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Dettaglio seduta n.290 del 06/12/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente l'area che circonda la Mole Antonelliana


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze".
Esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Cerchio, inerente l'area che circonda la Mole Antonelliana.
Risponde il Presidente Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale.

Come il Consigliere rileva, nell'area circostante la Mole Antonelliana molte cose restano da fare per ridare pulizia e decoro ad un ambiente urbano sempre più frequentato dai turisti Peraltro, nell'ultimo decennio, grazie all'impegno del Comune di Torino ed alla collaborazione della Regione, la stessa Mole è stata recuperata per spazi espositivi, mostre d'arte, manifestazioni culturali. Si tratta del primo, importante passo per rivitalizzare un insigne monumento, simbolo non solo di Torino ma dell'intero Piemonte.
Anche la zona attigua è stata oggetto di interventi migliorativi. La parte bassa dei giardini reali è stata completamente rinnovata, con la ristrutturazione ed il restauro dei muraglioni e della palazzina di via Rossini angolo corso San Maurizio. Per quanto riguarda il piazzale a fianco del palazzo universitario (area dell'ex casermone), il Comune ha effettivamente approntato un progetto di sistemazione, con la realizzazione di un centro civico che dovrebbe intitolarsi ad "Aldo Moro"; purtroppo i lavori non possono essere iniziati per questioni legate alla rigidità della legge finanziaria statale. La sistemazione dell'area consentirebbe di risolvere in misura significativa problemi di decoro ambientale e di parcheggi, quali vengono lamentati nell'interrogazione.
Sarà cura dell'amministrazione regionale insistere sul complesso dell'area partendo dalla manica nuova di Palazzo Reale fino all'attrezzatura museale e anche di laboratorio, ai giardini reali ed al complesso che si estende fino alla Mole. Si tratta di un'area di grande importanza e valore storico, di riferimento per tutto il Piemonte.
Ringrazio il Consigliere Cerchio per averlo evidenziato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio il Presidente della Giunta regionale per la risposta semplice ma significativa, in ordine alla situazione di abbandono del centro storico di Torino in particolare attorno alla Mole Antonelliana simbolo di Torino e del Piemonte.
Non è sufficiente aver riaperto la struttura alle mostre ed alle esposizioni come richiamo per il turismo nazionale e internazionale se poi tutt'attorno imperano sporcizia, degrado di abitazioni che sono crollate o che stanno per crollare come situazioni anche drammatiche di questi mesi ci hanno dimostrato.
Il simbolo della città non è più testimoniato dalla presenza della Mole, ma dal degrado.
Non ha senso aver riaperto la Mole, se intorno le strade sono sporche buie e intasate.
Sembra impossibile che il Comune di Torino che ricicla, utilizza rastrella non pochi denari per attività certamente non di consolidamento infrastrutturale, ma di acquisizione del consenso, soprattutto in vicinanza della scadenza elettorale.



PRESIDENTE

Siamo in Consiglio regionale, non in Consiglio comunale di Torino. La prego di stare in argomento.



CERCHIO Giuseppe

Certo, poiché Torino è l'espressione caratteristica e tipica della realtà regionale, poiché Torino è la Regione Piemonte, non riusciamo a capire come il Comune di Torino non trovi i denari per sistemare nel piazzale dell'ex casermone il centro civico "Aldo Moro", memoria importante in termini indicativi, certamente non realizzato in termini pratici considerando che il Comune di Torino amministra un bilancio di miliardi.
Forse sarebbe opportuno, seguendo il suggerimento a proposito del Presidente della Giunta regionale, risparmiare sugli 800 miliardi di spesa corrente che il Comune di Torino realizza.
Invito il Presidente della Giunta a continuare nell'azione di pressione nei confronti dell'amministrazione comunale di Torino ed in particolare del sindaco, parlamentare europeo, che avrà interesse di dimostrare anche a livello europeo, che la Mole non sia in mezzo alla sporcizia all'indecenza, dando l'impressione che la Città di Torino sia in sempre maggior degrado.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Personale del servizio sanitario

Interrogazione del Consigliere Moretti inerente l'applicazione del contratto di lavoro per i dipendenti UU.SS.SS.LL.


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Moretti inerente l'applicazione del contratto di lavoro per i dipendenti UU.SS.SS.LL.
La parola all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Si precisa che l'Amministrazione regionale ha in questi mesi operato fattivamente onde rendere possibile l'applicazione del contratto in tutte le UU.SS.SS.LL. piemontesi nel più breve tempo possibile e comunque entro l'arco di vigenza del medesimo.
A questo proposito sono stati sottoscritti con le organizzazioni sindacali due testi d'intesa relativi il primo all'uniformità applicativa e agli indirizzi operativi dell'accordo nazionale unico di lavoro per il personale della sanità ed il secondo relativo all'applicazione dell'istituto degli incentivi di produttività. Il primo è stato approvato dal Consiglio regionale fin dal 5 aprile 1984, il secondo purtroppo solamente nella seduta del 22 novembre.
Inoltre la Regione, in collaborazione con il C.S.I. Piemonte, ha validamente supportato le UU.SS.SS.LL. in tutte le fasi di predisposizione degli adempimenti necessari all'applicazione contrattuale, approntando una specifica procedura che per altro non servirà solamente per l'inquadramento ai fini del contratto.
Sulla base di questo sforzo organizzativo è stato possibile per molte UU.SS.SS.LL., Torino compresa, procedere alla piena applicazione contrattuale fin dal mese di novembre, e per alcune fin da ottobre, mentre le altre dovrebbero applicarlo entro l'anno.
Pertanto in merito a questa questione non vi sono ulteriori problemi di natura sindacale, se non di sollecitare le Unità Socio Sanitarie Locali ritardatarie, ad adempiere ai loro impegni, cosa che abbiamo già provveduto a fare.
Più complessa è stata la trattativa in sede locale per quanto concerne l'applicazione dell'istituto degli incentivi della produttività in quanto si trattava di un istituto che nasceva su uno precedentemente normato in modo profondamente diverso e per cui nello stesso tempo vi era una grave inadempienza governativa in quanto non era ancora stato emanato il tariffario.
Pur tuttavia la situazione alla USSL n 1-23 ha iniziato a sbloccarsi venerdì 21 novembre u.s., essendo stata allora raggiunta un'intesa di massima con le organizzazioni sindacali, ancorché purtroppo non siglata da due delle organizzazioni sindacali confederali.
Tale intesa è stata ratificata all'unanimità dal comitato di gestione dell'USSL 1-23 nella seduta del 21.11.1984, in tale seduta il comitato ha altresì espresso la sua fiducia al Presidente ed ai coordinatori dando loro mandato di "riprendere la discussione con le organizzazioni sindacali favorendo in ogni modo la firma unitaria dall'accordo".
L'aver poi l'USSL di Torino applicato il contratto per la parte economica con il 27 novembre, ha sostanzialmente rimosso le cause dell'agitazione, tant'è che l'accordo è stato firmato da tutte le organizzazioni sindacali confederali in data 4 dicembre c.m.
Riteniamo pertanto di poter affermare che la Regione Piemonte ha intrapreso tutte le iniziative possibili per favorire le più ampie intese a livello locale non solo compiendo gli atti di propria competenza, ma improntando altresì un'azione di supporto e assistenza tecnica per le UU.SS.SS.LL. onde favorirne l'attività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Ringrazio l'Assessore per la risposta e per l'informazione in ordine alla conclusione delle trattative con i sindacati.
Prego l'Assessore di invitare tutti i Presidenti delle UU.SS.SS.LL. a portare a termine la trattativa al fine di completare il discorso riguardante i contratti anche per evitare ulteriori scioperi nel territorio piemontese.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazione del Consigliere Carletto inerente il risanamento del centro storico di Torino: requisizione di case sfitte


PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Carletto inerente il risanamento del centro storico di Torino: requisizione di case sfitte.
Risponde il Presidente Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Il problema che pone il Consigliere Carletto non è restringibile ad una discussione di pochi minuti. E' un problema così antico e così importante che ricondurlo a qualche minuto significherebbe dequalificarlo rispetto al valore che esso ha.
Ringrazio il Consigliere Carletto e gli farò avere i documenti.
In primo luogo, si afferma nell'interrogazione in argomento, che le recenti iniziative di risanamento del centro storico di Torino non sono altro che l'utilizzo ritardato dei fondi stanziati negli anni 1979/80 e 1982. A questo proposito si osserva, preliminarmente, che, a quanto ci consta, i fondi assegnati, a norma della Legge 457/78, al Comune di Torino sono stati utilizzati nel pieno rispetto dei tempi stabiliti dalla legge stessa e dai suoi regolamenti attuativi. In particolare, per quanto riguarda l'edilizia sovvenzionata, le opere relative al primo lotto (per un totale di 327 alloggi) risultano ultimate; di quelle relative al secondo lotto (per un totale di 197 alloggi) risultano ultimate quelle riferentesi a nove interventi (pari a 140 alloggi), le altre sono in via di ultimazione; il terzo lotto (104 alloggi) è tutto in corso d'opera, il quarto è, attualmente, in fase di appalto.
Successivamente nell'interrogazione in argomento si lamenta la mancata adozione, da parte della Giunta comunale torinese, della delibera quadro per il convenzionamento del recupero. A questo proposito va osservato come se pur in assenza di tale deliberazione, peraltro di difficile adozione data la disparità degli interventi da attuare, il Comune di Torino abbia provveduto ugualmente alla stipulazione di varie convenzioni a ci finalizzate, quali, ad esempio, quella per il recupero dell'isolato fra Via Bellezia, Via Santa Chiara e Via Sant'Agostino, di cui un primo lotto, per un totale di 122 alloggi, risulta già ultimato, oppure quella relativa a via Palazzo di Città 20/22, ecc.
Per quanto riguarda poi, i fondi di cui alla legge 15/3/1982 n. 94 precisato che essi ammontano, per il Comune di Torino, a L. 113.087.776.000 si precisa che tutti gli adempimenti previsti dalla circolare CER 85/c del 5/1/1983, ossia: Proposta di localizzazione dei programmi (trasmessa al CER 1'8/3/1983) formazione del programma di massima autorizzazione al CIT 24/3/1983 formazione del programma definitivo (trasmissione al CER 24/3/1983) sono stati dal CIT effettuati.
Sulla base del decreto di approvazione del programma di massima sono stati, poi, approvati e stipulati entro il mese di luglio 1984 gli atti di acquisto degli stabili di nuova costruzione pari a 246 alloggi per un importo pari a circa 17,5 miliardi oltre alle spese d'atto.
Inoltre sono stati stipulati gli atti di acquisto degli stabili degradati da ristrutturare (ad eccezione di quello di Torino via Bligny di cui l'ente proprietario è in attesa dell'autorizzazione a stipulare l'atto stesso), per un importo di circa 2 miliardi.
Al fine di anticipare i tempi, e nell'attesa della formulazione del decreto ministeriale di approvazione del programma definitivo, il Consiglio direttivo del CIT, con deliberazione in data 9/10/1984, ha, comunque approvato i bandi di gara per gli appalti di nuova edificazione e di ricupero.
Parimenti con deliberazione in data 18/9/1984 e 9/10/1984 ha incaricato i professionisti, prescelti a redigere i progetti esecutivi, sia degli stabili di nuova edificazione, sia di ricupero, al fine di ottenere la licenza ad edificare e di poter indire le relative gare d'appalto.
Successivamente si rileva che gli alloggi finanziati con la Legge 25/80 (120 miliardi di investimenti) risulterebbero, in gran parte, in contestazione ed in attesa di collaudo. A questo proposito va preliminarmente, puntualizzato come dei 120 miliardi di intervento, solo 85 derivino da assegnazione statale ed i rimanenti siano stati stanziati dal Comune di Torino.
Detto ciò si rileva che tutti i fabbricati realizzati nell'area metropolitana torinese, in attuazione della Legge 25/80, sono stati ultimati entro i termini contrattuali, senza dar luogo a particolari controversie con le imprese esecutrici. I relativi collaudi tecnici amministrativi, inoltre, sono, in parte, già favorevolmente conclusi ed, in parte, ancora in corso per il particolare approfondimento di indagini richiesto ai collaudatori con le deliberazioni di incarico che richiedono testualmente: "...., l'effettuazione delle operazioni di collaudo non potrà limitarsi al mero accertamento della buona esecuzione delle opere e del rispetto delle prescrizioni contrattuali, ma dovrà costituire occasione per l'espletamento di una analisi consuntiva per valutare la validità delle singole realizzazioni ai fini dell'effettuazione delle scelte operative future".
Infine, viene fatto un accenno ad una presunta intenzione del Comune di Torino di requisire le case sfitte. Pare opportuno a questo proposito la seguente precisazione: premesso che, per ora, da parte del Comune è stato solamente iniziato una sorta di censimento delle abitazioni sfitte, l'uso che, eventualmente, se ne intenderebbe fare, sarebbe, previo convenzionamento con il Comune una messa a disposizione degli alloggi vuoti per coloro che sono stati collocati in graduatoria, ai sensi della Legge 94, in attesa che i relativi alloggi da assegnare vengano ultimati e comunque, per un periodo non superiore ai due anni.
Tutto ciò premesso, necessario per chiarire meglio l'atteggiamento assunto dal Comune di Torino nei confronti del problema casa, per quanto riguarda, in particolare, l'atteggiamento della Giunta regionale al proposito, si rileva la piena e completa disponibilità della stessa a sostegno di iniziative mirate alla soluzione, se pur parziale del problema.
A questo proposito si ricorda, infine, che nella prossima seduta del CUR.
prevista per il 17/12 p.v., verranno esaminati i sette piani di ricupero relativi al centro storico dell'area torinese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Ringrazio il Presidente della Giunta per avermi dato una risposta con dati oggettivi senza commento. Nella mia interrogazione chiedevo anche quale utilizzo fosse stato fatto dei fondi resi disponibili per l'edilizia abitativa.
Inoltre mi interessava conoscere la valutazione politica che la Giunta regionale dà sulla proposta di requisizione delle case sfitte, fatta dal sindaco Novelli ed in generale la valutazione sui comportamenti del Comune di Torino nel settore dell'edilizia pubblica.
E' questa la parte politica che mi interessava alla quale il Presidente della Giunta ritiene di non dare risposta perché - egli dice - è un argomento così importante e vasto che non si può eliminare in una interrogazione.
Noi potremmo anche trasformare l'interrogazione in una mozione e in un dibattito e credo che il Presidente della Giunta sia d'accordo che un problema così importante sia discusso in una sede importante come è il Consiglio regionale. La politica della casa fatta dal Comune di Torino è estremamente importante sia per le risorse che la Regione Piemonte destina al Comune di Torino, sia per la drammaticità del problema nella nostra città, rispetto alla quale tutte le forze politiche danno dei contributi di idee e la Giunta del Comune di Torino ritiene di aver fatto il proprio dovere.
L'Assessore Russo, che citavo nella mia interrogazione, ha enfatizzato molto l'impegno della Giunta di Torino sul problema della casa, lo ha enfatizzato affiggendo grandi cartelloni per la città, lo ha enfatizzato dicendo che solo dal 1976 si fanno interventi di questo tipo al Comune di Torino.
Io ho dato alcune valutazioni in ordine a questi problemi: prima del 1976 non c'erano leggi che consentissero interventi di questo tipo, quindi è ben giusto che solo dal '78 in avanti si facciano.
Il Comune di Torino come ha gestito in questi anni le risorse destinate all'edilizia pubblica? E' un problema che ci sta particolarmente a cuore. Lei, signor Presidente, ci ha risposto dicendo che è vero che i fondi di cui alla legge 94 (113 miliardi) sono stati utilizzati e le case sono quasi pronte, per le case non sono occupate.
Sono fondi del 1980, Presidente. Per i fondi del 1982 è stato affidato l'incarico ai professionisti di fare progetti e siamo alla fine del 1984 quasi nel 1985.
Si sono impiegati più di due anni per dare l'incarico di progettare 2000 alloggi.
Le case del 1980 non sono occupate perché ci sono delle contestazioni e lei signor Presidente lo ha ammesso e sono di nuovo 2000 alloggi.
Allora, non si può affrontare il problema della casa dicendo da una parte come fa l'Assessore Russo: "abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo fatto più di quanto ci era richiesto, abbiamo fatto più di quanto fanno altre città, abbiamo fatto nella nostra Regione più di quanto si fa in altre Regioni" e dall'altra dover registrare che i finanziamenti del 1980 non hanno ancora consentito l'occupazione degli alloggi e che i fondi del 1982 non hanno neanche prodotto i progetti per costruire le case.
Ecco perché mi interessa di conoscere il giudizio politico che la Giunta regionale dà sul comportamento al Comune di Torino.
Conosco la sua sensibilità politica e l'attenzione che lei dà, a questi problemi ed ai problemi politici.
Il suo silenzio è troppo significativo per essere commentato, signor Presidente.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione del Consigliere Bergoglio inerente la situazione degli asili nido


