Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.269 del 25/09/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta. In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 13 settembre 1984 si intendono approvati.


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione del Consigliere Biazzi inerente i vincoli di tutela ambientale dell'Alpe Devero


PRESIDENTE

In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze", esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Biazzi inerente i vincoli di tutela ambientale nell'Alpe Devero.
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai parchi

Il Consigliere Biazzi chiede al Presidente e all'Assessore competente quali provvedimenti hanno adottato o intendono adottare per tutelare il prezioso patrimonio ambientale che l'Alpe Devero costituisce per la nostra Regione, a conoscenza dell'invito rivolto dal Ministro per la tutela dei beni ambientali alla Regione Piemonte di intervenire per porre e delimitare i vincoli di tutela, per quanto riguarda l'intero Comprensorio.
Questo territorio era stato inserito fin dalla passata legislatura nell'ipotesi di piano regionale dei parchi e dovemmo poi recedere per un non congiunto atteggiamento politico, né in sede locale, né in sede regionale.
Fu avviata la costruzione di una strada per accedere a questa zona che è rimasta pressoché intatta, proprio a causa di questa difficoltà di accesso (l'unico mezzo di comunicazione è una teleferica) con fondi riguardanti i capitoli degli interventi agricoli. A questo primo avvio di finanziamento ne seguirono degli altri a completamento delle opere avviate.
Va riconosciuto che anche questa operazione di costruzione della strada è stata non del tutto oculata perché interessa terreni sotto il profilo geologico estremamente labili e riguarda versanti sottoposti a valanghe per cui il completamento stesso di questa strada non assicurerà per tutto l'anno l'accesso, tant'è che l'Assessorato regionale alla viabilità aveva posto condizioni perché la strada venisse sì ultimata essendo stata avviata, ma non raggiungesse l'Alpe Devero, si fermasse in qualche curva di livello al di sotto del pianoro per impedire che potesse intaccare l'ambiente naturale.
Il Ministero sollecitò la Regione a introdurre il vincolo della Legge 1497 del 1939 e noi rispondemmo anche con qualche sorpresa perché questa competenza fino al 1978 fu esercitata direttamente dalle Sovraintendenze peraltro continua ad essere una competenza primaria. Manifestammo la sorpresa per il fatto che mai la Sovraintendenza intervenne neppure nel periodo in cui noi tentavamo, attraverso le competenze regionali che erano quelle della costituzione di un parco, di introdurre politiche di salvaguardia e di governo corretto di quest'area, ma rispondemmo comunque che su questa strada ci saremmo anche messi. Il servizio piani paesistici dell'Assessorato ha in corso la predisposizione della documentazione necessaria per proporre l'inclusione dell'Alpe Devero negli elenchi delle località soggette a tutela ai sensi della legge 1497. Nell'occasione possiamo anche precisare che in base ai disposti dell'art. 91 bis della L.R. 56/77, competente a valutare l'opportunità dell'imposizione e del vincolo è la sezione speciale del Comitato Urbanistico Regionale, la cui nomina peraltro ripetutamente da noi sollecitata, non è stata ancora compiuta, per cui manca in questo momento uno degli organismi preposti a prendere in esame l'opportunità di questo vincolo. D'altra parte in questi giorni si stanno discutendo le modifiche della Legge 56 che interessano anche questa parte e quindi probabilmente dovremo attendere l'esito della votazione delle varianti per poter poi decidere su questa procedura.
Aggiungo che in questi ultimi giorni è giunta lettera del Ministero dei beni culturali che ordina di sospendere i lavori della strada, in attesa che sia introdotto il vincolo della Legge 1497. Questa lettera ci riprende per dei presunti nostri ritardi purtroppo quando la Regione esemplarmente come soggetto primario in questa politica si è sempre impegnata con tempestività.
Stiamo lavorando da tempo in grande difficoltà perché su questa materia giocano molti interessi che ci hanno impedito politicamente in sede locale e anche in sede regionale di marciare più spediti verso quello che sarebbe lo sbocco più naturale e cioè l'istituzione del parco. Biazzi sa bene essendo del posto, che anche qualche mestatore contribuisce ad agitare le acque su questo argomento in Val d'Ossola.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Ringrazio l'Assessore della risposta e mi dichiaro anche d'accordo con l'analisi che ha fatto della situazione che si è venuta a determinare al Devero e sulle prospettive che ha cercato di individuare.
Il Devero, come è noto a diversi componenti del Consiglio regionale, è una delle zone più belle delle Alpi piemontesi ed è motivato quindi l'interesse alla preservazione di questo patrimonio.
L'interrogazione, quando fu presentata, aveva questi intendimenti: conoscere, innanzitutto, che cosa intendesse fare la Giunta regionale circa l'area del Devero, a quale tipo di vincolo sarebbe stata sottoposta l'area stessa e quali prospettive di sviluppo si potevano individuare per l'Alpe Devero; d'altra parte, anche sollecitare la Regione ad intervenire al fine di preservare questo patrimonio alla nostra collettività, pur tenendo presente il fatto che c'erano diversi interessi in gioco che rendevano più difficoltoso l'intervento coordinato della Regione.
E' un fatto però che finora non è che non si sia fatto nulla: si è intervenuto anche in modo massiccio, spesso, come ricordava l'Assessore, in modo anche discutibile, come l'intervento della strada, una strada che viene fatta sotto valanghe, in un terreno molto precario dal punto di vista della stabilita e che è costata investimenti notevoli.
Questa strada tra l'altro, dopo anni di intervento, ormai sembra chiaro a tutti che non garantirà nessun collegamento stabile con l'Alpe stesso e rischia addirittura di compromettere le stesse attività esistenti, perch da una parte non c'è più la funivia e dall'altra non c'è ancora una strada stabile di collegamento e non si sa quando e se sarà possibile avere la strada stessa.
Di qui la necessità, a mio modo di vedere, di intervenire in modo coordinato sulle prospettive di sviluppo dell'Alpe Devero.
Si è perso molto tempo; le ragioni sono varie, le diverse forze si sono mosse in modo contrastante, ci sono stati contrasti all'interno del Comprensorio, pero a me sembra che partendo dallo stato attuale in cui si viene a bloccare i lavori di costruzione della strada e dal fatto che è in approvazione, da parte del Consiglio regionale, il Piano di sviluppo, nel quale si prevede un intervento finalizzato all'interno del Verbano-Cusio Ossola, tra i cui aspetti importanti di intervento v'è quello relativo al turismo, alle aree da preservare, alle prospettive di sviluppo, sia questa l'occasione per riprendere tutto il discorso che riguarda lo sviluppo del Devero.
Probabilmente cominciano a cambiare anche le condizioni. So che in Comprensorio, per esempio, forze che prima si erano schierate in modo assolutamente acritico a favore della strada, ora reclamano la funivia come unico mezzo sicuro di collegamento tra il fondo valle e l'Alpe stessa.
La verifica che è stata fatta nella costruzione della strada, le difficoltà, le frane che si sono già verificate, anche ultimamente distruggendo parte dei lavori appena ultimati mi pare siano l'occasione per far ripensare a tutti quelle che possono essere le prospettive di sviluppo dell'Alpe Devero.
Il fatto che finalmente si siano mosse anche associazioni protezionistiche come Pro Natura, Italia Nostra e WWF, indica che forse qualcosa è cambiato anche all'interno di quella zona ed è possibile perseguire delle strade che da una parte indichino dei punti di riferimento precisi di sviluppo all'interno della tutela e della salvaguardia dell'esistente e dall'altro possono anche dare uno sbocco serio e solido ai collegamenti tra fondo valle e Alpe stessa.
A me sembra che questa possibilità esista anche utilizzando gli investimenti massicci che finora sono stati fatti. Mi pare che con ogni probabilità il vero collegamento solido e sicuro si possa basare sul collegamento funiviario. In molti oramai accedono a questa convinzione. Si tratta da una parte di recuperare gli investimenti fatti anche dalla Regione, oltre che dal Comune, sul tracciato statale, utilizzandolo per il periodo estivo o primaverile-estivo come pista di servizio, ma dall'altra parte cercando di perseguire la via del collegamento funiviario che è l'unico che possa garantire collegamenti sicuri, sia durante la bella stagione che durante l'inverno.
Mi pare che prospettive nuove si possano aprire; anche ripensamenti si stanno delineando da parte di forze politiche o di organizzazioni sociali forse è il momento adesso di cogliere questa occasione e presentare un piano di intervento sicuro e solido per tutta l'Alpe.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici

Interrogazione del Consigliere Picco inerente l'inquinamento atmosferico nella zona nord di Torino


PRESIDENTE

L'Assessore Calsolaro risponde all'interrogazione del Consigliere Picco inerente l'inquinamento atmosferico nella zona nord di Torino.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'ecologia

Il Consigliere Picco lamenta, nell'interrogazione presentata il 12 luglio scorso, "il diffuso e persistente stato di ammorbamento dell'aria in tutta la zona nord di Torino .., purtroppo solo palesemente avvertibile olfattivamente entrando in Torino e nelle ore serali"; che "l'inquinamento atmosferico dovuto alle discariche di pattume sulle sponde nord della Stura è ormai esteso anche alle falde idriche" e che "il progressivo avvicinamento dei cumuli ai pozzi di prelievo dell'A.A.M. di Torino presso Altessano denuncia gli ovvii limiti di inopportunità sulla prosecuzione di tali metodi di smaltimento, se tali possono definirsi".
Fatte queste premesse, il Consigliere Picco interroga la Giunta per sapere se la Regione stia prendendo coscienza della gravità di tale impatto ambientale, le ragioni delle inadempienze e dei ritardi della Regione nel definire siti e metodi alternativi per lo smaltimento dei rifiuti solidi e industriali, gli strumenti di controllo che la Regione ha attivato per evitare ulteriori degradi dell'ambiente e danni alla salute dei cittadini.
Si osserva che: 1) L'impianto di interramento controllato sito in località "Basse di Stura" gestito dall'A.M.R.R., del Comune di Torino è vecchia istituzione: i recenti ampliamenti sono avvenuti nel rispetto dei principi generali contenuti nel DPR 915/82. Peraltro, si fa notare che l'interramento controllato dei rifiuti urbani è pratica universalmente adottata.
2) Per quanto riguarda l'inquinamento dell'aria, trattasi di un fenomeno rilevabile solamente in alcune giornate con condizioni atmosferiche particolari.
La discarica è dotata di canalizzazione per il recupero del biogas e di torce degassificanti. L'impianto di recupero del biogas costruito nella discarica è un impianto pilota costruito sotto l'egida del CNR. della Fiat dell'Italgas e dell'AEM, e in conformità delle direttive CEE per il recupero energetico, miglioramento delle tecnologie di captazione porterà ad una pressoché completa eliminazione degli inconvenienti olfattivi.
3) Quanto all'inquinamento delle falde si esclude che possa derivare dall'inquinamento dell'aria.
Gli inquinamenti verificatisi nei pozzi dell'AAM, in particolare in quelli siti nelle zone nord di Torino, erano dovuti, come accertato con sufficiente attendibilità, ad origine industriale: i pozzi della zona Regio Parco erano infatti inquinati da cloruri, quelli di Borgaro da trielina.
Si ritiene infine che le falde idriche dei pozzi di Altessano e di Venaria non possano essere interessate da eventuali infiltrazioni che si verificassero a valle di questi impianti, nella zona della discarica di via Germagnano e nel territorio della città di Torino.
4) Quanto alle asserite inadempienze della Regione, si precisa che nel 1975 era stato approvato, con deliberazione del Consiglio regionale, il piano orientativo per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, che ha avuto scarsa applicazione per le remore frapposte dalle amministrazioni locali.
Il piano prevedeva, fra l'altro, la realizzazione di tre impianti pilota su tecnologie e metodi per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Trattandosi di tecnologie che richiedono ingenti risorse finanziarie si sono incontrate notevoli difficoltà nel reperimento dei fondi, tanto è che solo per uno, quello di Cuneo, si è dato di recente inizio ai lavori.
Questi impianti prevedono costi pari a 1 0/1 5 miliardi per una capacità di trattamento di 150/200 tonnellate al giorno.
Bisogna aggiungere che le esperienze sul campo, sia a livello nazionale sia a livello internazionale, non sono ancora arrivate ad individuare metodi alternativi alla discarica che diano buoni risultati a costi contenuti.
Queste tecnologie hanno costi di smaltimento pari a 2/3 volte i costi dell'interramento controllato.
Circa le presunte inadempienze della Regione in merito all'applicazione del DPR 915, è bene ricordare che l'art. 33 del decreto stabilisce che le competenze statali di cui all'art. 4, lettere b), d), e), f), g), avrebbero dovuto essere esercitate (dallo Stato) entro il 31 dicembre 1983.
Si tratta, in particolare, delle competenze relative alla predisposizione dei criteri generali sulle metodologie, alla determinazione dei limiti di accettabilità, alla definizione dei criteri generali per l'assimibilità di rifiuti speciali ai rifiuti urbani, alla determinazione di criteri generali per il rilascio delle autorizzazioni, alle determinazioni per i rifiuti tossici e nocivi.
Le competenze delle Regioni, ai sensi dell'art. 6 del DPR 915/82 lettere a), b), f), sono esercitate entro 18 mesi a far tempo dall'emanazione dei provvedimenti di competenza statale. Le competenze regionali riguardano l'elaborazione, la predisposizione e l'aggiornamento sentiti i Comuni, dei piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti; l'individuazione, sentiti i Comuni interessati, delle zone in cui realizzare gli impianti; l'emanazione di norme integrative e di attuazione.
L'emanazione dei provvedimenti statali è avvenuta il 13 settembre 1984 e quindi non c'è nessun ritardo.
In particolare, l'ordine del giorno votato dal Consiglio regionale il 21 dicembre 1983, impegna la Giunta a predisporre, entro sei mesi dall'emanazione delle norme di attuazione del DPR 915, il piano definitivo per la costituzione del catasto regionale dei rifiuti. Il disegno di legge relativo alla costituzione del catasto è già stato approvato dalla Giunta regionale e trasmesso al Consiglio regionale prima della emanazione dei criteri da parte dei competenti organi governativi.
Proprio per quanto riguarda i rifiuti industriali, il Consiglio regionale ha già approvato il 13 dicembre 1983, il piano regionale predisposto dalla Giunta prima dell'emanazione del DPR 915.
Per quanto riguarda i controlli, si tratta di materia di competenza delle Province, ai sensi dell'art. 7 del DPR 915. Mentre per le "precauzioni tecniche" gli uffici dell'Assessorato richiedono sempre ai soggetti istanti tutte le informazioni e le specifiche necessarie per accertare che i principi fissati dalla legge siano rispettati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non credo di essere un cittadino che abbia un olfatto particolarmente sensibile, ma le penalizzazioni alle quali sono soggette le popolazioni di Torino in tutta l'area Nord, dalla zona di Madonna di Campagna a quella della Barriera di Milano, fino anche ad aree abbastanza centrali, non solo durante la stagione estiva, ma anche in altre stagioni, dovute a questa discarica lungo Stura, credo sia un fatto notorio, attenuato solo dall'assuefazione della popolazione all'odore persistente che impedisce a coloro che abitano in quelle aree di avvertire le modificazioni che intervengono anche da ora a ora e da giorno a giorno. Ma chi percorre quelle aree, soprattutto in talune ore, avverte l'impatto terribile con questo odore che non può non essere definito un vero e proprio inquinamento causa di danni anche indiretti sulla salute.
Le risposte che ha dato l'Assessore si collocano nel garantismo delle competenze, delle insufficienze, delle generiche assicurazioni, del fatalismo. E questo perché si tratta di giustificare l'arretratezza somma che la città di Torino ed il Piemonte hanno su questo versante, perché è pur vero che i metodi di smaltimento per interramento risalgono ad epoche molto passate, ma è pur anche vero che negli anni '70 si erano venute facendo strada tecniche alternative allo smaltimento, sia pure per campioni o per settori di rifiuti e quindi riguardanti non l'intero ammontare del residuale che viene prodotto soprattutto nelle grandi città, iniziative che avevano l'intento di operare quella selezione o preselezione dei rifiuti che è alla base delle tecniche moderne di smaltimento. E' chiaro che lo smaltimento dell'universalità del rifiuto in quanto tale presenta dei problemi complessi, il problema però della selezione del rifiuto in funzione dello smaltimento selezionato è una tecnica attuata ad esempio in città come Milano e Brescia, che si sono dotate di impianti di smaltimento sia pure costosi, che permettono comunque di non dovere ricorrere solo all'unico espediente di ricercare delle tecniche di interramento.
Assessore, il problema non può essere risolto in modo così semplicistico, dicendo che da un lato intervengono i costi e che dall'altro la tecnica dell'interramento viene seguita in tutte le parti del mondo, per cui noi possiamo stare tranquilli che non succederà nulla.
L'area torinese è un'area fortemente investita da problemi di industrializzazione che risente già particolarmente di inquinamenti di altro tipo e pericolosità, ma il problema dello smaltimento dei rifiuti è grave in quanto nella conformazione geomorfologica dell'area torinese si trovano falde acquifere in modo consistente. Questo problema non è risolvibile solo con la tecnica dei biogas, perché questa tecnica è connessa agli aspetti relativi all'inquinamento atmosferico e non certamente agli aspetti di percolazione, di penetrazione e comunque di governo di questi rifiuti. Non bisogna dimenticare il problema del governo dei rifiuti che non è di poco conto e che lo strumento della ricerca dei siti consente un controllo sufficientemente certo per alcune parti di questi rifiuti, però tutti i fenomeni di abusivismo, di selezione dei rifiuti, di sottomercato che esistono all'interno di questo tipo di tecnica aziendale ha di fatto portato addirittura alla proliferazione di strutture non solo pubbliche, ma anche private. A questo punto si dovrebbe aprire il capitolo relativo ai subappalti dell'Azienda di raccolta rifiuti e di come l'attività dello smaltimento dei rifiuti solidi venga realizzata in termini di costi c quindi anche di benefici rispetto a ciò che la città e la cittadinanza pagano per questo servizio.
Noi non accettiamo assolutamente questo principio dell'ineluttabilità della ricerca di questa tecnica e tuttalpiù potremmo ammettere questo principio nella misura in cui la Regione avesse attuato quel decentramento di localizzazioni negli smaltimenti che era insito nel progetto dei siti.
Ancora una volta l'Assessorato ha ribaltato il problema a livello statale ma io devo dire che questa materia di natura territoriale è specifica competenza delle autorità regionali. Il problema varrebbe anche per altri tipi di normative o di altre regolamentazioni e non credo che ci siamo mai attestati alla rinuncia totale delle assunzioni di responsabilità solo perché mancavano alcuni criteri. La verità è che gli impatti poi di tipo ambientale, di tipo sanitario e quindi le difficoltà a risolvere in una certa direzione aspetti che non sono solo di natura amministrativa, ma anche tecnica, portano a delle difficoltà e quindi alla ricerca di scappatoie come ad esempio la tecnica del recupero dei biogas che presentano i limiti di insufficienza che credo sia a tutti nota.
Non ci riteniamo assolutamente soddisfatti delle generiche assicurazioni date dall'Assessore, così come non ci riteniamo soddisfatti nel distinguere le competenze di controllo per quanto attiene agli aspetti più propriamente repressivi che sarebbero delegati alle amministrazioni provinciali rispetto agli aspetti preventivi e quindi alle precauzioni.
Questa è una distinzione sottile ed interessante che però proprio nel caso in specifico in esame tira in causa in pieno le competenze delle Regioni e quindi per quanto riguarda l'individuazione dei siti degli smaltimenti l'esigenza di individuare siti alternativi di diffonderli in presenza di falde acquifere in zone che siano demograficamente meno imputate e quindi anche dal punto di vista dell'inquinamento atmosferico meno pericolosi. La discarica di Stura per le vicinanze che ho ricordato che non sono casuali ma purtroppo reali, esige delle prese di coscienza precise e quindi delle preveggenze. La vicinanza ai pozzi di Alpessano non è una invenzione: questi pozzi si trovano a 150 metri in linea d'aria da questa discarica. Io mi chiedo quali garanzie siano state adottate. Non credo che queste discariche si trovino su dei lembi di plastica impermeabile che non consentono quindi alcuna percolazione, perché in realtà i rifiuti vengono sotterrati e ricoperti molto celermente per evitare l'inquinamento atmosferico. Il fenomeno della percolazione quindi esiste e va in direzione delle falde acquifere, nella direzione tra l'altro del fiume Stura, il quale, essendo un affluente del Po, dovrebbe anch' esso essere oggetto di quell'operazione di disinquinamento che è in atto e che ci costa centinaia di miliardi con l'impianto di deputazione di Settimo. Ora io mi chiedo se esistono coerenze in queste impostazioni. Chiedo quindi all'Assessore di volermi rispondere, anche se non in questa sede, su questo preciso quesito: "i rifiuti vengono posati in un sacco di plastica impermeabile che non consente con la pioggia alcuna percolazione negli strati sottostanti oppure questa percolazione avviene?". Che poi venga recuperato il biogas me ne importa fino a un certo punto, perché ciò interessa aspetti relativi all'inquinamento atmosferico, mentre rimangono con tutta la loro gravità quelli relativi all'inquinamento liquido e all'inquinamento solido.
Il nostro Gruppo si riserva di riprendere questo argomento e di svilupparlo anche con l'ausilio delle popolazioni perché a questo punto credo che dovranno prendere coscienza di questo fenomeno anche le realtà e la comunità locali.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interpellanza dei Consiglieri Bergoglio, Devecchi, Lombardi, Martinetti Nerviani e Ratti inerente le forme di ricovero temporaneo per anziani


