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Dettaglio seduta n.284 del 08/11/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Asili nido

Interrogazione del Consigliere Bergoglio inerente all'asilo nido di Forno Canavese


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Punto secondo: Interrogazioni e interpellanze, si discute l'interrogazione del Consigliere Bergoglio inerente l'asilo nido di Forno Canavese.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore all'assistenza

L'eccezionale mancanza di iscrizioni all'asilo nido di Forno Canavese è stata dovuta alle seguenti cause. Insieme al calo demografico ed alla perdita del posto di lavoro da parte di molte mamme, si è verificato che i bambini, iscritti nell'anno scolastico 1983/84, hanno via via raggiunto l'età per passare alla scuola materna, mentre quei bambini che sarebbero dovuti subentrare nel 1984/85, risultavano ancora troppo piccoli (primissimi mesi di vita).
Si è trattato certo di una situazione anomala: essa però non si è mantenuta a lungo, nuove domande di iscrizione sono infatti state presentate in Comune.
Ai primi di ottobre risultavano iscritti e frequentanti già n. 6 bambini, che poi, nel corso dello stesso mese, diverranno 10, in seguito al compimento da parte di altri 4 bambini dell'età minima (9 mesi) prevista per l'accesso al nido di Forno Canavese. Altri 4 bambini verranno successivamente accolti entro il mese di dicembre 1984, dopo che avranno compiuto la prevista età di 9 mesi. La situazione degli asili nido funzionanti in Piemonte nell'anno 1984, quale risulta dopo la presentazione delle domande di contributo per la gestione, induce a ritenere che non esistano altre situazioni analoghe a quella che dalla segnalazione dei giornali è emersa per l'asilo nido di Forno Canavese. Proprio in questi giorni l'Assessorato sta dando avvio alle operazioni preliminari per la preparazione di un seminario sugli asili nido. Esso dovrebbe essere una riflessione pubblica sugli asili nido in Piemonte, sul loro significato sul loro ruolo, sulla loro utilizzazione da parte della popolazione, sulle difficoltà di funzionamento, sur costi di gestione e manutenzione, sui problemi del personale, sulla distribuzione territoriale delle strutture sul fabbisogno esistente, ecc., in modo da precisare le linee della politica regionale verso questo servizio, nella nuova situazione economica sociale e demografica della nostra Regione.
Parallelamente, è nostra intenzione affidare ad un apposito centro di ricerca l'incarico di acquisire, a completamento dei dati sulla capienza dei nidi, le domande accolte, la frequenza media, sulla retta, sul costo del servizio, sulla composizione della spesa, sul personale addetto, ecc.
che sono già in possesso del servizio regionale competente; ulteriori ed attendibili informazioni in ordine ai tassi di utilizzazione degli asili alla organizzazione del lavoro, alla gestione del personale, alla "soddisfazione" degli utenti, all'uso delle strutture, ecc., in vista anche di una revisione dei criteri di assegnazione dei contributi di gestione per tener conto, oltre che della capienza degli asili nido o del loro limite di utilizzazione, come fino ad oggi è avvenuto, anche delle condizioni socio-economiche locali (che influiscono sull'incidenza delle rette versate dalle famiglie degli utenti), delle iscrizioni e della qualità del servizio erogato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere interrogante. Ne ha facoltà.



BERGOGLIO Emilia

Ringrazio l'Assessore che ha preannunciato una indagine sulla situazione esistente, tra l'altro anche oggetto di un'altra mia interrogazione in materia.
La questione di Forno Canavese, non è un caso isolato, ma è forse il più clamoroso e il più evidente.
Quando i giornali ne pubblicarono le notizie si parlava di un solo bambino che tipo del servizio.
Qualche sera fa a Brandizzo in un incontro sui problemi della scuola materna venni a conoscenza che l'asilo nido locale aveva un deficit di oltre 200 milioni all'anno perché di fronte ad una capienza teorica di 49 posti, i frequentanti abituali vanno dai 9 ai 12 bambini per giorno essendo gli iscritti una quindicina.
Anche questo caso deve far riflettere sia gli amministratori locali sia gli amministratori regionali perché la somma dei costi e dei sottoutilizzi delle strutture induce a prendere delle decisioni sul tipo di servizio.
Probabilmente quella forma e quelle modalità sono la causa di una così bassa affluenza e qualche cosa nel servizio non è gradito alla popolazione.
Se le famiglie non appena è loro possibile non mandano più il figlio all'asilo nido, vuol dire che c'è un rifiuto di quel tipo di servizio.
Occorre riflettere su soluzioni alternative, di impiego del personale che per esempio potrebbe essere interessato a forme di servizio domiciliare o ad altro tipo di servizio individuabile in relazione alle esigenze locali, soprattutto per evitare spreco di pubblico danaro.
L'argomento va approfondito. L'Assessore ha anticipato la proposta di verificare se il tipo di servizio che si offre è consono alle esigenze della popolazione.
Secondo me non è soltanto un fatto temporaneo, ma è la qualità del servizio che induce le famiglie a non usufruirne.



PETRINI LUIGI


Argomento: Personale socio - assistenziale

Interpellanza del Consigliere Bergoglio inerente al personale di assistenza ed appoggio sanitario per gli alunni handicappati


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Il Consigliere Bergoglio illustra l'interpellanza inerente il personale di assistenza ed appoggio sanitario per gli alunni handicappati



BERGOGLIO Emilia

Anche questa interpellanza trae origine dalla vicenda che notizie di stampa ed informazioni dirette hanno posto in evidenza. Alcune normative nazionali non ci soddisfano - questo va detto con molta chiarezza.
Non è accettabile che si utilizzino insegnanti in soprannumero come personale di appoggio per handicap specifici che per vari motivi hanno perso la loro classe scolastica. Si sono verificati dei casi addirittura clamorosi nell'ambito di alcune scuole torinesi; basti citare il caso di quel ragazzo handicappato che ha problemi di contenimento e che durante la giornata viene cambiato dallo zio che abbandona il proprio posto di lavoro per questo servizio.
Né il personale di appoggio, né qualcuno tra gli ausiliari della scuola si è offerto (e sono passati tre anni) di svolgere quel lavoro, così come nessun ordine di servizio ha provveduto al riguardo. Questo ci dimostra quale tipo di servizio la scuola offre e con quale mentalità si accettano gli alunni handicappati nelle scuole. Pongo questo problema non in tono polemico, ma come oggetto di meditazione. Il secondo caso è relativo all'insegnante di appoggio per bambini sordi. La sordità è un handicap di tipo sensoriale e non di tipo mentale o un deficit intellettivo. Se un insegnante neodiplomato privo di specifica competenza in materia è posto come insegnante di appoggio accanto ad un bambino che richiede conoscenze tecniche specifiche da parte dell'insegnante, che non sono n improvvisabili né frutto di buona volontà individuale, il risultato non pu certo essere positivo.
E di casi come questo se ne verificano continuamente. Il motivo della nostra interpellanza è legato al fatto che desideriamo che si faccia una seria verifica su questa situazione attraverso i Comuni, se lo ritiene più utile, per capire quali sono e come possono essere risolti i problemi.
Fino a cinque anni nella sola città di Torino vi erano mediamente da 4 a 6 ragazzi sordi che si diplomavano. Oggi non c'è più nessuno. I casi sono due: o sono tutti meno intelligenti oppure c'è qualche cosa che non funziona nella preparazione precedente.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola all'Assessore Bajardi per la replica.



BAJARDI Sante, Assessore all'assistenza

Com'è noto la legge regionale 7/82 definisce all'allegato 19 gli interventi di prevenzione e di assistenza rivolti ai cittadini portatori di handicap.
Coerentemente con le linee generali di piano socio-sanitario gli interventi suddetti sono stati ricondotti nell'ambito dei servizi sanitari e socio-assistenziali dell'USSL con l' obiettivo di superare l'eccessiva parcellizzazione e disomogeneità, che si era andata creando negli anni preriforma.
E' sufficiente ricordare a tale proposito le sovrapposizioni e gli incerti ambiti operativi di servizi quali quelli effettuati dalle equipe psico-pedagogiche (di competenza del Provveditorato agli studi) di medicina scolastica (di competenza degli Enti locali) di igiene mentale (di competenza provinciale) di neuropsichiatria infantile, ecc.
A seguito quindi dell'attuazione della 833 e conseguentemente del trasferimento di tutte le funzioni sanitarie (e in Piemonte anche socio assistenziali, alle USSL si è reso necessario un programma di riordino tendente come si è detto, alla riorganizzazione dell'esistente e soprattutto alla garanzia di continuità degli interventi, ferme restando le competenze specifiche del Ministero dell'istruzione secondo quanto previsto dalla legge 517 del 4/8/77.
In tale quadro quindi sono stati definiti gli ambiti entro i quali i servizi sanitari devono garantire le prestazioni necessarie ai soggetti che frequentano la scuola e sono portatori di handicap.
Ritenuto quindi che, alla luce delle rilevanti carenze, nel settore della riabilitazione, tali attività devono essere considerate prioritarie e intese come attività rivolte a tutti i cittadini disabili si è altresì considerato che la complessità dell'intervento riabilitativo in età evolutiva necessita di interdisciplinarietà e di collegamento con altri settori di intervento quali la neuropsichiatria infantile ed i servizi socio-assistenziali.
Pertanto con direttiva 22 del novembre 1982 si è provveduto a dare indicazioni sull'organizzazione delle attività di riabilitazione rivolte all'età evolutiva stabilendo che parte delle figure professionali (terapisti della riabilitazione, logopedisti, ecc.) del servizio di recupero funzionale devono essere messi a disposizione della neuropsichiatria infantile per l'effettuazione di programmi globali di riabilitazione.
Con successiva direttiva n. 16/83 si sono definiti gli standard concernenti le attività psicologiche nei vari settori d'intervento tra i quali quello della neuropsichiatria infantile.
Ne consegue che in tale quadro organizzativo i rapporti con gli organismi scolastici, con il corpo docente, con le famiglie e con il servizio socio-assistenziale, rientrano nelle modalità di lavoro delle equipes territoriali sia per quanto concerne la messa in atto di programmi di riabilitazione complessivi, sia per quanto concerne il riferimento a strutture di secondo livello individuate dal piano socio-sanitario. Per quanto concerne le informazioni dettagliate che l'interpellante richiede relativamente allo stato di attuazione dei servizi si può affermare che in 15 USSL si è provveduto ad istituire il servizio di riabilitazione e che laddove il servizio non è ancora istituito, secondo le linee di piano esistono ovunque attività riabilitative multidisciplinari (psico-medico sociali), rivolte alla popolazione in età evolutiva con particolare riferimento agli alunni portatori di handicap e che in tutte le UU.SS.SS.LL., anche ove la L.R. 20 è stata attuata solo parzialmente, il servizio socio-assistenziale gestisce le attività rivolte a questi cittadini. Per quanto concerne invece la presenza di personale di appoggio nella struttura scolastica, tale competenza, come si è detto, facendo riferimento ai Provveditorati agli studi ed al Ministero dell'istruzione non può essere normata in ambito regionale e le eventuali carenze non possono essere surrogate dai servizi socio-sanitari dell'USSL.
Sono pienamente d'accordo di partire dai casi concreti prospettati per risalire alle difficoltà esistenti e per tentare di avviare un rapporto con il Provveditorato agli studi per rimuovere gli ostacoli che non permettono un proficuo rapporto tra servizio sanitario e Provveditorato agli studi al fine di dare un'assistenza adeguata ai bambini portatori di handicap.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

I casi da me citati sono emblematici e non legati ad una risposta specifica anche se è opportuno provvedere. La questione non è tanto legata ad una o due disfunzioni, che possono anche essere fatti isolati, ma ad un problema che va valutato attentamente in modo complessivo. Parlando con i genitori dei ragazzi handicappati, si ha la sensazione che queste persone si scusino del disturbo che i loro ragazzi arrecano nelle scuole, e questa situazione non è soltanto episodica ma molto più vasta di quanto non emerga anche perché le persone interessate spesso non hanno la capacità e la forza di farle emergere.
Ha ragione l'Assessore nel dire che occorre coinvolgere il Provveditorato agli studi.
Si fa un grave torto e una grave ingiustizia nei confronti di persone che sono già duramente colpite,soprattutto si perdono delle possibilità di recupero che se non è fatto negli anni della prima infanzia, non è più recuperabile in epoca successiva.
L'Assessore ha parlato dell'intervento sanitario che è di competenza regionale. Su questo mi soffermo un attimo di più.
Diciamo con chiarezza che i servizi sono gravemente insufficienti dal punto di vista numerico e dal punto di vista qualitativo.
Potrei citare una serie di casi in cui l'intervento della neuropsichiatria si è limitato ad un colloquio iniziale all'inizio dell'anno con i genitori e con l'alunno e poi non c'è stato nel corso dell'intero anno scolastico altro rapporto né con l'insegnante né con la scuola. Queste sono situazioni che si verificano nella Città di Torino dove il servizio, almeno teoricamente, è funzionale e diffuso su tutto il territorio per non parlare di tutte le situazioni periferiche dove non esiste questo servizio.
Questa è una gravissima carenza. Non si può mistificare dando risposte globali ed ottimali su tutti i problemi degli handicappati in età scolare senza garantire uno standard di servizio che sia quanto meno collegato alle loro difficoltà. Non dico questo per invocare il ritorno generalizzato alle classi speciali differenziali, non è questa la mia intenzione, ma per dire che un lavoro serio richiede un minimo di concentrazione, per esempio individuando a livello di distretto qualche scuola che possa essere meglio attrezzata, in cui poter svolgere seriamente attività di riabilitazione.
Sono questioni che vanno pensate a tavolino, qui in questa sede le solleviamo, ma poi sono messe nel cassetto fino alla prossima volta. Faccio appello alla sensibilità dell'Assessore del personale perché questo problema non venga messo nel cassetto.


Argomento: Caccia

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente ai tesserini caccia


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente i tesserini caccia.
Risponde l'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore alla caccia

In relazione all'interrogazione del Consigliere Cerchio circa il pagamento di una tassa per il ritiro del tesserino per l'abilitazione all'esercizio venatorio si espone quanto segue. Già, in passato alcune Associazioni venatorie hanno sollecitato richieste di chiarimenti circa l'obbligatorietà all'assoggettamento o meno all'imposta di bollo del tesserino regionale per coloro i quali esercitano la caccia. In data 15.6.1982 è stato rivolto al Ministero delle Finanze - Direzione generale tasse e imposte indirette sugli affari - Roma, il quesito circa l'applicazione dell'imposta in questione.
Con nota del 27.5.1983 n. 23221/83, l'Intendenza di Finanza di Torino ha reso noto che con risoluzione ministeriale n.. 310473/83 Div. X del 20.5.1983 il tesserino regionale è assoggettato all'imposta di bollo nella misura e con i modi previsti dall'art. 6 della tariffa, allegato A - DPR 26.10.1972 n. 642 e modifiche successive, trattandosi di atto amministrativo regionale di natura autorizzativa. Quindi il parere del Ministero delle Finanze, che in copia faremo avere al collega Cerchio ribadisce che l'atto amministrativo regionale sarebbe un atto di natura autorizzativa e quindi, in quanto tale, soggetto alle norme sul bollo.
Peraltro ci rendiamo conto della disparità che di fatto si è venuta a creare tra i cacciatori piemontesi, che sono soggetti al pagamento dell'imposta di bollo, ed i cacciatori di altre Regioni per i quali non è invece applicata.
Riteniamo che l'interpretazione data dal Ministero delle Finanze poggi fondamentalmente sul fatto che la normativa regionale con cui si disciplina il rilascio del tesserino è posta nell'ordine degli articoli sotto il Titolo V che recita "Autorizzazioni". Si potrebbe valutare se, qualora si ponesse l'articolo relativo al rilascio del tesserino sotto altro titolo che non abbia quella dicitura, potrebbe cadere la disposizione del Ministero delle Finanze. Questo lo dico soltanto a livello di ipotesi, ma si evince dal parere espresso dal Ministero che la natura autorizzativa del tesserino viene determinata dal fatto che l'articolo relativo è sotto il Titolo V della legge sulla caccia.
Potremmo valutare in sede di modifica di legge, qualora noi ponessimo sotto altro titolo questo articolo, se sia possibile superare il parere del Ministero delle Finanze.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la risposta che non poteva che essere così.
Si tratta di una questione irrilevante ma di estremo disagio. L'attività venatoria piemontese pone una serie di punti interrogativi, che speriamo nelle prossime settimane abbiano una soluzione. I punti interrogativi richiedono la modifica della legge 60 che gli operatori interessati, gli amministratori si augurano possa finalmente decollare dopo lunghi esami.
Esprimo la mia adesione all'ultima parte espressa dall'Assessore circa la modifica del Titolo. E' una questione che si trascina da tempo e che sinora ha avuto risposte negative con la considerazione che trattandosi di autorizzazione l'imposta sarebbe dovuta.
A mio avviso e ad avviso dell'Assessorato si può indicare una interpretazione diversa, soprattutto alla luce del trattamento differente dalle altre realtà regionali dove i cacciatori non pagano la tassa non essendo concepita come "autorizzazione".
Ringrazio sperando che si possa ovviare a questa situazione di differenza non voluta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente alla situazione occupazionale di Villafranca Piemonte


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente la situazione occupazionale di Villafranca Piemonte Risponde l'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Il 15 ottobre 1984 ho ricevuto una delegazione di lavoratori e sindacalisti della FULC e della FULTA, i quali hanno denunciato l'aggravarsi della situazione occupazionale nel basso pinerolese; in particolare per quanto riguarda le aziende di piccole dimensioni.
In quella sede è stato richiesto l'intervento regionale per sollecitare l'esito di pratiche di riconoscimento di crisi aziendale in attesa di risposta da parte del Ministero del lavoro da più di un anno.
Tra queste vi è anche la Fornace Cappuccina, cui fa specificatamente riferimento il Consigliere interrogante: la pratica in oggetto è al CIPI e la sua esaminazione è subordinata all'acquisizione di elementi aggiuntivi richiesti il 20/12/1983 all'Ufficio regionale del lavoro e mai giunti a Roma, pur essendo partiti da Torino nell'aprile dell'84. Gli Uffici dell'Assessorato stanno ora cercando di chiarire la situazione; sarà nostra cura tenere informato il Consigliere Cerchio sull'esito della vicenda.
In tale incontro sono stati da me illustrati quelli che sono gli strumenti possibili di intervento della Regione sul piano delle politiche attive del lavoro (cooperazione, cantieri di lavoro, formazione professionale, ecc.) e delle politiche industriali (aree attrezzate consorzi, trasferimento di innovazione tecnologica, ecc.).



