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Dettaglio seduta n.303 del 24/01/85 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Commemorazioni

Scomparsa del Prof. Federico Angelino, primario di cardiologia alle Molinette di Torino


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Colleghi, prima di passare al punto decimo all'ordine del giorno, vi voglio dare comunicazione di un l'Uno avvenuto questa mattina: è morto il prof. Angelino. Primario dell'ospedale civile di Santa Croce e poi primario a Torino. E' stato Presidente dell'associazione nazionale di cardiologia e Presidente dell'associazione di informatica medica. A nome di tutto il Consiglio ho inviato un telegramma alla famiglia per il lutto che colpisce il Piemonte. Questa non è una commemorazione, è una notizia che dò soltanto ai colleghi in modo che sappiano che abbiamo perso in questo momento un uomo di primissimo valore nel campo medico.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Determinazioni nei confronti dei Consiglieri regionali Simonelli e Testa ai sensi degli articoli 3 e 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154


PRESIDENTE

Dobbiamo ora affrontare il punto decimo dell'ordine del giorno che reca: "Determinazioni nei confronti dei Consiglieri regionali Simonelli e Testa ai sensi degli articoli 3 e 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154".
In merito il Consiglio regionale, con deliberazioni in data 13/12/1984 aveva contestato, ai sensi dell'art. 7 della legge 23 aprile 1981 n. 154 ai Consiglieri Claudio Simonelli e Gianluigi Testa che si era verificata una delle condizioni previste dall'art. 3 della legge predetta come causa di incompatibilità e aveva stabilito di assegnare ai predetti Consiglieri il termine di 10 giorni dalla data di notificazione della deliberazione per formulare le osservazioni o per eliminare le cause di incompatibilità.
Entro il termine prescritto i Consiglieri Simonelli e Testa hanno fatto pervenire le loro osservazioni, di cui tutti i Consiglieri hanno ricevuto copia.
Al fine di esaminare e valutare le osservazioni formulate dai due Consiglieri interessati, si è ritenuto di acquisire il parere di un giurista affinché il Consiglio regionale possa procedere ad assumere le ulteriori decisioni di sua competenza, avendo approfondito gli aspetti squisitamente giuridici della questione.
Ritengo pertanto di esporre ai Consiglieri tali aspetti e le ipotesi di determinazioni consiliari che ne derivano.
1) Le determinazioni del Consiglio regionale non possono prescindere dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, n.
4 della legge 154/1981, secondo cui "non può ricoprire la carica di Consigliere regionale ..., colui che ha lite pendente, in quanto parte in procedimento civile od amministrativo .., con la Regione".
L'imprescindibilità e, più precisamente, la necessità per il Consiglio di prendere posizione in proposito con un'adeguata motivazione della "deliberazione definitiva" circa la sussistenza della causa di incompatibilità (art. 7, sesto comma, legge 154/1981), discende non solo e non tanto dall'ordinanza 8 settembre 1983 n. 675, della Corte di Cassazione, I sezione civile che ha rimesso alla Corte Costituzionale una questione di legittimità costituzionale in larga parte coincidente con quella sopra indicata, quanto, e soprattutto, dalla circostanza che quest'ultima questione è stata esplicitamente posta dalle "osservazioni" presentate dai due Consiglieri a seguito della contestazione consiliare.
Sorge pertanto per l'organo decidente Mi dovere, di natura giuridica e non semplicemente politica, di tener conto del punto di vista delle parti del procedimento contenzioso in atto e, allo scopo di individuare le possibili e più opportune soluzioni per l'organo stesso, conviene preliminarmente esporre il problema di legittimità costituzionale nei suoi termini essenziali così enunciato: contrastano con la Costituzione, e specialmente con gli artt. 51, per cui "tutti i cittadini .., possono accedere alle cariche elettive in condizioni d'eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge" e 3, che implica, tra l'altro, il divieto di irragionevoli differenziazioni e, più in generale, di irragionevolezze nella disciplina legislativa, gli artt. 3, secondo comma, n. 4, 6 e 7 della legge 154/1981 i quali, mentre configurano come causa di incompatibilità con la carica di Consigliere di ente territoriale 1"avere lite pendente in quanto parte in procedimento civile od amministrativo" con l'ente medesimo, non prevedono per le liti la cui rimozione non dipende unicamente dalla volontà del Consigliere, ed in specie per la derivante dalla costituzione di parte civile dell'ente di appartenenza nel processo penale a carico del primo alcun strumento atto a consentire al Consigliere interessato l'eliminazione della situazione originante l'incompatibilità prima che quest'ultima diventi operativa? La questione può essere meglio compresa alla luce di ulteriori osservazioni.
In primo luogo, l'impossibilità che il Consigliere imputato di rimuovere la lite insorgente a seguito della costituzione di parte civile nel processo penale deriva in molti casi e precisamente in quelli, quali quello qui considerato, in cui la parte civile costituendosi, non quantifica la propria richiesta di essere risarcita dalla mancanza di una determinazione anche presuntiva del danno a cui il Consigliere stesso possa far riferimento per provocare la revoca di detta costituzione. In altri termini, il Consigliere imputato non è formalmente messo in grado non che di soddisfare, neppure di valutare se soddisfare la pretesa risarcitoria dell'ente di appartenenza, anche perché questo potrebbe non solo non volere quantificare, ma neppure essere in grado di effettuare una ponderata quantificazione.
In secondo luogo, occorre sottolineare che nel sistema della legge 154/1981, tutte le cause di incompatibilità e di ineleggibilità, ad eccezione di quelle qui discusse, sia che trovi interessi tra l'eletto e l'ente territoriale, sia che riflettano altre esigenze, sono in qualche modo rimuovibili dal soggetto interessato: e, mentre per le cause di ineleggibilità preesistenti alle elezioni la rimozione deve avvenire prima di queste, per le cause di ineleggibilità sopravvenute e per le cause di incompatibilità sia originarie che sopravvenute, la rimozione è possibile dopo la convalida delle elezioni. Comunque, tanto immanente al sistema suddetto, è la rimovibilità della causa ostativa all'esercizio dell'elettorato passivo da parte dell'eletto, che il procedimento previsto per la declaratoria dell'incompatibilità e della conseguente decadenza comprende una fase in cui l'eletto viene formalmente invitato ad effettuare la rimozione.
Pertanto, l'incompatibilità da lite pendenta a seguito di costituzione di parte civile nel processo penale si rivela effettivamente un unicum nel sistema legislativo.
Tale peculiarità di disciplina pare da mettere in relazione alla circostanza che il conflitto di interesse considerato dalla legge come causa di incompatibilità, e cioé la lite suddetta, deriva in linea diretta a differenza dei conflitti sottesi alle altre cause di incompatibilità, da scelte non imputabili al Consigliere "incompatibile".
Sulla base di siffatte premesse la questione di legittimità costituzionale delle citate disposizioni legislative in rapporto agli artt.
51 e 3 Cost., risolvendosi secondo un modello assai ricorrente nella questione della "ragionevolezza" delle limitazioni apportate dalla legge ordinaria ad un valore costituzionale, si articola nei seguenti problemi: a) la suddetta fonte del conflitto di interessi giustifica in termini di "ragionevolezza" una restrizione così consistente al diritto di elettorato passivo quale è una previsione di incompatibilità? b) ammesso il fondamento logico dell'incompatibilità in sé, la specifica disciplina di questa, in quanto non consente all'eletto di influire sulla permanenza della lite, risulta ragionevolmente rispettosa del diritto stesso? Occorre prendere posizione, sia pure in linea di larga massima, sui due quesiti per poter ricavare le indicazioni operative.
Quanto al primo, l'idoneità, della derivazione del conflitto dalla scelta di un soggetto diverso dal Consigliere a sorreggere una previsione di incompatibilità, potrebbe sembrare negata dallo stesso legislatore della legge 154/1981, là dove esso esclude (in quanto non menziona: art. 3 secondo comma, n. 4) la lite da processo penale dal novero delle liti fonti di incompatibilità. Tuttavia, mentre il trattamento riservato a tale lite è più plausibilmente spiegabile con il fatto che l'illecito penale pone il relativo autore in conflitto non tanto con l'ente territoriale, quanto con l'ordine giuridico generale, la riconduzione dell'incompatibilità del Consigliere ad una lite instaurata da altro soggetto (oltre che come si dirà. ad un successivo comportamento omissivo del Consigliere stesso) è prevista dal medesimo legislatore con riguardo all'amministratore o impiegato dichiarato con sentenza responsabile verso l'ente di appartenenza per fatti compiuti in tali posizioni a seguito di azione giudiziaria (davanti alla Corte dei Conti o al giudice ordinario) dell'ente medesimo.
D'altro canto, e principalmente, i temperamenti introdotti pretoriamente dalla giurisprudenza all'incompatibilità da lite pendente al principale fine di evitare arbitri di maggioranze poco scrupolose nei confronti di esponenti di minoranza nei consigli degli enti territoriali segnatamente, l'esclusione dell'incompatibilità in oggetto se la lite è artificiosa o vessatoria sembrano sufficiente antidoto alle potenzialità negative inerenti alla predetta fonte soggettiva del conflitto.
Quanto al secondo quesito, esso si sostanzia nella domanda se l'esclusione di ogni possibilità dell'eletto di influire sulla permanenza della lite da costituzione di parte civile nel processo penale, sia necessitata da qualche ragione apprezzabile, ovvero possa essere eliminata o mitigata senza alcun pregiudizio di valori costituzionali. In questa prospettiva pare difficile negare che il legislatore non potesse configurare come si legge nella citata ordinanza della Corte di Cassazione "nei casi in cui la dismissione (per rinunzia o transazione) della lite pendente non derivi esclusivamente dalla volontà di una delle parti, un meccanismo procedimentale che consenta l'incontro della volontà dell'attore e del convenuto o che, quanto meno, valga per la formale evidenziazione delle condizioni di disponibilità delle parti all'eliminazione della lite medesima".
Invero, si sarebbe, tentati di dire che, con riguardo alla già richiamata fattispecie della lite per danni cagionati dall'amministratore all'ente di appartenenza, è la stessa legge 154/1981 (art. 3, secondo comma, n. 5) ad ipotizzare una diversa soluzione ben più rispettosa della volontà dell'eletto, là dove condiziona l'esistenza dell'incompatibilità non solo alla condanna dell'amministratore con sentenza passata in giudicato, ma anche alla mancata estinzione del debito accertato in sentenza da parte dell'amministratore stesso.
