Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.297 del 04/01/85 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari dell'8 e del 15 novembre 1984 si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo dell'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che sono in congedo i Consiglieri Chiabrando e Marchesotti.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 470: "Norme in materia di organizzazione e promozione turistica e delega al sistema degli Enti locali", presentato dai Consiglieri Avondo Biazzi, Bontempi, Ferrari, Ferro e Marchesotti in data 19 dicembre 1984 N. 471: "Ulteriore rifinanziamento della legge 10 dicembre 1979 n. 72 'Contributi alle Comunità montane per attività divulgative della cultura e dell'informazione televisiva'", presentato dalla Giunta regionale in data 24 dicembre 1984 N. 472: "Modificazioni alla legge regionale 4/6/1975, n. 43 recante norme per l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali", presentato dalla Giunta regionale in data 24 dicembre 1984.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 22 novembre 1984: "Norme di attuazione dell'art. 18 della Costituzione e della legge 25/1/1982, n. 17 in materia di associazioni segrete" alla legge regionale del 22 novembre 1984: "Conseguimento patenti di mestiere" alla legge regionale del 22 novembre 1984: "Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 1/911983, n. 11. Aiuti straordinari per il sostegno e la ripresa economica della suinicoltura del Piemonte colpita dalla peste suina africana" alla legge regionale del 29 novembre 1984: "Partecipazione della Regione Piemonte alla Società consortile per azioni Consusa (Consorzio per il trattamento delle merci in Valle di Susa) alla legge regionale del 29 novembre 1984: "Sottoscrizione di nuove azioni della Promark S.p.A"


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto: alla legge regionale del 15 novembre 1984: "Modifica degli ambiti territoriali delle UU.SS.SS.LL. del Comune di Torino e disposizioni per la riorganizzazione dei servizi. Proroga dei termini di cui all'art. 36 della L.R. 23/8/1982 n.. 20" alla legge regionale del 15 novembre 1984: "Integrazione e modifiche della legge regionale 12 agosto 1976, n. 42 concernente 'Norme per il funzionamento dell'organo regionale di controllo'" alla legge regionale del 22 novembre 1984: "Criteri e disciplina delle nomine ed incarichi pubblici di competenza regionale"


Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute dell'11 13, 18 e 20 dicembre 1984, e dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio nella seduta del 18 dicembre 1984 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della legge regionale 6/11/1978 n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, sono a disposizione presso l'Ufficio Aula.


Argomento: Problemi energetici - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Localizzazione definitiva della centrale elettronucleare in Piemonte Adempimenti ai sensi dell'art. 4, quinto comma della legge 2/8/75 n. 393


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: Determinazione localizzazione definitiva della centrale elettronucleare in Piemonte - Adempimenti ai sensi dell'art. 4, quinto comma della legge 2/8/75 n. 393.
E' iscritto a parlare per conto della Giunta l'Assessore Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'energia

Signor Presidente, signori Consiglieri, con la seduta di oggi la Regione si appresta a compiere uno degli atti più significativi e politicamente importanti della III legislatura.
Un atto sul quale si realizza la più ampia convergenza delle forze politiche, tanto di governo quanto di opposizione, con la volontà e la consapevolezza di operare nell'interesse della comunità regionale e nell'ambito degli obiettivi del piano energetico nazionale, dei generali interessi del Paese.
Una volontà e una consapevolezza alle quali dà sostegno l'unanime consenso delle forze produttive che operano nel nostro territorio, dalle organizzazioni degli imprenditori a quelle dei lavoratori; una volontà e una consapevolezza accompagnate e sorrette dal contributo culturale e scientifico degli Atenei torinesi, il cui rapporto sulla qualificazione delle aree e dei siti costituisce la base essenziale ed obiettiva della deliberazione che la Regione è chiamata ad assumere.
Ne va dimenticato che, sia la fase di accertamento eseguita dall'Ente elettrico nazionale, sia la fase di predisposizione delle procedure per la localizzazione della centrale, si sono potute svolgere secondo i programmi ed i tempi previsti grazie al senso di responsabilità dimostrato dalle popolazioni e dagli Enti locali interessati all'insediamento, nonostante l'atmosfera generalmente non favorevole esistente nel paese nei confronti di tutti i grandi insediamenti produttivi di energia (dal nucleare al carbone, e persino all'idroelettrico) ed un certo uso improprio, sia pure limitato, dei temi fondamentali della sicurezza e della tutela dell'ambiente.
Nell'ambito del piano energetico nazionale, la Giunta regionale si è mossa avendo come punti di riferimento essenziali gli obiettivi della riduzione della dipendenza dal petrolio, del risparmio energetico e dell'uso razionale dell'energia.
Si è mossa avendo presente la situazione della produzione di energia elettrica in Piemonte che si caratterizza per il notevole deficit rispetto alla domanda.
Dieci anni fa, nel 1975, a fronte di circa 11 miliardi di Kwh prodotti vi fu una richiesta di poco più di 15 miliardi, con un deficit di oltre 4 miliardi di Kwh, pari al 28% della richiesta.
Nel 1982, a fronte di 8 miliardi e mezzo di Kwh prodotti vi è stata una richiesta di circa 17 miliardi e mezzo, con un deficit di circa 9 miliardi di Kwh, pari al 51,4% della richiesta. Occorre rilevare che la differenza di produzione fra il 1975 e il 1982 è dovuta essenzialmente alla fermata della centrale elettronucleare "Enrico Fermi" di Trino, di 300 MW di potenza, oggi riavviata, ma non messa in conto al 1995, data nella quale si presume non sarà più in funzione.
E così al 1995 le previsioni indicano una produzione di poco più di 8 miliardi di Kwh, a fronte di una richiesta fra i 21 e i 24 miliardi di Kwh in relazione allo sviluppo dell'economia piemontese, in particolare del settore industriale, del terziario e dei trasporti pubblici elettrificati.
Con un deficit quindi tra i 13 e i 16 miliardi di Kwh, pari ad una percentuale oscillante fra il 62 ed il 66% della richiesta.
La realizzazione della centrale elettronucleare da 2000 MW di potenza installata, prevista dal piano energetico nazionale, sarà in grado di dare un contributo annuo fino a 12 miliardi di Kwh, consentendo alla Regione, a tutela del suo futuro sviluppo economico, di produrre sul suo territorio anche in coincidenza con la realizzazione di altri impianti di potenza buona parte dell'energia elettrica richiesta.
Essendo la rete elettrica piemontese interconnessa sia con la rete elettrica nazionale, sia con la rete elettrica europea il deficit energetico regionale viene attualmente compensato con importazioni di energia dall'estero, ed in particolare dalla Francia, e da altre Regioni limitrofe quali la Liguria e la Valle d'Aosta.
Significativo ai fini di una valutazione dell'energia importata è il saldo negativo sulla dipendenza dall'estero che ha superato in Italia nel 1983 gli 11 miliardi di Kwh, il 55% in più del saldo del precedente esercizio dell'82.
Fortunatamente, ad oggi i costi di importazione di energia dalla Francia si aggirano sulle 50 lire al Kwh e sono decisamente inferiori ai costi medi di produzione delle nostre centrali in quanto la Francia si è già da tempo dotata di centrali elettronucleari che coprono attualmente quasi la metà della totale produzione elettrica.
Occorre infatti rilevare che il costo di produzione del Kwh con centrali nucleari è di 40 lire circa, rispetto alle 80 lire al Kwh delle più moderne centrali ad olio combustibile e alle 60 lire delle centrali a carbone.
E' bene peraltro non sottovalutare che la situazione attuale di congiuntura industriale a livello europeo consente alla Francia di esportare l'energia che produce: in caso di ripresa e di rilancio industriale la disponibilità energetica francese potrebbe negli anni futuri ridursi e pertanto potremmo trovare difficoltà ad importare energia alle attuali condizioni di favore.
Ci troviamo così nella necessità, di recuperare in parte il terreno perduto, realizzando anche noi le centrali nucleari previste dal piano energetico nazionale, che oltre a svincolarci, in parte, dalla dipendenza energetica dall'estero, consentiranno di produrre energia elettrica in Italia riducendo notevolmente gli esborsi valutari verso l'estero per l'importazione del combustibile: si pensi al fatto che su ogni Kwh il costo del combustibile, risulta di L. 14 per il nucleare (comprensivo dei costi di trasformazione), di L. 41 per il carbone e di L. 68 per l'olio combustibile.
All'atto della sua costituzione la Giunta regionale aveva assunto l'impegno di seguire le procedure per la localizzazione della centrale nucleare accompagnandole con un complesso di iniziative e di comportamenti che favorissero la maggiore partecipazione possibile delle forze politiche culturali e sociali della Regione, nonché degli Enti locali interessati all'insediamento, anche a mezzo di un confronto continuo e diretto con gli enti nazionali preposti alla realizzazione della centrale, e cioè con l'Enel e con l'Enea.
Uno dei primi atti della nuova Giunta è stato quello della firma della convenzione con il Politecnico e l'Università di Torino; convenzione che si fondava su alcune premesse: il piano energetico nazionale che individuava la Regione Piemonte come sede di un possibile insediamento di una centrale elettronucleare da 2000 MW; la costituzione del Comitato misto Regione-Enel Enea per gli approfondimenti di natura tecnica sui suoli compresi nella carta dei siti e di natura socio-economica sulle aree selezionate; le deliberazioni del Consiglio regionale che avevano individuato alcune procedure integrative della soluzione di particolare problematiche connesse con la localizzazione e la perfetta integrazione della centrale nucleare nel territorio, riconoscendo la necessità di attivare, con lo strumento della convenzione, le forze scientifiche e culturali degli Atenei torinesi al fine di avvalersi di una consulenza altamente qualificata per risolvere i problemi che sarebbero emersi nel corso delle indagini previste dal procedimento istruttorio.
Veniva altresì ricostituito il Comitato misto Regione-Enel-Enea, mentre si riavviavano i rapporti con gli Enti locali delle due aree Po 1 e Po 2.
In tutte queste occasioni la Giunta si muoveva di intesa con le forze politiche rappresentate in Consiglio, e particolarmente con la VII Commissione consiliare competente per la materia.
Contemporaneamente venivano avviate le procedure per l'attuazione della le:e nazionale n. 308/82 che assegna alla Regione Piemonte la somma di 39 miliardi per gli interventi volti al contenimento dei consumi energetici nel settore dell'edilizia e di circa 44 miliardi per il settore industriale. La legge regionale di attuazione 23 marzo 1984, n. 19 ed il successivo regolamento di esecuzione venivano approvati all'unanimità dal Consiglio regionale. Il termine di presentazione delle domande relative al secondo gruppo degli interventi, quelli cioé intrapresi o da intraprendere dopo l'entrata in vigore del regolamento di esecuzione, è scaduto il 27 dicembre scorso; mentre è in fase avanzata l'istruttoria delle domande per le iniziative intraprese prima dell'entrata in vigore del regolamento.
E' stata inoltre svolta un'intensa azione di promozione a favore dell'autoproduzione idroelettrica che può essere quanto meno raddoppiata con i ripristini degli impianti esistenti non più in esercizio e con l'installazione di nuovi impianti. In questo ambito le domande presentate dagli operatori pubblici e privati piemontesi a mezzo della Regione Piemonte al Ministero per l'industria per ottenere la concessione dei contributi previsti dalla legge 308 sono pari ad 1/3 dell'intero complesso delle domande inviate da tutte le Regioni.
Nello scorso aprile la Snam - in attuazione della convenzione Regione Eni - ha presentato un primo documento di lavoro sul "Piano di metanizzazione della Regione Piemonte" Siamo tuttora in attesa della presentazione del piano, da noi ripetutamente sollecitata e dall'Eni più volte annunciata.
Questi brevi cenni sparsi sul risparmio energetico, sulla minidraulica e sulla metanizzazione, sono fatti - proprio nell'occasione che viene offerta dalla discussione sulla localizzazione della centrale nucleare non per introdurre un ulteriore elemento di dibattito (che dovrà invece essere affrontato più propriamente dal Consiglio in sede di esame del piano energetico regionale)- quanto per indicare le linee di impostazione della politica energetica regionale che non corre lungo l'esclusiva direttrice della centrale elettronucleare, ma che si muove verso un modello di previsione che preveda l'utilizzo di tutti i possibili contributi delle diverse fonti energetiche, in coerenza con il piano energetico nazionale e con il Piano regionale di sviluppo.
Sono stati posti in evidenza, prima ancora della presentazione del rapporto di localizzazione da parte dell'Enel, e successivamente in occasione della presentazione del rapporto - anche alla luce della esperienza maturata nel corso della passata seconda legislatura regionale alcuni temi concreti che avrebbero dovuto essere portati all'esame della comunità regionale.
In particolare è stata messa in rilievo la necessità che, prima della deliberazione del Consiglio regionale sulla localizzazione, si addivenisse alla stipulazione di un protocollo d'intesa con l'Enel che, con il riconoscimento del ruolo di governo della Regione, contenesse un complesso di impegni da parte dell'Enea in ordine ai problemi del territorio; della gestione delle acque; del coinvolgimento della imprenditoria regionale nei lavori di realizzazione della centrale, dell'occupazione e della formazione professionale; della sicurezza e della protezione sanitaria ed ambientale.
Il verbale (o protocollo) d'intesa è stato firmato il 27 dicembre scorso dai due Presidenti, della Giunta regionale e dell'Enel, dopo alcune intense giornate di lavoro comune della Giunta e della VII Commissione consiliare, con l'assistenza degli Atenei torinesi - quali consulenti della Regione - in un aperto confronto con l'Enel, e con il contributo partecipativo delle forze sociali piemontesi..
Riteniamo che con questo verbale la Regione abbia conseguito i due obiettivi che erano stati posti a fondamento della richiesta: quello di veder riaffermato, con forza, il suo ruolo di governo che, ovviamente non si conclude con la deliberazione sulla localizzazione, ma che andrà invece via via accentuandosi nel corso delle ulteriori procedure insediative che seguiranno; e quello di coinvolgere attivamente, nella fase di realizzazione della centrale, gli Enti e le popolazioni locali, le organizzazioni degli imprenditori ed i sindacati dei lavoratori.
Non vi è dubbio che lo sviluppo produttivo è un tema decisivo se si vuole dare credito alle tesi centrali della politica energetica nazionale: se si vuole avviare concretamente le forze produttive, gli Enti locali e la Regione verso una partecipazione attiva al processo.
Le opportunità offerte al sistema industriale piemontese dalla realizzazione della centrale sono quindi l'occasione per provare l'esistenza della volontà di impostare un corretto rapporto con le realtà locali.
Se l'accettazione e la scelta da parte della Regione della centrale elettronucleare non dipendono da uno stato di necessità provocato da una crisi occupazionale da affrontare e da superare con il massimo sforzo possibile da parte di tutti; se la centrale non viene subita, ma accettata con consapevolezza ed in sintonia con le motivazioni fondamentali che sono alla base del piano energetico nazionale, non si può ignorare l'esistenza di una crisi produttiva di gravi dimensioni.
Nella seconda meta degli anni '70 si è avuto un rallentamento della crescita del valore aggiunto nell'industria manifatturiera piemontese ancora più rilevante di quanto avvenuto nell'intero paese: si è, in sostanza, verificato un ridimensionamento complessivo di comparti produttivi che ha inciso pesantemente sui livelli occupazionali, senza che nello stesso tempo sia stata introdotta una spinta verso quei segmenti manifatturieri a più elevato contenuto tecnologico.
Nel biennio 1981/82 contraddistinto da una situazione congiunturale negativa, la diminuzione di valore aggiunto dell'industria manifatturiera in Piemonte è stato di circa il 3%, a fronte di quello nazionale che supera di poco l'1%.
I dati Enel sui consumi di energia elettrica nell'aprile 1984 evidenziano un incremento nazionale del 6,6%, e solo dell'1,1% nel comparto di Torino.
La realizzazione della centrale nucleare potrà così inserirsi in un momento di transizione dell'intero comparto industriale, ed in particolare in quello manifatturiero piemontese che sta evidenziando maggiori elementi di diversificazione produttiva rispetto alle sue tradizionali connotazioni con evidenti vantaggi non tanto per l'imponenza degli investimenti richiesti, quanto per la qualità merceologica e la varietà dei segmenti manifatturieri avanzati interessati.
La localizzazione della centrale va quindi esaminata all'interno di un processo di valorizzazione ottimale delle potenzialità dell'intero comparto manifatturiero piemontese; non senza trascurare il comparto produttivo delle opere civili, sia per quanto riguarda la quantità sia, soprattutto per quanto riguarda la qualità dei prodotti.
L'apparato produttivo regionale piemontese presenta una realtà industriale particolarmente qualificata ed in grado, quindi, di assicurare completamente uno svolgimento dei lavori per la realizzazione dell'impianto in piena coerenza e accordo con le specifiche tecniche e i programmi dell'Enel.
Per questa ragione abbiamo affermato con grande chiarezza e con ferma determinazione l'interesse della Regione per una realizzazione che interessi il più largamente possibile il suo apparato produttivo e produca un'importante occasione di stimolo di ammodernamento, di sviluppo e di occupazione verso produzioni ad elevata tecnologia.
Siamo convinti che gli articoli 2, sul coinvolgimento dell'imprenditoria regionale, e 3 sull'occupazione e la formazione professionale, contenuti nel verbale d'intesa corrispondano perfettamente alle aspettative e alle istanze avanzate dalle organizzazioni degli imprenditori - della grande, media e piccola industria della nostra Regione, dell'artigianato e delle attività cooperativistiche - e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Gli stessi impegni sono stati assunti dall'Enel per l'insieme delle realizzazioni e delle ristrutturazioni degli impianti idroelettrici, tesi a valorizzare le risorse naturali della Regione, per un complessivo importo non inferiore a quello investito per la centrale nucleare.
Se quindi all'investimento a prezzi 1 gennaio 1984 di 3.200 miliardi di lire, e di 4.296 miliardi a prezzi correnti; all'occupazione per i due settori civile ed elettromeccanico negli anni di punta con una media di 2.500 lavoratori; e a quella di 470 unità durante il periodo di esercizio della centrale, si aggiungano gli investimenti e la conseguente occupazione per il settore idroelettrico, ci sembra non si possa negare che la Regione ha svolto in questa vicenda un ruolo di primo piano ai fini dello sviluppo delle opportunità di lavoro, di occupazione, di formazione e di qualificazione produttiva.
Riteniamo di avere tenuto rapporti corretti con le amministrazioni comunali e provinciali interessate.
A questo fine è stato insediato un apposito comitato regionale per l'informazione energetica, coordinato dai due responsabili degli uffici stampa della Giunta e del Consiglio regionale, composto da esperti di comunicazione dell'Enel e dell'Enea, nonché da rappresentanti dei due Comitati delle aree Po l e Po 2.
Il Comitato, insediato il 19 marzo dello scorso anno, ebbe a predisporre come primo atto un ampio documento sull'"attività di informazione in materia energetica in Piemonte" che ha costituito la traccia di lavoro per i mesi seguenti. Il programma ha avuto completa attuazione, grazie all'impegno congiunto e allo spirito di aperta collaborazione tra i soggetti facenti parte del Comitato ed ha concluso la prima fase dei propri lavori alla vigilia di questa riunione del Consiglio regionale.
Proprio per il proficuo rapporto di collaborazione che si è instaurato nei nove mesi di lavoro del Comitato, sarà necessario che l'esperienza acquisita sia utilizzata in modo positivo - senza soluzione di continuità e magari solo con una aggiornata individuazione dei soggetti che lo compongono - per la fase delicata che si aprirà dopo la localizzazione della centrale, in modo che il processo di informazione e di sensibilizzazione della comunità regionale in materia energetica abbia a svilupparsi in modo sempre più diffuso e penetrante.
Nel quadro delle opportunità informative agli Enti locali, ci sembra giusto rilevare che tutte le riunioni del Comitato misto Regione-Enel-Enea che hanno fatto seguito alla sua ricostituzione, sono state aperte alla partecipazione degli Enti interessati delle aree Po l e Po 2, oltre che agli Atenei torinesi - superando quindi una mera concezione burocratica del Comitato previsto dal piano energetico nazionale, e consentendo la più ampia partecipazione degli organi di informazione regionale e locale.
Appartengono sicuramente anche alla materia dell'informazione i problemi connessi all'attuazione dell'art. 15 della legge 393 e della legge 8.
Su questi temi esiste una certa confusione, sulla quale occorre fare chiarezza.
L'entità di questi contributi è tale da costituire una ulteriore occasione di lavoro per le imprese locali e per l'occupazione, tenendo presente il fatto che si tratta di materie di esclusiva competenza locale e regionale, e quindi non governata dagli Enti nazionali. E pertanto di materia da esaminare con particolare attenzione dalla Regione e dagli Enti locali.
L'art. 15 della legge 393 stabilisce che per le opere di urbanizzazione secondaria che il Comune deve eseguire in relazione alla costruzione della centrale, l'Enel debba corrispondere a titolo di oneri di urbanizzazione la somma di 2.200 lire per Kw di potenza nominale (indicizzata annualmente sulla base dei parametri del collegio nazionale dei costruttori); ad oggi questa somma, per la quale occorrerà che venga stipulata una apposita convenzione tra il Comune, o i Comuni interessati, e l'Enel, ammonta a circa 20 miliardi di lire. Lo stesso articolo 15 aggiunge, al penultimo comma, che la Regione provveda, sempre nell'ambito dei previsti contributi al riparto proporzionale per l'ipotesi in cui sia necessario destinare parte dei contributi ad opere di urbanizzazione da realizzare a cura della Regione o delle Province. Si tratta, ovviamente, delle opere da realizzare fuori dalla circoscrizione comunale o di competenza della Regione o della Provincia.
La legge 8/83 contiene, a sua volta, la previsione delle misure di accompagnamento a favore del Comune nel cui territorio è ubicato l'impianto e dei Comuni limitrofi interessati, destinati cioé ad accogliere determinate strutture in funzione dell'impianto.
I contributi sono così quantificati dalla legge: L. 0,50 per ogni Kwh di energia elettrica prodotta, che - ipotizzando una produzione minima di 12 miliardi di Kwh per anno - fa 6 miliardi di lire, che andranno a favore del Comune sede di impianto e dei Comuni limitrofi interessati L. 12.000 di contributo "una tantum" per ciascun Kw di potenza nominale (2.000 MW), che fa 24 miliardi di lire.
A questa somma va aggiunto un ulteriore contributo a favore della Regione di 0.50 lire per Kwh, e quindi altri 6 miliardi annui.
La legge 8 stabilisce in modo inequivocabile come i contributi dovranno essere destinati dalla Regione e dai Comuni: alla promozione di investimenti finalizzati al risparmio ed al recupero di energia; di energie rinnovabili; alla tutela ecologico-ambientale dei territori interessati dall'insediamento degli impianti; in generale, al riassetto socio-economico del territorio interessato, anche nel quadro degli interventi previsti dal Piano regionale di sviluppo; al potenziamento dei servizi di prevenzione sanitaria.
Sia per la legge 393 sia per la legge 8, riteniamo necessario che i Comuni, nel pieno esercizio della loro autonomia, si colleghino fra di loro secondo apposite forme consortili che consentano un equilibrato e giusto riparto delle risorse.
In questo senso, ci pare di grande importanza la decisione assunta dal Comune di Trino, con un apposito ordine del giorno, in cui le forze politiche impegnano l'amministrazione comunale ad assumere le più opportune iniziative al fine di garantire la partecipazione attiva dei Comuni direttamente interessati e ritengono conseguentemente opportuno che venga redatto con il concorso della Regione Piemonte un progetto esecutivo del cantiere e delle infrastrutture connesse, valuti l'impatto socio-economico e territoriale sui singoli Comuni definendo attraverso una gestione consortile gli interventi e le risorse necessarie.
Non esiste quindi nessuna ragione perché i Comuni comunque interessati dal punto di vista delle opere di urbanizzazione secondaria di cui all'art.
15 della legge 393 e degli interventi previsti dall'art. 8 abbiano a preoccuparsi per una loro possibile od eventuale esclusione. La normativa che regola la materia sarà rigorosamente rispettata, ed in ogni caso la Regione si impegna a far intervenire l'Anci ad ogni necessaria e conseguente trattativa.
Proprio in funzione della localizzazione dei fondi della legge 393 e della legge 8, l'Assessorato all'urbanistica ha predisposto uno studio per entrambe le aree Po 1 e Po 2 in cui sono stati analizzati i più importanti atti amministrativi comunali (dal bilancio ai PPA ai programmi operativi) per una prima individuazione di opere pubbliche che consentano una crescita ottimale dei livelli di vita urbana in tutti i Comuni compresi nell'area di insediamento.
Per il settore residenziale, peraltro affrontato analiticamente tanto nel rapporto degli Atenei quanto nel verbale d'intesa, sono state esaminate tutte le possibilità insediative da realizzare a mezzo di nuovi interventi o di recupero edilizio dell'esistente, al fine di evitare sprechi di suolo e di risorse con l'obiettivo di privilegiare quelle opportunità abitative utili anche dopo l'ultimazione delle operazioni di cantiere, come la ristrutturazione dei vecchi centri o il recupero di insediamenti agricoli di particolare importanza storico-artistica.
Dal complesso delle analisi e dalle indagini esperite e, in particolare, dalle risultanze del lavoro fin qui svolto dagli Atenei torinesi, si trae la valutazione della complessiva parità dei due siti all'insediamento della centrale, sebbene si rilevano differenze rispetto a singoli e specifici parametri di osservazione.
Risultando le differenze specifiche non preclusive all'insediamento poiché soluzioni tecniche rendono possibile l'insediamento della centrale in entrambi i siti, si trae la valutazione che la scelta del sito tra le due aree in alternativa debba essere formulata in base anche al conseguimento dell'intesa con i Comuni di insediamento.
Sotto questo profilo la decisione del Comune di Trino vercellese orienta la scelta verso l'area Po 1.
Inoltre l'area Po 1 risulta essere maggiormente idonea in quanto dotata di una più robusta struttura territoriale e, quindi, di una maggiore capacità di assorbire e mitigare gli effetti dell'insediamento e di recepire la centrale come una risorsa da gestire positivamente al pari delle altre. In altri termini, i caratteri delle risorse e dell'organizzazione territoriale della Po 1 sembrano in grado di agevolare in misura maggiore che non per la Po 2, l'assorbimento degli effetti dell'insediamento e di consentire una migliore integrazione di questa nuova risorsa con il patrimonio delle risorse naturali e culturali presenti.. Ci a condizione che in Po l venga soddisfacentemente risolto, come è ampiamente possibile, il problema dell'uso plurimo delle acque del Po e che vengano adottate tutte le misure atte a preservare, sia in fase di costruzione, sia di esercizio della centrale, le formazioni idriche sotterranee e il sistema delle canalizzazioni irrigue.
Conseguentemente con le considerazioni riportate, e dando anche il dovuto rilievo, ai fini dell'efficace governo del processo di insediamento e di integrazione della centrale con il territorio destinato ad ospitarle al miglior grado di accettazione pubblica di fatto esistente nell'area Po l e dovuto, in larga misura, alla lunga e positiva convivenza delle popolazioni con la esistente centrale E. Fermi, si ritiene in definitiva che, pur avendo anche l'area Po 2 requisiti sufficienti per una determinazione positiva, debba essere indicato come preferibile il sito posto nell'ambito dell'area Po 1.
Attuando le procedure previste dal piano energetico nazionale nel rispetto dei termini ad essa assegnati, evitando così che la decisione finale venisse assunta dal CIPE, la Regione dimostra piena capacità di governo e di gestione delle scelte fondamentali di piano. Il verbale d'intesa firmato con l'Enel garantisce la comunità regionale che la Regione continuerà ad esercitare il suo ruolo di governo anche nelle fasi successive a quella che si conclude ozi, e che in ogni caso verrà mantenuto l'impegno affinché, con il consenso delle forze politiche, culturali e sociali, la realizzazione della centrale sarà un'occasione di crescita e di sviluppo economico.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Il collega Calsolaro nel suo intervento ha già ampiamente illustrato le motivazioni che stanno alla base della scelta che la Giunta, in accordo con la VII Commissione, sottopone al Consiglio regionale per gli adempimenti previsti dall'art. 4, quinto comma, della legge 2 agosto 1975 n. 393, in ordine alla scelta del sito - in area Po 1 nel territorio del Comune di Trino Vercellese - per l'insediamento di una delle tre centrali nucleari a suo tempo previste dal PEN approvato dal Parlamento nazionale.
Il mio intervento si colloca pertanto come contributo integrativo per la discussione del Consiglio relativamente agli aspetti, ai problemi, ai condizionamenti e naturalmente al come sono stati o si è cercato di affrontarli, superarli e risolverli, che l'insediamento di una centrale nucleare non può che provocare sul territorio agricolo - notevole sottrazione di terreno, cosa sempre deprecata e deprecabile sull'esercizio dell'attività agricola - sotto molteplici aspetti ed in particolare in un'area quale quella di Po 1, un'area cioé ad elevato sviluppo agricolo, dotata di un'antica articolata moderna ed efficiente infrastrutturazione di canali irrigui - con terreni assai biboli e dove si coltiva il riso che come è noto richiede elevati consumi idrici. Area per la quale pertanto il problema dei problemi, per quanto riguarda l'agricoltura, è subito diventato quello degli effetti idrologici e idraulici dell'impianto o quanto meno come un problema in più rispetto all'altra area pur presa in attenta considerazione e cioé l'area Po 2.
Tuttavia, come ha già detto il collega Calsolaro e come in ogni caso i colleghi già ben sapevano per aver letto o spulciato gli studi condotti dall'Università e dal Politecnico di Torino nell'ambito della convenzione con la Regione del 20 gennaio 1984, per entrambi i siti è emerso un giudizio di pari idoneità sotto ogni aspetto.
In particolare dagli studi e dalle relazioni di sintesi del Politecnico e dell'Università di Torino ai quali ci siamo attenuti, sono emerse oltre alla conferma delle prescrizioni tecniche previste dall'Enea, una serie di utili indicazioni e raccomandazioni relative alla prosecuzione di ulteriori indagini integrative con riferimento ai problemi del pennaccio e sue conseguenze sull'ambiente, sul microclima e quindi sulle coltivazioni agricole, sulla flora spontanea e sono venute soprattutto precise indicazioni relative alla reale e concreta possibilità di risolvere positivamente il problema idrologico e della integrazione idrica cioè dei volumi di acqua necessari, specie con riferimento alla cosiddetta magra storica del 1965, per la quale si prevedono tempi di ritorno da 30 a 40 anni.
In particolare la relazione di sintesi dell'Università e del Politecnico o meglio per questa parte la relazione dell'ing. Turnon, dopo aver indicato in 74 milioni di metri cubi d'acqua, quale volume integrativo a quelli già presenti da mantenere negli invasi a monte alle soglie della primavera, quale riserva da mettere a disposizione attraverso rilasci per garantire le esigenze irrigue e una portata minima di 14 metri cubi al secondo a Palazzolo, conclude testualmente: "Per ottenere simili risultati appare necessario che tra l'Enel e le utenze irrigue intervengano precisi accordi, capaci di garantire una valida gestione delle risorse idriche di comune interesse ed essenzialmente tali da consentire il superamento delle possibili difficoltà di esercizio imputabili ad eventi di magra ed in particolare alle più temibili magre recedenti nella stagione primaverile estiva" Sulla base del lavoro e delle conclusioni degli Atenei torinesi, la Giunta, la VII Commissione ed i singoli Assessorati od Assessori più direttamente interessati, hanno lavorato in costante e diretto contatto con le categorie interessate, con l'Enel, assistiti dagli stessi rappresentanti degli Atenei che avevano condotto le indagini e gli studi, per informare raccogliere osservazioni, individuare e approfondire problemi sulla base delle raccomandazioni contenute nelle conclusioni o documento di sintesi degli stessi Atenei, allo scopo di pervenire sia alle acquisizioni di maggiori elementi per l'effettuazione della scelta definitiva del sito, sia soprattutto per pervenire alla stesura ed alla firma di un verbale d'intesa fra Regione ed Enel, tale da garantire per entrambi i siti quelle misure di mitigazione degli aspetti negativi e/o quella di ottimizzazione degli aspetti positivi raccomandati come esigenza fondamentale nelle conclusioni del documento degli Atenei, ed anche, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, per pervenire possibilmente alla conclusione di un accordo alla stesura di urta convenzione, così come raccomandato dal documento in relazione alla gestione delle acque.
Non si è realizzato l'accordo preventivo tra l'Enel e le utenze irrigue, ma si è invece realizzata, ritengo, quella minimizzazione degli effetti negativi e massimizzazione degli effetti positivi raccomandate nelle conclusioni degli studi compiuti dal Politecnico e dall'Università.
Tutto ciò si è realizzato e trova la sua collocazione, come del resto è già stato detto, nel verbale d'intesa siglato fra il Presidente della Regione ed il Presidente dell'Enel. Infatti chi ha scorso il verbale d'intesa, in materia di uso delle acque, può notare, a pag. 8, punto 1-6 che la Regione ha indicato in 134 milioni di metri cubi il valore cautelativo del volume di invaso complessivo di cui deve essere assicurata la presenza nei serbatoi in questione al 25 marzo di ogni anno. L'Enel dichiara nello stesso verbale d'intesa la propria disponibilità ad assumere l'impegno di esercire i serbatoi idroelettrici in modo che a centrale in esercizio, al 25 marzo di ogni anno, risulti presente nei serbatoi in questione, un volume complessivo di invaso entro il limite di 134 milioni di metri cubi. E' quanto richiesto con nota del 18/2/1984 dal Comitato per la difesa del comprensorio irriguo dei Canali Cavour, pur nella ferma opposizione all'impianto della centrale.
L'Enel, sempre in questo documento, riconosce alla Regione la funzione di arbitrato in caso di controversia fra le parti (è quanto era stato richiesto nei vari incontri dalle organizzazioni professionali agricole).
L'Enel si impegna, punto 6, a garantire ai canali irrigui le attuali effettive disponibilità d'acqua irrigua con un sia pur limitato miglioramento delle disponibilità medesime, anche durante le più gravose magre primaverili-estive.
Su un altro fronte, quello degli usi agricoli del suolo, punto 1-5 l'Enel si impegna entro sei mesi dalla scelta del sito, a definire con la Regione, gli Enti locali interessati e le associazioni agricole, le condizioni, le normative, le metodologie, per favorire la ridestinazione agricola dei fondi espropriati compresi nella zona di esclusione della centrale, l'eventuale ricomposizione fondiaria, la ricollocazione dei conduttori dei fondi agricoli ed un'altra serie di precisazioni e prescrizioni relative allo sveltimento del pagamento delle indennità, così come ha accettato tutta una serie di altre prescrizioni, quali la realizzazione delle operazioni di dewatering, cioè a realizzare le opere per ottenere l'isolamento idraulico in modo da minimizzare il rischio di turbativa delle falde acquifere ed in particolare sul sistema delle canalizzazioni irrigue e delle colature. Altre prescrizioni e garanzie sono state previste in ordine all'eventuale ricorso a cave di prestito, anche con riferimento alla conservazione della cotica fertile per la risistemazione ed il recupero dei terreni; così come è stato previsto l'avvio di quelle indagini per meglio conoscere gli effetti sul microclima e quindi per poter a suo tempo intervenire nei confronti di eventuali aspetti negativi che dovessero verificarsi.
Insomma, pare a me che nel testo del verbale d'intesa e nei testi dei vari allegati siano state interamente accolte le richieste delle organizzazioni professionali e quelle elaborate dal mio Assessorato nel corso dei cinque incontri che dal 5 ottobre al 19 dicembre abbiamo avuto con le organizzazioni regionali professionali agricole e con gli esponenti più diversi del mondo agricolo delle zone Po 1 e Po 2.
Tutto bene dunque, più nessun problema e soprattutto tutti contenti? No, non credo. Non sarò certo io a dire questo. Nessun trionfalismo, ma la coscienza di compiere un atto di governo importante ed anche di progresso sociale ed economico.
Certo, non sono contenti gli agricoltori della zona Po 1 che è stata prescelta. Sono più contenti gli agricoltori della zona Po 2 che è stata esclusa, ma so anche per certo che vi è più di qualcuno della zona Po 2 che non è contento neppure lui in quanto ha visto sfumare una possibilità di notevole sviluppo economico e di progresso, e forse, senza forse, vi è anche più di un collega Consigliere che avrebbe preferito Po 2, per le ragioni già dette sopra o per i minori problemi che questa seconda scelta avrebbe creato all'agricoltura. Le ragioni per le quali è stata scelta la zona Po 1 sono già state illustrate dall'Assessore all'ecologia-energia Corrado Calsolaro, ed in ogni caso sono chiaramente esposte nella relazione della Giunta.
Si tratta intanto, e non è cosa da poco, del consenso cioé dell'intesa raggiunta con il Comune di Trino e di Livorno Ferraris, il che presuppone anzi esprime, un ampio consenso del corpo sociale, cosa che non si è verificata per l'area Po 2.
Inoltre l'area Po 1 risulterebbe maggiormente idonea in quanto dotata di una più robusta struttura territoriale e quindi con una maggiore capacità di assorbire e mitigare gli effetti dell'insediamento.
Nel corso di tutti gli incontri che ho avuto, spesso ho sentito dire che si sarebbe trattato in fondo di una scelta politica. Certo, è una scelta politica, le scelte che si compiono in questa assemblea sono politiche, ma il termine "scelta politica" veniva usato in senso deteriore come a volte per i comportamenti anche degli uomini politici dell'amministrazione si meritano.
Vorrei precisare a quegli amici che vedo presenti in aula che certo si tratta di una scelta politica, ma di una scelta politica fondata su elementi oggettivi: da una parte c'è il consenso, che conta, dall'altra, ci sono quegli elementi economici tali da consentire l'insediamento con il minor danno per il settore agricolo.
Tuttavia molti problemi restano aperti: intanto quelli che abbiamo individuato e per i quali si sono individuate soluzioni da completare e da costruire ed in ogni caso da governare. Si tratterà di arrivare alla convenzione fra le utenze irrigue e l'Enel per la quale nell'accordo di intesa sono state poste chiare e precise condizioni che permettono un equo e valido accordo.
Altri problemi sorgeranno ed andranno affrontati, risolti e governati.
Ciò che in coscienza ritengo di poter affermare è che nella delibera che individua il sito, nella relazione della Giunta che l'accompagna e soprattutto nel verbale d'intesa sottoscritto dal Presidente della Regione e dal Presidente dell'Enel, Gorbellini, per minimizzare gli effetti negativi e per ottimizzare gli effetti positivi di un impianto ciclopico quale quello rappresentato da una centrale nucleare. Credo che vada dato atto alla VII Commissione del lavoro che ha saputo svolgere nell'azione di contatto, di consultazione e di costruzione dei risultati a cui si è pervenuti anche proprio con riferimento al verbale d'intesa, oltre che la definizione della delibera e della relazione.
La complessità dei problemi positivi e negativi è in ogni caso tale da richiedere un adeguato, intelligente e forte governo unitario dell'intera problematica negli anni a venire, a partire da domani. Un governo unitario e nello stesso tempo attento e vigile è presente su tutti gli aspetti: ambiente, urbanistica, territorio, agricoltura, acqua, occupazione imprenditoria, industria; e richiede ed esige a mio avviso un vero e proprio pool di Assessori e di alti funzionari, che operi di conserva in stretto contatto con le rappresentanze delle forze sociali, dei vari Enti e del Consiglio regionale.



MARCHIARO MARIA LAURA



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Montefalchesi. Per quale ragione?



MONTEFALCHESI Corrado

A norma dell'art. 61 del regolamento chiedo di poter sottoporre al Consiglio, anche a nome del collega Reburdo, una questione pregiudiziale che passo ad illustrare.
La questione pregiudiziale consiste nella richiesta, e nella proposta quindi, di rinviare l'esame della deliberazione in oggetto per avere il tempo di indire su tale delibera le consultazioni da parte della Commissione competente. Debbo dire per correttezza nei confronti del Consiglio che io in un primo tempo avevo ceduto ad una ipotesi di lavoro che prevedeva l'espletamento delle consultazioni durante il periodo dei 60 giorni dall'invio della lettera del Ministero dell'industria, anche se tali consultazioni si sarebbero svolte in modo un po' irrituale e cioé in assenza di un atto formale quale è la delibera o qualsiasi altro atto di legge.
Questa ipotesi di lavoro contemperava sostanzialmente due esigenze: da una parte quella di rispettare i tempi previsti dalla legge (sessanta giorni con scadenza il 6 gennaio) e dall'altra quella di permettere alla società su un atto di così grande rilevanza, di esprimersi appieno nelle sedi istituzionali deputate a decidere. In effetti, l'ipotesi di lavoro che avevamo prefigurato non si è realizzata. Le consultazioni non si sono svolte e si è a mala pena, in modo direi affrettato, riusciti a fare un'opera di informazione presso gli enti locali e in parte ad alcune categorie portatrici di particolari interessi, dello studio effettuato dagli Atenei.
Le consultazioni però non si sono di fatto svolte, perché nel momento in cui si tentava l'opera di informazione giustamente e correttamente il Presidente della VII Commissione Marchini, ha tenuto rigidamente il carattere delle riunioni in termini informativi e non consultivi e quindi le informazioni non ci sono state, la società non si è espressa. Richiamo a questo proposito la riunione che c'è stata con le organizzazioni ecologiche e di difesa dell'ambiente, con il Comitato per il controllo delle scelte energetiche nella cui sede di informazione è stata richiesta da queste organizzazione di poter essere consultate. Ma non solo non si sono svolte le consultazioni, il materiale relativo al rapporto degli Atenei e al rapporto dell'Enea o è arrivato in ritardo o non è arrivato affatto a una serie di soggetti interessati. Del resto queste mie affermazioni sono confermate dal le delibere dei Comuni delle due aree, le quali denunciano gravi carenze informative. Informare adeguatamente la società per permetterle di esprimersi nelle Sedi istituzionali competenti e preposte alle decisioni è un passaggio fondamentale del processo democratico e decisionale. A tale riguardo ricordo che settori della società che hanno richiesto di essere formalmente sentiti, come ad esempio il Comitato per il controllo delle scelte energetiche, ha predisposto un piano energetico alternativo alla scelta nucleare. Credo che tali sforzi debbano perlomeno essere degnati di attenzione da parte delle istituzioni.
Ritengo vi sia però un altro elemento che deve essere attentamente valutato dal Consiglio, un elemento che ha una grande rilevanza ai fini della democraticità della scelta ed è l'interpretazione che il Ministero dell'industria ha dato dell'art. 4 della legge n. 393 riguardo all'individuazione dei Comuni interessati all'intesa con la Regione per l'individuazione del sito. Il Ministero dell'industria ritiene che il Comune interessato, quindi quello deputato a decidere in merito all'intesa con la Regione rispetto all'installazione della centrale, è solo il Comune sul cui territorio è prevista l'installazione della centrale. Noi, e non solo noi, ma anche ad esempio sette Comuni su dieci dell'area Po l (e lo hanno scritto nelle loro delibere), riteniamo che il diritto ad esprimersi ai sensi della legge 393 ce l'hanno tutti i Comuni sul cui territorio ricadono gli effetti della centrale e le prescrizioni dell'Enea.
Questo è un grande problema di democrazia e concerne il diritto di un Comune di poter decidere o meno in merito all'installazione di un impianto che comporta gravi limitazioni e vincoli allo sviluppo ed all'uso del proprio territorio. Credo che sarebbe ben grave se si continuasse ad avallare una logica secondo la quale su questioni di questo genere si decide in sedi sempre più ristrette e sempre più distanti dal rapporto con la società.
La Regione in merito a questa interpretazione della legge 393 non pu fare un'opera di semplice recepimento dell'interpretazione del Ministero dell'industria, ma ha l'obbligo prima di tutto di discuterne con le comunità locali, ascoltandone le loro opinioni e poi, se lo ritiene, di contestare l'interpretazione del Ministero dell'industria.
Da parte di alcuni si sostiene che non si potrà più andare oltre il 6 gennaio (data di scadenza dei sessanta giorni) perché la Regione perderebbe il diritto di decidere che passerebbe al Cipe. Molti invece, tra i quali noi, riteniamo che tale interpretazione sia forzata, infatti il diritto di decidere non può che rimanere in capo alla Regione fino a quando non interviene un atto sostitutivo da parte del Cipe. Si tratta quindi di chiedere al Governo, visto che il Cipe è formato da Ministri, di accordare alla Regione il tempo necessario per espletare le necessarie consultazioni e per discutere con gli enti locali delle questioni alle quali ho fatto cenno. Proponiamo quindi che il Consiglio decida di soprassedere all'esame della deliberazione e inviti la Commissione competente ad indire le consultazioni.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

E' aperta la discussione sulla questione pregiudiziale.
Ha chiesto di parlare il Vicepresidente della Giunta Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

La Giunta regionale invita il Consiglio regionale a respingere la richiesta di consultazioni e le ragioni molteplici si fondano intanto sul fatto che nella procedura seguita dalla Regione, Giunta e Commissione, ci siamo attenuti a quanto prescritto dalla legge e abbiamo operato quindi nel margine di quei 60 giorni che sono fissati a partire dalla decisione della comunicazione del Ministero che ci è giunta il 7 novembre.
Nell'effettuare questa procedura, la Regione ha richiesto ai Comuni di esprimersi con un atto deliberativo e a noi pare questo un fatto, non soltanto formale, ma sostanziale, di consultazione. Lo ha fatto nei confronti dei Comuni direttamente interessati all'insediamento, assumendo 'indicazione che ci proveniva dal Ministero dell'industria nell'interpretazione della legge 393, ma non si limitata soltanto a questa richiesta formale ai sensi dell'art. 4 della 393 per i Comuni direttamente interessati all'insediamento. Ha chiesto anche ai Comuni della zona interessata, e non solo al Comune interessato all'insediamento, di esprimersi con atto deliberativo. Quindi, riteniamo che nel rispetto della legge nazionale ed anche nella sostanza, nel rispetto della sempre promossa ed effettuata iniziativa di consultazione che la Regione compie nei confronti degli atti amministrativi rilevanti o degli atti legislativi, si sia adempiuto agli impegni che ci siamo assunti, adempiuti in termini sostanziali, se non formali.
Ritengo poi che la larga documentazione che ci è provenuta da varie organizzazioni ed associazioni contro ed a favore della centrale nucleare abbia consentito agli organi della Regione ed ai Consiglieri regionali di avere sufficiente conoscenza, sufficiente polso dell'atteggiamento delle posizioni che nella comunità vengono assunte. Voglio poi aggiungere che il lavoro estremamente positivo e puntuale svolto dalla VII Commissione in queste settimane, è stato un lavoro e informativo e di discussione e di recepimento, almeno di conoscenza, delle posizioni degli interlocutori che sono stati partecipi a queste riunioni. Attraverso questo lavoro è stata davvero la coscienza vasta, io ritengo sufficiente, di qua le sia la situazione, la volontà delle forze sociali, delle forze organizzate della nostra comunità. Quindi credo che abbiamo adempiuto in termini sostanziali nella forma della delibera dei Consigli comunali, che anche loro stessi sono stati poi soggetti di ulteriori iniziative di consultazione e di confronto; di avere adempiuto ad un largo rapporto di discussione che quindi oggi davvero la questione possa essere riportata alla sede sua naturale di decisione, che è quella del Consiglio regionale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Non condivido la proposta fatta dal Consigliere Montefalchesi perch non ritengo che esistano le condizioni di rinvio, per due ordini di motivi: primo, perché io credo che sia fondamentale, a questo punto obbligatorio rispettare i termini che sono stati indicati dalla legge. Devo dire che come Consigliere regionale non intendo rinunciare alla facoltà che mi dà la legge di esprimermi su un atto rispetto al quale l'intero Consiglio regionale ha lavorato, ha maturato, ha sofferto e quindi siccome tra l'altro ci sono poi delle difficoltà di interpretazione dei pareri discordi rispetto a quello che possa essere l'iter, se il Consiglio regionale non decide nei termini suddetti, io sono prudente e dico che occorre procedere in questi termini e in questi tempi; secondo: circa il motivo fondamentale per cui il Consigliere Montefalchesi richiede il rinvio, e cioè il tempo di indire le consultazioni, io ho già detto che rispetto a questo tema si è tanto parlato e si dovrà continuare a parlare.
E' stato giusto diffondere nella società questo argomento che la società ha incominciato a vivere e che dovrà vivere ancora più intensamente, però penso di poter affermare che a questo proposito la società generalmente intesa nelle sue espressioni istituzionali imprenditoriali, sindacali, di comunità vera, si sia già ampiamente espressa, anche perché la sostanza di questa delibera in fondo non potrebbe mutare perché gli atti che erano necessari al Consiglio per deliberare sono stati tutti acquisiti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

