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Dettaglio seduta n.293 del 13/12/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Bilancio pluriennale

Predisposizione ai sensi dell'art. 6, secondo comma L.R. 43/1977, del secondo Piano regionale di sviluppo. Modifiche ed integrazioni delle D.G.R. n. 71.34865 del 31/5/1984 e n. 1-35321 del 21/6/1984 (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prosegue il dibattito su: "Predisposizione ai sensi dell'art. 6 secondo comma, L.R. 43/1977, del secondo Piano regionale di sviluppo.
Modifiche ed integrazioni delle D.G.R. n. 71-34865 del 31/5/1984 e n. 1 35321 del 21/6/1984".
La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Il dibattito sulla proposta di Piano di sviluppo siè mosso prescindendo dai contenuti, nonostante sia da molti mesi all'attenzione dei Consiglieri.
E' la rielaborazione e l'adeguamento di una precedente proposta presentata al Consiglio del mese di dicembre 1982, infatti ampie parti di essa si sono già tradotte o si stanno traducendo in progetti operativi.
E' stata sottoposta a due tornate di consultazioni regionali e comprensoriali, ed è una proposta che ottempera a precisi obblighi statutari.
Mi pare allora poco comprensibile l'atteggiamento politico delle forze di opposizione sui ritardi.
Questa pregiudiziale si era già affacciata in I Commissione, alla vigilia delle ferie quando si affrontò la fase conclusiva dell'iter di esame della proposta di Piano, per settimane ci si attardò a discutere ed a rinviare, poi la Democrazia Cristiana e gli altri Gruppi di opposizione chiarirono che non si trattava di una vera e propria pregiudiziale e che pur mantenendo le proprie valutazioni circa la inopportunità di varare il Piano a pochi mesi dalla fine della legislatura non avrebbero mancato di sostanziare il proprio atteggiamento con un adeguato impegno sui contenuti della proposta di Piano. Ciò però non è avvenuto né in Commissione, né sta avvenendo ora.
L'atteggiamento assunto, mentre da un lato evidenzia la volontà di compiere una forzatura del dibattito in funzione propagandistica e pre elettorale, anche a costo di uno svilimento della funzione del Consiglio dall'altro maschera la difficoltà a misurarsi sul merito dei problemi e delle scelte, difficoltà resa ancora più evidente dall'assenza da parte della Giunta e della maggioranza di forzature procedurali e di atti che limitino le regole istituzionali attinenti all'esame del Piano attraverso forzature di carattere decisionistico.
Anche la pretesa di spiegare il rifiuto del confronto di merito con l'accusa che il Piano può costituire un condizionamento e un vincolo per il ricostituirsi, dopo le elezioni, di una maggioranza di sinistra, appare quanto meno contraddittorio perché ciò potrebbe essere riferito a tutti gli atti importanti assunti in queste settimane ed in itinere, ma anche a voler assumere come dato predominante la prossima scadenza elettorale, è evidente che il lavoro ed il confronto programmatico sui problemi del Piemonte possono costituire la base sulla quale si costruiscono o meno le condizioni di future convergenze di governo. Anche in questo caso, dunque, il rifiuto del confronto di merito costituisce seppur involontariamente la riproposizione di una politica vecchia e inadeguata che invece di misurarsi sul terreno della capacità di ideazione e di proposta, tende ancora a privilegiare le questioni di mero schieramento e il lavorio che sottende a una simile imposizione nella quale si evidenziano alcune cause della crisi della politica e del distacco tra cittadini e istituzioni.
Questo atteggiamento pregiudiziale mi pare prescinda anche da una oggettiva valutazione delle difficoltà che la programmazione regionale ha dovuto incontrare in questi anni ed incontra tuttora. In particolare per le scelte che il Governo ed i poteri centrali hanno teso ad imporre e che hanno trasformato le Regioni in terminali di una spesa centralizzata facendo venir meno ogni certezza di riferimento per i piani regionali tagliando sistematicamente il fondo comune per gli investimenti delle Regioni tant'è vero che negli ultimi tre anni questo fondo ha avuto una riduzione del 20 per cento. Problemi questi su cui ci sarà modo di ritornare anche nel corso della discussione che si svilupperà sul bilancio di previsione '85. Sono scelte che hanno fatto venir meno qualsiasi programmazione nazionale e che hanno pregiudicato grandemente il ruolo delle Regioni e rispetto alle quali i nostri ritardi seppure verificabili appaiono ben poca cosa. Si guardi, ad esempio, a quello che succede nel campo della sanità. Noi siamo al varo del secondo piano socio-sanitario mentre nazionalmente si è ancora alle discussioni preliminari del piano nazionale. Anzi, gli sforzi che la nostra e poche altre Regioni hanno compiuto in materia di programmazione, sono stati in questi anni e sono tuttora gli unici (seppure si vogliono giudicare insufficienti) volti ad impedire la liquidazione dell'idea stessa di programmazione, liquidazione verso la quale si sono mossi governi e forze economiche potenti rispetto alle quali i nostri sforzi apparivano addirittura patetici e velleitari a fronte del dilagante neo liberismo e del prevalere delle filosofie che tendevano a identificare efficienza e centralizzazione delle scelte.
E' grazie anche a questi sforzi isolati se oggi i teorici dello spontaneismo e dell'economia del "cespuglio" che sono andati per la maggiore negli anni scorsi (come il prof. De Rita e il Censis) ricominciano a parlare di programmazione. In questo contesto non c'è nulla di retorico nel sottolineare i meriti di una Giunta e di una maggioranza che pur con inevitabili limiti non si sono rassegnate a queste difficoltà oltre a quelle indotte dalla situazione economica occupazionale, anzi hanno rifiutato di ripiegarsi nella visione angusta del quotidiano e nell'ottica dell'uscio di casa, proponendosi di misurarsi con i problemi del Piemonte non ritraendosi dall'impegno di indicare strategie nell'azione quotidiana per concorrere a superare la crisi ed a creare le condizioni di un nuovo sviluppo. In questa direzione sono maturati anche contributi all'evoluzione dell'idea stessa di programmazione, sono stati superati i rischi di una contrapposizione paralizzante tra ipotesi di programmazione per fattori e di programmazione per settori che si era sviluppata negli anni scorsi e si è teso a costruire un piano che poggia su un'idea di programmazione che va oltre la sola razionalizzazione dei flussi di spesa ed alla allocazione delle risorse per servizi e infrastrutture, per indicare obiettivi e progetti volti ad intervenire anche nei processi di produzione, di accumulazione delle risorse, per contribuire a orientare la trasformazione e lo sviluppo dell'apparato produttivo.
Molti sono i capitoli di piano che muovono in tale direzione; rilevanza particolare assumono l'individuazione dell'innovazione tecnologica e le politiche attive del lavoro quali assi portanti del piano e dei suoi interventi, due assi tra loro interconnessi al fine di non ridurre gli interventi anche straordinari sull' occupazione a puro fatto assistenziale accettando cioè di rinviare a presunti automatismi di mercato, e magari fra 10 anni come dicono alcune fonti industriali, il riequilibrio tra domanda ed offerta del mercato del lavoro.
Il piano riconduce a queste due scelte di fondo l'insieme degli importanti interventi e progetti di tipo settoriale ed intersettoriale in esso contenuti, dall'industria, all'agricoltura, all'artigianato e al turismo come pure quelli riferiti all'energia, alla ricerca, alla formazione professionale, alle grandi infrastrutture ed all'assetto territoriale.
Come già hanno ricordato nella loro introduzione gli Assessori Rivalta Tapparo, Mignone, Ferraris, molti di questi interventi sono già operanti o in fase di approntamento; è stata ricordata la convenzione Anas, il piano di metanizzazione, le aree industriali, le misure sull'occupazione, la problematica riferita alla centrale nucleare, le iniziative in materia di innovazione e di formazione professionale, la legge che dovremmo esaminare in Consiglio sull'innovazione tecnologica nel settore artigiano, ecc. Il piano tende a ricondurre a coerenza questi interventi in un disegno generale che consenta la composizione di un quadro il più possibilmente organico e di una prima finalizzazione prioritaria delle risorse e credo che anche la presentazione del bilancio e la relazione ad essa collegata in cui appunto sono visti gli stanziamenti in funzione del finanziamento dei progetti, rispondono a questa esigenza.
Negare che tutto questo sia necessario, che tutto questo sia inutile che sarebbe preferibile procedere alla giornata e al caso per caso, mi pare francamente assurdo.
Vorrei fare un altro esempio. A questo riguardo c'è una contraddizione.
Il Parlamento sta approvando la finanziaria dello Stato nella quale è previsto lo stanziamento di 1.300 miliardi da ripartire alle Regioni per l'agricoltura, che non saranno più a finanziamento di leggi statali, ma saranno alla libera disponibilità delle Regioni. E' chiaro che la discussione del piano e del capitolo di piano riferito all'agricoltura, è fondamentale e preliminare all'utilizzazione di queste risorse sulle quali dovremo decidere nelle prossime settimane, anche in questo caso evidentemente non proponendo obiettivi giorno per giorno e il caso per caso, ma in coerenza con gli obiettivi che un piano non inutile e non superfluo si propone.
Sarebbe strano se si teorizzasse che l'esigenza di programmazione non è un dato permanente ma un'esigenza limitabile ai tempi delle legislature e alla durata delle Giunte. Se passasse una teorizzazione di questa natura in Italia, non avremmo nessun governo in grado di programmare essendo la durata media dei governi di un anno soltanto, ed essendo evidente che nessun governo sarebbe in grado di preparare, predisporre ed approvare misure di programmazione e di gestire le medesime.
A questo assurdo porterebbe l'accettazione di certe tesi che in quest'aula sono state affacciate. Peraltro le critiche dell'opposizione ai governi, mi riferisco anche alle critiche che vengono dai banchi dell'opposizione di quest' aula considerata vetero marxista, vetero comunista e naturalmente non ancora promossa agli esami della democrazia occidentale, non sono rivolte al fatto che i governi non fanno i programmi perché non li possono gestire, ma rivolta semplicemente al fatto che non si fanno programmi, che non si fanno piani, che non si rispettano neppure i vincoli di legge che a proposito dei piani e dei programmi i governi hanno.
La critica è rivolta a stimolare, a richiedere che a quelle scelte si ottemperi rispetto al prevalere imperante dell'improvvisazione e del procedere alla giornata.
Il piano oltre a contenere una serie di progetti identificati e definiti, consente anche e sollecita in ordine ai suoi indirizzi generali momenti di ulteriore approfondimento e di definizione progettuale. In materia di innovazione il nostro Gruppo sente l'esigenza della formazione di un organico progetto intersettoriale che sviluppi le iniziative in corso e ne prepari di nuove.
In tal senso stiamo lavorando per approntare un documento di proposta da sottoporre all'esame delle forze economiche e sociali ed all'iniziativa della Regione, un documento di proposta, di progetto regionale per l'innovazione i cui capisaldi fondamentali investono in mantenimento, il rafforzamento e il riorientamento del potenziale di ricerca e di sviluppo presenti in Piemonte, con particolare riguardo al rafforzamento della ricerca dei centri pubblici, e rivolto alla crescita dell'efficienza e della capacità di promozionalità innovative della pubblica amministrazione regionale e locale nel campo informatico e dell'automazione dei servizi e rivolto alla promozione di nuovi servizi di carattere tecnologico organizzativo di mercati finanziari che possano agevolare la nascita di nuove imprese e il rinnovamento di quelle esistenti, in particolare le piccole e medie.
Affermare che è inutile questo lavoro a cui noi ed altri Gruppi si sono accinti e inutili sono gli impegni di questa natura ed altri da parte della Giunta e dei Gruppi consiliari per rendete l'iniziativa regionale capace di incidere maggiormente nell'indirizzare e nel concorrere alla ripresa dello sviluppo, appare assurdo e contraddittorio con l'esigenza stessa di un rafforzamento e un rilancio del ruolo regionale.
Un atteggiamento che contraddice le stesse spinte a domande che ci vengono dalla collettività che ci pare subordinare a un peraltro dubbio interesse polemico di parte, il naturale esercizio delle funzioni regionali che non possono essere soggette a vacanze di ordine temporale, vacanze che si tradurrebbero in una rinuncia di ruolo istituzionale e che in quanto tale non può che essere respinta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Mi sia consentito di entrare nel merito della proposta del Piano di sviluppo partendo dalle consultazioni che sono state predisposte da parte della I Commissione con la presenza della Giunta.
In quella sede sono emerse valutazioni favorevoli a sostegno del piano e critiche da parte di forze sociali e produttive, favorevoli all'impostazione del piano.
La decisione di oggi è di approvare il piano anche se siamo alla fine della legislatura.
Possiamo dire che il piano oltre a fare l'analisi della situazione esistente nei diversi settori, tratteggia la politica per il futuro individua obiettivi e fa anche delle proposte.
Lo scenario industriale presenta le ristrutturazioni delle aziende, le loro prospettive, e tutto questo ha dei riflessi sull'economia e sull'occupazione della nostra Regione.
Più volte si è detto che occorre riequilibrare l'economia tenendo conto che l'industria ha creato forme di monopolio e difficoltà nell'ambito dell'economia regionale. Oggi questo riequilibrio si è stabilito infatti in tutti i settori economici che tengono conto delle prospettive: quello commerciale parla di una rete distributiva con una politica adeguata al consumatore e per favorire il contenimento dei prezzi e questo vuol dire maggiore potere d'acquisto della lira e contenere l'inflazione quello agricolo, parla di netta trasformazione della produzione che passa da quella tradizionale ad una produzione industriale, non è solo un impegno della Regione Piemonte, ma sono le linee del piano agricolo della politica nazionale.
Questa mattina abbiamo ricordato che l'iscrizione all'albo degli agricoltori interessa 126.000 nuovi operatori, starei molto attento perch un conto è parlare di nuova presenza di operatori, un altro è quella dei nuovi iscritti all'albo al solo scopo di usufruire dei benefici, sia in favore dei lavoratori autonomi, sia in favore degli agricoltori con alto reddito.
Sulla questione energetica ho già detto pubblicamente quale è l'opinione del mio partito che è naturalmente favorevole alla centrale nucleare per i riflessi che ne possono venire al sistema produttivo della nostra economia (personalmente non sono favorevole al nucleare, ma bisogna tener conto dell'esigenza di sviluppo dell'economia della nostra Regione).
Particolare attenzione meritano alcune aree di montagna. Nel Piano di sviluppo esiste il progetto montagna che da un lato considera le risorse zootecniche e dall'altro tiene conto delle esigenze di sviluppo dell'artigianato e del turismo.
Il progetto montagna ha seguito l'impostazione data dalle Comunità Montane e le scelte che la Regione aveva fatto da qualche anno. Oggi seguiamo quella impostazione che potremmo avviare con il nuovo bilancio.
L'obiettivo della Giunta era quello di discutere innanzitempo il Piano di sviluppo per poterlo raccordare alle scelte del bilancio per il 1985.
Per quanto riguarda il riequilibrio territoriale, le modifiche alla legge 56 hanno concorso a risolvere problemi urbanistici, ma anche inerenti la rete dei trasporti. Ci dispiace che non sia presente l'Assessore ai trasporti. Quanto ai problemi della scuola e della cultura la Regione ha recepito nel Piano di sviluppo la questione dell'Università e del suo decentramento.
La proposta è stata dibattuta in quest'aula e poi trasmessa al Ministero della pubblica istruzione. Nel mio breve intervento avevo detto che di questa questione dovremo dibattere a lungo le connessioni che riguardano la politica dell'Università nella Regione Piemonte.
La cultura non deve essere elitaria, cioè espressione di parte della comunità piemontese, ma deve esprimersi in rapporto con la massa della Regione.
Quando si parla di tempo libero, si parla anche di cultura, quindi di coinvolgimento della comunità e di decentramento.
Abbiamo constatato il fallimento della partecipazione a livello di quartieri in Torino, si è verificato un fenomeno di non partecipazione.
I quartieri non sono la ripetizione del Comune, quindi devono coinvolgere le realtà territoriali dell'area interessata e la cultura non deve essere gestita dai Comuni, dai loro quartieri o dalla Regione, bensì dalle associazioni culturali.
Ho fatto riferimento ai quartieri di Torino ma vale anche per i piccoli Comuni piemontesi. Di particolare interesse può essere lo sviluppo della politica del tempo libero e dello sport, due momenti che coprono tutto l'arco generazionale della nostra comunità.
C'è poi l'aspetto del turismo che deve essere sviluppato come fatto economico e produttivo quindi sganciandolo dal sociale e dalla cultura.
Esistono delle interdipendenze, ma occorre dare una diversa prospettiva. Il turismo è una risorsa che investe il 60 per cento della superficie territoriale della nostra Regione. E' un settore economico da sviluppare incentivando le attività promozionali.
L'Assessore al turismo ha trasmesso al Consiglio la proposta di piano per la riorganizzazione delle strutture periferiche del turismo.
Di questo sono preoccupato, questi problemi non possono essere affrontati alla vigilia elettorale.
Il turismo è un settore importante della nostra economia, il fatturato va dai 170 ai 180 miliardi.
L'occupazione è in continuo aumento, sono in aumento i giovani che frequentano gli istituti alberghieri. Il turismo è un settore trainante della nostra economia. Non mi soffermo su altri settori, e mi chiedo perch il governo centrale non affronta la politica finanziaria in collaborazione con le Regioni. Perché il Governo centrale non affronta la legge di riforma delle autonomie locali? Questo è un obiettivo che ci dobbiamo porre per rendere sempre più autonome le scelte delle Regioni e per sottrarle ai condizionamenti della politica centrale. Sono obiettivi che vengono trattati dal Piano e che devono essere ampiamente dibattuti. Il P.S.I. esprime parere favorevole al Piano di sviluppo predisposto dalla Giunta regionale.



