoro è senz'altro sinonimo di equilibrio della persona 5) comunità per ex-dimessi, siano essi abbandonati (il 66% degli ex ricoverati nei manicomi avevano perso completamente i legami con la famiglia, come in gran parte avviene per tutti coloro da lungo tempo istituzionalizzati) oppure per ex-dimessi che praticamente sono rimasti soli, oppure che alla morte dei genitori e comunque dei familiari rimangono soli 6) prevedere strutture di carattere prevalentemente sanitario, sia pur minimali, per quegli ammalati gravissimi che sono in continuo stato di "acuzie", e tali da poter costituire danno a sé stessi e agli altri.
In effetti a me pare che qui una correzione di tiro sia necessaria in quanto non possiamo assolutamente, la pratica ce lo dimostra, andare da un estremo ad un altro. Gli ammalati di mente, soprattutto gli ammalati gravissimi devono essere curati cosi come sono curati tutti gli ammalati.
Questo è uno di quei problemi aperti che ancora oggi non hanno trovato soluzione, ma bisognerà pur pensarci perché non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla realtà.
Ultimo problema quello dei fondi, fondi che è indispensabile reperire perché io ricordo quante volte non abbiamo potuto andare ad istituire le varie comunità proprio perché nessun fondo era previsto in materia. E vorrei dire anche qui una cosa ben precisa: fondi non ce ne sono è vero però il patrimonio immobiliare costituito dalle stesse mega strutture di ex O.P. che spesse volte sorgono al centro di grosse città può essere riconvertito per strutture più efficienti e più adeguate a questa nuova normativa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Nerviani. Ne ha facoltà.



NERVIANI Enrico

Io farò delle brevissime considerazioni circoscritte in un ambito molto ristretto perché quanto ha già detto stamattina il collega Ratti e quanto dirà compiutamente la collega Bergoglio sarà sufficiente a rappresentare per intero e in modo profondo la posizione del Gruppo della D.C. in ordine a questa problematica.
Tuttavia qualche osservazione voglio fare anch'io. Innanzitutto devo esprimere un apprezzamento per il collega Barisione che ha svolto un lavoro profondo e serio e debbo dire che la collaborazione a lui offerta dalla collega Bergoglio e da molti altri membri della Commissione è stata estremamente positiva; probabilmente non si sarebbero ottenuti i primi risultati concreti che emergono da questa ricerca se non ci fosse stata una disponibilità al lavoro serio come quella che si è complessivamente manifestata.
Nel merito della relazione se posso fare un'annotazione critica è questa: essa è stata segnata da una eccessiva prudenza in tutti i passaggi qualche volta ha finito per modificare la realtà, per farla apparire neutra, lontana, meno problematica di quanto essa non sia. Capisco che il Presidente di una Commissione ha il dovere di non portare i problemi all'esasperazione e di cogliere obiettivamente tutti gli aspetti delle situazioni - l'impegno in senso positivo e le cadute e le disattenzioni in senso negativo - ma può darsi che in questo campo qualche elemento più vibrato e qualche tono più acceso avesse diritto di cittadinanza in quanto veramente le difficoltà che si incontrano nell'applicazione della 180 sono gravi e le responsabilità dovrebbero essere messe in evidenza con più vivacità, indipendentemente da chi le ha avute o le ha sulle spalle.
Quindi, ripeto, se posso fare una critica dopo aver detto e dopo aver apprezzato il lavoro di Barisione e di Bergoglio, è quella di tentata asetticità, di neutralità, di prudenza, portate alle estreme conseguenze.
Questo vale per i temi centrali, per i problemi che i malati di mente hanno tutti i giorni. Vale soprattutto, e mi richiamo all'intervento di Ratti per i problemi consistenti che hanno le famiglie su cui pure pesano in larga misura le disgrazie dei malati. A riguardo dei problemi delle famiglie bisogna essere molto schietti, malgrado gli sforzi che sono stati fatti l'intervento sul territorio del servizio sanitario è assolutamente insoddisfacente e molto spesso decisamente carente. Continuiamo purtroppo nella via dell'affermazione dei principi, nell'esaltazione dell'utopia e nella contemporanea incapacità di dare risposte medie generali e complessive. Su questo tema specifico abbiamo il dovere di fare una riflessione: se è giusto che l'esempio sia dato, se è giusto che la sperimentazione sia iniziata, non è giusto che la sperimentazione e l'esempio diventino gli unici momenti di attuazione per la nostra disponibilità sociale e che dietro a questi esempi ed a queste sperimentazioni ci sia il vuoto generale, la miseria, la povertà, il dramma, che in questo caso è rappresentato dai malati di mente, in altri casi è rappresentato da molti anziani totalmente abbandonati a loro stessi in altri casi ancora è rappresentato da portatori di handicap che non trovano una collocazione giusta all'interno della nostra società, dopo le affermazioni di principio e un poco utopiche della parità che essi meritano nel nostro convivere sociale. Ma lo specifico a cui voglio fare riferimento è quello relativo agli O.P. Io ho sentito qualche collega inneggiare alla liberazione dei malati di mente dagli O.P.; ho sentito un inno al valore intrinseco, all'alta novità della legge 180, ma debbo disilludere i consiglieri regionali che non hanno seguito l'attività della Commissione d'indagine e voglio dire loro che gli O.P. non sono stati aboliti. Gli O.P.
del nostro Piemonte funzionano come funzionavano prima con un numero ridotto di persone, ma con le stesse caratteristiche; l'istituto non è sciolto, vive. Questo bisogna dirlo a noi stessi, perché è inutile ricordarci continuamente che la 180 ha portato fuori i malati di mente dagli O.P. quando sappiamo che a Novara ci sono ancora circa 400 persone in O.P., a Vercelli ce ne sono 350, a Collegno - Grugliasco ce ne sono 500 e cosi via di seguito. E quindi dobbiamo dirci - le verità hanno parole poche e parole chiare - dobbiamo dire che gli O.P. esistono. Il che ci potrebbe anche non drammaticamente impressionare se non dovessimo dire subito dopo aver detto questo, che le condizioni degli O.P. attuali sono peggiori delle condizioni degli ospiti degli O.P. di un tempo. Se non ci diciamo queste cose veramente facciamo un'indagine ipocrita e che non rappresenta completamente la verità. Montefalchesi, che io stimo molto per le cose che dice, anche se qualche volta le inficia con delle sovrabbondanti considerazioni sociologiche non sempre fondate, ha concluso dicendo che i deboli nella nostra società sono sempre più deboli e che, e questa è l'annotazione sociologica, se disturbano sono anche orientati agli O.P. Per il vero è difficile, impossibile entrarci adesso negli O.P., ma è altrettanto difficile uscirne allo stato delle cose benché, ripeto, le situazioni siano le più drammatiche, le più nere e non ci siano prospettive per chi è dentro.. Dicevo che quei "deboli" degli ospedali psichiatrici di cui anche faceva menzione Montefalchesi, sono più deboli della nostra società, sono i malati di mente più gravi, i più anziani; ed essi stanno peggio di quanto non stessero prima. E questo vorrei ricordarlo al collega Montefalchesi con cui ho fatto qualche visita negli ospedali della nostra Regione.
E perché stanno peggio? Perché chi è dentro è più trascurato non essendoci più all'interno degli O.P. gli ospiti più giovani, non essendoci coloro che hanno maggiori disponibilità, essendoci le persone più gravi che la società rifiuta, essendoci una indifferenza delle nostre istituzioni nei confronti di chi rappresenta il passato, essendo le nostre istituzioni proiettate a guardare la sperimentazione, a guardare all'esterno dimenticandosi delle sacche alle quali ugualmente dovremmo interesse e attenzioni particolari.
Ancora una considerazione. Le strutture, l'ha detto la collega Cornetti molto bene, le strutture di questi ex-O.P., che per la verità, lo sono ancora, sono strutture destinate a un abbandono progressivo, sempre più grave (Vercelli, Novara ed altri O.P. ricordano sempre di più vecchie carceri abbandonate piuttosto che strutture in cui si recuperano gli individui e li si porta a condizioni più umane). Oltretutto, e questo voglio ricordare a chi ha la responsabilità prima di questo settore oltretutto si continua a privilegiare anche qui con motivazioni un po' pretestuose la concentrazione dei malati di mente: i 400 malati di Vercelli probabilmente sarebbero assai meglio sistemati in strutture protette nelle varie UU.SS.SS.LL. del Vercellese; lo stesso sarebbe per il Novarese; ma per aver paura di costruire delle piccole realtà protette, si continuano a mantenere dimensioni abnormi, dimensioni inumane, dimensioni che non sono accettabili. Ho sentito fare questa mattina grandi indicazioni di principio e lo stesso si è ripetuto oggi pomeriggio, lo voglio con il mio intervento ancora una volta, mettere il dito sulla piaga ed offrire delle proposte concrete perché le nostre indagini servano a qualche cosa. Amici Consiglieri regionali, gli O.P. esistono, vivono nella condizione peggiore che si possa immaginare, abbiamo il dovere di spaccarli, di renderli più semplici, di renderli più piccoli, di renderli più umani; abbiamo l'occasione di farlo dopo questa indagine; sarebbe veramente un torto grave se non guardassimo a questa realtà e non cercassimo di modificarla.
Debbo anche aggiungere, e questo come elemento conclusivo, portato alla mia coscienza personale da amici che vivono intensa esperienza della attività caritativa, che la stessa carità cristiana che si rivolge insistentemente a coloro che vivono nel dolore, nel bisogno e nelle condizioni più povere, si accosta alla problematica dei malati di mente con molta prudenza, e quindi all'indifferenza dell'istituzione, all'ipocrisia dell'istituzione, all'esemplarità dell'istituzione, ricercata come fiore all'occhiello, oltre a questi elementi negativi c'è anche la poca propensione della carità cristiana e filantropica verso queste problematiche veramente difficili.
A conclusione di quest'indagine, il pezzetto di verità che voglio portare qui è questo: guardiamo anche alle cose più tristi, più difficili più dure, che abbiamo dietro di noi; sono cose che possiamo in qualche modo migliorare. Quest'indagine per la quale ringrazio ancora Barisione e Bergoglio in particolare, quest'indagine può aiutarci a migliorare le condizioni di quella sacca di povertà costituita dai malati di mente ancora negli O.P., che è forse la più derelitta che abbiamo di fronte noi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

