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Dettaglio seduta n.265 del 13/09/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni i processi verbali delle adunanze consiliari del 26 e 31 luglio si intendono approvati.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Moretti inerente la FTA di Venaria


PRESIDENTE

In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni e interpellanze", esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Moretti inerente la FTA di Venaria.
Risponde l'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

La FTA di Venaria ha inviato nel mese di luglio 120 lettere di licenziamento su un organico complessivo di 250 dipendenti. Si tratta di manodopera prevalentemente femminile.
L'azienda è pervenuta a tale decisione in seguito alla perdurante crisi che si trascinava da circa quattro anni, crisi che viene fatta risalire alla contrazione del mercato interno ed estero che ha reso più difficili le soluzioni da perseguire con i recuperi di efficienza e di produttività.
Questo ha portato quindi via via ad un ridimensionamento della struttura produttiva.
L'azienda ha usufruito per 36 mesi della cassa integrazione straordinaria a zero ore per circa 110 unità. I 120 lavoratori ai quali è stata mandata la lettera di licenziamento corrispondono in grandi linee ai lavoratori che hanno usufruito per 36 mesi della cassa integrazione straordinaria.
Alla scadenza dell'ultima proroga della cassa integrazione, di fronte al possibile diniego da parte del CIPI ad un'ulteriore richiesta di proroga, l'azienda ha proceduto all'invio delle lettere di licenziamento.
Le organizzazioni sindacali hanno contrapposto una proposta che l'Assessorato ha ritenuto percorribile e che sostanzialmente si articola nei seguenti punti: applicazione dei contratti di solidarietà, la costituzione di un turno di notte, l'uso di corsi di qualificazione che permettessero di poter usare dei nuovi processi produttivi che potevano migliorare i livelli di competitività dell'azienda.
Queste soluzioni prospettate dalle organizzazioni sindacali avrebbero permesso un'applicazione pur parziale dell'istituto del contratto di solidarietà, circa il quale purtroppo persistono pregiudizi e ostilità da parte delle associazioni imprenditoriali.
Inoltre, per quanto riguarda il rinnovo della cassa integrazione guadagni, una nuova procedura avrebbe permesso una proroga ed avrebbe assicurato l'erogazione della cassa integrazione alla parte dei lavoratori non beneficiati dal contratto di solidarietà.
A questo disegno non si è però pervenuti a causa di una posizione rigida della direzione aziendale. Si sono svolti in Regione diversi incontri nei mesi di luglio e agosto e ancora questi giorni stiamo cercando di intervenire presso il Ministero dell'industria per poter attivare questa possibilità di intervento, cioè la proroga della cassa integrazione.
Lunedì il sindacato ha rinnovato la richiesta in Assessorato. L'impegno nostro è di tornare al Ministero dell'industria per verificare la fattibilità della proroga della cassa integrazione oltre i 36 mesi.



PRESIDENTE

L'interrogante ha facoltà di replicare.



MORETTI Michele

Ringrazio l'Assessore per la tempestività della risposta all'interrogazione.
Lo prego di farmi pervenire risposta scritta. Grazie.



PETRINI LUIGI


Argomento: Veterinaria

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente la comparsa della rabbia silvestre in Val d'Aosta


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente la comparsa della rabbia silvestre in Val d'Aosta.
Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

La situazione epizootologica della rabbia silvestre non ha evidenziato nell'anno in corso casi di malattia sul territorio della nostra Regione, ma la comparsa della forma morbosa nel territorio della Regione Valle d'Aosta ha reso necessaria l'adozione di severe misure di profilassi. A tale scopo sono stati predisposti i Decreti del Presidente della Giunta regionale del 16/5/84 n. 3521 e 3522 (che si potranno allegare in copia).
Con tali provvedimenti si prevede la vaccinazione antirabbica obbligatoria degli animali domestici esposti al rischio di infezione ed in particolare dei bovini, ovini, caprini e cani che devono essere trasferiti per motivo di alpeggio nei comuni di La Thuile e Pré St. Didier (eravamo a maggio quindi il trasferimento era urgente) nonché dei cani che seguono le mandrie in alpeggio nei territori delle UU.SS.SS.LL. confinanti con la Regione Valle d'Aosta (UU.SS.SS.LL. n. 38, 40, 47, 49) e di tutti i cani di età superiore a tre mesi esistenti nelle UU.SS.SS.LL. sopracitate.
Con il decreto n. 3522 si prevede inoltre il censimento di tutti i casi esistenti nelle UU.SS.SS.LL. già citate, il controllo sugli animali domestici e selvatici, possibili portatori di infezione, trovati morti; il diradamento della popolazione volpina ed il controllo sulle discariche di rifiuti.
Tali provvedimenti sono stati discussi ed illustrati oltre che nel corso degli incontri menzionati nell'interrogazione, anche in riunioni con i responsabili dei servizi veterinari della Regione; contestualmente sono state formulate proposte per programmi di intervento di profilassi specifici per il territorio del Parco nazionale del Gran Paradiso. Il lavoro di approfondimento e di studio di tali misure proseguirà di concerto con la Regione Valle d'Aosta, l'Istituto zooprofilattico piemontese (Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta), l'Università di Torino, il Ministero della sanità ed ovviamente la direzione tecnica del parco.
In tal senso verso il 20 di agosto si è svolta una riunione presso il Ministero della sanità alla presenza del direttore generale per esaminare gli aspetti di connessione tra le due Regioni.
Si fa presente che i provvedimenti di profilassi già adottati sono stati adeguatamente resi noti a tutti i cittadini interessati ed in particolare agli allevatori ed ai possessori di animali.
Per quanto concerne l'informazione dell'opinione pubblica è in via di predisposizione a cura dell'Assessorato una pubblicazione relativa a tutte le malattie trasmissibili dagli animali all'uomo, ivi compresa, ovviamente la rabbia silvestre.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

L'interrogante ha facoltà di replicare.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la tempestiva risposta all'interrogazione.
Nel mese di agosto, alcune informazioni giornalistiche legate ai Convegni tenuti a Cogne hanno rinnovato l'attenzione e le preoccupazioni dell'opinione pubblica su questo fenomeno e sui riflessi che può avere la nostra Regione. Prego l'Assessore di darmi copia scritta della risposta per poterla fornire alle associazioni dei veterinari e agli operatori del settore.


Argomento: Formazione professionale

Interrogazione dei Consiglieri Bergoglio e Villa inerente i corsi di formazione professionale per i cassaintegrati


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Esaminiamo ora l'interrogazione dei Consiglieri Bergoglio e Villa inerente i corsi di formazione professionale per i cassintegrati.
Risponde l'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore alla formazione professionale

L'Assessorato alla formazione professionale ha attivato sin dal 1978 corsi di formazione professionale per cassaintegrati. Questi corsi hanno avuto rilevanza a fronte dell'accordo Fiat 1980.
Si tratta di un progetto avviato senza finalizzazione, non era prevista la qualifica dei partecipanti e, alla fine, non ha dato esito soddisfacente..
Di seguito darò i valori quantitativi di questa esperienza.
Tuttavia va detto che i corsi di formazione professionale finalizzati per cassintegrati al rientro in azienda sono stati sempre attivati con l'utilizzo del fondo sociale europeo e hanno coinvolto dal 1978 ad oggi circa 15.000 lavoratori per i quali si può dire che si sia risolta positivamente la loro collocazione ed il reintegro in azienda.
Con l'accordo 1980 Fiat, per il periodo maggio/dicembre 1981 si erano avviati 25 corsi. Avevano la durata di 200 ore (questo probabilmente ha significato una scarsa efficacia nel processo formativo) vi erano 670 allievi iscritti, 470 frequentanti, 200 si sono ritirati nel corso del ciclo formativo.
Il costo per allievo è stato di 620.000 lire pro capite. Per quanto riguarda i lavoratori in cassa integrazione delle aziende piemontesi abbiamo alcuni dati sull'esperienza dell'anno scorso.
Si sono realizzati 23 corsi. La durata è stata di 820 ore, il numero degli allievi iscritti era 370, i frequentanti 218.
Gli allievi qualificati sono stati 196, il costo pro capite è stato di 6.100.000. Una parte degli allievi è stata integrata nelle stesse aziende che esprimevano la cassa integrazione, un'altra parte ha trovato collocazione nel mercato del lavoro.
L'area metropolitana torinese vede una sacca di circa 50.000 lavoratori in cassa integrazione (dei quali una parte in cassa integrazione strutturale); questa situazione probabilmente ci costringerà ad una nuova attenzione al problema della riqualificazione dei lavoratori in cassa integrazione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

L'interrogante intende replicare. Ne ha facoltà.



VILLA Antonino

Ringrazio l'Assessore non solo formalmente. Il Consigliere Signora Bergoglio che aveva presentato l'interpellanza con me, purtroppo non è ancora presente e probabilmente voleva fare alcune osservazioni.
Prendo atto delle indicazioni che ci sono state riferite e prego l'Assessore di fornirmi questi dati anche per iscritto.
Credo che sia un argomento su cui occorrerà meditare sia sull'onda di quanto è stato fatto sia in proiezione per quanto si potrà attuare in futuro.
Evidentemente sarà opportuno valutare le cause delle "defezioni" per poterci rendere conto se quello è stato il modo migliore di intervenire o se non sia opportuno integrare o variare.
I dati che ci saranno offerti costituiranno senz'altro una base da cui partire per approfondire questo problema che angoscia il nostro Piemonte e soprattutto coloro che cercano un'occupazione.