La questione posta dal collega Montefalchesi è tutt'altro che peregrina e non può essere superata con argomentazioni di comodo come la Giunta tenta di fare. Il collega Montefalchesi ci ha detto che lui ha acconsentito all'inizio ad adottare un certo tipo di procedura suggerita anche dalla Commissione, suggerimento che nasceva dalla constatazione che nella specie la Regione non si comportava ai sensi di regolamento, ai sensi di statuto ma era semplicemente un soggetto introdotto in una legge dello Stato, la legge 393, e in questo senso aveva, ritengo, consentito a svolgere un ruolo operativo con la società ai fini di una decisione che però era slegata dal regolamento e dallo statuto, perché i tempi, le metodologie, i soggetti erano indicati tassativamente dalla legge ed in questo ha ragione il Vicepresidente Rivalta. Questo era il presupposto primo.
L'altro presupposto di sostanza, che ci aveva portati a questo tipo di scelta metodologica era la convinzione che l'attività di informazione fosse stata sufficientemente approfondita, evidentemente il collega Montefalchesi ha potuto constatare nelle riunioni di lavoro che questa attività di informazione non era stata così approfondita come lui auspicava e come qualcun altro auspicava.
Dove però devo respingere la richiesta di Montefalchesi, è solo sul piano del metodo della procedura, nel senso che io continuo ad essere convinto che noi procediamo ai sensi della 393, non stiamo procedendo ai sensi di regolamento e ai sensi di statuto. Certo che il comportamento della Giunta che ha ritenuto all'ultimo momento con la correttezza tipica di una piece di Edoardo De Filippo, di presentare una delibera di Giunta il giorno 2, quando la Commissione era riunita al 3, rimettono in discussione questa nostra interpretazione.
Però i casi sono due: o ha ragione Montefalchesi, ed allora questa procedura era riconducibile alle procedure normali di regolamento e di statuto ed allora le consultazioni andavano fatte e la Giunta doveva assumere la delibera in tempi congrui; oppure, come sostiene il sottoscritto, siamo fuori dall'ipotesi di regolamento e di statuto e siamo nella legge 393 e quindi non ci doveva essere la delibera di Giunta, se non come atto formale conclusivo di questo dibattito.
Quindi io anticipo che il mio Gruppo non accede alla richiesta di Montefalchesi, non perché non la ritenga motivata nei fatti, ma perch richiede l'introduzione di uno strumento della consultazione che è riconducibile all'attività ex-regolamento, ex-statuto della nostra istituzione che nella specie non sono applicabili, perché l'attività della nostra istituzione nella specie è costretta ad essere ricondotta nei tempi nei metodi ed anche nei destinatari e nei soggetti previsti dalla legge.
Mi rendo conto che questa mia interpretazione realista e rigorosa cozza contro l'interpretazione che ha dato invece la Giunta della stessa legge.
Ma di questo parleremo nel secondo atto del nostro intervento che sarà quello nel dibattito generale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carletto. Ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, devo annunciare che la posizione del Gruppo della D.C. è contro la proposta del collega Montefalchesi. L'abbiamo già espressa questa opinione in Commissione ieri e la nostra posizione è dettata da una esigenza che a nostro giudizio è primaria rispetto al problema dell'insediamento di una centrale nucleare cioé l'esigenza che noi riteniamo irrinunciabile che il Consiglio regionale si esprima in ordine a questo problema senza rimandare al Cipe con i poteri sostitutivi che la legge gli dà. Allora è chiaro che è un ragionamento questo che è condizionante tutto il problema che noi abbiamo di fronte.
E' condizionante perché anche noi dobbiamo rimarcare con amarezza la scorrettezza che la Giunta a nostro giudizio ha compiuto presentando il 2 di gennaio la deliberazione per l'insediamento della centrale. Noi non condividiamo questo atto di primogenitura in una materia nella quale credo che di primogeniture non ce ne siano, e non ce ne debbano essere. Non siamo colleghi soddisfatti per il livello di informazione raggiunto nella nostra Regione in ordine a questo problema anche se la VII Commissione di cui faccio parte insieme ad altri colleghi del mio Gruppo, è stata coinvolta in questa vicenda e quindi non mi sottraggo anche dalle eventuali responsabilità personali e del mio Gruppo, ma è certo che in questa materia le responsabilità maggiori attengono alla Giunta ed all'Assessore.
Siamo, cari colleghi, anche perplessi per una lettera che il Ministro dell'industria ci ha mandato in un periodo sicuramente non favorevole e che questa lettera del Ministro dell'industria fosse la Befana per il Piemonte lo abbiamo compreso, nel senso positivo e nel senso negativo.
Questi sessanta giorni condizionati dalle vacanze di Natale e di Capodanno hanno limitato ulteriormente la possibilità di confronto, di informazione e di lavoro su questo problema. Non siamo soddisfatti, cari colleghi ed amici della Giunta, per come questa vicenda è nata, è cresciuta e si sta concludendo.
Ma per la responsabilità che noi abbiamo nel Consiglio regionale e costretti dai tempi, anche ad un confronto estremamente limitato nel nostro Consiglio regionale, perché noi avremmo desiderato, Presidente Viglione e Presidente Benzi, che la convenzione Enel-Regione potesse avere quei passaggi che a noi paiono fondamentali attraverso tutte le Commissioni consiliari, perché è una convenzione che tratta molti problemi aperti sui quali era giusto e doveroso che a nostro giudizio si esprimessero e potessero raccoglierne appieno il contenuto tutte le Commissioni consiliari, la Commissione agricoltura per quanto attiene i problemi che l'Assessore Ferraris sollevava; la II Commissione per quanto attiene ai problemi della pianificazione territoriale ed urbanistica; la IV Commissione per quanto attiene ai problemi lavoro, formazione professionale; la Commissione sanità per gli aspetti sanitari, ecc.
Certo il nostro rammarico è che se avessimo programmato meglio questi lavori ed avessimo avuto più attenzione a che tutti i passaggi fossero completi, sicuramente il risultato sarebbe stato migliore e probabilmente il collega Montefalchesi che non ha credo posto questa pregiudiziale in modo strumentale, ma l'ha posta, perché gliene dò atto conoscendo la serietà delle sue posizioni, convinto che la sua proposta fosse da accogliere, e probabilmente avremmo reso un servizio migliore al Piemonte.
Ma noi, ed è questa la motivazione che ci spinge a votare contro alla proposta del Gruppo del P.d.U.P., riteniamo che comunque ci sia un'esigenza preminente: quella che la Regione, oggi, entro il 6 di gennaio, secondo i tempi previsti dalla lettera del Ministero dell'industria, decida sulla centrale nucleare senza rinviare al Cipe la scelta che a noi compete.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche il nostro Gruppo si esprime in senso contrario alla pregiudiziale posta dal Consigliere Montefalchesi, rilevando però al riguardo che la delibera della Giunta del 2 gennaio 1985 è giunta inopinatamente e a sorpresa nella fase procedurale di questa vicenda, in quanto era da ritenersi ragionevolmente prevedibile che la delibera, quale che ne fosse il contenuto in esecuzione della legge 393, avrebbe dovuto essere elaborata e sorgere qui nel Consiglio in seguito alla presentazione di un ordine del giorno. Tuttavia il fatto storico dell'esistenza della delibera non si può ignorare e c'è questo elemento nuovo di una delibera nella quale si manifesta la volontà unanime della Giunta di vedere localizzato il sito in Trino Vercellese. Ora se dovessimo stare alla prassi consiliare costante ed allo spirito dello Statuto, questa delibera che ha, rispetto a tutti i fatti che si sono verificati in questa vicenda e a tutti gli atti che sono stati compiuti, un quid novid, che è dato dalla proposta di individuare in Trino Vercellese il sito, dovrebbe indubbiamente essere preceduta dalla consultazione. Però c'è un fatto che non possiamo ignorare, cioè che il 6 gennaio scade il termine previsto dalla legge che siamo tenuti ad osservare per decidere se individuare il sito e dove individuarlo, oppure per decidere se non individuarlo.
La gamma di tutte le possibili decisioni ai sensi della legge è questa.
Quindi, ci sono due esigenze opposte in contrasto fra di loro: l'esigenza di attuare il principio della consultazione sul contenuto della delibera 2 gennaio 1985, contenente indubbiamente un fatto politico nuovo manifestato dalla volontà della Giunta e l'esigenza di non violare un termine della legge 393.
Ci sono due beni in contrasto fra di loro, due esigenze politiche in contrasto fra di loro ed una delle due deve essere sacrificata e ritengo che il sacrificio debba essere nei confronti del principio della consultazione perché in difetto si violerebbe un termine di legge, un termine nel quale, ripeto e tengo a sottolinearlo anche perché poi su questo argomento torneremo sui nostri rispettivi interventi, c'è il termine nel quale si deve decidere se individuare, dove individuare oppure se non individuare.
D'altro canto, l'esigenza della consultazione mi pare, e questo sorregge e motiva vieppiù il sacrificio da attuarsi nei confronti del principio della consultazione, in definitiva c'è stata, in quanto tutti gli elaborati e le risultanze delle complesse indagini istruttorie dell'Enel e dell'Enea, è pacifico, sono state sottoposte, erano cognite e note a tutti gli interessati, siano essi enti locali o soggetti privati.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi, ci sono due questioni poste nella pregiudiziale del collega Montefalchesi alle quali cercherò di rispondere in maniera distinta.
Ce n'è una che attiene all'aspetto più squisitamente procedurale.
Ritengo avesse ragione l'Assessore Rivalta quando diceva che non può essere richiamata una procedura ordinaria che prevede di solito che il momento della partecipazione, cioé della consultazione, intervenga come atto formativo di una decisione (uno dei segmenti della formazione della decisione politica), quando qui abbiamo in realtà sia sul piano sostanziale, ma anche poi su quello formale, per le procedure previste dalla legge nazionale, già avuto degli atti deliberativi da parte degli stessi Comuni e in positivo e in negativo, comunque si sono già avute delle espressioni di volontà dei soggetti più direttamente interessati.
Devo a proposito dire comunque che su tutta la questione della legge le perplessità nel dovere maneggiare uno strumento che è apparso far acqua da molte parti, sono venute in evidenza il problema dei tempi ed anche per la verità sullo stesso ambito della consultazione.
E' indubitabile che un intervento di questa portata, di questa qualità e caratteristica, sia tale da inerire certamente a interessi diretti della popolazione dove si alloca o si vuole allocare la centrale ed anche per interessi più vasti che riguardano addirittura tutta la comunità piemontese. Sotto questo profilo quindi, la ripresa di due argomenti, da una parte, quello di ciò che in sostanza è avvenuto sul piano del rapporto con i soggetti interessati ad intervenire nella formazione dell'atto di decisione e dall'altra questa innovazione che sul piano procedurale, deve far considerare diversamente questo atto, in qualche misura ineliminabile la delibera della Regione, al di là di oggi, ieri o di due o tre giorni prima, come atto finale rispetto ai preliminari già avvenuti. Sul piano invece più sostanziale mi sembra che poi si richiami anche il problema dell'informazione.
E' stata lamentata una carenza di informazione, alcuni ne danno responsabilità a seconda delle parti politiche per cui parlano. Io credo però che qui vada detto con molta fermezza che quando il 6 di novembre si ricevette il telegramma da parte del Ministro Altissimo, (quel telegramma che ci faceva fare, come si ricordava, la Befana), la nostra parte politica sostenne la linea per cui una Regione compatta avrebbe dovuto porre in discussione col Governo un opportuno, congruo, non enorme, allungamento di termini, quindi non necessariamente il 4, per potere esperire nella maggiore pienezza possibile, un iter di informazione e di consultazione e noi così facemmo. Ci trovammo di fronte ad una posizione da parte di altre forze politiche, anche motivata, in realtà io dico non solo immotivata, dal fatto che su questo terreno purtroppo assistiamo ad un gioco piuttosto duro. In altre parole, il rapporto tra le istituzioni, per esempio Regione e Governo centrale, non appare improntato a quello spirito di collaborazione per cui una Regione se vuol portare a termine, al di là del merito di come sia stato sempre fatto, un lungo lavoro, perfezionare tutti quelli che sono gli interessi suoi propri, politici, di consultazione e informazione lo possa fare; non mi pare che dall'altra parte ci siano un Governo ed un Cipe disponibili a dare le condizioni perché questo avvenga ed in questo senso dó anche la motivazione per cui i Consiglieri di altre forze hanno molto insistito perché si chiudesse ad ogni costo entro il 6 gennaio.
Anche noi poniamo l'accento critico sul fatto che il tempo è stato francamente insufficiente e non tanto, poi andremo anche ad esaminare questo perché non abbiamo timore di più specifiche responsabilità o meglio inazioni, e questa insufficienza è anche data dal fatto, e noi me siamo consapevoli, che sottrarci prima del 6 gennaio ad una decisione, anche con le migliori intenzioni di avere un tempo utile per fare quello che ancora non si è fatto, sarebbe stato forse legittimare un intervento autoritativo del Governo che espropriava noi di una potestà di decisione che invece rivendichiamo nel bene e nel male, anche con tutti gli elementi negativi che sappiamo esistere in una decisione così tormentata, e dall'altra parte soprattutto una gestione futura in cui la Regione venga messa fuori gioco e non possa rappresentare, come intende rappresentare invece, il complesso di interessi delle popolazioni, di controllo e di vigilanza che l'operazione avvenga nel segno della massima insegna di trasparenza democratica. In questo senso, quindi, noi respingiamo questa pregiudiziale, crediamo anche di averne dato delle motivazioni non di facciata, né di momento, ma che in fondo stanno ad un percorso che abbiamo scelto e su cui, anche costretti dobbiamo comunque andare oggi.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Moretti. Ne ha facoltà.



MORETTI Michele

Circa la prima questione posta dal collega Montefalchesi, devo dire che la legge 393 assume alcuni aspetti per quanto riguarda determinate decisioni, quindi c'è stata una volontà della Regione di aprire una consultazione, tant'è che le consultazioni ci sono state. Ci sono state anche delle proteste da parte dei Comuni che rientrano nell'area territoriale della localizzazione. E già prevista comunque la convocazione da parte del Presidente della Giunta, d'intesa con il Presidente dell'Enel di una riunione con questi Comuni per discutere dei problemi tecnici connessi alla realizzazione della centrale.
Per quanto riguarda la seconda osservazione, mi riservo di esprimermi nel corso del mio intervento in sede di discussione generale, in quanto ritengo si tratti molto più di un problema di natura politica, che non di natura tecnica. Non è che respingo l'obiezione posta da Montefalchesi, per è un'obiezione che secondo me non trova posizione circa la discussione da svolgere in quest'aula e per questo dico che non è da accettare.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Se non vi sono altri interventi in merito alla questione pregiudiziale posta dai Consiglieri Montefalchesi e Reburdo, la pongo in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La pregiudiziale è respinta con 2 voti favorevoli e 50 contrari.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Fuori da quest'aula ci sono decine e decine di persone che sono qui sin dalle prime ore di stamane e che provengono anche dalle zone periferiche del Piemonte e dalle aree interessate, le quali non hanno la possibilità di entrare in quest'aula. Chiederei allora che si facesse in modo di dare la possibilità, almeno ad una delegazione di 20-30 persone, di assistere come tutto il pubblico presente in quest'aula ai lavori del Consiglio regionale.
Pongo quindi una questione direi di opportunità e di esigenza che a queste persone vanga data una risposta adeguata alla loro volontà di partecipazione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Collega Reburdo, l'Ufficio di Presidenza ha preso per tempo provvedimenti per l'accesso del pubblico all'aula nel corso di questa seduta in quanto era prevista, data l'importanza dell'argomento e l'ampiezza dei soggetti interessati, che ci fosse una larga richiesta.
Abbiamo infatti dato disposizioni e abbiamo fatto sì che tutti i Comuni interessati al problema, tutte le associazioni naturalistiche, tutte le organizzazioni sindacali, le organizzazioni di categoria, le associazioni economiche e sociali, gli enti interessati, il Politecnico e l'Università avessero accesso all'aula. I posti a disposizione sono stati tutti occupati con adesioni preventive che sono pervenute già ieri sera ed in questo momento non c'è nemmeno un posto disponibile. Per ragioni di sicurezza non possiamo consentire l'accesso a più di 150 persone nella zona del pubblico ed abbiamo anche messo a disposizione, proprio perché le richieste superavano le disponibilità, le barcacce che sono solitamente a disposizione dei funzionari della Regione.
Abbiamo però, proprio per consentire a tutti coloro che lo desiderano di seguite la discussione, posto degli altoparlanti che trasmettono il dibattito sulla via Alfieri e nelle adiacenze. Questo è tutto quello che è stato possibile fare. Dunque più pubblico di quello che c'è non è possibile far entrare e pertanto non posso assolutamente accettare la sua richiesta.



REBURDO Giuseppe

Scusi Presidente, abbia pazienza, questo è un fatto di grande rilievo: lei ha detto che la Presidenza ha assunto la decisione preventiva di predeterminare i posti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Esattamente collega, come prevede il regolamento. Il pubblico è autorizzato ad entrare in sala dall'Ufficio di Presidenza. Questo noi abbiamo sempre di- sposto e questo abbiamo disposto anche oggi.



REBURDO Giuseppe

Cioè i cittadini non possono partecipare liberamente ad una seduta di Consiglio regionale?



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Possono solo se sono autorizzati; possono chiedere ed ottenere l'autorizzazione.



REBURDO Giuseppe

La Presidenza poteva almeno prevedere però di svolgere questa seduta consiliare in un'aula che avesse una capienza tale da sopportare le decine di persone che si trovano al di fuori del palazzo.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Non abbiamo a disposizione quest'aula e non è stato neppure lontanamente ipotizzato che si dovesse scegliere un'altra sede. Dichiaro aperta la discussione generale. Ha chiesto di parlare il Consigliere Ferro.
Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Dieci persone in aula potevano essere ammesse! Una delegazione di dieci persone poteva essere ammessa in aula.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Per favore, Consigliere Reburdo, non ha la parola.



REBURDO Giuseppe

Io insisto sulle dieci persone.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Lei non può insistere perché non ha la parola. La parola ce l'ha solo il Consigliere Ferro.



REBURDO Giuseppe

Insisto sulle dieci persone, una delegazione di dieci persone.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ci sono tutte le rappresentanze di tutti i soggetti interessati.



