Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.275 del 04/10/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Proseguimento esame p.d.l. nn. 91, 125, 185, 192, 214, 244, 249 e 337: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 56/77 e successive modificazioni"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo la discussione sulle modifiche della legge 56/77.
Articolo 12 del p.d.l. n. 337. Vengono presentati i seguenti emendamenti: 1) Dal Gruppo D.C.: al comma 2, punto 1) sono soppresse le parole "posti di lavoro" e sostituite dalle seguenti "attività produttive esistenti e previste" 2) al comma 2, punto 3) sono soppresse la parole "distribuisce sul territorio" e sostituite dalla seguente: "individua" 3) al comma 2, punto 6) sono aggiunte dopo le parole "primarie, secondarie e terziarie" le seguenti: "articolate con riferimento ai caratteri dell'economia locale".
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

I quattro emendamenti in realtà non sono tutti dello stesso calibro.
Il secondo suggerisce una semplice modificazione letterale anche se pu avere una incidenza sul comportamento nella redazione dei piani, mentre hanno una certa rilevanza quelli relativi ai contenuti del piano regolatore generale.
Con l'art. 12 affrontiamo una materia che, seppure sembra essere riferita agli addetti ai lavori ed alle competenze proprie di chi amministratori o tecnici sono preposti alla redazione degli strumenti urbanistici, in realtà questi contenuti finiscono per avere una incidenza sulle obiettive difficoltà che si debbono affrontare nell'approccio e nella previsione delle modificazioni urbanistiche ed edilizie che intervengono o che possono intervenire sul territorio. Questa difficoltà di previsione non deve essere esasperata andando a sollecitare precisazioni che non possono essere date.
Immaginate con la crisi in atto sul piano produttivo come è possibile individuare in un piano regolatore il numero dei posti di lavoro.
Con tutte le migliori buone volontà, con tutte le estrapolazioni che si possono dare, soprattutto in realtà caratterizzate da una consistente presenza di attività produttive di vario genere, è assolutamente non proponibile una ipotesi precisa di posti di lavoro, nelle previsioni insediative.
Proponiamo quindi la dizione "attività produttive esistenti e previste".
Il riferimento deve essere fatto correttamente sia alle attività esistenti, sia alle attività previste, perché si può dare il caso che si debba ampliare o dilatare lo spazio necessario per le attività esistenti e nello stesso tempo, sulla base di indicazioni che possono essere emerse a vario titolo, fare delle previsioni per attività non ancora esistenti, ma che possono essere contemplate nella previsione di uno sviluppo economico della comunità locale.



BONTEMPI Rinaldo

Siamo disponibili sul concetto informatore che ha testé rappresentato il Consigliere Picco.
Potremmo trovare una formulazione di sintesi che aderisca a questo spirito.



BIAZZI Guido

Sarebbe opportuno fare il punto su una serie di emendamenti non di grande rilievo. il primo emendamento in effetti si colloca male, al di là del merito, in questo contesto. Il piano regolatore generale si adegua alle previsioni del piano territoriale e pertanto in questo quadro valuta il fabbisogno dei posti di lavoro, che la D.C. chiede di sostituire con "attività produttive esistenti e previste".
C'è però un problema di collocazione, al di là della sostanza dell'emendamento.
Accogliamo il secondo emendamento formale, perché fa una precisazione opportuna.
La formulazione dell'emendamento al punto 6) con il quale si propone di sopprimere le parole "primarie, secondarie e terziarie" con le parole "variamente articolate con riferimento ai caratteri dell'economia locale" non mi sembra chiara, perché è il piano regolatore generale che definisce l'organizzazione del territorio in relazione al sistema infrastrutturale di trasporto e traffico, alle attività produttive primarie, secondarie e terziarie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Insistiamo sull'opportunità che siano accolti i primi tre emendamenti suggerita dalle esperienze che derivano dalle difficoltà che si devono affrontare per dirimere la complessa vicenda delle previsioni sulle trasformazioni edilizie ed urbanistiche.
I posti di lavoro, è ovvio, non possono essere quantificati, comunque il fabbisogno che può essere quantificato deve essere o in termini di attività genericamente intesa, nel senso che l'attività può avere dei parametri di riferimento o in spazi fisici o in altri tipi di quantificazioni che possono essere definite, che non esclude gli addetti ma che non è il parametro di riferimento unico, oppure altre quantificazioni in termini di aree.
La proposta della soppressione delle parole: "attività primarie secondarie e terziarie" è dovuta al fatto che il punto 6) parla di organizzazione del territorio in relazione a sistemi infrastrutturali di trasporti, alle attività produttive primarie, secondarie e terziarie, quasi che queste tre categorie esigessero in tutti i Comuni un tipo di organizzazione del territorio in relazione al sistema infrastrutturale dei trasporti. Il che non è assolutamente detto. Vi possono essere dei Comuni nei quali sono prevalenti alcuni tipi di attività e non altre, comunque, il riferimento a questo tipo di articolazione, che oggi dovrebbe prevedere un terziario e un quaternario, cioè una serie di attività specialistiche del terziario e del superiore, non corrisponde più, secondo il potere degli economisti e dei sociologi, ad una diversificazione netta di attività.
Fare quindi riferimento ad attività variamente articolate con riferimento ai caratteri dell'economia locale, ci sembrerebbe la cosa più opportuna.
Illustro anche il quarto emendamento, poi ci pronunceremo su tutti e vedremo se riusciremo a trovare una composizione.
Il punto 8) è molto importante e riguarda insediamenti residenziali di edilizia economica popolare.
La dizione proposta pur essendo possibilista è interpretata dalla Regione e dai funzionari che svolgono l'istruttoria come l'edilizia economica e popolare a regime pubblico, era necessario che si facesse riferimento al fatto che in molti piccoli Comuni l'edilizia popolare a regime pubblico non è assolutamente proponibile.
Quello che è proponibile è di avere delle tipologie di aree e di costruibilità sulle aree stesse che ammetta la possibilità di realizzare delle abitazioni a condizioni economiche, come le case che si facevano un tempo per certe categorie di lavoratori, case destinate a volte a sopperire temporaneamente alle esigenze di insediabilità rispetto ai vicini posti di lavoro.
Queste tipologie non è detto che debbano sempre e necessariamente essere realizzate con il regime di uso pubblico, possono anche essere realizzate a regime di aree private, possono essere cooperative che, pur non avendo i finanziamenti, riescono a realizzare questi insediamenti con caratteri di economicità. Succede che si ipotizzano e si estendono questi piani di insediabilità delle aree 167 e poi di fatto i Comuni attuano e innescano una doppia resistenza da un lato la resistenza a predisporre i pialli, dall'altro la resistenza ad assegnare le aree e chi ne soffre è il lavoratore o il conduttore o quel soggetto che potrebbe acquistare dei terreni con bassi costi di insediabilità anche a regime libero o privato e poi di fatto non riesce ad avere la disponibilità dei piani nella casistica delle possibili soluzioni amministrative.
A questo emendamento noi diamo molta importanza. Si deve chiarire una volta per tutte che l'edilizia popolare bisogna ottenerla con la previsione normativa o urbanistica, ammettendo il basso costo di insediabilità, è un tema che riguarda anche gli oneri di urbanizzazione.
L'edilizia popolare insediata in mezzo ai prati comporta costosissimi allacciamenti di urbanizzazione.
L'edilizia popolare bisogna metterla nelle aree prossime agli insediamenti, in modo che non vi siano urbanizzazioni costose infrastrutture che aggravano il già alto costo di insediamenti.
Insistiamo sulle residenze popolari a bassi costi di insediabilità, ma questo concetto è praticato all'opposto, come se l'edilizia popolare utilizzando dei finanziamenti pubblici dovesse comunque e sempre beneficiare di costi di oneri di urbanizzazione altissimi con degli standards che di fatto non corrispondono nemmeno alle esigenze dei fruitori di questo tipo di edilizia.
Abbiamo poi sottolineato come, in relazione alla reale domanda locale vi possa eventualmente essere il regime d'uso pubblico in sede di formazione degli strumenti urbanistici attuativi. E' inutile ipotizzare di bloccare le poche aree a bassi costi di insediabilità a regime pubblico se poi non viene attivato perché i finanziamenti pubblici non arrivano.
L'essenziale è che vi sia la previsione di insediamento e che poi l'effettivo assoggettamento a regime pubblico, se il piano regolatore ha le condizioni per recepire questa possibilità di insediamento, venga attivata di volta in volta con gli strumenti attuativi ed esecutivi.
Allora, c'è l'ipotesi di attivazione dell'art. 51 (tanto deprecato ma che nelle piccole realtà comunali è ancora l'unico strumento che funzioni tempestivamente per procurarsi le aree ed assegnarle alle piccole cooperative). Sull'art. 51 la legge 56 si era permessa il lusso di escludere l'applicabilità per i Comuni al di sotto di una certa fascia di abitanti contraddicendo la previsione nazionale che la limitazione la imponeva solo ai Comuni superiori ai 20.000 abitanti.
Con la legge 18/84 la possibilità di applicazione dell'art. 51, per i Comuni sopra i 20.000 abitanti era valida fino al 31 dicembre 1985.
Il Piemonte ha una limitazione che impedisce di utilizzare i fondi di edilizia economica e popolare applicando l'art. 51 sia per i nuovi insediamenti, sia per il recupero.
Sciogliamo il nodo una volta per tutte, non pretendiamo di essere i primi della classe quando poi non riusciamo nemmeno ad essere alla pari delle altre realtà regionali.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