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza dei Consiglieri Bergoglio, Devecchi Lombardi, Martinetti, Nerviani e Ratti inerente le forme di ricovero temporaneo per anziani.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

L'impostazione del piano vigente di cui alla L.R. 7/82, la L.R. 20/82 le indicazioni formulate alle UU.SS.SS.LL., in occasione di approfondimento dei PAS, tendono ad evidenziare come i servizi residenziali tutelari abbiano tendenzialmente la caratteristica di temporaneità perché obiettivo è pur sempre il mantenimento ed il reinserimento dei soggetti nella propria abitazione.
Nella deliberazione approvata dalla Giunta regionale e tuttora all'esame del Consiglio regionale sui requisiti dei servizi residenziali era stata altresì sottolineata l'opportunità dell'utilizzo flessibile delle strutture già funzionanti non solo al fine di favorire il loro graduale adeguamento ad una logica di deistituzionalizzazione ma anche di indirizzarle a proporsi sempre più per una politica di servizi che risponda a reali bisogni.
Utilizzo flessibile della struttura significa infatti un'elasticità di risposta, favorendo al massimo il mantenimento nell'ambiente familiare: quindi utilizzo solo diurno, o solo notturno o temporaneo per venire incontro alle esigenze dell'utente e dei suoi familiari.
Tale indirizzo riguarda ovviamente tutte le strutture sia a gestione U.S.S.L. o ancora comunale per effetto della deroga temporanea di cui all'art. 36 della L.R. 20/82 o delle strutture convenzionate in base a quanto previsto dalla legge regionale di piano e della L. 20 medesima.
Sulla quantificazione della disponibilità dei posti, le situazioni sono sicuramente variabili, in questa fase, atteso che le strutture non si sono ancora adeguate, che non tutte le UU.SS.SS.LL., anche per effetto della deroga temporanea di cui all'art. 36, non governano ancora appieno i presidi in termini di programmazione e gestione degli interventi.
In ogni caso il servizio socio-assistenziale di U.S.S.L., a monte dell'art. 9 della L.R. 20/82 deve garantire ai cittadini del proprio territorio le risposte ai bisogni, ivi compresi quelli delle famiglie che devono essere aiutate a mantenere nel proprio ambiente il non autosufficiente o l'handicappato anche attraverso l'ospitalità temporanea in momenti di necessità (in caso di malattia dei familiari, di esigenze per parto o per periodi di riposo).
Debbo dire che in occasione del sopralluogo svolto nella giornata di ieri alla USSL di Caluso e della visita al residence o comunità-alloggio per anziani della città di Caluso ho proprio preso atto della flessibilità e temporaneità d'uso di quelle strutture che, come in tutte le zone montane, ma anche in molte agricole, viene concentrata nel periodo invernale: in effetti quella struttura si presentava ieri quasi del tutto vuota.
Ciò pone ovviamente problemi organizzativi di tutta rilevanza, sia all'interno dell'USSL. in modo che queste strutture non restino vincolate all'utilizzo del distretto di cui fanno parte, ma siano al servizio di tutta l'USSL, ma anche nell'ambito di un rapporto reciproco tra tutte le UU.SS.LL.
Basti pensare a tutti i foyers che le Comunità montane hanno costituito negli anni passati che potrebbero, nel periodo estivo, essere a disposizione delle UU.SS.SS.LL. delle aree urbane e delle zone di pianura per dire che vi è un problema serio di organizzazione e che l'amministrazione regionale ha grande interesse a stimolare questa attività.



PETRINI LUIGI



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio l'Assessore per la sua "non" risposta, perché l'interpellanza verteva sulla possibilità di ospitare temporaneamente durante l'estate dei cittadini anziani per far godere ai loro familiari dei periodi di ferie o di riposo. In seguito a dichiarazioni rilasciate dall'Assessore Bajardi ai giornali, si era appreso dagli stessi che questo servizio esisteva ed era possibile usufruirne.
Nella sua risposta, peraltro ormai in autunno inoltrato e quindi non del tutto tempestiva rispetto al problema sollevato, afferma che la legge di piano, la legge 20 e le indicazioni formulate dalle UU.SS.SS.LL. in sede di approfondimento dei P.A.S, tendono ad evidenziare come i servizi residenziali tutelari abbiano tendenzialmente la caratteristica della temporaneità.
In questa sua risposta si parla di tipi di servizio che vengono chiamati residence e a noi non sembra che queste siano strutture che la legge 20 e la deliberazione della Giunta regionale sui requisiti individua o indica come servizi che la Regione Piemonte utilizzerà quando la legge 20 dovrà andare a regime. Abbiamo letto la deliberazione in oggetto con molta attenzione. In questi giorni si sono svolte quasi tutte le consultazioni a livello provinciale. A noi sembra peraltro che da queste consultazioni emergano delle critiche ma di questo parleremo in altra occasione.
In realtà se qualche cittadino desidera far soggiornare temporaneamente i propri genitori o familiari anziani, magari per usufruire di un periodo di riposo, non ha alcuna possibilità di usufruire di questo servizio.
Ancora una volta tra piani, progetti, indicazioni, deliberazioni e requisiti, abbiamo preso in giro i cittadini anziani ed i loro familiari.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Quaglia, Martinetti e Giorsetti inerente gli scarichi industriali nel Comune di Farigliano


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Quaglia Martinetti e Giorsetti inerente gli scarichi industriali nel Comune di Farigliano.
La parola all'Assessore Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, Assessore alla tutela ambientale

L'individuazione nel Comune di Farigliano di un'area per lo smaltimento finale dei rifiuti industriali è avvenuta con deliberazione del Consiglio regionale del 22 dicembre 1983 - approvata all'unanimità - relativa al "Piano di siti idonei allo smaltimento dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione e potabilizzazione, dai fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa e rifiuti solidi non assimilabili agli urbani, ai sensi della legge regionale 22 giugno 1979, n.
31, art. 12".
Dall'estratto del processo verbale dell'adunanza del 22 dicembre 1983 del Consiglio regionale durante il quale è stato approvato il piano risultano presenti i Consiglieri regionali Lombardi e Martinetti, ed in congedo il Consigliere regionale Quaglia.
Non corrisponde al vero che il Comune di Dogliani non sia stato direttamente o indirettamente interessato al problema.
L'art. 12 della legge regionale n. 31/1979, in base alla quale il piano è stato redatto, prevede che la Giunta regionale adotti il piano e lo trasmetta agli Enti interessati, e che questi facciano pervenire le proprie osservazioni alla Giunta regionale. Che la Giunta regionale, esaminate le osservazioni, provveda agli elaborati definitivi, e, sentito il CUR.
sottoponga gli atti al Consiglio regionale per l'approvazione.
Pur non essendo espressamente previsto dalla legge,l'Assessorato regionale all'ambiente si premurò di informare anche altri Enti, oltre a quelli direttamente interessati: in particolare i Comuni limitrofi a quelli nel cui territorio era stato individuato un sito nella prima bozza di piano.
Fra questi, in data 14 aprile 1981, il Comune di Dogliani, che però non rispose mai alla nota della Regione.
Nella deliberazione del Consiglio comunale di Dogliani del 9.7.1984, si fa osservare la vocazione agricola delle zone nell'ambito della quale è stato individuato il sito: pur convenendo con tale osservazione, si fa notare che i vincoli imposti dalle leggi vigenti alla localizzazione di aree da adibire a discariche (distanza da centri abitati, e in particolare da corsi d'acqua) impongono come naturale conseguenza l'individuazione di siti posti in zone interessate per lo più da attività agricole.
La presenza in zone di cave d'argilla, fatta rilevare nella deliberazione comunale, evidenzia la esistenza di una situazione sostanzialmente positiva per la realizzazione di una discarica o, comunque per il reperimento in loco di materiali impermeabili, tenuto conto delle caratteristiche di impermeabilità dell'argilla. Nel caso in cui lo strato di argilla sia stato asportato in corrispondenza del sito di cui trattasi la messa a dimora di rifiuti industriali deve essere preceduta, da parte dei soggetti interessati a realizzare la discarica, dall'effettuazione di indagini idrogeologiche approfondite sulla base delle quali predisporre un progetto dettagliato della discarica dal quale emerga incontestabilmente il sistema di impermeabilizzazione dell'area e di gestione dell'impianto.
E' questo un aspetto fondamentale del problema, in merito al quale preme sottolineare che una discarica non è una fonte di inquinamento se tecnicamente ben progettata e realizzata. Le tecnologie messe a punto negli ultimi anni offrono ottime garanzie in ordine alla tenuta dei sistemi di impermeabilizzazione. E' peraltro da sottolineare che particolare cura deve essere posta nella gestione della discarica nonché nell'esercizio dei controlli da parte delle Province.
Si rileva che, in relazione ai siti indicati nella prima proposta di piano, la Regione ricevette tutti i pareri negativi da parte dei Comuni.
Tenendo conto di questa presa di posizione che, pur giustificata a livello locale, non poteva essere accolta dalla Regione se non in quei casi nei quali le ragioni avanzate per motivare il parere negativo fossero state serie e motivate (e non pertanto la generica presenza nel sottosuolo di falde acquifere: in questo modo non esisterebbe nella Regione Piemonte nessuna area idonea a questo scopo), l'Assessorato all'ambiente, in attuazione di quanto previsto nella legge regionale n. 31/79 (confermato e ribadito dal DPR n. 915) individuò negli elaborati finali del piano dei siti le aree ritenute accettabili.
Si aggiunge che il Comune di Farigliano, in una nota del 24/7/1981 trasmise una relazione di un geologo nella quale si esprime sui tre siti inizialmente individuati nel Comune (e dei quali uno solo presente nello studio finale approvato dal Consiglio regionale) talune perplessità ammettendo che il sito indicato nel piano con il n. 54/C (quello scelto in via definitiva) ha qualità tali da permetterne l'utilizzo come discarica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Non ricordavo che in quest'aula avessimo approvato all'unanimità il piano di localizzazione dei siti per le discariche e comunque ritengo che non è detto che tutto quello che viene approvato all'unanimità in quest'aula abbia tutti i requisiti per essere considerato valido, serio ben fatto e ponderato. Molto spesso infatti succede in questo Consiglio che quando si tratta di esaminare delle deliberazioni importanti, che toccano interessi concreti della gente, questi giungono all'ultimo momento per cui non sempre i Consiglieri interessati a quei problemi hanno l'opportunità di fare i dovuti approfondimenti.
Se però c'è una contraddizione nella nostra interrogazione, credo che altrettanta se non ancora di più ve ne sia nelle posizioni assunte dai partiti di sinistra in merito al problema della discarica, che in loco fanno una grossa battaglia contro la sua installazione,contrariamente quindi a quanto deciso da quelle forze di sinistra che sono rappresentate nella Giunta.
Il problema non è però quello di sottolineare eventuali contraddizioni ma quanto di vedere se le opposizioni che vengono dal Comune di Dogliani e le perplessità espresse dal comune di Farigliano hanno reale consistenza.
Il Comune di Farigliano accoglieva nella sua deliberazione fra i tre siti proposti quello di Pian Cerretto perché esso è situato ai confini tra il Comune di Farigliano e il Comune di Dogliani, ma sul versante che scarica su quest'ultimo. Questo non è il solo caso in cui sono state create delle situazione di contesa fra Comuni viciniori, perché molto spesso un Comune che è interessato alla discarica sceglie fra le aree segnalate quelle che vanno a danneggiare altri Comuni.
Il problema delle discariche nella nostra Regione è un problema molto grande. Ritengo che oltre ad inviare documentazione a ciclostile, sarebbe necessario approfondire, attraverso contatti diretti coi Comuni, questo problema e mi sembrerebbe anche logico che su queste questioni che hanno riflessi di carattere igienico-sanitario fossero interessate anche le UU.SS.SS.LL.
Mi rendo anche conto però delle difficoltà che incontra un Assessore che comunque queste aree deve individuare, di fronte al diniego di tutti i Comuni nei confronti di questi siti.
Per quanto riguarda la Provincia di Cuneo, le difficoltà sono maggiori perché molto spesso Comuni della nostra Provincia limitrofi a quella di Torino, vengono interessati a discariche che poi vengono usufruite anche da centri della provincia di Torino, Può anche sembrare una posizione di carattere provinciale che può essere più o meno motivata, ma credo che comunque delle motivazioni valide ne esistano, per cui, dato che in Provincia di Cuneo la densità di popolazione è molto bassa e di conseguenza vi sono aree più vocate a risolvere questo problema, noi dobbiamo farci carico di quella che è invece la problematica che riguarda la Provincia di Torino.
L'Assessore ci ha dato una risposta concreta, fatta di dati, credo per che sul problema della scelta delle discariche bisognerà fare ulteriori riflessioni, perché i Comuni sappiano prima tutto quello a cui vanno incontro. Il lasso di tempo intercorso tra l'invio delle documentazioni avvenuto nel 1981, e la decisione avvenuta alla fine del 1983 ha fatto sì che non sempre le comunità locali hanno avuto tutte le possibilità di far sentire la loro voce.