REBURDO Giuseppe

Non è vero! Mi permetto di insistere.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Va bene. La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dirò subito che mi pare, per come sono andate le cose in questi mesi, per come si è lavorato in questi mesi, per come ha lavorato la Giunta ma in particolare per come ha lavorato la VII Commissione, dirò subito che mi pare che quella maggioranza larga quasi unanime che in questa stessa aula constatammo quando si trattò di avviare le procedure di accertamento dell'idoneità dei due siti, sembra oggi essere quasi la stessa che può ritrovare una convergenza sulla delibera finale.
Allora si trattava di un voto a favore o contro il nucleare in Piemonte. Si trattava cioè di una scelta generale che come Consiglio eravamo chiamati a compiere.
Oggi, andata avanti quella scelta, il problema che si pone è quello del "come e dove" E il "come e dove" implica necessariamente un impatto più ravvicinato coi problemi, introduce valutazioni sui nodi da sciogliere e sullo spessore di problemi che, via via, voglio dire con l'apporto di diverse forze politiche non solo della maggioranza, ma anche della stessa opposizione, hanno consentito in parte di essere superati.
lo quindi non rivendico al Partito comunista o esclusivamente alle forze di maggioranza, il fatto per esempio che l'Enel nello studio dei due siti abbia condotto indagini qualitativamente assai più serie ed affidabili di quanto era stato fatto in passato, e non rivendico al P.C.I. o solo alla maggioranza presente in questo Consiglio il fatto che l'ultima stesura del piano energetico nazionale, quella approvata dal Parlamento, ponga in termini molto più corretti la fonte nucleare - considerata oggi integrativa rispetto a precedenti stesure dove essa invece assumeva un ruolo centrale.
A ridimensionare il ruolo del nucleare nel piano energetico nazionale a costringere l'Enel ad analisi più qualificate e convincenti hanno concorso atteggiamenti e posizioni assunte da diverse forze politiche non solo della maggioranza, la loro volontà di produrre su questo problema il meglio di se stessi con quello spirito critico e costruttivo che ogni forza politica in questi mesi, man mano che si andava avanti nelle procedure, ha saputo esprimere.
Ma allora, se così stanno le cose, allora rivendico per la maggioranza e per il P.C.I. la posizione assunta nel 1979 come una posizione a quel tempo giusta, non in contraddizione con quella che assumiamo oggi, una posizione allora, che sulla base degli studi e delle analisi fatte e dei problemi affrontati, sottolineava il fatto del non esserci - allora - le condizioni per decidere.
In fondo quella posizione di allora ha aperto la strada ad un processo molto più corretto per i soggetti interessati, che oggi pongono la Regione in condizioni di decidere.
Certo, c'è un argomento che come forza politica non ci lascia insensibili, la nostra decisione avviene con anni di ritardo rispetto ai tempi con cui altri paesi hanno fatto la scelta elettronucleare.
In fondo la nostra scelta può apparire come quella di quanti arrivano dopo. Onestamente dobbiamo registrare questo ritardo che però non credo sia dovuto ad indirizzi, comportamenti della Regione, quanto piuttosto al modo con cui sul piano nazionale,si è sviluppato il confronto tra le forze politiche e al modo con cui gli enti energetici di Stato si sono collocati in questo confronto.
Questo modo - passatemi il termine - non corretto di intendere il confronto in questo dibattito nazionale, hanno avuto anche dei colpi di coda nella nostra Regione. In questi mesi, non solo nella maggioranza ma anche in forze che qui siedono nei banchi dell'opposizione - quelle che più si sono attivate in VII Commissione - ci è parso di scorgere un intento teso a definire un percorso procedura- le nella formazione della scelta, il più trasparente possibile, aperto ad un rapporto corretto con gli Atenei fondato su una informazione diffusa, oggettiva, priva di reticenze.
Si può avere una lettura ed una interpretazione sul comportamento delle forze politiche in questi mesi soggettiva ed unilaterale. Al di là di tutto però restano i fatti. Noi non possiamo che rispondere di noi stessi, del nostro operato. E il nostro operato è stato quello di una forza che su questo terreno di un percorso corretto e trasparente si è battuta sino in fondo.
Battuta sino in fondo contro chi? L'Assessore Calsolaro due mesi fa ebbe modo di dire, in una riunione del Comitato misto, che la Regione Piemonte ricca di una storia che ha portato i piemontesi a decidere anche per altri, non avrebbe fatto come Celestino V: la Regione deciderà, la Regione deciderà.
Bene,la Regione oggi decide. Non sarà un Bonifacio VIII che subentra alla Regione.
Ma come si sa, tante delle debolezze, delle indeterminatezze di Celestino V erano poi in fondo il frutto di consigli non del tutto disinteressati di Carlo II Re di Napoli e della sua corte.
Ed allora, se qui non c'è nessun Celestino V, nessun Bonifacio VIII qualcuno la parte di Carlo II in questa vicenda, in tutto questo periodo ha creduto di interpretarla sino in fondo. I Carlo II appartengono a un mondo esterno a questo Consiglio, un mondo fatto di personaggi che in tutto questo periodo si sono attivati non solo per il nucleare, comunque, ma anche per Trino.
Noi come Regione avevamo stabilito il nostro coordinamento con i Comuni, con l'Enel, attraverso il Comitato misto. Ma, a lato del nostro coordinamento i Carlo Il non erano pochi. Dicevo prima che costoro appartengono a un modo esterno a quello del Consiglio, è vero. Ma sino a un certo punto, forse in fondo da tempo si sapeva che Po 2 non avrebbe dato l'intesa. E non era forse interesse di quelli del nucleare comunque spingere talmente avanti la situazione su Trino per costringere la Regione a non scegliere (in questo caso sì che si sarebbe rotta quella maggioranza quasi unanime che registrammo) o, a assolvere unicamente a una funzione notarile scegliendo Trino, ma ridimensionando o tagliando fuori di fatto il complesso di problematiche che gli Atenei nei loro due rapporti, pur riconoscendo i due siti idonei, ci avevano posto? Intendiamoci, il nucleare, comunque, qui in Regione, non ha mai trovato degli assertori aprioristicamente dichiarati. Ma certi perentori inviti a decidere, pur di decidere, un segno politico ben definito lo hanno.
Il Presidente dell'Enel, Corbellini, dopo la firma del verbale d'intesa con la Regione, ha affermato che la decisione nostra è il primo avvio concreto del piano energetico per quanto riguarda il nucleare.
Io sono convinto che, per quanto riguarda il P.E.N., continuando di questo passo, con un governo che non traduce in piani finanziari pluriennali gli indirizzi del piano energetico nazionale, disattendendo così le stesse indicazioni del Parlamento, e delle stesse forze politiche in una situazione che è contrassegnata da indeterminatezza, i nodi vengono al pettine.
Le risposte che vengono date ai problemi energetici sembrano essere al di sotto della consapevolezza che siamo in presenza di una vera e propria emergenza energetica in termini di quantità, qualità e costo dell'energia.
Io non so sino a quando si potrà andare avanti con una quota di petrolio nella generazione dell'energia elettrica che nel nostro paese è pari al 50 per cento rispetto all'insieme delle fonti, mentre in Germania è del 5 e in Francia è del 9.
E tutto questo in una situazione in cui le tendenze, anche in fasi di crisi economica come l'attuale, sono orientate a un incremento dei consumi elettrici. Nei primi undici mesi dell'84 i consumi elettrici sono aumentati del 5 per cento. L'Enel prevede un incremento annuo nel periodo 81/95 del 3 per cento su scala nazionale e solo dell'1,5 per cento in Piemonte, forse dando per certo quello che certo non é, e cioè che la crisi dell'apparato produttivo piemontese trovi un proprio assestamento nella restrizione delle basi produttive.
Ma, al di là di queste considerazioni, se il PEN è un piano di transizione, prima di tutto, per governare la scelta energetica, vogliamo qui ricordarlo, noi comunisti non siamo mai stati per il nucleare comunque.
Non abbiamo mai avuto un atteggiamento acritico verso il nucleare.
C'è sempre stata una nostra linearità di comportamento in tutti questi anni.
Eppure chi ha onestà intellettuale per riconoscere - pur mantenendo il proprio distinguo - (e credo che qui non siano pochi)sa che in fondo è un atteggiamento non acritico verso il nucleare, la ricerca problematica sui dati oggettivi, la fermezza dove occorreva essere fermi, il dialogo e la ricerca per ottenere i risultati migliori, là dove l'impatto nucleare poteva introdurre diverse variabili, sono queste le cose che hanno finito con il prevalere.
Questa linea di comportamento che ha trovato dei decisi assertori nel collega Rivalta, nella Giunta, in alcuni rappresentanti di forze politiche del Comitato misto, ha oggi il suo punto di approdo nella discussione e nella decisione che assumiamo. Il nucleare, comunque, quello che qui in Piemonte, in questo Consiglio è stato sconfitto, è un nucleare che pone le forze politiche in una condizione di fatto di non scegliere - può sembrare un paradosso - pone le forze politiche in una condizione di non decidere perché quando, come succede in Lombardia, non si vuole confrontare in prima persona con il complesso di problematiche che la centrale nucleare apre e pone, in diversi settori della ricerca e della conoscenza, quando non ci si accosta con una metodologia critica che vuol essere dentro i problemi allora si fanno sì enunciazioni propagandistiche, ma poi subentrano i tatticismi, si preferisce navigare nel mare dell'indeterminatezza, dei rinvii, del ritardare il più possibile le discussioni di merito e su questo si trova, come si è trovato, un occhio comprensivo e consenziente da parte di qualche ministero.
Certo, una discussione di merito sul come e dove, non avrebbe potuto essere sostenuta dal Consiglio e dalla Giunta senza l'apporto decisivo e altamente qualificato degli Atenei. In fondo, mi si consenta di dirlo, la presenza degli Atenei, il rapporto di fiducia che con essi si è stabilito la presenza nel merito di una parte così espressiva della comunità scientifica piemontese, ha evitato che una interferenza nel merito dei diversi Carlo II finisse con il far prevalere delle logiche devianti da quelle che abbiamo ritenuto essere la costante del nostro impegno: ossia una valutazione finale fondata sui dati obiettivi e su una loro conoscenza e lettura corretta.
E qui bisogna dare atto agli Atenei del loro lavoro.. Un lavoro difficile non solo per lo spessore delle materie e delle discipline trattate. Difficile anche per le incomprensioni che qua e là talora si sono registrate.
Qui bisogna guardare ai fatti per valutare sino in fondo che cosa ha prodotto la convenzione con gli Atenei.
E i fatti sono ad esempio un dialogo con l'Enea che ha portato a prescrizioni che allargano il campo della guida tecnica n. 1, che vanno dalle misure da adottare in materia di approvvigionamento idrico e di non compromissione delle caratteristiche agricole della zona alla necessità di trovare soluzioni non precarie o provvisorie dei rifiuti e del combustibile irraggiato. Si è in sostanza agito sulla filosofia del piano energetico nazionale per arricchire le prescrizioni in modo da renderle profondamente innovative rispetto a quelle sino ad oggi imposte a Caorso o a Montaldo di Castro.
I fatti sono un salto di qualità che di fatto l'Enel ha dovuto fare nella ricerca e nell'elaborazione con delle ricerche molto più accurate sui temi pertinenti alla guida tecnica n 1.
Certo, ci sono ancora aspetti che dovranno essere approfonditi.
Sull'impatto socio economico, l'ambito di analisi sulle due aree fatte per conto dell'Enel sono estremamente allargate. Questo, oltre a non porre in risalto la differenza tra le due aree porta ad esaltare gli aspetti di ottimizzazione e a sottovalutare gli aspetti che invece vanno mitigati.
Una centrale in costruzione che può avere punte di lavoro di 3.000 persone implica degli impatti che sono più negativi nelle zone ristrette più direttamente interessate al sito, e degli impatti positivi su aree più vaste. Ma il verbale di intesa firmato in questi giorni e le convenzioni che seguiranno in fondo fanno un punto su un processo che si è aperto nell'80/81 per aprirne un altro nel quale la Regione rafforza le sue condizioni di Ente che vuole essere dentro il governo delle scelte energetiche e in primo luogo dentro il governo del nucleare sì, ma anche dell'idroelettrico.
Io non posso che condividere sino in fondo il verbale d'intesa della Giunta su cui per giorni insieme ad altre forze politiche coi Commissari della VII Commissione si è lavorato.
In esso si affrontano i termini corretti, le valutazioni di impatto ambientale, si recepiscono le raccomandazioni degli Atenei, si creano tutti i possibili presupposti per un processo che attenui e mitighi gli effetti meno desiderati e valorizzi e ottimizzi quelli voluti.
Dicevo prima che quel verbale d'intesa e le decisioni di oggi in fondo fanno un punto fermo di un processo. Un processo in cui possono prodursi dei salti culturali ricchi di implicazioni per parte della comunità piemontese.
E questi salti non sono solo possibili e fattibili sotto l'aspetto produttivo, dove possono aprirsi processi di qualificazione delle imprese.
Sono possibili e da perseguire nel governo del territorio dove il richiamo nel verbale d'intesa al progetto territoriale operativo pone la Regione in una condizione tale da produrre una esperienza assai diversa da quella consumata dove sono state fatte altre centrali.
Sono possibili nella parte che riguarda il rilevamento dei dati ambientali, e dell'emergenza dove i rischi, più ancora che dal nucleare vengono da cosa già oggi è situato sul territorio.
Tutto sommato, a ben vedere, la ricerca corretta degli Atenei di una valutazione interdisciplinare, ha portato a delle conclusioni per il referente politico-istituzionale qual è la Regione che spostano l'asse stesso dell'impegno da cui si era partiti.
Si era partiti con la volontà politica di essere dentro il governo nella scelta nucleare e della scelta energetica, era giusto, tutto questo è stato conquistato. Ma se si legge il verbale d'intesa la Regione diventa il centro di politiche settoriali, di produzione di arricchimenti, di processi innovativi che, se saremo all'altezza di quanto ci si ripromette consentiranno i risultati significativi che può offrire un'esperienza della novità e della portata di quelle che si avviano.
Che cos'è questo verbale? Una conquista di una maggioranza? Di una Regione? Io non credo abbia senso andare a misurare (e lo diceva già prima il collega Carletto in un inciso attorno alla discussione precedente) col bilancino del farmacista lo spessore degli apporti e dei contributi dati dalle forze politiche. Credo sia giusto dire che esso è scaturito anche da un rapporto tra Giunta e Commissione che nel corso di questi mesi è stato basato sulla pari dignità.
E tutto questo perché se si vogliono superare le tagliole della 393, se non ci si vuole ridurre ad un atto notarile, se si vuole ritagliare - come si è voluto ritagliare - un ruolo alla Regione nel governo dei processi, si devono creare condizioni per ridurre o attenuare al massimo controspinte dal momento che tutto questo non è acquisito in linea di principio, ma deve essere conquistato.
Governare i processi, strappar un ruolo originale rispetto alla 393. In questo ambito, pur dando un giudizio nel complesso positivo su quanto è stato fatto, un'ombra mi pare meriti una sottolineatura.
E' quella sull'informazione che non è stata diffusa come avremmo voluto.
Ma è bene sottolineare che l'informazione finale, quella confortata dalla terza relazione degli Atenei, per i tempi posti dalla 393, ha dovuto svilupparsi di fatto solo negli ultimi 20-30 giorni. E Bontempi ricordava il perché prima si è potuta sviluppare solo in questi 20-30 giorni. Le valutazioni politiche di quanti hanno voluto che la decisione venisse assunta oggi. Si è dovuto recuperare però in tutto questo periodo un rapporto tra informazione e decisione che durante tutto il percorso non sempre è stato visto dai Comuni con quella linearità conseguenziale che invece sarebbe stata resa necessaria e rispetto la quale non sono mancate slabbrature, anche in chi avrebbe dovuto rispondere del proprio operato.
Un'ultima considerazione positiva sul verbale di intesa che voglio sottolineare: questo verbale non solo tende a disciplinare tutti i processi ambientali, produttivi, della sicurezza, ecc, che una centrale nucleare apre.
Esso soddisfa anche un indirizzo politico che, in particolare noi comunisti, abbiamo sempre posto come condizione essenziale. Così come il nucleare viene assunto all'interno del piano energetico nazionale come una fonte integrativa, noi ci siamo mossi e ci muoviamo in Piemonte per evitare che qui esso assuma rispetto al nostro deficit e agli interventi che si impongono, un ruolo centrale. E' quindi importante il principio, definito nel verbale, che sull'idroelettrico l'Enel si impegna a investire nella nostra Regione un volume complessivo di risorse pari a quello investito nel nucleare.
Ma nucleare ed idroelettrico da soli non sono ancora sufficienti . E' quindi importante, oltre che agire sul risparmio energetico, portare avanti interventi integrativi quali i progetti di cogenerazione e teleriscaldamento presentati al FIO e la rete di metanizzazione che potrebbe agevolare la sostituzione di usi elettrici non obbligati.
Certo, nell'assumere la decisione finale, come Consiglio noi sappiamo che i due siti sono idonei, ma non sono uguali. Il problema dell'acqua a Trino è un problema serio, reale, posto in evidenza dagli Atenei e dagli utenti irrigui.
In questi giorni, prima della firma del verbale d'intesa, è stata data una diversa interpretazione da parte di altri ad un nostro documento di gruppo che poneva al centro delle condizioni preliminari il problema dell'acqua.
Io credo si debba riportare quel documento al suo effettivo significato, che non era quello di anticipare un nostro intendimento di rinvio al CIPE od altro, ma piuttosto di chiamare l'Enel ad assumersi la responsabilità, qualora non avesse acconsentito a un invaso ritenuto sufficiente od avesse espresso titubanze su una convenzione con gli utenti di una situazione di stallo senza via di uscita.
Crediamo che anche quel documento, non solo quel documento certo, abbia contribuito a raggiungere il risultato che oggi è possibile registrare anche se la via della convenzione Enel-Utenti in cui la Regione assume un ruolo di arbitrato è ancora tutta da percorrere. Ma l'impegno all'invaso di 134 milioni di metri cubi d'acqua al 25 Marzo di ogni anno, la sperimentazione che si avvia sull'uso plurimo delle acque, sono conquiste lontane non poco rispetto a quella rigidezza che verificammo alla fine degli anni 70 da parte dell'Enel.
Allo stato attuale dei fatti crediamo comunque che possano essere numerosi i problemi aperti. Noi stessi sappiamo che da domani si apriranno problemi non irrilevanti nella gestione del processo che oggi avviamo.
Sappiamo anche che questa gestione aprirà questioni di tale portata e di tale spessore da richiedere l'apporto decisivo di ogni spirito critico, di Comuni, di gruppi, di forze politiche, indipendentemente dalla posizione e dalla collocazione tenuta in questi giorni rispetto alla scelta odierna.
Questo rapporto, come comunisti ci ripromettiamo di cercarlo, non perché ci siano incomprensioni da recuperare, non perché ci siano quelli che hanno capito e quelli che non hanno capito, ma perché sappiamo quale contributo di intelligenza e di impegno può derivare da questo rapporto.
I problemi aperti sono numerosi. Una cosa però credo sia sbagliato fare allo stato attuale dei fatti; scegliere Po 2, il sito che non ha dato l'intesa.
Io non so se demandare al Cipe significhi o meno demandare a tempi indefiniti. Chiunque la pensi così più che su una opzione si esprime su una scommessa.
Demandare al Cipe? Una cosa è certa, vorrebbe comunque dire aprire delle condizioni che estromettono gli interessi locali. Si aprirebbero logiche politiche che sono altre rispetto al comportamento di trasparenza di analisi sui dati obiettivi che hanno accompagnato ed intendono presiedere alla nostra scelta. Infine, demandare al Cipe significa aprire dei seri interrogativi sul dopo. Io sono convinto che quand'anche scegliesse il Cipe una parte delle cose oggi scritte nel verbale verrebbero forse recuperate, ma non tutte.
Un processo che nell'analisi ha avuto una sua caratteristica, una sua unità interdisciplinare e che vuole avere quindi una sua organicità per andare avanti ha bisogno di mantenere questa organicità conquistata.
Una cosa è certa. Una decisione del Cipe non potrebbe fare a meno di lasciare alla Regione la titolarità di alcuni spezzoni settoriali, ma toglierebbe al nostro impegno quella organicità per la quale non solo noi comunisti ci siamo battuti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo dieci anni di lavoro, di studi, di ricerche, di speranze legate a preoccupazioni e perplessità spesso legittime dopo avere in questi anni vissuto esperienze nazionali e internazionali certamente non positive (mi riferisco alla guerra del Kippur che ha dato inizio alla crisi petrolifera mondiale ed ai conseguenti provvedimenti del nostro Governo per contenere il consumo energetico, e penso alla circolazione alternata la domenica delle auto, penso ai rischi di black-out ed i cartelli che sono davanti agli ascensori che ci ricordano questi problemi) dopo avere in più occasioni affrontato questi problemi in dibattiti nel nostro Consiglio regionale avendo l'opinione pubblica in questo decennio acquisito notizie e informazioni in questo settore; oggi siamo chiamati, colleghi Consiglieri ad esprimerci sulla scelta del sito puntuale sul quale realizzare una centrale da due unità di 1.000 Mw cadauna, e la proposta di deliberazione che la Giunta ha fatto al Consiglio inopportunamente il 2 di gennaio e la relazione che accompagna questa delibera tratta degli argomenti tecnici e delle soluzioni che si intendono dare. Passiamo cioé da dieci anni di parole, di pronunciamenti e di dibattito, ai fatti e la D.C. ed il Gruppo che la rappresenta in quest'aula giudica, senza enfasi, questa scelta l'atto di governo più importante compiuto dalla Regione Piemonte in questa terza legislatura.
Si tratta di un provvedimento che io valuto di grande significato economico e sociale intorno al quale per dieci anni si è avuto un dibattito serrato, a volte duro, ma sempre serio, che è destinato a lasciare un segno importante nella nostra Regione, i cui effetti completi probabilmente potranno valutare appieno solo i nostri futuri colleghi che siederanno su questi banchi nei prossimi decenni.
Mi rendo conto che tutti i dubbi e le preoccupazioni non sono stati risolti, così come penso che i contrari probabilmente continuiamo ad essere convinti della loro scelta ed i favorevoli non hanno visto scalfita la loro convinzione, ma questi anni non sono passati inutilmente nella nostra Regione e sicuramente il dibattito è servito a far crescere nella coscienza di ogni cittadino responsabile la convinzione che la soluzione peggiore per risolvere i problemi è quella di non decidere, lasciando al destino il compito di selezionare le idee degli uomini tra quelle giuste e quelle sbagliate.
Ecco allora l'esigenza di decidere in un settore vitale della nostra società; ecco la scelta politica che il Consiglio regionale compie oggi di dare una risposta ai drammatici problemi energetici della nostra Regione, i quasi dieci miliardi di Kwh consumati in un anno in Piemonte e il deficit che sfiora il 50 per cento, sono dati troppo e ben noti a tutti per non doverli ricordare.
E' una scelta sicuramente difficile e sofferta, che pone problemi di coscienza per la responsabilità che ci assumiamo ed in particolare per chi come me, ha seguito passo a passo, in questa legislatura, la maturazione di questo provvedimento.
E' una decisione non facile per chi ha seguito le argomentazioni quasi sempre serie di chi è contrario al nucleare (quasi sempre, perché alcune strumentalizzazioni mi sono sembrate di cattivo gusto ed anche pacchiane e ad esse non vorrei dedicare più che una battuta).
Ho sempre avuto, ad esempio, grande rispetto, pur non condividendone le posizioni, per il collega Montefalchesi che si è battuto perché non si realizzasse la centrale in Piemonte, così come ho seguito con attenzione con altri colleghi, le argomentazioni addotte dalle organizzazioni antinucleari presenti nella nostra Regione.
Ritengo che il contributo serio di queste voci del dissenso ci abbiano fatto riflettere e ci abbiano convinti che insediamenti di questo tipo debbano avere le garanzie più assolute da parte di chi ha la responsabilità di realizzarli e di gestirli. Quindi l'impegno della Regione in questi anni, volto a creare queste condizioni di massima garanzia, ci pare sia stato indirizzato nel senso giusto, focalizzando i problemi ed impegnandosi a ricercare le soluzioni più idonee.
Mi preme qui richiamare il ruolo svolto in questi anni dalla VII Commissione, ruolo spesso poco appariscente ed oscuro, ma serio e concreto sui problemi grandi e piccoli che di volta in volta si dovevano affrontare.
Un lavoro istituzionale molto serio, sotto la guida del Presidente Marchini che voglio pubblica mente ringraziare con i miei colleghi Vicepresidente Petrini prima e Borando oggi, lavoro che ha visto impegnati i commissari nel lavoro di confronto con gli Enti locali delle aree Po l e Po 2; in un impegno di confronto con gli Enti di Stato, l'Enel ed Enea, che ha avuto nel Comitato misto la sede istituzionale propria.
E come non ricordare le numerose giornate di lavoro passate con le organizzazioni sociali e di categoria per affinare i problemi, individuare soluzioni, raccogliere preoccupazioni, trasmettere serenità e tentare di infondere certezza per quanto possibile in argo- menti così delicati e difficili. E perché non ricordare l'incontro avuto con le organizzazioni naturalistiche, W.W.F., con il comitato per il controllo delle scelte energetiche, svolto - vero Marchini - in assenza totale della Giunta.
Spesso con la Giunta abbiamo avuto dei problemi di incomprensione e taluni atti di intolleranza nei confronti della Commissione hanno lasciato molta amarezza in chi ha creduto in una collaborazione seria su un problema così importante.
Non voglio riparlare di queste amarezze, voglio solo riconfermare agli Assessori che le velleità dei Commissari non erano tese a partecipare a fotografie ricordo in occasione di qualche firma di protocolli d'intesa, n ad apparire su qualche quotidiano o a qualche televisione di Stato o privata, né ad impedire alla Giunta di svolgere la sua parte che spesso non ha fatto, ma nascevano dalla consapevolezza che per arrivare ad una soluzione positiva occorresse abbandonare primogeniture o ruoli da primo della classe per costruire tutti insieme le condizioni per la scelta finale.
Credo quindi di poter affermare che all'interno della Commissione il ruolo delle opposizioni sia stato fondamentale e rivendico per il mio Gruppo, così come penso faranno i miei colleghi delle opposizioni, un ruolo decisivo, molto corretto sul piano istituzionale e politico, fuori da ogni logica di strumentalizzazione e di deresponsabilizzazione, non comune, per una forza politica di opposizioni alla vigilia delle elezioni amministrative e che conferma il senso dello Stato e delle istituzioni patrimonio irrinunciabile, del nostro Partito.
Impegno della Commissione e della Giunta teso verso quali obiettivi? La verifica puntuale delle condizioni di realizzabilità della centrale la minimizzazione dell'impatto negativo derivante dall'eventuale insediamento la ottimizzazione delle ricadute sul sistema piemontese con il tentativo di elevarne la qualità e la quantità.
Questo impegno è stato molto forte, e sempre presenti nel nostro lavoro sono stati questi obiettivi, debbo dire in questo confortati e consigliati in modo estremamente positivo dagli Atenei piemontesi.
Desidero ringraziarli a nome del mio Gruppo per il lavoro che hanno svolto per la Regione Piemonte e mi pare che il riconoscimento più tangibile sia venuto loro dagli amministratori delle aree di Po 1 e Po 2 inizialmente molto scettici, che hanno riconosciuto oggi il valore ed apprezzato la qualità del loro lavoro.
Il confronto che abbiamo avuto con l'Enea e con l'Enel è stato molto serio, a volte anche duro, ma senza preconcetti e soprattutto credo aperto da entrambe le parti a capire i problemi sul tappeto.
I risultati cui si è giunti ed in particolare il protocollo d'intesa Enel-Regione, ci paiono soddisfacenti e non possiamo qui non sottolineare" anche per sfatare voci del passato di Enti latitanti, la disponibilità di Enea e di Enel, dimostrata in questi mesi di trattative, ad accogliere le proposte della Regione in ordine ai problemi aperti e la, loro disponibilità totale a collaborare con la Regione, riconosciuta ampiamente anche dagli Atenei piemontesi.
Mi permetto di ritenere che questa trattativa potrà essere utile ad altre Regioni italiane che dovranno insediare centrali di questo o di altro tipo sul loro territorio, con ciò affermando, con un po' di provincialismo che mi vorrete scusare, che il Piemonte ha fatto ancora una volta da apripista nel nostro Paese.
Delineati i problemi, individuate le soluzioni, accolte dalla controparte le proposte della Regione, ecco che a questo punto le preoccupazioni e le ansie che ognuno di noi poteva avere in questa vicenda alle quali facevo riferimento all'inizio di questo mio intervento, assumono dei contorni più chiari, si delineano con maggior limpidezza i risultati positivi e si comprendono meglio gli eventuali rischi di un insediamento di questo tipo.
Allora, colleghi, interviene la scelta inevitabilmente di tipo politico, la valutazione dei pro e dei contro, dei vantaggi e degli svantaggi, la scelta di decidere e non consentire che venga esercitato il potere sostitutivo previsto per legge da parte del Cipe. La decisione, a nostro giudizio, deve essere regionale e sempre lo abbiamo sostenuto per non vanificare gli obiettivi che ci siamo posti molto opportunamente e le garanzie e il governo regionale della scelta che altrimenti verrebbero meno mancando la decisione regionale.
Sia ben chiaro che non decidere e rinviare al Cipe rappresenta una soluzione di comodo per il Consiglio e per i Consiglieri, una decisione alla Ponzio Pilato, vuole dire però vanificare tutti i risultati ottenuti in mesi di trattative con l'Enel e vuole dire non garantire quelle popolazioni interessate all'insediamento, alle quali abbiamo promesso tutti insieme il nostro impegno in tal senso.
Questa soluzione la D.C. non la condivide per due ragioni: perché riteniamo che i risultati ottenuti nel protocollo firmato con l'Enel siano di grande valore e possano tranquillizzare a tutti gli effetti sia gli utenti irrigui per quanto riguarda la carenza d'acqua che il sistema industriale piemontese per la ricaduta economica e l'occupazione grande ed irrisolto problema del Piemonte legato alla formazione professionale, trattato all'art. 3 di questo verbale d'intesa perché verrebbe meno il ruolo di governo che la Regione si è conquistata e al quale non può rinunciare.
A queste condizioni, con questi vincoli, con le garanzie contenute nei documenti a nostre mani, la D.C. ritiene che ci siano le premesse sufficienti per insediare una centrale nel Coniane di Trino.
So bene, colleghi, che questa affermazione, fatta a nome del Gruppo della D.C. può non essere condivisa dalla totalità dei miei colleghi.
Nel nostro Gruppo, come penso in altri, oggi si alzeranno alcune voci di dissenso rispetto alla decisione che il Consiglio regionale dovrà prendere. Questo fatto credo non debba stupirci, anzi, ci fa riflettere sul valore del mandato amministrativo cui siamo stati chiamati dagli elettori ci richiama al dovere che abbiamo di rappresentare porzioni di Piemonte, là dove siamo stati eletti, e interpretare anche valori personali e di coscienza irrinunciabili, giustamente, per uomini liberi, in democrazia quali noi siamo. Sono certo che eventuali atteggiamenti che dovessero emergere, nel mio Gruppo, in dissonanza con la posizione che in questo intervento sto tentando di esprimere, non suoneranno come atto di sfiducia nei confronti di colleghi come il sottoscritto ed il Vicepresidente Borando che hanno a questa vicenda dato un contributo significativo.
Sono certo di aver operato anche nel rispetto di queste posizioni di dissenso, anzi colgo l'occasione per ringraziare i colleghi tutti ed il Capogruppo Brizio per la fiducia che mi hanno testimoniato in questi anni di lavoro continuo in un settore estremamente delicato e psicologicamente non facile.
Poniamo però alla Giunta, quella attuale e quella che nascerà dopo le elezioni del 12 maggio due obiettivi che il mio Gruppo ritiene irrinunciabili e sui quali ci auguriamo vengano consensi anche dalle altre forze politiche: 1) che le misure di accompagnamento previste dalle leggi n. 393 e n. 8 siano gestite dalla Regione e dal consorzio dei Comuni in modo non campanilistico, ma con lungimiranza ed in particolare creando delle condizioni reali di sviluppo e di crescita sociale tali da sortire benefici effetti nelle zone interessate dall'insediamento.
Occorre individuare progetti-obiettivo significativi tali da portare benefici al mondo agricolo, al mondo imprenditoriale, ai lavoratori ed alla comunità in genere che consentano di dare risposte serie anche al grande problema occupazionale della zona.
Queste risorse che sono urgenti non vanno sprecate in opere inutili, ma finalizzate ad interventi decisivi per la zona e in questo senso ringraziamo le forze politiche e l'Enel che hanno raccolto la nostra proposta di inserire la Presidenza nazionale dell'Anci nella convenzione Regione-Enel, come autorità che rappresenta i Comuni e che sarà in grado in questo settore di lavorare seriamente con i Comuni stessi e con la Regione 2) che finalmente si realizzi il piano energetico regionale che consente di attivare tutte le risorse disponibili per affrontare il problema energetico con interventi in altri settori che non sia solo il nucleare.
Fin dal lontano 1981, nel dibattito del 12 marzo sul problema energetico, abbiamo chiesto in un mio lungo intervento la redazione del piano regionale per individuare i bisogni reali ed avviare un programma di intervento.
Non può il nucleare da solo risolvere le carenze del Piemonte né il PEN prevede questo, eppure a distanza di 4 anni dobbiamo rilevare la latitanza totale della Giunta su questo argomento. E se il ritardo nel quale versa il nostro Paese in questo settore è da attribuirsi al Parlamento ed al Governo, non dobbiamo dimenticare la scarsa attenzione che le Regioni, e il Piemonte tra queste, hanno sempre dimostrato in questo settore.
L'impegno dell'Enel per l'idroelettrico sarà massiccio in Piemonte, è previsto dall'accordo, chiediamo che la Giunta si attivi per consentire questi ed altri interventi che portino un ulteriore contributo per ridurre la dipendenza dal petrolio e per limitare le importazioni di energia dalla Francia, dalla Svizzera e dalla Germania che oggi l'Enel è costretto ad effettuare.
Sono due condizioni per noi irrinunciabili e su queste nei prossimi mesi ed anni il Gruppo della D.C. chiederà conto alla Giunta che guiderà il Piemonte.
L'individuazione del sito puntuale che oggi mi auguro che il Consiglio vorrà deliberare è un atto di governo coraggioso e serio, che dimostra come siano presenti all'interno della società piemontese le energie e le volontà necessarie per uscire dalla crisi economica che ha colpito, in questi anni la nostra Regione.
Ci auguriamo che la comunità piemontese tutta, i favorevoli ed i contrari a questo insediamento, ci riconoscano l'impegno dimostrato in questo lavoro e l'onestà morale ed intellettuale presente in tutto il Consiglio regionale.
Chiedo di essere giudicato non tanto per un sì o per un no, ma per il lavoro che ho cercato di svolgere in questi anni e per il modesto, ma sincero, apporto che tento di dare al rilancio del Piemonte.
La nostra Regione ha fame di energia, e di energia a basso costo. Hanno fame di energia l'industria e l'agricoltura, il nord ed il sud; ha fame di energia un Paese come il nostro che vuole rimanere tra i Paesi più industrializzati del mondo e che sta affrontando una sfida mondiale sempre più difficile ed impietosa.
Su questi obiettivi, in presenza di queste sfide internazionali, io ed il mio Gruppo chiediamo di essere giudicati sulla condivisione di questo dato che la sfida tecnologica del 2000 passa anche attraverso risorse energetiche nuove ed a basso costo, su questo patto per lo sviluppo chiediamo di essere giudicati dalla comunità piemontese.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei iniziare questo mio intervento con due proteste. Una di carattere formale, una protesta per le violenze usate dalle forze dell'ordine questa mattina fuori del Consiglio regionale nei confronti di coloro che manifestavano. Chiesto all'Ufficio di Presidenza di accertare l'entità dei fatti.
Credo che situazioni di questo genere si possano gestire in modo diverso senza queste violenze.
Seconda protesta, che rivolgo alla Presidenza è relativa al fatta di non aver fatto entrare una delegazione di dieci persone composta da cittadini delle aree Po 1 e Po 2, che non avrebbero certamente messo in discussione la sicurezza dell'aula. Credo che questo sia un fatto importante perché è un errore che va prima di tutto a discapito delle istituzioni. Bene, signor Presidente, come non rendersi conto che nel momento in cui si nega a dieci persone di poter assistere ad un dibattito e nel momento in cui il pubblico presente, è qui soltanto per aver ricevuto degli inviti, l'immagine che va all'esterno è che le istituzioni si racchiudono al loro interno verso e contro la società e che coloro che possono assistere a dibattiti di questa grande importanza e rilevanza debbono comunque essere selezionati.
Questo è un danno prima di tutto per le istituzioni, per questo rivolgo alla Presidenza la richiesta di poter fare entrare in aula una delegazione di dieci persone: cinque dell'area Po 1 e cinque dell'area Po 2 che non mettono in discussione la sicurezza dell'aula.
In questo intervento non mi soffermerò sulle dispute, su chi deve deliberare, se doveva deliberare prima la Giunta o se doveva lasciare questa facoltà al Consiglio, non perché tali questioni non siano importanti, ma perché ritengo che sostanzialmente stanno tutte all'interno di una logica che è una logica da olimpiadi, la logica secondo la quale una volta che la scelta è avviata si tratta di fare la gara su chi sarà l'ultimo staffettista a portare la fiaccola. E' da mesi che va avanti questa logica. E' per questo che non mi interessa entrare in questo discorso. Innanzitutto io ritengo che la delibera proposta e che il Consiglio si accinge a votare, sia una delibera illegittima, suscettibile di essere impugnata. Infatti l'articolo 4 della legge 393 prevede che la Regione entro 60 giorni dalla richiesta del Ministero dell'industria determini la localizzazione definitiva della centrale d'intesa con il Comune o i Comuni interessati.
Si tratta quindi di definire quali sono i Comuni interessati e il Ministero dell'industria ha interpretato la legge sostenendo che il Comune interessato è solo quello sul cui territorio vengono installati gli impianti e le opere della centrale. Con questo io ritengo che si verifichi un insulto alla democrazia: quell'insulto costituito dal fatto che rispetto all'installazione della centrale viene richiesta l'intesa ad un solo Comune: quello di Trino Vercellese il cui centro abitato dista dal sito proposto quasi dieci chilometri, mentre non viene richiesta l'intesa a quei Comuni il cui territorio non è direttamente investito dalla costruzione della centrale, ma i cui centri abitati sono più vicini al sito proposto di quanto non lo sia il Comune di Trino Vercellese. E' questo un insulto alla democrazia.
Io invece ritengo che i Comuni interessati che hanno diritto ad esprimersi in merito all'intesa prevista dall'art. 4 della legge 393, sono tutti quelli sul cui territorio ricadono gli effetti della centrale ed in particolare quei Comuni sul cui territorio ricadono le prescrizioni dell'Enea, le quali prevedono delle limitazioni rispetto a nuovi insediamenti nel raggio di dieci chilometri intorno alla centrale.
Ritengo che sia grave che la Regione abbia accolto tacendo od abbia addirittura sollecitato questo tipo di interpretazione da parte del Ministero dell'industria. Tale interpretazione è contestabile prima di tutto da un punto di vista politico. Come si fa infatti a sostenere che dei Comuni sul cui territorio ricadono delle limitazioni allo sviluppo insediativo non hanno diritto ad esprimersi nel merito all'intesa? Per tre mesi in quest'aula abbiamo discusso della legge urbanistica. Uno dei punti più discussi e controversi è stato il problema della salvaguardia dell'autonomia dei Comuni. Mi chiedo ora con sgomento dove siano finiti quei paladini, sostenitori dell'autonomia comunale, ora che si discute non in astratto, ma su di un fatto molto concreto, in cui i Comuni e le popolazioni interessate chiedono di decidere. Questi paladini sono forse scomparsi? L'interpretazione del Ministero dell'industria è contestabile non solo da un punto di vista politico, ma anche da un punto di vista giuridico. Non sta in piedi il vostro ragionamento secondo il quale oggi d'intesa con un solo Comune si individua il sito e poi con una successiva deliberazione si recepiscono le prescrizioni ed i vincoli dell'Enea. Infatti la legge 393 prevede che si arrivi all'individuazione del sito attraverso un processo che è così formato: 1) L'individuazione delle aree suscettibili di insediamento da parte della Regione 2) l'effettuazione da parte dell'Enel dei sondaggi sulle due aree interessate e la predisposizione del rapporto finale 3) l'istruttoria tecnica dell'Enea, ente di controllo, sul rapporto dell'Enel 4) l'espressione da parte dell'Enea del potere di idoneità a norma dell'art. 41 del DPR 185/64 specificando le eventuali prescrizioni per l'esecuzione del progetto.
Ebbene, l'Enea questo parere lo ha espresso ritenendo idonee entrambe le aree ed emanando le relative prescrizioni tra le quali i limiti insediativi nel raggio di dieci chilometri. E quindi evidente che la deliberazione della Regione, che oggi discutiamo, di individuazione del sito definitivo è un atto che chiude il processo della legge 393 e chiudendo il processo recepisce tutti gli atti che stanno in mezzo al processo accogliendo quindi le prescrizioni dell'Enea che sono un vincolo per poter indicare il sito e per poter oggi deliberare.
Quindi, nella misura in cui si percepiscono delle prescrizioni, di fatto si impongono dei vincoli che tali prescrizioni contengono e l'intesa va quindi ricercata con tutti i Comuni che dovranno sopportare questi vincoli. Di questa opinione non sono soltanto io, ma sono per esempio sette Comuni su dieci dell'area Po 1, di cui sei si sono espressi negativa- mente all'insediamento e uno non si è espresso per protesta, i quali rivendicano nelle loro delibere il diritto ad esprimersi in merito all'intesa di cui all'art. 4 della legge 393. Ma non solo: questa mia interpretazione è confermata dalla legge 8 la quale prevede che i Comuni interessati alla ripartizione dei finanziamenti siano, sia il Comune dove viene costruita la centrale, sia i Comuni contermini, cioé quelli dove ricadono gli effetti della centrale. E' quindi evidente a mio avviso l'illegittimità di questa deliberazione. E' quindi mia intenzione fare in modo che questa deliberazione venga impugnata perché questo modo di prendere le decisioni che incideranno pesantemente sulla vita delle comunità locali costituisce un insulto alla democrazia. Dopo l'emanazione della legge 8, una legge che tutti ben conosciamo, una legge corruttiva che tende a comperare il consenso dei Comuni e delle popolazioni, una legge che espropria i Comuni dalla possibilità di decide- re sull'uso del loro territorio, con questa deliberazione e con questa interpretazione della legge 393 si sancisce una decisione gravissima a mio avviso e cioè che scelte di questo genere si impongono dall'alto, così come sono stati imposti dall'alto ad esempio i missili a Comiso, e non si tende a ricercare il consenso o prendere atto e trarre le conseguenze di un dissenso in gran parte espresso nelle deliberazioni dei Comuni delle due aree. E' grave che dopo l'avallo dato alla legge 8, gran parte della sinistra avalli oggi con questo voto, o con il voto che evidentemente si prevede, una logica secondo la quale su questioni di questo genere si decide in sedi sempre più ristrette e distanti dal rapporto con la società. E' questa una fase in cui si parla molto di partecipazione e ci si interroga sulle ragioni della sua caduta della caduta di partecipazione. Ebbene oggi, fuori da questo palazzo c'è un pezzo di società che chiede di partecipare non in modo formale, ma per contare e decidere realmente su una questione importante che peserà sulle sue condizioni di vita e voi per tutta risposta avete deciso che non è neanche necessario consultarli. Per favorire la partecipazione e il confronto su una materia tanto importante come è l'energia, nel programma dell'attuale Giunta si era inserito, su sollecitazione del sottoscritto l'impegno a costituire delle consulte energetiche. Ad oggi non se ne è realizzata nemmeno una.
Cari colleghi, sono questi dei segnali preoccupanti che debbono far riflettere quanti e quei partiti che hanno a cuore il rapporto con la società e la partecipazione della società alle scelte, ma partecipazione vera, non fatta di parole vuote e formali che non si realizzano. La democraticità di una scelta non è solo in questo. Decidere democraticamente significa anche fornire le necessarie conoscenze in merito alle possibili alternative rispetto ad una determinata scelta che si propone. E non si pu non ignorare che questo non è stato fatto. La Giunta regionale non è stata in grado di approntare né un bilancio energetico, né un piano energetico regionale che fornisse le necessarie conoscenze in merito alle potenzialità energetiche della nostra Regione. Il divario tra l'impegno profuso dagli Assessori all'energia per la scelta nucleare rispetto alle altre fonti energetiche e al risparmio è tale che sorge il dubbio che di proposito non si sia predisposto un piano energetico regionale e le necessarie conoscenze delle potenzialità energetiche della nostra Regione per poter imporre con più facilità la scelta nucleare.
Nonostante ciò, l'opposizione alla scelta nucleare è cresciuta in vasti settori della società. E quella che fino a poco tempo fa era una battaglia delle associazioni ecologiche si è estesa a settori consistenti del mondo scientifico e intellettuale. E' diventata una battaglia dei giovani e di quanti altri si battono per la pace contro la guerra, contro la proliferazione degli armamenti. Incomincia a passare anche nelle organizzazioni giovanili dei grandi partiti come la Federazione giovanile comunista. Le popolazioni dei Comuni che hanno potuto esprimersi attraverso il referendum su tale questione, si sono espressi quasi plebiscitariamente contro la scelta nucleare, ma non sono venute solo delle opposizioni. Sono venute anche delle proposte concrete, come il progetto di piano energetico regionale elaborato dal Comitato piemontese per il controllo delle scelte energetiche, all'interno del quale operano tutte le associazioni ecologiche, con il contributo volontario di quanti ritengono possibile una scelta energetica alternativa al nucleare.
Perché non vi chiedete le ragioni di questa antipatia delle popolazioni verso il nucleare? Non si può semplicisticamente rispondere che la gente non capisce. Si fa un torto all'intelligenza della gente. Non si pu semplicisticamente rispondere che la gente non conosce, perché la gente è in grado anche di informarsi sulle soglie del duemila. Perché non chiedersi quindi le ragioni che portano la gente ad esprimersi plebiscitariamente contro la scelta nucleare nelle consultazioni che vengono indette? La risposta va ricercata nel fatto che nel momento in cui i destini dell'umanità corrono sul filo della catastrofe nucleare e dell'annientamento (e l'esempio del missile che per errore è partito da un sommergibile nucleare sovietico l'altro ieri ne è una drammatica testimonianza) a causa del proliferare di tecnologie pericolose, gestite e controllate centralisticamente, di pari passo è cresciuto e sta crescendo nella coscienza della gente, il rifiuto di tecnologie pericolose, non socializzabili, non controllabili democraticamente, così come è la centrale nucleare. E' questa una delle ragioni fondamentali che porta la gente ad esprimersi contro la scelta nucleare. Cioè una società che vuole non subire, ma gestire l'avanzamento tecnologico deve ripensare alla questione della possibilità reale di socializzare la tecnologia, è questa una questione che pone un grande problema di democrazia.
In sostanza la questione mi sembra quella di interrogarci se è giusto imporre e poi compensare magari con la legge 8, o se invece non conviene ricercare una soluzione tecnologica che abbia buone condizioni di accettabilità. Perché potendo scegliere, dobbiamo scegliere tecnologie di impossibile socializzazione, come quelle previste dalla legge 8? Che cos' questa? Una società del duemila in cui c'è la dittatura della tecnologia? Io non sono d'accordo. Quale popolazione sceglierebbe il nucleare se avesse un'alternativa pulita senza i problemi duri e inavvicinabili di quella tecnologia? Ho già provato ad esprimerlo in occasione del dibattito sul Piano di sviluppo, questo concetto. Lo voglio esprimere oggi. Non credo che la tecnologia sia una parete di sesto grado verso la quale la società si deve comunque e per forza accingere per mettersi alla prova, potrebbe rimanerne gravemente ed irreparabilmente scottata. Per questo io ritengo possibile una scelta energetica basata sull'utilizzo di tecnologie socializzabili, cioè tecnologie sicure, pulite e controllabili democraticamente. Le alternative energetiche ci sono: con lo sviluppo del risparmio energetico, si parla tanto di terziario avanzato. Perché non si fa uno studio per valutare quanti giovani possono trovare un lavoro nella contabilizzazione del calore nel controllo attraverso lo sviluppo del risparmio energetico? Perché non si valuta quante commesse per l'industria possono venire da meccanismi e tecnologie sofisticate per la regolazione e la climatizzazione degli ambienti? Si è molto dibattuto e molto vi preoccupate delle commesse all'industria che potranno derivare dalla centrale nucleare. Ma chi si preoccupa dei componenti che dobbiamo importare dall'estero, per quanto riguarda le tecnologie per il risparmio energetico? Non è forse questo un campo su cui riconvertire parzialmente la nostra industria? Non è forse questo un campo su cui poter fare uscire per esempio dalla crisi la TTG che ha 1.600 lavoratori e rischia la chiusura? Quanti sanno che in Italia si sta bruciando gas nelle centrali dell'Enel a miliardi di metri cubi, quando potrebbe essere usato con molto maggiore rendimento, soprattutto nel settore abitativo, per produrre allo stesso tempo energia elettrica e calore? Perché non si prende in considerazione la possibilità reale di sviluppare le idrocentraline sfruttando i piccoli salti d'acqua facendo un piano regionale e facendo piani integrati di sviluppo delle idrocentraline connesse al riassetto idrogeologico e alla forestazione? progetto di piano energetico regionale elaborato dal Comitato per il controllo delle scelte energetiche dimostra che volendo si può fare a meno del nucleare nella nostra Regione, senza per questo rimanere senza energia e senza i servizi necessari per vivere e per produrre. E' grave che abbiate deciso che non vale nemmeno la pena di conoscerlo, lo credo che una scelta di questo genere sulle fonti rinnovabili e sul risparmio, una scelta alternativa al nucleare, mobiliterebbe certamente molte risorse di privati soprattutto per quanto riguarda il risparmio energetico, con una ricaduta occupazionale ben maggiore di quella prodotta dalla centrale nucleare e con la possibilità di coniugare scelta energetica col riassetto e salvaguardia del territorio che è la premessa per un suo corretto uso. Ma non solo: tale scelta permetterebbe in un paese privo di risorse energetiche fossili, sia convenzionali che nucleari, di privilegiare un intervento programmatorio sulla domanda e non privilegiare, come invece avviene, la politica dell'offerta ed inoltre permetterebbe di operare e di intervenire sull'intera struttura dei consumi e non soltanto sull'energia elettrica che, è bene ricordarlo, rappresenta il 13 per cento dei consumi finali di energia. E' bene che lo si dica, che la società lo sappia, questa tanto enfatizzata scelta nucleare riguarda solo il 13 per cento dei consumi finali di energia. Ebbene, invece di operare queste scelte energetiche sulle fonti alternative e sul risparmio che risponderebbero anche agli obiettivi del PEN e all'ordine di priorità del PEN, il quale prevede un apporto marginale del nucleare all'offerta totale di energia, appena il 4,3 per cento al 1990, si propone e si sta attuando un ribaltamento delle scelte operative del PEN, si privilegia il nucleare, sia come impegno politico che come destinazione delle risorse. Infatti a fronte di un investimento previsto in Piemonte per diverse migliaia di miliardi sulla centrale nucleare vi è una destinazione di appena 87 miliardi per tre anni per quanto riguardala le e 308 in merito al risparmio ed allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Inoltre non si tiene conto e si tace, un dato fondamentale e cioé che le previsioni di aumento dei consumi elettrici indicate nel piano energetico nazionale e sulle quali si fonda la scelta di costruire le centrali nucleari nel nostro paese, sono completamente errate per eccesso. Infatti, a fronte di una previsione di aumento dei consumi elettrici tra il 1980 e il 1985 del 28 per cento,cioé più 5 per cento all'anno, la realtà sta a dimostrare che l'aumento è stato dell'1,5 all'anno per un totale del 6% tra il 1980 ed il 1984. Certamente su questo divario tra previsioni e realtà hanno inciso anche la crisi economica e la crisi dell'apparato industriale. E certamente nessuno, tanto meno il sottoscritto, si augura che questa crisi continui. Ma non si può non prendere atto che ormai a livello internazionale è in atto una dinamica di disaccoppiamento tra consumi energetici e valore del prodotto interno lordo.
Ad esempio, nell'area (lese nel quadriennio 75/83, il prodotto interno lordo è aumentato complessivamente del 2,9 % all'anno, mentre il consumo di energia è diminuito del 4,2 % Questo pone due questioni: la prima è che è necessaria una revisione del PEN che prenda atto dei consumi reali che sono molto più bassi delle previsioni; la seconda legata alle scelte energetiche che si devono compiere, è che non necessariamente più sviluppo significa proporzionalmente più consumo di energia, ma che è in atto un disaccoppiamento che va favorito per ovvie ragioni, e cioé per non depauperare il territorio delle sue risorse, e che questo disaccoppiamento che va favorito dipenderà dalle scelte di sviluppo più complessivo che si operano.
Queste considerazioni sarebbero di per sé già sufficienti per sostenere la necessità di una cancellazione dal piano energetico nazionale della scelta nucleare e per rifiutare in Piemonte l'installazione della centrale nucleare.
Anche il tanto enfatizzato mito della convenienza economica del nucleare va ridimensionato. Un documento ufficiale dell'Ocse del 1982 cita i seguenti costi al Kwh per unità prodotta: nelle centrali nucleari, nelle centrali a carbone con desolforazione e nelle centrali a petrolio a basso tenore di zolfo e cioé a prezzi del 1984, rispettivamente: da 76 a 126 lire, media circa 100 lire; da 86 a 114 lire, media circa 100 lire; da 126 a 137 lire, media circa 130 lire.
Confrontando questi dati io credo che nessuno possa pensare che realizzando qualche centrale nucleare si possono risolvere i problemi di competitività dell'industria italiana. Sgombriamo quindi il campo dalle tesi condivise anche dal Partito comunista circa il nucleare "sì purtroppo", come scelta obbligata. Oggi la scelta nucleare si può fare o non si può fare. Non ne va dei destini dell'economia nazionale, né della competitività della nostra industria. E' una scelta tecnologica e di qualità dello sviluppo che appartiene ai decisori politici, a chi gestisce l'economia.
Rispetto alla scelta tecnologica è assurdo che noi costruiamo le centrali nucleari proprio mentre gli Stati Uniti, paese culla di questa tecnologia, stanno abbandonando questa tecnologia. Soffermiamoci un momento sul quadro dell'industria nucleare negli Stati Uniti. Cito un articolo apparso sulla rivista americana "Time" il 13 febbraio 1984: "Nessuno si aspetta che le ditte USA chiudano le 82 centrali ora in attività, ma nessuno scommetterebbe contro l'annullamento di qualcuna delle 48 centrali in vari stadi di costruzione esistenti in tutto il Paese.. Le imprese nucleari non hanno ricevuto un ordine per un nuovo impianto dal 1978 ed è poco probabile che ne ricevano uno in futuro - dice Robert Scherer dirigente della Georgia Power e capo del Comitato per il controllo energetico, un gruppo nuclearista - Nessun dirigente di una ditta in America prenderebbe in esame l'opportunità di una ordinazione di un impianto nucleare oggi, a meno che non volesse essere interdetto o internato. L'incidente di Harrisburg ha prodotto una lunga serie di controlli ed ora la N.R.C. (Commissione di controllo federale) ha compilato 6000 prove che le installazioni nucleari devono eseguire perché ne sia verificata la sicurezza. Questi collaudi sono molto costosi. Implicano addestramento di personale, piani di evacuazione ed aggiunta di sovrastrutture di protezione. La lezione di Harrisburg è costata all'industria nucleare miliardi di dollari e ne ha rallentato lo sviluppo.
Nuove norme di sicurezza hanno gravato di milioni di dollari il funzionamento di reattori esistenti o di quelli in costruzione. Uno studio del gennaio scorso della EIA, una divisione del Dipartimento energia, ha dimostrato che 36 dei 47 impianti esaminati avevano un costo doppio di quello preventivato, mentre 13 ne avevano uno quadruplo. Tra i più costosi di questi impianti nucleari elefantiaci, citiamo: Soieham: il costo preventivo fu di 241 milioni di dollari nel '65, ci si aspettava entrasse in funzione nel 1975, ora a un decennio dalla data prevista l'impianto costerà almeno quattro miliardi di dollari, cioé 15 volte il costo originale; Seabrook: i due reattori furono iniziati nel '76 e si previde un costo di 973 milioni di dollari, l'unità uno sarà pronta nell'85 ma la società non fa previsioni per quando e se entrerà in funzione l'unità due.
L'impresa sta rivedendo l'intero progetto ed i costi di costruzione, stima recente: 5,8 miliardi di dollari; Midland: questo reattore da due unità di 1300 megawatt fu lanciato nel '69 con un costo iniziale di 267 milioni di dollari. L'impianto è ora nove anni in ritardo sul progetto iniziale e egregia- mente sopra bilancio. I dirigenti della compagnia dicono che la costruzione è completa all'85 per cento, ed è costata finora 3,4 miliardi di dollari; Marble Hill (Indiana): costo iniziale 1,4 miliardi di dollari costo attuale 7 miliardi di dollari. Situazione attuale completato per metà, progetto abbandonato.
L'impatto di questi rovesci sulle compagnie è enorme. La Lilco ammette di avere problemi di liquidità in quanto paga più di un milione di dollari di interesse per l'impianto di Soream ogni giorno e perde 1,5 milioni di dollari per ogni giorno di ritardo. Mario Cuomo, governatore di New York dubita che Soream sarà mai in funzione e non vede le ragioni per le quali lo Stato dovrebbe cavare dai guai la Lilco" Ricordo a questo proposito che è ancora giacente, e mi aspettavo che l'Assessore vi rispondesse prima di questo dibattito, una interrogazione a firma del sottoscritto e del collega Reburdo in merito al costo reale e definitivo di questa centrale.
Alla luce di dati come questi che prevedono costi iniziali irrisori e costi finali proibitivi, che hanno messo fuori mercato il nucleare negli Stati Uniti, non perché l'ho detto io, ma perché è stato dimostrato ed affermato che il nucleare si è rivelato un clamoroso fallimento, voi oggi vi apprestate a dare avvio alla costruzione di un impianto che sarà obsoleto prima ancora di quanto incomincerà a funzionare. Vorrei qui citare una nota dell'ing. Carlo Mussa Ivaldi, che non è un antinuclearista preconcetto. L'ing. Mussa Ivaldi dice: "Vorrei qui precisare in breve la mia opinione suffragata dal pensiero di autorevoli tecnici nucleari del Massachusset Institute of techology.
Due fatti nuovi molto importanti consigliano a tutti una revisione degli attuali punti di vista. Il primo fatto è ormai abbastanza noto: gli Stati Uniti hanno da sei anni nettamente chiuso con l'elettroproduzione basata sugli attuali reattori nucleari, cosiddetti priva- ti, in realtà trovati non convenienti, non soltanto dal punto di vista della sicurezza perché questi reattori sono sbagliati e mi dà soddisfazione il fatto di essere stato uno dei primi a dirlo. Del secondo fatto più recente ha dato notizia Lidsky professore di ingegneria nucleare, quello con cui sono in contatto, in un articolo uscito sul periodico del M.I.T. Technology review.
La notizia è questa. Si conosce ora un nuovo tipo di reattore: è intrinsecamente sicuro anche nel caso del peggiore incidente possibile cioé non ha bisogno di apparecchiature di protezione che possono guastarsi ma è protetto dalle caratteristiche della sua struttura; non può dar luogo a perdite di radioattività; non deve avere una potenza superiore ai 2000 megawatt elettrici, quindi ha il grande vantaggio di poter essere costruito in officine specializzate in serie. C'è già chi si è preparato questa produzione in serie. Lidsky ha risposto che è possibile che si possa avere disponibili questi reattori prima che uno solo dei superati PWR proposti dal nostro piano energetico nazionale entri in regolare funzionamento fra 10/12 anni.
Merita di essere testualmente riportata la conclusione dell'articolo continua il prof. Mussa Ivaldi - il primo più importante problema sarà vedere se il pubblico, il Parlamento e gli enti di controllo e le aziende elettriche, la comunità degli ingegneri, non siano oggi tanto traumatizzati dal clamoroso fallimento del programma nazionale nucleare di prima generazione, che manchi il coraggio di cominciare un'altra volta. Dunque i reattori che il nostro piano energetico si ostina a proporre sono considerati dal pubblico e dagli operatori americani dopo 25 anni e 73 centrali un clamoroso fallimento. La mia opinione - dice Mussa Ivaldi - è che non si può continuare in modo acritico a proporre sempre ed ancora gli stessi reattori del clamoroso fallimento. E' quanto meno necessaria una nuova istruttoria su questi fatti rilevanti.
Sarà un gran merito per la Regione Pie monte aprire una seria discussione che tenga conto di queste nuove realtà che finora in sede nazionale vengono, chissà perché, ignorate.
Questo in nessun caso può continuare ad essere tollerato. Di queste cose si deve almeno parlare infrangendo quello che pare essere un muro di silenzio. Si resti nella ricerca con l'Enea rivolta al nuovo ed a tutte le energie alternative. Non si perda altro tempo e ci si impegni con i fatti sulle energie alternative. Ricordo a tale proposito i consigli che avevo dato sulla cogenerazione e gli studi del nostro Politecnico sulla idroelettricità cosiddetta minore; tutte iniziative che daranno senza dubbio anche un maggior contributo all'occupazione" A queste considerazioni vanno aggiunti gli interrogativi circa i luoghi dove verranno smaltite le storie radioattive, dal momento che ancora oggi non si è trovata una soluzione.
Non a torto la stampa ha parlato di oscure vie dell'uranio dopo l'affondamento nel mare del Nord della nave Mont-Louis che trasportava contenitori carichi di 225 tonnellate di esafloruro di uranio. Così come senza risposta sono gli interrogativi sullo smantellamento delle centrali a fine ciclo. In che modo verranno smantellate? In che tempi? Le lasceremo in eredità alle future generazioni, a testimonianza dell'assurdità di questo sviluppo? E come non preoccuparsi delle connessioni tra nucleare civile e nucleare militare in una fase in cui i rischi di catastrofe nucleare sono sempre più forti. Da tempo è in corso un serrato dibattito sul rischio di proliferazione, cioé sulla possibilità di diffusione delle armi nucleari come conseguenza dell'impiego per fini civili dell'energia nucleare. La ragione delle preoccupazioni sta nel fatto che il ciclo del combustibile nucleare per usi civili è sostanzialmente uguale a quello per usi militari.
Chi gestisce il ciclo del combustibile civile è facilitato nell'accedere all'uso militare, in taluni settori fondamentali: disponibilità dirette e capacità produttiva di materiale fissile e formazione di personale specializzato, disponibilità di esplosivo nucleare.
Le allarmanti previsioni sono che entro i prossimi cinque dieci anni Argentina, Brasile, Egitto, India, Iraq, Israele, Libia, Pakistan, Sud Africa e Corea siano in grado di costruire la bomba.
Di fronte a tale preoccupante escalation della proliferazione di armamenti preoccupa non poco il fatto che ormai il legame tra uso civile ed uso militare viene dichiarato e programmato come nel caso del Super Fenix in Francia e che il nostro Paese è corresponsabile di tale progetto. Dicevo prima che il nucleare oltre che una scelta tecnologica è anche una scelta di sviluppo.
Caliamoci nella realtà concreta e analizziamo questo sviluppo. Il rapporto degli Atenei che hanno controllato gli studi effettuati dall'Enel è senza dubbio un ottimo e positivo lavoro. Va dato atto agli Atenei del positivo e corretto lavoro svolto.
E' interessante notare come tale rapporto ridimensiona di molto l'enfatizzazione che è stata fatta sui benefici economici occupazionali derivanti dalla centrale nucleare. A pag. 50 del rapporto si legge: "un esame attento del materiale disponibile consente da un lato di ridimensionare speranze di forti benefici economici localmente perseguibili" Ed ancora: "va comunque ricordato che a fronte di vantaggi reddituali e occupazionali derivanti dalla localizzazione dell'impianto, si produrranno un certo numero di costi o di danni sul piano ambientale e sociale con riflessi negativi anche dal punto di vista strettamente economico, che in genere si tende a sottovalutare specie quando si tratta di costi esterni, pro- dotti cioé dall'impianto, ma scaricati sulla collettività" Per quanto riguarda i tanto sbandierati benefici economici e sull'occupazione derivanti dalla costruzione della centrale e dal cantiere gli Atenei stimano rispetto al cantiere una punta media annua di occupazione di 1570 addetti con punte fino a 2700 nel sesto/setti-, mo anno. Evidentemente molti di questi verranno dall'esterno. Infatti gli stessi Atenei stimano un fabbisogno di abitazione per addetti esterni quantificabile in 1500 persone. Da ciò ne deriva un semplice calcolo: che in media per la maggioranza degli anni di costruzione della centrale rispetto al cantiere, l'occupazione locale si aggirerà sui 70 addetti. Se si confrontano questi dati con l'occupazione derivante dal risparmio e dalle fonti rinnovabili, ci si accorge che queste ultime danno molta più occupazione. E' interessante notare come il rapporto degli Atenei, pur riconoscendo idonee le due aree, fa un continuo riferimento ad impianti negativi e della necessità di operare mitigazioni degli impatti. Sarebbe troppo lungo qui elencare tutti gli impatti negativi. Ma quello che mi preme far rilevare è che per ammissione unanime anche di coloro che la condividono, si propone una scelta, a mio avviso, sbagliata, che viene fatta nel posto meno adatto con la quasi certezza di distruggere e sconvolgere il delicatissimo equilibrio idrologico dell'area Po 1.
Ma si sa queste cose non si dicono nelle aule delle istituzioni, si dicono al limite a quattr'occhi. In effetti, gli Atenei fanno rilevare che nell'area Po 1 si poteva costruire la centrale più a sud incidendo di meno sull'equilibrio idrologico della zona, mentre invece anche all'interno dell'area si è voluto scegliere il sito meno idoneo e dove con certezza si farà maggior danno, e questo per la sola ragione di voler comunque restare all'interno del territorio del Comune di Trino Vercellese da tempo d'accordo con la scelta. Una scelta sbagliata, quindi, fatta in modo insensato. Mi preme di far rilevare come dal rapporto degli Atenei emerge che l'insediamento comporterà una serie di altri costi che di solito non vengono conteggiati quando si fanno i calcoli del costo della centrale perché non immediatamente quantificabili in termini monetari e sono i costi derivanti dalla distruzione del territorio, dell'ambiente, del terreno agricolo; derivanti dal cantiere e dalla costruzione della centrale derivanti dalla costruzione degli elettrodotti; derivanti dalle cave dove si dovranno estrarre 2,5 milioni di metri cubi di inerti. E' quindi compito del decisore politico, in questo caso del Consiglio regionale, analizzare e valutare il rapporto di convenienza costi-benefici, tenendo conto non solo dei costi immediatamente quantificabili in termini monetari, ma anche degli altri costi di impatto sociale, territoriale ed ambientale che la centrale provoca e su questo dare un giudizio se è conveniente o meno costruire la centrale.
Il problema, caro compagno Ferro, non è la centrale, dove e come. Nel mio intervento ho cercato di dimostrare che il problema è un altro. Il problema che si pone, e si pone soprattutto a chi vuole cambiare questo tipo di sviluppo, è: quale scelta energetica? In ragione di quale sviluppo? Io sono contro la centrale e voterò contro, perché sono contro uno sviluppo fondato sul gigantismo impiantistico; contro uno sviluppo che si fonda su impianti e tecnologie che non sono socializza- bili e non sono controllabili democraticamente; uno sviluppo che ripropone una logica di centralizzazione del controllo e delle decisioni sugli impianti; uno sviluppo che si fonda su impianti che sono, interni ad una logica di gestione autoritaria del territorio, sono contro uno sviluppo che tutto sacrifica alla produzione di beni ed al profitto, che concepisce il rapporto con l'ambiente e il territorio e le risorse naturali in termini di rapina, distruzione ed inquinamento. E sono contro la centrale nucleare perché la centrale nucleare è l'emblema di questo tipo di sviluppo.
E sarebbe interessante, ma non c'è tempo, leggere" alcuni brani del libro "I limiti dello sviluppo" - e consiglierei ai colleghi di acquistarlo per capire, andando avanti di questo passo e con questo tipo di sviluppo dove andremo a finire.
Sono contro questo tipo di sviluppo, ma non sono per la civiltà delle candele, come qualcuno ha voluto disegnare quelli che si oppongono al nucleare. Anche in campo energetico ci sono delle alternative possibili e immediatamente realizzabili, che permettono di utilizzare tecnologie provate e che richiedono, come l'energia solare, grossi sforzi di ricerca per renderle economiche per cui le poche risorse, di cui il nostro Paese dispone, sono in alternativa tra la scelta nucleare e le altre. Voglio, per ultimo, trattare un aspetto più interno, al dibattito nella sinistra. Non me ne vogliano i colleghi degli altri Gruppi.
Un autorevole dirigente del Partito comunista, il compagno Ingrao, in una recente seduta del comitato centrale, ha sostenuto la necessità che per costruire l'alternativa e il blocco sociale che la supporti è necessario operare una saldatura tra le risposte ai problemi del movimento operaio cioé l'occupazione, e le risposte che vengono date alle domande poste dai nuovi movimenti su pace e salvaguardia dell'ambiente in particolare.
Io sono d'accordo con questa tesi del compagno Ingrao. Ebbene io mi chiedo come non vedere, compagni comunisti, che mentre una scelta energetica alternativa al nucleare opera questa saldatura nelle risposte a queste domande e al problema dell'occupazione, la scelta nucleare risponde parzialmente al problema dell'occupazione, ma rompe drammaticamente con le domande che ci vengono poste dalle nuove generazioni.
Per queste ragioni voterò contro la centrale. Voterò contro la centrale, proponendo di avviare una iniziativa nei confronti del Governo e del Parlamento per una revisione del piano energetico nazionale che elimini dal piano energetico nazionale le centrali nucleari e proponendo di chiedere al Governo di utilizzare i finanziamenti destinati alla centrale nucleare per lo sviluppo del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Signora Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il primo Consiglio del nuovo anno propone, come ci hanno detto nella loro introduzione gli Assessori Calsolaro e Ferraris, una deliberazione di vitale importanza per tutta la comunità piemontese, anche per quella che stamattina tentava di impedire ad ognuno di noi l'esercizio di un diritto di libertà fondamentale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

E' anche un dovere.