In merito al primo emendamento propongo questa dizione: "valuta le esigenze di sviluppo delle attività produttive, degli insediamenti residenziali, dei servizi e delle attrezzature".
Punto 6). La dizione dell'art. 12 fa riferimento ad una pianificazione largamente ancora in uso, quella della zonizzazione.
Lascerei comunque la dizione: "definisce l'organizzazione del territorio in relazione al sistema infrastrutturale di trasporto e di traffico e sempre in relazione alle attività produttive" ed aggiungerei caso mai: "articolate con riferimento ai caratteri dell'economia locale".
Quindi una precisazione di libertà di decisione e non di obbligatorietà di decisione. Sull'ultima questione esprimo una mia preoccupazione. Intanto il punto 8) fa riferimento alla legge dello Stato, la legge 167. Ritengo che debba continuare ad esserci questo riferimento operativo ad uno strumento individuato dalla legislazione dello Stato.
Sarei per dire che è facoltativa la possibilità di utilizzarlo, ma continuerei a mantenere una dizione di questo genere perché per altri versi mi preoccupa non quanto ci ha illustrato il Consigliere Picco, ma quanto è scritto nell'emendamento perché per aree per residenze popolari a bassi costi di insediabilità, mi richiamano la ghettizzazione dell'edilizia economica popolare.
La bassa insediabilità in genere è stata vista soprattutto come basso costo delle aree, che per posizioni, sono di scarso valore; quindi il processo è sempre stato di emarginazione dell'edilizia economica popolare dal tessuto più vivo della città.
In questo senso non mi pare accettabile il discorso delle aree per residenze popolari a bassi costi di insediabilità.
Questo deve essere un metodo di definizione del piano regolatore che deve nascere come strumento non puramente distributivo di insediabilità su un territorio considerato equipotenziale sotto il profilo dei costi, ma deve nascere complessivamente in tutte le sue parti come valutazione di minimizzazione dei costi.
Sottolineare questa questione, solo per l'edilizia economica-popolare mi richiama davvero tutto il vecchio processo di emarginazione dell'edilizia economica popolare.



PICCO Giovanni

Ritiro il primo emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione emendamento del Vice Presidente Rivalta.
1) bis: al comma 2, punto 1), sono soppresse le parole: "il fabbisogno di posto di lavoro" e sostituite con le parole: "valuta le esigenze di sviluppo delle attività produttive, degli insediamenti residenziali, dei servizi e delle attrezzature".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 53 Consiglieri presenti in aula.
Pongo in votazione il secondo emendamento presentato dal Gruppo D.C. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 53 Consiglieri presenti in aula.
Pongo in votazione il terzo emendamento presentato dal Gruppo D.C. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 53 Consiglieri presenti in aula.
4) Dal Gruppo D.C.
al comma 2, punto 8 il testo è sostituito dal seguente: "Individua, nell'ambito degli insediamenti residenziali, le aree per residenze popolari a bassi costi d'insediabilità, tipologicamente utilizzabili per edilizia economica e popolare e, in relazione alla reale domanda locale, eventualmente assoggettabili, in sede di formazione degli strumenti attuativi, a regime d'uso pubblico, secondo i disposti delle leggi vigenti".
La parola al Consigliere Simonelli.



SIMONELLI Claudio

La ratio della norma era intesa ad evitare che sul tema dell'edilizia economica popolare si giocasse continuamente a rinviare le decisioni relative all'individuazione delle aree passando dal piano regolatore ai piani di settore, cioè che ci fosse un continuo rimbalzo.
Si individua il Piano Regolatore Generale come la sede nella quale il Comune, tenuto a fare il PEEP, facesse le scelte dell'area.Era un modo per guadagnare tempo e dare maggiore operatività e rapidità alle realizzazioni dei piani di zona.
Se però si ritiene che questa formula sia eccessivamente rigida e che questa norma non preveda i casi dei Comuni minori che non sono tenuti a fare il PEEP e che quindi non potrebbero individuare le aree, si può usare una formula più generica che per un verso ci fa perdere quel tanto di indicazione operativa che era contenuta, ma che ci fa guadagnare in ampiezza di previsione.
Si potrebbe riscrivere: "può individuare nell'ambito degli insediamenti residenziali le aree per l'edilizia economica popolare". Diventa una facoltà estesa a tutti i Comuni tenuti o meno a fare il PEEP.