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

E' una situazione di particolare disagio che colpisce ormai da anni la zona al confine fra la Provincia di Torino e la Provincia di Cuneo che ha avuto l'epicentro soprattutto in questi ultimi anni con la caduta occupazionale legata alla Fornace Cappuccina e a sua volta legata ad un sistema di cali di produzione e di occupazione nel settore edile, in cui la Fornace Cappuccina era uno degli elementi trainanti e occasione di occupazione in zona a vocazione tradizionalmente agricola con alcuni punti di riferimento sul piano industriale, che si sono ripetutamente e progressivamente ridotti.
In effetti ad una precedente interrogazione e ad una disponibilità dell'Assessorato aveva fatto seguito un incontro con le parti interessate le organizzazioni sindacali, l'amministrazione comunale di Villafranca e la proprietà della Fornace Cappuccina. Rimane ancora aperta la vicenda. Ci dispiace che a livello romano non si siano create le condizioni per il decollo di quegli strumenti che il sindacato e l'amministrazione comunale di Villafranca hanno sollecitato. Mi rendo conto che nella vicenda dell'occupazione nell'area piemontese e torinese, che registra cali occupazionali in settori macroscopici, la piccola realtà di una area già debole in un settore che non ha grossi spazi di tutela, registra momenti di difficoltà.
Prego l'Assessore di seguire questo problema non tanto per la dimensione della Fornace, in buona parte risolto con occupazioni alternative, ma soprattutto in considerazione della zona che è particolarmente bisognosa di attenzione proprio per un certo isolamento registrato in quell'area di confine fra la Provincia di Cuneo e la Provincia di Torino.


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali

Interrogazione ed interpellanza del Consigliere Nerviani inerenti all'immobile di Via Dominioni 4 - Novara


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Esaminiamo l'interrogazione e l'interpellanza del Consigliere Nerviani inerenti l'immobile di Via Dominioni 4 - Novara.
Risponde il Presidente Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Nell'intento di accorpare gli uffici regionali esterni a Novara abbiamo ritenuto negli anni che stanno alle nostre spalle di fare riferimento al Palazzo di Via Dominioni n. 4 che appartiene alla Curia vescovile di Novara. Una parte delle ristrutturazioni e già effettuata. La spesa, sinora sostenuta, ammonta a circa 550 milioni, ripartiti in quattro anni (340 mila lire al metro quadrato). Nella parte dell'immobile ristrutturata sono stati sistemati gli uffici del Co.Re.Co. comprendenti archivi, una sala per le riunioni, sale di attesa, il Comprensorio che comprende una quindicina di funzionari, i componenti eletti e che usufruisce di una sala per le varie riunioni dei Gruppi, dei singoli Consiglieri e del Consiglio di amministrazione.
E' stata bandita una nuova gara d'appalto per 660 milioni circa ed il miglior ribasso d'asta è stato offerto da una ditta che poi non è risultata avere i requisiti previsti dalla legge. La seconda ditta partecipante era la Cooperativa emiliana che aveva, però, altri lavori in corso e non poteva accettare l'appalto. Abbiamo affidato l'appalto ad una terza ditta che dava pieno affidamento. La Commissione di controllo, però, aveva chiesto chiarimenti con particolare riguardo ai motivi per i quali non si era ritenuto opportuno indire una nuova gara ed invitandoci ad indirla; sarà attuata nel 1985 con le stesse modalità, gli stessi prezzi, lo stesso progetto presentato in allora.
La Giunta ha sempre condotto la politica del patrimonio, che oggi è già molto vasto. Vorrei comunicare un dato che farà meditare il Consiglio.
La Federagrario per i locali che la Regione occupa in corso Stati Uniti 21 ha chiesto un miliardo e 300 milioni di lire all'anno per l'affitto.
Quindi la politica patrimoniale che abbiamo condotto sinora ci ha permesso di avere molte proprietà nostre, quindi di sollevare il bilancio regionale dai gravami delle locazioni.
Così sarà fatto anche per Novara.
La proprietà vescovile di via Dominioni 4 non ha voluto mai premere la mano sul canone d'affitto che è abbastanza modesto e che consente di vivere ai nostri uffici della forestazione e dell'agricoltura.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Non sono soddisfatto della risposta che ha dato il Presidente Viglione perché non ritengo modesta e quindi degna di maggior attenzione la somma che è stata spesa per lo stabile di via Dominioni n. 4. L'utilizzo dei 600 milioni poteva essere certamente migliore e soprattutto si doveva dar corso ai programmi successivi previsti, che invece non hanno avuto attuazione.
Il palazzo si trova al centro della Città di Novara. E' un palazzo che può essere definito prestigioso se ben trattato. E' stato acquisito nel 1979 con un affitto per trent'anni di 25 milioni all'anno, più gli aumenti Istat dopo i primi quattro anni; in sostanza è costato sino ad ora circa 700/800 milioni, se si tiene conto delle spese dei servizi di riscaldamento ed altro.
La sistemazione al primo piano è lussuosa, la Presidenza del Comprensorio ed alcuni altri uffici sono degni di un principe di case regnanti; vi sono ospitati il Comprensorio che notoriamente ha poco da fare, e il Co.Re.Co. che era sistemato ad un prezzo di affitto molto basso altrove dove poteva tranquillamente rimanere.
Comunque, ora, la spesa è stata fatta, parte del palazzo è stata sistemata, il Comprensorio e il Co.Re.Co. vi sono ospitati signorilmente.
Il fatto è che tutto il palazzo doveva essere opportunamente adeguato alle necessità degli uffici regionali decentrati nella città di Novara. Nel palazzo esiste un secondo piano ed un piano terra.
Come mai esistendo un piano terra immediatamente agibile ed abitabile tanto è che è stato subaffittato alla Provincia di Novara, non è stato fatto un programma per ospitare gli uffici della Regione che sembrerebbero avere tanto bisogno di una sistemazione? Per quale ragione non si è ancora proceduto alla sistemazione definitiva del secondo piano? Il Presidente Viglione ha fatto la storia: si bandisce una gara d'appalto, la prima ditta non è ritenuta avere le caratteristiche idonee per poter svolgere i lavori, viene affidato l'appalto alla seconda ditta la quale rinuncia, interviene così la terza ditta.
Con nota 70/639 del 21 giugno 1984 la Commissione di controllo chiese chiarimenti sul fatto che fosse stato affidato l'appalto alla terza ditta.
Con nota 619 il Presidente della Giunta provvide ad inviare la documentazione richiesta alla predetta Commissione precisando i motivi dell'aggiudicazione, quindi giustificando e sostenendo che l'operazione era valida.
Ma ad un certo punto della deliberazione che cancella la gara di appalto già effettuata si afferma: "per contro (contro chi non si sa) si ritiene ora opportuno esperire una nuova gara d'appalto".
In base a che cosa e su quali elementi? Il Commissario di Governo aveva chiesto soltanto chiarimenti. I chiarimenti sono stati dati con una iniziativa assolutamente autonoma, non motivata nella deliberazione.
Si ritira poi la deliberazione e si dice che tutto è rinviato ad un tempo successivo.
Io come Consigliere regionale e come cittadino ho il diritto di chiedere perché è avvenuto questo fatto.
In termini obiettivi mi si deve dare una spiegazione che non è quella che ha dato questa mattina il Presidente Viglione.
Ritengo che questa spiegazione debba essere data. Questo per quanto attiene all'aspetto amministrativo.
Poi vi è l'aspetto politico che mi sembra estremamente grave. E' stata bandita la gara d'appalto nel mese di gennaio 1984 ed il Presidente Viglione dice questa mattina che l'appalto si farà nel 1985.
A questo punto, devo dire che non c'è una chiave di comprensione in una decisione di questo genere.
Quanti erano i milioni destinati a questa spesa? 800/900/700? Il dato numerico non ha tuttavia rilevanza. Vi era una somma destinata alla ristrutturazione di via Dominioni 4, adesso si dice che non si fa quest'anno e si farà il prossimo anno. Perché? Ci vuole una spiegazione logica che in qualche modo soddisfi un Consigliere che ha tutti gli elementi per obiettare su una operazione di questo genere.
Una risposta deve essere data, ma non può essere la risposta data questa mattina.
Tengo a precisare che di fronte a questa risposta la mia insoddisfazione si tradurrà in iniziative personali e di Gruppo per chiarire fino in fondo le ragioni che hanno determinato un comportamento amministrativo e un comportamento politico, di bilancio, quindi di scelte del tipo che è stato annunciato questa mattina dal Presidente Viglione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Cernetti inerente la Pep Rose di Borgomanero


PRESIDENTE

All'interrogazione del Consigliere Cernetti inerente la Pep Rose di Borgomanero, risponde l'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

La ditta Pep Rose di Borgomanero produce industrialmente capi di abbigliamento medio fine per signora. La sua produzione è realizzata sul venduto e comprende quattro linee di prodotto indirizzate a diverse fasce del mercato.
L'azienda occupa attualmente 247 lavoratori di cui 216 donne. Il trattamento straordinario di integrazione salariale che interessa circa 60 dipendenti è iniziato il 13 dicembre 1982 le cui cause sono da far risalire alla crisi generalizzata del mercato che ha cominciato a colpire sin dal 1982 tutte le aziende del settore incidendo in maniera negativa anche sui mercati esteri dove l'azienda aveva da poco acquisito interessanti spazi di vendita.
Il tutto si è tradotto concretamente in una riduzione di circa il 40 per cento del livello di vendite raggiunto precedentemente.
La gestione della Pep Rose è passata dalla Gepi a partners privati (Fratelli Cerutti) già nel luglio del 1980 e la situazione sin da allora aveva accumulato una gestione deficitaria pregressa. In seguito, attraverso un programma di rilancio che ha comportato investimenti per rinnovo macchinari ed impianti, miglioramento qualitativo e rinnovamento immagine del prodotto, miglioramento della rete vendite, si è avviata una ripresa che ha trovato ostacoli di continuità appunto nel corso del 1982.
Attualmente la situazione non lascia presagire novità positive, anzi questa azienda è palesemente sottocapitalizzata, considerata soprattutto la situazione finanziaria dell'azienda è necessario addivenire, da parte della proprietà, ad alcune decisioni di fondo che comportino anche l'allargamento del numero dei soci e quindi la ricerca di nuovi partners per l'apporto di denaro fresco e per ristabilire un rapporto di consolidata fiducia nei confronti degli Istituti di credito che cominciano a revocare le proprie linee di credito. La situazione complessiva è costantemente sotto controllo della Regione che recentemente ha promosso un incontro interlocutorio per l'esame dell'intera situazione aziendale. La ditta tra l'altro ha provveduto nel febbraio scorso ad inoltrare una domanda tesa ad ottenere il contributo del Fondo sociale europeo per la formazione professionale del personale in cig ed in seguito all'approvazione regionale, la pratica è all'esame della CEE. Quanto prima, al termine di una consultazione approfondita che il Consiglio di amministrazione dell'azienda ha in corso in queste settimane e per la quale ha richiesto una proroga temporale verrà convocato un successivo confronto presso la Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Ringrazio l'Assessore della sua risposta. Devo dargli atto che nonostante le sue risposte siano sempre sollecite spesso le situazioni evolvono rapidamente e negativamente, per cui nemmeno le sue informazioni non sono più adeguate.
E' dell'altro ieri la notizia che per i 250 lavoratori di cui 240 donne è stata chiesta l'integrazione speciale.
Non solo, ma sono peggiorati i rapporti tra il consiglio di fabbrica e Fulpa da una parte ed i datori di lavoro dall'altra. I rapporti sono tesissimi in quanto i proprietari, fratelli Cerutti, vengono aspramente attaccati in quanto non si presentano agli incontri promossi dai sindacati.
La situazione pertanto è precipitata ed è diventata tragica in una zona che ormai vede drasticamente ridotto tanto il settore tessile quanto il settore abbigliamento che occupavano in gran parte la mano d'opera femminile. Anche le donne del basso e medio Novarese sono tutte a casa disoccupate. Questo che è uno degli ultimi baluardi dell'occupazione femminile, deve essere assolutamente difeso.
Questa è la calda raccomandazione che faccio all'Assessore perché non si può ammettere che la maggioranza della popolazione della zona si riduca a fare l'angelo del focolare completamente estromessa ed espulsa dal mondo del lavoro e della produzione.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

All'interrogazione n 881 dei Consiglieri Gerini, Marchini e Turbiglio inerente ai collaudi a parcella di opere pubbliche effettuate da dipendenti regionali, il Presidente Viglione comunica di avere dato risposta scritta.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo ringrazia della comunicazione scritta. Si riserva di trasmettere direttamente alla Giunta le proprie deduzioni.



PRESIDENTE

All'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando, Sartoris, Picco e Penasso inerente alla ristrutturazione dell'attività dell'Azienda elettrica di Torino in Valle Orco, risponde il Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Anche questa risposta la invierò per iscritto.



PRESIDENTE

Comunico infine che verrà data risposta scritta alla interrogazione presentata dal Consigliere Marchini inerente alla galleria Serre La Voute.
Le interrogazioni e le interpellanze sono così discusse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Brizio, Carazzoni, Chiabrando, Ratti, Turbiglio e Turco.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

E' stato presentato il seguente progetto di legge: n. 447: "Istituzione di una Commissione speciale per una indagine conoscitiva della devianza minorile in Piemonte", presentato dal Consigliere Carazzoni in data 6 novembre 1984.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 25 settembre I984: "Partecipazione della Regione Piemonte alla Associazione Interregionale di coordinamento e documentazione per i problemi inerenti alla neve ed alle valanghe (AINEVA)" alla legge regionale del 25 settembre I984: "Contributo Regione Piemonte per costruzione Monumento al Medico Condotto".


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 23 25 e 30 ottobre 1984 - in attuazione dell'art. 7, primo comma, della legge regionale 6/11/1978, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.
Le comunicazioni sono così terminate.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame legge rinviata dal Governo relativa a "Disciplina delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 2, comma secondo della legge 5.8.1978 n. 457, in attuazione della deliberazione Cipe pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19.12.1981"


PRESIDENTE

Passiamo al punto settimo all'ordine del giorno: Esame legge rinviata dal Governo relativa a "Disciplina delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 2, secondo comma della legge 5.8.1978 n. 457, in attuazione della deliberazione Cipe pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19.12.1981".
La II Commissione ha riesaminato la legge ed ha approvato a maggioranza il testo modificato. La relazione su questo d.d.l. è del Consigliere Ferrari che ha facoltà di intervenire.