VETRINO Bianca

Quello per chi vive in una città civile e democratica come Torino, di transitare per le sue strade. Mi hanno anche detto che ci sono stati degli incidenti, proprio nei pressi di Palazzo Lascaris tra le forze dell'ordine e alcuni manifestanti anti-nucleari. Io non so - Montefalchesi - chi siano i responsabili di questi scontri. Certamente è molto amareggiante constatare come un ambito di protesta civile di cui, noi come Partito, non condividiamo le idee ma che rappresenta una libera e legittima espressione della nostra società democratica, possa essere stata inquinata dai soliti facinorosi o da abusi di parte, di potere, le cui responsabilità, spero verranno presto accertate.
La decisione politica su cui dobbiamo esprimerci richiama non pochi motivi di dibattito, tanto ampio è l'argomento e tanto lungo il dibattito che si è sviluppato, mentre è da un lato emblematico e dall'altro significativo che ciò avvenga in uno degli ultimi consigli della III legislatura.
Comprendere e definire con consapevolezza e responsabilità questo momento significa affrontare con una più puntuale cognizione lo svolgimento di un processo politico ed amministrativo.
Non è infatti imputabile solo alla farraginosa burocrazia italiana la lunghezza estenuante dell'iter seguito per questa nuova centrale nucleare in Piemonte. Perché - credo che occorra dirlo in un momento come questo per dieci anni l'opposizione ha dovuto tallonare le posizioni di maggioranza sull'argomento nucleare. Espressioni che non colsero a tempo la sostanza di un organico processo di sviluppo nella sua estensione temporale arrestandosi sulla cultura della inutile diatriba sul feticcio nucleare.
Le note di anche radicale mutamento delle opinioni che oggi registriamo, se da un lato, colgono il nostro apprezzamento perché in politica bisogna anche capire quando è il momento di cambiare idea o di aggiornare un progetto, queste note di mutamento, ripeto, appartengono ad uno spartito stonato e sconnesso, di un'orchestra molto indisciplinata nelle esecuzioni. Perché pur nel fervido potere di iniziativa che la maggioranza ha dimostrato in questi mesi e in questi ultimi attimi, manca una diretta politica di fondo da segnalare al Piemonte.
L'opposizione lo ha ribadito in più occasioni. Dal Piano di sviluppo alla legge 56, dalla sanità, all'ultimo arcano bilancio di previsione per il 1985. La maggioranza non ha argomenti per affermare che l'opposizione abbia disturbato o disturbi l'esecuzione dello spartito di maggioranza.
In quest'aula è stato detto, durante un Convegno promosso dal Gruppo consiliare del Partito comunista, che le centrali si installano dove ci sono le Giunte di sinistra. C'è da chiedersi: perché? Noi siamo all'opposizione da dieci anni in questa Regione, ma proprio sulla questione nucleare abbiamo responsabilmente e coerentemente avuto più di un motivo di invito, di proposta e di sollecitazione alla Giunta per accelerare questa decisione così motivata, così urgente. Un'urgenza, è bene sottolinearlo che si mantiene viva oggi nelle aspettative della società nella recrudescenza dei problemi malgrado l'ampio ritardo sopravvenuto. Questa è la prima sostanziale differenza tra una discussione ipotetica divenuta estemporanea come il Piano di sviluppo e una decisione che invece rimane ancorata ai problemi del Piemonte.
Una situazione che è testimone del comportamento dei repubblicani.
Quale significato aveva, altrimenti, la proposta che il Ministro del tempo l'on. La Malfa fece alla Regione Piemonte per accelerare la localizzazione e l'insediamento della centrale? La Malfa pose al centro del suo rapporto alla Giunta, sui problemi del Piemonte la centrale nucleare ed anzi indicava anche un iter accelerato per poter pervenire alla definizione.
Non era quella la proposta di sviluppo che votiamo oggi? Non era quella la richiesta di comportamenti corresponsabili e rigorosi per tutta la Regione? Quelle erano azioni di governo, di intervento strutturale e programmatico sui problemi. Una dimostrazione di volontà politica ben lontana se mi consentite, da quei visitatori magari anche autorevoli e colti che vengono qui per gonfiare gli organici pubblici, o per parlare di nuovi stadi calcistici. Sono questi i volani per lo sviluppo o sono, come crediamo noi, le promesse politiche più vecchie del mondo? Le esigenze della programmazione reale degli interventi non sono un mistero. Salutiamo dunque l'avvento di un programma energetico regionale ma abbiamo più di una domanda da porre per capire su quale corriera sale questo programma, giunto con altrettanto ritardo, e che appare più il bilanciamento moderato alla scelta nucleare quanto del complessivo stadio di maturazione dei problemi energetici della Regione. Non potendo collocare razionalmente queste scelte, di cui siamo partecipi in questa votazione vogliamo però eliminare l'enfasi che si vuole scaricare sulle aspettative del Piemonte tramite la cruna dell'ago nucleare. Aspettative della società che sono state disattese a lungo in questi anni.
E noi ci nascondiamo che il comportamento dei Comuni di fronte alle agevolazioni della legge 9 è mutato perché questi Comuni hanno visto nella centrale nucleare l'unica offerta di sviluppo da parte della Regione. Anche se ripeto non ei si può illudere sulle ricadute, su ricadute grandissime che devono derivare da questo atto importante.
L'emergenza economica e morale chiama tutti all'appello, con i toni giusti oltre che con le giuste azioni. Il deficit energetico piemontese non si scopre oggi, esiste da anni e non è giustificazione per l'insediamento della centrale perché la centrale è una scelta di sviluppo complessiva e che risponde anche al deficit energetico.
Dalla lettura attenta e minuziosa di tutta la documentazione prodotta dall'Enel, Enea, Università e Politecnico, emerge, con evidenza, un dato di fondo: l'area Po 1, globalmente intesa, ha un equilibrio più complesso che non l'area Po 2, richiede cioè una maggiore attenzione per la sua particolare specificità. La complessa problematica delle "magre", la interazione tra il regime superficiale e sotterraneo delle acque, la particolare caratterizzazione dell'agricoltura, la distanza della centrale dall'opera di presa della Po I sono problemi noti a tutti.
Questi problemi non sono marcatamente presenti in Po 2. La dimostrazione concreta di ciò è che le stesse misure di accompagnamento che subordinano la concessione del permesso alla costruzione per l'area Po I sono più onerose che per la Po 2. Un aspetto, quest'ultimo, che come repubblicani abbiamo rimarcato nell'elaborazione della Convenzione per gli aspetti gestionali futuri e sul quale ritorneremo, al più presto.
Traspare dunque che la scelta, acquisito che non ci sono elementi tecnici preclusivi per nessuna delle due aree, come affermato dalle autorevoli schiere di tecnici, venga fatta sulla base di ulteriori e più contestuali considerazioni.
Nel corso dell'ultimo dibattito, che si è fatto particolarmente intenso in questi 60 giorni, abbiamo sempre tenuto presente tre considerazioni di carattere generale.
La prima è che non è possibile rimandare ulteriormente questa scelta perché già carissimo è il costo del ritardo che stiamo pagando sia a livello nazionale che a livello locale.
La seconda, cui ho accennato, è che la Convenzione sia il più possibile esauriente per i problemi di Po 1.
La terza è che la localizzazione della prima centrale elettronucleare prevista dal piano energetico nazionale, deve avvenire nel modo migliore soprattutto con il più ampio consenso possibile delle popolazioni, cioè con la più ampia accettazione di chi la deve poi ospitare sul proprio territorio e con essa dovrà convivere certamente per i prossimi trent'anni.
Ciò vuoi dire quindi che diventa decisivo il comportamento dei Comuni interessati. E ciò, nel caso piemontese, è proprio lo spartiacque tra Po l e Po 2 dati i diversi comportamenti che abbiamo registrato da parte delle popolazioni.
Ma a questo proposito è necessario fare una precisazione che ha una valenza politica.
Si è messa molta enfasi, nel corso di questi anni, sul fatto che la Regione Piemonte, soprattutto nella parte politica che ne ha avuto la responsabilità di governo, abbia guidato questa scelta per evitare che fossero altri a farlo per essa.
Questo processo, nel suo esaurirsi si dimostra oggi vero solo in parte perché, parzialmente, questo "governo della scelta nucleare" è fallito essendo la scelta che noi oggi effettuiamo, in un certo senso obbligata dalle situazioni che i Comuni hanno manifestato: che è ragionata e responsabile nel caso di Trino Vercellese; che è politicamente e tecnicamente immotivata nel caso di quelli dell'area Po 2. Ma perché mai questi ultimi Comuni non avrebbero dovuto darci il loro consenso se gli organismi tecnici, di parte come l'Enel e l'Enea, e non di parte, come il Politecnico e l'Università dicono che non vi sono motivi ostativi alla costruzione di una centrale nucleare sul loro territorio? Se così fosse stato, oggi avremmo davanti a noi una situazione ben diversa e questo Consiglio regionale potrebbe basare la sua scelta su elementi che non sono solo quelli dell'urgenza.
Ma questi comportamenti non sono certamente figli del caso. Sono viceversa, anche il risultato di quei comportamenti che molte forze politiche irresponsabilmente hanno avuto negli anni passati e che oggi si trovano qui stranamente accomunate dalle necessità piuttosto che dalla convinzione di fare una scelta strategicamente giusta.
Vogliamo inoltre precisare e sottolineare altri aspetti emersi dalla Convenzione e dal dibattito.
Le aziende piemontesi che parteciperanno all'appalto, e che per questo si sono consorziate rappresentano la positiva ricaduta economica e occupazionale regionale. Si dice, tuttavia, che non abbiamo in Piemonte moltissima della tecnologia indispensabile. E' vero ed è d'altronde ridicolo un atteggiamento di condizione strettamente protezionistico o garantista all'eccesso verso le nostre frontiere. Perché anche qui si tratta di professionalità più che di garanzie, più che di sindacalismi paternalistici da parte dell'Ente regionale. E per professionalità intendo l'ottimizzazione di ciò che già esiste in Piemonte o il potenzia- mento di talune aree.
La manifestazione di energie latenti che talvolta non sanno dove o come esprimersi, pensiamo alle medie e piccole imprese, la possiamo avere dando accesso alle nuove conoscenze. La diffusione di consorzi, di unità per favorire l'esportazione, di centri di indagine sui mercati dell'innovazione tecnologica e di un'ampia gamma di attività collaterali può favorire il superamento dei limiti allo sviluppo dell'industria che rimane un asse centrale del sistema economico. Certo, non sono problemi risolvibili con una convenzione, ma è una considerazione che obbliga a diversi comportamenti regionali su questa questione discussa più volte in Consiglio ed in altre sedi.
A noi repubblicani interessa, nella discussione sulla localizzazione della centrale, collocare politicamente questo argomento in un quadro più organico nella Regione, più contestuale nella programmazione, che è mancata ma che non siamo certo noi a dimenticare. Questo è il valore politico della scelta odierna.
Dicevo all'inizio che della centrale nucleare si è fatto un feticcio per le diatribe culturali- Una marionetta sullo scenario dell'irrazionalità nel meccanismo distruttivo della civiltà moderna. Noi siamo stati convinti sostenitori della scelta nucleare come di tutte le altre energie. Quindici anni fa il feticcio si scaricò nell'affare Ippolito che oggi tutti dimenticano. Oggi si misura la discussione sul nucleare ancora in termini specialistici. Anche in questo ci richiamiamo alle responsabilità di un processo di sviluppo che significa civiltà e governo della società. Non esaltiamo il nucleare, non siamo i nipotini di Orwel, ma riconosciamo i problemi di fondo della società.
Certamente il problema della sicurezza è importante. Furono i repubblicani a volere la separazione dell'ente di promozione energetica dall'ente per la, sicurezza. Il problema ambientale vive anche nella questione nucleare, ma è falso e fuorviante affermare che il nucleare è il maggior problema di sicurezza per i cittadini. La nostra struttura industriale è cresciuta in fretta e spesso disordinatamente. Oggi paghiamo molti degli sbagli fatti. Oggi tuttavia l'inquinamento in ogni sua forma è mitigabile in ogni settore. Questo è il dato importante cui dobbiamo fare riferimento. In Piemonte abbiamo avuto casi peggiori dei rischi derivanti dalla normale funzione di una centrale nucleare. Rischi ai quali non .abbiamo ancora posto rimedio malgrado il carattere di permanente urgenza.
In Consiglio ho recentemente riportato il caso di una ditta di Cerano e delle 'analisi sul suolo e sulle persone con indici allarmanti.
In Piemonte non abbiamo ancora un sistema di centratine mobili di rilevamento ambientale adeguato. Nel corso del dibattito sui "siti per i rifiuti nocivi" ho sollecitato l'adozione di misure di sicurezza maggiori attualmente incomprensibili nella legislazione seguita dalla Regione.
Abbiamo una enorme inattuazione del dettato della 833 per le norme di sicurezza sui posti di lavoro.. L'assetto idrogeologico piemontese è tutt'altro che sicuro. Il caso dell'acquedotto di Caluso è significativo.
Eppure spendiamo 139 miliardi di pronto intervento e solo 50 miliardi nella difesa idrogeologica: il Piemonte non sposta risorse su misure di autentica salvaguardia per tappare le falle sempre più evidenti in assenza di interventi organici. Ho già sollecitato alla Giunta regionale di adottare misure conseguenti a questa situazione anche in virtù del recente decreto del repubblicano Galasso per la protezione del territorio. Non una protezione fine a sé stessa, ma capace di una visione globale dei problemi che dobbiamo affrontare spezzando la cerchia di interventi settoriali ed eccezionali che poca giustizia hanno sino ad ora reso al territorio piemontese. In questo senso è lampante l'esempio dei parchi piemontesi che sopravvivono a sé stessi sulle leggi istitutive e solo sulla carta patinata delle riviste assessorili mancando nella realtà di organici interventi di salvaguardia e valorizzazione del nostro territorio.
Questi sono alcuni problemi che riguardano la sicurezza, ben più pericolosi della centrale nucleare. Tutto questo non significa nascondere i rischi del nucleare, ma rapportarli alla giusta dimensione.
E questo è un discorso che avanziamo soprattutto verso le popolazioni non certo a quei partiti che del nucleare hanno fatto una battaglia di feticci.
L'informazione verso le popolazioni è un'esigenza imprescindibile da qualunque azione di governo. Così è anche per la centrale nucleare.
Sicurezza, sviluppo, ambiente ed informazione devono e possono andare di pari passo e sono i quattro punti di riferimento a cui dovranno ispirarsi le azioni che seguiranno le scelte che oggi effettuiamo.
E' questo un processo che comincia oggi, ma che sarà ancora lungo e difficile e che occorrerà seguire con altrettanta attenzione per il rispetto degli accordi che si sono sottoscritti e si sottoscriveranno con le varie controparti.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri" questo Consiglio regionale si appresta oggi a votare, quasi all'unanimità, un tema per il quale molto spesso le divergenze tra noi sono state profonde nel merito ed hanno generato quei ritardi a cui ho accennato prima e di cui proprio e non solo la comunità piemontese ha sofferto nel corso di questi anni.
Il voto dei repubblicani a questa deliberazione consiliare, è perciò un voto favorevole, perché vuole essere soprattutto un voto per il Piemonte per una Regione che dovrà avere la giusta ambizione di guardare ad un futuro certamente migliore di quello attuale.



PETRINI LUIGI



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prima di entrare nel vivo dell'argomento, devo preliminarmente ricordare che la nostra forza politica MSI-DN - sin dal 1977 e nelle sedi opportune (segnatamente in quella parlamentare attraverso la reiterata presentazione di apposite mozioni) ha da un canto, denunciato (anno 1977) l'allora politicamente colposo ritardo del potere esecutivo centrale nella predisposizione di un piano energetico nazionale e, d'altro canto, ha sollecitato (sempre 1977) la necessità politica di mandare ad attuazione la costruzione di centrali elettronucleari ai principali fini di contenere la dipendenza petrolifera della nostra nazione: ma tutto ciò sul presupposto di potenziare e sviluppare anche tutte le altre fonti rinnovabili di energia e di garantire in sede di predisposizione delle centrali elettronucleari, i non alienabili beni primari della sicurezza degli impianti, della salute dei cittadini e della salvaguardia del territorio.
Fu per tali ragioni e per tale, responsabile e motivata scelta politica, che il piano energetico nazionale (deliberato il 4 dicembre 1981 ultimo fra i piani energetici degli Stati Europei e contenente anche la previsione operativa della costruzione di centrali elettronucleari, di cui una in Piemonte) ebbe il nostro sostanziale apprezzamento. In tale senso abbiamo avuto occasione di esprimerci nel corso del dibattito che si è tenuto in quest'aula il 4 e il 5 marzo 1982.
Ed è stato per le medesime ragioni - e in coerenza con questi pregressi atteggiamenti - che l'8 giugno 1982, in quest'aula in sede di delibera individuatrice di due aree del territorio piemontese suscettibili di insediamento di centrali elettronucleari, esponemmo la nostra sostanziale adesione alla presa in considerazione e all'Indicazione delle due aree Po 1 e Po 2. Adesione che fu sostanziale ma non formale (tant'è che sul piano della forma, l'adesione del nostro Gruppo ebbe a tradursi in un voto di astensione sulla delibera): e questo, perché? Questo a causa del meccanismo della legge 393/1975 la quale, con "abuso" del concetto di partecipazione lo ha dilatato fino al punto da pretendere l'assenso corale dei Comuni interessati in ordine alla localizzazione delle due centrali suscettibili di collocazione delle centrali elettronucleari e alla scelta del sito.
Io ho parlato di abuso meditatamente e responsabilmente perché non penso proprio che ci si possa fondatamente obiettare che noi abbiamo un concetto estremamente ristretto della partecipazione, garantita peraltro dall'art. 2 dello statuto piemontese. E questo non ci potrebbe essere obiettato perché ci sono dei segnali validi e concreti del nostro ampio concetto di partecipazione, che, sul piano propositivo nazionale, si concretano in disegni di legge relativi all'Istituzione del Difensore Civico nell'ambito dello Stato, del Parastato e anche dei Comuni, delle Province e delle Unità Sanitarie Locali e penso proprio che il chiedere reiteratamente attraverso pro- poste di leggi nazionali l'istituzione del Difensore Civico in tutti questi ambiti territoriali (quello statale e parastatale in primo luogo oltre che comunale e provinciale) sia dare segno di credere fermamente nel principio della partecipazione; c'è poi un altro segnale che è dato da un disegno di legge per il Parlamento che venne dal nostro Gruppo presentato il 10 settembre 1982 in materia di centrali elettronucleari. Era un disegno di legge per il Parlamento, che non ha avuto la fortuna di venire discusso in quest'aula e che tendeva a modificare ed a snellire il meccanismo della legge 393 la quale prevedendo ed attuando una intensa partecipazione tra Regione Piemonte, Province di Alessandria e di Vercelli ed i Comuni delle aree Po I e Po 2. Attraverso questo disegno di legge che venne presentato quando già era avvenuta la localizzazione delle due aree alternative, si prevede- va la facoltà di essere assistiti da tecnici di propria fiducia per la predisposizione degli elaborati e l'espletamento delle indagini e delle operazioni previste per individuare il sito puntuale. Si, di fatto, questo è avvenuto attraverso la convenzione Università-Politecnico, che ha funzionato da consulente tecnico fiduciario della Regione nell'interesse dei Comuni delle aree interessate e poi si tendeva di prevedere che, ai fini della definitiva localizzazione non occorresse quel tale consenso corale dei Comuni o del Comune interessato ma che la delibera peraltro doveva essere presa (ecco qui la partecipazione che valorizzava gli enti locali), sentiti i pareri consultivi dell'Enel, dell'Enea, del Ministro della sanità, delle Province di Alessandria e di Vercelli e dei Comuni interessati. Quindi, tutto questo non si è verificato. Si è rimasti a questo testo della legge 393 il quale ai fini della decisione odierna, svuotata di ogni possibile potere decisorio e di ogni contenuto la decisione che il Consiglio regionale dovrà prendere in ordine alla localizzazione della centrale e alla scelta del sito puntuale. In questa maniera la legge 393 (che avevamo cercato di emendare, di proporre di emendare in questa maniera) è violatrice di quel principio della partecipazione cui ho accennato.
Ora non c'è, per quanto risulta dalla legge 393 (la quale pretende l'assenso dei Comuni interessati o del Comune interessato), uno spazio vero e reale a un potere decisorio politico della Regione e dei suoi organi istituzionali. Ritorneremo più incisivamente su questo argomento.
Accennavo alla delibera dell'8 giugno 1982 la quale aveva preso atto della inesistenza di un sostanziale assenso dei Comuni interessati delle aree Po 1 e Po 2, ma ciononostante aveva ritenuto che, in base ai sondaggi ai pareri espressi in allora, all'indagine all'epoca esistente, si potessero individuare le aree Po 1 e Po 2 quali alternativamente suscettibili di vedere installata la centrale. Come detto, aderimmo nella sostanza e non nella forma, ma sotto il profilo della forma - questo penso vada rimarcato - fu del medesimo avviso il Cipe, il quale nell'emanare la delibera 22 febbraio 1983 ha fatto proprie le indicazioni della delibera consiliare dell'8 giugno 1982, ma sostanzialmente considerandola inesistente e tanto è vero che la delibera 22/2/1983 rileva che "accertato che entro i termini previsti dall'art. 2 secondo comma della legge 393, non è stata perfezionata nella Regione Piemonte la procedura per la localizzazione delle centrali nucleari l'atto di nascita (sia pure nella forma, perché il percepimento sostanziale c'è stato) della possibile localizzazione della centrale in una delle due aree Po 1 ePo 2 e quindi l'innesto delle procedure tecniche, delle indagini tecniche dell'Enel e dell'Enea, è dato da questa deliberazione del CIPE e non tanto quanto meno della forma dalla delibera del Consiglio regionale.
Ho ritenuto di sintetizzare questi precedenti perché oggi, in questa fase dell'indicazione della scelta del sito puntuale, sul quale installare la centrale nucleare, ritorna il nodo dell'infelice formulazione della legge 393/1975 in forza della quale il Consiglio regionale sceglie determina, individua il sito, ma con l'assenso del Comune e dei Comuni interessati. Qui ritorna, nell'articolo 4 secondo comma la medesima dizione, cioè a dire: "lo determina, lo individua, lo sceglie", e standosi alla interpretazione che è stata formulata dal Ministero dell'industria con la nota 12 novembre 1984 che abbiamo avuto recentemente allegata ai nostri atti, lo individua sentendo il Comune interessato, ritenendosi secondo il Ministero, che Comune interessato è quello nel quale è installato il corpo della centrale.
Allora quale osservazione si impone? Che oggi nel momento della decisione e nel momento delle scelte, ci troviamo in questa situazione: che le laboriose e approfondite indagini tecniche e istruttorie dell'Enel e dell'Enea, affiancati dal Politecnico e dall'Università di Torino, quali fiduciari tecnici della Regione, additano entrambe le aree Po 1 e Po 2 come tecnicamente idonee, indicando rispettivamente nei Comuni di Trino Vercellese della Po 1 e di Isola S. Antonio e Bassignana i Comuni in cui può installarsi il corpo della centrale.
Quale è la situazione? E' ben nota. Trino dà il proprio assenso. Isola S. Antonio e Bassignana non danno il loro assenso. E allora in questa situazione la scelta e la decisione del Consiglio regionale sono chiarissimamente scelte obbligate.
Il Consiglio regionale, in questa fase decisoria, certo non lo è stato nella fase istruttoria, ha avuto modo, segnatamente attraverso il Comitato misto (che è stato protagonista primario nella fase istruttoria), e attraverso l'Enel, l'Enea, l'Università, il Politecnico, di intervenire attivamente. Ma in questa sede decisoria il Consiglio regionale è evidentemente ridotto al ruolo di notaio che registra la volontà dei Comuni di Trino e di Isola S. Antonio e di Bassignana e che è quindi coatto da queste volontà, decide. Quindi i Comuni di Trino da una parte, di Isola S.
Antonio e di Bassignana sono i veri arbitri della situazione del sì della centrale nella Po 1, del no della centrale nella Po 2, lo non intendo sminuire le autonomie locali, non intendo sminuire le volontà politiche manifestate da Isola S. Antonio e da Bassignana, ma siccome il Consiglio regionale è legato alle loro scelte, si verifica che il Consiglio regionale in definitiva è legato alla scelta di un Comune, Isola S. Antonio e di Bassignana, che non ha più di mille abitanti per ciascuno, che dice no all'installazione nella Po 2 e che quindi impedisce al Consiglio regionale una vera e propria scelta. Quindi i pareri, le opinioni espresse l'emergenza delle consultazioni provenienti numerosissime dalle forze politiche, culturali, sindacali e imprenditoriali, da enti, associazioni o singoli che sono state raccolte e che sono pervenute in tutti questi mesi della fase istruttoria, vengono ad essere vanificate, svuotate di contenuto, private di "presa di considerazione", di possibile presa in considerazione. Da che cosa? Dalle delibere dei predetti Comuni, Trino e gli altri due della Po 2, i quali in definitiva diventano gli arbitri se non i despoti della scelta del sito.
Così viene insieme alle altre privata di presa in considerazione l'opinione che noi Consiglieri del Gruppo MSI-DN riteniamo di esprimere e che è diretta a una scelta diversa da quella coatta fatta dalla Giunta e da quella coatta che farà il Consiglio: scelta che è nel senso favorevole ad una installazione della centrale nella zona Po 2, nel territorio cioè della Provincia di Alessandria.
Le opinioni che possono esprimersi in questo Consiglio, sia dal nostro Gruppo e sia, come pare, anche da altri Consiglieri diverse dall'opinione coatta della Giunta e dalla delibera coatta che presumibilmente prenderà il Consiglio, sono opinioni che hanno un mero valore accademico. Ma ad ogni modo, la nostra scelta, e questo desidero che resti ben chiaro, sarebbe stata, anzi é, sia pure a mero livello propositivo, per la installazione della centrale elettronucleare nell'Area Po 2. Questo perché? Lo dirò in sintesi.
1) Perché nonostante le cautele che si colgono nel verbale di intesa del 27 dicembre 1984, verbale siglato fra la Giunta e l'Enel, e nonostante gli obblighi che l'Enel si assume con tale verbale, la zona della Po 1 e segnatamente la zona del vercellese, subirà un pregiudizio nelle proprie colture agricole e risicole a causa della notevole utilizzazione di acqua che sarà richiesta dal funzionamento a regime della centrale. Così come è stato ampiamente messo in evidenza in studi approfonditi che ci sono stati allegati ai nostri atti, che mi pare proprio siano degni di altra considerazione che si contrappongono con pari dignità e pari validità scientifica alla tesi del superamento della questione idrica mediante la realizzazione di un limitrofo nuovo invaso e mediante l'utilizzazione di altre utenze irrigue già in atto.
Comunque, anche sposando gli assunti e gli affidamenti dell'Enel non sussiste e questo mi pare evidente, una tranquillante certezza in ordine a un futuro sicuro non pregiudizio per le colture agricole e risicole.
2) Secondo argomento che ci spinge a questa determinazione, a questa indicazione, perché una collocazione della centrale nell'area Po 2 da un canto non provoca preoccupazioni simili a quelle ora denunciate Per la Po 1 e nel contempo verrebbe a calare in una realtà territoriale, quale l'alessandrino, nell'ambito della quale la crisi occupazionale è di gran lunga più grave che non nel vercellese. E questo mi pare un dato di fatto oggettivo non suscettibile di essere contestato.
Quindi, la nostra indicazione politica di merito contrasta con quella indicata dalla Giunta ed al riguardo gioca un ruolo determinante l'argomentazione socio-economica ora enunciata accanto a quella dei pericoli che corre o potrebbe correre l'agricoltura e la risicoltura nel vercellese.
Quindi, quale, colleghi Consiglieri, la nostra presa di posizione di fronte a questa oggettiva impossibilità per le ragioni enunciate per il Consiglio di effettuare una vera e reale scelta fra Po 1 e Po 2 e di autonoma- mente decidere? Il nostro atteggiamento sarà quello della non partecipazione al voto pur essendo la nostra valutazione di merito politico favorevole ad una scelta dell'area Po 2. Non posso esimermi dall'accennare ad altre due argomentazioni che sorreggono quella principale di merito che ho enunciato e che sono a sostegno della non partecipazione al voto.
Anche accettando il meccanismo perverso della legge 393 non si è verificato l'assenso del Comune o dei Comuni interessati ai sensi della stessa legge 393.
Infatti l'art. 4 della legge prevede l'assenso dei Comuni interessati: ma la nota ministeriale del 14 novembre 1984 inopinatamente, fornisce del concetto di Comuni interessati una interpretazione riduttiva individuandoli nei Comuni o nel Comune nei quali si collocherà il corpo della centrale.
Trattasi a nostro avviso di una interpretazione inaccettabile.
Prima di tutto perché non può il Ministro imporre una interpretazione autentica della legge. Semmai avrebbe potuto o dovuto farlo il Parlamento fornendo una interpretazione autentica, statuendo che, a proprio avviso per propria scelta politica per Comuni interessati, si devono intendere soltanto quello o quelli nel cui territorio è collocato il corpo della centrale.
In secondo luogo appare innegabile, sul piano dell'interpretazione politica, ed anche dell'interpretazione logica, che non va sottovalutata che i Comuni confinanti e quelli limitrofi al luogo di installazione del corpo della centrale, sono interessati, in quanto subiranno fatalmente gli effetti indotti dalla centrale. Il che si ricava agevolmente anche dalla legge 8 laddove si prevede espressamente che i contributi a carico dell'Enel in seguito all'installazione di un determinato sito della centrale elettronucleare, vanno erogati in favore dei Comuni in cui saranno ubicati gli impianti, oltre che alla pari a favore degli altri Comuni limitrofi interessati.
Allora non è possibile che i "Comuni interessati" siano diversi a seconda che si tratti di scegliere il sito, come per la decisione odierna oppure che si tratti di ricevere i contributi conseguenti alla installazione della centrale. Quindi, manca, ad avviso del nostro Gruppo in questo momento, l'assenso dei Comuni limitrofi a Trino che sono sicuramente interessati per gli effetti indotti dall'eventuale collocazione della centrale di Trino, per cui non si potrebbe decidere ed anzi non si può decidere.
Se poi si vuole seguire l'interpretazione ministeriale, allora anche Livorno Ferraris dovrà dare il proprio assenso espresso ed incondizionato (così come la legge viene interpretata dal Ministero) perché l'Enea, nel parere che ha rilasciato il 9 novembre 1984, parere obbligatorio che deve precedere la decisione odierna, testualmente si esprime nel senso che nell'interno e nell'ambito del Comune di Livorno Ferraris l'Enel dovrà comunque disporre del relativo territorio per l'esercizio della centrale ma Livorno Ferraris ha emanato una delibera contraddittoria che non illustro perché si commenta da sé e che è di sostanziale parere negativo e di dissenso.
E' sufficiente leggerne la motivazione ed il dispositivo ed allora anche per questo motivo il Consiglio regionale, e queste sono le due motivazioni secondarie rispetto a quella principale, del modo coatto col quale il Consiglio regionale si trova a dover decidere in forza del quale il Consiglio regionale non potrebbe dover decidere. Nè qui ci si pu obiettare che esponendo questa opinione, noi esprimiamo una opinione "pilatesca" di "non scelta" per rimettere tutto nelle mani del CIPE.
Certo che la conseguenza ineluttabile sarà questa, però riteniamo che questa sia una strada obbligata a fronte di tutte le considerazioni finora fatte e delle motivazioni svolte, come d'altro canto viene ad essere una scelta obbligata quella di scegliere Trino anche per le motivazioni che ho detto.
Quindi, per tutte queste considerazioni, diffusamente svolte e che verranno ulteriormente riprese dal Presidente del Gruppo, collega Carazzoni in sede di dichiarazione di voto, il nostro atteggiamento intendo ribadirlo, sarà di non partecipazione al voto, ma intendo anche ribadire che la nostra scelta sia pure a livello di intenti è quella di una scelta per l'area Po 2.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Gerini. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta colleghi Consiglieri, vorrei innanzitutto chiarire la mia posizione rispetto alla scelta nucleare che, fino a 7 o 8 anni fa era di netta opposizione quando, a più riprese, dibattemmo il problema nel Consiglio provinciale di Alessandria, provincia che, direttamente od indirettamente fu ed è interessata alle centrali. Non ho però mai indossato come tanti la indossarono quella maglietta con la scritta: "Nucleare? No grazie", per poi improvvisamente dimetterla, ma per un certo tempo ho mantenuto le mie idee ed i miei convincimenti che scaturivano anche dalla lettura del dibattito parlamentare sul piano energetico nazionale del settembre 1977, nelle discussioni del quale per quanto concerneva la scelta nucleare erano più le voci dissenzienti che consenzienti. Le incognite per quanto riguardava le scorie, i motivi di sicurezza, l'impatto ambientale, erano in sostanza condivise un po' da tutti.
Nè la relazione conclusiva della commissione tecnico-scientifica costituita con delibera della Giunta regionale del 26.10.1976, avente il compito di esaminare la "relazione sulla ricerca di aree suscettibili di insediamenti di centrali nucleari nella Regione Piemonte" elaborata dal CNEN, valse a far mutare i miei convincimenti circa l'impatto ambientale delle centrali per effetto degli effluenti termici e degli effluenti radioattivi.
In seguito e per effetto soprattutto delle visite di studio che ebbi modo di fare con altri pubblici amministratori, opportunamente organizzate dall'Enel, e specialmente nelle centrali della zona di Lione, le mie riserve e perplessità si sono di molto diradate accettando in definitiva quel "rischio residuo" potenziale che sarebbe compensato dal vistoso aumento di risorse energetiche tanto indispensabili alla ripresa dell'economia e che ridurrebbe o addirittura potrebbe eliminare la dipendenza dall'estero.
Questa premessa ritengo che fosse doverosa per la scelta che anche a me spetta di fare per il sito cui insediare una centrale di 2000 Megawatt, e poco importa se il mio potrà essere un voto solitario oppure uno dei pochi salvo che il Consiglio regionale, ed è ancora in tempo, decida di non scegliere e lasciare al Cipe di decidere tra Po l e Po 2. Perché non dico sì al sito Po 1: i motivi sarebbero parecchi, ma li limiterò a pochi e circostanziati e li limiterò ai pareri espressi dalla gente, dalle popolazioni che in questi ultimi giorni ho avuto modo di sentire.
Innanzitutto non mi va bene l'interpretazione in senso restrittivo della legge che basta il sì del Comune o dei Comuni in cui può insistere l'insediamento di un sito per scegliere quello a fronte del no del Comune o dei Comuni dell'altro sito.
Nel caso di Trino c'è il sì del Consiglio comunale per l'insediamento della struttura che è in posizione talmente eccentrica da distare poche centinaia di metri dal Comune confinante, Livorno Ferraris, il quale Comune nel corpo della delibera del 23.12.1984 esprime considerazioni negative per la localizzazione, salvo poi nel dispositivo esprimere parere favorevole con quattro "se..." che sono tutto un programma! I Comuni circostanti il cui aggregato urbano è più vicino alla eventuale struttura, dicono concordemente No! Sono Fontanetto a 6.5 km Lamporo a 7,5 km, Bianzé a 8 km, Ronsecco a 7 km, Palazzolo a 8 km Crescentino a 9,5 km. Trino dice sì, ma il suo campanile è il più lontano : a circa 11 km! E' quindi una situazione talmente assurda da lasciare perplessi e insoddisfatti anche perché i territori dei Comuni dissenzienti sono interessati tanto dai vincoli di carattere urbanistico, quanto dalle strutture di servizio al cantiere nella prima parte e nell'assetto definitivo.
E' quindi difficile a questo punto tacere che la funzione di governo di questa assemblea è compromessa; c'è chi è addirittura perplesso sotto il profilo giuridico sulla legittimità della decisione adottanda avendo già deciso il Comune di Trino da una parte per un verso e Isola Sant'Antonio con Bassignana per un altro.
Così non mi va di dover prendere anch'io atto di questa situazione come avessi una funzione notarile.
Scendo ora ai problemi più squisitamente tecnici e potró anche sbagliarmi nell'elencarli, il sito della zona Po 1 appare più rischioso e meno conveniente a parere mio per almeno due questioni tutt'altro che risolte: quella dell'acqua e quella del suolo dove si intenderebbe costruire la centrale e cioé la località di Leri Cavour. Per anni venne negato che in Po l vi fosse carenza d'acqua confutando quanto, in contrario, sostenevano le organizzazioni professionali agricole e le associazioni irrigue.
Si temeva forse che un diverso atteggiamento (di fronte a quello che poi si è dimostrato essere la verità) mettesse in discussione l'idoneità del sito per mancanza del prerequisito della disponibilità idrica? E' molto probabile se pensiamo che, a metà del 1984, l'Enel riconobbe una carenza d'acqua dai 7 ai 10 milioni di metri cubi per garantire subito dopo un volume di invaso di 40, poi di 74 e di accettare in occasione del verbale d'intesa con la Regione sottoscritto il 27 dicembre u.s., l'indicazione di 134 milioni di metri cubi d'acqua.
Queste falde superficiali che convergono a Leri da un'area vasta a monte del sito creeranno, si dice, grossi problemi alla realizzazione dell'edificio che ospiterà il reattore.
La preoccupazione per questo fatto si rileva a pag. 58 della relazione dell'Ateneo dove si evidenzia come l'Enel non abbia approfondito lo studio geognostico di un'altra località appena più a sud di Leri dove tale fenomeno non esisterebbe, adducendo motivi di densità demografica giudicati dall'Università (questi motivi) "altamente discutibili" C'è chi malignamente opina che andando più a sud si abbandonava il territorio del Comune di Trino Vercellese, predestinato o predeterminato a diventare sede della centrale termonucleare in Piemonte.
Per quanto attiene ai problemi climatologici con riferimento all'esercizio delle torri di raffreddamento per le colture agrarie il sito della Po 1 non è per nulla meno svantaggiato. Non è facile valutare gli effetti degli effluenti sull'ambiente atmosferico e quindi è "risibile" la volgare affermazione che il riso avrebbe "la scorza più dura" del mais o della barbabietola per la riduzione del soleggiamento determinato dal pennacchio emesso dalle torri.
Nella Po 1, nell'area di influenza delle torri, prevale sì la coltura del riso, ma nel territorio circostante nel raggio di 8-10 km troviamo colture pregiate sulla riva destra del Po nei Comuni della Bassa di Gabiano, Moncestino, Verrua Savoia, ove da anni è stata operata una riconversione agraria con ricca produzione di piselli, asparagi, peperoni fragole, mentre a poche centinaia di metri sopra sulla collina, che badate sarà ad un'altezza inferiore a quella delle torri della centrale, la viticoltura è presente con i suoi vini D.O.C.
Una nota ambientale infine e non di poco conto ancora negativa.
Stonerebbe assai per il turismo collinare che è in continuo sviluppo assistere allo scempio panoramico di un'altra centrale poco lontana dalla Fermi con lo sfondo dei boschi della Partecipanza di Trino e della Badia di Lucedio! Cadono così nel 'nulla i vincoli che vorrebbero una centrale nucleare distante da parchi e da beni ambientali e culturali che sono certamente i castelli di Camino Monferrato, di Gabiano, di. Moncestino, di Verrua che Carducci nella ode "Piemonte" indicava in "castelli e vigne suoi d'Aleramo" Eppoi, signor Assessore, che senso ha lungo un raggio di 25 km, oltre alla centrale di Chivasso, la fonderia di Crescentino, la Fermi di Trino le cementerie ancora di Trino e di Morano, aggiungere una centrale di 2000 Megawatt? Non bastava tanto e siffatto inquinamento? E' proprio, signor Presidente, una Trinomania! Ed io, per tutti questi motivi ed altri che non voglio più aggiungere, desidero non consegnare agli atti e alla storia di questo Parlamento regionale il mio consenso all'insediamento nucleare nel sito denominato Po 1.
Naturalmente sia chiaro il mio intervento è il frutto di convinzioni personali, ed in tal senso va interpretato anche il voto che poi andrò ad esprimere.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Ariotti. Ne ha facoltà.



ARIOTTI Anna Maria

Sono contraria alle centrali elettronucleari per i problemi irrisolti che esse comportano e per ragioni generali, alcune delle quali già accennate da Montefalchesi. Non le ripeto. Ma mi sembra illogico un rifiuto a priori, a volte si è costretti a decidere per evitare di subire scelte prese da altri ed in situazioni di minore conoscenza e quindi di minore serietà.
La localizzazione a Po 1 è secondo me legittima e formalmente ineccepibile. Io credo peró che in casi di decisioni così importanti debbano prevalere gli elementi oggettivi a convalida delle scelte, o in caso di opzioni entrambi possibili sia da preferirsi quella che può essere risolta con più semplicità e facilità. Uso volutamente l'espressione galileiana che ripete la grande lezione insegnata da Ockman e purtroppo non imparata da tutti o perlomeno non sempre applicata.
Dice il vecchio Ockam: frustra fit perplura quod potest fieri per pauciora. Dove frustra vuol dire "erroneamente", ma anche "senza utile" "senza motivo", "senza scopo" si fa attraverso più passaggi quello che pu farsi attraverso meno. Applicando una metodologia simile in questo caso concreto è chiaro, come risulta anche dagli studi prodotti da Università e Politecnico, che il problema di fondo, quello dell'acqua, esiste in Po 1 e sono su questo argomento gli unici accenni di vera preoccupazione che ho rilevato nei documenti.
D'altra parte il lungo e puntuale intervento dell'Assessore Ferraris lo ribadisce. Problema certamente risolvibile con i mezzi scientifici e tecnici di cui si dispone, ma appunto con un'aggiunta di interventi che non sarebbero stati necessari ad esempio in Po 2 che presenta, è vero, altre gravi difficoltà, ma dove il Po perlomeno è finalmente diventato fiume per l'immissione del Sesia, del Tanaro e del Bormida.
In scelte di questo genere l'unica garanzia è seguire un metodo razionale su basi scientifiche. Non mi conforta la mole degli studi degli Atenei, né l'impegno e la serietà della Giunta e della Commissione interessata, se poi la conclusione di questo processo decisionale per i meccanismi della legge 393, e bisognerà pure sottoporli ad approfondimenti e revisioni, non è secondo me coerente con l'impostazione iniziale ed il materiale prodotto.
Per questo motivo voterò contro la scelta di Po 1.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Dispiace dovere inserirsi in un dibattito che debbo dire personalmente soffocato dalla fretta. Questo Consiglio avrebbe dovuto avere il lasso di tempo sufficiente perché ogni Consigliere potesse esprimersi non secondo direttive di partito, ma secondo esigenze proprie personali e il modo con cui è stato organizzato da questo punto di vista il Consiglio, mi spiace doverlo dire, non è certamente consono a questo tipo di esigenza; né questo Consiglio risponde all'esigenza istituzionale di essere autentica cassa di risonanza delle idee diverse che si confrontano nella società.
Il fatto che a fatica si sia potuto arrivare ad organizzare una iniziativa di partecipazione come quella di ieri sera, e di stamane e che questa iniziativa, pure in presenza di qualche aspetto discutibile, abbia trovato una difficoltà oggettiva ad esprimersi, poiché le persone sono state poste dietro le transenne, nell'impossibilità di essere attivamente e fisicamente presenti a questo dibattito, sono elementi politici di grave preoccupazione, che acuiscono il dissenso e la concezione della democrazia della libertà in questo Paese.
Il movimento per la pace disse nel momento in cui si è deciso con atto autoritario - debbo usare questa parola per essere chiaro - di installare i missili a Comiso, che in questo Paese in quel momento si è rotta quella unità popolare che fondata sulla Resistenza, aveva determinato gli elementi fondamentali della Costituzione repubblicana del nostro Paese e che quindi si riaprivano i giochi a concezioni diverse; non c'era più la cosiddetta unità antifascista, ma c'erano idee, posizioni di concezione democratica nettamente diverse.
Abbiamo anche detto che in quel momento c'è stata una ulteriore rottura tra una parte del popolo, ed in particolare i giovani, che non ha trovato nelle istituzioni democratiche repubblicane una risposta, un tentativo adeguato di confrontarsi con idee che magari non si condividevano, ed il Parlamento per il modo con cui questo rispose alla grande mobilitazione del Movimento per la pace, esattamente diverso da quello col quale hanno risposto altri Parlamenti come quello tedesco, inglese, ecc.
Il Movimento per la pace chiese che su un tema come quello dell'installazione dei missili a Comiso, della presenza di basi straniere nel nostro Paese, e sulla decisione di installare armi di genocidio di massa, come quelle nucleari, chimiche e batteriologiche, solo il popolo attraverso un referendum previsto con le necessarie modificazioni della Costituzione, avesse il diritto di esprimere e di assumere tale decisione.
Da una certa parte del Paese fummo derisi, ma trovammo conforto nel Presidente della Repubblica Pertini che nel messaggio di fine anno del 1983 disse che stava con quei giovani che marciavano nelle piazze per difendere la pace, la libertà e la democrazia. E siamo stati anche confortati recentemente, forse è sfuggito perché i mezzi di informazione del nostro Paese, come si sa, sono liberi, pluralisti e democratici, l'informazione risponde al Paese reale ed è libera, il Segretario generale dell'ONU il 24 di ottobre nel messaggio delle Nazioni Unite ai popoli sulle tematiche del disarmo, disse che solo i popoli e né i Governi e né i Parlamenti avevano il diritto di assumere decisioni che riguardavano la vita ed il destino dell'umanità. Io intendo ribadire, secondo il mio intervento di carattere politico, questo concetto e che anche su tematiche come quelle dell'ambiente, o comunque su decisioni che vanno ad incidere profondamente sull'assetto territoriale, sull'organizzazione dell'agricoltura, sulla qualità della vita, su decisioni che riguardano le prospettive di generazioni future, nessun organismo istituzionale può arrogarsi il diritto di decidere per le popolazioni, che ad esse va fatto appello e che alla volontà popolare in qualche modo va ridata la parola.
Tant'è vero che rispetto alle opposizioni sulla centrale nucleare si è visto che c'è una unità di popolo al di là delle divisioni partitiche e delle divisioni ideologiche: tutti i partiti, tutte le ideologie, tutte le culture sono attraversate da questo problema, lì fuori e non solo lì fuori uomini e giovani, donne ed anziani, di diversa cultura e sensibilità politica, sono lì a testimoniare unitariamente un certo tipo di volontà a dimostrazione e in aperta polemica con il Consiglio comunale di Trino Vercellese che non è sufficiente mettere nel programma elettorale che si vuole, la centrale nucleare per avere il diritto di decidere per i cittadini sulla installazione della centrale nucleare e che comunque su un tema di questo genere vanno trovati strumenti di democrazia diretta che in qualche modo diano la voce ai cittadini.
Queste sono premesse di ordine politico che si collocano in una prospettiva profondamente diversa dentro la quale si sta collocando la decisione del Consiglio regionale. E mi pare a questo punto di poter aggiungere, non lo faccio solo per spirito polemico, ma perché penso profondamente questo, che l'immagine e l'arroganza del potere a tutti i livelli, in qualche modo ha fatto scuola ed il cosiddetto decisionismo politico non è il frutto di un confronto democratico aperto, non è il frutto di una verifica concreta delle decisioni, ma molte volte sta dentro all'arroganza del potere col quale si assumono queste decisioni.
Il Movimento per la pace si è espresso a livello .regionale contro l'installazione della centrale nucleare e una delle motivazioni di fondo è stata quella che con la stessa arroganza con la quale si sono imposti i missili a Comiso, si è imposta e si sta imponendo la centrale nucleare a Trino. So di fare con questo delle affermazioni gravi e me ne scuso, ma si tratta di due remi rispetto ai quali noi non possiamo transigere e relativamente alla centrale nucleare, voglio qui citare due esempi che io chiamo di arroganza, anche se non ce l'ho con le persone, ma è il sistema evidentemente: il Sindaco di Montaldo di Castro, e senta pure il Sindaco di Trino vercellese, ha scritto una lettera aperta in un discorso di saluto fatto in occasione della visita di una delegazione dell'Enel del cantiere della centrale nucleare in costruzione nella quale era scritto: "L'Enel nonostante sia tenuto non fornisce alcuna informazione in merito agli appalti ed agli stati di avanzamento dei lavori ed in merito alla problematica della sicurezza di cantiere" Aggiunge ancora il Sindaco di Montaldo di Castro: "Tutto quanto sopra evidenziato e non ultima l'assurdità del fatto che le forniture di bombole di gas e di generi alimentari per la mensa vengono effettuate da ditte esterne - senta il sindaco piemontese - dimostra che i rapporti con l'Enel l'amministrazione comunale e le ditte appaltatrici, sono disastrosi, in quanto impostati sulla pretesa dell'Enel di trattare con gli interlocutori con arroganza, senso di sufficienza e in posizione" Dice sempre il sindaco: "Concludo evidenziando che una centrale elettronucleare distrugge il tessuto economico-sociale, comportando la lievitazione dei prezzi degli alloggi - sentano gli amministratori di Trino della manodopera e di tutti i generi, compresi quelli di prima necessità con un unico corrispettivo, il dover consegnare all'Enel il territorio ed i servizi comunali"Aggiungo un'altra perla del sistema di arroganza col quale si è guidato questo tipo di scelta ed è il testo che l'Assessore all'ecologia della nostra Regione col quale abbiamo già avuto modo di polemizzare, non dal punto di vista personale, ma per il ruolo che copre evidentemente, col grande rispetto sempre delle persone, scrisse rispetto ad un'iniziativa dell'Università e del Politecnico questo: "il questionario rivolto ai Consiglieri comunali delle aree Po 1 e Po 2 inviato dal Dipartimento scienza e tecnica per i processi di insediamento del Politecnico di Torino est, del tutto illegittimo ed in aperta violazione convenzione Regione Piemonte ed Atenei torinesi. Stop. Detto questionario per schedatura Consiglieri comunali viola altresì riservatezza e libertà personali. Avevo informato sindaci interessati di non rispondere a detto questionario. Pregasi diffidare Dipartimento interessato ad assumere iniziative estemporanee non autorizzate da questo Assessorato e da Comitato gestione. Firmato Corrado Calsolaro, Assessore regionale" E scorrendo in questi giorni un po' di pubblicistica su questo tema cercando di informarsi, capendo che la cosiddetta scienza è molto discutibile, perché a scienziati si contrappongono scienziati, a tecnici si contrappongono tecnici, a decisioni politiche si contrappongono decisioni politiche, ci sono idee scientifiche profondamente diverse su questo tema e quindi le sicurezze non possono essere certamente utilizzate per imporre scelte di questo tipo. Ed allora, ho avuto personalmente la fortuna di partecipare recentemente ad un dibattito in quel di Assisi e mi fu ricordato, e qui lo porto, un documento che nell'ottavo centenario della nascita di Francesco d'Assisi, i partecipanti al seminario internazionale "Terra materna" svoltosi a Gubbio dal 23 al 26/9/1982 definirono come la Carta di Gubbio del 1982, nella quale è richiamata una serie di principi fondamentali attorno ai quali tutti siamo chiamati a riflettere.
Ne voglio solo leggere tre di questi principi. I partecipanti al seminario chiedono: 1) che nelle istituzioni, nella società, nei comportamenti, si promuova con ogni possibile mezzo lo sviluppo delle potenzialità umane attraverso forme di apprendimento innovative, basate sull'anticipazione cio sull'attenzione responsabile volta al nostro futuro e sulla partecipazione dei cittadini alle scelte per l'avvenire 2) che i responsabili della cultura e dell'informazione diffondano con correttezza e rigore le conoscenze relative alle crisi ambientali e alle sue cause 3) che i parlamentari ed i Governi concorrano al risanamento delle ferite già inferte al pianeta dando ogni possibile priorità nel campo degli investimenti pubblici e delle attività lavorative ai programmi di difesa del suolo, regolazione delle acque, rimboschimento, recupero della cultura di terre inaridite o degradate, disinquinamento e depurazione, ripristino di ambienti naturali e degli equilibri ecologici relativi.
Potrei ancora leggere ed aggiungere altre cose, ma questo documento volutamente dimenticato dai grandi mezzi di informazione, anche quelli che si sciacquano la bocca di pluralismo, forse merita una meditazione più attenta e più approfondita ed allora ho cercato nel limite del possibile di capire il perché si effettuava un certo tipo di scelta e sono andato anche qui a riscoprire, qualche libro, qualche documento, qualche ricordo di qualche anno fa su problemi che stiamo discutendo oggi.
Ho qui sotto mano una serie di libri, ma mi interessa citarne uno in particolare del 1980, quindi al di fuori ancora delle polemiche di questi giorni, dal titolo "La politica dell'ambiente" di Ugo Levone, edizione Le Monnier, quindi non editori discussi e discutibili, nel quale tra l'altro è scritto: "'.. in realtà le conseguenze della scelta nucleare sono molte e riguardano lo sviluppo economico, sociale e politico. La produzione - senza il sindacato - l'occupazione, la dipendenza e la indipendenza da fonti energetiche estere, la salute dell'uomo, lo stato dell'ambiente, in particolare a prescindere dal grado di pericolosità delle centrali a seguito di incidenti, non si sa quanto ponderabili, è certo che la produzione di energia nucleare è fonte di inquinamento, inquinamento termico, in seguito alla dispersione di calore nell'ambiente in cui la centrale è installata ed inquinamento radioattivo. Quest'ultimo tipo di inquinamento è anche quello meno probabile, essendo legato al verificarsi di gravi incidenti. E' questa la tesi dei filonucleari, ma ribattono gli oppositori: per quanto remoto possa essere il rischio, non esistono centrali a rischio zero, non pochi sono gli incidenti verificatisi nelle centrali esistenti e comunque la sia pur picco la possibilità di incidente dovrebbe essere sufficiente a bloccare ogni programma di sviluppo nucleare.
In sintesi, il problema non è facile da risolvere e la polemica resta comunque aperta. La scelta nucleare infatti per i problemi che tocca e per quelli che lascia sostanzialmente irrisolti, sicurezza, decontaminazione radioattiva, smaltimento dei rifiuti radioattivi, richiede la massima sensibilizzazione e partecipazione popolare e comunque deve consentire un dibattito non strumentalizzabile né a fini economici, né a fini ideologici.
Sino ad oggi - si diceva già nell'80 - non ci sembra però che tutto ci si sia verificato" Sempre sulla base di queste considerazioni, anche qui seguendo un po' di pubblicistica, poco sui giornali quotidiani, qualche cosetta quando non se ne può fare a meno, ma molto sui giornali specializzati, in continuazione si leggono titoli che dovrebbero fare meditare: "il nucleare indiano fa affari con la Francia", "Per la riduzione il Governo spagnolo sceglie la riduzione del programma nucleare", "Il prezzo della sicurezza" "Incidente alla centrale URSS di Volgodonsk", "Identikit dei rifiuti pericolosi", "Sapevano tutto di Rodey Island e non l'hanno detto", "Stop al ritrattamento in USA" Ed ora un articolo che voglio invece leggere che è sorprendente, e importante leggere: "La mania persecutoria e bellica degli Stati Uniti coinvolge anche le centrali nucleari civili. Per non occuparsi dei rischi ambientali connessi con il ciclo del combustibile nucleare e con il funzionamento stesso di una centrale, è stato di recente escogitato un nuovo sistema, quello di attribuire la responsabilità degli incidenti occorsi alle centrali a presunti sabotatori e terroristi. La commissione incaricata di queste ricerche ha incaricato squadre specializzate di 'berretti verdi' di condurre indagini per accertare le cause di una dozzina di incidenti verificatisi in centrali nucleari, berretti verdi controllano i sistemi di sicurezza nel perimetro esterno - nessuno sembra voler controllare i sistemi di sicurezza interni - ed effettuano voli di sorveglianza e ricognizioni di altro genere. Fino a questo momento, com'era prevedibile, le squadre speciali non hanno potuto riscontrare prove di avvenuti sabotaggi. In compenso in uno di questi impianti sono state rilevate tali e tante deficienze nei servizi di sicurezza, da costringere i berretti verdi a sostituirsi in permanenza ai sistemi di allarme fino a quando non saranno completate le opportune contromisure" Non è la Pravda, ma il notiziario dell'Enea dell'ottobre 1981. Altri titoli di giornali che fanno meditare: "Nucleare sovietico: qualcosa non funziona", "Quanto costa chiudere una centrale": cose che non vengono mai dette, mai ripetute, mai messe in evidenza.
Di fronte a questi elementi c'è da chiedersi se questa sia la strada giusta, quando in una pubblicazione, Mappamondo dell'84, Erodot, tra l'altro si legge: "L'energia nucleare continua a segnare il passo negli Stati Uniti. Nel 1982 sono stati annullati 18 ordini e per il quarto anno consecutivo non c'è stata alcuna nuova commessa. In generale le previsioni di uno sviluppo delle centrali elettronucleari nel Terzo Mondo non si è avverata. Soltanto la Francia ed i Paesi dell'Est proseguono nella realizzazione dei loro programmi elettronucleari, mentre la maggior parte degli altri Paesi li hanno momentaneamente congelati. Nel 1982 l'energia nucleare copriva il 2,8 per cento del consumo mondiale di energia e non sembra che possa variare di molto" Cito ora una fonte esplicitamente di parte, di Commoner che ha scritto un libro per gli Editori Riuniti, nel quale fa un'analisi di come lui vede da ecologista il problema del nucleare e dice: "L'industria nucleare deve ancora risolvere i gravi problemi ambientali che essa comporta - e le cose che ho detto prima sono lì a dimostrarlo, quello che non si sa sugli incendi ed i fatti che avvengono nelle centrali che non vengono dichiarati come gli errori nucleari dei quali si viene a conoscenza solo quando un missile parte, ma non si dice quante volte si è arrivati sulla soglia della catastrofe nucleare - quali una sicura eliminazione delle scorie radioattive - lo sentano gli abitanti di quelle zone, ma lo sentano tutti i cittadini, gli amministratori ed anche le organizzazioni sindacali, aprano le orecchie, almeno il gruppo dirigente sindacale -. Rapporti recenti mostrano che le radiazioni disperse dai reattori hanno contaminato (pericolosi livelli di stronzio 90), il latte delle fattorie vicine. Quando si risparmia energia, tutte queste difficoltà sono di gran lunga ridotte e se si usasse l'energia solare invece di quelle fonti convenzionali l'impatto ambientale sarebbe ridotto al minimo" Si potrebbero citare tanti altri esempi, ma non voglio andare a lungo citare, però è chiaro che la scelta che andiamo compiendo non è una scelta di progresso, è una scelta che sposa, come qui è già stato detto tecnologie largamente superate. E' vero o non è vero? Lo smentisca l'Enel se è in grado di smentirle! Ma è di questi giorni la voce verifichiamola ora tutti insieme, la verifichino chi voterà per la centrale nucleare, che siccome è messo in discussione il costo competitivo dell'energia elettrica prodotta attraverso il nucleare, perché non è vero che le centrali nucleari costano 4.000 miliardi come si suole dire, non è vero che siamo in grado entro 10 anni di metterla in funzione, di rispondere ai problemi immediati per i quali la centrale nucleare dovrebbe rispondere e per le quali motivazioni si è fatta questo tipo di scelta; ma il costo sarà doppio qualcuno dice che sarà un costo anche triplo, ci sono i dati di fonte americana sperimentata che parlano di dati anche di costi tripli. E' vero o non è vero che la sperimentazione ha dimostrato che è necessario avere e applicare norme di sicurezza approfondite che comportano dei costi elevati se si vuole garantire alle popolazioni quel minimo di sicurezza indispensabile? E che pertanto si dice, almeno così si vocifera, non ho fonti che l'accertano, che l'Enel parrebbe aver fatto correrla voce che siccome le imposizioni, almeno le risposte da dare ai motivi di sicurezza pur necessari sono tante e hanno dei costi, allora il costo dell'energia prodotta sarebbe talmente alto che ormai sarebbe conveniente utilizzare e riutilizzare le fonti di approvvigionamento estero dell'energia elettrica che tra l'altro non comporterebbero una serie di oneri annuali previsti dalle leggi nazionali rispetto ai Comuni dove c'è l'insediamento della centrale nucleare. Io respingo l'affermazione, non tanto in questo ambiente, ma nella società, che chi è contro la scelta nucleare fa una scelta retro, guarda all'indietro, forse questo Paese ha guardato all'indietro 20 anni fa, quando un certo Ippolito per motivi politici è stato messo in galera, quella sì era una scelta che guardava all'indietro e sono intervenuti interessi che in qualche modo hanno corrotto la vita politica del nostro Paese: lo scandalo dei petroli lo ha dimostrato e lo sta a dimostrare.
Il Movimento Antinucleare piemontese è in grado, facendo un atto di coraggio, di rispondere di no alla scelta nucleare nonostante la carenza di informazioni che è stata la caratteristica fondamentale che ha guidato questa scelta nucleare in Piemonte, disinformazione volutamente guidata dai mezzi di informazione pubblici e privati. Ho ascoltato un programma trasmesso dalla sede regionale della RAI e mi sono scandalizzato (vi partecipò anche Montefalchesi, ma qualcuno che faccia folclorismo qualche volta va pur messo per dare un po' di vivacità a certe trasmissioni che diversamente solo gli addetti ai lavori ascolterebbero) per il modo con cui è stata propinata l'informazione alla società piemontese. Sono scandalizzato per il modo con cui l'ENEL ha svolto la campagna di informazione nelle scuole e c'è da domandarsi se questa sia l'oggettività dell'informazione profusa da uno strumento pubblico pagato dal contribuente. Nonostante il tentativo di deviare l'informazione, si è dovuto però fare i conti con una realtà istituzionale universitaria, ma anche di ricerca, di singoli cittadini, di persone formate, di persone capaci, che nonostante questo non hanno cavalcato la corrente maggioritaria, magari non avranno commesse, non avranno consulenze, questi ricercatori e questi scienziati che hanno lavorato con il movimento ecologista per cercare di elaborare pure in questa difficoltà e in queste insufficienze delle proposte alternative e che, piaccia o non piaccia queste proposte alternative sono all'attenzione della collettività. Queste proposte contengono i germi di una profonda innovazione tecnologica mettono in moto energie fino ad ora escluse a cimentarsi sulla scommessa di una energia che non punti soltanto alla quantità, ma che risponda in termini qualitativi e di interesse sociale e generale, non particolare, ai bisogni che si presentano. E allora non si può rispondere, come è stato detto anche qui, che tanto si spende per il nucleare, tanto si spende per le energie rinnovabili. Ma a chi viene raccontata questa storia? A chi possono essere raccontate? Ma siamo sicuri di avere almeno 8.000 miliardi da spendere in Piemonte per le energie rinnovabili? Si abbia il coraggio di non raccontare le favole, si prenda atto che la torta è quella e che se i soldi vanno per il nucleare, non possono andare per altre iniziative, per altri investimenti, tanto più in un Paese dove larga parte di chi dovrebbe pagare le tasse non le paga, le fa pagare solo a chi dovrebbe invece avere una riduzione sulle tasse.
Ecco, perché mi sono letteralmente spaventato, per la scelta poi della localizzazione, essendo contrario alla centrale.
Non ci avevo mai riflettuto, anche se conoscevo queste zone, pensate: in un'area di pochi chilometri passiamo dalla centrale di Chivasso, alla centrale Enrico Fermi di Trino, agli impianti di Saluggia e ora alla nuova centrale a 2000 megawatt.
Ma esiste un altro fatto e cioè la catastrofe ecologica in atto nelle Alpi che si terminerà a Rondissone con la costruzione dell'elettrodotto del Super Fenix. Meno male che ci sono i Pretori che hanno bloccato certi amministratori che con facilità hanno concesso le autorizzazioni di sbancamento di intere montagne per far passare questa megalinea superelettrica . E richiamo al P.C.I. al P.S.I. e ad altri, che in Val d'Aosta le opposizioni hanno fatto una serie di iniziative contro questo sconvolgimento ulteriore dell'assetto del territorio nella indifferenza generale.
Il prof. Fassi; direttore dell'IPLA, disse che nell'area di Trino, area a grande vocazione agricola, si fa un tipo di risicoltura che è la più produttiva del mondo; 5 tonnellate per ettaro. E proprio in un'area a così importante vocazione e a così compromesso territorio, l'installazione di una centrale nucleare da 2.000 megawatt sarebbe la scelta più opportuna? Ho una riserva di fondo: non credo, e vorrei essere smentito, agli impegni che si è assunto l'Enel. Dopo aver letto le dichiarazioni del sindaco di Montaldo di Castro e dopo aver visto l'atteggiamento col quale, non sempre ma molte volte, l'Enel opera, mi sovviene forte il dubbio della credibilità degli accordi. Devo riconoscere che uno sforzo questa Giunta l'ha fatto per strappare qualche cosa all'Enel, ma devo anche dire che non ci sono garanzie assolute perché questo possa avvenire. Chi non dice che dopo aver cavalcato la Regione per poter fare la centrale, subito dopo la Regione venga scaricata? Una certa parte del mondo sindacale è stata forse illusa da quei 2..400 posti di lavoro connessi alla realizzazione della centrale pure importanti, ma che dureranno poco tempo.
Forse per un piatto di lenticchie si va ad avallare una scelta di questo tipo, dove forse la stessa industria piemontese potrebbe essere perplessa rispetto a delle potenzialità che dicono che a essa si aprono, ma poi guardandoci attorno queste potenzialità forse hanno sede e hanno possibilità di trovare delle risposte largamente fuori dalla nostra Regione.
Non credo che la scelta della centrale nucleare sia una scelta di progresso, sia una scelta di democrazia. Secondo me, permettetemi di dirlo è una scelta che va esattamente nel senso opposto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Borando. Ne ha facoltà.