Argomento: Navigazione (lacuale e fluviale)

Interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente i danni prodotti dalla navigazione a motore sul lago di Azeglio di Viverone


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente i danni prodotti dalla navigazione a motore sul lago di Azeglio di Viverone.
La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Sin dal trasferimento delle competenze in materia di navigazione interna dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario l'Assessorato regionale alla navigazione interna anche su sollecitazione delle varie associazioni naturalistiche e delle Amministrazioni locali interessate, in accordo con quello alla pianificazione territoriale, aveva posto allo studio la possibilità di regolamentare la navigazione sul lago di Viverone oltre naturalmente, provvedere al riordino di pontili e degli attracchi sorti in maggior parte in modo abusivo e disordinato sulle sponde del lago stesso.
Dopo vari sopralluoghi e riunioni pubbliche con le amministrazioni locali, enti ed operatori economici e turistici del lago, la Giunta regionale era venuta nella determinazione di regolamentare la navigazione a motore indicando limiti di potenza dei motori e di dimensione dei natanti oltre ad individuare le zone di divieto assoluto di navigazione, zone di predominante rispetto faunistico ed archeologico.
Il regolamento fu pertanto approvato con D.G.R. n. 24-8880 del 1977.
La Regione aveva altresì approvato il riordino degli approdi provvedendo alla costruzione di cosiddetti "porticcioli"; lavori in fase di completamento.
Con tale provvedimento si è ritenuto di corrispondere alle esigenze di tutela del lago sia dal punto di vista di rispetto ecologico sia dal punto di vista di riordino delle attrezzature turistiche e ricettive.
Dopo alcuni anni di sperimentazione della nuova regolamentazione della navigazione sul lago si è ora venuti nella determinazione di rivedere alcuni punti del primo regolamento approvato, pertanto, dopo vari incontri con le amministrazioni locali interessate, gli operatori turistici e commerciali, le varie associazioni naturalistiche, la Giunta regionale ha proposto un nuovo regolamento attualmente in corso di approvazione.
Tale regolamento succintamente prevede la totale chiusura sul lago alla navigazione da novembre a marzo, così comprendendo anche il periodo della semina degli avanotti di coregone per il ripopolamento del lago; la interdizione alla navigazione delle imbarcazioni a motore di potenza superiore a 25 cavalli fiscali per i motori a 2 tempi e 20 cavalli fiscali per i motori a 4 tempi nei giorni festivi ed il sabato: giorni di massima affluenza turistica sul lago; divieto di navigazione a motore entro 150 metri dalla riva: sono stati previsti solo alcuni corridoi di lancio per lo sci nautico; divieto assoluto di navigazione nelle zone di importanza naturalistica o archeologica e, accogliendo la richiesta dell'amministrazione comunale, nella fascia di lago antistante il Comune di Azeglio e ricadente sul suo territorio.
Con tale provvedimento si ritiene di accogliere in larga parte tutte le richieste avanzate sia dalle amministrazioni pubbliche, sia dalle associazioni naturalistiche, sia dagli operatori turistici e commerciali nell'ottica di riorganizzazione dei servizi e di riordino delle strutture nonché di tutela ambientale del lago.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore per la risposta della quale chiedo copia.
La nostra interrogazione partiva da una denuncia e da una sollecitazione fatta da una associazione ambientalista. Mi dichiaro soddisfatto della risposta e dei provvedimenti che la Giunta ha in fase di predisposizione ed in particolare mi riferisco alla revisione del vecchio regolamento che credo risolverà i problemi che qui sono stati sollevati.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente l'inquinamento nella galleria di Serre La Voute


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente l'inquinamento nella galleria di Serre La Vuote. La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

La U.S.S.L. di Susa ha compiuto nello scorso mese di agosto rilevamenti dei tassi di inquinamento da fumi, pulviscolo, ossido di carbonio e anidride carbonica presenti in galleria, rilevando concentrazioni nei limiti di tolleranza ammessi per legge.
L'Anas, al momento dell'istituzione del doppio senso di marcia ha installato dei rilevatori di ossido di carbonio e degli opacimetri collegati ad un impianto semaforico che automaticamente arresta il traffico agli imbocchi della galleria quando in essa si rilevano tassi di inquinamento vicini alle concentrazioni ammesse per legge.
Tale impianto è attualmente funzionante ed è previsto il dirottamento della corrente di traffico diretta al traforo, sulla vecchia sede stradale in caso di arresto della circolazione in galleria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Il problema è certamente grosso, considerato che nelle scorse settimane la U.S.S.L. competente, la Pretura ed i Carabinieri di Susa sono intervenuti ripetutamente sul problema dell'inquinamento, della sicurezza e quindi della salute all'interno della nuova struttura, primo tassello di un discorso più vasto che da decenni con interpretazioni varie ed anche estreme contraddizioni si sono poste le forze politiche di questa maggioranza che governa attualmente la Regione Piemonte e che mi pare da alcuni accenni dei giornali, al di là delle logiche correntizie del P.S.I.
si accingerebbe a governare anche dopo il 1985.
Ma per ritornare all'aspetto più propriamente ecologico o naturale, e quindi per questo sarebbe stato forse utile che l'Assessore Calsolaro compartecipasse alla predisposizione di questa risposta, dico che le prime analisi dell'U.S.S.L., come ha confermato l'Assessore Cerutti, non hanno rilevato un tasso di inquinamento superiore a quello consentito, ma è assai consigliabile proseguire i campionamenti, perché in talune occasioni l'accumulo dei gas e dei fumi è enorme. E' da rilevare ancora la pericolosità di consentire il transito nei due sensi di marcia.
Intendo ancora rilevare e segnalare all'Assessore Cerutti una preoccupazione non indifferente se 'sono vere le voci emerse in questi ultimissimi tempi, che attendono peraltro conferma o smentita, circa uno scivolamento a valle della galleria appena costruita, la qual cosa certamente creerebbe non pochi problemi, anche di credibilità, nei confronti di chi ha attivato impegni finanziari notevoli.


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente la realizzazione di numerosi sovrapassi sulla linea ferroviaria Chivasso-Casale


PRESIDENTE

L'Assessore Cerutti risponde ancora all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente la realizzazione di numerosi sovrapassi sulla linea ferroviaria Chivasso- Casale.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

La SS. 31 bis è oggetto di un programma di potenziamento e ristrutturazione generale previsto nel piano decennale L. 531/82 della viabilità di grande comunicazione dello stato. Su di essa in concomitanza con i lavori F.S. è già stato avviato un primo progetto all'attenzione degli organi competenti regionali per la variante di Morano Po- Balzola e Casale Popolo con proseguimento fino alla SS. 596 dir.
L'altro nodo importante che vede coinvolti gli abitati di Borgo Revel Verolengo e Chivasso è attualmente allo studio sia dell'Anas che della Regione oltreché del Comprensorio di Torino con l'attiva collaborazione della autostrada Torino-Milano.
Sostanzialmente esso prevede due possibili soluzioni, una variante a Nord di Chivasso. Verolengo e Borgo Revel tra lo stabilimento Lancia e lo stabilimento Fiat di Crescentino con la costruzione di un nuovo ponte sulla Dora Baltea.
L'altra con il dirottamento dei traffici lungo la SS. 590 della Val Cerrina opportunamente potenziata, con un nuovo ponte sul Po, fino a Crescentino.
Sono programmati studi nell'origine e destinazione del traffico e rilevamento dei flussi al fine di definire la soluzione più idonea ed i tronchi prioritari.
Con la realizzazione delle due importanti varianti anzidette la SS. 31 bis attuale risulterebbe per buona parte utilizzata solo dal traffico locale e proprio nei tratti più interessati (lungo gli abitati) dai manufatti sostitutivi dei passaggi a livello in corso di soppressione, per cui si ritiene che i nuovi incroci che si andranno a creare non risulteranno pregiudizievoli al livello di servizio che l'arteria andrà ad assumere.
Il sistema di ammodernamento del tratto ferroviario Chivasso-Casale che prevede l'abolizione di molti passaggi a livello è stato studiato di concerto con i Comuni interessati, per risolvere da una parte il problema futuro della grande viabilità e dall'altra per evitare di pregiudicare ulteriori terreni agricoli e risolvere problematiche locali che riguardano esclusivamente dei semplici passaggi a livello o degli incroci.
I Comuni hanno dato tutti quanti il loro benestare al progetto iniziale delle ferrovie; il secondo benestare intendiamo ottenerlo con la presentazione del piano viario che è in fase di studio e di discussione congiunta Comuni-Regioni. Contiamo di arrivare a questa soluzione in tempi brevi per dare di tutta la zona un assetto complessivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Sarò grato all'Assessore se mi farà avere copia della risposta.
In effetti esistono diverse confluenze di strutture viarie che sono di estremo interesse per l'ampia area di gravitazione, a cavallo fra l'altro di alcune province, per cui non si tratta di un discorso semplicemente di ordine locale.
Devo peraltro rilevare che se le amministrazioni comunali interessate hanno dato inizialmente un primo parere di massima, verificabile successivamente, come l'Assessore ha rilevato, posso interpretare che non poche eccezioni si porranno nel secondo momento di confronto a fronte di una serie di problemi che concretamente, visti nel momento in cui si strutturano queste nuove strutture viarie, si sono creati in questi ultimi tempi, non solo da parte di alcune amministrazioni comunali, ma in senso più generale da parte dell'utenza per una serie di sovrappassi e curve che risulterebbero a prima visione particolarmente problematiche, reiterate e ripetute nel giro di pochi chilometri.
Pregherei l'Assessore a compiere una verifica perché alcune problematiche e preoccupazioni stanno sorgendo anche in termini di vivace proposta e contestazione in questi ultimi tempi.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Brizio e Carletto inerente i vincoli riguardanti l'aeroporto di Torino-Caselle


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Brizio e Cadetto inerente i vincoli riguardanti l'aeroporto di Torino-Caselle .
La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Il piano regionale dei trasporti, approvato con deliberazione n. 532 8700 del 19 dicembre 1979, al punto 3.9.1.5. "Salvaguardia degli spazi aerei e del territorio interessato" riconosce per l'aeroporto di Torino Caselle effetti da rumore e situazioni di pericolo per le popolazioni dei Comuni circostanti questa infrastruttura.
Nel secondo capoverso, per evitare l'incremento di tali effetti, si prospetta agli organi competenti dello Stato di procedere all'applicazione dei vincoli previsti dalla legislazione nazionale e cioè, all'applicazione della legge 4.2.1963 n. 58.
Tale legge vincola l'altezza delle costruzioni nelle aree circostanti un aeroporto, per la salvaguardia sia di chi usa il mezzo aereo che degli insediamenti sottostanti.
In tempi successivi la Regione Piemonte ha avuto contatti con la direzione generale dell'aviazione civile ed ha attivamente collaborato alla stesura delle mappe catastali necessarie all'imposizione dei vincoli prescritti dalla legge sopra citata.
Da notizie ricevute direttamente dal Ministero dei trasporti (DGAC) ci risulta che sono state recepite le "raccomandazioni internazionali I.C.A.0." su tale materia, ma è ancora da emanare il relativo regolamento ed i successivi decreti ministeriali, che per ciascun aeroporto delimitano le aree interessate dai vincoli.
Da parte di questa amministrazione è già stato fatto sollecito alla direzione generale dell'aviazione civile circa la necessità di pervenire al più presto alla modifica delle attuali norme adottando le sopra citate raccomandazioni internazionali, in modo da garantire la salvaguardia degli spazi aerei con meno pesanti vincoli per le comunità limitrofe allo scalo di Caselle.
Siamo in attesa di ricevere un aggiornamento della situazione ed una previsione sui tempi prevedibili al compimento dell'iter legislativo.
Nella sostanza, collega Brizio, intendo precisare che oggi la normativa in Italia prevede il vincolo a partire dal bordo della proprietà dell'aeroporto e non dalla pista di atterraggio, come invece prevede la normativa internazionale e ciò significherebbe per l'aeroporto di Caselle che la metà del territorio oggi vincolato ai sensi della Legge 58 dovrebbe essere liberato dal vincolo che verrebbe spostato nelle vicinanze dello stesso. Questo consentirà sicuramente di evitare una grossa penalizzazione di tipo edilizio sul territorio di Caselle e su quello dei Comuni vicini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Ringrazio l'Assessore per la puntuale risposta. Il problema è emerso soprattutto per quanto riguarda il Comune di San Francesco al Campo perch in base alla normativa del '58, la quale prevede che i vincoli debbano partire dal limite della proprietà dell'aeroporto, il Comune di San Francesco al Campo dovrebbe sparire. Adeguandosi infatti a tale normativa il paese si dovrebbe eliminare in quanto non ha assolutamente possibilità di esistere nel punto in cui si trova. La pubblicazione di questi vincoli quindi ha creato molto malcontento e grave incertezza.
Bisogna procedere con la massima puntualità possibile e con la massima iniziativa da parte della Regione affinché vengano adottate le norme internazionali CAO, di carattere più ampio, in modo che si rientri nella logica e nella normalità. I vincoli certo ci devono essere, ma deve trattarsi di vincoli accettabili.
Pregherei l'Assessore di farmi avere copia scritta della risposta augurandomi clie nel contempo voglia assumere l'impegno di continuare a seguire questa questione, affinché i vincoli intempestivamente annunciati sul territorio non vengano definiti e affinché si possa al più presto addivenire ad una normativa diversa, più accettabile anche da parte delle popolazioni, realmente più utile per tutti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Cernetti e interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerenti il trasferimento della direzione commerciale del gruppo Alivar di Novara


PRESIDENTE

Esaminiamo ora congiuntamente l'interrogazione del Consigliere Cernetti e l'interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerenti il trasferimento della direzione commerciale del gruppo Alivar di Novara.
Risponde ad entrambe l'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

In risposta alla menzionata interrogazione, le notizie sul trasferimento a Milano della direzione commerciale e dell'ufficio marketing del gruppo Alivar (50 persone circa) furono precedute da un pro-memoria del 10/8/84, congiuntamente firmato dal Presidente della Giunta regionale, dal Sindaco di Torino, dagli Assessori Tapparo per l'industria e lavoro della Regione Piemonte e Alfano per il lavoro del Comune di Torino, sulla situazione economica, industriale e delle partecipazioni statali in Piemonte, subito inviato al Ministro Darida, che promise un incontro a Roma, all'inizio del mese di settembre 1984. Tale incontro non è ancora avvenuto. La notizia del trasferimento delle due direzioni (Stampa del 30/8/84) con la conferma dei timori espressi nel pro-memoria, provoc l'immediato intervento dell'Assessore all'industria e lavoro della Regione tramite due lettere (alla presente allegate in copia) del 31/8/84; la prima per chiedere alla direzione Alivar l'immediata sospensione di tutte le operazioni di trasferimento e, la seconda, al Ministro Darida per chiedergli la medesima cosa nonché l'incontro a Roma già prefissato sottolineando il progressivo smantellamento o spostamento dei nuclei forti del terziario delle PP.SS. in Piemonte.
Il 3 settembre 1984, inoltre, l'Assessore Tapparo incontrò la direzione Alivar, guidata dal rag. Rampoldi. Le ragioni principali per attuare il trasferimento espresse dal Rampoldi, furono tre: residenza di molti tecnici a Milano; non reperibilità della necessaria professionalità nell'area novarese; rilancio d'immagine e commerciale del gruppo.
Naturalmente il Rampoldi fu avvisato che il no a qualsiasi trasferimento delle PP.SS. dal Piemonte riguardava anche l'Alivar, che sarebbe, anzi, divenuta un nuovo argomento per l'incontro con il Ministro.
Comunque è assai grave il dover constatare che la politica della Regione Piemonte, finalizzata al potenziamento del settore terziario avanzato, viene ostacolata sempre di più dall'eliminazione progressiva dei centri di formazione e di propulsione di detto fondamentale terziario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere signora Cernetti.