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Bergoglio inerente la situazione degli asili nido.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore all'assistenza

Per quanto riguarda la costruzione, negli anni 1982, 1983 e 1984 non è stato assegnato alcun contributo di finanziamento: tutte le risorse a disposizione sono state o verranno utilizzate per l'assegnazione di contributi di gestione, diretti ad aiutare i Comuni a sostenere le elevate spese che il servizio di asilo-nido comporta, se non si vuole che i nidi costruiti ed a disposizione della collettività non possano essere messi in funzione e che gli edifici rimangano inutilizzati, deteriorandosi.
L'ultimo piano di costruzione - riferito alle domande presentate dai Comuni negli anni 1975 e 1976 - è stato approvato dalla Giunta regionale con le deliberazioni n. 29-21812 del 19/6/1979 e n. 25-965 del 27/12/1979.
Da allora non è stato più ritenuto né necessario né opportuno procedere alla costruzione di altri asili-nido, oltre a quelli esistenti.
Alla data del 31/12/1983 gli asili-nido comunali esistenti in Piemonte erano 294 con 15084 posti/bambino: teoricamente, essi consentirebbero di soddisfare un fabbisogno pari al 14,78 per cento della popolazione infantile da 0 a 3 anni residente (37.400 nuovi nati nel 1982 x 3 uguale 102.000 bambini). Vi sono compresi anche i 47 asili-nido con 2473 posti/bambino dell'ex Onmi.
Circa la gestione si allegano gli elenchi dei Comuni e dei rispettivi asili ammessi a finanziamento negli anni 1982 e 1983 (con le deliberazioni della Giunta regionale n. 29-21312 del 7/12/82, n. 28-25762 del 31/5/83, e n. 56-30356 del 9/12/83 per quanto si riferisce agli asili-nido, di cui alle Leggi 1044/71 e 891/77 e con le deliberazioni della Giunta regionale n. 12-15564 del 30/4/82, n. 68-19833 del 20/10/82 e n. 36-25534 del 19/5/83, per quanto si riferisce agli asili-nido ex Onmi).
I posti/bambino complessivamente finanziati sono stati: nel 1982 12.213, nel 1983 12.257.
Per l'anno 1984 il piano (unico) di finanziamento è stato predisposto ed approvato dalla Giunta regionale, secondo il parere espresso dalla V Commissione.
Il contributo, determinato nella misura di L. 1.060.000 a posto/bambino, è stato assegnato - talora anche in dodicesimi - ai n. 12007 posti segnalati dai Comuni come potenzialmente funzionanti, salvo diversa definitiva determinazione dopo il completamento dei necessari accertamenti istruttori e di controllo.
Per ciò che riguarda la frequenza sia negli asili-nido comunali, di cui alle leggi 1044/71 e 891/77, sia negli asili-nido ex Onmi, i dati complessivi, rilevabili dai prospetti e rendiconti inviati dai Comuni relativamente ai piani di gestione 1983 (tenuto presente che non tutti i Comuni hanno fatto pervenire i dati e gli elementi richiesti) permettono di evidenziare quanto segue: i bambini iscritti (accolti) rappresentano il 78,66 dei posti potenzialmente funzionanti i bambini frequentanti rappresentano il 52,66 per cento dei posti potenzialmente funzionanti ed il 66,50 per cento dei bambini iscritti.
I dati relativi ai costi sono necessariamente limitati agli anni 1982 e 1983, giacché i consuntivi della gestione 1984 cominceranno ad essere disponibili - nella maggior parte dei casi e nella migliore delle ipotesi soltanto nel primo quadrimestre 1985.
Anche tali dati tuttavia non sono completi, in quanto, nonostante i solleciti, non tutti i Comuni hanno fatto pervenire per tutti i nidi finanziati i consuntivi di spesa.
Il costo complessivo medio per bambino risulta ad ogni modo essere stato nel 1982 di L. 4.374.259, se riferito al limite di utilizzazione vale a dire ai posti, cui è stato assegnato il contributo regionale, e di L. 5.561.154, se riferito al numero dei bambini iscritti; nel 1983 di L.
5.045.766, se riferito al limite di utilizzazione, e di L. 6.414.895 se riferito al numero dei bambini iscritti.
A proposito degli elevati costi di gestione, intendo ribadire quanto già affermato in una precedente risposta ad una interrogazione su questo problema: e cioè che sono in corso nell'Assessorato le necessarie iniziative di riflessione ed approfondimento volte a precisare le linee della politica regionale verso questo servizio, nella nuova situazione economica, sociale e demografica della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

I dati che ci ha fornito testè l'Assessore Bajardi confermano la fondatezza delle preoccupazioni che abbiamo già espresso con una precedente interrogazione sulla gestione dell'asilo nido in Forno Canavese.
Questi dati sono ancora più vistosi se valutiamo il numero degli iscritti e il numero dei frequentanti tenendo conto che il numero dei posti in funzione sono abbondantemente sottoutilizzati rispetto ai posti teoricamente disponibili (15 mila posti bambino teoricamente disponibili e un utilizzo di 12 mila posti circa, di questi 12 mila c'è poi ancora un abbattimento ulteriore al 78 per cento, quindi sono a 10 mila circa i posti realmente utilizzati).
Quindi oltre un terzo della potenzialità non è utilizzata con costi di investimento e spreco di risorse che devono essere opportunamente valutati.
La situazione non è omogenea su tutto il territorio regionale: in alcune aree c'è un eccesso di domanda e carenza di posti, particolarmente nelle aree metropolitane di Torino ed in altre città del Piemonte, mentre in altre aree periferiche si assiste ad una progressiva disaffezione per questo servizio.
Forse non è opportuno in questa sede ed in questo momento approfondire ulteriormente il discorso, tanto più che le cifre sono sufficientemente eloquenti. Non è pensabile tuttavia in un momento come questo, di esigenza di contenimento della spesa e di difficoltà di reperire nuove risorse, di tenere sottoutilizzato oltre un terzo del potenziale di asili nido esistenti nella Regione, senza studiare qualche soluzione.
Quando l'Assessorato avrà concretato la sua indagine conoscitiva e avrà fatto delle proposte di utilizzo diverso e più complessivo del servizio, mi riserverò di intervenire nel merito, sollecitando eventualmente un dibattito per valutare da un lato la funzionalità e dall'altro problemi di indirizzo della spesa.
Quindi in altra occasione entreremo nel merito di proposte concrete come la possibilità di creare servizi domiciliari sostitutivi, intanto per ovviare all'eccesso di personale rispetto ai bambini frequentanti e poi per valutare l'opportunità di prevedere un servizio di pronto intervento domiciliare per quei bambini che stanno in casa nel periodo di malattia o per altre cause.
Il personale in eccedenza nel singolo asilo nido potrebbe essere utilizzato per un servizio domiciliare da studiare ovviamente nelle forme e nei modi più opportuni anche per evitare sprechi di risorse.



MARCHIARO MARIA LAURA


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Penasso e Sartoris inerente la riserva naturale del bosco del Vaj


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Penasso e Sartoris inerente la riserva naturale del bosco del Vaj.
La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai parchi

Con l'interrogazione in oggetto i Consiglieri Chiabrando, Penasso e Sartoris richiedono notizie in merito alla vicenda riguardante il signor Prinetto Roberto di Castagneto Po il quale ha ricevuto una sanzione di circa L. 1.700.000 per violazione alla legge istitutiva della riserva naturale speciale del bosco del Vaj, in quanto pare emergere un gravissimo concorso di colpa da parte dell'Amministrazione regionale che non ha risposto tempestivamente alla regolare domanda di abbattimento piante presentata dall'interessato: gli interroganti richiedono altresì procedure più chiare onde evitare in futuro analoghi inconvenienti.
Al fine di fornire una esauriente risposta è necessario ricostruire l'intera pratica del sig. Prinetto: l'istanza di taglio è stata avanzata in data 10 dicembre 1980 al Presidente della Giunta regionale tramite l'ispettorato ripartimentale delle foreste di Torino, così come previsto dalla circolare del Presidente della Giunta regionale n. 24/PTE, del 23 gennaio 1980. L'Ispettorato effettuava abbastanza sollecitamente il necessario sopralluogo in data 26 febbraio 1981 (va anche tenuto in conto il periodo invernale e pertanto le difficoltà di sopralluogo connesse alle condizioni atmosferiche) e trasmetteva il parere prescritto dalla legge nella medesima data alla Regione che lo riceveva in data 19 marzo 1981.
Negli stessi giorni peraltro (24 marzo 1981) perveniva agli uffici regionali il verbale di accertamento, elevato in data 20 marzo dal Comune di Castagneto Po, dell'avvenuto taglio boschivo non autorizzato. La pratica veniva pertanto archiviata essendo già stati eseguiti i lavori di taglio e si procedeva nell'istruttoria relativa alla sanzione.
Da quanto detto si evidenzia chiaramente che l'amministrazione regionale non ha potuto provvedere a concludere l'iter procedurale in quanto, contemporaneamente al ricevimento dell'istanza, veniva comunicata la violazione: pertanto non è giustificato sostenere che esista un qualsiasi concorso di colpa da parte della Regione così come sostenuto dagli interroganti.
Per quanto concerne la procedura, prevista dalla legge 57/79, si ritiene che la stessa sia estremamente chiara e che, dopo un primo periodo di assestamento, sia applicata generalmente senza provocare inconvenienti.
Facendo riferimento invece al fatto che la notifica ed il relativo invito a pagare siano pervenuti soltanto di recente, si fa presente che ci è avvenuto in ottemperanza alla legge regionale 2 marzo 1984, n. 15, che all'art. 4 prevede una norma transitoria che consentiva la notifica dei verbali relativi alle infrazioni, accertate e non definite, verificatesi nelle aree a parco, riserva naturale od area attrezzata, e ciò nel rispetto delle nonne stabilite dalla legge dello Stato 24 novembre 1981, n. 689.
Trattandosi comunque di norma transitoria, si fa presente che attraverso l'applicazione della legge regionale 15/84 succitata, non vi sono più arretrati relativi ad anni precedenti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Penasso.