PICCO Giovanni

Non ci siamo capiti. Il problema è nodale da due punti di vista, dal punto di vista delle norme e delle previsioni di carattere urbanistico, e dal punto di vista delle previsioni attuative, quindi degli strumenti che devono essere previsti per realizzare l'edilizia cosiddetta a regime pubblico o perlomeno con possibilità di utilizzazione di finanziamenti pubblici.
Sono due problemi distinti che nel piccolo comune impattano nel senso che gli amministratori quando sentono parlare di edilizia economica popolare, si ritraggono come ricci e fanno di tutto per evitare che si facciano previsioni di questo tipo.
Vi porto l'esperienza diretta che matura anche nel contatto con gli amministratori. La verità è che ci si sottrae all'obbligo, che non è precisato, di dare una previsione normativa per un'edilizia che abbia costi bassi di insediabilità.
Non è vero che il basso costo di insediabilità vuol dire ghettizzazione o emarginazione, vuol dire far pagare minori costi di urbanizzazione, vuol dire anzi aree centrali dove i costi di urbanizzazione siano già assorbiti dalle urbanizzazioni esistenti.
Il concetto del basso costo di insediabilità deve essere recepito innanzitutto tipologicamente e normativamente negli strumenti urbanistici per rendere possibile insediamenti di persone le quali non possono disporre di molti mezzi e quindi debbono essere favorite nella possibilità di realizzare case a basso costo. Questo può riguardare diversi ceti, anche quello dei lavoratori agricoli. Perché gli agricoltori debbono sempre realizzare la casa unifamiliare, totalmente esterna agli abitati? Potrebbero benissimo realizzarla in contesti più urbanizzati, vicino agli insediamenti già esistenti. Questo è il primo concetto da recuperare nella normativa. Il secondo concetto è strumentale rispetto agli strumenti urbanistici.
Il prevedere in sede di piano regolatore l'edilizia economica popolare è la guerra di religione, è la guerra che divide gli amministratori, perch nelle piccole realtà il discorso di togliere la terra ai contadini per insediare sotto il falso scopo dell'edilizia economico-popolare dei soggetti che sono estranei al Comune è un problema di difficilissima risoluzione. Allora il problema dell'espropriazione delle aree per l'edilizia popolare bisogna risolverlo quando, essendovi le previsioni nel piano regolatore tipologicamente individuate, sia possibile, avendo i finanziamenti pubblici, realizzare l'esproprio minimo indispensabile per l'insediamento che è finanziato. Questo discorso non va collocato sul versante storico degli immigrati e dei locali, ma è da collocare rispetto alle risorse che si devono attivare in una piccola comunità locale, per rendere possibile l'elevazione della qualità della vita e dei servizi prima di tutto per gli abitanti esistenti e poi facendo fronte a quelli che devono venire, ma in un rapporto di priorità che non sia tale da assorbire risorse che la comunità locale non possiede. Ragioniamo sulla generalità di 1209 Comuni i quali non hanno sempre la possibilità di privarsi di risorse proprie per sopperire a massime immissioni di nuova popolazione.
Questo discorso ha una valenza politica soprattutto in certe realtà e ad una certa dimensione. Se ragioniamo sui Comuni con 10.000 abitanti il prevedere l'insediamento delle case popolari IACP ha un senso rispetto alla domanda locale insoddisfatta, ma, colleghi, cerchiamo di non mistificare la realtà andando a sostenere che questa realtà è diffusa sui 1209 Comuni del Piemonte. Riguarda alcune realtà sulle quali, quando il piano di programmazione della L. 457 avrà distribuito i finanziamenti, si provvederà con gli strumenti che sono possibili (l'art. 51 oppure gli strumenti esecutivi previsti dalla legge, il PEEP, etc.).
Questo nodo non è risolto nella realtà, o noi lo chiariamo oppure non stupiamoci se i programmi di edilizia economica popolare non vengono realizzati.
Non ci saranno le condizioni dal punto di vista normativo perché questo avvenga.



BIAZZI Guido

La maggioranza non accetta l'emendamento della D.C.



SIMONELLI Claudio

Si può semmai aggiungere che, ove si ritenesse che alcune delle cose che diceva il Consigliere Picco sono meritevoli di esame, le potremmo vedere nel contesto dell'art. 87 che fissa i criteri per la redazione dei regolamenti edilizi ed i criteri regionali per l'edificazione.E' una sede più propria per valutare questa materia che è materia più di regolamento edilizio che non di piano regolatore.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 44 favorevoli 19 Consiglieri contrari 25 Consiglieri 5) Dal Gruppo P.L.I.: l'ultima frase del punto 7 bis del secondo comma è sostituita dalla seguente: "Dette parti del territorio possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, sia di proprietà pubblica che privata".
La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Non riesco a capire la ragione di questo emendamento. La maggioranza non accetta l'emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 47 favorevoli 19 Consiglieri contrari 26 Consiglieri astenuti 2 Consiglieri 6) Dal Consigliere Majorino: all'ultimo comma, dopo il numero 10 aggiungere il seguente numero 11: "Contiene ogni altra previsione idonea al conseguimento delle finalità desumibili dall'art. 11 della presente legge 4/10/1984".
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Lo scopo di questo emendamento è di conferire all'art. 12, che indica i contenuti del piano regolatore, un carattere non tassativo e più elastico.
L'art. 12 enuncia in numero di dieci possibili contenuti del piano regolatore: con questo numero 11 si propone di conferire un carattere non tassativo alla norma e quindi di consentire ai Comuni nell'ambito di quelle che sono le finalità del piano regolatore, di enunciare un qualsiasi altro possibile contenuto del piano regolatore, naturalmente collegato e consono con le finalità dei piani regolatori, che sono quelle tradizionali indicate nell'art. 11 e che sono enunciate come finalità dirette al soddisfacimento delle esigenze sociali delle comunità locali. In altri termini, i dieci contenuti indicati dall'art. 12 possono non esaurire altri possibili e individuabili contenuti del piano regolatore. E' bene che ci sia una norma di chiusura che, nell'ambito delle finalità del piano regolatore, consente qualche cosa che magari in questo momento il legislatore non pu immaginare.



BIAZZI Guido

Non abbiamo nulla in contrario ad accettare l'emendamento con il rischio di un appesantimento ulteriore.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 47 Consiglieri presenti in aula.
7) Dal Consigliere Biazzi: al punto 4) dopo le parole: "individua e regolamenta", aggiungere: "sulla base dei piani agricoli zonali ove operanti".
La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

E' un emendamento che si chiarisce da solo. Si tratta di coordinarlo con una norma successiva.



MONTEFALCHESI Corrado

Chiedo un chiarimento. Quando non c'è il piano agricolo zonale, vuol dire che il piano regolatore non individua le aree?



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Individua le aree nelle zone operanti.



CHIABRANDO Mauro

Accettiamo questo emendamento. Anticipiamo che lo riprenderemo anche in articoli successivi per dare coerenza e continuità a tutta la legge.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 47 Consiglieri presenti in aula.
8) Dal Consigliere Picco: "è aggiunto un ulteriore 11) individua le aree residenziali a bassi costi d'insediabilità".
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Debbo ritornare sui contenuti relativi ad un nostro comma che è stato respinto per proporre un altro emendamento.
Parlo di quella parte del comma respinto che si riferisce ai bassi costi di insediabilità, concetto sul quale credo vi sia da parte di tutti la coscienza della gravità del problema, dell'opportunità di uno specifico recupero del problema in sede di piani regolatori generali, per riproporre che questo argomento che è stato equivocato come minimizzante il problema delle aree o degli insediamenti di edilizia economica e popolare, sia recuperato in un successivo punto.
Chiedo che si aggiunga un dodicesimo punto che dice: "il piano regolatore individua le aree residenziali a bassi costi di insediabilità".
Presento questo emendamento e ne chiedo la votazione.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'urbanistica

Il collega Picco ha riproposto un emendamento improponibile perché già respinto dal Consiglio



PRESIDENTE

Metto comunque in votazione l'emendamento del Consigliere Picco.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 51 favorevoli 25 Consiglieri contrari 26 Consiglieri Pongo in votazione l'art. 12 nel testo modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 56 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 12 è approvato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Articolo 13 del p.d.l. n. 337.
Vengono presentati i seguenti emendamenti: I) dal Gruppo P.L.I.: Dopo il primo comma, l'articolo è sostituito dal seguente: "I principali tipi di intervento riguardano le operazioni di: I) Interventi di recupero sul patrimonio edilizio esistente con qualsiasi destinazione d'uso, cosi definiti: a) interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano distinzioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio d) interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizia mediante un insieme sistematico di opere che possa portare ad un organismo edilizio in tutto od in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti e) interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale f) completamento su parti di territorio già strutturate e quasi completamente edificate, da disciplinare con specifiche prescrizioni relative agli allineamenti, alle altezze massime, alla tipologia degli edifici ed alla densità fondiaria massima.
2) Interventi di nuovo impianto su aree inedificate da disciplinare con indici, parametri e specificazioni tipologiche.
Nei centri storici delimitati ai sensi dell'art. 19 della presente legge in quelli coincidenti con le zone di tipo A nei Comuni dotati di piano regolatore generale approvato posteriormente all'entrata in vigore del D.M.
2 aprile 1968 n. 1444, in quelli delimitati dai piani regolatori generali redatti in conformità della presente legge e nelle parti del territorio da salvaguardare ai sensi del successivo articolo 24, sono di regola ammessi solo interventi di cui alle lettere a), b), c), d), e), del precedente secondo comma con le precisazioni contenute nel successivo articolo 24.
In casi eccezionali, opportunamente moti vati, il PRG può prevedere anche interventi di tipo 2), subordinati a piano esecutivo di iniziativa pubblica".
La parola al Consigliere Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio

Il nostro emendamento ha soprattutto caratteristiche di precisazione.
Non mi pare sia il caso di entrare nel merito dei commi. Vorrei sentire il parere della maggioranza per richiedere eventualmente la parola.