L'argomento oggetto di discussione non solo è stimolante, ma estremamente importante per i contenuti ed i problemi che pone prima di tutto dal punto di vista umano. Il nostro ragionamento quindi non pu prescindere da questo riferimento che deve rimanere, nel limite del possibile, fuori della polemica politica, ma fare i conti con l'umanità che soffre questa condizione e quindi presenta immensi problemi. E' proprio ponendoci in questa ottica credo che fosse necessaria una commissione come questa che mettesse in rilievo i problemi prima e dopo la legge 180, le cose che sono state fatte, le cose che rimangono da fare per richiamare all'attenzione della collettività, delle forze politiche e delle istituzioni di fronte ad un problema così ancora una volta grave e complesso prima di tutto dal punto di vista umano.
Credo anche che non fosse indispensabile attendere una relazione di questo tipo per capire come appunto questo problema dovesse costituire un elemento di particolare interesse nel momento in cui si affrontano i problemi della nostra società ed in particolare i processi drammatici di crescente emarginazione e di crescente indebolimento delle fasce più deboli e più problematiche della nostra società. Inoltre si può proprio dire per stare nella realtà come qualcuno qui ha richiamato, che la legge 180 è stata sicuramente una legge importante, di svolta, frutto di lotte, di mobilitazioni, di grandi battaglie, contro situazioni esistenti nella nostra società che benevolmente potremmo definire situazioni che, dal punto di vista umano, avevano nulla a che fare con l'umanità di chi stava dentro obbligatoriamente a queste strutture.
La legge 180 è un momento di presa d'atto che nella società, nella parte di essa più avveduta, più attenta, erano in corso dei processi che mettevano in atto cambiamenti profondi e che sollecitavano quindi anche dei cambiamenti legislativi adeguati. Ecco perché ritengo sia un'ottica prima di tutto umanitaria, affermare che con la legge 180 e con la dismissione del maggior numero possibile di ricoverati dagli O.P., è stato compiuto un atto fondamentale, importante che non può essere messo in discussione dai problemi che successivamente sono rimasti aperti o dai problemi nuovi che si sono posti. Questo è un punto che dev'essere affermato con molta forza: quella realtà dei manicomi deve essere ancora richiamata alla conoscenza attraverso lo sviluppo ed il miglioramento di quella mostra che è già andata in giro per il Piemonte.
La drammatica realtà del passato dev'essere portata a conoscenza delle nuove generazioni. La situazione esistente nei manicomi del nostro Paese e della nostra Regione, la condizione disumana e inaccettabile, le condizioni veramente gravi in cui si trovavano migliaia e migliaia di persone erano un'onta per la società, per la classe politica, per le istituzioni. Già soltanto questo elemento credo ci faccia dire che la legge 180 ha contribuito comunque a porre il problema in tutta la sua pregnanza e a porre dentro la società, non nell'isolamento completo, problemi che devono essere della società e non possono essere ristretti a strutture o a competenze delimitate da mura ben protette. Quindi un altro apprezzamento sulla legge 180 è quello di aver obbligato la società a fare i conti con la realtà rispetto alla quale teneva gli occhi chiusi, perché evidentemente era più comodo rispetto a chi presentava tali problemi chiuderli e dimenticarli. Problemi e situazioni che non potevano essere dimenticati che "buttatici tra i piedi" ci hanno obbligato a fare i conti finalmente anche con questa realtà così come abbiamo fatto con le problematiche degli handicappati, degli emarginati, ecc. Questo è stato un altro punto di svolta importante culturale e politica. Lo ripetiamo: frutto di una battaglia portata avanti molte volte anche pagandola sulla propria pelle da molte persone, prima di tutto dagli operatori che per primi hanno preso coscienza della situazione che c'era nei manicomi. Ecco perché la legge 180 ha ripristinato le condizioni di parità, ha tentato di avviare, almeno di porre, il problema di ripristinare le condizioni di parità di diritti per tutti i cittadini anche di quelli che venivano ritenuti ammalati, anche di quelli che venivano ritenuti irrecuperabili rispetto alla società, ai metodi ed ai valori molte volte falsi, comunque discutibili di essa, e metri di giudizio distorti coi quali siamo andati ad affrontare sempre questi problemi. Quindi la legge 180 ci ha obbligati ad uscire dalla disumanità per misurarci ad un livello più alto e a nulla vale venire qui a dire che tra di noi, tra le gente esistono questi problemi, esistono queste persone che non possono essere buttate allo sbaraglio, lo pongo qui una domanda, so di fare un'affermazione forte, non solo una domanda, ma un'affermazione: è meglio che queste persone che si trovino in queste situazioni piuttosto di essere mantenute nelle situazioni precedenti. Mi pare che questo sia un elemento importante, perché "buttate" in questa situazione comunque obbligano tutti noi, chi deve vivere ogni giorno in qualche modo direttamente o indirettamente con queste situazioni, di cercare di affrontare, di porci questi problemi. Diversamente molti di noi la società nel suo complesso, questo problema non se lo porrebbe. Il "semplice" fatto di uscite da quelle situazioni anche se si presentano problemi ancora molto complessi da affrontare, è stato comunque un fatto più positivo o comunque meno negativo rispetto alla situazione precedente.
Qualcuno qui ha anche detto che esiste una realtà emergente di ammalati soli, cioè usciti dal manicomio e lasciati senza assistenza; si parla anche di forme nuove di questa espressione di situazioni che non vengono colte che non vengono rilevate, che quindi sono di per se stesse anche isolate e lasciate nell'indifferenza non solo delle istituzioni, ma anche nell'indifferenza della società. Bene, io credo che questo sia un problema che non riguarda solo queste situazioni, come anche recenti indagini e recenti inchieste hanno messo in evidenza: c'è una parte crescente di questa società che cresce appunto ai margini della società, che non è considerata, che si fa sforzi per dimenticarla o per lasciarla alla responsabilità di chi deve, o familiare o piccolo gruppo, comunque doverla affrontare perché se la trova ogni giorno nella sua quotidianità della vita. Credo quindi che sia sicuramente un problema che non può essere evidentemente addossato alla responsabilità di una sia pur non sufficiente completa applicazione della legge 180, ma sia un problema molto più complesso che deve in qualche modo far rivedere il come i servizi sociali si rapportano con situazioni di questo tipo. In questo senso vi è tutto un discorso che sta emergendo appunto non soltanto del cosiddetto pubblico e del privato, ma anche di forme nuove, di esperienze che emergono dalla società civile che in qualche modo sono state raccolte e sostenute dalle istituzioni. Chi ha potuto o voluto partecipare al convegno organizzato dall'Amministrazione provinciale all'Eliseo ha potuto cogliere come ormai nella società vengano avanti delle esperienze che superano la vecchia polemica nel rapporto tra pubblico e privato, che si pongono come strumenti nuovi di esperienza che rispondono a bisogni reali, rispetto ai quali certi Enti locali hanno incominciato a dare loro spazio, dare loro forza, dare loro strumenti per poter operare e per potere crescere, quindi anche compiendo delle scelte importanti.
Va detto, anche se poi potremmo svolgere valutazioni critiche, che la nostra Regione, pure con molte contraddizioni al suo interno, con luci ed ombre nella sua applicazione, è comunque in una delle situazioni avanzate.
L'applicazione della 180, come giustamente diceva anche Gastaldi e su questo sono d'accordo, è molto complessa, ancora largamente in fase sperimentale, sulla quale è ancora necessario cimentarsi con maggiore forza e con maggiore impegno. Essa comunque costituisce un punto di riferimento di altre realtà, altre aree del nostro Paese e nel suo livello di applicazione pone anche problemi per quelle zone d'ombra che esistono nella nostra Regione e che anche attraverso questo dibattito, con la relazione e il lavoro che è stato fatto, sono in qualche modo risollecitate a confrontarsi con una realtà in movimento rispetto alla quale non possono non essere da esempio per riprendere pazientemente il lavoro.
Credo anche di poter affermare contrariamente al Consigliere Nerviani che sicuramente il problema degli O.P. rimane; esso è fortemente ridimensionato in molte situazioni, in altre è appena intaccato. Non sto qui ad articolare più il mio discorso, abbiamo la relazione di fronte a noi e potremmo vederla in modo approfondito particolare a pag. 20, ma c'è comunque un punto che va detto. Anche se in molte situazioni gli O.P. sono strutturalmente rimasti alla situazione precedente, va pur detto che essere stati sgravati di centinaia o di migliaia di persone comunque ha costituito un elemento, ancora insufficiente e inaccettabile, non peggiore rispetto alla situazione precedente.
E' anche vero che esistono situazioni molto diversificate. Il caso di Collegno è molto evidente, nel suo avvio a soluzione più positiva; come il caso di Racconigi per esempio, la situazione è esattamente ancora molto preoccupante.
Vi sono quindi diversità di responsabilità e di inapplicabilità delle leggi che in qualche modo ci risollecitano, al di là delle divisioni politiche e partitiche, a rivedere il problema con un'ottica diversa. Credo anche che da questo punto di vista nessuno abbia voluto mai nascondere che il problema sia ancora aperto; quindi la polemica o le puntualizzazioni che faceva Nerviani non si sa bene a chi fossero rivolte, stante il fatto che la relazione mette in evidenza che il problema esiste ancora e che quindi va affrontato con un ulteriore sforzo. Forse si riferiva a situazioni dove questi sforzi sono stati soltanto molto marginalmente avviati (esempio Novara) e che vanno sicuramente sollecitati non con delle accuse ma aiutandoli a crescere e a svilupparsi in modo più aperto e adeguato a queste problematiche.
Vorrei ancora mettere in rilievo alcune cose.
La prima: a me pare importante che nelle situazioni come quella di Collegno si siano avviate esperienze che abbiano cercato di creare nell'immediato un'alternativa alla situazione dell'O.P. sviluppando il discorso delle comunità ospiti, delle comunità alloggio, delle comunità protette e che anche usufruendo di strutture ivi esistenti, pur non essendo la soluzione ottimale, come una delle strade da percorrere con urgenza nelle altre situazioni proprio per rompere quegli elementi, quelle situazioni così gravi che esistono ancora in alcune realtà.
Credo sia stato importante e forse non sottolineata con sufficiente forza, l'esperienza delle cooperative di lavoro. Conosciamo degli operatori che i sono cimentati su questo tipo di esperienza non a parole, ma a fatti sacrificando anche la loro carriera professionale per spendersi su queste esperienze non facili da portare avanti. Si è dovuta superare una certa indifferenza anche da parte delle pubbliche istituzioni e molte volte anche superare difficoltà burocratiche. Qualche difficoltà si è anche incontrata con il movimento cooperativo, non sempre disponibile a recepire queste nuove esperienze, quindi non in grado sempre di essere supporto reale a questi tipi di esperienze. Nonostante queste difficoltà si è dato concretamente un esempio delle potenzialità che si possono esprimere anche attraverso questa esperienza nell'inserimento nel mondo del lavoro così difficile da compiere. Proprio l'altra settimana mi trovavo a Rivoli dove esiste la cooperativa -Futura" composta come soci (e qui l'esperienza è di grande significato) ex-degenti e composta comunque come consiglio di amministrazione in larga parte da queste persone. Detta cooperativa sta dando quasi nell'indifferenza generale e anche con qualche difficoltà con la stessa U.S.S.L. di competenza, un esempio estremamente significativo e qualificato. Credo che queste esperienze vadano colte per il significato etico e culturale, ma anche per il significato economico e politico che esse hanno e quindi vadano ulteriormente enfatizzate proprio come una strada da percorrere con maggiore celerità.
Un altro aspetto che mi pare importante e sul quale veramente il discorso è tutto aperto, è quello dei servizi territoriali. E' giusto non misconoscere la realtà e quindi è giusto dire che in questi anni vi sono state delle famiglie, direi in numero abbastanza rilevante, almeno per quelli che potevano in qualche modo avere la capacità culturale, la forza morale e anche la forza economica e su-otturale di poterlo sostenere, che hanno tirato fuori dal manicomio i loro parenti e familiari, sopportando gravosamente l'onere conseguente con un sacrificio misconosciuto da molti.
Persone che hanno dovuto da anni rinunciare alle ferie, rinunciare alle serate libere: quindi dimostrando una disponibilità anche famigliare di un certo rilievo.
Questa disponibilità in molte situazioni si è dovuta confrontare con una non sufficiente presenza dei servizi territoriali sia per carenze di organico, che per problemi di finanziamento, di scelte politiche a monte ma anche di scelte politiche a valle all'interno delle stesse UU.SS.SS.LL.
Il potenziamento dei servizi territoriali a partire dall'integrazione con i livelli distrettuali, attraverso supporto da parte dei servizi presenti sul territorio, dall'assistenza alla sanità, alla scuola a mille altri aspetti che possono essere affrontati a livello di territorio, e quindi urgenti. Si tratta di arrivare all'assistenza ed al supporto di questi servizi alla famiglia, dal punto di vista dell'assistenza domiciliare, dell'aiuto concreto ai lavori della famiglia fino a garantire ai famigliari spazi autonomi di tempo libero che diversamente non si possono permettere. Anche qui c'è tutto un discorso di piccola esperienza che viene avanti cooperative che si stanno organizzando proprio per svolgere anche questi tipi di servizi, garantire queste possibilità per aiutare le famiglie ad affrontare i loro problemi. Vi sono anche verifiche da Bure dal punto di vista delle contribuzioni economiche: non avere una persona ricoverata significa risparmiare decine di nulle lire al giorno, e utilizzare parte di questo finanziamento per contribuire al sostegno economico della famiglia alla gravosità che queste persone danno. E' un discorso che si deve fare in modo più esplicito e che nella legge 20 si è intuito come possibilità concreta d'intervento. C'è la necessità di una grande battaglia anche di carattere culturale, ancora per l'inserimento, per l'accettazione attiva non solo passiva !iena società di queste persone. Mentre vengono accettati ed inseriti con meno problemi del passato per esempio degli handicappati anche abbastanza gravi all'interno della scuola, all'interno di attività di tempo libero, di sport, eccetera, sia pur con qualche colpo di coda abbastanza preoccupante. Il problema invece dell'accettazione attiva e quindi collaborativa dell'ammalato psichiatrico è ancora un fatto che molte volte deve risalire una situazione di difficoltà perché è appunto un problema che non pub essere solo affrontato col pietismo, Ma attraverso un'attività dinamica in grado di capire e comprendere molte volte che la diversità non sempre di per sé stessa così è, ma che molte volte la "diversità" cosiddetta si confronta con le diversità dei cosiddetti "normali". Il problema ha un suo spessore di carattere culturale e uno spessore anche di carattere etico morale che richiede appunto una ricostruzione di una volontà non sempre facile da affrontare.
Ed in questo senso penso sia importante e anche qui vada rafforzato, un qualche cosa che è detto nella relazione: per esempio il ruolo che pub svolgere, anche su questa problematica, il volontariato. Un volontariato non facile da nascere su questo problema, un volontariato che forse richiede più preparazione di altri tipi di interventi, preparazione anche di comprensione di queste situazioni, Un volontariato che va aiutato e che quindi forse una certa attenzione maggiore va data alla sollecitazione perché già il volontariato esistente abbia ad allargarsi in questo campo ed in questo settore, sapendo che c'è oggettivamente di fronte a questa questione ancora una impreparazione generale, una difficoltà a capire appunto situazioni così complesse. Esso quindi richiede una maggiore spesa della pubblica amministrazione, del pubblico potere perché questa sensibilizzazione abbia ad estendersi, ad ampliarsi e quindi anche ad essere maggiormente sollecitata ad esprimersi.
Ed infine vorrei dire due cose su come si potrebbe tentare di utilizzare in modo positivo questo dibattito: non solo lasciandolo agli atti di questo Consiglio, ma almeno come già veniva detto nella parte finale della relazione, finalizzarlo esplicitamente a due obiettivi. Il primo obiettivo è sicuramente quello di cogliere gli elementi propositivi di questo dibattito per inserirlo organicamente nel secondo Piano socio sanitario che teste, dovremmo almeno mi auguro, approvare prima della scadenza di questo Consiglio regionale. Secondo: cogliere gli elementi fondamentali del dibattito, diffonderli, utilizzarli assieme ad altri strumenti perché nella società si riprenda con maggiore rigore un impegno attorno a questa tematica. Ci sia un rilancio dell'iniziativa della riflessione e direi anche delle proposte da sviluppare per far si che appunto la 180 passi da una fase sperimentale, anche se in molte situazioni già molto radicata, ad una fase di generalizzazione. Questo può essere fatto nella misura in cui i compiti non si lasciano soltanto alle entità chiamiamole così pubbliche, ma con un coinvolgimento totale e complessivo della società. Per ottenere questo credo debba essere fatto uno sforzo di divulgazione, di corretta informazione, non scandalistica, facendo anche un appello ai mezzi di informazione, dicendo che molte volte su questi problemi ci sono dei contraccolpi perché essi vengono scandalisticamente visti e vengono scandalisticamente utilizzati dai mezzi di informazione.
Ora è chiaro che questo problema deve vederli anche coinvolti quindi uno sforzo molto più esplicito deve essere fatto proprio per rilanciare nella società tutta questa scommessa di applicazione totale di una legge che come dicevo all'inizio, ha tutta la sua valenza prima di tutto umanitaria che nessuno può misconoscere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchiaro.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO

Per fugare la sensazione che le lunghe discussioni in quest'aula siano una perdita di tempo, vorrei ricordare ai colleghi a merito soprattutto del presidente della commissione d'indagine, del vicepresidente, dei commissari e dei funzionari - che stiamo discutendo un documento che, pur con i limiti metodologici e di contenuto evidenziati dal relatore, costituisce attualmente la rappresentazione più completa della situazione del Piemonte per quanto riguarda l'applicazione della legge di riforma psichiatrica, che è una questione giustamente al centro di un grande dibattito nazionale.
Questo documento è anche un'utile chiave di lettura, come è stato riconosciuto da molti colleghi, di una realtà su cui è molto difficile orientarsi perché particolarmente complessa, disomogenea, per certi versi anche contraddittoria. E' stato anche detto che non è un punto di arrivo ma un punto di partenza. Importante per approfondire ed estendere la discussione non solo nell'ambito istituzionale, ma con il massimo coinvolgimento della collettività.
Anche dall'esperienza fatta in commissione, mi viene confermato il senso di una rimozione collettiva di questa realtà, dell'universo della malattia mentale sul quale incombono le sofferenze di chi è malato e di chi deve avere cura del malato, ma su cui influiscono anche paure ed angosce più generali, pregiudizi profondamente sedimentati, semplificazioni manichee, comprensibili esasperazioni ma anche strumentalizzazioni colpevoli. Pesano grettezze talvolta scambiate per realismo, ed è certamente fuorviante che coraggiose e necessarie utopie siano scambiate per massimalismo ideologico.
La campagna di stampa di qualche mese fa contro la legge 180 (di cui per fortuna si è avuta qui oggi soltanto un'eco attenuata), ha messo a nudo tutto ciò: un'asprezza che ha pochi precedenti e che si è accesa nonostante (o forse grazie) il processo di trasformazione culturale avviato dalla riforma, nonostante il fatto che si è prodotta più scienza, più consapevolezza, più partecipazione in questi pochi anni di applicazione della 180 che nei decenni precedenti. Ma certamente gli immaginari collettivi smossi da questi problemi sono davvero grandi e laceranti.
Anche per questo, l'esperienza fatta in commissione, le visite ai servizi ed alle strutture, gli incontri con gli operatori, gli utenti, i famigliari, è stata per me, ma credo anche per i colleghi, un'esperienza importante sul piano umano, culturale, politico. Abbiamo misurato le nostre insufficienze e la nostra inadeguatezza; molti di noi hanno superato atteggiamenti mentali che tendevano a semplificare; personalmente ho fatto esercizio di umiltà intellettuale.
Vorrei mettere in evidenza, come hanno fatto gran parte dei colleghi intervenuti prima di me, soltanto due o tre aspetti. Anch'io ho qui annotato tra i miei appunti la prima questione: gli O.P. esistono. Certo che esistono. Esistono, sono stati ridimensionati, ma non sono stati svuotati e in Piemonte sono una massiccia realtà, nonostante la nostra Regione abbia portato molto avanti il processo di apertura dei manicomi: 4.660 dimissioni, come ha ricordato il Presidente nella sua relazione; un dato importante anche a livello nazionale. Gli O.P. esistono; continuano ad essere quegli abissi di orrore che abbiamo conosciuto attraverso la letteratura di questi anni, le denunce di tanti coraggiosi operatori.
Continuano ad essere quei luoghi di pietrificazione della sofferenza che neppure le più terribili descrizioni possono arrivare a rappresentare con adeguata approssimazione. Sono davvero più di tutto ciò che la pubblicistica ci può dire al riguardo. Non sono pero peggiori ora di come erano un tempo, non fosse altro per le dimensioni più ridotte che hanno assunto. Penso a uno qualsiasi dei cameroni di Racconigi, nel quale erano ospitati molti di quei 256 individui che hanno meno di 40 anni e una parte di quel 66% di "dimenticati" e "soli" di cui parla la relazione.
Ma qui io credo che la riflessione che dobbiamo fare davvero è sull'inevitabilità di questa situazione: i manicomi non possono che essere luoghi di orrore e di sofferenze irreparabili per il fatto stesso che esistono. Allora la domanda che io mi faccio è questa: quali forze, più di un decennio fa, strenuamente hanno lottato perché i manicomi continuassero a esistere? Quali forze hanno contrastato il movimento riformatore? Quali forze ancora oggi lo contrastano? Quali forze, anche se con camuffamenti tendono oggi alla ricostituzione dei manicomi? lo credevo di dire un'ovvietà nel dire che i manicomi esistono: non è un'ovvietà, è una nozione ancora scarsamente presente alle coscienze dei più, anche grazie a una pubblicistica che ha usato argomentazioni terroristiche sullo svuotamento dei manicomi per far naufragare la legge di riforma.
Del resto sono le stesse dimensioni fisiche degli O.P., anche se oggi appaiono semivuote, a spingere comunque a riflettere sui guasti umani e sociali definitivi del metodo concentrazionario, della dilatazione della segregazione.
L'espansione della macchina istituzionale, pienamente in atto ancora poco più di un decennio fa, è alla base di quel meccanismo di offerta domanda che ha fatto sì che la stessa rete di manicomi abbia allargato la fascia di popolazione colpita da malattia mentale o assimilata ad essa.
Quasi non c'è bisogno della copiosa letteratura scientifica di questi anni; basta entrare ancora oggi in un ospedale psichiatrico per capire che la cronicizzazione dei malati è insita nel processo stesso di segregazione e di custodia.
La stessa vinta "fisicità" dei ricoverati, la loro incomunicabilità, la loro fissità consegnano un'impressione di fondo: l'irreparabilità della malattia reclusa, e la perpetuazione di differenze ed ingiustizie fra le classi.
La domanda che faccio dunque è questa: L'O.P., come struttura non terapeutica, quante risorse assorbe ancora? Quanto sottrae ancora alla trasformazione? Il secondo aspetto di cui voglio parlare sono i servizi territoriali. I servizi territoriali esistono. Anche questa dovrebbe essere un'ovvietà; ma non troppo, forse, visto che un collega nel suo intervento di questa mattina si è spinto a parlare - a proposito dei servizi di Torino - di inesistenza.
Nella relazione sta scritto quanti sono, come sono distribuiti, quali caratteristiche hanno. Io voglio limitarmi ad esprimere le mie impressioni e il mio giudizio.
Si tratta di una realtà ricca, in movimento, una realtà anche diseguale, Certo, una realtà in difficoltà: su di essa pesano forti condizionamenti esterni, di ordine culturale, finanziario, istituzionale.
In quelle realtà così difficili le energie umane ci sono e sono fatte di intelligenza, preparazione, tensione intellettuale e morale mobilitazione che nasce dal sentirsi su una strada nuova.
Queste energie, queste forze, queste esperienze sono ancora poche sembrano isolate, distribuite in modo non uniforme. Hanno bisogno di ben altro sostegno dalle istituzioni della politica, dalla nostra istituzione nel suo complesso, ma anche dalla comunità scientifica e culturale.
Ci sono esperienze che si vanno consolidando, di grande portata innovativa; e non sono "qualcosa" soltanto, come ha detto la collega Cernetti, e sono ben di più che sperimentazione, se a questo termine si attribuisce carattere di sporadicità e di episodicità - come mi è parso cogliere nell'intervento del collega Gastaldi. Vorrei ricordare tra le cose importanti che abbiamo visto alcuni segni di novità molto confortanti: le comunità protette del Barrocchio e di Novara, il centro crisi di Settimo le cooperative di lavoro per dimessi a Fossano, quella cospicua di Collegno, le comunità ospiti di Novara e di Collegno. Sono alcuni dei punti su cui certamente il processo di riforma è radicato e si sente che va avanti. E' molto. E non per fare qui delle contrapposizioni ma per sottolineare le profonde differenziazioni di questo universo, ricordo un altro aspetto della realtà che abbiamo conosciuto che invece mi è parso di reticenza, di chiusura, direi fortemente sospetto di una medicalizzazione ingiustificata: e a questo proposito d'accordo con Gastaldi quando indica in certe strutture private la genesi dei nuovi manicomi.
Voglio infine dire che attraverso lo specchio dei servizi territoriali la malattia mentale può anche apparire qua e là con più acutezza e lacerazioni, ma sembra anche meno irreparabile, non cronicizzata. O meglio se ha qualche senso un'impressione non specialistica, di profana, il nuovo "cronico" sembra un individuo diverso, meno mutilato, meno deprivato.
Indubbiamente nella realtà territoriale le contraddizioni sono più al vivo, per certi versi più esplosive. Certamente il disagio delle famiglie di molti malati è più acuto. E anche se, come ha sottolineato Montefalchesi, si tratta di fatti quantitativamente limitati, non c'è dubbio che l'isolamento, l'impotenza, la disperazione di molte famiglie che hanno il carico diretto di un malato, sono realtà per cui la risposta sociale, la qualità e l'intensità delle prestazioni sono davvero insufficienti.
Questi casi sono distribuiti soprattutto nei punti socialmente a rischio maggiore: la città, il grande caseggiato dove si vive come estranei a volte persino ostili, la famiglia mononucleare in un tessuto poverissimo di relazioni. Ma sulla non soluzione di problemi di questa drammaticità quanto pesa anche la crisi dello Stato sociale, l'attacco alle risorse finanziarie degli Enti locali, lo stesso Processo complessivo di delegittimazione del sistema delle autonomie, la crisi di modelli di vita di solidarietà? E' necessario dare risposte specifiche e adeguate al bisogno più acuto, ma si tratta anche di affermare prospettive, tendenze scelte politiche meno restrittive.
Dall'osservazione dei servizi psichiatrici sul territorio ho avuto la conferma che la realtà che si va trasformando è ben diversa da una qualsiasi altra realtà medica. Per intenderci: non è, per esempio, la trasformazione dei reparti di pediatria. E come tale richiede appunto supporti culturali e sociali imponenti. Richiede interventi non solo sanitari, ma più generali sulla casa, sul lavoro, sui servizi in genere sui modelli di vita.
Sta di fatto che, nella nostra Regione, nel primo triennio di applicazione della riforma psichiatrica, le tendenze positive si sono rafforzate e c'è un processo esplicito a lasciarsi definitivamente alle spalle la realtà manicomiale. I problemi aperti rimangono tantissimi. Ed i primi a metterli in evidenza sono proprio gli operatori più consapevoli nei cui atteggiamenti di fondo mi pare di aver colto questo: poche certezze, quasi nessun sollievo, ma anche fiducia, impegno, bisogno di ricerca.
Le proposte scaturiscono dalla stessa relazione: il superamento dell'O.P. ha bisogno di ben altro che di indicazioni generali di tendenza, ha bisogno di un progetto particolarmente mirato che indichi quantità ed uso di risorse finanziarie e umane, che stabilisca un coordinamento effettivo tra USL sede di O.P. e USL afferenti il potenziamento delle attività territoriali deve prevedere un netto ampliamento e miglioramento degli organici - quale condizione per aprire 24 ore su 24 i centri di salute mentale, e 12 ore le strutture per la permanenza diurna. Deve dare risposte di tipo tutelare residenziale (Comunità terapeutiche, case-famiglia, pensioni protette) per l'allontanamento temporaneo del malato dalle famiglie in caso di crisi deve costituire spazi di ricovero in trattamento volontario negli ospedali zonali, non sedi di DEA la qualificazione degli interventi deve essere sorretta dallo sviluppo di studi e di indagini, da precisi programmi di formazione e di aggiornamento da una maggiore diffusione dei dati che emergono dalle realtà ove la 180 è stata sperimentata con significativi risultati.
La legge 180 costituisce un grande fatto nuovo sotto il profilo giuridico, culturale, sociale. Proprio per questo le tendenze innovative che ha posto in atto vanno rafforzate. Ma come risulta dall'insieme di questa discussione, esse vivono attualmente - a causa di ritardi inadempienze, accensioni di spiriti controriformatori - in stato di precarietà, e come tali non sono irreversibili. Sono nel solco di orientamenti internazionali, eppure stanno subendo un attacco che rischia di farci tornare indietro di decenni.
Non ho nessuna pretesa di entrare nel merito della proposta Degan. Mi sembra tuttavia che sia giusto considerarla complessivamente una battuta d'arresto, un'inversione netta nel processo di riforma. Un processo che comunque, al di là di limiti e contraddizioni, è stato anche decisivo per radicare in fasce estese di popolazione comportamenti di accettazione assimilazione, non paura nei confronti della malattia mentale, che sono poi fatti di crescita di una società, lenti e difficili fin che si vuole, ma tali da produrre trasformazioni qualitativamente decisive.
Le cose viste in Piemonte, con tutte le insufficienze che non sono state taciute, ma che con i germi vivi di una trasformazione vera giustificano il nostro allarme per questo disegno di controriforma.
In che misura sotto la forma di "strutture sanitarie per ospedalità residenziale protratta", a cui peraltro si giunge dopo 30 giorni di trattamento obbligatorio ospedaliero, ritornerebbero a prosperare le strutture manicomiali ancora non smantellate, e verrebbe potenziato il circuito psichiatrico privato? Non è questione di dimensioni ridotte o di comfort, è, una questione che comunque sanziona la segregazione di categorie di cittadini "diversi".
Perché proporre ancora strutture di custodia sostanzialmente senza finalità terapeutiche, fondate tutt'al più su una pratica medica arretrata e non invece impegnarci e investire in interventi concreti, sorretti da studi e ricerche, per ampliare e approfondire l'applicazione della legge 180? Interventi che vanno nella direzione della cura e della liberazione degli aspetti più diffusi della sofferenza psichica, verso l'estendersi di quei processi che hanno consentito a un numero grande di uomini e donne di trovare, seppure sofferta ed instabile, la possibilità di recuperare la loro dignità.
Proprio dal Piemonte, dalle esperienze che qui si sono fatte, dovrebbe venire un segno di contrasto ad un'ipotesi di controriforma. Le risorse sono ridotte e bisognerebbe che non lo fossero; i servizi possono anche essere, e sono, in alcune situazioni insufficienti, ma questo semmai deve spingere a un maggiore sostegno.
Mi auguro che il lavoro della commissione e lo stesso dibattito che abbiamo fatto qui, le proposte che potranno rafforzare le linee del secondo Piano socio sanitario, ma soprattutto le esperienze in atto nella nostra Regione, diventino un reale contributo all'attuazione di una riforma che è di grande portata scientifica e sociale e che non può essere abbandonata al proprio destino, pena un arretramento più generale dei livelli di vita e di civiltà del nostro Paese.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bergoglio. Ne ha facoltà.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anch'io desidero celebrare il rituale non formale di ringraziamento a tutti quei colleghi che hanno lavorato in sede di Commissione per arrivare alle conclusioni della relazione prima e al dibattito in aula oggi.
Abbiamo cercato, nei limiti delle oggettive difficoltà, di comporre un quadro e una analisi seria di un problema grave che esiste nella nostra Regione come nel Paese, e, tutto sommato, pur esprimendo i concetti in modo diverso, alcune conclusioni a cui siamo giunti, sono comuni a quelle della relazione presentata stamattina dal collega Barisione, che è stata frutto di un lavoro in Commissione di integrazioni, di aggiunte, di miglioramenti rispetto al testo iniziale e che può consentire ulteriori proposte di integrazione e di modifica da esprimere in aula dai Consiglieri senza il vincolo di una relazione approvata a maggioranza, o all'unanimità.
Concordiamo su alcune valutazioni che sono state espresse in questa sede; su altre abbiamo delle riserve. Se mi si consente richiamo una battuta, che ho sentito dai colleghi del Cuneese del Gruppo della D.C. che non vorrebbero che tutte le colpe dei guai psichiatrici della nostra Regione fossero attribuite al Cuneese o ad una generica volontà nazionale di non applicare la riforma anche perché potrebbero chiederci di verificare la provenienza di tante persone ammalate che sono ancora attualmente ricoverate in quella zona. Ma questa non è una difesa d'ufficio del maggior o minor tasso di morbilità nel settore della malattie psichiche dei cuneesi: è un modo un po' faceto per porre un problema serio, perché la prima dimissione dagli ospedali psichiatrici, prima ancora direi della legge 180 e successivamente, è in realtà avvenuta cercando di collocare in qualche modo persone che venivano dimesse laddove e come si poteva trovare qualche residenza e li sono rimasti per lo più abbandonati dai nuovi servizi psichiatrici creatisi nel frattempo.
A scanso di equivoci, il collega Barisione ha posto in evidenza all'inizio della sua relazione la cautela con la quale la Commissione ha esaminato i dati che vengono proposti in questa sede e la cautela con cui dai dati si traggono le conclusioni. Alcuni dati sono palesemente contraddittori, alcuni sono sicuramente non raccolti su basi di sistematiche rilevazioni fatte a livello di singole UU.SS.SS.LL., alcuni sono palesemente forfettari laddove si citano per esempio mille malati seimila visite, ecc. Evidentemente non è un'indagine sistematica e razionale, ma è una indicazione data da qualcuno che ha dovuto fornire in qualche modo alla Commissione delle cifre.
Ma, al di là di queste incongruenze della documentazione rilevate già in sede di Commissione, credo che tutti i membri della Commissione vogliano individuare un sistema conoscitivo presso le singole UU.SS.SS.LL.
sistematico e completo di tutte le situazioni emergenti nel settore della malattia mentale. Sottolineiamo il concetto "malattia mentale" perch adesso stiamo parlando di questo problema, ma certo il problema riguarda tutto il settore sanitario nel suo complesso. Questo lavoro costituisce certamente un punto di partenza e una prima rilevazione, la più completa possibile, ma non può essere considerato uno strumento attendibile sotto il profilo statistico-scientifico della situazione di morbilità nella nostra Regione anche perché i dati sono palesemente contradditori. Non soltanto il Cuneese ha la massima percentuale delle malattie di mente e dei ricoverati ma persino la città di Nichelino risulta avere un alto indice di malattia mentale. E questo evidentemente è un dato del tutto casuale e non verificato. Ho citato questo esempio a titolo puramente di esempio. Anche rispetto alle indicazioni che stamattina dava il collega Barisione circa l'obiettivo della nostra attività che non era quello di andare a proporre eventuali modifiche alla legge nazionale o comunque andare a dimostrare quello che c'era da modificare o meno desidero fare una considerazione perché l'obiettivo non era neppure quello di andare a dire che tutto funzionava rispetto a una legge la quale potrebbe aver bisogno anche in base ai risultati della nostra indagine e come conseguenza di questo lavoro, di alcuni ripensamenti e integrazioni e modifiche rispetto ad esigenze di cura che al momento attuale non sono previsti nella legge 180.
Che poi per prevedere questi passaggi sia necessaria una modifica della legge o semplicemente una interpretazione aggiornata del ruolo dei servizi socio-sanitari rispetto a questo problema, credo che in questa sede sia poco rilevante. Quello che conta è che si arrivi a indicazioni di piano e operative delle singole UU.SS.SS.LL. che consentano di eliminare le storture più evidenti che abbiamo messo in luce nella relazione. Già i colleghi Ratti e Nerviani hanno con estrema precisione puntualizzato una serie di problemi che a nostro avviso meritavano di essere particolarmente sottolineati. Vorremmo che le nostre posizioni fossero ben comprese. In particolare il collega Nerviani sottolineava un argomento puntualmente ripreso anche dalla collega Marchiaro, e cioè che i manicomi sono ancora in funzione e non sono stati affatto superati. Nell'ansia di rinnovare, si è dimenticato di procedere alla modifica delle strutture manicomiali, che si sono fermate e che sono solo numericamente meno pesanti di qualche anno fa per il tipo di assistenza e di struttura sono ora, come diceva il collega Nerviani, ancora peggiori. Noi sosteniamo in questa sede, come l'abbiamo sostenuto già in altre occasioni - e la verifica sul posto ci convince maggiormente della validità delle nostre affermazioni - che passi in avanti significativi nella qualificazione dell'assistenza agli ospiti attuali dei manicomi possono essere fatti e la possibilità concreta è rappresentata dalla trasformazione in comunità diverse che consente di smantellare i reparti psichiatrici tradizionalmente intesi in strutture diverse: piccoli gruppi con riferimento a personale specificamente collegato con gli ospiti con i degenti, con i pazienti. Non è detto che per dimostrare che il manicomio è un "lager" si debbano mantenere i reparti cosi come sono adesso, forse per esibirli a titolo di esempio. Io credo che il primo impegno che si debba assumere in questa sede, sia quello di porci dei tempi concreti per trasformare tali realtà invivibili in qualcosa di dignitoso almeno nella fase di primo intervento.