PENASSO Alfredo

Se non vado errato una interrogazione analoga su questo problema era già stata presentata dal collega Cerchio un anno fa e che, a tutt'oggi, non ha ottenuto risposta.
La risposta dell'Assessore è chiara. Noi non vogliamo contestare il sopralluogo. I dati che l'Assessore ha fornito confermerebbero una lungaggine eccessiva come nella nostra interrogazione rimarchiamo.
Approfittiamo di questo momento per sottolineare quale sia la reazione dell'interessato nel vedersi notificare una sanzione a distanza di anni quando probabilmente si illudeva di essere stato assolto.
Non è vero che la legge è attuata perché purtroppo dobbiamo ancora rilevare quanto siamo carenti.
Quando abbiamo discusso, anche con vivacità, su questi temi (la legge 33 sui tagli boschivi e sulle procedure) mi ero scontrato con i responsabili degli uffici regionali circa i tempi tecnici.
Volevamo individuare una procedura celere e la legge che ci siamo impegnati a rispettare parla di 20/40/60 giorni dopo la presentazione della domanda.
Moltissime sono le domande che sono ferme da 6/8/10 mesi e che non hanno ancora ricevuto una risposta. Allora cambiamo i termini perché un semplice taglio di ceduazione, seppure sottoposto a controllo, è inammissibile che debba subire dei ritardi di anni.
E' motivo di mortificazione per gli operatori, in quanto la ceduazione è una normale attività colturale.
Il Presidente della Giunta regionale è inadempiente perché non firma sarà colpa sua, comunque non si attiene ai dettati della legge regionale.
Questa è mortificazione degli operatori. Un operatore che nel mese di aprile 1984 ha fatto la domanda, a dicembre del 1984 non ha ancora ricevuto la risposta e adesso dovrebbe tagliare il bosco per contribuire alla riduzione del bilancio energetico.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

E' colpa del corpo forestale dello Stato.



PENASSO Alfredo

Quando approviamo le leggi dobbiamo renderle applicabili, non dobbiamo approvare delle leggi che penalizzano pesantemente i cittadini nella loro vita e nell'esercizio delle loro attività produttive.
Come Consigliere regionale mi sento umiliato ogniqualvolta vengo insultato dagli operatori agricoli con dei riferimenti a regimi che non vogliamo vengano applicati nel nostro paese e con delle espressioni così pesanti che non voglio ripetere.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che sono in congedo i Consiglieri Astengo, Calsolaro, Chiabrando, Fassio Ottaviano, Turbiglio.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 458: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984: Parco naturale delle Lame del Sesia e delle riserve speciali dell'isolone di Oldenico e della Garzaia di Villarboit, parco naturale dell'Alta Valle Pesio, riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta, parco naturale del gran bosco di Salbertrand, parco naturale dell'Argentera" presentato dalla Giunta regionale in data 28 novembre 1984 N. 459: "Modificazione alla L.R. 28 aprile 1980, n. 30: istituzione della riserva naturale speciale del Sacro Monte di Varano", presentato dalla Giunta regionale in data 28 novembre 1984 N. 460: "Promozione e sviluppo dell'associazionismo in Piemonte" presentato dai Consiglieri Reburdo, Moretti, Cerchio, Vetrino, Avondo Bontempi, Montefalchesi, Carletto, Brizio, Ariotti e Cerutti in data 29 novembre 1984 N. 461: "Disciplina dell'uso del mezzo aereo in zone di montagna" presentato dai Consiglieri Montefalchesi, Moretti, Biazzi e Reburdo in data 30 novembre 1984 N. 462: "Procedure per l'approvazione delle P.O. dei servizi socio assistenziali e per l'assunzione del personale relativo", presentato dalla Giunta regionale in data 3 dicembre 1984 N. 463: "Modifiche alla legge regionale 13 ottobre 1972, n. 10 e successive modificazioni", presentato dai Consiglieri Benzi, Marchiaro Petrini, Cernetti, Ferro, Turbiglio e Vetrino in data 4 dicembre 1984.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alle leggi regionali del 31 ottobre e dell'8 novembre 1984 concernenti: a) "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 56/1977 e successive modificazioni b) "Modificazione alla legge regionale approvata dal Consiglio regionale in data 31/10/1984 relativa a: 'Modificazioni alla legge regionale 56/1977" alla legge regionale del 31 ottobre 1984: "Partecipazione della Regione Piemonte alla Socotras S.p.A.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Comunico inoltre l'ordine di discussione dei punti iscritti all'ordine del giorno, così come deciso dalla Conferenza dei Capigruppo nella riunione del 4 novembre scorso.
La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Rilevo che alcuni Assessori rispondono alle interrogazioni ed alle interpellanze con tempestività ed altri invece non rispondono.
La mia vuol essere una censura nei confronti degli Assessori che non credono nella funzione di controllo del Consigliere regionale, ma vuol essere un invito alla Presidenza del Consiglio perché richiami questi ultimi.
Diversamente dalla prossima riunione non parteciperò più ai lavori del Consiglio regionale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Prendo atto di queste osservazioni, trasmetterò al Presidente della Giunta che in questo momento è impegnato nell'incontro di cui avevo parlato prima, le sue rimostranze e nella prossima seduta dei Presidenti dei Gruppi formuleremo proposte per dare precedenza alle interrogazioni che giacciono da troppo tempo.


Argomento: Organi, strumenti e procedure della programmazione - Piani pluriennali

Predisposizione ai sensi dell'art. 6, secondo comma L.R. 43/1977, del secondo Piano regionale di sviluppo. Modifiche ed integrazioni delle D.G.R. n. 71-34865 del 31/5/1984 e n. 1-35321 del 21/6/1984


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Punto quarto all'ordine del giorno: "Predisposizione ai sensi dell'art.
6, secondo comma, L.R. 43/1977 del secondo Piano regionale di sviluppo".
La parola al Vicepresidente della Giunta, Rivalta.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

