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Dettaglio seduta n.299 del 10/01/85 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione scomparsa di Alberto Jacometti, membro del Comitato centrale e della direzione del P.S.I.


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Invito i colleghi Consiglieri ad alzarsi in piedi.
Colleghi Consiglieri, desidero esprimere il cordoglio dell'assemblea regionale per la morte di Alberto Jacometti, uno dei più vecchi socialisti italiani, avvenuta questa notte, nella sua abitazione di Novara, per infarto.
Jacometti, che era nato nel 1902 in Provincia di Novara, militava da oltre 60 anni nel Partito socialista. Antifascista, perseguitato dal regime, durante il ventennio fu dapprima costretto all'esilio e, rientrato in Italia subì il carcere a Novara ed il confino nell'Isola di Ventotene dal marzo del 1941 all'agosto del 1943.
Durante la Resistenza fu esponente di primo piano del Comitato di liberazione nazionale e capo del C.N.L. novarese. Fece quindi parte dell'assemblea costituente e fu segretario nazionale del P.S.I. tra il 1948 e il 1949. Deputato socialista per tre legislature (dal 1953 al 1968), era tuttora membro del comitato centrale e della direzione del suo partito.
Da tempo in cattive condizioni di salute, Jacometti non rivestiva più incarichi politici attivi, ma rimaneva un importante punto di riferimento per i membri del suo partito e per l'intero schieramento democratico ed antifascista, sia in Piemonte che in Italia.
Rimarrà vivo il suo ricordo per gli insegnamenti che derivano da un impegno civile e politico esercitato costantemente con coerenza e coraggio.
A nome del Consiglio regionale esprimo ai familiari le più sentite condoglianze ed al Partito Socialista Italiano la partecipazione al lutto che lo ha colpito.
I funerali si svolgeranno sabato pomeriggio.
Un minuto di silenzio in onore dell'amico Jacometti.



(I presenti in aula, osservano in piedi un minuto di silenzio)


Argomento: Comprensori - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame deliberazione Giunta regionale: "Adozione del primo piano socio economico e territoriale del comprensorio di Torino" L.R. 43/77, 56/77 modificazioni ed integrazioni


PRESIDENTE

Punto nono all'ordine del giorno: Esame deliberazione Giunta regionale: "Adozione del primo piano socio-economico e territoriale del comprensorio di Torino" L.R. 43/77, 56/77 modificazioni ed integrazioni.
La relazione è affidata all'Assessore Rivalta che ha facoltà di intervenire.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione

La delibera che è oggi in discussione al Consiglio regionale propone l'approvazione dello schema di piano comprensoriale del Comprensorio di Torino.
Con questo atto si colma la lacuna riguardante l'approvazione degli schemi di piani comprensoriali avvenuta nel 1981 e che si riferiva agli altri 14 comprensori.
Lo schema di piano comprensoriale di Torino presenta elementi di documentazione e di elaborazione che non sono certamente inferiori a quelli degli altri schemi di piano territoriale, anzi, presenta elementi di maggiore approfondimento e di maggiore arricchimento conoscitivo ed elaborativo. Sotto certi profili credo si possa dire che lo schema di piano comprensoriale di Torino abbia soprattutto nei suoi contenuti territoriali corrisposto più degli altri, ai contenuti del piano territoriale previsto dalla legge 56 ed in particolare ai contenuti del piano territoriale che sono stati indicati nell'ultima variante del 1984.
La sua ricchezza documentaria e conoscitiva fa emergere con maggiore precisione quali sono le porzioni di territorio da sottoporre a particolare disciplina ai fini della tutela delle risorse primarie, della difesa del suolo e del dissesto idrogeologico, In questo senso, utilizzando gli approfondimenti che sono provenuti in questi ultimi anni dal lavoro condotto dall'IPLA, per la capacità e l'uso del suolo e dal servizio geologico e dal servizio CNR per quanto riguarda gli aspetti idrogeologici.
Contiene esigenze di completamento per quello che riguarda invece altri aspetti in particolare per quello che riguarda il quadro di prevenzione e di difesa dall'inquinamento.
Contiene le indicazioni di territorio da sottoporre a disciplina della valorizzazione dei beni storico-artistici ed ambientali, avvalendosi di ricerche che sono state condotte in questi anni. Certo, sotto questo profilo il dato conoscitivo di partenza è assai limitato e, considerato che le indagini hanno avuto sotto molti aspetti un fondamento bibliografico questo aspetto richiede degli approfondimenti. Mi sembra abbia un carattere di compiutezza propria di un piano ancor più che di uno schema per quello che riguarda gli aspetti relativi ai parchi, alle riserve naturali ed alle aree di interesse paesaggistico, nonché per le aree di interesse turistico pur sapendo che su questi aspetti gli approfondimenti sono permanenti. Sono contenute documentazioni ed indicazioni significative dello schema per quanto riguarda le reti infrastrutturali, i servizi e le attrezzature agli impianti produttivi; sono anche individuati i criteri e gli indirizzi principali di orientamento generale per le politiche di carattere comunale.
Sotto il profilo del metodo seguito e dei contenuti, il piano si presenta nelle condizioni di approvazione, non solo, ma elaborazioni condotte nella realtà del Comprensorio di Torino, nell'aggregare problemi per singole aree e per singole tematiche, per il fatto che indica una prima ipotesi di programma pluriennale di intervento e di spesa, questo schema introduce elementi di novità rispetto a quelli che precedentemente abbiamo approvato.
Tuttavia in questo schema non sono fatte precisazioni specifiche ubicazionali tali da introdurre elementi di salvaguardia, quindi per i contenuti che esso contiene dobbiamo ritenere, ai sensi della legge vigente, che le misure di salvaguardia debbano intendersi nel senso che le indicazioni dello schema di piano socio-economico territoriale costituiscano il riferimento per la formazione delle previsioni degli strumenti urbanistici comunali nonché guida per le politiche di intervento e di spesa della Regione.
La documentazione indicata nella delibera che è alle mani dei Consiglieri mostra appunto l'entità e il valore dell'elaborazione svolta dal Comprensorio di Torino. Per quanto riguarda gli aspetti di contenuto e di merito, mi preme richiamare che l'elaborazione dello schema di piano comprensoriale di Torino, avvenuta con ritardo rispetto all'elaborazione degli altri schemi, ha dovuto affrontare temi che nella passata legislatura prima del 1980, non erano all'emergenza dell'attenzione delle nostre elaborazioni. Lo schema di piano comprensoriale di Torino ha dovuto fare i conti con le profonde trasformazioni di tipo strutturale che si sono espresse in questo ultimo anno, oltre al mutamento dello scenario demografico che già era in qualche misura e con qualche livello elevato dì approssimazione definibile negli anni passati; questa elaborazione di schema di piano comprensoriale di Torino ha dovuto fare i conti con il processo di ristrutturazione e di crisi economica che ha investito il nostro Paese, la nostra Regione, ed in particolare l'area metropolitana torinese. Sotto questo profilo ha quindi dovuto fare i conti ed introdurre una ridefinizione di carattere strategico che riguarda la programmazione regionale e sub regionale. In sintesi, la nuova formulazione strategica che è contenuta in questo piano comprensoriale, si fonda sulla consapevolezza che lo scenario socio-economico dello spazio comprensoriale torinese e di conseguenza quello regionale, è caratterizzato non più dall'esigenza di fronteggiare i problemi derivanti da consistenti cambiamenti quantitativi ma dalla necessità di fronteggiare problemi relativi a un salto di qualità della realtà che nel suo ordine di grandezza dimensionale, nella sua struttura spaziale sostanzialmente è già data.
Questo riferimento che lo schema assume e che dovrà essere approfondito, coglie ed ancor più coglierà nell'elaborazione successiva i problemi di trasformazione e di innovazione tecnologica e di modernizzazione del sistema infrastrutturale di vita economica e sociale a cui siamo chiamati a corrispondere.
Io credo che sia giusto e corretto cogliere quanto già in questo schema esiste e ribadire ancor più quanto abbiamo approvato in Consiglio regionale. Con il secondo Piano di sviluppo nel quale si dice che il non creare una vera e propria cultura dell'innovazione ed il non cercare di trasporne i risultati in tutti gli aspetti della vita economica e sociale condurrà alla creazione di una maggiore disoccupazione di quella che oggi si teme possa essere creata dalla diffusione dell'innovazione. Su questi temi lo schema di piano comprensoriale offre un insieme complesso di contributi sia per gli aspetti socio-economici e soprattutto per quelli di carattere territoriale. Vi è in primo luogo la constatazione che i processi di depolarizzazione spaziale che si sono messi in atto, come effetto del nuovo tipo di sviluppo economico-demografico, presentano aspetti che possono essere valutati positivamente, e non solo in modo allarmistico, e che per questo vanno agevolati e presentano d'altra parte anche aspetti negativi. L'aspetto positivo che si va affermando è quello di un assetto spaziale dove le opportunità sociali ed economiche di partecipazione ai processi di trasformazione in atto presentano una maggiore diffusione territoriale e sotto questo profilo corrispondono all'ipotesi generale del riequilibrio che la Regione Piemonte persegue dalla sua istituzione.
Tuttavia il modo con cui tale assetto si va formando presenta caratteri di irrazionalità rispetto alle risorse che storicamente l'uomo ha fissato sul territorio, sia di quelle irriproducibili, sia di quelle che comunque sono state fissate dall' uomo sul territorio.
Da un lato si rileva come i processi di diffusione insediativa della città nelle aree rurali avvengono in modo destrutturato ed eccessivamente disperso, con grave danno all' agricoltura, e con elevati costi di urbanizzazione. Da un altro lato si pone in evidenza come il processo di ristrutturazione industriale, e di sia pur limitata depolarizzazione spaziale, produce nel cuore dell'area metropolitana spesso delle lacerazioni che pongono problemi di riuso e di riqualificazione urbana assolutamente nuovi per la politica urbanistica e territoriale, che costituiscono dato il loro rilievo strutturale, opportunità di portata storica per la vita della città.
Lo schema fa derivare da queste considerazioni linee di intervento rivolte da un lato ai territori esterni all'area metropolitana, investiti dai processi di funzione insediativa per un controllo volto a conseguire un modello di sviluppo urbano diffuso e razionale e dall'altro all'area metropolitana. La conurbazione torinese, ove si preconizza, si ipotizza, si delinea l'avvio di una politica di innovazione della struttura territoriale in modo da elevare la qualità ambientale da arrestare i processi di obsolescenza fisica e funzionale della città.
Si sottolinea poi l'importanza e l'esigenza di una maggiore apertura e integrazione del sistema torinese nella struttura interregionale, che si viene sempre più consolidando a livello europeo. Per quanto riguarda le linee di assetto territoriale ed i contenuti dei progetti intersettoriali di area, il piano è articolato in quattro aree-programma, riguardanti l'area metropolitana torinese, l'asta della valle di Susa, le aree pedemontane di Ciriè, Lanzo e di Rivarolo Pont.