Si sono ricordati in questa sede i passi e i tentativi fatti. Nessuno di noi ha mai detto che queste esperienze non vadano tentate, provate ed anche ampliate. Ma io non ho sentito parlare nessuno, tranne quanto è detto nella relazione iniziale di Barisione e se non erro dal collega Carazzoni della realtà che esiste nella nostra città: quella realtà di pensioni che ospitano numerosi degenti, completamente abbandonati a se stessi, dei quali non siamo riusciti a sapere nulla, perché, nonostante la Commissione abbia ripetutamente chiesto ai responsabili dei servizi dell'U.S.S.L. di Torino e di Collegno di darci delle indicazioni precise circa queste persone (quante erano, dove erano, quante rette erano pagate), questi dati non ci sono stati forniti nonostante che il Presidente dell'U.S.S.L. 1/23, l'ing. Poli abbia esplicitamente dichiarato, durante l'audizione che si è avuta in Commissione il 30 marzo 1984, che in pensione a Torino sono circa 170. Di queste 170 persone non so bene perché, non siamo riusciti assolutamente a sapere nulla. E che queste realtà ci siano non è soltanto dimostrato dalle dichiarazioni del Presidente dell'U.S.S.L. di Torino, all'epoca l'ing.
Poli, ma è dimostrato anche da notizie non scandalistiche (perché tutto quello che pubblicano i giornali relativo ai disagi e agli abbandoni viene considerato scandalistico) da taluni che dicono che tutto va bene! La realtà di Cortemilia che è venuta alla ribalta la scorsa settimana dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la validità delle nostre affermazioni. Per le persone ricoverate in strutture improprie il servizio di sostegno psichiatrico, le visite degli infermieri, le visite dei medici o altro, in realtà o non esistono o sono cosi poco incidenti che non mettono in rilievo le situazioni gravi, fino a quando non interviene la magistratura con l'arresto dei responsabili. Non voglio fare dello scandalismo, ma voglio soltanto capire perché in questa struttura dove sono ospiti persone convenzionate con varie UU.SS.SS.LL., dove secondo quanto dicono i responsabili dei servizi psichiatrici, gli infermieri effettuano visite e controlli, dove si pagano le rette di degenza, ci si accorge che le cose vanno male solo quando interviene un magistrato. Bisogna dire con estrema chiarezza che c'è qualcosa che non funziona in questi servizi, che ci sono delle carenze.
Quando affrontiamo questi temi dobbiamo dare una impostazione seria alla nostra azione. E' stato detto, che i servizi nelle UU.SS.SS.LL. ci sono e di vario tipo, ma c'è carenza di personale. Allora, se il servizio esiste, ma manca il personale, vuol dire che qualcosa non si fa, che non si svolge il lavoro che sarebbe necessario svolgere. Un servizio funziona quando dà tutte le prestazioni che sono necessarie per curare degnamente un malato. Nella relazione c'è una contraddizione palese tra l'affermazione generica che i servizi sono attivati in tutte le UU.SS.SS.LL., ancorch insufficienti, e la loro funzionalità concreta.
Del personale, oltre la carenza numerica, vanno sottolineati i problemi della produttività e della qualificazione. Non esiste nessuna verifica n tecnica, né funzionale sulla produttività del personale sanitario e non esiste nessuna verifica tecnico-funzionale nelle figure professionali più adeguate a questo tipo di assistenza. Si ritiene di non dover andare verso una eccessiva medicalizzazione, ma non vorrei che ci si innamorasse, come spesso accade, di figure nuove, terapeuticamente poco definite, si facesse entrare dalla finestra, sotto la generica valenza di educatore, figure che abbiamo sempre criticato del passato; mi riferisco al reclutamento di un tipo di personale privo di qualificazione professionale e di motivazioni adeguate cosi come è stato il reclutamento del personale per gli ex manicomi, e gli ex ospedali psichiatrici. Una delle caratteristiche richieste era la robusta e prestante costituzione fisica: questo era in alcuni casi il titolo per poter accedere a quel tipo di lavoro. Oggi questa accezione è superata, fortunatamente dimenticata, non vorrei però che si sostituisse quella figura con altre figure altrettanto generiche e altrettanto professionalmente dequalificate trovando operatori che, non trovando di meglio, si adattano anche a quel tipo di lavoro, con il rischio di dequalificare l'assistenza.
Per quanto riguarda i servizi assistenziali alle famiglie, abbiamo introdotto nella relazione alcuni emendamenti che ritengo opportuno riproporre in quest'aula, anche perché rimangano come documentazione di un modo di intendere il problema. Per esempio, quando si parla dei servizi "qualitativamente e quantitativamente insufficienti" (pagina 45 della relazione), noi chiediamo di aggiungere alla seconda riga dopo le parole "servizi psichiatrici":"E' auspicabile a livello territoriale uno sforzo per integrare i vari, carenti, quantitativamente e qualitativamente insufficienti servizi sociali esistenti (mi riferisco a tutti i servizi sociali) per sensibilizzarli ai problemi dei malati di mente onde contribuire alla costruzione di una capacità di accoglienza solidale e sociale della persona ammalata o "disadattata". Quanto ai centri di incontro, là dove esistono, dovranno essere individuate opportune attività comunitarie per iniziare il difficile, non impossibile, impegno di inserimento nelle strutture comuni anche di queste persone. Senza mitizzare né enfatizzare, ma sperimentando e sperando nella solidarietà e attivando le possibilità autonome di volontariato, si possono proporre con umiltà modestia e realismo, soluzioni per tentare di ridurre lo stato di disagio e di abbandono dei malati di mente e delle loro famiglie sfortunate.
Per quando riguarda il problema delle strutture alternative laddove si parla (pagina 45) dei ricoveri in pensione noi diciamo di aggiungere: "Tale situazione non può essere considerata soddisfacente da nessun punto di vista, perché nonostante l'intervento finanziario dell'U.S.S.L. non pu essere considerata né una corretta e seria risposta terapeutica ad ammalati si può ipotizzare uni omissione di cura o di soccorso? - ne una risposta sociale accettabile dal punto di vista umano. Si tratta di persone abbandonate a se stesse, al ghetto della strada, alla derisione della folla anonima e indifferente delle città, alla carenza strutturale, numerica e umana del personale addetto. In altri termini non possiamo concludere i nostri lavori, peraltro serie ed intensi, che ci hanno anche coinvolti sul piano personale, perché certe situazioni scuotono l'indifferenza di tutti senza segnalare queste situazioni indegne di una città, e di una Regione civile. Non siamo in grado ora di dare risposte totali, ma segnalare la situazione è un dovere morale che prescinde e prevale sulle opinioni ideologiche e politiche di ciascuno di noi, senza intenzioni scandalistiche, ma mossi soltanto dalla gravità della situazione e dal desiderio di trovare soluzioni che non siano solo vitto e alloggio abbandono e derisione ed, alcool. I volontari che già operano nella zona del centro storico di Torino hanno riscontrato il grande desiderio di vivere di queste persone. Una risposta può nell'immediato essere quella di dare più mezzi, più sostegni per intervenire di più. Inoltre un serio controllo del personale e una sua migliore qualificazione, oltre che una diversa turnazione per consentire anche recuperi personali agli operatori sembrano essere indicazioni non di soluzioni definitive, ma di risposte urgenti e indilazionabili".
Per quanto riguarda l'auspicato ritorno alla residenza di origine, già il collega Ratti ha ampiamente accennato. Ma io voglio riproporre il problema in termini di emendamento. In calce alla pagina 45, si propone di inserire le seguenti indicazioni: "Il problema del ritorno alla residenza di origine non pus, essere posto solo in termini di auspicio.
Nell'indicarlo come obiettivo da attuare si introduce il problema del rapporto con la famiglia quando c'è, con il lavoro, con gli altri. E' impensabile scaricare sulla famiglia la malattia mentale, anche perché si rischia di coinvolgerla in fenomeni degradanti in malattia dell'intero nucleo familiare. Ci siamo mai chiesti il quale rischio sottoponiamo un minore, costringendolo a vivere con un genitore malato di mente? E' un problema che ci è stato prospettato nel corso della nostra attività da più medici. Ci siamo chiesti quanto l'ambiente familiare può essere motivo di aggravamento della malattia? Questo visto dal punto di vista dell'ammalato.
Ci siamo chiesti se è giusto umanamente costringere genitori e anziani mogli, mariti e figli, sempre che ci siano, alla quotidiana incombenza terapeutica e curativa oltre che alle involontarie difficoltà talvolta violenze che il malato pone in essere nei loro confronti? E' accettabile etico, umano, tutto ciò? Può essere semplicisticamente risolto con il "rifiuto" della famiglia di farsi carico? Che risposte si danno a tali problemi? E' sufficiente dire che il ricovero risolve i problemi della famiglia e non del malato. Questi interrogativi senza risposta ce li siamo trovati di fronte in ogni U.S.S.L., ogni operatore ha posto anche questi problemi. Ricordarli ora è solo un dovuto rispetto alla verità. E' inoltre indispensabile verificare a livello medico e psicologico se la famiglia è utilizzabile nell'interesse dell'ammalato per la fase di cura o risocializzazione per evitare nei soggetti già in crisi di aggravare le loro difficoltà. Si deve inoltre sottolineare che in molti casi la famiglia non esiste o è essa stessa gravemente disturbata per varie ragioni. Questa situazione di crisi dell'istituto familiare non può essere ignorata e deve essere ricordata sia pure nei limiti di un semplice accenno. Le famiglie spesso sono frantumate, i coniugi separati, numerose sono le convivenze con altre persone ed altri figli. Quindi queste ipotesi ricorrenti di utilizzo della famiglia, alla quale peraltro non si offre alcun appoggio serio e significativo, trovano grandissimi ostacoli e limiti oggettivi e soggettivi".
A pagina 46 della relazione, dopo il quarto capoverso, proponiamo di inserire: "Tale ipotesi che può essere indicata come una delle possibili strutture periferiche di supporto deve essere pero oggetto di attenta valutazione per svariati ordini di motivi. In sintesi: si contraddice la scelta di non considerare la malattia mentale diversa dalle altre e quindi si supererebbe l'assunto della legge 180 da un lato reparti ospedalieri dall'altro ambulatori e/o poliambulatori, creando di fatto strutture sanitarie intermedie (minimanicomi)? Le ipotesi sul personale sono compatibili con i problemi organizzativi turni, presenze, compresenze, integrazione fra figure professionali diverse, professionalità.., ecc.? Quali sono i costi di tale servizio? E' necessaria un'analisi anche sotto questo profilo.
La struttura "ottimale" quali dimensioni deve avere per essere gestibile sia sotto l'aspetto sanitario ed assistenziale per il malato anche sotto quello economico/funzionale? La reperibilità non pare essere per questi problemi, sulla base dei dati che ci sono stati offerti dall'indagine, un'opportunità di servizio generalizzabile e utile.
Si suggerisce quindi di studiare soluzioni di utilizzo anche di strutture periferiche già esistenti ed opportunamente ristrutturate e ripensate sotto il profilo gestionale, con forme di lavoro agricolo artigianale, ecc. (avente funzione di recupero sociale e di autonomia finanziaria del soggetto ammalato).
Il problema del personale noi riteniamo che vada posto nel senso di cercare di attivare dei servizi polivalenti dove possa svolgere più funzioni, proprio per evitare quello stress legato a un tipo di lavoro difficile e impegnative sotto ogni punto di vista. Al riguardo, ad integrazione ulteriore della relazione, si propone di aggiungere a pagina 47, dopo il secondo capoverso: "Occorre precisare che in più occasioni si è potuto constatare che non esistono continuativi rapporti tra pazienti ed equipe territoriale non potendosi considerare soddisfacenti le visite mensili quando ci sono. In parecchi casi gli operatori e gli assistenti sociali dichiaravano il servizio mentre i gestori delle case di riposo contradditoriamente indicano nel medico di base le risposte possibili o pensavano che veniva ogni tanto un infermiere a portare le ricette. La proposta quindi di inserire i pazienti ospiti delle strutture residenziali esistenti, case di riposo in prevalenza, nel servizio dell'U.S.S.L. in cui ha sede la struttura è realistica ed opportuna, perché consente di avere un minimo di servizio reale, alleggerendo le UU.SS.SS.LL. di origine da costose e poco produttive trasferte del personale".
Su questo tema si deve fare una riflessione molto attenta perché oltre al problema della famiglia ci sono quelli dei veri punti di svolta del sistema che da un sistema chiuso custodialista, si trasforma in una vera e propria rete di servizi. Ma non bastano le indicazioni peraltro non chiuse e peraltro in parte condivisibili tipo le strutture protette, i centri crisi e altre forme del genere, se non si risolve il problema del malato in fase acuta. Gli attuali servizi di diagnosi e cura nei reparti ospedalieri i famosi repartini, sono molto carenti e poco idonei ad affrontare i problemi connessi alla malattia mentale. Sono spesso reparti pensati per malati degenti a letto forse adatti per chi ha subito un infarto o si è fratturata una gamba, ma non per chi ha problemi mentali per il quale occorrono spazi diversi per attività di socializzazione, di occupazione del tempo libero.
Dove nella relazione si parla delle strutture e del piano socio sanitario, noi proponiamo un'ulteriore integrazione, a pagina 48 ventiquattresima riga, dopo le parole "piano socio-sanitario", inserire: "sufficienti per la prima cura ma da integrare con servizi di più larga degenza per quei pazienti che necessitino di ricoveri di maggiore durata o per quei pazienti che presentino rischi di cronicità. L'individuare strutture minimali tipo centro crisi o simili non sembra sufficiente anche se può essere sperimentata anche tale forma, poiché i costi di gestione ed il numero delle persone addette non si conciliano con le esigenze della spesa e dell'utilizzo ottimale delle risorse e delle turnazioni del personale che richiedono dimensioni maggiori del servizio". Vi sono poi le difficoltà per quelle attività che non sempre sono svolte regolarmente quelle che si definiscono terapie occupazionali di cui si è fatto un gran parlare nel passato perché portavano allo sfruttamento dell'ammalato di mente ricoverato. E' giusto che quelle forme di lavoro siano state abbandonate. E' però opportuno studiare e recuperare forme di terapia occupazionale che consentano agli ammalati di svolgere qualche attività nell'arco della giornata.
Sono convinta che esistano modi di occupare il tempo con attività utili che possono anche alleviare situazioni di crisi aggravate dalla mancanza totale di prospettive e di interessi che a loro volta generano fenomeni turbativi.
Siamo stufi di sentire le chiacchiere di quegli operatori che di fronte al malato di mente o al tossico-dipendente fanno i grilli parlanti teorizzano generico rispetto per l'autonomia e fingono di ignorare che queste chiacchiere comportano di fatto l'abbandono dei malati all'indifferenza, alla derisione ed alla disperazione. In seguito all'ondata di freddo delle scorse settimane due persone sono morte di freddo. Erano ospiti delle comunità di Collegno e di Grugliasco. Per loro la libertà si era tradotta in libertà di morire di freddo in una strada senza che nessun operatore si sia preoccupato (almeno me lo chiedo) di sapere perché quelle persone alla sera o alla notte non erano rientrate.
Questi non sono semplici incidenti di percorso o notizie scandalistiche. Se un ospite in una struttura protetta, non rientra, occorrerà pure preoccuparsi di cercarlo prima di venire a sapere che è stato ritrovato assiderato in un fosso.
Quanto affermava il collega Nerviani a proposito dell'arrestarsi dell'opera di deistituzionalizzazione attraverso la trasformazione in comunità ospiti è una realtà presente in tutta la Regione, a Racconigi come a Vercelli, a Novara, a Collegno.
A Grugliasco in qualche modo si è risolto perché sono intervenuti i magistrati che hanno chiesto il trasferimento perché l'edificio non era in condizioni igieniche e di sicurezza accettabili. Questi interventi qualche volta possono essere utili per risolvere il problema. A tale riguardo inserisco un'ulteriore aggiunta alla relazione a pagina 49 dopo le parole P.S.S.R., diciannovesima riga: "Pare di poter dire che senza schematismi ideologici le varie UU.SS.SS.LL. hanno cercato di affrontare le situazioni esistenti e di attuare la 180. Ovunque gli sforzi si sono orientati a ridurre i tempi di ricovero ed attivare i servizi ambulatoriali esterni pur con i limiti delle singole situazioni anche di quelle preesistenti.
Tutte le UU.SS.SS.LL. hanno indicato carenze quantitative serie ed evidenti nel personale e tutte hanno richiesto maggiore qualificazione del medesimo.
Tutte hanno indicato l'esigenza di strutture intermedie e in grado di rispondere alle esigenze abitative di chi non ha casa, famiglia o per condizioni soggettive non può tornarci.
E' stato ribadito il problema della cronicità come uno dei più complessi, si sono ipotizzate strutture alternative di vario tipo: ovunque si è detto che si cerca di attuare la 180 ma che mancano mezzi, personale e che alcuni strumenti operativi vanno inventati.
Non pare quindi di poter concludere che non esistono problemi nell'attuazione della legge". Alla pagina 51 è importante ricordare dopo le parole "non normale": "Queste considerazioni di natura prevalentemente sociologica sono certamente significative e valide ma non possono prescindere dal fatto che alla base c'è uno stato reale di malattia, che come tale va anzitutto e soprattutto considerato per non mistificare nel sociale ciò che non si sa o vuole affrontare nel sanitario-clinico". Il problema delle tutele è molto serio. Da un lato la comunità è chiamata a farsi carico dei costi totali delle strutture delle cure agli ammalati dall'altro lato c'è il rischio, attraverso l'amministrazione di pensioni o di altre forme di reddito, che si mettano in atto soprusi e ruberie. Sono espressioni generiche ma molto significative. La vicenda di Collegno e gli interventi della Magistratura al riguardo sono esempi significativi. Sotto questo profilo non abbiamo in questa sede dato delle indicazioni precise.
E' un problema da tenere presente e da osservare. L'altro aspetto che nella relazione non è stato ricordato ma che voglio sottolineare riguarda il ricovero nei manicomi criminali in consistente aumento nella nostra Regione, ma anche a livello nazionale. Questo significa che qualcosa non ha funzionato nella diagnosi e nelle cure precedenti. La persona malata di mente che commette dei reati comuni viene poi prelevata e cacciata in tali strutture che è noto non hanno una grande valenza terapeutica e non riescono a risolvere i problemi.
I dati, anche se solo indicativi, parlano di raddoppio dei ricoveri nei manicomi criminali, e secondo me non solo l'aspetto quantitativo va valutato. Consentitemi ancora una considerazione. Il nostro mandato aveva come oggetto anche quello di verificare se le Unità Sanitarie Locali e la Regione avevano messo in atto tutti i controlli che sono previsti dalla normativa vigente in materia di tutela e di controllo delle strutture. Noi avevamo richiesto alla Giunta di fornire questi dati, ma né gli uffici regionali né le UU.SS.SS.LL. hanno fornito alcunché. Siamo quindi legittimati a pensare che i controlli specifici non sono stati attivati. Su questo credo che riferirà L'Assessore.
Vorrei concludere il nostro lavoro con una considerazione amara: i manicomi sono uguali dappertutto, purtroppo esistono ancora. Si parla tanto dell'accettazione attiva del malato psichiatrico, ma poi tutti sperano e operano in modo che l'accettazione attiva sia fatta da altri. Molti operatori, poi, dopo solidali parole, vanno a dirigere i servizi il più lontano possibile dai malati. L'assistenza parlata, la solidarietà parlata le teorizzazioni astratte, sono gesti del nostro tempo che ricordano Ponzio Pilato.
Vorrei concludere con l'auspicio e la speranza che cosi non sia. Mi auguro che in sede di Piano socio sanitario, ora in discussione, sappiamo trovare spazi, precisi tempi e modalità, la trasformazione perch l'assistenza "parlata" o la delega ad altri non si sa bene a chi, si trasformi finalmente in una rete di servizi efficienti e completi in grado di curare le malattie mentali perché visto che in un anno di lavoro la situazione esistente soddisfacente non è.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Per cominciare in termini polemici, direi che in primo luogo si imporrebbe una difesa d'ufficio di Ponzio Pilato, in quest'aula. A suo tempo io l'ho già fatta di Giuda. Immaginate la storia della fede come sarebbe diversa se non fosse esistito Ponzio Pilato o se Ponzio Pilato si fosse comportato in termini "decisionisti" quindi riflettiamo molto su queste cose. Io sono tentato di scrivere un giorno o l'altro, un libro immaginando che le vicende più significative della nostra storia di uomini si siano svolte secondo i dettami del buon senso, del buon costume, della buona educazione, della fedeltà coniugale, di queste cose, probabilmente il mondo sarebbe molto diverso e probabilmente molto più noioso.