BIAZZI Guido

Su questo emendamento abbiamo discusso ampiamente in Commissione. Ci sono posizioni differenti fra la maggioranza ed il Gruppo liberale, per cui non si intravede la possibilità di un accordo o di apportare delle modifiche al testo licenziato.



PRESIDENTE

2) Dal Gruppo D.C.: al comma primo sono soppresse le parole: "per la loro utilizzazione".
3) Al comma secondo, dopo le parole: "nuovo impianto" aggiungere: "riuso delle preesistenze obsolete" 4) al comma terzo, punto c) dopo: "destinazioni d'uso", aggiungere: "anche parzialmente o totalmente nuove" 5) al comma terzo, dopo il punto g) aggiunto un ulteriore punto h) con il seguente testo: "h) riuso delle preesistenze obsolete: gli interventi rivolti all'utilizzo di aree ed immobili abbandonati o scarsamente utilizzati a seguito di eventi economici locali, da disciplinare con prescrizioni di durata anche limitata sia per quanto concerne le destinazioni d'uso, sia per le trasformazioni edilizie rese immediatamente necessarie" 6) al comma terzo è aggiunto un nuovo quarto comma: "E' facoltà delle amministrazioni comunali integrare le prescrizioni annesse al rilascio delle concessioni, con convenzioni bilaterali che precisino, anche senza il ricorso agli strumenti esecutivi, modalità e tempi delle realizzazioni autorizzate" 7) dopo il nuovo quarto comma aggiungere il seguente nuovo quinto comma: "La destinazione d'uso dell'edificio esistente od in progetto è di norma componente variabile ma indipendente rispetto ai tipi di interventi, di cui al precedente terzo comma" 8) al quarto comma dell'art. 13 della L.R. 56 (che diventa sesto comma) come modificato dall'art. 6 della L.R. 29/5/1980, n. 50, sono apportate le seguenti modifiche: a) dopo "ai sensi" sono soppresse le parole "dell'art. 19" b) dopo "sono ammessi" sopprimere la parola "soltanto" e sostituirla con "gli" 9) al testo dell'articolo sono aggiunti i seguenti commi: "Nelle zone all'interno delle quali la normativa urbanistica di PRG consente interventi di ristrutturazione sugli edifici esistenti, con l'obbligo del mantenimento degli allineamenti in atto, qualora l'edificio prospetti su spazi pubblici nei quali sono comprese strade la cui larghezza sia inferiore ai minimi indicati nei D.M. 3/3/1975 e 3/6/1981 l'adeguamento alla normativa sismica può essere ottenuto, qualora non vi sia la possibilità tecnico-economica di intervento sulla struttura portante esistente anche attraverso la parziale o totale demolizione dell'edificio e la sua ricostruzione nella situazione planimetrica preesistente.
In ogni caso dovrà essere mantenuta: a) l'altezza originaria b) il numero dei piani c) le superfici utili complessive.
Inoltre dovranno essere rispettate le seguenti avvertenze di natura tecnico progettuale : a) il coefficiente di intensità sismica C di cui al punto B.5 delle norme approvate con D.M. 3/3/1975 da assumere a progetto dovrà essere adeguatamente maggiorato b) la maggiorazione non potrà essere inferiore a 1.50 a quanto previsto dalla vigente normativa.
Le stesse regole si applicano per demolizioni parziali di edifici purché si costruiscano nella costruzione organismi strutturalmente indipendenti".
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Prendo atto del semplicismo frettoloso della maggioranza. Ritengo ingiusto il voler ritenere il giudizio espresso dal Consigliere Biazzi sull'emendamento liberale: prendere o lasciare. Mi pare che vi fosse il merito per una serie di considerazioni relative ad aspetti che peraltro erano ripresi dal testo della 56 che comunque si potevano commentare ad uno ad uno.
Credo che non tocchi a me farlo. Non ho presentato io questo emendamento. Mi soffermo su quelli presentati dal nostro Gruppo. Ne abbiamo uno al comma I in cui si parla delle destinazioni d'Uso. Proponiamo di sopprimere: "per la loro utilizzazione" perché riteniamo che il concetto di destinazioni ammissibili nel patrimonio edilizio esistente oppure nelle aree che vengono indicate secondo il tradizionale riferimento allo zooning non debba essere riferito solo al discorso dell'utilizzazione, ma anche al discorso della permanenza di una determinata destinazione in correlazione con altre relazioni che sistematicamente esigono una correlazione delle previsioni di piano regolatore, un concetto che può sembrare un sofisma ma che ha in realtà una correlazione nelle previsioni di piano regolatore, ha un risvolto molto preciso. Si ha la tendenza nel formulare le norme di piano regolatore a fare riferimento nelle tabelle di zona o nelle aree di zona o nelle varie aree in cui è suddiviso il piano regolatore oppure nelle specifiche proprie normative alle destinazioni d'uso solo quando ci interviene a seguito di una utilizzazione che viene messa in discussione mentre il problema della destinazione d'uso è un valore proprio del patrimonio o delle aree che non dovrebbe essere assoggettato a criteri propri di validità in funzione della dinamicità dell'uso e quindi della modificazione dell'uso, ma che potrebbe essere sancito in via definitiva nella previsione urbanistica o nella definizione della normativa che viene data.
Per semplificare, un edificio destinato ad Università, un complesso destinato ad usi che non sono facilmente riconvertibili, come un complesso religioso, una chiesa, non ha una destinazione parametrata e definita in funzione dell'utilizzazione, ma ha una finalità ed una destinazione che le sono proprie in funzione delle caratteristiche che l'edificio ha e quindi in funzione della propria permanenza senza porre in causa l'eventualità di una modificazione normativa o disciplinare per l'utilizzazione.
Non so se sono stato chiaro su questo concetto se non lo sono stato riprenderò l'argomento.
Al secondo comma dopo le parole "nuovo impianto", proponiamo di aggiungere "riuso delle preesistenze obsolete". Qui introduciamo un concetto nuovo nell'indicazione degli interventi che si possono fare per trasformazioni edilizie od urbanistiche.
Avevamo la conservazione, il restauro e risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia, il completamento di nuovi impianti, ma non avevamo quello che oggi è il tipo di intervento più attuale, il riuso delle preesistenze obsolete, cioè il riuso di tutte quelle preesistenze di aree e di edifici che per ragioni varie, come diremo nel comma successivo, sono o abbandonate o scarsamente utilizzate a seguito di eventi economici locali.
Abbiamo inteso fare questo riferimento perché non pensavamo di dare a questo tipo di intervento una estensione così vasta da comprendere le rocche abbandonate, i castelli abbandonati, le chiese abbandonate, tutte quelle preesistenze che hanno sì una non utilizzazione, ma in funzione di eventi che sono storici e non legati ad eventi economici locali. Quindi il problema della non utilizzazione oggi va visto con attenzione rispetto alla modificazione delle condizioni economiche locali.
Oggi abbiamo il Lingotto, per citare il caso più palese della nostra realtà torinese, un edificio che non è utilizzato e che attende una destinazione e quindi l'utilizzazione di questa destinazione è messa in causa invoca:, do una serie di interventi di trasformazione urbanistica e di edilizia che molte volte non sono maturi.
Voglio richiamare il concetto della non proponibilità dell'uso di un immobile obsoleto e abbandonato in funzione degli interventi che sono elencati. Il problema del riuso può riguardare, come il salone dell'automobile che è stato testé insediato, una destinazione temporanea che non è una destinazione edilizia ed urbanistica definitiva. Questo è un concetto nuovo che deve essere considerato alla luce di quello che sta succedendo. Il Lingotto è il caso più eclatante, ma il problema pu riguardare il capannone del complesso dell'ex Tiro a segno esistente a Borgodora, altri complessi industriali come il famoso complesso del Lanificio Bona a Carignano, per citare alcuni esempi che sono stati costantemente all'attenzione dell'opinione pubblica e che oggi soffrono di un costante abbandono e non uso perché ogni volta che si ipotizza il caso di una destinazione, anche temporanea, di questi stabili, vengono invocate supposte esigenze di verifica rispetto alle norme urbanistiche edilizie che contemplano o il caso della ristrutturazione, o il caso del restauro e del risanamento conservativo, ma il caso dell'uso o riuso temporaneo non è contemplato.
Il concetto è nuovo e spero di trovare sensibilità nei colleghi e nella Giunta perché, se c'è sensibilità, il discorso lo si affronta. Certo se si ritiene che questo non sia un argomento attuale, il problema può trovare soluzione. Voglio sottolineare, che questo non è, come potrebbe sembrare un volere fare un regalo a chi vuole utilizzare questi beni sfuggendo alle verifiche proprie che debbono essere attuate con gli strumenti amministrativi, il discorso degli strumenti amministrativi è tutto un altro discorso. Se si vuole sottoporre o condizionare il riuso a convenzioni di qualsiasi tipo oppure facilitanti, il discorso è tutt'altro. Il problema è di contemplare la possibilità di fare delle convenzioni e rilasciare delle autorizzazioni non necessariamente invocando trasformazioni che non sono sempre attuabili e che quindi rischiano solo il degrado ulteriore del bene e non l'utilizzazione temporanea. Dopo il terzo comma proponiamo di aggiungere un quarto comma dicendo che "è facoltà delle amministrazioni comunali integrare le prescrizioni annesse al rilascio delle concessioni con convenzioni bilaterali che precisino anche senza il ricorso agli strumenti esecutivi, modalità e tempi delle realizzazioni autorizzate".
Questo è un altro concetto nuovo che è di fatto perseguito nella pratica perché in tutti quei casi in cui il piano regolatore non esige lo strumento esecutivo ed è sufficiente autorizzare le trasformazioni edilizie ed urbanistiche solo con concessione singola, di fatto, si aggiungono delle condizioni a queste concessioni. Tanto vale che si sancisca il principio che questo può essere fatto senza ricorrere necessariamente sempre al PEC o agli strumenti esecutivi quali i piani particolareggiati od i piani di recupero quando è possibile, annettendo la concessione, autorizzare questi insediamenti.
Un altro concetto molto nuovo, al quale richiamo l'attenzione dell'Assessore Calsolaro perché certamente è un discorso che è costantemente presente nelle normative di piano regolatore, è il concetto di destinazione d' uso. La destinazione d'uso dell'edificio esistente o in progetto è di norma componente variabile ma indipendente rispetto ai tipi di interventi di cui al precedente comma. Ogni volta che c'è da autorizzare un intervento di trasformazione edilizia od urbanistica, gli si associa sempre a delle limitazioni di condizionamento a volte pesanti, il concetto di destinazione d'uso.
Il problema della destinazione d'uso deve essere ritenuta una componente variabile, ma una variabile indipendente che può modificarsi non necessariamente in coda agli interventi di ristrutturazione edilizia o di ristrutturazione urbanistica. Diciamo che per la ristrutturazione urbanistica il concetto è già più pesante. Infatti noi qui non parliamo dei tipi di intervento. Diciamo che in linea generale la componente è variabile, ma indipendente rispetto agli interventi che si richiedono soprattutto sul patrimonio edilizio esistente. Faccio presente che questo concetto era stato debolmente e timidamente ripreso negli articoli del famoso disegno di legge che è oggi all'esame del Parlamento perché su questo argomento del mutamento di destinazione d'uso, come i colleghi sapranno, c'è una casistica folle ed esasperante, il perseguire il proprietario di un immobile perché all'interno del suo immobile a destinazione d'uso residenziale modifica la destinazione d'uso di alcuni locali, è una cosa che, a parere di chi vi parla, è allucinante anche ai fini del controllo che le amministrazioni riescono ad esercitare su questi mutamenti di destinazione d'uso e quindi il concetto di rivendicare questa autonomia consente di potere precisare meglio nelle normative di piano laddove questa autonomia ha da essere perseguita con un certo rigore. Per esempio, per le destinazioni commerciali non vi è dubbio che questo rigore abbia un senso perché un conto è una destinazione residenziale e un conto è una destinazione commerciale, ma vi sono modificazioni all'interno di alcune destinazioni che il piano regolatore ha ammesso che sono del tutto irrilevanti e quindi volerle perseguire come se fossero collegate al problema degli interventi che vengono richiesti, è una componente normativa che di fatto le amministrazioni non riescono a controllare e sulle quali si creano solo sperequazioni. Credo di avere illustrato gli aspetti principali, chiedo che ci sia attenzione perché sono argomenti di grande interesse sia per le norme di piano che per l'impatto che hanno sulle nostre comunità ed i nostri cittadini.



