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Dettaglio seduta n.309 del 21/02/85 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento:

Iscrizione di argomenti all'ordine del giorno


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prima di esaminare i restanti punti iscritti all'ordine del giorno propongo di iscrivere i seguenti punti: Esame progetto di legge n. 421 Esame deliberazione n. 114-41325.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 38 Consiglieri.


Argomento: Assistenza e sicurezza sociale: argomenti non sopra specificati - Protezione civile

Esame progetto di legge n. 421: "Promozione e valorizzazione del volontariato nella protezione civile"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 421: "Promozione e valorizzazione del volontariato nella protezione civile". Il testo è stato licenziato all'unanimità dalla I, II e VII Commissione.
Relatore è il Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario, relatore

Il tema della protezione civile è ormai da tempo dibattuto e purtroppo, in molti casi, sperimentato,date le dimensioni e la ricorrenza delle catastrofi verificatesi negli ultimi decenni, con conseguenti gravi danni sociali, ambientali ed economici, sacrifici finanziari di sempre maggiori dimensioni richiesti alla collettività per le opere di soccorso di ricostruzione e così via.
Siamo purtroppo ancora in attesa di una legge-quadro nazionale che definisca compiutamente l'assetto degli organismi di intervento, sia per quanto concerne gli aspetti di prevenzione delle calamità naturali, sia per quanto riguarda gli aspetti più direttamente connessi alla fase operativa di soccorso alle popolazioni colpite.
Pur in tale carenza, la Regione ha da tempo predisposto, sulla scorta dei disegni di legge presentati al Parlamento, alcune proposte legislative che contemplano la materia da entrambi questi punti di vista, ritenendo importantissimo e fondamentale soprattutto il primo, la prevenzione.
La Regione ha però preferito iniziare a legiferare concretamente, e non solo per motivi giuridici legati alle competenze in materia, con particolare riferimento al volontariato, fenomeno che in questi anni ha assunto notevoli e significative dimensioni, di indubbia utilità ed animato da encomiabile e disinteressato spirito di solidarietà e di partecipazione.
Intanto è ormai acquisito dalla coscienza civile e sociale che la protezione civile è avvertita come una incombenza costante e non episodica di una società moderna.
Scriveva l'on. Zamberletti nella sua relazione al disegno di legge nazionale del 1982: "Non più assistenzialismo o aiuti generosi, ma disordinati, che arrivano dall'alto, ma creazione di una capacità preventiva ed attuativa basata su una accurata preparazione psicologica ed operativa del cittadino e della comunità locale ed attraverso l'azione di promozione e di incoraggiamento di ogni iniziativa di volontariato civile.
La protezione della popolazione civile è sì compito dello Stato, ma è anche responsabilità e coinvolgimento delle comunità locali, le entità cioè che vengono direttamente colpite dagli eventi calamitosi.
Responsabilità e coinvolgimento che rappresentano scelte giuste in termini di democrazia e partecipazione, ma anche in senso di efficienza e di efficacia dell'opera di soccorso e di assistenza".
In attesa della legislazione statale, come detto, la Regione ha quindi voluto dare, in primis, un riconoscimento sostanziale al contributo fattivo e generoso offerto dalle Associazioni del volontariato agli interessi di protezione civile, con l'impegno di favorire la più ampia e qualificata partecipazione dei cittadini e dei gruppi organizzati, prevedendo nel contempo una organizzazione a livello di Enti locali (Comune, Provincia Regione) che sia una migliore conoscenza delle "forze" presenti nelle Regioni, sia un più efficace loro coordinamento, onde evitare i noti inconvenienti derivanti dalla improvvisazione e dalla confusione.
La Regione e gli Enti locali devono poter conoscere su quali componenti del Volontariato poter contare, per prevederne l'impegno concreto sia nella fase di prevenzione, che in quella di soccorso.
Si è cercato cioè, pur rimanendo nell'ambito delle competenze regionali e senza voler assolutamente ledere funzioni di pertinenza dell'Amministrazione statale, di mettere chiarezza e precisare alcuni punti fermi in una materia così delicata come il Volontariato, riferendosi sostanzialmente ai disposti legislativi oggi vigenti (L. 996/70 e relativo regolamento di attuazione).
Assai utili sono state a tal fine le consultazioni esperite dal gruppo di lavoro formato dalle tre Commissioni (I - II - VII) incaricate di esaminare il ddl predisposto dalla Giunta regionale, con tutte le rappresentanze, oltre che degli Enti locali, delle organizzazioni più significative del volontariato. Ricordo i Vigili del fuoco volontari, i radioamatori, il soccorso alpino, le associazioni cattoliche riunite nel "Segretariato emergenze" della Charitas, le associazioni operanti in campo sanitario, le associazioni protezionistiche, ecc.
Sono emersi preziosi suggerimenti, fondati soprattutto sulla esperienza concreta vissuta in tante difficili situazioni e di questi, di intesa con la Giunta regionale, le Commissioni hanno fatto memoria nella stesura del testo definitivo oggi sottoposto all'approvazione del Consiglio regionale.
Con questa legge, come detto, la Regione i propone di contribuire alla promozione ed allo sviluppo delle varie forme ed iniziative di volontariato, al fine di dotare il Piemonte di un servizio di volontariato organico, capillarmente distribuito sul territorio ed in sintonia con gli altri soggetti operanti nel campo della p.c., sul modello di quasi tutti i paesi europei.
Risulta pertanto indispensabile, anche tenendo presenti gli orientamenti emersi a livello nazionale, prevedere e favorire una sempre maggiore collaborazione tra volontariato ed istituzioni che svolgono funzioni di protezione civile ed un coordinamento della loro azione.
Un ruolo centrale deve assolvere pertanto il Comune dove il Sindaco, in qualità di organo ordinario di protezione civile, deve provvedere, con tutti i mezzi a disposizione, agli interventi immediati assumendo le prime iniziative di soccorso e di assistenza alla popolazione colpita.
L'iniziativa legislativa regionale è finalizzata alla creazione di squadre di volontari qualificati, basate anche sulla organizzazione vigente entro le varie associazioni, che trovino nell'istituzione comunale il loro centro coordinatore, e negli albi comunali uno strumento di identificazione e di conoscenza della disponibilità esistente.
Risulta inoltre indispensabile che il volontariato, singolo od associato, pur inserito in un'organica rete che ne disciplini e coordini la attività, conservi quelle caratteristiche che sono ad esso peculiari, quali la spontaneità, l'entusiasmo, il senso del dovere e della solidarietà umana e sociale, senza incorrere nel rischio di una caduta "burocratica" e di un loro affievolimento.
Occorre tuttavia che alle caratteristiche proprie del volontariato non vada disgiunta la ricerca di una sempre maggiore qualificazione professionale e competenza tecnica degli aderenti, in relazione all'impegno ed all'efficacia operativa che gli interventi possono comportare e finalizzata in conformità alla previsione dei probabili rischi presenti sul territorio.
In quest'ottica il problema dell'addestramento e dei corsi di formazione professionale assume una rilevanza estrema. Ad esso la legge cerca di far fronte con la previsione di corsi di formazione, addestramento ed aggiornamento dei volontari, nell'ambito della previsione, pronto intervento e soccorso nella protezione civile, gestiti in proprio o delegati agli Enti locali, su proposta delle stesse associazioni di volontariato ed avvalendosi di esse.
La Regione contribuisce, pur nei limiti delle disponibilità finanziarie, sia alla organizzazione dei suddetti casi, sia alla copertura assicurativa dei volontari impegnati nelle operazioni di protezione civile.
Pur non soffermandosi ad illustrare nel dettaglio i singoli articoli desidero sottolineare la rilevanza dell'art. 6 con cui si istituisce il Centro regionale per il coordinamento del volontariato di protezione civile, con sede e presidenza presso la Giunta regionale. E' prevista la partecipazione delle Amministrazioni provinciali, dell'Anci, della Uncem delle Associazioni di volontariato più rappresentative, in funzione degli importanti compiti di programmazione e di direzione affidati al Centro.
Quadro provinciale e mappa del volontariato individuano disponibilità e relativa dislocazione dei volontari sul territorio regionale.
Auspicando dunque il voto favorevole del Consiglio regionale al presente provvedimento, desidero sottolineare ancora una volta la volontà della Regione a riconoscere, promuovere e valorizzare in modo non solo burocratico e formale l'espressione di solidarietà civile e sociale e di partecipazione che il volontariato rappresenta, stimolandone le iniziative e sollecitandone il coordinamento con le altre componenti che operano nella protezione civile; in tal senso mi permetto anche auspicare un preciso impegno da parte della Regione e degli Enti locali ai vari livelli affinché, con l'attiva collaborazione delle organizzazioni del volontariato, questa legge possa concretamente attuarsi ed incidere sul territorio, con indubbio vantaggio per tutta la collettività, anche attraverso l'eventuale emanazione di un apposito regolamento di attuazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo liberale ha dato l'apporto che gli è stato consentito a questa legge e che condivide e segna certamente un atto di meditazione,di saggezza da parte della Giunta e della maggioranza rispetto a questi problemi. Non siamo più alle fantasie di legioni di giovani più o meno occupati impegnati a pulire ruscelli e torrenti montani, a disboscare questo far-west che ci sarebbe alla periferia di Torino. Siamo ad un tentativo razionale e moderato di incominciare a censire sul territorio ed a collocare rispetto alle istituzioni, una realtà ed a porre in essere gli strumenti perché questa realtà si avvii ad un processo di completamento e di modernizzazione.
Debbo peraltro fare alcune considerazioni perché restino alla storia di questa vicenda ed anche in una qualche misura, conché non contraddetta dalla Giunta, come una interpretazione, almeno per la mia parte politica di due punti fondamentali. Posto che qui ci si rivolge al volontariato, e in primo luogo si riconosce che il volontariato esiste, siamo molto preoccupati che la istituzionalizzazione che ne possa derivare porti sostanzialmente alla compressione dei valori che sono alla base del volontariato, perché quando il volontariato viene istituzionalizzato normalmente rispetto alle molte precedenti prevalgono molle che improvvisamente sorgono e che non sono così disinteressate, ma sono molle di altra natura: sono presunzioni di piccole riluci di paese di qualche frustrato. Queste cose bisognerà pur dircele, visto che governiamo un mondo rispetto al quale dobbiamo rapportare.
In primo luogo deve essere ben chiaro che questa legge attiene alla materia della protezione civile e all'art. 1, sottolineato ed approvato all'unanimità dalla Commissione prevede il campo di applicazione di questa legge. Non si doveva quindi pensare che qualunque intervento sul territorio che richieda l'intervento delle forze non istituzionalizzate, ma del volontariato, significhi improvvisamente che il Sindaco deve mobilitare tutti quanti senza più distinguere tra gente capace e non capace, quindi mobilitazione generale di tutti i Comuni del Piemonte, quando un povero diavolo cade raccogliendo stelle alpine. Questa preoccupazione, cari colleghi, non è cosi di colore e di folklore come può sembrare ad una prima impressione.
Ho l'impressione che il rigore della interpretazione della nostra legge debba essere sottolineato, probabilmente con una circolare quando la Giunta attiverà il processo di questa legge presso i Comuni, quando si farà il Centro regionale per la protezione civile, proprio per garantire ed assicurare questa legge nei confronti dei processi di frustrazione che deriverebbero nei confronti della stessa, qualora venisse interpretata come la legge che deve intervenire in ogni e qualunque situazione.
Desideriamo in primo luogo sottolineare e segnare fortemente il senso e l'obiettivo della legge. Ci rendiamo conto che noi possiamo sottolineare tutto, mandare le circolari più specifiche, chiare, precise. Peraltro il volontariato in termini anche etici, in occasione di qualche situazione che coinvolga l'opinione pubblica, si muoverà comunque a prescindere che sia un intervento di protezione civile nel senso legislativo del termine, od altro.
A quel punto si innesca un altro problema, quello cioé di garantire che in questo livello in cui il volontariato, riferito alla istituzione e non più slegato dalla istituzione, continui a svolgere le funzioni che finora svolto. Il rischio che avverto, e che la Commissione ha cercato di ridurre al minimo, è che le organizzazioni di intervento sul territorio in termine di assistenza soprattutto alle persone, siano messe nelle condizioni di non essere compresse e compromesse nella loro organizzazione che noi abbiamo chiamato di natura funzionale. Mi sembrerebbe molto curioso che la Croce Verde, per esempio, dovesse essere messa in discussione rispetto a talune funzioni e che il Soccorso Alpino dovrebbe essere messo in discussione rispetto ad altre funzioni. Ne ho citate due, ma questo vale probabilmente per tutte le organizzazioni.
Questa "zona grigia" è quella che a mio avviso ci deve preoccupare di più, perché a monte di questa zona grigia c'è l'attuale situazione che a livello di organizzazione altamente professionalizzata, la collettività poteva contare su una organizzazione, su una efficienza e su una professionalità di tutto rispetto con una autonomia decisionale e funzionale che non faceva correre i rischi soprattutto al Sindaco che adesso andiamo a mettere in pista per la prima volta. Questa era l'area bianca. Vi è l'area nera che sarà di difesa civile caratterizzata dalla norma della legge nei termini soprattutto oggettivi ed istituzionali. In questa "zona grigia" nella quale non c'e più il volontariato di antica memoria, non c'è neppure nell'intervento di protezione civile, si deve capire a questo punto che cosa succede: non si può pensare di essere nella "zona bianca", si può e si deve rifiutare di essere in una "zona nera".
Occorre dare ai sindaci precise istruzioni affinché in questo tipo di intervento e in questo tipo di passaggio, anche in termini storici, del problema, vengano riconosciute e riaffidate a livello istituzionale le prerogative che le associazioni di volontariato fin qui si erano riconquistate.
Questa legge non deve mettere in discussione le esistenze, ma valorizzare l'esistenza rispetto ad un obiettivo di altra natura. Mi sono soffermato oltre misura su questo aspetto perché chiunque viva in questo tipo di mondo, ha colto la preoccupazione che attraverso un azzeramento dell'esistente con l'istituzione rispetto a quello che può sorgere per appetiti che ci saranno dietro a queste cose, immediatamente nasceranno nuove associazioni, ci sarà il volontariato che si misurerà molto, i Comuni verranno subissati da molte domande, la gente vorrà essere sentita chiamata, consultata, ma che probabilmente quando deve muoversi non ci sarà.
Dobbiamo tenere presente la parcellizzazione sul territorio dei comuni piemontesi e della delicatezza di questo problema. La raccomandazione che faccio a me stesso, al Consiglio e all'Assessore è che, dopo l'approvazione della legge, vengano emanate delle direttive, delle circolari ai Comuni affinché si ricordi l'ambito di applicazione della presente legge, ma si tenga anche conto che c'è una realtà nuova che la legge è attiva, ma che non disciplina; che sostanzialmente è il volontariato organizzato all'interno delle istituzioni e fuori della competenza della difesa civile.
Questo sarà un processo che avverrà e rispetto al quale mi pare opportuno che l'Assessore richiami i sindaci alla esigenza che per questi aspetti e per queste situazioni venga riconosciuta e non messa in discussione la professionalità, e se mi consentite anche i titoli che le associazioni di volontariato fin qui operanti hanno acquisito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Come giustamente è stato rilevato dal relatore, stiamo approvando una legge, che, come sempre succede quando si tratta nel merito di esperienze che segnano la ricchezza e la creatività della società civile, può correre dei rischi. Una normativa del genere deve essere molto cauta perché si rivolge a problemi molto complessi. Siamo di fronte ad esperienze molto varie ed articolate per cui spesso è difficile trovare modi di intrecciarle e di coordinarle. Il discorso della protezione civile ha un grande rilievo nel nostro Paese che ha visto situazioni disastrate sia per eventi naturali, sia per lo sconquasso territoriale determinato da interventi dell'uomo che hanno sconvolto l'ambiente creando problemi che richiedono interventi qualificati.
L'intervento nostro deve da un lato garantire l'autonomia del volontariato e dall'altro puntare con forza alla formazione, alla qualificazione, all'aggiornamento, all'addestramento per poter far fronte alla complessità dei molti casi che richiedono conoscenze in molti campi.
Il terzo aspetto della legge riguarda il supporto che è opportuno dare alle amministrazioni comunali che spesso, per le loro piccole dimensioni non hanno strumenti tecnici sufficienti di valutazione e di intervento quindi il Centro regionale per il volontariato dovrà emanare le direttive per la loro compilazione e l'aggiornamento degli Albi comunali e dei quadri provinciali. Sarà una normativa assai delicata che dovrà essere verificata alla luce delle esperienze, non potrà essere una normativa definitiva e dovrà essere sperimentata sul campo.
Particolare attenzione richiederà la formulazione del regolamento attuativo della legge proprio perché siamo di fronte a norme sperimentali che andranno controllate passo passo, che saranno soggette ad aggiustamenti ed al coordinamento con altri interventi pubblici di protezione civile ecc.
Questo è il senso dell'intervento legislativo che è ben definito anche nel titolo della legge.
Il nostro voto è positivo.