FERRERO Giovanni

Marchini Sergio, la difesa di Ponzio Pilato c'è. E' di Bulgakov ne "Il maestro e Margherita".



MARCHINI Sergio

Si, esatto. Mi pare comunque che debba essere dato atto alla commissione, rectius a quei rappresentanti della commissione, quindi tutti fatta eccezione per il sottoscritto, che hanno svolto questo lavoro estremamente puntuale, estremamente interessante. Comincerei peraltro dai limiti che ha questa relazione. E c'è un limite che politicamente è di grande significato: ci siamo dimenticati tutti da dove è partita questa relazione: è partita da un fatto di cronaca, da un fatto di malcostume politico e di governo e che guarda caso la maggioranza di sinistra è riuscita anche in questo caso a far passare senza alcuna conseguenza. Del 2 marzo non si è parlato neanche nel dibattito da noi provocato perché "non era tempestivo", era "strumentale", non era "più il caso", e si è irriso e si è riusciti a passare oltre, quindi il Consiglio regionale non si è pronunciato sulle responsabilità politiche di una vicenda come quella del 2 marzo. Della vicenda dalla quale ha preso le mosse la nostra indagine, non si è mai parlato, non si parla neanche in questa relazione. Io ritengo che se ci sarà una maggioranza diversa bisognerà chiedere ad alcuni Consiglieri della sinistra, eventualmente non confermati, di essere nominati consulenti tecnici della futura maggioranza per essere assistita negli incidenti di percorso, così vengono chiamati, dei compagni che sbagliano, da parte di una maggioranza che questi incidenti speriamo non abbia, ma qualora dovesse averli. Dovremo imparare come si fa ad uscirne perché ne siete usciti veramente bene! Se non vado errato la Regione ha responsabilità primaria in materia sanitaria. Nella struttura psichiatrica più significativa in Piemonte avvengono delle cose inaudite e che attengono, guardate, ai malati, perché ho l'impressione che le lenzuola che sono state trovate nei torrenti della mia valle siano state sottratte ai malati; che le derrate alimentari che sono finite su alcune delle tavole, anche della mia valle siano state sottratte ai malati, di questo qui non si è più parlato.
Improvvisamente siamo ritornati sui grandi scenari, sui grandi impegni.
Ecco, io non avrei fatto questa considerazione polemica, se non ci fosse stato in qualche intervento molto appassionato e molto apprezzabile la voglia di ripetere luoghi comuni almeno di cattivo gusto come quelli che io ho espresso all'inizio del mio intervento.
Mi sembra per esempio di cattivo gusto dire che la realtà manicomiale che abbiamo ereditato è stata voluta da qualcuno, come è stato illustrato dalla Vice presidente Marchiaro, un giorno o l'altro ci decideremo a togliere questo Vice e quindi avremo meno difficoltà ad esprimerci, quasi che dietro queste realtà ci fosse un'intenzione prava di ledere altrui come diciamo noi giuristi, e quindi una qualche misura di voler vedere anche dietro alle mura di un manicomio una volontà cattiva, reazionaria,: conservatrice, sostanzialmente il liberale, no!, bisogna riconoscere che così va., e proprio per questo è più meritorio l'impegno della commissione di chi si è impegnato su queste cose. Questa è realtà, è risultato di una cultura, è un passaggio della storia dell'uomo, dietro cui non esistevano delle volontà, esisteva una cultura che si è superata, ma mi pare che riportare questo argomento come termine polemico e quasi di tentativo culturalmente intimidatorio di ascrivere allo stesso esercito di coloro che avevano posto in essere certe cose, coloro che sulla realtà attuale avessero qualche dubbio, mi sembra un artifizio, un raggiro di carattere intellettuale che va respinto.
Così mi è sembrato del tutto fuori luogo il richiamo puntuale che qui si fa ai ritardi dello Stato centrale nei confronti delle Autonomie Locali.
Bene: quando le UU.SS.SS.LL. sponsorizzano squadre di calcio o finanziano viaggi nei Paesi più strani del mondo, oppure hanno una presenza di massa alle conferenze di Viareggio, andate a leggere quanti rappresentanti ci sono, beh, incomincio a pensare che lo Stato centrale abbia il dovere preciso di ridurre le risorse agli Enti locali. Finché ne faremo, io mi metto tra questi, l'uso che in qualche caso se ne è fatto, mi sembra doveroso; d'altra parte il versante del contenimento della spesa pubblica posto che quello del controllo della dinamica del costo di lavoro è ormai uno scenario chiuso, è l'unico versante nel quale il nostro Paese pu sperare di andare al di là delle apparenze, perché è realtà di questi giorni ormai il nostro sistema economico si trova di nuovo a fare i conti con le proprie contraddizioni: i miglioramenti di questi ultimi mesi si sono rilevati per larga parte le conseguenze di un processo internazionale ma i guai del sistema sono rimasti per larga parte ancora rigidi. Quindi ritengo veramente che alcune asprezze di ragionamento strumentale abbiano meritato qualche considerazione anche di natura strumentale da parte del nostro Gruppo e quindi chiedo scusa di avo-le svolte, ma mi è sembrato di non dover lasciare passare sotto silenzio in un dibattito di questa natura alcune sbavature che mi sembrano improprie.
Certo il quadro che emerge è un quadro che anche qui la sinistra cerca di trasferire sul piano culturale dicendoci che qualunque attentato si fa alla riforma è un disegno contro- riformatore. Non c'è peggior modo di far fallire una riforma che abituarsi a una cattiva riforma. Quindi io segnalo e sottolineo e ricordo per me e per i colleghi con apprezzamento, ma anche con preoccupazione, soprattutto quanto è emerso dall'intervento della collega Bergoglio. Le cose dette sono non soltanto spie di un fenomeno, ma sono l'avvio di un fenomeno. Se ci si abitua a vivere con queste cose, e per carità spiegatemi poi che differenza c'è fra nascondere alcune centinaia di persone dietro i cancelli di Collegno, o nasconderle nell'anonimato e nella freddezza della grande città, non c'è nessuna differenza, perché il dato culturale che c'è a monte di queste cose non cambia: è quello di liberarsi del "diverso". Allora, tra buttare giù il cane dal precipizio o dall'abbandonarlo in centro a Torino non vedo quale sia la differenza, il tipo di comportamento che si tiene è quello dell'abbandono. Quindi vi è lo stesso, consentitemi, grado di disattenzione al problema, qualunque sia il tipo di rimedio che si adotta.
Mi pare quindi che la Giunta dovrà essere molto attenta a verificare nello specifico le ragioni delle insufficienze di intervento che sono state denunciate dai rappresentanti dell'opposizione nella commissione, perch al di là, ripeto, della gravità dei fatti in sé che possono anche essere probabilmente non così significativi, rispetto a un processo così delicato dal punto di vista etico e morale, a mio modo di vedere hanno questa grave e pesante carica di rischio: quella di abituarci a vivere con alcune cose dopodiché ci abitueremo con l'alibi di avere chiuso i manicomi e questo ci autorizzerà a vivere con l'alibi di non chiederci dove sono finiti i 170 denunciati dalla dottoressa Bergoglio e non ci chiederemo il perché della gente che muore di freddo nella città come quella di Torino. Noi ci abitueremo a queste cose. E attenzione! che cosa era stato il sistema precedente? Semplicemente abituarsi al fatto che il malato di mente andasse in manicomio. Ecco, quello era il dato culturale che caratterizzava quel periodo storico. Così non è invece il dato culturale che si cerca di costruire, ma attenzione! non è ancora costruito, e in quest'aula mi pare che sia venuto fuori, è sostanzialmente il dato, consentitemi, di grande valore umanistico del riconoscere che la vita è un bere che nella misura in cui esiste ha valore assoluto a prescindere dalla sua diversità: questo è il nocciolo fondamentale, a nostro modo di vedere, della legge 180, non è il tipo di contenitore in cui questo viene messo. E allora io rifiuto per esempio di dire che è comprensibile, accettabile, che la famiglia rifiuti la presenza di un "diverso" di quel genere al proprio interno come fatto lacerante. Vuol dire allora che questa cultura dell'eguaglianza e della vita non è ancora cresciuta a sufficienza, perché una famiglia non viene lacerata, anzi viene rafforzata dalle grandi sofferenze. E se grandi sofferenze ogni famiglia si trova a doverle affrontare, perché solo quella nei confronti del malato di mente è lacerante? E' lacerante perché questa sofferenza e questo dramma viene vissuto l'ha detto qualche collega, all'interno di un sistema che considera comunque costui ancora sempre un diverso. E allora mentre la sofferenza normalmente per una situazione di tipo diverso viene considerata dalla famiglia un momento di mobilitazione, se mi permettete anche di ostentazione, sappiamo tutti come le nostre mamme e le nostre zie, le nonnette dei nostri paesi, passano buona parte del loro tempo in una qualche misura a crogiolarsi sulle sofferenze e sui sacrifici che fanno per i loro cari, ma non avviene in questi casi. Perché evidentemente quando si parla del malato di mente anche in queste situazioni la cultura del diverso è ancora prevalente sulla cultura dell'eguale. Ecco mi pare che questo sia sostanzialmente il problema.
Sapete che adesso si riaprirà il problema dell'eutanasia, un problema che ci troverà probabilmente a dibattere e qui siamo sostanzialmente sullo stesso versante. Come si fa a dire che qualcuno dev'essere allontanato dal nucleo famigliare o sociale e quindi gli si tolgono alcuni beni della vita? Perché, attenzione, a costui vengono tolti alcuni beni della vita e, ho letto da qualche parte, non ricordo dove, una massima di qualcuno che si chiedeva fin quando l'uomo sostanzialmente ha diritto a vivere. Ha diritto a Vivere nella misura in cui coglie il valore della vita. E allora ogni qualvolta una cosa fatta come noi, voglio dire con una testa, due braccia due gambe, è in grado di cogliere la vita, in uno qualunque dei suoi valori, costui ha diritto a vivere quei valori che è in grado di percepire.
Non riesco proprio a capire quindi perché non si debba fare tutto il possibile perché un malato di mente che comunque riesca a cogliere magari in modo distorto il valore della vita famigliare e della vita sociale possa essere sottratto al godimento di un bene della vita. Questo, secondo me, dal punto di vista del valore, è il problema che ci troviamo di fronte.
Perché attenzione, questa discriminante è una discriminante che se abbandoniamo, per carità si tratterà solo di inventare contenitori nuovi per un problema vecchio, o accettiamo che la diversità va vissuta, va accettata e la diversità non è soltanto dei malati di mente, è di molte altre cose.
E' di questi giorni quello che avviene in certi Paesi europei per i diversi dal punto di vista sessuale, la nuova peste che si sta diffondendo nei Paesi a cultura anglosassone. C'è in ognuno di noi la paura del diverso che ha dentro, attenzione! Perché ognuno di noi ha dentro a se, un suo diverso, se lo porta dietro dalla nascita, dalla cultura, dai traumi infantili e quindi questi nostri fratelli che in una qualche misura sono diversi, piaccia o non piaccia, in qualche occasione si vedono scaricare nei loro confronti questa paura del diverso che è dentro ognuno di noi. E lo diceva bene la dottoressa Bergoglio, anche le persone più mobilitate cercano poi di svolgere la loro funzione il meno vicino alla stessa. E qualche volta chissà che certe forme di volontariato esasperato non siano poi una risposta, per noi accettabile sul piano del risultato che dà, ma sostanzialmente dello stesso colore che comunque è sempre il rifiuto del diverso, perché quando il diverso si tratta troppo come un diverso, con troppa attenzione, con troppa affezione, evidentemente è anche questo un modo di non accettare l'eguaglianza nella diversità, è pur sempre un'attenzione a un diverso, non un'accettazione dell'eguaglianza nella diversità.
Quindi ci siamo certamente avviati su questo versante su un dibattito che meriterebbe più attenzione e più preparazione, almeno da parte del sottoscritto della forza politica che rappresenta. Certo che quando un problema di valori si scontra contro delle esigenze di natura finanziaria di natura strutturale e strumentale e di disponibilità di operatori affinché da problema di carattere gestionale non diventi di nuovo problema di carattere culturale e politico, rimane difficile capire come alcune insufficienze dei servizi siano conseguenza di mancanza di risorse, quanto siano invece una non adeguata risposta in termini culturali rispetto al problema, o addirittura una fuga dal problema di carattere etico e culturale. Io quindi concluderei dicendo che a nostro modo di vedere la legge 180 è stato uno strappo, non c'è una continuità a monte, non è evoluzione, la legge 180 non rappresenta un momento compiuto di un'evoluzione culturale su questo problema, è uno strappo con la cultura precedente, quindi qualunque lacerazione, qualunque processo lascia evidentemente dei traumi, traumi nella cultura, traumi sul territorio traumi sulle persone. Mi pare che bisogna essere quindi molto attenti a questo punto e non confondere i traumi che sono conseguenza della lacerazione, con la lacerazione. Voglio dire che la legge 180 non produrrà conché gestita correttamente, i traumi che in questo momento constatiamo esistere sul territorio, perché non si può certamente pensare di immaginare che il futuro possa essere visto in termini equiparabili a un fatto traumatico storico come è stato lo strappo rispetto a una cultura, rispetto alla struttura, rispetto a un modo di atteggiarsi rispetto al problema.
Quindi io sono molto attento e in una qualche misura molto preoccupato ogni qualvolta non riesco a leggere bene in trasparenza che al di là delle preoccupazioni accettabili e che ho fatte mie, me ne renderete atto, per larga parte, di taluni sulle situazioni traumatiche che permangono e che in una qualche misura sembrano la causa dello strappo, il che dà luogo a suggerimenti che in una qualche misura non sono controriformisti, ma sostanzialmente non sono ancora l'accettazione totale del principio di carattere umanistico e culturale che abbiamo individuato prima l'accettazione dell'eguaglianza nella diversità. Questo è il punto fondamentale. Perché se incominciamo ad accettare l'alibi che è normale che la famiglia soffra di più per un malato mentale che per un malato di cancro, allora vuol dire che la cultura dell'eguaglianza nella diversità non c'è ancora. Ho l'impressione che il dramma di qualcuno che si sta consumando molte volte in termini anche estetici, qualcuno di voi avrà vissuto, gli ultimi mesi di un malato di cancro, ed allora il dramma in termini anche estetici, e sottolineo questo termine, e di relazione non è certamente diverso da quello che si ha con un malato di mente, pero guarda caso, in un caso non esiste l'alibi per certi comportamenti, non esiste il comportamento, non esiste la ripulsa, è stato detto bene, del quartiere del condominio, nell'altro caso c'e ancora. Allora mi pare che prima di parlare di modifiche della legge 180, bisogna capire se la legge 180 la si modificherà per ampliare la fascia di intervento, ma nel rispetto dell'eguaglianza nella diversità, o se pure nella legge 180 sostanzialmente si sarà accettata la filosofia della diversità e poi per un valore che io ritengo qualitativamente inferiore, del rispetto dovuto, del fatto comunque che quelle persone vanno trattate in un certo modo e non in un altro magari si arriva sul piano dei servizi e dei miglioramenti, non mi soddisferebbe una soluzione di questo genere. In altri termini, preferisco una battaglia che abbia all'origine questo riconoscimento del valore dell'eguaglianza nella diversità che lasci qualche dramma, d'altra parte la vita è dramma, dal momento in cui nasciamo al momento in cui moriamo, la vita è dramma, la vita non è assolutamente una cosa serena. Ognuno di noi è nato piangendo, e come dice Steinbeck, muore solo, quindi i momenti della nostra vita sono un momento iniziale di pianto e uno finale di solitudine quindi la vita è anche dramma e anche sofferenza, in qualche caso non è niente di diverso. E allora sono molto attento a cercare di capire se nei ragionamenti che facciamo si tenda sostanzialmente a dare un servizio migliore a fratelli che comunque vengono considerati diversi e rispetto ai quali si cerca di fare il possibile, il meglio, però sono diversi, anche se ci battiamo di più per riconoscerli eguali nella diversità, anche se questo crea determina e fa permanere dei problemi alla società, alle famiglie, e ad ognuno di noi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Borando. Ne ha facoltà.



BORANDO Carlo

Non avevo intenzione di prendere la parola su questo argomento, mi rendo conto che però un cittadino che vive in mezzo alla gente inevitabilmente si trova a contatto anche con problemi quotidiani di questo genere. Ho sentito parlare di controriforme; io sono per una controriforma per ritornare a situazioni sagge, modificate per quel che devono essere modificate al fine di migliorare la situazione. Il Consigliere Marchini parla di "diversi", insomma, non ha il coraggio di dire che c'è gente che deve essere chiamata comunemente "matta" perché purtroppo è vittima di alterazioni mentali che devono essere curate per quel che sono.
Quando nel 1964 ero Assessore alla Provincia di Novara (le Province in allora avevano fra le altre competenze, quella degli ospedali psichiatrici) ricordo che esisteva a Novara un ospedale psichiatrico che occupava un edificio tetro, lugubre, costruito con muri alti, uno di quei palazzacci che mettono paura un po' per la fama che hanno, e molto perché dentro si trovava quel che si trovava. L'Amministrazione aveva deciso di costruire un ospedale nuovo.
E' stato fatto un censimento e si era scoperto che in quella provincia il 70 per cento dei malati mentali proveniva dall'alto novarese e ciò si spiega perché le alterazioni mentali erano prevalentemente conseguenza di consanguineità.
Per rendere più comodo alla comunità provinciale l'accesso all'ospedale, si era deciso di realizzare la nuova struttura sanitaria o nella zona di Borgomanero o in quella di Cozzano.
Quale fu l'opposizione? Che lo spostamento dell'ospedale psichiatrico avrebbe causato la scomodità di 300 o 400 lavoratori dipendenti dell'ospedale di Novara i quali avrebbero dovuto spostarsi a Borgomanero o a Cozzano. Prima opposizione. Qui comincia a passare in seconda linea l'amore per il prossimo, si incomincia a guardare ai propri interessi. Comunque l'ospedale si decise di farlo. Ricordo di aver fatto acquistare dall'Amministrazione provinciale di Novara 350.000 mq (circa 20 o 25 ettari di terra) in una tenuta alle porte di Novara, a due km sulla statale 229 per andare a Borgomanero perché fossero comodi quelli di Borgomanero e quelli del Nord.
Si progettò la costruzione di un nuovo ospedale psichiatrico articolato in ridenti palazzine, con reparti, giardini, viali alberati.
La restante parte (circa 200.000 mq) sarebbe diventata un'azienda agricola (per quel lavoro terapeutico di cui parlava poco fa il Consigliere Bergoglio) dove sarebbero stati impegnati gli ammalati.
A me sembrava una soluzione saggia.
In sede progettuale, per definire il tipo di recinzione ho assistito a innumerevoli discussioni tra medici - psichiatri: perché chi la voleva in un modo, chi la voleva in un altro. Ad un certo punto io ho detto: bisogna fare una bella recinzione, quella che meno di tutte sembrasse "lager" ma che riuscisse allo scopo, di non lasciare scappare i matti.
Il discorso era solo questo. Però spesso colui che sostiene cose semplici che sono le più sagge, finisce con essere interpretato come uno che ha idee troppo piatte o poca cultura.
Fatta questa premessa vi do la fotografia di oggi. Per colpa della burocrazia, perché mancavano i mezzi, e perché le cose sono andate per le lunghe, trascorsero 10 o 12 anni. Finalmente sorsero le costruzioni.
Si sarebbe dovuto arrivare molto prima e questo avveniva quando nessuno ancora sapeva chi fosse il defunto Basaglia. Io l'ho saputo dopo. Poi si affermarono le nuove teorie e dell'ospedale psichiatrico non se ne parl più. Quelle costruzioni furono destinate a scuole. Pertanto, il nuovo ospedale psichiatrico non fu realizzato, quello vecchio non è più efficiente come un tempo perché è chiaro che subentrando la "psicologia del disarmo" si è detto: questo non si aggiusta perché tanto deve sparire quello non lo facciamo perché tanto non servirà.
Questo è il risultato. Potete studiare e proporre tutte le riforme che volete, io sono però del parere che come i nostri antichi che erano saggi destinavano i lebbrosi nei lebbrosari, gli ammalati di polmoni negli ospedali speciali e nelle località adeguate, anche per i malati mentali poveri disgraziati loro e soprattutto le loro famiglie, hanno bisogno di strutture sanitarie ad hoc.
Caro Assessore Bajardi, il personale dev' essere un personale ad hoc deve essere personale infermieristico altamente qualificato, personale medico specializzato. Se poi l'assistenza è data anche da personale religioso come una volta, non disturba affatto.
Perché non disturba? Perché dev'essere un personale che abbia vocazione, pazienza, amore e attitudine. Ci vogliono tutte queste cose per saper curare gli ammalati in genere, questi in particolare. I servizi a domicilio e le assistenti sociali utilizzati come pedine e come impiegati dalla ore 8 alle 17, che scappano nei momenti in cui dovrebbero fermarsi perché in quel momento magari c'è necessità, non risolvono i problemi; purtroppo si dicono tante parole, ma le cose si complicano sempre di più.
Ho voluto dire queste cose anche se non serviranno a niente, ma comunque che restino a verbale. Sono convinto che passerà del tempo, si consumeranno ulteriori esperienze, ma si finirà col ritornare all'antico nel senso che si inquadreranno le situazioni come saggezza consiglia. E' stoltezza politica non voler capire queste cose se non è superbia certamente è "mancanza di umiltà" perché quando si constata di avere imboccato una strada sbagliata totalmente o parzialmente, si ha il dovere di correggersi.
Questo sarebbe un atto di superiorità che nobilita l'individuo specie quando, riconoscendo di avere sbagliato, ha la capacità di ritornare sulla giusta via.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bajardi per la replica.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità ed assistenza