Argomento: Produzione e trasformazione dei prodotti

Interrogazione dei Consiglieri Turbiglio, Gerini e Marchini inerente la Cooperativa Piemonte Formaggi


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

L'Assessore Ferraris risponde all'interrogazione dei Consiglieri Turbiglio, Gerini e Marchini, inerente la Cooperativa Piemonte Formaggi.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

La Società cooperativa Piemonte Formaggi è stata costituita il 26/10/1983 ed iscritta nella sezione agricola del registro prefettizio il 26/10/1983 (si tratta di una nuova cooperativa). I soci sono 250. Dal 1.1.1984 la cooperativa ha iniziato l'attività di raccolta centralizzazione e commercializzazione del latte utilizzando il centro di raccolta della "Cooperativa produttori latte" di Leinì.
La cooperativa sta definendo con l'Esap la convenzione di assegnazione del Caseificio di Crescentino dove è prevista la produzione di formaggi molli (quindi rientra nel discorso relativo all'utilizzazione delle strutture di trasformazione latte).
La cooperativa in data 30/11/1983 ha richiesto le agevolazioni sui prestiti per la corresponsione di acconti ai conferenti prevedendo il ritiro di circa 350 q.li/giorno di latte.
Gli uffici dell'Assessorato hanno determinato la spesa ammissibile sulla base di un presumibile conferimento medio trimestrale di 29.500 q.li di latte, e in data 10/2/1984 ha emesso il nullaosta dell'istituto di credito mutuante per L. 650 milioni.
In data 2/5/1984 l'Assessorato ha sospeso la validità del nullaosta al fine di poter effettuare un supplemento di istruttoria in merito ai tempi ed alle modalità di pagamento del latte alla cooperativa.
Dall'istruttoria è risultato che il latte viene ceduto alla Polenghi Lombardo alle condizioni stabilite dal contratto del 20/12/1983 (vedi allegato) che prevede il pagamento a 160 giorni a far data dall'ultima consegna del mese.
Inoltre è risultato che in attesa di poter definire l'operazione di prestito per l'acconto soci la cooperativa ha cercato altre linee di finanziamento sottoscrivendo un accordo-convenzione con il C.A.P. di Torino che prevedeva vendita latte - acquisto mangimi (cioè i produttori della cooperativa acquistano i mangimi dal Consorzio).
In pratica il C.A.P. di Torino sconta a 30 giorni i crediti della cooperativa Piemonte Formaggi, che a sua volta riconosce al C.A.P. gli interessi e le spese, mentre i soci della cooperativa si sono impegnati a comperare determinati quantitativi di mangimi dal Consorzio.
E' previsto che tale accordo cessi nel momento in cui la cooperativa perfezionerà il prestito per acconto soci.
Dal supplemento di istruttoria è anche risultato che il conferimento del l trimestre 1984 è stato di 25.600 q.li circa.
Pertanto l'Assessorato 1'8/5/1984 ha revocato la sospensiva di validità del nullaosta rideterminando sulla base del conferimento reale in L.
570.000.000 la spesa finanziabile.
Per quanto attiene alla legittimità dell'intervento in favore della coop. Piemonte Formaggi si fa osservare che l'art. 42 della L.R. n. 63/78 prevede che le agevolazioni per la corresponsione di acconti ai produttori conferenti vengano concesse anche agli organismi associativi che eseguono solo operazioni collettive di raccolta e vendita.
Infatti della agevolazione creditizia in parola beneficiano tutte le cooperative che come attività hanno la sola raccolta e vendita del latte.
Naturalmente nella determinazione della spesa ammissibile per queste cooperative, viene adottato un criterio diverso da quelle di trasformazione che producono formaggi a media e a lunga stagionatura in quanto il loro giro di affari è molto più veloce.
Il criterio adottato dall'Assessorato, sul quale la Commissione consultiva regionale ha espresso parere unanime, tiene conto del periodo di tempo intercorrente tra il conferimento del latte ed il pagamento dello stesso da parte dell'acquirente che mediamente viene valutato in 80/90 giorni.
La spesa ammissibile viene pertanto determinata applicando gli importi unitari ai quintali di latte conferito in media in un trimestre.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola all'interrogante.



TURBIGLIO Antonio

Infatti dalla risposta dell'Assessore sentiamo che ci sono stati dei ripensamenti e delle revoche; quanto era stato deciso in un primo momento probabilmente non aveva avuto tutti i supporti di informazione necessari per un'operazione di quella grandezza.
Comunque, anche dopo le informazioni dell'Assessore Ferraris, noi riteniamo che non si è nell'ambito della perfetta osservanza delle disposizioni.
Le cooperative hanno un significato se nel campo economico regionale si presentano con possibilità di creare posti di lavoro e nuovi interessi sul mercato.
Sono invece cooperative solo per la raccolta e per la vendita dei prodotti e, in definitiva, danneggiano il mercato perché si intrappongono nella libera iniziativa che dovrebbe essere l'unica autorizzata a definire prezzi.
La correzione da 650 a 570 milioni è già un importante risultato, che non dipende certo da una interrogazione precedente, ma dall'attenzione che noi prestiamo a queste operazioni.
Non posso ritenermi assolutamente soddisfatto del comportamento assunto nei riguardi di queste operazioni.


Argomento: Interventi per calamita' naturali

Interrogazione dei Consiglieri Nerviani e Borando inerente lo spegnimento di incendi


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

L'Assessore Ferraris risponde ancora all'interrogazione dei Consiglieri Nerviani e Borando inerente lo spegnimento di incendi.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

L'incendio di Premosello Chiovenda scoppiò alle ore 14 e si concluse alle ore 22 con l'intervento di 54 persone e di un elicottero per un'ora e trenta di lavoro e con inizio alle ore 17.30.
Una delle ragioni del ritardo, se di ritardo si deve parlare, è dovuta al fatto che l'incendio è capitato in un momento non considerato in Piemonte periodo di rischio.
Il periodo di rischio va dal 1 ottobre al 30 aprile di ogni anno durante il quale entra in funzione una convenzione stipulata attraverso una gara d'appalto, con due ditte specializzate che operano con elicotteri le quali hanno l'obbligo di entrare in azione immediatamente (mezz'ora) poiché vi deve essere a disposizione almeno un elicottero per ognuna delle due zone piemontesi.
Per coprire con la convenzione la restante parte dell'anno vorrebbe dire addossarsi una spesa giornaliera, escluso il costo dell'intervento, di circa 600.000 lire.
E' quello un periodo in cui le due ditte devono egualmente intervenire ma non drasticamente entro i termini fissati. Il corpo forestale, a cui sono devolute le competenze in materia sostiene che non conviene estendere la convenzione a tutto l'anno. La seconda domanda posta dall'interrogazione è se è possibile estendere la delega agli enti locali.
C'è la convenzione con il Corpo forestale e l'intervento è duplice: un elicottero e una squadra di uomini.
Per quanto riguarda le squadre degli operatori i cosiddetti vigili volontari, vi è un accordo che coinvolge la Comunità Montana, i Comuni oltre alla stazione del corpo forestale.
A Premosello è intervenuta la squadra di volontari. Quindi l'intervento dei volontari avviene già sotto forma di predelega, mentre l'intervento dell'elicottero interviene su segnalazioni da parte del Comune, della Comunità montana o della stazione locale dei servizi forestali.
Le segnalazioni affluiscono ad una sala operativa, a suo tempo costruita dalla Regione ed omologata dal Ministero, alla quale fanno capo anche richieste di altri corpi (esercito) nel caso di incendi di proporzioni notevoli. Quindi è difficile delegare la richiesta di intervento dell'elicottero anche perché deve agire sincronizzato.
Il coinvolgimento dei Vigili del fuoco avviene quando l'incendio è a ridosso delle abitazioni civili. Credo che la materia sia passata al Ministro Zamberletti che sta studiando forme migliori di concentrazione delle forze.
Per quanto riguarda l'estensione della convenzione l'Assessorato sta studiando con i servizi come intervenire nel periodo di non rischio da parte di qualsiasi ditta che abbia un elicottero.
E' comunque un aspetto da normare.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

L'interrogante ha facoltà di replicare.



NERVIANI Enrico

Ho rilevato nelle parole dell'Assessore Ferraris un relativo imbarazzo.
Dalle segnalazioni di almeno due dei comuni del novarese che si sono lamentati del disservizio emerge che l'organizzazione regionale non è stata né tempestiva né all'altezza dei tempi che richiederebbero una capacità di operatività più consistente e una risposta più immediata.
I dati che ci sono stati forniti in ordine ai danni verificatisi per l'incendio di Premosello rendono la limitazione in ordine all'uso degli elicotteri assurda (128 milioni i danni dell'incendio di Premosello contro un costo della convenzione, estesa per tutto l'anno, di circa 180 milioni se è vero, come ha detto l'Assessore Ferraris che la quota per la disponibilità dell'elicottero è di 600.000 lire al giorno).
Quindi si tratterà di valutare nel tempo della macchina, della tecnologia avanzata se non sia il caso di avere delle disponibilità maggiori per un intervento che è di estrema importanza in un Paese che tutti dicono disastrato anche in conseguenza dei frequenti incendi, dolosi altrove, e fortuiti fortunatamente qui da noi.
Voglio anche osservare che fuori dal periodo per il quale vale la convenzione è l'incendio - che ha suggerito la prima interrogazione - nel comune di Masera (si è verificato il 27 aprile). Scrive il Sindaco alla Regione: "Accertato che l'elicottero regionale era impegnato in altro luogo e quindi non era disponibile per questo comune, si era provveduto a far intervenire un elicottero della zona per la salvaguardia del patrimonio boschivo". Questa spesa sarà dunque a carico del Comune. Ci si domanda che cosa sarebbe successo se il Comune non avesse assunto in autonomia questa decisione. Colgo anche l'occasione per chiedere che la Regione prenda in considerazione la richiesta inviata dal Comune di Masera di contributo a copertura di una spesa che è stata fatta nelle linee della politica regionale per la difesa del patrimonio boschivo.
Per quanto riguarda la convenzione, visto che si è proceduto secondo il metodo dell'appalto e visto che il territorio regionale è abbastanza vasto e che il raggiungimento dei luoghi dove si sviluppa l'incendio non è sempre cosa semplice, sarebbe bene che ci fossero per il futuro dei meccanismi più agili che consentano di difendere il patrimonio boschivo che non è facilmente sostituibile se non nel corso di decenni e qualche volta anche di secoli.
Qualche elicottero in più, qualche attenzione maggiore alle convenzioni, qualche maggiore libertà di chiamata da parte degli enti locali dei Vigili del Fuoco, potrebbe essere la linea di indirizzo che l'Assessore potrebbe prendere in considerazione nel pianificare gli interventi per il futuro.