PRESIDENTE

Possiamo considerare chiusa la discussione generale.
Ha ora la parola l'Assessore Bruciamacchie per la replica.



BRUCIAMACCHIE Mario, Assessore alla protezione civile

Innanzitutto un ringraziamento alle Commissioni ed ai Commissari che hanno esaminato il disegno di legge in tempi rapidi dando la possibilità dopo una discussione molto impegnata, di giungere alla conclusione su questo tema.
Ci siamo mossi sull'onda di una esigenza reale del nostro paese in cui si verificano spesso eventi calamitosi, terremoti, alluvioni, smottamenti e la Regione Piemonte ha portato avanti queste iniziative nel momento in cui altre aree del Paese sono state investite da questi gravi fenomeni. Di fronte ai drammi che colpiscono periodicamente il nostro Paese si evidenzia la inadeguatezza dei mezzi, degli strumenti a disposizione per intervenire tempestivamente al fine di alleviare le sofferenze delle popolazioni e di diminuire le perdite umane e limitare i danni economici. In tali occasioni i manifesta una grande spinta positiva, una grande partecipazione delle popolazioni, ma queste spinte e questa partecipazione se non hanno il supporto delle competenze tecniche e della organizzazione rischiano di non apportare aiuti significativi.
Il Piemonte è una delle poche Regioni che hanno avuto la forza e la capacità di affrontare queste problematiche ed e perfettamente in sintonia con quanto sta maturando a livello nazionale. Manca ancora una legge nazionale sulla protezione civile, malgrado il Ministro si impegni attivamente in questa direzione.
Il volontariato è specializzato notevolmente, ha già dato molti contributi e continuerà a darne ad un livello molto alto e la legge questo lo riconosce. Oggi però questi aiuti non sono più sufficienti, occorre andare più in là, trovare altre energie, altre forze nella nostra società.
Tutto questo lo individuiamo in un soggetto istituzionale, il sindaco quell'organo di protezione civile che già la legge riconosce.
Dopo il sismo in Irpinia abbiamo constatato che i tempi di intervento delle strutture preposte al soccorso sono medio-lunghi, e vanno da un minimo di tre - quattro ore, a tempi maggiori. Per poter intervenire prontamente è necessaria una dotazione capillare sul territorio di strumenti adeguati. A questa esigenza può rispondere l'organizzazione dei Comuni che hanno precisi compiti in questo campo, a questo corrisponde il ruolo delle amministrazioni provinciali collegate con le Prefetture, a questo corrisponde l'Albo comunale del volontariato che è professionalizzato e in grado di compiere interventi estremamente rapidi ed efficaci. Ci muoviamo nell'ottica del coordinamento provinciale e del coordinamento con gli altri livelli statuali preposti alla protezione civile.
L'opera di protezione civile però ha efficacia e significato se punta sulla prevenzione. Abbiamo tenuto riunioni presso i Comuni, le Prefetture le amministrazioni provinciali, le associazioni del volontariato in tutto il Piemonte proprio per dare concretezza ai piani provinciali che sono previsti dalla legge che debbono essere aggiornati ogni anno. Alcuni piani manifestano delle lacune per cui debbono essere integrati. Ci vuole un grande impegno da parte delle amministrazioni comunali e provinciali attraverso piani preventivi di emergenza precisi, puntuali, capaci di essere operativi in caso di necessità sull'ottica della salvaguardia.
Occorre un grande impegno da parte di tutti i livelli istituzionali e delle società. Si possono investire le scuole con programmi educativi ed informativi, si possono investire le strutture anche le più capillari, come i consigli di quartiere, comunità montane, si può quindi creare un grande movimento, una grande opera di educazione e di organizzazione che permetta di fare alla nostra Regione ed al Paese un passo significativo in questa direzione, cosi come altri Paesi già fanno in questo campo.
Ovviamente siamo in una fase di sperimentazione quindi occorrerà molta accortezza nella gestione e interventi correttivi dopo l'impatto concreto.
Siamo nella condizione di giungere in tempi brevi anche alla approvazione della legge 117 in discussione presso la VII Commissione che prevede il piano regionale della protezione civile. Sarebbe di grande significato se riuscissimo a portare a compimento anche l'esame di quel disegno di legge.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione Art. l (Finalità) "La Regione Piemonte riconosce nel volontariato per la protezione civile un'espressione di solidarietà umana, sociale e di partecipazione dei cittadini alle attività finalizzate alla previsione, prevenzione e al soccorso dalle eventuali calamità.
Per calamità si intende il verificarsi di eventi naturali o indotti che arrechino alle persone o alle cose danni tali che per gravità o estensione richiedano specifici interventi tecnici straordinari.
In armonia con la legislazione vigente ed in attuazione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, nonché del regolamento di attuazione di detta legge approvato con DPR 6 febbraio 1981, n. 66, con particolare riferimento all'art. 9, nell'ambito del proprio territorio la Regione Piemonte e gli Enti locali favoriscono la formazione del volontariato, valorizzandone il contributo ed agevolandone il concorso nelle attività di previsione prevenzione e soccorso".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Definizione del volontariato per la protezione civile) "Si definisce come volontariato, ai fini della presente legge l'adesione spontanea e non retribuita di soggetti associati e singoli ad attività continuative o temporanee di previsione, prevenzione e soccorso.
L'adesione continua o temporanea dei soggetti di cui al comma precedente viene formalizzata con l'accoglimento della domanda di iscrizione all'Albo comunale, di cui al successivo art. 4, e può essere ritirata con comunicazione scritta dall'interessato ed è espressa con le modalità previste dalla presente legge e dai piani o programmi regionali provinciali, comunali per la protezione civile".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Promozione e coordinamento) "La Regione e gli Enti locali, favorendo il concorso del volontariato all'elaborazione ed all'attuazione degli strumenti di programmazione e dei piani operativi della protezione civile, per la parte di competenza coordinano, in caso di calamita, le attività del volontariato stesso".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Albo comunale del volontariato) "Presso la Segreteria di ogni Comune è istituito l'Albo comunale del volontariato, per concorrere all'opera di protezione civile nei termini indicati dall'art. 2 della presente legge, al quale vengono iscritti a domanda su carta libera da indirizzare al Sindaco, singole persone associazioni, gruppi organizzati ed Enti.
Le Associazioni del volontariato costituite ed operanti a livello nazionale, regionale e provinciale, sono iscritte di diritto negli Albi comunali, in base alla loro articolazione territoriale.
L'adesione collettiva di Associazioni, gruppi ed Enti organizzati accompagnata dall'indicazione nominativa sottoscritta dai soggetti interessati e proposti. Non esclude l'iscrizione individuale dei singoli componenti le Associazioni stesse.
Entro 12 mesi dall'entrate in vigore delle presente legge il Sindaco provvede alla redazione dell'Albo comunale e ne trasmette copie alla Provincia ed alla Regione.
Enti il 31 dicembre di ogni anno, il Sindaco trasmette alla Provincia ed alla Regione i successivi aggiornamenti.
La costituzione delle squadre nell'ambito dell'Albo viene compiuta dal Sindaco: assicurando alle organizzazioni aderenti con caratteristiche e finalità convergenti allo scopo, la continuità e la utilizzazione delle strutture funzionali delle stesse tenendo conto delle attitudini dei singoli e delle preparazione acquisita o da acquisirsi tenendo conto della preparazione acquisita con i corsi di addestramento, di aggiornamento e di formazione di cui all'art. 8 della presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 4 è approvato Art. 5 (Iscrizione all'Albo comunale del volontariato) "L'iscrizione all'albo comunale viene comunicata dal Sindaco al richiedente entro 60 giorni dalla presentazione della domanda e si intende accettata se entro tale termine il Sindaco non provvede, con apposita comunicazione, ad in formare il richiedente dell'esplicito motivato diniego.
Il Sindaco può, in caso di motivata inidoneità, cancellare dall'Albo comunale soggetti già iscritti, dandone comunicazione scritta agli interessati".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'Art. 5 è approvato.
Art. 6 (Centro regionale per il volontariato) "E'istituito il Centro regionale per il coordinamento del volontariato di protezione civile, con sede presso la Regione Piemonte.
Il Centro e così composto: il Presidente della Giunta regionale o l'Assessore competente suo delegato, con funzioni di Presidente i Presidenti delle Amministrazioni provinciali, o i loro delegati i Presidenti regionali dell'Anci e dell'Uncem, o loro delegati i Presidenti regionali delle associazioni di volontariato per attività di previsione, prevenzione e soccorso in materia di pubbliche calamità, o loro delegati.
Possono essere invitati alle singole sedute, per problemi specifici, i rappresentanti delle Associazioni più qualificate presenti sul territorio regionale.
Partecipano alle singole sedute, su invito del Presidente, gli Assessori regionali, o loro delegati, direttamente interessati agli argomenti all'ordine del giorno.
La Segreteria del Centro è assicurata dafunzionari dell'Assessorato della protezione civile.
Sono compiti primari del Centro: a)emanare le direttive per la compilazione e l'aggiornamento degli Albi comunali e dei quadri provinciali b) emanare le direttive per la formazione ed il funzionamento delle squadre di volontari, sia in ambito comunale che sovracomunale c) emanare direttive per la definizione di piani territoriali dei corsi di formazione e di addestramento dei volontari, e dei relativi programmi di insegnamento d) definire i rapporti di collaborazione e di coordinamento con le Associazioni specializzate di volontariato e) redigere i programmi delle esercitazioni collettive di protezione civile, d'intesa con gli organi preposti all'intervento.
Entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta del Centro regionale e sentita la competente Commissione consiliare, delibera il regolamento di funzionamento del Centro".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 (Quadro provinciale e mappa regionale del volontariato) "Sulla base degli Albi comunali ed in conformità con i piani operativi la Provincia redige il quadro provinciale del volontariato ed ogni 12 mesi provvede all'aggiornamento.
Nello stesso termine ne trasmette copia alla Regione per la costituzione della mappa regionale.
La Regione redige la mappa regionale del volontariato con la quale si individuano le disponibilità e la dislocazione del medesimo sul territorio regionale, provvede al suo aggiornamento e ne trasmette copia al Comitato regionale per la protezione civile istituito dalla legge 8 dicembre 1970 n. 996".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 (Corsi per l'addestramento, l'aggiornamento e la formazione del volontariato) "La Regione, sulla base di appositi piani di cui all'art. 6, promuove programma e finanzia, corsi di formazione, addestramento ed aggiornamento dei volontari, nell'ambito della prevenzione, pronto-intervento e soccorso nella protezione civile, ricercando la collaborazione di Enti locali Associazioni del volontariato ed Enti di diritto pubblico e privato. I corsi sono organizzati dalla Regione o dagli Enti locali anche su proposta delle Associazioni del volontariato ed avvalendosi delle stesse.
La Regione può erogare un contributo a parziale copertura delle spese sostenute dagli Enti che, previa la presentazione di un progetto, hanno predisposto l'organizzazione e lo svolgimento di corsi di formazione addestramento ed aggiornamento altamente specializzati.
Li Regione si avvale altresì, anche tramite apposite convenzioni, del concorso di organi di protezione civile quali il Corpo dei Vigili del fuoco, il Servizio sanitario, la Croce Rossa Italiana, il Corpo forestale dello Stato e le Associazioni di pubblica assistenza e soccorso, nonch della collaborazione di esperti dell'Università e del Politecnico, e dei centri di ricerca pubblici e privati".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 (Competenze per l'impiego del volontariato) "Per l'attività di previsione e prevenzione degli eventi calamitosi per i quali sia richiesto l'intervento regionale, il Presidente della Giunta regionale o l'Assessore delegato si avvale anche degli Albi comunali, dei quadri provinciali e della mappa regionale.
Per attività inerenti l'intervento in caso di eventi calamitosi, gli Albi comunali, i quadri provinciali e la mappa regionale sono posti a disposizione degli organi ordinari di protezione civile secondo le rispettive competenze".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 (Doveri dei volontari) "L'iscrizione all'Albo comunale comporta: a) la partecipazione ai corsi di informazione, formazione addestramento, aggiornamento ed alle esercitazioni, secondo quanto previsto dagli organi competenti b) l'inserimento nella squadra specializzata ritenuta più opportuna secondo i rischi prevalenti anche in relazione alla singola professionalità o preparazione tecnica c) la predisposizione alla disponibilità personale per il pronto impiego in caso di calamità d) il mantenimento in efficienza delle attrezzature assegnate".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Art. 11 (Assicurazione ed equipaggiamento dei volontari) "Coloro che partecipano ai corsi di formazione, addestramento aggiornamento ed alle esercitazioni del volontariato, di cui al precedente art. 8, sono assicurati contro eventuali rischi di infortunio o di incidenti legati allo svolgimento delle attività stesse.
I volontari impegnati in intervento di protezione civile sono altresì assicurati con modalità di copertura del massimo rischio tali da garantire ad essi prestazioni assicurative non inferiori a quelle previste per il personale dei Vigili del fuoco, ai sensi dell'art. 7 della Legge 4 marzo 1982, n. 66.
Alla copertura degli oneri assicurativi provvede l'Ente che ha promosso i corsi o che ha disposto l'intervento. E' prevista la concessione di contributi regionali nei confronti di tali Enti con la determinazione delle procedure per l'erogazione ed il controllo.
Le amministrazioni che richiedono ed autorizzano l'intervento di singoli volontari od associazioni o gruppi di volontariato, provvedono a fornire l'adeguato equipaggiamento individuale e le necessarie attrezzature richieste dal tipo di intervento".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Art. 12 (Personale ed oneri finanziari) "Il personale necessario per l'attuazione della presente legge è messo a disposizione dalla Regione e dagli Enti locali secondo le rispettive competenze.
Agli oneri finanziari derivanti dall'attuazione della presente legge che per l'esercizio finanziario 1985 ammontano a lire 150.000.000, si fa fronte con una quota, accantonata per il finanziamento del provvedimento diretto alla disponibilità di unità abitative tramite convenzioni, del fondo globale di cui al cap. 12500 del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1985, che viene ridotto di pari ammontare, in termini di competenza e di cassa, e con l'istituzione nello stato di previsione della spesa del bilancio medesimo del seguente capitolo 'Contributi per corsi di formazione, aggiornamento ed addestramento del volontariato nella protezione civile e per il concorso alla copertura degli oneri assicurativi', con lo stanziamento di lire 150.000.000 in termini di competenza e di cassa.
Agli oneri finanziari derivanti dall'attuazione della presente legge per gli anni successivi si farà fronte con le leggi di bilancio degli esercizi corrispondenti.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Procediamo alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame progetto di legge n. 436: "Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915"e relativo ordine del giorno.