BONTEMPI Rinaldo

Ci soffermiamo immediatamente sul punto centrale.
Dirò molto semplicemente che il primo emendamento non l'ho capito. Non sono incline a votare un emendamento che e definito un sofisma dal suo autore.
Invece dell'emendamento del riuso delle preesistenze obsolete potremmo valutare la sua collocazione adeguata, mi pare che il principio di immettere nelle prescrizioni operative del piano regolatore generale questo concetto che proponete sia corretto e opportuno in limite ai processi reali che sono avvenuti.
Qualche perplessità mi viene quando al punto h) che ne è strettamente collegato viene disciplinato il contenuto.
L'emendamento al punto 7): "la destinazione d'uso dell'edificio esistente o di un progetto di norma componente variabile ma indipendente rispetto ai tipi di intervento" non mi sembra possa essere accettato.
C'è poi quello sulla: "facoltà delle amministrazioni comunali di integrare le prescrizioni annesse al rilascio delle concessioni, con convenzioni bilaterali che precisano, anche senza ricorso agli strumenti esecutivi, modalità e tempi e delle realizzazioni autorizzate", che introduce uno strumento nuovo che non avevamo previsto.
Chiedo alla Giunta su questo la sua opinione in vista dell'azione di governo concreta. Dobbiamo avere l'avvertenza di introdurre strumenti utili ma di tener presente una sistematica generale degli articoli che non appesantisca le norme. L'inserzione sulla preesistente mi pare meritevole ed opportuna, in altri casi abbiamo una valutazione che di fronte a questa ratio generale e al fine delle modifiche, non ci consiglia tanto.
Sull'emendamento inviato dal Comprensorio di Pinerolo circa la questione sismica, l'Assessore Rivalta sarà in grado di esprimere una valutazione.
Mi sembra che il giusto recepimento della problematica relativa alle zone del Piemonte classificate sismiche, così come è inteso nell'emendamento, sia in conflitto con la logica dell'articolo. Rischiamo di fare un articolo con un suo tronco che ha delle diramazioni che diventano maggiori del tronco per effetto di esigenze pur giuste da valutare. Non accettiamo il primo emendamento, accettiamo il secondo e lo collochiamo dopo la ristrutturazione edilizia.
Il punto h) va bene, togliendo la motivazione "a seguito di eventi economici locali".
Non accettiamo quello sulle convenzioni, e quello della componente variabile ma indipendente, quello al punto e).
Sull'emendamento che riguarda la zona sismica siamo perplessi. Ci sembra in verità che l'oggetto dell'emendamento aggiuntivo sia materia che il piano regolatore nella sua autonomia può prevedere. Abbiamo una norma generale sulla prescrittività operativa del piano regolatore e pare a noi che introdurre qui questo elemento sia in contrasto con questa prescrittività generale. I piani regolatori hanno il dovere di incorporare questi elementi, per esempio, il coefficiente di intensità e così via dicendo. Siamo favorevoli su questo emendamento tenendo presente che il confronto su questo tema è possibile.