Argomento: Produzione e trasformazione dei prodotti

Interrogazione dei Consiglieri Turbiglio, Gerini e Marchini inerente la concessione di contributi al caseificio Langarò di Niella Tanaro


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Esaminiamo infine l'interrogazione dei Consiglieri Turbiglio, Gerini e Marchini inerente la concessione di contributi al caseificio Langarò di Niella Tanaro.
Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Rispondo a questa interrogazione riprendendo una puntualizzazione sull'altra interrogazione. La cooperativa Piemonte Formaggi è nata per trasformare il formaggio, non per vendere latte. Però si trasforma e si vende lentamente, giorno dopo giorno conquistando il mercato. Quindi la cooperativa di cui parlavamo prima non è nata per vendere soltanto del latte, che è già importante, ma per avviare la trasformazione e conquistarsi una quota di mercato, proprio come auspicava il collega Turbiglio.
Si tratta della Società cooperativa caseificio Langarolo: fu costituita nell'ottobre 1979 fra sei cooperative zootecniche, per chiudere il ciclo produttivo delle aziende associate produttrici di latte ovino, caprino e bovino e con l'obiettivo di recuperare il valore aggiunto derivante dalla trasformazione per remunerare adeguatamente la materia prima lavorata con particolare riferimento al latte ovino e caprino (vedi allegato 1). Il 29 ottobre 1979 la cooperativa presentava una domanda di finanziamento riguardante la realizzazione del caseificio per una spesa di L. 1.285 milioni.
Il progetto, che può essere definito come il primo esempio di "progetto integrato" tra produzione e trasformazione, prevedeva che la costruzione del caseificio procedesse di pari passo con la realizzazione ed il completamento delle strutture di produzione delle cooperative associate stavano portando avanti i lavori già finanziati dalla Regione mentre le altre quattro che sono state finanziate nel 1980, stavano definendo le istruttorie presso gli uffici dell'Assessorato all'agricoltura.
La validità dell'iniziativa fondava i suor presupposti sui seguenti elementi: garanzia della continuità del conferimento di latte che avrebbe dovuto raggiungere una volta ultimate le strutture produttive dei soci i 180/190 quintali/giorno (vedi allegato 1) gamma completa di latte da lavorare: ovino, caprino e bovino e quindi la possibilità di ottenere una linea di prodotti molto diversificata posizione geografica strategica del caseificio rispetto alle stalle associate (con conseguenti costi minori di raccolta), e rispetto alle grosse vie di comunicazione possibilità da parte del caseificio di svolgere un'azione diretta nei confronti dei propri associati per raggiungere un buono e costante livello di qualità nella produzione di latte.
La domanda fu sottoposta all'esame della Commissione consultiva regionale nel dicembre 1979, che espresse parere favorevole alla realizzazione dell'iniziativa ed al finanziamento della stessa sulla base del progetto che la cooperativa stava predisponendo.
Il Langarolo nella fase di elaborazione del progetto, ritenne necessario dare inizio all'attività di trasformazione del latte che alcune delle cooperative associate incominciavano a produrre (10/15 quintali di latte al giorno); ciò al fine di dare un servizio immediato ai soci, ma più che altro per iniziare le prove di trasformazione, stagionatura confezionamento, ecc. Affittò pertanto un fabbricato di proprietà della Cooperativa allevamento comunitario Alta Langa (sua associata) sito in Bossolasco e il 23/1/1980 presentò una domanda per la ristrutturazione del fabbricato stesso e l'acquisto delle attrezzature (le attrezzature in seguito furono trasferite nel Caseificio di Niella Tanaro). La domanda fu finanziata per L. 93,7 milioni (50 per cento c/capitale e 50 per cento mutuo).
Nei primi mesi del 1980 la cooperativa definì il progetto del nuovo caseificio in contatto con l'Assessorato agricoltura e il 15/5/1980 formalizzò la richiesta di intervento regionale su una spesa di L. 1.830 milioni. Il 20/5/1980 la Giunta regionale concesse un finanziamento di L.
860 milioni (50 per cento conto capitale e 50 per cento mutuo) per la realizzazione del primo lotto di lavori che secondo il programma presentato dalla cooperativa dovevano essere eseguiti nel periodo giugno 1980 primi mesi 1981.
Nell'ottobre 1980 i soci del Langarolo (si tratta di enti giuridici enti associati, cioè stalle sociali) diventarono 8 in quanto altre due cooperative di produzione diedero la loro adesione alla società (al Caseificio Langarolo).
A seguito dell'allargamento della base sociale si prevede di raggiungere un conferimento di oltre 300 quintali di latte al giorno.
La domanda riguardante la richiesta di finanziamento del secondo lotto per lire 1.200 milioni viene presentata dall'Assessorato agricoltura il 31 dicembre 1980. La Giunta regionale, sentito il parere della Commissione consultiva il 28/5/1981 delibera la concessione delle agevolazioni regionali sull'intera spesa di L. 1.200 milioni (50 per cento conto capitale e 50 per cento mutuo). Il 14/12/1982 il Langarolo presenta la domanda riguardante la realizzazione del terzo lotto di lavori per una spesa prevista di 896 milioni. Acquisito il parere della Commissione consultiva regionale nel marzo 1982, la Giunta regionale concede un finanziamento sulla spesa di L. 460 milioni (20 per cento conto capitale e 80 per cento mutuo agevolato) e riduce la quota di intervento.
La spesa complessiva ammessa a finanziamento per la realizzazione del caseificio di Niella Tanaro ammonta a L. 2.520 milioni, di cui L. 1.122 milioni in conto capitale e L. 1.398 milioni a mutuo.
Il contributo in conto capitale impegnato (L. 1.122 milioni) è stato erogato da parte della Regione solo per L. 983,6 milioni in quanto a tutt'oggi non è stato definito il collaudo tecnico-amministrativo del secondo e terzo lotto di lavori.
Della somma complessiva ammessa a mutuo (L. 1.398 milioni) l'Istituto mutuante (Istituto Bancario San Paolo di Torino) ha erogato L. 970 milioni.
La mancata definizione del collaudo tecnico-amministrativo del secondo e terzo lotto dei lavori è da attribuirsi a difficoltà di ordine gestionale, in gran parte collegate alla crisi che ha colpito il settore del latte caprino ed alla conseguente messa in atto delle procedure per la liquidazione coatta amministrativa della cooperativa stessa da parte degli attuali amministratori.
Risulta infine allo scrivente che gli stessi amministratori tuttavia in attesa della nomina del Commissario liquidatore da parte del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbiano elaborato un piano di risanamento recupero e sviluppo della cooperativa in questione: proposte di risanamento e di recupero che saranno esaminate quando il commissario liquidatore riterrà di modificarle, quando ci sarà una autorità competente a riaprire il dialogo, relativamente a queste iniziative.
Ma si creano due problemi perché hanno avuto meno di quanto hanno speso. La Regione non interviene nel supplemento di spese. Il contributo è in percentuale. L'opera pare che sia costata tre miliardi che evidentemente dovevano essere supportati con un auto-finanziamento.
Vi è stato in quel periodo un aumento tumultuoso dei tassi di interesse che dal 14/15 per cento sono passati al 20/22 per cento creando le prime grandi difficoltà di ordine finanziario.
Quelle spese non potevano essere prese in considerazione dalla Regione la quale, non essendo stati terminati i lavori, non aveva neppure erogato interamente la somma che aveva attribuito.
Di qui le prime difficoltà di ordine finanziario seguite da difficoltà di mercato con riferimento al latte caprino, difficoltà che permangono tuttora, almeno in Piemonte, mentre si stanno risolvendo a livello nazionale, gli amministratori hanno chiesto la liquidazione coatta al Ministero del Lavoro e della previdenza sociale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola all'interrogante.



TURBIGLIO Antonio

Questa è un'altra operazione che potrebbe definirsi una "perla" tra quelle compiute dall'Assessorato all'agricoltura.
Ho sentito parlare di 2 miliardi e mezzo e di un'erogazione della Regione di 983 milioni.
Tutto questo è derivato dalla programmazione di una cooperativa, nata per fare le "tome", ma con una previsione ed una ricerca di mercato assolutamente insufficiente. Io posso assicurare che uno stabilimento di quelle proporzioni e portato da quei personaggi non era all'altezza di fare neanche un decimo di quella produzione e non era qualificato per ricevere quei finanziamenti.
Abbiamo appena sentito dire che la Regione è in carenza di capitali per pagare gli elicotteri che vanno a spegnere gli incendi mentre qui siamo andati fuori di miliardi senza un'analisi sulle possibilità di mercato del Caseificio.
Il risultato è che lo stabilimento è chiuso in stato fallimentare, che sono stati buttati centinaia di milioni senza alcun risultato e a scapito delle aziende private che funzionano nella zona che si sono viste in difficoltà da questa iniziativa.
Ho chiesto informazioni su quello che si sta facendo nei confronti di un altro stabilimento, gestito dagli stessi amministratori e dagli stessi personaggi che avevano esaltato il funzionamento del PAPAC che ha avuto un risultato del genere.
Continuerò a presentare delle interrogazioni sperando che la Giunta dia altro significato all'erogazione del denaro pubblico.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Data l'ora chiudiamo il capitolo delle interrogazioni e le interpellanze: quelle che non hanno avuto risposta saranno trattate nella prossima seduta del Consiglio.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Cerchio. Ne ha facoltà.



CERCHIO Giuseppe

Chiedo alla Presidenza del Consiglio e alla Giunta così attente e sollecite nel rilevare ogni occasione in cui si verificano violazioni delle libertà umane in tutte le latitudini, se non ritengano di esprimere un giudizio sui gravi fatti avvenuti ancora in questi giorni nell'America Latina dal regime di Pinochet.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

L'argomento merita tutta l'attenzione da parte della Presidenza del Consiglio e da parte della Presidenza della Giunta, vedremo nel corso della giornata di interessare i Presidenti dei Gruppi consiliari per formulare un giudizio da parte del Consiglio regionale.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