BORANDO Carlo

Le decisioni che oggi il Consiglio regionale deve assumere e le considerazioni che abbiamo testé ascoltato sono state per la verità dibattute in una serie di circo stanze che è inutile qui ricordare, ma che come tutti sanno sono state innumerevoli e ha portato alcuni nostri colleghi a disturbare la statistica delle costruzioni delle centrali nucleari negli Stati Uniti in esecuzione allo stato attuale, a disturbare l'insediamento dei missili di Comiso e altre amene cose di questo genere che pure sono interessanti e discutibili, ma che credo poco abbiano a che fare con la decisione di chi è investito dal popolo, visto che ci si rifaceva tanto alla democrazia e al compito degli eletti, a decidere.
In politica quando bisogna decidere bisogna decidere, il non decidere è già un errore e qui è da dieci anni che ci prepariamo a decidere. In tutti questi anni io ho dato somma importanza ad alcuni dati statistici che indicano, e lo ricordavo ancora stamattina all'Ing. Assessore Ferrero, che abbiamo una carenza in Italia di energia elettrica, basti citare che andiamo a prendere col gasdotto gas in Algeria; basti citare e ricordare il metanodotto che parte dalla Russia attraverso l'Europa centro-orientale e attraverso la valle dell'Ossola scende in Italia; basta ricordare l'acquisto da parte italiana di energia elettrica dalla vicina Svizzera dalla Francia e forse anche dalla Germania. Basta ricordare tutte queste cose, oltrechè una statistica che ci dice che se mettessimo in atto e forse bisognerebbe farlo - accetto questo passo del discorso di Reburdo - tutti gli impianti di produzione di energia idroelettrica non sarebbero sufficienti a soddisfare un terzo delle necessità della nostra Regione e quindi bisogna necessariamente decidere, anche se credo che, non volendo correre nessun rischio in assoluto, ognuno di noi non desidererebbe insediamenti di questo genere.
Nel momento in cui si sono ritenute idonee le due aree Po l e Po 2 io personalmente ho sempre optato o quanto meno ho sempre cercato di manifestare il mio desiderio e la mia convinzione che se si fosse scelto o si scegliesse la Po 2. Quest'area sarebbe migliore della Po l per un motivo molto semplice: il problema dell'acqua, che in quella località sarebbe quanto meno assicurata in misura maggiore rispetto alla prima. Ma noi sappiamo che non sono solo queste cose che fanno decidere in un senso o nell'altro, molti altri fattori, tra cui anche quello determinante nel nostro Paese in questo tipo di democrazia dell'accettazione completa da parte delle popolazioni e delle amministrazioni interessate dall'insediamento della centrale.
Così come si sono preparati gli abitanti e gli amministratori dell'area Po 2, credo che oggi se si dovesse decidere in quel senso bisognerebbe andare ad imporre la cosa "manu militari", cioè con la forza, mentre invece nell'area Po 1 c'è un'accettazione, sia pure con tutte le riserve da parte dell'amministrazione di Trino. Quindi sottolineando e facendo mio il discorso di grande equilibrio e di grande responsabilità fatto dal Collega Carletto a nome del Gruppo della D.C. con il quale ho condiviso durante i lavori della Commissione tutto il tormento e tutto ciò che poteva scaturire dalle discussioni e dalle considerazioni su un tema di questo genere, aggiungo questo mio breve intervento che al di là del mio consenso all'approvazione da parte del Consiglio regionale della decisione circa l'installazione di una centrale nucleare nell'area Po 1 (del resto tormentate considerazioni sono state fatte in sede di VII Commissione dove, sia pure a maggioranza, si è giunti alla decisione oggi proposta dalla commissione stessa e poi anche dalla Giunta); però, per la cronaca e per memoria, devo dire ancora oggi che durante tutto l'iter per l'istruzione della pratica, io ho sempre sollevato problemi rappresentativi delle forti perplessità che da parte del mondo agricolo in tutte le sue articolazioni (organizzazioni sindacali di categoria, associazioni irrigue) venivano espresse.
Tali perplessità erano relative al dubbio sulla costante e sufficiente quantità d'acqua necessaria per l'alimentazione sia del comparto irriguo già esistente, sia di quello nucleare a farsi, specie nel caso in cui si fosse deciso per l'insediamento nucleare nell'area cosiddetta Po 1 e cioè Trino Vercellese.
In ripetute occasioni, in Regione e in convegni, ho sempre .fino alla noia messo in rilievo l'analisi critica fatta da eminenti esperti in materia, mi riferisco per esempio all'Intervento dell'ing. Tournon di 4-5 anni fa, durante una riunione tenutasi a Vercelli, e dalle organizzazioni agricole circa lo studio di fattibilità della derivazione delle portate necessarie per il raffreddamento di un impianto nucleare della potenza di 2.000 Mwh in corrispondenza dell'area Po 1.
Quell'analisi dimostrava un'insufficiente capacità di regolazione e la relativa limitata disponibilità dei volumi cumulabili; e pertanto al Convegno Provinciale dell'Irrigazione tenutosi a Vercelli nel 1967, proprio il direttore prof. Tournon già fin da allora affermava: "Dall'esame dell'andamento dei deflussi della Dora B, alla stazione di Tavagnasco durante l'ultimo trentennio risulta che per garantire, almeno durante i primi tre mesi della stagione irrigua, la portata necessaria per soddisfare i fabbisogni del comprensorio, occorrerebbe poter disporre di una capacità di regolazione di circa 450 milioni di mc/anno" "I serbatoi idroelettrici dell'ENEL a nome delle diramazioni dei sopraddetti canali demaniali hanno una capacità utile di circa 200 milioni di mc, pari a meno di 1/3 del volume di riduzione riscontrato, ad esempio nel 1965 per i soli Cavour e Depretis" "In merito alla possibilità di aumentare la disponibilità d'acqua nel fiume Po tra Chivasso e Casale Monferrato con un adeguato esercizio dei serbatoi ENEL esistenti nei bacini imbriferi di monte si doveva sottolineare la relativa limitata disponibilità dei volumi accumulabili in detti bacini, rispetto al volume globale dispensato dai canali demaniali" ciò era iscritto in una comunicazione inviata il 9/12/1977 dal Ministero delle Finanze al Presidente del Consiglio Regionale Piemontese.
Si può notare che 1'11/5/1965, a fronte di una capacità utile, dei serbatoi ENEL dei ricordati 200 milioni di mc, si verificò un volume effettivo invasato di soli 13 milioni di mc.
Questi sono i rischi che si corrono. Se si corrono una volta ogni 30 anni, si possono anche correre; ma se si corrono un anno sì e un anno no la cosa sarebbe ben più grave.
L'uso ai fini idroelettrici dei bacini notoriamente contrasta con l'uso irriguo (si spostano di fatto le disponibilità idriche estive all'inverno) per di più, la capacità complessiva di quelli in esame è relativamente molto limitata non raggiungendo neppure la metà del volume di carenza verificatosi nel '65 per il solo canale Cavour, ad esempio.
Badate bene che quando io parlo di queste cose, non mi riferisco solo all'area di Trino Vercellese e dintorni, ma a tutto il comprensorio irriguo del Vercellese, del Novarese e della Lomellina.
L'uso ai fini nucleari toglierebbe agli agricoltori dei comprensori irrigui la possibilità di richiedere lo svaso dai bacini (sinora fortemente contrastato dall'ENEL) perché evidentemente aveva bisogno dell'acqua per far fronte alle sue necessità.
Per far fronte a eccezionali necessità irrigue, a norma dell'art. 43 della legge n. 1775 dell'11/12/1933 (peraltro, in tali passati casi, ci si è trovati con bacini pressoché vuoti).
Quindi è segno che il fenomeno si è verificato anche prima.
La tendenza alla diminuzione delle portate medie, della media delle portate minime e dei minimi assoluti delle portate del Po e dei suoi affluenti a causa della regressione dei ghiacciai e della riscontrata diminuzione della piovosità nei bacini imbriferi alimentanti il Po.
L'aumento dei fabbisogni idrici in futuro: per l'espansione dell'irrigazione a motivo di nuove tecniche colturali, per l'incremento degli usi civili e industriali dell'acqua.
Tenuta presente la minor portata verificatasi durante il periodo più lungo, il volume d'acqua necessario per il fabbisogno nucleare a Trino dovrebbe venire costantemente "accantonato" nei bacini sottraendolo quindi al corretto fine idroelettrico e ipotizzando, ogni anno, il verificarsi della conseguente carenza; e computando anche la dispersione temporale e lungo il percorso di tale volume nel suo trasferimento a valle.
Si tratta di un volume d'acqua imponente, tanto che il Ministero delle Finanze nella già ricordata comunicazione suggerisce all'ENEL la realizzazione a tal fine del serbatoio di Mazzè per un volume di 200 - 250 milioni di mc.
Tralascio la conclusione cui era arrivato l'Assessorato alla tutela dell'ambiente della Regione Piemonte purché sulla scorta di queste cose in sostanza non ero molto convinto di questo.
Queste sono state e sono le perplessità.
Esse derivavano soprattutto dal timore di disequilibrare in modo irreversibile il comportamento in chiave di produzione e quindi di vita, di un vasto territorio agricolo, irriguo ed irrigato (che non è la stessa cosa, perché un territorio può essere irriguo, ma può essere irrigato in modi diversi), il territorio in esame è irrigato mediante un sistema che tutto il mondo ci invidia, per le strutture, i manufatti, il realizzato orizzontamento dei terreni e tutto ciò che è stato fatto a tal fine, frutto del lavoro di decenni, per non dire di secoli.
Ozi poi questo timore tiene conto anche del fatto che la coltura tipica del riso in particolare e del mais e di altri cereali, si prospettano quali colture senza alternativa - e speriamo che sia solo un fenomeno tempora neo - basti pensare al fenomeno, perché di fenomeno economico si tratta delle "spinte" pagate dalla CEE per la "mattanza delle vacche" e il disinvestimento del principale comparto zootecnico che è per l'appunto quello della produzione del latte. (Ognuno di voi sa che sono disposti a pagare 1.100.000 lire per ogni capo bovino abbattuto, quindi per distruggere patrimonio e produzione).
Oggi però, nonostante tutte queste considerazioni, è giunto il momento delle decisioni.
Non si può più tergiversare o temporeggiare. In carenza di una decisione del Consiglio regionale, deciderebbe il Governo (il CIPE) e questa Regione passerebbe alla storia come un organismo che non è stato capace di decidere né per il sì, né per il no alla centrale nucleare, e nel caso del sì, non dove.
E' quindi giunto il momento di decidere e che ognuno si assuma la propria responsabilità. E' giunto il momento in cui deve cadere ogni sospetto, come dice Dante: "Ogni viltà convien che qui sia morta" Le ultime consultazioni, soprattutto quelle con le organizzazioni sindacali agricole, hanno dato col loro consenso anche se dato con scarso entusiasmo, il recepimento dell'intesa con l'Enel di una serie di condizioni contrattate tra le parti. E qui anch'io devo aggiungere il mio grazie a coloro che si sono impegnati, a partire dai membri della VIII Commissione, a cominciare dal Presidente Marchini, dall'Assessore, alla Giunta e all'Enel che si è adattato a questo, speriamo convinta, non perch io dubiti della buona fede, ma convinta delle reali possibilità di rispettare questi fatti, auspico la Regione Piemonte ed arbitro il Presidente della Giunta regionale, in particolare per quanto riguarda la parte se così si può dire "garantistica" circa gli invasi ed i quantitativi d'acqua che hanno da essere messi a disposizione e che sono: a centrali in esercizio, nel periodo primaverile estivo, la portata minima delle acque del Po alla sezione di Palazzolo Vercellese non potrà essere inferiore a 14 mc/s, dopo aver soddisfatto, beninteso, le competenze delle derivazioni di monte (ovviamente con equiripartizione in caso di carenze) tale portata verrà normalmente garantita tramite svasi dei bacini idroelettrici di cui l'Enel abbia disponibilità.
Mi soffermo un momento su questo punto.
Controdomanda: e se non ne avesse di questa disponibilità? Mi rivolgo al Consiglio regionale, ma in particolare al Presidente della Giunta quello attuale e quello che ci sarà nel 1994, anno in cui la centrale si dice comincerà a funzionare, ma forse anche prima di allora, anzi senz'altro prima di allora, perché è giusto preoccuparsi di questo dubbio che sussiste e che se quindi una possibilità di invasi ulteriori rispetto a quelli che ci sono potranno essere creati in questo lasso di tempo, allora ovviamente i dubbi che esistono verrebbero fugati perché si avrebbe la certezza assoluta di avere a disposizione tanta acqua da soddisfare tutte le esigenze.
Il volume d'invaso che l'Enel dovrà tenere a disposizione dovrà essere tale da garantire la portata minima di cui sopra per il periodo necessario per far fronte alla massima magra di riferimento (1965) ed è valutato in mc. 74.000.000 di volume di integrazione che debbono essere aggiunti al volume medio di invaso di 60 milioni di me, espressamente riconosciuto nel documento dell'Enel dell'ottobre 1984 (pag. 3 e fig. 2), per cui dovrebbe essere assicurata la presenza nei serbatoi di monte al 1 aprile di ogni anno di un volume non inferiore a 60 + 74 = 134 milioni di mc.
Queste sono le condizioni minime indispensabili per poter dire agli agricoltori, agli utenti dell'acqua irrigua che ci può essere una certa garanzia e che le loro necessità siano soddisfatte. A queste condizioni io aderisco all'approvazione della deliberazione che prevede la costruzione della centrale nucleare nell'area Po 1.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Genovese. Ne ha facoltà.



GENOVESE Piero Arturo

Signor Presidente, signor Presidente della Giunta, colleghi Consiglieri, ho chiesto la parola per esprimere opinione sfavorevole all'insediamento della centrale elettronucleare nella nostra Regione discostandomi dalla posizione ufficialmente assunta dal Gruppo D.C. a cui appartengo e pronunciata in aula dal collega Mario Carletto.
La mia posizione di dissenso non riguarda l'individuazione del sito puntuale all'interno dell'una o dell'altra area (Po 1 e Po 2), ma la costruzione in Piemonte di una centrale elettronucleare di 2000 MW di potenza: non sono cioè favorevole all'insediamento, sia esso nell'area Po 1 o nell'area Po 2.
Con la decisione odierna o con quella del CIPE, qualora il Consiglio non dovesse approvare la proposta di deliberazione in discussione, si perviene ad un punto di probabile "non ritorno" nel processo di realizzazione dell'insediamento elettronucleare nella nostra Regione.
Sono passati più di 9 anni da quell'autunno del 1975 che vide la Giunta regionale dare affrettatamente al CIPE, in sede di Commissione consultiva interregionale, la propria disponibilità di massima all'avvio delle procedure preliminari (ex art. 2 legge 393/1975) per l'individuazione del Piemonte come Regione suscettibile di insediamento di una centrale elettronucleare; altrettanti almeno ne passeranno per la sua costruzione ed alle soglie del 2000, che ci sarà, avrà modo di meglio valutare se le decisioni in materia di politica energetica assunte dal Governo centrale e dal Parlamento Nazionale e la decisione odierna del Consiglio regionale siano state più o meno opportune, correttamente motivate ed avvedute.
Ma anche senza attendere il passare degli anni, pare a me di poter dire oggi, come già in passato ho sostenuto, che rimangono imminenti - non risolti e non superati con garanzie certe - problemi di sicurezza, della salute dell'uomo e della salvaguardia ambientale e che il reattore di tipo "provato" che verrà impiegato, quando entrerà in funzione sarà da tempo tecnologicamente "obsoleto" sia sotto l'aspetto economico-produttivo sia sotto l'aspetto della sicurezza; forse lo sarà già domani, se è vero che negli USA si sono realizzati e provati nuovi reattori - fabbricabili in serie - ritenuti incomparabilmente più sicuri e più puliti.
Nella scorsa legislatura, il 5 luglio 1979, il Consiglio regionale decise interlocutoriamente di "non decidere", rinviando ogni indicazione delle aree eventualmente suscettibili di accogliere una centrale nucleare: a quella decisione si pervenne a seguito del lavoro di approfondimento e di valutazione all'interno della II Commissione e dell'apposita Intercommissione, a cui ho partecipato per la D.C. con il collega Pierino Franzi contribuendo, credo, ad allontanare scelte affrettate e sbagliate a fronte delle gravi carenze conoscitive allora emergenti dagli studi dell'Enel.
Successivamente abbiamo avuto l'approvazione della "carta dei siti" e del PEN (Piano energetico nazionale) con l'individuazione non corretta poiché mai la Regione aveva in merito deliberato, delle aree Po 1 e Po 2 come suscettibili di insediamento, e dopo, abbiamo avuto ancora l'approvazione della Legge 8/1983 e le deliberazioni successive del CIPE.
Con questi atti, che hanno portato alla definizione di un sistema di decisioni in tempi certi, per via delle scelte operate e dei previsti poteri sostitutivi, alla previsione delle "ricadute o agevolazioni finanziarie" per i Comuni interessati e per la Regione, la partita venne di fatto chiusa e rimasero solo procedure da esplicare, studi da effettuare e garanzie da definire.
Ora, al momento della decisione, dopo un periodo di silenzio su questo problema dovuto al rispetto di decisioni del mio partito e del Gruppo che non condividevo, mi sono chiesto se gli studi ed i rapporti finali potevano modificare le opinioni negative che mi ero formato precedentemente: in coscienza e per rispetto alle popolazioni più direttamente interessate rispondo di "no" Ciò mi procurerà forse incomprensioni e difficoltà e non mi è facile per motivi di lealtà politica verso il Gruppo politico a cui appartengo e in particolare, verso i colleghi Cadetto, Petrini e Borando che hanno lavorato con serietà ed impegno nella Commissione mista, con i colleghi degli altri Gruppi, per ottenere il massimo delle garanzie possibili a fronte dei difficili e preoccupanti problemi collegati alla costruzione ed all'esercizio di una centrale nucleare.
Ma, a mio avviso, gli studi hanno confermato che l'insediamento di una centrale di questo tipo in Piemonte permane problematico ed è "al limite" delle stesse condizioni di base richieste: nell'area Po 2 per la densità e la distribuzione della popolazione oltreché per le possibili compromissioni delle culture agricole pregiate esistenti; nell'area Po 1 per le possibili compromissioni della falda e per la scarsità d'acqua, anche se per questo problema la Regione ha contrattato e definito garanzie aggiuntive con l'Enel. Inoltre, per entrambe le aree, i rapporti evidenziano i pesanti vincoli territoriali ed urbanistici, e le limitazioni nell'uso delle infrastrutture che dovranno essere posti ed assicurati, oltreché la forte incidenza generale negativa dell'impatto ambientale.
Infine, rimangono per me incombenti e preoccupanti i problemi cruciali delle possibili modificazioni del clima, dell'inquinamento e delle alterazioni atmosferiche e idriche, delle possibili contaminazioni dovute agli effluenti radioattivi, della crescita dei livelli radioattivi in parte della nostra Regione con conseguenze possibili di carattere genetico per le future generazioni, della sicurezza, dello stoccaggio e dello smaltimento finale dei rifiuti e delle scorie radioattive.
A fronte di ciò, viene detto, dovrebbero esserci gli effetti positivi per lo sviluppo economico e per l'occupazione ed i cosiddetti benefici compensativi, costituiti dalle "ricadute finanziarie" per i Comuni e la Regione, previsti dalle norme di Legge: ma tutto ciò resta largamente da dimostrare e da qualificare ed è quantomeno ipotizzabile che altre e diverse scelte di investimento, non certamente dipendenti dalla Regione sarebbero in grado di assicurare pari o maggiori benefici per lo sviluppo dell'economia e dell'occupazione, mentre in ogni caso ritengo che le ragioni di difesa dell'uomo e della salvaguardia dell'ambiente vengano prima delle ragioni, per altro incerte, dell'economia e dei suoi prevedibili sviluppi.
Essendo questi in forzata e approssimativa sintesi, i miei convincimenti, ritengo doveroso, senza volere esprimere giudizi sui comportamenti degli altri colleghi obbedire alla mia coscienza piuttosto che alla disciplina di Gruppo, che pure di norma è dovuta, e piuttosto che all'esigenza di una comune espressione di responsabilità istituzionale, che è pur da ricercare nei momenti decisionali di significativa rilevanza.
Mi auguro di essere in errore, ma temo, invece, di non essere troppo lontano da una corretta valutazione della realtà; per questo conservo e confermo la mia opinione contraria all'insediamento di una centrale elettronucleare sul territorio piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Signor Presidente, non voglio prolungare la discussione su questo punto dell'ordine del giorno per un semplice sfogo personale dipendente da annotazioni biografiche. Credo, infatti, di essere il Consigliere regionale più direttamente investito del problema. Sento piuttosto il dovere, quale rappresentante eletto particolarmente in quella zona di portare in quest'aula la vivacità del dibattito che è andato sviluppandosi e che ha destato un interesse che avrebbe meritato un maggior arco di tempo per una acquisizione più approfondita.
Con tale inizio credo di avere inquadrato già la sintesi del mio pensiero. E' indubbia la forza decisionale di questo momento che segna la storia della nostra Regione, ma soprattutto di un suo lembo ben determinato. Non è certo enfatizzazione parlare di storia; basta che riprenda quanto dissi il 5 marzo dell'82: "potrebbe trattarsi per la zona di uno scardinamento di sistemi, di orientamenti nuovi nella programmazione socio-economica e nella strutturazione del territorio, di abban dono di tradizioni almeno in parte" Ciò è assolutamente richiesto dal bene generale del Paese; il piano energetico nazionale ha giustificazioni economiche e sociali che non possono certo essere disattese sia nella prospettiva di uno sviluppo che si sostanzia di progresso tecnologico, sia nella considerazione di una produzione basata tra l'altro, ma preminentemente, sulla concorrenzialità dei prezzi.
Le motivazioni richiamate hanno poi peculiare rilevanza per il nostro Piemonte nel quale il deficit energetico si avvia a punte preoccupanti. Se pensiamo che questa strada può essere, per una fascia di cittadini in attesa di lavoro, il cammino della speranza non solo nello specifico della centrale nucleare, ma nelle ricadute e nelle diramazioni che da esse possono derivare è da ritenere sicuramente positivo l'impegno della Regione. Questo mi viene ricordato, ogni volta che la leggo, da una lettera colma di pena di un gruppo di vercellesi senza lavoro.
Nel quadro di uno sviluppo finalizzato all'occupazione di tutti i livelli, dai più immediati ai più sofisticati, mi si permetta l'accenno sollecitante per un concordato utilizzo dei centri di formazione professionale viciniori regionali e non, mentre un maggior campo di specializzazioni deve essere trovato per l'istituto professionale statale per l'agricoltura di Trino.
Deve inoltre aprirsi al più presto un serio dibattito sulle correlazioni che si dovranno instaurare tra la istituenda Università, in particolare per la facoltà di ingegneria nell'articolazione dei corsi di laurea programmati, e le realtà di ricerca e di laboratorio che Enel ed Enea possono localizzare nella zona.
Si ammette quindi 'Importanza a livello nazionale e regionale della nostra scelta odierna. Concordo anch'io con tutti coloro che si dichiarano apertamente per l'esigenza che la scelta sia fatta da noi e non rinviata ad altri rinunciando ad una espressione di democraticità che impone atteggiamenti responsabili. Siamo così coinvolti in mutazioni che segnano il progredire dei tempi, ma proprio per questa essenzialità di giudizio viene richiesta la massima attenzione per evitare errori. Non è cosa facile in una materia nella quale sono in aperto conflitto, non solo posizioni ideologiche, ma anche concrete constatazioni scientifiche non di rado contrapponentesi e generalmente suffragate da serietà culturale e da correttezza morale.
Occorre allora un'attenta osservazione dell'aspetto locale, là dove si concentra il risvolto negativo di un piú vasto interesse, anche sacrosanto.
Non si vuole opporre il particolare al generale nel quale è compreso ma non è giusto trascurare le esigenze nuove che mutamenti quali sono previsti certamente propongono, sconvolgendo un assetto che nei secoli è andato via via componendosi in armonia ambientale e non è nemmeno giusto non chiedersi se lo sconvolgimento avviene nel luogo più indicato.
Esemplificando, non possiamo sottrarci al ricordo di quanta strada si è dovuta percorrere per ovviare alla mancanza del prerequisito che si riferiva all'insufficienza idrica.
E' da riconoscere l'impegno messo dalla Regione ed anche dall'Enel per giungere, nel verbale di intesa, a convenire su quantità fisse disponibili di acqua, ma tale sforzo dimostra ulteriormente quella carenza fin dall'inizio denunciata dalle associazioni agricole e dalle utenze irrigue.
Non possiamo dimenticare che il Consiglio superiore del Ministero dell'agricoltura ha espresso un parere fortemente critico su quel particolare posto indicato, anche se è vero che è un parere non contemplato tra quelli previsti dall'art. 40 del DPR 185 e dall'art. 4 della legge 393 del 1975. A tale proposito giova ripetere che i produttori agricoli non rifiutano e non hanno rifiutato acriticamente l'insediamento nucleare nell'area Po 1, ma si oppongono al sito fissato anche sulla scorta del giudizio del loro Ministero.
Basta uno sguardo ad una cartografia del luogo per leggervi evidenziato un nodo strategico e tra i più delicati della canalizzazione irrigua della risicoltura vercellese, la quale subisce una penalizzazione cui si deve pure eventualmente ovviare con adeguati interventi. Ne è possibile chiudere gli occhi di fronte alle delibere di parecchi Comuni dell'area Po 1 che si pronunciano negativamente sulla localizzazione elettronucleare, lamentando principalmente e giustamente una quasi totale mancanza di informazione.
Vorrei a questo punto rimarcare l'ordine del giorno del Gruppo democristiano del Comune di Vercelli che ha suscitato favorevoli commenti nel mondo risicolo, e l'operato degli amici D.C. di Trino i quali, anzich adagiarsi nella sterile alternativa di un no ininfluente, preferirono tendere ad ottenere certezza di soluzione a tutto un arco di problemi che hanno indotto uno stato di insicurezza nella popolazione locale.
Credo inoltre meriti apprezzamenti la forte richiesta di gestione consortile sulla quale ha insistito il Gruppo democristiano contro la visione municipalistica della Giunta comunale comunista di Trino.
L'ordine del giorno D.C. infatti, approvato con l'avallo del sindaco permette ai Comuni della Po 1 di essere considerati direttamente partecipi nel loro insieme al processo di trasformazione che potrebbe innescarsi nel nostro territorio. A tale proposito invito la Giunta ed il Consiglio regionale ad interpretare non in modo restrittivo l'art. 15 della L. 393 come avvenne per l'art. 4 circa la consultazione dei Comuni, seguendo le indicazioni del Ministro Altissimo.
Lo stesso Ministro infatti, nella sua lettera del 12 novembre 1984 segnala (data nella quale tutti noi abbiamo conosciuto l'interpretazione che veniva data) che i criteri da seguire nell'attuazione dell'intesa tra i Comuni limitrofi lasciano impregiudicata la competenza regionale, in merito all'individuazione dei Comuni destinatari dei contributi finanziari previsti dalla legge 393 e 8.
Il programma dei lavori da compiere, i progetti che saranno la nervatura della realtà di domani le domande che inevitabilmente sorgeranno richiedono un più vasto respiro. Nelle riunioni tra Commissione Giunta ed Atenei, reiterate volte si è presentata l'urgenza di un piano territoriale operativo, che superando l'ambito dei singoli Comuni, costituisca la base concordata per realizzazioni di largo impegno. In tal modo è anche presumibile un maggior coinvolgimento dell'azienda elettrica. Tali realizzazioni possono certo trascendere ambiti istituzionali in relazione al problema che devono risolvere, ma non possono certo attuarsi in spazi imprecisi, in giustapposizioni territoriali che impediscano un sicuro punto di riferimento per le responsabilità. Non ha chiarezza, non è possibile insediare una centrale nucleare di 2000 megawatt, in un territorio che interessa Comuni appartenenti a tre Comprensori diversi: Casale, Trino Vercelli e a 4 Unità Sanitarie e distretti scolastici diversi: Casale Chivasso, Santià, Vercelli. Questo è tra i veri motivi di disorientamento nelle popolazioni che non comprendono simili illogicità nello stesso modo che si ribellano, pur correttamente, quando non si sentono per nulla considerate in avvenimenti che incidono sulla vita di generazioni; la gente non crede, protesta perché si trova disinformata e questa è una grave responsabilità della Regione.
La stragrande maggioranza dei cittadini della Bassa Vercellese (e sono state presentate alla Regione le prime 5172 firme) ha preso posizione perché sente che in qualche modo non si è avuto fiducia in lei. Le notizie gli studi, i pareri, sono giunti negli ultimissimi giorni o non sono giunti affatto e forse certe informazioni sarebbero valse a inquadrare nella giusta luce altre informazioni che possono avere accentuazioni eccessive.
A questo senso di frustrazione non è possibile sottrarsi da parte di chi se lo sente attorno ad ogni ora, in ogni ambiente. Ripercorrendo quotidianamente i luoghi di lavoro della mia gente, la zona delle grange radicato nella fatica di generazioni partecipe delle ansie delle mie comunità, non posso dissociarmi da una opposizione che oltretutto si è sempre espressa e continua ad esprimersi in comportamenti di estremo civismo.
Prima di chiudere, con gratitudine devo dare atto al mio Gruppo della correttezza e sensibilità con cui concepisce il vero significato di democrazia e che non vincola irrazionalmente le conoscenze, le convinzioni i sentimenti personali.
Con rammarico quindi a causa delle considerazioni fatte all'inizio, ma con la fermezza con cui i vercellesi sono soliti esporre i loro diritti e compiere i loro doveri, mi unisco al no quasi unanime della mia zona alla localizzazione della centrale nucleare a Leri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente della Giunta, mi sia consentito in primo luogo ringraziare il collega Gerini per avere ritenuto in tutta libertà e responsabilità di dovere esprimere in questa sede preoccupazioni e riserve sulle decisioni che andiamo ad assumere che certamente passano verticalmente attraverso tutte le forze politiche e tutti gli strati sociali.
Direi che il fatto più significativo di questo dibattito è questo: insieme abbiamo costruito una realtà nella quale si decide non piú dovendo utilizzare la disciplina di partito. Vuol dire che qualcosa nel profondo di significativo e di costruttivo è stato fatto. In questo mio intervento vorrei appunto sottolineare, se mi è consentito, il momento della consapevolezza e della presunzione di avere concorso al risultato al quale abbiamo alluso prima.
Risultato che si misura sul piano culturale: in sei anni che ci occupiamo di questo problema tutti insieme, e la mia forza politica ha svolto un ruolo almeno pari a quello di tutte le altre forze politiche abbiamo trasformato la qualità del dibattito su questi argomenti: più nessun sindaco, più nessun cittadino, salvo qualche cultore dei tempi andati che abbiamo sentito anche qui che confonde i missili, le bombe atomiche con le centrali atomiche, ha più riproposto polemiche di tipo trito e ritrito, sono convinto che in questo momento al di là delle polemiche che possiamo farci l'un l'altro, maggioranza-minoranza, in ordine al lavoro fatto, certamente nessuna popolazione di questo nostro piccolo mondo è così compiutamente informata, aggiornata, e così ha partecipato a una decisione così significativa come quella che stiamo prendendo. E' certamente un fatto di valore culturale e politico che non ha precedenti nella storia del nostro Paese e probabilmente non ce l'ha nella storia del mondo: che una collettività di 5 milioni di persone abbia per anni discusso, approfondito e alla fine attraverso gli organi istituzionali deciso; la consapevolezza di aver saputo coinvolgere con umiltà in questa vicenda il meglio della cultura scientifica piemontese.
Per un politico è sempre scomodo farsi affiancare dal consulente normalmente i consulenti vengono considerati degli avvocati, i servi sciocchi delle cause ai quali si fa dire quello che è utile alla propria causa. Abbiamo fatto un atto di grande umiltà e di grande coraggio affidando al Politecnico ed all'Università la risoluzione dei nodi e degli interrogativi tecnici, sostanzialmente rimettendoci al loro giudizio e spogliandoci di quelle capacità di piccola contrattazione, di piccola mistificazione che molte volte è l'immagine più conosciuta della politica è la consapevolezza di avere ottenuto un grande risultato nell'avere concorso per la prima volta nel nostro Paese a che venisse applicata anche una cattiva legge: uno dei grandi dubbi che pervadono il pensiero giuridico è se la legge comandi perché è giusta o è giusta perché comanda.
Certo la legge 393 della quale ci stiamo occupando è una ben strana legge. Abbiamo la consapevolezza di avere contribuito come forza politica ad un processo che in una qualche misura ha contribuito a riaccendere nella classe imprenditoriale piemontese la voglia di innovarsi, di muoversi, di essere protagonista.
Ho la presunzione di pensare che il dibattito nucleare, anche per i tempi che ha fatto maturare, sia stata una delle ragioni che hanno fatto sì che la nostra Regione sia quella che più di altre Regioni nel nostro Paese ha innovato, ha investito in cervelli del futuro, siano quelli umani, siano quelli artificiali.
Abbiamo la consapevolezza e la presunzione di avere concorso ad un atto significativo che riqualifica la politica, il vivere di queste istituzioni al di là del contingente. Abbiamo peraltro anche la responsabilità di una decisione e quindi l'amarezza di una decisione, perché dobbiamo probabilmente con realismo prendere atto di quanto hanno già detto altri colleghi.
Noi oggi decidiamo, scegliamo. Bisognerebbe sapere come si fa a dire che si sceglie quando davanti a noi non esiste un bivio, non esistono alternative; esiste la necessità di portare avanti un processo. La nostra scelta è quella di portare avanti un processo, non di scegliere e decidere tra A ed A. E' questo certamente un momento di responsabilità e di amarezza nel senso che abbiamo la convinzione che con un lavoro più attento fatto da tutti, compreso il lavoro fatto dalla Commissione che ho avuto l'onore di presiedere in questi anni, probabilmente saremmo riusciti a fare coinvolgere in questo nostro processo di consapevolezza anche gli amministratori locali.
Se andate a leggere il dibattito dell'81, scoprirete un diverso taglio rispetto al dibattito di oggi e c'era un aggettivo che ho usato e che ripropongo anche per farmi scusare dai colleghi per alcune mie intemperanze verbali di ieri mattina.
A quel tempo avevo detto che ero innamorato di un nostro progetto quello del governo della scelta. Voi sapete che l'innamoramento è un qualche cosa che attiene poco al cerebrale, che ci investe tutti anche nelle parti meno nobili ma più pregiate e quindi ci fanno molte volte non ragionare tanto con la testa, ma con altri organi.
Io ero innamorato di quella scelta che significava l'attuazione integrale della 393, di una legge che è superata dai tempi, dalla cultura politica. E' evidentemente una legge che è uscita nei retaggi del '68 in cui si diceva che tutti dovevano decidere su tutto e sempre. I politici erano dei pensionati di lusso che abitavano in uno strano paese che qualcuno pensava fosse una stazione climatica, posto che come tutti sapete a Montecitorio c'è l'aria condizionata.
La politica e la realtà delle cose poi si sono vendicate ed abbiamo tra i piedi ancora cose come questa: situazioni in cui si dice che 30 abitanti quali quelli del mio Comune di origine, possono bloccare un progetto di rilevanza nazionale quale quello di una centrale nucleare. E' giusto che sia così: mi piacerebbe sapere se una cosa del genere la si applicasse anche per fare un'autostrada, perché nella risaia può certamente determinare danni maggiori a quelli di una centrale nucleare.
Prendiamo atto dei limiti oggettivi nei quali ci troviamo ad operare e badate bene, limiti e condizionamenti e lo dico per gli amministratori dell'area Po 2 i quali sono responsabili, perché la Regione Piemonte nel suo governo della scelta è stata fortemente condizionata da questo municipalismo esasperato e da questa miopia politica dei quali non sono responsabili gli enti locali, ma soprattutto noi.
Se in effetti la scelta avesse potuto essere scelta tra Po 1 e Po 2 probabilmente anche il protocollo di intesa sarebbe stato di ben altro significato e ben altra profondità. I margini della contrattazione, lo sappiamo tutti, dipendono dalla disponibilità delle cose che uno ha da dare e dalle disponibilità che ha di ricevere.
In questa vicenda all'Enel non avevamo molto da dare. Potevamo dare all'Enel al massimo dei tempi più stretti rispetto ad una decisione che comunque sarebbe arrivata in modo molto meno costoso, da altri, cioé dal Cipe. Questo limite oggettivo che è venuto dall'esterno ci ha condizionati grandemente nel nostro lavoro politico e quindi c'è questa amarezza di non essere riusciti tutti insieme a coinvolgere le amministrazioni locali al punto di farci superare questo tipo di condizionamento di tipo istituzionale. Addirittura si è arrivati al referendum e la memoria storica ci ricorda che il referendum a questa Regione ha già fatto pagare un prezzo ben alto, mi riferisco alle vicende del 78-79. Condizionamento che ci porta ad assumere una decisione che non è una decisione necessaria; un cultore di questo problema, che probabilmente è in questa sala, ha detto che è una scelta obbligata, una istituzione non fa mai le scelte obbligate, una istituzione sceglie utilizzando margini di libertà.
Se una scelta è obbligata non è più una scelta. Mi pare che uno studioso di questi problemi sia un certo Pappacoda che compare di frequente sulla Stampa. Il Pappacoda che dice che la nostra è una scelta obbligata non dice il vero: la nostra è una scelta libera.
L'altra possibilità di scelta era il non scegliere e io non condivido l'opinione del Pappacoda, secondo il quale il non scegliere avrebbe determinato dei ritardi di sette mesi. Non è vero. Abbiamo dei Ministri responsabili, un governo responsabile; tra l'altro il Pappacoda fa parte di una forza politica responsabile a livello governativo e sono convinto che il CIPE avrebbe deciso in termini molto stretti a tambur battente. Quindi la Regione ha scelto con dei margini che sono nella convenzione perché il corrispettivo della nostra decisione è rappresentato dalla convenzione.
Questo dobbiamo dirci in grande tranquillità. Nella convenzione abbiamo acquisito dei risultati che sono del tutto nuovi. E' bene che il pubblico che ascolta sappia che la convenzione della quale stiamo parlando protocollo d'intesa più propriamente, è una qualche cosa che nessuna legge prevede, che nessuna prassi prevede e che anche qui è il risultato della capacità di governo della Regione Piemonte in questa materia: giudicheranno i posteri se abbiamo ottenuto di piú, troppo, abbiamo ottenuto meno abbiamo ottenuto male o peggio.
Una cosa è certa: abbiamo svolto il nostro ruolo di governo; non c'è stata nessuna costrizione, non è stata una scelta obbligata, ma razionale fra una decisione del CIPE che non rifiutiamo perché arriverà fra 7 mesi ma che rifiutiamo perché arriverebbe comunque fra 15 giorni, ma che non riconosce il ruolo della Regione e soprattutto non garantisce alla Regione che ci sarà quella ricaduta che sulla Regione e sulla collettività piemontese riteniamo debba derivare. Non scelta obbligata; scelta consapevole e sofferta. A questo punto, diciamocelo con assoluta franchezza, comunque la centrale nucleare in Piemonte si farà, perché nel momento in cui abbiamo individuato le aree come suscettibili con atto di volontà politica e dopo la delibera del CIPE e le risultanze dell'indagine Enea, Enel, dell'Università, è certo che la centrale in Piemonte si farà: si farà Po 1 o Po 2, dipende dalla scelta di oggi se l'assumiamo oggi dipenderà dal CIPE se non l'assumiamo noi. La centrale nucleare si fa nella misura in cui si è constatato che esistono nell'area 1 e nell'area 2 condizioni di compatibilità con l'insediamento nucleare e poiché le aree suscettibili di insediamento nucleare nella nostra bene amata Italia sono pochissime, è certo che la centrale si farà.
Nessuna scelta obbligata quindi, mi spiace per l'amico che mi auguro diventi collega al più presto perché a quel punto potrà parlare in termini istituzionali e non soltanto di partito. Non una scelta obbligata, ma una scelta fra una decisione acquiescente alla decisione di governo ed una scelta di governare per quello che era governabile questa scelta.
Devo dire che nel nostro complesso abbiamo governato per quello che era governabile questa scelta. I limiti del governo nascono dalla macchinosità della legge, dalle nostre insufficienze nel poter legare a questa nostra scelta di governo ed in particolare i Comuni di Po 2 che, come già vi ho detto, se consenso vi fosse stato su tutta l'area piemontese, è chiaro che la capacità di governo da parte della Regione Piemonte si sarebbe potuta spiegare nella sua totalità, indubbio che in questo momento noi non diamo corpo alla scelta che da parte dell'Università e del Politecnico è stata ascritta alla Regione Piemonte in relazione ad un unico parametro, quello della ricaduta socio-economica.
Tutto il resto è stato considerato indifferente. Si trattava di scegliere in termini di ricaduta socio-economica. Questo tipo di parametro oggettivamente non può essere preso in considerazione, perché un parametro viene preso in considerazione o in quanto è una condizione o in quanto è una condizione preferenziale. Qui non è una condizione perché le condizioni sono le precondizioni; non è preferenziale perché il preferenziale è un concetto relativo che vale tra due e non in assoluto.
E' indubbio che il lavoro dell'Università, anche in questo ritiri pu beneficiare di tutta la potenzialità che ha sviluppato proprio perché nella fase di governo, oggettiva della Regione e cioé la scelta della ricaduta socio-economica, la Regione si trova ad essere mutilata di questa ipotesi di intervento per la mancanza del presupposto giuridico dell'intesa con i Comuni interessati.
Responsabilità quindi di assumere una decisione, consapevoli che scegliamo l'area peggiore fra le due. Sono cose che dobbiamo dire con grande chiarezza. Gli studi dell'Università individuano con grande chiarezza che su Po 2 non esistono alcuni problemi precisi, uno dei quali non sufficientemente sviluppato in sede di indagine anche in Commissione, è quello che ha illustrato il Consigliere Gerini, che ci devono fare essere molto attenti anche sul futuro.
Il collega Cerini ha spiegato che a pag. 58 della relazione di sintesi dell'Università c'è scritto che non si capisce perché l'Enel non abbia ritenuto di spostare il sito di 2 km, con cui si sarebbero risolti i problemi di poco conto della falda acquifera. Anche qui altrimenti il sito sarebbe sfuggito alla giurisdizione del Comune di Trino.
Dicevamo allora, nessun problema su Po 2, molti problemi su Po 1.
Andiamo quindi a scegliere fra le due aree quella che ha le condizioni non migliori. Su questo vorrei anche che si facesse molta chiarezza.
L'Università quindi il nostro consulente tecnico, scrive chiaramente nella sua relazione di sintesi che ho l'impressione non molti dei presenti abbiano letto, che l'opzione "O" è stata sempre tenuta presente. Gli studi di verifica dell'Università hanno sempre considerato l'ipotesi che non ci fosse la condizione né in un'area, né nell'altra. Quindi il problema di strapparci i capelli, quelli che ne hanno in quantità tale da poterselo permettere, non mi riguarda; quelli che hanno questa fortuna, prima di strapparsi i capelli, riflettano bene sul fatto che comunque Po 1 è un'area suscettibile di insediamento nucleare. Po 2 probabilmente è un'area che ha condizioni ancora migliori; comunque Po 1 ha le condizioni per l'insediamento nucleare. Ci sembra quindi di aver fatto tutto il nostro dovere. Abbiamo fatto crescere la problematica. Il collega Cerini ha fatto un intervento in cui ha percorso la storia delle valutazioni dell'Enel questa non è una storia che faccia grande onore all'Enel. Probabilmente un giorno o l'altro da qualche parte faranno una stele (non funeraria per carità) a ricordo di queste cose ed anziché quota 15 o quota 21 come c'è in qualche collo dolomitico, ci saranno 10 milioni di metri cubi, oppure 50/70/134 milioni di metri cubi.
Abbiamo lavorato su questo ed abbiamo determinato delle condizioni ottimali nei confronti di quel prerequisito che non solo il Consiglio regionale, ma in ispecie la mia forza politica, ha sempre considerato come essenziale. Ricordiamo il documento dell'81. Se non si fossero reperite risorse idriche integrative rispetto a quelle esistenti, la centrale non si sarebbe fatta. Abbiamo assunto un obbligo nei confronti delle popolazioni e tutti insieme le abbiamo rispettate, il protocollo di intesa impegna l'Enel a tenere aqquartierati almeno 134 milioni di metri cubi di acqua o quella quantità minore che potrà risultare dalla sperimentazione e soprattutto dalla convenzione con gli enti utilizzatori dell'acqua. Questo debito e questo impegno nei confronti delle popolazioni l'abbiamo mantenuto.
Personalmente ho ancora un debito con alcuni di questi nostri concittadini: quello di dire che non ci facciamo condizionare dal consorzio. Il consenso in questo caso è un presupposto giuridico, non possiamo deliberare senza consenso. Si tratta di capire se il consenso fa diventare accettabile un'area che non era accettabile oppure no. Po 1 è oggettivamente un'area suscettibile di insediamento nucleare. Lo dicono l'Enel, l'Enea, l'Università. Ho difficoltà a capire come potrebbe Marchini dire che non è così.
Quindi il consenso non è stata la scriminante che ci ha portato a decidere, al massimo considerare lo stesso consenso, qualora il consenso fosse stato non una condizione giuridica, ma una condizione politica certamente una condizione di maggiore appetibilità.
In questo c'è qualche ritardo da parte della Regione; l'insistenza dell'Enel che è trasparente a voler dare a Trino si spiega e si giustifica.
Se si fa un insediamento nucleare in una condizione di consenso amministrativo, si hanno dei costi di insediamento altamente inferiori anziché andarsi ad insediare in un'area in cui non esiste consenso amministrativo.
Non c'è niente di scandaloso, è una cosa ovvia. Chiunque di noi debba affrontare un insediamento nucleare o qualcosa di più modesto che pu essere la propria casa, cerca di inserirla laddove le condizioni di consenso politico amministrativo sono migliori. Questa è una delle componenti di una qualunque scelta aziendale. E' certo che se avessimo saputo far crescere il consenso anche nelle altre aree, probabilmente il discorso sarebbe cambiato. L'amarezza è che nell'incontro con questi nostri concittadini abbiamo constatato il permanere di quella grande disponibilità che avevamo trovato negli anni 80/81 e abbiamo peraltro avvertito non un crescere dell'informazione, ma della disinformazione, perché nei pochi viaggi che è stato consentito alla Commissione fare (perché un giorno o l'altro scriveremo anche questa storia) abbiamo appreso da un Presidente di Provincia che l'intesa è sì una cosa importante, ma i Comuni possono benissimo dire che non danno l'intesa, ma è un problema di volontà politica, l'importante è che dal contesto venga fuori sostanzialmente che non si appiccheranno gli ingegneri dell'Enel.
Se un Presidente di Provincia dà questa interpretazione alla legge 393 è evidente che non solo non si è seminata informazione, ma si è seminata disinformazione. Questa è certamente una responsabilità che non possiamo non prenderci.. Quando si alludeva ad alcuni imperatori del passato da parte comunista, penso che si facesse riferimento a questo stato di cose che abbiamo constatato nella realtà piemontese che a fronte dei pochi viaggi che facevano i Consiglieri regionali, ci sono stati molti altri viaggi sul territorio piemontese, che non siamo stati capaci di anticipare che non siamo stati capaci di evitare, ma che comunque hanno determinato delle conseguenze.
Ho l'impressione che su questo nostro Piemonte sia passato un seminatore di biblica memoria, con due sacche, una per spalla; da una parte seminava insalata che fioriva come è fiorita Trino, dall'altra parte ha seminato ortiche, che hanno prodotto spine come hanno prodotto Po 2.
Tutto questo ci farebbe essere molto perplessi e molto preoccupati prima di assumere una decisione se non potessimo contare su un giudizio che è al di là di ogni sospetto da tutti i punti di vista dell'università e quella cioé che Po 1 comunque è un insediamento accettabile, che per certi versi è uno degli insediamenti migliori in Europa soprattutto dal punto di vista demografico e soprattutto che con la nostra convenzione abbiamo determinato delle condizioni di ricaduta sul processo scientifico occupazionale, e sul processo agricolo quale certamente sarebbe stato difficile cogliere in altri tempi e in altre situazioni.
Esistono indubbiamente delle situazioni che riguardano il futuro: siamo depositari in questo momento che ha poco più di precontrattuale. Non credo molto che tra le istituzioni come lo è in questo momento l'Enel, contino le carte; conta soprattutto la capacità di governo delle carte. C'è quindi la preoccupazione, e quindi ci deve essere l'assunzione di impegno a governare questa convenzione, a non considerarla un pezzo di carta che dovrà essere interpretata da questo o quel giureconsulto o che sarà quindi ragione di controversia, ma deve essere semplicemente una base, una piattaforma di certezze sulla quale partire con tre attività di governo; suggerisco alla Giunta l'impegno preciso a non lasciar cadere l'esigenza che non venga in qualche misura ridotto per il futuro e misconosciuto per il passato il lavoro dell'Università.
Quanto ha fatto l'Università di Torino, mi sembra meriti molto di più di quello che sembra essere il suo destino, l'avere cioé concorso la nostra decisione e poi finire in qualche armadio più o meno coperto di polvere dei nostri archivi. Ritengo che il lavoro fatto dall'Università di Torino e che soprattutto ha fatto l'Enel in termini di confronto ed in termini di giudizio (perché mentre noi ci aspettavamo dall'Università e dal Politecnico questo tipo di impegno e di risultato, dobbiamo dare atto all'Enel che il livello della ricerca dello studio Enel è stato ragione di sorpresa e di riconoscimento da parte dell'Università e del Politecnico) lavoro di ricerca fisica, sociologica, politica, debba trovare degli strumenti di utilizzazione.
Perché non pensare ad esempio ad una loro pubblicazione per sintesi o ad un convegno sul quale si ragioni non più sulle cose che non si sono fatte, come si è fatto nell'80 ma sulle cose che si sono fatte, come si fa nell'84? Ho l'impressione che questa nostra esperienza, soprattutto per quanto attiene l'aspetto tecnico scientifico, possa segnare una tappa significativa nell'evoluzione della tecnica di governo del territorio dei Paesi di democrazia industriale.
Ho l'impressione che bisognerà essere molto attenti a governare i processi di ricaduta sull'imprenditoria, perché il documento che abbiamo è insieme enfatico e timido. Vengono usate delle espressioni che noi avvocati preferiremmo non usare, ma che normalmente lasciamo usare ai notai, perch i notai sono abituati ad usare delle belle parole che poi, a Dio piacendo creano i guai ai nostri clienti e quindi le cause agli avvocati.
Questo protocollo d'intesa ha troppe frasi di stile; ho allora l'impressione che dovremmo attivarci per capire oggettivamente ed operativamente come il canale dell'informazione metta la nostra imprenditoria nelle condizioni di dar corso a quel processo di adeguamento e di innovazione tecnologica tale da poterla fare concorrere in condizioni di parità come il resto della tecnologia presente. Non chiediamo per la nostra industria delle condizioni di privilegio, chiediamo però che alcune condizioni di privilegio che certamente i gruppi industriali non piemontesi hanno, sicuramente per la frequentazione romana, siano messi nelle condizioni di parità con i nostri gruppi locali per la loro frequentazione regionale.
Chiediamo alla Regione Piemonte non tanto di creare delle condizioni di disuguaglianza di cui alcuni gruppi industriali beneficiano per frequentazioni romane, perché frequentano Via Veneto e non la nostra tristissima via Roma. E' un impegno che la Giunta deve assumere e che la Regione nel suo complesso deve assumere.
L'altro versante sul quale ho l'impressione che ci si dovrà muovere con grande tempismo è quello dell'uso plurimo delle acque. In questa terminologia c'è una malignità; ho detto l'uso plurimo delle acque per fare un dispetto all'Assessore Ferraris che sa di avere tutta la mia stima normalmente non litigo con la gente che mi è indifferente, litigo con la gente con la quale ho contrasti e con i quali ho ragione di interessi di conflitto. Uso plurimo delle acque perché, guarda caso, è competenza della Commissione che ho l'onore di presiedere.
Dobbiamo chiudere questa legislatura garantendo nel concreto quello che fino adesso abbiamo garantito solo nella forma. Devo dire che l'Enel come di qualunque grande operatore mi fido fin quando posso rischiare in proprio; quando rischio sulla pelle degli altri, quindi gli agricoltori intendo andarci molto cauto. Ho l'impressione che la convenzione utilizzatori a monte rispetto alla centrale delle acque del Po ed Enel vada sottoscritta prima della fine della legislatura, altrimenti qualche rischio esiste.
Non dico di più altrimenti il nemico che mi ascolta utilizza dei rischi che pavento, quali sono le possibilità di sottrarsi, usando vie più o meno rettilinee da un impegno che riteniamo abbia assunto in totale correttezza ed onestà. Non si tratta di fare il processo all'Enel, ma è certo che quando entrano in pista problemi tipo quello di capire che uso fare di 100 milioni di metri cubi di acqua, l'esigenza dei conflitti e l'Enel riteniamo debba rapportarsi a criteri di imprenditorialità, non potrà non mettere l'appetito all'Enel, di interpretare il nostro disciplinare in termini più restrittivi possibili, e magari di utilizzare delle soluzioni che non sono quelle da noi prospettate.
Abbiamo in una qualche misura determinato una pregaranzia, non una garanzia, dobbiamo, in questi mesi che rimangono, trasformare questa pregaranzia in una garanzia operativa. Se faremo questo, nel nostro complesso, potremo chiudere questa nostra esperienza di terza legislatura regionale con la consapevolezza di aver fatto il nostro lavoro.
Il mio intervento potrebbe finire qui se non ci fosse stato il solito incidente politico e questa maggioranza sembra lo faccia apposta. A questo punto potrebbe esserci un documento firmato da tutte le forze politiche che si sono espresse a favore di questa decisione: poteva esserci la formalizzazione di una delibera ad opera della Giunta; potevano esserci le cose più diverse. Non è stato così.
Questa Giunta ha ritenuto, dopo essersi sottratta alla precisa richiesta di chiarimenti, il giorno 2 di proporre una deliberazione del Consiglio regionale con cui intende far conoscere alla collettività piemontese, quali sono la sua decisione e il suo orientamento. Consideriamo questo un fatto grandemente sbagliato dal punto di vista politico preoccupante per il futuro, e mi sembra politicamente non corretto non prendere posizione rispetto a questo fatto. E' una delibera di Giunta che ha rotto una solidarietà istituzionale, durata 5 anni, ha per protagonisti e beneficiari due soggetti: la Giunta di sinistra e il partito comunista.
Dirò brevemente che la Giunta di sinistra con questo ulteriore atto vuole dare a vendere una propria immagine: è legittimo che lo faccia, ma è dovere dell'opposizione sottoporre a verifica questa sua affermazione e cercare di convincere il decisore ultimo, che è la pubblica opinione, se sia vero o no quello che cerca di vendere.
C'è questa Giunta che vuole esternarsi come una Giunta capace di governare con tempestività e puntualità i processi ed i fenomeni di una società industriale avanzata come quella piemontese. Non è così! Voi cari amici della Giunta, siete molto puntuali ed arrivate puntuali e precisi a prendere il treno che però passa 5 anni dopo. Avete uno stesso orario ferroviario che non è quello della società civile. Avete un altro orario ferroviario. Quindi puntualmente cinque anni dopo, cambiate la legge urbanistica; puntualmente cinque anni dopo presentate il Piano di sviluppo puntualmente cinque anni dopo arrivate alla decisione nucleare e puntualmente cinque anni moltiplicato due, prendete atto del problema dell'autostrada del Frejus per cui assistiamo a questo fatto veramente inaudito per cui una forza politica come il P.C.I. che ha combattuto contro l'autostrada della Valle di Susa per ragioni per larga misura comprensibili, se non condivisibili, ha presentato in questi giorni una proposta di legge a firma delle stesse persone che hanno combattuto l'autostrada della Valle di Susa per accelerarne la costruzione.
Questa maggioranza è molto puntuale, ma a prendere il treno cinque anni dopo. Cinque anni dopo con il rapido della società civile che invece corre puntuale, anzi in Piemonte arriva prima dell'orario, perché dobbiamo dare atto all'imprenditoria piemontese che con la sua innovazione non rispetta l'orario della società italiana, ma l'anticipa, quindi questa divaricazione che potremmo immaginare sul grafico tra l'andamento del treno della Giunta che è in ritardo da 5 anni e quello della società civile che l'anticipa di cinque anni ed ogni fermata tende ad accentuare questo processo a forbice secondo me è l'immagine che esce da questa vicenda nucleare e che mi pare una forza politica di opposizione non possa non sottacere. Devo fra l'altro anche dire che dobbiamo dare atto a una delle forze politiche della maggioranza, e cioè il P.S.D.I. che sia pure con la modestia della sua componente numerica ha certamente ottenuto i due risultati che aveva messo a condizione della sua partecipazione alla maggioranza di sinistra: modifica della Legge 56 e la decisione nucleare. Era l'unica forza politica ad avere postò questi due obiettivi nel programma di maggioranza. Mi pare che debba essere dato riconoscimento a chi lo merita.
L'altra operazione che si tenta di fare con la decisione che oggi assumiamo è che il P.C.I. sostanzialmente sia il gendarme delle centrali nucleari e che si fanno le centrali nucleari dove c'è il P.C.I. al governo.
La signora Vetrino ha dato un'interpretazione molto corretta. Ha detto: "si fanno perché esistono dei partiti seri, responsabili alla opposizione che usano la ragione e non altri strumenti che anche nella nostra democrazia normalmente hanno più valore della ragione" Il P.C.I. dovrebbe ricordare che sulla storia della sua capacità di governare la scelta nucleare ci sono due dati che non possiamo dimenticare: la seconda legislatura e il 21 dicembre 1984.
Della seconda legislatura ci sono i verbali che parlano. Tra la decisione della I legislatura e la decisione dell'81 non è cambiato assolutamente niente. E' cambiata una cosa sola: non c'era più il referendum radicale e non c'era più la preoccupazione che il P.R.I. si presentasse alle elezioni sottraendo al P.C.I. un paio di Consiglieri.. I verbali ci sono; ci sono delle dichiarazioni di personaggi influenti dell'attuale Giunta che scrivono testualmente che bisogna decidere e decidere in fretta prima che vada avanti l'operazione radicale. Questo è nei testi che potete andare a leggere.
Il P.C.I. ha ritardato per un pugno di voti la decisione nucleare di 5 anni. Questo è il comportamento del P.C.I. nella seconda legislatura. In questo clima di "vogliamoci tutti bene" natalizio nessuno ha ritenuto di utilizzare con grande prudenza il documento che il P.C.I. ha depositato su questi tavoli il 21 dicembre 1984. Sarà bene che chi non lo conosce vada a leggerlo.
Il 21 dicembre 1984 è una data che segna il fallimento del tentativo del collega Ferraris di risolvere nell'Assessorato il problema dell'acqua.
Dopo di che la mano è passata alla Giunta ed alla Commissione che il problema ha risolto. Al 21 dicembre 1984, il P.C.I. dopo aver constatato in Commissione, anzi presso l'Assessorato, che non era possibile arrivare alla convenzione, enti utilizzatori dell'acqua-Enel, ha scritto nel documento che non potevamo decidere se prima non ci fosse stata la convenzione enti utilizzatori dell'acqua-Enel.
Mi chiedo come si chiama questo? Viglione fa l'avvocato e sa bene che quando in un contratto si vuole inserire una clausola impossibile, vuol dire che non si vuole fare il contratto. Quindi il 21 dicembre 1984 il P.C.I. ha tentato disperatamente di non far passare neanche questa volta la scelta nucleare, senonché vi, é stata prudenza da parte dell'Enel e la comprensione che il problema dell'acqua non era un problema ingegneristico ma un problema politico.
La serenità dei colleghi Consiglieri e la capacità di comprensione di molti Assessori, compresi alcuni comunisti, hanno fatto sì che questo incidente di percorso del P.C.I. fosse superato. L'espressione ufficiale di volontà del P.C.I. è agli atti della storia della centrale nucleare.
Quindi, amici comunisti, checché ne dica il vostro responsabile dell'energia in Piemonte, questa centrale nucleare si fa non grazie ai comunisti, così come Pininfarina ha detto a Virano in un dibattito: "il rilancio del Piemonte si è avuto non grazie ai comunisti"; la centrale nucleare, così come il rilancio tecnologico del nostro Piemonte, si avrà nonostante i comunisti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