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 436: 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del D.P.R. 10 settembre 1982,n. 915'".
La parola al relatore Consigliere Ferro.



FERRO Primo, relatore

Agli inizi degli anni '80 i nove Paesi della CEE "producevano" ogni giorno 5 milioni di tonnellate di rifiuti.
Sempre nello stesso periodo, solo per i settori produttivi, un paese come l'Italia si trovava a smaltire 35 milioni di tonnellate all'anno di rifiuti.
Venendo al Piemonte, la "produzione" di rifiuti era valutata in circa 5 milioni di tonnellate all'anno tra rifiuti solidi e fanghi, di cui 1,5 milioni di rifiuti urbani e 3,5 milioni del settore produttivo.
Questi dati, che si riferiscono a valutazioni fatte rispettivamente nel 1980 e nel 1982, non sappiamo quali variazioni abbiano subito successivamente.
Non essendo fondati su indagini rigorosamente analitiche, possiamo anche considerarli come stime approssimative. Essi comunque indicano l'ordine di grandezza di un problema che nel corso degli ultimi decenni, si è venuto sempre più aggravando, creando interrogativi sempre più inquietanti, anche per le strette e dirette connessioni che questo problema presenta con le tematiche più generali di natura ambientale: tematiche che giustamente nel corso di questi anni, sono oggetto di una maggiore attenzione nel dibattito politico e culturale, specialmente nei paesi a più elevato sviluppo tecnologico.
Sotto questo profilo, in questi anni, si è prodotta molta letteratura sul problema dei rifiuti. Ci si è chiesti se l'ordine di grandezza del problema, poc'anzi ricordato, è un fenomeno fisiologico di una civiltà che ha raggiunto un certo stadio dello sviluppo economico o se invece questo fenomeno non sia piuttosto anche il frutto di una mentalità e di una concezione "consumista" che accentua la gravità del fenomeno durante la diffusione dello spreco.
In pari tempo "l'industria del rifiuto" ha cercato di dare risposte a questo problema raffinando tecnologie di trattamento e di trasformazione sempre più costose (inceneritori, abbattimento fumi) o perfezionando anche con costi di impianto non indifferenti i modelli esemplari di discariche controllate.
Sul piano tecnologico il dibattito fra i fautori dell'una o dell'altra soluzione è ancora aperto. E' un fatto comunque consolidato che le discariche controllate sembrano essere, a tutt'oggi, le soluzioni migliori sino a quando questo fenomeno richiede soluzioni immediate di emergenza.
In questa ottica giustamente si era posta la Regione Piemonte negli anni 1974 e 1975 cercando, anche attraverso incentivi agli Enti locali, di individuare soluzioni programmate al problema approvando la legge n. 46 del 1975.
La direttiva CEE ed il successivo DPR n. 915/1982 hanno in qualche modo aperto un dibattito su un concetto molto semplice, ma che presenta notevoli risvolti di normativa.
Infatti non si può parlare in modo indifferenziato e generico di rifiuto. Il DPR n.915 classifica i rifiuti in urbani ed assimilabili, in speciali, in tossici e nocivi.
Ma all'interno di questa classificazione ci sono, a loro volta, quelli che possono essere recuperati e riciclati, quelli che possono contribuire ad una produzione energetica, quelli che invece richiedono particolari e accurati trattamenti.
In sostanza il rifiuto viene visto come un "prodotto" di cui occorre limitare la produzione che, come tale, implica una differenziazione, sia nella raccolta che nel trattamento, ispirata al prodotto finale che si intende realizzare.
E' indubbio che questo indirizzo implica nel tempo una riorganizzazione legislativa regionale sulla materia e comportamenti degli Enti locali che siano in grado di tradurlo in iniziative concrete.
Ma occorre anche dire che una riorganizzazione legislativa e lo stimolo e la concertazione di iniziative degli Enti locali richiedono come base d'avvio due elementi: a) l'approfondimento del quadro delle conoscenze della quantità e della qualità del "prodotto rifiuto" a livello regionale b) il coinvolgimento del sistema diffuso degli Enti locali piemontesi nell'approfondimento delle conoscenze e nella definizione di piani organizzativi che, pur puntando alla selezione ed al trattamento differenziato, tengano presente il punto di partenza rappresentato dall'esperienza consolidata e permettano la realizzazione di "esperienze pilota".
Il presente disegno di legge regionale si ispira a questi 2 indirizzi e quindi non rappresenta una trasposizione acritica del DPR n. 915 in una normativa regionale, ma una ricerca di concretizzazione di questi attraverso vari momenti (deleghe, catasto, piani regionali).
Si prevede un ampio coinvolgimento delle Province, disponendo, in particolare, il conferimento della delega alle stesse Province per le procedure istruttorie ed il rilascio delle autorizzazioni relative alle singole fasi di smaltimento dei rifiuti e pone come finalità primarie la difesa e la valorizzazione delle risorse ambientali, la limitazione della formazione dei rifiuti e la promozione del riciclo e recupero degli stessi.
Al fine di meglio ottemperare agli obblighi imposti dal DPR n. 915/82 si è ritenuto innanzitutto indispensabile procedere all'istituzione del Catasto dei rifiuti e degli impianti di smaltimento, al fine di poter acquisire più esaurienti e totali informazioni in merito alla produzione dei rifiuti sul territorio regionale e di disporre di uno strumento operativo per l'attuazione delle funzioni previste dal DPR n. 915/1982, di competenza sia della Regione - in particolare per l'elaborazione dei piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti e l'individuazione delle zone idonee allo smaltimento dei rifiuti - sia delle Province preposte al controllo dello smaltimento dei rifiuti e delle Unità Sanitarie Locali, della cui collaborazione si avvalgono le Province per l'espletamento delle suddette funzioni.
Gli obiettivi del Catasto sono elencati all'art. 2 del proposto ddl.
Per quanto attiene la sua organizzazione e la sua gestione (artt. 2 e 3) si stabilisce un livello operativo locale, facente capo alle Province, che tiene conto sia delle competenze ad esse attribuite dal DPR n. 915/1982 sia della dimensione territoriale delle stesse, sufficientemente ampia da essere adeguata alla movimentazione dei rifiuti sul territorio regionale.
Sulla base dell'esperienza fino ad oggi acquisita, viene stabilito che la Regione possa avvalersi della collaborazione dei propri enti strumentali.
Oltre agli strumenti della delega o del Catasto, sopra citati, si prevede la redazione di piani regionali per lo smaltimento dei rifiuti in varie articolazioni (organizzazione dei servizi, individuazione delle aree ecc.), atti indispensabili nella realizzazione del processo, che non potrà che essere graduale, anche se non dilazionabile nel tempo, che si va innescando per giungere ad una situazione a regime ben diversa dal passato.
Con il disposto di cui al secondo e terzo comma dell'art. 3, si intende perfezionare e completare il sistema di informazioni previsto dal DPR n.
915/1982, estendendo gli obblighi fissati agli articoli 3 e 11 del D.P.R.
stesso a tutti i soggetti che smaltiscono e producono rifiuti, per assicurare alla Regione una più generale conoscenza della situazione esistente sul proprio territorio.
All'art. 4 si prevede l'emanazione, da parte della Regione, di norme e criteri tecnici inerenti l'attività di smaltimento dei rifiuti ad integrazione dei criteri generali emanati da parte dello Stato in materia.
L'articolo, nella considerazione che i problemi legati allo smaltimento dei rifiuti sono tutt'ora lontani dall'essere caratterizzati da rigore scientifico, prevede altresì che possano essere incentivati studi e ricerche, con la collaborazione di Enti, Istituti specializzati od esperti in materia, sia per la formulazione delle norme di cui sopra, sia per l'attuazione degli altri adempimenti di competenza regionale: specificatamente, il piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti (art. 5) e l'individuazione delle zone idonee allo smaltimento dei rifiuti (art. 6).
Per quanto attiene, in particolare, il piano di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti, da redigersi in conformità alle indicazioni di cui al punto a) dell'art. 6 del DPR n. 915/1982, l'art. 4 prevede che la Giunta regionale possa istituire borse di studio e sia autorizzata all'acquisto delle attrezzature e del materiale tecnico occorrenti.
All'art. 6 rispetto al testo presentato ci sono delle proposte di modifica di emendamento concordate in gruppo di lavoro che stabilisce le procedure per l'individuazione delle zone idonee allo smaltimento dei rifiuti sia a regime, in presenza dei piani regionali di organizzazione sia in fase transitoria. Lo stesso articolo prevede, in armonia con quanto stabilito nella legge 5 marzo 1982 n. 62, la concessione di contributi, a favore dei Comuni, delle Comunità Montane e dei Consorzi intercomunali, per l'acquisizione di aree destinate al deposito definitivo dei rifiuti soprattutto industriali, favorendo, a tal fine, la costituzione di società miste tra aziende, e/o Enti locali ed Enti strumentali regionali.
Le modifiche di gruppo di lavoro da un lato accentuano elementi di controllo e di rigore per i rifiuti tossici e nocivi nella fase di impianti previsti nell'immediato futuro, quando cioé i piani non sono ancora a regime e dall'altro prevede procedure per l'individuazione dei siti che pur avvalendosi della legge 62, consentono in tutta l'istruttoria una presenza e un coinvolgimento attivo Comuni.
Tale orientamento, oltre che improntato all'esigenza di sviluppare diversificazioni di trattamento ed adozione di tecnologie adeguate, trova la sua motivazione nell'impossibilità pratica dei Comuni, sede di siti idonei ad ospitare discariche di rifiuti non assimilabili agli urbani, di gestire un problema di così rilevanti dimensioni, anche in considerazione delle modeste dimensioni di molti Comuni della Regione.
Va rilevato, inoltre, il principio sancito dal DPR n. 915/1982, in base al quale i costi relativi alle attività di smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi sono a carico dei produttori dei medesimi. E' sembrato pertanto corretto prevedere la formazione di organismi, nei quali la partecipazione privata risponde al dettato legislativo stabilito dal DPR n. 915/1982 e quella pubblica sancisce un controllo dell'attività di smaltimento in quei siti la cui localizzazione è stata operata dallo stesso ente pubblico.
L'art. 7 prevede il conferimento della delega alle Province, a far tempo dal 1 ottobre 1985, relativamente alle procedure istruttorie ed al rilascio delle autorizzazioni previste dal DPR n. 915/1982, per le operazioni di smaltimento dei rifiuti. Nello stesso articolo si definiscono le modalità ed i limiti per l'esercizio delle funzioni delegate e sono regolati i conseguenti rapporti finanziari.
Negli articoli 8 e 9 si prevedono le garanzie finanziarie da presentarsi a cura delle imprese private, per il rilascio delle autorizzazioni per le operazioni di smaltimento dei rifiuti, a garanzia della buona esecuzione delle stesse, e l'istituzione, a livello regionale di un elenco dei soggetti smaltitori dei rifiuti.
In entrambi i casi, si rinvia ad apposito provvedimento del Consiglio regionale la definizione delle modalità e delle procedure per l'attuazione della previsione normativa di cui agli articoli indicati.
Il presente disegno di legge configura, per la realizzazione delle funzioni dallo stesso disciplinate, la costituzione di due organismi: la Commissione regionale per lo smaltimento dei rifiuti (art. 10) ed il Comitato tecnico regionale per l'attuazione del DPR n. 915/1982 (art. 11).
Con funzioni prevalenti di coordinamento e di verifica nell'aspetto politico-amministrativo il primo, e di indole più squisitamente tecnico consultiva il secondo, tali organismi rispondono alla necessità di assicurare una più precisa e qualificata attuazione degli adempimenti di cui al DPR n. 915/1982. La presenza di "esperti", scelti nell'ambito degli Istituti pubblici di ricerca, di cui si avvale il Comitato tecnico risponde alla stessa motivazione di carattere generale già enunciata concernente la complessità e la non totale determinatezza scientifica della materia.
Negli articoli 12 e 13 si definiscono i rapporti tra la presente legge e le vigenti leggi regionali in materia, al fine di uniformare la normativa eliminandone alcuni possibili aspetti di contrasto. In particolare, con l'art. 12 viene abrogata la legge regionale 8 novembre 1974, n. 32 riguardante gli scarichi idrici provenienti da insediamenti produttivi ormai superata dalle successive norme nazionali e regionali, e si modificano alcuni articoli della legge regionale 22 giugno 1979, n. 31. Con l'art. 13 si estendono alcuni obblighi autorizzativi, previsti dalla citata legge regionale n. 31 /1979, a specifiche operazioni di smaltimento dei rifiuti.
L'art. 14 dispone l'estensione ai rifiuti speciali, non assimilabili agli urbani, degli obblighi già previsti dal DPR n. 915/1982 per i rifiuti tossici e nocivi negli articoli 18 e 19, concernenti rispettivamente i documenti che devono accompagnare il trasporto di detti rifiuti e la tenuta dei registri di carico e scarico. La norma risponde essenzialmente alla necessità di eliminare oggettive difficoltà di determinazione per alcuni tipi di rifiuti del loro carattere "speciale" o "tossico-nocivo", e di consentire così un più agevole ed incisivo esercizio delle funzioni di controllo in materia.
Gli articoli 15, 16 e 17 contengono le norme finanziarie relative alle previsioni di spesa per gli interventi proposti.
Infine, l'art. 18 rinvia, per i casi di violazione degli obblighi ricadenti nel regime sanzionatorio del DPR n. 915/1982, alle disposizioni stabilite al riguardo dallo stesso D. P. R.
Certamente la Regione e gli Enti locali ai vari livelli, si devono impegnare in via prioritaria in questo settore perché la legge possa operare proficuamente e manifestare incisive e positive conseguenze sul territorio.
Nel dibattito interno alle istituzioni è necessario non solo porsi di fronte a questo settore considerandolo sia un "servizio", sia un "settore produttivo" con prospettive occupazionali e di mercato, ma anche ricercare e promuovere la razionalizzazione del circuito dei rifiuti onde alleggerirne l'impatto sull'ambiente e sull'uomo.
Se questo processo di razionalizzazione si unisce a processi di smaltimento corretti e condotti in condizioni di sicurezza, si dovrebbe riuscire ad ottenere un miglioramento complessivo della situazione, tenendo conto anche dei successi che si stanno ottenendo in altri campi che attengono la difesa e la tutela ambientale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto



CARLETTO Mario

Credo che il disegno di legge che la Giunta ha proposto al Consiglio e che è stato valutato con attenzione ed anche con impegno dalla VII Commissione sia un disegno di legge estremamente importante.
Credo che il problema della qualità della vita nel suo complesso attenga strettamente al problema dell'ambiente e a come l'ente pubblico, la Regione in particolare, sa affrontare questi problemi dell'inquinamento e credo quindi che lo smaltimento dei rifiuti sia uno dei temi fondamentali da affrontare rispetto ai quali forse non c'è stata negli anni che abbiamo vissuto in questa legislatura la sufficiente attenzione da parte della Giunta regionale. Mi pare che a questo provvedimento noi possiamo dire come giudizio politico che giunge in un momento, opportuno, ma arriva in ritardo, credo però che debba esserne colta tutta la valenza e quindi la nostra forza politica dà un giudizio positivo.
Riteniamo pertanto che abbia una grande importanza il dopo approvazione di questo disegno di legge, cioè abbia grande importanza la volontà e la capacità che la Giunta dovrà dimostrare nei prossimi mesi e nei prossimi anni su come saprà gestire questa parte estremamente delicata che incide molto sul nostro territorio, che preoccupa molto e che peraltro vede particolarmente attento il mondo produttivo perché indubbiamente il problema dei rifiuti (e mi riferisco ai rifiuti industriali) è un problema aperto sul quale abbiamo visto anche di recente dei contrasti molto forti tra la Regione ed Enti locali, mi riferisco, per esempio, alla vicenda della discarica di Torazza che l'Assessore ben conosce sul quale credo che la Giunta regionale debba fare chiarezza.
Come Consigliere regionale a nome del mio Gruppo, se mi consente il Presidente del Consiglio, anche da imprenditore, accolgo con interesse e con soddisfazione questo provvedimento, siamo attenti e valuteremo con puntualità come la Giunta regionale saprà gestire questa partita.
Mi auguro che l'Assessore nella replica vorrà darci delle assicurazioni. Noi formuleremo alcuni emendamenti probabilmente nel corso della discussione sull'articolato, emendamenti che a nostro modo di vedere tendono a migliorare ed a chiarire tanti aspetti che spesso sono oscuri non per responsabilità solo della Giunta, ma perché la materia è complessa e difficile.
Con i colleghi Piero Genovese e con il Vice Presidente della VII Commissione, Carlo Borando, abbiamo presentato un ordine del giorno che eventualmente illustreremo successivamente. Mi pare che la materia sia importante e debba essere affrontata con serietà e con impegno. Questo è l'invito che facciamo a noi stessi, ma che facciamo al Consiglio nel suo complesso e alla Giunta, ci auguriamo che l'Assessore nella sua replica voglia dimostrare questo impegno che lui e la Giunta vorranno portare in questa materia.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Calsolaro



CALSOLARO Corrado, Assessore allo smaltimento rifiuti

Il disegno di legge che viene oggi all'esame del Consiglio affronta un tema che si sta ormai presentando agli amministratori pubblici con accenti di considerevole gravità ed urgenza, e per la cui soluzione occorre una stretta ed attiva collaborazione fra la Regione e gli Enti locali da una parte ed i "produttori di rifiuti" (le collettività locali e gli imprenditori pubblici e privati) E' con l'entrata in vigore del DPR 915 che è stata messa in luce l'esistenza di una diffusa situazione di disordine, di noncuranza, di illegittimità, ma soprattutto la mancanza di quel tanto di "cultura", o di "educazione", ecologica senza la quale è praticamente impossibile affrontare seriamente il problema.
La prima applicazione del DPR 915 ha evidenziato in maniera esasperata il fatto che mentre tutti producono rifiuti in misura sempre più massiccia nessuno vuole le discariche.
E' sufficiente un sommario esame delle domande di autorizzazione pervenute alla nostra Regione per gli adempimenti previsti dal DPR 915 ai più diversi titoli (all'inizio dello scorso mese di dicembre erano già circa 1800) per constatare che, per esempio, molti Comuni che sono in possesso nel loro territorio, di aree idonee all'allestimento di una discarica, limitano la loro richiesta di autorizzazione alla propria, di dimensioni generalmente limitate alle necessità dei propri abitanti rifiutando nello stesso tempo di accogliere i rifiuti prodotti in altri Comuni.
Altri Comuni individuano per le discariche aree marginali del proprio territorio, del tutto inidonee alla realizzazione dell'impianto.
Si e poi rilevata, almeno fino a poco tempo fa, una netta ostilità verso le forme consortili, dovuta in massima parte ai problemi connessi all'individuazione del sito.
I privati mostrano invece, il più delle volte, una maggiore attenzione nella scelta dell'area, ma - ottenuta l'autorizzazione regionale incontrano notevoli, e il più delle volte insormontabili, difficoltà nell'ottenere la concessione comunale richiesta dalla legge urbanistica.
Tanto le richieste comunali quanto quelle private incontrano infine la decisa ostilità delle associazioni naturalistiche, delle organizzazioni agricole e di improvvisati Comitati di difesa ecologica.
Tipico a questo riguardo il caso del Comune dell'area di Chieri; il Comune di Chieri ha individuato una discarica che aveva tutte le caratteristiche per poter essere oggetto di una autorizzazione regionale e di una conseguente concessione comunale, il Comitato agricolo di zona si è opposto e il Comune di Chieri ha avuto delle perplessità nel dare la concessione.
Questi atteggiamenti sono in gran parte determinati da quella che abbiamo definito la mancanza di una cultura, o educazione ecologica, e dalla non conoscenza dei moderni sistemi di gestione delle discariche controllate, mentre resta fermo il costante riferimento a discariche incontrollate o abusive, o "selvagge", impianti che il DPR 915 ha ormai posto definitivamente fuori legge.
Un'analisi più attenta del problema fa rilevare che in questi ultimi anni al costante aumento della produzione dei rifiuti non ha corrisposto per scarsa sensibilità al problema, un sollecito adeguamento delle strutture pubbliche e private per un loro corretto smaltimento. Soprattutto fatica a farsi strada il concetto che lo smaltimento dei rifiuti è un servizio pubblico, come quello dei trasporti o della depurazione delle acque, e che ai relativi impianti deve essere riservata una considerazione di carattere prioritario nell'ambito delle scelte di programmazione e dei relativi piani di investimento.
Dalle più recenti indagini risulta che nonostante l'attuale progresso di processi industriali come l'incenerimento, il compostaggio e la messa a punto di nuove tecniche di trattamento e di riciclaggio, più dell'80 per cento dei rifiuti solidi urbani prodotti nel nostro paese viene interrato: di questi il 60 per cento in scarichi liberi, dando così origine a preoccupanti fenomeni di inquinamento del suolo, delle acque e dell'atmosfera, rappresentando così una minaccia costante per le condizioni igieniche ed ambientali dei centri urbani ed extra-urbani.
L'alternativa più immediata e più rapidamente realizzabile per una corretta tutela ambientale, sia dal punto di vista tecnico, sia economico ovviamente la realizzazione delle cosiddette "discariche controllate" (o di impianti di smaltimento ad interramento controllato), con la formazione di un sistema flessibile e coordinato; con l'individuazione di bacini di utenza pubblici che comprendano un minimo di 100 - 150.000 abitanti serviti, tali cioè da permettere in tempo successivo il ricorso a forme di smaltimento differenziato.
La Regione Piemonte aveva già avvertito sin dalla prima legislatura l'esigenza di garantire un idoneo smaltimento dei rifiuti, intesi nella loro accezione più ampia.
Con la legge regionale 4 giugno 1975, n. 46, erano stati previsti interventi finanziari in capitale ed in interessi a favore di Consorzi tra gli Enti locali per lo smaltimento dei rifiuti solidi, secondo le indicazioni contenute nel piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi 1975/1981 "piano orientativo" approvato dal Consiglio regionale nel dicembre 1975, all'inizio della II legislatura.
Il piano individuava ventotto aree di interventi, comprendenti 742 Comuni, pari al 62 per cento dei Comuni della Regione ed interessante un numero di abitanti pari al 91 per cento della popolazione piemontese. Per i Comuni posti al di fuori delle aree individuate dal piano si avanzava la possibilità di essere inclusi nelle stesse aree o di essere interessati da iniziative di livello intercomunale ma di dimensioni più modeste.
La Regione metteva così a disposizione delle amministrazioni locali una prima proposta per individuare i mezzi operativi e le soluzioni industriali assimilabili agli urbani e dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione delle acque.
Purtroppo, a circa dieci anni di distanza da questi provvedimenti legislativi, i risultati ottenuti sono piuttosto deludenti, nel senso che in tutto questo periodo si sono costituiti soltanto venticinque Consorzi che solo in parte, e cioé una decina, si sono attivati.
Al momento dell'entrata in vigore del DPR 915 la situazione dello smaltimento finale dei rifiuti urbani nella nostra Regione era la seguente: 1) sette impianti consortili realizzati ai sensi della legge regionale 46/75 2) cinque grossi impianti di smaltimento realizzati e gestiti da aziende municipalizzate 3) sei impianti di media dimensione di proprietà e gestione privata 4) un numero indefinito di piccoli e medi impianti a dimensione comunale per la quasi totalità inidonei, o gestiti direttamente dalle ditte private, e per i quali non sempre i Comuni hanno poi presentato la relativa domanda 5) un altrettanto nutrito numero di discariche incontrollate in Comuni nei quali la raccolta dei rifiuti non era stata attivata, ma nelle quali era - ammesso con una sorta di silenzio-assenso - lo sversamento dei rifiuti.
In questi primi due anni di gestione del DPR 915 la Regione ha autorizzato quasi tutte le discariche e gli impianti esistenti che presentavano i prescritti requisiti ed ha accolto alcune nuove domande formulate ai sensi della vigente normativa.
La Regione ha altresì svolto una intensa attività di informazione presso le amministrazioni locali al fine di favorire la formazione di una maggiore sensibilità al problema: sta di fatto che, in linea generale molte amministrazioni, invece di impegnarsi verso le iniziative di carattere consortile, hanno preferito delegare la soluzione del problema a ditte private.
Questo comportamento ha invogliato le ditte più grosse a reperire aree per la costruzione di discariche, per le quali sono state presentate le relative domande di autorizzazione. Ma, come ho già detto, le autorizzazioni rilasciate a ditte private per i nuovi impianti sono state quasi tutte impugnate dai Comuni sede dell'impianto o dai Comuni limitrofi.
Alla luce degli indirizzi emanati dal Comitato interministeriale, si rileva che occorrerà procedere ad una prima ipotesi di riorganizzazione dello smaltimento dei rifiuti urbani che individui sul territorio regionale 25/30 bacini di utenza, in corrispondenza di una o più Unita Sanitarie Locali anche al fine di facilitare le operazioni di controllo.
Contemporaneamente si dovrà determinare il prezzo massimo di smaltimento che i titolari degli impianti potranno fissare nelle convenzioni con gli Enti locali, nonché le misure di accompagnamento dovute ai Comuni sede degli impianti dai Comuni utenti.
Resta, naturalmente, il gravoso problema del finanziamento degli impianti. Succede per il DPR 915 esattamente quello che avvenne per la legge Merli che regolava la materia del risanamento delle acque ponendo alle Regioni specifiche competenze di pianificazione e di programmazione senza la conseguente previsione dei necessari finanziamenti (che avvenne qualche tempo dopo con la legge 650). Ci sembra assurdo che l'adeguamento dei sevizi alle disposizioni dettate dallo Stato debba avvenire a totale carico della Regione e degli Enti locali. Non vi è dubbio che se si vuole intervenire con esito positivo nella soluzione di questo problema, con una rapida esecuzione delle opere, è necessario che adeguati finanziamenti vengano stanziati a favore delle Regioni per l'attuazione dei loro piani di organizzazione dei servizi di smaltimento, questo senso si è formalmente impegnato il Ministro Biondi.
Il DPR 915 ha individuato le competenze in materia di smaltimento ai vari livelli Stato, Regioni, Province e Comuni, attribuendo alle Regioni compiti di pianificazione,di programmazione e di legislazione, con l'aggiunta di altri di mera gestione amministrativa, come le autorizzazioni, ed alle Province le funzioni di controllo.
Sulla base della normativa statale, il disegno di legge all'esame del Consiglio, anche sulla base del dettato costituzionale secondo cui la Regione esercita normalmente le funzioni amministrative delegandole agli Enti locali, propone un ampio coinvolgimento delle Province per l'attuazione della normativa contenuta nel DPR 915 disponendo, in particolare, il conferimento della delega alle stesse Province per il rilascio delle autorizzazioni relative alle singole fasi di smaltimento dei rifiuti.
Le ragioni di questa proposta, oltre a quelle di politica istituzionale, ci sembrano del tutto evidenti: intanto le Province conoscono di fatto il proprio territorio molto meglio e più direttamente della Regione e dei suoi uffici, portati, per loro natura e composizione piuttosto ad elaborare criteri ed indirizzi generali, inoltre le Province esercitano già il controllo sulle attività di smaltimento, per cui sono sicuramente in grado di elaborare, disponendo di maggiori elementi e strumenti di conoscenza diretta, le linee della politica autorizzativa nell'ambito del piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento.
Il disegno di legge istituisce il Catasto dei rifiuti e degli impianti di smaltimento, fissando gli obiettivi del Catasto. Ma su questo argomento come su tutto il resto della normativa, già esposta nella relazione della Giunta al disegno di legge e diffusamente trattati nella relazione del collega Ferro, corretta e puntuale, non ritengo ancora spendere altre parole.
La Giunta pertanto condivide interamente la relazione del Consigliere Ferro ed il testo come emendato dalla VII Commissione.
Un ultimo problema al quale vorrei brevemente accennare, è quello dei rapporti fra la Regione da una parte e la Magistratura, soprattutto quella amministrativa, dall'altra.
Abbiamo assistito in questi ultimi tempi alla emanazione da parte del Tribunale regionale amministrativo di una serie di provvedimenti che non possiamo non considerare quanto meno sorprendenti.
Così, in una recente ordinanza in materia di rilascio di una autorizzazione per lo smaltimento dei rifiuti industriali, si afferma che la Regione "non ha svolto alcuna attività istruttoria seriamente qualificabile come tale, essendosi essa limitata ad acquisire in forma acritica e (per quanto risulta dalla documentazione prodotta) incontrollata gli accertamenti di parte predisposti dall'interessata...".
Questa affermazione - che contrasta radicalmente con i criteri di istruttoria delle domande del DPR 915 che l'Assessorato regionale all'ambiente si dato via via nel tempo e che presuppongono un attento esame degli elaborati prodotti e la verifica, con le conoscenze esistenti nell'ambito regionale, ricavabili dagli studi predisposti dall'amministrazione e dalla competenza professionale dei funzionari preposti all'istruttoria - contrasta altresì con le stesse disposizioni statali del 27 luglio 1984, in merito al rilascio delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi (quindi più pericolosi per l'ambiente).