Per ciascuna di queste aree-programma, vengono individuati gli interventi necessari ed i ruoli che esse debbono assumere. In particolare per la Valle di Susa si individua il ruolo di direttrice principale di collegamento con la Francia: si sottolinea l'importanza del potenziamento delle linee ferroviarie Torino-Lione- Parigi, in corso, e per altri versi per il raddoppio compiuto, ma che dovrà avere ulteriori miglioramenti sul piano del funzionamento per poter dare continuità e per potere realizzare almeno a tempi lunghi quel disegno di collegamento Parigi-Roma che è stato delineato. E' previsto nello schema, sottolineando l'importanza, la realizzazione del nuovo asse viario anche esso per alcuni punti in corso di appalto. Si sottolinea come per questa Valle ai problemi di funzionamento per i collegamenti internazionali, si affiancano problemi di sistemazione idrogeologica, problemi di carattere economico, tipici di una valle agricola montana, le funzioni che sotto il profilo turistico quella valle può svolgere, richiamando l'importanza di una più qualificata organizzazione e strutturazione turistica generale e in particolare di quella sciistica.
Un'altra area programma è quella della fascia pedemontana individuata come ambito territoriale che si colloca su un importante dorsale di riequilibrio regionale e dove è opportuno operare col duplice obiettivo, da un lato di elevarne l'effetto città rivitalizzando un tessuto insediativo di antica formazione, sul quale si è innestato lo sviluppo della prima fase dell'industrializzazione e dall'altro sostenendo una politica che produca minore erosione delle aree agricole della pianura. Questo potenziamento si fonda poi su due progetti intersettoriali di area che assumono un rilievo regionale. Si tratta dei pro- getti relativi alla zona di Cirié Lanzo e alla zona di Rivarolo Pont.
Rimando alla documentazione che i Consiglieri hanno a mano ed a quella che hanno avuto nel corso delle discussioni nella Commissione per i vari aspetti più particolari.
Richiamo soltanto che la politica della zona pedemontana ha un particolare significato anche in relazione all'area metropolitana individuando in queste sub aree di programma dei sub poli pedemontani dello sviluppo del comprensorio.
Particolare rilievo assume l'area metropolitana della conurbazione torinese, ove la linea strategica di riferimento è la riqualificazione dell'area metropolitana al suo interno in corresponsione di una più generale strate- gia di riequilibrio territoriale.
La nuova situazione economica e la crisi determinatasi ripropongono problemi per l' area metropolitana di carattere particolare. Mentre negli anni passati il problema essenziale era quello del contenimento per la razionalizzazione del suo funzionamento, oggi problema diventa quello della sua razionalizzazione e qualificazione delle condizioni della vita per consentirne uno sviluppo in termini qualitativi se non in termini quantitativi e per consentire di giocare un ruolo sul piano regionale nazionale ed internazionale.
Per questa nuova, situazione Io schema di piano comprensoriale orienta le proprie attenzioni ai problemi di ristrutturazione interna all'area metropolitana.
Per quanto concerne le infrastrutture a rendere funzionati le relazioni di mobilità che possono promuovere sotto questo profilo l'integrazione tra l'area sotto il profilo dell'integrazione tra l'area torinese ed il resto del Comprensorio della Regione, emergono in questo disegno di carattere territoriale, gli attraversamenti della conurbazione torinese su cui convergono rispettivamente la rete principale viaria e la rete ferroviaria.
In sintesi lo schema strutturale è condivisibile in quanto presenta un insieme di politiche e di interventi sulle aree adiacenti da un lato al tessuto compatto lungo l'asse di Corso Marche, finalizzate alla ridistribuzione delle funzioni metropolitane con maggiore effetto di irraggiamento accanto ad un insieme di politiche finalizzate alla trasformazione ed al recupero delle parti urbane più interne e connesso all'asse ferroviario dove sono presenti consistenti aree ad elevata trasformabilità. Questi due orientamenti di carattere generale e di carattere direttivo della riorganizzazione dell'area metropolitana, sono poi qualificati da un progetto strutturale del verde metropolitano che trova nei sistema fluviale dei vari fiumi - che attraversano Torino, Po Dora, Stura e Sangone, il tessuto di connessione con i grandi parchi dell'area metropolitana, la Mandria, Stupinigi, la collina di Rivoli e di Torino.
Lo schema assegna quindi a queste due fasce, quella ferroviaria e quella di Corso Marche, una funzione di ristrutturazione di carattere strategico. Per ciascuna di queste fasce vengono indicate le possibili trasformazioni e le possibili funzioni d'uso.
Sono raccolte ed organizzate delle indicazioni già di carattere progettuale, che sono quindi aperte ad una non complessa traduzione in termini di piano definitivo, ma che possono essere la base per l'individuazione delle aree ove operare piani territoriali operativi, lo strumento previsto dalla nuova legislazione, e già definizione dei contenuti su cui questi piani territoriali operativi dovrebbero e potrebbero muoversi; oltre ad altri riferimenti di carattere infrastrutturale importanti che io richiamo qui solo per titolo, come quello relativo all'aeroporto di Caselle o la sistemazione del centro interportuale di Orbassano (Sito).
Vengono indicati orientamenti per una politica di ristrutturazione interna all'area metropolitana che consente la qualificazione delle condizioni di funzionamento e di vita.
Si sottolinea che l'attenzione dovrà essere rivolta ad una strategia di intervento sul patrimonio edilizio obsoleto, sia per quello che riguarda gli interventi di carattere industriale, che quelli di carattere residenziale. Sotto questo profilo voglio sottolineare che nella discussione in Commissione e nella valutazione critica che viene fatta a questo documento di schema si inette in evidenza come il patrimonio edilizio esistente debba essere il primo riferimento per le politiche di ristrutturazione e di trasformazione e vengono accantonati altri disegni di interventi insediativi per quanto concerne gli aspetti residenziali, in particolare l indicazione di un nuovo grande centro tra Rivoli e Rivalta.
Per quanto concerne i fabbisogni di servizi urbani di più stretta ed immediata relazione con le residenze, si sottolinea nello schema che non si possono trovare soddisfazioni all' intera gamma ed all'intera dimensione dei servizi urbani per qualificare la vita di quartieri se entro raggi di utenza ristretti (25 metri quadri, che abbiamo ribadito con la legge urbanistica, riducibili nel caso dell'area metropolitana sulla base di particolari soluzioni tecniche a 18).
Se davvero devono essere momenti di qualificazione della vita cittadina, è necessario che queste quantità siano corrisposte in raggi di accessibilità non troppo elevate. La soddisfazione di queste dotazioni di standards di servizi urbani non può ridursi quindi ad un puro conteggio di quantità complessiva all'interno dell'area metropolitana, ma deve trovare rispondenza entro le varie articolazioni del reticolo urbano, nel rispetto di funzionali ed adeguati raggi di influenza. Questa è una raccomandazione che viene aggiunta all'impostazione data allo schema perché nel passaggio al piano definitivo si tenga particolarmente conto di questi problemi.
La stasi della fase di espansione può favorire questo processo di qualificazione urbano, sia nel centro storico di Torino e degli altri comuni della conurbazione, come nelle periferie. Nelle parti più centrali dell'area metropolitana ciò può avvenire però solo se le aree di trasformazione e di ristrutturazione non vengono assorbite, se non entro misure compatibili, dalla localizzazione di attività rare, ovvero di quelle attività che presentano un raggio di attrazione di influenza molto ampio le quali proprio per questa ragione hanno possibilità localizzative meno vincolate di quanto non abbiano i servizi di quartiere.
L'indicazione quindi di queste due fasce strategiche di ristrutturazione dell'area metropolitana (l'area di Corso Marche, il passante ferroviario) consente di gestire in tempi lunghi la trasformazione dell'area metropolitana e garantire all'interno dell'intera area metropolitana quella qualificazione che sinteticamente nella legge urbanistica abbiamo indicato attraverso gli standards urbanistici. Quindi il riequilibrio interno all'area metropolitana, presupposto appunto da questi due assi strategici di localizzazione delle attività rare, si accompagna con l'obiettivo della qualificazione in tutte le sue parti delle condizioni urbane. Solo in questo modo è quindi possibile trovare anche nella parte centrale della cita condizioni operative per soddisfare l'esigenza di servizi di più diretto contatto con la residenza. All'impegno per la modernizzazione dell'area metropolitana, per la sua organizzazione più razionale, per una sua funzionalità più efficiente, lo schema e le osservazioni che vengono fatte con questa deliberazione, vogliono sottolineare che deve accompagnarsi l'impegno per la qualificazione delle condizioni di vita.
Una visione di intervento riorganizzativo interessante l'intera area metropolitana è quindi indispensabile se si vuole promuovere condizioni di qualificazione funzionale ed ambientale che incidono su ogni parte del tessuto urbano, sulle periferie, dislocando in esse anche attività rare sulle aree centrali, recuperando per esse servizi di quartiere. Se così non facessimo si ridurrebbe a una pura enunciazione, che mi sia consentito di dire ipocrita, quella che abbiamo fatto nei mesi scorsi risarcendo gli standards urbanistici della variante alla legge 56. In questo modo la realizzazione dell'area metropolitana può realizzare uno stretto rapporto tra processo di qualificazione dell'apparato economico, produttivo direzionale e processo di qualificazione ambientale e culturale della struttura urbana.
La quarta sub area programma, elencata in questo schema riguarda le zone di Chieri, Carmagnola e di Chivasso e Crescentino alle quali si assegna il compito di sub poli nell'area comprensoriale e si ribadisce il ruolo complesso che queste aree hanno, ma in particolare il ruolo significativo; sotto il profilo dell'attività agricola che posseggono. Un particolare capitolo dello schema è rivolto ai problemi ambientali e alle risorse naturali.
E' indicata la maglia del verde sia nell'area metropolitana che nelle aree di interesse naturalistico sull'intero comprensorio ed anche per questo aspetto ci sono gli elementi e le ragioni di una piena approvazione delle indicazioni che lo schema fornisce.
In questa deliberazione si richiama l'esigenza che per passare dallo schema di piano si proceda ad una serie di approfondimenti. Nello schema vengono analizzate attraverso specifiche analisi le problematiche relative alle risorse naturali agricole e produttive. Si sottolinea l'importanza che un approfondimento particolare abbiano le analisi riguardanti gli aspetti storici, artistici e quelli dell'inquinamento ambientale.
Lo schema, pur fornendo un'esauriente analisi settoriale relativa agli impianti produttivi, è ritenuto debba ancora sviluppare ulteriori approfondimenti a partire dal complesso delle proposte di organizzazione di area industriale nell'area metropolitana e nell'intero comprensorio, oltre ai problemi relativi alle reti infrastrutturali di acquedotti e di fognature, nonché temi riguardanti la politica energetica per giungere ad un vero e proprio piano energetico comprensoriale.
Si ribadisce poi ancora che il piano dovrà individuare quegli interventi che assumono rilevanza strutturale e quindi carattere di priorità e introdurre più precise linee procedurali per la sua attuazione.
Si sottolinea ancora l'esigenza che le varie indicazioni di merito contenute nel piano si traducano in maniera più precisa le indicazioni operative per la politica urbanistica locale. Le precisazioni non sono soltanto di contenuto territoriale o di contenuto economico, ma devono essere anche di carattere normativo. Mi fermo a questi richiami sintetici dei contenuti della delibera e dell'allegato che la esprime per non prolungare questa introduzione che, al di là di quanto ho detto, sarebbe superflua per richiamare all'attenzione dei colleghi quanto è stato visto da loro nella ricca, ampia documentazione che è stata presentata dal Comprensorio di Torino e per richiamare gli elementi della discussione che abbiamo svolto in Commissione. Lascio ai colleghi di aprire la discussione per giungere, auspico, all'approvazione della delibera.