L'andamento della discussione ha fatto emergere che il nostro dibattito si sta sviluppando su vari piani ed uno di essi è connesso anche al grado di coinvolgimento diretto di alcuni di noi nelle realtà locali interessate.
I contorni, anche emotivi, di cui si è venuto caricando il problema in discussione, hanno accentuato questa oggettiva diversificazione che finisce per riguardare quelli di noi che per ragioni, anch'esse oggettive, vivono più da vicino le questioni in discussione ed il loro impatto sulle popolazioni.
E tuttavia anche queste diverse angolazioni non possono porre in ombra che quella che siamo chiamati a compiere è una scelta non semplicemente locale dato che in essa i fattori locali si intrecciano ed agiscono all'interno di esigenze di carattere regionale e, più ancora, nazionale.
Si tratta delle esigenze già illustrate nelle relazioni di stamattina dalla Giunta e dall'intervento del collega Ferro, che si trascinano da molti anni e che non pare possibile, pur alla luce degli interrogativi che si possono porre pensare di rinviare e trascinare ancora, in attesa di non meglio precisati, quanto auspicabili, miglioramenti.
Tanto più che ogni miglioramento appare conseguibile a condizione che vi sia la possibilità di operare concrete sperimentazioni, progettazioni e realizzazioni sui nuovi terreni dell'avanzamento scientifico e tecnologico.
Il soddisfacimento di tali esigenze, economiche e produttive, non appare purtroppo realizzabile solamente con lo sviluppo di fonti energetiche alternative. Mi pare che anche chi si oppone in via di principio al nucleare non abbia fornito risposte convincenti a questo riguardo. Così mi è parso emerga, ad esempio, anche dalla lettera che abbiamo ricevuto tutti in questi giorni dall'associazione piemontese del fondo mondiale per la natura, dove citando gli Stati Uniti, si ripropone la scelta del carbone assieme a quella del petrolio.
Al riguardo i tecnici ci spiegano che per una centrale o più centrali a carbone, di pari potenza di quella elettronucleare di cui si sta discutendo, si dovrebbero bruciare ogni anno 3 milioni e mezzo di tonnellate di carbone.
Credo si possano immaginare facilmente quali sarebbero le conseguenze di una simile scelta, sia in termini di ossidi di azoto dispersi nell'atmosfera, da cui dipendono le piogge acide, sia in termini di fumo e di smog. Altrettanto dicasi in termini di radioattività, se è vero che nel carbone è presente da una a tre parti per milione di materiale radioattivo il che significherebbe disperdere annualmente nell'atmosfera almeno 3 tonnellate e mezzo di sostanze radioattive.
Senza diffondermi in altri esempi, mi pare sia difficile per non dire impossibile pensare di soddisfare il nostro fabbisogno energetico ricorrendo a tecnologie che risultino più pulite, rispetto a quella di cui si sta discutendo.
Peraltro, dato che si parla molto della Po 1, vorrei ricordare che tale zona, dalla quale anch'io provengo, registra uno dei più alti indici di malattie tumorali, ma non a causa della centrale in funzione da 20 anni a Trino, bensì a causa di una incontrollata chimizzazione dell'agricoltura.
Abbiamo sollevato questo problema nei mesi scorsi; adesso se ne sta interessando anche la Magistratura, ma ci siamo però trovati pressoché soli ad avviare questa battaglia. Mi :auguro che altre forze impegnate sui problemi ambientali superino le attuali sottovalutazioni di un problema grave per la gente del Vercellese e presente in modo preoccupante anche in altre aree della nostra Regione e del Paese.
Se si superano le questioni di principio, cui ho fatto brevemente cenno, restano i problemi dell'esistenza o meno delle condizioni per l'insediamento di una centrale e delle garanzie di sicurezza fisiche ambientali, sanitarie ad essa connesse. E' su questo che si è concentrata l'attenzione della Regione e del comitato tecnico-scientifico. Basta leggere il verbale dell'intesa siglato nei giorni scorsi, per cogliere le differenze abissali, ed in positivo, che questo documento fa segnare rispetto alle posizioni su cui si era costretti a discutere nel 1979.
Mi limito a richiamare il problema dell'acqua, sul quale si sono strappati degli impegni che per anni l'Enel ha reiteratamente negato ricorrendo anche a dati non reali ed oggettivi; giustamente contestati dalle associazioni irrigue oltre che dalla Regione.
Proprio sotto questo profilo gli impegni che il verbale d'intesa contiene, sono gli stessi che il comitato di difesa del Comprensorio irriguo dei canali Cavour, nella lettera che stamattina citava l'Assessore Ferraris va come indispensabili. E non è l'unica differenza; avendo più tempo ci si potrebbe diffondere su molte altre. Tuttavia, rimanendo a questo importante risultato, le critiche contenute in alcuni interventi relativamente ai cinque anni intercorsi e ai pesanti ritardi, costituisce un oggettivo riconoscimento alle resistenze interposte soprattutto dai comunisti all'espressione di un parere non sufficientemente verificato e garantito.
L'indagine che l'Enel ha fatto e ci ha fornito recentemente, nella quale si dice , che anche l'Università è stata positivamente impressionata e che noi abbiamo apprezzato, sulla quale si è lavorato positivamente per definire il protocollo d'intesa, forse non poteva essere fatta 5 anni fa? I ritardi non debbono quindi essere attribuiti ai gruppi di maggioranza o alla Giunta, soprattutto se gli atteggiamenti di resistenza, di rigore sono serviti a modificare sostanzialmente le posizioni delle parti in causa e ad ottenere delle garanzie che ci portano a valutare ed a poter parlare alle popolazioni interessate con ben altro spirito e con ben altra possibilità anche di difendere il voto che ci apprestiamo a dare.
D'altra parte il balletto dei dati inesatti e il clima, dei sospetti venutasi a ingenerare è stato tale da non poter essere del tutto assorbito dalle limitate e del tutto insufficienti iniziative di informazione ai Comuni ed alle popolazioni. Sotto questo profilo occorre riflettere e assumere iniziative che consentano nella misura del possibile di chiarire dubbi, interrogativi, incomprensioni ed anche confusioni che vengono alimentate in questi giorni. A mo' di esempio del clima che si sta ingenerando nella zona Po 1, cito un volantino che è stato distribuito stamattina anche a noi Consiglieri c firmato "La lista verde" In esso sta scritto che bisogna evitare assolutamente di distruggere un bosco secolare.
Ma andiamo! Lì di boschi secolari da distruggere non ve ne sono e probabilmente si tratta di una frase copiata di sana pianta da qualche articolo relativo a un problema di cui si sta discutendo in Austria concernente l'abbattimento di un bosco in un'area destinata all'insediamento di una centrale idroelettrica.
A maggior ragione occorre dunque riflettere sulle insufficienze che vi sono state in materia di informazione.
Hanno pesato su questa insufficienza delle difficoltà di carattere organizzativo ed anche delle sottovalutazioni di carattere burocratico, in ordine all'opportunità ed alla indispensabilità, dell'informazione. Occorre dire che hanno pesato anche i limiti di tempo a disposizione della Regione in quest'ultima fase delle procedure. Anche altri hanno già rimarcato questo fatto. Mi pare però, che non ci si possa limitare a, rilevare che l'esperienza compiuta ha dimostrato che proprio nell'ultima fase si concentra al massimo grado il dibattito, il confronto, il bisogno di chiarimenti da parte dei Comuni e delle popolazioni interessate. I 60 giorni sono risultati insufficienti a dare queste risposte, a dare una corretta informazione in ordine ad una materia così complessa come ad esempio quella trattata nella relazione del Comitato tecnico- scientifico.
Al riguardo noi avevamo anche dichiarato di assumerci la responsabilità di prorogare i 60 giorni, di correre anche il rischio, da taluni ricordato, di essere espropriati di questa decisione dal Governo.
Eravamo cioé dell'avviso che non potevamo sacrificare il bisogno di informazione della popolazione e dei Comuni interessati, il quale non era soddisfabile nei limiti di tempo dei 60 giorni. Ha invece finito per prevalere la preoccupazione di non rischiare, di per sé giustificata, ma del tutto inadeguata, a corrispondere all'esigenza di una adeguata informazione.
Per questo insieme di ragioni sarebbe opportuno che questo Consiglio si rivolgesse al Governo ed al Parlamento per sottoporre l'esigenza di modificare la legge 393 in ordine ai tempi che le procedure assegnano alle Regioni nelle ultime fasi della scelta, data la loro importanza e delicatezza ai fini dell'ottenimento di un consenso reale delle popolazioni, funzionale a garantire il controllo demo in rapporto ai possibili rilasci chimici; la soluzione del problema delle falde acquifere avendo presente anche la necessità, a questo proposito, dello studio di un progetto specifico atto a garantire che i lavori di cantieri non modifichino il regime delle falde. In questo contesto può essere collocata anche l'attenzione da dare ai primi atti da richiedere all'Enel per rendere operanti i suoi impegni a una gestione delle risorse idriche corrispondente alle esigenze del settore agricolo.
Non mancheranno certo le difficoltà, per cui occorre dare la massima attenzione alle condizioni atte a stimolare la massima partecipazione dei Comuni e delle popolazioni all'iniziativa informativa cui primo ho accennato.. Ma non soltanto ciò. Necessitano urgenti iniziative tese anche a costruire rapporti più organici, istituzionalizzati e non episodici, tra i Comuni e tra questi e la Regione.
In particolare la costituzione del Consorzio dei Comuni della zona interessata dall'insediamento e dai problemi del suo impatto sul territorio. Ed in secondo luogo, la costruzione degli strumenti di cui all'art. 7 del verbale di intesa, assicurando un ruolo preminente al comitato tecnico scientifico, che non va smobilitato, e costruendo una struttura permanente di informazione. Ossia un centro di informazione non gestito solo dall'Enel e dai suoi uffici, ma cui partecipino Enea, Atenei Regione e Comuni.
Mi paiono queste alcune condizioni necessarie per poter esprimere, come intendo fare, un voto favorevole alla delibera proposta.



MARCHIARO MARIA LAURA



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche se siamo in fase di discussione generale, vorrei fare alcune brevissime considerazioni, data l'ora, prima di dichiarare il mio voto in ordine alla scelta del sito puntuale per l'insediamento dell'impianto elettronucleare, essendo tra l'altro tra i pochi Consiglieri eletti nella circoscrizione della Provincia di Vercelli, ove sarà definitivamente localizzata la centrale elettronucleare.
Intanto sottolineo il fatto che oggi si dà attuazione effettiva ad una parte del piano energetico nazionale e questo è un dato certamente importante.
Colgo questa occasione per auspicare, come ha già richiesto il collega Carletto, che anche le altre parti relative alle diverse fonti energetiche Presidente Viglione, vengano però attivamente e concretamente attuate da parte della Giunta regionale.
Sottolineo poi il fatto che si è arrivati a decidere nei tempi di legge, prima ed unica Regione in Italia, per l'impegno ed il lavoro costante ed attento di tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale; forze politiche che, come quella alla quale appartengo, hanno contribuito non poco alla maturazione complessiva del processo istruttorio e decisionale che certamente non si presentava né facile, né scontato, sin dal momento dell'individuazione delle aree suscettibili di insediamento nucleare.
Dopo gli studi Enel e la relazione Enea, i rapporti degli Atenei piemontesi consegnati alla Regione, hanno effettivamente offerto un supporto tecnico scientifico sostanziale ed indispensabile per consentire di pervenire con un ampio bagaglio di conoscenze alla decisione che stiamo per assumere; decisione che certamente non rappresenta un punto di arrivo ma di partenza, per un'ulteriore fase operativa che dovrà vedere la Regione in grado di governare le varie problematiche connesse all'assetto territoriale-ambientale ed alla programmazione socio-eeonomica, non solo dell'area direttamente interessata all'impianto, ma dell'intera Provincia di Vercelli ed aggiungerei dell'intera Regione Piemonte.
Non sono problematiche secondarie, anzi richiedono subito il massimo impegno per gli approfondimenti e la ricerca di soluzioni, così come è evidenziato nel rapporto degli Atenei e come è richiamato anche nel protocollo di intesa siglato il 27 dicembre dalla Regione e dall'Enel.
Auspico anzi che tale protocollo si trasformi presto in una convenzione operativa, come richiamava il Presidente della VII Commissione Marchini che venga rispettata in ogni sua parte a massima garanzia della scelta che oggi andiamo a fare; scelta non facile fra aree sostanzialmente simili nelle caratteristiche fisiche, diverse nell'atteggiamento delle amministrazioni locali che hanno consentito alla localizzazione in una sola delle due e su questa è andata ad indirizzarsi la preferenza della Regione.
Il mio voto favorevole a tale scelta non è certamente espresso a cuor leggero, ma con senso di responsabilità e con la precisa richiesta che tutti gli impegni assunti dalla Regione e dall'Enel in ordine ai problemi di tutela delle popolazioni, dei territori, di sicurezza sanitaria ed ambientale, di occupazione, di coinvolgimento dell'imprenditoria locale siano mantenuti e verificati in ogni momento, soprattutto con la partecipazione degli Enti e quindi delle popolazioni interessate, affinch gli oneri innegabili che graveranno su una parte di collettività per il beneficio di tutti, siano produttori di benefici per quella stessa parte.
In particolare il problema più preoccupante per l'area Po 1, la disponibilità idrica, deve trovare una soluzione che non penalizzi l'utenza agricola, espressione più caratteristica e significativa di quest'area fondamentale nel quadro dell'economia non solo piemontese.
In tale senso la convenzione con l'Enel è indubbiamente un passo avanti, ma certo occorrerà il massimo senso di responsabilità da parte di tutti. Ribadisco ancora la richiesta e l'impegno del Governo regionale della chiarezza e trasparenza nei comportamenti, accompagnate dalle più ampie e dettagliate informazioni a tutti i livelli.
Questo aspetto a mio avviso finora è stato trascurato; ho avuto infatti occasione di avvicinare in vari incontri amministratori, rappresentanti di organismi, associazioni di categorie. Ho captato, signor Presidente, un senso di disagio diffuso, non tanto verso i possibili insediamenti, bensì verso le frammentarietà dei reciproci giudizi conclusivi, basati su dati troppo distanti tra loro, e su proiezioni e previsioni di problemi indotti sui quali mi sembra doveroso riflettere, rispondere e poi muoversi in pieno accordo con le comunità interessate.
Ho concluso, colleghi Consiglieri, ricordandomi di avere contribuito a scrivere con i costituenti regionali il nostro Statuto e in particolare l'art. 12 che recita: "I Consiglieri regionali rappresentano l'intera Regione, senza vincolo di mandato", esprimo infine - pur con le riserve espresse - il mio voto favorevole alla localizzazione della centrale nucleare nel sito indicato dalla delibera che oggi abbiamo in discussione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Turco.



TURCO Livia

Nel corso del dibattito da parte degli interventi della Giunta ed in particolare del Consigliere Ferro - lo voglio sottolineare - è emersa la serietà, la coerenza, la sostanziale unità, ma anche il travaglio con cui ha lavorato il Gruppo comunista, requisiti questi necessari, anzi doverosi in riferimento alle implicazioni contenute nell'oggetto su cui si è stati chiamati a decidere.
Non può essere taciuto in un dibattito di questa rilevanza che la questione delle centrali nucleari è diventata oggi emblematica paradogmatica, di timori, di interrogativi, di problemi che non sono avveniristici, ma sono pertinenti alle contraddizioni ed ai processi che interessano la fase attuale dello sviluppo economico e sociale.
Chi decide, la possibilità di decidere, la sicurezza, la difesa dell'ambiente, il rapporto tra sviluppo e qualità della vita, l'uso che viene fatto delle scoperte scientifiche.
Non a caso il problema del nucleare si è intrecciato con la battaglia per la pace; sono infatti questioni che mettono in discussione, per il modo con cui si presentano, i caratteri dello sviluppo economico e sociale, le relazioni internazionali, ma anche i modelli culturali e le culture politiche che fin qui abbiamo realizzato.
Dunque, interrogativi, inquietudini, volontà di guardare a fondo, di guardare più in là, che non sono pappa del cuore o fughe in avanti. Anzi ben vengano queste inquietudini, questo sforzo di guardare oltre e più a fondo; esse possono costituire un antidoto efficace a quella chiusura particolaristica, corporativa, che rischia di prevalere nella nostra società, forse anche come rimozione ai tanti complicati problemi che oggi si pongono. Mi si potrà obiettare: quale pertinenza hanno tali considerazioni con una sede come questa e con una discussione come questa? C'entrano, perché se è vero che la politica ha per compito quello di pervenire ad una decisione, e se molto spesso la politica ha l'ingrato compito di dover decidere nonostante le tante questioni irrisolte nonostante i limiti, le contraddizioni di conoscenza e di strumentazione a disposizione, tuttavia questo decidere, tanto più oggi, non può rimuovere la complessità dei problemi, non può ignorare o irridere quelle inquietudini, quegli interrogativi di fondo.. La politica oggi, se non vuole immiserirsi, se vuole tornare ad essere grande come fu nel passato, e come è necessario che sia, deve recuperare quegli ampi scenari, deve essere in sintonia con quelle inquietudini che si esprimono nella società, deve riprendere a ragionare sulle finalità.
Se è vero che la distinzione weberiana tra etica della convenzione ed etica della responsabilità ha percorso un lungo periodo storico, trovando in esso un fondamento obiettivo, oggi non è più sufficiente, non è più efficace, non è più regolativa ed occorre che mezzi e fini non siano più considerati tra di loro entità separate, non comunicanti, se non addirittura antagoniste.
La questione "centrali nucleari" evoca tali problemi, ci pone tali interrogativi; per questo essa motiva nell'ambito del partito comunista, un dibattito che, come è stato possibile vedere, è molto ampio, approfondito anche con differenziazioni al suo interno, pur dovendo ammettere che una decisione nazionale in tale merito è stata assunta ed è ad essa che si è attenuto il nostro Gruppo.
E' per questo anche che tale decisione è così sofferta, io credo per tutti i comunisti. Ho parlato della coerenza con cui i comunisti hanno lavorato, allora coerenza vuole anche che in questa sede si esprima anche quell'ampiezza di dibattito, la sua articolazione, che in questa sede si dica, anche che la decisione assunta dalla Giunta non significa per i comunisti, chiusura del dibattito, della ricerca e tanto meno insensibilità a quegli interrogativi che si sono anche espressi nel dibattito di oggi.
E' per questo che nella più profonda solidarietà e nel più profondo rispetto per il lavoro svolto dal mio Gruppo, credo doveroso comunque esprimere quella inquietudine attraverso un voto di astensione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che il dibattito di oggi non debba essere o debba avere come unica e prevalente tematica quella dell'espressione favorevole o negativa in astratto ad una ipotesi di centrale nucleare, perché di questo già si è discusso e su questo già il Consiglio regionale si è pronunciato.
La scelta di oggi è quella all'interno di una scelta già definita favorevole concorrendo a verificare le condizioni ed i presupposti oggetto di accertamento e valutazione con le indagini di questi anni del sito puntuale.
Siamo di fronte quindi all'interno di un lungo processo che qui non finisce, ma anzi sul quale occorrerà da oggi in avanti ancor più vigile attenzione e capacità di governo da parte degli enti pubblici; siamo di fronte ad una scelta che direi è anzitutto importante per i riflessi che ha e perché mette in moto meccanismi da cui non si torna indietro, è bene sottolinearlo, ed è anche qualificante per ogni politica di sviluppo quale noi riteniamo debba svolgere la Regione.
Non sto a riprendere quanto già detto dal nostro Gruppo nei precedenti dibattiti e la nostra posizione favorevole a questa scelta tanto da essere uno dei punti programmatici da noi individuati nel 1980 per la formazione di questa maggioranza, il che certo non vuol dire acritica accondiscendenza ad un "tutto nucleare", come anche il piano energetico nazionale con una opportuna correzione di tiro ha precisato attraverso la diversificazione degli approvvigionamenti energetici. Questa la nostra scelta, ancorché si tratti di una scelta difficile, delicata per molti versi, ma necessaria.
Siamo ben consci che elementi di emotività, di posizioni culturali e filosofiche, talora rigidamente schematiche, hanno reso difficile un dialogo tra le diverse valutazioni, originando più una spirale di reazioni autodistanziantesi che non un avvicinamento su un comune terreno di dialogo e di giudizio quale è generalmente e naturalmente lo scopo ed il risultato di ogni confronto e di ogni dialogo tra parti che hanno opinione diversa.
In questo quadro, e con queste valutazioni, noi abbiamo deciso per il parere favorevole, senza dualismi manichei, poiché riteniamo essere la ragione e non l'emotività che deve prevalere e guidare le scelte di un'assemblea come questa che deve dimostrare la propria capacità di superare i localismi, di trascendere interessi settoriali, di dare un contributo serio e concreto alla ripresa ed allo sviluppo.
Consapevoli che non è questa una scelta unanimemente condivisa, ma sappiamo peraltro che non vi è scelta energetica che non sia contestata. Si pensi alle discussioni per gli impianti idroelettrici, per gli invasi, per le centrali a carbone e così via; non vi è scelta energetica che non sia contestata; come in tutti i casi in cui si va a proporre un intervento di rilevante impatto territoriale e più in generale ambientale. Quindi non irridendo ai contrari, a coloro che la pensano diversamente da noi, ma anzi valutandone seriamente le osservazioni e i rilievi non certo le pretestuosità cui tuttavia, credo, le indagini abbiano dato risposte serie e convincenti.
Infatti bisogna riconoscere che la questione attorno al nodo energetico ha anche un aspetto culturale, per così dire, inteso in senso lato, non soltanto un aspetto tecnico economico, un aspetto culturale, cioé, legato alla dinamica della società industriale a tecnologia avanzata, su cui, per così dire, i soggetti dell'opposizione sociale, quelli che erano chiamati una volta da Marcuso, gli individui di tutti gli strati, svolgono un'azione critica verso nuove forme di determinismo economico e di irrazionalità totale e avvolgente.
Noi non abbiamo mai inteso schernire questi movimenti che, se non strumentalizzati, rappresentano ansie reali, anche se non ne condividiamo presupposti ed obiettivi.
Certo nel timore verso le centrali nucleari, lo riconosciamo, si nasconde un'ansia reale, si rispecchia lo spavento di fronte ad una nuova categoria di rischi letteralmente imperscrutabili, che sopravanza i confini delle nostre capacità di comprensione storicamente sviluppate.
Noi non abbiamo mai irriso e comprendiamo questi movimenti e queste ansie purché non strumentalizzati perché dobbiamo riconoscere che invece non è sempre così, come non è giusto neanche fare certi paralleli tra l'insediamento di una centrale elettronucleare svolti a fini pacifici e di progresso civile e l'installazione, di missili o con i pericoli di un day after o di guerre nucleari.
Diciamo allora che non sempre, ed alcune volte si è introdotto anche in modo surrettizio questo argomento, c'è stato spirito di tolleranza o di discussione come stamane alcuni, come il sottoscritto, hanno potuto sperimentare per poter entrare in quest'aula ad esercitare quello che è un loro diritto-dovere. Noi comunque in generale ne valutiamo l'aspetto positivo nell'aver posto delle questioni da parte di questi gruppi nell'aver richiamato l'attenzione ad avere risposto a molti problemi.
Come la sollecitazione che è venuta e che credo la Giunta ed il Consiglio hanno raccolto, per la definizione del piano energetico regionale, ormai impostato con un documento della Giunta del giugno scorso e con la prima risultanza e i primi schemi rimessi ormai alla valutazione della Commissione competente e del Consiglio regionale, così come l'attenzione per la diversificazione delle fonti energetiche che noi condividiamo pur nella consapevolezza che non è su queste che si può basare una credibile risposta definitiva al deficit energetico del nostro Paese.
La recente vicenda di Adrano, della centrale di energia solare, chiusa dopo neanche tre anni di attività per gli elevati costi di gestione e della bassa produttività degli impianti, costata oltre 20 miliardi, è l'ammissione in un certo senso di un fallimento poiché troppo grande è il divario tra costi e quantità di energia prodotta..
Peraltro anche la recente centrale inaugurata ad ottobre di Vulcano pare abbia gli stessi problemi.
Certo, questo non vuol dire abbandonare questa strada che noi invece riteniamo debba essere proseguita, cui crediamo che affinamenti tecnologici e di ricerca potranno portare miglioramenti nel rapporto costi-benefici una strada delle energie alternative e soprattutto del risparmio energetico e del contenimento dei consumi che anche noi dichiariamo essere favorevoli vada perseguita in parallelo con le altre iniziative e con la scelta che qui noi oggi andiamo a fare.
Tuttavia, il Consiglio regionale deve qui fare una scelta che è di intervento vitale per la ripresa della nostra Regione e contributo responsabile all'economia dell'intero paese, recuperando anche lo riconosciamo, rispetto al passato, del tempo perduto.
Poiché ciò che è talora parso preoccupante in questi anni, è stata la mancata formazione di consapevolezza del tipo di reazione che un paese industrializzato come il nostro, dovrebbe essere in grado di dare ad una crisi come quella energetica. Fortunatamente in questi ultimi tempi ci si è resi conto che la transizione energetica consiste fondamentalmente nella capacità di avviare e sviluppare, in modo coerente, un processo di sostituzione di una risorsa naturale soggetta in prospettiva ad esauribilità economica e sottoposta nell'immediato al potere monopolistico di Paesi produttori, di sostituire questa risorsa naturale con nuove risorse di carattere tecnologico, derivanti dalla formazione di conoscenze tecnico-scientifiche, di strutture organizzative, di agenzie finalizzate alla promozione ed al controllo dell'innovazione, in istituzioni in grado di favorire e garantire che lo sviluppo tecnico sia compatibile con la tutela delle esigenze di sicurezza e protezione dell'ambiente e della popolazione.
Questa fase di transizione energetica può essere superata con le linee del piano energetico nazionale che sono a nostro avviso condivisibili e sulle cui linee generali il Consiglio regionale si è già espresso favorevolmente in ordine alle sue varie previsioni e per i riflessi che ha sul territorio piemontese.
L'importante è a nostro avviso uscire dall'immobilismo energetico sul lato sia della domanda, e qui siamo d'accordo sulla riduzione dei consumi che su quello dell'offerta di energia, nel quadro fondamentale di una scelta per lo sviluppo produttivo che consente il progetto sociale ed economico.
Anche per questo è da respingere a nostro avviso la tesi da un lato della dilazione nelle decisioni, mutandola attraverso una supposta mancata consultazione e mancata informazione che credo che, ormai 10 anni di dibattito, consultazione, incontri e documenti, non possano suffragare questa ipotesi o alla tesi di una assunzione di decisione per l'area Po 2 che mancando di presupposti giuridici in sostanza, rimandino tutto alla scelta del CIPE.
Ribadiamo qui la volontà della Regione di governare la scelta, di decidere come parte attiva assieme agli enti locali, senza rinunce e senza deleghe. Ci rendiamo conto che il sistema decisionale, che sostiene la politica energetica è in una realtà come la nostra di democrazia pluralista estremamente articolato.
Occorre allora una chiara definizione dei ruoli e delle competenze cui nessuno deve sottrarsi senza confusione, senza ingerenze ma anche senza sottomissioni psicologiche e questo vale sicuramente per i Comuni, ma deve valere anche per la Regione.
Questa scelta unita al piano di diversificazione delle fonti energetiche al disegno di puntare sul risparmio, sono gli strumenti per conseguire, pur nell'intreccio delle responsabilità, efficienza nel processo decisionale, coerenza con gli indirizzi e decisioni più ampie che riguardano lo sviluppo dell'economia del nostro Paese ed il progresso della società civile.
In questo processo, con quella maggior concretezza e speditezza dal 1980 avviato e raggiunto, si è proceduto, da parte di questo Consiglio, con grande unità di intenti.
Dobbiamo qui dare pubblico riconoscimento del lavoro fondamentale che è stato svolto dalla competente commissione consiliare e dal comitato misto e dall'apporto e dal contributo costruttivo reso da tutte le forze politiche e in primis da quelle di opposizione, quindi dicendo che la scelta che oggi viene fatta non è merito o premio di questa o di quella forza politica, ma una decisione a cui arriva unitariamente il Consiglio regionale; così come oggi possiamo valutare con maggior cognizione la nostra scelta grazie alle puntuali ed approfondite indagini, svolte dall'Enea, dall'Enel dall'Università e dal Politecnico, la cui esperienza e le cui capacità scientifiche e professionali non devono fermarsi qui, ma debbono continuare ad essere utilizzate per le fasi successive.
Le iniziative dell'Enel nelle aree interessate di approfondimento e di verifica tecnica scrupolosa non hanno precedenti con analoghe esperienze del nostro Paese. Così come il processo di informazione e di rapporto con gli enti locali e con le popolazioni, ancorché migliorabile e incrementabile, può ritenersi soddisfacente. Noi già dicemmo in altre occasioni del ruolo strategico dell'informazione, come momento di crescita collettiva, ed acquisizione di capacità di controllo sull'impatto di un insediamento come quello elettronucleare che deve essere garantito. Tutto ciò si è realizzato tenendo conto di una legislazione nazionale, in particolare la legge 393 e la legge 8 tutt'altro che agevolatrice, ma anzi in alcuni casi generatrice di difformi interpretazioni e quindi generatrice a sua volta di equivoci e di per certi versi, difficile gestione.
A questo proposito l'iniziativa di un consorzio fra gli enti locali coinvolti o comunque limitrofi non può che essere condivisa, anche se non si può tacere sul comportamento di quei Comuni che hanno chiesto di poter usufruire dei benefici previsti dalla legislazione nazionale, ma nel contempo hanno dichiarato il loro parere contrario.
Sulla questione della scelta puntuale del sito. Già è stato richiamato in altri interventi come le indagini abbiano messo in luce caratteristiche simili delle due aree ed una sostanziale e pari idoneità dal punto di vista della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria ed ambientale.
E' pur vero che si leggono alcune indicazioni che per alcuni versi farebbero preferire l'area Po 2, soprattutto per la questione idrica e per le ricadute socio-economiche. Pensiamo anche alla questione regionale della crisi della Valle Scrivia con i processi di ristrutturazione e di riconversione drammatici che ha e quanto le ricadute socio-economiche in quest'area avrebbero potuto generare fenomeni economici indotti positivi.
Sotto questo profilo, anche il sottoscritto sarebbe favorevole in linea politica e secondo le indicazioni tecniche prevalenti per la previsione dell'insediamento di una centrale elettronucleare nell'area Po 2. Tuttavia il riferimento all'art. 4 della legge 393 e l'elemento discriminante dell'intesa, ci pongono nella condizione di una sostanziale non scelta indicando così l'area Po 1 che peraltro anche dalle indagini presenta i requisiti sufficienti e necessari richiesti, per la quale inoltre ci pare che il verbale di intesa, un risultato conseguito non senza fatica, ma di grande rilevanza politica in prospettiva tra la Regione e l'Enel, registra significativi e decisivi passi in avanti per una serie di questioni, prima fra tutte quella del rifornimento idrico e delle garanzie da assicurare alle utenze irrigue in particolare ed alla agricoltura in generale.
Altri significativi punti dell'intesa sono la previsione di utilizzo privilegiato della mano d'opera e della imprenditoria regionale e locale oggi elementi non secondari in quadro con segni negativi e preoccupanti per la nostra economia e di livelli occupazionali. Sotto questo aspetto anche l'accordo tra l'imprenditoria vercellese e alessandrina non può che valutarsi positivamente sottraendo questa procedura da tensioni e pressioni indebite, così come le garanzie date per gli aspetti della sicurezza e della protezione ambientale, posto che le scelte energetiche devono essere tali da tutelare in primo luogo l'uomo e la sua salute, l'ambiente naturale ed i valori ecologici e l'equilibrio complessivo del territorio.
Ci pare quindi che da tutte queste valutazioni ne possa discendere il convincimento di un voto favorevole alla proposta di deliberazione accompagnata o preceduta, se si vuole, da un ordine del giorno che richiami in modo puntuale da un lato questa ipotesi del consorziamento tra gli enti locali e dall'altro la rigorosa tutela per quanto riguarda le prescrizioni dell'Enea. Da queste valutazioni ci pare che possa emergere il voto favorevole e in questo senso si esprimerà il Gruppo socialdemocratico valendo questo intervento anche come dichiarazione di voto.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La discussione generale è conclusa.
La parola al Vice Presidente della Giunta, Rivalta, per la replica.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