Queste disposizioni prevedono infatti che l'istruttoria regionale debba accertare che la domanda sia completa di tutti gli elementi previsti dal DPR 915, dalle disposizioni statali e da eventuali norme regionali e che inoltre sussista un'effettiva rispondenza tra i requisiti dichiarati, o comunque necessari per lo svolgimento della specifica attività di smaltimento, e quelli previsti dalle suddette normative.
Non si fa nessun cenno all'obbligo, che l'ordinanza sembra invece evidenziare, di accertamenti autonomi da parte della Regione (quali i sondaggi e altre indagini idrogeologiche da effettuarsi sul luogo della discarica) che sarebbero comunque irrealizzabili da parte della Regione in tempi ragionevoli per tutti i casi all'esame e che comporterebbero, se affidati a terzi, oneri finanziari insostenibili.
(Sarebbe come pretendere che il Sindaco, prima del rilascio di una concessione edilizia, verifichi il calcolo del cemento armato).
Il fatto inoltre che la Regione abbia scelto i criteri di procedere al rilascio di autorizzazioni provvisorie (la provvisorietà delle autorizzazioni è un fatto comune a tutte le Regioni con le quali ci siamo confrontati), autorizzazioni progressivamente più specifiche e dettagliate e la situazione determinatasi con il rilascio delle autorizzazioni normative ma generiche (che si sta provvedendo puntualmente a trasformare in autorizzazioni con prescrizioni specifiche), rappresenta un orientamento che, a nostro avviso, corrisponde ad una puntuale attuazione della normativa vigente.
Il rilascio delle autorizzazioni provvisorie ha consentito infatti agli Enti di controllo un'azione di vigilanza più efficace in quanto, in ogni caso, anche le autorizzazioni generiche contengono prescrizioni la cui inosservanza ha già provocato numerose denunce alla Magistratura da parte delle Province territorialmente competenti.
L'aver scelto di accettare un periodo di transizione nella prospettiva che l'attuazione del DPR 915 non può realizzarsi in tempi brevi, ma necessita di progressivi approfondimenti ed aggiustamenti (tenuto conto altresì della tuttora esistente indeterminatezza tecnico-scientifica della materia e dei delicati problemi di utilizzo del territorio che l'attuazione del DPR 915 comporta) mette in evidenza un atteggiamento coerente con le politiche ambientali che la Regione ha da sempre promosso, anche in anticipo rispetto alla legislazione nazionale, come è avvenuto, ad esempio con la predisposizione del piano dei siti per i rifiuti industriali.
In merito a questo piano ci preme sottolineare come lo stesso, l'unico attualmente esistente in Italia, lungi dall'essere elemento di valutazione positiva dell'impegno della Regione in questo settore, viene continuamente rivolto contro l'Amministrazione, rimproverata per la sua mancata attuazione ed ignorando che il piano di siti è una proposta per il futuro e che per questo motivo non sono stati inseriti in esso aree già occupate da discariche.
Non si può obiettivamente parlare di ritardo nell'attuazione del piano da parte della Regione in quanto, se ritardo c'è stato, esso è dovuto all'assenza di iniziative volte ad attrezzare i siti in esso individuati compito questo che non spetta precipuamente alla Regione se non in termini di promozione. Attualmente comunque sono in fase di predisposizione la prima autorizzazione per una discarica in uno dei siti e sta per pervenire la domanda relativa ad una seconda area.
Se qualcuno, per avventura, ritenesse che i siti possono essere attrezzati e le conseguenti discariche utilizzate da un momento all'altro allora è indispensabile spiegargli come stanno le cose, e cioé che dal momento della presentazione della domanda alla attività della discarica trascorre mediamente un periodo di tempo non inferiore ad un anno e mezzo.
Ho sotto gli occhi l'ordinanza emessa nella causa Comune di Verolengo contro la Regione Piemonte ed altri il 28 novembre 1 984 dal TAR per il Piemonte in cui testualmente si recita (prego i Consiglieri Ariotti Avondo, Genovese, e tutti quelli che si sono occupati di questi problemi nell'ultimo anno e mezzo, anche con la presentazione di specifiche interrogazioni, di prestare la massima attenzione all'inciso che leggerò): "Rilevato d'altro canto che non corrisponde a verità che molti impianti produttivi sarebbero nell'impossibilità pratica di smaltire convenientemente i propri rifiuti, in quanto esistono in Piemonte molte altre discariche idonee (il cui utilizzo potrà essere meno conveniente sotto il profilo economico, ma possibile), quali le discariche nei Comuni di Gargallo, Novi Ligure e Pomaro.
Ritenuto che dall'esecuzione del provvedimento impugnato derivano danni gravi ed irreparabili così come previsto dall'ultimo comma dell'art. 21 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034", P.Q.M, ecc.
E' bene ricordare che l'impianto di Gargallo è attualmente in fase di allestimento, che tutta la documentazione relativa esistente presso l'Assessorato regionale all'ambiente è stata sequestrata dalla Magistratura novarese, che la Provincia di Novara ha nominato una apposita Commissione per l'esame dell'intera pratica, che la Giunta regionale ha recentemente nominato un docente del Politecnico di Torino per predisporre una approfondita indagine tecnico-scientifica sull'intero progetto. A seguito dell'emanazione dei criteri ministeriali si è chiarito che i rifiuti speciali ammessi nella discarica sono unicamente quelli assimilabili agli urbani, quindi né al tempo dell'ordinanza, ne oggi è possibile il conferimento dei rifiuti degli impianti produttivi nella discarica di Gargano: sempre che venga allestita.
Lo stesso discorso vale per il Consorzio smaltimento rifiuti "Ovadese Valle Scrivia" che, a seguito della deliberazione del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 può ricevere solo i rifiuti urbani ed i rifiuti speciali assimilabili agli urbani, come da successiva deliberazione della Giunta regionale in data I 8 dicembre 1984.
In merito alla discarica di Pomaro la cui realizzazione e gestione è stata autorizzata dalla Regione con deliberazione in data 12 aprile 1984 occorre specificare che l'autorizzazione limita l'utilizzo della discarica ai rifiuti speciali provenienti dalle aziende dell'Alessandrino; ed è stata assai ridotta rispetto al primitivo progetto. Anche questa discarica non è comunque ancora in funzione, né sarebbe possibile il conferimento dei rifiuti provenienti da altre Province (per esempio da Torino).
Ma c'è di piu.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV) ha emesso sulla vicenda in data 5 febbraio 1985, cinque ordinanze: con due ordinanze respinge la domanda di sospensione avanzata in primo grado; con una "Considerato che la relazione geologico-tecnica dell'Università e del Politecnico di Torino in data 13 luglio 1984 esclude che possano verificarsi apprezzabili inquinamenti e che la contraria affermazione del Sindaco di Torrazza non è suffragata da valutazioni tecniche di segno opposto; che pertanto dalla comparazione degli opposti interessi deve ritenersi che il provvedimento sindacale lede quelli della società ricorrente senza che la tutela di un pubblico interesse la giustifichi" sospende i provvedimenti impugnati in primo grado; con due ordinanze considerato che dalla documentazione acquisita agli atti, e tenuto conto dell'ampiezza delle prescrizioni impartite con l'impugnato provvedimento (regionale) non risulta la probabilità che l'esecuzione del provvedimento stesso produca danni gravi e irreparabili a carico dei ricorrenti in prime cure, respinge la domanda di sospensione avanzata in primo grado.
E ancora, il Ministro Biondi - sempre su questa vicenda - "Non capisco perché questo impianto sia bloccato da mesi, chiederò un'inchiesta ministeriale".
Quando l'inchiesta ministeriale sarà promossa, e spero presto, sarà mia cura chiedere di essere immediatamente sentito per esprimere le mie opportune considerazioni.
Non possiamo, alla luce di questi fatti, non esprimere la nostra soddisfazione perché tanto da parte del Ministro per l'ecologia, quanto da parte del Consiglio di Stato e stata ampiamente riconosciuta l'assoluta correttezza e trasparenza dell'azione amministrativa svolta in materia dalla Regione, ed in particolare dall'Assessorato regionale all'ambiente.
Ritengo che i colleghi possano rendersi facilmente conto delle difficoltà che incontrano la Regione e le Province nell'attuazione del DPR 915.
Siamo tuttavia convinti che con un'azione continua di promozione dell'educazione ecologica, di informazione, a tutti i livelli delle comunità locali, predisponendo poche leggi, ma chiare, sia possibile porre rimedio all'attuale situazione di "paese avvelenato". Per raggiungere questo obiettivo occorre una attiva e leale collaborazione fra tutti gli Enti territoriali ai quali il DPR 915 ha attribuito specifiche competenze nella materia; ma occorre soprattutto il consenso, la crescita della sensibilità della gente verso questi problemi; occorre superare le negazioni pregiudiziali verso tutto ciò che deve essere fatto oggi per affrontare i problemi reali anziché rincorrere l'obiettivo di rifondare una mitica società pastorale, che poi nessuno vorrebbe.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Passiamo ora alla votazione dell'articolato.
Art. 1 (Finalità) "La Regione, per la prima attuazione delle norme e nel rispetto dei principi generali del DPR. 10 settembre 1982 n. 915 disciplina le attività inerenti lo smaltimento dei rifiuti, al fine di perseguire le finalità generali di difesa e valorizzazione delle risorse ambientali del proprio territorio ed anche al fine di limitare la formazione e promuovere il riutilizzo, la rigenerazione, il recupero ed il riciclo dei rifiuti stessi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. l è approvato.
Art. 2 (Istituzione del Catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento) "In attuazione del disposto Dell'art. 6, primo comma, lettera e), del DPR 10 settembre 1982, n. 915, è istituito il catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento, articolato territorialmente a livello provinciale.
Obiettivi del catasto sono: a) raccogliere e codificare tutti i dati relativi ai rifiuti ed agli impianti di smalti-mento ed organizzare in forma unitaria la gestione dei dati stessi b) seguire il movimento territoriale dei rifiuti ed individuarne la destinazione, al fine di agevolarne il controllo c) verificare il rispetto del processo autorizzativo, ai sensi della normativa vigente d) garantire un adeguato flusso informativo in merito a tipologia quantità e provenienza dei rifiuti, anche al fine della predisposizione dei piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti e) consentire la valutazione della fattibilità di stazioni di raccolta e pretrattamento e di impianti centralizzati di recupero e/o di smaltimento f) raccogliere i dati relativi al riutilizzo, alla rigenerazione, al recupero e al riciclo dei rifiuti.
Ai fini della classificazione dei rifiuti e dell'individuazione delle relative fasi di smaltimento, si intende, in via generale, adottata la terminologia tecnica risultante dalle normative statali e regionali vigenti in materia".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Gestione del Catasto) "Per la gestione del catasto, la Regione si avvale delle Province e dei propri enti strumentali, con i quali stipula, sentita la Commissione regionale per lo smaltimento dei rifiuti di cui al successivo articolo 10 apposite convenzioni, al fine di definire le modalità organizzative ed attuative ed i conseguenti rapporti finanziari.
I modelli per la rilevazione dei dati di cui al disposto dell'art. 3 ultimo comma, e dell'art. 11, ultimo comma, del DPR n. 915/1982, sono approvati, su parere del Comitato tecnico di cui al successivo articolo 11 dalla Giunta regionale, entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Sono tenuti alla compilazione dei modelli di cui al comma precedente e alla trasmissione contemporanea al Comune ed alla Provincia competenti per territorio, entro il mese di febbraio di ciascun anno, tutti i soggetti che producono e smaltiscono i rifiuti di cui all'art. 2 del D.P.R. n.
915/1982".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Norme e criteri tecnici per lo smaltimento dei rifiuti. Studi e ricerche) "La Regione, ad integrazione dei criteri generali emanati ed emanandi dallo Stato, può predisporre norme e criteri tecnici inerenti l'attività di smaltimento dei rifiuti, da approvarsi con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale.
Per la formulazione delle norme e dei criteri di cui al comma precedente, nonché per l'attuazione degli adempimenti di cui all'art. 6 lettere a), b), f) del DPR n. 915/1982, qualora si rendano necessari particolari studi e ricerche, la Giunta regionale può avvalersi della collaborazione di Istituti pubblici di ricerca, di Enti specializzati o di esperti in materia, per la cui designazione e per il conferimento dei relativi incarichi si osservano le norme regionali vigenti. Può inoltre istituire borse di studio, nel rispetto delle norme vigenti sui rapporti di lavoro a tempo determinato".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti) "La Regione, in ottemperanza al disposto di cui all'art. 6, lettera a) e all'art. 33 del DPR 915/1982, elabora, sentiti i Comuni, piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti.
La Giunta regionale provvede alla redazione ed all'aggiornamento dei piani di cui al primo comma avvalendosi delle strutture regionali dell'apporto delle Province e della collaborazione di Istituti, Enti od esperti, ai sensi del secondo comma del precedente art. 4.
Al fine di porre in grado le strutture regionali competenti di provvedere agli adempimenti di cui al precedente comma, la Giunta regionale è altresì autorizzata all'acquisto delle attrezzature e del materiale tecnico occorrenti.
Il Consiglio regionale approva i piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti entro sei mesi dal ricevimento del progetto predisposto dalla Giunta".
Viene presentato il seguente emendamento, firmato dall'Assessore Calsolaro: al primo comma, dopo le parole "sentiti i Comuni" aggiungere: "entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge".
La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Il nostro emendamento attiene al I comma dell'art. 5 che recita: "la Regione in ottemperanza al disposto di cui all'art. 6, lettera e) e all'art. 33 del DPR 915, elabora sentiti i Comuni, piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti". Riteniamo che debba essere indicata la scadenza entro la quale la Regione elabora i piani regionali.
Non formuliamo in questo momento una nostra proposta perché lasciamo alla Giunta ed all'Assessore di indicarci dei termini che ritiene accettabili sotto il profilo operativo, organizzativo.
Ci auguriamo che la Giunta voglia accogliere questa indicazione; la nostra è un'indicazione politica perché riteniamo che ci debba essere un termine che impegna la Giunta ed il Consiglio per l'elaborazione di questi piani: non indicare questo termine ci pare troppo vago e soprattutto non offre delle certezze agli utenti. Sottoponiamo questo nostro emendamento alla Giunta che se ritiene di formalizzarlo lo formalizzi anche nei tempi.