PETRINI LUIGI



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Si è chiusa così la relazione introduttiva dell'Assessore Rivalta.
Possiamo passare alla discussione generale. Ha chiesto di parlare il collega Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, cercherò di contenere questo intervento nei limiti possibili per cercare di rendere sufficientemente sintetica ed espressiva la posizione politica del Gruppo D.C., anche se dobbiamo rilevare come un argomento di questo tipo, non per l'eloquenza degli oratori, né per il grande interesse che contenga il documento, quanto perché si tratta di argomenti e temi che riguardano il destino, sia pure tutto da costruire, da identificare e da plasmare di una grossa componente della nostra realtà regionale, avrebbe richiesto una attenzione ed una rilevanza sul piano del merito che non può essere ridotta solo alla evidenziazione di aspetti quanto mai marginali quali sono quelli che compaiono, per esempio, nella cronaca di stamani. La Stampa evidenzia degli aspetti importanti ma del tutto residuali rispetto agli argomenti più generali che dovrebbero essere contenuti nel documento. La realtà è che probabilmente anche il cronista ha avvertito il senso di frustrazione che nasce nell'ulteriore fase di procedure che viene oggi in Consiglio regionale, frustrazione che credo in particolare viva l'Assessore Rivalta perché certamente su questo tema il suo impegno all'interno della amministrazione regionale risale agli anni 75/76 e credo che alla frustrazione si assommi forse anche la delusione perché quella certa impennata di previsioni molto coraggiose, per quanto assolutamente non condivisibili, che comunque avevano una carica di progettualità iniziale relativa all'assetto e urbanistico e infrastrutturale dell'area torinese oggi sono relegate alla frustrata registrazione delle tendenze in atto registrate più o meno puntualmente nella stesura degli strumenti urbanistici.
Mi permetta l'Assessore di dire che non condividiamo che vi sia nella quantità e nella qualità dell'elaborazione del Comprensorio uno sforzo per affrontare nel merito e nel metodo una strada nuova anche rispetto a tutta la dialettica ed a tutto il sofferto dibattito che è avvenuto in questi anni, sia rispetto alla L. 56, i metodi, sia rispetto agli eventi così come si sono andati definendo rispetto ai quali si sarebbe richiesta un'aggressione della situazione in termini soprattutto di proposte di progettualità e quindi di verifiche in modo del tutto diverso. Oggi approdiamo a questa fase scontata, la delibera della Giunta regionale del 20/12/84, documento dal quale prendiamo atto delle integrazioni dell'ultima ora, apportate dall'Assessorato a seguito di rilievi mossi alle parti politiche nelle consultazioni ed in Commissione, documento che sostanzialmente continua però a registrare quella genericità di indicazioni che la stessa delibera della Giunta dell'allegato A sottolinea, che non consente - dice il documento - quella puntuale applicazione delle misure di salvaguardia che probabilmente per alcune previsioni progettuali sarebbero state necessarie e purtroppo, altra affermazione che discende da valutazioni politiche di grande importanza, genericità che finisce per rendere troppo labile e vago il peso decisionale del piano stesso.
Colleghi Consiglieri, non si tratta tanto di consumare con questa procedura di approvazione del Consiglio regionale una fase che potrebbe essere del tutto superata (sette anni dall'approvazione e dalla promulgazione della legge 56) quella dell'approvazione dei piani definitivi, quando si tratta - ed in questo lamentiamo che nelle frustrazioni dell'Assessore non siano state delineate linee strategiche di governo da parte della Regione - di aggredire il grosso problema della pianificazione comprensoriale in termini di governo, che sostituisca le inadempienze comprensoriali, i ritardi, metta sostanzialmente in condizione la comunità piemontese di porre la parola "fine" al regime transitorio che dura ormai da troppo tempo e che condiziona in modo irreparabile tutta quella capacità creativa che si lamenta nel documento, nei ritardi dei piani regolatori e che potrebbe esprimere quella maggiore puntualità.
specificazione, definizione di obiettivi che ovviamente non possono che essere riprese e definite in ambito comunale.
Questa capacità di governo della pianificazione comprensoriale, anche se l'argomento può esulare dagli aspetti riferiti al Comprensorio di Torino, ha rappresentato una delle polemiche più aspre rispetto alla maggioranza di governo regionale e questa polemica si è riflessa anche all'esterno. Diciamo che la L. 56 nelle sue modifiche ultime registra positivamente alcuni aspetti di questa polemica. Purtroppo da questo dibattito, che dura dalla presentazione delle prime proposte da parte delle forze di opposizione alla proposta ulti- ma della Giunta presentata nell'autunno 83, pare che il Comprensorio di Torino non abbia avvertito che qualcosa stava succedendo e che quindi quell'affinamento di progettualità rispetto alla pianificazione comprensoriale, che ormai si esigeva e si imponeva, doveva trovare nei documenti finali un riscontro tale da rendere possibile non tanto l'applicazione del- le misure di salvaguardia, delle quali non è che ci compiacciamo in modo assoluto perché rappresentano pur sempre aspetti di negazione di certe libertà e di certi condizionamenti quanto piuttosto un indirizzo preciso perché la pianificazione comunale che si attarda, che continua a sopravvivere in difficoltà ed in condizioni di compressione possa finalmente esprimere delle indicazioni che siano positive. Pensate alla Valle di Susa. Faccio un esempio dei più evidenti rispetto ai nuovi scenari che si delineano con le nuove infrastrutture, con i potenziali di concorrenzialità che nella vicina Francia si stanno avviando aggredendo anche la nostra capacità di turismo stagionale.
Pensiamo a questa Valle che continua ad essere penalizzata dalla spada di Damocle, dalla mancanza di un'ipotesi di pianificazione comprensoriale che consenta di fare delle previsioni insediative anche per l'attività turistica che abbia un minimo di dignità. Oggi siamo al sotterfugio per cercare di far passare cose che non contrastino eccessivamente con indicazioni palesi, siamo in un regime di assoluto buio previsionale che non consente né agli operatori, né agli amministratori, di aggredire questa tematica. E questo è un aspetto sul quale non è che pesino tutte le incongruenze e le incertezze relative alla diversificazione produttiva ed alle nuove tecnologie. In fondo quello del turismo è uno scenario sul quale si agisce in presenza di beni ambientali, culturali e naturali da utilizzare in presenza di una domanda, di un mercato che tutto sommato consuma questo bene nella misura in cui gli si offrono le infrastrutture e le capacità per poterlo consumare.
Voi capite però che trasferito il discorso agli aspetti che si riferiscono alla occupazione, alla domanda di case e di abitazioni scontiamo insufficienza di scenari e di quantificazioni e quindi certezze.
Purtroppo noi dobbiamo constatare come la maggioranza che governa la Regione si attardi, ugualmente quanto si attarda la maggioranza che governa la città di Torino, ad una accentuazione delle difficoltà che si vanno delineando più che non ad una aggressione di queste difficoltà o comunque ad una delineazione di limiti strategici entro i quali si possa dire che la pianificazione territoriale può conseguire certi obiettivi.
Colleghi Consiglieri, su questi aspetti ci sarebbero da dire fiumi di parole. Non voglio attardarmi molto. Credo che quello che ci debba particolarmente stimolare ad una sollecitazione critica, che non è tanto nei confronti della Giunta regionale, ma nei confronti dei processi che verranno successivamente, quando si redigerà lo strumento definitivo, siano le insufficienze che vengono delineate dal punto di vista strategico per l'area metropoli- tana torinese rispetto all'area urbana di Torino.
Torino, questa città in declino che perde una media di 15.000 abitanti all'anno, con delle punte di 23-24.000 anche nel 1981, che dovrebbe collocarsi, secondo quanto leggiamo di esperienze facilmente trasferibili capaci insomma di produrre determinati effetti occupazionali nella nostra realtà metropolitana, esperienze che avrebbero dovuto insegnare agli amministratori di Torino che si deve aggredire l'ipotesi della decadenza di una città avendo ben presente che solo adeguandoci entro certi limiti alle condizioni di mercato, e quindi prendendo atto brutalmente di queste condizioni, si può pensare di aggredire questa ipotesi di ritorno rispetto ad una condizione rispetto alla quale c'è il pericolo della irreversibilità.
Leggevo nei giorni scorsi i rapporti che gli esperti dell'amministrazione Reagan hanno redatto appunto sulle politiche urbane e credo che questi rapporti siano abbastanza significativi per delineare gli scenari all'interno dei quali si muovono anche i declini delle cita industrializzate nel mondo. Si dice in quei rapporti che una cita è in fase di declino, per definizioni, quando non riesce a trovare un equilibrio tra le sue risorse di localizzazione, clima, forze di lavoro, attività e la domanda tecnologica emergente.
Noi sappiamo purtroppo quale è la domanda tecnologica emergente e quali condizioni di mercato imponga ai nostri livelli occupazionali.
Se stentiamo ad accettare in toto una tale definizione, perché certo non potremmo pensare di arrenderci in assoluto alla logica dell'allontanamento dai posti di lavoro e quindi dall'ipotesi di attestamento e di riferimento ad una ridistribuzione inondiate di queste forze e non possiamo pensare di superarle con apodittiche smentite, le quali smentite di irrefutabile hanno purtroppo solo la caratteristica della cristallizzazione, del collegamento di qualsiasi ipotesi alternativa, per continuare a giurare che esiste una immagine della realtà socio-economica torinese che siamo in grado di governare, mentre invece in realtà subiamo gli effetti di questa situazione. Noi non vogliamo certo in questa sede creare delle teorie sulla ipotesi del superamento della crisi, per riteniamo che, siccome di politiche territoriali si tratta, queste debbono e possono rappresentare solo una delle componenti strategiche. Non dimentichiamo che queste componenti strategiche appartengono totalmente all'ambito delle competenze dei poteri locali e quindi sono responsabilità che non si possono ribaltare sul governo o sui privati come molte volte troppo facilmente si riesce a far credere alla gente. Che vi siano problemi di risorse per attivare queste strategie, che vi siano problemi di quantità e di disponibilità, e forse di imperfezione nei modi con i quali queste risorse, anche disponibili, possono essere utilizzate, questo è un altro discorso. Ma il problema dell'identificazione della strategia territoriale in quanto tale è una competenza degli enti locali che deve essere attivata con strumenti di pianificazione comprensoriale.
L'allegato A che contiene le motivazioni di accettazione dello schema del piano territoriale di Torino è un capolavoro dal punto di vista di contraddizioni ed anche di menzogne, colleghi della Giunta. Le reiterate affermazioni sulla necessità di tenere conto dei mutamenti che stanno intervenendo sui rapporti tra diffusione e diversificazione delle attività produttive ed attivazione di nuova opportunità economica sono palesemente contraddette dall'incapacità di fornire ai soggetti attivi, agli operatori di tali trasformazioni quelle nuove, sottolineo nuove, opportunità che anche l'Assessore ricordava di relazioni spaziali che la razionalità delle infrastrutture può fornire.
Chiedo solo che nella misura in cui si delinea l'esigenza di una attivazione di una maggiore opzionalità nella ricerca del lavoro con una maggiore mobilità, il problema della razionalità del trasporto pubblico venga affrontato come tale, non venga affrontato in termini di contraddizione di quello che hanno fatto le Giunte di centro sinistra oppure strategicamente collocandosi con un pezzo di metropolitana leggera per far vedere che questo problema viene affrontato. Questo è assurdo da tutti i punti di vista e gli eventi che si vanno succedendo nella sala rossa del Comune di Torino lo stanno dimostrando.
La crisi che ha investito il Partito Comunista all'interno della sua rappresentanza nella Giunta di Torino, credo sia emblematica da questo punto di vista per un problema del quale parleremo che riguarda specificatamente la casa.
L'opportunità di nuove relazioni spaziali, colleghi Consiglieri, è in fondo la preoccupazione che emerge con maggior rilevanza rispetto al vuoto al nulla, che è rappresentato dall'area di Torino, all'interno della quale a partire ripeto dalla registrazione degli strumenti urbanistici, non sappiamo altro. Ora di fronte a questa grande sfida che comunque anche la strategia territoriale deve affrontare, i servizi di supporto allo sviluppo delle attività produttive manifatturiere, di trasformazioni, esigono allocazioni che siano connesse a radicali trasformazioni del vecchio assetto urbano. Non ha alcun senso rinunciare al recupero delle enormi potenzialità o sacchi di degrado, cosi come si definiscono nel documento allegato, che esistono nel tessuto urbano per rincorrere ancora una volta anche proprio per quei benedetti progetti che riguardano l'area metropolitana di Torino, mito delle micro aree attrezzate in una prospettiva di costi di nuovo insediamento eccessivamente gravosi sia per i privati come per la collettività Questo è un altro aspetto sul quale dobbiamo pur meditare, non è solo un problema che riguardi il versante dei coltivatori diretti e dell'occupazione delle aree libere agricole. E' anche questo certo e Penasso parlerà anche di questo aspetto, ma è anche un problema di costi di insediamento che non sono affrontabili nella realtà che si va delineando dimenticando le potenzialità di recupero che esistono soprattutto, e questo è l'aspetto che mi preme sottolineare, in connessione alle potenzialità di recupero di residenzialità che esistono nelle aree già urbanizzate. Quando noi pensiamo ai costi di trasferimento, ai costi di trasporti, ai costi energetici, ecc, e non ci poniamo questa evidente necessità di affrontare il problema della ristrutturazione delle periferie urbane, consentendo, senza crisi, diremmo di natura filosofica esistenziale nell'ammettere le mobilità e le evoluzioni dei sistemi insediativi in termini di residenzialità , di carico urbanistico, ecc affrontando il problema della ristrutturazione delle aree urbane, come un processo che non può essere limitato ai grandi processi, ma che deve crescere in una visione sufficientemente elastica, sia pure dei pesi insediativi che verranno assestandosi in itinere, ma anche di una strategia che guardi a quel che succederà tra 20 anni.