CHIABRANDO Mauro

L'affermazione fatta dal collega Bontempi è condivisibile. Il problema esiste ed è importante, vediamo dove collocarlo. Vorrei far presente che abbiamo presentato un altro emendamento da collocare o all'art. 85 o all'art. 91, alla fine della legge.
L'emendamento di cui si discute ora è stato proposto dal Comitato comprensoriale di Pinerolo. Noi ne abbiamo steso un altro che è il testo della legge presentato da noi un paio di anni fa, che non è stato recepito.
Propongo di esaminarli insieme per valutare dove collocare questa materia che merita di essere esaminata.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

Sulla questione dell'emendamento riguardante la zona sismica voglio subito precisare che la prima parte non mi pare accettabile perch introduce un principio che, se il Comune lo ritiene e se le varie leggi di tutela come quella della tutela ambientale lo consentono, può costituire una norma di regolamento del piano regolatore.
Per quanto riguarda gli aspetti sismici, siamo sottoposti ad una normativa di carattere nazionale. Su questa questione stiamo lavorando per riuscire a stimolare le strutture del Ministero, stiamo facendo convenzioni per studiare la questione del grado sismico, infatti nel pinerolese si tratta di definire il grado di sismicità.
Per parte regionale si sta costituendo questa rete sismica con le 7 centraline collegate al centro di geodinamica di Genova per poter leggere le condizioni di sismicità del Piemonte e del pinerolese, per cui mi sembra che dobbiamo rimandare a queste successive analisi ed elaborazioni una regolamentazione. Per di più per tranquillizzare i colleghi Chiabrando e Bontempi, posso dire che sarà presentata nei prossimi giorni una legge che riguarda il metodo di controllo delle documentazioni delle zone sismiche.
Verrà proposto un controllo, fatto a campione, su un'aliquota limitata dei progetti che vengono presentati facendo assumere al progettista responsabilità piene di quello che ha depositato nella documentazione. E' in atto una procedura che cerca di andare ai nodi della questione.
L'introduzione qui o in un'altra legge che stia al di fuori di questa progettatura, di una regolamentazione mi sembrerebbe impropria e inopportuna. Voglio brevemente aggiungere che il riuso delle preesistenze obsolete è diventato un problema reale abbastanza diffuso e ci pone, dal punto di vista normativo, qualche complicazione. Intanto io non conosco riuso che non sia ristrutturazione edilizia. Allora l'introduzione del riuso, così definito nei confronti della ristrutturazione, metterebbe i Comuni nell'imbarazzo di scegliere se una cosa va ritenuta un riuso o una ristrutturazione. Metteremo in moto una macchina giuridica di difficile interpretazione con ricorso al TAR e forse con conseguenze giuridiche sugli amministratori che hanno attribuito il carattere del riuso a qualcosa che per altri, è da considerarsi una ristrutturazione edilizia.



PICCO Giovanni

La trasformazione edilizia potrebbe essere temporanea. Non è detto che debba essere definitiva.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

Direi che dovremmo fermarci a quanto concerne la destinazione d'uso mentre le trasformazioni edilizie rese immediatamente necessarie si lasciano alla valutazione del Comune ed all'apparato giuridico amministrativo-legislativo dello Stato.
Quest'ultima parte mi sembra davvero pericolosa amministrativamente.
Chiedo che ci si fermi a: "da disciplinare con prescrizioni di durata anche limitata sia per quanto concerne la destinazione d'uso". E' aperta sul singolo caso l'interpretazione che starà alla responsabilità amministrativa dell'amministratore che se ne occupa di considerare se davvero quello che si vuole intendere con quel particolare progetto non ricade invece in una ristrutturazione edilizia, poi magari di uso temporaneo per quella specifica utilizzazione, ma ristrutturazione edilizia seme comunque, mentre qui sembra voler eludere una norma che nasce dalla legislazione nazionale.
Abbiamo qui scritto che la ristrutturazione edilizia costituisce anche gli interventi che comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica o l'inserimento di nuovi elementi di impianti.



PICCO Giovanni

Mi rifaccio all'intervento dell'Assessore Rivalta perché mi pare che sia importante che lo si affronti nel merito.
Voglio precisare che non c'è nessuna intenzione di creare il cavallo di Troia. C'era l'esigenza di disciplinare il riuso con prescrizione di durata limitata.
Questo è un concetto fondamentale.
Invece molte volte si autorizzano nelle finalità del riuso interventi edilizi che hanno durata illimitata e che di fatto prefigurano una continuità nella destinazione d'uso, che è stata autorizzata anche solo temporaneamente perché la trasformazione edilizia la si ritiene conseguente alla destinazione d'uso. Tra l'altro questo concetto si richiama all'indipendenza e alla componente variabile ma indipendente dalla destinazione d'uso. Chi chiede una trasformazione d'uso di un immobile, ne ha assentita una destinazione temporanea, ma siccome fa delle trasformazioni edilizie che sono permanenti, si tira dietro anche la destinazione in termini permanenti.
Questo è un concetto importantissimo che deve essere chiarito una volta per tutte.
Chiedo che ci sia un approfondimento di questo concetto.



MONTEFALCHESI Corrado

Aggiungo un ulteriore problema ai già tanti esistenti su questo articolo.
Vorrei pregare i colleghi di valutare l'articolo 13 con l'ultimo comma dell'art. 16 del DDL che modifica l'art. 17 della legge 56, nel quale c'è la chiave per stravolgere o contraddire il piano regolatore punto per punto. A parte la contraddittorietà che prevede le varianti, nell'ultimo comma dice: "non costituiscono variante". Inoltre, questo comma dice: "non costituiscono variante al piano regolatore generale le modificazioni parziali o totali e singoli interventi ammissibili e definiti dal piano regolatore generale sul patrimonio edilizio esistente che non comportino sostanziali variazioni dal rapporto tra capacità insediative ed aree destinate a pubblici servizi". Cioè su singoli interventi, il Comune autonomamente, può variare di volta in volta quanto previsto dal piano regolatore e di fatto contraddirlo ogni volta. Inoltre, non si capisce chi dovrà decidere se sono queste varianti sostanziali nel rapporto tra capacità insediative ed aree destinate a pubblici servizi o no. In conclusione, è vero che c'è l'esigenza che, rispetto agli interventi sugli edifici esistenti, non sempre con il piano regolatore è possibile valutare gli interventi necessari, quindi c'è l'esigenza di un minimo di elasticità per il Comune, ma è anche vero che questa questione non è possibile affrontarla con il comma previsto all'art. 16, che appunto permette di contraddire e stravolgere il piano regolatore.
Credo che su questo aspetto vada affrontato nell'articolo che stiamo discutendo dando al limite la possibilità di cambiare il piano solo su singoli interventi circoscritti e sul tessuto edilizio esistente.



PRESIDENTE

Penso che su questo articolo tutti i Gruppi si siano espressi e sugli emendamenti, quindi, se l'assemblea consente, passerei al voto del primo emendamento sostitutivo del Gruppo liberale, sul quale la maggioranza si è pronunciata negativamente. La parola al Consigliere Picco per dichiarazione di voto.