Tuttavia, l'argomento risulta opinabile, perché è, dubbio se siffatta disposizione, relativamente alle specie di lite da essa considerate escluda l'applicabilità della disposizione in discussione (art. 3, secondo comma, n. 4) ovvero concorra con questa, limitandosi a disciplinare una lite non più processuale, ma ormai solo sostanziale per l'intervenuta formazione della cosa giudicata.
Comunque, si può con sicurezza ammettere la possibilità di prevedere legislativamente per la lite conseguente alla costituzione di parte civile e, più in generale, all'azione giudiziaria dell'ente territoriale forme di necessario "interpello" di quest'ultimo circa l' entità della pretesa risarcitoria così da consentire al Consigliere una propria valutazione sull'opportunità di ristorare immediatamente il danno; o anche si pu ritenere legittima, relativamente alla medesima lite, la previsione legislativa della possibilità della prestazione di garanzie da parte del Consigliere all'ente di appartenenza sul tipo di quelle, come la cauzione inerenti al processo contabile.
D'altro lato, si deve escludere che l'irrilevanza della volontà del Consigliere ai fini dell'estinzione della litispendenza processuale sia un portato necessario od anche solo accettabile sotto un profilo di ragionevolezza, della connessione della lite civile con il processo penale.
Invero, sembra illogico che la natura penale del supposto, illecito del Consigliere debba comportare delle conseguenze particolarmente pregiudizievoli per la durata in carica del Consigliere stesso, tramite la lite civilistica collegata al giudizio penale e non già direttamente tramite quest'ultimo (solo il passaggio in giudicato della sentenza penale determina, in linea normale, l'esecuzione delle pene, principali ed accessorie, ai sensi dell'art. 205 c.p.p. e per altro verso la sospensione giudiziaria provvisoria dai pubblici uffici non si applica, a norma dell'art. 124 della legge 689/1981, agli "uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare"). In conclusione, la questione di legittimità costituzionale presenta un solido fondamento, e ciò si desume anche dalle tendenze legislative e giurisprudenziali in atto. Da un lato come in parte si è già detto la legge 154/1981 amplia il campo delle incompatibilità a spese del preesistente campo delle ineleggibilità, assumendo quale caratteristica soprattutto (ma non solo) della prima figura la rimuovibilità del conflitto di interessi da parte dell'eletto; cosicch pare contraddittorio includere nella categoria dell'incompatibilità una certa fattispecie, prima pertinente al settore dell'ineleggibilità (art. 15 n. 6 DPR 570/1960), negando peraltro ad alcune specificazioni di essa l'applicabilità della caratteristica generale della categoria di riferimento.
Da un altro lato, la giurisprudenza della Corte Costituzionale, a partire, quanto meno, dalla sentenza 129/1975, e con recentissime riconferme (sentenza 171/1984), ha dato al precetto dell'art. 51, primo comma Cost., la massima estensione applicativa (tra le varie pronunce merita di essere qui ricordata, per attinenza di materia, la sentenza 45/1977 con cui l'art. 15 n. 6 DPR 570/1960 è stato dichiarato illegittimo nella parte in cui considerava ineleggibili coloro che, avendo lite giudiziaria pendente con l'ente territoriale, avessero rinunciato al giudizio prima della convalida delle elezioni). Infine, è significativa la citata ordinanza di rimessione della Corte di Cassazione che ha sollevato il problema trattato sia pure nell' ambito di una questione parzialmente diversa (la Corte di Cassazione si è interrogata sulla conciliabilità tra il procedimento di decadenza del Consigliere previsto dagli artt. 6 e 7 della legge 154/1981, che consente formalmente all'eletto la rimozione della causa di incompatibilità, ed il giudizio per la decadenza stessa instaurato con azione popolare ai sensi dell'art. 9 bis del DPR 570/1960 che non fa cenno alla possibilità di una tale rimozione).
2) Il Consiglio regionale, di fronte ad una legge fortemente sospetta di illegittimità costituzionale, può scegliere, con vario fondamento giuridico, diverse strade, raggruppabili intorno alle due principali dell'applicazione e della disapplicazione della legge stessa.
Nella prospettiva dell'applicazione, il Consiglio deve innanzitutto optare tra un'applicazione nel senso costituzionalmente censurabile e un'applicazione in tendenziale adeguamento alla Costituzione.
A) Scegliendo la prima strada, il Consiglio potrà pervenire alla declaratoria della causa di incompatibilità e, successivamente, della decadenza dei Consiglieri sopra indicati. A ciò esso non è certamente impedito dall'ordinanza con cui la Cassazione ha rimesso la questione di illegittimità, essendo questo atto privo di efficacia propriamente obbligante nei confronti non solo della pubblica amministrazione, ma anche di tutti gli altri organi giudiziari. Nella stessa direzione il Consiglio può essere stimolato dalla circostanza che la disposizione di cui all'art.
3 n. 4 della legge 154/1981 è stata, fino a tempi assai recenti interpretata ed applicata, per il vero con relativa scarsità di approfondimenti, nel senso dell'insorgenza della causa di incompatibilità a seguito della costituzione di parte civile dell'ente nel processo penale a carico dell' eletto (Cass. Sez. I, 9 aprile 1982, n. 2211). Infine, gli scrupoli garantistici nei confronti dei Consiglieri destinatari della declaratoria di incompatibilità, possono essere, almeno parzialmente soddisfatti dalla considerazione che contro tale declaratoria i Consiglieri stessi sono in grado di ricorrere al giudice civile (art. 7, sei timo comma, della legge 154/1981 ), al fine di conseguirne l'annullamento e la reintegrazione nella carica (art. 19, della legge 108/1968, che rinvia agli arti. 1, 2, 3, 4 e 5 della legge 1147/1966).
B) Viceversa, ricercando un adeguamento della legge suppostamente incostituzionale al senso come sopra ricostruito dei principi della Costituzione, il Consiglio regionale potrà teoricamente pervenire ai due opposti risultati dell'affermazione e della negazione della causa di incompatibilità.
B1) La prima soluzione è quella caldeggiata dai Consiglieri destinatari della "contestazione" nelle "osservazioni" da essi inoltrate al Consiglio.
Tuttavia, la tesi generale ivi sostenuta, secondo cui la lite da costituzione di parte civile non rientrerebbe nella fattispecie, delineata dall'art. 3 n. 4 della legge 154/1981, della "lite pendente. in procedimento civile od amministrativo. con la regione" e perciò non genererebbe incompatibilità, non è sorretta da argomenti condivisibili n comunque è accettabile.
In particolare, non sembra che tale tesi possa fondarsi sull'asserita inapplicabilità della procedura prevista dall'ari. 7 della legge 154/1981 e in specie della fase di questa nella quale il Consigliere deve essere invitato esplicitamente alla rimozione del conflitto. Infatti, un simile invito non solo può comunque essere rivolto ai due Consiglieri del Consiglio, ma, se rivolto, non risulta meramente rituale, potendo i Consiglieri stessi attivarsi per ottenere dalla Regione, parte nel giudizio, una quantificazione dell'asserito danno.
Ne più convincente è l'argomento che l'azione civile in sede penale non essendo espressamente menzionata dalla legge 154/1981, non pu configurarsi come fattispecie di incompatibilità, in forza del divieto di interpretazioni estensive vigenti nella materia.
Si può infatti obiettare che l'espressione "procedimento civile" è comprensiva del giudizio conseguente a siffatta azione, comunemente ritenuto di tipo civile, anche se accessorio a un giudizio penale (n l'espressione "procedimento civile" potrebbe, se non con nominalismi poco credibili, essere interpretata nel senso di "processo disciplinato dal codice di procedura civile" come la perfetta fungibilità tra l'esercizio dell'azione per risarcimento dei danni da reato in sede penale e l'esercizio della stessa azione in sede civile dimostra).
Neppure prova molto il richiamo per analogia al diverso regime delineate) dall'art. 3 n. 5 della legge 154/1981, perché come già si è detto si ritiene da parte di molti che siffatto regime, relativamente ai giudizi di responsabilità civile degli amministratori verso l'ente, non escluda l'applicabilità dell'art. 3 n. 4 della stessa legge alla fase del giudizio antecedente la formazione del giudicato.
(Per completezza, e per attrazione di materia, conviene dire a questo punto che non convince nemmeno l'ulteriore tesi sostenuta dai suddetti Consiglieri, secondo la quale nel caso concreto la costituzione di parte civile della Giunta regionale non determinerebbe alcuna incompatibilità a loro carico. Invero, l'affermata applicabilità dell'esimente prevista dall'art. 3 ultimo capoverso della legge 154/1981, per cui l'incompatibilità da lite pendente non è riferibile agli amministratori "per fatto connesso con l'esercizio del mandato", deve essere negata alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la connessione tra fatto generatore della lite e mandato nel caso che il fatto derivi da un fine strettamente personale dell' agente e, in quanto tale estraneo all'amministrazione.
Né la circostanza che il fatto imputato sia riconducibile all'attività di Assessore anziché di Consigliere, fa venir meno il conflitto rilevante legislativamente, poiché questo ha come parti il Consigliere e l'ente, non gia l'organo di appartenenza, Da ultimo, quanto alla pretesa carenza di lite attuale per il mancato riferimento della deliberazione della Giunta regionale concernente la costituzione di parte civile a danni subiti dalla Regione, si osserva che l'allegazione del danno subito è presente in tale atto, difettando soltanto la relativa quantificazione; ma questa pu legittimamente avvenire più tardi al momento della presentazione delle conclusioni di parte civile).
B2) Sempre nel tentativo di un'interpretazione della legge 154/1981 in adeguamento alla Costituzione, il Consiglio regionale potrebbe cercare di far venir meno in concreto il portato costituzionalmente più censurabile della disciplina legislativa, e cioè l'impossibilità della rimozione della lite da parte dei Consiglieri a causa della mancata quantificazione del danno, sollecitando la Giunta regionale alla quantificazione stessa. A prescindere dai complicati problemi politici e personali che un tale orientamento comporterebbe, la censura giuridica più consistente, anche se non decisiva, al riguardo consiste nel sottolineare come, così facendo, il Consiglio regionale verrebbe a svolgere un ruolo che più propriamente compete ai Consiglieri interessati.
Di fronte ai profili di incostituzionalità della previsione legislativa configurante la specifica incompatibilità in esame, il Consiglio regionale potrebbe altresì scegliere la diversa strada della disapplicazione della previsione stessa.
A) E' da escludere tuttavia che la disapplicazione possa essere fatta attraverso la rimessione della pertinente questione di costituzionalità alla Corte Costituzionale. A parte il rilievo che attraverso la rimessione e la conseguente sospensione del procedimento non si avrebbe disapplicazione in senso tecnico, e neppure applicazione, della normativa suddetta, manca il presupposto richiesto per tali atti dall'art. 23 della legge costituzionale 87/1953, e cioè la ravvisabilità dell'aspetto giurisdizione o nel Consiglio o nell'attività da questo svolta ai sensi dell'art. 7 della legge 154/1981.