L'ordine del giorno di stamattina ci propone un tema importante per la Regione, il secondo Piano di sviluppo regionale, la politica di programmazione, le valutazioni generali entro le quali devono essere incluse decisioni settoriali e specifiche.
Questa discussione avviene in una situazione che vede il permanere di un vuoto nella politica di piano ripetutamente denunciato, ma mai colmato.
Manca a livello nazionale una politica di piano, mancano indicazioni programmatorie di carattere generale, mancano indicazioni programmatorie e politiche pianificate per settori produttivi importanti ove grande è il ruolo dell'imprenditoria privata e ove senza una espressa intenzione di politica programmata le possibilità di interlocuzione dell'operatore pubblico con l'operatore privato diventano assai limitate.
Non devo spendere parole per dire dell'assenza di una politica industriale, chiaramente denunciata da più parti, dell'assenza persino di una politica agricola che non è più stata riproposta a livelli di organicità sul territorio nazionale dell'assenza di una politica per il terziario in un Paese ove gli scambi commerciali ed i problemi della ricerca sono importanti e gravi.
Manca una visione programmata a livello nazionale, generale persino degli interventi pubblici promossi dallo Stato. Esistono espressi da elaborazioni che sono avvenute negli anni 76/77, singoli piani delle Ferrovie dello Stato, dell'Anas, esiste il PEN, esistono singoli piani settoriali, ma questi non sono inquadrati in una prospettiva generale di intervento dello Stato.
A fianco poi di questi pochi esempi di pianificazione nazionale settoriale, esiste un coacervo di singoli, specifici interventi non coordinati fra di loro, in qualche caso persino col rischio di essere contrapposti.
Un problema, che ci investe nei contenuti stessi del piano che stiamo per discutere, è l'assenza di una visione coordinata delle politiche che a pezzi ed a bocconi vengono portate avanti sulla navigabilità del Po e sulla politica dei porti. Non voglio dire che siano di per sé contrapposte ma è certo che non hanno un coordinamento. Peraltro la politica della navigabilità del Po sembra prevalere sulla politica dei porti, cioè su di una risorsa importante e consolidata della nostra penisola. Viene quindi a mancare a livello nazionale un quadro programmato, pianificato di riferimento per tutti gli operatori pubblici, in primo luogo per le Regioni che si trovano in una situazione di estrema difficoltà nel definire le loro politiche, quadro di riferimento che sarebbe importante non solo per gli operatori pubblici ma anche privati se si vuole una politica che raccolga tutti gli sforzi per uscire dall'attuale situazione di crisi. Mi permetto di dire però che non in questo modo si è comportata la Regione Piemonte. E' un'affermazione comprovabile dai fatti. La Regione Piemonte può avere molti limiti e carenze ma certo non ha lasciato il vuoto per quanto riguarda 1'impegno nella programmazione e nella pianificazione.
Nel luglio del 1977 la Regione Piemonte è stata la prima Regione ad approvare il primo Piano regionale di sviluppo e mi rifaccio al fatto che il 23 aprile del 1982 furono trasmesse al Consiglio regionale le linee generali della proposta del II Piano di sviluppo corredata da documenti integrativi (relazioni dell'Ires, monografie sulle prospettive di sviluppo del Piemonte, quadro delle risorse disponibili e della relazione sullo stato di attuazione del programma di attività e di spesa del I Piano regionale di sviluppo).
Il 15 settembre del 1982 fu trasmessa al Consiglio regionale la seconda parte del Piano regionale di sviluppo, i cosiddetti progetti del dicembre del 1982, la Giunta regionale approvò la proposta di piano che fu pubblicata sul Bollettino Ufficiale il 19 gennaio del 1983 e che ebbe in quella occasione una larga diffusione. Nel novembre di quello stesso anno la Giunta regionale oggi in carica presentò un quadro programmatico di riferimento per la politica regionale ed interventi operativi mirati alla scadenza amministrativa del 1985. Infine nel maggio del 1984 la Giunta regionale approvò il secondo Piano di sviluppo e lo consegnò al Consiglio regionale.
Questo percorso mi consente di dire che non è mai venuto a mancare un quadro dichiarato di indirizzi programmatici e pianificatori generali nella nostra Regione, un quadro rispetto al quale la comunità potesse confrontarsi e potesse assumere come riferimento dialettico ed operativo ai fini di definire i propri comportamenti.
Si può discutere se la Giunta regionale ha operato bene o male, ma è certo che ha operato con riferimento ad un processo di elaborazione e di confronto dichiarato, pubblicizzato, approvato con deliberazione di Giunta.
Si sono aperti ampi confronti, la Giunta regionale ha ricevuto sollecitazioni, di segno positivo e di segno negativo, di approfondimenti in materia di programmazione, di crisi economica e in materia di sviluppo.
I tempi si sono fatti lunghi, siamo arrivati alla fine dell'84 ma mi pare che si possa dire che non è mancata una posizione programmatoria da parte della Giunta regionale.
Questo lavoro è stato fatto con gli apporti degli Assessorati, degli enti strumentali ed in particolare pur con tutte le difficoltà di rapporto con l'apporto dell'Ires.
Sulla prima stesura del secondo Piano regionale di sviluppo sono state fatte consultazioni ampie, che hanno impegnato tutto il mese di ottobre del 1983. Dopo una ristesura, conseguente alle consultazioni e resasi necessaria stante il rapido evolversi della situazione economica e il rapido accelerarsi delle trasformazioni del sistema produttivo e dopo l'approvazione del documento finale del maggio 84 sono state riaperte prima dell'estate di quest'anno, ulteriori consultazioni. Mi sembra che il processo e la procedura sono andati a rilento ma ampia è stata la documentazione programmatoria dal punto di vista del confronto e della consultazione.
E' mancato il conforto del confronto con il Consiglio regionale, in particolare con le forze di opposizione, un confronto che, nonostante il non scarso elenco di documenti programmatori che la Giunta ha presentato, è stato sempre eluso dalle forze di opposizione, che certo non hanno favorito la discussione su temi generali e complessivi e sul rapporto che le decisioni che abbiamo assunto anche in Consiglio regionale su fatti singoli e specifici devono avere in un quadro di carattere complessivo.
Tuttavia l'elaborazione del piano è andata avanti ed i documenti lo comprovano. Molte delle indicazioni contenute nei documenti di piano sono in fase di attuazione e realmente il confronto sul piano regionale si è anche tradotto in decisioni attuative.
I tempi si sono fatti lunghi per il travaglio che ha vissuto la Regione e che vive tuttora, ma anche sul processo di trasformazione in corso, sul carattere della crisi economica che modifica tutti i riferimenti che ci eravamo dati nel passato ed anche per la crisi istituzionale e non solo di immagine delle Regioni, ed anche per la crisi di carattere finanziario che ha reso difficile individuare dei riferimenti certi per una politica di programmazione.
Credo che tutte queste questioni avrebbero dovuto indurre in Consiglio regionale a più dibattiti serrati. Le occasioni ci sono state e sono proprio i documenti programmatori che ho richiamato.
Avviene oggi la discussione, e spero che sia portatrice di contenuti significativi. Abbiamo insistito perché avvenisse questa discussione intanto per non partecipare anche noi ad un pragmatismo quotidiano che è quello che contribuisce all'agonia delle Regioni. Le Regioni devono conquistarsi un nuovo spazio e devono riconquistarselo in una situazione in cui la riforma istituzionale tende ad emarginarle e se lo possono riconquistare solo se ridanno fiato all'anima vera delle Regioni che è quella di essere strumento di programmazione.
Abbiamo insistito per discutere il piano, avendo ben chiaro che siamo alla fine di una legislatura e che quindi, al di là dei contenuti, le volontà politiche hanno il significato che possono avere nell'ambito della legislatura, e dopo, lo avranno nella misura in cui glielo si darà, ma abbiamo insistito perché ci pare necessario che quanto è stato fatto e quanto è già stato messo in attuazione, non sia frutto di azioni casuali ma trovi, in un discorso che è stato costruito in parallelo in questi anni una sua conferma istituzionale.
Abbiamo approvato il primo Piano di sviluppo nel 1977 e pur modificando gli atteggiamenti, gli effetti di quelle indicazioni di piano si sono prodotti positivamente ben al di là del termine della prima legislatura.
Almeno la prima parte di questa legislatura è vissuta con la volontà politica di farlo e sulla base di una indicazione programmatoria, su un quadro definito dal primo Piano regionale di sviluppo. Voglio sperare che questo documento di piano possa avere il significato di un apporto costruttivo fino a quando un nuovo piano non sarà stato definito.
Il punto saliente di questo piano è quello dei mutamenti avvenuti nel sistema produttivo, che si sono fatti sentire sul piano occupazionale in termini drammatici con un numero di disoccupati e di cassintegrati non pensabile, solo qualche anno fa, nella nostra Regione.
C'è stato un mutamento dell'assetto tradizionale del sistema produttivo piemontese che in qualche misura ha stravolto le previsioni del passato e che in qualche misura è corso più in là di quanto potessimo pensare. Da un sistema integrato, avente come motore il settore metalmeccanico auto caratterizzato da un'interdipendenza diretta fra committenze Fiat ed Olivetti e l'indotto, si è arrivati ad un sistema che oggi si confronta direttamente sui mercati, che usa i mercati come mediatori delle interdipendenze. E' una situazione completamente cambiata; le imprese maggiori Fiat ed Olivetti, hanno perseguito obiettivi di riqualificazione e di trasformazione. Anche nelle imprese minori c'è stato un processo in atto di questo tipo che prescinde ormai dalla dimensione dell'impresa. E' stato in primo luogo un processo teso a rinnovare il capitale, nella sua composizione tecnica e nei suoi aspetti organizzativi, in modo da ottenere una riduzione dei costi per riuscire ad essere competitivo sul mercato. E' un processo che è stato orientato, in misura ancora insufficiente, al miglioramento dei prodotti per poter fronteggiare una condizione di mercato aperto che metteva in crisi il sistema produttivo regionale.
E' emerso con più chiarezza in questi ultimi tempi, il significato di queste trasformazioni tese a realizzare la fabbrica flessibile, in cui l'adeguamento della produzione alla domanda, sia nelle sue variazioni qualitative, che quantitative, permette la riduzione quasi a zero degli stoccaggi con conseguente grande risparmio nei costi e con modifiche di grande portata nell'organizzazione del lavoro e negli strumenti per realizzare questa organizzazione.
Il perseguimento di questi fini ha richiesto ingenti investimenti finanziari che hanno finito col selezionare all'interno della struttura dell'impresa tra quelli che avevano più elevato accesso al credito e quelli che non l'avevano. Gli alti tassi di interesse reale hanno costituito un vincolo pesante agli investimenti produttivi e sono stati concausa della selezione selvaggia, a cui le imprese medie e piccole sono sottostate.
Le imprese che si sono riqualificate hanno rinnovato le tecnologie e soprattutto i metodi di organizzazione interna, convertendo e riqualificando le mansioni terziarie. Questa trasformazione ha avuto una portata non solo sotto il profilo dell'organizzazione produttiva, ma sotto il profilo delle capacità interne o di relazione esterna con una struttura terziaria adatta a sostenere il nuovo scontro sul mercato internazionale quei servizi che possono favorire un sistema di finanziamento e di credito coerente con l'apertura del mercato da parte di molte imprese, e che sono in grado di sopportare le imprese a livello di rapporto di commercializzazione sul mercato internazionale.
Ciò ha creato una domanda crescente di servizi privati dall'informativa, dalle procedure organizzative dei servizi commerciali, e crea prospettive se si sapranno utilizzare tutti i fattori positivi per una occupazione di forza-lavoro qualificata verso le nuove produzioni.
Credo si debba anche richiamare in questa analisi generale che è assunta come punto centrale dell'attualizzazione di un discorso di programmazione della Regione, un dato di grande carenza che appare nella nostra struttura produttiva, la capacità endogena di produrre nuove tecnologie, in troppi casi per le nuove tecnologie siamo dipendenti da rapporti con mercati esteri. La mancanza in questo senso di una struttura di ricerca pubblica, che non favorisce certamente lo sviluppo della ricerca privata, anch'essa contenuta, anche se nel complesso la ricerca privata non si mostra così limitata. Credo che fra i due settori le carenze maggiori le presenti la ricerca pubblica L'esito dell'introduzione di queste innovazioni è stato soprattutto possibile in grandi imprese meno soggette a vincoli finanziari, ed è stato possibile alle imprese medio-piccole dotate di buona flessibilità. Un'ampia quota di imprese si è trovata invece in difficoltà e l'espulsione di forza lavoro, già operata dalle grandi, piccole e medie imprese che hanno potuto procedere alla trasformazione è stata accresciuta da cadute di imprese nel nostro sistema produttivo.
Tutto questo mette in evidenza come in questi anni (l'anno di demarcazione è il 1980/81), il sistema produttivo piemontese si è ristrutturato e contemporaneamente ha provocato da un lato problemi occupazionali gravi, ma dall'altro lato ha acquisito una condizione di mercato aperta maggiormente al rispetto al passato verso mercati nazionali ed esteri sia sul versante delle vendite che degli acquisti. Ciò ha significato un più elevato livello dei prodotti, un mutato ruolo del terziario che si è riqualificato a fini produttivi e quindi un mutamento strutturale della domanda di lavoro da parte delle imprese. Di fronte a queste trasformazioni in atto che in qualche misura hanno scavalcato nell'interpretazione e nell'analisi le forze politiche e le stesse forze sindacali, la stessa struttura conoscitiva culturale che nel nostro paese vive all'interno dei vari organismi istituzionali o spontanei, sono individuate come l'elemento di riferimento per un discorso di programmazione e il piano assume l'obiettivo dell'innovazione riconoscendo gli aspetti di necessità ed anche gli aspetti positivi, a fianco dei tanti negativi che si sono creati, come obiettivo centrale, come la condizione da porre alla base di una politica per lo sviluppo.
E' questo un tema importante di dibattito che avrebbe dovuto accompagnare di più la vita del Consiglio regionale.
L'assunzione dell'impegno rivolto all'innovazione non sfugge a nessuno per il suo significato di trasformazione sul piano politico-culturale che incide sui comportamenti dei vari soggetti, è un impegno che non accetta la conservazione della situazione e quindi non si pone nella situazione di difesa dell'esistente, ma apre le forze politiche e gli enti pubblici ad una situazione di trasformazione e di maggiore dinamicità con tutti i rischi che questo comporta.
Tutto ciò incide sull'insieme dei rapporti nel sistema produttivo nella società, sulle relazioni industriali e sindacali; incide sulle politiche della scuola, incide sulle politiche della formazione professionale, incide sulle politiche del credito, determina delle trasformazioni sugli stessi assetti territoriali.
Ecco la ragione per cui, volendo definire una politica di programmazione, il Piano di sviluppo pone al centro questo dato dell'innovazione, della trasformazione necessaria che è organizzativa tecnologica come punto centrale da affrontare e rispetto al quale assumere impegni.
Nel Piano di sviluppo l'impegno per l'innovazione non è solo di tipo politico culturale, non è solo di analisi, è di promozione di un atteggiamento politico culturale, anche se di per sé questo ha un grande significato, una Regione che si pone come organismo di governo e di interlocuzione rispetto alla comunità, come ente che sollecita l'intera comunità ad essere portatrice di una politica di innovazione, credo che abbia già un grande significato, sia in grado di creare quelle condizioni di varia natura, economica, politica, sindacale, sociale, culturale perch questo processo faticoso che crea ingenti costi sia finanziari che sociali possa essere sopportato. Ma il Piano di sviluppo non si limita ad assumere questo impegno come puro impegno di promozione e di atteggiamenti di promozione di una nuova cultura. In concreto nel Piano di sviluppo si indicano le linee, già messe in atto od in corso di attuazione, attraverso cui si ritiene che la Regione possa intervenire in favore del sistema produttivo, anche privato, senza evidentemente ingerire in quelle che sono le responsabilità ed i rischi che l'imprenditore privato deve assumersi partecipando attraverso un orientamento della formazione professionale volto a favorire i processi di innovazione tecnologica, partecipando alla costruzione di strumenti per la diffusione della conoscenza tecnologica (richiamo qui il tema dell'intelligenza artificiale, problemi di cui parlerà subito dopo l'Assessore Tapparo), partecipando in concreto ai processi di trasformazione che richiamavo prima, favorendo quella terziarizzazione finanziaria, culturale, tecnica, scientifica che deve accompagnare la trasformazione del sistema produttivo, cioè partecipando per quello che gli è possibile, anche in concreto e non solo come sollecitatore culturale di atteggiamenti, alla formazione di quell'ambiente immateriale di tipo nuovo, quel terziario avanzato, senza del quale l'innovazione tecnologica non si può affermare, senza del quale i rapporti del sistema produttivo piemontese, rispetto ad un mercato aperto non possono consolidarsi.
La Regione si propone di portare particolare attenzione sulle esigenze riguardanti l'ambiente materiale di vita, le infrastrutture, i servizi l'organizzazione del territorio, la qualificazione dell'ambiente e della vita, indicando un campo sì tradizionale di intervento dell'operatore pubblico, ma un campo in cui le carenze, le insufficienze, le inefficienze da recuperare sono davvero molteplici.
Faccio riferimento ad esempio alla situazione della mobilità delle merci che è strettamente connessa ad un sistema produttivo, che ha bisogno di dipendere dal mercato internazionale per l'acquisizione delle materie prime e che ha bisogno per vivere di vendere i prodotti al mercato internazionale, un sistema di mobilità delle merci che è reso difficile e complicato da insufficienze strutturali che ritroviamo all'interno della nostra Regione. Il sistema di viabilità, il sistema di trasporto su ferro la mancanza di un sistema di centri intermodali che rendano possibili gli scambi fra i vari tipi di mobilità e fra la mobilità e le sorgenti di questa mobilità, l'insufficienza di una organizzazione tradizionale del territorio, accumulata nei decenni che rendono spesso costoso il funzionamento del sistema fisico della nostra economia. Penso anche all'influenza che la mancata qualificazione dell'ambiente, dal punto di vista fisico del sistema idrologico, delle garanzie fisiche della solidità dell'ambiente e del territorio, e la carenza di qualità ambientali per la vita della comunità, finiscono col ripercuotersi negativamente sull'intero sistema economico.
Il Piano di sviluppo, pone questo problema, individuando nell'ente pubblico, per l'aspetto dell'ambiente fisico-materiale, il soggetto determinante e pone come uno degli ambiti entro i quali si deve giocare la politica dell'innovazione e indica proprio sui filoni dell'innovazione della trasformazione, della modernizzazione del sistema da quello produttivo, a quello terziario, a quello fisico-territoriale ed ambientale priorità su cui operare.
Evidenzia che i filoni tradizionali prioritari di intervento di carattere settoriale indicati come filoni di emergenza prioritaria nel primo Piano di sviluppo, agricoltura e trasporti, debbono essere visti non in quanto fini a sé stessi, ma come strumenti importanti per conseguire la finalizzazione della modernizzazione complessiva del nostro sistema.
Il Piano di sviluppo pone in evidenza l'esigenza ai fini che ho indicato, di una particolare attenzione alla domanda pubblica; domanda pubblica che è mossa direttamente dalla Regione, dallo Stato e dagli altri enti locali. Il piano indica un elenco di temi di domanda pubblica attraverso i quali o per l'entità quantitativa (è il caso della sanità) o per la qualità dell'intervento, anche in presenza di una spesa quantitativamente ridotta, il segno della parte dell'ente pubblico pu essere un segno significativo e positivo.