CERNETTI Elettra

Ringrazio l'Assessore della risposta puntuale. Non è, certo non per colpa dell'Assessore, una risposta che venga a fugare le preoccupazioni che già avevo esternato nella mia interrogazione facendomi portavoce delle preoccupazioni del Consiglio di amministrazione, degli operai della Pavesi e della popolazione tutta.
Nella interrogazione da me presentata il 6 settembre avevo chiesto all'Assessore di far conoscere con esattezza i progetti del Ministero delle partecipazioni statali per il Gruppo Alivar, onde evitare il trasferimento della direzione commerciale e dell'Ufficio Marketing e fugare i timori di un graduale disimpegno, anche sul piano occupazionale, da parte dell'Azienda.
Il 18 settembre ho presentato un'altra interrogazione perché purtroppo queste preoccupazioni hanno trovato riscontro: la Pavesi, infatti, ha messo in cassa integrazione 500 lavoratori sugli 850 addetti alla produzione per una settimana e ha deciso anche di ridurre di un giorno la settimana lavorativa a partire da ottobre fino a tutto dicembre. Dalle ultimi consultazioni con i sindacati pare che quanto meno la settimana non passerà da 5 a 4 giorni lavorativi, ma è evidente che queste preoccupazioni si fanno sempre più pressanti per tutti i lavoratori e per le numerose famiglie che traggono il loro sostentamento dal lavoro presso la Pavesi.
Novara non fa parte della zona disastrata del Cusio-Verbano-Ossola però i problemi occupazionali cominciano a farsi sentire in modo pesante anche in questa città: vedi ad esempio la chiusura da tempo della Storgato che non è stata più praticamente riattivata o riciclata, alla quale adesso viene ad aggiungersi anche la preoccupazione per la Pavesi che è sempre stata la più importante azienda della città di Novara.
Rivolgo quindi un invito pressante alla Regione affinché si ponga come mediatrice sia nei confronti delle forze governative, sia nei confronti delle forze politiche e sociali del Comune di Novara che, a detta dei sindacati, in questa fase non sono state sufficientemente presenti ed influenti in una situazione che va aggravandosi sempre di più.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore per la tempestività della risposta. Credo che questa vicenda sia in qualche modo significativa, poiché si tratta di un'azienda a partecipazione statale. I rappresentanti del Governo, i quali continuano a fare pellegrinaggi nella nostra Regione, a Torino, sostengono come gran parte delle forze economiche e sociali del Piemonte, che il futuro produttivo e occupazionale, la risposta alla crisi della nostra Regione, sta nello sviluppo del terziario avanzato e nello sviluppo delle nuove professionalità.
Ed appunto poiché si tratta di un'azienda a partecipazione pubblica ritengo vi sia un' aperta e clamorosa contraddizione delle enunciazioni che vengono fatte sistematicamente rispetto al futuro di questa Regione.
Non è tanto grave il fatto che sostanzialmente a Novara si perdono 50/60 posti di lavoro, ma quanto il segnale politico che viene, perché alle enunciazioni rispetto alle prospettive di questa Regione fanno riscontro degli atteggiamenti che continuamente le contraddicono (ricordo ad esempio il centro di Borgaro).
In un'intervista rilasciata recentemente, il direttore generale della direzione Alivar, dottor Zanotti, disse sostanzialmente che in settori come il marketing esiste il problema storico di reperire personale specializzato, il quale deve provenire da altre città e poiché Novara viene reputata sede disagiata è stato deciso di trasferire la direzione commerciale e l'ufficio marketing a Milano.
Nel momento in cui si pone nella nostra Regione il problema di adeguare le professionalità e le strutture allo sviluppo del terziario avanzato anziché dotarsi di centri adeguati per la formazione di managers, le strutture vengono trasferite in altre Regioni. Questo è ancor più grave se si tiene conto del fatto che si è sempre parlato di Novara come uno dei centri di terziario avanzato capace di riequilibrare la caduta occupazionale.
Alla luce di questa valutazione politica, credo sia necessario agire con forza affinché questa situazione venga in qualche modo tamponata e che non avvenga quindi il trasferimento della direzione commerciale.
Sarebbe tra l'altro opportuno capire che ne è del progetto di uno stabile, originariamente destinato alle scuole medie di Romentino, da adibire a centro di formazione professionale per managers, progetto che era stato sollecitato dalla stessa Pavesi e sponsorizzato dalla Banca popolare di Novara e dall'Associazione Industriali.
Questa vicenda rappresenta un ulteriore segnale negativo rispetto alle prospettive della nostra Regione e dimostra una contraddizione tra le enunciazioni e l'attuazione concreta rispetto alle possibilità di uscita dalla crisi della nostra Regione.


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione del Consigliere Brizio inerente il piano di sviluppo aziendale del parco La Mandria presentato dal signor Ferrero


PRESIDENTE

L'Assessore Rivalta risponde all'interrogazione del Consigliere Brizio inerente il piano di sviluppo aziendale del parco La Mandria presentato dal signor Ferrero.



RIVALTA Luigi, Assessore ai parchi

Con riferimento all'interrogazione di cui all'oggetto, con la quale il Consigliere Brizio, in merito alla deliberazione della Giunta regionale n.
14-33534, del 10 aprile 1984, che ha respinto il piano di sviluppo aziendale presentato dal signor Giuseppe Ferrero per lo svolgimento di attività agricole nel parco regionale La Mandria, richiedeva di conoscere: 1) se fosse stato interposto ogni necessario interessamento per superare le cause di diniego evitando la presentazione di un ricorso al TAR 2) se vi siano altre motivazioni oltre quelle espresse in deliberazione che hanno originato la presa di posizione negativa della Giunta regionale 3) se l'orientamento della Giunta sia quello di non consentire comunque la razionalizzazione e lo sviluppo delle attività agricole non regionali incluse nel parco della Mandria.
Al fine di fornire un'esauriente risposta va preliminarmente sottolineato che il piano della Mandria non solo è oggetto di salvaguardia attraverso le norme contenute nella legge regionale istitutiva del parco stesso, ma è sottoposta anche al vincolo della legge 29 giugno 1939, n.
1497, sulle bellezze naturali: tale vincolo è stato posto con Decreto ministeriale, del 31 marzo 1952, che stabiliva, tra l'altro, che la tenuta La Mandria "dovrà rimanere integra come trovasi al presente in tutte le sue parti ivi compresa la cinta muraria di protezione".
Questa dizione è stata sottolineata dal Pretore Palmisano a me e al Presidente della Giunta regionale nell'ambito della vicenda relativa alla pista Fiat. E' una dizione molto esplicita e chiara nella forma; un po' meno nella praticabilità.
Nel rispetto di quanto previsto dal Decreto ministeriale, dal momento dell'insediamento della prima Giunta di sinistra in poi, la Regione non ha più concesso alcuna nuova edificazione, bloccando altresì le iniziative già avviate per quanto concerne la lottizzazione Saim e la costruzione della pista Fiat; ed addirittura non consentendo l'ulteriore prosecuzione dell'edificazione dell'Istituto zooprofilattico, cercando altre soluzioni.
Si deve rilevare inoltre che la Magistratura ha in corso un'indagine relativa agli interventi eseguiti nella Mandria in contrasto con la previsione del decreto ministeriale, indagine che non risulta ancora conclusa.
La premessa di cui sopra consente di comprendere in quale contesto si collochi la richiesta avanzata dal signor Ferrero in merito ad interventi di sviluppo aziendali: infatti, dal punto di vista amministrativo, con riferimento alla legge istitutiva del parco e del relativo piano dell'area il piano di sviluppo aziendale presentato dal signor Ferrero è oggetto di approvazione o diniego da parte della Giunta regionale. Il piano citato non risulta in contrasto, dal punto di vista agronomico, con le previsioni del piano del parco: peraltro lo stesso prevede la costruzione di due nuove stalle ubicate nei pressi di un canale non arginato e pertanto non costruibili a norma della previsioni di tutela del piano. In aggiunta a ci va comunque tenuto in conto quanto enunciato precedentemente e cioè che comunque, a norma della legge statale 1497, non possono essere costruite nuove strutture.
Per quanto detto risulta evidente che il piano di sviluppo aziendale presentato dal signor Ferrero al fine di ottenere l'approvazione prevista dalle norme derivanti dall'applicazione della legge 54/78 istitutiva del parco non era accoglibile, pur se corretto dal punto di vista agronomico per illegittimità connessa alla localizzazione delle nuove stalle: sarebbe pertanto possibile rimuovere tale illegittimità localizzando diversamente le stalle, ma ciò non sarebbe sufficiente ad approvare i relativi progetti ai sensi della legge 1497 e del Decreto del 1952, quando gli stessi saranno presentati per ottenere l'autorizzazione prevista da tale legge: proprio a questo fine nella deliberazione di diniego del piano di sviluppo aziendale si è data una precisa indicazione al signor Ferrero sottolineando l'opportunità di utilizzare gli edifici esistenti. Intendo aggiungere che verbalmente al signor Ferrero avevamo anche dato il consiglio di non acquistare questa parte di territorio anche perché stavamo trattando anche noi con la Saim l'acquisto di questa striscia che è confinante con la proprietà regionale. Informammo il signor Ferrero che trattandosi di zona adibita a parco ci sarebbero stati elementi di vincolo ed essendo inoltre tutelata anche dalla legge dello Stato ne avrebbe incontrati altri ancora.
Egli si è reso conto di questo in seguito (non ha voluto rendersene conto subito) ed abbiamo ancora trattato l'acquisto di questa proprietà per cercare di risolvere il problema favorevolmente per entrambe le parti, ma quella parte di territorio che il signor Ferrero aveva acquistato a 500 milioni dalla Saim ci veniva esitata a 5 miliardi dopo solo un paio di anni. Ciò significa che anche all'interno di un'area adibita a parco si pu ancora pensare di fare operazioni con acquisizione di rendita.
Il ragionamento sviluppato porta a dare risposta ai primi due quesiti posti nell'interrogazione del Consigliere Brizio e cioè che le cause del diniego potrebbero essere superate con riferimento alle norme che regolano il parco, ma ciò non sarebbe sufficiente a dare risposta ai vincoli imposti con il Decreto ministeriale del 1952: pertanto le motivazioni contenute nella deliberazione di diniego sono corrette e non possono che fare riferimento alle norme in base alle quali è stata richiesta l'autorizzazione.
Per quanto concerne il terzo quesito si sottolinea che la Giunta regionale, proprio per le motivazioni di cui sopra, ha tenuto lo stesso atteggiamento nei confronti dell'azienda di gestione della Mandria, non consentendo l'installazione di nuove strutture; pertanto l'atteggiamento della Giunta è stato ed è uguale sia che si tratti di un'attività privata sia dell'attività aziendale regionale. Se le attività agricole all'interno della Mandria debbono essere razionalizzate e sviluppate, come sottolinea il Consigliere Brizio, lo siano nel rispetto delle leggi dello Stato e della Regione che regolano il territorio della Mandria.
Recentemente il Ministro Gullotti tramite lettera ci ha informati che la Mandria è sottoposta a quella tutela stabilita col Decreto del 1952.
Leggo testualmente una frase, anche se da sola certo non serve a capire tutto il contesto di questa lettera: "Non è pensabile, infatti, una compromissione anche parziale della tenuta di caccia".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Ringrazio l'Assessore Rivalta per l'ampia risposta, della quale chiedo copia scritta.
L'interpretazione così ristretta del Decreto del 1953 fa sì che la nostra legge sul parco sia totalmente vanificata, perché gli interventi che la legge sul parco consente non sono consentiti dalla legge statale.
Se questa interpretazione dovesse prevalere, non si capisce allora quale sia la potestà di intervento legislativo autonomo della Regione in un parco di sua proprietà. Il discorso deve essere chiarito e mi pare che la lettera di Gullotti sia in un certo qual senso un po' troppo netta rispetto alla complessa situazione giuridica che nasce dal sovrapporsi di due legislazioni.
Questo tema deve essere affrontato per evitare che il nostro parco venga poi a trovarsi in condizioni di scarsa operatività e la Giunta regionale se ne deve far carico per un chiarimento definitivo che non pu essere la lettera, per quanto rispettabile, di un Ministro della Repubblica.