La decisione che prendiamo stasera giunge dopo ben 9 anni di discussione all'interno del Consiglio regionale sulla questione della centrale nucleare e probabilmente, non solo per me, ma anche per altri colleghi, dopo una discussione che si è aperta ancor prima al di fuori del Consiglio regionale.
Giunge ora rispondendo come Consiglio ad un impegno che ci deriva da una disposizione legislativa ed amministrativa del Parlamento e del Governo nazionale. E' una decisione che prendiamo senza complessi di colpa per i tanti anni di discussione passata, senza peraltro trionfalismi, coscienti del peso della decisione e proprio perché la decisione è rilevante, per una Regione, per il territorio regionale, lo facciamo non come un formale passivo adempimento a disposizioni burocratiche che sono venute dall'alto lo facciamo ora perché riteniamo che ci siano le condizioni per farlo avevamo risposto negativamente ad un primo iter avviato nell'ottobre '75 avevamo risposto negativamente in questa sala nel 1979, perché allora avevamo ritenuto, a grande maggioranza, come mi pare si stia delineando la decisione di oggi, che non esistevano le condizioni.
Alcune questioni di fondo sono mutate rispetto ad allora. Voglio intanto dire che è mutato, e non vuole essere un giudizio critico malizioso, l'atteggiamento dell'Enel. Chi ha seguito la prima fase degli anni 75, quella istituzionale e quella di dibattito e di confronto nelle comunità di allora e ha seguito l'attività ed il confronto con l'Enel in questi anni, può certamente e giustamente rilevare un cambiamento di atteggiamento, un cambiamento che probabilmente ha anche coinciso con cambiamenti di direzione, di Presidenza e di Consiglio di amministrazione.
Abbiamo trovato in questi ultimi anni un interlocutore che ha recepito le questioni che gli sono state poste, al contrario di quanto era avvenuto nel primo periodo. Qualcuno si ricorderà che la risposta che ci siamo sentiti dare più volte era che ai problemi tecnici avrebbe pensato l'Enel successivamente che non eravamo, né noi Consiglieri regionali, né la Comunità, interessati a conoscerli. Questo atteggiamento ha certamente favorito la conclusione di questo iter, come ha favorito la conclusione di questo iter, un lavoro di approfondimento da sottolineare che ha condotto l'Enea in questi ultimi anni ed in particolare in questi ultimi mesi.
Arriviamo a questa decisione confortati dall'esame critico, dalle valutazioni critiche e autonome che l'Università ed il Politecnico hanno fatto sulla base questa volta, di una convenzione che la Regione ha stabilito con gli Atenei in quanto istituti e non come nel primo periodo sulla base di un rapporto personale con alcuni docenti.
Il fatto che questa convenzione a valle delle elaborazioni approfondite che l'Enel e l'Enea hanno prodotto, il fatto che questo lavoro degli Atenei abbia coinvolto, in quanto istituzioni universitarie, centinaia di docenti ci confortano anche sull'esito delle decisioni che andiamo prendendo.
Voglio anche subito aggiungere che un elemento di fondo ci tranquillizza rispetto al passato e cioé i dati strutturali che riguardano la sicurezza dell'impianto; il fatto che oggi con più conoscenza, sulla base del lavoro che ho citato, possiamo capire quanto questa nuova generazione di centrali nucleari che viene messa in produzione e che avrà dall'esito della votazione di quest'oggi proprio in Piemonte la sua prima realizzazione, la struttura di queste centrali nucleari con doppio contenitore e richiamo qui un titolo che ci è stato spiegato dai tecnici dell'Enel, dell'Enea, dell'Università e del Politecnico, con il circuito primario isolato dal circuito secondario, con dei sistemi di controllo maggiormente perfezionati ed affidabili, ci confortano su un problema che nella passata legislatura ci aveva preoccupato e che ci aveva in qualche misura costretti a rinviare ogni decisione, cioé quello della sicurezza.
Riteniamo oggi di poter promuovere una scelta dopo che nell'81 il Parlamento ha approvato un piano energetico nazionale che prima non esisteva, un piano energetico nazionale che colloca la realizzazione di impianti nucleari nel quadro di un più sistematico intervento riguardante la produzione di energia e che colloca i problemi della produzione di energia nel quadro più generale sia della produzione che del consumo dell'energia, considerando anche i temi del risparmio e di un modo diverso di utilizzare l'energia.
Questo fatto non è indifferente alla presa di una decisione apparendoci prima una decisione presa troppo occasionalmente e non inquadrata, non collocata in una sistematica visione di prospettiva dei problemi energetici.
Questo piano energetico nazionale, nella sua struttura portante, noi l'abbiamo condiviso e di qui la ragione per cui siamo oggi ad una fase conclusiva della scelta; l'abbiamo condiviso perché contrariamente alle ipotesi che erano state precedentemente, anche prima del '75, fatte, il piano energetico nazionale colloca il ricorso al nucleare in funzione complementare all'insieme delle politiche energetiche che il piano prevede.
Anche questo ci conforta perché ci pare questa una decisione che ci faccia marciare con cautela e con quella ampiezza di visione con la quale i problemi energetici devono essere assunti. Assumiamo il tema del nucleare perché lo consideriamo importante, intanto come elemento di differenziazione delle fonti a cui il nostro Paese fa ricorso, anche se proprio per quella ragione positiva che ho richiamato prima, il confinamento del nucleare nel piano energetico nazionale in funzione complementare e se vogliamo anche marginale, la produzione di energia elettrica che si avrà dal nucleare, apporterà unità percentuali non rilevantissime.
Riteniamo questa scelta comunque importante per un Paese che deve fare ricorso, per l'acquisizione delle materie prime all'estero; il 90 per cento della produzione della nostra energia elettrica è basata su processi di combustione.
Credo non sia da sottovalutare sotto il profilo politico ed economico anche limitati apporti di settori vari al componimento del fabbisogno energetico del nostro Paese.
Non voglio dilungarmi su un tema di strategia di politica economica e di rapporti internazionali, perché credo sia palese a tutti cosa pu significare la possibilità di giocare su una diversificazione delle fonti.
E una diversificazione delle fonti che mette in luce l'esigenza di recuperare quanto è possibile nei confronti dell'idroelettrico, di recuperare quanto è possibile in direzione di altri settori energetici e qui in Piemonte abbiamo impostato la nostra politica energetica che è contenuta nel documento di Piano di sviluppo; che è contenuta nelle prime elaborazioni del piano energetico regionale; in direzione del metano, del teleriscaldamento e siamo qui in attesa che venga finanziato l'ulteriore programma di teleriscaldamento che riguarda la città di Torino, quello che ha come fonte energetica di partenza, la centrale di,Moncalieri.
Siamo in attesa di applicare con la 308 gli interventi che riguardano le piccole centrali idroelettriche.
Nella misura in cui nell'ambito di questa politica, il Piemonte dalla delibera del CIPE del dicembre 1981 è stato scelto come territorio ove collocare una centrale nucleare, proprio per queste ragioni che succintamente ho richiamato prima, ci siamo espressi con una assunzione di responsabilità e non abbiamo rimandato questa responsabilità ad altre Regioni, né lontane, né vicine.
Credo che questo sia un atto di governo che nessuno può disconoscere e che è alla base di quello che stiamo per compiere quest'oggi.
Abbiamo assunto questa responsabilità, allora e la confermiamo oggi sulla base di constatazioni elementari: il fatto che la nostra Regione consumi 17 miliardi e non 10 miliardi come qualche collega qui oggi ha richiamato, di kwh, di fronte ad una sua capacità di produzione di soli 8 miliardi, con un deficit quindi di 9 miliardi, pari al 52,9 per cento e non faccio assolutamente richiamo ad una vuota esigenza di autosufficienza regionale, ma in un Paese che ha in generale un problema di produzione di energia elettrica, credo sia responsabile da parte delle Regioni che più sono consumatrici e meno apportatrici di energia elettrica, assumersi in prima persona, in pieno, tutta la gamma degli impegni che riguardano la produzione dell'energia.
Nell'83, l'Italia ha importato 9 miliardi di kwh, sostanzialmente le importazioni dall'estero certo l'energia elettrica non è colorata, e non entra con quel colore nelle nostre case o nelle nostre industrie, ma sostanzialmente il nostro Paese nell'83 ha importato dall'estero, quanto è il deficit di produzione di energia elettrica della nostra Regione.
E nell'84 pare che questa aliquota di importazione dall'estero salirà verso i 20 miliardi di kwh. Credo che qui non valga l'osservazione che qualcuno ha fatto che l'Enel possa oggi riaprire e allargare le trattative di importazione all'estero. Nella situazione in cui ci troviamo, credo sia anche giusto, non solo sia del tutto giustificato, che l'Enel provveda alla carenza di produzione di energia elettrica nazionale, anche con nuovi accordi nei confronti dell'estero, ma guai a noi se pensassimo, e credo che l'Enel non possa pensarlo, che il futuro energetico del nostro Paese possa essere risolto attraverso contratti con l'estero.
Ritorna qui il problema davvero dell'autonomia del nostro Paese, della dipendenza grave che si determinerebbe in situazione anche di tranquilli rapporti fra i Paesi, se il nostro Paese continuasse a dipendere sempre più per importazioni di energia elettrica dall'estero.
Voglio qui richiamare un altro fatto: nel 1984, si è avuto un incremento di consumo di energia elettrica del 5,5 per cento; lo richiamo qui perché: in alcuni interventi, in particolare quelli che ritengono il nucleare superfluo, si è richiamata una ipotesi di soluzione ancorata a bassa, se non limitatissima, addirittura azzerata crescita di consumi e alla possibilità quindi di far fronte alle esigenze future sulla base di un diverso modo di consumare e non dell'esigenza di ancor produrre energia elettrica.
E' bastato che, nel primo semestre del 1984, si sia segnato nel nostro Paese un qualche sintomo di ripresa della produzione industriale, perché in quei 6 mesi il consumo di energia elettrica sia cresciuto del 7 per cento e nel secondo semestre si sia poi limitato al 2-3 per cento in relazione ad una nuova relativa caduta della produzione industriale. Crediamo che il nostro Paese debba riprendere la produzione industriale, la crescita negli anni futuri, che auspichiamo, forse non porterà una sistematica e costante crescita, di consumo di energia elettrica del 7 per cento; se così fosse però voglio subito dire che questo significherebbe in 10 anni, nei 10 anni necessari per arrivare alla produzione della centrale nucleare, il raddoppio dell'esigenza di energia elettrica: non sarà così; avremo uno sviluppo che sarà certamente più limitato, purtroppo, ma auspichiamo che sia comunque una ripresa della capacità di produzione industriale con qualche tasso percentuale per anno e se fosse anche la metà di quel 7 per cento comporterebbe nei prossimi 10 anni una grande produzione ulteriore di energia elettrica.
Bisogna agire sulla struttura dei consumi. Questo lo richiama con forza Montefalchesi e lo abbiamo sottolineato; è detto nel PEN e nei nostri documenti; abbiamo attuato anche politiche all'interno della nostra Regione e di conoscenza e di promozione perché questo avvenga e un'attenzione particolare, sotto questo profilo svolgiamo per quanto ci è concesso interloquendo con le strutture industriali che operano innovazione tecnologica, perché la ristrutturazione avvenga in direzione di più bassi consumi energetici a unità di prodotto.
Ma guai se noi pensassimo che in questi anni passati, questa ristrutturazione per un allentamento, per una riduzione dei consumi energetici a unità di prodotto si sia prodotta; in qualche caso è avvenuto e l'alto costo dell'energia l'ha anche sollecitata e favorita, ma credo che si debba tutto sommato riconoscere che le ristrutturazioni che sono state in corso solo limitatamente a qualche caso e comunque limitatamente in quanto a intensità sono state ristrutturazioni che hanno avuto come obiettivo centrale, quello della riduzione dei consumi energetici; sono state ristrutturazioni aziendali di tipo finanziario, sono state ristrutturazioni aziendali tendenti a una minore occupazione della mano d'opera e quindi a riduzione del costo del lavoro.
Anche qui questo problema della modifica delle condizioni di consumo in particolare nei settori che maggiormente sono mangiatori di energia elettrica, come quelli industriali, è un processo da conquistare da estendere e che si concluderà se riusciremo ad avviarlo, probabilmente a distanza di tempo.
Se quei dati che ho richiamato, anche solo per paradosso; se una crescita annuale della produzione industriale si verificasse con il tasso del 7 per cento annuo e un raddoppio di consumo nei 10 anni, dovremmo costruire una centrale nucleare all'anno per far fronte a questa domanda.
Allora mi pare davvero che la costruzione di queste 4 centrali nucleari previste nel piano energetico, siano una condizione di necessità e siano davvero solo complementari ad una politica complessiva, e di produzione e di controllo dei consumi.
Per la nostra Regione, poi, questa produzione di energia elettrica con la centrale nucleare, viene ad assumere invece un ruolo non marginale l'intera produzione idroelettrica che proviene dai bacini idroelettrici del Piemonte e della Valle d'Aosta, è di circa 10 miliardi di kwh all'anno quindi un po' al di sotto, forse, in condizioni non ottimali di funzionamento della centrale nucleare, pari alla centrale nucleare.
Voglio qui subito richiamare un fatto: la centrale nucleare che, crea quei problemi nel luogo di insediamento, con impatti anche gravi e difficili da controllare che sarebbe sbagliato che disconoscessimo operando su un solo punto del territorio, produce più di quanto viene prodotto dall'insieme degli impianti idroelettrici che sono collocati nella nostra Regione e nella Regione Val d'Aosta e che pur tuttavia non sono privi di problemi riguardanti l'impatto ambientale, l'impatto territoriale le modifiche paesaggistiche e non sono prive di problemi per quello che riguarda il rapporto con la comunità e con la società. Impianti idroelettrici nella nostra Regione sarebbero potuti già essere avviati se avessimo avuto il consenso delle popolazioni; il collega Ferraris che attraverso le sue competenze in particolare su impianti di limitate dimensioni si è confrontato in questi anni su questo problema, su quanti contrasti anche in funzione di impianti idroelettrici, emergono e si esprimono.
Abbiamo poi comunque chiesto all'Enel, ed è contenuto nel verbale di intesa e dovrà essere precisato nelle successive conversioni in convenzioni, l'impegno che nell'arco di tempo necessario per la costruzione della centrale nucleare, si producano nella nostra Regione altri impianti di produzione elettrica, in particolare idroelettrica, ma voglio qui dire che se la centrale nucleare costerà 3500-3700 miliardi a costo attuale, con quei finanziamenti tirando le somme dagli elementi che ci ha dato l'Enel degli impianti che sarebbero possibili, si potrà raggiungere una produzione annua di 3 miliardi circa di kwh, cioé con uguali costi di realizzazione della centrale nucleare, si potranno costruire centrali idroelettriche con una produzione che sarà da 1/3 a 1/4 di quello della centrale nucleare. Qui anche per introdurre elementi almeno di confronto e di ragionamento verso chi ha detto che altre soluzioni alternative al nucleare, non producono problemi, sono meno costose, sono di più facile raggiungimento.
A questo proposito, lo citava prima Mignone nel suo intervento, ci induce a muoverci sulla centrale nucleare senza perdere ulteriori tempi avendo però quelle garanzie minime di discreta soddisfazione che ci consentono la decisione e perché le esperienze che abbiamo fatto nella nostra Regione, certo esperienze limitate, semplicemente esemplari, di energia alternativa, ma nel campo dell'agricoltura, biomasse in piccoli centri e aziende rurali, di piccoli impianti solari, o di impianti solari in scuole ed edifici a funzione pubblica, finora non hanno dato delle risposte tali che ci consentono di estendere questi interventi e farli diventare interventi di base, anzi le risposte sono risposte che ci dicono la difficoltà tecnica stessa di realizzazione e di funzionamento di questi impianti e ci dicono i costi di questi impianti che non sono assolutamente competitivi. Spero che in futuro le ulteriori esperienze portate avanti possano farci conseguire e costi competitivi e soluzioni tecniche affidabili, cosa però che oggi non é.
Leggiamo sui giornali che l'esperienza di Adrano ha mostrato tutti i suoi limiti, tanto che è stato annunciato che quest'anno verrà chiusa.
Scegliamo anche il nucleare avendo assunto una posizione di rifiuto nei confronti dell'insediamento a carbone nella nostra Regione. Era in ipotesi la ristrutturazione e la sostituzione della centrale di Chivasso e la Regione ha detto no all'impianto di Chivasso a carbone; ha detto no per le ragioni che richiamava Valeri, perché per produrre 10 miliardi di kwh quello che presumibilmente produrrà, come condizione di esercizio minimo la centrale nucleare, occorrono i tre milioni e mezzo di tonnellate di carbone e proprio in una Regione come quella nostra, nel catino della pianura padana, temiamo maggiormente gli effetti di impatto nell'ambiente delle produzioni gaseoformi delle centrali a carbone, produzioni che non hanno oggi tecnologie per essere filtrate, che hanno le caratteristiche negative che richiamava Valeri e che o sono diventare ulteriormente preoccupanti proprio per gli effetti di piogge acide che in Europa si stanno manifestando.
Riteniamo quindi anche che sotto il profilo ambientale, la centrale nucleare dia maggiori garanzie di altre centrali a combustione ed in particolare quelle a carbone, e io sono convinto che se Trino avesse avuto nella sua esperienza passata non la centrale Fermi, ma una centrale a carbone ed oggi gli chiedessimo di raddoppiare la centrale a carbone, forse dal Comune di Trino (io dico son sicuro) avremmo avuto una risposta di carattere negativo ed i problemi di movimentazione e di inquinamento che si determinano dal funzionamento di una centrale a carbone, sono ben superiori a quelli di una centrale nucleare e sotto molti profili che in generale non vengono tenuti in conto ma che sono assai più gravi e partono dal momento del lavoro di miniera - qualche mese fa di fronte ai caduti in miniera per l'estrazione del carbone non si è sollevata nessuna voce - e si concludono nel momento del consumo nel luogo della centrale.
Arriviamo a questa decisione, avendo presentato come Giunta una delibera alla Commissione ed al Consiglio; l'abbiamo fatto ieri e l'abbiamo fatto perché l'iter di decisione formale che la Regione deve assumere fosse esente o perlomeno eviti il rischio al comportare con sé dei possibili appigli giuridici e quindi di ricorsi al TAR.
Anche qui è un'assunzione di responsabilità che compete alla Giunta regionale. D'altra parte lo statuto regionale all'art. 39 nel definire le competenze e le attribuzioni della Giunta, dichiara esplicitamente che la Giunta ha l'iniziativa delle funzioni amministrative demandate alla Regione e una delibera è una funzione amministrativa, e una delibera importante come questa non può non passare attraverso un momento di decisione della Giunta regionale. Non è stato un disconoscimento del lavoro in comune che Commissione e Giunta hanno fatto in questi mesi, e non è stato assolutamente un atteggiamento arrogante nei confronti della Commissione.
E' stato un atteggiamento che ritengo dovuto nei confronti delle procedure e nei confronti della possibilità del Consiglio dì assumere una decisione che abbia anche formalmente il carattere della compiutezza.
Nel momento della scelta tra Po 1 e Po 2 esprimo chiaramente per parte mia, e forse non compiutamente per parte della Giunta, che la scelta è stata orientata dalla situazione che si è venuta a verificare rispetto all'accettazione da parte dei Comuni direttamente interessati della centrale nucleare. La decisione del Comune di Trino, la delibera del Comune di Livorno Ferraris, i pronunciamenti del Vercellese, delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, di molti Comuni che si affiancano a quelle di altri Comuni ed altre associazioni che invece hanno già espresso il loro parere negativo, hanno certamente finito con l'influire in modo determinante sulla scelta essendo Po 1 e Po 2, in una valutazione complessiva e sintetica, considerate ugualmente considerevoli di localizzazione di centrale nucleare, avremmo forse potuto scegliere altrimenti, ma certo ha finito col pesare questa dimostrazione; almeno parziale, ma significativa e comunque consistente di accettazione da parte di una parte della comunità vercellese.
Personalmente io avrei scelto Po 2 perché anche se il quadro sintetico che l'Università ci ha fornito, indica senza soppesare le varie valutazioni parametriche, indica, contrariamente a quanto qualcuno ha detto, Po 1 come l'area di migliori condizioni di insediamento della centrale nucleare.
Voglio qui dire che nel caso della sismicità è indicata l'area Po 1 come migliore rispetto a Po 2, così come la radioprotezione sia per la minore densità di popolazione, sia per il tipo di cultura agricola che è meno assorbente delle radiazioni e indica Po 1 come migliore rispetto a Po 2, così come per la radioprotezione sia per la minore densità di popolazione, sia per il tipo di cultura agricola che è meno assorbente delle radiazioni e indica Po l come migliore località per quanto si riferisce all'impatto fisico ed ambientale e naturalistico; Po 1 per quanto riguarda il mercato del lavoro; Po 1 per quanto riguarda l'industria; Po 1 per quanto riguarda la situazione delle abitazioni e fa emergere invece come condizione migliore il Po 2 soltanto per i problemi agricoli ed idrici;dico che però io e molti di noi, ed anche in Consiglio c'è stata questa espressione, avremmo nel soppesare questi vari parametri, dato forse un peso relativo maggiore ai problemi dell'acqua e dell'agricoltura e sotto questo profilo avremmo determinato una scelta in Po 2 a difesa dell'agricoltura, più consolidata, più strutturata, certamente, con un equilibrio più delicato di Po 2 da parte dell'agricoltura della Po 1.
Purtroppo l'azione dei partiti in primo luogo non è riuscita a conquistare quel consenso all'interno delle assemblee elettive del Po 2 che era necessario e voglio, qui anche dire che non c'è stata un'azione da parte delle associazioni degli agricoltori diretta in questa direzione; credo che sarebbe stata auspicabile di fronte a una scelta che coinvolge l'intera comunità e che deve quindi soppesare gli interessi di carattere collettivo più ancora che gli interessi di carattere locale e di carattere personale che sarebbe stato auspicabile, una assunzione di responsabilità da parte delle associazioni agricole in quanto tali, per conquistare là nella località in cui l'insediamento, rispetto all'agricoltura, produrrebbe minori problemi, conquistare il consenso delle popolazioni.
Ma anche qui, per molte ragioni anche oggettive e non soltanto per difficoltà soggettive, è finito col venire a mancare quell'azione di supporto necessaria e che ci pareva possibile per far esprimere da parte dei Comuni di Po 2 un consenso che ci avrebbe davvero consentito quella libertà di scelta che auspicava Marchini.
Per questo quindi abbiamo scelto Po 1. Abbiamo scelto Po 1 sapendo che esistono molti problemi aperti da affrontare che soltanto sono stati delineati, elencati, individuati nella loro entità, nella loro possibile soluzione dal lavoro che gli Atenei hanno fatto, sono stati riportati con criteri di approccio e indicazione di impegno da parte dell'Enel nel verbale di intesa, quello che si dovrà tradurre nella convenzione; molte questioni sono ancora da affrontare e direi che la parte più difficile viene ora, la gestione di questa convenzione e la realizzazione ed i comportamenti coerenti con i criteri e l'impostazione che abbiamo dato nella convenzione.
C'è il problema di rendere possibile il controllo della sicurezza perché quella sicurezza che deriva da questa tipologia strutturale di questa nuova generazione di centrali nucleari, dai sofisticati sistemi di controllo interno, si traduca in una gestione della sicurezza di carattere democratico che quindi collega il lavoro all'interno della centrale nucleare con i Comuni, con le assemblee elettive; c'è il problema imposto nel verbale di intesa con riferimento all'Enel, ma che dovrà trova re un riferimento con l'Enea, per la realizzazione di un sistema di lettura della situazione di radiazione di fondo che esiste in questa zona, per le situazioni climatiche, per poter valutare gli effetti climatici, per poter quindi portare un controllo sia sui problemi delle radiazioni sugli oggetti e sulle cose, sia per portare un controllo sugli effetti che la presenza della centrale nucleare e dei suoi pennacchi può avere sull'agricoltura.
E' quest'ultimo uno degli aspetti da indagare ulteriormente per arrivare non a delle approssimazioni, come è stato solo possibile oggi dovendo ricorrere a modelli di funzionamento reali che sono propri di aree come quella francese o quella tedesca, quindi in situazione di stabilità atmosferica molto più bassa, molto meno stabile di quella della nostra Regione; sono questi gli effetti che vogliamo indagare perché certo ci preoccupa la presenza del pennacchio sia sotto il profilo paesistico, ma ci preoccupa anche per quei stimati limitati effetti in relazione all'isolamento e l'illuminamento perché se come valori medi, sono valori percentuali estremamente bassi, quasi non misurabili in certi periodi dell'anno, nei periodi in cui la vegetazione promuove il suo sviluppo potrebbero avere delle influenze limitative.
Bene, vogliamo controllare questi effetti ed abbiamo quindi impegnato nel verbale di intesa la costruzione di una rete che, facendo capo alla Regione, consenta dal momento in cui la centrale entrerà in funzione, di poter aggiornare e seguire quegli effetti pur stimati, limitati, e intervenire con interventi di rimedio o di compensazione.
Ci sono i processi economici, occupazionali che sono stati fatti, per i quali non abbiamo deciso la centrale nucleare. Lo voglio ribadire qui, la centrale nucleare è stata decisa dalla Giunta regionale, dalla Commissione per le ragioni di politica economica complessiva del nostro Paese, ma certo nella misura in cui la centrale nucleare si realizzerà nella nostra Regione, ci teniamo che essa possa produrre effetti di carattere economico e occupazionale; economico avendo chiaro che vanno rispettate tutte le norme trasparenti di appalto e che quindi alle imprese piemontesi devono essere create condizioni di qualificazione che rendano più facile l'acquisizione degli aspetti, ma non certo condizione di protezionismo o di autarchia che peraltro come abbiamo detto ripetutamente, sarebbero controproducenti, nel momento in cui si realizzassero centrali nucleari in altre Regioni, o comunque opere pubbliche in altre Regioni ed anche in quei casi in cui si instaurasse un regime di autarchia e quindi non con condizioni di concorrenzialità aperte anche alle nostre imprese.
Siamo stati molto più fermi nel definire i comportamenti per quel che riguarda l'occupazione che deve fare capo ai problemi dei Comuni interessati, di quelli dei Comprensori e delle Province interessate. C'è quindi davanti a noi una decisione certo difficile, che abbiamo anche patito, ma a cui giungiamo con elementi di ragionamento e di approfondimento che ci danno tutto sommato la tranquillità di coscienza della decisione che assumiamo; c'è davanti a noi il problema complesso di gestione della convenzione che vogliamo attuare attraverso l'apporto degli Atenei, come è stato richiesto da qualcuno, sia nella fase di gestione che nella fase di esercizio, acquisendo quindi quell'accumulo di conoscenza che continuamente si arricchirà che in questa fase gli Atenei torinesi hanno acquisito lavorando con la Regione, lavorando con gli Enti locali per arrivare ai consorziamenti che devono consentire i controlli, la corretta gestione della legge 393 e 308, lavorando certamente con l'Enel, e lavorando ancora - dico sottolineandolo con forza - con l'Enea, organo di controllo col quale si è stabilito un rapporto di collaborazione che è diventato anche un rapporto di fiducia.
Deciderà il Consiglio regionale la centrale nucleare questa sera. E lo decide, non lo dico qui con spunto polemico, né per desiderio, di richiamare pretese di primi della classe, lo deciderà ancora un Consiglio regionale, in presenza di una Giunta di sinistra.
E' stato posto questo polemicamente, io non assumo nessun atteggiamento di trionfo. Indico soltanto che c'è in questo da Montaldo di Castro a Caorso, a Trino, una situazione che indica che la Giunta di sinistra nel confronto interno alle assemblee elettive, hanno sempre assunto un atteggiamento di responsabilità nei confronti dei problemi del Paese, dei problemi economici e della produzione di energia che stanno alla base dello sviluppo economico, e rispondo soltanto a quegli atteggiamenti polemici qualcuno anche acido, che vorrei che anche là dove esistono Giunte diverse ove queste Giunte sono chiamate a decidere per gli impianti di produzione energetica di vario tipo, davvero decidessero come hanno deciso le Giunte di sinistra.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Presidente della Giunta per la replica.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Non voglio ripercorrere la strada che tutti voi avete percorso con tanti dati e tante argomentazioni, perché credo sia stato detto tutto.
Intendo fare alcune osservazioni che abbiano se possibile, un minimo di carattere di novità La prima è che credo sia riduttivo riportare la decisione di oggi che riguarda non soltanto la centrale nucleare, ma il programma complessivo dell'energia nella Regione Piemonte, ad un tema voluto, come è stato detto dal Presidente della VII Commissione Marchini, dall'impegno dei nostri compagni socialdemocratici.
E' un pezzo del programma che vi abbiamo presentato al momento dell'elezione della Giunta, è un patrimonio comune che il Consiglio attraverso il dibattito, ha criticato, accettato o non accettato, che non può essere comunque rapportato ad una forza politica perché sarebbe riduttivo riportare un problema così grande, com'è il complesso dell'energia fondamentale per lo sviluppo del Piemonte, puramente in un attimo politico, pure importante, come sono i compagni socialdemocratici che hanno voluto questo ed altro, come tutte le forze politiche hanno voluto questo ed altro.
Seconda osservazione. Si fa questo perché esiste un Piano di sviluppo è un piano di innovazione che richiede uno sviluppo dal punto di vista energetico, non c'é dubbio.
Terza osservazione è che questo Consiglio ha saputo costruire insieme una serie di proposte; ha saputo cogliere obiettivi comuni che è raro riscontrare in altre istituzioni. Non voglio qui mettermi sulla strada di indicare quali, ma voi sapete bene a cosa io mi riferisco.
All'interno del Consiglio c'è un rapporto eccellente e corretto tra il Governo e le forze di opposizione. Questo ha permesso il passaggio ed il miglioramento della legge urbanistica; ha permesso il passaggio del Piano di sviluppo, anche con le critiche che ha avuto e con i problemi che ha comportato; ha permesso il miglioramento anche del bilancio attraverso l'opera di Commissione; ha permesso l'indicazione delle linee dell'Università che rappresenta un dato fondamentale per lo sviluppo di una Regione; ha permesso oggi di arrivare a questo voto comune.
Quindi il dato fondamentale che io rilevo è questo rapporto così alto e così corretto fra il Governo e l'opposizione anche se vi sono stati in alcuni momenti degli spunti critici che in un regime democratico non solo accettiamo, ma auspichiamo perché una società senza dissensi non è una società democratica.
Voglio ringraziare la VII Commissione e il Comitato misto, il Presidente della Commissione, l'avv. Marchini e il Vicepresidente Borando e quanti sono intervenuti nella discussione.
Voglio anche ringraziare coloro che non daranno il voto favorevole alla nostra proposta, perché il problema dell'energia, specialmente di quella nucleare, non è strettamente legato alla vita ideologica di un Partito, ma può avere delle espressioni diverse dall'interno degli stessi Gruppi, come è dimostrato. Questo lo registriamo anche noi nei Comuni dove governiamo.
Accettiamo e rispettiamo anche le opinioni dei compagni amministratori a cui ho parlato i quali mantengono la loro opinione.
Quarta ed ultima osservazione. La parte più difficile, come ha detto Rivalta, viene adesso. Abbiamo firmato il verbale d'intesa ed anch'io vorrei rivolgermi ai dirigenti, ai Consiglieri di amministrazione dell'Enel che siedono da stamattina nella tribuna per dire che questo non è che il primo passo per garantire quella capacità di operare correttamente per la sicurezza della vita dei cittadini e di quanti vivono in quelle zone, per lo sviluppo che si dovrà dare nel campo della formazione professionale dell'occupazione, quindi non soltanto per la costruzione di una centrale elettronucleare, ma la realizzazione di un complesso di un nuovo modello di formazione lavoro da garantire a queste popolazioni.
Non credo che vi facciate illusioni sul fatto che firmato un accordo possa essere disatteso e su questo Marchini ha ragione. Per quanto mi riguarda sono uno dei pochi che sono rimasti qui dal 1970, anno in cui furono istituite le Regioni, ma se l'avventura mi portasse ad essere ancora qui in quest'aula, posso dire allora che, ogni impegno che assumo deve essere mantenuto e da noi e compiutamente da voi.
Ho già detto a tutti i Sindaci interessati che la prossima settimana vi sarà una riunione, fissata per lunedì mattina alle ore 11, alla presenza del Presidente dell'Enel Corbellini, ed alla quale invito a partecipare i componenti della VII Commissione, nonché i 10 Sindaci interessati, per poter iniziare quel discorso che voi tutti avete sollecitato, sia coloro che hanno dato il consenso, sia coloro che non l'hanno dato, perché in regime di democrazia dobbiamo inchinarci alla volontà delle popolazioni.
Sono a disposizione per mantenere questi impegni e vi assicuro che non vi sarà clausola che non troverà da parte nostra pieno adempimento.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Carazzoni per dichiarazione di voto.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta colleghi, l'inconsueta ampiezza di questa discussione che si sta protraendo ormai da diverse ore e più ancora l'intervento esauriente del Consigliere Majorino, fatto a nome del nostro Gruppo in sede di dibattito generale, ci esimono da ulteriori aggiuntive argomentazioni, limitandoci il compito soltanto a sottolineare alcuni principi di fondo che caratterizzano, sul tema qui discusso, la posizione del MSI-DN.
In rapida sintesi teniamo ad evidenziare questi punti: 1) Scelta nucleare. E' una scelta che, ai fini di una doverosa assunzione di responsabilità, noi intendiamo ribadire con forza alla domanda: "centrali nucleari sì oppure no" il Movimento Sociale Italiano Destra nazionale, ormai da anni ha dato una sua risposta precisa e inequivocabile. Lo sfruttamento dell'energia nucleare è ritenuto infatti indispensabile per risolvere almeno in parte il problema energetico, il problema dell'aumentata richiesta energetica ed il problema del contemporaneo progressivo esaurimento delle fonti petrolifere.
2) Centrale nucleare in Piemonte. A questo proposito diciamo che è una scelta obbligata. La nostra Regione, come rilevava nel primo intervento di stamane l'Assessore Calsolaro, è carente di energia elettrica ed il deficit energetico diventa sempre più rilevante e preoccupante. A fine 1982 questo deficit è stato del 68 per cento, un dato che, già grave, diventa ancor più nero se l'occhio si sposta allo scenario piemontese degli anni 95, quando la produzione sarà di 24 miliardi con una richiesta di ben 82 miliardi di kwh. La costruzione di una centrale di 2000 megawatt pertanto è per il Piemonte assolutamente indispensabile ed è anche assolutamente improcrastinabile, essendosi già perso anche troppo tempo.
3) Benefici compensativi conseguenti. In termini di sviluppo economico la centrale nucleare è destinata ad avere un ruolo importante per la nostra Regione. Si è detto che per tale realizzazione, infatti, occorreranno circa 4 mila miliardi e un volume di forza lavoro per circa 20 milioni di ore lavorative: ma, soprattutto, bisogna pensare alla possibile riduzione dei costi, energetici per le aziende e quindi alla possibilità di ripresa dell'economia piemontese, sia in termini di occupazione, che di produzione cioé di competitività.
4) Localizzazione della centrale nucleare. La Regione non ha mantenuto è stato detto anche in quest'aula da più parti - gli impegni presi in ordine ai temi dell'informazione e del coinvolgimento delle popolazioni interessate, rendendosi responsabile delle polemiche acute di questi giorni.
Inoltre - e questa è una critica che dobbiamo fare alla legge nazionale o perlomeno a una sua interpretazione riduttiva e restrittiva - il fatto di chiamare a pronunciarsi soltanto i due Comuni direttamente interessati alle localizzazioni, cioè Trino Vercellese da una parte e Isola S. Antonio dall'altra, ha oggettivamente causato uno stato di conflittualità acuta nelle zone limitrofe.
Ne sono dimostrazione i pronunciamenti avutisi nell'area Po 1, dove al "sì" di Trino Vercellese si sono massicciamente contrapposti i "no" di Crescentino, di Lamporo, degli altri Comuni dell'area indicata.
Vogliamo solo ricordare che ben diverso fu, per una analoga circostanza, il comportamento della Regione Lazio allorquando si trattò di decidere l'insediamento di Montaldo Castro.
5) Aree Po l e Po 2. Abbiamo serie e motivate perplessità sull'area Po 1, per il fatto che si tratta di una zona ad alta fertilità agricola che potrebbe risentire di una insufficienza idrica, oltre che di una possibile alterazione climatica provocata dalle torri di raffreddamento della centrale.
Stamattina lo stesso Assessore Ferraris, pur dando atto delle garanzie ottenute dall'Enel, non nascondeva che molti problemi sono per l'argomento ancora da risolvere.
Altri Consiglieri, non solo quelli delle zone più direttamente interessate, hanno ribadito questo concetto.
6) Quale scelta? Noi diciamo che per tutte le considerazioni sopra esposte, saremmo stati portati a preferire l'area Po 2, soprattutto per un concetto di difesa dell'agricoltura che vediamo più gravemente minacciata e insidiata nell'area di Trino Vercellese che non nell'area di Isola S.
Antonio.
Ma se noi vogliamo esternare questa nostra preferenza verso l'area Po 2, come possiamo dimostrarlo? Votando contro la proposta di deliberazione della Giunta? No, si creerebbe allora una confusione che sarebbe poi difficile dissipare, perché noi - lo ripetiamo - siamo e restiamo favorevoli alle scelte nucleari, solo abbiamo delle perplessità in ordine a quella localizzazione che viene oggi indicata. Ma poi, quale possibilità di scelta ha il Consiglio regionale? Quale facoltà di esprimere un'opzione? Quale titolo ha di pronunciarsi per l'una o per l'altra soluzione? Come pu affrontare un esame comparato fra due proposte? La legge nazionale, sempre secondo l'interpretazione restrittiva che ne è stata data, dice che l'insediamento nucleare deve essere preso con l'assenso dei Comuni interessati.
I Comuni interessati sono due, ma uno di questi due, Isola S. Antonio si è pronunciato sfavorevolmente. Noi ci troviamo allora messi davanti al solo voto positivo del Comune di Trino Vercellese. E quale possibilità di scelta ci è data, allora, in questo caso? Sono queste, considerazioni che abbiamo lungamente meditato, che abbiamo anche sofferto, perch comprendiamo benissimo che questo è un momento storico nella vita della nostra Regione e che da parte di tutte le forze politiche sono più che mai doverose le assunzioni aperte di responsabilità.
Sono tutte queste ragioni, dicevamo, che ci hanno indotto a dichiarare la non partecipazione al voto sulla delibera proposta dalla Giunta da parte del Gruppo del MSI-DN.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Moretti per dichiarazione di voto.



MORETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo socialista è chiamato ad esprimersi sulla proposta di deliberazione ai sensi dell'art. 4 della L. 393.
Mi sia consentito però di fare brevemente un riferimento storico per quanto riguarda l'iniziativa che il Partito ha assunto attraverso gli uomini impegnati sia a livello di Assessori che di Consiglieri.
E' da ricordare in quest'aula la funzione svolta dal collega Calsolaro prima, nella veste di presidente della Commissione e poi in qualità di Assessore.
L'impegno profuso per quanto riguarda la decisione da prendere per l'insediamento è stato di natura politica discusso all'interno del partito ed in qualità di Capogruppo sono qui a sostenerne le posizioni.
Per quanto riguarda la parte politica, economica e sociale, dobbiamo tener conto della situazione di crisi economica nella quale ci troviamo che investe in particolar modo la nostra Regione, ma anche il resto del Paese sia per quanto riguarda i costi di produzione, sia per quanto riguarda il problema sociale che è l'occupazione.
Le parti interessate sono gli imprenditori ed i lavoratori, Gli imprenditori non sono avulsi dalla società.
Siamo del parere che vi sono problemi di costi di produzione, che devono impegnare tutta la parte imprenditoriale e quindi è giusto che anche gli imprenditori svolgano la propria azione sul problema sociale ed occupazionale. E' proprio tenendo conto di questi due problemi che noi esprimiamo un giudizio favorevole.
Sono stati oggi ricordati i costi relativi all'energia che noi importiamo sopportando alti costi che non ci consentono di affrontare la politica di sviluppo nel campo non solo dell'economia industriale, ma anche di tutte le altre economie di cui poco si parla in quest'aula che sono soggette allo sviluppo energetico.
Quando parliamo di crisi nel settore occupazionale, ci rendiamo conto di cosa vuol dire acquisire mercati; possiamo anche fare un discorso di ripresa di alcuni settori industriali ed anche di altri settori per inserire a livello mondiale un prodotto a costi minori e risolvere il problema occupazionale per una maggiore produzione nei diversi campi della nostra economia regionale.
Ho tentato di soffermami sul problema in termini più complessivi, la questione dell'economia, è un discorso che deve essere più presente in questa assemblea: la forma monoindustriale ci può creare ulteriori difficoltà ma questo non vuol dire che non dobbiamo spingere la parte economica che incide sul territorio della Regione Piemonte, ma anche la questione occupazionale.
Circa i problemi di natura tecnica, bisogna dare atto dell'intesa raggiunta fra la Giunta e l'Enel, e gli studi affrontati dall'Enel dall'Enea, dall'Università e dal Politecnico.
Alla Commissione va dato atto della funzione svolta e in particolare del suo Presidente, per gli incarichi relativi alle valutazioni tecniche sull'insedia mento della centrale nucleare. Come è stato detto più volte una centrale nucleare comporta minori costi rispetto ad altri procedimenti e questo fatto dovrà essere esaminato da parte delle forze politiche in merito al problema del debito pubblico.
Ho preso atto che il Presidente collega Viglione ha già indetto una riunione con la partecipazione dei membri della VII Commissione e dei sindaci dei 10 Comuni interessati alla localizzazione. Non sono del parere che basta risolvere il problema con il Comune di Trino e pensare che non ne esistano altri nei Comuni situati nell'area di influenza della centrale nucleare.
Siamo andati al di là della L. 383 la quale evocava a sé alcune discussioni e la Regione ha superato questo ostacolo coinvolgendo tutte le realtà territoriali, politiche e sociali.
Devo dire che personalmente non sono proprio favorevole agli insediamenti nucleari, soprattutto per quanto riguarda gli alti costi di gestione, ma mi rendo conto che gli studi effettuati relativamente alla sicurezza ci danno garanzia. Vi è innanzitutto una responsabilità di natura politica per cui devo esprimere il voto favorevole alla deliberazione, ma consentitemi per una questione di coscienza di esprimere un'opinione non favorevole alla centrale.
Il giudizio finale comunque per quello che riguarda la posizione del mio Gruppo è favorevole alla decisione presa dalla Giunta prima e dalla Commissione dopo in merito alla localizzazione della centrale nucleare.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Reburdo per dichiarazione di voto.