Sotto questo profilo richiamo il significato che può assumere ai fini dei processi di innovazione e modernizzazione nell'ampiezza a cui ho fatto riferimento prima, richiamo l'importanza nel settore sanitario (spero ci sia il tempo e la possibilità di chiarire questo aspetto da parte dell'Assessore Bajardi), la domanda pubblica nel settore informativo, non certo dal punto di vista quantitativo, ma qualitativo (penso, ad esempio che l'iniziativa stessa promossa dalla Regione attraverso il CSI di un sistema informativo diffuso che possa essere ancorato ad una maggiore efficienza degli enti locali, possa avere un qualche elemento di qualità nel sollecitare la stessa struttura produttiva) al fine di acquisire un know-how, che potrebbe essere esportabile non solo nelle altre regioni italiane, ma negli altri paesi che vivono una democrazia articolata in forme di tipo regionalistico come la nostra.
La domanda pubblica nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture (trasporti, energia, depurazione) che vanno ad incidere sull'esigenza di modernizzazione per l'efficienza del sistema materiale di vita della comunità, per la qualificazione del suo sistema di vita e che possono anche andare ad incidere su una capacità di rinnovamento strutturale di questi settori produttivi tale da fargli acquisire delle capacità competitive rispetto ad altre parti del paese e dell'Europa.
Cariche, energia, depurazione, non solo di manufatti propri del settore delle costruzioni, ma cariche anche di tecnologie, di gestione informatica programmatoria, quindi capace di interconnettere le spese in certi settori con le sollecitazioni di spese in altri settori.
Sono questi i punti che vengono indicati nel Piano come punti sostanziali ed importanti che credo debbano essere discussi. E' giusto che il Consiglio regionale si esprima, che non lasci trascorrere un processo di trasformazione che è incominciato da due o tre anni e che avrà ancora esigenza di percorrere tempi non brevi per compiersi.
Credo sia giusto fare il punto su queste questioni e vedere se attorno a queste questioni si trova una unità di assensi operativi e quindi a partire da questi assensi, cercare tutti insieme di far convergere le decisioni che si stanno prendendo e che si prenderanno in futuro, verso questi indirizzi.
Il piano dice anche che solo attraverso una linea della modernizzazione e dell'innovazione è possibile portare strutturali apporti alla soluzione drammatica del problema dell'occupazione che dicevo prima, oggi non può e non potrebbe trovare una soluzione in un atteggiamento conservativo; in questo senso richiamo l'importanza politica e culturale di una affermazione da parte del Consiglio regionale di una esigenza di trasformazione e di modernizzazione, una disoccupazione che è da un lato disoccupazione giovanile ma anche di fasce di età più mature che vengono espulse dalla fabbrica per il processo di trasformazione e per l'inadattabilità anche generazionale, e non riescono più ad entrare all'interno della fabbrica. La Regione pone un quesito chiaro da discutere: abbiamo in una prospettiva non immediata una possibile chiusura della forbice che al livello attuale si è aperta sia per un aumento dei mercati (se la nostra struttura produttiva riuscirà ad acquisirla), e quindi per una capacità di indurre maggiore occupazione sotto questo profilo, acquisendo capacità di tecnologie nuove aperture verso nuovi settori produttivi, possibilità di aumentare l'occupazione non certo in tempi brevi e sia un processo di riduzione demografica, due fattori che se operassero in modo convergente, potrebbero portarci nel giro di una decina di anni a trovare un punto di equilibrio.
Noi però non possiamo aspettare passivamente questi dieci anni, ma dobbiamo operare almeno su uno dei fattori su cui si può operare, quello della modernizzazione, dell'innovazione tecnologica finalizzata all'acquisto di nuovi mercati, ad un possibile processo di espansione di occupazione. Dobbiamo operare nell'immediato per dare risposte ai problemi occupazionali che oggi si pongono (sotto questo profilo un altro tema che credo sia di grande portata per una discussione in Consiglio regionale) per un'assunzione di responsabilità che non consente a nessuno elusioni.
Sono gli interventi straordinari che possono essere messi in atto in questo momento, sia nei confronti dei giovani, che delle persone mature.
Richiamo un altro tema che penso debba essere visto come tema delicato insieme, ma non eludibile. Nella nostra Regione, la cassa integrazione ha raggiunto le cifre dei 70-80.000 cassintegrati, con costi mensili di oltre 100 miliardi, quindi sono più di 1000 miliardi all'anno di cassa integrazione.
Nel Piano di sviluppo viene richiamata questa situazione che vede peraltro alcune decine di cassintegrati da ormai 3 anni; ciò non può essere considerato come un fatto del tutto occasionale, come un apporto marginale ma deve essere considerato nei termini che è venuto assumendo: è l'unico vero strumento di politica industriale nel nostro paese e in grazia di quella dimensione della cassa integrazione, sostenuta a spese della collettività, e della società, sono stati resi possibili i processi di trasformazione che alla Fiat, all'Olivetti sono avvenuti.
La cassa integrazione ha finito col giocare come vero strumento di politica industriale, lo ha giocato indirettamente anche in positivo facilitando la trasformazione, lo ha giocato nel senso che anche nell'altra faccia ha consentito di essere un attutitore sociale delle ripercussioni che si sono determinate.
Penso però che non sia possibile pensare che sosteniamo surrettiziamente una politica di trasformazione della società, della portata che è in atto, sostenendola su uno strumento che aveva altre finalità, che ha un grande significato sociale, ma che comporta anche grossi limiti. Sono stati denunciati persino gli effetti umani di carattere psicologico che determina il permanere in cassa integrazione per periodi così lunghi.
Viene posto nel Piano di sviluppo un problema che certo non risolviamo a livello regionale se non forse con piccoli interventi (alcuni dei quali già messi in atto quali le cooperative per cassintegrati). Viene posto l'accento sull'esigenza di fronte a problemi di varia natura che richiedono interventi che vanno dall'assetto idrogeologico ai problemi di vita di strutture culturali, a problemi di vita di strutture assistenziali al servizio dei malati, degli handicappati, a problemi di carattere produttivo. Penso alla foresta e al piano forestale regionale che è stato stipulato.
Credo che sia giusto porsi e porre ai livelli adeguati, una modifica sperimentale dell'utilizzo della cassa integrazione per far convergere in lavori che abbiano una loro stabilità per un periodo non breve (per esempio, i 10 anni di intervallo che possiamo porci prima di potere uscire strutturalmente da una situazione di divaricazione fra domanda ed offerta di posti di lavoro) per vedere se non possiamo dare dei lavori stabili che lascino il segno, conseguenze qualitative di efficienza, sul territorio regionale o sulle strutture di vita della società, della comunità (strutture assistenziali per anziani, strutture di vita del nostro sistema culturale, attività nei parchi, nei musei) e vedere se non possiamo per svolgere queste attività, che sono utili socialmente e culturalmente convertire lo stesso carattere della cassa integrazione. Per non parlare di interventi più straordinari, ma sempre più riduttivi sotto il profilo della capacità di lasciare il segno, sempre più da riportare ad aspetti di carattere assistenziale, come possono essere quelli del pensionamento in attività anticipata per far posto ai giovani.
Il Piano parla di queste cose e pone questi problemi e si uniforma anche nei comportamenti, secondo questi criteri, e penso che davvero diventa importante non eludere discussioni e prese di posizione riguardo queste questioni.
Mi richiamo ora ai problemi di riequilibrio territoriale che nel Piano regionale di sviluppo sono posti. Viene riaffermato il principio di operare per il riequilibrio territoriale regionale, indicando come oggi ci si trovi in una situazione che per qualche verso può persino favorire certe situazioni di processo riequilibrante. E' modificato l'elemento motore su cui viene basata la politica di riequilibrio. Mentre nel primo Piano regionale di sviluppo la politica di riequilibrio territoriale era ancorata ad un travaso di risorse dall'area metropolitana torinese, crogiolo di produzione e di risorse, al resto del Piemonte, situazione poco praticabile prima, ma oggi certamente non più praticabile nel secondo Piano di sviluppo, si richiama invece il problema del riequilibrio territoriale con riferimento all'utilizzo delle risorse primarie che le altre parti del territorio regionale presentano (il piano forestale non richiederebbe un impegno di spesa di 50 miliardi all'anno, rispetto ai 1000 e più miliardi di cassa integrazione all'anno che si pagano in Piemonte con la possibilità di dare un'occupazione aggiuntiva fissa di circa 2500/3000 occupati altrettanta occupazione stagionale ed un altro ordine di grandezza di 2 3000 occupati nei settori indotti), quindi politica di riequilibrio fondata anche su incentivi economici da dare per la gestione dei 700.000 ettari di manto forestale piemontese che riguarda le aree periferiche rispetto all'area torinese, le aree meno popolate e quindi sotto questo profilo il polo estremo di una situazione di squilibrio territoriale, risorse non primarie ma di carattere territoriale geografico, legando gli interventi in certe aree territoriali piemontesi agli interventi che si devono fare per migliorare il sistema di;efficienza, per esempio, di mobilità.
Nei programmi finalizzati su cui si articola poi il Piano di sviluppo ci sono i programmi per la Valle Scrivia e per la Valle dell'Ossola. Qui nel Piano di sviluppo questi programmi di intervento non sono giustificati e visti come piano da "Cassa del Mezzogiorno" e due aree della Vai d'Ossola e della Valle Scrivia non sono individuate come aree di intervento soltanto perché sono soggette ad una crisi, ma sono individuate come aree di intervento perché lì esistono delle potenzialità geografiche. Sono aree di interconnessione con il Centro Europa e con la Liguria e il porto di Genova.
Nella politica di modernizzazione complessiva che viene indicata come essenziale per la collocazione della nostra Regione all'interno del bacino del Mediterraneo e dell'Europa e quindi in coerenza con l'esigenza di apertura dei mercati che è in atto e di accentuazione di questa apertura la Val d'Ossola e la Valle Scrivia non sono aree per programmi finalizzati solo perché aree in crisi, ma sono aree per programmi finalizzati perché lì ci sono condizioni territoriali che vanno sfruttate sul piano dei collegamenti e dei servizi che i collegamenti richiedono ai fini di un miglioramento di efficienza dei trasporti nell'intero sistema regionale interregionale, nazionale ed europeo.
Un equilibrio territoriale che fonda non sul travaso delle risorse ma sull'utilizzo delle risorse fisiche primarie che nel resto del territorio esistono o sulle infrastrutturazioni, sulle incentivazioni che queste infrastrutturazioni possono determinare in aree geograficamente localizzate in punti chiave dei rapporti interregionali e internazionali.
Un'accentuazione di questo tipo viene posta per l'area metropolitana oggi in forte crisi, che viene vista come area su cui puntare per il capitale fisso insediato. Sarebbe davvero disastroso per l'economia regionale e nazionale, se non utilizzassimo appieno un capitale fisso, che va riutilizzato e riqualificato perché Torino e l'area metropolitana possano essere elemento portante di una relazione fra le aree metropolitane europee ed una relazione economica fra i vari Paesi.
Il Piano si struttura in programmi finalizzati. Sono programmi tutti significativi da quello dell'energia, a quello delle zone montane, sotto il profilo della politica del riequilibrio, a quelli per il lavoro e per l'innovazione tecnologica, a quelli per la terziarizzazione. Voglio spendere qualche parola per il programma finalizzato Po. Anche qui chiedo ai colleghi Consiglieri di considerare il significato di questo programma finalizzato; è il programma finalizzato più impostato sul piano del metodo meno di altri contiene contenuti propositivi; il programma finalizzato Po si ferma ad una indicazione di metodo.
Voglio richiamare che già questo deve essere considerato un punto seppur limitato, del percorso da compiere, ma un punto di partenza positivo. Viene qui posto finalmente il problema di tener conto del Po nei suoi vari aspetti, risorse economiche da sfruttare (sotto questo profilo si elencano tutte le condizioni di sfruttamento che il Po può dare: non se ne sceglie nessuna e non se ne ricusa nessuna, si fa un discorso di carattere metodologico anche se intorno al problema della navigabilità il giudizio tende a respingerla come non attuabile nei tempi storici, perché neppure affermata nelle elaborazioni che sono state fatte a livello nazionale), nei documenti che riguardano il problema della navigazione di tutto il Po viene posta a fianco dei problemi dello sfruttamento economico, l'esigenza di valutare sul Po tutti gli interventi possibili.
E' quindi un programma che definisce una metodologia per arrivare a promuovere delle scelte. E' un programma che ha meno portate dal punto di vista economico di altri, ma ha un significato qualitativo elevato.
Il Po si sta trasformando, per gli interventi non programmati e singolarmente determinati da vari settori operativi, in un canale. Sta saltando un sistema ambientale naturalistico ricco di grande significato nella nostra Regione.
Credo debba essere prestata attenzione a questa questione e credo che la discussione del piano e la sua approvazione possano mettere un punto fermo per passare da una fase di indicazione metodologica di comportamenti ad una fase di definizione operativa. Credo sarebbe possibile da un pronunciamento di tipo positivo su queste questioni da parte del Consiglio regionale, passare rapidamente allo studio di un piano territoriale operativo che riguardi l'asta del Po all'interno del quale questi problemi vengano messi tutti sulla bilancia e valutati positivamente.
Il piano fa poi riferimento, che per attuare queste indicazioni sia per i contenuti, sia per il modo con cui queste indicazioni vengono aggregate (per usare un termine abusato e forse non del tutto proprio) per fattori in aree territoriali o per tempi, i cosiddetti programmi finalizzati, si rende necessaria una coerente modificazione della struttura dell'apparato regionale. Nella misura in cui noi approviamo un programma finalizzato, si rende necessaria una struttura che sia in grado di gestirlo, di seguirlo di promuoverlo in direzione soprattutto degli enti esterni alla Regione coordinarne le iniziative, promuoverle e verificarne l'attuazione e di essere in grado di segnalare gli intoppi, le impossibilità e le azioni da mettere in atto per superare le impossibilità.
Una struttura regionale divisa per Assessorati, è una struttura regionale che non solo non è in grado di svolgere un'azione efficace verso gli operatori esterni che devono intervenire nell'attuazione del programma finalizzato, ma non è efficace neppure a rispondere in modo coerente e positivo sulle possibilità di intervento della Regione.
Anche questo aspetto della discussione, che certo non si conclude nel piano ma che apre alle discussioni che dovremmo fare, per esempio, sulle strutture, è un elemento contenuto nel piano e che contribuisce come gli altri che ho richiamato a dare un significato a questo piano regionale di sviluppo, a non renderlo solo un'occasione di dibattito, a non renderlo soltanto un'esigenza politica come qualcuno ha detto.
E' poi contenuto anche l'aspetto che riguarda il ruolo della Regione nel paese, la funzione della programmazione, la riforma istituzionale, ed è richiamata qui non per nostalgia, ma per il significato reale che ha avuto l'esperienza comprensoriale, quella del rapporto Regioni-Comuni, limitata certo non compiuta, ma che non è possibile perdere e che la riforma istituzionale fondata sulle Province, ente autarchico intermedio tra Regione e Comune, rischia di mettere in discussione.
Per la Regione, per le future Province è necessario comunque avere un rapporto con i Comuni e con i Sindaci. Se questo rapporto viene a mancare viene a mancare una delle basi della vita partecipativa e quindi una delle condizioni essenziali per una programmazione democratica.
Nel Piano sono contenute le politiche di settore che sono state aggiunte ai programmi finalizzati, perché i programmi finalizzati non comprendono tutte le politiche che i vari Assessorati mettono in atto.
Credo sia invece giusto che i Consiglieri regionali e la comunità possano e debbano confrontarsi anche su quell'altra parte che può finire col non essere marginale, che potrebbe essere persino strabocchevole rispetto all'impegno dei programmi finalizzati, ma allora è giusto che il Consiglio regionale ne prenda atto, che introduca elementi di controllo e di riparo.
I programmi settoriali non sono un'antitesi ai programmi finalizzati sono il giusto completamento dell'informazione, del tentativo di coordinamento delle varie iniziative che la Regione pone.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola all'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi, questa assemblea elettiva nella presente legislatura ha avuto l'opportunità di vivere una fase di profondo cambiamento di cambio di ciclo, del sistema economico-sociale.
Questa fase richiede nuovi comportamenti, un nuovo ruolo dell'operatore pubblico, perché i puri meccanismi di mercato la spontaneità dell'assestamento e dell'allocazione delle risorse, non potranno permettere di rendere ottimale (nel breve come nel lungo termine) la soluzione ai problemi che si presentano. Non viviamo una crisi tradizionale, non possiamo qualificarla come si qualificavano le crisi cicliche dei decenni precedenti. Si tratta di una grande fase di trasformazione, molto rapida e profonda, che lascia sul terreno milioni di disoccupati. Credo sia essenziale più che mai un ruolo attivo di politica industriale e del lavoro da parte dell'operatore pubblico ad ogni livello.
E' vero che l'unitarietà delle politiche è necessaria, in particolare nella politica industriale e del lavoro ed il ruolo del governo centrale diventa fondamentale. Ma anche a livello regionale si può dare un apporto significativo, non marginale, a quello che già l'Assessore Rivalta indicava essere un po' lo spirito che impregna il Piano regionale di sviluppo, e cioè favorire il processo di modernizzazione del nostro sistema produttivo e nel contempo cercare di dare attenzione all'occupazione, in un quadro di attenzione agli aspetti di competitività del sistema economico.
Con il Piano regionale di sviluppo, abbiamo posto una delle condizioni necessarie per affrontare la complessa situazione presente. La necessità di un maggiore livello di coesione tra i vari soggetti che operano a livello economico e sociale, costituisce un requisito rilevante, perché la fase delicata di transizione non può essere affrontata con lacerazioni.
Credo anche che da parte di tutti gli amministratori, ad ogni livello occorra fare uno sforzo per ottimizzare le proprie iniziative. Già si è parlato della nostra "intuizione" di collocare il ruolo della domanda pubblica come elemento importante all'interno delle iniziative che, a parità di impegno di risorse, possono rendere più elevato l'effetto di crescita di valore aggiunto e di arricchimento tecnologico nel sistema produttivo.
Il ruolo della formazione professionale, non vista come semplice compensatore di problemi sociali, ma con ruolo attivo nel processo di modernizzazione, rappresenta anche da questo versante un impegno di ottimizzazione dell'uso delle risorse.
Anche un'attenzione prioritaria per ogni nostra scelta sulla valutazione degli effetti di ricaduta sull'occupazione, sul nostro sistema industriale in modo strutturale, rappresenta uno dei modi nuovi di operare per poter fare esprimere al sistema economico sociale sinergie inesprimibili, senza nuove scale di priorità sulle funzioni tradizionali e sui nuovi obiettivi emergenti nell'attuale fase di trasformazione.
Gli elementi di programmazione che abbiamo introdotto rappresentano oggi una necessità reale. La polemica, a volte pretestuosa, sul fatto che la Regione debba o meno avere un ruolo attivo, propositivo, nella politica industriale, credo non tenga conto di quello che affermano i più seri studiosi di tale materia, se si lascia fuori la pura polemica politica, la propaganda, e si dice che i problemi di questo decennio non possono trovare soluzioni, perché riprende a tirare l'economia tedesca o statunitense, o sperando nel calo demografico e così via.