Il punto non richiede particolare motivazione, essendo esso ormai pacifico in giurisprudenza a seguito dell'estensione alle Regioni a statuto ordinario della pertinente legislazione relativa alle elezioni dei minori enti territoriali (Corte Cass. Sez. Un., 5 luglio 1981 n. 2084).
B) La disapplicazione potrebbe invece essere operata dal Consiglio regionale in quanto autorità, legislativa-amministrativa.
Si tocca così il controverso problema dell'efficacia della legge incostituzionale prima della dichiarazione di incostituzionalità variamente risolto nella dottrina giuridica. Invero, a favore della possibilità della disapplicazione dell'atto legislativo contrastante con la Costituzione si sono schierati sia giuristi di orientamento "antistatale" sensibili alla tematica del "diritto di resistenza" agli arbitri del potere, sia giuristi particolarmente attenti alla valorizzazione di uno "stato di diritto" avente nella Costituzione, e non più nella legge ordinaria, l'istanza suprema di legalità (quali Sandulli). In senso contrario si sono invece collocati giuristi (quali Crisafulli) più legati al principio del primato parlamentare (e membri della tradizione liberale che limitava l'istituto della disapplicazione all'atto amministrativo riservandone l'uso al giudice ordinario).
In verità, a parte gli aspetti ideologici del problema, si può dire che una disapplicazione della legge ritenuta incostituzionale pu (legittimamente) avvenire a rischio e pericolo di chi la opera; il soggetto tratto in giudizio per non aver dato esecuzione ad una legge creduta incostituzionale, sarà liberato da ogni responsabilità a seguito dell'accoglimento della questione di legittimità da parte della Corte Costituzionale.
Ciò è più concordemente ritenuto per il privato che non per la pubblica amministrazione, avendo questa, in quanto potere esecutivo, il compito non di tutelare il diritto oggettivo, ma di curare gli interessi pubblici che le leggi le affidano. Si osserva, peraltro, che la pubblica amministrazione, potendo essere chiamata a rispondere di comportamenti posti in essere in attuazione di leggi illegittime, deve poter liberamente assumere i propri rischi e pericoli.
Rispetto alla tematica generale della disapplicazione della legge da parte della pubblica amministrazione, il problema della disapplicazione di leggi in materia di incompatibilità da parte di un Consiglio regionale presenta aspetti particolari che vanno segnalati. In primo luogo, non deve essere dimenticata la garanzia apprestata dalla Costituzione (art, 122) ai Consiglieri regionali, per cui questi non possono essere chiamati a rispondere delle loro funzioni (di guisa che l'eventuale disapplicazione non potrebbe dar adito ad alcun procedimento penale a loro carico).
In secondo luogo, l'autonomia regionale fa sì che il Consiglio regionale non si trovi nei riguardi della legge statale e del Parlamento nella stessa posizione di responsabilità e di subalternità in cui si trova l'amministrazione diretta dello Stato-Ente.
In terzo luogo, tale posizione è accentuata dall'attinenza della legge in oggetto allo status dei Consiglieri regionali e, perciò, ad una questione se non "interna" (nel senso degli interna corporis) al Consiglio regionale, certo rilevante soprattutto per quest'ultimo.
Esistono perciò le condizioni giuridiche perché il Consiglio regionale se ritiene affetta da illegittimità costituzionale la particolare disposizione, ne rifiuti l'applicazione. Occorre solo precisare che assumendosi il rischio di tale disapplicazione in termini di responsabilità politica, il Consiglio regionale dovrebbe farvi luogo solo se convinto dell'illegittimità costituzionale o, per lo meno, fortemente dubbioso della legittimità costituzionale (e non semplicemente se reputasse, al pari del giudice che opera la rimessione alla Corte, la "non manifesta infondatezza" della relativa questione).
C) Ove peraltro il Consiglio regionale non volesse effettuare una disapplicazione "pura" e, al tempo stesso, non intendesse rinunciare al massimo rispetto per le garanzie costituzionali dell'elettorato passivo dei propri Consiglieri, esso potrebbe ricorrere ad una soluzione "mista" ispirandosi alla disposizione di legge (art. 19 L. 108/1968 e disposizioni ivi richiamate), che consente a qualsiasi elettore della Regione (oltre che al Commissario del Governo) l'esperimento dell'azione popolare davanti al Tribunale Civile per fare dichiarare la decadenza di Consiglieri. Potrebbe cioè il Consiglio soprassedere alla conclusione del procedimento di decadenza, affidando ai suoi esponenti il compito sostanziale di investire il Tribunale stesso del problema di legittimità costituzionale tramite un'azione popolare.
Un siffatto comportamento consiliare potrebbe certo apparire incoerente, se fosse valutato sotto un profilo formale. Invero, da un lato il Consiglio rinuncerebbe a dichiarare la decadenza dei Consiglieri come pure potrebbe fare; dall'altro, si attiverebbe per far dichiarare la decadenza stessa da parte di un'altra autorità. Da un lato, l'azione popolare così avviata avrebbe natura "procuratoria" essendo esercitata per conto del Consiglio; da un altro lato, presenterebbe natura "correttiva" nei riguardi di una deliberazione negativa, o comunque di un atto, dello stesso Consiglio.
Nella sostanza, peraltro, la contraddizione non sussisterebbe. In verità, ricorrerebbe l' evenienza che un'assemblea perplessa in ordine alla determinazione del più corretto equilibrio tra l'interesse dell'ente e le garanzie dei suoi componenti, demanderebbe ad un organo neutrale la soluzione del problema. In relazione a tale scelta, occorre tuttavia ponderare l'individuazione dei soggetti incaricati dell'esercizio dell'azione popolare alla luce delle disposizioni che attribuiscono la titolarità di questa agli "elettori della Regione" (si tratta probabilmente di scegliere tra il Presidente ed i capigruppo in quanto elettori).
D'altro canto, sempre in relazione a tale scelta, impedimenti non sorgono dalla previsione legislativa di termini per le varie fasi del procedimento. L'ordinatorietà di questi pare ricavabile da vari indici quali: la carenza di una espressa statuizione di perentorietà; la possibilità che sia il procedimento consiliare sia l'azione popolare siano avviati in ogni tempo; l'inesistenza di una deliberazione e perci dell'esigenza di garantire l'inoppugnabilità dell'atto amministrativo l'analogia del procedimento in esame con il procedimento disciplinare del pubblico impiego nel quale i termini assegnati dalla legge all'amministrazione hanno pacificamente natura ordinatoria; la preminenza dell'interesse pubblico sull'interesse privato nella materia elettorale.
E sulla base di queste considerazioni di ordine giuridico, il Consiglio è ora chiamato a pronunciarsi. Proprio perché le valutazioni non sono nel merito di una vicenda, ma attengono gli aspetti formali e procedurali il dibattito come per altro è emerso nel corso della discussione in sede di conferenza dei Presidenti si svolgerà in seduta pubblica. E' evidente che qualora, nel corso del dibattito venissero sollevate questioni riguardanti persone, ai sensi dell'art. 44 ultimo comma del regolamento, la seduta pubblica sarà sospesa ed il dibattito proseguir à in seduta segreta.
A questo punto ritengo che i colleghi Consiglieri possano intervenire sulla relazione dell'Ufficio di Presidenza che testé ho letto.
Chiede la parola il Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Prendo la parola consapevole delle responsabilità del Gruppo socialista. I pareri del giurista sono diversi e dopo averli letti più volte mi rendo sempre più conto che in materia giuridica le interpretazioni possono essere a favore e contrarie.
Prima di esprimere un giudizio naturalmente a tutela del cittadino eletto, bisogna ponderare la scelta e le indicazioni dell'assemblea.
L'indeterminatezza stessa della legge 154 e un giudizio della Corte di Cassazione ci devono fare riflettere prima di votare la incompatibilità tenendo conto di un fatto che più volte l'ho verificato nell'ambito della Giunta delle elezioni. Un conto è la ineleggibilità quando vi è un contenzioso fra l'eletto e l'ente e un conto è quando insorgono successivamente problemi di incompatibilità. Ci troviamo di fronte alla decisione presa dalla Giunta che si è costituita parte civile, è la valutazione della Magistratura se esistono ragioni penali nei confronti dei due Consiglieri. Non possiamo anticipare una sentenza metteremo la magistratura di fronte ad un pronunciamento. D'altra parte il Consiglio regionale è un potere politico che deve esprimere giudizi che attengono strettamente alla spesa politica.
Alle pagine 9, 10 e 11 l'esperto esprime dei dubbi sulle decisioni da prendere.
Vorrei ascoltare l'opinione dei colleghi per esprimere poi anche la mia.
Non esiste un problema di maggioranza, ma un problema di natura giuridica.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi pare innanzitutto innegabile che le questioni sulle quali oggi siamo chiamati a decidere hanno sullo sfondo uno scenario politico e giudiziario ed è altrettanto innegabile che questa assemblea, che è essenzialmente, anzi esclusivamente politica, svolger i nel decidere sulle questioni poste all'ordine del giorno una funzione quasi giudiziale in quanto dovrà interpretare delle norme giuridiche vigenti, quelle della legge 151 del 1981 e dovrà interpretarle ed applicarle. Quindi c'è convergenza oggi in quest'aula politica e di diritto la cui convivenza se non impossibile è estremamente difficile. Fatta questa doverosa e necessaria premessa e, ai fini di comprendere quello che è il seguito di questo mio intervento, preciso innanzitutto che l'intervento che vado ad esporre ami un contenuto esclusivamente giuridico-istituzionale, riservando eventualmente e se del caso al prosieguo del dibattito un ulteriore intervento del nostro Gruppo sotto l'aspetto politico ove ciò si rendesse necessario.
Va innanzitutto brevissimamente ricordato, ai fini di inquadrare quanto detto dal Presidente nella sua precisa, motivata e diffusa relazione , che la legge statale 151 dell'81 prevede una determinata procedura ai fini di decidere sulle incompatibilità sopravvenute in capo ai suoi componenti. E' una procedura che costituisce un complesso di atti dovuti.