Argomento: Turismo sociale

Interrogazione dei Consiglieri Picco e Sartoris inerente l'ex colonia Medail di Bardonecchia


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Picco e Sartoris inerente l'ex-colonia Medail di Bardonecchia.
La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

I Consiglieri Picco e Sartoris con l'interrogazione in oggetto, hanno chiesto di conoscete quali modalità di gestione e di accesso alla ex colonia Medail di Bardonecchia sono tuttora praticate dalla cooperativa di albergatori, alla quale è stato affidato l'esercizio della struttura stessa.
Al riguardo si fa presente che l'amministrazione regionale non potendo utilizzare direttamente l'ex colonia Medail, con atto del 5/4/1982 ne concesse l'uso al Comune di Bardonecchia per fini pubblici e sociali.
Con lo stesso atto venne anche prevista la facoltà per il Comune di concedere a terzi l'uso di parti dell'immobile sempre col vincolo della destinazione a fini pubblici e sociali.
in conformità a tale disposizione contrattuale, il Comune di Bardonecchia, con apposite deliberazioni consiliari ha approvato uno schema di subcomodato a favore del 'Centro Europa Bardonecchia Soc, coop, a r.l.' il quale oltre a prevedere a carico della predetta società tutte le spese sia ordinarie che straordinarie, inerenti l'uso dell'immobile, stabilisce tra l'altro che: 1) "Il Centro dovrà servirsi dell'immobile oggetto del comodato esclusivamente per attività aventi finalità pubbliche e sociali. Gli avanzi netti della gestione, detratta la quota per il fondo di riserva ordinario e la quota di ammortamento relativa anche alle attrezzature ed agli arredi dovranno essere destinati alla realizzazione di strutture turistiche e sportive di pubblica utilità e di proprietà comunale.
La Cooperativa potrà destinare gli utili, come sopra determinati previo parere obbligatorio e vincolante del Comune, anche al completamento della ristrutturazione dei fabbricati della ex colonia secondo il progetto regionale già approvato dagli organi competenti e fatte salve le determinazioni in merito della Regione Piemonte".
2) il Centro sottoponga al parere preventivo e vincolante del Comune il programma annuale delle attività da svolgere nell'immobile al fine di poterne constatare le finalità pubbliche e sociali.
Si fa presente infine che il "Centro Europa turismo e sport Regione Piemonte - Cooperativa di produzione e lavoro a r.l. - Bardonecchia" costituitosi in società con atto del 19/10/1982, ha tra le proprie finalità statutarie, in primo luogo, quella di creare e gestire in Bardonecchia un centro turistico ricettivo a carattere internazionale destinato unicamente ad organizzazioni nazionali ed internazionali pubbliche e sociali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Ringraziamo il Presidente per la risposta.
Le preoccupazioni sono di natura sostanziale, perché si tratta di un bene che sta assorbendo alla Regione Piemonte delle risorse che non sono indifferenti, quindi riteniamo di avere l'obbligo, in qualità di Consiglieri regionali, di esercitare un controllo che stimoli nella direzione dell'applicazione più corretta dei patti intervenuti tra il Comune di Bardonecchia e la cooperativa degli albergatori.
Stiamo alle assicurazioni che ci ha dato il Presidente Viglione e ci auguriamo che queste corrispondano alla realtà.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Moretti inerente la localizzazione della città giudiziaria


PRESIDENTE

Infine il Presidente della Giunta regionale risponde ancora all'interrogazione del Consigliere Moretti inerente la localizzazione della città giudiziaria.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Sulla base di assicurazioni del Ministero di grazia e giustizia e del direttore generale, Presidente Niutta, che sovraintende all'edilizia giudiziaria, si è convenuto di riproporre la realizzazione dei nuovi uffici giudiziari di Torino.
finanziamento è garantito dalla Cassa depositi e prestiti (già avuto conferma ufficiale dal direttore prof. Falconi) attraverso la legge apposita dello Stato: per il 1984 c'erano ancora 350-400 miliardi da utilizzare. Il finanziamento viene garantito in partenza ed elargito stato avanzamento lavori.
I lavori, d'intesa con il Ministero, verrebbero affidati tramite concessione all'Italstat che consegnerà a 30 mesi dall'inizio lavori il manufatto chiavi in mano.
C'è una Commissione mista (magistrati, avvocati e capi Gruppo) che sta esaminando la questione. Ai primi di ottobre ci dovrebbe essere la riunione conclusiva, presente il Ministro Martinazzoli e il Presidente Niutta, alla quale parteciperemo anche noi e spero di poter farvi partecipare anche i Capigruppo.
Il Comune ha indicato tre aree per l'ubicazione: via Pietro Cossa, ex Texid di Via Nole e il Lingotto. La superficie di calpestio necessaria è di 100.000 mq., mentre la superficie del terreno dovrà aggirarsi tra 150 e 200.000 mq. Siamo su una dirittura favorevole per l'avvio di questo processo, essendo maturate tutte le condizioni necessarie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Ringrazio il Presidente per la tempestività della risposta all'interrogazione.
L'interrogazione aveva anche lo scopo di provocare un dibattito sul Palazzo di giustizia in sede di Consiglio regionale, ed a questo fine presenterò un ordine del giorno per affrontare la questione.
A mio avviso, non si deve strumentalizzare questo problema, ma occorre invece arrivare ad una individuazione territoriale per quanto riguarda le aree da destinare.
Ritengo che tale questione interessi non una sola forza politica, ma tutte quelle presenti in questo Consiglio regionale ed è per questo motivo che ho presentato questa interrogazione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Ferraris, Gerini, Marchini e Turco.


Argomento:

b) Presentazione progetto di legge


PRESIDENTE

E' stato presentato il seguente progetto di legge: N. 439: "Partecipazione della Regione Piemonte alla Socotras s.p.a." presentato dalla Giunta regionale in data 21 settembre 1984.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute dell'I l e 13 settembre 1984 - in attuazione dell'art. 7, primo comma della legge regionale 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi sono depositate ed a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Fondi sanitari

Comunicazioni della Giunta regionale


PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bajardi per una comunicazione.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

E' certamente noto ai Consiglieri che il decreto n. 528 del 29 agosto 1984, contenente misure straordinarie per il servizio sanitario regionale prevedeva che entro il 25 settembre tutte le UU.SS.SS.LL. trasmettessero al Ministero della sanità, del tesoro e alla Regione, con apposita certificazione dei presidenti, i dati relativi all'ammontare complessivo delle spese di parte corrente impegnate per la gestione di competenza 1983.
Tale cifra, incrementata fino al 10 per cento, rappresenterà la disponibilità regionale del F.S.N. per il 1984 e sarà pure riferimento per la determinazione del F.S.N. per il 1985 che sarà inserito nella legge finanziaria 1985 che sarà presentata al Parlamento entro fine mese.
. Le sollecitazioni pervenute dai vari organi ministeriali ci hanno certamente stimolato, per cui la scadenza del 25 settembre è stata rispettata anche per i successivi adempimenti regionali e stamane un funzionario regionale consegnerà a Roma e al commissario di Governo che ne ha fatto richiesta la relativa documentazione.
La spesa impegnata al 31/12/1983 è risultata di lire 2.545,6 miliardi che decurtata delle poste attive (le entrate per i vari ticket sempre nel 1983) di 49,5 miliardi, porta ad un totale di 2.496,0 miliardi.
Per il 1 984 la somma disponibile sarà questa (2.496) incrementata del 10 per cento, ossia sarà pari a 2.745,6 miliardi.
Sulla base di questo dato, ed in attesa della ratifica da parte del Parlamento entro il 28 del prossimo mese, e non escludendo eventuali modifiche, si è avviato il lavoro tecnico per presentare al Consiglio la proposta di riparto tra le UU.SS.SS.LL. che orientativamente si riferirà alla prima e non più alla seconda ipotesi presentata al Consiglio non essendosi verificati quei presupposti giuridici di contenimento della spesa previsti dalla legge finanziaria 1984.
Il dibattito svoltosi a luglio, con i relativi materiali che erano stati predisposti e le nuove elaborazioni in atto sono certo permetteranno un serrato lavoro in V Commissione ed in Consiglio onde accelerare gli assestamenti di bilancio di tutte le UU.SS.SS.LL. e si eviteranno le disfunzioni che da più parti vengono paventate per i mesi futuri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Ringraziamo l'Assessore di questa comunicazione e prendiamo atto che le UU.SS.SS.LL. del Piemonte e gli Uffici dell'Assessorato sono stati tempestivi nel rispettare la scadenza fissata dal Decreto Legge.
Siamo certi che questa documentazione trasmessa oggi al Governo e al Commissario di Governo sarà anche a disposizione dei Consiglieri della Commissione competente.
Prendiamo atto dei riferimenti che l'Assessore ha fatto in merito all'ampio dibattito sulla spesa sanitaria avvenuto recentemente in Consiglio e quindi non possiamo far altro che confermare ciò che in quella sede dicemmo e che tra l'altro dovrebbe trovare rispondenza nella ipotesi di riparto annunciata dall'Assessore.
Infatti, se ci si riferisce all'ipotesi a) del riparto che già era stata presa in considerazione all'inizio dell'anno, pur con tutte le riserve da noi avanzate allora, verrebbe accolto il nostro pressante invito a far sì che l'utilizzazione dei nuovi fondi disponibili non vada a premiare le UU.SS.SS.LL. che sono state meno capaci di contenere le spese perché è vero che non si è potuto attuare il contenimento previsto, in quanto sono mancati i presupposti giuridici di carattere generale che avrebbero dovuto permetterlo, ma è altresì vero che in alcune UU.SS.SS.LL.
dei contenimenti sono stati fatti, dei sacrifici alle utenze sono stati richiesti ed è giusto che queste non vengano adesso punite tramite la non gratificazione con l'aumento dei fondi a disposizione. Si tratta di fondi che debbono essere impegnati ancora durante questo scorcio di esercizio e pertanto dovranno arrivare al più presto possibile.
Raccomandiamo quindi all'Assessorato di agire con la dimostrata sollecitudine, tenendo sempre conto delle nostre preoccupazioni di carattere generale.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Proseguimento esame progetti di legge nn. 91, 125, 185, 192, 214, 244, 249 e 337: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 56/1977 e successive modificazioni"


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame dei progetti di legge nn. 91, 125, 185, 192, 214 244, 249 e 337: "modifiche ed intcgrazioni alla L.R. 56/1977 e successive modificazioni" di cui al punto quarto all'ordine del giorno.
E' prevista la replica dei relatori e dei rappresentanti della Giunta regionale.
La parola al relatore di minoranza, Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nella replica mi limiter all'aspetto normativo e legislativo del disegno di legge, in quanto l'aspetto politico è già stato trattato nei suoi lineamenti essenziali nella relazione scritta ed è stato più ampiamente e diffusamente ripreso nell'intervento del Capogruppo Carazzoni e poi perché sugli aspetti strettamente politici e legislativi connessi, ci sarà ampio modo di dire definitivamente il pensiero del nostro Gruppo in sede di dichiarazione di voto.
Nell'ambito di questo aspetto legislativo, limiterò la trattazione a quelli che sono stati gli argomenti peraltro percorsi negli interventi che si sono succeduti, cioè a dire a quelli che sono gli istituti nuovi innovatori della materia e che il Presidente della 11 Commissione Biazzi ha definito, rispetto al testo originario, stravolgenti del d.d.l.
Ora, un connotato che è dato di cogliere dalla discussione generale ed in particolare dagli interventi dei colleghi di maggioranza (ovviamente non comprendo in questa dizione, il Consigliere Astengo che si è posto su una posizione anomala e di netto contrasto con la maggioranza) è il mutamento di rotta sui lineamenti principali ed essenziali di questi istituti stravolgenti, perché attraverso l'intervento dell'Assessore Cerutti si coglie che il PTO viene ridimensionato su alcuni punti di rilievo, cioè su quel punto normativo nel quale si prevedeva che quanto stabilito dal PTO diviene addirittura prescrizione immediatamente prevalente nella disciplina urbanistica comunale. Si coglie cioè il fatto che cade questa impalcatura del provvedimento "ghigliottina". Infatti, l'Assessore Cerutti preannunciando implicitamente emendamenti da parte della Giunta, dice che "il PTO - leggo testualmente - esiste solo alla condizione che vi sia un accordo fra l'ente locale e la Regione, cioè a dire che esiste una deliberazione di accettazione da parte dei Comuni".
Cade allora quella che era la mia argomentazione numero 2, sul fatto che questo progetto di legge violava l'autonomia dei Comuni, non come principio astratto, ma proprio nel concreto, perché incideva, immutandole se e in quanto in contrasto sulle prescrizioni dei piani regolatori.
Cade, secondo quanto ci è stato preannunciato da uno dei colleghi di maggioranza, anche l'ipotesi di formazione del progetto territoriale operativo da parte di soggetti privati, che era stata oggetto di censura non solo da parte nostra, ma di diversi soggetti consultati che avevano messo in evidenza come quasi si potessero individuare nome e cognome dei possibili formatori di questi progetti territoriali operativi.
C'è poi da cogliere, sempre nel quadro di questo mutamento di rotta una preziosa affermazione interpretativa del progetto territoriale operativo che proviene dal Presidente della Il Commissione, Biazzi, il quale precisa a un certo punto del suo intervento: "vogliamo chiarire molto bene che il piano territoriale operativo deve essere un'attuazione del piano territoriale". Allora non è più un qualche cosa di normativo, ma questa affermazione-interpretazione contrasta con quella che è fino a questo momento la normativa proposta perché, se non vado errato, è l'art. 8 ter che prevede come le normative contenute nel progetto territoriale operativo costituiscano, se e in quanto in contrasto, stralcio del piano territoriale.
Il Presidente della II Commissione precisa ancora che questo progetto territoriale operativo, con caratteristica di attuazione, riguarda poche iniziative di carattere eccezionale. Se poi si tiene conto che l'Assessore Cenati nel rispondere a una precisa domanda della collega Vetrino circa un esempio di PTO ha richiamato l'operazione Sito, possiamo dire che questo richiamo al Sito come ipotesi di progetto territoriale operativo si collega puntualmente con l'affermazione del collega Biazzi laddove dice: "carattere eccezionale" e a me pare che, senza forzare l'interpretazione di quanto è stato detto e di quanto ho richiamato, ci sia una marcia di avvicinamento a quella che nella relazione di minoranza presentata dal MSI-DN avevo chiamato esaminandola nel merito "possibilità di un progetto territoriale operativo che sia tipico di un'azione amministrativa che debba muoversi nell'eccezionalità e nell'urgenza". Pur rimanendo ferma la pregiudiziale costituzionale, sulla quale non insisto in quanto, pur continuando a rimanere convinto, il collega Simonelli non mi ha ancora dimostrato con argomentazioni che peraltro aveva riservato il non fondamento della mia opinione, nella relazione di minoranza avevo esaminato la possibilità di questo progetto territoriale operativo e avevo ritenuto che facendo la seguente similitudine cioè che il progetto territoriale potrebbe, collocato in un'altra normativa, stare ai piani territoriali come il decreto legge sta alla legge, si possa dire che a un certo momento ci si può trovare di fronte a piani territoriali formati in una determinata maniera e a piani regolatori che recependone le linee essenziali sono conformi; potrebbe per verificarsi un evento straordinario ed eccezionale ed allora in quel caso si potrebbe calare l'ipotesi di questo strumento, sempre che, a mio avviso ci sia una norma statale che lo preveda come principio, cioè un progetto territoriale operativo o attuativo che si colloca come nuovo strumento urbanistico proprio per il carattere di eccezionalità e di urgenza. Anche se, in base alla legge 56, ne esistono già sette di piani attuativi e quindi questo sarebbe l'ottavo, ma forse potrebbe avere questa caratteristica dell'eccezionalità e dell'urgenza che mi pare venga colta se le parole hanno un senso, senza essere forzate nell'intervento del collega Biazzi: "carattere eccezionale e di attuazione". Ecco perché c'è un mutamento di rotta. Stando a questa interpretazione autentica di quanto detto dal collega .Biazzi e agli emendamenti in corso di formalizzazione del loro contenuto ufficioso che ci è giunto alle orecchie, sembra che allora ci sia uno stravolgimento dell'originario istituto.
Sull'altra questione nodale, relativamente all'istituto della salvaguardia attiva, abbiamo indubbiamente delle novità secondo le notizie ufficiose e gli emendamenti che fino a questo momento la Giunta non ci ha ancora presentato. Nel suo intervento Biazzi ha preannunciato che si sarebbe scesi su una linea più riduttiva della salvaguardia attiva o del silenzio-assenso, nel senso che, passati inutilmente i 360 giorni, gli unici interventi suscettibili di essere attuati sono quelli di cui all'art.
13 della vigente legge 56, cioè a dire gli interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo.
Pur ridotta quindi a una mini-salvaguardia, perché saranno senz'altro importanti questi importanti interventi per i quali si vuol fare scattare la salvaguardia o il silenzio-assenso, ma non sono quelli del testo originario, ove si prevedeva che salvo gli interventi relativi ai beni culturali e ambientali il Comune poteva provvedere ad attuare il piano adottato con quella facoltà del tutto discrezionale della Giunta di dire al Comune: "No, non si attua nessun intervento", sembrerebbe che nel nuovo testo in corso di predisposizione, ci si limita a questi tre tipi di intervento di cui all'art. 13 della legge 56 e sembrerebbe che verrebbe abrogata la facoltà discrezionale della Giunta. Il problema però rimane tale e quale, cioè a dire: "siccome è pur sempre la Giunta che mantiene il potere di approvare, che cosa potrà verificarsi in sede di approvazione e dopo che i Comuni si saranno avvalsi di questa facoltà di mandare in attuazione il piano regolatore non approvato?" Occorre prevedere che scattati i 360 giorni, il Comune attua questi interventi minori, poi, in sede di approvazione, potere che indiscutibilmente la Giunta mantiene anche questi interventi minori vengano presi nel vortice di un rinvio totale del piano adottato o di un rinvio parziale o vengano ad essere oggetto di modifiche. Che cosa succede allora in tutti quegli interventi amministrativi, pubblicistici o privatistici che sono stati attuati fra il 361mo giorno ed il giorno della non approvazione di queste prescrizioni urbanistiche? Si verifica il guazzabuglio sul piano operativo e l'incertezza del diritto sul piano normativo. Per giustificare la salvaguardia attiva, l'Assessore Cerutti diceva che in definitiva questo silenzio-assenso (in un certo momento l'ha chiamato anche lui così) non è altro che l'istituto introdotto dalla legge Nicolazzi del 1982. Li c'era il silenzio-assenso fra pubblico e privato, mentre qui innoviamo e introduciamo il silenzio-assenso fra pubblico e pubblico: le differenze sono estremamente notevoli. E' sufficiente meditare che quando il privato fruisce del silenzio-assenso nei confronti del Comune che in quel determinato termine dei 60 o 90 giorni non gli risponde sulla sua domanda di concessione o di autorizzazione, il discorso si chiude ed il privato pu attuare senza che si possa ritornare.
Nell'ambito della legge nazionale Nicolazzi del 1982 l'istituto del silenzio-assenso responsabilizza il privato, perché se il privato chiede una qualche autorizzazione o concessione, attuata poi col silenzio-assenso che si manifesti in un secondo tempo, in contrasto con gli strumenti urbanistici, ne subirà le conseguenze, perché la Regione ha dieci anni di tempo per revocare e annullare i provvedimenti in contrasto con gli strumenti urbanistici e il sindaco, inerte perché ha fatto scattare i silenzio-assenso sulla domanda di concessione e autorizzazione, può in base al principio dell'autotutela intervenire.
In questo caso invece il discorso è diverso perché il silenzio-assenso o salvaguardia attiva, fra pubblico e privato non è una chiusura sugli interventi di cui all'art. 13 lettera a, b, c, che ho richiamato ma è una chiusura solo provvisoria perché dopo la Regione riprende tutti i suoi poteri.
Respingiamo quindi, per questa motivazione di confusione legislativa che si creerebbe, il silenzio-assenso o salvaguardia attiva, anche se, come abbiamo avuto occasione di dire, sia nella relazione scritta e come ha avuto occasione di mettere in evidenza il collega Carazzoni nel corso del suo intervento, verrebbe d'impeto e per stato d'animo di dire: "sì, di fronte all'inerzia dell'esecutivo regionale, ben venga questa salvaguardia per i Comuni che sono stati diligenti". Però, anche se sotto questo profilo sorge l'intento di dire un sì alla salvaguardia attiva, le conseguenze che ho enunciato mi pare debbano fare meditare.
Il collega Genovese nel corso del suo intervento ha fatto una proposta suggestiva che peraltro lui definisce provocatoria. Egli dice: "se la Giunta non provvede entro 360 giorni, provvederà il Consiglio, con l'iscrizione all'ordine del giorno da parte del Presidente all'approvazione o alla non approvazione".
Attraverso questa proposta ci sarebbe una sorta di potere sostitutivo del Consiglio rispetto alla Giunta e penso quindi si debba esprimere opinione negativa.
Abbiamo sempre sostenuto nel quadro della rifondazione dell'Ente Regione (e non siamo solo noi che lo diciamo perché sul piano culturale politico e dottrinale c'è chi la pensa nella stessa maniera) che la Regione debba essere ente che legifera, programma e delega, che non gestisce.
Qui addirittura si arriverebbe non ad una gestione, ma addirittura a svolgere un lavoro meramente e prettamente di carattere amministrativo e che non ha proprio nulla a che vedere né con la legislazione, né con la programmazione. Penserei che sia persino mortificante per il Consiglio regionale doversi mettere ad esaminare gli elaborati di un piano regolatore, a parte poi (parlo in proprio, ma penso di interpretare il pensiero anche di alcuni colleghi) non so con quale capacità e competenza noi siamo in grado di entrare nel dettaglio tecnico. La Giunta quando deve provvedere si avvale del parere del CUR e dei suoi servizi urbanistici.
Penso che si snaturerebbe la funzione del Parlamento regionale; il Presidente Viglione più di una volta ha detto che questa non è un'assemblea, è un Parlamento di tipo occidentale, è un Parlamento che fa leggi, è vero, anche se non si chiama Parlamento, è un ente che deve legiferare, programmare, delegare. Proprio perché cozza contro questo principio, riteniamo che pur essendo suggestiva e interessante la proposta del collega esprimiamo opinione negativa.
Avevo detto che mi limitavo ad accennare agli istituti che il collega Biazzi ha definito stravolgenti, perché di tutte le altre modifiche, pur di rilievo, a cominciare da quella del CUR per arrivare a quella del certificato urbanistico, e a quella dello snellimento dell'approvazione nel senso di non approvazione di certi strumenti esecutivi del Comune, ne parleremo esaminando l'articolato.
Mi soffermo solo sul certificato urbanistico, siccome in alcuni interventi ed anche nella relazione del collega Simonelli, questa innovazione viene messa in evidenza con un certo rilievo.
Come ha esattamente rilevato il collega Carazzoni, i casi sono due: o le norme urbanistiche sono chiare e semplici ed allora non c'è bisogno del certificato, oppure non sarà il certificato, se queste norme sono complesse, idoneo a risolvere la situazione. Aggiungo un'altra considerazione: che valore può avere il certificato urbanistico visto che non sarà altro che l'interpretazione del sindaco, e per esso dei suoi uffici, comunque ufficialmente all'esterno del sindaco, sui comportamenti urbanistici che può tenere ciascun cittadino che ne abbia interesse? E' un'interpretazione di parte, basti pensare a un piano regolatore (penso che esemplificando si riesce di più a comprendere quest'arida materia) formato da un determinato Comune poi approvato dalla Regione che ha delle norme prescrittive oltre agli elaborati, ha delle norme che hanno una certa interpretazione e la cui interpretazione sarà quella di quella tal maggioranza politica che ha formano il piano regolatore e che se l'è visto approvare.
Sarà quindi sempre un'interpretazione soggettiva e di parte, ma, per quanto il sindaco possa essere obiettivo, potrà verificarsi che, cambiata la maggioranza, il sindaco che succede dopo anni al Governo di quel determinato Comune interpreta, o in maniera più restrittiva o in maniera più estensiva, le norme urbanistiche, quindi rilascia un certificato urbanistico che ha un valore meramente indicativo, non dà la certezza del diritto perché è chiaro che se una persona riceve un determinato certificato urbanistico nel quale il sindaco gli indica per il suo appezzamento di terreno quali sono le possibilità edificatorie, gli dà una mera indicazione che non significa certezza, perché se la norma può essere interpretata diversamente, questo soggetto che ha ricevuto il certificato urbanistico ben potrà fare la sua richiesta di autorizzazione o di concessione e nel caso in cui gli venga respinta col richiamo puro e semplice al certificato urbanistico, ben potrà muovere le sue lamentele nella competente sede.
Quindi mi pare che questo certificato urbanistico sia solo in buona sostanza del fumo negli occhi, un documento privo di reale consistenza e validità giuridica.
Come ho detto, ho toccato i punti principali, mi sono limitato al terreno strettamente legislativo e adesso sentiremo la relazione del collega Simonelli che confido mi risponderà anche sulle questioni che avevo sollevato nella relazione di minoranza e sulle quali l'ampio confronto sul numeroso articolato e sui numerosi emendamenti ci darà modo di ritornare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Simonelli per la replica.