PETRINI LUIGI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, il dibattito sul Piano di sviluppo dovrebbe costituire un tentativo di interloquire sui problemi e sui drammi economici ed umani che attraversano la nostra realtà sociale, culturale e politica e proprio per questo, mi stupisce l'assenza di una importante forza politica della maggioranza.
Credo che i problemi che abbiamo davanti a noi meritino di superare momenti di polemica. Pensavo anche ad un dibattito diverso, perché questa è una occasione che merita qualche ora in più in Consiglio regionale.
E' uno di quegli atti politici qualificanti, che anche se si compiono a fine legislatura, meriterebbero una attenzione più puntuale.
Sarà l'atmosfera natalizia o sarà il periodo di fine legislatura comunque questa tendenza non c'è, non c'è nemmeno in me.
Tenterò di fare alcune riflessioni positive e negative che mi vengono sfogliando le proposte di Piano ed ascoltando le osservazioni e le valutazioni fatte da vari settori della nostra società.
La crisi che stiamo attraversando non può prescindere dal contesto internazionale che in larga parte la condiziona e la determina. Siamo di fronte a tensioni internazionali e a livelli di competitività che ci fanno correre il rischio di essere tagliati fuori dal processo di sviluppo in atto.
Stati Uniti e Giappone sono protagonisti di queste vicende a scapito dell'Europa e dei paesi del Terzo e del Quarto Mondo. Allora, non ci si deve scandalizzare quando la televisione ci fa vedere immagini pietose di bambini che muoiono di fame. Non basta di fronte a questi fatti tirar fuori qualche lira in più per dare da mangiare a quei poveretti che forse perch non sono acculturati come noi, sono meno fantasiosi e meno creativi, perci debbono essere caritativamente aiutati.
La proposta di Piano tenta di cogliere almeno a livello di intenzione questa o quella problematica. In questo contesto la Comunità Economica Europea sta perdendo colpi in modo preoccupante. E' una comunità fondata essenzialmente sulla cosiddetta politica agraria comune, su aspetti parziali dello sviluppo dei comparti economici, ma non è in grado di avere una sua politica all'interno dei processi di ristrutturazione a tutti i livelli. La proposta di piano non coglie sufficientemente il fatto che oltre ai dati strutturali della crisi esistono anche dati più globali di coscienza, di attacco ai valori che hanno tenuto insieme le nostre società e che oggi vengono messi profondamente in discussione dai processi di disgregazione, di cui sicuramente la crisi economica è una delle cause e non la causa principale.
Il Piano in questo senso deve nella gestione, farsi maggiormente carico delle profondità della crisi, dal punto di vista economico e sociale. Le proposte contenute nel Piano cercano di affrontare la crescente divaricazione tra la risposta produttivistica attraverso l'acquisizione di tecnologie avanzate che ridà la possibilità alle aziende ed alle imprese di reinvestire, e l'occupazione. Non sempre produttività vuol dire maggiore occupazione, anzi, si assiste esattamente al fenomeno opposto. Allora bisogna intervenire dentro questi processi per governarli.
Sono d'accordo laddove il piano sottolinea la necessità di acquisire capacità di intervento anche negli input di carattere tecnologico che guidano la nostra economia, quindi capacità di governo di questi processi sapendo valutarne i riflessi sui livelli occupazionali.
Da questa crisi così complessa si può uscire con alcune idee-forza che sostanziano gli interventi economici, culturali e sociali così come sono contenute nel piano.
La prima idea-forza la chiamerei "l'idea della solidarietà". Non si pu accettare che aumenti il distacco tra la società e chi è incapace di inserirsi in questi processi. Questo aspetto si può affrontare con la solidarietà, ma non è un'idea maggioritaria all'interno della comunità piemontese, non è sicuramente una idea attorno alla quale le forze della sinistra, del progresso, le forze che non accettano questo sviluppo anacronistico della società, pensano di sostanziare le loro proposte.
Il dibattito sindacale di questi giorni si sviluppa tra chi propone di affrontare la cronicità della disoccupazione e della cassa integrazione con le proposte di prepensionamento e chi propone la riduzione dell'orario di lavoro e dei contratti di solidarietà, i quali comunque si pongono con pari valenza se non con valenza maggiore proprio perché tentano di coniugare l'idea-forza della solidarietà con l'impatto che essa deve avere nei tentativi di gestione dei processi che contraddistinguono appunto la crisi attuale.
La seconda idea-forza che si può leggere nella proposta di Piano, ma che non appare in tutta la sua evidenza, è il discorso della qualità del lavoro, della qualità della vita, della qualità dell'ambiente.
Sono tematiche che possono oggi fare agio all'interno della società piemontese su esperienze importanti, il volontariato, l'associazionismo, i militanti di partiti o di sindacati che su questi temi stanno dando una dimostrazione non in parole, non in convegni, in dibattiti, in seminari, ma in termini di concretezza nell'agire quotidiano e prefigurando spezzoni di progettualità che si pongono in termini anche di speranza.
Naturalmente esprimo una profonda riserva rispetto alle tematica energetica che mi vede largamente dissenziente per il privilegio che si dà alle centrali nucleari. Di questo discuteremo quando affronteremo - in presenza di testimoni sensibili della comunità piemontese - della centrale nucleare.
La terza idea-forza che con i colleghi Ariotti e Montefalchesi abbiamo cercato di porre in evidenza è la tematica della cooperazione internazionale.
Abbiamo presentato un tentativo di proposta molto semplice, e modesta per richiamare l'attenzione su un altro elemento positivo della nostra società. Abbiamo scoperto, dalle esperienze del movimento per la pace, del movimento sindacale, delle varie organizzazioni di volontariato esistenti nelle pubbliche istituzioni ed in alcuni settori dell'industria privata che esiste una serie di micro progetti per i Paesi del Terzo e del Quarto Mondo, che hanno riconosciuto che questa Regione forse è all'avanguardia nel nostro Paese, ma che le sue iniziative non sono né conosciute n valorizzate per le potenzialità che sono in grado di esprimere per un vero internazionalismo, non pietistico, ma concreto e reale. Esistono spazi economici, culturali e sociali che la nostra Regione può dare per un diverso rapporto di cooperazione internazionale.
Noi riteniamo che questa potenzialità debba essere attivata, debba essere coordinata, debba essere aiutata ad esprimersi anche attraverso il ruolo che la Regione quale struttura di governo deve assumere.
Sono idee che cadono in un contesto diverso. Le iniziative di quelle forze sociali hanno una attenzione e una tensione più grande di quella che è presente in questo consesso.
Sarà la crisi delle istituzioni, sarà la crisi della politica, sarà la difficoltà dei partiti. Nonostante la diversità di opinioni questa era una occasione da non perdere.
Chi l'ha voluta perdere, secondo me, ha commesso un grave errore politico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'introduzione del Vice Presidente Rivalta, gli interventi degli Assessori Tapparo, Mignone Bajardi e Ferraris, l'intervento del Presidente della Giunta come quelli dei Gruppi, compresi quelli della minoranza, hanno un punto in comune: tutti sono concordi nel dire che ci troviamo di fronte ad un documento di grande importanza e di grande rilevanza. Le minoranze poi traggono conseguenze diverse; sostengono: è così importante e di così tanta rilevanza che non possiamo approvarlo a sei mesi dalle elezioni introducendo in tal modo una sorta di semestre bianco a livello regionale come ci ricordava il Consigliere Montefalchesi.
Le obiezioni fatte dalle minoranze però non vanno oltre il metodo.
Mentre i problemi che dobbiamo affrontare nel Piano di sviluppo sono di sostanza e riguardano i nodi con cui dovremo misurarci ben oltre i tre o i cinque anni di valenza del Piano, come ricordava il Consigliere Valeri perché i processi aperti che vi sono affrontati andranno avanti fino a tempi che superano certamente quelli dei cicli amministrativi.
E' stato detto che i cittadini sono privati del diritto di scegliere con le elezioni prossime, per le scelte future della Regione. Mi sembra che i cittadini, le organizzazioni, le istituzioni, si siano ampiamente espressi in questi anni di consultazione, di dibattito sul Piano di sviluppo e le proposte che vengono qui presentate sono il frutto anche del confronto con l'intera collettività regionale. E comunque le nuove assemblee hanno tutto il potere per introdurre le modifiche, di fondo o marginali, che riterranno opportune.
Forse proprio da questo confronto proficuo è uscito il filo conduttore che regge il Piano di sviluppo.
Al centro del Piano c'è il tema dell'innovazione.
L'importanza di questa scelta è data dalle implicazioni immediate sul terreno culturale e scientifico dalle scelte concrete nel campo della ricerca, della formazione, professionale, delle relazioni sindacali, del credito.
Che cosa significa la scelta dell'innovazione? Il documento ha già chiarito che cosa si intende con questa indicazione. Mi limito a sottolineare un aspetto.
Il porsi sul terreno dell'innovazione significa non schierarsi sul terreno della conservazione. Sembra un'ovvietà.
L'innovazione di per sé non è conservatrice, oppure non è innovatrice.
Certamente per cambiare occorre superare l'atteggiamento di conservazione e dare poi a questa scelta una caratteristica più precisa.
Da dove deriva questa scelta messa al centro del Piano di sviluppo scelta giusta e di largo respiro? Il rapporto del Censis è tutto proiettato nella direzione dell'innovazione, cosi il documento che ci ha consegnato in questi giorni la Federpiemonte sul "Panorama industriale" della Regione. Il Censis indica che già il 65 per cento è inserito all'interno del terziario della nostra struttura occupazionale e dice che si attenuano le differenze tra lavoro manuale e tecnico, che emergono nuove professioni in cui spesso scompare il confine tra le varie mansioni in cui è predominante il processo dell'innovazione.
Sono dati confermati dalla scuola di direzione aziendale della Bocconi nel cui studio riferito al V.C.O. viene messo in evidenza che ci troviamo di fronte ad una economia in movimento, un'economia aperta sui mercati internazionali, e precisa che nel 1980 l'80 per cento delle aziende italiane facevano export, mentre nel 1984 si è già all'84 per cento.
I dati che riguardano l'aumento dell'export se confermano da una parte il carattere sempre più aperto del nostro sistema economico, indicano dall'altra che sono giuste le scelte contenute nel Piano di sviluppo, sia come indicazioni di carattere generale, sia come trasposizione nelle scelte concrete concernenti l'assetto territoriale di apertura della nostra economia regionale, scegliendo le grandi direttrici di apertura verso l'Europa, la scelta nord-sud porti liguri, Sempione, oppure verso la Francia attraverso il Frejus.
Nel Piano di sviluppo è collocata quindi con coerenza l'indicazione dei progetti dì area, della Valle Scrivia da una parte e del Verbano-Cusio Ossola dall'altra.
Voglio rilevare che ben poco, purtroppo, è venuto dalle altre forze presenti in Consiglio regionale per definire o delineare le scelte di fondo del Piano di sviluppo.
L'innovazione pone grandi problemi ai movimento operaio, da una parte teorici e dall'altra di prassi, di strategia, per guidare e non subire soltanto le trasformazioni produttive della struttura produttiva e della società. Si va verso una ricomposizione delle mansioni, forse si sta superando, almeno in parte, il taylorismo. Su questi temi il movimento operaio si è sempre confrontato a livello internazionale, anche in Italia.