In merito al punto terzo dell'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Chiabrando, Marchesotti, Penasso e Testa.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 431: "Impiego temporaneo e straordinario di lavoratori disoccupati in cantieri di lavoro di enti locali", presentato dalla Giunta regionale in data 31 luglio 1984, assegnato alla IV Commissione in data 3 agosto 1984 N. 432: "Disciplina delle rivendite di giornali e riviste" presentato dalla Giunta regionale in data 2 agosto 1984, assegnato alla IV Commissione in data 3 agosto 1984 N. 433: "Istituzione delle UU.SS.SS.LL. sub comunali del Comune di Torino e disposizioni per la riorganizzazione dei servizi", presentato dalla Giunta regionale in data 2 agosto 1984 in sostituzione del disegno di legge n. 264, assegnato alla V Commissione in sede referente ed alla I in sede consultiva in data 27 agosto 1984 N. 434: "Integrazione e modifiche della L.R. 12 agosto 1976, n. 42 concernente 'Norme per il funzionamento dell'Organo regionale di Controllo" presentato dal Consigliere Vetrino in data 9 agosto 1984, assegnato alla I Commissione in data 27 agosto 1984 N. 435: "Sanzioni relative alle normative di cui ai piani naturalistici della riserva naturale speciale del Sacro Monte di Orta e della riserva naturale della Garzaia di Valenza", presentato dalla Giunta regionale in data 29 agosto 1984, assegnato alla II Commissione in data 6 settembre 1984 N. 436: "Prime norme per la disciplina dello smaltimento dei rifiuti in attuazione del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915", presentato dalla Giunta regionale in data 29 agosto 1984, assegnato alla VII Commissione in sede referente ed alla I in sede consultiva in data 6 settembre 1984 N. 437: "Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1985/1987", presentato dalla Giunta regionale in data 29 agosto 1984 assegnato alla V Commissione in data 5 settembre 1984 N. 438: "Provvedimenti in favore della stampa periodica locale per l'informazione sull'attività della Regione", presentato dal Consigliere Carazzoni in data 11 settembre 1984.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 28 giugno 1984: "Rendiconto dell'esercizio finanziario 1983" alla legge regionale del 28 giugno 1984: "Interventi per lo sviluppo dell'offerta turistica" alla legge regionale del 5 luglio 1984: "Mantenimento di Katia Airaudi, figlia di Eugenio, vigile del fuoco volontario, morto nello spegnimento di un incendio boschivo il 5 dicembre 1981" alla legge regionale del 13 luglio 1984: "Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali, in attuazione dell'accordo relativo al contratto nazionale di lavoro per il personale delle Regioni per il periodo 1982/1984. Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali nn. 22/1974, 74/1979 e 5/1981" alla legge regionale del 13 luglio 1984: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984" alla legge regionale del 19 luglio I984: "Norme concernenti l'esercizio del controllo regionale sugli atti degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico con personalità giuridica di diritto pubblico" alla legge regionale del 26 luglio I984: "Costituzione dell'Istituto Tecnotex - Biella - S.p.A." alla legge regionale del 26 luglio 1984: "Valorizzazione e sviluppo del volontariato nel settore sanitario e socio-assistenziale" alla legge regionale del 26 luglio 1984: "Adeguamento delle leggi regionali 16/6/1981 n. 21 e 31/12/1981, n. 59 (Classificazione delle aziende alberghiere) e delle leggi regionali 31/8/1979 n. 54 e 27/5/1980 n.
63 (Disciplina dei complessi ricettivi all'aperto) alla legge quadro 17/5/1983 n. 217 per il turismo" alla legge regionale del 26 luglio 1984: "Rifinanziamento della legge regionale 1/3/1979 n. 10 'Norme per la programmazione sportiva in Piemonte"' alla legge regionale del 26 luglio 1984: "Provvedimenti in materia di tasse sulle concessioni regionali" alla legge regionale del 26 luglio 1984: "Adesione all'istituzione di un premio alla memoria di Bruno Caccia, Procuratore Capo della Repubblica di Torino" alla legge regionale del 26 luglio 1984: "Intervento fidejussorio della Regione Piemonte a favore del Consorzio depurazione acque di Savona dei mutui da contrarsi per opere di disinquinamento del fiume Bormida";' alla legge regionale del 26 luglio 1984: "Norme per la razionalizzazione della rete di distributori carburanti" alla legge regionale del 31 luglio 1984: "Norme per la formazione e la gestione dei bilanci di previsione e dei rendiconti generali e per il controllo degli atti amministrativi degli enti di gestione dei parchi naturali, delle riserve naturali e delle aree attrezzate della Regione Piemonte" alla legge regionale del 31 luglio 1984: "Integrazione alla legge regionale 30 maggio 1980 n. 65 'Istituzione della riserva naturale speciale del popolamento di juniperus phoenicea di Rocca San Giovanni - Sabern" alla legge regionale del 31 luglio 1984: "Modificazione alla legge regionale 9 dicembre 1982, n. 38 'Istituzione della riserva naturale integrale della Madonna della Neve sul Monte Lera" alla legge regionale del 31 luglio 1984: "Norme per l'erogazione di contributi regionali ad enti, istituti, fondazioni ed associazioni di riievo regionale" alla legge regionale del 31 luglio 1984: "Modificazione dell'art. 14 primo comma della legge regionale 25 febbraio 1980, n. 8 'Disciplina delle attività di formazione professionale'" alla legge regionale del 31 luglio 1984: "Disposizioni per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici di edilizia residenziale da realizzarsi da parte degli Istituti autonomi per le case popolari e dei Comuni".


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dall'Ufficio di Presidenza e dalla Giunta regionale


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Le deliberazioni adottate dall'Ufficio di Presidenza nella seduta del l agosto 1984 e dalla Giunta regionale nelle sedute del 24 e 26 luglio, 1, 23 e 28 agosto, 4 e 6 settembre 1984 in attuazione dell'art. 7, primo comma della L.R. 6/11/1978 n. 65 in materia di consulenze ed incarichi, sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Comunicazioni della Giunta regionale


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La Presidenza della Giunta, la Presidenza, del Consiglio e la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi 'hanno evidenziato la necessità di una comunicazione della Giunta da parte dell'Assessore Tapparo sui problemi del lavoro ed in particolare sul progetto dei disoccupati a reddito zero e sull'intervento GEPI a Pallanza.
Ha quindi facoltà di trattare questi argomenti l'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

I progetti straordinari per disoccupati a reddito zero toccano 700 disoccupati per Torino. Il progetto avrebbe dovuto rivolgersi a 650 disoccupati di nuclei familiari a reddito zero per il Piemonte (oltre i 700 per Torino), purtroppo questa seconda parte del progetto ha visto la penalizzazione da parte della Comunità economica europea per quanto riguarda la formazione di adulti. Infatti tale scelta CEE ha ridotto tale progetto da 650 a 250.
L'Assessorato sta discutendo con il Ministero del Lavoro per accertare la possibilità di reintegrare con risorse finanziarie del Ministero la quota mancante. Comunque anche la seconda parte del progetto dovrebbe avviarsi nei prossimi mesi (mi riferisco ai 250 dei 650 previsti originariamente).
Il progetto per Torino si avvierà il 17 con la raccolta delle domande e si chiuderà alla fine del mese. Dunque, entro la metà di ottobre si avvierà il progetto di formazione biennale rivolta a 300 disoccupati senza titolo di studio, a 300 con licenza media e a 100 con diploma.
Il progetto viene a collocarsi in un momento nuovamente drammatico della disoccupazione nell'area metropolitana torinese.
Crescono con progressione preoccupante le iscrizioni al collocamento.
Questo progetto è un punto di partenza e ritengo possa rappresentare un'esperienza molto importante alla quale certamente il Ministero del lavoro presterà attenzione; in particolare per vedere se è possibile recuperare strati di disoccupazione adulta sul piano della formazione professionale e dei lavori socialmente utili.
Darò ora anche, brevemente, una informazione sull'intervento GEPI a Pallanza previsto dalla legge n. 193/84 . Come si ricorderà, la legge era rivolta alla siderurgia, ma prevedeva all'art. 5 la possibilità di un intervento GEPI per la Montefibre di Pallanza.
La Commissione interministeriale preposta alla verifica delle possibilità di ripresa della produzione di "nylon 66" ha avuto per le conclusioni dei lavori, con deliberazione del CIPI, una proroga di 90 giorni in quanto i lavori per quanto riguarda questo specifico aspetto non hanno potuto avere compimento per la complessità della materia.
Nell'ambito di tale Commissione la Regione ha inserito, dietro indicazione delle amministrazioni locali e dai sindacati, un tecnico esperto nel campo delle fibre sintetiche, che quindi ha partecipato ai lavori della Commissione in sede tecnica.
E' emerso che è possibile la ripresa della produzione dell'acetato di cellulosa, mentre vi sono difficoltà per quanto riguarda la ripresa della produzione del "nylon 66".
Va tuttavia sottolineato, e la cosa ha sollevato perplessità, che tale produzione sta per essere avviata dalla Snia Viscosa in uno stabilimento in Lombardia utilizzando diversi processi e diverse tecnologie rispetto alla produzione del "nylon 66" che si produceva a Pallanza. Evidentemente quel tipo di avvio di produzione potrebbe in qualche modo pregiudicare la possibilità di ripresa del "nylon 66".
Voglio evidenziare che comunque sia l'eventuale ripresa della produzione del "nylon 66" a Pallanza nella migliore delle ipotesi creerà delle eccedenze di mano d'opera a causa della trasformazione del processo produttivo.
Si è quindi ritenuto opportuno sollecitare l'intervento della GEPI nell'area di Verbania per cercare di attivare un'iniziativa di rianimazione industriale che permetta di assorbire le eccedenze sopraddette.
Quindi mentre la Commissione ministeriale sta lavorando da un lato dall'altro lato abbiamo messo in moto l'iniziativa GEPI, con una ricognizione in zona con il Ministero del lavoro, con il mondo imprenditoriale locale e la stessa GEPI per valutare le attenzioni che vi possono essere per nuove iniziative produttive Credo non si possa non rilevare il fatto politico rilevante del ritorno alla GEPI ad intervenire al nord, in un modo particolarmente mirato ed efficace.
La GEPI, nella sua modalità di intervento, è disposta a una partecipazione diretta nel capitale sociale delle nuove iniziative produttive. Non si ferma però solo alle iniziative finanziarie, tale intervento, infatti la GEPI prevede anche supporto in termini di servizi reali e logistici alle nuove attività produttive indotte.
L'unico elemento discriminante è che la GEPI non svolge una funzione di "innesco" imprenditoriale diretto, ma mette a disposizione risorse e competenze, Aspetta dunque a terzi individuare prodotti e mercato.
In una ricognizione compiuta a fine agosto è risultato che gli strumenti e le risorse che si possono mettere in campo hanno suscitato un certo interesse nel mondo imprenditoriale (in particolare della imprenditorialità minore) e nel mondo dell'artigianato, nel settore turistico e in altri settori.
Esiste una certa preoccupazione che l'intervento GEPI possa assumere determinati caratteri che in passato non hanno soddisfatto le aspettative del mondo imprenditoriale a livello locale e degli amministratori locali.
Noi riteniamo che questo intervento possa avere un carattere estremamente mirato.
La GEPI pare abbastanza determinata a costituire una società di servizi in grado di offrire assistenza marketing, assistenza alle analisi di investimenti, assistenza finanziaria, fiscale e legale per supportare le nuove iniziative.
Sottolineo che la possibilità di ripresa del "nylon 66" non è antitetica all'intervento di rianimazione industriale della GEPI, che comunque dovrebbe realizzarsi, anche se varierebbero evidentemente le dimensioni dell'intervento a seconda del tipo di ripresa della produzione del "nylon 66" e dell'acetato. Noi pensiamo che accelerando l'intervento GEPI a Pallanza si possano mettere a frutto le risorse che questo intervento mette in campo, favorendo indirettamente una positiva soluzione anche per il "nylon 66".



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare la collega Cernetti. Ne ha facoltà.