Il primo atto dovuto dall'Ufficio di Presidenza è stato quello di convocare questa assemblea per il 13/12/84 e inserire nell'ordine del giorno le determinazioni da prendere nei confronti dei due Consiglieri sospetti di incompatibilità. Quindi sappiamo che al 31/12/1984 c'è stata una delibera di contestazione delle incompatibilità. Successivamente secondo atto processuale, l'esercizio del diritto di difesa previsto dalla legge dell'81 da parte dei due colleghi Consiglieri che hanno presentato le loro controdeduzioni. Infine, terzo atto odierno, quello della decisione definitiva sulla incompatibilità o non incompatibilità. Ora abbiamo seguito attentamente la relazione del Presidente che ha riferito circa le possibili soluzioni giuridico-costituzionali e giuridico-istituzionali dell'intera vicenda. Abbiamo letto attentamente le controdeduzioni degli interessati ed attraverso questi due atti emerge di tutta evidenza che la norma che prevede l'incompatibilità di quei Consiglieri, che abbiano lite pendente con la Regione, come è il nostro caso, in conseguenza di costituzione e di parte civile, è pesantemente e notevolmente sospettata di incostituzionalità. E' inutile che mi dilunghi per dimostrare perché è pesantemente sospettata di incostituzionalità questa normativa dalla quale noi oggi dobbiamo trarre i nostri elementi di giudizio, è sufficiente rimandare a quella ordinanza 8.9.1983 della Corte di Cassazione la quale ha ritenuto essere sospetta di incostituzionalità quella norma della legge 151 del 1981 nelle parti in cui non prevede le concrete modalità di rimozione nella causa di incompatibilità elettorale per lite pendente ove tale rimozione non dipenda unicamente dalla volontà dell'eletto, ma anche dalle determinazioni di terzi.
In buona sostanza, il caso che si presenta oggi al nostro esame perch la rimozione della causa di incompatibilità, non è certo rimovibile costituzione di parte civile nel processo penale pendente, non è certo rimovibile, con la volontà pura e semplice dei Consiglieri sospettati di incompatibilità, come invece sono rimovibili tutte le altre ipotesi di incompatibilità.
Ritengo che se il Consiglio regionale fosse nell'esercizio di questa funzione giudice, cioè se svolgesse funzioni giurisdizionali come riteneva una volta la Corte di Cassazione, di non potere avere dubbi al di là di ogni valutazione politica nel suggerire, nel prorogare l'opportunità, anzi la necessità di rimettere l'intera questione al giudizio della Corte Costituzionale, così come ha fatto la Corte di Cassazione nei riguardi di un caso perfettamente identico. Ma sappiamo che attraverso questo ce lo ha detto il Presidente il supporto del parere di esperti (basterebbe sfogliare le decisioni 'della Corte Costituzionale in materia) che il Consiglio regionale in questa funzione svolge una funzione sostanzialmente amministrativa che può pur portare ad una decadenza del diritto di elettorato passivo, ma non svolge funzione giurisdizionale.
Allora quali sono le strade imboccabili? Emerge già fra le righe della relazione che le strade imboccabili potrebbero essere quella di dire: di fronte a questo problema notevole, serio, rilevante di dovere applicare nei confronti dei Consiglieri sospetti di incompatibilità una norma che a sua volta è sospetta di incostituzionalità, il Consiglio regionale la disapplica. Questa è una tesi che è sostenuta da autorevole dottrina, a mio avviso molto futurista, che ha contro di sé un argomento testuale e che è il seguente: che ogni legge dello Stato, quindi anche la legge 151 del 1981, si conclude con questa affermazione: "La presente legge munita del sigillo di Stato sarà, inserita nella raccolta delle leggi. E' fatto obbligo a chiunque spetti, di osservarla e di farla, Osservare come legge dello Stato".
Quindi, sostenere la tesi della disapplicazione, allorquando si sia convinti della incostituzionalità, come noi possiamo anche essere convinti ed io a titolo personale sono convito, del sospetto di incostituzionalità non mi sento quindi di proporre, di suggerire o di caldeggiare l'opinione di disapplicarla perché è fatto obbligo a chiunque di osservare la legge e di farla osservare. E' l'affermazione dell'imperio dello Stato allorquando attraverso i due rami del Parlamento, formula ed emana una legge. Quindi una legge, fino a quando non sia abrogata dal Parlamento, fino a quando la Corte Costituzionale non l'abbia dichiarata illegittima, incostituzionale è vigente, quindi noi dobbiamo applicarla.
Penso che non sia percorribile neppure quell'altra soluzione, che mi pare adombrata fra le possibili nella relazione del Presidente, di una sospensione della nostra decisione e del demandare al Presidente del Consiglio l'esperimento dell'azione popolare, in sostanza si tratta di trasferire sulla Magistratura competente, in base ad una norma sempre del contenzioso elettorale, la responsabilità di decidere. Indubbiamente è una via ingegnosa ma che non penso possa essere seguita, perché ha come premessa una sospensione del giudizio. Sospensione che mi pare vietata proprio dal tenore letterale della legge 15I del 1981 che, fino a quando non sia stata dichiarata incostituzionale o fino a quando non sia stata abrogata dal Parlamento, siamo tenuti ad osservare. Penso proprio che il Consiglio regionale non possa correre il rischio di non osservarla.
Se nell'osservazione deve provvedere, appunto ai sensi dell'art. 7 di questa normativa che innesta la procedura di incompatibilità e decidendo decide definitivamente a mio avviso e sotto il profilo strettamente giuridico e non politico, mi pare che, se la legge dice che dopo la contestazione avvenuta il 13/12, dopo le controdeduzioni, il Consiglio regionale decide definitivamente il provvedimento amministrativo sospensivo, non riesco a comprendere come possa essere di contenuto decisorio.
Quindi la nostra espressione nel corso di questo primo intervento, con riserva di ulteriore intervento perfezionativo sotto il profilo strettamente giuridico, è che oggi non abbiamo l'obbligo giuridico l'obbligo istituzionale di decidere definitivamente su questa vicenda applicando il vigente articolo 7 della legge 151 del 1981 con tutti i conseguenti provvedimenti e le conseguenti provvidenze.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, non nascondo una certa difficoltà a prendere la parola perché, si voglia o no, in questo momento il Consiglio regionale è chiamato ad esprimere un parere che è pur sempre un giudizio e, dare giudizi di questo tipo, richiede innanzitutto il richiamo al ruolo che ogni Consigliere regionale ricopre in quest'aula, che è un ruolo di rappresentanza istituzionale, che è un ruolo legislativo, che è un ruolo politico e, in questo momento, un ruolo giudiziale, come ha detto Majorino.
E devo dire che questo ruolo mi sta malissimo.
Appare forse difficile tra l'altro scindere questa funzione variegata che ha il Consigliere regionale, appare difficile perché il fascino della politica da una parte, fascino o paradosso 'dipende da come la si vive la politica, riesce a far assumere connotazioni, riflessi, risvolti politici e dunque problematici a tutto.
Il collega Gastaldi ed io riteniamo che questa questione debba avere una sua inquadratura tutta giuridica, i fatti politici che vi sono innegabilmente annessi li abbiamo valutati a suo tempo, li valutiamo, li valuteremo nelle sedi e nei momenti politici idonei. D'altra parte poco fa il Presidente nella sua relazione ci ha detto che il fatto che la seduta sia pubblica definisce il carattere del dibattito perché le valutazioni non sono nel merito dei fatti e della vicenda, che peraltro in altra sede sta avendo i suoi accertamenti, ma attengono agli aspetti formali e procedurali. Evidentemente nella nostra valutazione tutta giuridica ci è di conforto la relazione del Presidente del Consiglio, anche se la stessa per quanto diffusa, circostanziata, approfondita, molto responsabile, non ha finora risolto la nostra perplessità in ordine alla determinazione del più corretto equilibrio tra l'interesse dell'ente e la garanzia dei suoi componenti.
E' questo, colleghi, secondo noi il vero nodo ed è questo il motivo per cui le soluzioni possono essere differenti e diverse anche se il Consiglio dovrà pur scegliere alla fine, e in questo ha ragione Majorino, ed ottemperare secondo la norma della Legge 154 del 1981. Qualcuno ha obiettato già adesso, e comunque nel lungo dibattito che ha preceduto questo momento, che demandare ad un organo neutrale la soluzione del problema può apparire piratesco. Certo, sarebbe auspicabile avere sempre le idee molto chiare, poter tranciare con un coltello netto dove sta il bene dove sta il male, dove sta il giusto e dove sta l'ingiusto, ma le deduzioni degli interessati e la stessa relazione del Presidente ci pongono dei dubbi giuridici pesanti e io credo che tenere conto di questi dubbi non è piratesco, ma semmai l'affermazione di una responsabilità di chi non ricerca in se stesso e ad ogni costo la verità e la soluzione, ma, utilizza anche la titolarità di altri oltre al Consiglio regionale affinché altri possa decidere.
Allo stato degli atti e dei fatti di fronte ad una deliberazione della Giunta che ha notoriamente aspetti cautelativi, almeno ritengo anche se fino a questo momento né la delibera della Giunta, né la relazione che l'ha supportata è stata portata all'attenzione dei Consiglieri, si constata l'impossibilità dei Consiglieri che sono oggetto del dibattito di oggi, a 'rimuovere la lite insorta a seguito della costituzione di parte civile nel processo penale, non avendo potuto la Regione quantificare il presunto danno e dunque, ove il Consiglio ritenga sussistente la causa di incompatibilità, il Consigliere pur invitato non potrà rimuoverla, secondo quanto previsto dalla norma dell'art. 7 della legge 154.
Nell'esprimere il loro voto segreto i Consiglieri del Partito Repubblicano avranno ben presente tutti questi atti e questi fatti. Siamo sensibili all'appunto, anche in questo momento Majorino ha voluto far risaltare che una legge presunta incostituzionale è pur sempre efficace fino alla dichiarazione di incostituzionalità, anche se ingiusta, ma siamo parimenti sensibili alla caratterizzazione di questo caso come unicum nel sistema legislativo, il che ci pone ancor di più ad essere e a valutare responsabilmente e prudentemente, affinché i nostri giudizi rispecchino appunto questa responsabilità e questa prudenza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Io ritengo di dovermi esprimere su delle proposte, che evidentemente non possono che essere tratte dalla relazione che il Presidente ha fatto.
Quindi chiedo che queste proposte vengano presentate, poi mi esprimerò.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se fossi l'unico Consigliere del Gruppo liberale concluderei con l'argomento sollevato dal collega Montefalchesi. Posto però, che, per leggerezza della Presidenza, si è lasciato aprire il dibattito, una forza politica non può esprimersi.
Mi pare una leggerezza imperdonabile quella che si sia lasciato aprire un dibattito mentre siamo in una sede in cui il dibattito non ha ragione di essere. Siamo in una sede in cui si vota, si decide, nessun giurato di qualunque Corte dibatte su quello che vanno a decidere. E le cose sulle quali si decide sono delle ipotesi di risoluzione, di deliberazione che non sono ancora a nostre mani. Richiamo la Presidenza ad un maggiore rispetto del lavoro che i Consiglieri fanno nelle stanze buie di questo palazzo per garantire il massimo di decenza di questa istituzione.
Se poi questo lavoro che viene fatto nel momento cruciale di espressione pubblica viene vanificato dalla voglia di suonare i campanelli questi sono i risultati. Io avevo chiesto di soprassedere all'inizio della seduta fin quando non fosse pronto il carteggio sul quale i colleghi devono decidere, la relazione del Presidente e le proposte di deliberazione predisposte dall'ufficio di Presidenza sottoscritte dai membri dell'Ufficio di Presidenza. A questo punto dovremmo esprimere una indicazione di massima sulla valutazione che faranno i Consiglieri del nostro Gruppo, fermo restando che comunque è una questione di coscienza e che ognuno risolve nel segreto dell'urna.