Credo che se tutto questo ripeto non è presente e non è attivato anche in termini prescrittivi, prima di affrontare ipotesi di allocazione di infrastrutture di altro tipo, di grande rilevanza, quali possono essere quelle connesse al terziario, ho l'impressione che la strategia territoriale complessiva che ne emerge soffra sostanzialmente di una micro miranza e quindi di una miopia che certamente non consentirà di andare molto lontano. E solo per una proiezione di questa dimensione, che sono i vent'anni, ha senso parlare di effetti congiunti tra le trasformazioni e le infrastrutture, quindi non possiamo non lamentare come in una proiezione ventennale, che consente di fare certe verifiche sugli effetti che si conseguono anche con le infrastrutture, proiezione ormai minimamente necessaria, dieci anni si perdano per decidere se una metropolitana si deve fare o meno, se si deve continuare o meno la tangenziale che si è interrotta alla statale 11 o al ponte per decidere se una certa realtà metropolitana debba essere collegata o meno con un'ulteriore arteria di collegamento oppure no.
Sono aspetti di una consequenzialità e di una esigenza di decisioni tempestive tali da non dovere collocarci in una strategia di scelte che abbiano la carica delle opzioni politiche con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano delle scelte, delle decisioni, dei costi e via dicendo.
Detto questo, la nostra collocazione critica rispetto a questo documento ripeto riguarda sostanzialmente la vicenda che concerne l'apporto che la pianificazione comunale può dare alla definizione del quadro complessivo di riferimento.
Il documento lamenta il fatto che molti Comuni siano in ritardo nella predisposizione dei piani. Dobbiamo rilevare come tutto questo abbia delle inopportunità, non solo nel merito, ma soprattutto con riferimento a quell'apporto che avrebbe potuto essere il maggiore nella realtà della metropolitana torinese, che era l'apporto dato alla città di Torino, il quale con i presupposti di elaborazione e di definizione strategica quali erano nel '75, avrebbero dovuto essere definiti un quadro di certezze che se non altro, consentivano di capire quali aree potevano essere ancora disponibili o meno nella realtà metropolitana.
Riteniamo che gli sforzi che sono stati fatti nel recuperare una serie di indicazioni che non erano contenute nella stesura del documento ma che essendo oggetto di dialettica nell'interno della maggioranza, avrebbero dovuto trovare una definizione più puntuale nel documento del primo schema quali il discorso del terziario di Corso Marche, il problema delle aree espositive e metropolitane, le grandi attrezzature sportive, il problema dell'Area Club, non ultimo il Sito che il Consiglio regionale ha recuperato con una definizione abbastanza precisa nel settembre scorso, nonostante il recupero in termini di indicazione, di memorizzazione quasi, delle problematiche di questi grandi fatti, sostanzialmente però permangono nel documento quei caratteri di assoluta non definizione delle strategie che noi lamentavamo.
L'ultimo problema che voglio affrontare, è appunto quello della residenza, la quale, come ha già detto l'Assessore Rivalta rappresenta certamente una delle aspettative di maggior rilievo rispetto alla strategia di diversificazione delle attività produttive e quindi della creazione di maggiori opportunità rispetto alla domanda occupazionale. E' un problema che sconta però delle conseguenze gravissime. Ormai almeno i 2/3 dell'esito che registra nella città di Torino avviene per mancanza di abitazioni e quindi è un'espulsione vera e propria che facciamo di residenti, i quali avrebbero forse un'opportunità di lavoro, ma non hanno la casa, quindi debbono necessariamente lasciare oppure andarsi a ricercare anche altrove condizioni di lavoro per evitare di dovere subire l'umiliazione di una sistemazione abitativi non desiderata. Il ruolo che la Regione ha e che avrebbe potuto attivare anche in passato rispetto alla distribuzione delle risorse nazionali (leggi n. 457 e n. 25).
Non possiamo non registrare come sia mancata negli anni passati una strategia che abbia consentito di assicurare almeno da alcune aree questa offerta che entro certi limiti equiparasse il grande divario di domanda che esisteva su questo versante.
Occorre recuperare il problema non solo facendo riferimento alle quantità delle risorse, ma facendo riferimento a tutte le potenzialità che possono essere date anche dai privati, quindi ponendoci non già in condizioni di deregolamentazione, ma certamente di diversificazione del modo col quale il controllo dei processi insediativi all'interno dei piani regolatori viene regolamentato. Quindi, anche da questo punto di vista evidenziamo come il documento non faccia delle affermazioni, non ponga delle condizioni sufficientemente chiare.
Di fatto si rischia di ritornare ad una definizione o ad un ribaltamento della tematica dell'abitazione nel documento definitivo che riperpetuerà le logiche e gli equivoci delle capacità insediative deprecate della prima edizione della 56.
Auspichiamo che ciò non avvenga, però non possiamo non manifestare questo timore e quindi lo dobbiamo dire con tutta evidenza. Le ragioni che ho espresso sono alcune delle tante che, assieme alle non definizioni di altri problemi che sarebbero più da collocare sul versante socio-economico che non sul versante territoriale, giustificano il nostro atteggiamento critico. Non possiamo non sottolineare questo e non possiamo non collocarci coerentemente alle posizioni che abbiamo già assunto in passato. In particolare non possiamo non ricordare come nella utilizzazione delle risorse regionali che dovrebbero presiedere ai contenuti delle strategie territoriali, la Regione non abbia sufficientemente affrontato il problema delle riconversioni professionali, i problemi dei servizi e delle attività terziarie che dilatino anche al servizio dell'industria opportunità economiche ed occupazionali. Non possiamo non dimenticare come sistemi di mobilità pubblica efficienti non siano ancora stati assolutamente affrontati, anzi, proprio quelle infrastrutture di carattere intercomunale e nazionale che dovrebbero attivare un sistema passante ferroviario sulla nostra realtà, oggi giacciono in una collocazione di genericità ancora del tutto astratta, rispetto alla quale le Ferrovie dello Stato continua- no ad investire, sui quali però gli effetti che verranno prodotti sulla nostra struttura terziaria ed urbana, sono, come diceva l'Assessore, ancora tutti da definire e da immaginare. Così come non possiamo dimenticare che infrastrutture tecniche, quali ad esempio la distribuzione delle discariche e dell'eliminazione dei rifiuti industriali, sia un vuoto spaventosamente presente che denuncia come questa individuazione delle risorse positive e negative in fondo non sia così eloquente dal punto di vista qualitativo come l'Assessore ha denunciato. Emergono poi dei rilievi sui quali probabilmente si soffermeranno i colleghi che ancora parleranno del nostro Gruppo che riguarda- no le aree periferiche, le aree di frangia, sulle quali peraltro insistono ipoteche quale l'ultima che è stata approvata dal Consiglio regionale, la centrale nucleare, che non è di poco conto anche rispetto all'area torinese. Su questo versante noi richiamiamo l'esigenza e l'opportunità di un'attenzione molto diversa, che collochi appunto queste aree marginali in una condizione di attenzione alla preservazione delle risorse, molto più responsabile di quanto non appaia nelle delineazioni strategiche e nelle analisi del documento. Con queste considerazioni sottolineando ancora una volta la coerenza delle posizioni che il nostro Gruppo ha assunto stimolando criticamente l'integrazione del documento, e sottolineando come questa nostra posizione sia in assonanza con le posizioni assunte dai colleghi nel Comitato comprensoriale noi preannunciammo una posizione critica negativa sul documento.
Vorremmo che le altre componenti valorizzassero rispetto a ciò che noi intendiamo costruire. Siamo pienamente convinti di dare anche con questo contributo critico negativo un apporto a che la comunità piemontese dell'area metropolitana torinese benefici nei prossimi anni di tuo strumento che sia uno strumento quadro di sviluppo e non di reiezione, di mortificazione e di accettazione degli aspetti più negativi delle condizioni che si vanno operando, ma le aggredisca con i limiti e le possibilità che sono preposte agli enti che devono gestire questo documento.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sono convinto della premessa che faceva Picco, vale a dire della sostanziale inadeguatezza dell'attenzione, non solo di oggi, nel lavoro che abbiamo avuto rispetto alla portata delle questioni in campo e alle decisioni che assumiamo.
Questa constatazione, che suona quasi come rilievo critico, può avere molte ragioni, per esempio, i tempi concitati sempre presenti in un finale di legislatura fra l'altro ricco di questioni da decidere e in larga parte già decise. Quindi non può che suonare come un ripensamento critico rispetto alla qualità che si deve avere nell'attenzione rispetto alla portata diversa che hanno gli atti.
Devo riconoscere, per esempio, che proprio il collega Picco ha dato un contributo fattivo in Commissione.
Sono invece molto in disaccordo sulle valutazioni di merito. Ci troviamo di fronte ad un atto che è stato ricco per qualità di lavoro, di approfondimento e di consultazione, per il tentativo compiuto di sistemare con sufficiente respiro, anche di prospettiva, di fronte alle questioni aperte sull'area territoriale socio-economica torinese e di tutto il Comprensorio.
Abbiamo avuto un dialogo reale - non può disconoscerlo Picco - molte osservazioni fatte a nome del Gruppo D.C. e nel corso delle consultazioni dalle forze sociali sono state tenute in conto e quasi tutte sono state recepite. Le critiche che ho sentito paiono essere un'altra cosa rispetto all'esame del piano, un esame dei problemi politici o delle posizioni politiche in ordine a questioni diverse o a questioni che si porranno ad altri soggetti, a quelli che dovranno gestire queste indicazioni territoriali.
Se stiamo invece al tema di questo schema ai suoi contenuti indicazioni, orientamenti, che molto si avvicinano dopo le modifiche della legge 56 ad un vero e proprio piano, dobbiamo manifestare due valutazioni.
Una valutazione positiva del lavoro compiuto dal Comprensorio, il quale ha avuto difficoltà di funzionare per la sua abnormità ed enormità.
Si è arrivati a determinare un livello di programmazione, di orientamento, di guida all'azione del sistema degli enti locali dell'area torinese compiuto e ad un grado soddisfacente di affinamento e di elaborazione. In secondo luogo, credo si possa anche dire che per quanto riguarda la Regione abbiamo un rapporto coerente tra indicazioni di piano generale, che abbiamo votato tre settimane fa, le sue premesse sociali ed economiche, l'armatura territoriale che abbiamo definito in quel piano e le indicazioni che nel piano di Torino sono contenute.
Quindi il nostro non è assolutamente un voto di bandiera, ma un voto che sta dentro ad una logica.
Credo vada anche valorizzato il fatto che questa logica non l'abbiamo mutata nonostante che da più parti sia venuta una sollecitazione, a mio avviso un po' miope (e non mi riferisco tanto agli interventi in Commissione invece precisi e puntuali su molte cose nel merito da parte dei colleghi) di rivedere una impostazione per effetto dei cambiamenti avvenuti nell'area torinese.
Certi cambiamenti sono avvenuti, le situazioni non sono le stesse del momento in cui siamo partiti, a lavorare su questo schema. Tanto è vero che su alcuni punti, ad esempio la residenza, la considerazione del peso e del rapporto delle aree agricole, la stessa impostazione del ragionamento sui contenitori vuoti di Torino sono mutati.
Sarebbe un errore tornare indietro a ripensare alla luce delle mutate condizioni, una strategia diversa.
In nessuna area di profonda e grande trasformazione, in Europa e nel mondo, di fronte alle profonde trasformazioni, si è in realtà verificato un arresto di strategia alla luce di una stratificazione di fattori sociali ed economici, presenti. Allora la validità dell'impostazione generale è confermata. Certo, sarebbe stata miopia opposta conservarne tutte le attestazioni. Il nostro voto favorevole allo schema di piano di Torino è una sollecitazione ad andare avanti su questa strategia riprecisata tenendo conto degli elementi e dei gradi di flessibilità che vanno obbligatoriamente introdotti nel processo di pianificazione.