SIMONELLI Claudio

Signor Presidente, di questo dibattito credo si possa dire, senza tema di cadere in valutazioni retoriche, che è stato ricco e complesso e che ha portato molti argomenti all'attenzione dei Consiglieri che dovranno votare questa impegnativa legge. Ci sono stati molti interventi, ci sono stati molti interventi di opposizione, ma a me pare che sia mancata quello che c'era quando la legge 56 fu approvata e cioè una contrapposizione frontale di culture, di progetti politici, di proposte alternative. In allora sembrava che gli schieramenti che si contrapponevano sul tema della legge urbanistica fossero legati a due Italie diverse, a due culture diverse, a due modi di intendere, non solo i problemi specifici della legge, ma il modo di organizzare la società, la vita civile, almeno per certi aspetti.
Oggi non è più così. Il disegno di legge presentato dalla Giunta e votato dalla maggioranza in Commissione è stato duramente criticato; la legge 56 accusata, naturalmente ancora nel corso del dibattito, di ogni nefandezza ma non viene presentato in realtà un progetto alternativo che ne costituisca il ribaltamento concettuale, politico, culturale.
Anche le proposte da ultimo presentate dalla D.C., parto lungo e laborioso, molto atteso, per il quale forse non abbiamo affisso il fiocco alla porta...



VETRINO Bianca

Lo affiggeremo quando arriverà quello della maggioranza.