Così non essendo, il dibattito si impone, E naturalmente nel dibattito bisognerà dire cose non gradevoli. In primo luogo oggi non facciamo un dibattito politico perché lo rinviamo nella sede opportuna che se manterremo i nostri impegni, è aperta il 5 febbraio, in cui, posto che una forza politica protagonista della vita della Regione ha dato sulle vicende di cui ci stiamo occupando, un giudizio politico, dovrà difendere questa sua impostazione in questa sede e assumere le responsabilità. Non è un giudizio sulle coscienze e sulle persone. Non è certamente un giudizio sulle cose che qualcuno ha fatto, perché qui discutiamo su una fattispecie giuridica. Ma è un giudizio sulle coscienze. I ragionamenti che sono stati già introdotti dai colleghi peraltro lasciano al fondo del nostro percorso che noi riteniamo vada percorso fino in fondo, quello del massimo garantismo, comunque un buco nero. Permarrà una assemblea, una istituzione all'interno della quale ci sono persone che hanno un conflitto di interessi aperti rispetto all'istituzione. Questo è comunque il buco nero che rimarrà al fondo della nostra decisione. Quando i ragionamenti che stiamo facendo verranno risolti dalla Corte Costituzionale, con il richiamo a che una interpretazione della legge comporta delle conseguenze che violano il dettato istituzionale, comporterà l'introduzione di una nuova fattispecie probabilmente la sospensione del Consigliere. E' certo che l'istituzione non può essere condizionata nelle sue decisioni da Consiglieri che rispetto alle decisioni dell'amministrazione hanno interessi in contrasto. In questa vicenda potremmo farci prendere dalla frenesia punitiva o comunque dei lava cri sacrali con cui si mondano tutte le colpe degli altri ed anche le nostre, perché anche su queste cose chi è senza peccato scagli la prima pietra.
E' invece dovere dei Consiglieri quali parlamentari, rappresentanti del popolo, di farsi carico del travaglio che su questo problema la collettività sta vivendo. Il rinvio alla Corte Costituzionale è il travaglio che ha la coscienza civile del nostro paese su questo problema e noi non possiamo non farcene interpreti. Noi siamo i rappresentanti politici del popolo, ma i giudici sono coloro ai quali la Costituzione e la cultura occidentale attribuisce la rappresentanza popolare in ordine ad una funzione che è una delle articolazioni della sovranità, quindi è un travaglio che è dell'opinione pubblica, che è della cultura politica e della cultura giuridica del nostro Paese quella che stiamo affrontando. In questo senso non sono d'accordo con Majorino a ritenere che siamo soggetti alla legge, perché abbiamo anche il dovere di non estraniarci rispetto ad un processo che è della Collettività nel suo complesso, rispetto al quale le diverse articolazioni, giurisdizionale, politica e legislativa, non devono rimanere indifferenti. Noto per esempio che è indifferente e vacante grossolanamente il potere legislativo il quale, dopo questo rinvio avrebbe potuto introdurre qualche novella e risolvere il problema. Penso per esempio, che un nostro comportamento coraggioso sarà nella logica del sistema di un paese fondato sulle autonomie, nella misura in cui un nostro comportamento non sia semplicemente l'acquisizione di un dettato legislativo, ma un concorso ad un processo di riflessione, possa probabilmente accelerare un processo di natura legislativa che sarebbe bene che una volta tanto uscisse dalla testa dei legislatori, quali interpreti di questo travaglio della scultura giuridica e morale, prima che il custode della norma lo faccia presente. Ogni cittadino e il Parlamento nazionale sono custodi della Costituzione, esattamente come il Presidente della Repubblica, esattamente come la Corte Costituzionale.
Non capisco proprio perché su questo problema non si avvii una revisione legislativa posto che questo problema è stato sollevato al più alto livello della giurisdizione ordinaria, la corte di Cassazione. Noi quindi temiamo di essere a favore della relazione della Presidenza. In altri termini qui si viola il diritto di coloro che hanno la sovranità popolare, cioé gli elettori. L'elettore attivo ha diritto a non essere turbato nell'esercizio della sua sovranità attraverso i propri rappresentanti fin quando non intervengono fatti che nella fisiologia dei processi sono rappresentati solo dalla fine della legislatura, più o meno traumatica, e non dovrebbe su questo intervenire alcun fatto esterno.
Democrazia significa essere molto attenti a che fatti esterni possano mettere in discussione le decisioni dell'elettorato cioé del soggetto portatore della sovranità popolare.
Badiamo bene che la possibilità dei parlamenti, quindi anche del nostro, di svolgere il proprio ruolo si misura anche sulla capacità di resistere nel riconoscere i depositari di questo potere. Ho detto in un Consiglio comunale poco tempo fa, che la classe politica deve essere cosciente che è depositaria della sovranità popolare, quindi deve fare uscire da questa sede un messaggio di ordine politico-istituzionale e cio che la classe politica svolge il suo ruolo fino in fondo e non viene condizionata da comportamenti e da vicende esterne. Questa è una certezza.
Il mandato elettorale deve essere difeso fin quando non sopravvengono fatti assolutamente definiti non soggetti ad alcun tipo di sospetto. Se invece interferiscono sul meccanismo della democrazia fatti per qualche misura non ancora maturi, perché in questa vicenda, è maturata la fattispecie della lite pendente intesa non in termini formali ma in termini sostanziali.
Questa secondo me è la linea che mi separa da altri colleghi.
Oggettivamente la lite pendente può essere intesa in termini formali cioè l'apertura di un procedimento, la lite pendente dal punto di vista anche morale c'è qualora siano emersi contrasti di interessi oggettivi.
Questo è emerso, quindi restano dubbi forti che si possa mettere in discussione la legittimità del mandato che i nostri colleghi hanno ricevuto ma soprattutto il mandato che qualcuno ha attuato.
Il Gruppo liberale è orientato ad allinearsi su proposte di deliberazioni che ci auguriamo l'Ufficio di Presidenza voglia sottoporci che riaffermino e non decidano di affermare il principio che il mandato popolare può venire meno, se non di fronte a fatti che non siano soggetti ad alcun dubbio di legittimità.costituzionale, cioè del rispetto dei valori fondamentali della nostra società. Fin quando avremo il dubbio che un'azione che andiamo ad intraprendere, violi il rispetto della Costituzione, abbiamo l'impressione di dover fare il nostro dovere e non applicare questa norma. Che poi la non applicazione Significhi il rinvio noi diciamo che per noi è una non applicazione. Il rispetto della Costituzionale lo si può concretare, attraverso una serie di comportamenti diversi. E' il bene primario che ci sembra debba orientarci nell'assumere le nostre decisioni. Mi rendo conto che questo intervento è più lungo del previsto e più corto del voluto e mi rammarico che attraverso una regia non corretta di questa vicenda esca da quest'aula, quello che io mi auguro sarà un atto di grande coraggio politico e civile dal quale però io mi aspetto da alcuni amici che stimo, atti conseguenti ed altrettanto spessore civile è politico.
Nell'assumere questa responsabilità mi auguro che altri colleghi assumino responsabilità di eguale spessore, di altra sede, di altra natura.
Altrimenti ci sentiremmo messi in discussione rispetto alla fondatezza delle nostre riflessioni. Il mio timore è che con questo dibattito improvvisato, un atto di grande valore politico, civile, di cultura giuridica esca all'esterne attraverso la resocontazione di una seduta che certamente non è degna e pari rispetto all'atto che compiamo. La storia, la cronaca di domani, i commentatori della settimana prossima leggeranno queste cose e probabilmente avranno difficoltà a capire il rapporto tra le argomentazioni così deboli, come sono quelle che sto esponendo, e un atto che invece ritengo di grandissimo significato e che sono convinto che l'opinione pubblica apprezzerà per tale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Io non posso accettare la prima parte di ciò che ha detto, mentre mi trovo consenziente con il resto.
Ha la parola il Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Questa riunione del Consiglio regionale è importante e ci vede partecipare al dibattito con una certa sofferenza, pensosi sulle decisioni che andiamo ad assumere. Tuttavia poiché in ogni occasione si deve assolvere al proprio ruolo, anche quando la scelta è difficile e complessa dobbiamo avere la capacità di decidere.
Siamo in presenza di una questione meramente giuridica a monte della quale però vi sono questioni politiche. Il dibattito è previsto per il 5 febbraio, in quella sede sani consentito alle forze politiche di prendere posizione.
I fatti del 2 marzo sono maturati in un clima di gestione amministrativa e politica delle Giunte di sinistra, egemonizzate dal Partito Comunista ed in quel clima si sono verificati. Non possiamo concordare con l' analisi di Bocca su "Repubblica", concordiamo sulla conclusione e cioè che nella nostra città ed in Piemonte purtroppo esiste un clima di commistione fra politica e gestione degli affari, ma non possiamo concordare né sull'origine del fenomeno né sulla sua valenza, n sulle responsabilità relative. Le responsabilità politiche di quello che è avvenuto ci sono. Quando scoppiò lo scandalo che coinvolse alcuni colleghi noi non fummo tra quelli che chiesero prioritariamente le dimissioni dei Consiglieri regionali implicati. Ci fu da più parti questa richiesta; i Consiglieri comunali democristiani di Torino ritennero nella loro autonomia di dimettersi, il collega Revelli in quest'aula fece altrettanto. Di fronte alla richiesta che gli altri seguissero analoga via, assumendo eguale comportamento, noi fummo cauti e prudenti perché siamo un partito garantista e siamo molto attenti alle questioni dell'elettorato passivo a cui Marchini ha fatto riferimento.
Però non possiamo dimenticare che c'e stato successivamente, un fatto nuovo: la costituzione di parte civile da parte della Giunta regionale e la determinazione della lite pendente che è derivata. La costituzione di parte civile è un atto di governo. Era difficile pensare che questo atto non avesse delle conseguenze particolari. E' stata una decisione del governo una decisione della maggioranza e dobbiamo dire che non c'è stata data la documentazione di supporto necessaria per questa decisione. Noi siamo qui ad esprimerci, è vero, sull'aspetto specifico della litis pendenza, ma non conosciamo a fondo le ragioni che sono nella perizia che il Presidente della Giunta ha chiesto e che malgrado le nostre richieste non ci ha consegnato.
Quindi non possiamo entrare nel merito della costituzione di parte civile ed esaminiamo soltanto gli aspetti giuridici conseguenti a quella decisione.