CERNETTI Elettra

L'intervento eccezionale della GEPI nel nord è di estrema importanza e indubbiamente darà respiro all'occupazione del Cusio-Verbano-Ossola in genere e del Verbano in particolare.
Ecco, io ne ho avuto la netta impressione.
Ero presente all'incontro con le categorie imprenditoriali e i sindacati e devo dire che le proposte allettanti della GEPI hanno suscitato un certo interesse negli artigiani e nel mondo finanziario.
Più scettico mi è parso invece il mondo industriale. E' indubbio che le difficoltà dei trasporti sia su gomma che su rotaie hanno portato l'isolamento della zona e sono difficoltà che permangono e che non potranno essere rivolte entro breve tempo se gli appalti della Voltri-Sempione e dello scalo Domo-2 già avviati non troveranno facile e immediata attuazione.
Bisognerà sfruttare il piano GEPI per avviare a Pallanza qualcosa di concreto.
Quell'incontro ha avuto un carattere informativo, è stata una prima presa di contatto con le categorie interessate che si spera sarà seguita da incontri successivi al fine di mettere a punto iniziative specifiche e concrete che diano il loro frutto soprattutto nel campo dell'occupazione.
E' importante l'interesse suscitato nel settore artigianale, turistico ed anche della floricoltura che però non può sostituirsi completamente a quello dell'industria.
La Regione deve porsi quale mediatrice nei confronti del Governo per fare rimanere a Pallanza la fabbricazione del "nylon 66" e per opporsi al disegno che vedrebbe trasferita questa produzione a Cesano Maderno, zona tra quelle che vedono il più alto tasso di occupazione.
Il Consiglio dovrebbe intervenire in modo serrato presso il Governo perché quella fabbricazione rimanga nella sede di Pallanza, quindi invito l'Assessore, sempre così solerte e diligente, a muoversi in questo senso.
Chi è sul posto e segue queste vicende giorno per giorno sa quale sia l'ansia, la preoccupazione e l'angoscia di intere famiglie nel seguire le tappe del piano GEPH e sa come sia l'attesa perché da esso derivino frutti concreti per l'occupazione nonostante le difficoltà che permangono.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore per l'informazione data sulla Montefibre e sul progetto dei 700 lavoratori disoccupati da avviare a lavori di pubblica utilità.
Attendiamo la pubblicazione del bando di concorso e raccomandiamo, sin d'ora che delle graduatorie venga fatta una gestione trasparente.
Circa la questione Montefibre mi chiedo con quanta convinzione le forze politiche e la Giunta regionale sostengono il riavvio della produzione del "nylon 66", visto che la SNIA, con diverse tecnologie, si appresta a produrlo in Lombardia.
Nello stesso tempo si dimentica che un anno fa circa fu firmato un accordo tra la Regione, le organizzazioni sindacali e la Montefibre con il quale la Montefibre si impegnava ad ammodernare le tecnologie per la produzione del nylon 66. E' preoccupante che si dimentichi quel documento per sottolineare il progetto della Snia. Non vorrei che questo in qualche modo giustificasse decisioni che sono già in itinere.
Se la Snia si appresta a produrre il 66 in Lombardia, abbiamo la dimostrazione della giustezza di quanto dicevano i lavoratori, le organizzazioni sindacali e le forze politiche e cioè che in Italia c'era uno spazio per la produzione del nylon 66.
Quando si parla di attività sostitutive si deve premettere che l'obbiettivo fondamentale resta quello del riavvio a Pallanza del nylon 66.
Di questo il governo deve farsi carico. Questo aspetto deve essere sottolineato con una presa di posizione da parte del Consiglio regionale.
Non dimentichiamo inoltre la posizione che hanno assunto gli imprenditori per bocca del dottor Terna, secondo il quale le eventuali attività sostitutive attivate dagli imprenditori privati, non debbono farsi carico dell'organico in dotazione alla GEPI, ciò non può che preoccupare, tenendo conto di ciò che ha detto l'Assessore, e cioè che la GEPI non costruisce direttamente, ma interviene di concerto con gli imprenditori privati.
Non possiamo dimenticarci di quelle dichiarazioni se non vogliamo trovarci sulle spalle 1600 lavoratori disoccupati. L'Unione Industriale ha detto: verificheremo la possibilità di avvio di iniziative imprenditoriali ma, se non erro, l'intervento della GEPI nasce con una dotazione di organico, della quale l'Unione Industriale non vuole farsi carico.
L'Unione Industriale vuole essere libera di assumere chi vuole. Quindi attenzione perché il discorso delle attività sostitutive, se non è premesso da una battaglia secca e convinta sul riavvio del '66' rischia di essere forviante e giustificativo di una decisione di chiusura del "66" (oltre che ancora una volta illusoria nei confronti di quei lavoratori).
Per questo è opportuno che la Giunta continui a lavorare in questa direzione nella Commissione che è stata istituita. E' opportuno chiarire subito queste questioni e che il Consiglio regionale assuma una posizione sulla necessità di riavviare la produzione del nylon 66.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Brizio. Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le indicazioni dell'Assessore sono sostanzialmente due: una riguardante i lavori socialmente utili e la presentazione delle domande, l'altra riguardante l'intervento della GEPI alla Montefibre di Pallanza.
Su questa seconda parte interverrà il collega Nerviani che ne ha seguito le vicende. Io mi limiterò a trattare il tema dei lavori socialmente utili e farò alcune considerazioni. L'Assessore ha affermato che questo avvio avviene in un momento drammatico per l'occupazione, questa precisazione mi pare utile e necessaria perché si sta creando la psicosi di una ripresa economica consistente, di un Piemonte che esce rapidamente dalla crisi, non è assolutamente corrispondente alla realtà.
Certo esistono analisi diverse nell'ambito degli operatori economici.
Da un lato l'Union Camere, con una serie di dati e di articoli su "Il Sole 24 Ore" siglato da Rodolfo Bosio che tende ad evidenziare una ripresa del Piemonte marcata soprattutto grazie alla crescente nascita di piccole imprese iscritte alla Camera di Commercio.
Questo però è un elemento che va posto più in connessione alla diversificazione del sistema produttivo che non alla reale ripresa dell'economia.
Una valutazione diversa viene data dalle organizzazioni economiche industriali, dall'Api alla Federpiemonte, le quali confermano che la ripresa per il Piemonte è lontana e sostengono che siamo ancora in una fase di grave declino dalla quale stentiamo ad uscire, soprattutto per ciò che riguarda l'occupazione. Aumentano gli iscritti alle liste di collocamento aumentano i disoccupati: in realtà la disoccupazione ha raggiunto un record assoluto soprattutto se si aggiunge il complesso della cassa integrazione speciale che lentamente genera disoccupazione.
Credo che si debba parlare del problema della cassa integrazione, della mancanza dei decreti alla quale occorre ovviare con un'azione forte nei confronti del CIPI e del Ministero del lavoro.
Va ribadito che il provvedimento che va in attuazione fa valenza assistenziale, così come noi sempre lo abbiamo affermato, e non ha elementi di effettiva produttività.
Occorre comunque uno sforzo perché la seconda parte del progetto che si riferisce a 650 lavoratori sia integralmente attuata, perché in caso contrario viene a mancare quell'equilibrio territoriale che noi avevamo previsto nella complessità del progetto. 700 posti vanno nell'area metropolitana, 650 sono quelli che consentono di intervenire nelle aree periferiche laddove la disoccupazione è pesante tanto quanto nell'area centrale. Giudichiamo poi favorevolmente il fatto che le Commissioni IV e I abbiano dato il via al progetto di legge sui cantieri di lavoro: è un'iniziativa qualificante sotto il profilo del possibile intervento a favore dei lavoratori.
Non a caso abbiamo insistito sulla necessità di dare un finanziamento a questo progetto. Siamo convinti che l'occupazione possa riprendersi se si muove l'economia, se si muovono il sistema produttivo, il sistema terziario, se ci sono prospettive, se gli operatori economici hanno fiducia nel futuro, ma questa fiducia manca particolarmente in Piemonte.
Altro problema oramai indilazionabile è quello della liberalizzazione del mercato del lavoro: le utopie sono affascinanti, ma la realtà è altra cosa. Se il mercato del lavoro non è libero non si fanno posti.
E' esemplare quanto avviene in Commissione regionale per l'impiego nell'applicazione dei decreti del governo per la formazione lavoro.
Diciamocelo con assoluta franchezza. La componente formativa che peraltro viene analizzata con molta serietà dalla Commissione, con la collaborazione dell'Assessorato competente e dei suoi tecnici esiste, ma è marginale.
Il vero stimolo, in questo momento, viene dalla chiamata nominativa dalla possibilità di scegliersi il lavoratore.
Questa è la verità. Non dirla vuol dire non avere coscienza dei fenomeni sociali, dei fenomeni politici e noi dobbiamo avere il "coraggio della verità": quel coraggio forse ci aiuterà a vedere con obiettività quali sono le possibili linee per la ripresa del Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Barisione. Ne ha facoltà.