Dovremmo vivere questo decennio favorendo la modernizzazione ed il cambiamento, con una particolare attenzione, però, occorre fare i conti con una disoccupazione di qualità e di entità drammatica.
Nel Piano regionale di sviluppo abbiamo dato una valenza centrale proprio per dimostrare che non ci sentiamo risucchiati in una interpretazione vecchia, tradizionale della situazione, quindi con uno schema di azione sulla crisi inadeguato, all'innovazione tecnologica ed organizzativa come uno degli elementi strategici per l'intervento pubblico.
Per tale funzione occorre anche stimolare il livello centrale di governo ad un ruolo più adeguato. In questo senso abbiamo posto al Ministro Altissimo la necessità di utilizzare la legge 46 per l'innovazione tecnologica, in modo non rivolto prevalentemente alle macro imprese, le quali hanno già autonomamente la capacità e la forza di determinare e di individuare le risorse, ma guardando con attenzione crescente alla piccola e media impresa, con una possibilità di istruttoria a livello regionale proprio perché le realtà e le specificità della situazione delle piccole imprese trovano una qualche difficoltà maggiore a livello nazionale.
La legge 46 sino ad ora ha finanziato per gran parte le grandi aziende.
Ci siamo quindi posti il compito di rendere più profonda e più rapida l'introduzione dell'innovazione tecnologica nella piccola e nella media impresa e nell'artigianato e di favorire il coordinamento e lo stimolo dei centri di ricerca.
Per tale ragione, bene abbiamo fatto a denunciare la perdita del Cerimet, la perdita del Centro di ricerche di Borgaro dell'Enichimica nel settore dei fitofarmaci e nel settore della ricerca agricola. Vorremmo continuare in questa linea di attenzione per non perdere "pezzi" di ricerca, per farli meglio aggregare, per far intervenire l'operatore pubblico in modo più attivo ed efficace.
E' necessario anche favorire la nascita di imprese innovative; questo può essere un compito anche dell'operatore pubblico, creando le condizioni ambientali, che possano far germogliare, che possano far trovare spazi reali alle potenzialità imprenditoriali nei settori avanzati.
Non si tratta solo di aspetti tecnologici nell'innovazione, ma anche di aspetti organizzativi e gestionali. Quando si ristruttura un'azienda, non sempre si fa ricorso massiccio all'innovazione tecnologica, si fa spesso ricorso massiccio a nuove tecniche ed a nuove forme organizzative, si diverticalizza, si lasciano all'esterno certe funzioni che vengono svolte da chi può compierle in modo più efficace e più economico. E' quindi un grande processo di trasformazione nel quale, tra l'altro, non possiamo illuderci che il terziario possa rappresentare una risposta decisiva per compensare la perdita occupazione nel settore dell'industria, ma che certamente può e potrà svolgere un ruolo rilevante.
Abbiamo pensato di poter entrare in campo, in questa materia, a pieno titolo.
Ed e così che abbiamo operato, ad esempio, sul versante della creazione di un ambiente idoneo a poter padroneggiare quello che sarà il grande salto, il grande gradino nel campo dell'informatica, quello dell'intelligenza artificiale. Credo sia l'unica esperienza in Europa in materia di intelligenza artificiale promossa da una pubblica amministrazione.
Abbiamo in formazione venti quadri di alto livello con la partecipazione di 150-200 specialisti inviati da banche e da imprese dall'Università. Riteniamo che attraverso questa strada possiamo dare concretamente uno stimolo per poter far emergere e padroneggiare innovazioni. Un altro obiettivo è teso ad avviare un grande progetto per aiutare la piccola e media azienda ad utilizzare il computer nella progettazione e nella gestione della produzione: il progetto CAD-CAM che tende ad utilizzare le competenze del Politecnico e delle imprese private.
La formazione professionale è un campo strategico dell'intervento dell'operatore pubblico, non solo per una politica attiva del lavoro, ma anche per concorrere allo sviluppo di una politica industriale. La formazione professionale deve formare bene e in modo finalizzato e deve essere anche sede di diffusione dell'innovazione tecnologica. Alcune esperienze, come il Tecnotex di Biella, come il tentativo di dar vita a un polo nel settore del sistema energetico di formazione di alto livello, che possa anche servire come diffusione dell'innovazione tecnologica, indicano una prospettiva nuova per la formazione professionale.
Vorremmo con il progetto CAD-CAM dare ad ogni Provincia una stazione di lavoro in questo settore che abbia come base il nostro centro di formazione professionale e che oltre a curare la formazione, provveda alla diffusione dell'innovazione nelle tecniche CAD-CAM.
La rilocalizzazione industriale, dopo la revisione della L. 56, ma soprattutto come è evidenziato nella legge sulle società consortili miste permette di avviare una politica attenta della localizzazione e dei riusi degli immobili industriali dismessi.
Non sempre la piccola azienda può avere la capacità di rispondere agli stimoli ed agli impegni che gli pone la grande azienda.
La legge sulle società consortili miste può concorrere a recuperare tale capacità.
Dobbiamo orientare i flussi finanziari: abbiamo infatti manifestato la nostra perplessità per l'uso dei fondi CECA e dobbiamo finalizzare in modo corretto quei fondi nelle aree di crisi del settore siderurgico.
Con il regolamento 219 della CEE per le aree di crisi tessile, è possibile intervenire nelle aree tessili in crisi, svolgere un ruolo di direzione e di guida per un utilizzo ottimale delle risorse messe a disposizione della Comunità Economica Europea.
Ricollegandomi al tema dell'uso finalizzato della domanda pubblica riteniamo che, a parità di risorse impiegate nel settore della sanità, dei trasporti, dell'informatica, dell'energia, delle grandi infrastrutture, si possa dare un effetto di ricaduta, non solo occupazionale, ma anche strutturale nel tessuto produttivo più elevato della spesa pubblica.
Ovviamente dobbiamo fare i conti con le leggi nazionali e con le indicazioni comunitarie. E' una strada che dobbiamo e possiamo percorrere.
Il ruolo delle partecipazioni statali nella nostra Regione è importante e va controllato, va meglio finalizzato, che non può subire spinte municipalistiche e di lobbies di varia natura.
Ci sono interventi meno istituzionali che riteniamo essere utile e doveroso fare: sono gli interventi nelle crisi aziendali.
Alcune aziende entrano in crisi non sempre perché manca un mercato perché non sono in possesso di un prodotto valido, perché non hanno una tecnologia, perché i lavoratori non hanno le professionalità adeguate.
In questo caso i nostri interventi possono servire. Proprio stamane abbiamo potuto vedere alcuni effetti devastanti di alcuni processi di trasformazione, l'ultimo caso è quello dell'Indesit.
C'è la possibilità di fare qualcosa come orientamento sul livello centrale e come possibilità di "compensazioni" a livello locale.
Anche i processi di riorganizzazione degli indotti dell'Olivetti, della Fiat, della stessa Indesit, possono trovare da parte del momento pubblico un ruolo utile, perché abbiamo qualche strumento per minimizzare, per lo meno, gli effetti negativi.
Vi è però nella nostra strategia un altro versante che vogliamo e dobbiamo correlare con l'intervento per l'innovazione ed è quello della politica attiva del lavoro e dell'occupazione.
E' una scelta di metodo, che anticipa il più possibile gli effetti negativi che il processo di trasformazione economica può avere nel mercato del lavoro.
L'osservatorio del mercato del lavoro si sta affinando ed accresce le proprie potenzialità, e sarà sempre più capace di permetterci di avere "visibilità"di lungo termine, in modo da poter programmare le varie iniziative che potremmo praticare nei diversi campi.
Nel nostro programma per l'osservatorio del mercato del lavoro intendiamo costruire un osservatorio dei processi economici che permette di integrare le informazioni sul mercato del lavoro e quelle sull'evoluzione delle altre grandezze e dati economici.
Lo abbiamo proposto al Ministero del lavoro come elemento essenziale per poter operare, perché non basta conoscere in tempi reali l'andamento del mercato del lavoro.
E' una specificità della nostra proposta che è stata raccolta con attenzione dal livello centrale.
Il mercato del lavoro nel periodo tra il 1977 e il 1980 ha visto l'avvio di processi di ristrutturazione che oggi sono penetrati nel sistema economico con profondità e con radicalità.
Non è solo un problema quantitativo della disoccupazione, ma è anche un problema qualitativo che non possiamo, né rimuovere, né spegnere e che dobbiamo affrontare non in termini assistenziali.
E' il problema della sacca cronica della disoccupazione, i cassintegrati strutturali per i quali non si può arrivare al prepensionamento a 40/45 anni.
Abbiamo individuato alcune linee di intervento. Intanto nell'organizzazione della domanda pubblica già emerge un effetto che tende ad accrescere il valore aggiunto a difenderlo nel nostro sistema produttivo; dall'altro lato un intervento sull'offerta sulle fasce forti per rendere ancora più forti dal lato della formazione e dell'orientamento per poter far sì che l'incontro tra la domanda e l'offerta sia il migliore possibile.
Infatti nelle nostre scelte cerchiamo di finalizzare il più possibile la formazione professionale, in modo da non avere degli sprechi. Sulla sacca critica di disoccupazione dobbiamo intervenire quando è possibile con la riqualificazione, dobbiamo incentivare lo sviluppo di attività autonome che non vadano a sottrarre spazi autonomi ad altri, ma che siano attività aggiuntive. Abbiamo la possibilità di fare emergere il ruolo dei pubblici poteri per permettere l'apertura di alcuni segmenti di occupazione nelle fasce più dequalificate che possono in questi anni allentare il problema dello stock di mano d'opera adulta.
Abbiamo poi degli interventi specifici che stanno all'interno di queste linee di intervento generale.
Una formazione professionale più mirata, non solo come fattore di innovazione tecnologica e che rifiuta di essere un ammortizzatore sociale.
Si è sempre negato l'uso di una formazione professionale di attesa, di parcheggio.
Stiamo andando su una formazione di secondo livello con estrema determinazione, senza pregiudicare i bisogni del primo livello, stiamo cercando di intervenire con la cooperazione, in modo non assistenziale (e la nostra legge sulle cooperative per disoccupati e cassintegrati ne è un esempio).
Vi è la legge regionale sui cantieri di lavoro. I Comuni stanno inviando in questi giorni le domande per attivare cantieri di lavoro. Il nostro progetto straordinario di intervento sui disoccupati delle famiglie a reddito zero è ispirato dalla filosofia di non emarginare nessuno con l'assistenzialismo, sino quando è possibile, e di fare uno sforzo per portare i soggetti più sfortunati sul mercato del lavoro con una posizione di maggiore forza. Con la conferenza sull'occupazione che si terrà l'11 gennaio ci misureremo su questi problemi.
I cittadini più bisognosi aspettano delle più risposte. Questi strumenti che sono ordinari, potrebbero diventare straordinari qualora un concorso di forze e di risorse aggiuntive li potesse far diventare tali in modo da "mordere" maggiormente sul tema della disoccupazione.
Questo è lo spirito che ha il Piano regionale di sviluppo nella parte connessa ai problemi di trasformazione industriale ed ai riflessi occupazionali.
E' un vincolo che pone il ruolo della politica industriale e della politica attiva per l'occupazione come un fatto primario degli amministratori pubblici in questa grande fase di trasformazione economica e sociale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Signor Presidente, colleghi, in un intervento estremamente sintetico e mirato ad evidenziare gli elementi che caratterizzano le scelte, i contenuti, gli obiettivi delle proposte presentate dalla Giunta per il secondo Piano di sviluppo, è gioco forza dare per scontata la conoscenza dell'attuale stato del settore primario ed ogni analisi del contesto nazionale, comunitario, internazionale in cui si muove l'agricoltura nazionale e regionale.
Va detto anzitutto che il settore agricolo viene giustamente organicamente collocato all'interno della proposta della Giunta come settore che, nonostante le sue non poche difficoltà di natura interna, e di natura esterna relative alla politica comunitaria, alla sua crisi ed al vincolo, alla crisi del mercato internazionale e quindi all'esigenza del controllo della domanda, nonostante il suo sviluppo dualistico, una parte avanzata e moderna, l'altra parte in seria difficoltà per lo svantaggio naturale determinato dalla situazione pedologica, è in grado di concorrere alla ripresa del nostro apparato produttivo regionale e soprattutto in grado di diventare una componente attiva per la costruzione di un valido sistema agro-alimentare industriale moderno.
Certo, i vincoli comunitari, soprattutto in riferimento alla iniqua decisione del 31 marzo per quanto riguarda il latte ed al non equo compromesso di Dublino per quanto riguarda il vino, pongono ulteriori difficoltà. Tuttavia né a livello regionale né a livello nazionale, sarebbe saggio, accettabile e confacente con gli interessi nazionali, una politica e nazionale e regionale che si appiattisse nella pura gestione burocratica dei vincoli comunitari. Di qui la scelta di fondo contenuta nelle proposte di piano, in parte criticata nel corso della consultazione, di puntare all'ulteriore sviluppo quantitativo e qualitativo delle produzioni agricole regionali, sia insistendo su alcune delle più importanti produzioni tradizionali cerealicole e ortofrutticole e degli allevamenti, sia ancora individuando le possibili produzioni nuove o alternative.
Per realizzare l'ulteriore sviluppo del grado di efficienza delle imprese, siano esse singole o associate, l'aumento della produttività complessiva, non soltanto aziendale, ma del settore, è necessaria una esaltazione dell'impegno già in atto relativamente a tutto ciò che va sotto il nome di ammodernamento tecnologico, ricerca, sperimentazione divulgazione, diffusione dei nuovi portati della ricerca.
Non si tratta di messaggi, di propositi, ma della esaltazione di ci che è in essere, per esempio la formazione di divulgatori piemontesi e lombardi, la riforma dei servizi per lo sviluppo dell'assistenza tecnica.
Sta prendendo l'avvio l'osservatorio economico. Si tratta di concordare con l'Assessore Tapparo come finalizzare la formazione professionale in agricoltura con l'assistenza tecnica come veicolo per la diffusione delle nuove e moderne tecnologie, avendo presente che uno dei più grandi problemi di fondo a livello regionale ed a livello nazionale è il vincolo comunitario quindi il controllo dell'offerta.
Il Presidente del Consiglio Craxi, parlando a Cremona ha detto che l'Italia deve garantire l'approvvigionamento, l'autosufficienza.
Credo che sarebbe sufficiente e meno autarchico, limitarsi ad un più alto tasso di approvvigionamento.
Comunque la questione del limite comunitario può saltare se, attraverso l'ammodernamento ed altre iniziative, creiamo una agricoltura capace di stare sul mercato, di competere con le altre produzioni, un'agricoltura che non produca solo per la distruzione.
C'è il problema della viticoltura e del vino. Si sono distillati 15 milioni di ettolitri di vino, di lì i vari provvedimenti.
Negli ultimi quattro anni, il Piemonte che pure resta una Regione vitivinicola, non ha mai mandato alla distillazione più di 70.000 ettolitri; è segno allora che le altre Regioni ne hanno mandati alla distillazione 1/2/3 milioni fino ai 7 milioni (Sicilia ed Emilia sono in grado di affrontare i nuovi mercati dell'Asia e degli Stati Uniti).
Si tratta di operare un salto di qualità, riducendo i costi di produzione e qualificando la produzione.
Questo è possibile anche nel latte, nella carne, nell'ortofrutta, oltre che nel vino.
L'altra importante questione riguarda la costruzione di un moderno sistema agro-industriale quindi l'instaurarsi di rapporti nuovi, diversi e più uguali fra l'agricoltura, l'industria e distribuzione.
In questo senso vale quanto è stato fatto nel campo dell'azione cooperativa con sempre maggiore rigore e discernimento, ma vi sono anche altre alternative ove questa abbia dimostrato difficoltà e rallentamenti.
Del resto, nel fare questa scelta non l'abbiamo posta come scelta ideologica, ma come opportunità.
Una delle nuove e grandi opportunità è quella degli accordi interprofessionali.
Le associazioni dei produttori, le iniziative miste, un gruppo di industrie del settore, concordano non soltanto la produzione, ma anche gli investimenti per le strutture, le ricerche, la promozione.
C'è continuità fra il primo ed il secondo piano di sviluppo. Questo piano viene a scoprire ed a rilanciare iniziative già in atto nel settore che è uno dei punti più dolenti e più difficili per una Regione come il Piemonte che ha una scarsa industria alimentare da una parte e uno scarso sviluppo cooperativo agricolo dall'altra.
Eppure in questa Regione c'è l'iniziativa dell'Asprofrut, Allione per la lavorazione dei succhi di frutta, c'è il contratto e la normativa del Moscato; ieri ho assistito alla costituzione ufficiale del Coprovip, un organismo che unisce una quindicina di aziende industriali, una grossa associazione di produttori per sperimentare un nuovo tipo di vino prodotto con le uve piemontesi da lanciare sul mercato nazionale e su quello internazionale. Sono esempi per dire come il Piano non ponga soltanto ipotesi e proposizioni. L'altro problema rilevante riguarda le nuove professionalità e le nuove attività che stanno emergendo nel mondo agricolo.
Part-time da una parte e agriturismo dall'altra possono essere integrativi.
Abbiamo già provveduto a questo proposito a modificare la legislazione ed altre proposte di legge ed iniziative sono in corso.
Le azioni sono tali da poter tradurre in concreto questi che ho indicato come obiettivi e scelte centrali del piano. L'azione fondamentale è quella della difesa del bene terra e delle terre più fertili ai fini della produzione agricola, lo sviluppo e il potenziamento dell'agro industria con particolare riferimento a quella alimentare.
Voglio ancora ricordare che nella nuova legge finanziaria vengono estesi al settore agricolo i provvedimenti relativi al credito e soprattutto all'assicurazione di rischio che in passato erano puro appannaggio dell'industria, quindi, collegandoci a questa norma legislativa sarà possibile rendere più veloci le iniziative a cui ho fatto cenno.
Ci sono problemi di carattere strutturale, di qui l'importanza del punto terzo dell'azione relativo al rinvenimento e all'invaso delle risorse idriche, quindi alla prosecuzione del programma di irrigazione che del resto la consultazione ha riconosciuto ampio ed esteso.
Allo sviluppo della ricerca e della sperimentazione ho già accennato.
L'altra importante azione che è necessaria conseguenza di quella particolare situazione piemontese che vede l'agricoltura a due velocità è quella della valorizzazione, della tutela e della integrazione dell'agricoltura più povera collinare e soprattutto montana. Un aspetto da valorizzare è quello della tutela della qualità e della tipicità delle produzioni regionali.
Questa è la strada che ci può far superare il vincolo comunitario. Su queste azioni fondamentali si tratterà di concentrare impegni, sforzi finanziari, fantasia creativa, non soltanto della Regione, della Giunta e del Consiglio, ma degli operatori del settore, siano essi singoli od associati.
Sorvolo sulle questioni della programmazione, dei suoi strumenti e della sua articolazione territoriale, le comunità montane che ormai hanno completato l'elaborazione dei loro Piani di sviluppo socio-economico, le Commissioni zonali che hanno completato l'elaborazione dei documenti e che debbono adesso diventare supporto fondamentale o il quadro di riferimento per l'attribuzione delle risorse e delle azioni concrete.
Per quanto riguarda invece la montagna e la collina, il primo bilancio del piano triennale già assegna delle risorse. Sono territori collinari e montani che avranno bisogno di integrazioni che troveranno nel progetto settoriale montagna.
Sono integrazioni che non appartengono più al settore agricolo, ma sono un impegno della collettività per quel servizio di presidio del territorio che le popolazioni assolvono in particolari condizioni di disagio e di difficoltà.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone che illustra il settore turistico.