Ne abbiamo parlato in occasione della revisione della legge 56, sapendo che i risultati a cui si è pervenuti conferiscono anche a quest'area, che arriva ultima sul piano formale, ma i cui problemi erano più ingenti, la possibilità di darsi strumenti ed obiettivi di governo sulle trasformazioni che indichino anche arresto degli orientamenti attendibili ed anche praticabili.
Si lamenta che in questo piano non si prevede il cambiamento della faccia del mondo per l'area torinese. Io credo che sia molto più realistico pensare che in un piano che opera e cade in un momento di transizione e di trasformazione sia importante seguire una strategia che porti a quei cambiamenti laddove ciò è necessario e laddove possono innescare effetti più complessi e generalizzati.
Il discorso sui suoli urbani all'interno della città tradizionale, il discorso ed il rapporto tra questo e le aree nuove di espansione o di qualificazione del tessuto urbano sono dei capisaldi che a fronte di un ragionamento, che peraltro non proponiamo col piano ma era un'ispirazione che viene dal governo del 1975 rimane valida, è uno dei punti di validità di questo strumento.
Abbiamo dialogato anche accesamente con le organizzazioni agricole e io credo che il passo compiuto nell'accogliere alcune osservazioni per quanto riguarda le compromissioni possibili della seconda corona, sia stato un passo giusto ed opportuno.
Tra l'altro quello che in altri periodi e in altre situazioni avrebbe potuto essere maggiormente motivato, oggi l'esame serio e sereno di una compatibilità di diversi fattori dello sviluppo, tra cui i suoli agricoli e la resa dell'Agricoltura è cruciale, ci inducono a ritenere che l'operazione ipotizzata ed anche le dimensioni dell'utilizzo dei suoli attualmente agricoli nello schema di piano è infinitamente inferiore comunque programmato e guidabile rispetto a quello che senza strumenti di orientamenti di piano è avvenuto in questi decenni nella provincia di Torino e nel resto della Regione. Ed è su questo terreno che dobbiamo misurare i passi compiuti, intanto con l'approvazione dello schema. Mi auguro che, anche per il livello di affinamento dello schema, è possibile ritenere che si passi anche al piano intanto con questa decisione formale istituzionale, noi consegniamo anche se con ritardo, anche per quest'area una strategia, un ragionamento di governo ed punti di attestazioni e di scelte che, salvo alcuni ulteriori affinamenti per i punti che non sono decisi, rappresentano comunque una immagine e una idea di città e del suo interland che appartengono ad una cultura matura, che ha fatto i conti con i profondi cambiamenti, ma che ha cercato di non esserne troppo scossa e di non essere affidata al contingente, soprattutto alla schizofrenia del contingente. In questo senso quindi anche la misura di questa politica, una dimensione che fa i conti con una città che non può né deve diventare più piccola, ma dico che non debba neanche pensarsi che questa città possa essere una cosa diversa rispetto ai processi produttivi che le stanno sotto, quindi ipotizzare opere inutili o spesso idee inutili e faraoniche per quello che invece non ha alle spalle la sostanza economica e sociale, è un'operazione di governo seria ed attendibile.
L'unico rammarico, quello di non essere riusciti, per un complesso di ragioni a farlo prima, anche se a questo proposito va pur ricordato che su queste linee, quelle contenute e sanzionate oggi qualora si voti questo schema di piano, ci si è mossi e questo non appartiene ad un dibattito tra vecchio e nuovo, ma a un dibattito più serio su quello che si può fare per riuscire ad innescare occasioni di sviluppo equilibrato in un'area in cui i problemi della ripresa e dello sviluppo sono centrali, oltre a quelli della qualificazione e della risoluzione di vecchi problemi mai risolti altrettanto importanti quindi non possono che andare di pari passo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Il mio intervento, in assenza del collega Turbiglio che scuso presso i colleghi, è una dichiarazione di voto. Vorrete scusare se avrà più connotazioni politiche che di contenuto.
In primo luogo dobbiamo rilevare un problema di ordine istituzionale e quindi anticipo che il nostro voto sarà di astensione poiché essendo all'interno di un complesso il giudizio deve essere complessivo e riguardoso di quello che ha fatto il livello precedente, cioè il Comprensorio, all'interno di quello che noi consideriamo un modo di essere della Regione sul territorio. Quindi un giudizio di astensione che non mette assolutamente in discussione, anzi, è un'occasione per ribadirle, le forti perplessità e il giudizio critico del nostro Gruppo all'interno del comitato comprensoriale. In quella sede il giudizio critico ha giustificato un voto negativo, in questa sede la considerazione che siamo all'interno di un processo e non in un momento di giudizio definitivo, ci suggerisce considerando anche che la storia non si ferma oggi, ma continua al di là del 12 maggio, l'opportunità di un giudizio di astensione, di natura più processuale che di contenuto.
Detto questo, non possiamo non rilevare come si giunga ad esaminare questo argomento dopo 7 anni di gestazione. Questa è la prima notazione politica che dobbiamo sottolineare. Abbiamo messo in piedi un sistema di governo del territorio, il Piano di sviluppo, la legge urbanistica come elemento di vincolo, di sanzione, di promozione, di privilegio, il piano territoriale come schema di ragionamento sul territorio che non ha retto evidentemente con i tempi nuovi della società nuova. Se ci fosse Bartali direbbe: "Tutto sbagliato e tutto da rifare". Un decisore pubblico, un programmatore pubblico che ha bisogno di 5 anni per modificare una legge urbanistica, che ha bisogno di 5 anni per fare un piano di sviluppo, che ha bisogno di 7 anni per fare uno schema di piano comprensoriale, è evidentemente un decisore che deve rivede- re radicalmente il suo modo d'essere. Questo è un giudizio sul quale abbiamo difficoltà a convenire tutti, ma sul quale la forza delle cose ci dovrà fare convenire.
Dobbiamo avere l'umiltà, come istituzione, di riconoscere che il nostro Piemonte si è profondamente trasformato - se permettete - in barba alla Regione Piemonte. Quanto è avvenuto nella Regione Piemonte è stato del tutto slegato e indipendente rispetto alla nostra capacità di governo di questa realtà. E' una lezione che ci viene dalla serietà del Comprensorio.
Io posso non condividere i risultati a cui è arrivato il Comprensorio posso non condividere le strategie, ma non posso non considerare l'attenzione e la serietà con cui ha lavorato. Probabilmente il Comprensorio avrebbe potuto produrre, in tempi molto più brevi e quindi apparentemente in tempi economici e politici accettabili, un risultato oggettivamente, culturalmente e politicamente insoddisfacente. Quindi mi pare che sia giusto riconoscere il fatto che il Comprensorio ha voluto essere testimone, protagonista anche responsabile di questo processo e non abbia cercato di ignorarlo per vedere una realtà diversa da quella che é.
Il Comprensorio è in crisi, è criticato come istituzione, è messo in discussione a livello nazionale da tutte le forze politiche, compresa la mia. A livello locale non dispone neanche più degli elementi di sussistenza. Quindi tutta la storia della nostra Regione si chiude con questo nostro atto.
In questo senso viene il nostro voto di astensione. E' un periodo della cultura politica regionalistica perdente, che va rivisto nella sua ragione di fondo, che va reinventato. Le mie sono considerazioni ritrite, ma la storia continuerà a darci ragione nei fatti. Ci darà torto nei numeri, è vero, in politica i numeri sono importanti. I fatti sono però altrettanto importanti.
Questa maggioranza non cambierà magari neanche dopo le elezioni troverà il modo di moltiplicare per due gli Assessorati dei social democratici, si faranno le cose più incredibili, ma la realtà è molto semplice. Laddove queste politiche si devono realizzare, concretizzare sviluppare, c'è il fallimento totale ed assoluto della politica di sinistra. La città di Torino non ha più una maggioranza e il P.C.I. dopo aver perso gli alleati, perde anche i comunisti. Siamo nella città-pilota città-esperimento del modello comunista nei Paesi occidentali.
Di questo stiamo parlando, non stiamo parlando della gestione comunista di Prà Catinat, stiamo parlando di come il P.C.I. stia fallendo. Si potrà ridere, certo, non so se riderete molto quando cominceremo a leggere i memoriali dei comunisti pentiti, che sono un fatto nuovo della scena politica e della crona politica. Russo ha detto chiaramente che cosa pensa del Partito comunista torinese, Russo è difficile che passi al Partito Liberale, certamente non è stato prezzolato dal P.L.I. né verrà martirizzato con una picozza dal P.L.I. questo è certo.
Indubbiamente abbiamo i comunisti pentiti a Torino. Dopo che il P.S.I.
si è dissociato e non è più entrato in Giunta col P.C.I., adesso i comunisti si dissociano dalla Giunta comunista. Allora ci sarà qualcosa che non funziona? La sinistra deve ripensare le sue strategie nella realtà torinese. Mi sembra strano che una forza politica che in questo momento è travagliata da una vicenda nuova così delicata, pensi che le altre forze politiche non abbiano diritto di interloquire e che soprattutto ritengano che questa sia materia risibile.
Incomincio a pensare che abbiano diritto e ragione Russo e gli altri quando dicono che nel P.C.I. le posizioni di dissenso diventano immediatamente posizioni non di riflessione ma, come vedo in quest'aula meritino soltanto considerazioni di scherno. Non mi sembra giusto questo.
Apprezziamo il lavoro del Comprensorio, segnamolo nella cultura politica di questa Regione come uno sforzo di approfondimento dei problemi non stiamo a discutere se sono in linea con la strategia che noi condividiamo o meno perché certamente avremmo argomenti per dirvi che non la condividiamo, prendiamo atto che in questi 7 anni la programmazione nella Regione Piemonte non ha funzionato (arrivo a dire che forse non è colpa della classe dirigente di questa Regione, né del governo di questa Regione, ma, della forza delle cose, dei ritardi dello Stato, della sproporzione che gioca contro il decisore politico tra il decisore privato e il decisore pubblico).
Certamente non possiamo lasciar passare sotto silenzio quest'occasione per registrare il fallimento della programmazione nella nostra Regione. Il documento di primo impianto della programmazione nell'area metropolitana torinese e nel comprensorio, ci mette sette anni a vedere la luce probabilmente sette anni è il tempo che ha compiuto il decisore privato, in una qualche misura nostro contraddittore, per rivedere tutta la propria politica non solo aziendale, ma anche societaria, cambiarla, leggerne i risultati, e tornare un'azienda leader in Europa. Da quella parte il decisore privato ha realizzato il proprio obiettivo, da questa parte il decisore pubblico è solo allo schema di impostazione del piano territoriale. Quindi questa non deve essere occasione dell'opposizione per martirizzare la maggioranza, perché probabilmente è un'occasione di riflessione anche per l'opposizione non solo per la maggioranza, non pu essere e non lo accettiamo come occasione di trionfalismo per la maggioranza e per la forza di governo.
Registriamo ogni giorno che passa che, al di la dei numeri che vengono tenuti incollati anche da interessi di natura elettorale da parte dei singoli partiti, questa maggioranza non esiste più.
Non esiste più il soggetto. Una maggioranza normalmente è la espressione di un soggetto, di un obiettivo e di una strategia.
E' fallita sulla città di Torino, ma diventa difficile capire come sia riconciliabile in questa sede soprattutto sugli argomenti sui quali stiamo a discutere. Io non so quale sviluppo avrà la vicenda torinese, mi sembra strano pensare che il Partito socialista che esprime giudizi sul P.C.I.
come quelli che ha espresso nelle interviste di ieri, ritenga di poter programmare questa Regione, all'interno della quale c'è pure questa Torino.
Non so se la vicenda dei comunisti pentiti sarà oggetto di barzellette o sarà oggetto di riflessione. La svolta politica che noi auspichiamo per questa Regione passa anche attraverso un franco dibattito.
E' apprezzabile che sia avvenuto all'interno del P.C.I, rispetto al quale abbiamo il fenomeno nuovo dei comunisti pentiti, che magari diventeranno socialisti convinti.
Queste sono le illazioni che si sentono.
Per adesso sono comunisti pentiti, in futuro non so se saranno socialisti convinti o liberali in aspettativa. Se non fossero avvenute talune cose, in quest'aula forse potremmo parlarne con più libera di parola, che pure abbiamo ma che non possiamo usare perché siamo circondati da un clima che non consente un franco scontro politico.
Avremo pur diritto di chiedere le ragioni di queste o di altre vicende comprese quelle curiose di questa maggioranza.
Però per caria di patria e per la strana situazione in cui ci troviamo a vivere ed a mantenere i nostri comportamenti, condizionati come siamo da situazioni che frenano la nostra possibilità di muoverci come persone e come forze politiche, ci inducono a chiudere questo nostro intervento.
Ci asterremo, non perché condividiamo quanto questo piano ha scritto ma rifacendoci alle considerazioni critiche che hanno portato il Gruppo consiliare liberale del Comprensorio ad esprimere voto contrario, a considerare questo come un elemento di un processo.
Fin quando il processo non è compiuto è dovere dell'istituzione di concorrere nel limite del possibile al miglioramento del prodotto dell'istituzione stessa.
In questo senso il voto di astensione significa la disponibilità a riprendere questo schema, a rielaborarlo nella fase di definizione definitiva augurandoci che possa uscire il più compiuto, il più funzionale rispetto a questa società.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Penasso. Ne ha facoltà.