BARISIONE Luigi

Prendiamo atto delle comunicazioni dell'Assessore sull'avvio della formazione lavoro per i 700 lavoratori dell'area metropolitana di Torino ed invitiamo l'Assessore a proseguire nell'iniziativa perché sia finanziata anche l'altra parte del progetto.
E' una goccia d'acqua nel mare della disoccupazione, ma è un significativo intervento che va sommato ad altri interventi, come quello regionale sui cantieri di lavoro. L'occupazione non aumenta nemmeno nelle aree in cui c'è ripresa produttiva.
In alcune aree non aumenta la disoccupazione ma non si verifica la diminuzione degli iscritti al collocamento, quindi la situazione non è positiva.
Ho sentito magnificare la liberalizzazione delle assunzioni con la chiamata nominativa anziché numerica. Io ci andrei cauto. Vorrei vedere gli indici di luglio-agosto-settembre degli iscritti al collocamento che mi paiono in salita.
Le 4000 assunzioni nominative in Piemonte non sono assunzioni aggiuntive, sono assunzioni sostitutive. E' vero che la liberalizzazione permette all'azienda di chiamare nominativamente, ma gran parte di quelle assunzioni comunque sarebbero avvenute.
Le chiamate nominative, se non cambiano i fattori economici, se non c'è sviluppo, possono influire per il 5-10 per cento, ma non possono invertire la tendenza in atto.
Molti contratti sono sostitutivi di contratti stagionali, che rispondono ad esigenze momentanee di produzione, ma non sono posti di lavoro stabili.
La soluzione è nella riforma del collocamento che non è sostituibile attraverso la chiamata nominativa e nel riavvio dello sviluppo industriale ed economico del Piemonte.
Gli indici di disoccupazione torinesi dell'area metropolitana sono ai livelli della Calabria (11,3 per cento di disoccupati che con i cassintegrati che non hanno possibilità di rientro arriva al 13 per cento).
In questo discorso si inserisce la questione Montefibre dell'area del Verbano-Cusio-Ossola. Noi pensiamo che qualsiasi ipotesi di intervento a Pallanza debba avere alla base la ricerca dei capitali e delle condizioni tecniche per la ripresa delle produzioni dell'acetato e del "nylon 66".
Il discorso dello scambio di produzione tra Montefibre e Snia vuol dire che il mercato italiano "nylon 66" esiste, allora se esiste la produzione deve avvenire a Pallanza. Se occorrono investimenti per rinnovare gli impianti, credo che occorrano anche per lo stabilimento Snia a Cesano Maderno.
Si tratta di 1611 lavoratori in un'area che ha già molta disoccupazione e molta cassa integrazione. I lavoratori hanno una certa età e di questo gli industriali ne tengono conto quando dicono che vogliono la GEPI vuota e rifiutano i 1611 lavoratori.
Nell'acetato ci sono ancora 1200 lavoratori, sono molti e non si pu pensare ad attività sostitutive soprattutto se teniamo conto del tipo di mano d'opera e delle difficoltà di quell'area.
Quindi il dato essenziale è la ripresa produttiva del "nylon 66" che in questo momento importiamo dall'estero ricercando poi attività che chiamerei complementari, integrative, non sostitutive; attività complementari e integrative che permettano di reimpiegare quella parte di lavoratori che non troveranno impiego nella produzione dell'acetato e del nylon 66.
Della posizione del Consiglio regionale la Commissione tecnica, nata dalla legge 193, deve essere informata. Abbiamo predisposto in questo senso un ordine del giorno. Nel libro bianco dell'Assessorato sulla questione Montefibre c'è un esame attento svolto dai tecnici del Consiglio di fabbrica di Pallanza sulle possibilità reali di ripresa sui costi del "nylon 66".
Il pronunciamento CIPI deve partire da questi dati. Ringrazio l'Assessore per le iniziative importanti che ha assunto, che il Consiglio regionale deve ribadire al fine della reale ripresa produttiva della Montefibre.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Noi abbiamo educatamente e con molta attenzione ascoltato quanto comunicato dall'Assessore al lavoro in merito agli ultimi sviluppi della vicenda Montefibre.
Lo avremmo ascoltato con uguale interesse nella riunione che egli tenne alcune settimane fa nella sede del Comprensorio di Pallanza, se qualcuno si fosse degnato di invitarci. Perché è inaccettabile che riunioni organizzate o dalla Regione o da organismi sub regionali, quali sono i Comprensori, non vedano accanto alle forze sociali, accanto agli organismi sindacali accanto alle organizzazioni di categoria anche la presenza dei Consiglieri regionali. Ma questa è una cosa di cui parleremo in altro momento dato che abbiamo già rivolto una interrogazione tesa a conoscere i criteri con i quali si procede a questi inviti, che stranamente vedono presenti Consiglieri di altre e ben definite parti politiche.
La collega Cernetti ha avuto modo di partecipare a quell'incontro, cosa che non è stata data al sottoscritto, cosa che, per esempio, non è stata data al collega Nerviani.
Comunque veniamo all'incontro di Pallanza e questa lunga e drammatica e per molti aspetti significativa storia della Montefibre. Noi non crediamo che si possa condividere la valutazione moderatamente ottimistica data dall'Assessore Tapparo. E non siamo noi ad affermarlo. Il 12 settembre esattamente 24 ore fa, sulla "Stampa" è uscita questa dichiarazione di Diego Caretti, responsabile Cisl della federazione unitaria per l'alto novarese. La leggiamo testualmente: "non siamo contenti di come vanno le cose e tanto meno dei risultati pratici, concreti e neanche dell'incontro che la Regione ha tenuto l'altra settimana chiamando attorno ad un tavolo i rappresentanti delle varie categorie imprenditoriali e le banche operanti sul territorio". Questo è il giudizio di un sindacalista non di parte nostra. Allora, vogliamo ricordare che sul caso Montefibre noi, già molti anni fa, in sede di Consiglio regionale, non abbiamo avuto esitazione nel dichiarare che le responsabilità di quanto si stava allora iniziando - ma che ben chiaramente sin da allora si poteva intravvedere dove sarebbe andato a finire, cioè alla smobilitazione della fabbrica - aveva delle precise responsabilità che congiuntamente sono fatte risalire al Governo alla direzione aziendale, ai sindacati. Sono passati molti anni. Quelle cose fummo soli allora a dirle, anche contro corrente, anche suscitando una certa ostilità, anche andando incontro a molta impopolarità. Oggi vediamo che, finalmente, si dice che nella vicenda Montefibre vi sono appunto responsabilità politiche, responsabilità imprenditoriali, responsabilità sindacali.
Con la stessa chiarezza con la quale dieci anni fa affermammo quanto oggi vediamo condiviso anche da altre parti, noi diciamo adesso di non avere assolutamente fiducia in quanto è stato qui detto a proposito degli insediamenti sostitutivi, che il collega Barisione vuole che si chiamino complementari o aggiuntivi. Non abbiamo fiducia negli insediamenti sostitutivi perché da anni questa storia è fatta circolare a Verbania soltanto per illudere, soltanto per creare speranze sempre e puntualmente disattese.
Anni or sono la Montefibre, allora Montedison, già parlava di smantellare gli impianti base di Verbania per sostituirli con 32 cosiddette "botteghe artigianali" che dovevano sorgere nell'area di Mergozzo. L'area infatti venne bonificata, venne urbanizzata; si parlò allora di insediamenti produttivi, se ne è continuato a parlare dopo, se ne riparla adesso, ma sempre invano. I verbanesi non credono assolutamente più agli insediamenti sostitutivi.
Produzione del "nylon 66". Bisogna essere chiari anche su questo punto.
La città che, contrariamente a quanto si cerca di far credere non ha mai apprezzato certo gigantismo aziendale che ha poi prodotto una deleteria monocoltura nell'economia verbanese; ma che ugualmente non ha mai condiviso e mai apprezzato la deludente politica governativa fatta nel settore, così come non ha mai apprezzato e mai condiviso certo estremismo violento dei sindacati, si chiede una cosa fondamentale: perché la produzione di "nylon 66" non possa e non debba continuare a Verbania, dove è iniziata, dove è nata, dove ci sono i tecnici, dove ci sono anche o ci sarebbero state le possibilità di produrlo ad adeguati costi di mercato, se soltanto si fossero attuati a suo tempo gli investimenti previsti.
Dobbiamo dare atto, onestamente, che è giusta l'analisi che abbiamo sentito svolgere dal collega Montefalchesi.
Se si fosse rispettato l'accordo del settembre I982, oggi forse non saremmo giunti a questo punto. Ma anche questa è la dimostrazione dell'illusione che si è seminata a piene mani sul caso Montefibre a Verbania. E' inutile Assessore, farsi delle illusioni: la produzione del nylon 66 che aveva e che ha in Italia una consistente quota di mercato passa alla Snia Viscosa. Per la Montefibre a Verbania resterà soltanto una soluzione puramente assistenziale. Non vediamo riprese produttive, non vediamo altre possibilità. Diciamo fin da adesso, non ci sono altre strade da percorrere.
Questo diciamo in questo momento e controlleremo l'esattezza di queste nostre previsioni tra qualche tempo, quando anche da altre parti sentiremo ripetere gli stessi convincimenti che noi abbiamo espresso sin da ora.
Perché abbiamo detto questo? Perché siamo d'accordo con il collega Brizio che la verità va detta ad ogni costo. Non dire la verità significa non avere coscienza vera dei problemi politici ed economici della nostra Regione. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il collega Nerviani. Ne ha facoltà.