MIGNONE Andrea, Assessore al turismo

Colleghi Consiglieri, nel secondo Piano di sviluppo la Giunta regionale ha ritenuto di dare particolare significato e rilievo al settore del turismo riconoscendo la rilevanza di questo fenomeno in Piemonte considerandolo anche dal punto di vista economico, quindi non più e non solo il turismo come risposta ai problemi del tempo libero, ma il turismo come un settore importante dell'economia regionale e quindi importante anche sotto il profilo dell'occupazione e del rilancio di alcune zone.
Nel secondo Piano di sviluppo sono individuate delle azioni volte al rilancio di questo fenomeno economico sia per le zone di consolidata economia turistica, in particolare per la zona dei laghi e per l'offerta montana, sia per le zone in cui il turismo può rappresentare una forma integrativa ad altre attività economiche, ad esempio, come integrazione dell'attività agricola.
Viene considerato un possibile ruolo del turismo come fenomeno economico di terziario produttivo per alcune aree economiche oggi in crisi.
Pensiamo, ad esempio all'area metropolitana o alla valle di Susa. Laddove si fanno dei progetti specifici per l'area metropolitana e per la Valle di Susa, vi è una attenzione particolare ai possibili risvolti positivi che il rilancio delle attività turistiche potrebbero comportare all'interno di queste aree di economia post-industriale.
Il secondo Piano di sviluppo più dei documenti precedenti, ed a differenza di quella che era l'immagine del Piemonte come una Regione ad alta vocazione industriale, anzi, monoindustriale o agricola, annette alla nostra Regione un'immagine di un Piemonte turistico con rilevanza economica per quanto riguarda il volume degli affari e sotto il profilo occupazionale.
La politica del turismo individuata nel secondo Piano di sviluppo fa perno da un lato sul riconoscimento del turismo come fenomeno economico importante per l'intera Regione, seppur con gradualità di pesi perché vi sono alcune realtà che hanno una vocazione turistica consolidata e più accentuata e a queste zone in particolare si dirige l'attenzione delle politiche regionali, per un altro verso, ha presente il discorso del tempo libero.
La società del 2000 è una società in cui il fenomeno del tempo libero assumerà un rilievo sempre più importante, allora occorre che anche le politiche turistiche sappiano dare delle risposte in questo senso, sia per i residenti, sia per coloro che provengono da altre Regioni.
Ovviamente parlando di politica del turismo è indicata una serie di elementi, complementari o comunque interrelati al fenomeno del turismo e sono il problema della tutela ambientale, la salvaguardia dell'ambiente avendo come riferimento l'ambiente come possibile elemento di fruizione turistica, quindi un discorso di salvaguardia e di tutela, ma non inteso come mera imbalsamazione dell'ambiente esistente, ma anche ai fini della sua valorizzazione turistica.
In questo periodo abbiamo già intrapreso alcune iniziative proprio per valutare la fruizione turistica dei parchi, attraverso le schede informative e degli itinerari turistici all'interno di queste aree meritevoli di particolare pregio, che diffonderemo per far conoscere a quei segmenti di turismo ovviamente interessati a questo tipo di offerta.
Pensiamo al turismo scientifico, al turismo scolastico. Vi sono poi altri elementi quali la cultura.
Anche qui, cogliendo indicazioni venute dalle consultazioni e dalla VI Commissione, abbiamo posto l'accento, e nelle modifiche lo porremo ancor di più, per un discorso di tutela e di valorizzazione dei beni culturali presenti in Piemonte anche ai fini della fruizione turistica. Questo riguarda ad esempio le richieste al FIO per le residenze sabaude, riguarda una iniziativa che abbiamo avviato in collaborazione con l'istituto per le dimore storiche, per cercare di avere una serie di poli di riferimento sul territorio per costruire degli itinerari turistici che facciano perno sulle emergenze storico-culturali.
Nel piano viene sottolineata l'esigenza di "armare" il territorio di una serie di infrastrutture complementari che rendano completa l'offerta turistica piemontese.
Lo dice la Regione, ma lo dicono gli stessi operatori del settore: oggi non si vende più soltanto l'albergo, ma si vende il territorio.
Dobbiamo essere in condizione di presentare pacchetti di offerta che contengono, assieme all'offerta meramente alberghiera, una serie di altre opportunità ricreative, sportive, culturali, tali da rendere completa e integrata l'offerta turistica.
Di qui il rilievo del progetto di dotare la nostra Regione di infrastrutture complementari alla offerta ricettiva. Oggi non si "vende" più soltanto la neve, il lago: occorre vendere un prodotto turistico in cui ci sta questa emergenza, questa peculiarità e nel contempo una serie di altre occasioni di svago, di ricreazione, di pratica sportiva, di uso del territorio tale da rendere completa l'offerta turistica.
Nel Piano di sviluppo, che in generale fa un discorso di qualificazione e di modernizzazione, anche per quanto riguarda il turismo viene posta in rilievo la necessità di una maggiore qualificazione della nostra offerta turistica in termini di strutture.
Abbiamo già operato con singole leggi di settore per dare una immagine qualitativa ed anche quantitativa dell'offerta ricettiva alberghiera ed extraalberghiera.
L'altro versante del secondo Piano di sviluppo riguarda la qualificazione degli operatori che operano nel settore. Abbiamo avviato alcune iniziative in stretto collegamento con la formazione professionale abbiamo avviato l'esperienza del Centro di formazione professionale per le attività di montagna, in collaborazione con il centro di Briancon, con sede a Bardonecchia ma con dei poli sul territorio piemontese, finanziato con i fondi della formazione professionale e del fondo sociale europeo.
Si pone l'obiettivo per un'area particolare com'è quella della montagna di dare una maggior qualificazione ai nostri operatori turistici con corsi alberghieri di tipo tradizionale, ma anche con corsi fatti in collaborazione con l'Associazione degli impianti a fune per l'aggiornamento degli operatori che operano nelle stazioni invernali.
Per quanto riguarda la politica della promozione turistica, posto che il perno sarà la riforma dell'organizzazione turistica sub regionale che deve trovare una rapida attuazione, il piano dice che occorre mirare di più la nostra politica promozionale, e cioè che occorre da parte della Regione acquisire elementi e notizie preventivamente su quali possono essere i mercati potenzialmente interessati alla nostra offerta turistica. Questo per evitare dispendio di energie o di portare una offerta turistica in mercati che in realtà non sono interessati al nostro prodotto o alle nostre tariffe perché non competitivo con le offerte di altre stazioni di altre Regioni.
Il Piano dà indicazioni anche in ordine ad un accordo con le politiche promozionali svolte da altri enti (Comuni, associazioni culturali, Comunità montane, Province, Camere di commercio).
E' opportuno un coordinamento per poter utilizzare al meglio le risorse umane e finanziarie, un coordinamento degli enti pubblici, ma anche un coordinamento in collaborazione con gli operatori privati del settore.
Per fare un esempio è inutile andare ad una fiera a Londra o a Francoforte senza avere gli operatori piemontesi presenti che vendano le nostre offerte turistiche.
Oggi bisogna andare oltre la mera presenza di uno stand e distribuire depliants ed opuscoli, bisogna fare qualche cosa di più. Queste cose sono contenute nella proposta del secondo Piano di sviluppo.
Vi è poi il discorso della commercializzazione.
E' arrivato il momento di trovare delle forme e dei modi per la commercializzazione, l'intermediazione del prodotto turistico.
Può essere un consorzio, l'associazione fra gli agenti di viaggio, fra gli albergatori, fra i gestori delle stazioni invernali.
Abbiamo già avviato studi ed indagini. Abbiamo già svolto in questi mesi un lavoro con gli operatori del settore neve, per valutare la possibilità di istituire delle agenzie a livello regionale, delle associazioni, dei consorzi in grado di gestire il complesso della nostra offerta turistica.
Ovviamente, le politiche del turismo sono riprese nel dettaglio anche per quanto riguarda la politica dei progetti speciali e delle aree.
Nell'area metropolitana occorre sviluppare il turismo d'affari e il turismo congressuale, sia in riferimento all'ipotesi di corso Marche, sia in riferimento ad un possibile utilizzo per il turismo congressuale dell'area del Lingotto.
Nelle aree del Verbano-Cusio-Ossola il turismo può svolgere una azione importante e queste politiche sono riprese nell'ambito del progetto montagna e del progetto Verbano-Cusio-Ossola.
Per il Piemonte Sud è sviluppato il turismo termale che sta registrando in questi ultimi tempi una ripresa di interesse, vuoi perché la medicina ha mutato orientamenti consolidati nei decenni precedenti, vuoi perch registriamo una maggiore vivacità degli operatori di questo settore nello svolgere un'azione di promozione e di commercializzazione del prodotto.
Riteniamo che per quanto riguarda il settore del turismo e del tempo libero il Piano di sviluppo si sia fatto carico dell'esigenza di modernizzazione, di qualificazione del comparto nel suo insieme.
Nel contempo dà risposte ad alcune esigenze particolari per aree ritenute meritevoli di attenzione, tipo l'Alto Verbano, tipo il Piemonte sud, tipo l'area metropolitana e la Valle di Susa.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bajardi che illustra brevemente il settore della sanità e dell'assistenza.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