PENASSO Alfredo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento è un tantino modificato rispetto all'impostazione iniziale in quanto il dibattito è apportatore di idee a cui ciascuno di noi si allaccia.
Parto dalle valutazioni che faceva il collega Marchini quando si riferiva ai 7 anni di travaglio e di gestazione di questo documento.
Personalmente sono stato partecipe all'euforia dell'ipotesi di piano di sviluppo socio economico del Comprensorio di Torino e molte volte mi sono domandato quale era la ragione del suo ritardo.
Ma le ragioni sono note a tutti: il travaglio che ha subito il Comprensorio di Torino, le incomprensioni all'interno della maggioranza e non solo della maggioranza, le contraddizioni per la estrapolazione di questo documento. Tutti questi fatti probabilmente hanno determinato il ritardo di 7 anni e se 7 anni fa alcune impostazioni di fondo che il documento pone all'attenzione potevano essere credibili e valutabili, oggi si debbono rivedere molti aspetti.
La storia recente e le esperienze legislativa in materia urbanistica hanno come fondamento l'uso e la tutela del territorio.
Nella Regione Piemonte la legge urbanistica non a caso reca il titolo: "Tutela ed uso del suolo" Nel titolo è prioritaria la tutela del suolo quale bene irripetibile, unico, da salvaguardare, non solo passivamente, ma con un processo attivo, in grado di difenderlo nella sua essenza difendendo altresì l'equilibrio del suolo che riveste un ruolo fondamentale nel contesto del sistema ecologico. Se con la legge urbanistica si parla di difesa del suolo, crediamo che nelle leggi e negli atti concreti di programmazione si debbano almeno tenere in considerazione i cardini dell'assetto territoriale. Purtroppo dobbiamo constatare che le indicazioni di principio vengono sempre superate dalla logica della politica e degli interessi di parte.
All'art. 25 del Titolo IV della legge urbanistica piemontese si indicano norme di valorizzazione e recupero del patrimonio agricolo, tutela ed efficienza delle unità produttive, definendo queste finalità come obiettivi prioritari. Si condivide il carattere fortemente innovativo di queste norme che allargano l'orizzonte dell'urbanistica dal ristretto e superato ambito del fatto costruttivo edilizio, verso una più vasta politica dell'uso del suolo. Globalmente considerata nei suoi aspetti essenziali anche in previsione di una salva- guardia dell'equilibrio naturale, l'agricoltura fornisce il contributo essenziale alla difesa del territorio anche nei suoi equilibri idrogeologici. Si fa riferimento spesso all'assetto ideologico, ma non di correlazione tra il problema territoriale e la valorizzazione dell'agricoltura. Forse perché non si è ancora ben compreso che gli agricoltori lavorano sul terreno, bene irripetibile, che non può essere utilizzato su due piani e pertanto deve essere salvaguardato a fondo nella sua essenza. Considerare il problema agricolo nella sua giusta connotazione significa comprendere quale debba essere il ruolo della programmazione, quali debbano essere le proposte da suggerire per l'integrazione tra i vari settori mantenendo fede ad un impegno prioritario: la salvaguardia e tutela del patrimonio agricolo come bene irriproducibile. Vogliamo ribadire che il problema agricolo non deve essere visto sotto un aspetto residuale nel contesto dell'economia. L'agricoltura è di importanza rilevante, anche laddove prevalgono diversi sistemi economici sul settore agricolo. Laddove non esiste l'agricoltura non è possibile ritrovare l'equilibrio naturale nel quale il cittadino pu compiutamente realizzarsi.
La tutela del suolo dev'essere distintivo di una logica scelta che vede l'equilibrio naturale come fondamento della possibilità di sopravvivenza dell'uomo nel territorio. Più sentiamo parlare di evoluzione concettuale delle problematiche territoriali, più il settore agricolo viene messo in disparte. La difesa e lo sviluppo dell'agricoltura nell'area comprensoriale di Torino si pone come problematica emergente, sia considerando il ruolo economico di tale settore, sia il ruolo svolto nei confronti della difesa e riqualificazione del territorio in senso più vasto. I suoli agricoli non possono essere considerati aree residuali marginali in attesa di future urbanizzazioni, ma considerati per le loro capacità intrinseche produttive limitate ed irriproducibili in quanto risorse energetiche primarie.
Una politica di salvaguardia delle aree maggiormente produttive sotto il profilo agricolo deve caratterizzare lo schema territoriale, premessa per l'avvio di una politica più vasta, mirante a dei criteri di riorganizzazione della struttura aziendale. Ciò attraverso il corretto uso delle potenzialità specifiche dei suoli; il recupero delle terre incolte l'elevato stand residenziale a servizio delle aree rurali; il conseguimento dei redditi comparabili dagli addetti al settore agricolo. Si rivendica con forza l'esigenza che l'agricoltura anche nelle scelte territoriali del Comprensorio di Torino in un sistema di economia mista, sia considerata paritetica ai settori industriali e al terziario.
Se negli anni precedenti c'è stato uno sforzo dei legislatori e degli operatori pubblici nel comprendere tale ruolo, si assiste a dei processi inversi. Dopo la crisi petrolifera del '75 si delineava il settore agricolo come centrale. Nei fatti però l'affermazione veniva puntualmente disattesa e l'agricoltura diventava residuale. Oggi, se si vuole superare la crisi in atto, occorre considerare il settore paritetico agli altri, consentendo ad esso di accedere al tavolo delle trattative. Se sotto l'aspetto concettuale assistiamo alla negazione dei principi, sotto l'aspetto pratico forse assisteremo ad un rapporto diverso tra i settori produttivi, cardine dell'economia nazionale, ed il fondamentale settore agricolo.
Il problema salvaguardia del territorio è il problema del domani da affrontare oggi. La difesa del suolo, la sua potenzialità produttiva e la difesa della sua capacità di conservazione e di ricambio degli ecosistemi deve essere posta effettivamente a servizio dell'uomo perché egli vive del territorio. Con quali strumenti si opera la programmazione del territorio? Innanzitutto, attraverso il piano comprensoriale che è il documento politico con il quale il Comprensorio esprime la propria scelta, con validità decennale, il piano comprensoriale rappresenta quindi la volontà politica di riconoscere nelle scelte territoriali le dinamiche evolutive settoriali.
H piano comprensoriale rappresenta altresì il disegno territoriale e come tale riveste il carattere di strumento guida ai processi di pianificazione minore, quali le scelte urbanistiche di piano regolatore dei Comuni nell' ambito del Comprensorio. In questa logica i Comuni adeguano la propria disciplina alle indicazioni del piano comprensoriale. Pertanto questo strumento rappresenta il quadro di riferimento sociale, economico politico, gestionale, per tutta la realtà amministrativa comprensoriale.
L'approvazione del piano socio-economico-territoriale costituirà quindi una scelta decisiva nella gestione comunale. La gestione urbanistica comunale interessa in modo parti- colare gli agricoltori in quanto su questa categoria si determina il maggior numero di occasione in cui il territorio agricolo viene sottratto alla sua naturale vocazione per esse re destinato ad altri usi.
La validità decennale del piano comprensoriale contrasta però con le esigenze del settore agricolo la cui programmazione settoriale necessita tempi brevi di sostanziali evoluzioni e cambiamenti. I territori comunali sono l'oggetto principale della pianificazione territoriale, pertanto anche alla luce delle considerazioni avanti esposte, sarebbe opportuno che il piano comprensoriale tenesse conto delle realtà emergenti nell'ambito più ristretto. Pur rilevando che gli strumenti della programmazione esistono, si evidenzia la preoccupazione che la macchina da attivare sia piuttosto complessa in quanto in modo difficilmente arrestabile e disponibile per cambiamenti di rotta.
Esiste un rischio nella specializzazione della programmazione in quanto tutto viene visto dall'alto, purtroppo la scala di approccio al problema territoriale è inadeguata e consente quindi grossolani errori nelle valutazioni d'uso del suolo. Pertanto, mentre da un lato si cerca di operare l'integrazione tra le problematiche e si cercano soluzioni intersettoriali a vasta scala, dall'altro, così facendo, non si riesce a comprendere cosa accade realmente sul minuto territorio, soggetto di pianificazione.
Ribadiamo pertanto che è necessario instaurare una nuova metodologia di approccio ai problemi del territorio agricolo attraverso una lettura più attenta dei suoi valori emergenti.
La prassi urbanistica corrente ha tralasciato da sempre l'aspetto agricolo; le indagini condotte a livello di piano non hanno mai considerato gli aspetti dell'uso reale del suolo, ma soltanto evidenziato alcune volte le espressioni di fertilità contenute nella cartografia dell'istituto piante da legno. Nel processo di programmazione è fonda- mentale il ruolo svolto dagli organismi minori, nella scala dei governi locali: Comuni commissioni agricole zonali; ciò perché soltanto con la reale partecipazione di base si possono evidenziare realtà sociali ed economiche.
La pianificazione comunale deve necessariamente essere integrata dagli apporti derivati dal lavoro svolto dalle Commissioni zonali agricole alle quali è delegata per legge regionale la programmazione di settore. Queste commissioni svolgono un lavoro efficiente sul territorio teso ad individuare ogni aspetto dell'uso del suolo agricolo, riconducibile metodologicamente alle indicazioni contenute nel capitolo 3, l'agricoltura della parte territoriale dello schema di piano. Pertanto, la logica vorrebbe che si considerassero meglio gli aspetti emergenti dell'uso del suolo da parte dei Comuni che si estendessero a piani regolatori validi e che il comprensorio operasse con le proprie indicazioni sui suoli residui non agricoli. Esistono dei quadri di riferimento a livello piemontese per fare della programmazione e pianificazione corretta. La carta sulla capacità di uso dei sudi offre notevoli spunti per un dibattito sugli obiettivi della programmazione socio-economica. Se quella carta ha voluto significare una svolta nel modo di pensare l'urbanistica, quindi sul modo di usare o sprecare suolo, quella carta sarà quadro di riferimento per la corretta programmazione e quindi esempio guida per la pianificazione minore.
Dai dibattiti di consultazione subcomprensoriali è chiaramente emersa la volontà delle amministrazioni comunali di partecipare effettivamente alle scelte di pianificazione evidenziando a livello comunale possibili localizzazioni. Dobbiamo considerare che è necessario non disattendere il ruolo delle autonomie locali, pertanto ci si deve far carico di lasciare agli enti preposti il compito di pianificare il territorio, come la legge urbanistica vuole; al Comprensorio e alla Regione competerà di vigilare affinché i principi ispiratori delle leggi non vengano disattesi dagli elaborati di piani territoriali. Altresì è compito della Regione e del Comprensorio di rendere al Piemonte un'immagine, non già di contenuti politici preconcetti, ma di laboriosità dei settori produttivi che necessitano oggi di essere riorganizzati in un disegno regionale. Su questa riorganizzazione si gioca il ruolo del Comprensorio torinese nel prossimo decennio, ma altresì si gioca la sopravvivenza della sua agricoltura.
Il piano comprensoriale si propone di affrontare i problemi dell'assetto territoriale tenendo conto che è in atto un processo di diffusione spaziale di sviluppo che si regge sulla piccola e media industria, su di un'agricoltura che si va rapidamente modernizzando e sull'attività turistica e si incentra attorno al sistema diffuso della piccola e media città. Questo processo di diffusione urbana è in atto anche nel comprensorio torinese e pertanto il piano richiede che si espliciti questa tendenza evolutiva in atto nel sistema.
Il piano comprensoriale si pone l'obiettivo di favorire la rivitalizzazione e lo sviluppo storico del tessuto insediativo territoriale da parte dei processi di diffusione urbana. La scelta è tesa a ricercare una giusta integrazione tra i centri di servizio dell'attività agricola ed i centri per attività industriale terziaria tradizionalmente legate alla città allo scopo di salvaguardare l'agricoltura e l'ambiente naturale.
Negli obiettivi strategici per aree subcomprensoriali si evince che la parte di pianura agricola che si estende a nord, a nord-est dell'area metropolitana e a sud della stessa, va riaffermata la esigenza che la politica territoriale riconosca il ruolo predominante dell'attività agricola, ne tragga a tutti i livelli le conseguenze che sono di rigorosa salvaguardia delle aree agricole; politica di sostegno efficace alle strutture produttive, modernizzazione dei servizi in agricoltura, di rafforzamento dell'armatura urbana, soprattutto in funzione dei servizi nuovi di cui il mondo agricolo ha bisogno per affrontare i problemi connessi ad un corretto uso delle risorse primarie ed ambientali. Lo schema di piano individua come è necessario avviare una politica di rigorosa protezione delle acque, di salvaguardia delle aree paesaggistiche e naturalistiche e di rigoroso vincolo idrogeologico. L'insieme di queste politiche fa parte integrante di quella strategia dello sviluppo urbano diffuso e razionale, quale componente organica necessaria per conferire a questo sviluppo l'attributo di "razionale".
Dobbiamo rilevare che nei fatti però tutto questo non è avvenuto: le scelte del piano non tengono in alcuna considerazione il problema dell'uso del suolo a fini agricoli. Gli interventi preposti per la maggior parte vengono ad essere collocati sulle aree maggiormente fertili, stravolgendo così quell'assetto agricolo sul quale si pensava di operare con una razionalizzazione dei sistemi produttivi. E' una palese, macroscopica inaccettabile contraddizione.
A questo punto ci domandiamo: nel piano queste cose sono state veramente inserite? Noi diciamo di no.
Con quale pudore la Giunta fa le osservazioni al piano territoriale del Comprensorio di Torino? Non si è avuto il coraggio di affrontare fino in fondo i nuovi problemi che hanno investito la nostra area territoriale.
L'amico Bontempi diceva che non si è voluto tornare indietro perch nonostante i mutamenti, bisogna andare avanti. Noi ci domandiamo se con queste premesse e con queste indicazioni non era opportuno dopo 7 anni soffermarci ancora per rivedere l'impostazione concreta di fattibilità di questo progetto di piano comprensoriale. Non entro nel merito delle varie situazioni periferiche.
Se la Giunta vorrà prendere in considerazione le varie proposte, le sollecitazioni responsabili delle organizzazioni professionali agricole e il grosso sforzo di contributo dato nell'elaborazione di questo schema di piano, questo piano nella sua stesura definitiva sarà profondamente rivisto, tenendo conto delle mutate condizioni socio-economiche. Come ha premesso il collega Picco, e dopo le mie considerazioni, è ovvio l'atteggiamento che adotteremo in fase di votazione. Non può che essere una valutazione negativa perché nonostante lo sforzo fatto, qui riconosciuto da più parti, da parte dei soggetti interessati, dal comprensorio, dal nostro Gruppo consiliare, dai soggetti sociali, quelle indicazioni non sono state accolte.
Non dobbiamo creare illusioni ma neanche preoccupazioni. Data l'attuale situazione economica e l'attuale impostazione, questo piano non sarà realizzabile.
Se vogliamo essere realisti dobbiamo rivedere l'impostazione di piano per realizzare con spirito di servizio per la comunità il piano perché sia fattibile e rispondente alle esigenze di sviluppo della nostra area territoriale e comprensoriale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente e colleghi, il mio breve intervento è anche dichiarazione di voto, anche perché questo è uno schema comprensoriale che abbraccia lo scibile regionale. Non è tanto alle scelte precise che ci si può riferire in una sede come questa, quanto piuttosto alla filosofia di fondo nella quale un progetto di programmazione si colloca e si legittima.
I Repubblicani sono sempre molto attenti ai processi programmatori (e non v'è dubbio che questo schema territoriale è uno strumento di supporto alla programmazione non soltanto territoriale, ma anche economica e sociale) e credo che non possa essere sottaciuto il ritardo col quale questo schema territoriale arriva all'approvazione da parte del Consiglio regionale.
C un ritardo che accumula e stigmatizza altri ritardi che in questa Regione stiamo registrando di questi tempi. Abbiamo registrato ritardi nella definizione del sito per la centrale nucleare; abbiamo registrato ritardi per l'approvazione del Piano di sviluppo; questo è un altro ritardo che stigmatizziamo questa sera. Già erano in ritardo i piani degli altri comprensori, che il Consiglio votò nel mese di luglio del 1981, anche se il clima (non solo quello metereologico) nel quale il Consiglio arriv all'approvazione di quei piani era ben diverso da quello attuale. Credo che avessimo tutti più entusiasmo, nel luglio 1981, rispetto al valore della nostra attività di amministratori e di legislatori regionali.
Lo schema di Torino ha avuto altri 4 anni di elaborazione rispetto a quei piani, anche se credo che non soltanto all'elaborazione vada attribuito il ritardo, ma soprattutto alle traversie che sia nell'ambito del Comprensorio di Torino e nell'ambito dell'assemblea comunale questo progetto ha avuto. Certo, se l'avessimo approvato nell'81, tenuto conto delle trasformazioni rapide, del precipitare della situazione, e non soltanto demografica, come ha detto il Vicepresidente della Giunta nella sua introduzione, ma ai cambiamenti di carattere economico e sociale che hanno caratterizzato questi primi anni '80, oggi probabilmente saremmo obbligati ad un velocissimo aggiornamento. Ma non è meno vero tuttavia che non aver potuto disporre degli strumenti di programmazione adeguati al momento opportuno ha impedito quelle altre capacità progettuali degli enti collegati o istituzionalMente subalterni o addirittura a volte alle decisioni degli organi superiori di concretizzarsi o di esprimersi. Uno dei motivi per cui è nato il FIO, al di là del suo primo obiettivo di fondo per favorire gli investimenti e l'occupazione, era quello di andare a supportare i progetti cosiddetti "cantierabili" cioè quei progetti che discendevano da piani di sviluppo o da programmi definiti ed approvati ed il cui solo ostacolo alla loro realizzazione fosse rappresentato dalla carenza finanziaria o addirittura dall'assenza di finanziamento. E' così successo che anche le nostre domande al FIO hanno sempre avuto il carattere della eterogeneità: da un lato ricordiamo le decine e decine di progetti che abbiamo mandato a Roma e dall'altro la impossibilità di collocare questi progetti in una griglia programmata o progettata che discendesse da obiettivi precisi.
Certo, nel ritardo comprensoriale torinese ha influito non poco il contrasto all'interno delle forze politiche tra voler conservare Torino che del Comprensorio è la parte più importante, entro un ineluttabile destino di città industriale o soltanto industriale, od averne invece un progetto di possibile trasformazione e sviluppo cogliendo gli esiti dei processi di automazione e le opportunità del territorio, in una parola: le occasioni, tutte le occasioni di battere la politica del declino accettato che per anni prevalse nella sala rossa del Comune di Torino.
Oggi e non solo da oggi c'è del movimento rispetto a questi problemi e la decisione degli ultimi responsabili della politica urbanistica al Comune di Torino ne sono una dimostrazione evidente. Il problema però non è di oggi, è latente. Si può dire che vi è stato chi per troppo tempo ha voluto eludere questo problema, come se non parlandone si potessero salvaguardare posti di lavoro o occasioni di sviluppo, che invece già erano compromesse.
Abbiamo finora rilevato i guasti che dal ritardo sono derivati dall'assenza generale di una politica di programmazione, ma sul contenuto dello schema occorre soffermarsi ancora.
Innanzitutto questo schema, al di là del giudizio di merito, risulta inapplicabile perché gli strumenti urbanistici, di cui tanto abbiamo discusso, non permettono di concretizzare alcuna politica per l'ente intermedio o per i collegati livelli istituzionali, io non nego che questo strumento, come è stato detto, questo schema più degli altri possa basare il proprio esplicarsi su dati storici e su riferimenti di analisi più approfonditi. Anch'io do atto che c'è stato un lavoro serio a monte ma esso va a cadere innanzitutto, per fare un esempio, su una città che non ha un piano regolatore, che, come ho detto, non ha ancora risolto, nonostante le urgenze, il suo divenire urbanistico. Ecco perché questo documento non solo è in ritardo, ma è irrealizzabile, non è concretizzabile, non è convertibile in azioni immediate: è un ulteriore specchio delle contraddizioni politiche e culturali di non governo degli ultimi anni.
Domani c'è la Conferenza sull'occupazione e sulla trasformazione del sistema produttivo. Probabilmente si leveranno voci che daranno la misura della lontananza dell'amministrazione politica dalla società. Sarà probabilmente ancora una volta l'elencazione dei mali della Regione, delle colpe altrui e delle volontà irrealizzate, forse anche irrealizzabili. Il nostro voto su questo documento sarà un voto di astensione, in linea anche a quello che è stato l'atteggiamento dei nostri rappresentanti nel Comprensorio e al Comune di Torino, da un lato perché si tratta di un momento non definitivo, lo diceva già qualche altro Consigliere intervenendo, ma di un momento transitorio che vedrà un momento definitivo in termini successivi. Noi non siamo d'accordo sulla filosofia di fondo che ispira il documento, quindi non trova il nostro consenso politico. Non v'è dubbio che un processo programmatorio piramidale, come quello che si è realizzato attraverso questo schema, è sempre un fatto politicamente ed amministrativa mente apprezzabile. Questo determina soprattutto la nostra astensione, il nostro voto di attesa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Villa. Ne ha facoltà.