NERVIANI Enrico

Debbo associarmi alle considerazioni iniziali dell'amico e collega Carazzoni in ordine alla non possibilità di partecipazione di alcuni Consiglieri della zona a riunioni importanti che riguardano la vita delle province da cui provengono.
Questa vuole essere una sollecitazione vivace a ricordare che ogni atto che escluda qualche Consigliere è atto che danneggia l'istituzione in quanto tale, che la rende fragile, che inventa personaggi esclusivi, li fa rappresentare unici della Regione che invece è istituto corale che deve sempre essere rispettato in tutte le sue componenti.
Non vedo il Presidente e questo mi dispiace perché avrei voluto dire cose uguali a lui riferendomi ad una riunione che vi è stata ad Omegna nel Cusio, con il Sindaco di quella città. Nella riunione si è parlato di problemi occupazionali, dei problemi della valle Strona e della zona e non si capisce per quale ragione l'incontro sia stato limitato al Presidente della Regione quando tutti Consiglieri di qualunque parte essi siano della provincia di Novara avevano interesse ed avevano il diritto di partecipare.
Il Presidente Viglione sarà stato invitato, in via esclusiva, ma la sua cortesia si poteva spingere al punto da fare avvisare i colleghi della zona.
In questo modo si riduce l'incidenza del nostro mandato nelle zone da cui proveniamo. Quindi ha fatto bene Carazzoni ad introdurre questo argomento; l'invito ovviamente è di cambiare rotta in futuro. Per quanto riguarda il "nylon 66" vorrei che le parole amare di Carazzoni e la velata ipotesi contenuta nell'intervento di Tapparo fossero dati infondati, per questo mi accingo a sottoscrivere, con il Gruppo della Democrazia Cristiana, l'ordine del giorno annunciato dal collega Barisione.
Anche io, tuttavia, nutro un convinto scetticismo circa la possibilità di riuscita della nostra azione. Certamente, dobbiamo tentare di salvare il nylon 66, anche perché l'iniziativa interessa pure Novara che ha uguali problemi per 300 persone in cassa integrazione in procinto di lasciare "Montedipe".
Riconosco a Tapparo la disattenzione per qualche convocazione, ma devo anche riconoscergli la serietà di impegno e di lavoro per risolvere almeno parzialmente questi problemi della triste realtà di Verbania.
Siamo però alle pezze. Una volta Montefalchesi mi rimbeccò quando dissi queste cose, ma la situazione di Verbania è fatta da un'infinità di elementi negativi; disattenzione del Governo, mancata attenzione di altre forze sociali ed economiche, ma è soprattutto fatta da una visione limitata dell'economia e della capacità di individuare lo sviluppo di una città bella e sana, come è Verbania. La cultura che si è instaurata in quella città è la cultura della città-fabbrica, per cui o Montefibre o niente.
La visione limitata è data dalla non ricerca di spazi di libertà imprenditoriali, è data dalla non volontà di favorire queste iniziative imprenditoriali che nel tempo passato erano presenti, è data e lo ripeto e lo sottolineo da una conflittualità pilotata da lontano, a volte in termini esasperati non parlo del presente, perché l'esasperazione in questo momento è comprensibile, ma dei tempi della conflittualità scelta come metodo abituale nell'attività di fabbrica. E' data dallo scoraggiamento degli imprenditori privati di fronte a una situazione sistematicamente in ebollizione per motivi molto seri ed anche per motivi molto banali. Adesso bisogna ricostruire una cultura complessiva avviandosi verso obiettivi di conflittualità, meditata e seria e non a tutti i costi. La possibilità di uscire dalla crisi è data da una scelta precisa di strumenti da offrire al libero imprenditore.
Quando la Regione chiama le banche a rapporto, le chiama sempre al capezzale di un malato. Le banche vanno naturalmente dove c'è iniziativa dove c'è coraggio, dove c'è possibilità di lavoro.
Quando vengono chiamate dall'Assessore Tapparo, faccio per dire perch è lui l'Assessore al lavoro, è già segno che qualche cosa dentro il tessuto non va, che la malattia è avanzata e che bisogna fare delle cure energiche che non sono quelle di qualche intervento sostitutivo. Se la GEPI fosse l'unica possibilità di intervento futuro diciamo che tra due o tre anni ci troveremo di nuovo qui nelle stesse condizioni in cui ci troviamo ora.
Nulla sarà cambiato, ci sarà qualche debito in più e qualche insoddisfazione in più. L'area attrezzata deve essere pensata in modo da essere accostabile dagli imprenditori e non prevista con oneri tali per cui un imprenditore non è interessato.
Dei quattro o cinque miliardi che si sono spesi fino ad ora neanche un centesimo è tornato in tasca alla Regione, neanche un centesimo è tornato in tasca alla città di Verbania in termini di recupero di forza lavoro.
Queste cose le ho dette ai lavoratori di Verbania e mi sento di dirle in ogni situazione con l'impegno di difendere la posizione di lavoro dei lavoratori della Montefibre, in fase assistenziale prima e in fase di sbocco temporaneo attraverso la GEPI poi, ma con l'occhio verso soluzioni complete che partano da un tessuto culturale del lavoro diverso da quello in cui alcune forze politiche presenti in questo connesso credono.
E' opportuno guardare avanti con questo taglio, con coraggio credendo alle forze imprenditoriali libere che ancora sono disponibili ad intervenire e lo saranno ancora di più quando i problemi di natura infrastrutturale saranno superati nella zona del Verbano-Cusio-Ossola.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Anche a nome dei colleghi Turbiglio e Gerini ringrazio l'Assessore per le due informazioni che ci ha voluto dare. Le informazioni dell'Assessore Tapparo sono forse troppo frequenti (se questo metodo venisse adottato da tutti gli Assessori questa diventerebbe una sede di relazione della Giunta e non un Consiglio regionale che è il soggetto proponente dei dibattiti di Consiglio), ma sempre estremamente interessanti e giustificanti la loro frequenza.
E' un giudizio di fatto, non un giudizio di valore, non è un rimprovero, ma una constatazione che peraltro evidenza un fatto patologico nella vita del Consiglio in ordine all'attenzione ai problemi dell'Assessorato.
Sul problema di Verbania il nostro Gruppo più che dalla informazione dell'Assessore è stimolato dalle considerazioni che ne sono seguite. Dalle informazioni dell'Assessore abbiamo registrato come fatto di grande significato la decisione di intervenire da parte della GEPI.
Ci pare che tale decisione abbia una giustificazione nella straordinarietà dei fatti. A questo punto io starei molto attento a gestire questa vicenda così delicata.
Riteniamo che l'intervento dovrebbe servire a porre rimedio a una situazione che è drammatica nella zona e comunque a chiudere la vicenda Montefibre.
Non dovremmo però cadere in qualche contraddizione. Si dice che l'intervento GEPI deve essere all'esterno della Montefibre, che la Montefibre nel sistema della ricompattazione delle fibre tessili deve trovare le risorse per la riconversione, per la modernizzazione degli impianti, per la difesa dei posti di lavoro.
Questo però rientra in una logica di cultura industriale che però poi rifiutiamo perché ne abbiamo tutti constatate le conseguenze.
Mi auguro e confido che questa linea si possa difendere.
Peraltro rassegno alla prudenza politica dell'Assessore il capire se questa sia una linea gestibile e difendibile o se non sia una linea di rottura. Se l'intervento GEPI venisse rifiutato nella logica di una sistemazione generale del problema tessile e delle fibre, probabilmente rischieremmo di perdere anche l'intervento GEPI. Mi pare strano che l'intervento GEPI intervenga in un fatto occupazionale generico evidentemente è mirato ad una soluzione di un problema di più largo respiro altrimenti non si capirebbe la straordinarietà dell'intervento, la quale dovrà probabilmente trovare una giustificazione e una ragione d'essere.
Non vorrei che la straordinarietà fosse quella che ci diceva Carazzoni cioè la perdita di 1610 posti di lavoro, il trasferimento del prodotto. Il Consiglio regionale fa bene ad esprimersi su questa vicenda chiedendo che l'intervento non sostituisca ma rimedi una situazione occupazionale che comunque è grave, è intollerabile, è insostenibile.
Raccomando peraltro all'attenzione della Giunta l'esigenza di evitare su questi comportamenti che farebbero a pugni con le esigenze di un sistema industriale in trasformazione.
E questo mi porta, signor Assessore e colleghi, alla seconda parte della comunicazione, quella relativa ai lavori socialmente utili. Sono usate delle terminologie che bisognerebbe usare con molta prudenza. E' certo che questi interventi si devono considerare di tipo assistenziale.
Ritengo però che nel corso della nostra generazione dovremmo abituarci a capire che il "produttivo" non è soltanto ciò che produce un bene, ma è qualcosa che produce servizi e che in qualche misura concorre alla società.
Il "produttivo" verrà letto in questi termini, e non esaminando se al fondo del processo viene prodotto un cuscinetto o una mela. Tutto ciò che sarà produttivo per la società, per la qualità della vita, sarà da considerarsi attività produttiva; quindi, non mettiamo un marchio di infamia su tutte quelle attività che non hanno alla fine qualcosa di palpabile.
Un sistema industriale maturo, nel campo del tessile, dell'automobile ecc., tende a ridurre con le tecnologie avanzate il numero degli addetti e a trasferire questi addetti ad altri settori il cui tasso di produttività concreta è sempre meno percepibile fino a diventare evanescente.
Questo è il segno della storia politico-economica della nostra generazione, non è qualcosa che ha inventato l'Assessore Tapparo o il Ministro del lavoro. Gli studi della CEE dicono che negli anni 2000 l'industria che avrà più occupati in Europa sarà quella del turismo. Questo non significa che faremo tutti gli albergatori, ma probabilmente che quei beni che non sono ponderabili e che non sono considerati in peso e misura occuperanno buona parte delle attività dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Dobbiamo considerare che nella storia della nostra generazione politica abbiamo sentito cose inaudite: un grande dirigente sindacale che dice che il salario è una variabile indipendente del processo economico.
Ci si può pentire, ma in un paese civile normalmente più che i pentimenti servono le dimissioni. In questo paese si è osteggiato profitto si è osteggiata la libertà di contrattazione economica e di rapporto sindacale.
Abbiamo acconsentito per un ventennio una serie di vincoli a un processo economico, che ha avuto dei costi che a questo punto diventa difficile recuperare. I costi che ci sono stati e ci sono sul processo economico non sono costi in una qualche misura che si traducono in un interlocutore. Non sono d'accordo con Nerviani, se il problema fosse soltanto di cercare di riequilibrare il costo-lavoro da una parte e il costo di impresa, avremmo un quadro molto semplice sul quale ragionare in quanto gli interessi in contrasto sarebbero quelli antichi del datore di lavoro e del lavoratore. Qui si è inserito un terzo incomodo che è la spesa pubblica, che evidentemente ha lucrato in queste "vacanze politiche" dell'uno e dell'altro, del lavoratore e dell'imprenditore. La spesa pubblica è assistenziale nella misura in cui non produce nei confronti della collettività né beni né servizi né qualità della vita.
Per poter fare i conti con questo terzo incomodo, la spesa pubblica, si deve passare attraverso processi politici chiarificatori che le forze politiche hanno il dovere di fare.
Quando un pronunciamento politico come quello sul decreto del lavoro viene osteggiato proprio dalle forze politiche che portano maggiormente la responsabilità di questa vicenda, è un brutto segno. Questo paese per trasformarsi e per risolvere questi problemi alla radice dovrà fare delle scelte politiche di fondo.
Ogni qualvolta nel nostro paese il partito socialista assume una posizione trainante e chiara, trova la resistenza di forze conservatrici su questi temi che non sono della destra; sono della sinistra, sono dei partiti cattolici, sono quelli che dicono: hic manebimus optime e che in questa realtà, della quale si lagnano su questi banchi, vivono benissimo tant'è vero che i risultati elettorali li premiano.
Assessore, noi confidiamo che lei farà quanto sarà nelle sue capacità nella sua diligenza per ottenere il massimo dei risultati per la nostra regione e per le nostre popolazioni su questo tema. Per parte nostra l'assolviamo fin d'ora per i risultati che non riuscirà a conseguire perch ci rendiamo conto che dietro a questa vicenda pesano errori del passato pesano esigenze sul futuro, sulle quali la capacità di incidenza sua e della Giunta hanno oggettivamente dei limiti dei quali bisogna dare atto.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Se non ci sono altri colleghi che intendono partecipare al dibattito darei la parola per una breve precisazione all'Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Ho portato queste informazioni sugli interventi per la disoccupazione e l'intervento GEPI a Pallanza, perché mi sembrano di grande importanza.
Ritengo questi due argomenti importanti perché tutti gli indicatori sulla disoccupazione specie nell'area metropolitana torinese, sono in crescita.
Credo che gli strumenti ordinari di intervento sul mercato del lavoro non bastino ad affrontare questa situazione di emergenza. La nostra iniziativa sui 700 lavoratori per Torino e sui 650 per la Regione (che speriamo di recuperare per intero) non rappresentano un palliativo, un rattoppo, ma una linea di tendenza che cerca di incidere, così come altri strumenti straordinari come il disegno di legge in preparazione dal Governo per l'inserimento nella pubblica amministrazione di disoccupati e cassaintegrati anche in deroga ai 35 anni.
E' estremamente positivo se riusciamo a incidere sull'area dei nuclei familiari a reddito zero che è rilevante nell'area metropolitana e rappresentano la parte emergente delle nuove povertà.
Quanto all'iniziativa che ho promosso nel mese scorso a Verbania, devo dire che intendevo attivare una riunione di lavoro tra la GEPI ed il Ministero dell'industria e il mondo imprenditoriale e le organizzazioni sindacali. Dunque una riunione di lavoro, di ricognizione e non un'assemblea.
Voglio ancora confermare che l'iniziativa di velocizzare l'intervento GEPI mi sembra coerente perché i processi di questa finanziaria del Ministero dell'industria sono normalmente lenti.
Se aspettassimo prima una risposta definitiva sul "nylon 66" per avviare le iniziative di rianimazione industriale, perderemmo alcune opportunità importanti. Le eccedenze, qualsiasi sia l'ipotesi del "nylon 66", anche se lo si riprende globalmente, anche se la Snia non investisse a Cesano Maderno in tale settore, non potranno assorbire tutti i lavoratori attualmente in c.i.g. della Montefibre di Pallanza: quindi sono necessarie iniziative sostitutive che per sintesi definisco di "rianimazione industriale" che spero abbiano un effetto di diffusione più ampio che il puro recupero delle eccedenze ex Montefibre.
Non ho un ottimismo particolare, voglio però misurare l'evolversi della situazione con i fatti concreti. Sono fallite le iniziative delle "botteghe" e altre cose di alcuni anni addietro. Questo strumento invece è nuovo, è un intervento preciso, puntuale del quale già vediamo le potenzialità.
Non credo che vada disperso il potenziale che mette in campo oggi la GEPI, ritengo invece che si debba lavorare perché qualche risultato significativo e utile per quell'area si possa acquisire in tempi ragionevolmente brevi.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Proseguimento esame progetti di legge n. 91, 125, 185, 192, 214, 244, 294 e 337: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 56/1977 e successive modificazioni"