Mi permetto di ricordare il famoso passo da "Lettere dal carcere" di Gramsci in cui si parla, già allora, di americanismo e fordismo.
L'Istituto Gramsci aveva tenuto a Torino un convegno 10 anni fa su: "Scienza ed organizzazione del lavoro", in cui si discuteva sulla parcellizzazione delle mansioni e si era attenti anche al nuovo che embrionalmente allora si manifestava con "le isole" alla Fiat.
Ma non è solo un patrimonio della mia parte politica, è un patrimonio comune a tutto il movimento operaio italiano dei lavoratori. Non è quindi per caso (e vengo alla obiezione del Consigliere Moretti) che al centro dell'elaborazione su cui si regge il Piano di sviluppo ci sono la produzione, i rapporti di produzione, l'occupazione nelle varie forme e nei suoi sviluppi.
Questi aspetti permeano il Piano stesso.
E' questo il tentativo di misurarci con le questioni centrali per lo sviluppo della nostra Regione e per il movimento dei lavoratori.
A me sembra che ciò è potuto avvenire, con questo taglio preciso proprio grazie alla maggioranza che regge la Regione e che ha espresso questo documento. Una maggioranza le cui componenti affondano tutte le loro radici nel movimento operaio e più in generale nel movimento dei lavoratori, e sono frutto della storia di questo movimento, che in Italia non è rinchiusa all'interno di nessun partito politico, ma che fa sentire la propria influenza al di là della collocazione di volta in volta delle singole forze al governo od all'opposizione.
L'aver trovato questa piattaforma comune a me sembra che metta in rilievo l'esistenza di un legame profondo, ricco e fecondo che può dare frutti positivi alla nostra comunità regionale, anche dopo il 1985, tra le forze politiche che sorreggono l'attuale Giunta.
A me sembra che ci troviamo di fronte all'indicazione di una strategia per uscire dalla crisi, che va ben oltre la maggioranza e ben oltre i tempi di questa legislatura.
E' stato detto che quella del Piano di sviluppo è un'occasione importante in parte mancata da altri. Ma non è un'occasione mancata per responsabilità della maggioranza. Questa è una maggioranza che non ha mai pensato di essere totalizzante, che non ha mai preteso di riuscire da sola ad esprimere tutta la ricchezza e articolazione della nostra comunità.
Per questo si è presentata dal 1975 come maggioranza aperta.
Per esempio, nella discussione sulle modifiche alla legge 56 fu timido l'apporto in Commissione. E' stato invece proficuo in aula ed ha portato all'emanazione di un provvedimento che raccoglie un largo consenso nella Regione, grazie all'apporto di tutti i Gruppi al di là degli schieramenti di maggioranza o di minoranza.
Altre occasioni sono state per esempio il confronto sui problemi dell'assistenza, o quella sugli strumenti che il Consiglio regionale si è dato in ordine alla questione morale.
Di fronte ad un documento che ha suscitato una discussione così ampia nella collettività, mi pare che siano fuori luogo le accuse che sembrano per la verità rituali, di atto inutile, o peggio, di elettoralismo.
L'occasione è persa proprio da parte delle forze di minoranza.
La proposta di Piano di sviluppo è strettamente legata alle azioni di governo; un governo che in questi cinque anni ha dovuto fronteggiare momenti difficili, di crisi gravissima, profonda, devastante ed imprevedibile, per i costi umani enormi che la nostra gente ha pagato e continua a pagare in termini di cassa integrazione o di disoccupazione, a seguito di trasformazioni veloci, spesso radicali, che sono avvenute nella struttura produttiva e per la crisi delle istituzioni, aggravata dai ritardi della riforma delle autonomie.
Sono questioni tutte aperte, gravi e difficili, che non hanno favorito una tranquilla azione del governo regionale.
Ma questo governò c'è stato, per esempio nella tutela e nell'uso del suolo, e come messo in evidenza nel dibattito sulle modifiche alla legge urbanistica, con gli oltre 600 piani regolatori approvati, nuovi nei contenuti e per la cultura urbanistica nuova di cui sono concreta espressione.
C'è stato un governo ed una maggioranza che hanno saputo riflettere sull'esperienza di questi anni e hanno apportato le necessarie modifiche al quadro normativo in materia urbanistica e di pianificazione territoriale.
Il Piemonte è una delle poche Regioni ad avere schemi che coprono l'intero territorio regionale e che possono tradursi entro non molti mesi in piani definitivi.
In molte altre Regioni a livello nazionale ci si è mossi con notevole frammentarietà, con una estemporaneità negli interventi. Ricordiamo la vicenda del Fio, le inadempienze per quanto riguarda la casa, la finanza regionale, l'energia, ecc.
In materia di pianificazione territoriale nel Piano di sviluppo abbiamo le indicazioni per fare ulteriori passi in avanti concreti.
Nel Piano di sviluppo infatti le linee di assetto territoriale assumono già quanto emerso negli schemi della pianificazione territoriale a livello comprensoriale, approvati dal Consiglio regionale.
Un contenuto più preciso, quindi, corrispondente agli schemi che nonostante i ritardi nel definire i piani territoriali a regime, non sono rimasti lettera morta, tanto è vero che i loro contenuti sono già trasferiti all'interno del Piano.
Un ulteriore passo è stato fatto con il riordino, l'integrazione ed il coordinamento a livello regionale, degli schemi settoriali. Ciò permette di arrivare ad uno schema strutturale regionale e di avere riferimenti precisi per la definizione dei piani territoriali comprensoriali. Anche i contenuti degli schemi non sono di poco rilievo, anche se non tutti uguali. Penso, ad esempio, al contenuto dello schema di piano territoriale di Torino i cui contenuti sono di grande rilievo. Il dibattito in Commissione è stato a suo tempo molto positivo anche, con il contributo rilevante delle minoranze.
Cito in particolare gli interventi del collega Picco che ci hanno permesso di precisare ancora meglio questi contenuti. Ma quando si parla dello schema del piano territoriale di Torino non si parla di qualche cosa d'altro, di estraneo al Piano di sviluppo. Riguarda praticamente metà della nostra Regione. La discussione in Commissione l'abbiamo chiusa non da molti giorni, per questo è scarsamente comprensibile l'attuale atteggiamento della minoranza.
Per quanto riguarda gli interventi di carattere settoriale, gli schemi di piano territoriale, il primo e il secondo Piano di sviluppo, sono sempre stati quadri di riferimento per gli interventi di settore.
Quando all'inizio dell'anno abbiamo verificato le proposte del piano della viabilità, abbiamo visto che erano conformi agli strumenti di pianificazione territoriale di carattere generale al livello dell'80 per cento.
Il restante 20 per cento era quasi imprevedibile al momento in cui ci eravamo dotati di questi primi strumenti di pianificazione territoriale.
L'approvazione del Piano di sviluppo è qualche cosa di molto rilevante che interessa tutta la nostra Regione. Certamente da questo Piano di sviluppo, dalla coerenza con cui riusciremo a portarlo avanti si potrà dare risposta a molti problemi che ci stanno di fronte.
Questa coerenza è un impegno verso la comunità regionale, che ha dato una risposta positiva alle proposte della Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la discussione sul secondo Piano di sviluppo esce in parte mutilata per le determinazioni assunte da alcuni Gruppi consiliari.
Per molti versi questo Piano di sviluppo è sfortunato perché oltre ad avere avuto tempi lunghi di approvazione, giunge in Consiglio regionale senza ottenere una adeguata considerazione da parte dei Gruppi consiliari quindi il dibattito e la funzione del Consiglio regionale ne escono decapitati.
Sottolineiamo la centralità del Consiglio regionale, ma poi questa centralità non la sappiamo né sviluppare, né far valere nel momento in cui il Consiglio è autorevolmente investito della funzione propositiva.
Viene addotto fra i tanti argomenti anche quello del ritardo con il quale questo provvedimento approderebbe al dibattito consiliare.
E' vero, c'è stato del ritardo, noi siamo i primi ad alimentarlo, ma è stato per la situazione non facile di questi anni e che è nota ai Consiglieri.
Tuttavia in quest'ultimo periodo ha subito una accelerazione significativa, la Giunta ha lavorato per cercare di recuperare i tempi. I ritardi sono imputabili - credo - ad una serie di modifiche del tessuto socio-economico della Regione.
La situazione è andata rapidamente e continuamente evolvendo dal 1980.
Sono anni in cui si è registrato la caduta di molti miti, sono cadute molte barriere, sono mutati molti atteggiamenti da parte delle forze sociali economiche e delle stesse forze politiche.
Ci sono voluti aggiustamenti continui in questo strumento programmatorio ed anche la programmazione regionale ha dovuto progressivamente adeguarsi alla mutata realtà delle situazioni sociali ed economiche.
E' evidente che questo ha allungato i tempi di approvazione di questo strumento, così come il sempre crescente ricorso da parte dello Stato a politiche governative circolanti nelle risorse finanziarie, ha obbligato l'istituto regionale addirittura a chiedersi se con una politica di fondi vincolati si può ancora parlare di libera programmazione regionale.
Con molta franchezza diciamo: questo ritardo che riconosciamo pu giustificare la non discussione del Piano? Questo non rappresenta piuttosto un cedimento alla pratica assembleare dell'ostruzionismo, pratica che tutti siamo d'accordo nel condannare quando accade a livello nazionale? Riteniamo grave questa presa di posizione, certo non foriera di grandi prospettive. Non capisco peraltro a quali grandi risultati possa portare questo tipo di discussione.
Può reggere l'argomento della scadenza elettorale per non discutere un argomento di questa importanza? Non penso che il maggio 1985 sia come le colonne d'Ercole, qualcosa di invalicabile, né credo che occorra pensare fideisticamente a questa data come ad una sorta di bagno rigeneratore.
Le due vicende non sono fra di loro collegate né sono collegabili perché il volerle forzatamente collegare assume un significato elettorale ma non politico-amministrativo. Sono momenti che vanno tenuti distinti e credo che l'atteggiarsi delle forze politiche di fronte a questa scadenza se vuole irrobustirsi di contenuti,deve essere il riflesso delle posizioni che sui contenuti le varie forze politiche hanno assunto. Credo sia proprio dal differenziarsi sui contenuti che possa venire un irrobustimento delle forze politiche che si pro spettano all'elettorato.
Nè credo che il volere la discussione sul secondo Piano di sviluppo da parte della maggioranza, voglia prefigurare o anticipare quelle che sono le alleanze future.
Nulla di tutto questo. E' un adempimento previsto dallo Statuto regionale che seppur con ritardo, è un impegno che va comunque assolto.
Sarebbe forzare le cose il dire che, essendo vicina la scadenza elettorale non si prendono in esame i provvedimenti ancora giacenti presso le varie sedi del Consiglio.
C'è un grado diverso dei provvedimenti, alcuni sono più importanti altri di minor rilievo, ma credo che il dovere del Consiglio sia il pronunciarsi attorno ai provvedimenti, al di là del fatto che cadano in certe epoche o in altre.
Credo che si sia persa anche l'occasione per valutare appieno e in modo approfondito i contenuti del secondo Piano di sviluppo, certo più o meno condivisibili, più o meno buoni, più o meno da sostenere. Però è un piano che tiene conto delle mutate condizioni socio-economiche del Piemonte, e che si dà un contenuto concreto con proposte operative e riferimenti finanziari specifici, che fa uno sforzo consistente nel campo dell'innovazione per saper cogliere i nuovi stimoli che provengono dalla società per quanto riguarda le politiche industriali e le politiche energetiche, e che si fa carico di un discorso più generale di riequilibrio, basti pensare al progetto montagna e quello che riguarda il Verbano-Cusio-Ossola.