La messa a disposizione dei colleghi dei documenti relativi alla proposta di Piano 85/87 e il consuntivo del precedente piano per gli anni '82 e '83 permette di essere molto veloce.
Mi corre l'obbligo di dire che, in aggiunta a quanto è a mani dei colleghi, la consultazione in atto fa emergere molti contributi, favoriti dalla maggiore specificazione che la proscenza della situazione regionale ed in primo luogo dà una maggiore informazione epidemiologica. Gli obiettivi sostanziali sono più ricchi e più articolati dei precedenti anche se non ancora esaustivi.
Ciò ovviamente per le parti relative ai contenuti, per le collocazioni territoriali delle scelte, per la ipotesi di attuazione temporale.
Mi corre l'obbligo di evidenziare alcune linee generali. In primo luogo è essenziale cogliere il processo di trasformazione della domanda attualmente in atto nel campo socio-sanitario. Da una parte con l'intreccio dell'evoluzione tecnico-scientifica, la modificazione del costume e della gente e gli stessi riflessi di questi sull'organizzazione del servizio. In secondo luogo, puntando alla territorializzazione e capillarizzazione del servizio socio-sanitario, sulla linea del decentramento, avendo come unico punto di riferimento i discorsi della corretta economia di scala nella erogazione delle prestazioni per contenerle al minore costo. Per capillarizzazione del servizio si guarda in modo particolare ai problemi del Distretto come momento di costruzione e di riorganizzazione dei servizi sul territorio.
Le linee sono quelle dello sviluppo qualitativo dell'attività di diagnosi e terapia, dello sviluppo quantitativo delle attività di riabilitazione e dello sviluppo della prevenzione primaria, in primo luogo con la rimozione delle cause di rischio sanitario e sociale.
Di qui emerge l'intreccio delle attività socio-sanitarie con altre attività. E' giusto quindi lo spazio che viene dato nel Piano di sviluppo regionale, con le attività economiche, dei trasporti, dell'assetto territoriale, della distribuzione dei beni di consumo, degli investimenti della organizzazione della produzione, elementi non marginali per cambiare il contesto all'interno del quale si attuano e si impostano i problemi socio-sanitari.
In primo luogo, è posto il ruolo della domanda pubblica nel settore sanitario e sociale ai fini dei riflessi positivi sulla economia nazionale in generale e piemontese. Vale quindi l'impegno che noi abbiamo dedicato nel campo della ricerca e la linea di impegno nella ricerca finalizzata socio-sanitaria e, in particolare, quella linea a sostegno delle innovazioni tecnologiche in una condizione di ruolo attivo e dinamico.
Da ciò emerge, nell'indicazione di Piano 85/87, sommariamente riassunto nel documento del Piano di sviluppo, un quadro più mirato degli obiettivi strumentali: quelli che ci permetteranno di realizzare gli obiettivi qualificanti e sostanziali.
Questi discorsi ci legano ai problemi delle risorse del servizio sanitario.
Spesa corrente.
La spesa corrente, a moneta costante, è di circa 9 mila miliardi nel triennio. E' una spesa che vale la pena di considerare. Incominciamo a raccogliere qualche risultato importante nella riorganizzazione della spesa. Quando saremo chiamati a discutere sul riparto delle risorse per il 1985 certamente registreremo alcuni importanti risultati che derivano dalla politica di piano per il periodo precedente che pone la nostra Regione in una condizione non certamente marginale o di retroguardia.
L'obiettivo più ambizioso a cui tendiamo in relazione alla spesa corrente, è quello di assumere la consapevolezza che almeno il 30/35 per cento dei 9 mila miliardi (3 mila miliardi nel triennio) può essere finalizzata ad obiettivi di politica economica e quindi di stretto collegamento con l'agricoltura, con le attività industriali e con l'organizzazione dei servizi.
Ci facilita andare in questa direzione l'impegno che stiamo profondendo nella politica budgettaria, nella contabilità dei costi, nella adozione di indicatori di efficacia e di efficienza che ci possono permettere di entrare nel merito sui problemi della riconversione della spesa corrente.
Il secondo capitolo è quello degli investimenti in conto capitale.
Abbiamo fatto lo sforzo per evidenziare, ovviamente a legislazione presente o legislazione-proposta, una quantificazione che può essere ragionevolmente considerata prudenziale di 480 miliardi nel triennio per politiche di investimenti. Ed è certo che con una linea che guarda alle collocazioni settoriali, alle collocazioni territoriali di questa politica di investimento e alle ricadute in termini di tempo, potremo aggiungere al piano regionale socio-sanitario l'ultima appendice, quella che conseguirà alle scelte finali che il Consiglio farà e che permetteranno di localizzare l'uso concreto dei 480 miliardi che sono la leva essenziale per la riorganizzazione dei servizi.



PRESIDENTE

Chiude la serie degli interventi il Presidente della Giunta regionale Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Colleghi Consiglieri, questa Giunta non si era posta degli obiettivi ambiziosi o di lunghissimo stato di realizzazione, ma si era posta degli obiettivi concreti, semplici e gestibili.
Sapete che gli obiettivi esposti nel 1983, con l'elezione della Giunta regionale, sono stati per grossa parte già adempiuti.
Sapete anche che ieri è stato compiuto un atto importante dal Governo che ha vistato la legge della modifica urbanistica senza osservazioni.
Gli impegni che avevamo assunto stiamo attuandoli compresa, per quanto riguarda l'urbanistica, la messa a punto di una serie di attività interne che porteranno entro breve termine al cosiddetto regime temporale previsto dalla legge per l'approvazione degli strumenti rimessi al Comitato Urbanistico Regionale, il quale con la fine del mese di dicembre non avrà più giacenti strumenti del 1983 che tra i mesi di febbraio e marzo 1985 avrà messo a punto la macchina per essere perfettamente in tempo secondo le leggi.
E' stata presentata una interpellanza, alla quale risponderemo complessivamente anche sullo stato dell'amministrazione, cosa che faremo tra breve.
L'altro obiettivo che ci eravamo posti era quello di presentare in tempo bilanci semplici e leggibili.
La Corte dei Conti come avete letto nell'articolo apparso sulla Stampa alcuni anni addietro ha rilevato che l'unica Regione che avesse presentato e votato tempestivamente il bilancio 1983 è stata appunto la Regione Piemonte.
Anche quest'anno manteniamo il nostro impegno. L'altro obiettivo che ci eravamo posti era il secondo Piano di sviluppo. Molte Regioni come il Veneto e la Lombardia hanno in corso studi per la stesura del Piano di sviluppo. Una società cambia in cinque anni. E' difficile contenere un movimento così impetuoso e così in mutazione come è quello economico e sociale.
Cinque anni fa nessuno avrebbe immaginato che il processo di deterioramento dell'occupazione avrebbe raggiunto livelli così elevati.
La tecnologia piemontese ha fatto dei balzi in avanti nel campo della robotistica e delle scienze nuove espellendo dal sistema produttivo più lavoratori di quanti non si pensasse.
Il sistema che abbiamo tentato di contrapporre con la formazione professionale e con l'aggregazione generale della società piemontese non è stato sufficiente a dare una risposta elevata da rendere fisiologica la disoccupazione nella nostra Regione.
Questo Piano di sviluppo si pone obiettivi chiari, concreti, semplici e leggibili.
Quindi nel momento in cui lo rimettiamo al Consiglio non pensiamo di voler fare tutte le cose che sono in esso contenute.
Non vogliamo metterci in polemica con una serie di opere necessarie magari sognate, parlo degli 84 progetti, vogliamo invece dire che il piano si pone l'obiettivo di spendere le somme che sono contenute nei bilanci, di legare i suoi obiettivi al bilancio, di raccordare l'azione del Piano di sviluppo con l'azione governativa tramite i grandi strumenti, il FIO, le leggi dell'agricoltura, le leggi della viabilità, le iniziative delle Ferrovie dello Stato. Il giorno 10 dicembre verrà firmata la convenzione tra Ministero, Regione e Comune di Torino per quanto riguarda la rete ferroviaria che diventa rete urbana.
I lavori si stanno completando al quadrivio Zappata, altri si avvieranno per fare di Porta Susa l'asse centrale e di Porta Nuova il punto di partenza di treni a grande percorrenza.
Come vedete il raccordo con la politica governativa l'abbiamo sempre seguito, non ci proclamiamo separatisti, non siamo fra quanti ritengono di essere Stato, pur avendone il diritto.
Quale Regione più del Piemonte avrebbe diritto di dire di essere Stato? Noi diciamo invece che siamo una Regione nel complesso nazionale che contribuisce alla crescita nazionale, che ha un governo nazionale che è stato democraticamente eletto.
Questa Giunta non ha mai avuto il minimo scontro con il Governo nazionale.
Non c'è stato mai un momento di frizione con il governo nazionale salvo nelle conferenze dei Presidenti rilevare come il Parlamento tenda ad accentrare competenze che spettano alla Regione.
Un articolo sul "Corriere della Sera" intitola: "Tradimento delle autonomie locali". Vi è il tentativo infatti con la legge sull'agricoltura che il Ministro Pandolfi sta presentando di riappropriare i poteri in sede centrale, così per i lavori pubblici rispetto al condono edilizio e per quanto riguarda il problema urbanistico.
Il decreto Galasso pur nella saggezza ha tentato una riappropriazione in sede centrale tant'è vero che si medita di impugnarlo avanti la Corte Costituzionale perché non dedica alle Regioni la fetta di loro competenza.
La Giunta che ha obiettivi semplici e leggibili, li traduce in documenti semplici e leggibili e sta portando a termine, senza iattanza senza arroganza, il suo programma trasferendolo al giugno del 1985 per quegli amministratori che gli elettori vorranno mandare in quest'aula.
Alcuni adempimenti molto importanti sono da compiere: il bilancio, il parere sulla centrale nucleare.
C'è la speranza che la proposta di legge Vetrino per quanto riguarda il controllo sugli atti dei Comuni e degli altri enti locali abbia ad avere una sorte felice.
Io annetto una grandissima importanza allo svincolo del Comune sugli atti. Pensate che i Comuni inviano al Comitato di controllo 500 mila atti all'anno, il che comporta una spesa enorme, ritardo e una serie di vicende che incidono fortemente sulla libertà e sulla responsabilità dei singoli amministratori ed anche sugli interventi che debbono essere avviati per lavori pubblici, per combattere la disoccupazione, che vengono fatti con ritardo.
Pensiamo che il secondo Piano di sviluppo possa essere licenziato unitamente al bilancio al quale si lega. Andiamo verso la nuova legislatura, avendo avuto un momento di intermezzo, ma avendo ripreso e completato l'opera ed avendo dimostrato che il Piemonte è terra di governo e di governabilità e non è terra di instabilità.
Si è realizzato il principio della governabilità.
Questo merito non lo riferisco alla persona, perché la persona non conta, ma alle forze politiche che qui convivono.



PRESIDENTE

I lavori del Consiglio per ora sono interrotti e riprenderanno alle ore 15,15.
Per il prosieguo dei lavori all'ordine del giorno è convocata la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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