SIMONELLI Claudio

Voglio dare un minimo di suspense a questo intervento prima di illustrare le nostre proposte.
La lettura di questi emendamenti non ci ha messo di fronte ad una alternativa: sono emendamenti agli emendamenti, proposte alle proposte modifiche alle modifiche, si muovono cioè nella stessa logica nella quale si muovono le proposte di modifica avanzate dalla maggioranza.
Tornerò in seguito su questo tema, perché questa che faccio non è una critica, ma un riconoscimento e vorrei che per tale venisse inteso.
C'è stata molta polemica in quest'aula, ma, ad eccezione di qualche Gruppo che ha messo in discussione in modo più ampio l'impalcatura della legge, in genere c'è stata una certa sfasatura tra il tono, l'ampiezza e la profondità delle polemiche e poi il risultato pratico delle modifiche proposte. In altri termini, la polemica spesso si è scelta bersagli di comodo per potere avanzare delle dure critiche, per sollevare delle questioni di principio, per andare a toccare nodi che però o non erano nemmeno contenuti nel d.d.l. presentato al Consiglio od erano ultronei rispetto alle cose che nel disegno erano contenute. Da qualche parte si è persino detto che non esisteva un d.d.l. organico, completo, di revisione della legge sul quale discutere e con il quale confrontarsi, come se invece questo testo, seppure più volte emendato, modificato, non fosse a mani di tutti ormai da molto tempo. Ma il dibattito è stato ricco, complesso e credo molto utile e vorrei almeno sottolineare tre ragioni di utilità di questo dibattito.
1) Esso ha mostrato che, come abbiamo avuto occasione di dire altre volte, c'è da parte delle forze politiche presenti in Consiglio, con qualche eccezione, ma nell'insieme una sostanziale accettazione della legge 56 e del sistema di pianificazione urbanistica e territoriale che da questa legge è derivato: non c'è più cioè il rifiuto frontale di questo modo di pianificare e di gestire l'urbanistica.
2) Il dibattito che si è svolto e le proposte dei Gruppi hanno consentito di migliorare e di approfondire l'opera di revisione della legge che era stata intrapresa dalla maggioranza ed avviata in commissione e che dal dibattito e dalle proposte portate qui ha avuto ulteriori stimoli per essere migliorata e approfondita. Mi auguro che il confronto in sede di articolato consentirà di trarre fino in fondo profitto dal lavoro che è stato fatto.
3) Consente, ha consentito e consentirà fino all'ultimo a tutte le forze politiche e, per quello che riguarda noi, alla maggioranza, di esprimere le valutazioni e le posizioni che su questo tema sono state prese, quindi è un elemento di arricchimento del confronto e del dibattito politico, ideale e culturale, occasione che non è frequentissima nell'aula di questo Consiglio regionale, come di altri.
Primo effetto positivo dunque è la sostanziale accettazione dell'impalcatura tecnica e concettuale della legge 56 praticamente da parte di quasi tutti i Gruppi. Non ci sono state proposte di smantellamento, di rimessa in discussione dei punti qualificanti della legge, anzi per la legittima esigenza di polemizzare con questa Giunta e questa maggioranza che propongono la revisione della legge si è giunti in qualche modo a rileggere, con maggiore affettuosa comprensione, che non in passato, il testo già tanto vituperato della legge 56 e di rivivere come in una fiaba felice i tempi lontani in cui questa legge veniva amministrata anche dall'Assessore che l'aveva proposta. Ma su ciò torneremo. Parlo ad Astengo che non è presente e mi dispiace, ma parlo anche a chi su questa storia della fiaba felice ha lungamente giocato in questi giorni di dibattito. La fiaba potrebbe incominciare così: "c'era una volta un re a Corso Bolzano...
" ma i cantastorie possono dare poi a questa fiaba diversi contenuti. Per esempio, raccontano cantori, che pure si sono esercitati in questi anni dei tempi in cui c'era un re a Corso Bolzano che, diffidando dei suoi sudditi che riteneva non preparati e non idonei a gestire le cose dello Stato, era ricorso a nobili cavalieri che venivano da lontano (con il linguaggio del tempo si chiamavano "consulenti", ma i cantastorie popolari li avevano chiamati "solisti veneti") e che erano inviati come missionari nelle terre del Piemonte per insegnare ai sudditi che non erano in grado di farlo i segreti della pianificazione urbanistica e territoriale. Le fiabe hanno tanti contenuti, vengono narrate in tanti modi ed è giusto che sia anche così. Sono state fatte dunque qui molte polemiche, molte critiche alla legge e al testo di revisione della legge stessa, ma le critiche implacabili, come ho detto, tengono dietro delle proposte che contengono al massimo revisioni delle revisioni proposte, che si muovono cioè sostanzialmente nella stessa logica del d.d.l. presentato dalla maggioranza. E ciò, ripeto, è naturale: questa non è una critica, ma un apprezzamento, perché io credo che le une e le altre proposte, quelle avanzate dalla maggioranza, come quelle avanzate dall'opposizione, nascano dalla considerazione della realtà, cioè dalle difficoltà che talune norme incontrano per essere applicate, dalla necessità di adattare il testo legislativo ai problemi reali delle amministrazioni e dei cittadini e non viceversa. Queste proposte nel loro insieme, salvo poi una valutazione analitica delle singole norme, sono ispirate a realismo, buon senso conoscenza dei problemi, come è normale che sia da parte di coloro che i Consiglieri regionali vivono o dovrebbero vivere concretamente la vita delle amministrazioni.
In altri termini, c'è stata una grande sarabanda di attacchi e di critiche, ma si è avuta in qualche momento l'impressione di essere in guerra, in una battaglia, ma invece era un torneo: i cavalli erano belli lucenti, le armature lustrate, i pennacchi colorati, le lance affilate, ma sulla punta delle lance c'era sempre il pezzo di gomma del buon senso, del realismo che ha impedito al torneo di trasformarsi in una guerra. Non sono state cioè portate al testo, alle norme che vengono proposte, alle proposte che sono state fatte di revisione della legge, ferite mortali nelle proposte che sono venute in quest'aula. Tra i tanti vorrei citare soltanto un caso, quello del PTO che è stato demonizzato come una proposta che secondo i critici rischiava di scardinare il sistema della pianificazione urbanistica e territoriale del Piemonte e rispetto a questo istituto, a questo strumento nuovo, le proposte contenute, e mi riferisco in particolare a quelle presentate dalla D.C., configurano un istituto che è certamente non incompatibile con la visione che la maggioranza ha, che presenta degli aspetti di cui noi abbiamo tenuto conto formulando gli emendamenti che presenteremo oggi al Consiglio. Si è cambiato il nome, si chiama PAT invece di PTO, ma anche questo ci richiama alla guerra: no, ci richiama semmai alle imprese dei missionari che quando andavano in terre lontane cercando di acquistare anime alla vera fede per prima cosa cambiavano i nomi: Fior di Loto diventava Maria Giuseppina, Francesca Romana o Maria Ausiliatrice.
Le distanze cioè sono meno lontane di quanto si potrebbe pensare sentendo certe critiche e certe obiezioni.
Il concetto del torneo vale per tutto. Qui si è molto parlato, e parlerò anch'io, dell'intervento del Consigliere Astengo, non perché abbia voglia di fare delle polemiche o di richiamare delle questioni personali che non hanno diritto di cittadinanza nel nostro dibattito (e poi ormai le nostre teste sono affidate alla storia, come ha detto il pubblico ministero al processo di Verona) ma perché nel suo intervento il Consigliere Astengo ha posto questioni anche di carattere generale su cui è bene che ci soffermiamo se vogliamo approfondire i termini del confronto in questa sede. Credo che anche l'intervento di Astengo si collochi nel clima da torneo che ho prima richiamato. Forse Astengo è l'unico che ha tolto dalla punta della lancia il coperchio di gomma, soltanto che poi ha scelto un bersaglio da esercitazioni, cioè non il testo che era stato consegnato e sul quale bisognava discutere, ma degli istituti affrontati nella loro complessità, nella loro globalità, che erano diversi da quelli contenuti nella norma e quindi ha fatto delle battaglie finalizzate a colpire determinati obiettivi che non erano però quelli contenuti nella norma.
E solo per questo Astengo nel suo intervento ha potuto attaccare anche gli stessi articoli che in Commissione aveva contribuito a stendere, anzi quegli articoli, compresi quelli relativi al PTO, che sono stati discussi in sua presenza e non solo senza il suo dissenso, ma addirittura che sono stati modificati in Commissione anche grazie al suo contributo. Oppure ha potuto attaccare le soluzioni date al discorso degli standards con argomenti che sono contenuti anche nel testo e nella relazione al d.d.l.
Il discorso che ha fatto Astengo ci richiama a delle questioni più generali e cioè i temi del confronto che si è aperto da molti anni e che peraltro è ancora nonostante tutto attuale, anche se le difficoltà del presente sono grosse in tema di pianificazione urbanistica, vorrei dire di orientamento nella scienza urbanistica o nella teoria urbanistica. E siccome Astengo è un personaggio nazionale, è un personaggio importante su di lui si sono anche scritti dei libri. In un recente volume, edito da Franco Angeli, dedicato alla teoria del piano, viene esaminato come caso paradogmatico proprio Giovanni Astengo e il piano di Bergamo, che è anche il titolo del volume.
L'autore di questo saggio, che è stato allievo del prof. Astengo tratteggia a lungo il personaggio Astengo come progettista urbanista politico, studioso, con un rapporto che, come spesso accade nei rapporti tra allievi e maestri, si ispira al catulliano odi et amo, un rapporto cioè in qualche modo di ruvida e affettuosa schiettezza, che quindi oscilla tra i poli dell'ammirazione e quelli della dissacrazione. E in questo saggio a un certo punto l'autore parla di "cinismo astenghiano" di cinismo della ragione da parte di Astengo che consisterebbe "nella determinazione con la quale si trascurano i possibili effetti pratici delle costruzioni teoriche siano esse un PRG, come una norma, per affermare un'esigenza cioè la verità. Un'esigenza che essendo tale apoliticamente non ha bisogno di inverarsi nelle cose reali di questo mondo, ma solo di essere proclamata".
Io non so se sia così, lascio all'autore di questo libro che ho citato per correttezza la responsabilità delle sue affermazioni. Ma non c'è dubbio che ci sia un punto di vero in questo. Anche se, badate, io non condivido la tesi che è stata esposta qui e che credo sia fuorviante, che contrappone la visione di Astengo, come professore, alla visione che noi qui dovremmo avere come praticoni dell'urbanistica.
C'è una visione del professore colto, ma perciò astratto e di noi che non sappiamo niente, ma che perciò siamo costretti a essere concreti. Non sono d'accordo con questa visione dell'operatore della politica, ignorante ma pragmatico, contrapposto al colto professore. Credo che in quest'aula tutti e quindi anche Astengo, abbiano diritto di essere considerati Consiglieri regionali a pieno titolo, pesati e giudicati secondo le idee che esprimono e i comportamenti che tengono, indipendentemente dalle ascendenze culturali e professionali, da quello che fanno o che svolgono al di fuori di quest'aula. Anche perché non credo che in realtà su questo tema, a non volere banalizzare il dissenso che pure c'è, si possa ritenere che il confronto avvenga tra il colto e l'inclito, tra chi sa e chi opera tra chi ha dietro le spalle una cultura e chi ha davanti al naso i problemi della vita, ma se dissenso c'è questo debba essere ricondotto a orientamenti culturali e politici che in qualche misura sono diversi, anche perché ci sono tanti professori e non tutti la pensano come Astengo. In verità Astengo nella storia dell'urbanistica è considerato un po' il caposcuola, forse il più lucido e compiuto assertore di una concezione dell'urbanistica, quella che è stata definita da qualcuno "la pianificazione globale", cioè una concezione alla quale viene ricondotta una visione dell'urbanistica e quindi del piano regolatore o della legge come un disegno generale che non lascia nulla al caso, che prevede nella pubblica amministrazione l'unico soggetto abilitato a influire sulle trasformazioni e quindi la pubblica amministrazione che indirizza, in modo rigorosamente e puntigliosamente coerente, tutta la sua attività a perseguire il bene collettivo e quindi anche a combattere il male che è identificato secondo quelli che erano i termini tradizionali del dibattito degli anni '50 e '60 nella rendita o meglio ancora rivissuta sempre secondo questa demonizzazione negli interessi privati, nel privato tout court. C'è sempre in questo filone culturale la contrapposizione tra il pubblico che significa il bene e il privato che significa il male, tra gli interessi della pianificazione globale incardinata nella pubblica amministrazione e gli interessi della rendita e del privato che sarebbero per definizione distorcenti.
Tra bene e male non possono esserci compromessi evidentemente, ma solo guerre ed ecco quindi il rifiuto di ogni soluzione che abbia connotati contrattualistici, che faccia emergere ipotesi di concertazione tra pubblica amministrazione e privati, che metta in campo qualunque ipotesi di soluzione.
Quindi l'urbanistica è, secondo questo filone di pensiero, la scienza o l'arte se volete, che ha lo scopo di realizzare il bene collettivo e l'amministrazione pubblica che interpreta la volontà dei cittadini deve avere l'intero dominio di tutte le trasformazioni possibili economiche sociali, territoriali. Essa deve conoscere e deve decidere per sé e per gli altri, per tutti gli altri, perché ogni attività sul territorio deve essere decisa amministrativamente. Il mercato è cancellato, le scelte di sviluppo economico sono decise dalla pubblica amministrazione e ad esse si adattano configurazioni spaziali. La P.A. decide dunque, ma per essa decide il pianificatore, il "demiurgo" che sa e che sa di sapete e che quindi pub insegnare a fare il bene a chi è titolare del potere di decidere, ma ancora non sa usarlo in modo appropriato. Questa componente fortemente didattica ma non da professore, fortemente didattica secondo questo orientamento culturale, è certamente presente nella visione che Astengo ha illustrato anche qui, anche se io ho schematizzato quello che è un filone di pensiero illustrato nei libri di storia dell'urbanistica, nei saggi recenti che confrontano le idee guida degli anni '60, degli anni '70 e di questo inizio di anni '80 in materia urbanistica. Certamente, noi spieghiamo alcune iniziative o anche alcuni contenuti della legge alla luce di questa teoria.
La vicenda dei solisti veneti che richiamavo prima, cioè la volontà didattica di un capillare insegnamento ai Comuni su come amministrare l'urbanistica; la concezione dei Comuni, che è stata presente nell'intervento clic ha fatto Astengo in aula, come enti comunque da tenere sotto tutela perché necessariamente sgarrano; la costruzione dei piani come un meccanismo di scatole cinesi che parte tutto dal livello più alto che è quello regionale, dove si presume che l'atmosfera sia più rarefatta e dove quindi sia più improbabile il contatto con gli interessi privati, cioè il nemico da esorcizzare e da combattere che non deve avere diritto di cittadinanza nella dialettica urbanistica. Questo modo di intendere l'urbanistica ha avuto importanti contributi, per esempio ha avuto tra i grandi effetti positivi quello di postulare una stretta integrazione con le scienze economiche e quindi di indicare come necessario all'attività del pianificatore il supporto della ricerca economica, econometrica della previsione degli andamenti dell'economia.
E' un grossissimo risultato, un dato forse mitizzato nelle sue possibilità previsionali, tuttavia un dato dal quale oggi non si pu prescindere.
Credo però che oggi nella realtà di questo paese, in questi anni questa concezione non sia praticabile. I processi di trasformazione della realtà non si lasciano inglobare dal piano, dalla logica totalizzante del pianificatore. Lo stesso errore concettuale portò negli anni '60 un Ministro socialista, Pieraccini, a proporre e ad ottenere che il Parlamento approvasse per legge il piano nazionale di sviluppo, quasi che prevedere per legge le percentuali in cui doveva aumentare l'occupazione o in cui doveva attestarsi garantissero i risultati che il pianificatore si prefiggeva. La realtà non si lascia guidare per legge e quindi questa visione è una visione datata e secondo me non praticabile, che non consente oggi di governare l'andamento delle cose. La realtà è più composita e soprattutto muta, la realtà cambia, non è sempre la stessa. Lo scenario della seconda metà degli anni '70 era già profondamente mutato rispetto ai tempi in cui quella che si è chiamata l'urbanistica globale o l'urbanistica alternativa, celebrava i suoi fasti, cioè a cavallo tra il '50 e il '60 o dopo l'ubriacatura del '68. Oggi lo scenario delinea una realtà che è addirittura inconoscibile con i metodi di giudizio e di valutazione di 20 o di 30 anni fa.
Vorrei rubarvi ancora alcuni minuti per qualche citazione: un pianificatore certamente non sospetto di reaganismo come Bernardo Secchi in un suo recente libro "Il racconto urbanistico" edito da Einaudi, scrive in proposito che: "negli anni '80 la situazione - (appunto) - è molto cambiata rispetto a quella degli anni '70 per cui per esempio la rendita l'antagonista rappresentato con tanta corposità durante gli anni '50 appare ora dissolversi in una serie articolata di soggetti neppure più cementati dall'appartenenza ad un unico blocco edilizio. Essa appare categoria assai pervasiva connessa a una miriade di diritti di concessioni e di veti.
Non è detto che i più robusti si colleghino ancora solo al diritto di proprietà del suolo; non è detto che le quote più importanti di rendita siano collegate alla speculazione edilizia. Le leggi degli anni '70 sembrano aver reso i promotori immobiliari, i costruttori, i proprietari meno rozzamente aggressivi, pur non avendone certo cambiato la natura. Con loro si avviano operazioni di scambio altrettanto articolate che si cerca di istituzionalizzare. I nuovi termini diventano: concessione, convenzione onere, contributo, il mondo non appare più diviso dalla frontiera della proprietà dell'alloggio e del suolo, l proprietari non appartengono tutti alle classi dominanti; gli inquilini non appartengono tutti alle classi disagiate. Offerta e domanda, in un periodo nel quale al disagio abitativo di alcune minoranze urbane si contrappone il più impetuoso boom edilizio che la storia del Paese possa registrare, non appaiono più come categorie analitiche banalmente contrapposte e tra le quali occorra stabilire un equilibrio. La diffusione territoriale dell'attività edilizia fa sì che esse non appaiono neppure più come categorie sociali nettamente dimarcate.
L'amministrazione non può più essere rappresentata, neppure in quanto produttrice di servizi come ovunque contrapposta all'utente e al cittadino l'amministrazione locale non può essere facilmente contrapposta a quella regionale e centrale".
E ancora: "Alla fine degli anni '70 il connotato fondamentale di tutta la politica urbanistica, anche laddove vi sono le condizioni amministrative che gli urbanisti hanno da sempre ritenuto più favorevoli, dove cioè le amministrazioni sono rette dai partiti della sinistra con stile programmatori°, è un drastico accorciamento dell'orizzonte temporale, è una perdita del centro, una evidente incapacità di ricondurre da un punto di vista concettuale il processo di costruzione della politica urbanistica ad una o a poche questioni centrali che strutturino per un periodo sufficientemente esteso il resto dei problemi ordinandoli gerarchicamente.
Mano a mano che viene dato corso all'attuazione dei piani, che dalla costruzione della grande variante al piano precedente si passa ai piani di attuazione e ai progetti esecutivi, l'amministrazione si trova di necessità ad intervenire con costellazione di interessi ogni volta diversi, a dover costruire quindi diversamente ogni volta il problema per potergli dare soluzione, il risultato ottenuto inizialmente rappresentando in modo unitario i problemi e le domande del Paese o della società locale, il nuovo quadro istituzionale normativo, il nuovo piano, sembrano d'impaccio quando la trattativa è relativa a sezioni più limitate del territorio, agli sfrattati, alle attività direzionali, alla progettazione fisica di un comparto. I risultati che si ottengono nella fase di attuazione per quanto pregevoli non sembrano sempre coerenti al racconto partendo dal quale si era inizialmente ottenuto il consenso politico".