VILLA Antonino

Userò molto poco di questa facoltà in termini di tempo, anche perch quello che è stato detto dagli interventi che mi hanno preceduto hanno già puntualizzato molto bene la situazione. Quindi lasciamo stare la questione dei ritardi. L'unico aspetto su cui vorrei portare l'attenzione, che non permette di astenerci, ma che dice di votare contro in quanto ci si trova a votare un "non ente", una cosa che non c'è, qualche cosa che, pur con tutti gli studi e con tutta la serietà con cui può essere stato redatto evidentemente è al di fuori del tempo. Sarà per il tempo passato, per certamente non è uno schema di piano su cui potere lavorare nel 1985. Tanto più poi quando leggo - sembra quasi ironico, ma credo che la Giunta non voglia fare dell'ironia - nelle premesse, che per quanto concerne gli aspetti territoriali questo schema è migliore, ha un maggior grado di dettaglio delle indicazioni operative di quelle che c'erano negli altri schemi. Se vado a vedere il maggior grado di dettaglio negli schemi operativi, mi chiedo, ad esempio, se nel 1982, quando nel mese di marzo noi abbiamo scelto le due aree per la centrale elettronucleare, la Po 1 e la Po 2, (in quello stesso torno di tempo si stava facendo lo schema di piano territoriale) quale grado di dettaglio aveva quando non si prendeva in nessuna considerazione il ciclone che poteva investire una parte di quel territorio? A meno che - e questa sarebbe certamente una cosa che mi garberebbe si dica che lo schema del piano del Comprensorio di Torino chiude con Chivasso.
Ma, quando la quinta subarea contempla Chivasso e Crescentino, abbiamo una fascia di 15-20.000 abitanti, una fascia di territorio che occupa 4 Comuni (anche se di un'altra Provincia) che sono investiti, vista la delibera della settimana scorsa, da un fatto grossissimo, non solo per la zona, ma per tutto il Piemonte.
In più si dice che è da valutare molto attentamente la possibilità di installare nella centrale Enel di Chivasso la nuova potenza prevista dal PEN.
Il fatto di avere staccato una realtà che stava nascendo, che era vivace, l'abbiamo dibattuto per due giorni in questo Consiglio: poco lontano da noi, non ci si accorgeva, non si faceva mente locale ad una realtà di questa entità. Questo è un documento che può essere preso come un buon studio di tesi di laurea, fatta in un'epoca che oramai non è più attuale; lo si prende, lo si legge, si ha magari la soddisfazione di vedere che qualcuno se ne è interessato, che qualcuno l'ha approfondito che ha avuto anche il 110 magari con la lode (non certo il diritto di stampa però); accettiamo quello che è e vediamo da ora in avanti quello che è possibile fare.
Quindi annulliamo quello che è stato fatto, pure mantenendo delle linee direttrici. Se poi sono valide, bene - e qui mi aggancio anche all'intervento del collega Picco - ma certamente non possiamo partire di qui a trasmutare questo schema, a farlo diventare piano, a meno che si ristrutturi completamente tutto il Comprensorio torinese.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri interventi, la parola all'Assessore Rivalta per la replica.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione

La prima considerazione che voglio ribadire è la valutazione positiva per il lavoro che il Comprensorio ha svolto nonostante i ritardi confrontandosi con difficoltà che non stanno nella elaborazione, ma nella difficile vita politica del Comprensorio, in particolare di quello di Torino per la sua complessità.
Dico questo perché mi sembra che non si debbano spendere altre parole.
Ci siamo trovati in questi anni a misurare la complessità della società, dei processi economici e dei processi territoriali in misura di gran lunga superiore a quella che immaginavamo soltanto il decennio scorso.
Una società, la nostra sempre più complessa per cui è difficile fare della programmazione. Richiamo ancora una volta che nella primavera del 1980 la Fiat continuava a venire a chiedere di rendere edificabili a fini industriali delle aree del comprensorio di Torino e nel settembre dell'80 è incominciata questa operazione di esodo dalle fabbriche e di riduzione degli stabilimenti attivi. Questo per dire che è una società che è diventata sotto tutti i profili, quelli civili e quelli economico industriali, difficile da valutare nelle sue dinamiche e nelle sue prospettive. Lo è stato anche per tutti gli operatori pubblici. Ci siamo trovati infatti in una situazione completamente nuova a partire dall'80 e dall'82. E' una società - permettetemi il termine - anche pasticciata.
Quotidianamente in questo periodo stiamo percependo il pasticcio entro cui si svolge la vita politica e la vita istituzionale.
E' una società pasticciata e difficile perché prevalgono gli aspetti soggettivi, gli aspetti corporativi, gli aspetti di divisione all'interno della società e non le tendenze all'unificazione. In una società come questa è difficile trovare degli orientamenti e dei riferimenti che possano avere un carattere e un significato collettivo. Ribaltando questa mia asserzione dico che forse non si vuole ricercarli.
Oggi chi cerca di fare della pianificazione e della programmazione mi sembra possa essere assimilato a Steinberg quando, partendo da un groviglio di fili cerca di tirare il filo steso, quando partendo da un groviglio di segni cerca di riportare questi segni a forme geometriche conosciute e percepite. Ebbene, il Comprensorio di Torino in quella situazione difficile, complessa, nuova, in una società che si fa sempre più pasticciata e che sta dando problemi di programmazione, di pianificazione problemi generali di vita e di sua caratterizzazione, ha avuto la forza e il coraggio di cercare di operare come Steinberg.
Questa è la nota secondo me di merito, che alla fine prevale sui ritardi, sulle difficoltà di svolgere il lavoro.
Questo filo per così dire oggettivo, questo tentare di districare una matassa aggrovigliata ha alcuni riferimenti chiari, certo da approfondire sono di natura economica per quello che riguarda l'esigenza di una politica di sviluppo fondata sull'innovazione industria- le, tecnologica, terziaria e infrastrutturale e su questo lo schema di piano territoriale del comprensorio di Torino è ricco di impostazioni, di valutazioni, di aggregazioni di temi e di definizioni di primi orientamenti di progetti aggregati, integrati. Il filo razionale dal punto di vista territoriale cerca di delineare il sistema insediativo nelle sue trasformazioni e nelle sue qualificazioni future di organizzare la vita e di difendere l'ambiente naturale.
Quando il Consigliere Villa parlava avevo l'impressione che ritenesse che lo schema di piano territoriale è la delibera e l'allegato alla delibera. Lo schema di piano comprensoriale socio-economico e territoriale del Comprensorio di Torino è voluminosissimo.
Ho persino accusato il Comprensorio di aver lavorato troppo nella formulazione dello schema.
E' giustificato quello che ho detto: l'elaborazione dello schema è già qualcosa che va al di là, che si avvicina ai documenti ed all'elaborazione per il piano vero e proprio. C'è nelle indicazioni territoriali un tentativo di razionalizzazione dei processi. Continuiamo a lasciarli andare avanti, rispondendo alle sollecitazioni corporative, alle sollecitazioni disaggregate, alle sollecitazioni singole che avvengono sul territorio che si realizzano poi nella misura che si realizzano, in maniera diffusa e confusa sul territorio, contraddittoria e irrazionale, o non cerchiamo un indirizzo direttore generale a cui attenerci? Il piano questo indirizzo direttore generale lo fornisce, individuando il ruolo di Torino, come area metropolitana di rilievo nazionale, per un suo rapporto e gioco nel contesto europeo, individuando l'area metropolitana di Torino, e non poteva essere che così, come riferimento per la vita comprensoriale e regionale.
Di qui le scelte delle direttrici strategiche di ristrutturazioni interne all'area metropolitana, l'asse ferroviario e gli assi di attraversamento che rendono possibile quella funzione primaria, per giocare un ruolo territoriale ampio dell'accessibilità fisica per quanto riguarda il movimento delle persone e dei mezzi. Tutto questo è orientato ad essere anche soggetto di una ristrutturazione qualitativa all'interno dell'area metropolitana.
La relazione con la Valle di Susa per i collegamenti per il ruolo europeo, l'individuazione della Pedemontana, come asse ove cercare di attestare l'organizzazione della vita urbana a favore anche delle popolazioni che vivono nelle valli, avendo quindi dei centri vicini che si strutturino e si qualifichino dal punto di vista urbano e come barriera per fermare quella che è stata e che potrebbe continuare ad essere la pianurizzazione verso le zone più fertili della nostra Regione pianurizzazione che oggi forse non sta avvenendo, se non marginalmente, per logiche industriali, ma che avviene per logiche residenziali. In questa struttura organizzativa di carattere generale con contenuti di carattere regionale, nazionale ed internazionale, con politiche più specifiche che riguardano le singole zone, i singoli poli, mi pare sia chiaro un disegno direttore, razionale, di un piano territoriale.
Quello che mi sembra debba venir fuori perché una politica di programmazione e di pianificazione si faccia attiva, non abbia ritardi di anni, come abbiamo avuto in questi periodi è che si superi nella società questa logica della disaggregazione, questa logica della corporativizzazione, che si cerchi tutti assieme di arrivare verso riferimenti oggettivi e razionali.
La programmazione e la pianificazione per loro natura sono una tendenza al razionale verso questi obiettivi si ritrovino elementi di unificazione della società per una visione di interesse collettivo e non per una prevaricazione degli interessi singoli e privati. A me pare che questo disegno direttore c'è. E' questa la ragione generale per cui questo schema va approvato e che ci sia un intento politico, culturale e sociale di fondo. I Consiglieri Marchini e Vetrino hanno un atteggiamento di astensione, ma voglio dire che mi sembra estremamente positivo il fatto che abbiano rilevato l'esigenza non soltanto di tecnica programmatoria e pianificatoria, ma di trovare momenti di aggregazione su contenuti che valgano per tutti.
Al Consigliere Villa rispondo che, approvando il Piano di sviluppo si è detto che prima della fine della legislatura si sarebbe preso in considerazione il problema dell'appartenenza di Crescentino al Comprensorio di Torino.
Credo che si possa fare. Oggi c'é una sollecitazione di più per farlo nel momento in cui venerdì scorso abbiamo discusso della centrale nucleare anche se la centrale nucleare è un oggetto che tende a rarefare attorno a se, è comunque un oggetto di portata tale che richiama l'attenzione dei Comuni circostanti e forse sta diventando un elemento per cui anche Crescentino, oltre che per altre ragioni, deve essere riportato nel Comprensorio di Vercelli.
Nello schema di piano territoriale di Torino si parla ancora di centrale a carbone a Chivasso. Nella delibera che viene approvata si dice che la questione della centrale deve essere vista con estrema oculatezza sotto il profilo ambientale.
In realtà, non è lo schema di Torino che deve decidere sulla centrale a carbone. Decide la Regione e credo che l'abbiamo già fatto, anche se non formalmente, ma come dichiarazione, quando venerdì scorso abbiamo detto che, accettando la centrale nucleare, in particolare nelle zone del Po l nella zona di Trino, escludiamo che si possa procedere a una ristrutturazione e ad un ampiamento della centrale a carbone di Chivasso.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Brizio. Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Confermo la piena concordanza con le valutazioni espresse, a nome del Gruppo, dai colleghi Picco, Penasso e Villa.
Il nostro Gruppo vota contro questo documento e mi par giusto chiarire il significato politico di questo voto, nella fase finale della legislatura.
Il piano comprensoriale di Torino si approva con grande ritardo ritardo del Comprensorio e ritardo della Regione.
Il Comitato Comprensoriale di Torino non si raduna più da oltre un anno per difficoltà politiche, questo documento è da molti mesi alla nostra attenzione. Chi ne ha seguito le vicissitudini può affermare che sono quasi due anni. E' mancata quindi da parte della Regione la capacità di entrare nel merito delle proposte del Comprensorio: proposte che hanno il limite di volersi inserire in modo troppo omogeneo nel quadro della complessiva inefficienza delle Giunte di sinistra.
Si è voluta perseguire la logica della omogeneità delle Giunte di sinistra in Regione, in Comune, in Provincia e al Comprensorio contro la realtà.
I risultati sono stati però negativi. Difatti, in questa situazione il Comprensorio di Torino ha approvato per ultimo il proprio documento anche perché c'è stato un profondo dissenso politico proprio sullo sviluppo di quest'area centrale. E' inutile che lo nascondiamo; per anni si è discusso sullo sviluppo ad ovest o sul recupero della città.
Il nodo centrale dell'area torinese rimane questo. Si è arrivati, dopo grandi polemiche ad una soluzione di mediazione che mitiga l'ipotesi di sviluppo ad ovest anche perché è difficile concretarla, ma non si porta avanti il discorso del recupero della città sotto il profilo urbanistico e territoriale.
Si finisce con ipotizzare un complesso di compromissioni che non appare chiaro e non è idoneo a promuovere la ripresa del Piemonte. Ci troviamo quindi di fronte a un documento che presenta molte contraddizioni, e molti limiti. Nel finale di questa legislatura in cui si vuole forzatamente approvare comunque tutto quello che è sul tappeto, col Piano di sviluppo si approva anche lo schema territoriale del Comprensorio di Torino e lo si lascia come messaggio per il successivo passaggio ad una progettazione più spiccata.
Diamo atto del suo impegno a Barbieri (che conosciamo molto bene perch abbiamo una lunga esperienza di Consiglio Comunale insieme) questi limiti però sono evidenti al di là della volontà di portare avanti il documento.
E' in crisi la programmazione, diceva Marchini, ma è in crisi anche la gestione. E' singolare che, mentre portiamo avanti uno schema territoriale dei Comprensorio di Torino, a fine legislatura, abbiamo la crisi dell'Istituto autonomo case popolari, gestito dalle sinistre.
La crisi tremenda della città di Torino e del Piemonte non è divisibile con un bisturi da quello che è stato il governo di questi anni.
Con questo atto finale si tenta di volgere lo sguardo verso il futuro.
Noi non possiamo non dare un giudizio fortemente critico su questo documento. In esso vi sono troppe contraddizioni, non v'è la scelta di fondo che era necessaria, che doveva puntare sul recupero della città di Torino e su alcuni qualificati interventi nel Comprensorio. Questo maxi Comprensorio, difficilissimo da gestire, in realtà si trova al centrò della crisi del Piemonte.
Nello schema di piano non ci sono quelle scelte che sono necessarie per dare maggior tono alla ripresa del Comprensorio torinese; vi sono solo alcune indicazioni, certamente non sufficienti. Anche questo documento risente delle contraddizioni politiche che sono alla base della gestione delle amministrazioni più importanti del Piemonte nel quinquennio che si chiude.
Il documento avrà quindi il nostro voto contrario, non per una posizione di bandiera, ma per precisa convinzione, come è emerso dagli interventi dei colleghi del Gruppo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Avrei un documento da presentare attraverso una dichiarazione.