Per questo e non per speculazioni politiche, noi ci saremmo attesi dalle componenti di maggioranza, da chi ha le responsabilità di governo una presa di posizione più chiara, più netta sul problema, quindi sulla natura cautelativa della parte civile e di conseguenza un atteggiamento preciso in ordine ai dubbi di costituzionalità, suffragato anche da una presa di posizione delle forze che hanno responsabilità, nel bene e nel male, dei fatti che si sono verificati.
Lo abbiamo richiesto ripetutamente, ci è stato risposto che si tratta di fatto meramente giuridico e che quindi le decisioni attengono alla responsabilità dei singoli Gruppi (dirò poi che attengono a responsabilità dei singoli Consiglieri).
Nell'ufficio di Presidenza e nel corso delle conferenze informali dei Capigruppo, abbiamo dato il nostro contributo a che venissero portate in Consiglio regionale due proposte tali da consentire ai Consiglieri una scelta libera. Riconosciamo che ci sono dei dubbi giuridici sulla costituzionalità della norma, e sono persuaso che non è problema di poco conto. Peraltro noi riteniamo che se è giusto porre il dubbio, dal dubbio non debba necessariamente dipendere una scelta che comporti una decisione collettiva di soprassedere a qualunque determinazione. In questo senso ci orientiamo. E' corretto porre il dubbio sulla costituzionalità della norma e avanzare una proposta conseguente: non è coretto trarre da ci conseguenze nette, precise, impegnative per tutti. Noi siamo favorevoli a che vengano poste in votazione secondo l'ordine che ha indicato la Presidenza, le due deliberazioni e ci comporteremo ciascuno secondo coscienza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Dal nostro punto di vista credo vada ricordato che non si sarebbe forse dovuto arrivare a questo punto ed a questa discussione che sappiamo essere complessa e difficile. Noi abbiamo da sempre, in certi momenti, voglio ricordarlo, anche soli ed isolati, sostenuto che per un amministratore pubblico, per un uomo politico, l'apertura di un procedimento penale di rilievo poneva la, questione politica dell'incompatibilità della presenza all'interno delle istituzioni.
Dopo il 2 marzo chiedemmo allora le dimissioni degli inquisiti, lo voglio qui ricordare, senza iattanza, con rispetto degli altri, ma anche del tutto convinti di questo. Lo abbiamo sostenuto, il nostro compagno Revelli lo ha fatto, ha operato in questo senso ed ancora ben prima che ci fosse il rinvio a giudizio, una decisione la sua che è stata chiara e netta, che è stata sua ed in sintonia certo con orientamenti e posizioni del Partito. Si badi bene, e chiedo scusa se ritorno un momento su questo perché è un aspetto che va ricordato, non mettemmo neanche allora in conflitto questa posizione né con principio sacrosanto ed è sempre da ribadire che nessuno è colpevole fino alla sentenza che lo dichiari tale e' neanche sul piano più generale con le cosiddette regole di garanzia, non infatti in gioco erano queste due questioni, ma un'altra, una sostanziale una questione di opportunità politica che nessun'ombra e confusione impedisse a chicchessia di svolgere all'interno .delle istituzioni il proprio mandato.
E' per questo che adesso io ricordo e mi pare giusto che si sarebbe potuto fare a meno di arrivare qui se i colleghi Testa e Simonelli avessero dato le dimissioni come altri anche qui hanno fatto.
Ci rendiamo conto peraltro non è del tutto proprio, forse, riproporre tali questioni oggi, allora aveva davvero in modo molto meno sospetto senso, oggi siamo nel ben mezzo, speriamo verso la fine, ma certo del dibattimento penale, e tanto meno oggi questo argomento forse opportuno nel momento in cui abbiamo in esame una questione, come abbiamo udito dalla relazione del Presidente che è quella della percorribilità costituzionale di una norma. Pur tuttavia ci sia permesso, visto che si parla di queste cose alcuni hanno anche ripreso questi argomenti ribadire oggi quello che è a nostro avviso una perdurante incompatibilità politica della presenza dei due Consiglieri, pendendo questa vicenda penale, ed una incompatibilità politica su cui continuiamo oggi a richiamare l'attenzione e la riflessione sempre con molto rispetto, sempre senza assoluta iattanza degli stessi Consiglieri, affinché assumano o possano assumere una posizione conseguente che io dico oggi potrebbe essere tanto più forte nel momento in cui nessun alibi potrebbe essere da nessuno usato, che l'istituzione che gli altri Consiglieri abbiano usato del diritto delle regole istituzionali pendendo un sospetto così pesante presso la Corte Costituzionale, per una forzatura di qualsiasi tipo.
Ho voluto ricordare questo perché giustamente la collega Vetrino all'inizio del suo intervento ha richiamato uno sfondo politico, ma anche il merito di una questione a cui siamo chiamati. Voglio cercare di chiarirla: nelle discussioni che abbiamo fatto in questi giorni con i colleghi e nella discussione che abbiamo fatto con i nostri compagni, più volte abbiamo cercato di trarre fuori ed è questa: ci è del tutto chiaro che se dall'apertura di questo, di qualsiasi procedimento penale, derivano le questioni di inopportunità e incompatibilità politica, è del tutto chiaro anche che solo dalla costituzione di parte civile può derivare quella fattispecie di incompatibilità giuridica che sola può produrre la decadenza. Ora, sulla norma è aperta dalla Corte di Cassazione una questione di costituzionalità. Qui perfino chi sulla soluzione prospettata nella relazione esprime dei dubbi giuridici di procedibilità ricordava che la cosa più naturale, chiara e normale, in una situazione del genere sarebbe stata o sarebbe se ci fosse permesso, quella di adire la Corte Costituzionale. In questo senso la proposta contenuta nella relazione che è stata tradotta adesso in delibera, di rinviare ad un soggetto certo competente, unico competente, a valutare in maniera non appellabile comunque non da noi, le connessioni tra il caso concreto e la questione di costituzionalità mi appare un tentativo serio di riportare nell'alveo della questione il problema.
Vorrei anche ricordare a questo proposito che una decisione di questo tipo davvero mette in condizioni (riprendo qui un argomento che Marchini ha usato) di dare la maggior forza possibile ad un'istituzione che non sia e non si faccia sfiorare dai dubbi, mentre invece c'è una nettezza di posizioni politiche, quelle che per esempio da parte nostra io ho espresso da dubbi che in particolare in certi momenti si possa arrivare a forme diciamo artificiose e surrettizie di decisione sulle regole fondamentali del gioco democratico. Questo è uno dei punti. Noi come Partito Comunista siamo convinti di questi ragionamenti, siamo, per la premessa che ho fatto anche però fortemente preoccupati che da tutte le parti in qualsiasi momento e da qualsiasi soggetto, questo tipo di ragionamento possa essere sostenuto e possa portare a comportamenti coerenti.
Ci verranno adesso presentate le delibere, io l'ho vista qui, non l'ho ancora letta, se n'e peraltro parlato, all'interno del nostro Gruppo la discussione è stata esattamente del tipo che io ho rappresentato. E' chiaro però che il voto segreto che andiamo a dare per noi non è un modo per leggere un'incertezza di orientamento; noi crediamo che i punti che rendano possibile essere compresi, intanto tra noi, comprenderci tra noi, compresi all'esterno, siano la chiarezza della distinzione di due piani ed anche la chiarezza di assunzioni di posizione su tutti e due i piani. Pertanto questa soluzione verrà esaminata così come è stata esaminata e valutata con molta attenzione. Credo che sia questo uno dei terreni su cui le forze politiche avrebbero potuto (non so se devo usare il condizionale passato) sfuggire alle ricorrenti tentazioni di schieramento e di collocazione. C'è in gioco da un lato una questione del nostro ordinamento, dei dubbi che la Costituzione pone, la strada che seguiamo assolutamente inedita anche perché casi del genere non ne abbiamo avuti, è una strada che a nostro avviso, se confortata dalla chiarezza della posizione sul punto politica percorribile.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a questo punto, tirato per i capelli, intervengo in questa fase, ma avrei preferito intervenire dopo l'illustrazione delle due delibere. Debbo dire che fin dal momento in cui è esploso lo scandalo del 2 marzo, il sottoscritto a nome dell'ex Gruppo del PDUP sostenne che i Consiglieri coinvolti in quella vicenda presentassero le dimissioni, perché ritengo che nel momento in cui sorgono anche soltanto dei dubbi circa l'esistenza di elementi di conflittualità fra il Consigliere e l'istituzione, in quel momento il rapporto deve essere scisso, al fine di non coinvolgere le istituzioni in questioni che possono ledere la dignità e la trasparenza.
Credo che ciò debba essere messo in conto per il bene superiore delle istituzioni, della loro trasparenza e della loro salvaguardia. Ci troviamo in un momento estremamente delicato. Siamo in pendenza di un processo penale, della sua evoluzione. Gli echi che arrivano non sempre fanno trasparire lo sforzo da parte dei soggetti coinvolti, per tutelare la salvaguardia e la dignità delle istituzioni. Ritengo che quei colleghi abbiano il dovere politico di presentare le dimissioni. Questo è il mio giudizio politico. Ci troviamo di fronte al dubbio di costituzionalità della legge 154, dubbio che non deriva soltanto dalla nostra valutazione ma che sono espressi dalla Corte di Cassazione la quale ha investito del problema la Corte Costituzionale. E' una questione seria, e credo che la risposta verrà dal segreto dell'urna, però credo che debba essere fatto ogni sforzo affinché la soluzione abbia il massimo di coerenza con l'esigenza di salvaguardare le istituzioni e di rispettare la Costituzione.
In mancanza di una ipotesi di piena applicazione della legge ed in mancanza di un atto autonomo dei due colleghi, non ritengo che il Consiglio regionale e questa legislatura, possano porre la parola fine a questa vicenda, e questo avverrà appunto se si sceglie la strada della sospensione e quindi di invitare la Magistratura ordinaria di avviare la causa di incompatibilità che è una scelta pur sempre dignitosa da considerare. Se questa è la scelta che oggi faremo propongo fin d'ora che, a questi colleghi non venga assegnato alcun ruolo istituzionale all' interno del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Grazie al collega ritengo di poter dichiarare chiuso questo nostro dibattito. Prego, collega Simonelli, pregherei intanto di distribuire le schede.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, colleghi, non credo che sarebbe di alcuna utilità e neanche di buon gusto che il collega Testa ed io intervenissimo a spiegare motivi e ragioni dei nostri comportamenti, e quindi facciamo grazia al Consiglio, non senza avere ringraziato tutti coloro che sono intervenuti per la sobrietà e la serietà ed anche per il rispetto umano degli interventi che si sono fatti.
Ho preso la parola soltanto per comunicare che il collega Testa ed io non intendiamo avvalerci della possibilità di partecipare al voto che pure ci sarebbe consentita in base alla norma, essendo noi portatori dell'interesse pubblico al rispetto del mandato elettorale e quindi annunciamo di ritirarci dall'aula e di non partecipare al voto.