Se avessimo avuto possibilità di affrontare nei dettagli questi argomenti avremmo potuto cogliere anche gli elementi di novità contenuti nel piano e gli elementi di prospettiva senza andare a pregiudicare o a prefigurare nuovi schieramenti e nuove politiche che con il 1985 potranno essere attivate, modificate o confermate rispetto a quelle che saranno le indicazioni che verranno dalla consultazione.
Il nostro Gruppo ritiene di doversi esprimere sul secondo Piano di sviluppo con un voto di favore proprio perché ritiene che le politiche contenute nel secondo Piano di sviluppo rappresentino un mutamento di indirizzo rispetto a documenti programmatici precedenti e abbia saputo cogliere gli elementi di novità che emergono dalla realtà socio-economica piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Vorrei riprendere un argomento già sottolineato nell'intervento iniziale dell'Assessore Rivalta come meritevole di attenzione: il progetto Po.
Fra i progetti finalizzati è certamente quello meno specificato come indicazioni organizzative o finanziarie, ma senza dubbio uno dei più interessanti per la metodologia con cui si affronta il problema.
Quanti in questo Consiglio regionale, come me, sono dovuti intervenire più volte su questo argomento, evidenziando la necessità di un approccio globale alle tematiche inerenti al fiume, che costituisce poi la struttura fisica portante della nostra Regione, non possono non riconoscere che la strada intrapresa è quella giusta. Una visione generale del problema colto finalmente nella sua unitarietà, una valutazione equilibrata degli aspetti che lo compongono, da quello economico a quello ecologico, una indicazione di prospettive di azione, alcune già specificate, altre già in parte attuate, altre, infine, da precisare.
Appare con chiarezza la necessità di strumenti conoscitivi adeguati a cogliere la complessità degli elementi, approfondirli nella loro particolarità e soprattutto vederli nella loro interconnessione.
Credo che senza dubbi si sappia intervenire sul fiume da un punto di vista idraulico o si conoscono i termini generali di una tutela ambientale manca di certo una valutazione di insieme che faccia interagire componenti diverse, idrauliche, geologiche, territoriali, in un bilancio in cui l'incidenza negativa e positiva di ciascun settore trovino possibilità di comparazione.
Aver colto la sensibilità diversa, maturata in questi tempi che rifiuta la settorialità degli interventi, è un elemento di forza del progetto soprattutto se teniamo presente che in un futuro non lontano, la Regione sarà chiamata a decidere sulla navigabilità del Po, ipotesi che ci vede già partecipi ad un comitato misto Stato-Regioni.
L'esperienza acquisita attraverso il lungo iter della localizzazione della centrale nucleare, non ancora terminato, ci deve suggerire l'opportunità di iniziare in tempo una serie di approfondimenti sui singoli temi, con l'apporto diretto di Università, Politecnico, ordine dei geologi che già ha dato buoni risultati in campo energetico. E' la messa a disposizione degli elementi conoscitivi necessari per poter decidere su basi scientifiche.
Così come è fondamentale che la Regione si faccia carico di una collaborazione più stretta con il Magistrato del Po o si impegni, come è emerso da successivi convegni su questi temi tenuti nel corso di questi anni, a modificare la struttura di questo organismo, pensando ad una presenza più attiva delle Regioni per poter attuare interventi non contrastanti con il governo complessivo del territori-o di competenza regionale.
Credo che le modifiche apportare alla legge 43, la legge quadro sui parchi, di cui sollecito peraltro l'invio in Commissione, introducendo accanto alle tipologie abituali di pre-parco, parco, aree attrezzate, una nuova tipologia denominata zona di salvaguardia, intesa come elemento di raccordo ed integrazione funzionale tra più aree sottoposte a tutela possano essere viste come strumento più agile da applicare ad aree articolate complesse, come può essere quella del bacino fluviale del Po che vede sulla sua asta, una pluralità di realtà diverse dai grandi agglomerati urbani, alle lanche, dalle discariche, alle riserve naturali.
E, in ogni caso, esprimono la volontà della Giunta di accettare e tradurre nella legislazione regionale, lo spirito animatore del recente decreto Galasso sulla tutela dei beni ambientali.
Sarebbe forse opportuno intervenire su questa realtà fluviale attraverso un progetto territoriale operativo, altro strumento di cui la Regione si è dotata per affrontare programmi integrati e chiaramente finalizzati.
L'attesa che il programma poi ha suscitato con le allusioni immediate al parco fluviale o, per altro verso, ad una possibile navigazione del fiume, richiede di concretarsi in verifiche e studi specifici.
Penso che si abbia la possibilità, se non di concluderli, almeno di impostarli correttamente.
Chiedo allora alla Giunta di seguire con particolare attenzione questo problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, poche parole al termine di questo dibattito da parte mia in coerenza con il lavoro che a nome del Gruppo ho svolto in questi mesi per riuscire a portare al traguardo finale il Piano di sviluppo.
Voglio fare solo due argomentazioni rapide di carattere politico. Oggi abbiamo centrato un obiettivo scritto nei programmi della Giunta nel 1983 un obiettivo importante e non formale, perché rappresenta, al di là delle osservazioni critiche e delle accuse di strumentalità politica, il doveroso tentativo di recuperare un ritardo e di cercare di dare concretezza, di mettere qualche tassello sulla conclamata necessità di rilanciare la Regione come punto di riferimento per il sistema delle autonomie e per il sistema della società civile ed organizzata della società economica.
Certo, il ritardo esiste, posso anche capire le osservazioni che venivano fatte da parte della opposizione sul fatto che arriviamo a pochi mesi dalla scadenza del mandato elettorale con questo Piano.
A me pareva che ci sarebbero state altre strade, poteva essere, al di là degli stessi limiti impliciti dell'ordinamento regionale e democratico una caratterizzazione di validità del Piano anche legata al periodo che ci resta e comunque una validità di prospettiva su cui è persino ovvio dire che qualsiasi maggioranza debba formarsi può intervenire con piena legittimità.
A me è parso che la risposta data oggi, quella di una unità delle opposizioni per tacere- ci ha rattristato ed amareggiato, avendo lavorato con serietà sui contenuti.
Questo tipo di atteggiamento non l'abbiamo capito. Questi mesi che sono passati avrebbero dato modo di intervenire nel merito, purtroppo hanno preluso e sono state la premessa a questo atteggiamento.
Se riportiamo al principio di realtà il lavoro che facciamo e se cerchiamo di riuscire anche a pochi mesi dalle elezioni, da quello che pare essere ormai la regola imperante, tutto- deve essere letto, fatto ed addirittura il dibattito alla luce delle collocazioni future e della schermaglia elettorale. Figuriamoci, in democrazia la schermaglia è più che legittima.
Riteniamo però che i problemi del Piemonte ed i problemi dell'istituzione Regione, possano avere uno dei modi per affrontarli nel mettere le carte in tavola. Si è tentato di fare questo e mi riporto ad una accezione del termine di programmazione dei più elementari: dichiarare quel che si vuol fare. Sono cose che paiono ovvie. Non sono così, la pratica della politica in Italia da troppo tempo non è più questa. Si fa quel che non si dichiara, si dichiarano troppe cose per poter fare quelle che si vogliono.
Il Piano per noi era una occasione di confronto con l'opposizione che rispettiamo, con altre culture e matrici politiche per avere su questo uno scambio reale. Non è avvenuto e mi dispiace.
Per quanto riguarda il merito politico sarebbe troppo banale pensare che di fronte alla dimensione dei problemi e nella qualità dei problemi una maggioranza possa pensare di stare comunque unita anche al di là del mandato e quindi della decisione degli elettori solo perché ad un certo punto, seppure in ritardo, ha definito un impianto di quelle che sono le azioni istituzionali, in parte recuperando ciò che si è fatto e si è deciso, spesso comunemente, intravvedendo dei problemi che sono suscettibili di lavoro su cui è difficile che oggi ci sia discussione.
Pensiamo al tema dell'innovazione e a quanto negli anni scorsi su questo si è parlato a proposito e a sproposito.
Nel Piano c'è un tentativo di ragionamento, forse non l'unico possibile, certo il primo che abbiamo cercato di fare in maniera sistematica, pensando di poterne trarre alcune conclusioni operative. Ma non è la sola cosa. In questo senso credo che oggi sia stata una occasione perduta; l'attribuisco a questo clima che indubbiamente non permette a certe forze in particolare di collocarsi come sarebbe stato possibile.
Per quanto riguarda poi gli aspetti più squisitamente politici dobbiamo dire che in questa maggioranza, in questa Giunta che sta con fatica, ma con puntualità cercando di centrare gli obiettivi che si è data non vorrei tanto dire che questa da sé può essere sufficiente a caratterizzare il futuro, od a condizionarlo, dico solo che quando si fa una operazione di serietà e quando i programmi cercano di essere osservati tutti dovremmo essere grati, salvo nei contenuti, rivoltare tutto perché i contenuti sono opinabili e sul merito avremmo anche voluto avere un confronto che, come sempre, a chi crede nella democrazia pare essere fecondo.
Non abbiamo pensato a questi risvolti, sarebbe facile fare delle battute, ma oggi non le voglio fare. Voglio dire a conclusione che il Piano non è una operazione scorretta istituzionalmente, è una operazione istituzionalmente in realtà corretta, ancorché ritardataria. La cognizione dei nostri poteri, delle regole fondamentali dell'ordinamento democratico e regionale, sono tali da garantire chiunque dei rischi che vengono qui avanzati un po' strumentalmente di una gabbia. Non è una gabbia, è una occasione invece di definizione di obiettivi, di regole, e mi auguro anche di regole di comportamento, perché se la programmazione dichiara ciò che si vuole fare, sceglie all'interno di molte opzioni possibili, credo che questo possa costituire, anche in fine legislatura, un elemento sia pur piccolo di speranza per il sistema delle autonomie e per la stessa società organizzata, speranza nel senso che su questo si possono costruire anche elementi dialettici, anche elementi critici, partendo dalla ridefinizione di entità di un ente che l'ha persa.
Certo però che questa identità proprio non facendo le cose che dice Valeri, non essendo riusciti a darci una continuità di impianto programmatorio, non solo noi ma anche altre Regioni, ha rischiato di perdere.
Rapporti politici all'interno della maggioranza. Si tratta di forze diverse, il rispetto della diversità di queste forze, in questi anni, in particolare con la nuova Giunta, ci ha permesso di discutere, di valutare ma anche di procedere attorno agli obiettivi che avevamo concordato. Non è una operazione di egemonia di nessuno, è un'operazione che si scrive nelle altre, una l'abbiamo fatta, quella della legge urbanistica, altre ci attendono, speriamo di farle e speriamo di avere il concorso delle altre forze, per riuscire a definire un fine di legislatura che sia un tramite per una legislatura migliore.
Il fastidio di una legislatura difficile, in cui molti, anche soggettivamente, hanno stentato a ritrovarsi, per chi fa politica e per chi continua a guardare in avanti, non debba essere solo una registrazione a volte banale di chiacchiere da corridoio e da bar, ma debba essere lo sforzo e l'impegno per fare quello che ci tocca fare. A noi toccava fare questo, crediamo di averlo fatto ed in questo senso il voto del P.C.I. è convinto. Riteniamo che un obiettivo importante si è raggiunto nel momento in cui lo votiamo.