REBURDO Giuseppe

Dopo aver ascoltato gli interventi che si sono succeduti nel dibattito generale e le osservazioni della Giunta, debbo non solo riconfermare i livelli di incertezza che già stavano dentro la lettura ed alla proposta della deliberazione in discussione quest'oggi, in Consiglio regionale, ma alcune affermazioni che sono state fatte dalla Giunta confermano che questa scelta non è autonoma, ma imposta per motivazioni di ordine politico più generale e si collocano in un contesto che, come qualcuno ha già detto, fa pensare seriamente allo stesso destino di una democrazia che non sia solo elemento di decisioni di vertice, ma che in qualche modo sappia fare i conti e sappia coinvolgere le forze vive e reali della società.
La perplessità e i dubbi aumentano poi quando, anche qui non per spirito polemico, si assume una decisione come questa e fuori dal portone di questo Consiglio, si è creata una situazione che è sicuramente discutibile dal punto di vista democratico. Questo serve a risolvere la crisi delle uova che sta vivendo il mondo contadino, quindi stimola la produzione e quindi rientriamo nella politica della CEE e siamo europei a tutti gli effetti.
La CEE fa ammazzare le vacche e distrugge le uova. Questa è la politica della CEE.
Quando si transenna interamente un pezzo di strada, credendo di dover fare i conti con delle persone che intendono esprimere un dissenso esplicito e quindi si crea un clima che è sostanzialmente inaccettabile dal punto di vista generale, e quando poi in questo Consiglio non si è permessa la partecipazione reale dei cittadini che intendevano usare di una seduta pubblica del Consiglio per poter assistere a questi lavori, predeterminando i posti e quindi di fatto obbligando centinaia di persone a rimanere assenti, seppure facilitati dagli autoparlanti, ma sapete che in questo momento il freddo non è una cosa che si possa facilmente superare, credo che si sarebbero dovute creare le condizioni perché questo Consiglio si tenesse in un ambiente diverso, in modo che qualunque cittadino avrebbe potuto assistere a questo dibattito.
Mi rincresce dover dire questo, ma non si può non prendere atto di questa situazione in termini non certamente positivi a conferma che stiamo andando a compiere una scelta che aggrava le condizioni generali del Paese e non le risolve certamente.
Non le risolve dal punto di vista occupazionale e sarebbe veramente meschino pensare a qualche assenso di settore della società dicendo: "Facciamo il solito scambio, anche se ineguale, per qualche centinaio o qualche migliaio di occupati" Accettiamo questo tipo di scelta perché non abbiamo la volontà o non siamo in grado o non abbiamo la forza, o la cultura, di capire che ci sono alternative che con gli stessi investimenti potrebbero dare notevole più occupazione e sicuramente non creare le condizioni per la messa in discussione ulteriore dell'ambiente e del territorio e quindi quando si fanno delle scelte di questo tipo non si pu tenere soltanto un criterio meramente economicistico e di parte, ma l'economicità va ricercata all'interno del bene comune.
La centrale nucleare non è una scelta che favorisce complessivamente il bene comune della collettività.
Questo è un punto da mettere bene in evidenza.. Un secondo punto da mettere in evidenza e da ribadire è che non ci sono le condizioni, come dimostra una ricca esperienza di fatti che sono capitati, quelli che si conoscono e quelli che non ci è permesso di conoscere, che dimostrano come le condizioni di sicurezza sia per chi lavorerà all'interno della centrale sia per chi vivrà all'esterno della centrale, non sono assolutamente e totalmente garantire e, quando si compie una scelta di questo tipo, queste garanzie sarebbe opportuno che venissero dette e del domani, qui assolutamente non c'è certezza. Un altro aspetto che secondo me deve essere tenuto presente è che quando in questo Consiglio ed in altre situazioni si dice che il tipo di sviluppo che ha guidato la nostra società ha fatto pagare al territorio ed all'agricoltura pesanti pedaggi a scapito di uno sviluppo industriale distorto che ha determinato le conseguenze di cui oggi stiamo pagando fino in fondo le cause e gli effetti e si va sostanzialmente ad intaccare aree e situazioni, perché così doveva essere la caratteristica della centrale, cioé sufficientemente lontana dai centri abitati e quindi inserita dentro un contesto che è sicuramente di carattere agricolo, si dà un ulteriore contributo a ridimensionare una potenzialità già fortemente limitata nella nostra Regione che è quella dello sviluppo dell'agricoltura ed in esso quindi la permanenza dell'uomo sul territorio e la vera possibilità di una difesa attiva dell'ambiente e della qualità della vita.
Stupisce veramente che questa decisione venga presa in un'area come quella piemontese dove c'è stata una attenta riflessione sulla qualità dello sviluppo economico e della vita da parte di qualche settore dell'organizzazione sindacale; stupisce che le stesse parti sindacali che sviluppano una proposta intelligente come questa, abbiamo accettato con tranquillità l'installazione di una centrale nucleare con i problemi, le conseguenze e le incertezze che essa determina sotto tutti gli aspetti compreso il problema della qualità della vita e della qualità del lavoro.
Ecco perché ribadiamo sostanzialmente un rifiuto di inserirci dentro una logica che non è la logica dello sviluppo, ma la logica invece di una società dove lo sviluppo non è al servizio di tutti, ma al servizio di pochi.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Cerini per dichiarazione di voto.
Voglio ribadire che al di là del Capogruppo possono intervenire soltanto coloro che esprimono una posizione diversa da quella del proprio Gruppo.



GERINI Armando

La mia è una dichiarazione di voto personale, perché per il Gruppo liberale, la dichiarazione di voto sarà espressa dall'avvocato Marchini.
Nel mio intervento in sede di discussione generale, credo di aver chiaramente evidenziato i motivi tecnico-giuridici che mi inducono a dissentire sulla localizzazione dell'impianto nucleare in corrispondenza dell'area Po 1.
La proposta di deliberazione del Consiglio regionale, nel dispositivo finale, non lascia scampo, prendendo atto dell'intesa espressa dal Consiglio comunale di Trino Vercellese che lui solo e solamente è stato legittimato a deliberare.
Se almeno ci fosse stata data la possibilità di scelta tra i due siti certamente avrei detto di sì e il sì lo esprimo se può valere alla localizzazione dell'impianto nucleare in corrispondenza dell'area Po 2 convinto che in quel sito ci siano meno rischi per l'agricoltura, che quel sito sia più conveniente sotto il profilo economico e sotto il profilo eco naturale.
Perciò, il mio no all'insediamento in Po 1 rimane convinto ed a quanto mi è dato di capire non è più solitario.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Montefalchesi per dichiarazione di voto.



MONTEFALCHESI Corrado

Credo di aver ampiamente motivato nel mio intervento in sede di discussione generale, le ragioni del dissenso rispetto a questa scelta quindi non mi riprometto di leggere interamente questo libro, citer soltanto alcune parti, riconfermando le ragioni per le quali ritengo questa scelta non condivisibile e sbagliata; riconfermando il giudizio pesantemente negativo sul come si è arrivati a questa scelta senza che sia stato permesso agli Enti locali ed alle popolazioni, effettivamente coinvolte in questa decisione, di esprimersi e manifestando quindi pesanti riserve sulla democraticità di questa scelta che deriva non solo dalla legge 393, ma anche da una scelta politica di interpretare in un certo modo questa legge.
Da qui ne deriva la mia riconferma della volontà di fare in modo che questa deliberazione venga impugnata perché ritengo sia illegittima appunto perché i Comuni interessati sono ben oltre il Comune di Trino e quindi ai sensi della legge 393 i Comuni interessati devono esprimersi tutti in merito all'intesa e siccome la maggioranza dei Comuni dell'area Po l coinvolti ed interessati dalla costruzione della centrale, si è espressa negativamente, ritengo che non ci sia l'intesa e quindi le condizioni per operare la scelta che si pretende di voler operare oggi.
Il collega Reburdo ed io e quanti altri si sono opposti a questa scelta, avevamo come ambizione quella di impedire che questa scelta si compia ed in questo senso continueremo la battaglia. Il nostro primo proposito però era quello di rompere una certa impermeabilità che c'era, e in gran parte ancora persiste nelle istituzioni e nelle forze politiche rispetto ai problemi, ai dubbi ed alle opposizioni, connessi a questa scelta che emergono dalla società.
Dei segnali in questo senso positivi sono venuti dal dibattito. Mi riferisco all'intervento della collega Turco, del collega Genovese. Dei segnali che testimoniano che questa impermeabilità incomincia a frantumarsi, almeno a incrinarsi, e che quindi apre prospettive interessanti ad un dibattito più generale su questa materia.
Questo rafforza le mie convinzioni circa l'erroneità di questa scelta e la giustezza dell'opposizione alla centrale nucleare, che a mio avviso rappresenta l'emblema di uno sviluppo sbagliate che è urgente modificare.
Ma realmente siete convinti, voi che avete parlato di una scelta di sviluppo, di una scelta di progresso, che questa sia una scelta di progresso? Credo che valga la pena interrogarci su che cosa intendiamo per sviluppo e per progresso, proiettando questo interrogarci nel futuro con la coscienza che se non vogliamo perdere completamente il rapporto con la società, dobbiamo saper cogliere e tenere in conto il travaglio, gli interrogativi che provengono dalla società, dalle nuove generazioni, circa i loro destini, il loro futuro, il futuro di questa società.
La scelta che si pretende di fare questa sera senza dubbio è una scelta che peserà pesantemente sulle generazioni future per decenni e decenni.
Non vale forse la pena di interrogarsi se è veramente sviluppo e se è veramente progresso quello di un uso della tecnologia che sconta lo sconvolgimento del territorio, dell'ambiente, che pone pesanti interrogativi sulla sicurezza futura, sullo smaltimento dei residui, che implica una gestione autoritaria dall'uso del territorio? Il collega Rivalta nella sua replica a nome della Giunta diceva che la ripresa dello sviluppo porrà problemi ed esigenze crescenti di energia elettrica.
Ancora una volta si tratta della logica dell'offerta e non della logica del controllo della domanda.
Io chiedo al collega Rivalta, ma non solo a lui, lo chiedo a me stesso ed a quanti altri vogliono interrogarsi su questa materia: non è forse proprio questo tipo di sviluppo che va cambiato? Non è forse questo tipo di uso della tecnologia che va modificato? lo credo di sì e questa mia convinzione è suffragata dall'opinione di eminenti scienziati dell'Istituto per le tecnologie del Massachussettes, i quali hanno formulato uno studio commissionato dal Club di Roma che è composto da scienziati di tutti i Paesi, che le o nell'ottava edizione de "I limiti per lo sviluppo" Aurelio Peccei, nell'introduzione a questa pubblicazione, tra l'altro dice: "Ancora più grave è a mio avviso quanto avviene con l'altra corsa spasmodica, quella che spinge i Paesi a farsi concorrenza per produrre e consumare al massimo delle loro capacità anche a costo di stravolgere le basi stesse della vita sulla terra. Anche in questo caso ogni considerazione etica, morale e sociale ed ecologica passa in secondo piano se si scontra con esigenze tecnico-scientifiche od economiche.
In nome di queste, l'ambiente naturale viene inesorabilmente sacrificato. Se ne vedono le conseguenze: i deserti avanzano, le foreste tropicali vengono distrutte a ritmo accelerato, interi sistemi ecologici indispensabili e cicli della vita risultano devastati" E' questo il tipo di sviluppo che si propone.
La conclusione di questi scienziati è questa: "non cieca opposizione al progresso, ma opposizione al progresso cieco" Io credo che quello che ci proponete sia davvero un progresso, cieco ed è per questo che voterò contro la delibera e anche contro l'ordine del giorno proposto.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Marchini per dichiarazione di voto.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo liberale esprime voto positivo sia all'ordine del giorno che alla deliberazione proposti.
Peraltro devo sottolineare, e in questo senso ritengo di poterlo fare anche a nome del collega Gerini, che il nostro voto non è tanto un giudizio su quanto decidiamo, ma soprattutto un impegno su quello che dobbiamo fare.
Ho l'impressione che con questa delibera noi assumiamo una responsabilità molto grave nei confronti della collettività e quindi dobbiamo rispondere puntualmente all'obbligo che ci siamo assunti, volendo governare questa scelta attraverso la convenzione con l'Enel in tempi molto stretti che sono 75/80 giorni da oggi.
Dobbiamo affrontare la tematica del piano territoriale operativo dobbiamo affrontare il problema della promozione dei consorzi tra i Comuni così come previsto dall'ordine del giorno; abbiamo l'esigenza di garantire il ruolo dell'Università in tutto questo processo; abbiamo l'esigenza di garantire il coinvolgimento dell'imprenditoria piemontese e, mi consenta il collega Moretti, quando parlo di imprenditoria piemontese, mi riferisco al fatto che sono i più immediati coinvolti nel processo del quale stiamo parlando, perché il processo occupazionale, quello culturale e quello di riconversione sono in una qualche misura a valle alla quantità di coinvolgimento che riusciremo a produrre per l'imprenditoria piemontese perché nella misura in cui l'imprenditoria piemontese sarà protagonista in questa vicenda, le ricadute sul tessuto economico generalizzato, saranno maggiori o minori e questa è abbastanza comprensibile.
Esiste l'altro problema delicatissimo sul quale dobbiamo svolgere tutta la nostra funzione che è nel regime di convenzionamento delle acque in ordine alla convenzione che si è fatta con l'Enel.
E' un impegno che deve vederci tutti impegnati con termini e metodi integrati Giunta-Commissione, suggerisco che si faccia una riunione congiunta di Giunta e Presidenti di Commissione, per individuare i diversi settori dei quali possiamo farci carico, perché temo veramente che sarebbe irresponsabile non chiudere questa legislatura con la conclusione delle tematiche che possono essere concluse in questi tempi e soprattutto l'avvio di procedure in una qualche misura irreversibili su quei tenni sui quali non è possibile pervenire alla conclusione.
Oserei dire che il tempo che ci sta davanti è probabilmente sul piano dell'immagine meno stimolante di quanto non sia stato quello che abbiamo consumato, ma sul piano della responsabilità politica, ancor più delicato e significativo. Su questo quindi assumiamo il nostro impegno.
Colgo l'occasione per fare una dichiarazione in qualità di Presidente della Commissione che non ho fatto perché ragioni di opportunità mi facevano pensare non opportuna; peraltro siccome da parte della Giunta e da parte di molti colleghi sono venuti apprezzamenti alla Commissione ed in ispecie al suo Presidente, ho il dovere qui di ringraziare i colleghi che hanno collaborato in questo lavoro che è stato estremamente delicato soprattutto nella delicatezza del rapporto che si era istituito con la Giunta e con la società. Ringrazio in particolare il Vice Presidente Borando, in particolare i colleghi Cadetto e Ferro che veramente hanno saputo portare in Commissione, nel lavoro con: la società, il carico del peso che le loro forze politiche hanno nella società piemontese.
In altri termini, quando intervenivano Carletto e Ferro si aveva la consapevolezza che il loro era l'intervento delle due forze sostanzialmente che più di altre rappresentano questa nostra società.
Non posso non sottolineare gli interventi di Marchesotti e Villa in Commissione, così preoccupati dei problemi delle loro generazioni e la misura e - se mi consentite - anche il merito con cui ha concorso il collega Montefalchesi.
Un ultimo ringraziamento va ai colleghi non direttamente interessati nella Commissione, ma membri di diritto, mi riferisco al Capogruppo socialista e alla signora Vetrino, i quali con la loro collaborazione e la loro stima alla Commissione l'hanno dimostrato proprio nel rimettersi per molti dei processi che abbiamo avviato e questa è una dimostrazione di stima che va riconosciuta.
Ritengo anche che debba essere ufficialmente in questa sede esternata all'Università ed al Politecnico l'ammirazione ed il ringraziamento di tutta la Commissione e del Consiglio e se mi consentite adesso a titolo personale ringrazio i colleghi di avere sopportato il mio brutto carattere.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Vetrino per dichiarazione di voto.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, farò una brevissima dichiarazione anche perché la posizione dei repubblicani è già nota e credo non abbia riservato sorprese in questa giornata.
L'assenso repubblicano alla localizzazione della centrale nucleare sul sito Po 1 è sintetizzato da tre valutazioni politiche che integrano la pluralità delle analisi tecniche che abbiamo potuto verificare.
1) Non è possibile rimandare ulteriormente una scelta di cui stiamo già pagando grave ritardo 2) la convenzione Enel-Regione è la più esauriente possibile ed è ancora definibile e forse perfettibile 3) è imprescindibile condizione l'accettazione della scelta da parte delle popolazioni come è avvenuto per Po 1 e Po 2.
Ho detto nell'intervento di stamattina che le forze politiche di maggioranza si trovavano oggi stranamente accomunate dalla necessità piuttosto che dalla convinzione, di compiere una scelta strategicamente giusta.
Credo che al termine di questo dibattito si debba passare oltre questa affermazione, perché quello che conta è che la maggioranza dei rappresentanti eletti piemontesi, senza trionfalismi e anzi con molto travaglio, crede nella validità di questa scelta politica e si schiera a favore, alla luce del sole, dichiarandolo.
Anch'io voglio ringraziare Marchini per l'impegno teso e responsabile che ha posto nel dirigere la VII Commissione e particolarmente in relazione ai problemi energetici. Marchini pensa anche di essere rieletto e addirittura pensa anche ai futuri colleghi, io questo glielo auguro naturalmente, così come per quanto mi riguarda mi auguro di avere tanti, ma tanti altri colleghi repubblicani.
A Marchini però chiedo per il futuro di riferirsi, quando parla nel Consiglio, a quanto dichiara il Gruppo repubblicano nel Consiglio regionale e non a quanto il partito repubblicano può dichiarare, o non dichiarare nei corridoi, anche se nel caso specifico io condivido perfettamente quello che è stato dichiarato nei corridoi.
Avevo richiamato Marchini per ricordare che egli ha detto che la disciplina di partito oggi non ha funzionato.
Questo è vero solo in parte, tanto è vero che abbiamo poc'anzi sentito la dichiarazione del collega Moretti, il quale dice che vota sì per la disciplina di partito. Questo invece è vero per il P.L.I. e molti altri partiti, ma non per tutti e non per il P.R.I.
Quello che però credo vada rimarcato è che i dissidenti, coloro che voteranno contro, hanno motivato il loro dissenso, appellandosi alla loro coscienza oltre che alle loro convinzioni suffragate da letteratura e scienza.
Non so se decidere la costruzione di una centrale nucleare sia altrettanto o più o meno impopolare quanto far pagare le tasse a chi non le paga. Certo ai cittadini quali elettori non hanno pensato i repubblicani in questi 10 anni di reiterate affermazioni di scelta nucleare, ma unicamente allo sviluppo del nostro Paese ed anche all'affermazione in quest'ultima fase soprattutto, di un orgoglio regionale piemontese.
Non importa, Vicepresidente Rivalta, con quale maggioranza si operi questa scelta, anche perché quando conteremo i voti comunisti, socialisti e socialdemocratici, viste le dichiarazioni, lo scarto probabilmente sarà molto lieve. La maggioranza del Consiglio regionale del Piemonte ha deciso rinunciando alla delega romana che sarebbe forse piaciuta, se ho capito bene, Marchini, al P.L.I.
Ai repubblicani non piaceva, perché i repubblicani sentono con questo voto di assumere un impegno diretto e chiaro verso la comunità. Il nostro è un voto-impegno per il futuro del Piemonte, così come sarà un voto-impegno quello che daremo votando l'ordine del giorno che è stato presentato e che abbiamo già sottoscritto.
Direi anzi che questo è il primo impegno dei tanti che gli amministratori regionali degli anni a venire dovranno assolvere per dare concretezza all'importante scelta politica presa questa sera.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Brizio per dichiarazione di voto.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo della D.C. conferma al termine di questo approfondito dibattito, il proprio giudizio favorevole alla realizzazione in Piemonte dell'insediamento nucleare previsto dal P.E.N. (Piano energetico nazionale) e specificamente all'individuazione del sito in Po l per una serie di meditate ragioni che indicher schematicamente secondo le esigenze temporali di una dichiarazione di voto: 1) La scelta nucleare in campo energetico non esclusiva, ma complementare seppure adeguatamente consistente, è per l'Italia, paese altamente industrializzato e precipuamente trasformatore, una scelta necessaria e razionale per assicurare competitività e quindi sviluppo all'economia nazionale, ed all'occupazione.
2) La D.C. ha compiuto tale scelta a livello nazionale da molto tempo: la prima proposta organica in proposito, opera di un ministro dell'industria democristiano, data di dieci anni e se troppo tempo è trascorso, prima dell'adozione definitiva di un piano energetico nazionale e dei conseguenti provvedimenti attuativi è soprattutto perché (occorre pur dirlo) il nostro Paese fra i tanti aspetti positivi ha anche quello meno felice di una esasperata problematicità di fronte a scelte importanti e coraggiose, di fronte a rilevanti atti di governo.
3) Dalle scelte nazionali devono discendere coerenti scelte regionali e locali, senza le quali le prime resterebbero mere posizioni di principio ed affermazioni velleitarie e richiederebbero per essere attuate, imposizioni forzate. Non si può affermare di accettare la sfida tecnologica, fare la scelta dell'innovazione senza il coraggio di atteggiamenti conseguenti ancorché difficili.
4) Il Piemonte in particolare, regione a rilevante economia industriale, forte consumatrice di energia, più di altre in difficoltà per il concorrere degli aspetti congiunturali e strutturali della crisi, non può non vedere nel previsto insediamento una necessità pressante ed una significativa opportunità per mettere in moto elementi di ripresa.
5) Non fummo, non siamo e non saremo consenzienti né di fronte ad affrettate e semplicistiche adesioni ad ipotesi di due centrali in Piemonte né ad una scelta rinunciataria indirizzata a scaricare sul governo una decisione che compete alla Regione e che la Regione deve assumere.
6) Per tutto il corso della legislatura abbiamo sostenuto la necessità di una decisione regionale favorevole, responsabile e puntuale, stimolando e pungolando la maggioranza per cui se oggi una determinazione è maturata possiamo affermare con serena coscienza e senza iattanza, di avervi largamente concorso.
Il Vicepresidente della Giunta Rivalta ha voluto rivendicare alla maggioranze di sinistra la capacità di decidere per le centrali nucleari.
E' ben vero che in Piemonte vi è una Giunta di sinistra e si fa la centrale. Ma è lecito chiedersi: saremmo arrivati in Piemonte a questa decisione se le opposizioni e quella della D.C. in particolare, avessero assunto un diverso atteggiamento? Non è azzardato rispondere no.
7) La individuazione del sito in Po 1 ha il sostegno ed il suffragio di approfondite analisi ed avviene con quelle garanzie per l'ambiente, per le popolazioni, e per le attività economiche particolarmente agricole da noi sempre considerate fondamentali e senza le quali tale scelta non avrebbe avuto in alcun modo il nostro consenso ed alla cui severa attuazione ci sentiamo impegnati per oggi e per domani senza riserve.
Sotto questo aspetto il governo del verbale d'intesa Regione-Enel, la gestione dei relativi rapporti, assumono particolare rilevanza e da parte nostra vi sarà posta la minima attenzione.
8) Abbiamo in questi anni ripetutamente addebitato alla Giunta e alla maggioranza una sostanziale inerzia di fronte alla grave crisi economica l'accettazione della recessione e del declino del Piemonte, l'assenza di una reazione convinta e di una strategia, l'accettazione se non la promozione di una cultura della crisi e della rassegnazione.
Non siamo disposti ad assolvere oggi da queste responsabilità né la Giunta né la maggioranza, anche per i ritardi denunciati che hanno causato la improvvisa fretta finale; per la delibera di Giunta che ha il significato di una tentata presa di possesso della iniziativa e della decisione; per la mancata articolata azione nel settore energetico che la assenza del più volte richiesto piano regionale purtroppo conferma.
Prendiamo atto senza enfasi forzate e senza trionfalismo che finalmente una decisione coraggiosa sulla via dello sviluppo, forse l'unica di questa pigra, avara e grigia legislatura, viene oggi avviata dal Consiglio regionale a larghissima maggioranza.
9) Dall'opposizione ci siamo comportati e ci comportiamo senza tatticismi, come forza di governo, non sfuggendo alle responsabilità di una scelta difficile e sofferta, ma necessaria e dovuta. Necessaria e dovuta come altre, e lo dico per chi come Regione ha voluto trattare questo tema tese a garantire la pace che non si assicura con un pacifismo qualunquista irresponsabile ed equivoco se non addirittura arrogante, ma con atti di governo equilibrati per dominare il presente e garantire in libertà, perch è questo che conta, l'avvenire.
Ma se siamo forza di governo, siamo anche forza di libertà rispettosa delle esigenze della coscienza individuale per cui abbiamo ritenuto di non chiedere una non necessaria ed in questo caso troppo vincolante disciplina di partito e di Gruppo, a quegli amici che hanno ragioni profonde di dissenso che rispettiamo e che con sincerità hanno voluto esporre oggi qui in aula, pur dichiarando esplicitamente essi stessi di ben comprendere, a loro volta, la posizione del Gruppo e del partito che è poi quella, a ben vedere, che loro garantisce la libertà di cui faranno uso.
Votiamo dunque a favore sia dell'ordine del giorno che della delibera con serena coscienza persuasi di assumere così un atteggiamento conforme agli interessi generali dell'Italia e del Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi, per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Credo di poter dire che questo dibattito sia stato un tentativo da parte di tutte le forze politiche di esprimere di fronte ad una decisione importante, certamente difficile, quello che da un lato ha motivato gli uni ad essere a favore, ed è la maggior parte, ma anche quelle che sono state le ragioni di perplessità, anche di fronte ad un voto a favore, o addirittura di espressioni di dissenso.
Credo che non si poteva peraltro affrontare diversamente questa situazione. Alle spalle abbiamo una maturazione lunga, non dico che questa maturazione abbia portato a frutti perfetti o completi, anzi sono ben lungi da credere questo, certo però da una maturazione lunga e un confronto che è andato avanti per anni ed ha dovuto segnare a mio avviso obbligatoriamente anche pause di riflessione che sono state in passato l'occasione per un rilancio di nuove e migliori condizioni del lavoro di decisione sulla centrale nucleare.
Fatta questa constatazione, credo che si possa collocare qui la ragione per cui il Gruppo comunista vota a favore.
Intanto c'è una prima ragione. Il tentativo che abbiamo compiuto di attuare con coerenza e lavorandoci, quindi non solo passando dalle parole ad altre parole, delle decisioni degli orientamenti e degli impegni, che sono stati assunti e a livello nazionale dal nostro partito, ma ricordo qui anche a livello locale nelle tappe che abbiamo tutti insieme oggi ricordato.
Le valutazioni sono state riccamente esposte negli interventi del mio compagno di partito e collega Ferro, nelle conclusioni dell'Assessore Rivalta e quindi io non le ripropongo, né le riprendo assolutamente.
Mi sembra però che questo punto di un lavoro compiuto dal nostro Gruppo per attuare con coerenza e con grande attenzione, decisioni, orientamenti ed impegni assunti, sia uno dei punti distintivi del nostro comportamento che mi preme mettere in evidenza.
Un altro punto distintivo è stato un atteggiamento costante, alquanto attento ad affrontare e se possibile risolvere, comunque a dare un contributo per affrontare e risolvere i nodi assolutamente duri delle questioni che stanno ancora sul tappeto e su cui in parte abbiamo registrato qualche significativo punto di avanzata.
Sono le questioni del rapporto di democrazia; sono le questioni del rapporto con la scienza e quindi non la possibilità, allo stato degli atti dell'informazione, di avere un conforto autorevole e non di parte sulla possibilità di insediamento della centrale ed anche la questione del rapporto con il sistema che io chiamo dei "grandi decisori" e che in questa legislatura, per effetto di un lavoro che è stato certo collettivo e che ha avuto peraltro nel nostro Gruppo un elemento di richiamo corrente e costante. Sono nodi duri non risolti e che comunque ci si ripropongono tutti ed interi, nella seconda fase.
Valeri nel suo intervento credo ne abbia posti in evidenza con molta precisione alcuni, ma anche l'intervento di Ferro poneva in evidenza queste questioni.
Detto che a questi nodi abbiamo avuto attenzione, ci siamo applicati non per giustificare, ma per dar conto che nel '79 quando avvenne e non solo per iniziative dei comunisti, ma per un ordine del giorno che è stato richiamato anche nel convegno dell'80, a firma dei due Capigruppo Calsolaro e Bontempi, e a cui venne l'adesione delle altre forze politiche, noi allora eravamo davvero di fronte ad uno scenario diverso e lo sintetizzo cosi: uno scenario in cui si riteneva da parte degli organi competenti, a cominciare da alti funzionari del Ministero dell'industria, di poter arrivare ad una decisione sulle centrali nucleari senza avere l'umiltà, la modestia e credo anche l'intelligenza, di porsi le questioni di come offrire un confronto serio ed attendibile su alcuni dati essenziali, come garantire un percorso di controllabilità e di verificabilità delle cose che si dicevano e che si sarebbero poi dovute fare.
Quella pausa non è stato - io credo - perdere del tempo, è stato in realtà un mettere in moto un meccanismo che ha portato oggi, certo con grande ritardo, rispetto a quelli che avrebbero dovuto essere i tempi di tanti anni fa, di localizzazione delle centrali o comunque di interventi di questo tipo nel nostro Paese, ma ha voluto certo dire, non è un caso arrivare prima di altre Regioni.
Mi chiedo se davvero non sfiora nessuno (quelli che anche qui hanno voluto usare qualche arma polemica di cui non mi dolgo più di tanto) riflettere sul fatto che proprio chi allora non operò questo show-down un po' netto e deciso, chiamando tutti alle loro responsabilità, oggi e ci sono due altre Regioni, la Puglia e la Lombardia, che si ritrovano nella condizione oggi, di non poter decidere. Quindi non è stata quella una perdita di tempo (un po' facile da dire), ma caso mai un aggancio ad un processo e ad un modo per arrivare in maniera più consapevole o comunque convinta ad una decisione certo difficile e tormentata.
Devo dare atto a chi ha lavorato su, queste cose, anche con impegno serio, di aver portato mattoni e contributi seri ad una costruzione che ha messo noi in condizione di fare un dibattito nel merito. Questo ha sciolto tutti i dubbi; ha convinto chi non era convinto; è riuscito a vincere una resistenza verso cui ho grande rispetto perché appartiene o ad altre sfere culturali, altre impostazioni o anche a residui forti di dubbi che non possono non albergare neanche nella testa di chi invece ritiene di dover decidere.
Questo però ha voluto dire fare dei passi in avanti e penso che misurare, anche nella modestia della gradualità delle acquisizioni successive il lavoro, sia un indicatore di produttività, in ogni caso di capacità delle istituzioni di fare la propria parte non indifferente e non secondaria.
Qui molte ragioni sono state anche addotte, credo sia da convenirsi sul fatto che un lavoro non' completo, che non ha potuto completare i suoi effetti, ci ha dato delle possibilità di scelta più limitate. Lo diceva Marchini, e credo anch'io che su un'area come la Po 2, condizioni forse di lavoro a monte maggiori, avrebbero permesso perlomeno di mettere le due aree sullo stesso piatto della bilancia. Così non è stato; questo ha provocato un limite che è quello che abbiamo ritenuto di dovere anche indicare come posizione di Gruppo in un nostro comunicato, un comunicato che - mi permetta Marchini di smentirlo - non conteneva la condizione preliminare della convenzione con gli utenti che già allora appariva perlomeno molto difficile, ma poneva con nettezza la questione preliminare dell'affrontare organicamente la questione dell'acqua.
Non so se questo sia stato risolutivo, credo però sia stato un contributo, ha trovato peraltro nel lavoro anche di altre forze piena concordanza e credo che avere interpretato correttamente ed anche coerentemente uno dei bisogni di fondo a cui occorreva dare una risposta sia stata anche una necessità politica non di bottega, non piccola, ma legittima da parte della nostra forza.
Concludo con due ultime considerazioni : la prima è sul rispetto e l'attenzione che il nostro Gruppo ha avuto da sempre e anche oggi ha verso chi ha espresso un dissenso sulla scelta, non solo gli indipendenti che fanno capo al nostro Gruppo, ma anche con particolare convinzione verso gli altri Consiglieri.
Mi pare che la serietà coni cui hanno posto le loro motivazioni sia gale da fare emergere molto poco, direi quasi nulla, i classici elementi di strumentalizzazione che in queste cose si ritrovano.
C'è davvero dietro ai dissensi, dietro al no, sia di chi sta dentro e sia anche di chi qui dentro non è, ma che nella nostra società nel nostro Paese" è contro l'energia nucleare, un percorso lungo, anche una visione del mondo, io non scommetterei francamente pur essendo convinto che dobbiamo decidere così, che ad oggi già possiamo benedire e giudicare. Le cose sono molto più aperte. Mi pare però che quando il nostro partito si è posto la questione di un uso limitato, controllato, verificabile democraticamente gestibile, del nucleare, si è posto una questione che non è fuori del mondo, non appartiene né a teste irrazionali, né soprattutto a gente che concede o ritiene di cedere alle pressioni di lobbi di interesse.
Il nostro partito ritiene con questo di dover sperimentare una delle forme in cui la tecnologia si è espressa e le considerazioni che faceva l'Assessore Rivalta rispetto ad altre forme di centrali, credo valgano anche per dare termini comparativi attendibili.
Sul piano politico, la polemica che qui infine di ogni riunione si accenna nei confronti del P.C.I. (devo intanto registrare che è stata meno violenta del solito) mi pare un po' sbagliato e semplicistico dire: "laddove ci sono le Giunte di sinistra si fanno le centrali o il contrario" In realtà, qui hanno concorso una serie di condizioni, anche di persone che hanno poi avuto il coraggio anche di misurarsi con quel tanto o poco comunque certo, di impopolarità rispetto ad una scelta che comunque tradizionalmente si dice "la politica preferisce risolvere e non decidere" Mi pare che questo sia un dato di fatto, ma lo registro solo come dato di fatto, guai Brizio se venisse interpretato come vanteria, che in ogni caso laddove una Giunta di sinistra ha ripreso a lavorare con difficoltà, ma anche perlomeno a cercare di centrare i suoi impegni, anche questo e non solo per questa Giunta, certo per un concorso di altre condizioni, si è raggiunto e si è raggiunto in un modo che va un po' valorizzato: non è un'acquiescenza, né a una moda né a uno slogan, è addirittura una ricerca tormentata, ma consapevole, non obbligata né subordinata di una strada che può portare soprattutto a condizioni di una gestione che dovrà rimettere in campo tutte le forze, anche chi è contro, perché tutto venga verificato e garantito, che può essere una scommessa in avanti, comunque positiva, per la nostra Regione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Pongo in votazione prima l'ordine del giorno presentato dai Capigruppo Mignone, Bontempi, Moretti, Marchini, Vetrino e Brizio, e la relativa deliberazione.
Ha chiesto di parlare il Vicepresidente della Giunta, Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

Propongo un emendamento aggiuntivo: là dove si dice: "a tal fine impegna la Giunta regionale a promuovere coinvolgendo la Presidenza dell'Anci nazionale", mi parrebbe opportuno coinvolgendo l'Anci coinvolgere allora anche la Presidenza regionale dell'Anci.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Probabilmente è stato recepito nell'ordine del giorno un tipo di problema che non è esattamente quello posto: è stato posto il problema in qualche sede da parte dell'Anci di essere puntualmente informata e coinvolta, nel senso di essere a conoscenza puntuale di tutto il processo per poterlo esportare in altre occasioni.
La Presidenza aveva questo senso, più che il coinvolgimento nelle cose attuative, ma nella conoscenza del processo.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Se non vi sono obiezioni, il testo si intende integrato con la parola "regionale" Pongo in votazione l'ordine del giorno.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale al termine del dibattito sulla localizzazione definitiva della centrale elettronucleare ritiene che gli effetti positivi connessi alla costruzione della centrale debbano essere diffusi nella misura maggiore possibile, sul territorio piemontese, al fine di ottimizzare la possibilità offerta da questo insediamento, con le conseguenti ricadute in termini economici ed occupazionali sul sistema produttivo regionale.
A tal fine impegna la Giunta regionale a promuovere, coinvolgendo la Presidenza dell'Anci nazionale e regionale, in coerenza alle determinazioni consiliari espresse nell'ordine del giorno dell'8 giugno 1982, il consorzio fra i Comuni interessati, al fine di favorire il controllo e la partecipazione degli Enti locali, sulle operazioni connesse alla costruzione della Centrale e la piena attuazione del protocollo d'intesa Regione/Enel.
Rileva inoltre che lo strumento consortile, oltre a garantire quanto sopra indicato, sia il mezzo più idoneo per definire la corretta allocazione delle risorse previste dalle leggi 393/75 e 8/83.
Impegna infine la Giunta e le competenti Commissioni consiliari ad individuare entro tempi ristretti, gli idonei strumenti territoriali e le opportune forme di recepimento delle prescrizioni tecniche di cui alla sezione A allegate al parere trasmesso dall'autorità di sicurezza Enea Disp alla Regione in data 30 ottobre 1984" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con il seguente esito: favorevoli 44 Consiglieri contrari 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Pongo in votazione la deliberazione con l'aggiunta delle parole: "visto l'ordine del giorno approvato nella seduta odierna" Il testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che: 1) dopo le risoluzioni favorevoli del Parlamento della Repubblica del 22 ottobre 1981, il CIPE, con propria delibera del 4 dicembre 1981, ha approvato il piano energetico nazionale contestualmente stabilendo, per quanto attiene la costruzione delle centrali elettronucleari di cui all'appendice A dello stesso PEN, la priorità della localizzazione di 6000 MW nelle tre Regioni Piemonte, Lombardia e Puglia 2) il Consiglio regionale con l'ordine del giorno allegato alla deliberazione dell'8 giugno 1982, recependo le linee di politica energetica e le indicazioni programmatiche del PEN, ha ribadito la determinazione della Regione, di concerto con le autonomie locali, a svolgere il proprio ruolo di governo dello sviluppo energetico nazionale, con particolare riguardò al processo di localizzazione della centrale elettronucleare ed a questo fine ha individuato nell'Università e nel Politecnico di Torino le istituzioni qualificate a fornire alla Regione ed agli Enti locali il supporto tecnico-scientifico per lo studio e il controllo delle problematiche afferenti la fase di scelta del sito e, più in generale, per l'ottimizzazione del successivo processo insediativo 3) il CIPE, con deliberazione del 22 febbraio 1983, ha fatto proprie ai sensi della Legge 10 gennaio 1983, n. 8, comma tredicesimo dell'articolo unico, le indicazioni della Regione Piemonte circa le aree del proprio territorio suscettibili di localizzazione di centrali elettronucleari, ed ha individuato nelle due aree denominate Po 1 e Po 2, rispettivamente nelle Province di Vercelli ed Alessandria, le aree da sottoporre alle indagini di accertamento di idoneità tecnica all'insediamento, all'interno delle quali rintracciare i possibili siti per l'ubicazione puntuale della centrale dando altresì indicazione all'Enel e all'Enea di attuare, nei confronti della Regione e delle comunità locali, le più opportune azioni informative volte a garantire la più ampia partecipazione democratica al processo decisionale.
Considerato 4) Il Piano regionale di sviluppo 1984/86 approvato dal Consiglio regionale in data 13.12.1984, esecutivo a norma di legge, che costituisce il quadro strategico di riferimento per lo sviluppo complessivo della comunità regionale e all'interno del quale trova collocazione lo specifico progetto di insediamento della centrale elettronucleare in un'ottica di riequilibrio del bilancio energetico regionale, fortemente deficitario per quanto riguarda l'energia elettrica, e di sviluppo e valorizzazione di tutte le fonti energetiche alternative al petrolio, così come organicamente riaffermato dalle 'Linee di importazione del piano energetico regionale' dell'8 giugno 1984 presentate alla VII Commissione conciliare con nota del 22.6.1984.
Tenuto conto 5) Delle attività propedeutiche svolte nella seconda legislatura regionale in ordine alle problematiche poste dall'insediamento in Piemonte di una centrale elettronucleare, nonché gli orientamenti assunti nelle determinazioni consiliari del 1979, confermati anche dagli atti della terza legislatura 6) dei lavori svolti dal Comitato misto Regione Piemonte - Enel - Enea istituito il 23 dicembre 1981 in attuazione dell'ordine del giorno del Consiglio regionale del 5 marzo dello stesso anno, e delle azioni informative nei confronti della Comunità piemontese dal Comitato stesso coordinate 7) del rapporto di localizzazione della centrale elettronucleare predisposto dall'Enel per ciascuna delle due aree, ai sensi dell'art. 4 della Legge 2 agosto 1975 n, 393 e secondo le richieste della guida tecnica n. 1 dell'Enea, trasmesso alla Regione con nota 30 aprile 1984, che individua un sito puntuale tecnicamente idoneo all'interno di ciascuna delle due aree Po 1 e Po 2 8) dei rapporti Enel - Somea ed Enel - Dagh Watson, predisposti su richiesta della Regione e trasmessi rispettivamente nei mesi di giugno ed ottobre 1984, nei quali viene delineata, per l'ambito locale, la situazione socioeconomica presente e quella prevedibile in funzione della realizzazione e dell'esercizio della centrale.
Recepiti 9) Il parere, previsto dagli artt. 39, 40, 41 del DPR 13 febbraio 1964 n. 185, che l'Enea ai sensi dell'art. 4 della Legge 2 agosto 1975 n. 393 ha trasmesso al Ministero per l'industria, il commercio e l'artigianato e alla Regione in data 30 ottobre 1984, esprimendo, per entrambe le ubicazioni proposte dall'Enel un giudizio di pari idoneità dal punto di vista della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria ed ambientale contestualmente formulando le prescrizioni tecniche cui dovrà essere data attuazione nel prosieguo dell'iter autorizzativo per il rilascio del nullaosta alla costruzione e per la successiva realizzazione e messa in esercizio della centrale 10) le indicazioni della nota Enea del 21 novembre 1984, in ordine alle modalità di recepimento da parte regionale delle prescrizioni territoriali di cui alla sezione A delle prescrizioni tecniche allegate al parere 11) le risultanze del complesso di studi condotti dall'Università e dal Politecnico di Torino nell'ambito della convenzione con la Regione del 20 gennaio 1984 che, nel confermare il parere e le prescrizioni tecniche espresse dall'Enea ai fini della sicurezza e della protezione sanitaria ed ambientale, forniscono alla Regione ed agli Enti locali un organico quadro di valutazione delle tematiche di loro specifico interesse; indicando una complessiva accettabilità dell'insediamento in entrambi i siti proposti dall'Enel con la raccomandazione che venga sostanzialmente attuata una serie di indagini integrative e di misure di mitigazione Io di ottimizzazione degli effetti dello stesso.
Preso atto 12) Della lettera del Ministero per l'industria, il commercio e l'artigianato del 7 novembre 1984, con la quale viene richiesto alla Regione, ai sensi dell'art. 4 - quinto comma - della Legge 2 agosto 1975 n. 393 di determinare definitivamente la localizzazione della centrale elettronucleare piemontese 13) della lettera del Ministero per l'industria, il commercio e l'artigianato alla Regione del 12 novembre 1984, con la quale si precisa che l'intesa di cui all'art. 4 - quinto comma - della legge 2 agosto 1975 n. 393 riguarda il Comune o i Comuni sul cui territorio sono localizzati il corpo della centrale e le opere permanenti al servizio della stessa 14) della lettera dell'Enel alla Regione del 9 novembre 1984 con la quale si identificano, per entrambe le aree, le superfici di territorio interessate dal corpo della centrale e dalle opere permanenti al servizio della stessa.
Acquisiti 15) Il verbale d'intesa, al Consiglio regionale il 2.1.1985 sottoscritto dall'Enel e Regione il 27.12.1984 nell'ambito del protocollo d'intesa del 23 febbraio 1981, con il quale la Regione ha inteso predisporre, preventivamente alla localizzazione definitiva della centrale il complesso delle garanzie a tutela degli interessi e delle aspettative regionali e locali collegate all'insediamento in materia di usi e infrastrutturazione del suolo, usi delle acque, ricadute economiche ed occupazionali, misure di salvaguardia per la sicurezza e la protezione sanitaria ed ambientale, informazione.
A tal fine, oltre gli atti convenzionali già previsti dalle Leggi 2 agosto 1973, n. 393 e 10 gennaio 1983, n. 8, il verbale di intesa, prevede gli impegni per l'Enel per quanto attiene: a) l'attuazione e il controllo delle misure di salvaguardia per la sicurezza e la protezione sanitaria ed ambientale e delle misure di mitigazione e/o ottimizzazione degli effetti dell'insediamento b) la tutela prioritaria delle esigenze irrigue dell'area Po 1 attraverso la gestione, garantita in tal senso, delle acque dei bacini idrici posti a monte. Nel recepire, quindi, i contenuti del suddetto verbale di intesa, e nell'esprimervi parere favorevole, si dà mandato alla Giunta di provvedere agli adempimenti successivi, tenendo conto del ruolo dell'Enea.
16) La relazione della Giunta regionale, trasmessa al Consiglio regionale in data 2.1.1985 che riassume tutte le risultanze delle indagini e valutazioni esperite anche in via autonoma, predisponendo gli elementi ritenuti necessari per l'adozione della decisione di scelta del sito.
Vista 17) L'intesa del Comune di Trino Vercellese (area Po 1) espressa ai sensi dell'art. 4 - quinto comma - della L. 2 agosto 1975, n. 393 con deliberazione del Consiglio comunale del 18 dicembre 1984 comunicata alla Regio- ne il 19 dicembre 1984 Visto altresì che il Comune di Isola S. Antonio (area Po 2) ha espresso con deliberazione del Consiglio comunale del 14.12.1984 comunicata alla Regione il 24.12.1984 parere negativo e che il Comune di Bassignana (area Po 2) ha ugualmente espresso parere negativo con deliberazione del Consiglio comunale del 27.12.1984 comunicata alla Regione il 2.1.1985.
Sentito 18) L'Enel ai sensi dell'art. 4 - quinto comma - della L. 2.8.1975, n.
393, con nota regionale del 3.12.1984 e risposta dell'Ente elettrico del 21.12.1984 Sentita la competente Commissione consiliare Visto l'ordine del giorno approvato nella seduta odierna ai sensi dell'art. 4 - quinto comma - della legge 2 agosto 1975, n. 393 delibera 19) Di determinare definitivamente la localizzazione della centrale elettronucleare con due unità di 1.000 Mw ciascuna prevista dal PEN nel sito dell'area Po 1, appartenente al territorio del Comune di Trino Vercellese, così come indicato nella corografia di fig. 1 allegata prendendo atto dell'intesa espressa dal Comune di Trino Vercellese all'unanimità ai sensi dell'art. 4 - quinto comma - della L 393/75 20) di trasmettere al Ministero per l'industria, il commercio e l'artigianato la presente deliberazione unitamente alla deliberazione adottata dal Consiglio comunale di Trino Vercellese.
Data la necessità di rispettare i termini di legge per le comunicazioni al Ministero competente, la presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 49 della legge n. 62/53" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con il seguente esito: favorevoli 43 Consiglieri contrari 6 Consiglieri astenuto 1 Consigliere non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Pongo in votazione l'immediata esecutività per alzata di mano.
L'immediata esecutività è approvata con il seguente esito: favorevoli 43 Consiglieri contrari 6 Consiglieri astenuto 1 Consigliere non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Ringrazio tutti i Colleghi per l'impegno posto nel dibattito, sia che abbiano espresso parere favorevole alla localizzazione della centrale elettronucleare, sia che abbiano espresso parere contrario.
E' una decisione importante. La Presidenza ritiene necessario sottolinearlo, non solo per il presente, ma anche per il futuro. Una decisione che è stata presa a larghissima maggioranza, una decisione comunque carica di molte conseguenze, e di cui siamo tutti pienamente consapevoli.
L'impegno di tutta la comunità deve ora consistere in una gestione attenta, garante, trasparente dei problemi delicati e complessi che sono connessi a questa decisione.
Ringrazio anche tutti coloro che hanno voluto seguire il dibattito in Consiglio durante questa lunga giornata.
Il Consiglio è convocato per il giorno 10 gennaio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,45)



< torna indietro