CALSOLARO Corrado, Assessore allo smaltimento dei rifiuti

La Giunta accoglie l'istanza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

L'art. 33 del DPR 915 richiama un termine di 18 mesi. Richiamando tale articolo è implicito che vige il termine di 18 mesi.



CARLETTO Mario

I termini di 18 mesi richiamati dal collega Ferro sono di massima. Se l'Assessore ritiene di ridurre questi termini, posto che ci siano le condizioni operative e di gestione, mi sembrerebbe utile.



PRESIDENTE

Chi è favorevole all'emendamento è pregato di alzare la mano.
E' approvato.
Passiamo alla votazione dell'art. 5 così modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 (Individuazione delle zone e dei siti idonei allo smaltimento dei rifiuti e contributi per l'acquisizione dei siti) "Ai fini dell'attuazione della presente legge si intende per zona un ambito territoriale che per caratteristiche naturali ed esigenze di pianificazione viene individuato allo scopo di delimitare al suo interno aree o siti per realizzarvi impianti di smaltimento di rifiuti.
Ai fini dell'attuazione della presente legge si intende per area o sito un terreno chiaramente individuato attraverso i rispettivi dati catastali situato all'interno delle zone di cui al comma precedente.
Ai fini dell'attuazione dell'art. 6, lettera a), del DPR n. 915/1982 la Regione, nei piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui al precedente art. 5, individua, con il concorso delle Province, le zone per la realizzazione degli impianti di trattamento e/o di stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti, ivi comprese le discariche, e le piattaforme per i trattamenti dei rifiuti tossici e nocivi.
Ai sensi dell'art. 6 lettera b), del DPR n. 915/1982, la Regione delimita, entro un anno dall'approvazione dei piani di cui al precedente art. 5, i siti compresi nelle zone di cui al comma precedente, sulla base delle proposte formulate dai Comuni e da altri soggetti interessati e nel rispetto delle seguenti procedure: il Comitato tecnico di cui al successivo art.11 indica i siti nell'ambito delle zone individuate nei piani regionali la Giunta regionale, sulla base delle indicazioni suddette e delle osservazioni del Comune sede del sito e di quelli confinanti, adotta le proposte dei siti e le sottopone al Consiglio regionale la deliberazione del Consiglio regionale di approvazione dei siti costituisce variante degli strumenti urbanistici vigenti.
Nelle more di approvazione dei piani di cui al precedente art. 5 ed ai sensi dell'art. 6, lettera b), del DPR n. 915/1982 le domande di autorizzazione per la realizzazione di impianti di trattamento e/o stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti, ivi comprese le discariche sono soggette alle procedure di seguito descritte: a) l'installazione e la gestione di tutte le discariche di rifiuti inerti di cui alle disposizioni statali di applicazione del DPR n. 915/1982 è sottoposta alla preventiva autorizzazione ai sensi dell'art. 31 del citato DPR e dell'art. 7 della presente legge b) l'installazione e la gestione di impianti di smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilabili agli urbani, nei casi in cui la suddetta attività si configuri come attività svolta in proprio o come prestazione di servizi nonché l'installazione e la gestione di impianti di smaltimento dei rifiuti speciali e tossici e nocivi installati e gestiti dal produttore dei rifiuti stessi, sono sottoposte alla preventiva autorizzazione ai sensi dell'art.
31 del DPR n. 915/1982 e dell'art. 7 della presente legge, previo parere del Comitato tecnico di cui al successivo art. 11 c) l'installazione e la gestione di impianti di inocuizzazione ed eliminazione, nonché discariche, dei rifiuti speciali e tossici e nocivi nei casi in cui le suddette attività si configurino come prestazione di servizi o attività in conto terzi, sono sottoposte alla preventiva autorizzazione ai sensi dell'art. 31 del DPR n.. 915/1982 e dell'art. 7 della presente legge, previo espletamento delle procedure che seguono: la Giunta regionale chiede al Comune proposto come sede dell'impianto e/o della discarica ed a quelli confinanti osservazioni circa la localizzazione il Comitato tecnico di cui al successivo art. 11 esprime il proprio parere, oltre che sugli elaborati tecnici prodotti, sulla localizzazione dell'impianto e/o della discarica anche sulla base delle osservazioni di cui sopra la Giunta regionale, sulla base del suddetto parere, adotta la proposta di localizzazione dell'impianto e/o della discarica e la sottopone al Consiglio regionale unitamente alle osservazioni pervenute la deliberazione del Consiglio regionale di approvazione della localizzazione costituisce variante degli strumenti urbanistici vigenti.
Il piano di siti, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 623 del 22 dicembre 1983, si configura come prima attuazione dell'art. 6 del DPR n. 915/1982.
Per l'allestimento e la gestione dei siti di cui al presente articolo la Regione, d'intesa con i Comuni interessati, può promuovere la formazione di società miste tra aziende e/o Enti locali ed Enti strumentali regionali.
Per l'acquisizione dei siti sono concessi ai Comuni, alle Comunità Montane ed ai loro consorzi contributi in conto capitale, fino alla misura massima del 40 per cento della spesa ritenuta ammissibile, fatte salve le disposizioni di cui all'art. 1 della legge regionale 10 luglio 1981, n.
23".
Viene presentato il seguente emendamento dall'Assessore Calsolaro: i commi terzo, quarto e quinto sono così sostituiti "Ai fini dell'attuazione dell'art. 6, lettera a), del DPR n. 915/1982 la Regione, nei piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui al precedente art. 5, individua, con il concorso delle Province, le zone di cui al primo comma per la realizzazione degli impianti di trattamento e/o di stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti, ivi comprese le discariche e le piattaforme per i trattamenti dei rifiuti tossici e nocivi.
Ai sensi dell'art. 6, lettera b), del DPR 915/1982, la Regione delimita entro un anno dall'approvazione dei piani di cui al precedente art. 5, i siti compresi nelle zone di cui al comma precedente, sulla base delle proposte formulate dai Comuni e da altri soggetti interessati e nel rispetto delle seguenti procedure: 1) il Comitato tecnico di cui al successivo art. 11 indica i siti nell'ambito delle zone individuate nei piani regionali, anche previ studi di impatto ambientale 2) la Giunta regionale, sulla base delle indicazioni suddette, approva con deliberazione le proposte dei siti. La deliberazione è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ed è trasmessa ai Comuni interessati che entro 60 giorni dalla pubblicazione, possono far pervenire le proprie osservazioni. La deliberazione è altresì trasmessa alla Commissione consiliare competente che, entro i medesimi termini temporali è tenuta ad esprimere il proprio parere 3) la Giunta regionale, acquisite le osservazioni ed i pareri, ove pervenuti nel termine sopra indicato, approva, sentito il Comitato Urbanistico Regionale, i siti idonei allo smaltimento dei rifiuti. La deliberazione della Giunta regionale costituisce, ai sensi e con le procedure dell'art. 2 della legge 5 marzo 1982, n. 62, ove necessario variante degli strumenti urbanistici generali vigenti dei Comuni interessati; le indicazioni e le norme in essa contenute si sostituiscono alle eventuali previsioni difformi dei suddetti strumenti urbanistici.
Nelle more di approvazione dei piani di cui al precedente art. 5 ed ai sensi dell'art. 6, lett. b), del DPR n. 915/1982, le domande di autorizzazione per la realizzazione di impianti di trattamento e/o stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti, ivi comprese le discariche sono soggette alle procedure di seguito descritte: a) l'installazione e la gestione di tutte le discariche di rifiuti inerti di cui alle disposizioni statali di applicazione del DPR n. 915/1982 sono sottoposte alla preventiva autorizzazione ai sensi dell'art. 31 del citato DPR e dell'art. 7 della presente legge b) l'installazione e la gestione di impianti di smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilabili agli urbani, nei casi in cui la suddetta attività si configuri come attività svolta in proprio o come prestazione di servizi nonché l'installazione e la gestione di impianti di smaltimento dei rifiuti speciali installati e gestiti dal produttore dei rifiuti stessi, sono sottoposte alla preventiva autorizzazione ai sensi dell'art. 31 del DPR n.
915/1982 e dell'art. 7 della presente legge, previo parere del Comitato tecnico di cui al successivo art. 11 c) l'installazione e la gestione di discariche e di impianti di innocuizzazione ed eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi in ogni caso nonché dei rifiuti speciali nei casi in cui le suddette attività si configurino come prestazione di servizi o attività in conto terzi, sono sottoposte alla preventiva autorizzazione ai sensi dell'art. 31 del DPR n.
915/1982 e dell'art. 7 della presente legge, previo espletamento delle procedure di cui al precedente quarto comma, nn. 2 e 3, sentito il Comitato tecnico di cui al successivo art. 11" Chi è favorevole all'emendamento è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
Procediamo alla votazione dell'art. 6, nel testo come sopra modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 (Deleghe) "La Regione delega alle Province le funzioni previste dall'art. 6 lettere c) e d), e dall'art. 31 del DPR n. 915/1982 a decorrere dal 1 ottobre 1985.
Nell'espletamento delle funzioni delegate, le Province si uniformano alle norme regolamentari ed alle prescrizioni tecniche emanate dallo Stato e dalla Regione e si avvalgono del parere obbligatorio del Comitato tecnico, di cui al successivo art. 11, per il rilascio delle autorizzazioni relative agli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani, speciali, ad esclusione degli inerti, e tossici e nocivi e per l'approvazione dei progetti e degli elaborati tecnici riguardanti gli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani e di innocuizzazione e di eliminazione, nonché delle discariche, dei rifiuti speciali e tossici e nocivi.
La Giunta regionale, in caso di inerzia nell'esercizio delle funzioni delegate, invita gli atti delegati a provvedere entro congruo termine decorso il quale provvede direttamente al compimento del singolo atto.
Gli atti emanati nell'esercizio delle funzioni delegate hanno carattere definitivo.
Per far fronte agli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni delegate di cui al primo comma del presente articolo, la Regione riconosce alle Province un concorso nelle spese sostenute, fino al tetto massimo di L. 500.000.000 per ogni anno, da ripartirsi d'intesa fra le Province.
Le Province, entro il mese di marzo di ciascun anno, devono presentare alla Giunta regionale una relazione sull'attività per l'attuazione delle funzioni delegate.
Per favorire l'esercizio delle funzioni delegate può disporsi il trasferimento di personale regionale presso le singole Province, d'intesa con le medesime".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 (Garanzie finanziarie) "La Regione determina con deliberazione della Giunta regionale, sentito il parere del Comitato tecnico di cui al successivo art. 11, i criteri e le modalità di presentazione e di utilizzo delle garanzie finanziarie, alle quali è subordinato il rilascio delle autorizzazioni allo smaltimento dei rifiuti, da parte delle imprese private verso le Province competenti per territorio, a garanzia del corretto svolgimento delle attività di smaltimento dei rifiuti".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 (Elenco degli smaltitori dei rifiuti) "E' costituito, con decreto del Presidente della Giunta regionale l'elenco regionale degli smaltitori dei rifiuti.
I requisiti per l'iscrizione nell'elenco di cui al comma precedente, le procedure per l'accertamento degli stessi, i casi di cancellazione dall'elenco, nonché le modalità di tenuta e di aggiornamento dell'elenco sono determinati con deliberazione del Consiglio regionale, sentito il parere del Comitato tecnico di cui al successivo art. 11".
L'Assessore Calsolaro presenta il seguente emendamento: il secondo comma è così sostituito: "I requisiti per l'iscrizione nell'elenco di cui al comma precedente le procedure per l'accertamento degli stessi, i casi di cancellazione dall'elenco, nonché i contenuti e le modalità di tenuta, di aggiornamento e di pubblicità dell'elenco sono determinati con deliberazione del Consiglio regionale, sentito il parere del Comitato tecnico di cui al successivo art.
11".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' emendamento è approvato all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
Procediamo alla votazione dell'art. 9 nel testo modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 (Commissione regionale per lo smaltimento dei rifiuti) "Al fine di assicurare il coordinamento e la verifica delle funzioni concernenti l'attuazione della presente legge, è costituita, con decreto del Presidente della Giunta regionale, la Commissione regionale per lo smaltimento dei rifiuti, così composta: l'Assessore regionale per l'ambiente, o un suo delegato, che la presiede l'Assessore regionale alla sanità o un suo delegato gli Assessori provinciali preposti all'ambiente, o loro delegati due rappresentanti dei Comuni, designati dalla sezione regionale dell'Anca tre funzionari regionali esperti nella materia.
Esercita le funzioni di segretario della Commissione un funzionario addetto ai servizi regionali per l'ambiente.
La Commissione dura in carica 5 anni e scade comunque con lo scioglimento del Consiglio regionale.
Il Presidente della Commissione può, invitare di volta in volta alle riunioni rappresentanti delle associazioni industriali del Piemonte, nonch di altre associazioni di categoria interessate.
La Commissione regionale per lo smaltimento dei rifiuti ha in particolare il compito di: 1) garantire il coordinamento tecnico-amministrativo concernente l'esercizio delle funzioni delegate con la presente legge 2) concorrere alla formazione dei piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti 3) formulare proposte ed esprimere pareri per l'organizzazione e la gestione del catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento".
Vengono presentati i seguenti emendamenti: 1) dal Consigliere Montefalchesi: alla fine del quarto comma aggiungere le parole: "e delle organizzazioni di difesa dell'ambiente".
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Per organizzazioni di difesa dell'ambiente intendo Pro Natura, Lega Ambiente, W.W.F. e Italia Nostra, quelle cioè che normalmente anche il Consiglio regionale e le Commissioni consultano su questa materia.



BORANDO Carlo

E' necessaria la partecipazione delle organizzazioni di difesa dell'ambiente che non si capisce bene chi possano essere. E' come dire che l'Assessore regionale per l'ambiente, l'Assessore regionale alla sanità gli Assessori provinciali preposti all'ambiente, i due rappresentanti dei Comuni e i tre funzionari regionali esperti nella materia, non sono capaci di fare il loro mestiere, perché se non ci sono quelli, questi profanano tutto l'ambiente e tutta la Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

L'emendamento presentato da Montefalchesi e Reburdo viene accolto anche perché si tratta di organizzazioni che insieme ai rappresentanti delle associazioni industriali del Piemonte , nonché altre associazioni di categoria interessate, vengono sentite di volta in volta e non fanno parte vera e propria della Commissione.
Quando si affrontano problemi specifici che possono coinvolgere organizzazioni di difesa dell'ambiente, quando si parla di organizzazioni mettiamo le più rappresentative affinché possano essere le quattro prima citate: quando si parla in questi termini è chiaro che si tratta comunque di consultazioni che per molti aspetti non sono vincolanti né per il Presidente della Commissione né per la Commissione stessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Penasso.



PENASSO Alfredo

Siccome nel testo di legge erano indicativamente poste le categorie interessate, chiedo di specificare quali di queste dobbiamo inserire a questo processo. Queste categorie sono poi quelle che dovranno operare in tal senso e di conseguenza abbiano qualche titolo in più rispetto alle categorie che svolgono un lodevole lavoro nel campo d ella salvaguardia del territorio e dell'ambiente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Non credevo di suscitare tanta discussione con questo emendamento.
Sostanzialmente non si propone di allargare la Commissione. Si dice che il Presidente della Commissione, che è l'Assessore all'ambiente, può invitare di volta in volta su specifici argomenti, le associazioni di categoria interessate sull'argomento specifico. Ritengo quindi opportuno, visto che le organizzazioni di difesa dell'ambiente non sono portatrici di interessi materiali, ma di una battaglia culturale, ideale e di salvaguardia dell'ambiente, che sia specificato che l'Assessore può convocare anche queste su determinati argomenti.



PRESIDENTE

Sarebbe forse opportuno accogliere il suggerimento dato dal collega Ferro e scrivere "delle organizzazioni più rappresentative in difesa dell'ambiente" limitando così il campo.
La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

La D.C. voterà a favore dell'emendamento presentato dal collega Montefalchesi,anche perché, rispetto alle osservazioni fatte dal collega Borando, credo sia stato chiarito che non si tratta di allargamento di Commissione, ma di partecipazione ai lavori della Commissione su richiesta del Presidente della Commissione stessa.
Ci sembra che dove vengono indicare le associazioni che possono essere invitate, sarebbe opportuno indicare specificatamente le associazioni industriali ed agricole perché queste hanno un interesse particolare all'attuazione del piano. Si potrebbe poi lasciare il riferimento alle altre associazioni di categoria interessate ed aggiungere infine la proposta di Montefalchesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini per dichiarazione di voto.



MARCHINI Sergio

La nostra dichiarazione di voto è favorevole, ma vuole essere una riflessione su come siamo arrivati e che cosa intendiamo dire con questo.
Non vorrei che l'allargamento degli interessati finisse per significare una specie di obbligo della Giunta a consultare e quindi di fatto in modo surrettizio ad allargare la CommissioneRassegnamo questa volontà al Consiglio all'autonomia di governo della Giunta. Questo deve essere a mio modo di vedere segnalato in questa sede: che non si tenda a comprimere la funzione della Giunta, ma affidare la propria prudenza e responsabilità politica, la opportunità di farsi assistere di volta in volta.
Questa interpretazione nella misura in cui non verrà contestata dai colleghi, è un po' l'interpretazione del Consiglio e possa poi in una qualche misura riparare la Giunta da quelli che potrebbero essere considerati degli atteggiamenti discriminanti nei confronti di questa o quella categoria o evasiva della norma rispetto a questo o quel problema.
Faccio presente al Presidente che sta avvenendo una situazione estremamente antipatica. C'è una riunione molto delicata in una saletta di questo Consiglio alla quale devono partecipare i Capigruppo, ma durante la votazione di una legge di questa importanza è opportuno che queste riunioni non si facciano.
I nostri ospiti avranno la cortesia e la bontà di aspettare esattamente come noi abbiamo la cortesia e la bontà di aspettare le esigenze del nostro lavoro.



PRESIDENTE

Sono d'accordo con il Consigliere Marchini.
Nel merito devo porre in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Montefalchesi.
L'emendamento è approvato nel seguente testo: "e delle organizzazioni più rappresentative in difesa dell'ambiente".
Il Consigliere Genovese presenta il seguente emendamento sempre relativo all'articolo 10: alla fine del quarto comma, dopo "rappresentanti" sostituire con: "delle Associazioni delle categorie interessate".
La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Non ho presentato l'emendamento per vederlo bocciato e siccome abbiamo sottolineato un'esigenza, preferisco dialogare con i colleghi Consiglieri prima che l'emendamento venga messo in votazione.
Se indichiamo gli industriali, mi sembra che anche altre categorie interessate ad un confronto con la Giunta non possano essere dimenticate.
La Giunta stessa dovrebbe essere interessata in alcuni casi a sentire gli industriali ma anche gli agricoltori, perché queste previsioni di localizzazione andranno ad insistere in terreni agricoli.
Se invece non si vuole esplicitamente allargare l'indicazione delle categorie, mi pare più opportuno lasciare semplicemente la dizione "le categorie interessate".