FERRARI Maria Sofia, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, più che una relazione far alcune osservazioni sulle modifiche apportate alla legge.
Alcune modifiche sono abbastanza marginali, si riferiscono ad errori materiali che il Commissario di Governo ha colto, altre sono di carattere formale, anche in questo caso derivate dalla giuste osservazioni del Commissario di Governo.
E' stata accettata l'osservazione del Commissario di Governo circa la possibilità da parte del Comune di fare una verifica a campione su coloro che presentano la domanda per l'assegnazione di una casa di edilizia economico-popolare.
Giustamente il Commissario di Governo fa notare che non è questo compito del Comune ai sensi della deliberazione Cipe.
Mentre sulla questione della sanatoria degli occupanti senza titolo peraltro dibattuta a fondo in Commissione, abbiamo ritenuto di non accettare l'osservazione del Governo. Ci è sembrato giusto ribadire la posizione della Regione per andare ad una sanatoria di una situazione che ormai è diventata particolarmente pesante anche alla luce della situazione abitativa che esiste in Piemonte ed in particolare a Torino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Prendo la parola per annunciare il nostro atteggiamento di astensione in ordine a questo provvedimento e sulla modifica principale relativa all'applicazione della sanatoria. Ripetiamo con questa nostra dichiarazione l'atteggiamento già manifestato nel momento in cui si approvò la legge alcuni mesi fa. Non possiamo non rilevare che da un punto di vista di diritto oggettivo le osservazioni del Commissario del Governo hanno - se ci è consentito esprimerci in questo modo - ampio fondamento giuridico. Di questo peraltro - l'Assessore Bruciamacchie lo sa - eravamo tutti abbondantemente consci.
Nella discussione generale della volta scorsa avevo espresso numerose perplessità derivanti dal ritardo con cui si andava all'applicazione della deliberazione Cipe e perplessità anche sulla applicazione di questa sanatoria, ma avevo concluso dicendo quello che dico ora, che il massimo del diritto che ci viene ricordato dal Commissario di Governo purtroppo anche questa volta non coincide con il massimo della giustizia; quindi dobbiamo cercare di piegare il diritto alle realtà politiche ed alla giustizia che dobbiamo fare in un settore particolarmente difficile dove non sono consentiti tagli salomonici che finirebbero per produrre maggiori guasti e per ingenerare nuove situazioni di tensione e condizioni di ingiustizia probabilmente superiori a quelle esistenti.
Rinnovando queste osservazioni in ordine ai ritardi, dicendo che tuttavia siamo nella condizione di non opporci, per le ragioni che ho cercato di illustrare, ad un processo di sanatoria, dobbiamo anche concludere dicendo che non ci opponiamo alla prosecuzione dell'iter approvativo di questa legge, anzi, malgrado il voto di astensione, espresso per le motivazioni politiche ricordate, speriamo che la legge trovi una sua rapida conclusione.
Qualche volta questo Consiglio regionale ha una memoria labile. Voglio ricordare all'Assessore Bruciamacchie... (vedo l'Assessore Ferraris al quale avevo chiesto il testo di una sua risposta quattro mesi fa e di averglielo ricordato sei volte; devo ricordargli di aver avuto sei volte la promessa, ma l'invio di questo testo non è avvenuto)...



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Avevo parlato a braccio. Non ho ancora ricevuto il testo stenografico.



NERVIANI Enrico

Ho capito.
Voglio ricordare all'Assessore Bruciamacchie che noi abbiamo approvato in Consiglio un ordine del giorno particolarmente impegnativo che dobbiamo rispettare puntualmente e verificarne l'attuazione, mese per mese. Su questo punto c'è stato l'accordo unanime e a questa approvazione e al rispetto dell'ordine del giorno avevamo collegato l' orientamento di un nostro voto non negativo, cioè di astensione che riconfermiamo questa mattina. Non faremo successivamente dichiarazioni di voto.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione degli articoli. Vanno modificati gli art. 2 10, 11, 12, 22.
Art. 2 (Requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica) "Può partecipare al bando di concorso per l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica: a) chi abbia la cittadinanza italiana (il cittadino straniero è ammesso soltanto se tale diritto è riconosciuto in condizioni di reciprocità da convenzioni o trattati internazionali) b) chi abbia la residenza anagrafica o presti attività lavorativa nel Comune o in uno dei Comuni compresi nell'ambito territoriale cui si riferisce il bando di concorso, salvo che si tratti di lavoratori destinati a prestare servizio in nuovi insediamenti industriali, compresi in tale ambito, o di lavoratori emigrati all'estero, per i quali è ammessa la partecipazione per un solo ambito territoriale c) chi non sia titolare di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare, sia nella provincia sia nel comprensorio nel cui ambito è pubblicato il bando di concorso d) chi non sia titolare di diritti di cui al precedente punto c) su uno o più alloggi ubicati in qualsiasi località il cui valore locativo complessivo, determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978 n. 392, sia almeno pari al valore locativo di alloggio con condizioni abitative medie nell'ambito regionale. Detto valore locativo medio è determinato in lire 10 milioni e) chi non abbia ottenuto l'assegnazione in proprietà immediata o futura di alloggio realizzato con contributi pubblici, o l'attribuzione di precedenti finanziamenti agevolati in qualunque forma concessi dallo Stato o da enti pubblici, o di alloggi realizzati o recuperati da Enti pubblici non economici per le finalità proprie dell'E.R.P. su tutto il territorio nazionale, sempreché l'alloggio non sia inutilizzabile o perito senza dar luogo al risarcimento del danno f) chi fruisca alla data di pubblicazione del bando di concorso di un reddito annuo complessivo del nucleo familiare non superiore al limite per l'accesso all'edilizia sovvenzionata vigente al momento dell'indizione del bando di concorso; ferma restando l'applicazione del primo comma dell'art.
21 della Legge n. 457/78, e successive modificazioni ed integrazioni. Ai fini dell'aggiornamento delle fasce di reddito di cui al terzo comma dell'art. 14 della Legge regionale 26/7/1984, n. 33 detto limite viene aggiornato biennalmente dalla Regione con riferimento al mese di luglio in base all'indice Istat delle retribuzioni minime contrattuali degli operai dell'industria dell'anno immediatamente precedente g) chi non abbia ceduto in tutto o in parte, fuori dei casi previsti dalla legge, l'alloggio eventualmente assegnato in precedenza in locazione semplice.
Ai fini del requisito di cui alla lettera c) del precedente comma, è da considerarsi adeguato l'alloggio composto da un numero di vani, esclusi gli accessori, pari a quello dei componenti il nucleo familiare del concorrente e, comunque, non inferiore a due e non superiore a cinque, e che non sia stato dichiarato igienicamente inidoneo dall'autorità competente.
Per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dar coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti ed adottivi e dagli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado gli affini entro il secondo grado, purché la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge. Sono considerati componenti del nucleo familiare anche persone non legate da vincoli di parentela o affinità, qualora la convivenza istituita duri da almeno due anni dalla data di pubblicazione del bando e sia dichiarata in forma pubblica con atto di notorietà sia da parte del concorrente, sia da parte della (o delle) persona (e) convivente.
Possono altresì partecipare ai bandi di concorso le famiglie di nuova formazione come definite al successivo art. 11, n. 7, lett. b). In tal caso ai fini del requisito di cui alla lettera f) del presente articolo il reddito annuo complessivo è costituito dalla somma dei redditi percepiti da ciascuno dei nubendi.
In caso di decesso dell'aspirante assegnatario, subentrano rispettivamente nella domanda i componenti del nucleo familiare come definito al comma precedente e secondo l'ordine ivi indicato.
I requisiti debbono essere posseduti da parte del richiedente e limitatamente alle precedenti lettere c), d), e), g), da parte degli altri componenti il nucleo familiare alla data di pubblicazione del bando, nonch al momento dell'assegnazione.
I requisiti di cui al comma precedente debbono permanere in costanza di rapporto, fatta eccezione per il requisito di cui alla lettera f) primo comma, dell'art. 2, per il quale valgono le prescrizioni di cui all'articolo 21, secondo comma.
Particolari requisiti aggiuntivi possono essere stabiliti in relazione all'assegnazione di alloggi realizzati con finanziamenti destinati a specifiche finalità, ovvero in relazione a peculiari esigenze locali.
Per tali interventi, i provvedimenti regionali di localizzazione potranno prevedere i requisiti integrativi rispondenti alle finalità programmatorie, con riferimento anche all' eventuale anzianità di residenza".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 36 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 10 (Commissioni preposte alle graduatorie) "La graduatoria è predisposta da un organo collegiale di nomina regionale con competenza territoriale determinata dalla Regione stessa.
Detta Commissione è istituita presso lo IACP competente per territorio.
L'ampiezza dell'ambito territoriale di competenza della Commissione viene definita in relazione all'entità della domanda al fine di assicurare che i tempi di formazione della graduatoria definitiva di assegnazione non superino gli undici mesi dall'emanazione del bando. Tale obiettivo pu altresì essere garantito per le aree metropolitane, con la formazione di più commissioni nominate dalla Regione.
La Commissione è composta: a) da un Magistrato, ordinario o amministrativo, anche a riposo, con funzioni di Presidente b) da 2 rappresentanti degli Enti locali designati dalla sezione regionale dell'ANCI su proposta dei Comuni dell'ambito territoriale, con la presenza delle minoranze c) da 1 rappresentante della Regione d) da 1 rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti più rappresentative su base nazionale, designato d'intesa dalle medesime e) da 1 rappresentante delle organizzazioni sindacali degli assegnatari più rappresentative a livello nazionale, designato d'intesa dalle medesime f) da 1 rappresentante dell'ente gestore nel cui ambito territoriale sorgono gli alloggi da assegnare.
La Giunta regionale, provvede alla nomina dei membri supplenti, che devono essere designati dai medesimi Enti ed organizzazioni contestualmente ai componenti effettivi la Commissione.
La Commissione può regolarmente funzionare quando sono nominati almeno cinque componenti, sulla base delle designazioni pervenute.
La Commissione elegge nel proprio seno il vice presidente.
Per la validità delle deliberazioni è sufficiente la partecipazione di metà più uno dei componenti la Commissione. In caso di parità di voti prevale il voto del presidente.
Il presidente e gli altri componenti designati durano in carica cinque anni e possono essere confermati.
La segreteria è formata da dipendenti dell'Istituto autonomo per le case popolari. Tra essi la Commissione sceglie il segretario.
Ai componenti della Commissione viene attribuito un compenso pari a quello determinato per i membri dei Consigli di amministrazione di ciascun I.A.C.P. La copertura di spesa è assicurata nei programmi di intervento concernenti le attuazioni dei piani di edilizia residenziale sovvenzionata ed i relativi oneri sono a carico di ciascun I.A.C.P.".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 36 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Art. 11 (Punteggi da attribuire ai concorrenti) "I punteggi da attribuire ai concorrenti sono stabiliti come segue: 1) richiedenti che abitino con il proprio nucleo familiare da almeno due anni dalla data del bando in baracche, stalle, seminterrati, centri di raccolta, dormitori pubblici o comunque in ogni altro locale procurato a titolo precario dagli organi preposti all'assistenza pubblica o in altri locali impropriamente adibiti ad abitazione e privi di servizi igienici propri regolamentari, quali soffitte e simili: punti 4 Per locali impropriamente adibiti ad abitazione, e sempre che siano privi di servizi igienici propri regolamentari, devono intendersi tutti quei locali che per la loro struttura e originaria destinazione, secondo la licenza comunale, non siano destinati ad abitazione. Per soffitta si intende il locale ricavato tra l'ultimo piano ed il tetto senza plafonature; la condizione di biennio non è richiesta quando si tratti di sistemazione derivante da abbandono di alloggi a seguito di calamità, di imminente pericolo di crollo riconosciuto dall'autorità competente, di sistemazione in locali procurati a titolo precario dagli organi preposti all'assistenza pubblica 2) richiedenti che abitino alla data del bando col proprio nucleo familiare: a) in alloggio il cui stato di conservazione e manutenzione certificato dal Comune si consideri scadente ai sensi dell'art. 21 della Legge 392/78: punti 2 b) in alloggio con servizio igienico esterno in Comune con altre famiglie: punti 3 3) richiedenti che abitino alla data del bando col proprio nucleo familiare in alloggio super affollato: a) oltre 2 persone a vano abitabile: punti 1 b) oltre 3 persone a vano abitabile: punti 2 c) oltre 4 persone a vano abitabile: punti 3 Per vano abitabile si deve intendere ogni locale, con esclusione della cucina e dei servizi, che abbia i requisiti previsti dall'art. 3, quarto comma, del D.L. 2716/1967 n. 460, e comunque non inferiore a 8 mq 4) richiedenti che abitino con il proprio nucleo familiare da almeno 2 anni dalla data del bando in uno stesso alloggio con altro o più nuclei familiari, ciascuno composto da almeno 2 unità: a) se la coabitazione non determina sovraffollamento: punti 1 b) se la coabitazione determina sovraffollamento: punti 2 la condizione di biennio non è richiesta quando si tratti di sistemazione derivante da abbandono di alloggi a seguito di calamità, di imminente pericolo di crollo riconosciuto dall'autorità competente, di sistemazione in locali procurati a titolo precario dagli organi preposti all'assistenza pubblica 5) richiedenti il cui reddito pro-capite complessivo annuo, risulti non superiore all' importo di: a) L. 1.500.000 annuo per persona: punti 1 b) L. 1.000.000 annuo per persona: punti 3 Dette classi di reddito vengono aggiornate annualmente con riferimento all'indice di incremento applicato al limite di assegnazione.
il reddito di riferimento è quello imponibile, relativo alla dichiarazione fiscale dell'anno precedente il bando, al lordo delle imposte e al netto dei contributi previdenziali e degli assegni familiari, fermo restando l'applicazione del primo comma dell'art. 21 della legge 457/78 e successive modificazioni ed integrazioni. Oltre all'imponibile fiscale vanno computati tutti gli emolumenti, indennità, pensioni, sussidi a qualsiasi titolo perseguiti, ivi compresi quelli esentasse 6) richiedenti che debbano abbandonare l'alloggio: a) richiedenti, fruenti di alloggi di servizio, che debbano abbandonare l'alloggio per collocamento in quiescenza, per trasferimento d'ufficio, per cessazione non volontaria del rapporto di lavoro: punti 2 b) a seguito di ordinanze di sgombero o per motivi di pubblica utilità o per esigenze di risanamento edilizio, risultanti da provvedimenti emessi dall'autorità competente non oltre tre anni prima della data del bando: punti 4 c) a seguito di ordinanza o sentenza esecutiva di sfratto: punti 4 7) richiedenti che appartengono alle seguenti categorie: a) abbiano superato il 60 anno di età, non svolgano alcuna attività lavorativa, vivano soli o in coppia, eventualmente anche con un minore a carico: punti 2 b) contraggano matrimonio entro la data di scadenza del bando: punti 1 abbiano contratto matrimonio non oltre due anni prima della data del bando: punti 2 c) richiedenti nel cui nucleo familiare siano presenti handicappati con percentuale di invalidità compresa fra l'81 e il 100: punti 3 richiedenti nel cui nucleo familiare siano presenti handicappati con percentuale di invalidità compresa fra il 71 e l'80: punti 2 le certificazioni, attestanti le condizioni di cui al punto 7c) devono essere rilasciate dalle USSL e devono contenere la descrizione del tipo di menomazione e della relativa percentuale di invalidità, come disposto dalla legge 30/3/1971 n. 118 e indicato nelle apposite tabelle approvate con D.M.
25 luglio 1980 d) lavoratori dipendenti emigrati all'estero, che rientrino in Italia per stabilirvi la loro residenza: punti 2 e) profughi rimpatriati da non oltre un quinquennio e che non svolgono attività lavorativa: punti 2.
Gli appartenenti a categorie speciali di cui ai precedenti punti 7a 7b 7c-7d e 7e oltre ad essere inseriti nella graduatoria generale permanente sono collocati di ufficio in graduatorie speciali relative ad ogni singola categoria con il medesimo punteggio ottenuto nella graduatoria generale. Le graduatorie speciali così formate, sono valide ai fini dell'assegnazione di alloggi destinati in via prioritaria a specifiche categorie di cittadini per determinazione della Regione o per espressa previsione della legge di finanziamento.
Tali alloggi non vengono computati nella quota di riserva di cui all'art. 15 della presente normativa ad eccezione di quelli di cui al punto 7-e 8) nuclei familiari composti da 5 o più persone: punti 1.
In ipotesi di punteggio cumulabile con altri punteggi tra loro non cumulabili, si tiene conto del punteggio maggiore.
Non sono cumulabili fra loro i punteggi di uno stesso paragrafo.
Non sono inoltre cumulabili fra loro i punteggi previsti ai paragrafi 1) e 2)".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 36 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Art. 12 (Formazione delle graduatorie) "La Commissione, entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti e dei documenti del concorso, forma la graduatoria provvisoria. Detta scadenza può essere prorogata di 30 giorni per gli ambiti con popolazione superiore ai 200.000 abitanti.
Non sono valutabili eventuali modifiche dei requisiti e delle condizioni oggettive e soggettive del richiedente sopravvenute dopo la data di pubblicazione del bando, ad eccezione dell'ordinanza o sentenza esecutiva di sfratto, che dovrà comunque essere inoltrata dal richiedente entro il termine stabilito per l'opposizione alla graduatoria provvisoria.
Entro quindici giorni dalla sua formazione, la graduatoria, con l'indicazione del punteggio conseguito da ciascun concorrente nonché dei modi e dei termini per l'opposizione è pubblicata ed affissa per quindici giorni consecutivi nell'albo pretorio del Comune o dei Comuni dell'ambito territoriale in cui si trovano gli alloggi e nella sede dell'Istituto autonomo per le case popolari in un luogo aperto al pubblico.
Ai lavoratori emigrati all'estero è data notizia dell'avvenuta pubblicazione della graduatoria a mezzo del servizio postale.
Dell'avvenuta pubblicazione della graduatoria viene data notizia sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte.
Entro trenta giorni dalla pubblicazione della graduatoria nell'Albo Pretorio e, per i lavoratori emigrati all'estero, dalla ricezione della comunicazione di cui al comma precedente, gli interessati possono presentare opposizione alla Commissione, che provvede in merito sulla base dei documenti già acquisiti o allegati al ricorso, entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle opposizioni.
Non sono valutabili, ai fini della determinazione del punteggio dell'opponente, i documenti che egli avrebbe potuto presentare nel termine all'uopo fissato.
Esaurito l'esame delle opposizioni, la Commissione formula la graduatoria definitiva, previa effettuazione dei sorteggi a mezzo di notaio, tra i concorrenti che abbiano conseguito lo stesso punteggio.
La graduatoria è pubblicata con le stesse formalità stabilite per la graduatoria provvisoria e costituisce provvedimento definitivo".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 36 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Art. 22 (Occupanti senza titolo) "L'Ente gestore dispone, con provvedimento del proprio legale rappresentante, il rilascio degli alloggi di edilizia residenziale pubblica occupati senza titolo.
A tal fine, diffida preventivamente con lettera raccomandata l'occupante senza titolo a rilasciare l'alloggio.
Il provvedimento dell'Ente gestore, che deve contenere per l'occupante senza titolo il termine per il rilascio non superiore a 30 giorni costituisce ai sensi e per gli effetti dell'art. 474 del Codice di procedura civile, titolo esecutivo nei confronti di chi occupa l'alloggio e non è soggetto a graduazioni o proroghe.
Nei confronti di chi fruisce di un alloggio ceduto il termine di cui al precedente comma non dovrà essere superiore a 90 giorni. Il provvedimento dell'Ente gestore dovrà essere notificato al Comune per l'applicazione della sanzione pecuniaria.
L'occupante senza titolo è tenuto al risarcimento dei danni in misura corrispondente all'importo dei canoni e dei servizi, salvo i maggiori danni che potranno essere rivendicati dall'Ente proprietario dell'alloggio.
Nei confronti di coloro che alla data del 31/12/1983 occupavano senza titolo alloggi di edilizia residenziale pubblica e che presentino apposita domanda entro mesi 4 dall'entrata in vigore della presente legge, il Comune dispone l'assegnazione di un alloggio nel rispetto di quanto previsto dal precedente articolo 2.
L'assegnazione di cui al comma precedente è subordinata: a) dal protrarsi dell'occupazione da parte dello stesso nucleo familiare dalla data del 31/12/1983 b) all'accertamento da parte della Com missione ex art. 10 del possesso, da parte degli occupanti, dei requisiti prescritti dal precedente articolo 2 alla data di entrata in vigore della presente legge ed al momento dell'assegnazione c) all'impegno da parte dell'occupante al pagamento anche rateale di tutti i canoni e spese dovute a decorrere dalla data di occupazione abusiva".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri L'art. 22 è approvato.
Procediamo ora alla votazione sull'intero testo della legge.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Unita' locali dei servizi sociali ed assistenziali e dei servizi sanitari