PRESIDENTE

La discussione generale si intende chiusa.
Passiamo alle repliche della Giunta regionale. La parola al Presidente Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

E' stato un atto di saggezza quello che le opposizioni hanno fatto distinguendosi dalla richiesta fatta dal Gruppo del M.S.I., della pregiudiziale, atto di saggezza perché non si poteva, a nostro giudizio porre la pregiudiziale né per quanto riguarda il momento regolamentare, n per quanto riguarda la sostanza del problema che è molto più importante del momento regolamentare.
Concordo con Montefalchesi che il problema reale è quello del Paese quindi va affrontato per tale e non con espedienti di carattere giuridico che poi non risolvono i problemi che abbiamo di fronte.
Non altrettanto ritengo abbiano fatto atto di saggezza successivamente dichiarando di non partecipare alla discussione, ma in effetti partecipando.
Questa è, la verità storica di questo processo del Piano di sviluppo.
In effetti tutti sono entrati nel merito della Discussione e degli obiettivi del Piano, criticandoli dal punto di vista politico, entrando nel merito specifico, come ha fatto anche il Consigliere Carazzoni, quindi è stata una finzione che a mio giudizio ha rivelato saggezza nel momento in cui si è intervenuti nella discussione, non saggezza quando si è dichiarato che non si interveniva nella discussione.
Secondo argomento. Resto stupito dal fatto che si dice che il Piano viene approvato e siamo a mesi di distanza dallo scioglimento del Consiglio.
Questo Piano non nasce ora, era nato ben prima ed era stato rimesso alla competente Commissione, che per lunghi mesi l'ha esaminato.
Vicende, che sono presenti nella nostra memoria, hanno di fatto interrotto il nostro lavoro legislativo, hanno portato alla ripresa dei temi del Piano di sviluppo vedendoli anche sotto un'ottica diversa.
Questo Piano certamente coglie delle realtà che il precedente documento non poteva cogliere perché non sussistevano. Negli ultimi tempi è cambiato il quadro generale sia dal punto di vista produttivo che occupazionale.
Questo Piano lo coglie nella sua interezza, coglie il problema dell'innovazione tecnologica che certo esisteva cinque anni fa ma non nella misura in cui nei cinque anni è andato avanti e probabilmente non si pensava che avesse questa grandissima espansione per cui procurasse all'interno dell'occupazione dei guasti non indifferenti.
Questo Piano viene a cadere proprio in un momento nodale della vita economica della nostra comunità, ne coglie gli aspetti e ne propone i rimedi.
Se il nostro obbligo è di formulare questo Piano, chiunque fosse giunto a governare nel momento in cui io sono arrivato a governare - e la nuova Giunta è stata eletta, non avrebbero potuto fare atto diverso se non quello di dare adempimento a precetti che sono legislativi, che dobbiamo osservare e che abbiamo osservato.
Prendiamo ancora atto di un altro aspetto della vicenda. Questo documento non è stato presentato ora, ha avuto un lunghissimo iter di consultazione, di riconsultazione, per cui è conosciuto nelle sue linee e credo sia stato fatto proprio in molte realtà piemontesi da forze produttive, da forze sindacali, da forze sociali, per cui anche se ancora non è stato approvato, pur tuttavia attraverso le linee che abbiamo esposto in numerosissime consultazioni, è conosciuto, forse, come nessun altro piano.
Quindi le linee che persegue la maggioranza sono note. Un piano infatti, ha della sostanza che è vincolante e della sostanza che invece è contrattata, oppure della sostanza che viene recepita come consenso della comunità.
Un Piano di sviluppo in una cosiddetta società di mercato può incidere attraverso due modelli: la contrattazione ed il consenso.
Una parte del consenso è avvenuta, una parte della contrattazione sta avvenendo su temi del lavoro, dell'occupazione e della produzione.
Erronea è la vostra opinione che questo documento non dovesse essere presentato. Questo documento doveva per legge essere presentato, bene credo che abbia fatto il Governo a presentarlo, bene ha fatto la Commissione ad indire tutte le consultazioni che ha indetto, bene è che tutta la società piemontese conosca a fondo il documento.
Se quindi abbiamo assolto a questo compito, non riesco a comprendere quando l'opposizione dichiara di non partecipare alla discussione, pur essendo il documento già stato recepito per consenso da larga parte della comunità regionale, che ha dato forza al Governo ed ha eletto quanti lo compongono e se, per altra parte, la contrattazione sta avvenendo costantemente sui temi produttivi ed occupazionali.
Una società democratica non può pretendere il consenso di tutti, le articolazioni richiedono che vi sia piuttosto il confronto, magari senza consenso, altrimenti sarebbe una società autoritaria. E non vale neppure dire che a luglio, quando si formerà il nuovo governo, evidentemente nell'arco temporale assegnato dalla legge, si dovranno riaffrontare gli stessi temi e meditare sulle modificazioni che sono avvenute nella società attuale.
Un Piano di sviluppo non può avere un arco di tempo lunghissimo perch le modificazioni che intervengono le cosiddette "variabili" della società non sono più di proporzioni temporali larghissime, ma sono brevissime per cui si colgono delle realtà magari di due anni o di mesi ma non hanno più prospettiva lunghissima.
Così sono le modificazioni nel mondo del lavoro e della occupazione.
Qualcuno di voi avrebbe predetto cinque anni fa la situazione occupazionale attuale? Nessuno aveva previsto una caduta ed una innovazione come è avvenuta nella nostra società.
Dico questo per dire che riteniamo giusto l'atto che andiamo a compiere e riteniamo giusto che il bilancio la prossima settimana ne colga alcuni aspetti, come troviamo giusto che il Piano non sia un fatto irrealizzabile sotto questo aspetto.
Vorremmo anche dare atto di questo ragionamento al Consigliere Montefalchesi. Il Piano non si pone larghissime conquiste, ma quello che è possibile fare in una società regionale, con i mezzi regionali muovendo piuttosto delle leve che magari non ci appartengono, ma questa è la parte che diciamo della contrattazione del consenso che se non si realizza evidentemente non permette neppure al Piano di realizzarsi.
Ringrazio quanti sono intervenuti sulla pregiudiziale perché è stata soltanto l'occasione per intervenire nel merito del Piano. E' stato giusto il comportamento della prima parte, cioé il dissociarsi dalla pregiudiziale, ritengo invece non giusto non entrare nel merito per poi esservi entrati attraverso una porta che non è quella principale, quella carraia, attraverso la quale possiamo avere un confronto democratico civile, aperto, quale questo governo auspica in questo Consiglio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Ritengo che il Piano regionale di sviluppo, imperniandosi attorno al processo di cambiamento del nostro sistema economico e cercando di favorirlo, abbia colto la centralità in cui ruotano problemi molto rilevanti come quello della disoccupazione.
Sono stati sottolineati alcuni problemi di maggiore gravità della disoccupazione ed alcuni aspetti del fenomeno dell'innovazione tecnologica sottolineando la validità di praticare un ruolo attivo in questi processi di cambiamento e non semplicemente un ruolo di "inseguimento" del processo di cambiamento.
E' stato sottolineato il peso delle partecipazioni statali, componente importante anche se non decisiva in questa fase di cambiamento.
Il Consigliere Montefalchesi ha proposto un emendamento che ritengo accettabile, una proposta di integrazione, di rafforzamento di quel passo del Piano regionale di sviluppo che assegna un ruolo alle partecipazioni statali. Ad esempio, nel settore dell'elettronica civile la Seleco dovrebbe svolgere un ruolo importante. Purtroppo questo ruolo non ha dimensioni tali da soddisfare tutte le aspettative, però è interessante almeno nella qualità dell' intervento. La Seleco in Piemonte dovrebbe specializzarsi in un settore avanzato della fascia più bassa dei personal computer, settore che certamente non potrà in partenza dare delle risposte rilevanti sul piano occupazionale, ma che si può porre nella direzione di marcia di favorire i processi di innovazione e di cambiamento.
E' nota la disputa all'interno della nostra Regione su una maggiore attenzione sull'innovazione della tecnologia di processo più che sull'innovazione della tecnologia di prodotto.
Credo sia importante accompagnare e favorire da un lato il processo di trasformazione e di innovazione e saldare dall'altro questo elemento ai temi della disoccupazione.
Non vogliamo sollevare delle bandiere puramente propagandistiche, per alcuni interventi sul tema dell'occupazione si possono attuare a livello locale con l'interagire delle energie imprenditoriali, sindacali e degli enti locali.
Certamente il Governo centrale può giocare un ruolo rilevante, non solo con le partecipazioni statali, ma anche con un uso straordinario degli strumenti ordinari esistenti.
Il prepensionamento a 50 anni non può essere un meccanismo decisivo per i nostri problemi, ma una componente significativa. Come significative possono essere forme di operatività come la solidarietà, il volontarismo l'associazionismo per operare in quelle aree interstiziali del sistema economico e per creare in qualche modo delle economie esterne che potrebbero giovare all'intero sistema economico-sociale.
Non a caso, seppure con caratteri diversi, la nostra ipotesi sui cantieri di lavoro, che ha il supporto nella relativa legge, ed altri interventi di questa natura tendono a collocarsi in quelle aree interstiziali in cui il mercato non ritiene ottimale l'intervento che potrebbero invece dare dei risultati significativi.
Anche la cooperazione internazionale non solo è un fatto importante nel rapporto nord-sud, ma una opportunità che può favorire ricadute favorevoli al nostro sistema industriale. Quindi un'attenzione alla cooperazione potrebbe avere dei benefici risultati.
L'indicazione che emergeva dagli interventi che ci sono stati sul problema della cooperazione internazionale credo possa essere colta con estrema attenzione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, colleghi, brevemente per sottolineare alcune previsioni del Piano di sviluppo che riguardano la delega assessorile che mi compete.
Alcune indicazioni sono già frutto di scelte che il Consiglio regionale ha fatto per quanto riguarda il sistema viario e il sistema ferroviario per il trasporto delle merci e in ordine al sistema aeroportuale ed alla difesa del territorio.
Abbiamo voluto rappresentare nel Piano alcune indicazioni che per l'interconnessione e per le scelte dirette che devono provenire da parte governativa abbiano unità di intenti e possibilità di realizzazione.
E' in corso di discussione in Parlamento una legge stralcio per quanto riguarda la difesa del territorio che prevede l'utilizzo di circa 840 miliardi di finanziamenti, una parte dei quali a carico dello Stato e l'altra parte a disposizione delle Regioni.
In questi giorni abbiamo avuto la presenza del Ministro dei trasporti con il quale abbiamo discusso del sistema ferroviario, del sistema del trattamento delle merci e del sistema aeroportuale.
Abbiamo avuto il suo plauso. Il Ministro condivide la strategia del sistema ferroviario piemontese e gli obiettivi che esso si pone in particolare per il trattamento delle merci del centro intermodale di Orbassano, di Domo 2 e per il recupero di Rivalta Scrivia per il centro intermodale da una parte e per il sostegno all'attività portuale dall'altra.
Il discorso Regione Piemonte come regione-cerniera fra Europa ed i porti liguri è stato accolto e considerato un elemento vincente nella prospettiva che vogliamo conseguire nei prossimi anni.
La disponibilità ministeriale è di affiancare lo sforzo regionale per ottenere i risultati che ci siamo proposti. Per quanto riguarda il sistema aeroportuale tutto è demandato alla definizione del piano nazionale dei trasporti che vedrà condensato in un obiettivo coordinato il sistema viario, quello ferroviario e quello aeroportuale. Ci è stata così anticipata la grossa novità di vedere Torino non più penalizzata, ma con prospettive di estremo interesse con collegamenti con scali europei che fanno cintura al sistema aeroportuale e in modo particolare all'aeroporto di Caselle. Se questo avverrà indubbiamente tutti gli sforzi che in passato la Regione Piemonte ha cercato di attivare, in parte naufragati, verrebbero in questo caso realizzati attraverso un sistema di collegamenti di terzo livello.
E' in discussione lo schema di piano poliennale che le Ferrovie dello Stato intendono varare neì prossimi giorni.
La Regione Piemonte guarda con estremo interesse a questo sistema che oltre ai collegamenti principali Torino-Milano, Torino-Genova inserisce un sistema ferroviario che considero minore ma importante per il trasporto passeggeri nella nostra Regione.
La consultazione che già abbiamo attivato per la struttura viaria con i Comprensori e con le Province, ci darà la possibilità di raccogliere gli elementi essenziali per farne oggetto di formulazione e di osservazione sul piano indicatoci dal Ministero dei Trasporti, partecipando così in forma attiva alle scelte che vengono fatte.
Al di là delle osservazioni, puntualizzazioni e valutazioni di carattere generale esistono nel settore che mi riguarda direttamente condizioni estremamente interessanti e valide che nei prossimi anni possono trovare da parte governativa risposte positive per l'avvio di un processo di estremo interesse per l'intera economia regionale.
Per questi motivi il nostro Gruppo dà un voto favorevole al Piano nella certezza che alcuni obiettivi in esso contenuti troveranno soluzione nei prossimi anni.