FERRO Primo

Sono d'accordo con il Consigliere Genovese.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
E' approvato.
Passiamo alla votazione dell'art. 10 così emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Art. 11 (Comitato tecnico regionale per l'attuazione del DPR 10/9/1982 n. 915) "Con decreto del Presidente della Giunta regionale è costituito il comitato tecnico regionale per l'attuazione del DPR n. 915/1982, composto dall'Assessore regionale per l'ambiente, da due funzionari tecnici preposti ai servizi regionali per l'ambiente e da sette esperti nelle materie di cui alla presente legge ed al DPR n. 915/1982, esterni all'amministrazione regionale, tra i quali un esperto in materie giuridico-legali, un medico igienista, un geologo, un chimico ed un ingegnere esperto in tecnologie di smaltimento dei rifiuti.
Gli esperti di cui al comma precedente sono individuati dalla Giunta regionale nell'ambito di istituti pubblici di ricerca e di amministrazioni o Enti pubblici sulla base della presentazione di un idoneo curriculum professionale opportunamente documentato.
Il Comitato tecnico esplica i seguenti compiti: 1) esprime i pareri tecnici di cui agli artt. 3, 6, 8 e 9 della presente legge 2) esprime i pareri obbligatori richiesti dalle Province ai sensi del precedente articolo 7 3) formula proposte alla Giunta regionale, in relazione all'elaborazione di norme integrative e di attuazione del DPR n. 915/1982 per l'organizzazione dei servizi di smaltimento e le procedure di controllo e di autorizzazione in base all'art. 6 lettera f), del DPR n. 915/1982 4) formula proposte alla Giunta regionale in merito all'istituzione del catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento di cui all'art. 2 della presente legge 5) indica i siti idonei alla realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti ai sensi dell'art. 6, lettera b), del DPR n.
915/1982, e del punto 0.3 della deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui al DPR n. 915/1982 6) costituisce in generale il supporto per la Regione in relazione allo studio dei problemi tecnici e giuridici in materia di smaltimento dei rifiuti.
L'attività del Comitato tecnico si attua attraverso sedute plenarie presso i servizi regionali per l'ambiente con scadenza di norma quindicinale, nonché mediante riunioni di gruppi di lavoro, costituiti sulla base dei problemi trattati e delle competenze specifiche di ogni singolo componente il Comitato tecnico.
Ai suddetti gruppi di lavoro viene attribuito il compito di predisporre, entro termini stabiliti di volta in volta, elaborati scritti da discutere ed approvare nelle sedute plenarie.
Ai membri del Comitato sono riconosciuti per la partecipazione alle riunioni i compensi di cui alla legge regionale 2 luglio 1976, n. 33.
Per la redazione degli elaborati scritti, ai membri del Comitato esterni all'Amministrazione regionale, spetta una indennità rapportata all'entità del problema trattato, da valutare sulla base della tariffa oraria per vacazione dei professionisti, in ragione di non più di 50 ore per ogni relazione.
Presiede le riunioni del Comitato l'Assessore regionale per l'ambiente e un suo delegato scelto fra i componenti, le funzioni di segretario sono esercitate da un funzionario dei servizi regionali per l'ambiente.
I membri del Comitato permangono in carica cinque anni e scadono comunque con lo scioglimento del Consiglio regionale; nel periodo che precede la nomina del Comitato successivo, quello scaduto può riunirsi per l'ordinaria amministrazione".
Vengono presentati i seguenti emendamenti: 1) Dall'Assessore Calsolaro: il n. 6 del terzo comma e così sostituito: "6) costituisce in generale il supporto per la Regione in relazione allo studio dei problemi tecnici e giuridici in materia di smaltimento dei rifiuti e per la verifica tecnica di coerenza dell'esercizio delle funzioni delegate con i piani regionali di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti e con le norme regolamentari e le prescrizioni tecniche di cui al precedente art. 7".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato.
2) Dal Consigliere Marchini: il secondo comma, dalle parole "gli esperti" alla parola "documentato" è soppresso.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Questo emendamento ha un po' la natura di quello precedente. Sembra che, posto che al I comma dell'articolo si sono già individuati una serie di parametri con i quali andiamo ad indicare i componenti esterni all'amministrazione regionale, l'ulteriore limitazione della possibilità di scelta da parte della Giunta all'ambito degli istituti pubblici di ricerca e di amministrazione di enti pubblici, ci sembra del tutto inopportuno nella misura in cui anche qui siamo di fronte alla necessità che la Giunta abbia la possibilità di valersi delle competenze professionali e scientifiche da qualunque parte vengano, in qualunque parte siano collocate sotto la responsabilità politica della Giunta che li individua.
Ritenere che questi 7 esperti devono pervenire da istituti pubblici di ricerca o da amministrazioni di enti pubblici, mentre possono essere benissimo o dei professionisti, oppure dei dipendenti di enti privati, mi sembra un tipo di limitazione che mettere in legge è fuori luogo.
Sarà la Giunta a valutare di volta in volta in termini di opportunità e concretezza.



FERRO Primo

Abbiamo alcune perplessità sull'emendamento Marchini, perch praticamente si allargherebbe la possibilità di reperire esperti in sedi che non sono più gli istituti pubblici o gli enti pubblici, quindi con dei grossi elementi di discrezionalità da parte della Giunta che francamente non mi sento di condividere.



CALSOLARO Corrado, Assessore allo smaltimento dei rifiuti

In questi tempi di interessi privati in atti di ufficio, se non sono enti pubblici, non li accetto.



GENOVESE Piero Arturo

Questo emendamento ci sembra accoglibile. Quanto meno si dovrebbe in subordine emendare il secondo comma dell'art. 11, perché ci sembra che la dizione uscita dalla Commissione e giunta in Aula, è estremamente rigida e vincola troppo la Giunta nella scelta degli esperti.
Se la soppressione può essere discutibile - ma noi ritenevamo che la discrezionalità della Giunta dovesse trovare contemperamento nella obiettività e nella ricerca di una scelta positiva - quanto meno si dovrebbe togliere la rigidità di scelta degli esperti che è totale e potrebbe creare dei problemi facendo venir meno per la Regione l'aiuto e il supporto di tecnici qualificati che non si trovassero nelle condizioni rigide dettate dal comma II dell'art. 11.



MONTEFALCHESI Corrado

Propongo di emendare il secondo comma aggiungendo dopo le parole "individuati dalla Giunta regionale", le parole "prioritariamente nell'ambito di istituti pubblici".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese per dichiarazione di voto.



GENOVESE Piero Arturo

Il nostro Gruppo è favorevole all'emendamento, dato che va nella direzione che avevo annunciato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

L'emendamento è mantenuto solo se è chiaro che non è una formula preclusiva di altre ipotesi, quindi lo ritiro.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento del Consigliere Montefalchesi il cui testo recita: al secondo comma, dopo le parole "Giunta regionale", aggiungere "prioritariamente".
Chi e favorevole è pregato di alzare la mano. E' approvato.
Pongo in votazione l'art. 11 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Art. 12 (Modificazione di leggi regionali) "La legge regionale 8 novembre 1974 n. 32, è abrogata.
La legge regionale 22 giugno 1979 n. 31 è così modificata: "a)l'art. 10 è abrogato b) l'art. 11 è sostituito dal seguente: 'L'autorizzazione si intende concessa se non è rifiutata entro sei mesi dalla data della presentazione della relativa domanda, fermo restando il potere dell'autorità competente di revocare l'autorizzazione 'ope legis' o di rilasciarla con le eventuali necessarie prescrizioni': c) l'art. 12 è abrogato d) al terzo comma dell'art. 13 le parole '50 quintali' sono sostituite da '40 quintali'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Art. 13 (Estensione della normativa della legge regionale 22 giugno 1979, n.
31) "Ferma restando la normativa di cui alla legge regionale 22 giugno 1979, n. 31, le operazioni di stoccaggio provvisorio in azienda dei rifiuti tossici e nocivi di cui all'art. 2, quinto comma, del DPR n. 915/1982 nonché la fase di trasporto in proprio dei rifiuti speciali non assimilabili agli urbani di cui all'art. 2, quarto comma, numeri 1, 2, 5 dello stesso DPR. devono essere autorizzate dal Presidente della Giunta provinciale.
Chiunque effettui una o più delle attività di smaltimento di cui al comma precedente, deve presentare domanda di autorizzazione all'autorità competente entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
La violazione delle norme di cui ai commi precedenti è punita con la sanzione amministrativa prevista dall'art. 14 della legge regionale 22 giugno 1979, n. 31".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 13 è approvato.
Art. 14 (Documenti per il trasporto dei rifiuti speciali e registri di carico e scarico) "La normativa di cui all'art. 18 del DPR n. 915/1982 relativa ai rifiuti tossici e nocivi, è estesa ai rifiuti speciali non assimilabili agli urbani di cui all'art. 2, quarto comma, numeri 1, 2, 5 dello stesso DPR.
La normativa di cui all'art. 19 del DPR n. 915/1982, relativa ai rifiuti tossici e nocivi, è estesa ai rifiuti speciali non assimilabili agli urbani di cui all'art. 2, quarto comma, numeri 1, 2, 5 dello stesso DPR. limitatamente alle fasi di ammasso e/o deposito per conto terzi trasporto per conto terzi, trattamento e discarica".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 14 è approvato.
Art. 15 (Norma finanziaria) "Per il finanziamento degli oneri relativi alla realizzazione e gestione del catasto di cui ai precedenti articoli 2 e 3 della presente legge, è autorizzata, per l'anno 1985, la spesa di Lire 500.000.000.
Agli oneri derivanti dall'applicazione del precedente comma si provvede mediante riduzione, di pari importo, del capitolo n. 12500 del bilancio per l'anno 1985 e l'istituzione, nello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario medesimo, del seguente capitolo: 'Spese per la realizzazione e gestione del catasto dei rifiuti e degli impianti di smaltimento' con lo stanziamento di lire 500.000.000 in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 15 è approvato.
Art. 16 (Norma finanziaria) "Per l'erogazione dei contributi per l'acquisizione dei siti di cui al precedente art. 6, nonché, per il concorso nelle spese sostenute dalle Province per l'esercizio delle funzioni delegate di cui al precedente art.
7, sono autorizzate, a decorrere dall'anno I 985, rispettivamente le spese di lire 300.000.000 e lire 400.000 000.
Agli oneri derivanti dall'applicazione del precedente comma, si provvede mediante riduzione per l'importo di lire 300,000.000 del capitolo 12600 del bilancio per l'anno 1985 e dell'importo di lire 400.000.000 del capitolo 12500 del bilancio per l'anno 1985 e l'istituzione nello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario medesimo dei seguenti capitoli: 'Contributi in capitale ai Comuni, alle Comunità Montane ed ai loro Consorzi per l'acquisizione dei siti idonei allo smaltimento dei rifiuti' con lo stanziamento di lire 300.000.000 in termini di competenza e di cassa.
'Concorso nelle spese sostenute dalle Province per l'esercizio delle funzioni delegate in materia di smaltimento dei rifiuti' con lo stanziamento di lire 400.000.000 in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 16 è approvato.
Art. 17 (Norma finanziaria) "Per il funzionamento del Comitato tecnico regionale di cui al precedente art. 11 è autorizzata, per l'anno 1985, la spesa di lire 60.000.000.
Agli oneri derivanti dall'applicazione del precedente comma si provvede mediante riduzione, di pari importo, del capitolo 12500 del bilancio 1985 e l'istituzione, nello stato di previsione della spesa del bilancio medesimo del seguente capitolo: 'Spese per il funzionamento del Comitato tecnico regionale per l'attuazione del DPR 10 settembre 1982, li. 915' con lo stanziamento di lire 60.000.000 in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 17 è approvato.
Art. 18 (Sanzioni) "Per i casi di violazione degli obblighi stabiliti dalla presente legge, qualora i medesimi ricadano nel regime sanzionatorio previsto dal DPR n. 915/1982, si fa rinvio alle disposizioni di cui al titolo V dello stesso DPR".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'art. 18 è approvato.
Procediamo alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 35 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Sono stati presentati due ordini del giorno inerenti la materia della legge che abbiamo appena votato e sarebbe opportuno votarli in questa sede.



GENOVESE Piero Arturo

Gli ordini del giorno non riguardano la stessa fattispecie, altrimenti non li avrei certamente firmati tutti e due.



PRESIDENTE

Certo. Pongo in votazione i due ordini del giorno relativi alla legge n. 436 appena approvata.
Il primo ordine del giorno è stato firmato dai Consiglieri Genovese Cadetto, Borando; il secondo dal Consigliere Montefalchesi, Reburdo, Ferro Genovese, Vetrino, Lombardi, Marchini.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la legge riguardante 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, in attuazione del DPR 10/9/1982 n. 915', la quale costituisce una prima positiva ma parziale risposta alle esigenze di applicazione del suddetto D.P.R. n. 915/1982 considerato che al fine di superare la possibile contraddizione tra esigenze di smaltimento dei rifiuti e tutela ambientale, una delle risposte strategiche va ricercata nell'adozione di adeguate misure tendenti al recupero e riciclo di materiali e prodotti riutilizzabili a tal fine il Consiglio regionale ritiene urgente l'adozione di norme che nell'ottica di una piena applicazione del DPR n. 915/82, favoriscano l'avvio di un processo volto alla selezione, recupero, trattamento e riciclo dei rifiuti invita la Giunta regionale a predisporre in tempi rapidi una normativa in grado di affrontare adeguatamente tale problematica".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
"Il Consiglio regionale del Piemonte in considerazione delle diverse fasi od operazioni di smaltimento rifiuti che sono subordinate ad autorizzazione ai sensi della L.R. 31/79 recante 'Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti in attuazione DPR 10/9/1982 n. 915', votata il 21/2/1985 impegna la Giunta a promuovere, tramite i competenti uffici, entro 90 giorni dall'entrata in vigore, della predetta legge regionale, la redazione e la pubblicazione di una tabella riassuntiva che comprenda, per ciascuna categoria di rifiuti ( urbani, speciali, speciali assimilabili agli urbani tossici o nocivi) e per ciascuna delle possibili fasi di smaltimento, la specificazione della necessità (o meno) di autorizzazione con l'indicazione nei casi affermativi, del tipo di autorizzazione richiesta, della legge di riferimento e dell'autorità competente a rilasciare l'autorizzazione.
Il Consiglio regionale del Piemonte ritiene infatti, che l'esigenza della conoscenza in materia sia evidente ed indifferibile per consentire la comprensione dei singoli casi da parte dei singoli produttori o smaltitoti di rifiuti, specie da parte delle aziende minori o non fruenti di consulenza associativa".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame deliberazione Giunta regionale n. 114-41325 relativa a: "Programma di localizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica agevolata. Legge 5/8/1978, n. 457, terzo e quarto progetto biennale. Individuazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e degli ambiti territoriali per le nuove costruzioni"


PRESIDENTE

Esame deliberazione Giunta regionale n. 114-41325 relativa a: "Programma di localizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica agevolata. Legge 5/8/1978, n. 457, terzo e quarto progetto biennale. Individuazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e degli ambiti territoriali per le nuove costruzioni" Il testo recita: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale del 19/2/1985 n. 114 41325 relativa a 'Programma di localizzazione degli interventi di edilizia pubblica residenziale agevolata. Legge 5/8/1978 n. 457, terzo e quarto progetto biennale. Individuazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e degli ambiti territoriali per le nuove costruzioni' sentita la competente Commissione consiliare delibera di approvare il programma di localizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica agevolata per il terzo e quarto biennio della legge 5/8/1978, n, 457, come risulta dalla relazione e dalle tabelle allegate che costituiscono parte integrante e sostanziale della presente deliberazione.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Esame progetto di legge n. 426: "Integrazione dei tickets sanitari per i cittadini della Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Esame progetto di legge n. 426: "Integrazione dei tickets sanitari per i cittadini della Regione Piemonte".
La parola al relatore Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio, relatore