Esame progetti di legge nn. 124 e 433: "Modifica degli ambiti territoriali delle UU.SS.SS.LL. del Comune di Torino e disposizioni per la riorganizzazione dei servizi"


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: Esame progetti di legge nn. 124 e 433: "Modifica degli ambiti territoriali delle UU.SS.SS.LL. del Comune di Torino e disposizioni per la riorganizzazione dei servizi".
Il relatore è il Consigliere Signora Ferrari che ha la parola.



FERRARI Maria Sofia, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci apprestiamo a votare un importante disegno di legge, la cui attuazione coinvolgerà direttamente oltre un milione di cittadini. Inoltre l'organizzazione del servizio socio sanitario del Comune di Torino riguarda non solo gli utenti di questa città ma ha riflessi oggettivi sull'intero territorio regionale per motivi ben noti ad ognuno di noi.
Questa importanza era già ben presente e richiamata nel piano socio sanitario 1982/84 contestualmente alla complessità dei temi da affrontare ed alla "particolare peculiarità strutturale del territorio comunale caratterizzato da: alta densità territoriale, grande mobilità dei cittadini tanto da ridurre l'essenzialità dei riferimenti residenziali per gli utenti e per gli operatori; ridotta correlazione fra operatori sanitari di distretto e specialisti e fra gli stessi operatori delle equipes polivalenti di base con conseguenti ulteriori squilibri nell'espletamento delle attività socio-sanitarie" (vedi allegato 1, paragrafo 20, piano socio sanitario 1982/84).
Nello stesso allegato si affermava che la Commissione costituita per la programmazione dei presidi poliambulatoriali ed ospedalieri di Torino avrebbe verificato le ipotesi di soluzione tenendo appunto conto di tutta la complessità della materia.
Proprio dal lavoro di questa Commissione è scaturita la prima proposta della Giunta, presentata il 21/10/82, "Progetto poliambulatori ed ospedali di Torino, in attuazione del disposto dei paragrafi 20 e 36 dell'allegato n. 1 della legge regionale 10/3/1982 n. 7 e provvedimenti conseguenti".
Nel frattempo la Democrazia Cristiana aveva presentato una proposta di legge (n. 124 del 16/2/81) che prevedeva una modifica degli ambiti territoriali delle UU.SS.SS.LL. e precisamente l'istituzione di 7 UU.SS.SS.LL.
Nel disegno di legge della Giunta, mandato in consultazione insieme al p.d.l. della D.C., vi era indicata una riorganizzazione dei servizi (distretti, poliambulatori, presidi ospedalieri) tesa a garantire che, in un contesto territoriale caratterizzato da una elevata densità demografica (9213,71 abitanti/kmq contro 178,82 quale valore medio regionale), venisse stabilito un corretto rapporto funzionale tra i servizi di base, operanti nell'ambito del distretto socio-sanitario ed i servizi integrativi di carattere sanitario (poliambulatori e servizi ospedalieri) ed inoltre un'efficace correlazione tra poliambulatori ed ospedali. Questa organizzazione funzionale dei servizi prevedeva inoltre di arrivare al piano socio-sanitario 1985/87 con una modifica degli ambiti territoriali delle UU.SS.SS.LL. del Comune di Torino e precisamente da 23 a 11.
Durante le consultazioni il Comune di Torino annunciò ufficialmente alla V Commissione di aver costituito un'apposita Commissione che prendendo come base il disegno di legge della Giunta regionale, stava predisponendo uno studio per il riassetto del servizio socio-sanitario della città.
La Commissione, tenendo conto di ciò, decise, prima di varare il disegno di legge, di attendere i risultati del lavoro della Commissione comunale.
L'assemblea generale delle UU.SS.SS.LL. 1-23, in data 25/6/84, ha deliberato di proporre alla Regione Piemonte, alla luce delle esperienze maturate, un quadro di proposte per il riordino istituzionale e per il decentramento delle funzioni socio-sanitarie.
La Giunta, nella propria autonomia, ha deciso di prendere in considerazione le indicazioni scaturite da un organismo democratico quale l'assemblea generale delle UU.SS.SS.LL. del Comune di Torino ed ha presentato un nuovo disegno di legge, il n. 433 del 2/8/84, che oggi appunto ci apprestiamo a votare e che nel titolo richiama anche il p.d.l.
della D.C.
Le considerazioni fatte all'interno di questa relazione credo mi esonerino dallo spiegare il perché siano stati necessari tempi lunghi per arrivare a definire un nuovo assetto istituzionale ed organizzativo del servizio socio-sanitario per Torino.
Voglio richiamare solo alcune altre considerazioni: vi è una sostanziale diversità di modelli istituzionali ed organizzativi applicati nelle grandi città; le difficoltà di gestione e di governo delle aree metropolitane sono più gravi di quanto non si osservi nelle aree dove la USSL è policomunale; l'esperienza di Torino 1-23 ha messo in evidenza che le difformità di "peso" politico-amministrativo ed organizzativo fra le circoscrizioni, la indefinitezza circa la gestione degli ospedali clinicizzati, il frazionamento eccessivo della struttura tecnica di governo, la difficoltà ed incertezza dei rapporti tra la struttura tecnica centrale e quelle circoscrizionali, la difficoltà nella gestione dei presidi di area specialistica nell'ambito di alcune circoscrizioni richiedevano soluzioni nuove e coraggiose.
Il nuovo assetto proposto, l'istituzione di UU.SS.SS.LL. sub-comunali scaturisce da alcuni principi: assicurare la unicità e l'unitarietà del Comune di Torino di cui le UU.SS.SS.LL. sub-comunali devono essere strumenti operativi questa unitarietà e unicità deve esprimersi attraverso il preminente ruolo di programmazione e quindi della verifica e del coordinamento degli interventi, assicurando attraverso l'omogeneità delle prestazioni un riequilibrio strutturale e funzionale le UU.SS.SS.LL. sub-comunali devono essere strumenti di gestione e di attuazione di programmi coordinati ed integrati nell'ambito della sanità ed assistenza e nell'area torinese la circoscrizione deve assumere il suo ruolo di elemento e momento di partecipazione e di controllo democratico e di area territoriale dove vengono ad espletarsi le funzioni sanitarie di base la USSL sub-comunale deve poter assolvere ai bisogni della utenza nell'area funzionale di base, specialistica e nell'area igienistica assicurando un continuum assistenziale e di tutela della salute.
Il numero di 10 UU.SS.SS.LL. sub-comunali risponde a sua volta ai seguenti criteri: rispetto degli ambiti territoriali delle circoscrizioni poich l'ambito territoriale delle UU.SS.SS.LL. sub-comunali risulta dall'accorpamento di circoscrizioni criterio demografico conseguente con soglie ottimali non inferiori a 100.000 abitanti salvo particolari situazioni di popolazione lavorativa criterio strutturale nel senso di prevedere all'interno di ciascuna UU.SS.SS.LL. uno stabilimento ospedaliero in modo da assicurare la continuità terapeutica ed assistenziale e l'integrazione tra l'area assistenziale sanitaria di base e l'area specialistica. Tale criterio strutturale va visto nella prospettiva di piano sanitario di lungo termine tenuto conto della situazione ospedaliera delle UU.SS.SS.LL. della cintura torinese e del forte squilibrio strutturale tra la zona Sud e la zona Nord della città criterio dell'accessibilità dei servizi, prendendo atto che le circoscrizioni collinari (21-22) sono tributarie dei servizi delle circoscrizioni 2 (San Salvario) e 8 (Vanchiglia) criterio del riequilibrio strutturale, onde evitare massicce concentrazioni ospedaliere: in questo senso deve essere vista l'assegnazione del Complesso Molinette-San Lazzaro alla USSL sub-comunale Torino seconda rispetto della omogeneità urbanistica.
All'assemblea generale che si identifica con il Consiglio comunale spetta, nell'ambito cittadino, la funzione di programmazione attraverso l'espressione di linee generali di tendenza, l'individuazione delle priorità di intervento, degli obiettivi e dei mezzi e risorse per raggiungerli, una funzione di coordinamento dell'attività gestionale onde assicurare l'omogeneità delle risposte ai bisogni sanitari ed assistenziali attraverso, se necessario, il riequilibrio delle risorse, una funzione di integrazione politica e funzionale dell'area socio-sanitaria con le altre aree funzionali di competenza comunale, una funzione di rappresentanza quindi degli interessi generali sanitari ed assistenziali della cittadinanza nel suo complesso.
Per poter esercitare tali funzioni l'assemblea si articolerà in Commissioni permanenti e costituirà nel proprio seno un Comitato di coordinamento.
La parte centrale dell'articolato riguarda proprio la costituzione degli strumenti operativi attraverso i quali l'assemblea generale pu svolgere il suo ruolo di programmazione.
A completamento di quanto previsto dal p.d.l. n. 124 e dal d.d.l. n.
443 e dal documento licenziato dal Consiglio comunale di Torino, la V Commissione, in coerenza con tutta la legislazione regionale in materia, ha inoltre ritenuto opportuno provvedere ad integrare, nei suoi aspetti essenziali, il comparto socio-assistenziale con quello sanitario.
L'articolazione nelle 10 UU.SS.SS.LL. sub-comunali ed il momento di coordinamento proprio dell'assemblea unica e dei relativi organi tecnici di supporto, hanno richiesto alcune specificazioni della L.R. n. 20 che ovviamente normava la situazione preesistente.
Il processo di riorganizzazione socio-assistenziale previsto dalla presente legge contiene perciò elementi di novità che possono ragionevolmente attuarsi in un arco temporale di un anno. La data che si propone di assumere come riferimento per il completamento del processo di integrazione in capo alle UU.SS.SS.LL. sub-comunali del Comune di Torino è quindi quella del 31/12/85.
L'attenzione posta su questo slittamento della scadenza temporale ha offerto l'occasione per inserire in questo contesto una riflessione più ampia sull'andamento dell'integrazione dei servizi socio-assistenziali nelle altre UU.SS.SS.LL. piemontesi.
Ne è emersa, in particolare, l'esigenza di tener conto da un lato del principio di uniformità normativa su tutto il territorio regionale e dall'altro del variegato stadio di integrazione a cui sono giunte le UU.SS.SS.LL. piemontesi.
Questi criteri di giudizio si sono tradotti nella proposta di prorogare al 31/12/1985 i termini di cui all'art. 36 della L.R. n. 20, introducendo un elemento di maggiore gradualità per chi è nella necessità di doversene avvalere.
Va inoltre sottolineato che un maggior arco temporale potrà consentire una verifica ulteriore di quanto sta emergendo dal dibattito su diversi aspetti della legge regionale n. 20. In armonia con questi ragionamenti è apparsa pertinente la p.d.l. n. 440 della D.C., che proponendo la proroga del termine di cui all'art. 36 della legge regionale 23/8/1982 n. 20, è da considerarsi, non nella forma ma nella sostanza, del tutto accolta proprio nell'ultimo comma dell'art. 9 della presente legge. Alla luce delle considerazioni fin qui espresse e per l'importanza della materia normativa la maggioranza della Commissione invita il Consiglio regionale a varare la presente legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Gastaldi. Ne ha facoltà.