Vorrei ancora citare Oliva autore del libro recente: "Il modello dell'urbanistica alternativa", in cui si richiama che "l'insufficiente soluzione che in questi anni la coltura urbanistica e i risultati pure rilevanti ottenuti hanno dato a due problemi fondamentali: la pianificazione degli insediamenti produttivi, in particolare la questione della localizzazione delle attività terziarie, e la qualità dell'ambiente urbano", che ha dato origine all'attuale dibattito che è tutt'altro che morto del rapporto piano-progetto sul quale ci si confronta. E sottolinea quest'autore ancora "la esigenza di sviluppare una gestione fondata su interventi pubblici e su interventi privati coordinati", che è la matrice sulla quale abbiamo cercato di costruire anche le nostre ipotesi di PTO.
"La questione del coordinamento e dell'indirizzo dell'iniziativa privata è oggi al centro del dibattito e dell'interesse di operatori, amministratori ed urbanisti perché potrebbe risolvere molte delle disfunzioni e delle incertezze provocate dall'applicazione del modello dell'urbanistica alternativa e potrebbe anche portare elementi di soluzione al progressivo divaricarsi tra atti di pianificazione e atti di progettazione. E' assai scorretto infatti concepire il piano come un prima rispetto al poi del progetto. Piano e progetto devono coesistere nel momento in cui vengono definite le linee di programmazione, pianificazione e gestione territoriale. Non è ugualmente ammissibile un progetto in alternativa al piano perché il progetto può smentire le finalità del piano oppure non realizzarle".
Quelli che ho sommariamente richiamato sono soltanto alcuni dei contributi recenti (i libri che ho citato son tutti editi tra l'83 e l'84) del dibattito in corso e ci mostrano che non siamo fuori sintonia con quelle che sono le linee evolutive e le linee di tendenza della temperie culturale in cui si dibattono i temi della crisi e delle soluzioni da dare ai problemi dell'urbanistica ed in particolare consentono di collocare questo strumento del PTO al suo posto, cioè di farne uno strumento, se si vuole, che aiuta i meccanismi di revisione degli strumenti a disposizione della pianificazione economica e territoriale in atto nel nostro Paese attento alle esperienze straniere più interessanti e inserito m questa revisione, se vogliamo così chiamarla, in quelli che sono gli orientamenti della politica urbanistica. Come nella politica economica è tramontato almeno in Occidente, il mito della pianificazione globale e rigida e si perseguono delle politiche congiunturali o strutturali che siano ispirate a intenti di concertazione tra gli interessi che sono in campo, e il coordinamento e la mediazione in materia economica hanno ormai sostituito gli interventi autoritativi, così anche nella politica urbanistica e territoriale occorre riconoscere la realtà degli interessi in campo, perch solo conoscendo quali sono gli interessi in campo si può poi, come è giusto e come noi vogliamo, privilegiare gli interessi più deboli e più compressi dai processi di trasformazione in atto in questa società: gli abitanti a più basso reddito, quelli espulsi da incontrollati processi di terziarizzazione dei centri storici, quelli parcheggiati nei ghetti di periferia, quelli senza casa, quelli senza lavoro.
Ma per perseguire delle politiche intese a salvaguardare e a difendere questi interessi, occorre usare degli strumenti appropriati e delle procedure che diano visibili riscontri sulla loro efficacia a raggiungere questi risultati: in termini di case costruite, di quartieri risanati, di localizzazioni produttive realizzate, di effetti e benefici degli investimenti realizzati, anziché invece agitare la durlindana dello scontro frontale che lascia tutto come prima, anzi consente che all'ombra di un potere pubblico paralizzato dalla sua stessa enfatica pretesa di tutto regolare e di tutto decidere, i processi di trasformazione e di aggiustamento procedono per conto loro, fuori dagli schemi astratti della legge e magari utilizzando opportunamente e furbescamente gli spazi che la legge consente.
Questo è lo spirito con il quale la maggioranza ha proceduto alla revisione della legge 56. Una legge, c lo vogliamo ripetere alla noia, lo abbiamo detto in questi anni di dibattito in Consiglio, Io abbiamo ripetuto nella relazione, una legge che tra l'altro è molto meno restrittiva di quanto comunemente si creda e si dica, offrendo ai progettisti ed alle amministrazioni comunali molte più possibilità di quelle alle quali questi si sono voluti adeguare; una legge cioè che non si colloca certamente nella sua globalità in quel filone di pensiero che ho prima richiamato, ma lo trascende. Una legge che ha rappresentato, come ho detto nella relazione e come ribadisco qui, un punto avanzato del pensiero giuridico e della cultura urbanistica della seconda metà degli anni '70. Una legge che ha avuto un tasso assai elevato di attuazione nella nostra Regione. Quindi quando noi facciamo anche della polemica, che credo sia giusto e non inutile fare, facciamo anche: un confronto sui valori e sulle idee che stanno dietro alle leggi, però poi dobbiamo fare i conti con quello che è il testo, con quella che è la norma definitiva e questa legge 56 è una legge che, seppure ispirata certo da un filone di pensiero, però ha dato dei risultati. E', nella sua stesura, nel suo articolato, nella sua concreta possibilità di incidere sulla realtà della nostra Regione, una buona legge. Oggi forse non si farebbe più, e lo dico senza nessun infingimento: oggi probabilmente se ci accingessimo a fare una legge in Piemonte, non la faremmo più come abbiamo fatto la legge 56. Ma quante altre leggi faremmo oggi uguali a quelle che abbiamo fatto 10 o 15 anni fa? Tutte le leggi e non perciò però le cambiamo tutte; non perciò ci mettiamo a fracassare quello che abbiamo costruito e questo vale anche per il sistema statuale nel suo complesso. Quali leggi non sarebbero da aggiornare? Tutto ciò che ha 5 anni è invecchiato, rispetto ai mutamenti profondi che la società attraversa. Io credo che essere progressisti significa prendere atto delle realtà che mutano, mica chiudere gli occhi davanti alla realtà. Non credo di stare facendo un discorso revisionista "di destra", perché la realtà non è mai di destra o di sinistra. La realtà va conosciuta. E del resto che gli emendamenti proposti dalla maggioranza non si prefiggessero l'obiettivo di scardinare l'impalcatura della legge, e qualcuno lo ha criticato qui, Majorino nella sua relazione di minoranza dicendo che non si volevano dare spallate a questa legge, è vero ed è mostrato tra l'altro dal fatto che chi ha rappresentato il momento più alto della consulenza giuridica nella commissione che la Giunta ha incaricato di formulare queste proposte di revisione era lo stesso che aveva presieduto con la stessa funzione alla formazione della 56, cioè il professor Predieri e quindi dubito che, seppure gli avvocati sono abituati ad attaccare, come si dice volgarmente "il carro dove il cliente chiede", un giurista di fama come Predieri potesse acconciarsi a compiere a distanza di pochi anni un disegno ribaltatore e demolitore di un suo prodotto culturale e intellettuale come è la Legge 56.
Veniamo dunque brevemente ai punti qualificanti che hanno fatto oggetto del dibattito in particolare e vorrei soffermarmi davvero soltanto su alcuni punti non per svincolare dalle tante questioni che sono state poste sul nostro tavolo, ma per riservare poi alla sede propria che è quella del confronto sull'articolato e sugli emendamenti l'approfondimento ulteriore di queste questioni.
Un primo punto che ha fatto oggetto di ampia disamina è questo del PTO.
Mi pare che l'utilità di uno strumento, come il PTO, non sia stata messa in discussione da nessuno. Se ne sono evidenziati rischi e limiti; persino Majorino che ha sollevato un problema quasi di incostituzionalità, senza farne una questione espressa, ha però riconosciuto che uno strumento del genere sarebbe di grande utilità semplicemente dicendo "però deve essere introdotto dal legislatore nazionale, perché noi non possiamo in carenza di una norma dello Stato introdurla con una legge regionale".
Sono state comunque formulate delle critiche soprattutto in tre direzioni. La prima direzione è che il PTO sarebbe uno strumento svincolato dal piano territoriale e in qualche misura ad esso contrapposto o ad esso alternativo. Un secondo filone di critica, che il PTO lascerebbe spazio ad un'iniziativa privata che si inserirebbe con suoi interessi all'interno del processo di formazione degli strumenti urbanistici e territoriali. In terzo luogo che il PTO sarebbe uno strumento capestro, ghigliottina ha detto qualcuno, che calerebbe pesantemente sulla testa dei Comuni e delle loro autonomie.
Sono critiche che ho esposto con una espressione drastica, ma nella sostanza di questo si tratta, alle quali abbiamo cercato di dare risposta con degli emendamenti che la maggioranza presenterà nella seduta di oggi e che cercano di rispondere a queste critiche anche modificando il testo, in modo tale da esplicitare quello che noi riteniamo essenziale in questo strumento e che può anche essere mantenuto modificando degli aspetti che invece danno luogo a dei rischi o a delle incongruenze.
E per essere chiari, la maggioranza propone con i suoi emendamenti intanto l'inserimento di un nuovo articolo che comprende le norme di attuazione dei piani territoriali prevedendo tra le norme di attuazione l'adeguamento dei piani regolatori generali, gli interventi della Regione in applicazione di leggi statali e regionali, i progetti specifici di opere con sistemi infrastrutturali e i progetti territoriali operativi, cioè inserendo il PTO che è e che resta strumento di pianificazione territoriale anche come strumento di attuazione dei piani territoriali insieme agli altri che sono previsti dalla norma.
Un primo emendamento significativo distingue la fase di proposta dalla fase di formazione del PTO. In altri termini, lascia la facoltà di proposta del PTO a tutti i soggetti che erano individuati, pubblici e privati (Regione, Comuni, Comprensori, altri soggetti pubblici e privati) per conferisce la facoltà di formazione, cioè ricollega l'inizio dell'iter amministrativo del programma operativo, ad un atto formale della Giunta.
Laddove il PTO non è stato individuato dal piano territoriale, perch normalmente è lo stesso piano territoriale che può individuare i casi o le aree sulle quali realizzare il PTO ed in questo caso addirittura il piano territoriale dovrebbe dire che certi interventi si realizzano necessariamente attraverso il PTO quindi prevederlo come strumento obbligatorio per certi interventi, ma laddove questo non accade e tuttavia ci sono dei PTO proposti che non erano previsti nel piano territoriale, noi prevediamo un filtro da parte del Consiglio. Cioè a dire: sia il Consiglio regionale a farne una disamina preventiva concedendo, uso dei termini impropri in questa fase, una sorta di autorizzazione alla Giunta a formare il PTO: quindi con una discussione di Consiglio che analizzi la proposta fatta, laddove questa non sia contenuta nel piano territoriale, dove cioè si tratti di una iniziativa nuova che il piano territoriale non aveva previsto.
Viene meglio esplicitato il processo di approvazione del PTO attraverso un ulteriore coinvolgimento dei soggetti diversi dalla Regione e quindi con una normativa più ricca che indubbiamente allunga un po' i tempi ma che però garantisce di, più la concertazione e il coinvolgimento degli enti locali. Si prevede una consultazione maggiore dei Comuni. Si prevede che i Comprensori debbano esprimere il loro parere con deliberazione e quindi coinvolgendo in un confronto l'intero Consiglio del Comitato comprensoriale. Si prevede un meccanismo diverso per quei PTO che a conclusione del loro iter di formazione risultino in variante al piano territoriale, prevedendo esplicitamente i meccanismi per dare corso a questa variante, perché la norma sintetica precedente recitata: "il PTO pu contenere delle previsioni immediatamente prevalenti sugli strumenti urbanistici"; si trattava però di una previsione normativa monca. Cosa vuol dire infatti "immediatamente prevalente?". In ogni caso richiedono una variante ai piani regolatori, allora è previsto che il Consiglio regionale a conclusione dell'iter di formazione, quindi al momento finale dell'approvazione del PTO, individua delle ipotesi di variante al piano territoriale e al contempo sceglie anche se affidare ai Comuni il compito di introdurre la loro variante al piano regolatore oppure se procedere direttamente d'ufficio tramite la Giunta regionale, prevedendosi poi ovviamente i termini di poteri sostitutivi nel caso che i Comuni non adempiano. Quindi, c'è un grande arricchimento di procedure che va nella direzione che è stata evidenziata un po' da tutti, in questo caso da destra e da sinistra, nel senso cioè di rendere il PTO uno strumento ancor più trasparente di quanto non fosse, di togliere di mezzo quell'ipotesi che faceva tanta paura di una formazione affidata ad altri soggetti che non fossero la Regione e quindi in particolare ai privati, di garantire un maggiore coinvolgimento di Comprensori e di enti locali, di prevedere procedure meno "ghigliottina" nella fase di recepimento delle normative immediatamente prevalenti sugli strumenti urbanistici.
Occorrerà introdurre un articolo nella normativa transitoria che consenta anche di ancorare i P.T.O. agli schemi dei piani territoriali.
Nel contempo si è proceduto anche ad una modifica dell'articolo 5 che riguarda la natura ed i contenuti del piano territoriale, prevedendo in modo più esplicito la possibilità di arrivare alla formazione di un piano territoriale regionale come facoltà che la Regione ha per completare il disegno programmatori° sull'intero suo territorio e mi pare che ciò, in questa illustrazione sintetica iniziale, concluda la fase del P.T.O.
Resta molto? Resta tanto? A noi pare che resti l'essenziale, cioè di uno strumento operativo di natura territoriale che ha valenze, che attraversa i diversi livelli di pianificazione e quindi arriva fino al dettaglio dello strumento particolareggiato e che nella versione che viene data con queste norme mi pare che superi i punti di illegittimità che aveva richiamato Majorino infatti, può essere formato solo dalla Giunta; non è formato in violazione del principio del giusto procedimento nel quale viene recuperato un maggior ruolo degli enti locali e dei Comprensori; viene normato in modo, io credo, ineccepibile sotto il profilo giuridico il problema delle normative immediatamente prevalenti sugli strumenti urbanistici. Ma si dice "il P.T.O. ha contestualmente il connotato di strumento territoriale, di strumento generale e di strumento attuativo". E dove sta scritto che questo non è possibile prevederlo? Quando ci si richiama ai principi generali dell'ordinamento e della normativa statale ci si richiama a questi, non a tutti gli strumenti previsti. L'importante è che non siano previste delle facoltà che la norma non attribuisca, delle possibilità che sono fuori dal sistema, ma se tutti gli interventi che il P.T.O. può realizzare, tutte le sue valenze, sono riconducibili a delle norme esistenti, a dei poteri che ci sono, io non vedo dove stia l'illegittimità, soltanto perché è uno strumento nuovo, ma i principi generali non arrivano a questo punto di dettaglio da ritenere che le Regioni non possono neanche inventare nulla, del resto ne abbiamo inventate tante di cose, dai Comprensori in giù ad esempio. E poi dove fare questo scandalo sul fatto che il P.T.O. contenga delle norme immediatamente prevalenti sugli strumenti urbanistici generali, quando una norma del genere è già contenuta all'art. 5 della legge 56? L'art. 5 della legge 56 al punto f) stabilisce i criteri, gli indirizzi, ecc., precisando le prescrizioni e le norme immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica comunale vigente e vincolanti anche nei confronti dei privati.
Quindi quello che qui è stato censurato come un'innovazione del tutto abnorme e giuridicamente inconsistente era già contenuto tra le possibilità del piano territoriale. Sotto questo profilo quindi nulla di nuovo, anzi semmai una specificazione, un approfondimento procedurale ulteriore per consentire che l'autonomia comunale sia anche in questo caso il più possibile salvaguardata.
Relativamente all'art. 15 si è parlato, io stesso ne avevo accennato in termini problematici nella relazione introduttiva, della necessità di modificare il testo che è contenuto nella proposta rassegnata dalla Commissione al Consiglio, ribaltando il discorso e cioè dire ipotizzando la possibilità che siano realizzati determinati interventi previsti dallo strumento urbanistico adottato e individuati secondo una certa casistica e cioè gli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria, di restauro conservativo e di ristrutturazione edilizia all'interno dei centri e gli interventi di completamento.
Questa norma consente di dare certezza a ciò che, a seguito dell'adozione del piano, può essere fatto dai Comuni eliminando quello che è stato considerato un possibile eccessivo potere discrezionale della Giunta di stabilire essa ciò che del piano regolatore, una volta adottato poteva o non poteva andare. Si sono quindi stabilite con certezza quelle cose che viceversa possono essere fatte prima dell'approvazione del piano restando ancora aperta la questione se ciò debba essere ricollegato al fatto che passi un certo periodo di tempo e quindi ricollegato ad un periodo entro il quale la Regione dovrebbe viceversa provvedere all'approvazione o se invece possa essere ricondotto ad una concezione piena di autonomia comunale e cioè ritenendo che ciò possa essere autorizzato estendendo la normativa dell'art. 85 semplicemente al momento dell'adozione da parte del Consiglio comunale dello strumento urbanistico generale. Tale questione è aperta e sulla quale ci possiamo confrontare senza posizioni preconcette. Non credo invece di potere accettare, in questo caso davvero il dissenso c'è, la proposta della D.C. che ipotizza un possibile ruolo del Consiglio regionale nell'approvazione dei piani regolatori, perché sarebbe una contaminazione di competenze istituzionali tra i diversi organi della Regione.
Credo che sia stato fatto in Commissione e in aula un buon lavoro.
Dobbiamo concluderlo in fretta e bene. Certo la legge non è tutto in questa materia. E' vero, una buona legge da sola non garantisce dei buoni risultati nella gestione dell'urbanistica. Occorrono provvedimenti amministrativi, organizzativi: gestione del personale, gestione delle norme, mobilitazione di risorse, quello che si è chiamato slancio e tensione. Ma io credo che tutto ciò sia ottenibile anche in tempi difficili per l'istituto regionale. Ritengo più facilmente ottenibili nel quadro di una visione realistica, pragmatica, rivolta a perseguire obiettivi definiti e credibili sui quali mobilitare larghi consensi; più facilmente che non in nome di crociate astratte, che è sempre più difficile bandire, soprattutto in tempi nei quali incomincia ad essere incerta anche la collocazione precisa del Santo Sepolcro da liberare e per cui quindi è difficile far partire le truppe dai diversi porti dell'Europa per destinazione ignota.
Non parlerò qui della gestione, dell'organizzazione, del funzionamento dell'Assessorato all'urbanistica, delle cose che si sono fatte in questa legislatura, perché di questo parlerà l'Assessore.
Vorrei soltanto spendere una parola, e con questo concludere, su un problema che è stato sollevato: quello del funzionamento della macchina regionale e dei quadri e dei funzionari della Regione. I funzionari della Regione nel settore dell'urbanistica, come negli altri, sono di diverso livello e di diversa competenza, di provata capacità professionale o di minor propensione al lavoro come tutti, e credo che non sia difficile formulare queste considerazioni. Nell'insieme, credo che in questi anni abbiano retto a un compito difficile soprattutto perché .si trattava di avviare per la prima volta una macchina complessa e onerosa e abbiano assolto a questo compito difficile in modo soddisfacente e spesso encomiabile. Ritengo sia ingeneroso attribuire ai funzionari della Regione delle responsabilità che non sono loro, ma che spesso derivano da incertezze del quadro normativo o da incoerenze del sistema politico. Così come sarebbe irresponsabile pretendere di scaricare sulle loro spalle sulle spalle della Regione, ma anche dei funzionari quindi, oltre che della classe politica, dei compiti e delle funzioni eccessive, sovradimensionate rispetto alle capacità reali di lavoro che ci sono.
La consapevolezza di poter contare su una macchina regionale capace di rispondere a degli stimoli e a delle sollecitazioni, se questi stimoli e queste sollecitazioni arrivano, dobbiamo averla presente discutendo e votando la legge, sapendo che alla gente non si può chiedere di più di quello che sa fare, ma sapendo che se è motivata su delle cose fattibili la gente può rispondere. E io credo che la classe politica nel bene e nel male non si debba sottrarre alle sue responsabilità su questo terreno: in questo momento le nostre sono, e lo ripeto ancora una volta, di approvare in fretta e bene questa necessaria revisione della legge 56.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

I lavori proseguiranno nel pomeriggio alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,45 )



< torna indietro