La scelta compiuta dalla V Commissione su questa importante proposta di legge di iniziativa popolare è stata quella di valutarla innanzitutto dal punto di vista dei poteri regionali in materia. Al di là del merito e delle opinioni molto diversificate che i singoli gruppi politici possono avere sui tickets, era - non vi è dubbio - decisivo stabilire quale fosse l'effettivo spazio, in termini legislativi, che l'ente Regione avrebbe potuto rendere agibile, anche solo come tentativo minimamente credibile.
Dirimente è stato al riguardo il parere istituzionalmente pertinente dell'Ufficio Legislativo del nostro Consiglio regionale che così recita: "L'art. 1 della proposta di legge in oggetto tende a ridurre la partecipazione contributiva dei cittadini nelle prestazioni sanitarie rispetto alle quote fissate dalla legislazione statale circa il corso dei tickets sui farmaci e sulle indagini mediche di laboratorio.
E' evidente che una simile disposizione verrebbe a porsi in contrasto con la legislazione nazionale vigente in quanto si determinerebbe in misura diversa da quanto stabilito dalla legge dello Stato il costo che deve essere sostenuto dagli assistiti. Ma non sembra essere tanto questo il problema quanto piuttosto quello pregiudiziale circa l'effettiva possibilità delle Regioni ad emanare norme in materia.
La soluzione al quesito sembra possa essere ricercata nelle norme contenute nella legge 23 dicembre 1978 n. 833 'Istituzione del servizio sanitario nazionale' legge di principi e di procedure, nello ambito della quale le competenze statali e regionali vengono ben definite ed individuate.
Se nella parte generale la lettura degli artt. 6 (competenze dello Stato) e 7 (funzioni delegate alle Regioni) non aiuta a risolvere il caso nel titolo II della legge "Procedure di programmazione e di attuazione del servizio sanitario nazionale", l'art. 53 stabilisce che "Le disposizioni precettive relative al piano sanitario nazionale sono fissate, per la sua durata triennale, con legge dello Stato" e che tale piano "stabilisce, per il periodo della sua durata: ... f) le norme generali di erogazione delle prestazioni sanitarie nonché le fasi o le modalità della graduale unificazione delle stesse e del corrispondente adeguamento, salvo provvedimento di fiscalizzazione dei contributi assicurativi".
Più oltre l'art. 57 dispone, tra l'altro "Con decreti del Presidente della Repubblica..., anche in conformità a quanto previsto dalla lett. f) quarto comma dell'art. 53, si provvede a disciplinare l'adeguamento della partecipazione contributiva degli assistiti, nonché le modalità ed i tempi di tale partecipazione in funzione della soppressione delle strutture mutualistiche".
Alla luce delle disposizioni richiamate sembra quindi potersi escludere la competenza delle Regioni ad emanare norme in materia di partecipazione contributiva dei cittadini alle spese per le prestazioni sanitarie, essendo tale competenza riservata allo Stato.
Il Roversi-Monaco, nel suo commento alla legge 23 dicembre 1978 n. 833 così si esprime in proposito: "Posto il principio e la esigenza di eguaglianza, questo aspetto, che attiene esattamente alla determinazione del contenuto delle prestazioni, non costituisce materia di attribuzione regionale, ma trova svolgimento in appositi decreti del Presidente della Repubblica (art. 57, primo comma)...Ancora decreti del Presidente della Repubblica sono previsti per il terzo aspetto della lett. f) dell'art. 53 e cioè per l'adeguamento dei contributi assicurativi (art. 57, secondo comma). Da questo complesso di disposizioni discende che è proprio la legge di piano che costituisce la fonte che determinerà il quantum da un lato delle prestazioni, dall'altro delle contribuzioni.
Infatti mentre per l'erogazione l'art. 53 parla di "norme generali" che sono quindi destinate a costituire limite della potestà legislativa regionale, per gli altri due aspetti si prevede la statuizione di "fasi e modalità", ciò che non potrà non comportare norme, abbastanza precise e puntuali. Ne risulta allora che le fattispecie dalle quali deriveranno tanto il diritto alle prestazioni, quanto l'obbligazione contributiva saranno disciplinate proprio dalla legge di piano, mentre i decreti del Presidente della Repubblica avranno natura meramente dichiarativa limitandosi a svolgere e ad esplicitare ciò che tale legge dispone.
Esclusa quindi nella fattispecie la competenza regionale in materia di assistenza sanitaria, si potrebbe esaminare la validità della proposta di legge in esame sotto il profilo dell'assistenza sociale. Ma anche in questo campo occorre rilevare che il provvedimento, così come formulato, sarebbe viziato da un eccesso di potere in quanto diretto a tutti indistintamente i cittadini della Regione, anziché a determinate categorie bisognose dell'integrazione e con ben definiti presupposti (ad es. basse fasce di reddito), e risulterebbe illegittimo il sistema di copertura degli oneri in quanto la spesa è imputata a carico dei capitoli del fondo sanitario anziché di quelli relativi all'assistenza sociale.
Sembra pertanto che la via più praticabile per una proposta di legge avente le finalità di quella in esame sia, seppur con diversa formulazione quella della proposta di legge al Parlamento per una modifica della legislazione statale vigente.
Da ultimo si rileva la mancata quantificazione della spesa".
Come si evince dalla lettura testé svolta del testo del parere dell'Ufficio Legislativo della Regione Piemonte, risulta del tutto incontrovertibile la mancanza di competenza del Consiglio regionale a legiferare al riguardo. La proposta di legge di iniziativa popolare oggetto dell'odierno esame, non può quindi proseguire, in quanto tale oltre la soglia del pur fondamentale confronto politico in questa aula sui temi dalla stessa sollevati. Ed è a questo confronto politico che anche il relatore si rimette per ogni eventuale determinazione che il Consiglio regionale vorrà assumere al di là della sfera legislativa diretta augurandosi che l'attenzione alla presente iniziativa popolare non si esaurisca in una semplice e meccanica presa d'atto del non luogo a procedere Il merito del problema sollevato dai cittadini sottoscrittori richiede infatti una attenta considerazione e una risposta che, se non può essere di tipo squisitamente legislativo regionale, può invece esserlo di tipo politico, stante il rilievo delle norme statali relative alla compartecipazione da parte di cittadini delle spese del sistema sanitario nazionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Non intendo entrare nel merito della proposta che ho personalmente dall'inizio ritenuta improponibile, non formulabile e non accettabile.
Voglio sottolineare come si stia recitando in questo momento tra la giusta indifferenza del Consiglio il rito dell'inevitabile e dell'inutile.
Inevitabile perché le leggi regionali sono tali da rendere ammissibile la proposta di iniziativa popolare in oggetto ed a costringere l'Ufficio di Presidenza ad accogliere, a dichiarare accettabili ed ammissibili tutte le proposte che non rientrano nei gruppi classificati non ammissibili e accettabili dall'attuale legge che definisce le caratteristiche che debbono avere le proposte di iniziativa popolare. Inutile perché l'argomento alla prova definitiva si dimostra assolutamente non ammissibile per un'ulteriore discussione in aula, in quanto il Consiglio regionale non ha diritto e competenza sulla materia che è stata oggetto di sottoscrizione da parte di oltre 8000 cittadini e che è oggi alla nostra attenzione.
Acotto conclude con la rituale raccomandazione al Consiglio di esaminare nel merito politico, l'argomento che è stato sollevato. Ora, si può scegliere anche questa via. A mio avviso non sembra che sia la via più efficace nel momento in cui si sa che su una proposta di questo genere non si può andare avanti.
Riassumiamo ancora la storia di questa proposta: essa ebbe, in ordine alla sua ammissibilità, parere favorevole da parte dell'Ufficio di Presidenza che è l'istituto preposto al suo riconoscimento.
Il Consiglio regionale approvò, due mesi fa la legge che consentiva di erogare, com'è d'altronde previsto, una somma di 4 milioni ai promotori dell'iniziativa come rimborso delle spese sostenute per l'autenticazione delle 8000 firme richieste.
Il risultato dell'impegno degli organizzatori, ma soprattutto la conseguenza del prodotto che si è realizzato con l'esborso della Regione Piemonte, è stato la dichiarazione dell'Ufficio Legislativo e la dichiarazione della V Commissione, di impossibilità di procedere nell'iter della proposta per evidente contrasto della stessa con la normativa dello Stato a cui, nella materia, dobbiamo adeguarci.
In buona sostanza, 8000 persone sono andate a firmare, questa legge è stata presentata all'Ufficio di Presidenza, l'Ufficio di Presidenza ha ritenuto la proposta accettabile e ammissibile, la proposta è andata all'Ufficio Legislativo ed alla V Commissione i quali hanno detto che la proposta non poteva andare avanti.
Quest'oggi Acotto ha sancito e sanzionato l'impossibilità di procedere.
Pare dunque evidente che la legge che norma l'iniziativa popolare e degli enti locali e il referendum abrogativo mostra alcune imperfezioni che possono essere corrette con opportune iniziative legislative, al fine di evitare situazioni non facilmente comprensibili quale quella in cui ci troviamo ora.
Mi consentano dunque il Presidente ed i colleghi Consiglieri di sollecitare l'Ufficio di Presidenza e la Giunta affinché con l'opportuna collaborazione degli uffici legislativi, vengano predisposte le necessarie proposte di modifica alla legge 4 del 16 gennaio 1973 al fine di evitare equivoci ed inutili e impossibili aspettative. Credo sia legittimo da parte dei proponenti di iniziativa popolare, aspettarsi un dibattito nel merito dei singoli articoli della proposta dopo che la stessa è stata accettata dall'Ufficio di Presidenza; ma la cosa non può avvenire e credo sia dunque anche legittimo richiedere da parte dei Consiglieri e dei cittadini della Regione Piemonte che i soldi vengano spesi opportunamente (4 milioni) e non vengano buttati per pagare spese con una proposta di legge che ogni sbocco concreto impedito dalla legge dello Stato.
In queste cose anche noi dobbiamo essere seri.
Senza imputare responsabilità ad alcuno, dobbiamo vedere quando le leggi non funzionano e se del caso, prendere carta e penna ed assieme cercare di modificarle per evitare, ripeto, inutili equivoci, aspettative che non possono avere risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Di Gioia.



PRESIDENTE

DI GIOIA Vittorio



PRESIDENTE

Riteniamo importante la discussione sui contenuti posti alla nostra attenzione dall'iniziativa popolare promossa da Democrazia Proletaria ma indirizzata in modo del tutto inefficace all'Ente Regione.
Il Consiglio regionale del Piemonte ha infatti accertato l'impossibilità assoluta di legiferare a livello regionale su questa materia.
Il Gruppo P.C.I., scendendo nel merito della proposta, ribadisce la propria posizione contraria alla politica governativa dei tickets. Si tratta di una scelta infruttuosa dal punto di vista degli effetti moderatori a cui apparentemente tende, come dimostra l'andamento della spesa farmaceutica e per prestazioni diagnostiche dell'ultimo triennio.
Mancando in gran parte questo effetto, la politica dei tickets si traduce in una sorta di tassa sulla malattia nel senso della compartecipazione da parte del cittadino ammalato alla spesa sanitaria. Qui emerge l'aspetto più critico dei tickets come forma del tutto impropria ed iniqua di contribuzione dei cittadini rispetto ad un sistema in cui permangono rilevatiti sperequazioni. Basta osservare che un operaio o un impiegato dell'industria paga in termini di trattenute per il fondo sanitario nazionale, il doppio ed il triplo di quanto facciano gran parte delle categorie autonome con reddito medio-alto, ivi compresi gli imprenditori ed i liberi professionisti.
Ciò che si impone, dunque, è un giusto riequilibrio contributivo e non la continua estensione dei tickets che tra l'altro creano rilevanti disagi non solo economici ai cittadini bisognosi di prestazioni sanitarie.
Nel denunciare questa situazione e nel rinnovare il proprio impegno nel Paese e nel Parlamento per contrastare una tale politica governativa il P.C.I. si riserva di assumere ulteriori iniziative anche in rapporto al ruolo propositivo che può svolgere al riguardo una istituzione come la Regione.



GASTALDI Enrico

Concordando in parte con le osservazioni fatte dal collega Nerviani devo dire che non riesco a comprendere l'utilità di presentare in Consiglio questa proposta di legge di iniziativa popolare quando il parere legale la dichiara improponibile così come è stata formulata.
Innescare un dibattito politico sui tickets o su altri argomenti che si concluda con un inutile documento da inviare al Governo per modificare le leggi esistenti, non mi pare possa soddisfare né i proponenti della legge e non giustifica questa discussione.
D'altra parte l'argomento tickets era già stato trattato in questo Consiglio e l'ordine del giorno proposto ed inviato al Governo era stato seguito in sede nazionale da un inasprimento dei tickets stessi.
Il parere legale, però, fa notare una seconda considerazione: consiglia di presentare una legge che proponga il problema sotto l'aspetto assistenziale, identificando fasce di cittadini alle quali dare i contributi sui tickets. Mi chiedo se non sarebbe stato meglio consigliare ai proponenti il ritiro della proposta e la modifica in questo senso della loro legge.
La relazione non dice che questo sia stato fatto e il fatto che la legge iniziale sia proposta alla discussione di questo Consiglio sembra escluderlo.
Mi pare che sia meglio evitare questa discussione, invitare piuttosto i proponenti a modificare la loro legge nel senso consigliato dal parere legale.



PRESIDENTE

La discussione è chiusa. Per quanto riguarda i compiti della Presidenza, in base allo Statuto ed alla legge applicativa di questo articolo dello Statuto, abbiamo soltanto il compito di esaminare una proposta di legge di iniziativa popolare sotto il profilo della ricevibilità e della ammissibilità. Questa era una proposta di legge ineccepibile sotto il profilo della ricevibilità.
Per quanto riguarda l'ammissibilità sono escluse soltanto le leggi che si configurano come leggi di bilancio o di organizzazione degli uffici.
Non è stato considerato invece il merito del testo di proposta di legge di iniziativa popolare. Pertanto per quanto riguardava le competenze ed i compiti dell'Ufficio di Presidenza, non altro poteva essere fatto, che accogliere la proposta di legge e trasmetterla alla Commissione competente.
Mi pare che la discussione, anche se molto limitata, abbia prodotto un effetto. I Consiglieri intervenuti hanno dato un suggerimento per un altro tipo di iniziativa, quella cioé della modifica del testo, o di una istanza presso il Parlamento.
In base all'esito della discussione occorre applicare l'art. 77 del Regolamento e formulare un ordine del giorno di non passaggio agli articoli.
L'ordine del giorno è stato presentato dai consiglieri Acotto Nerviani, Martinetti, Gastaldi e Ferrari e ora ve ne do lettura.
"Il Consiglio regionale del Piemonte in sede di esame della proposta di legge di iniziativa popolare n. 426 'Integrazione dei tickets sanitari per i cittadini della Regione Piemonte' sentito il parere espresso dalla V Commissione consiliare permanente, che si allega al presente ordine del giorno dopo la discussione generale, che si riporta in allegato delibera il non passaggio agli articoli della proposta di legge n. 426, ai sensi dell'art. 77 del Regolamento interno del Consiglio regionale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
Comunico che il Consiglio sarà convocato per il giorno 28 febbraio e 7 marzo prossimi.
La seduta è tolta.
(La seduta ha termine alle ore 18,05)



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