GASTALDI Enrico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa legge presenta due proposte: la divisione in UU.SS.SS.LL. del territorio di Torino e l'assetto istituzionale della U.S.S.L. torinese. Essa è la copiatura del documento del Comune di Torino. La Regione è andata quindi ben oltre il "sentito il Comune" dell'art. 11 della L. 833 però non si può dire che abbia fatto male perché quel documento porta la firma di una persona che prima di dedicarsi alla politica ha lavorato con incarichi importanti in un ospedale dove ha acquisito esperienze e conoscenze sui bisogni sanitari della società e sulle risposte che bisogna loro dare. Sono entrambe proposte importanti per Torino, ma la seconda, quella dell'assetto della U.S.S.L. assume un'importanza che va oltre Torino se viene esaminata nel momento attuale che cade a sette anni dalla riforma sanitaria, durante i quali si sono viste non solo divisioni in UU.SS.SS.LL. di città italiane più o meno grandi (Roma, Milano) con i loro pregi e difetti, ma si è soprattutto potuto verificare l'impatto della riforma con la realtà e giudicarne i successi e gli insuccessi e studiarne le opportune correzioni.
E' questo un aspetto che mi appare oggi molto importante. Si sa che il maggior difetto che viene imputato alla riforma è quello di non aver saputo dare un giusto e preciso aspetto giuridico alle UU.SS.SS.LL. distribuendo ai loro istituti compiti non ben distinti e di averne fatto una organizzazione più politica che politico-tecnico-amministrativa. Si sa anche che tutte le correzioni consigliate coincidono con la proposta di fare delle UU.SS.SS.LL. un'azienda pubblica di servizio con un più corretto rapporto tra governo politico, che deve ridurre il suo peso limitandolo alle scelte politiche e programmatiche di fondo, e governo tecnico amministrativo a cui si devono attribuire tutti i poteri e le connesse responsabilità dell'ordinaria gestione delle UU.SS.SS.LL. Un'azienda pubblica di servizio che senza scopo di lucro sia ben divisa nei momenti prima elettivo e quindi politico, che potrebbe essere paragonato all'assemblea dei soci nelle società, che deve fare l'analisi dei bisogni sanitari, non solo di diagnosi e cura, ma dei vari momenti, cultura ambiente, tempo libero, lavoro, formazione professionale, necessari per la prevenzione della malattia.
Livello amministrativo che potrebbe essere paragonato al Consiglio di amministrazione nelle società e che potrebbe essere localizzato nel comitato di gestione attuale con compiti politici e tecnici assieme e nel quale si dovrebbero collocare non politici puri né tecnici puri, i medici ma persone che abbiano un corredo di conoscenze sufficienti a far da mediatore tra politici e tecnici. Un terzo livello, puramente tecnico, è quello della dirigenza. E' su queste cose che questa legge va giudicata sul modo con cui ha saputo utilizzare le esperienze dei sette anni trascorsi. Non può logicamente stravolgere l'organizzazione proposta per le UU.SS.SS.LL. dalla L. 833 la quale è sempre legge e deve essere applicata.
Possono però essere adottate cose nuove, anche non previste dalle leggi esistenti purché non siano con loro in contrasto. E' su queste cose nuove proposte dalla legge attuale che va basato il giudizio, si deve cioè esaminare se il nuovo proposto tende a contemperare l'aspetto politico e tecnico-amministrativo, moderando il primo e accentuando il secondo. Le novità proposte consistono nelle nuove figure del referente (art. 7) che viene aggiunto ai responsabili della legge 3. Nelle due organizzazioni nuove, il Comitato di coordinamento, a livello di assemblea, e le conferenze, a livello di U.S.S.L. Comitato di gestione.
Mi pare di vedere in queste proposte un tentativo, anche se limitato dalle leggi esistenti, di aumento del peso dei tecnici e degli amministratori. Infatti il Comitato di coordinamento deve essere inteso come dice la relazione del Comune di Torino, come un organo politico amministrativo al quale deve competere l'assegnazione degli affari alle Commissioni, l'istruttoria dei provvedimenti di competenza dell'assemblea e l'attuazione dei rapporti con le UU.SS.SS.LL. corretto ed assistito da un supporto tecnico, da una segreteria tecnica costituita dall'insieme delle aree tecniche operative depurate a fornire gli strumenti tecnici per lo svolgimento della funzione di programmazione, coordinamento e verifica proprie dell'assemblea.
Il referente da quanto si può intendere e dalla legge e dalla relazione del Comune, sarebbe chi unisce la parte dirigenziale a quella politico amministrativa. Soprattutto le conferenze dei coordinatori delle UU.SS.SS.LL. sanitari ed amministrativi e dei responsabili dei servizi sono strumenti organizzativi tecnici, sono momenti di comunicazione di idea, di rilevazione di bisogni, di discussioni per proposte di risposta ai bisogni rilevati.
Per questo viene dalla legge riconosciuta la potestà di emanare direttive generali vincolanti per le UU.SS.SS.LL. sub-comunali e di assumere autonomamente deliberazioni su alcuni indirizzi generali. In conclusione, la proposta di legge mi pare introduca delle novità che possono essere giudicate un tentativo di migliorare le UU.SS.SS.LL. e di far contemperare i due elementi, il politico e il tecnico-amministrativo.
Resta la questione della divisione numerica delle UU.SS.SS.LL. di Torino.
Noi abbiamo proposto un documento che afferma la convenienza di dividere Torino in sette UU.SS.SS.LL. e, quando sarà costruito l'ospedale di via Farinelli, in otto. Non neghiamo la logicità e la validità del ragionamento della Giunta e dei criteri seguiti per dividere Torino in dieci UU.SS.SS.LL. Non escludiamo cioè che a lungo termine, nel 2000 come dice il primo disegno di legge della Giunta, tale divisione sarà logica se il programma negli ospedali sarà attuato. Affermiamo che ora dobbiamo dividere Torino come abbiamo detto, perché questa scelta aderisce meglio alla situazione ospedaliera attuale di Torino, sarà sempre più facile dividere che dover riunire le UU.SS.SS.LL. se il programma ospedali per difficoltà finanziarie non potrà essere attuato, aderisce meglio alla legge 833 per quanto riguarda il numero degli abitanti da comprendere in una USSL. perch poi Torino ha forte concentrazione demografica e ben dotata di infrastrutture e servizi, la distanza ha poca importanza e soprattutto perché un minor numero di UU.SS.SS.LL. costituisce un minore impegno di spesa senza pregiudizio per la quantità e la qualità delle prestazioni.
Infatti una USSL in base al piano socio-sanitario e alla legge n. 23 dell'80 richiede 10 uffici di direzione con 10 servizi sanitari amministrativi e con 10 funzionari apicali e maggiori strutture edilizie.
Proponiamo in pratica di unire in una sola USSL le UU.SS.SS.LL. terza quarta e quinta (proposta dalla Giunta) perché Mirafiori Nord e Mirafiori Sud non hanno ospedali e perché Mirafiori Sud ha solamente 47.000 abitanti di dividere soltanto dopo la costruzione dell'ospedale in via Farinelli queste tre UU.SS.SS.LL. in due: Mirafiori Sud e Nord rispettivamente e la terza USSL proposta da questa legge e di unire in una sola USSL l'ottava e la settima della legge attuale perché mancanti di ospedali, passando per il quartiere 17 alla USSL 9 sia per ridurre il numero degli abitanti che questa USSL verrebbe ad avere (260.000), e sia perché il quartiere 17 si serve già abitualmente del N.A.M. Per motivi economici, per essere più aderenti alla realtà ospedaliera attuale, proponiamo di dividere Torino ora in 7 USSL ed a costruzione dell'ospedale di via Farinelli avvenuta, in 8 USSL. In base ai ragionamenti fatti, alle valutazioni date, alle varie scelte proposte dalla legge e calcolando che il tentativo fatto di adeguare meglio le istituzioni delle UU.SS.SS.LL. torinesi alle richieste fatte in questi anni per ottenere una riforma migliore e più adeguata alle esigenze dei cittadini e di maggiore importanza, il nostro voto sarà di astensione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Mi limiterò a porre alcuni interrogativi che in sede di replica spero trovino delle risposte, partendo dalla considerazione che finalmente è giunto il momento di affrontare la questione del decentramento socio sanitario del Comune di Torino in applicazione della legge di riforma e delle leggi regionali e dopo una sperimentazione della unitarietà della gestione troppo lunga.
Questo problema va affrontato anche se permangono dubbi ed interrogativi.
Il primo interrogativo è questo: con quali criteri si sono definiti gli ambiti territoriali? Attorno a questi problemi ci sono state varie discussioni, ma mi sorge un dubbio e cioè che tutte le proposte formulate sia quelle della Giunta e della maggioranza, sia quelle formulate dalla D.C. abbiano assunto come criterio fondamentale di applicare un assioma di questo tipo: non vi può essere unità socio-sanitaria senza ospedale e pertanto la riorganizzazione della città di Torino deve essere sviluppata su questa base.
Chiedo se questo criterio è valso anche per la definizione degli ambiti di Torino.
Questo dubbio traspare poi dal fatto che l'unica USSL. Lucento-Vallette che non è strutturata con un presidio ospedaliero, prevede una costruzione ex novo.
Credo che una decisione di questo tipo non può essere assunta senza tenere conto del discorso avviato al Comune di Torino di ridefinizione degli ambiti delle circoscrizioni - ecco il punto da discutere e che pone dei gravi interrogativi - di riadattare le circoscrizioni alle esigenze degli ambiti delle UU.SS.SS.LL. oppure se il discorso della riorganizzazione delle circoscrizioni a Torino sia un fatto che dovrebbe o ha condizionato la definizione delle dieci unità sanitarie. Mi pare di leggere che la stessa operazione di ridefinizione delle circoscrizioni di Torino abbia di fatto sposato la decisione e quindi l'aspetto socio sanitario sia prevalso anche nella riorganizzazione del nuovo assetto istituzionale nell'ambito dell'area metropolitana.
Anche questo pone dei problemi di non facile risposta.
Il principio sul quale si è basato il movimento delle riforme degli anni '70, quello della unicità di territorio e della unicità di gestione deve essere salvaguardato per cui gli ambiti sanitari, i Consigli di circoscrizione ed i distretti scolastici devono chiaramente così come prevede la proposta del Comune di Torino, marciare di pari passo. Rimane però aperto un problema che in parte è aggravato dall'articolato della legge. L'unitarietà di gestione, mentre viene garantita nella proposta del Comune, per quanto riguarda le circoscrizioni, viene profondamente intaccata per quanto riguarda la composizione dei Comitati di gestione delle UU.SS.SS.LL. sub-comunali di Torino dove si prevede anche la presenza di Consiglieri di circoscrizione eletti, ma si lascia ampia possibilità che la maggioranza dei Comitati di gestione possano essere composti dar laici da persone non elette dal popolo, quindi da persone che non si sa bene a chi risponderanno nelle loro decisioni, nella loro iniziativa.
Presenterò un emendamento per cercare di recuperare questo discorso perché la composizione dei Comitati di gestione delle unità sub-comunali deve essere fatta sulla base di responsabilità ben precise.
Gli eletti debbono essere messi nella condizione di operare, di gestire e quindi di rispondere direttamente ai loro elettori delle azioni che compiono nel bene e nel male, persone estranee non avrebbero invece questa caratteristica di fondo.
Sono questioni di non facile soluzione. D'altra parte la coincidenza tra gli ambiti territoriali e le responsabilità gestionali delle UU.SS.SS.LL. e dei Consigli di circoscrizione viene fuori dalla concezione che abbiamo della riforma sanitaria che è stata portata avanti nella Regione avendo presenti tre aspetti fondamentali: prevenzione, cura e riabilitazione.
E' chiaro che gli interventi delle Circoscrizioni che abbiano opportuni poteri effettivamente decentrati dal Consiglio comunale avrebbero la possibilità di sviluppare concretamente il discorso della prevenzione per esempio nell'ambito socio-assistenziale ma anche nell'ambito dei giovani dell'emarginazione, della scuola, che hanno un intreccio tra l'intervento sanitario e l'intervento operativo sul territorio.
Proprio per ovviare a questo concetto abbiamo sviluppato nella nostra Regione un ripensamento sulla composizione dei Comitati di gestione delle unità sub-comunali. C'è poi tutta la tematica della partecipazione. Nella precedente strutturazione della Unità Sanitaria di Torino, questo aspetto era considerato con apposita deliberazione, nell'articolato della legge non traspare con sufficiente chiarezza questa questione.
Ho voluto tratteggiare molto sinteticamente questi interrogativi. Credo che il dibattito di questa mattina non possa evitare di fare i conti con questi problemi.
La replica dell'Assessore dovrebbe tenere conto delle sollecitazioni che sono state qui poste.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Finalmente discutiamo in Consiglio dell'assetto delle Unità Sanitarie di Torino per strutturarle come le preveda la Legge 833.
In questo finalmente c'è la soddisfazione del Gruppo democratico cristiano di vedere riconosciuta, dopo 3 anni dalla presentazione della nostra proposta di legge al riguardo, la nostra impostazione.
Il nostro Gruppo nel luglio 1981 aveva presentato una proposta di legge che prevedeva l'istituzione di sette Unità Socio Sanitarie nella città di Torino con una suddivisione territoriale basata su dati fondamentali e metodologici.
La situazione esistente relativamente ai presidi ospedalieri, sia quelli esistenti, sia quelli che si stavano definendo, per esempio l'annosa questione dell'ospedale di via Farinelli che forse è in fase di soluzione che comunque avrebbe dovuto avere la valenza di ospedale di zona, e alla definizione nell'ambito di alcuni ospedali con caratteristiche multizonali della parte che poteva essere considerata ospedale di zona.
Il secondo criterio guida della nostra proposta era basato sulla situazione dei trasporti nell'ambito della città di Torino.
Oltre al parametro oggettivo della distanza c'è quello della accessibilità, più o meno agevole ai presidi ospedalieri da parte dei cittadini che risiedono in determinate zone della città.
Questo parametro ovviamente doveva essere rivisto per effetto della rivoluzione dei trasporti cittadini, o per meglio dire della mancata rivoluzione, nell'ambito della città di Torino, che avendo modificato l'assetto della rete viaria e tramviaria ha modificato anche alcuni punti di riferimento che noi avevamo preso come base della nostra proposta di legge del 1981.
L'altro nostro parametro di riferimento era la valenza policentrica (non so come dire diversamente, ci vorrebbe il mio collega Picco ma ha esaurito la sua funzione almeno per questa parte con la legge 56) delle zone della città che gravitano verso il centro cittadino. Uso un termine non urbanistico, ma figurato: questa città divisa in fette come una torta rispetto al centro.