PRESIDENTE

Va bene, consideriamo chiuse le dichiarazioni di voto e iniziamo l'esame della delibera, se ci sono emendamenti.



VALERI Gilberto

La nostra dichiarazione di voto è favorevole per i motivi che ha illustrato il Capogruppo. Ad integrazione ed arricchimento di quei contenuti, anche in considerazione delle ultime osservazioni svolte nella replica dal Vice Presidente della Giunta regionale, proponiamo un emendamento in ordine all'inoppotunità di allargare la centrale a carbone di Chivasso per ragioni di carattere ambientale, sia in considerazione degli sviluppi attuativi del PEN nell'area piemontese che prevedono la realizzazione di una nuova centrale elettronucleare.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento che recita: "All'allegato A, pagina 20, le ultime cinque righe sono soppresse e sostituite dalle seguenti: "Rimane infine da prendere in considerazione la inopportunità di installare, nella centrale Enel di Chivasso, la nuova potenza prevista dal piano energetico nazionale, e ciò in connessione a valutazioni di ordine ambientale e agli sviluppi attuativi del PEN nell'area piemontese, che prevede la realizzazione di una centrale elettronucleare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E approvato all'unanimità dei 48 Consiglieri presenti.
La deliberazione recita: "Il Consiglio regionale visti gli articoli 4 (secondo comma), 39 (secondo comma) e 75 dello Statuto regionale Visti i combinati disposti dagli articoli 11, 12, 13, della legge regionale 19 agosto 1977, n. 43, recante: le procedure della programmazione e dell'art. 80 della legge regionale 5 dicembre 1977 n. 56 recante: "Tutela ed uso del suolo" e successive modifiche ed integrazioni Esaminato il primo schema di piano socio-economico territoriale approvato dal Comitato Comprensoriale di Torino con deliberazioni n. 4/3 dell'8/10/1981; n. 12/4 del 14/7/1982; n. 19/4 del 28/10/1982; n. 21/4 del 9/12/1982; n. 4/3 del 6/10/1983; n. 16/7 dell'1/12/1983; n. 17/8 dell'1/12/1983; n. 18/9 del 15/12/1983; n. 19/10 del 15/12/1983; n. 20/11 del 15/12/1983; n. 23/12 del 15/12/1983; n. 1/2 dell'11/10/1984 e costituito dai seguenti documenti: Schema di piano comprensoriale, composto da: a) relazione socio-economica b) schema di piano territoriale - Parte prima: Lo schema territoriale c) schema di piano territoriale - Parte seconda: Le politiche territoriali di settore d) cartografia dello schema di piano territoriale e) allegato allo schema territoriale: Indagine sulla pianificazione urbanistica a livello comunale e sulle previsioni di interventi strutturali contenute nei programmi pluriennali di attuazione f) cartografia dell'allegato.
Documento integrativo della parte prima dello schema di piano territoriale - progetto intersettoriale: Sistema montano Valli di Lanzo.
Documento integrativo della parte prima dello schema di piano territoriale - progetto intersettoriale: area complessa Avigliana-Giaveno.
Documento integrativo della Parte seconda dello schema di piano territoriale: Settore turismo.
Documento integrativo dello schema di piano comprensoriale: Controdeduzioni alle osservazioni dello schema.
Documento integrativo dello schema di piano socio-economico e territoriale relativo ad un primo schema di programma pluriennale di intervento e di spesa (PPIS).
Documento integrativo dello schema di piano comprensoriale: Considerazioni e proposte in ordine alla localizzazione di un centro fieristico.
Preso atto altresì che la Giunta esecutiva del Comprensorio di Torino ha approvato alcuni documenti inerenti il piano comprensoriale: Linee di indirizzo ed indicazioni operative per la verifica ed il completamento dello schema di piano comprensoriale (traccia per il completamento e la verifica dello schema di piano territoriale comprensoriale) (deliberazione n. 6 del 18/1/1983) La strategia dello schema di piano territoriale ed i criteri per l'individuazione del- le priorità (deliberazione n. 5 del 7/3/1983) ad essi sono stati esaminati per la formulazione delle osservazioni anche se non costituiscono, ai sensi della legislazione vigente, documenti del piano comprensoriale constatato che lo schema di piano in oggetto è stato sottoposto alle consultazioni di cui all'art. 7 della legge regionale 4 giugno 1975 n. 41 recante: "Individuazione ed istituzione dei Comprensori" constatato che la Giunta regionale ha dato notizia dell'avvenuta trasmissione dello schema di piano da parte del Comprensorio di Torino, con pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 46 del 17/11/1982 n. 6 dell'8/2/1984 preso atto delle osservazioni di merito espresse, ai sensi di legge dalla I e II Commissione Consiliare e dal Comitato Urbanistico Regionale preso atto che la Giunta regionale ha integrato lo schema di piano comprensoriale con proprie osservazioni formulate sulla base delle indicazioni delle Commissioni Consiliari I e II e del Comitato Urbanistico Regionale precisato che tali osservazioni sono state formulate tenendo conto: della necessità di far emergere nell'ambito di una programmazione di lungo periodo, proprio della pianificazione territoriale, le indicazioni di rilievo regionale e comprensoriale dell'esigenza di verificare le indicazioni puntuali e le scelte relative alle materie oggetto di specifici piani di settore (trasporti socio-sanitario, ecc.) alla luce delle indicazioni contenute nei piani stessi.
Delibera di esprimere parere favorevole al provvedimento della Giunta regionale di adozione dello schema di piano socio-economico e territoriale del Comprensorio di Torino di cui alla deliberazione n. 145/40092 del 20/12/1984 con le osservazioni di cui in premessa, che sono allegate alla presente deliberazione per costituire parte integrante e sostanziale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 27 voti favorevoli, 19 contrari e 2 astensioni.


Argomento: Parchi e riserve

Esame deliberazione relativa a "Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta. Piano naturalistico e piano di intervento"


PRESIDENTE

Punto sesto all'ordine del giorno: Esame deliberazione relativa a "Riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta. Piano naturalistico e piano di intervento".
Vi do lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale n. 21-36824 del 28 agosto 1984 relativa a 'Riserva naturale del Sacro Monte di Orta. Piano naturalistico e piano di intervento': sentita la Commissione consiliare competente delibera di approvare il piano naturalistico e piano di intervento della riserva naturale del Sacro Monte di Orta così composto: n. 9 elaborati dal titolo: 1) Relazione 2) Allegato A - Elenco dei proprietari e dati catastali dei terreni e degli immobili 3) Allegato B - Elenco floristico 4) Allegato C - Descrizione particellare dei tipi d'uso del suolo 5) Allegato D - Elenco delle specie arboree ed arbustive del Sacro Monte di Orta 6) Allegato E Gruppo di 23 disegni raffiguranti vedute degli edifici costruiti al Sacro Monte di Orta Miniature color seppia 7) Allegato P Cappelle (analisi storico- artistica ed interventi) 8) Allegato G Tipologie 9) Allegato H - Documentazione fotografica n. 14 cartografie: Carta dei confini e delle proprietà Mappa di Maria Teresa - Foglio 4° della Comunità d'Orta e dell'Isola di S. Giulio Carta d'uso del suolo riferita ai dati catastali del 1950 Carta dell'uso attuale del suolo Carta degli obiettivi naturalistici e selvicolturali, delle destinazioni e degli interventi Carta delle specie arboree ed arbustive introdotte Carta delle siepi e dei filari di agrifoglio Carta dei parcheggi, delle vie di accesso, dei mancorrenti e degli ingressi Carta della viabilità interna del Sacro Monte e delle aree di sosta e ristoro Carta della rete di illuminazione pubblica del promontorio di Orta Carta degli interventi sugli impianti di illuminazione del Sacro Monte, dei parcheggi e delle vie di accesso Carta dell'impianto di distribuzione dell'acqua potabile Carta dei sistemi di smaltimento delle acque bianche della zona del Sacro Monte Carta dei sistemi di smaltimento delle acque bianche e nere della riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti.
Comunico che il Consiglio verrà convocato per il giorno 17 gennaio prossimo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.30)



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