(I Consiglieri Simonelli e Testa escono dall'aula)



PRESIDENTE

Leggo la prima deliberazione.
Prego, collega Moretti.



MORETTI Michele

Signor Presidente, nel mio precedente intervento mi ero riservato di esprimere sulle proposte la mia posizione politica.



PRESIDENTE

Ormai siamo in fase di votazione.



MARCHINI Sergio

Scusi Presidente, ritengo che le dichiarazioni di voto vadano fatte.



PRESIDENTE

Bene. Ha la parola il Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Chiedo scusa alla Presidenza, ma il mio intervento era limitato alle interpretazioni espresse nella relazione. La posizione del mio Gruppo è favorevole alla prima delibera, quella che invita il Presidente del Consiglio regionale, ad avviare l'esperimento dell'azione popolare. E' una ragione strettamente giuridica ed è una posizione corretta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Il nostro non è un atto sospensivo ché rinvia a qualcuno un qualche cosa, ma è un atto che chiede di percorrere tutte le strade percorribili per ottenere che su questa specifica questione si pronunci la Corte Costituzionale. Posto che ho la parola e posto che sono stato tra i primi a porre un problema di coscienza nei confronti di colleghi che stimo e di cui ammiro l'intelligenza, dico che non vorrei che la nostra posizione fosse confusa con quella di altri colleghi. Noi riteniamo che da questo momento non ci siano più condizioni che giustifichino sul piano né processuale e penale, né politico, una resistenza dei colleghi ad un certo atto che in passato era giustificata. Non solo era giustificata, ma era addirittura apprezzabile perché ha obbligato l'istituzione a riflettere profondamente su questi problemi.
Siamo tutti consapevoli di che cosa deve essere costato ai colleghi Simonelli e Testa, abituati a frequentare queste aule da protagonisti, una situazione che consideriamo umiliante e mortificante. Certamente hanno tenuto un comportamento, come rappresentanti del popolo e come cittadini, a riflettere sulle difficoltà della vita pubblica e della privata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Le affermazioni dei colleghi Simonelli e Testa che hanno apprezzabilmente scelto di non partecipare al voto, ma che non hanno risposto alle ripetute sollecitazioni qui venute per una scelta autonoma che ci sottraesse dalla decisione che stiamo assumendo, mi portano ad una ulteriore dichiarazione. Nel mio intervento ho fatto riferimento alle dimissioni di Revelli, alle dimissioni dei colleghi democristiani al Comune di Torino, ho parlato di una scelta individuale corretta ed ho anche fatto cenno alla posizione da noi assunta di non richiedere le dimissioni dei Consiglieri regionali che ritenessero in coscienza di doverlo fare. Abbiamo sempre considerato questo tipo di decisione un fatto di coscienza.
Ho anche detto che la costituzione di parte civile da parte del Governo regionale innovava in modo pesante e noi ci attendevamo dopo quell'atto un atteggiamento autonomo dei Consiglieri interessati che in qualche modo ci sottraesse alla decisione di oggi. Ciò non è avvenuto, e la cosa ci è presente nella decisione che andiamo a scegliere oggi. Riteniamo che al di là della legittimità della norma una incompatibilità di fatto nasca da questa litis pendenza che comunque si è venuta a determinare. Ciononostante il fatto è di natura prevalentemente giuridica,è un fatto che attiene alla scelta individuale di ciascuno. Sia chiaro che abbiamo acceduto a che l'Ufficio di Presidenza formulasse le due proposte e che la firma posta dal nostro rappresentante nell'Ufficio di Presidenza sui due documenti non significa approvazione dei documenti stessi, ma il significato preciso di consentire al Consiglio di esprimersi sulle due proposte che sono d'altra parte, in un certo senso, consequenziali e in un altro senso contraddittorie. I Consiglieri del nostro Gruppo voteranno individualmente in coscienza secondo l'etica personale e secondo il giudizio personale che ciascuno vorrà dare sulla vicenda e sulle conseguenze giuridiche che essa comporta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Signora Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Il voto del Gruppo Repubblicano è conseguenza della valutazione giuridica che della questione noi abbiamo fatto e ci siamo fatti carico di tutti i dubbi che peraltro la stessa deliberazione pone all'attenzione dei Consiglieri.
La mia firma nella proposta di deliberazione ha il senso di proposta al Consiglio come è stato convenuto. Evidentemente ognuno di noi è libero di esprimersi nel modo che riterrà il più opportuno. Per quanto ci riguarda sarò, un voto che daremo anche secondo la nostra coscienza, lo ho detto di non volermi soffermare sulle valutazioni politiche perché non ritengo questa la sede. Tra l'altro è previsto un dibattito a questo riguardo sui fatti politici. Molti colleghi hanno ritenuto di non scindere le due questioni ed hanno svolto la valutazione che hanno ritenuto più opportuna.
Certo anche noi non avremmo mai voluto arrivare a questo momento che forse sarebbe stato possibile evitare.
E' certo però che quando sulla permanenza dell'istituzione dei Consiglieri avessimo avuto le riserve che ha avuto il Partito Comunista e che il collega Bontempi ha ribadito nel suo intervento, è probabile che non avremmo accettato comunque i loro voti che sono serviti in questo periodo per garantire la maggioranza. Mi sembra quanto meno ambiguo da un lato esaltare un rigore, apprezzabile e dall'altro utilizzare poi queste permanenze per il fine politico di garantire comunque una maggioranza. Ma ripeto su questi aspetti, avremo modo di soffermarci nei prossimi giorni quando il Consiglio affronterà questa questione. Mi dispiace di aver voluto toccare un tema politico che non volevo toccare, ma V i sono stata tirata per i capelli dalle dichiarazioni degli altri colleghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Il Gruppo del MSI riconferma quanto gia anticipato dal collega Majorino nel corso del suo corposo intervento e cioè dichiara che si esprimer in senso contrario alla delibera che ci è stata sottoposta. Noi abbiamo seguito attentamente questo dibattito, avendo talune perplessità in ordine all'aspetto solo giuridico del caso: sembrava, e per la verità sembra anche tuttora a noi, che il caso fosse essenzialmente e squisitamente politico per cui soprattutto andasse trattato da questa angolazione.
Abbiamo però accettato e non siamo infatti intervenuti nel dibattito proprio sentendo le impostazioni che alcuni colleghi, non tutti, hanno voluto dare e che alla fine ci porta a concludere che anche l'avere rinviato il pronunciamento politico ad una successiva occasione, cioé alla seduta del 5 febbraio quando pare che tutto questo verrà discusso, non sia stata cosa sbagliata. Perciò il nostro voto è carico di considerazioni anche politiche che si possono facilmente intuire pur se non le abbiamo espresse, ma si richiama forzatamente a quella interpretazione giuridica e squisitamente giuridica che è stata data dal collega Majorino.
Resta il fatto che anche noi siamo stati imbarazzati di essere stati messi di fronte, probabilmente per una scarsa sensibilità altrui, a una situazione tanto penosa e ad una scelta così delicata. E resta giustissimo e la collega Vetrino ci ha, nel dire questo, preceduto, il fatto che non solo il comportamento dei due Consiglieri inquisiti che può essere censurabile per non avere essi assunto spontaneamente una decisione che non avrebbe messo l'assemblea regionale in una situazione tanto imbarazzante: ma rimane anche il fatto di un gruppo politico che non ha sentito il dovere di intervenire per far dimettere dagli incarichi due colleghi che possono anche, che sono anche, che saranno anche, non colpevoli e che noi riteniamo tali, almeno sino a quando non interverrà la prova contraria di una sentenza definitiva del Tribunale.
Comunque non avrebbero dovuto consentire che la Regione fosse messa in una situazione così delicata e così difficile. Analoga considerazione vale anche nei confronti di questo governo che, nato sulla spinta della questione morale, si è tranquillamente retto finora sui voti di due Consiglieri, forse non colpevoli lo ripetiamo ma comunque inquisiti e sotto processo.
Ciò detto è la riconferma del voto contrario che il MSI si appresta a dare.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Probabilmente ho minori chances di altri Gruppi nel dire che il Gruppo che rappresento vota secondo coscienza se non per dare un segnale di reticenza. Questa è una battuta forse per mascherare la sofferenza con la quale ho affrontato questa questione. Siccome solitamente non sono reticente e dico sempre quello che penso, dico che a me sembra opportuno e positivo che sia la Magistratura a verificare l'applicabilità della legge 154 appunto per ragioni di costituzionalità, la quale Magistratura, al contrario del Consiglio regionale, può acquisire il parere ed avere il conforto di tutte le istanze superiori e competenti compresa la Corte Costituzionale. Per questo ritengo che la deliberazione a) che invita il Presidente del Consiglio regionale ad avviare l'applicazione della legge 154 di fronte alla Magistratura ordinaria, e quindi ad avviare la procedura di decadenza e in quella sede verificare l'applicabilità della legge 154, è una deliberazione che considero positivamente. E' una scelta, per quanto mi riguarda, estremamente sofferta e credo sia sofferta per tutti i Gruppi e per ogni Consigliere e questo deve far considerare ai due colleghi l'opportunità di fare un atto che per la prima volta in questo Consiglio regionale ho sentito auspicare con tanta ampiezza da quasi tutte le forze politiche, cosa che in passato non era mai avvenuto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sarò brevissimo perché sono stato sufficientemente chiaro e netto nel primo intervento. Quando ha preso la parola il collega Simonelli, devo dire che in cuor mio mi auguravo che dal collega venisse la dichiarazione di dimissioni. Non è avvenuto, peraltro io credo che le argomentazioni anche fatte qui dal collega Marchini ci dicono che dopo questo atto di responsabilità e convinzione da parte delle istituzioni, sia possibile adottarlo in altri momenti. Anche il Gruppo comunista vota secondo coscienza, ma la coscienza del Gruppo comunista è quella di votare favorevole alla deliberazione proposta, quindi è in coscienza che votiamo a favore.



PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede per la votazione a scrutinio segreto.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

In merito alla votazione a scrutinio segreto la deliberazione recita: "Il Consiglio regionale viste le proprie deliberazioni in data 13/12/1984 con cui aveva contestato, ai sensi dell'art. 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154, ai Consiglieri Claudio Simonelli e Gianluigi Testa che si era verificata una delle condizioni previste dall'art. 3 della legge predetta come causa di incompatibilità ed aveva stabilito di assegnare ai predetti Consiglieri il termine di 10 giorni dalla data di notificazione della deliberazione per formulare osservazioni o per eliminare le cause di incompatibilità preso atto che entro il termine prescritto i Consiglieri Simone/li e Testa hanno fatto pervenire le loro osservazioni, di cui tutti i Consiglieri hanno ricevuto copia viste le predette osservazioni vista la legge 17 febbraio 1968 n. 108; udita la relazione del Presidente con votazione a scrutinio segreto ai sensi dell'art, 67 del proprio Regolamento delibera con 31 voti favorevoli, 22 contrari ed 1 scheda bianca: 1) di invitare il Presidente del Consiglio regionale, elettore della Regione, ad avviare l'esperimento dell'azione popolare davanti al Tribunale Civile ai sensi dell'art. 19 legge n. 108 del 1968 per ricorsi in materia di decadenza 2) di soprassedere temporaneamente conclusione del procedimento di decadenza previsto dall'art. 7 legge n. 154/1981 ed avviato con le citate deliberazioni 13 dicembre 1984 nei confronti dei Consiglieri Claudio Simonelli e Gianluigi Testa".



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Artigianato

Iscrizione all'ordine del giorno legge rinviata dal Governo: "Provvedimenti per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della produttività nel settore artigiano"


PRESIDENTE

Proseguiamo l'ordine del giorno. Colleghi, vorrei ricordarvi che nella seduta dei Capigruppo si era concordato che se al termine di questa giornata non si fosse potuto fare il punto 7) riferito all'agenzia regionale per lo sviluppo dell'artigianato, si sarebbero esaminate le modifiche alla legge regionale sull'artigianato rinviata dal Governo. Se non vi sono controindicazioni chiedo di votare l'iscrizione all'ordine del giorno delle modifiche alla legge regionale sui provvedimenti per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della produttività nel settore dell'artigianato. Chiede la parola il Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Accettiamo l'iscrizione all'ordine del giorno di questo argomento a condizione però che si segua l'ordine del giorno già definito e che al punto fissato si discuta la legge sull'agenzia dell'artigianato.



PRESIDENTE

Va bene.
Chi approva l'iscrizione è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri.
La relazione è tenuta dal Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra, relatore

I rilievi mossi dal Governo alla legge regionale approvata dal Consiglio il 14 dicembre scorso, colgono all'art. 18 ultimo comma e all'art. 22, secondo comma, un evidente contrasto con quanto la Costituzione stabilisce in ordine ai poteri degli organi regionali.
Da un attento riesame del testo legislativo rinviato emerge tuttavia .che il contrasto di che trattasi è attribuibile ad una imprecisa valutazione degli schemi applicativi discendenti dalla legge e quindi ad una non appropriata qualificazione delle funzioni e dei poteri applicabili a tali schemi. In realtà, sia l'impianto complessivo che i contenuti specifici della legge, non giustificano la previsione di alcun potere regolamentare vero e proprio, bensì soltanto l'esercizio di funzioni che anche se variamente strutturate, risultano riconducibili alla sfera dei poteri dell'organo esecutivo e quindi della Giunta.
Pertanto, si propone di rimuovere il contrasto rilevato dal Governo nel seguente modo: 1) ripristinando per quanto concerne l' art. 18 ultimo comma, il meccanismo delle convenzioni triangolari tra Regione, istituti di credito e cooperative artigiane di garanzia, già sperimentato in base alla normativa attualmente in vigore 2) precisando all'art. 22, secondo comma, che non di regolamento si tratta, bensì di criteri di funzionamento del comitato di gestione del fondo per i quali è possibile prevedere il rinvio al potere di approvazione da parte della Giunta regionale.
Per logica conseguenza deve essere modificato anche il terzo comma dell'articolo in questione sopprimendo il richiamo in esso contenuto al termine "regolamento".
La IV Commissione consiliare si è fatta carico del problema nella seduta del 22 gennaio scorso predisponendo le necessarie modifiche alle disposizioni contenute negli artt 18 e 22 che risultano riformulate secondo il testo gi i, consegnato ai Consiglieri.



PRESIDENTE

Se non vi sono interventi sulla relazione, pongo in votazione gli articoli 18 e 22 del testo di modifica.
Art. 18 (Concessione di erogazione dei contributi) "La concessione dei contributi è disposta, con provvedimento della Giunta regionale, a seguito di domanda inoltrata dall'impresa artigiana interessata, tramite la cooperativa artigiana di garanzia che presta la fidejussione al prestito e previa comunicazione di avvenuta erogazione da parte degli Istituti di credito mutuanti.
L'erogazione dei contributi per il concorso nel pagamento degli interessi per i prestiti di esercizio è effettuata direttamente nei confronti degli istituti di credito che hanno concesso i prestiti garantiti da fidejussione delle cooperative artigiane di garanzia.
A tale fine il contributo nel pagamento degli interessi può essere erogato agli istituti di credito in unica soluzione, anticipando il valore attuale delle rate costanti posticipate di concorso regionale.
Ai fini del concorso regionale nel pagamento degli interessi sulle operazioni di credito di cui al precedente art. 17, la Giunta regionale è autorizzata a stipulare apposita convenzione con le cooperative artigiane di garanzia e con gli Istituti di credito. Le convenzioni dovranno comunque prevedere: l'ammortamento dei prestiti a rate costanti semestrali e posticipate calcolate al tasso agevolato dal contributo regionale le condizioni di recupero dei contributi non dovuti in caso di estinzioni anticipate dei prestiti o di insolvenze definitive da parte dei mutuatari le modalità di controllo dei prestiti erogati".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 16 Consiglieri L'art. 18 è approvato.
Art. 22 (Comitato di gestione) "Per l'elaborazione dei programmi da attivare sul fondo di cui all'art precedente è istituito, presso la Finpiemonte SpA un Comitato composto: a) da un rappresentante della Finpiemonte con funzioni di Presidente b) da un funzionario dell'Assessorato competente designato dalla Giunta regionale c) da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali artigiane maggiormente rappresentative a livello regionale.
Entro 60 giorni dalla sua costituzione il Comitato previsto dal presente articolo predispone i criteri del suo funzionamento e di gestione del fondo e li sottopone alla Giunta regionale per l'approvazione.
Alle riunioni del Comitato possono partecipare anche funzionari regionali esperti nelle aree di attività dell'artigianato e della formazione professionale e che, a tal fine, sarà trasmesso ai rispettivi Assessorati l'ordine del giorno delle riunioni con un congruo anticipo di tempo.
Alla costituzione del Comitato provvede il Presidente della Giunta regionale con proprio decreto.
Le funzioni di segreteria del Comitato sono espletate dalla Finpiemonte SpA".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 16 Consiglieri L'art. 22 è approvato.
Procediamo alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 26 Consiglieri si sono astenuti 16 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.
Il Consiglio è convocato per il 5 febbraio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.05)



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