Questi spicchi di città avevano una loro omogeneità anche rispetto alle linee viarie di percorribilità verso la zona centrale.
Questo disegno aveva una sua struttura organica e una sua validità dal punto di vista funzionale.
Le modifiche al piano della viabilità richiedono un adattamento.
Abbiamo infatti presentato un emendamento, che già avevamo proposto in sede di Commissione, con il quale suddivideremo il territorio in otto UU.SS.SS.LL.; una modifica rispetto alle sette iniziali e una riduzione rispetto alle dieci proposte dalla Giunta. La proposta della Giunta non segue un criterio logico dal punto di vista urbanistico, raggruppa tra di loro delle zone senza un criterio base di riferimento, se non quello di raggruppare a seconda di dove si vogliono spostare gli ospedali.
In questa chiave di lettura mi sembra di poter leggere lo spostamento del quartiere San Salvano rispetto al quartiere Millefonti, laddove si trasferiscono sulla carta (non abbiamo ancora la pretesa di mettere le ruote agli ospedali) le Molinette nella zona del complesso San Secondo o San Lazzaro o San Salvario, come si chiamerà, questo per attribuire la zona ospedaliera a quella che la proposta della maggioranza definisce U.S.S.L.
2.
Naturalmente questo comporterà dei problemi nell'Unità Sanitaria successiva, perché togliendo l'ospedale dalla zona in cui incide attualmente, bisognerà creare in quella zona presidi ospedalieri adeguati.
Su questo aspetto ci riserviamo di parlare quando esamineremo nel dettaglio la riorganizzazione dei servizi nell'ambito della città di Torino nel piano socio-sanitario, anche perché il discorso è complesso e va visto in una posizione integrata anche rispetto alle UU.SS.SS.LL. limitrofe.
In sede di commissione comunale si è detto che Mirafiori Sud che è praticamente un'unica unità sanitaria, dove dovrebbe esserci poi l'ospedale, servirà probabilmente anche la struttura limitrofa di Nichelino a meno che non si voglia spostare Nichelino su Moncalieri.
Il discorso può essere visto in una dimensione più ampia dei semplici ambiti territoriali della città di Torino, per cui rimandiamo ad un momento successivo l'esame dei vari presidi ospedalieri alle singole Unità Sanitarie.
Ci premeva sottolineare che, dal punto di vista formale, c'è una forzatura nello spostamento dei confini delle attuali circoscrizioni torinesi per far entrare l'ospedale Molinette in un'altra parte rispetto a quella in cui incide attualmente, appunto Millefonti.
Sulla suddivisione delle varie UU.SS.SS.LL. ho già detto che noi non possiamo che essere soddisfatti, la consideriamo una vittoria morale, anche se sarebbe stato politicamente più corretto se la Giunta non fosse ricorsa allo strategemma di presentare all'ultimo momento un nuovo d.d.l.
Ma non voglio riprendere una discussione lunga che abbiamo già fatto in Commissione nel mese di giugno, quando la maggioranza sosteneva che il d.d.l. iniziale, della suddivisione dei presidi, dei poliambulatori era una suddivisione territoriale dell'U.S.S.L. A questa verità sostenuta in Commissione non credevano neppure i rappresentanti della maggioranza tant'è vero che hanno poi presentato un altro d.d.l. con titolo e contenuto diverso.
Sono piccole soddisfazioni morali che riteniamo di dover ricordare pubblicamente perché in questo specifico settore vogliamo rivendicare il fatto di essere stati lungimiranti, di essere stati i veri proponenti dal punto di vista concettuale dell'iniziativa che viene proposta all'esame del Consiglio regionale.
Noi abbiamo sempre sostenuto che ventitrè Unità Sanitarie erano troppe e che 23 quartieri non sono troppi. Non accettiamo assolutamente la posizione discussione sulle UU.SS.SS.LL. uguale a discussione sulle circoscrizioni: sono due temi che vanno considerati in modo diverso, sono due temi che non hanno la stessa valenza. In questa sede discutiamo esclusivamente della suddivisione territoriale della città di Torino ai fini della creazione delle UU.SS.SS.LL. Questo tengo a dichiararlo chiaramente e con precisione per evitare che possano nascere in questa o in altra sede delle confusioni. Riteniamo che l'U.S.S.L. possa nell'ambito comunale di Torino e nell'ambito subcomunale essere un tipo di servizio territoriale che al suo interno possa raggruppare anche più di una circoscrizione e l'equivalenza tra le due suddivisioni territoriali non è affatto utile o necessaria ai fini della funzionalità delle circoscrizioni.
Noi non vogliamo neanche lasciar passare anche solo l'impressione che si debba modificare l'ambito territoriale delle circoscrizioni, quindi del decentramento amministrativo del Comune di Torino perché i quartieri sono troppi e non funzionano.
Se i quartieri o le circoscrizioni, così come sono, non funzionano è perché il Consiglio comunale di Torino, la sua maggioranza, non hanno attribuito in questi anni i poteri di delega che i Consigli di Circoscrizione, democraticamente eletti, avrebbero potuto esercitare.
Tornando alla questione dell'U.S.S.L., ricordato come la maggioranza ci ha dato torto in un primo tempo e come invece adesso ci dia ragione desidero sottolineare ancora alcuni punti che fanno oggetto di nostre proposte di emendamento.
Ho già detto che all'art. 1 proponiamo l'istituzione di otto U.S.S.L.
una suddivisione che raggruppi i due quartieri collinari 21 e 22 tenendo conto della omogeneità territoriale della zona.
Proponiamo inoltre l'accorpamento dei quartieri Mirafiori Sud e Nord perché se è vero che hanno una linea di separazione costituita dagli stabilimenti Fiat è altrettanto vero che tutti i problemi relativi alla medicina del lavoro, alla medicina di base ed altri aspetti di carattere igienico-ambientale, fanno riferimento in modo equivalente ai due versanti.
I due quartieri hanno dal punto di vista della medicina del lavoro e dell'ambiente gli stessi problemi.
Tenendo anche conto che almeno per la parte relativa agli stabilimenti non sono zone residenziali e quindi i problemi della medicina del lavoro possono essere visti in una dimensione specifica indipendentemente dal fatto che ci sia solo una parte della U.S.S..L. gravitante sulla zona.
L'altro emendamento che abbiamo presentato si riferisce alla impalcatura del progetto. Non si può pensare che nell'ambito della stessa città si offrano da parte delle UU.SS.SS.LL. servizi diversi, né che la delimitazione territoriale possa essere rigidamente definita, per cui il cittadino che abita in una zona non possa recarsi nell'ospedale sito in altra zona.
Questo è impensabile e improponibile oltre che non giustificato da ragioni di servizio. Riteniamo che coordinamento e omogeneità delle prestazioni sia un problema oggettivamente vero, però, così come è stato impostato e proposto, rischia di non risolvere concretamente i problemi.
L'assemblea generale dell'U.S.S.L. di Torino è una, mentre le Unità Sanitarie che dipendono da essa sono o 8 o 10, il che significa che l'assemblea generale dovrà svolgere dei compiti di programmazione, di indirizzo e di coordinamento, che tra l'altro gli sono propri, e non li potrebbe svolgere se non le dessimo delle strutture funzionali tecniche che le consentano di svolgere efficacemente le sue competenze.
Infatti non è pensabile che gli 80 Consiglieri comunali del Comune di Torino, che peraltro sono già occupati in molte altre questioni e che senza offesa per nessuno, non tutti sono esperti nelle questioni sanitarie possano senza l'apporto di una struttura tecnica, svolgere le funzioni proprie dell'assemblea.
Noi non siamo contrari alla previsione di una struttura tecnica dell'assemblea, ma vogliamo essere molto chiari: noi vediamo questa struttura tecnica dell'assemblea più o meno nello stesso rapporto che c'è tra la struttura tecnica di supporto al Consiglio regionale e la struttura tecnica operante presso i singoli Assessorati e presso la Giunta. I compiti e le competenze devono essere distinti, diversi, tra di loro non subordinati, tra di loro non legati da vincolo di gerarchia. Se ci fossero commissioni tra la struttura tecnica dell'assemblea e la struttura tecnica delle singole UU.SS.SS.LL. si verrebbero a creare situazioni di conflitto dal punto di vista operativo e di prevalenza, quindi gerarchicamente superiori da parte della struttura tecnica presso l'assemblea, nei confronti delle strutture tecniche delle UU.SS.LL. che devono invece rispondere dal punto di vista tecnico-funzionale esclusivamente ai rispettivi Comitati di gestione.
Ogni altra struttura, ogni altro coordinamento orizzontale che scavalchi i poteri e le competenze dei singoli Comitati di gestione è a nostro avviso un errore politico e un pasticcio tecnico.
Coloro che saranno designati dalle forze politiche presenti nel Consiglio comunale di Torino, costituite in assemblea generale, a dirigere le UU.SS.SS.LL. dovranno avere i pieni poteri che sono previsti dalle norme di legge, ma dovranno anche rispondere degli eventuali errori. L'Assessore ha condiviso questa nostra preoccupazione, vedremo come questa preoccupazione potrà essere introdotta negli emendamenti che discuteremo.
La nostra preoccupazione che è soltanto di carattere tecnico-politico non ha trovato in Commissione degli interlocutori attenti e disposti a modificare l'articolato. L'esigenza del coordinamento la avvertiamo l'omogeneità delle prestazioni è indispensabile se non si vuole dare ai cittadini torinesi due pesi e due misure.
L'articolato che viene proposto da competenze politiche a una serie di organismi che invece non le debbono avere. La suddivisione dell'assemblea in commissioni operative formate da membri dell'assemblea stessa, in analogia alle commissioni consiliari regionali, ci stanno bene, perch costituiscono una specializzazione nell'ambito dell'assemblea.
Il coordinamento tra i presidenti delle commissioni, funzionale al lavoro dell'assemblea, ci sta altrettanto bene sempre però che le commissioni siano funzionali al lavoro dell'assemblea e non diventino di fatto un maxi-comitato di gestione che dia indirizzi e direttive vincolanti al punto da svuotare i poteri dei Comitati di gestione.
Ci sta anche bene che ci siano dei momenti di lavoro integrato tra i coordinatori o i capisettore o capiufficio, capiservizio delle UU.SS.SS.LL.
per definire come omogeneizzare il trattamento; non ci sta bene che i pareri delle commissioni tecniche diventino vincolanti per i Comitati di gestione.
Ultimo articolo.. Rivendichiamo l'iniziativa su questo argomento. I colleghi della V Commissione non possono dimenticare che in sede di consultazione sulla deliberazione relativa all'attuazione degli artt. 22 23 e 24 della legge 20 (deliberazione sospesa e rimandata al piano socio sanitario) i Comuni e le UU.SS.SS.LL. osservarono che non era proponibile il termine del 31.12.1984 ritenendolo troppo ristretto rispetto ai problemi da risolvere sul tappeto.
Questa era la posizione del Gruppo democratico-cristiano sin da quando dicemmo che non era possibile fissare una scadenza rigida entro la quale tutti dovevano adeguarsi.
Quel criterio rigido si è rivelato sbagliato ed adesso abbiamo questa proposta di modifica alla L. 20 con la proroga al 31.12.1985 il termine per l'assunzione da parte delle UU.SS.SS.LL. delle funzioni socio-sanitarie attualmente gestite dai Comuni. Abbiamo presentato una proposta di legge.
La correttezza del rapporto tra le forze politiche, oltre che l'interpretazione corretta dello Statuto dovrebbero vagliare che si discutano le proposte in ordine di presentazione.
Siamo stati distratti, Assessore Bajardi, avremmo potuto proporre questo articolo al fondo delle modifiche della L. 56. E' una proroga dei termini di cui alla legge 20 che non ha niente a che fare con l'assetto istituzionale e con la definizione degli ambiti territoriali delle UU.SS.SS.LL. di Torino.
Ma anche qui, forse si vuol far passare alla chetichella una proposta solo perché è una proposta della D.C. Noi però, con le voci che abbiamo e con le forze che abbiamo rivendichiamo chiaramente che la maggioranza ha dovuto trovare questo escamotage, questa forma anche ridicola per non approvare formalmente in quest'aula una proposta di legge presentata dalla D.C. Non dico di più sotto questo profilo.
Siccome nella sostanza riteniamo che questo sia un punto giusto, che serve alle UU.SS.SS.LL., ai Comuni, ai cittadini, non ne facciamo ulteriori questioni formali.
Vogliamo pero sottolineare che siamo vittime e che subiamo un atteggiamento scorretto da parte della maggioranza.
Che le nostre idee non siano sbagliate, lo hanno dimostrato le recenti consultazioni, l'hanno dimostrato le reazioni della comunità piemontese sulla L. 20.
Quando una forza politica radicata nella realtà piemontese ed italiana come la D.C. fa delle proposte, queste non possono essere buttate come carta straccia perché, alla fine, proprio perché è una forza politica radicata nella realtà, questi atteggiamenti si ritorcono contro coloro che hanno opposto il rifiuto.
Noi siamo per l'arte del possibile, del realismo, della flessibilità e, poiché questa è una posizione corretta e coerente, alla fine su questa posizione sono costretti a venire anche coloro che hanno ritenuto di fare piani fantastici.
Auspico che questa legge venga applicata rapidamente, che non si acceda ad ulteriori rinvii, che non si nominino degli Enti intermedi per tirare a lungo. A volte sono tentata di considerarmi la Cassandra del Consiglio regionale. Nel 1982 chiesi all'Assessore Bajardi, perché nel piano socio sanitario 1982/84 non si era affrontata la questione di Torino e dissi che l'A.S.S.L. 1/23 era uno strano pasticcio, termine ripetuto in successivi interventi da me, dal Consigliere Ratti e da altri colleghi, per una serie di disfunzioni vistose esistenti nell'ambito della sanità.
L'Assessore Bajardi disse in quell'occasione e ripetè in occasioni successive che U.S.S.L. di Torino era una sola con 23 suddivisioni territoriali.
E' con piacere che oggi constatiamo l'inversione di posizione; le UU.SS.SS.LL. di Torino saranno otto o dieci, avranno i compiti propri delle UU.SS.SS.LL. delle altre città d'Italia, forse lavorando con serietà ed impegno, riusciranno se non a recuperare i 4 anni perduti, certamente a mettere in piedi la riorganizzazione del servizio sanitario della nostra città che nonostante i toni trionfalistici si è deteriorata, è peggiorata.
Se alcuni settori sono in fase di ristrutturazione, altri sono rimasti fermi. Ricordo l'ospedale di via Farinelli dove sul tetto è cresciuta una pianta, ma le piante sarebbe bene crescessero nei giardini e nei prati e non sui tetti degli ospedali non finiti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Cernetti. Ne ha facoltà..