PICCO Giovanni

Abbiamo già lamentato il rifiuto di entrare nel merito di questo articolato che poteva contenere delle precisazioni utili, purtroppo, non avendo noi la paternità di questa presentazione, non possiamo difenderla ulteriormente.
Comprendendone però le motivazioni, ci asterremo nella votazione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dal Gruppo P.L.I.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 51 favorevoli 2 Consiglieri contrari 29 Consiglieri astenuti 20 Consiglieri Pongo ai voti il primo emendamento del Gruppo D.C.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 47 favorevoli 18 Consiglieri contrari 26 Consiglieri astenuti 3 Consiglieri Il secondo emendamento del Gruppo D.C. viene invece ritirato dal Consigliere Picco.
Pongo ai voti il terzo emendamento del Gruppo D.C. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' approvato all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti.
Sul quarto emendamento presentato dal Gruppo D.C. ha chiesto di parlare il Consigliere Simonelli.
Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio

L'esigenza prospettata con questo emendamento può essere accolta. Ci preoccupa però il fatto di inserire nell'elenco degli interventi, che sono tassativamente gli stessi previsti dalla legge 457, un altro tipo di interventi.
Sarebbe opportuno tradurre i contenuti di questo comma, in un comma a s inserito nell'articolo, senza individuare un nuovo tipo di interventi con una sua lettera.
Questo argomento potrebbe essere spostato all'art. 26.



PRESIDENTE

Pongo ai voti il quinto emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 45 favorevoli 16 Consiglieri contrari 27 Consiglieri astenuti 2 Consiglieri Pongo ai voti il sesto emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' respinto con il seguente esito: presenti e votanti 49 favorevoli 21 Consiglieri contrari 26 Consiglieri astenuti 2 Consiglieri La parola al Consigliere Simonelli.



SIMONELLI Claudio

In Commissione si era sollevata l'obiezione che la delimitazione ai sensi dell'art. 19 delimita una categoria di centri storici che in ogni caso non può essere cancellata, perché quel .provvedimento è stato fatto o al limite potrebbe essere fatto nel caso di un Comune di nuova istituzione e quindi creerebbe una condizione di incertezza giuridica.
Il problema è di integrare non di sostituire il richiamo all'art. 19.



GENOVESE Piero Arturo

Nella norma si fa riferimento alla perimetrazione dei centri storici e alla delimitazione dei centri abitati che, peraltro, non dovrebbe avvenire "ai sensi dell'art. 19 della legge 56", ma ai sensi dell'art. 81.
Non sembra corretto, superato il periodo transitorio, continuare a fare riferimento alle perimetrazioni ed alle delimitazioni fatte in base all'art. 81 quando i Comuni, formando il Piano Regolatore ridefiniscono le perimetrazioni e le delimitazioni già approvate. Infatti, permanendo tale riferimento, sorge l'incertezza giuridica nel prescrivere se i Comuni, ai fini degli interventi, debbano far riferimento alla vecchia perimetrazione od a quella ridefinita dal piano regolatore.
Basterebbe forse, far riferimento alle perimetrazioni ed alle delimitazioni "previste dalla legge".



PRESIDENTE

Quindi è assenso.
Scorporerei l'emendamento mettendone in votazione la prima parte (sono soppresse le parole "dell'art. 19") dove c'è unanimità del Consiglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La prima parte dell'emendamento è approvata all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti in aula.
Sull'altra parte dell'emendamento ha chiesto di parlare il Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Devo precisare che il nostro emendamento ha il significato di una correzione formale che in realtà ha delle contraddizioni.
Quando dice: "sono ammessi soltanto interventi" e si fa il rinvio con le precisazioni di cui all'art. 24, si dimentica che all'art. 24 la ristrutturazione urbanistica è ammessa, quindi la parola "soltanto" è inopportuna. O aggiungiamo all'art. 13 il comma e), oppure eliminiamo la parola "soltanto".



SIMONELLI Claudio

In Commissione avevamo, in un primo momento, accettato una proposta di questo tipo, poi siamo tornati indietro ed abbiamo ripristinato il testo dell'art. 24 perché è prevalsa nella maggioranza la convinzione che essendo gli interventi assentiti dall'art. 24 una eccezione e non una norma era preferibile mantenere in questa normazione. Alla fine abbiamo deciso di non andare nella direzione che ora Picco ripropone. Quindi manteniamo questa impostazione.



PICCO Giovanni

Credo che non si possano prevedere negli strumenti urbanistici delle ristrutturazioni urbanistiche con la parola "soltanto" il che non è vero nella sostanza dei fatti.
Non vedo perché dobbiamo mistificare con delle definizioni di coerenza quando tutta la realtà dei centri storici richiede una certa elasticità su queste cose.
C'è poi già il problema della iniziativa pubblica o meno: è un'altra mistificazione assurda come se dimenticassimo che l'iniziativa pubblica e privata ai fini del proporre lo strumento urbanistico esecutivo non siano cose diverse.
Continuiamo a creare degli ostacoli allo sveltimento di certe procedure urbanistiche che la pratica dimostra essere superate.
Chiedo che vi sia un'attenta considerazione di questi fatti che sono ricorrenti nella prassi, nei comportamenti e nelle conseguenze relative ai ritardi.



CERUTTI Giuseppe

Condividiamo la proposta di togliere il termine "soltanto". Avevamo discusso a lungo ed eravamo dell'avviso di essere più permissivi nella proposta di modifica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Su questo emendamento devo richiamare la vostra attenzione per ribadirne tutta l'importanza. E' un argomento affiorato in Parlamento nell'ambito della discussione sul condono edilizio. E' una questione che dovrebbe essere approfondita emblematicamente nella legislazione regionale perché questo discorso non viene sufficientemente affrontato con la serietà che merita.
Vorrei sapere come disciplineremo, visto che il Parlamento è intenzionato a ribaltare a scala regionale i compiti di definizione delle sanzioni sulle irregolarità edilizie, queste sanzioni rispetto a questi due versanti: destinazioni d'uso ed interventi edilizi. Era un argomento sul quale, se ponevamo un punto fermo dichiarandone l'indipendenza l'uno dall'altro, potevamo poi sancire un comportamento consequenziale.
Su questo argomento ci ritorneremo, se non si affronta in questa sede quando il Parlamento ce lo ribalterà.



SIMONELLI Claudio

L'argomento è troppo importante per poterlo risolvere con un emendamento.
Aspettiamo la legge sul condono e poi lo valuteremo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la seconda parte dell'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con il seguente esito: presenti e votanti 45 favorevoli 44 Consiglieri contrario 1 Consigliere L'ottavo ed ultimo emendamento del Gruppo D.C. viene invece ritirato.
Votiamo l'art. 13.
La parola al Consigliere Genovese per dichiarazione di voto.



GENOVESE Piero Arturo

Il nostro Gruppo nella votazione si asterrà perché una parte degli emendamenti presentati sono stati accolti mentre per altri, che per noi erano significativi c'è un'opinione diversa e contraria.



TURBIGLIO Antonio

I liberali danno voto contrario all'art. 13 in conseguenza del non accoglimento di alcuni loro emendamenti.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'art. 13 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 53 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 20 Consiglieri L'art. 13 è approvato.
Articolo 14.
Vengono presentati i seguenti emendamenti: 1) dal Gruppo P.L.I.: Il punto l del primo comma dell'art. 14 della L.R. 56/77 è sostituito dal seguente: "1) la relazione illustrativa nella quale sono praticate: a) le previsioni contenute, per il territorio comunale, in strumenti di pianificazione di livello superiore, quali il PTC. il PTO, piani di Comunità Montana, ecc., ovvero i piani di settore. Con riferimento a tali indicazioni dovrà essere dimostrata la congruenza con gli obiettivi posti alla base del P.R.G.".
Il punto a) diventa d) etc.
Il punto 3 è sostituito dal seguente: "3) Le tavole di piano comprendenti: a) uno schema sintetico del piano alla scala 1:25.000 comparato ad uno stralcio degli strumenti di pianificazione a livello superiore (PTC, PTO piano di Comunità montane, etc.) b) una planimetria sintetica del piano alla scala 1:10.000, rappresentativa delle fasce marginali dei Comuni con termini, per le quali, sono illustrate schematicamente le situazioni di fatto e le esistenti previsioni dei relativi strumenti urbanistici generali c) il Piano Regolatore Generale in scala non inferiore a 1:5.000 comprendente l'intero territorio interessato dal piano".
Il punto c) diventa d) e così via.
Il punto 4) è sostituito dal seguente: "4) le norme di attuazione contenenti le prescrizioni del PTC immediatamente prevalenti nella disciplina comunale, le definizioni generali e particolari relative alle classi di destinazione d'uso, ai tipi di intervento, ai modi di attuazione ed alla gestione del piano".
La parola al Consigliere Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio

E' un emendamento sostitutivo, quindi non mi inoltro nella spiegazione.
Ne abbiamo discusso in Commissione, ci sono le osservazioni fatte dal nostro Gruppo.
Desidero sentire il parere della maggioranza.