Non credo possa trattarsi di una replica in quanto anch'io ho ascoltato la relazione del Presidente sui lavori della Commissione nominata a suo tempo dal Consiglio. Debbo assicurare i colleghi che, non avendo avuto in precedenza comunicazione dello svolgimento di questo dibattito, delle proposte contenute nella relazione e delle proposte ulteriormente emerse con l'andamento della discussione già si era ampiamente tenuto conto in sede di Assessorato e nella elaborazione delle proposte per quanto riguarda il progetto "tutela della salute mentale". A quanti hanno avuto l'opportunità di leggerlo nel suo testo integrale e a quanti, della commissione, nel suo testo ridotto, è apparso con molta chiarezza quanto ho or ora affermato.
Voglio ringraziare innanzitutto tutti quanti per quanto è emerso dalla discussione, seppure con qualche diversa sfumatura. La sfumatura ultima del collega Borando è stata molto netta e molto precisa; ad essa io mi permetterei di rispondere con una citazione. Persona certamente insospettabile è Monsignor Pasini, segretario generale della Charitas, che ha organizzato mesi addietro a Roma un seminario nazionale su questa questione anche dalla preoccupazione che nel mondo del volontariato cattolico solamente il 3,3% del volontariato si dedica a questi problemi.
E' un dato di riflessione, che dice che un problema più generale è molto complesso. Di fronte alle proposte di modifica della 180, Monsignor Pasini dice: "A leggere i progetti, in particolare quello del Ministro Degan, mi pare che la preoccupazione che li ispira sia proprio quella di compensare le inadempienze esistenti e per inadempienze si intende le inadempienze del momento pubblico, le sue responsabilità", poi continua - "è soprattutto quella di sbarazzare la collettività dalla scocciatura di venire a contatto con una realtà scomoda. Questo è secondo me il significato reale della riproposizione di strutture di ricovero per lungodegenti assai simili ai vecchi ospedali psichiatrici, ma così si ricade nell'idea del tutto superata sul piano scientifico che la malattia mentale sia inevitabilmente cronica e inguaribile. Le strutture alternative previste dalla stessa legge non sono state sperimentate, per questo è assurdo riproporre le vecchie formule quando non si sono volute percorrere le nuove strade." lo debbo dichiarare che mi trovo perfettamente d'accordo con tutto il resto della dichiarazione, perché in effetti, in questo come in una serie di altri campi, all'utopia delle proposte (ma noi non saremmo nessuno qua se non avessimo delle utopie e delle idee e delle volontà da trasformare).
E' corrisposta anche una certa indeterminatezza della legge 180 la quale non prevedeva certamente puntualmente tutte le cose che abbiamo sperimentato anche nella nostra Regione. Un giudizio relativo, un raffronto della nostra Regione con le altre, può essere interessante, anzi, bisogna anche farlo, ma se questo poi è il pretesto per non discutere delle cose nostre, a me non sta assolutamente bene. Premetto che bisogna sempre collocarsi in modo relativo, guardando chi ci sta intorno, ma poi è necessario entrare nel merito delle nostre questioni, e io non ho imbarazzo a dire che abbiamo sperimentato; su questo ci sono ovviamente dei limiti.
Vorrei, per correttezza di informazione (non muovo un appunto al collega Barisione e alla Commissione) ricordare che in Piemonte gli O.P.
avevano nel 1970 10.000 posti ed i programmi di costruzione ne prevedevano 12.000 e più.
Negli anni successivi al '75, negli anni della legge 180, negli anni successivi ancora, siamo scesi a 2.700 ospitati, all'interno degli O.P. a fine '83, a fine '84 dai 2.700 siamo passati in un anno a 1.701. Il ritmo di sfollamento degli O.P. è certamente nettamente inferiore a quello che vi era in precedenza, ma già veniva ricordato che era molto più semplice risolvere i problemi all'inizio in quanto gli elementi di contraddizione più vistosi, quelli dei ricoveri più impropri ancora di tutti gli altri sono stati i primi da cui si è partiti: oggi c'è un tessuto di sedimentazione di persone che sono decenni all'interno degli O.P., ma ci nonostante Monsignor Pasini ha ragione, perché di quei 31 o 35 ex degenti collocati nelle comunità alloggio di Torino senza protezione specifica, 30 sono ex degenti che hanno trascorso diversi decenni negli O.P. Il che vuol dire che nonostante si sia giunti a cifre cosi basse, esistono ancora dei problemi che possono più facilmente di altri essere risolti. E allora il problema mi pare sia quello che giustamente è stato sollevato, e cioè che noi non possiamo attendere il totale sfollamento di questi residui 1,700 posti nei 4 O.P., dobbiamo farci carico anche di miglioramenti in queste strutture, ma dobbiamo altrettanto con ferma determinazione programmare lo sfollamento di questi con gradualità, con una visione integrata.
Il documento di piano si conclude proprio con la proposta, all'interno del progetto obiettivo di lotta alla malattia mentale, di dar corso a un progetto pilota, specifico, di superamento degli O.P. I tempi e i modi di questo completa mento del superamento dovranno essere individuati, ma una volta definita una volontà politica di superare quello che ieri era il tutto, appare la strada da perseguire con gradualità, ma anche con determinazione, guardando però a quest'intervallo di due, o tre anni entro i quali si procederà al superamento, per considerare i problemi di questi 1.700 che in misura decrescente resteranno, e guardare in parallelo a tutti gli altri interventi sul territorio.
Le strutture alternative vanno considerate nella loro globalità e nella loro caratteristica primaria, quella della risposta ai bisogni d'urgenza.
Io credo che da questo punto di vista sono emerse delle proposte: la possibilità di risposte urgenti che non siano più limitate ai 23 ospedali sedi di DEA, facendo in modo che anche altri ospedali garantiscano 24 ore su 24 la presenza o la pronta reperibilità, in modo da corrispondere alle esigenze dell'urgenza.
Vedremo quali misure assumere in questi ospedali, quali adeguamenti di personale, ecc. La linea da seguire è quella di estendere i 26 riferimenti sede di DEA ad un numero più ampio di realtà e si tratterà di guardare all'interno di questo progetto più generale, come colmiamo gli elementi di squilibrio maggiore in relazione ai dati che emergeranno. In parallelo dovremo perseguire risposte di tipo ambulatoriale, con il rafforzamento delle equipes territoriali (qua ho sentito qualche discorso: risolvere il problema con altre professionalità, la preoccupazione che altre professionalità non diano garanzia di qualificazione: sono problemi reali che abbiamo sperimentato). Io ricordo che il programma di formazione degli infermieri professionali quest'anno, per la prima volta, supererà il gettito di 1.000 diplomati, nel 1980 erano stati meno di 400 e, poiché per formare un infermiere ci vanno 3 anni, il ritmo ha dovuto forzatamente essere limitato, ma l'anno prossimo saranno 1.100 e più, quelli che frequentano il primo anno sono già 1.200, e certamente la presenza dell'infermiere professionale rispetto al recupero e all'utilizzo dei vecchi infermieri degli O.P. è certamente un elemento di qualità che incide anche sulla quantità, perché è poi la qualità del lavoro che permette di ottenere maggiori risultati.
La risposta è in termini sanitari, nella direzione però di ulteriori risposte sul territorio a bisogni residenziali. Sono questi un elemento decisivo, senza il quale non si può pensare all'autonomizzazione, al recupero più ampio di questi cittadini. Nel documento prevediamo una gradualità di strutture di protezione recuperando le esperienze e le proposte che sono emerse dalla discussione, ma ci facciamo anche carico con molta forza del terzo aspetto: il lavoro. Io ricordo a voi il convegno svoltosi l'anno scorso, in questa sala, delle cooperative dei dimessi degli O.P. che certamente hanno impressionato, sotto certi aspetti preoccupato qualcuno. Ma io mi ricordo che sono uscito da quella giornata, con centinaia di persone presenti, molto emozionato dall'aver colto la possibilità reale di rendere uomini, uomini che non lo erano più: questo è il dato oggettivo, al di là di tutte le valutazioni che si possono fare. Ma uomini diventavano, non perché erano genericamente inseriti ma perch avevano iniziato a fare qualcosa che serviva agli altri e in quanto serviva agli altri, serviva in primo luogo a loro perché e il riconoscimento, la constatazione di svolgere un ruolo sociale, l'indice del recupero reale del cittadino di fronte a situazioni di emarginazione. Le altre cose prima di ciò, fino a quando non si ha la consapevolezza di avere un ruolo, di fare qualcosa di utile agli altri, restano ancora nell'ambito dell'assistenza.
Il salto di qualità avviene quando si arriva a questo livello. E certamente non ci hanno aiutato molte reticenze, non ci hanno aiutato molte interpretazioni burocratiche di Co.Re.Co. che hanno troppo semplicisticamente messo sullo stesso piatto della bilancia un'offerta di lavoro di una comunità di ex degenti rispetto a un'altra, ma certamente meno redditizia; ma in questo caso i costi-benefici non si valutano a quel livello, specialmente per le prestazioni svolte all'interno del servizio sanitario: bisognava avere la forza di fare una valutazione di costi benefici a livello più ampio ed allora si sarebbe scoperto che per la collettività si trattava di un intervento estremamente vantaggioso perch risparmiava risorse. Dico queste cose per esprimere la consapevolezza della dimensione del problema e della volontà, mi permetto di dire, della possibilità, di superare la sperimentazione. Certo sono poche le 46 strutture (23 comunità alloggio, 6 comunità terapeutiche, 4 centri crisi, 2 centri diurni, l day-hospital) che sono sorte nel corso di questi anni.
Sono questi i germi attorno ai quali lavorare, per farli diventare 100 200: ma non crescono così. Bisogna avere la ferma determinazione di volerli realizzare, con flessibilità, senza rigidezza, in modo tale che esse possano adattarsi alle profonde diversità dei bisogni che al limite sono bisogno della singola persona, prima ancora di essere di un gruppo o di una struttura più ampia.
Ma è certo che le risposte individuali al livello delle strutture sono quasi impossibili, saranno poi gli operatori che operano all'interno di esse che dovranno avere la capacità di avere quegli elementi di personalizzazione tale che ci possa permettere di portare la sperimentazione a un livello più ampio. Credo che le ultime indicazioni contenute nella legge finanziaria dell'utilizzo delle risorse con destinazione finalizzata per la prima volta elencano l'impegno nel campo della lotta contro le malattie mentali, siano un elemento che ci ha già portato, nelle ipotesi esaminate in questi giorni con le UU.SS.SS.LL., a raddoppiare la previsione dell'impegno di investimento, portandolo a 4 miliardi. Una somma che purtroppo è molto al di sotto globalmente di quello che auspicavamo, ma si tratta di una proposta, ed il Consiglio farà la scelta definitiva: purtroppo su questi temi (salute mentale tossicodipendenza, ecc.) c'è sempre l'imbarazzo del compiere una scelta in una direzione che può ignorare l'altra o danneggiarla. lo sono convinto che il richiamo che qualcuno ci ha fatto (non faccio riferimenti personali) ai problemi della ricerca nell'indagine del lavoro culturale, l'abbiamo tenuto già in conto, e la bozza di convenzione dei rapporti con l'Università ne è un aspetto. Vorrei ricordare in primo luogo a me stesso che, nel programma di ricerca finalizzata dell'anno scorso, avevamo finanziato anche alcune ricerche in questo campo e una in particolare, che stamattina è stata evidenziata in relazione al rapporto tra malattia mentale e ambiente socio produttivo: credo che fra qualche mese avremo i risultati di questa ricerca che richiama anche i problemi della cassa integrazione.
Il progetto di chiusura totale degli O.P., che vedremo come potrà essere calendarizzato negli anni, ci pone anche il problema dell'utilizzo dei patrimoni degli ex O.P. con finalità utili: quello di Alessandria è già stato riconvertito ad un utilizzo sanitario, credo che per quelli di Vercelli, Novara ed anche di Racconigi possa essere ipotizzato (certamente con gradualità e senza correre con la fantasia) un utilizzo a fini universitari. L'aver sottolineato questi aspetti non offusca in me la consapevolezza della complessità del problema di essere sempre di più aperti ad un discorso di sperimentazione e di recupero di un più ampio rapporto con quanti, con spirito di volontariato, e attraverso l'associazionismo si impegnano in questo campo; né offusca la profonda consapevolezza della necessità di formulare programmi puntuali perché dopo un arco di sperimentazione possiamo proporre anche alla nostra comunità obiettivi precisi in questa ed in quell'altra parte del territorio, facendo anche crescere un impegno, una autonoma proposta da parte delle UU.SS.SS.LL., ma anche una proposizione specifica, che non lascia nel generico l'intendimento del nostro Consiglio regionale ad operare con molta determinazione in questa direzione.
Sono stati poi ancora enucleati i problemi della tutela e i problemi dei controlli. E' ovvio che quello dei controlli è in prima istanza una competenza specifica delle UU.SS.SS.LL., e guai se noi la togliessimo loro.
Di fronte però a tutti i fatti che emergono vorrei rassicurare il Consiglio che se non è possibile intervenire su ciò che non so, sulla base di ogni notizia di stampa, fino alle ultime vicende di Cortemilia, immediatamente l'Assessorato interviene per capire, per conoscere ed affiancarsi in questo lavoro a sostegno delle UU.SS.SS.LL., per risolvere i problemi che emergono, ma anche con un rapporto dialettico qualora gli elementi fossero tali da fare emergere responsabilità. lo credo che i colleghi non debbano avere dubbio sulla determinazione ad agire in questa direzione, in questo come in altri campi, certamente molto delicati, ma che non possono ammettere tolleranze.
Le responsabilità sono grandi, certamente è un'operazione che non pu essere svolta in modo antirealistico: dev'esserci un'ampia apertura, la volontà di coinvolgere molta più gente in questo processo che è un processo di crescita umana e civile.



PRESIDENTE

Abbiamo così concluso un dibattito particolarmente importante.
Dobbiamo prendere atto del lavoro veramente proficuo che è stato svolto dalla Commissione; il contributo che oggi i Consiglieri hanno dato a quel lavoro è indubbiamente molto significativo. Da parte dell'Ufficio di Presidenza, confermo l'impegno alla pubblicazione dei dati della relazione delle conclusioni della Commissione d'indagine e del dibattito svolto in aula. In sede di Ufficio di Presidenza valuteremo le modalità ed i tempi per pubblicare nella collana degli atti consiliari questo materiale e per diffonderlo non solo tra gli operatori e gli amministratori, ma anche possibilmente più estesamente tra i cittadini.