CERNETTI Elettra

A distanza di oltre 5 anni dalla promulgazione della legge di riforma sanitaria siamo chiamati a legiferare sul nuovo assetto istituzionale per il governo della sanità ed assistenza nell'area metropolitana di Torino.
Prima di addentrarci nel merito del disegno di legge in discussione, mi pare che opportunità politica ed esigenza di chiarezza impongano una riflessione sui motivi di questo atto legislativo che la Giunta regionale propone.
Questo disegno di legge che propone un nuovo e diverso modello istituzionale di governo politico amministrativo dell'area sanitaria e socio-assistenziale per la sola città di Torino trae la sua ragione d'essere dalla nebulosità della legge-quadro 833 del 1978, per cui sul piano istituzionale, ma anche sul piano organizzativo, le Unità Socio Sanitarie Locali policomunali non differiscono dall'Unità Socio Sanitaria Locale monocomunale. Cosicché i problemi del governo della sanità sono ancora oggi del tutto irrisolti; si tratta di grossi problemi perché la dimensione demografica, il pendolarismo interno, l'influenza determinante dei grandi o piccoli presidi ospedalieri, l'intreccio tra funzioni sanitarie e socio-assistenziali con altre funzioni comunali, la pluralità degli Enti e delle istituzioni, sono elementi di diverso peso e influenza tra loro fittamente interconnessi, tali comunque da rendere il governo politico amministrativo di due funzioni essenziali, quali sanità ed assistenza, assai difficili. Nel caso di Torino, inoltre, l'esistenza si caratterizza per la sanità per un disequilibrio di risorse tra zona sud e zona nord e per la preponderanza di una politica sanitaria imperniata sui presidi ospedalieri.
Se è abbastanza facile oggi parlar male del sistema sanitario italiano o meglio delle UU.SS.SS.LL., non è altrettanto facile risolvere questi problemi di governo della sanità. Non meraviglia quindi se il disegno di legge in discussione rappresenta una soluzione diversa da quella ipotizzata e formalizzata nella legislatura regionale precedente, quando, puntando decisamente sul decentramento amministrativo, si delineò il sistema di Torino 1/23. Non ritengo di dovere qui addentrarmi sulle ragioni dell'inattuazione di tale modello, dirò solo che il modello 1/23 avrebbe consentito di avere un'istanza centrale e unificata di governo solo che non si fosse preteso di affidare a tutte 23 le circoscrizioni funzioni ed attività che obiettivamente e per ragioni organizzative ed economiche non potevano assolvere.
La dimensione territoriale demografica ridotta delle circoscrizioni poteva, a mio avviso doveva, consentire l'esercizio ed il governo delle funzioni sanitarie assistenziali di base e cioè in armonia con i criteri istituzionali della zonizzazione sanitaria della L.R. 41 del 1976; ma certamente non poteva consentire l'esercizio ed il governo di funzioni ed attività di secondo e di terzo livello.
Il modello 1/23 non decollò, né fu attuato, perché si volle estremizzare ed enfatizzare il ruolo degli organi del decentramento amministrativo in una situazione non del tutto limpida sul piano giuridico istituzionale per la carenza della legge 278 del 1976. Di qui una situazione abbastanza anomala di una enorme Unità Sanitaria Locale di difficile governo, laddove i presidi, e soprattutto i presidi ospedalieri costituiscono i punti essenziali ed esclusivi di una politica sanitaria in termini organizzativi, assistenziali, di bilancio, senza nessuna attenzione a quelli che sono i problemi quotidiani della gente che vive ed opera in un ben delineato contesto urbano.
Non meraviglia, quindi, come a distanza di 4 anni dalla costituzione delle UU.SS.SS.LL. in Torino, si siano aggravati i problemi del riequilibrio delle risorse sanitarie, poiché i presidi ospedalieri più forti sono diventati sempre più forti e il vuoto assistenziale di alcune aree del Comune di Torino sempre più grave.
Né può meravigliare come non si sia nemmeno tentato una pur pallida applicazione nell'area torinese dell'integrazione sanità- assistenza cosicché oggi il Comune detiene in toto la funzione assistenziale che amministra anche per il tramite delle circoscrizioni e in modo del tutto autonomo rispetto alle funzioni sanitarie. Né può passare sotto silenzio che questa mancata integrazione si risolve e si genera nell'assenza di una politica dei distretti urbani, politica che certamente è difficile da gestire, ma che non parte da zero, se non altro per la relativa abbondanza dell'esistente in termini di personale e strutture.
Da quanto fin qui detto appare quindi giustificato proporre coraggiosamente un modello di governo politico amministrativo che sia basato su una zonizzazione che consenta una continuità assistenziale alle popolazioni residenti, un riequilibrio reale delle risorse, l'integrazione dell'ospedale nel territorio, la interconnessione tra attività sanitaria ed attività socio-assistenziale.
E' proprio di questi giorni la decisione del Comune di Torino di suddividere il territorio in 10 zone che grosso modo corrispondono alle 10 UU.SS.SS.LL. che questo propone. Sussiste un problema politico che è rappresentato dalla governabilità di questo sistema fatto di 10 entità autonome sul piano del governo politico, ma che devono necessariamente essere coordinate ed armonizzate per assicurare un'omogeneità e uniformità di interventi perché la città è una ed i confini tra le UU.SS.SS.LL. sub comunali sono le stesse strade della città e il cittadino è di Torino tanto sia di Parella, quanto sia di Nizza-Millefonti.
Problema serio perché Torino ha un ruolo trainante nei confronti dell'intera Regione ed inoltre è centro del quadrante nord-ovest della nostra Regione e quindi deve assicurare ai cittadini di altre UU.SS.SS.LL.
attività e funzioni assistenziali e didattiche ben precisate nel piano.
Da queste considerazioni emerge la necessità di un organo centrale per la città di Torino che assicuri quelle funzioni di programmazione locale e di coordinamento tra le UU.SS.SS.LL. sub-comunali indispensabili per ottenere quel riequilibrio delle risorse, quel riordino di attività e funzioni socio-sanitarie che sono la premessa indispensabile per una gestione efficiente ed efficace.
Il d.d.l. prevede degli organi di interconnessione tra questa istanza centrale rappresentata dal Consiglio comunale di Torino in veste di assemblea generale delle UU.SS.SS.LL. sub-comunali e i 10 comitati di gestione ed i 10 uffici di direzione. Sul piano politico il modello proposto può essere accettato in quanto rispettoso dei poteri e prerogative delle autonomie locali.
Organi e ruoli sono ben delineati in questo disegno di legge, occorre solo che, come sovente avviene, le buone intenzioni e le corrette soluzioni non restino sulla carta, ma si concretizzino correttamente nei comportamenti delle persone. In questo d.d.l. merita di essere sottolineato il fatto della necessaria integrazione tra sanità ed assistenza in applicazione della Legge 20 del 1982. A questo proposito si è resa necessaria una proroga del termine di cui all'art. 36 della legge citata che slitta di un anno per consentire alle 10 UU.SS.SS.LL. di Torino il tempo necessario e le condizioni per l'assunzione dei servizi socio assistenziali.
E' proprio per la funzione trainante che Torino ha sull'intera Regione e a cui già prima ho fatto cenno, ma anche per obiettive difficoltà che alcune UU.SS.SS.LL. incontrano nell'assunzione dei servizi socio assistenziali derivate soprattutto dalla mancanza di una legge quadro sull'assistenza, i termini di cui all'art. 36 della Legge 20 slittano di un anno per tutte quelle UU.SS.SS.LL. che non sono in condizione entro il 31.12.1984 di assumere i servizi socio-assistenziali.
Vorrei inoltre qui sottolineare anche la democrazia con cui questa maggioranza governa, per cui su alcuni dettagli che non infirmano certo i principi innovatori della Legge 20, si può arrivare a conclusioni che possono essere comuni tra maggioranza, né di minoranza, ma sono semplicemente di buon senso e che sovente accadono di dover magari rettificare il tiro di determinate leggi oppure anche in questo caso di determinate delibere e direi anzi che accade sempre più sovente in modo proporzionale tanto più una legge è veramente innovativa, tanto più una legge veramente va a saldare cento anni di vuoto e di conseguenza l'impatto sul territorio è un impatto indubbiamente più forte.
Aggiungo ancora che per quanto riguarda l'art. 36 non si tratta di una modifica, ma praticamente di una deroga, di un prolungamento di un anno del termine; per quanto invece riguarda, non la Legge 20, ma la delibera interpretativa della Legge 20 che ha dato, penso oramai, a riconoscimento un po' di tutti ed anche delle forze di maggioranza, un'interpretazione eccessivamente drastica della legge stessa. C'è necessariamente tutta l'intenzione anche qui di andare a recepire determinate articolazioni e flessibilità, tanto nei modi, tanto nei tempi, in modo veramente di far qualcosa che vada non a gloria di questo o di quel Partito, ma che vada soprattutto a gloria degli assistiti, di Dio lo dite voi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Barisione. Ne ha facoltà



BARISIONE Luigi

Nell'illustrare la posizione del Gruppo comunista desidero fare due premesse: la prima è che nel campo dell'organizzazione dei servizi sanitari, ma soprattutto nel campo istituzionale, non mi sento di avere le certezze che sono emerse dall'intervento della collega Bergoglio.
E' aperta ormai da anni la discussione a livello nazionale sull'aspetto istituzionale dell'U.S.S.L. per darle una soluzione più aderente all'evolversi della società, partendo dalle esperienze fatte.
Il legislatore del 1978 quando venne varata la legge giunse a quell'approdo secondo quelle esperienze.
Le esperienze successive hanno portato tutte le forze politiche a riflettere ed a cercare delle soluzioni più adeguate.
Questo è un elemento che va riconosciuto. Non è possibile ipotizzare sulla carta una volta per tutte delle soluzioni definitive ed adeguate. La seconda questione che voglio porre è che il tempo non è una cosa asettica che non influisce sull'andamento della decisioni. In questa luce si deve superare anche una certa polemica sulla paternità della legge. Il fatto di essere arrivati, per una serie di cause che abbiamo discusso in Commissione, a ridosso dell'aggiornamento del piano socio- sanitario regionale, ha in parte modificato un modo di procedere.
Nelle decisioni e definizioni di ambiti e di interventi in qualsiasi caso, ma in caso specifico nel settore socio-assistenziale, occorre partire da due dati fondamentali: dalla esigenza dei cittadini e dalle strutture nelle diverse realtà.
Con questa ambizione la Giunta ha presentato la prima proposta dell'organizzazione dei servizi nella città di Torino, e dalla presenza e dall'organizzazione dei servizi, dalle necessità della gente, discendeva la zonizzazione della città di Torino; da questa sarebbe discesa la legge istituzionale. Quindi bisogna partire dai servizi, dalle esigenze concrete dalle esperienze fatte in questi quattro anni dall'avvio della organizzazione del servizio sanitario nazionale nelle Unità Socio Sanitarie Locali.
In generale conosciamo i passi fatti e le difficoltà incontrate.
Gli aspetti positivi sono l'unificazione dei servizi, l'integrazione degli stessi e lo spostamento del centro dell'attività sanitaria dall'ospedale, dalla cura, al territorio quindi potenzialmente alla prevenzione anche se ancora solo tendenzialmente perché c'é molto da fare in questa direzione.
Gli aspetti negativi sono rappresentati dalla gestione dei servizi ospedalieri da parte delle UU.SS.SS.LL. soprattutto in realtà come quella torinese, in cui ci sono grandi ospedali che sono macchine ormai difficilmente gestibili (certi ospedali superano i mille posti letto e non sono gestibili in modo efficiente).
La mancata integrazione dei presidi ospedalieri con il territorio è un altro problema aperto in tutte le UU.SS.SS.LL., ma soprattutto per quella di Torino. Inoltre, la scarsa partecipazione dei Comuni, i titolari veri della riforma alle decisioni delle UU.SS.SS.LL.
Su questi aspetti, come dicevo prima, è aperta da tempo una discussione e ho letto questa mattina sul giornale che il Ministro della sanità Degan ha presentato un disegno di legge al Consiglio dei Ministri riunito ieri che propone alcune soluzioni.
Nei prossimi mesi si discuterà nel merito anche per dare dei contributi in questa direzione.
In questo quadro il problema di Torino era molto più complesso. Si è tentato di dare delle soluzioni che garantissero da una parte l'unitarietà dell'intervento nella città e dall'altra un decentramento dei servizi nelle circoscrizioni.
Questa riflessione non riguarda solo Torino, ma tutte le grandi città italiane.
Nessuna ancora è riuscita a trovare un equilibrio tra l'esigenza di unitarietà di intervento nell'intero territorio comunale e decentramento.
In questi anni a Torino si sono evidenziati i problemi sui rapporti tra il comitato di gestione e l'assemblea e soprattutto sui rapporti tra Comitati di gestione, assemblea e Consigli di circoscrizione. Questa legge tenta di dare delle risposte a questi problemi. Credo che se le circoscrizioni debbano avere un ruolo nella politica dei servizi in un ambito territoriale, non possano dimenticare né la sanità né l'assistenza.
Quindi la coincidenza delle circoscrizioni con il territorio delle Unità Socio Sanitarie Locali, o viceversa, la coincidenza delle Unità Socio Sanitarie Locali con la circoscrizione, dipende da una esigenza di coordinamento della sanità e dell'assistenza con le altre politiche di servizio nel territorio. L'assistenza per i problemi che esistono nel territorio: problemi dell'occupazione, della fabbrica, dell'inquinamento che non sono strettamente connessi alla sanità, non può essere disgiunta dalla sanità.
Il problema istituzionale che si è posto era sul rapporto tra l'autonomia di gestione delle singole UU.SS.SS.LL. ed il necessario coordinamento ed unitarietà degli interventi. La soluzione proposta mi pare trovi un equilibrio tra queste due esigenze. L'autonomia delle UU.SS.SS.LL.
che hanno le proprie strutture e le conferenze permanenti dei Presidenti e delle strutture tecniche che garantiscono il necessario coordinamento. A questo proposito faccio un inciso. Credo che sia corretto dare alle conferenze permanenti dei Presidenti dei Comitati di gestione, quei poteri di indirizzo alle singole UU.SS.SS.LL. che sono vincolanti, mentre invece mi pare che i poteri dei coordinatori o dei responsabili dei servizi delle singole UU.SS.SS.LL., le conferenze, debbono poter decidere e contare nella sfera di loro competenza.
Quindi non prevaricano i Comitati di gestione delle singole UU.SS.SS.LL. Un emendamento su questo punto, preannunciato ieri in Commissione, verrà presentato in aula per chiarire questo aspetto che non era definito a livello della legge portata in Consiglio comunale.
Concordo con quanto ha detto la Bergoglio cioè che bisogna trovare un modello per evitare che le UU.SS.SS.LL. diventino tante repubblichine e per fare in modo che operino in stretto coordinamento l'una con l'altra.
La legge risolve un altro elemento importante almeno sulla carta, il funzionamento dell'assemblea che deve essere messa in grado di svolgere la sua funzione programmatoria, di indirizzo, di coordinamento e di controllo attraverso il Comitato di coordinamento con le quattro aree tecnico operative per quelle funzioni che sono prettamente comunali e non di singola unità sanitaria, avendo in ogni singola USSL dei referenti, come indicava il Consigliere Gastaldi, che rispondono a questa funzione che è demandata all'assemblea generale con le sue strutture tecnico-operative.
Noi riteniamo che la soluzione data sia la migliore possibile, data l'esperienza fatta e stante la situazione esistente data. Ci possono essere delle discussioni sul numero delle unità socio sanitarie.
Faccio un inciso. Per la zona della collina si propone di costituire una USSL. ma questa proposta non ci pare corretta perché i cittadini della collina scendono a Torino per utilizzare dei servizi, quindi è più corretto fare riferimento alle UU.SS.SS.LL. che sono alla base della collina che viene sottoposta a verifica; intanto occorre attivarla per verificare se sarà opportuno apportare delle correzioni.
Se questa legge verrà approvata, il Consiglio avrà fatto un passo avanti per adattare le dieci UU.SS.SS.LL. di Torino alle altre Unità Sanitarie del Piemonte in modo che siano messe tutte sullo stesso piano e che tutte possano svolgere correttamente i loro compiti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Riteniamo che non si possa sottacere che su questa proposta di legge si sono concentrate problematiche di grande significato.
In primo luogo non possiamo notare che anche qui le maggioranze di sinistra, con il plurale, arrivano in "zona Cesarini" e quindi è bene che si sottolinei che queste maggioranze, granitiche nel loro essere ed intoccabili nella loro continuità, sul piano della efficienza fanno quasi rimpiangere altre maggioranze del passato più rissose nella città di Torino e nella Regione Piemonte, ma più concludenti nei termini.
E' bene che l'opinione pubblica sappia (e che in questa sede venga registrata) che la continuità di Novelli non significa assolutamente maggiore funzionalità di altre situazioni precedenti.
Questo fatto va denunciato, va rimarcato perché le capacità di governo si misurano anche sulla capacità di misurarsi nei tempi coerenti rispetto ai problemi.
Farò alcune considerazioni di ordine generale. A livello regionale si sono commessi da parte della maggioranza due errori: uno di impostazione sul problema e l'altro di comportamento politico-istituzionale.
Il primo, Assessore Bajardi, è stato quello di avere accettato di fare da velo ai ritardi della città di Torino.
Cosa vuol dire fare da velo alla città di Torino? Non siamo nati ieri in politica, per non capire che lei è troppo intelligente per proporre al Consiglio regionale quella proposta di legge sul riaccorpamento funzionale nell'ambito 1/23. Era semplicemente una attività da avanspettacolo con cui si distraeva l'attenzione delle forze politiche su un progetto delle leggi che appunto era di mera velina e cortina fumogena in attesa che la maggioranza torinese decidesse cosa fare.
Questo è un comportamento politicamente censurabile e in questa sede va richiamato.
Non solo quindi la maggioranza regionale non ha ritenuto di svolgere un proprio ruolo di governo, governando essa stessa questa materia, ma si è fatta complice dei ritardi della città di Torino.
Non solo, ma la logica del rispetto delle regole e dei comportamenti delle assemblee avrebbe dovuto fare se la Giunta concorresse criticamente all'elaborazione del progetto della D.C. posto che la maggioranza si era collocata su una logica completamente diversa perché tra la zonizzazione della 1/23 e l'accorpamento funzionale dei servizi c'è una distanza abissale.
C'è una proposta che non ha niente in comune, quindi il tema è stato posto originariamente e prioritariamente dalla D.C. Quindi sembrava giusto che venisse riconosciuta questa paternità di proposta, che poi il risultato finale fosse dell'accettazione di contenuti diversi in Commissione che evidentemente ha una maggioranza di segno coerente con quello della Giunta d'accordo, ma quanto meno c'era una proposta della D.C. emendata che arrivava in quest'aula con la paternità originaria della D.C.
Così non è stato. La democrazia cresce anche quando si riconosce il dettato dello Statuto che riconosce la potestà legislativa ai Consiglieri agli enti locali, ai cittadini, alla Giunta.
Amici della sinistra, quando volete svolgere questa azione totalizzante accentuate la caratteristica che voi criticavate durante le gestioni Oberto e Calleri che chiamavate Regione monarchica per non dire presidenziale.
Sono della classe politica di sinistra sulla città di Torino e sulla Regione Piemonte che affronta il problema in termini dilatori, come ha fatto la Giunta con la sua prima proposta, che non riconosce il ruolo di proposta che compete ad altre forze politiche e che ancora una volta ha voluto affermare una funzione egemonizzante in questo Consiglio regionale in cui questa maggioranza non può permetterlo perché i voti sono tali da giustificare una funzione totalizzante. Una maggioranza deve anche riconoscere che è portatrice soltanto del 55 o del 56,80 per cento dei voti, non della totalità. Devo ancora dire che questa maggioranza ha fatto un altro brutto servizio, questa volta né alla D.C. o al sistema interno del nostro essere, né ai cittadini di Torino, ma lo ha fatto alle istituzioni nella misura in cui ha subito passivamente le decisioni del Comune di Torino.
Ricordo che in V Commissione sono stato tra quelli che hanno rifiutato anche formalmente l'altezzosità con cui il Comune di Torino aveva elaborato i propri documenti. Sostanzialmente aveva fatto una proposta di legge che noi avremmo dovuto semplicemente notarilmente elaborare e fare nostra.
Vedete, amici, non si può fare crescere l'istituzione, la sua autonomia e la sua capacità di governo a forza di decreti del governo centrale.
Il ruolo che la Regione deve svolgere lo si conquista giorno per giorno difendendo le proprie prerogative e ponendosi i problemi al momento giusto.
Certo, che se si riconosce che su un terzo degli abitanti regionali e sul 50 per cento delle problematiche piemontesi, gli unici abilitati a decidere sono gli amministratori comunali di Torino, è normale poi che questa, la Regione, intesa come istituzione, venga ogni giorno di più considerata una specie di luogo di incontro destinato più a conviviali più o meno simpatici che non luogo dove si assumono le decisioni politiche.
La legge che viene al nostro esame è la testimonianza di fatti significativi che debbono fare riflettere tutte le forze politiche e che noi riteniamo di dover denunciare.
Denunciamo il fallimento della sinistra che aspetta l'ultimo giorno per approvare dopo cinque anni la zonizzazione di Torino, denunciamo la incapacità della sinistra di fare crescere il ruolo programmatori decisionale della Regione rispetto alle esigenze, peraltro comprensibili ma di natura amministrativa, del Comune di Torino, denunciamo questa maggioranza di non avere accettato il gioco democratico che doveva fare riconoscere bongré o malgré la priorità di proposta della D.C.
Denunciamo il fatto che la stessa forza politica non abbia centrato almeno sul piano del metodo e del contenuto, all'obiettivo e quindi che si adegui a questo stato di cose.
La legge che abbiamo sui nostri tavoli segna un momento delicato della vita delle istituzioni, della città di Torino, della Regione Piemonte, dei rapporti tra le maggioranze e le minoranze.
Devo dire poi che questa sinistra in questa vicenda è molto sfortunata perché questa legge arriva sui nostri tavoli proprio quando i giornali informano che è avviata una riforma radicale. Mi stupisco che non si ritenga di riflettere su un sistema che è andato avanti per sette anni se non possa andare avanti sette anni e tre mesi, in attesa di capire se le Unità Sanitarie saranno qualcosa di completamente diverso o di simile a quello che stiamo approvando.
Badate bene, quello che stiamo approvando non è una norma di principio ma è ancora una norma organizzativa delle strutture sul territorio, quindi spese, locali, macchine per scrivere, dattilografe, tutte cose di questo genere che verranno sbaraccate non appena dovremo recepire a livello regionale le modifiche sull'USSL che vengono anticipate sul giornale di oggi.
Assegno alla maggioranza ed in particolare alla Giunta questa riflessione sull'opportunità di soprassedere all'approvazione della presente legge, in attesa di capire che cosa saranno le Unità Sanitarie Locali e se questa proposta di legge che peraltro la nostra forza politica considera interessante perché tende a ridurre l'occupazione dei partiti rispetto alla realtà ed a ridare funzionalità alle strutture sanitarie e soprattutto a ridare le responsabilità alle capacità professionali, avrà ancora ragione di realizzare sul territorio torinese un reticolato di servizi ed una organizzazione che porrebbe vivere l'espace d'un matin.
Mentre le rose di Victor Hugo appassivano e venivano buttate nell'immondizia, nel nostro Paese non viene mai buttato niente nell'immondizia. Quindi se realizzeremo sul territorio otto o dieci o dodici Unità Sanitarie (non so bene cosa verrà fuori da questa tombola di fine legislatura) è sicuro che queste cose rimarranno ed anche se cambieranno la legge sull'USSL perché nel frattempo si saranno costituite situazioni funzionariali consolidate.
Quindi, per non prendere alla lettera esempio che ci viene dall'alto dove sono ancora in piedi uffici destinati al risarcimento dei danni della guerra di liberazione o azioni a tutela degli orfani delle guerre d'Africa è opportuno riflettere.
Se invece la maggioranza ritiene di andare alla conclusione per esigenze elettorali (i destinatari ormai non sono più le istituzioni e la società, ma l'elettorato) questa maggioranza ha la necessità di presentare come Cappuccetto Rosso, un cestino pieno di cose molto appetibili.
Proprio in questo caso ho l'impressione che la rivisitazione di Cappuccetto Rosso fatta a Venezia calzi abbastanza.
In questo paniere ci sarà la legge urbanistica, il Piano di sviluppo ci saranno le UU.SS.SS.LL.
Il lupo cattivo non andrà a controllare se questa è frutta fresca e ancora commestibile o è ormai superata e da buttare, si farà probabilmente incantare da questi colori che, da una certa distanza, nel buio del bosco che Cappuccetto Rosso avrà saputo scegliere per essere aggredita dal lupo avranno probabilmente ancora un risultato sull'opinione pubblica. Sul contenuto della legge noi facciamo preliminarmente tre considerazioni.
Abbiamo l'impressione che questa legge sia criticabile perché la zonizzazione dal punto di vista socio-sanitario non può essere disgiunta dal processo di promozione e di consolidamento sul territorio del decentramento Amministrativo.
Quindi un processo di decentramento delle strutture socio-assistenziali non può non andare di pari passo ad una maturazione del livello dei quartieri.
Nella misura in cui si fanno nascere sul territorio delle realtà riferentesi tutte al Comune, che hanno territori diversi, cittadini diversi, strutture e funzioni diverse, probabilmente determiniamo lo sconcerto dei cittadini e soprattutto mettiamo in crisi quello che era fino alla rivoluzione di Bologna, un obiettivo che tutte le forze politiche ritenevano di dover perseguire.
Dopo che i comunisti hanno ritenuto di considerare il quartiere in tutta Italia come il modello ideale di gestione del territorio, ad un certo punto dell'evoluzione politica a Bologna hanno ritenuto di dover mettere in crisi questo tipo di concezione e di considerare quindi la circoscrizione un fatto superato e da non portare avanti.
Noi non siamo di questa idea, quindi insistiamo perché questa legge nella misura del possibile, faccia coincidere le realtà socio-sanitarie con le circoscrizioni affinché il processo di decentramento amministrativo avvenga nel modo più uniforme e con la massima compatibilità possibile.
L'altra censura di fondo su questo documento è che, dal punto di vista funzionale, resta estremamente difficile coniugare l'armonia tra struttura sanitaria e decentramento sul territorio.
Dal punto di vista funzionale ci riesce difficile leggere e cogliere come è perseguito questo risultato, quindi il nostro giudizio rimane estremamente critico.
Molte riserve restano poi per tutto il complesso delle norme che attengono ai rapporti delle assemblee e dei comitati di coordinamento e di gestione. Proprio questi argomenti mi richiamano alla esigenza di dovermi limitare alla nostra raccomandazione di tipo iniziale: abbiamo spaccato i capelli in quattro per cercare di capire che tipo di rapporto dovrà esserci in futuro tra Comune e realtà decentrata, tra Consiglio comunale e comitati di gestione e comitato di coordinamento, continueremo a spaccarci i capelli in quattro e fra non molti mesi ci ritroveremo il problema sul tavolo.
Prudenza politica e saggezza di legislatori suggerirebbero un momento di riflessione. Lo diciamo perché vogliamo che questa nostra posizione resti testimoniata nella storia di questa Regione, anche se ci rendiamo conto che la nostra richiesta cadrà probabilmente nel disinteresse generale perché di Cappuccetti Rossi che si avviano nel bosco con cesti pieni di frutti molto colorati e più o meno consistenti, ce n'è certamente più di uno, non solo uno della maggioranza ma anche qualcuno di minoranza.