PRESIDENTE

La parola al Vice Presidente Rivalta.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

Anche dopo questa discussione e le posizioni critiche e le pregiudiziali che sono state espresse da qualche Consigliere, il mio convincimento è che con questa elaborazione del Piano, con la procedura che si è seguita per esaminarlo e discuterlo, si giunga alla fase finale di approvazione in modo positivo perché positivo è il contenuto del piano, sia pure con i limiti che esso può avere.
In esso è individuato un quadro di riferimento possibile e, in quanto tale, reale per lo sviluppo della nostra Regione, un quadro di riferimento che è estrapolato dalla lettura delle tendenze che sono riscontrabili in questo periodo soprattutto nel settore economico.
E' un piano che individua, attraverso gli interventi che indica, gli effetti economici che si possono avere sul sistema sociale.
Non è frutto di improvvisazione di questi ultimi mesi, ma di una elaborazione partita all'inizio della legislatura, che ha avuto una prima formulazione e documentazione nel 1982 che ha visto successivi approfondimenti ed elaborazioni.
Proprio queste prime elaborazioni e questi approfondimenti hanno creato il contenuto di riferimento per le decisioni che la Giunta ha preso anche quando si è trattato di atti specifici e singoli.
L'attività di questi anni ha avuto il carattere della programmazione ha avuto in questa elaborazione purtroppo non sufficientemente discussa ed in qualche caso non accettata alla discussione del Consiglio regionale, un riferimento programmatorio. Devo anche sottolineare che non ci sono state scelte importanti al di fuori di questo quadro programmatorio che si è andato delineando.
La collega Vetrino diceva: "decidiamo la centrale nucleare, ma con qualche riferimento, in quale ambito di politica, di indirizzo economico sociale e culturale?". Credo che questo esempio ci possa permettere di dire come non solo in questo documento finale sia spiegato in quale ambito e in quale indirizzo politico economico culturale, si colloca la costruzione della centrale nucleare. Non mi rifaccio tanto ai problemi dell'energia che certo sono la base di una scelta di questo tipo, ma mi rifaccio al fatto che in questa analisi delle tendenze in atto, dei problemi che emergono nella nostra società, si individua in questo Piano il problema dell'innovazione tecnologica, dell'ammodernamento del sistema di funzionamento della nostra economia. Proprio con riferimento ai problemi di innovazione tecnologica, di ammodernamento del sistema di funzionamento della nostra società, si ritrova quell'ambito di riferimento che richiedeva la collega Vetrino per la centrale nucleare.
E' indubitabile che questo problema, come tanti altri, fanno riferimento agli obiettivi che ci si pone di riattivazione economica e di ripresa della struttura produttiva, sollecitano un impegno nel settore della ricerca. Già in questi anni la Regione è stata un soggetto che ha sollecitato la ricerca in questo specifico settore che prendo come esempio ma il ragionamento potrebbe essere rivolto a vari altri interventi primari indicati nel Piano che hanno mobilitato centinaia di docenti nel portare avanti la ricerca di conoscenze in modo autonomo.
Questo è uno dei fattori su cui l'ente pubblico deve agire per promuovere gli indirizzi che nel Piano sono indicati.
L'esempio della centrale nucleare mi riconferma come in questo documento, che arriva nel mese di dicembre 1984, c'è condensato un atteggiamento, un modo di lavorare e di costruire le nostre convinzioni e le nostre decisioni di tipo programmatorio.
Analogo ragionamento lo potrei fare sull'altra domanda che poneva la collega Vetrino.
Sito in che cosa si colloca? Credo che basti leggere il progetto dell'area metropolitana di Torino per vedere dove si colloca il progetto del centro intermodale, in quale struttura di ammodernamento del sistema di funzionamento dell'area metropolitana. Potrei ripetere che la collocazione nella filosofia del piano è di nuovo nella ricerca degli interventi che favoriscono l'innovazione. Il centro intermodale non é soltanto un piazzale di scambio per le merci, ma deve essere una struttura tecnologicamente avanzata sul piano dell'informazione, della gestione. E' certamente una parte non irrilevante del quadro di ammodernamento del sistema infrastrutturale dell'intera Regione, che si ritrova in altri progetti territoriali o in altri progetti di intervento per aree economiche. In questo senso mi sembra sia motivata la ricusazione dell'accusa della genericità e della imprecisione. Nei programmi finalizzati e nelle politiche di settore c'è la ricerca di intersecare fra di loro, di fare operare in maniera coerente e integrata molteplici fattori di sviluppo, c'è la ricerca di integrare i problemi dello sviluppo economico con i problemi dell'impatto ambientale, della salvaguardia e della qualificazione dell'ambiente, c'è uno sforzo di creare le premesse, laddove ancora le indicazioni progettuali non possono esistere, o di indicare elementi di possibile definizione progettuale in cui gli aspetti economici ed ambientali coesistono, si comparano e cercano di trovare il giusto equilibrio.
E' stato detto che la Giunta regionale ha iniziato ad operare in una situazione di piena occupazione nel 1980 e che ora opera in una situazione con più del 10 per cento dei disoccupati. Non credo che questo richiamo sia una accusa alla Giunta regionale, essendo molteplici i fattori, le ragioni le motivazioni, i riferimenti di responsabilità che si possono trovare in un processo di questo genere.
Questo piano introduce una analisi che forse non è così complicata e così astrusa, ma è puntuale sulla situazione e sulle ragioni per cui avvengono i processi che allentano l'occupazione.
Coglie le ragioni oggettive per cui si stanno creando nell'assetto occupazionale così grandi ed accentuate trasformazioni e, di fronte a questa analisi oggettiva, pone quella che è una delle filosofie portanti del piano, la fase storica innovativa che è richiesta dai processi produttivi, dai processi di sviluppo industriale e cerca di farlo forse non ancora del tutto in maniera razionale, ma cerca di farlo senza mitizzazione, riconoscendo però che senza un processo di innovazione sani difficile persino darsi una prospettiva che permetta di recuperare spazi di occupazione. In questo senso sono d'accordo con le precisazioni di Montefalchesi a questo proposito.
Dobbiamo non essere schiavi di un processo che autonomamente si sviluppa senza il controllo della società, della comunità. Un processo di innovazione che venga sfruttato da qualcuno per acquisire maggiori profitti contro altri che vengono emarginati in situazione di nuova povertà.
La precisazione del Consigliere Montefalchesi l'assumo come richiamo ad una interpretazione di quanto è qui scritto e che forse non si esprime in questi termini.
Credo sia anche importante il richiamo che Montefalchesi faceva dell'esigenza che ente pubblico sia un soggetto fra gli altri per favorire determinare, orientare, articolare nel tempo e quindi graduare il processo di innovazione.
In alcuni capitoli del Piano viene detto in quali ambiti è opportuno marciare con maggiore accelerazione ed in quali ambiti è opportuno procedere con maggiore cautela rispetto all'innovazione.
Si fa qui la differenziazione fra i settori ad economia aperta rispetto al mercato internazionale e quelli ad economia chiusa. Montefalchesi sollecitava criticamente una riconsiderazione sul problema del prepensionamento e della Cassa integrazione. Credo ci sia stato un equivoco di interpretazione rispetto alle cose che dicevo. Non considero affatto il pre pensionamento come un puro atto assistenziale perché certo può essere la premessa per aprire a una situazione di assestamento nel settore dell'occupazione e quindi con effetti che non sono affatto sostanziali, che possono invece rispondere ad esigenze strutturali della società e possono persino strutturalmente migliorare le condizioni di applicazione della forza lavoro e della sua azione all'interno del sistema produttivo. Avevo fatto un riferimento forse critico al prepensionamento perché, dal punto di vista umano, il prepensionamento a 50 anni è difficile da accettare. Avevo evidenziato che prepensionamento e cassintegrazione dovessero essere rivisti come strumenti di una politica industriale e di una politica dell'occupazione, mentre oggi sono surrettiziamente portati ad essere politica dell'occupazione e strumento di una politica industriale.
Per una osservazione puntuale che è stata sollevata ribadisco che non è vero che manchi un documento sull'attuazione del primo Piano di sviluppo.
Le deliberazioni fanno preciso riferimento ad una relazione sullo stato di attuazione del programma pluriennale di attività e di spesa del Piano di sviluppo 77-80. E' un documento pieno di tabulati oltre che di carte descrittive ed illustrative. Nessun altro documento potrebbe documentare minutamente, capillarmente persino amministrativamente che cosa si è fatto in applicazione del primo Piano regionale di sviluppo. E' stato detto che siamo ormai a fine legislatura.
E' un atto di responsabilità che recupera quel tanto di quadro programmatorio che si è creato coscientemente attraverso un insieme di atti che si sono svolti in questi anni; non siamo mai andati alla cieca nel prendere le decisioni importanti, l'abbiamo fatto dopo una elaborazione programmatoria che qui è formalmente documentata, che recupera quindi questa situazione, ci dà delle indicazioni di indirizzo programmato per i prossimi mesi. Molte decisioni che sono qui dovranno essere prese in questi mesi, per il problema della centrale nucleare, per il discorso sul Po, per l'approvazione di un piano territoriale operativo sull'asta fluviale del Po, per attuare quello che qui è chiamato programma finalizzato Po, per la meccanizzazione per la quale si sta definendo la convenzione con la Snam e per tante altre questioni importanti, relative al sistema dei trasporti e al settore del lavoro e dell'industria.
Questi mesi di lavoro, prima delle elezioni, vogliamo che siano intensi di lavoro come intensi sono stati quelli di quest'anno. Tutto questo servirà alle forze politiche che governeranno dopo le elezioni, per superare il periodo che intercorrerà fino all'approvazione di un nuovo Piano di sviluppo.
Nell'autonomia delle forze politiche che governeranno ci sarà la possibilità di decidere con una deliberazione del Consiglio regionale di non accettare parte del piano dopo la formazione della nuova Giunta. Gran parte degli interventi qui indicati sono interventi che anche le amministrazioni future dovranno perseguire, magari con modalità e caratterizzazioni diverse. D'altra parte, quando decidiamo sulla centrale nucleare, o cerchiamo di avviare il Sito, o attuiamo uno spezzone dì un piano dei trasporti e della viabilità, facciamo qualcosa che riguarda la formazione politica di una Giunta entro una legislatura o non decidiamo già anche in quei momenti con atti specifici per il futuro e quindi per il futuro anche delle amministrazioni comunali. Il piano contiene tabelle percorsi da fare, fasi di definizione programmatoria ancora necessarie, chi ha la competenza, deve intervenire, con i finanziamenti necessari e possibili.
E' aperta la politica per ricevere nuove risorse dai canali tradizionali pubblici, FIO, CEE, è aperta la sollecitazione per finanziamenti di altra natura.
Il Piano sotto questo profilo vuole essere anche di riferimento per la partecipazione degli operatori privati, i quali dopo aver sollecitato l'operatore pubblico è poi molto meno disponibile ad intervenire finanziariamente.
Tutto questo richiede una particolare attenzione sulla struttura interna della Regione. Il Piano ha anche la funzione di mettere in attenzione l'attuazione di certi processi programmatori, di certe visioni non solo settoriali, ma aggregate per temi o per aree territoriali richiede una struttura funzionariale di tipo diverso. Richiede persino una Giunta composta in modo diverso e articolata in modo diverso. Il Piano pone l'ampiezza di queste problematiche ed indica delle soluzioni che possono essere utili anche al di là delle elezioni per poter andare avanti e non partire da zero.
Finisco con un ringraziamento che non è di rito, ma per parte mia sentito. Ringrazio i collaboratori, tutti coloro che hanno partecipato attivamente alla disoccupazione, anche da posizioni critiche, ringrazio gli Assessori che hanno partecipato attivamente alla stesura del piano lres, i suoi funzionari che hanno trovato da un lato ragione di gratificazione in un lavoro di carattere programmatori° uscendo dalla routine della pratica amministrativa, ma che, al dì là di questa gratificazione, si sono impegnati duramente per rendere possibile questa elaborazione.