SIMONELLI Claudio

In verità ripropone una serie di tematiche che sono state oggetto di discussione in Commissione e sulle quali la maggioranza non è d'accordo anche se qualche problema si pone in relazione alla cartografia, forse per su un punto che Turbiglio ha toccato solo marginalmente.
Per quanto attiene alle cartografie di piano regolatore generale che sono contenute al punto c) del primo comma dell'art. 14, può esserci il problema di non imporre gli sviluppi alla scala 1/2000 del piano regolatore generale per tutte le parti del territorio urbanizzate e urbanizzande che può essere un adempimento estremamente oneroso per i Comuni. Accogliendo questa esigenza, proporremo un emendamento al punto c) che suona cosi: "per i territori urbanizzati dei Comuni con popolazione superiore a 30.000 residenti il PRG può contenere lo sviluppo in scala 1/2000 unicamente relativo alle parti modificate o sottoposte a particolare disciplina e ai relativi dintorni nell'estensione necessaria a valutare gli interventi proposti".
Il dettaglio della scala 1/2000 è relativo soltanto alle parti che sono modificate dal piano regolatore mentre sulle altre non è necessaria la scala 2000.
Questo discorso in parte soddisfa alle esigenze poste da Turbiglio che chiedeva 1/5000. Noi diciamo che va bene l'1/5000 ma deve restare 1' 1/2000 per le parti che il piano modifica e sulle quali deve esserci quel dettaglio cartograficamente visibile della scala 1/2000.



TURBIGLIO Antonio

Va bene la precisazione fatta dalla Giunta.
Avremmo preferito un inserimento più generalizzato ma se si inserisce solo parzialmente, per noi va bene.



GENOVESE Piero Arturo

Siamo perplessi sull'emendamento proposto dal relatore di maggioranza.
Il problema della cartografia è quello di avviare un'iniziativa della Regione per il ripristino e la realizzazione del laboratorio cartografico al fine di produrre e mettere a disposizione dei Comuni la cartografia necessaria.
Questa, invece, non ci sembra la strada giusta. Il problema era stato affrontato con specifica legge regionale e comporta una riflessione sull'avvio delle iniziative e degli impegni della Regione per la realizzazione della cartografia di supporto all'attività dei Comuni.
Nel merito, poi, osserviamo che il riferimento alla popolazione non ha nessun significato; semmai, questo deve essere fatto all'estensione territoriale e alla conformazione geomorfologica del territorio.



PICCO Giovanni

I concetti espressi dal Consigliere Genovese sono quanto mai pertinenti e meritano una integrazione. L'innovazione della legge 56 aveva il significato di demitizzare il concetto di zonizzazione per una disciplina puntuale sul territorio e sul patrimonio edilizio esistente per dare certezza al cittadino sulle precisazioni normative e sulle prescrizioni di piano regolatore. Il passaggio dalla scala 1/5000 a 1/2000 è in funzione di queste garanzie che devono essere date.
Il problema non può essere semplificato con riferimento alla dimensione territoriale, ma è da definire in funzione del tipo di normativa che si intende adottare.
Certo che se la normativa è per zooning la scala 1/2000 può anche essere inutile.
Ma se la normativa è per aree ed edifici la cartografia 1/2000 deve permanere anche per i cittadini che sono in dimensioni di Comuni superiori ai 30.000 abitanti, perché questi cittadini hanno gli stessi diritti di garanzia e di certezza sulle prescrizioni di quelli dei Comuni con popolazione inferiore.
Dopo 7 anni ci accorgiamo che i ritardi di una realtà come quella del Comune di Torino, che non è riuscito a passare in 5 anni dal preliminare al definitivo sono dovuti alle difficoltà cartografiche? Mi sembra paradossale questo escamotage della maggioranza per uscire da una difficoltà obiettiva nella quale si trova.
I nodi bisogna scioglierli in altre sedi e non semplificarli in corner con una precisazione esemplificativa della norma.
Il problema esiste, ma il tipo di soluzione che deve essere dato non è quello indicato nell'emendamento di maggioranza.



PRESIDENTE

Tale emendamento viene ritirato.
2) Dai Consiglieri Simonelli, Biazzi ed altri: all'art. 14 della L.R. 56/77 - al primo comma, punto 3) la lettera c) è sostituita con il seguente: "c) Gli sviluppi del Piano Regolatore Generale, in scala non inferiore a 1:2000, relativi ai territori urbanizzati ed urbanizzandi ed ai dintorni di pertinenza ambientale; per i territori urbanizzati dei Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti residenti, gli sviluppi del PRG in scala 1:2000 possono limitarsi alle parti modificate o sottoposte a particolare disciplina, dal piano medesimo".
Pongo in votazione tale emendamento. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con il seguente esito: presenti e votanti 54 favorevoli 32 Consiglieri contrari 20 Consiglieri astenuti 2 Consiglieri La parola al Consigliere Picco per dichiarazione di voto.



PICCO Giovanni

Questo ultimo emendamento è di difficilissima applicabilità, oltre che di contraddittoria impostazione rispetto all'impalcatura della legge 56.
Il collega Astengo, quando ritornerà su questi banchi e si accorgerà di un emendamento stravolgente di questo tipo, che cosa ne penserà? Sarà comunque sempre possibile abrogare e modificare testi che sono stati votati.
Nel dare il voto negativo su questa proposta credo vada evidenziata l'esigenza di obiettive difficoltà nell'applicazione della legge e quindi l'esigenza di creare condizioni di miglioramento però non nel senso di creare delle sperequazioni tra realtà e realtà.
Il Comune che ha 27.000 o 29.000 abitanti non ha le difficoltà di quello che ha 30.000 abitanti? Quello che ha 29.000 abitanti credo che abbia difficoltà economiche altrettanto gravi di quello che ha 30.000 abitanti, quindi non vedo perch gli uni debbano fare la cartografia estesa a tutte le zone di piano in scala 1/2000 con oneri rilevanti perché la Regione non ha provveduto a dotare i Comuni delle cartografie che erano state promesse, e invece quelli al di sopra dei 30.000 abitanti i quali hanno più risorse degli altri, non debbano farle. La terza difficoltà è poi nel testo dell'emendamento presentato. Il testo dice che si tratta di valutare l'opportunità o meno delle cartografie maggiormente estese in funzione delle prescrizioni normative.
Tutto questo si presta ad una strumentizzazione del contenuto normativo di piano che riteniamo di denunciare come fatto discriminatorio e discrezionale e non certo nella direzione della certezza del diritto e quindi delle garanzie che devono essere offerte ai cittadini con gli strumenti urbanistici.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'art. 14 (l.r. 56/77) che diventa articolo aggiuntivo all'art. 13 del p.d.l. n. 337.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 53 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 20 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 14 è approvato.
I lavori del Consiglio sono sospesi e proseguiranno nel pomeriggio alle ore 13.10.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.00)



< torna indietro