PRESIDENTE

L'Assessore Bajardi replicherà a chiusura della discussione generale nella seduta del 15 novembre.
Adesso possiamo quindi passare ai punti successivi.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetto di legge n. 449: "Modificazione alla legge regionale approvata dal Consiglio regionale in data 31.10.1984 relativa a: 'Modificazioni alla legge regionale 56/77' "


PRESIDENTE

E' stata chiesta l'iscrizione all'ordine del giorno del disegno di legge 449: "Modificazione alla legge regionale approvata dal Consiglio regionale in data 31.10.1984 e relativa a modificazione alla legge regionale 56/77".
Chi approva l'iscrizione è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 45 voti favorevoli e 1 astensione.
Relatore è il Consigliere Biazzi che ha facoltà di parlare.



BIAZZI Guido, relatore

Signor Presidente, diamo per letta la relazione già a mani dei Consiglieri.
Mi limito a precisare che la relazione a mano dei Consiglieri tratta solo delle modifiche all'art. 63, che a sua volta modifica l'art. 85 della legge regionale 56.
In sede di Commissione è stata introdotta un'altra modifica, che riguarda una modifica all'art. 20 della legge approvata il 31.10.1984, di modifica dell'art. 17 della 56.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Majorino per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, faccio una brevissima dichiarazione di voto che è negativa in quanto questo articolo contiene quella norma sulla salvaguardia attiva che era stato uno dei nostri argomenti di diniego non solo per l'intelaiatura dell'intero d.d.l. ma soprattutto per l'art. 85. Inoltre, senza frapporre nessun ostacolo formale, intendo esternare il dubbio sotto il profilo della procedura che si possa modificare una legge non ancora entrata in vigore.



PRESIDENTE

Collega è un dubbio serio, ma siamo confortati dai precedenti. Ha chiesto di parlare il Consigliere Genovese. Ne ha facoltà.



GENOVESE Piero Arturo

Nel merito dei due articoli che sono proposti noi siamo favorevoli perché correggono errori compiuti in sede di votazione di emendamenti alla legge 56 che avevamo condiviso. Al di là dei dubbi che esistono sulla procedura e che ha richiamato Majorino, il nostro Gruppo crede che questa procedura costituisca un fatto eccezionale, ma non un precedente da invocare successivamente.



PRESIDENTE

Certo, è perfettamente giusto.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, noi ci asterremo in armonia con quanto dichiarato nel dibattito generale sulle modifiche alla legge 56 in primo luogo, perché sembrano da apprezzare le considerazioni del collega Majorino, ma soprattutto perché, a fronte di un istituto provocatorio e di immagine triste come il "silenzio-assenso" si è introdotta questa provvisoria esecutorietà dei piani regolatori, lo considero questo un grave errore dal punto di vista legislativo nella misura in cui una norma tende a regolare i rapporti tra i cittadini e non a rendere conflittuali i rapporti tra i cittadini.
Mi chiedo come sia pensabile far diventare provvisoriamente esecutivo un piano dimenticando, per esempio, che esiste il principio generale della salvaguardia. Quindi, fra due situazioni verrà sempre applicata quella più restrittiva. Mi resta difficile capire in che misura sia possibile applicare un piano regolatore nella specie più favorevole se, per caso quello precedente abbia un contenuto più restrittivo. Mi pare questa una di quelle norme con cui si vuole dare ragione a tutto ed a tutti. Una maggioranza che non riesce ad approvare i piani regolatori dovrebbe cambiare mestiere, invece, guarda caso, qui si dice che non importa se non sa fare il suo mestiere, vuol dire che se i piani regolatori non riesce ad approvarli l'amministrazione, li approva la legge. Il silenzio-assenso significa questo: è uno stravolgimento della logica dei rapporti politici.
Nella specie poi questa invenzione devo dire geniale, furbesca all'italiana della provvisoria esecutorietà dei piani regolatori, è una novità, una curiosità giuridica che ci aspettiamo di capire che giudizio avrà dal Commissario del Governo, ma soprattutto ci aspettiamo di capire quale mole di lavoro determinerà davanti alla giustizia amministrativa speciale del caso.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri interventi pongo in votazione l'articolato.
Art. 1 "L'ultimo comma dell'art. 20 della legge approvata dal Consiglio regionale in data 31/10/84, di modifica dell'art. 17 L.R. 56/77 è soppresso" Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 41 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "L'articolo 68 della legge approvata dal Consiglio regionale in data 31/10/84 è sostituito dal seguente: 'L'art. 85 è soppresso e così sostituito: Art. 85 Disciplina transitoria dell'attività costruttiva Nei Comuni che all'entrata in vigore della presente legge siano sprovvisti di strumenti urbanistici generali vigenti o dotati di strumenti urbanistici generali approvati anteriormente all'entrata in vigore del D.M.
2/4/1968 n. 1444 sono consentiti: a) nell'ambito dei perimetri dei centri storici; gli interventi di cui alle lettere a), b), c), dell'art. 13 e quelli di consolidamento statico non sono comunque consentite maggiorazioni delle volumetrie preesistenti ed alterazioni degli orizzontamenti; è fatto divieto di apportare modifiche allo stato dei luoghi b) nell'ambito del perimetro degli abitati, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) dell'art. 13 e quelli dì consolidamento statico oltreché le opere di risanamento igienico anche se queste comportano modifiche alle destinazioni d'uso c) fuori dal perimetro degli abitati c1) l'edificazione a scopo abitativo entro un limite massimo pari a 0,03 mc, su metro quadrato dell'area interessata; le relative concessioni possono essere rilasciate solo ai soggetti di cui agli art. 12 e 13 della legge 9/5/1975 n. 153 ed all'articolo 8 della legge 10 maggio 1976 n. 352 c2) modesti ampliamenti delle abitazioni necessari al miglioramento funzionale delle stesse non eccedenti il 20 per cento della superficie utile esistente; 25 mq sono consentiti anche se eccedono tale percentuale c3) l'ampliamento di impianti industriali ed artigianali esistenti, non superiore a 2000 metri quadrati di solaio utile lordo; la concessione è rilasciata con le procedure e nei limiti temporali di cui all'art. 88 e non può essere concessa più di una volta per lo stesso impianto c4) la costruzione di attrezzature strettamente necessarie all'attività di aziende agricole come: stalle, silos, serre, magazzini, complessivamente non superiore a 1/3 dell'area ad esse strettamente asservite c5) gli interventi di cui alle lettere a), b), e c) del terzo comma dell'art. 13, nonché le modifiche interne necessarie per l'efficienza degli impianti produttivi, industriali, artigianali ed agricoli c6) le opere da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità.
Nei Comuni dotati di strumenti urbanistici generali approvati anteriormente alla data di entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n.
1444, gli interventi di cui al primo comma possono essere concessi purch non siano in contrasto con prescrizioni più restrittive degli strumenti urbanistici vigenti.
Nelle zone classificate sismiche in caso di ristrutturazione sono consentiti gli interventi volti ad adeguare gli edifici esistenti alle disposizioni della legge 2/2/74 n. 64 nel rispetto dell'art. 16 della legge suddetta.
Le limitazioni di cui al primo comma, non si applicano: a) per gli impianti tecnici di interesse generale per l'erogazione di pubblici servizi e di servizi di interesse pubblico e per gli interventi relativi alle opere pubbliche realizzate dai Comuni e dagli Enti istituzionalmente competenti, quando esse siamo conseguenti a pubbliche calamità o servano a soddisfare fabbisogni pregressi degli abitati esistenti e siano finanziati con mezzi propri dagli enti suddetti.
b) all'interno dei piani per l'edilizia economica e popolare, formati ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni e integrazioni, o nelle aree predisposte ai sensi dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni e integrazioni.
Nei Comuni che abbiano adottato il Piano regolatore generale, ai sensi del titolo III della presente legge dalla data di trasmissione alla Regione sono consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell'art. 13 nonché alla lettera f) dello stesso articolo in aree dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, come definite dall'art. 91 quinquies primo comma lettera b), per destinazione anche non residenziali, nel rispetto delle previsioni del piano regolatore generale adottato.
In ogni caso, i Comuni obbligati alla formazione del programma di attuazione, non possono approvare piani esecutivi convenzionati, formati ai sensi del precedente art. 43, fino all'approvazione del primo programma di attuazione".
Si passi alla votazione.
(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 41 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Procediamo alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 41 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 4 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Punto decimo all'ordine del giorno. Viene effettuata la seguente nomina:


Argomento: Nomine

Consiglio di amministrazione dell'Ires: sostituzione membro dimissionario Roberto Zingaropoli.


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede per la votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione presenti e votanti n. 38 ha riportato voti: CALVI Maurizio n. 28 VIGLIONE Aldo n. 3 schede bianche n. 7 Proclamo eletto il Signor Maurizio Calvi.
Il Consiglio è convocato per giovedì 15 novembre 1984.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.15)



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