PRESIDENTE

Finita la discussione generale, passiamo all'esame della relativa deliberazione.



(I Consiglieri appartenenti ai Gruppi D.C., P.L.I., P.R.I. ed M.S.I.-D.N. abbandonano l'aula)



PRESIDENTE

Su tale deliberazione sono stati presentati i seguenti emendamenti: 1) Dai Consiglieri Reburdo, Montefalchesi e Barisione: emendamento sostitutivo delle integrazioni riguardanti il ruolo delle partecipazioni statali pag. 25: "Infine un ruolo specifico nelle politiche di sostegno all'innovazione del sistema produttivo può essere svolto dalle PP.SS. che operano nella nostra Regione.
La presenza complessiva delle PP.SS. in Piemonte supera di poco le 40.000 unità (così ripartite tra i diversi Enti: EFIM 1.000, ENI 3.400 oltre 36.000 IRI).
Il peso occupazionale delle PP.SS. piemontesi è quindi marginale rispetto alla consistenza complessiva delle PP.SS. a livello nazionale, ed anche rispetto ad alcune Regioni del Nord come la Lombardia.
Tuttavia le PP.SS. in Piemonte rivestono, dal punto di vista qualitativo, un ruolo importante per la presenza di aziende che operano nella ricerca e nella produzione di settori a tecnologia avanzata (si veda ad esempio il ruolo della Sip, dello CSELT, dell'Aeritalia, della DEA) e dall'altro in aziende impegnate in processi di ristrutturazione in settori "maturi" (come la Finsider e l'Enichimica).
I processi economici e produttivi che stanno caratterizzando le aziende a partecipazione statale assumono quindi un significato emblematico e costituiscono un segnale importante al sistema delle imprese, sia sul fronte dell'innovazione, sia sul fronte della ristrutturazione. Passando ad un esame più articolato della presenza delle partecipazioni statali nei vari settori produttivi a cominciare dalla siderurgia, è utile svolgere alcune considerazioni.
La siderurgia pubblica piemontese sta attraversando un momento di necessaria ristrutturazione. Questa fase inevitabile non deve però ridursi ad un mero taglio di opportunità produttive, ma deve costituire l'opportunità di un rinnovamento tecnologico ed economico attraverso la trasformazione di tutti gli elementi costitutivi: i rapporti con i mercati la tipologia dei prodotti, l'impiantistica, le tecnologie e l'organizzazione stessa della produzione.
Sulla base di queste considerazioni generali, è opinione diffusa nella nostra Regione che si continui a sottovalutare quale sia stato il costo sin qui pagato in termini di posti di lavoro persi. Sono inoltre fortemente sottostimati elementi importanti che caratterizzano la siderurgia piemontese quali: la vicinanza ad importanti sbocchi di mercato e la competitività di varie attività produttive (ad esempio LAF e IAI).
Questo ovviamente non significa riproporre una cristallizzazione della situazione esistente, ma la necessità di una valutazione più generale che partendo dai contenuti dell'accordo Teksid-Finsider sappia ricercare le possibili compensazioni e garantire la costanza del saldo occupazionale nel polo torinese.
Analogo discorso va fatto per le produzioni siderurgiche dell'Alto novarese, dove tenendo in considerazione la pesante situazione economica di quell'area comprensoriale, l'Iri dovrà impegnarsi nella ricerca di assetti imprenditoriali che massimizzino l'occupazione.
Nel settore chimico è da contrastare il disegno di abbandono dell'area piemontese da parte delle partecipazioni statali.
Se si considera che l'operatore privato Montedison sta da anni perseguendo una linea analoga, le ripercussioni per il settore chimico piemontese non possono che essere drammatiche.
Se nei confronti dei settori maturi il comportamento delle partecipazioni statali sia per molti versi discutibile, nei confronti del settore terziario nel suo complesso è addirittura preoccupante.
Da anni le partecipazioni statali stanno ridimensionando, trasferendo ed a volte chiudendo, centri pubblici di ricerca con notevole tradizione scientifica e spesso eon indubbia solidità economica (valga l'esempio dell'Isml, del Cerimet, del Centro ricerca Enichimica di Borgaro Torinese).
A questo si deve aggiungere una vera e propria strategia di smantellamento dei centri direzionali Rai e Sip, o meglio delle parti dì questi che ancora rimangono nella nostra Regione.
Certamente infine non favorisce il rafforzamento di un settore terziario e di servizio nell'economia piemontese, la posizione marginale di cui l'Alitalia mantiene i servizi aerei per la Regione ed in particolare per l'area metropolitana torinese.
Sulla base delle considerazioni fatte e rispetto al ruolo che potrebbe svolgere, la politica delle partecipazioni statali in Piemonte va quindi attentamente riconsiderata.
Pensare di polarizzare ricerca scientifica e funzioni terziarie superiori, servizi di trasporto strategici, attività culturali e attività direzionali unicamente su Roma e Milano, rappresenta una scelta politica che non risponde a quello che è l'interesse generale del sistema economico".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti in aula.
2) Dal Consigliere Montefalchesi: pag. 20: sopprimere le parole "si suppone 'meno produttivi' e".
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

La prima integrazione della Giunta tratta della questione dei lavoratori portatori di handicap. Propongo di togliere le parole: "si suppone meno produttivi".
E' vero che a volte i lavoratori portatori di handicap sono meno produttivi ma è anche vero che una collocazione mirata può rendere un lavoratore portatore di handicap fisico produttivo quanto un lavoratore non portatore di handicap.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti in aula.
3) Dai Consiglieri Reburdo, Montefalchesi e Ariotti: emendamento aggiuntivo punto 3-2) bis - pag. 23: "La cooperazione internazionale.
In Piemonte esistono esperienze, disponibilità, volontà a livello individuale e associato che con grandi difficoltà tentano di svolgere un ruolo serio e responsabile nel campo della cooperazione internazionale.
Il riferimento è alle organizzazioni di volontariato, ad istituzioni pubbliche come Politecnico, Università, ad Istituti come L' Ipla, ad Enti come il Cep-Enaip, ad opere come quelle Missionarie, ad alcuni settori ancora marginali dell'industria e della finanza, ma anche a singole persone, individualità, "competenze", "disponibilità", che si trovano ad operare unicamente con la volontà che li caratterizza senza adeguati sostegni pubblici o della collettività.
D'altra parte anche tra i lavoratori dell'industria e di altri servizi tra i giovani, tra i disoccupati ed i cassintegrati esistono, se verificate, disponibilità a cimentarsi nel campo della cooperazione internazionale.
Inoltre alcuni Enti locali piemontesi sono impegnati da anni a svolgere azioni di sensibilizzazione a interventi finanziari a favore di progetti di cooperazione internazionale, mettendo a disposizione significativi stanziamenti.
Alcuni gruppi (volontariato ed altri) che da anni sperimentano direttamente il loro intervento in Paesi africani ed in altri Paesi del Terzo Mondo, sarebbero disponibili a mettere al servizio di un impegno più collettivo la loro esperienza.
Pertanto si pone concretamente il problema di rispondere a questi interventi importanti ma scoordinati con una attivazione della Regione.
Si propone quindi che la Regione si faccia parte attiva, nel costruire una esperienza che puntando sulle singole disponibilità (individuali ed associate) sappia esprimere progetti coordinati di intervento.
Più specificatamente si richiede che nell' ambito del secondo Piano regionale di sviluppo, si costruisca un "Progetto cooperazione internazionale" che si ponga alcuni obiettivi: individuare, in collaborazione con i Paesi interessati e con le organizzazioni che hanno consolidate esperienze in materia, aree di Terzo Mondo presso le quali si possa intervenire per progetti di sviluppo sollecitare tutte le "potenzialità" regionali (pubbliche, private sociali, culturali) a cimentarsi su questi progetti svolgere un serio lavoro formativo utilizzando le diverse esperienze presenti sul nostro territorio coinvolgere le strutture bancarie e quelle industriali sollecitare tutte le aree sociali e dare la loro disponibilità.
Naturalmente questo deve avvenire garantendo: da un lato la non sovrapposizione a progetti esistenti dall'altro un serrato ed ovvio rapporto con il Dipartimento cooperazione e sviluppo.
Questo progetto deve coinvolgere nel coordinamento tutti gli Enti locali, pur nel rispetto delle singole autonomie e ruoli".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti in aula.
4) Dai Consiglieri Biazzi, Montefalchesi, Barisione, Avondo, Cerutti e Moretti: emendamento aggiuntivo da inserire all' inizio dell'emendamento della Giunta regionale: "Progetto Verbano-Cusio-Ossola", pag. 126; "Obiettivo prioritario è quindi, il riavvio ed il mantenimento delle produzioni del nylon 66 e di acetato".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti in aula.
5) Dall'Assessore Calsolaro ed altri: emendamento soppressivo pag. 79 cancellare l'ultimo periodo dell'ultimo capoverso. La parola all'Assessore Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'energia

I colleghi avranno letto sulla Stampa stamattina che l'Enea ha presentato il piano energetico regionale che contiene la fotografia della situazione energetica del Piemonte.
Nell'ambito del piano energetico, lo Snam, deve presentare il piano della metanizzazione.
Il piano individua nella metanizzazione uno degli elementi strategici per la diversificazione della politica energetica.
Ho sempre sostenuto che il piano della metanizzazione deve essere esaminato ed approvato dal Consiglio regionale. In questo quadro il Consiglio regionale individua le risorse da conferire per l'attuazione del piano della metanizzazione.
Nei prossimi giorni sarà distribuito ai Consiglieri e entro poco tempo contiamo di distribuirlo agli enti locali interessati.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti in aula.
6) Dai Consiglieri Montefalchesi, Avondo, Di Gioia, Barisione e Moretti: dopo il punto 2) "Mercati all'ingrosso" aggiungere a pag. 238 il seguente punto 3): "3) La tutela del consumatore.
La tutela del consumatore diviene ogni giorno più urgente in una società sempre più complessa ed articolata nelle sue manifestazioni.
Molti problemi di difesa e tutela del consumatore non possono che essere affrontati a livello nazionale nei loro aspetti giuridico istituzionali come adeguamento della nostra legislazione a quella di altri paesi europei più industrializzati. Si tratta cioè di attuare provvedimenti legislativi e regolamentari tali da garantire approfondite e precise azioni di tutela del cittadino consumatore, fino a creare condizioni diffuse di automatico rispetto delle necessità salutari e delle convenienze patrimoniali di ciascun consumatore. Un salto culturale in sostanza, da parte dei produttori, dei commercianti e dei consumatori che incrementi il livello qualitativo dell'offerta di prodotti e dei servizi resi migliorando in ultima analisi le condizioni reali di equilibrio sul mercato, almeno di quelle condizioni ritenute determinanti ed essenziali come la corretta informazione degli attori sullo stesso e la loro possibilità di controllo.
Ma anche a livello di consumatori v'è da sostenere e promuovere l'aggregazione in movimenti volontari dei cittadini, così che maturi presso gli stessi la coscienza ed il convincimento che la loro organizzazione renderà possibile realizzare effettive forme di difesa civile e di dialettica costruttiva tra le parti. Un salto culturale anche questo che permetterà di aggregare i cittadini su battaglie civili, nel loro complesso di notevole rilievo per la costruzione di forme più avanzate di democrazia e partecipazione. In Italia ed in Piemonte non si è ancora sviluppato a sufficienza un movimento consistente e ricco di esperienze su questo aspetto della convivenza civile, e nel contempo l'attività di tutela da parte della pubblica amministrazione risulta non adeguato.
In tale situazione l'impegno regionale assume un valore ancora maggiore di quanto la novità dei contenuti gli assegnerebbero, qualificando e promuovendo il movimento volontario.
Impegno prioritario della Regione è l'approvazione di una legge che favorisca l'associazionismo in difesa del consumatore e predisponga interventi di tutela. La base di discussione è il disegno di legge in materia già predisposto dalla Giunta regionale rispetto al quale saranno valutate le diverse osservazioni pervenute e si terrà conto dell'evoluzione legislativa e del dibattito avviato in altre Regioni ed a livello nazionale" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti in aula.
Pongo ora in votazione tale deliberazione. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 19/8/1977 n. 43, recante 'Le procedure della programmazione' esaminati i documenti costituenti il Piano regionale di sviluppo previsti dall'art. 4 della predetta legge regionale n. 43/1977, predisposti dalla Giunta regionale ed approvati con le deliberazioni n. 71-34865 del 31/5/1984 e n. 1-35321 del 21/611984 considerato che, a seguito della presentazione al Consiglio delle proposte di cui sopra, si sono svolte le consultazioni di legge preso atto delle osservazioni formulate dalla I Commissione e trasmesse alla Giunta regionale a conclusione delle consultazioni medesime preso atto che in dipendenza di tali proposte, la Giunta regionale ha provveduto all' integrazione dei documenti di piano nei termini di cui al testo allegato alla deliberazione n. 79-39157 del 2911111984 di cui costituisce parte integrante visto il parere favorevole - espresso a maggioranza - dalla I Commissione 'Bilancio e programmazione', ai sensi dell'art. 22 dello Statuto regionale esaminate e discusse le relazioni della Giunta, in relazione anche agli adempimenti di cui all'art. 22 dello Statuto regionale tutto quanto sopra esaminato, visto e considerato delibera di approvare, ai sensi dell'art. 16 lettera c) dello Statuto regionale e dell'art, 6, quarto comma della legge regionale n. 43/1977, il Piano regionale di sviluppo quale risulta dai documenti previsti dall'art.4 della legge regionale n. 43/1977 citata, e nel testo definitivo emergente dagli allegati alle deliberazioni della Giunta regionale n. 71-34865 del 31/5/1984 e n. 1-35321 del 21/6/1984, nonché dell'allegato alla deliberazione della Giunta regionale n. 79-39157 del 29/11/1984 recante modifiche ed integrazioni ai documenti di cui in precedenza.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti in aula.