Argomento: USSL: Piante organiche

Deliberazione della Giunta regionale n. 37-40615: "U.S.S.L. n. 27 di Ciriè - Ampliamento della pianta organica"


PRESIDENTE

Si passa all'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 37 40615: "U.S.S.L. n. 27 di Ciriè - Ampliamento della pianta organica." Colleghi, vi sono alcuni provvedimenti che sono stati iscritti all'ordine del giorno che hanno ottenuto l'unanimità dalle Commissioni e sono le deliberazioni della Giunta regionale sulle piante organiche delle UU.SS.SS.LL. nn. 27, 28, 50, 65, 69, 76.
La prima deliberazione recita: "Il Consiglio regionale vista la legge 26 gennaio 1982, n. 12; vista la legge regionale 10 marzo 1982, n.7 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 37-40615 del 29/1/1985 sentito il parere favorevole espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di disporre, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1, quinto comma del D.L. 26 novembre 1981 n. 678, convertito con modificazioni nella legge 26 gennaio 1982 n. 12, l'ampliamento della pianta organica provvisoria dell'U.S.S.L. n. 27 di Ciriè, mediante l'istituzione dei seguenti nuovi posti per strutture e servizi finalizzati all'attuazione delle leggi 29/7/1975 n. 405, 22/12/1975 n. 685.
13/5/1978 n. 180 e 22/5/1978 n. 194: n. 2 posti di assistente ostetrico-ginecologo n. 4 posti di psicologo collaboratore di non autorizzare, per le motivazioni espresse in premessa, l'U.S.S.L. n.
27 di Ciriè ad istituire n. 2 posti di assistente sanitario e n. 2 posti di assistente sociale di dare atto che l'autorizzazione all'ampliamento della pianta organica provvisoria non comporterà automaticamente l'incremento della quota di riparto del Fondo Sanitario Regionale attribuita all'U.S.S.L. n. 27 di Ciriè e che, pertanto, la copertura dei relativi nuovi posti dovrà avvenire avuto riguardo alle disponibilità finanziarie dell'U.S.S.L. richiedente per il corrente anno.
La presente deliberazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.


Argomento: USSL: Piante organiche

Deliberazione della Giunta regionale n. 38-40616: "U.S.S.L. n. 28 di Settimo Torinese"


PRESIDENTE

Passiamo alla votazione della deliberazione della Giunta regionale n.
38-40616: "U.S.S.L. n. 28 di Settimo Torinese".
Il testo recita: "Il Consiglio regionale vista la legge 26 gennaio 1982 n. 12 vista la legge regionale 10 marzo 1982 n. 7 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 3840616 del 29/1/1985 sentito il parere favorevole espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di disporre, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1, quinto comma del D.L. 26 novembre 1981 n. 678, convertito con modificazioni nella legge 26 gennaio 1982 n. 12, l'ampliamento della pianta organica provvisoria dell'U.S.S.L. n. 28 di Settimo Torinese, mediante l'istituzione dei seguenti nuovi posti per strutture e servizi finalizzati all'attuazione delle leggi 29/7/1975, n. 405, 22/12/1975, n. 685, 13/5/1978 n.. 180 e 22/5/1978, n. 194: n. 4 posti di psicologo collaboratore n. 1 posto di assistente medico per il servizio di tutela salute mentale n. 10 posti di infermiere professionale n. 4 posti di coadiutore amministrativo n. 1 posto di agente tecnico di non autorizzare, per le motivazioni espresse in premessa, l'U.S.S.L. n.
28 di Settimo Torinese ad istituire n. 2 posti di coadiutore amministrativo di dare atto che l'autorizzazione dell'ampliamento della pianta organica provvisoria non comporterà automaticamente l'incremento della quota di riparto dei fondo sanitario regionale attribuita all'U.S.S.L. n. 28 di Settimo Torinese e che, pertanto, la copertura dei relativi nuovi posti dovrà avvenire avuto riguardo alle disponibilità finanziarie dell'U.S.S.L.
richiedente per il corrente mino.
La presente deliberazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano. La deliberazione è approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.


Argomento: USSL: Piante organiche

Deliberazione della Giunta regionale n. 41-40819: "U.S.S.L. n. 50 di Gattinara"


PRESIDENTE

Esaminiamo la deliberazione della Giunta regionale n. 41-108 I 9: "U.S.S.L. n. 50 di Gattinara".
Il testo recita: "Il Consiglio regionale vista la legge 26 gennaio 1982 n. 12 vista la legge regionale 10 marzo 1982 n. 7 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 41-40819 del 5/12/1985 sentito il parere favorevole espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di disporre, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1, quinto comma del D.L. 26 novembre 1981 n. 678, convertito con modificazioni nella legge 26 gennaio 1982 n. 12, l'ampliamento della pianta organica provvisoria dell'U.S.S.L. n. 50 di Gattinara, mediante l'istituzione dei seguenti nuovi posti per strutture e servizi finalizzati all'attuazione delle leggi 29/7/1075 n. 405, 22/12/1975 n. 685, 13/5/1978 n. 180 e 22/5/1978 n. 194: n. 1 posto di aiuto di ostetricia e ginecologia n. 1 posto di assistente medico di ostetricia e ginecologia n. 1 posto di assistente medico di anestesia n. 1 posto di assistente medico di neuropsichiatria infantile n. 2 posti di infermiere professionale n. 3 posti di psicologo collaboratore di non autorizzare, per le motivazioni espresse in premessa, l'U.S.S.L. n.
50 di Gattinara ad istituire n. 1 posto di assistente medico di medicina generale e n. 2 posti di assistente sociale collaboratore di dare atto che l'autorizzazione all'ampliamento della pianta organica provvisoria non comporterà automaticamente l'incremento della quota di riparto del fondo sanitario regionale attribuita all'U.S.S.L. n. 50 di Gattinara e che, pertanto, la copertura dei relativi nuovi posti dovrà avvenire avuto riguardo alle disponibilità finanziarie dell'U.S.S.L.
richiedente per il corrente anno.
La presente deliberazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto collima del regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale e sarà pubblicata sui Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.


Argomento: USSL: Piante organiche

Deliberazione della Giunta regionale n. 56-40634 relativa a: "U.S.S.L. n. 65 di Alba"


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare la deliberazione della Giunta regionale n. 56 40634 relativa a: "U.S.S.L. n.. 65 di Alba", nel testo che recita: "Il Consiglio regionale vista la legge 26 gennaio 1982 n. 12 vista la legge regionale 10 marzo 1982 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 56-40634 del 29/1/1985 sentito il parere favorevole espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di non autorizzare, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1, quinto comma del D.L. 26 novembre 1981, n. 678, convertito con modificazioni nella legge 26 gennaio 1982 n. 12, l'ampliamento della pianta organica provvisoria dell'U.S.S.L. n. 65 di Alba mediante l'istituzione dei seguenti posti: n. 1 posto di assistente di pediatria n. 2 posti di assistente sanitario La presente deliberazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: USSL: Piante organiche

Deliberazione della Giunta regionale n. 59-40637 relativa a: "U.S.S.L. n. 69 di Nizza Monferrato"


PRESIDENTE

La deliberazione della Giunta regionale n. 59-40637 reca: "U.S.S.L. n.
69 di Nizza Monferrato".
La delibera recita: "Il Consiglio regionale vista la legge 26 gennaio 1982 n. 12 vista la legge regionale 10 marzo 1982 n. 7 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 59-40637 del 29/1/1985 sentito il parere favorevole espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di disporre, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1, quinto comma del D.L. 26 novembre 1981 n. 678, convertito con modificazioni nella legge 26 gennaio 1982 n. 12, l'ampliamento della pianta organica provvisoria dell'U.S.S.L. n. 69 di Nizza Monferrato, mediante l'istituzione dei seguenti nuovi posti per strutture e servizi finalizzati all'attuazione delle leggi 29/7/1975 n. 405, 22/12/1975 n. 685 e 13/5/1978 n. 180: n. 3 posti di psicologo collaboratore n. 8 posti di infermiere professionale di non autorizzare, per le motivazioni espresse in premessa, l'U.S.S.L. n.
69 di Nizza Monferrato all'istituzione dei seguenti posti: n. 2 posti di assistente di ostetricia e ginecologia n. 6 posti di assistente sociale n. 2 posti di ostetrica n. 2 posti di applicato n. 1 posto di neurologo o psichiatra n. 2 posti di medico psichiatra assistente n. 6 posti di assistente di comunità n. 1 posto di animatore n. 2 posti di ausiliario n. 2 posti di aggiunto n. 22 posti di operaio ad alta specializzazione tecnologica n. 6 posti di operaio specializzato di dare atto che l'autorizzazione all'ampliamento della pianta organica provvisoria non comporterà automaticamente l'incremento della quota di riparto del fondo sanitario regionale attribuita all'U.S.S.L. n. 69 di Nizza Monferrato e che, pertanto, la copertura dei relativi nuovi posti dovrà avvenire avuto riguardo alle disponibilità finanziarie dell'U.S.S.L.
richiedente per il corrente anno.
La presente deliberazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.


Argomento: USSL: Piante organiche

Deliberazione della Giunta regionale n. 46-40540, relativa a: "U.S.S.L. n. 76 di Casale Monferrato"


PRESIDENTE

Procediamo all'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 46 40540 relativa a: "U.S.S.L. n. 76 di Casale Mon ferrato".
La deliberazione recita: "Il Consiglio regionale vista la legge 26 gennaio 1982 n. 12 vista la legge regionale 10 marzo 1982 n. 7 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 46-40540 del 24/1/1985 sentito il parere favorevole espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di disporre, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1, quinto comma del D.L. 26 novembre 1981 n. 678, convertito con modificazioni nella legge 26 gennaio 1982 n. 12, l'ampliamento della pianta organica provvisoria dell'U.S.S.L. n. 76 di Casale Monferrato, mediante l'istituzione dei seguenti nuovi posti per strutture e servizi finalizzati all'attuazione delle leggi 29/7/1975 n. 405, 22/12/1975 n. 685, 13/5/1978 n. 180 e 22/5/1978 n. 194: n. 5 posti di psicologo collaboratore n. 2 posti di aiuto di ostetricia e ginecologia n. 1 posto di assistente medico di pediatria di dare atto che l'autorizzazione dell'ampliamento della pianta organica provvisoria dell'U.S.S.L. n. 76 di Casale Monferrato non comporterà automaticamente l'incremento della quota di riparto del fondo sanitario regionale attribuita all'U.S.S.L. citata e che, pertanto, la copertura dei relativi nuovi posti dovrà avvenire avuto riguardo alle disponibilità finanziarie dell'U.S.S.L. richiedente per il corrente anno.
La presente deliberazione c valida ai sensi dell'art.. 50, quarto comma del regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati a fissare il numero legale e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.


Argomento: Parchi e riserve

Esame p.d.l. 425: "Adeguamento delle leggi regionali 5/5/1980 n. 35 31/8/1982 n. 28, 31/8/1982 n. 29, inerenti le piante organiche degli enti di gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali"


PRESIDENTE

Punto quinto all'ordine del giorno: esame p.d.l. 425: "Adeguamento delle leggi regionali 5/5/1980 n. 35, 31/8/1982 n. 28, 31/8/1982 n. 29 inerenti le piante organiche degli enti di gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali".
Relatore è il Consigliere Avondo che dà per letta la relazione.
Comunico che è stato presentato dal Consigliere Valeri il seguente emendamento al titolo del progetto di legge in discussione: Il titolo viene così sostituito: "Ordinamento e piante organiche del personale degli enti di gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali".
Chi approva è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità dei 29 Consiglieri presenti.
Passiamo ora alla votazione dell'articolato.
Titolo I (Norme generali) Art. 1 "La presente legge definisce l'ordinamento e la pianta organica del personale dei parchi e delle riserve naturali regionali.
Il personale dipendente dagli Enti che provvedono alla gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali è inquadrato nelle qualifiche funzionali previste per i dipendenti regionali ai sensi della legislazione vigente con l'applicazione dello stato giuridico e del trattamento economico in vigore per il personale regionale, integrato dal regolamento allegato alla presente legge.
Il personale di cui al precedente articolo è iscritto, dalla data delle rispettive assunzioni in servizio, ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza, rispettivamente alla CPDEL e all'INADEL; al personale medesimo sono estese le disposizioni in materia di quiescenza e di previdenza previste dalle norme vigenti per il personale regionale.
Il personale dei parchi e delle riserve naturali regionali è inquadrato nei ruoli dei singoli Enti che provvedono alla gestione dei parchi e delle riserve e dipende direttamente dagli Enti stessi".
I Consiglieri Avondo e Genovese presentano il seguente emendamento: al terzo comma, dopo le parole "alla CPDEL e all'INADEL" sono inserite le paro-le: "fatte salve le eventuali opzioni già esercitate in base a norme di legge".
Chi approva è pregato di alzare la mano. L'emendamento è approvato.
Procediamo alla votazione dell'art. 1 così emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 1 e approvato.
Art. 2 "Il personale attualmente in servizio presso i parchi e le riserve naturali regionali collocato nelle quualifiche funzionali previste dalla presente legge secondo la seguente tabella di equiparazione: III III IV IV V V VI VI VIII VII IX VIII X e XI prima qualifica dirigenziale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "Le retribuzioni del personale di cui alla presente legge sono direttamente effettuate dalla Regione utilizzando il capitolo 7910 del bilancio di previsione per l'anno 1985 ed i corrispondenti capitoli per gli anni successivi.
A quanto previsto dal comma precedente fa eccezione l'Azienda regionale dei parchi suburbani che provvede direttamente alle retribuzioni del proprio personale sul bilancio dell'azienda".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Titolo II (Dotazioni organiche) Art. 4 "Ai sensi di quanto disposto dalle leggi regionali: 1)20 marzo 1978 n. 14 2) 23 maggio 1978, n. 55, e 21 maggio 1984, n. 26 3)) 28 dicembre 1978, n. 84 4) 28 agosto 1979, n. 51 5) 3 dicembre 1979, n. 66 6) 28 gennaio 1980 n. 5 71 28 aprile 1980, n. 32 8) 16 maggio 1980, n. 45 9) 16 maggio 1980 n. 46 10)20 maggio 1980, n. 51 11) 30 maggio 1980, n. 65 e 3 settembre 1984, n. 52 12) 30 maggio 1980, n. 65 sono previste rispettivamente le seguenti dotazioni organiche: a) Parco naturale dell'Alpe Veglia: n. 6 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: V: n. 4 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) b) Parco naturale delle Lame del Sesia e riserve naturali dell'Isolone di Oldenico, della Garzaia di Villarboit e della palude di Casalbeltrame: n.
11 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 9 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) c) Parco naturale Alta Valle Pesio: n. 8 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 5 VI: n. 2 VIII: n. 1 (Direttore) d) Riserva naturale della Garzaia di Valenza: n. 5 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 3 VI: n. 1 VIII: n. I (Direttore) e) Riserva naturale del bosco e dei laghi di Palanfrè: n. 5 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: V: n. 3 VI: n. 1 VIII: n. I (Direttore) f) Parco naturale ed area attrezzata del Sacro Monte di Crea: n. 5 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 3 VI: n. 1 VIII: n. I (Direttore) g) Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta: n. 5 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 3 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) h) Parco naturale della Val Troncea: n. 8 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: V: n. 6 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) i) Parco naturale dei Laghi di Avigliana: n. 6 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 4 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) l) Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand: n. 8 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 6 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) m) Parco naturale dell'Argentera: n. 24 dipendenti così ripartiti per qualifica: IV: n. 1 V: n. 20 VI: n. 2 VIII: n. 1 (Direttore) n) Parco naturale dell'Orsiera-Rocciavrè: n. 20 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: V: n. 16 VI: n. 3 VIII: n. 1 (Direttore)".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 "Ai sensi di quanto disposto dalle leggi Regionali: 1) 2 giugno 1978, n. 29 2) 24 aprile 1980, n. 29, e successive modificazioni 3) 28 aprile 1980, n. 30, e successive modificazioni 4) 28 aprile 1980, n. 31 5) 2 maggio 1980, n. 34 6) 16 maggio 1980, n. 48 con le quali sono stati istituiti la riserva naturale speciale del Bosco del Vaj, la riserva naturale speciale del Parco Burcina, la riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varallo, il parco naturale di Rocchetta Tanaro, la riserva naturale speciale dell'Orrido e stazione di leccio di Chianocco e il parco naturale della Rocca di Cavour, affidandone la gestione ai Comuni di Castagneto Po, Biella, Varallo, Rocchetta Tanaro Chianocco e Cavour, sono previste rispettivamente le seguenti dotazioni organiche: a) Riserva naturale speciale del Bosco del Vaj: n. 4 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 3 VIII: n. 1 (Direttore) b) Riserva naturale speciale del Parco Burcina: n. 4 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: V: n. 3 VIII : n. 1 (Direttore) c) Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varallo: n. 5 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 3 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) d) Parco naturale di Rocchetta Tanaro: n. 4 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: V: n. 3 VIII: n. 1 (Direttore) e) Riserva naturale speciale dell'Orrido e stazione di leccio di Chianocco: n. 1 dipendente di V qualifica: sulla base di apposita convenzione con l'Ente parco naturale dell'Orsiera-Rocciavrè, si può avvalere del personale di vigilanza del parco stesso e del suo Direttore f) Parco naturale della Rocca di Cavour: n. 4 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 3 VIII : n. 1 (Direttore) Ai sensi di quanto disposto dalla legge regionale 19 aprile 1979, n. 18 con la quale è stato istituito il parco naturale dell'Alta Valsesia affidandone la gestione alla Comunità Montana Valsesia, è prevista la seguente dotazione organica: n. 9 dipendenti così ripartiti per qualifica: V: n. 7 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore)".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'articolo 5 è approvato.
Art. 6 "Ai sensi di quanto disposto dalle leggi regionali: 1) 21 agosto 1978, n. 53 2) 31 agosto 1979, n. 52 3) 16 maggio 1980, n. 47 per i Consorzi di gestione del parco naturale della Valle del Ticino, del parco naturale delle Capanne di Marcarolo e del parco naturale dei Lagoni di Mercurago, sono previste rispettivamente le seguenti dotazioni organiche: a) Parco naturale della Valle del Ticino: n. 27 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: III: n. 5 IV: n. 3 V: n. 14 VI: n. 4 VIII : n. 1 (Direttore) b) Parco naturale delle Capanne di Marcarolo: n. 20 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: IV: n. 9 V: n. 15 VI: n. 9 VIII: n. 1 (Direttore) c) Parco naturale dei Lagoni di Mercurago: n. 6 dipendenti cosi ripartiti per qualifica: V: n. 4 VI: n. 1 VIII: n. 1 (Direttore) I Consorzi di gestione di cui al presente articolo possono altresì avvalersi di un Segretario del Consorzio non facente parte dell'organico degli Enti.
Gli Statuti dei parchi naturali della Valle del Ticino, delle Capanne di Marcarolo e dei. Lagoni di Mercurago debbono essere modificati dai rispettivi Consorzi di gestione per quanto difformi dalle norme di cui alla presente legge e relativo regolamento".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 "La dotazione organica dell'azienda regionale dei parchi suburbani consiste in 110 unità ed è così definita per qualifiche: III: n. 8 IV: n. 53 V: n. 27 VI: n. 5 VII: n. 6 VIII: n. 7 prima qualifica dirigenziale: n. 3 seconda qualifica dirigenziale: n. 1 (Direttore) Al direttore dell'azienda è attribuita la seconda qualifica dirigenziale in base ad apposita procedura concorsuale..
Per i dipendenti per i quali sia necessaria, per l'espletamento delle funzioni di vigilanza o di custodia e per lo svolgimento delle attività aziendali, la residenza continuata nei parchi affidati alla gestione dell'azienda, con contrattazione integrativa a livello aziendale, sono definiti gli aspetti inerenti l'abitazione ed i relativi annessi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Titolo III (Norme finali) Art. 8 "La Giunta regionale, previa richiesta agli Enti di gestione dei parchi e delle riserve naturali, può avvalersi dei funzionari aventi la qualifica di Direttori per lo svolgimento di particolari attività scientifiche connesse alla protezione degli ambienti naturali".
I Consiglieri Avondo e Genovese presentano il seguente emendamento: la parola "richiesta" è sostituita dalla parola "comunicazione", e le parole "può valersi" sono sostituite dalle parole: "si avvale".
Chi è favorevole all'emendamento è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione dell'articolo nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 "L'attuazione delle piante organiche previste agli articoli 4, 5 e 6 della presente legge è subordinata al preventivo parere Favorevole della Giunta regionale, espresso in modo formale. Sono fatti salvi i pareri già rilasciati alla data di entrata in vigore della presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 "Sono abrogate le leggi regionali 5 maggio 1980, n. 35, e relativo regolamento, e 31 agosto 1982, n. 29.
La lettera g) dell'articolo 6 della legge regionale 31 agosto 1982, n. 28 è soppressa: conseguentemente le lettere h), i) e 1) divengono rispettivamente le lettere g), h) e i).
Sono abrogati gli articoli 10, 11 e 12 della legge regionale 31 agosto 1982, n. 28.
Restano abrogati gli articoli 9 e 10 della legge regionale 21 agosto 1978 n. 53, gli articoli 9 e 10 della legge regionale 31 agosto 1979, n. 52, e l'articolo 9 della legge regionale 16 maggio 1980, n. 47".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 10 è approvato.