(I Consiglieri dei Gruppi D.C., P.L.I., P. R.I, e M.S.I.-DN rientrano in aula)


Argomento: Petizioni

Esame progetto di legge n. 457: "Convalida della deliberazione della Giunta regionale n. 2-38263 in data 30 ottobre 1984"


PRESIDENTE

Il punto ottavo all'ordine del giorno prevede l'esame del progetto di legge n. 457: "Convalida della deliberazione della Giunta regionale n. 2 38263 in data 30 ottobre 1984".
Relatore è il Consigliere Avondo che dà per letta la relazione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Nerviani. Ne ha facoltà.



NERVIANI Enrico

Vorrei che per questa legge fossero messi a nostra disposizione gli atti dell'Ufficio di Presidenza con i quali è stata dichiarata l'ammissibilità della legge di iniziativa popolare che prevede l'intervento della Regione per il ripiano del costo dei tickets a carico dei cittadini della Regione Piemonte.
Sono ben cosciente che la competenza esclusiva è del Consiglio di Presidenza per quanto attiene l'ammissibilità e la ricevibilità di proposte di questo tipo, ma essendo stato il Consiglio regionale coinvolto in questa decisione perché attiene a problemi di bilancio, ritengo che non si possa impedire a un Consigliere di entrare anche nel merito per cui una spesa viene fatta e sostenuta dalla Regione Piemonte.
I 4 milioni che la Regione Piemonte deve rimborsare agli organizzatori di questo referendum sono a mio avviso di difficile comprensione trattandosi di una iniziativa popolare che a mio parere contrasta con le norme di legge che prevedono che non vi possa essere iniziativa popolare riguardante voci di bilancio e l'applicazione di leggi dello Stato.
E' vero che l'ostacolo è stato aggirato, ma è altrettanto vero che la Regione deve intervenire direttamente sottraendo, nel caso questa legge fosse approvata, delle somme dal proprio bilancio destinate ad altri fini per pagare somme che i cittadini debbono versare per indicazione fissata da una legge dello Stato.
Avanzo seri dubbi sull'ammissibilità di una richiesta di questo genere e ritengo che il Consiglio di Presidenza debba esaminare con più attenzione e rigore la proposta che proviene da coloro che hanno indetto la petizione per la sottoscrizione di una legge di iniziativa popolare.
Chiedo di conoscere le motivazioni ed i fondamenti legislativi sui quali l'Ufficio di Presidenza, che sicuramente li ha raccolti, ha fissato la propria decisione di dichiarare ammissibile la richiesta di una legge di iniziativa popolare in materia.



PRESIDENTE

Senz'altro, l'Ufficio di Presidenza le invierà tutta la documentazione relativa all'ammissibilità della proposta di legge di iniziativa popolare.
Per quanto riguarda il merito della questione, ci sarà una sede per la discussione immediata. Tuttavia mi pare che questo non precluda la possibilità di esaminare ora il disegno di legge 457 data l'urgenza.



BRIZIO Gian Paolo

Confermiamo la richiesta di dibattito.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Rilevo che non è stato rispettato l'impegno di procedere alle ore 18 all'esame di uno specifico argomento all'ordine del giorno.
A questo punto mi considero completamente svincolato da qualunque tipo di impegno comportamentale in aula in ordine agli argomenti che verranno assunti.



AVONDO Giampiero

Possiamo essere d'accordo sul rinvio a domattina, della votazione. Il rilievo posto dal Consigliere Nerviani mi pare vada al di là del merito della proposta di legge, perché riguarda un altro chiarimento che dovrà essere fatto in altra sede, prima dell'approvazione in questione.



VIGLIONE Aldo, Presidente Giunta regionale

Se domattina si terrà seduta del Consiglio regionale si potrà affrontare con pienezza questo problema.



NERVIANI Enrico

La nostra posizione al riguardo non è definita perché non intendiamo frapporre eccessivi ostacoli all'approvazione di questa proposta di legge che viene avanzata per l'erogazione del contributo previsto per il rimborso delle spese ai promotori della legge di iniziativa popolare. Abbiamo per richiesto la documentazione sulla quale è stata fondata l'ammissibilità della richiesta.
Questa condizione è fondamentale per valutare in un senso o nell'altro la proposta di legge portata questa sera in Consiglio.
Se personalmente manterrò eccezioni sull'ammissibilità è chiaro che mi comporterò conseguentemente nel momento in cui dovrò approvare l'inserimento di una nuova voce nel bilancio del 1984.
Pertanto il rinvio a domani mattina non lo ritengo sufficiente.
Ritengo giusto un rinvio a mercoledì prossimo: in quella seduta esprimerò in via definitiva il nostro pensiero al riguardo.



MARCHINI Sergio

Chiedo che la seduta continui. Il passaggio alla seduta segreta va deliberato o perché si ritiene che è una vicenda che attiene alle persone o perché c'è una proposta motivata.



PRESIDENTE

La seduta sta continuando. Esaminiamo il punto di cui i Consiglieri hanno avuto conoscenza per telegramma. Trattandosi di un punto che riguarda il merito di persone, nella fattispecie dei Consiglieri regionali Simonelli e Testa, la proposta dell'Ufficio di Presidenza è che la seduta sia segreta.



MARCHINI Sergio

Faccio notare che la motivazione non può essere questa perché la materia che ci avviamo ad esaminare non riguarda persone ma situazioni giuridiche.



PRESIDENTE

L'opinione della Presidenza è che si tratta di materia da trattare in seduta segreta. A suffragio di questa posizione vi sono altri interventi? Il Consigliere Marchini ha fatto una obiezione, chiedo che il Consiglio si esprima.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Contrariamente a quanto ha detto il collega Marchini, la questione riguarda persone, perché stando a quanto comunicato con il telegramma riguarda la questione della incompatibilità a sedere in questo Consiglio dei colleghi Testa e Simonelli.
A parte la rilevanza della decisione dei Capigruppo, mi pare che la questione vada trattata in seduta segreta perché riguarda persone non in quanto tali ma con riferimento a una posizione giuridica che si presume essere in contrasto con la legge elettorale.
Se sussistono ancora dubbi sull'essere segreta o non segreta la seduta lo stesso art. 43 del Regolamento consente di sciogliere il nodo: "il Consiglio può riunirsi in seduta segreta quando vi sia una proposta motivata del Presidente del Consiglio o della Giunta o di almeno 10 Consiglieri. Su tale proposta delibera per alzata di mano".
Se sussistono dubbi, si deve seguire questa procedura.



PRESIDENTE

Ritengo che i dubbi sono stati fugati. Pertanto non ritengo si ricorra a una votazione.. Possiamo iniziare la seduta segreta. Gli estranei al Consiglio sono pregati di uscire.
L'adunanza sospesa alle ore 18,25, prosegue in seduta segreta con il seguente punto: "Determinazioni nei confronti dei Consiglieri regionali Claudio Simonelli e Gianluigi Testa ai sensi degli articoli 3 e 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154".
Al termine della seduta segreta, vengono assunte le seguenti deliberazioni: "Il Consiglio regionale vista la lettera del Presidente della Giunta regionale pervenuta il 6/12/1984 con cui si comunica al Consiglio che la Giunta regionale con deliberazione n. 59-38577 dell' 8/11/1984, ha autorizzato il Presidente della Giunta regionale a costituirsi parte civile nel procedimento penale contro Zampini ed altri fra cui i Consiglieri regionali Claudio Simonelli e Gianluigi Testa e che la costituzione è stata ammessa preso atto che la legge 23 aprile 1981 n. 154, recante norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di Consigliere regionale provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, stabilisce all'art. 3, primo comma n. 4, che non può ricoprire la carica di Consigliere regionale colui che ha lite pendente con la Regione, in quanto parte in un procedimento civile od amministrativo considerato quindi che la pendenza di un processo penale nei confronti dell'eletto per reato commesso nei riguardi dell'Ente non è di per sé causa di incompatibilità, ma che questa può invece ravvisarsi quando l'Ente si sia costituito parte civile, cumulandosi in tale ipotesi il processo civile con quello penale preso atto che l'art. 7 della citata legge n. 154/81 recepito testualmente dal Regolamento consiliare all'art. 16, prevede che quando successivamente alle elezioni si verifichi qualcuna delle condizioni di incompatibilità previste dalla legge, il Consiglio la contesti all'interessato, il quale ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare tale causa.
Il Consiglio regionale con la seguente votazione effettuata a scrutinio segreto ai sensi dell'art. 64, quinto comma del Regolamento: presenti 54 votanti 54 hanno risposto SI 41 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri schede bianche 4 delibera di contestare ai sensi dell'art. 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154 al Consigliere regionale Claudio Simonelli che si è verificata una condizione prevista dall'art. 3 della legge 23 aprile 1981 n. 154, come causa di incompatibilità e di assegnare al Consigliere medesimo il termine di dieci giorni dalla data della notificazione della presente deliberazione, per formulare osservazioni o per eliminare la causa di incompatibilità".
"Il Consiglio regionale vista la lettera del Presidente della Giunta regionale pervenuta il 6/12/1984 con cui si comunica al Consiglio che la Giunta regionale con deliberazione n. 59-38577 dell' 811111984, ha autorizzato il Presidente della Giunta regionale a costituirsi parte civile nel procedimento penale contro Zampini ed altri fra cui i Consiglieri regionali Claudio Simonelli e Gianluigi Testa e che la costituzione è stata ammessa preso atto che la legge 23 aprile 1981 n. 154, recante norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di Consigliere regionale provinciale, comunale e circoscrizionale ed in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, stabilisce all'art. 3, primo comma, n. 4, che non può ricoprire la carica di Consigliere regionale colui che ha lite pendente con la Regione, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo considerato quindi che la pendenza di un processo penale nei confronti dell'eletto per reato commesso nei riguardi dell'Ente non è di per sé causa di incompatibilità, ma che questa può invece ravvisarsi quando l'Ente si sia costituito parte civile, cumulandosi in tale ipotesi il processo civile con quello penale preso atto che l'art. 7 della citata legge n. 154181 recepito testualmente dal Regolamento consiliare all'art. 16, prevede che quando successivamente alle elezioni si verifichi qual- cita delle condizioni di incompatibilità previste (falla legge, il Consiglio la contesti all'interessato, il quale ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare tale causa.
Consiglio regionale con la seguente votazione effettuata a scrutinio segreto ai sensi dell'art. 64, quinto comma del Regolamento: presenti 54 votanti 54 hanno risposto SI 45 Consiglieri hanno risposto NO 6 Consiglieri schede bianche. 3 delibera di contestare ai sensi dell'art. 7 della legge 23 aprile 1981, n. 154 al Consigliere regionale Gianluigi Testa che si è verificata una condizione prevista dall'art. 3 della legge 23 aprile 1981, n. 154 come causa di incompatibilità e di assegnare al Consigliere mede simo il termine di dieci giorni dalla data della noti ficazio- ne della presente deliberazione, per formulare osservazioni o per eliminare la causa di incompatibilità".



(La seduta ha termine alle ore 20.05)



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