REGOLAMENTO PER IL PERSONALE DEI PARCHI E DELLE RISERVE NATURALI REGIONALI

Art. 1 "Il personale in servizio presso i parchi e le riserve naturali regionali opera alle dirette dipendenze degli organismi di gestione di ciascun parco o riserva per adempiere alle finalità previste dalle singole leggi istitutive".
Art. 2 "Il Direttore di ogni parco o riserva naturale regionale ha il compito di dirigere, coordinare e sorvegliare tutta l'attività del parco o della riserva naturale, ne risponde direttamente agli organi di gestione partecipa con voto consultivo alle riunioni degli organi medesimi, cura l'esecuzione delle deliberazioni, esercita ogni altro compito inerente all'attività del personale ed alla gestione del parco o della riserva naturale".
Art. 3 "Il personale in servizio presso i parchi e le riserve naturali regionali è tenuto ad osservare le disposizioni di legge previste per i dipendenti regionali, per quanto non previsto nel presente regolamento, nonch all'adempimento di quanto disposto dagli organi di gestione del parco o riserva naturale presso cui opera.
Le mansioni attribuite a ciascun dipendente devono essere quelle proprie della qualifica attribuita. Il personale addetto alla vigilanza (guardia parco), a cui è attribuita la V qualifica, è tenuto a svolgere anche funzioni di manutenzione delle aree a parco o riserva naturale nelle quali svolgono servizio: inoltre, al personale medesimo sono attribuite le funzioni di polizia giudiziaria. Al personale di cui al presente comma è rilasciato apposito tesse- vino di riconoscimento che deve essere firmato dal Presidente del parco o della riserva naturale.
Il personale di vigilanza è inoltre tenuto all'osservanza delle leggi, dei regolamenti e degli ordini ricevuti nel rispetto della gerarchia: è d'obbligo, per tale personale, l'uso della divisa. Al personale che violi gli obblighi di servizio o che comunque venga meno ai propri doveri, si applicano le disposizioni vigenti per il personale regionale".
I Consiglieri Avondo e Genovese presentano i seguenti emendamenti: al secondo comma la parola "attribuite" è sostituita dalle parole: "assegnate"; al quarto comma la parola "divisa" è sostituita dalla parola: "uniforme".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Art. 4 "La copertura dei posti previsti nell'organico di ogni parco o riserva naturale, salvo diversa indicazione delle leggi istitutive, viene effettuata mediante pubblico concorso da bandirsi secondo le disposizioni legislative vigenti e integrate dalla normativa di seguito riportata.
Il concorso consiste in un accertamento comparato di idoneità attraverso la valutazione di eventuali titoli e/o prove che possono essere scritte pratiche ed orali, secondo modalità e procedimenti che sono fissati nei singoli bandi di concorso e, comunque, rapportati alla professionalità richiesta per il posto messo a concorso".
I Consiglieri Avondo e Genovese presentano il seguente emendamento: al secondo comma le parole "e/o" sono sostituite dalla parola: "e" e dopo le parole "che sono fissati nei singoli bandi di concorso" sono aggiunte le parole: "sulla base di apposito regolamento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Art. 5 "Le Commissioni giudicatrici dei concorsi per il personale dei parchi o delle riserve naturali regionali sono nominate dagli Enti di gestione delle aree medesime e sono cosi costituite: a) dal Presidente del parco o dalla riserva naturale o da un membro del Consiglio da lui delegato con funzioni di Presidente b) da due membri del Consiglio, di cui uno di minoranza c) da due esperti della materia oggetto d'esame di cui un funzionario della Regione designato dalla Giunta regionale d) da un rappresentante sindacale designato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Le funzioni di Segretario sono svolte da un funzionario del parco o della riserva naturale regionale, di qualifica non inferiore a quella messa a concorso.
Nella fase di prima attuazione dei concorsi, per i parchi o riserve naturali regionali ancora sprovvisti di personale, le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario regionale designato dalla Giunta regionale.
Le materie oggetto d'esame sono indicate nei singoli bandi di concorso che debbono essere approvati con deliberazione del Consiglio del parco o della riserva naturale".
Art. 6 "I requisiti d'accesso dall'esterno nei parchi e nelle riserve naturali regionali sono così stabiliti: a) per accedere alla Il qualifica è necessaria la licenza della scuola dell'obbligo e, se richiesta, qualificazione professionale b) per accedere alla IV qualifica è necessaria la licenza della scuola dell'obbligo, e se richiesta, specializzazione professionale c) per accedere alla V qualifica (guardia- parco) è richiesto il diploma di istruzione di secondo grado, sana e robusta costituzione, assenza di organiche imperfezioni, attitudine fisica e psichica necessaria a disimpegnare le mansioni inerenti al posto da ricoprire: gli aspiranti devono inoltre possedere i requisiti audiovisivi necessari per conseguire la patente di guida di tipo B, nonché i requisiti per ottenere il decreto di approvazione a guardia giurata. Tra le prove d'esame per accedere al V livello (guardia-parco) devono essere previste la stesura di una relazione su un argomento concernente la fauna, la flora e le caratteristiche ambientali, naturali e paesaggistiche del parco o della riserva naturale da vigilare e una prova pratica d) per accedere alla VI qualifica è richiesta la licenza di scuola media superiore o equipollente e) per accedere alla VII ed VIII qualifica è richiesto il diploma di laurea f) per accedere alla prima ed alla seconda qualifica dirigenziale è richiesto il diploma di laurea".
I Consiglieri Avondo e Genovese presentano il seguente emendamento: le lettere e) ed f) sono sostituite dalle seguenti: e) per accedere alla VII qualifica è richiesto il diploma di laurea f) per accedere all'VIII qualifica è richiesto il diploma di laurea nonch la prescritta abilitazione nel caso di prestazione professionale g) per accedere alla prima ed alla seconda qualifica dirigenziale è richiesto il diploma di laurea ed un'esperienza di servizio adeguatamente documentata di almeno 5 anni acquisita presso pubbliche amministrazioni od enti di diritto pubblico, aziende pubbliche od imprese private in qualifica direttiva o dirigenziale corrispondente, per contenuti, alle funzioni proprie della qualifica immediatamente precedente.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Art. 7 "L'articolazione dell'orario di servizio è determinato, in base alle esigenze di funzionamento di ogni singolo Ente di gestione dei parchi o delle riserve naturali regionali, con deliberazione del Consiglio di ciascun ente".
Art. 8 "Per quanto non espressamente previsto dal presente regolamento si rimanda alle norme ed ai regolamenti vigenti per il personale regionale".
Emendamento presentato dai Consiglieri Avondo e Genovese: dopo l'articolo 7 aggiungere il seguente articolo 8: "Ogni ente di gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali si dota, previa contrattazione interna, di un regolamento del personale: ogni regolamento di cui al presente cometa è adottato dai singoli enti di gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali con apposita deliberazione e diviene esecutivo dopo approvazione, con deliberazione della Giunta regionale".
L'articolo 8 diviene articolo 9.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri La votazione della presente legge è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Delega di funzioni regionali agli enti locali

Esame p.d.l. 494: "Delega alle Province delle funzioni amministrative relative al rilascio delle autorizzazioni per la circolazione su strade provinciali e comunali di trasporti e veicoli eccezionali" (rinvio)


PRESIDENTE

Esame p.d.l. 494: "Delega alle Province delle funzioni amministrative relative al rilascio delle autorizzazioni per la circolazione su strade provinciali e comunali di trasporti e veicoli eccezionali".
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Poiché è assente il collega Picco, chiediamo che questo punto venga discusso all'inizio della prossima seduta.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Per quanto riguarda l'ordine dei lavori, ha chiesto la parola l'Assessore Cerutti. Ne ha facoltà.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Accetto il rinvio dell'esame del p.d.l. 494 alla prossima seduta con iscrizione al primo punto dell'ordine del giorno anche perché mi informano che i Ministri ai trasporti e ai lavori pubblici hanno spostato di altri due mesi l'applicazione di questa legge.
Chiedo pere al Capogruppo democristiano di votare il regolamento sulla legge 18, al fine di poter nominare i membri del CROP, nel caso in cui il regolamento non venisse votato oggi, come Assessore non mi assumerò la responsabilità sui ritardi e sulle inapplicazioni della legge 18, che oltretutto prevede Inni serie di investimenti a favore dei Comuni in un periodo quanto mai importante e significativo da oggi al 28 marzo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Ieri in sede di Commissione, licenziando il regolamento, si è convenuto che sarebbe stato discusso nella seduta di giovedì prossimo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, licenziando ieri il regolamento sono state fatte delle osservazioni a che potesse essere approvato oggi.
In effetti la II Commissione ha licenziato il regolamento senza prendere un impegno preciso, salvo la riserva di verificare tra i Gruppi la possibilità di approvarlo oggi in aula, questa è la decisione che abbiamo assunto.
Pur comprendendo le obiezioni dei Gruppi di minoranza mi associo alla richiesta fatta dalla Giunta perché venga discusso oggi. Capisco i motivi di urgenza che l'Assessore ha sottolineato e cioè di avere la certezza di approvazione del regolamento in tempi che permettano l'eventuale riesame nel caso di rinvio da parte del Governo e di avere la possibilità di definire le nomine del CROP che fa automaticamente decadere tutte le commissioni attualmente preposte all'esame dei progetti.
Queste erano le motivazioni della richiesta di discutere oggi il provvedimento. In via subordinata da parte del collega Nerviani, si chiedeva che almeno fosse iscritto all'ordine del giorno o al primo punto o al secondo punto dell'ordine del giorno della seduta di giovedì prossimo.
La soluzione migliore sarebbe di discuterlo oggi e, in subordine iscriverlo all'ordine del giorno per il prossimo Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Mi sembra molto importante dire due parole al riguardo di questa vicenda. E' mia consuetudine dare le parole e rispettarle, l'ho sempre fatto in tutte le situazioni in cui mi sono trovato ad operare. Ieri non ci sono state due ipotesi, di cui una subordinata all'altra. A conclusione di un breve dibattito, garanti due Consiglieri del Gruppo comunista che si trovavano vicino a me, si era deciso di iscriverlo al primo punto dell'ordine del giorno del giovedì successivo. Alle amichevoli pressioni di alcuni Consiglieri che mi ricordavano l'importanza di esaminarlo quest'oggi, ho risposto dicendo che avremmo valutato politicamente la cosa e che se avessimo avuto il tempo di esaminare il testo in modo da potere apportare in termini precisi gli emendamenti che noi riteniamo opportuni avremmo anche potuto accedere ad una richiesta in aula. Dopo il dibattito di oggi noi non siamo in condizioni di apportare gli emendamenti necessari e di sviluppare il dibattito nel modo più corretto. Respingo pertanto politicamente, e qui veramente ci si porta in termini violenti, ogni attribuzione di responsabilità a noi per il ritardo dell'applicazione della legge 18 perché quella legge dall'agosto scorso poteva diventare efficace.
Per le colpevoli carenze dell'esecutivo il regolamento non è stato portato in commissione malgrado le ripetute e sistematiche settimanali sollecitazioni da parte mia. Quindi non abbiamo nessuna intenzione di ricevere accuse che non meritiamo, pertanto abbiamo fatto di tutto perch questo regolamento venisse in discussione, l'abbiamo affrontato con estrema serietà e correttezza nell'attribuire le responsabilità ai colleghi.



GUASSO Nazzareno

Rimane la richiesta che la commissione ieri aveva preso in considerazione di iscriverlo al primo punto dell'ordine del giorno di giovedì prossimo.



PRESIDENTE

Si colleghi, fra l'altro devo precisare che nella giornata di martedì i Capigruppo devono fissare le modalità del dibattito sulle tossicodipendenze. In base a queste verrà data collocazione a questo provvedimento.
Chiede la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Mi rendo conto che non sono Capogruppo di maggioranza e neanche di minoranza, rappresento nella specie solo me stesso. Faccio notare che qui si usano termini estremamente impropri che poi portano a considerare i comportamenti come comportamenti politici. Mi sembra che ci sia molta leggerezza nel dare per scontato quello che altri dovranno decidere di fare perché si è inventata la sede dei Capigruppo.



GUASSO Nazzareno

Marchini Sergio, è una umile, richiesta da parte dei Commissari.



MARCHINI Sergio

Personalmente mi sono risentito - lo dico fermamente - che nessuno si sia sognato di chiedere per esempio, la mia opinione nei corridoi, come si è chiesto ad altre forze politiche.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo al punto sesto, relativo alle nomine.


Argomento: Nomine

a) Dimissioni del Prof. Nicola De Mattia da, membro del Consiglio di Amministrazione dell'Ires.


PRESIDENTE

Al riguardo, comunico che con lettera datata 8/2/1985 il prof. Nicola De Mattia ha rassegnato le dimissioni da membro del Consiglio di Amministrazione dell'Ires.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano La proposta di prendere atto di tali dimissioni è approvata con il seguente esito: presenti e votanti 29 favorevoli 29 Consiglieri La presente deliberazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Nomine

b) Decadenza del Prof. Alberto Bossi, come rappresentante designato dal Consiglio regionale del Piemonte nel Consiglio di amministrazione della riserva naturale del Sacro Monte di Varallo.


PRESIDENTE

Al riguardo, comunico che con lettera datata 8 febbraio 1984 l'Assessore Rivalta fa rilevare come il prof. Alberto Bossi, essendo stato eletto nel Consiglio Comunale di Varallo Sosia (a seguito delle recenti elezioni amministrative), sia diventato membro di diritto del Consiglio di amministrazione della riserva naturale del Sacro Monte di Varallo e che pertanto, occorre prendere atto della necessità di provvedere alla nomina di un nuovo rappresentante designato dal Consiglio regionale del Piemonte.
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La proposta è approvata all'unanimità dei 29 Consiglieri presenti in aula.
La presente deliberazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Nomine

c) Dimissioni della signora Orietta Demi da membro della Commissione regionale per la mano d'opera agricola.


PRESIDENTE

Al riguardo, comunico che con lettera datata 24 aprile 1984 la signora Orietta Demi ha rassegnato le dimissioni da membro della Commissione regionale per la mano d'opera agricola.
Pongo quindi ai voti, per alzata di mano, la proposta di prendere atto di tali dimissioni.
E' approvata all'unanimità dei 29 Consiglieri presenti.
La presente deliberazione è valida ai sensi dell'articolo 50, quarto comma del Regolamento del Consiglio regionale, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.
Colleghi, devo comunicarvi che dovendo ora procedere alla sostituzione di tali nominativi, il Consiglio viene sospeso per mancanza del numero legale in aula.
Questo punto verrà portato alla prossima seduta.
Il Consiglio è convocato il giorno 7 con all'ordine del giorno i punti non svolti oggi e il dibattito sulle tossicodipendenze.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.50)



< torna indietro