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Il punto quarto all'ordine del giorno prevede il proseguimento dell'esame dei progetti di legge nn. 91, 125, 185, 192, 214, 244, 249 e 337: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 56/77 e successive modificazioni".
La discussione generale è stata aperta dal collega Simonelli che ha svolto la relazione di maggioranza nella precedente seduta.
Ora il Consiglio dovrà ascoltare la relazione di minoranza del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale.
Ha la parola il Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione di maggioranza che è stata valorosamente illustrata dal Consigliere Simonelli nel corso della seduta del 31 luglio, e la relazione di minoranza, che mi accingo ad illustrare si collocano su uno sfondo singolare in quanto entrambe hanno preso in considerazione il disegno di legge 337, nel testo che dopo un itinerario tormentato e sofferto è stato approvato il 18 luglio 1984.
Ma questo disegno di legge, sul quale abbiamo collocato le nostre relazioni, per quanto concerne gli istituti principali innovativi del disegno di legge, il progetto territoriale operativo, la salvaguardia attiva o il silenzio-assenso e le strutture del Comitato Urbanistico Regionale, non è ancora definitivo.
C'è su questi lineamenti essenziali un certo mutamento di rotta, tant'è vero che l'Assessore Calsolaro il 3 settembre ci ha presentato un documento molto interessante con il quale rielabora le normative al Servizio Urbanistico Regionale e le normative del Comitato Urbanistico Regionale.
Ufficiosamente risulta che sono in corso di formalizzazione da parte della Giunta emendamenti sul P.T.O. e sulla salvaguardia attiva.
Pare che il PTO non verrà più formato da enti pubblici o da enti locali o da privati, i quali saranno ridotti al ruolo di propositori, e che, una volta approvato dalla Regione, non avrà più quella caratteristica sulla quale ci siamo soffermati a fondo e che ha dato luogo a un vivace dibattito da parte degli enti e delle associazioni che sono stati consultati e che sia all'inizio allorquando venne proposto sia nell'elaborazione definitiva aveva quella caratteristica di provvedimento ghigliottina sulle prescrizioni urbanistiche dei comuni; provvedimento ghigliottina in forza del quale il PTO, dopo che fosse approvato dalla Regione, si sostituiva di imperio e d'autorità con un connotato quasi a contenuto podestarile sullo strumento urbanistico del comune, quindi meraviglia che questo connotato sia stato magari inconsciamente compreso in un testo composto da una Giunta di sinistra.
In sostanza, il relatore di maggioranza ed io quale relatore di minoranza abbiamo operato, per quanto riguarda gli istituti principali innovatori del disegno di legge, sulla edizione del disegno di legge del 18 luglio 1984, data di approvazione in Commissione, ma siamo parzialmente spiazzati rispetto all'edizione in corso di stampa del 3 settembre contenente le proposte di Calsolaro e del 18 settembre giorno nel quale presumibilmente avremo finalmente gli emendamenti formalizzati. Non mi si dica che i Consiglieri e la Giunta possono presentare emendamenti e che il mio discorso non è valido perché il testo sul quale si deve introdurre la discussione è quello varato il 18 luglio.
E' un discorso che va bene sul piano strettamente formale, ma guardando la situazione con realismo e nella sostanza sta di fatto che gli emendamenti di sostanza su istituti estremamente innovatori del disegno di legge sono in realtà il nuovo testo sul quale partirà la discussione.
Prima di entrare nel vivo della mia illustrazione della relazione di minoranza, vorrei aprire una parentesi sulla questione emendamenti della Giunta in corso di elaborazione.
Dal canto nostro abbiamo preparato un primo gruppo di 20 emendamenti ed altri se ne aggiungeranno sia da parte mia che da parte del collega Carazzoni e del Gruppo nel suo insieme.
Ci sono gli emendamenti della D.C. e presumibilmente quelli del Gruppo liberale che incorporeranno i lineamenti dei loro disegni di legge che non erano stati a suo tempo presentati.
Penso che anche il Gruppo repubblicano, sempre combattivo, non sarà di meno in materia di presentazione di emendamenti. Quindi, in questa situazione a me pare che la Giunta, con senso di responsabilità, dovrebbe valutare se non sia, non dico opportuno, ma necessario applicare l'art. 79 del regolamento in forza del quale il Consiglio quando gli emendamenti rendono necessaria ed opportuna un'istruttoria, possa fare ritornare tutto in Commissione.
Non è che si abbia una vocazione al rinvio e al ritardo, ma penso che di fronte alla situazione nuova che si è creata questo è proprio un caso tipico da manuale per dover applicare l'art. 79 del Regolamento.
Fatta questa breve premessa, cercherò di illustrare brevemente la mia relazione che peraltro è stata depositata dalla fine di luglio e che confido avranno letto i colleghi della II Commissione.
Quindi starò a quel testo e non certo al testo con i presumibili emendamenti della Giunta perché non vorrei sviluppare un discorso, variando in parte le mie considerazioni, su proposte di emendamento che magari fra pochi giorni verranno ulteriormente cambiate (dato che tutto questo si è verificato più volte nel corso della discussione in Commissione).
Nella relazione di minoranza mi sono occupato quasi essenzialmente del PTO che ritengo, in maniera convinta per me stesso e per il nostro Gruppo un istituto estremamente interessante ma che, allo stato delle cose, non abbia diritto di cittadinanza nell'ordinamento regionale.
Spero di non essere accusato di formalismo come mi è già capitato qualche volta in quest'aula.
Come voi sapete, le leggi delle Regioni devono passare attraverso la strettoia della legittimità, devono essere rispettose delle norme costituzionali, quindi, quando si affronta un problema dal lato politico legislativo sulla questione preliminare della costituzionalità o meno non si è certo formalisti.
Il PTO, pur essendo in sé e per sé uno strumento interessante, che potrà essere oggetto di meditazione, di approfondimento e di studio in altra sede, non è conforme alla Costituzione, perché l'art. 42 della Costituzione, che ha recepito il principio della proprietà in funzione sociale (che era già stato canonizzato legislativamente nel Codice Civile del 1942) ha stabilito la cosiddetta riserva della legge; cioè qualsiasi norma la quale limiti, sia pure in funzione sociale e quindi molto opportunamente il diritto di proprietà, deve essere legge dello Stato.
Quando poi esaminiamo il PTO dobbiamo innanzitutto rilevare che tutti gli strumenti urbanistici vigenti nascono da una legge dello Stato, la norma che prevede i piani territoriali, la norma che prevede i piani regolatori e senza volerle enumerare tutte la norma che ha previsto i programmi pluriennali di attuazione (legge del 1977 art. 13).
Penso che nessuno in questa Regione o in altre Regioni avendo congeniato, avendo antiveduto il programma pluriennale di attuazione avrebbe pensato di presentare al riguardo un progetto di legge perch sarebbe stato sicuramente bocciato per la ragione di non essere previsto da una legge statale.
Su questa considerazione, credo che il relatore di maggioranza, collega Simonelli, in sostanza convenga, tanto è vero che a questa obiezione difende il progetto territoriale operativo dicendo al relatore di minoranza che il PTO è un misto composto di coordinato di altri strumenti già previsti dalla legge statale e quindi va benissimo.
In sostanza ci si rende conto che non è uno strumento urbanistico previsto da una legge statale e che quindi non avrebbe diritto di cittadinanza, ma siccome ha degli spezzoni di altre normative statali che prevedono strumenti urbanistici e che vengono poi armonicamente da noi coordinati, ha un carattere di novità e il supporto della legge statale che lo prevede.
Ora a me pare che questa considerazione non sia fondata. Nella relazione di maggioranza o nella legge è scritto che il PTO ha il connotato di strumento generale direttivo, ma nello stesso tempo è uno strumento esecutivo e attuativo. Si dice che può essere formato da altri soggetti diversi dalla Giunta regionale, da soggetti privati: qui sta la novità non prevista da legge statale.
Si dice che i principi della partecipazione e del giusto procedimento sono osservati. Direi invece che proprio il giusto procedimento non è osservato perché la collettività, i privati che sono molto egregiamente tutelati nell'elaborazione del piano regolatore generale, qui possono presentare delle osservazioni che la Giunta valuta e che può senza motivare se, come è perché le respinge né come e perché le accolga.
C'è poi un'altra considerazione, forse la più rilevante ed è quella che stabilisce che le prescrizioni e le norme immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica comunale vengono, appunto con una funzione quasi ghigliottina previste dal PTO. Mi pare che l'autonomia comunale viene violata, il Comune forma il suo piano regolatore attraverso una procedura complessa e garantista, ad un certo momento la Regione l'approva poi si pu trovare sulla testa il PTO che annulla questo risultato finale. Il legislatore del DPR 616 ha disciplinato nell'art. 8I (l'ho messo in evidenza nella relazione) l'ipotesi della progettazione di massima e esecutiva di opere pubbliche di interesse statale e si è preoccupato di prevedere l'ipotesi che queste progettazioni di opere pubbliche di interesse statale possano essere difformi rispetto alle prescrizioni ed ai vincoli delle norme e dei piani urbanistici.
La questione l'ha risolta stabilendo che l'amministrazione statale competente, che progetta opere pubbliche di interesse statale che possano entrare in conflitto con strumentazioni urbanistiche comunali, deve procedere, di intesa con le Regioni interessate, che devono sentire preventivamente gli enti locali nel suo territorio sono previsti gli interventi; soggiungendo che se l'intesa non si realizza e il Consiglio dei Ministri ritiene che si debba procedere in difformità della previsione degli strumenti urbanistici, si provvede con decreto del Presidente della Repubblica.
Si dirà: questi progetti chissà quando si verificheranno, per presumibilmente dovrebbe esserci il mezzo di modificare questa norma da questo complesso e macchinoso procedimento.
Una cosa è certa che qui è contenuto un principio di rispetto delle autonomie locali. Queste sono le ragioni che ci hanno convinti a dire un no preclusivo. Ricordo che in Commissione l'Assessore Cerutti ebbe a dire rivolto a noi delle opposizioni: "voi vi lamentate che l'operazione Sito non va avanti e poi vi opponete al PTO".
E' vero, però non è con il PTO, che a nostro avviso non può avere cittadinanza nell'ordinamento per ragioni di legittimità costituzionale che si può risolvere il problema.
Ho rilevato nella relazione di minoranza che il PTO è uno strumento abnorme e senz'altro da ripudiare per la questione che ho illustrato di illegittimità costituzionale, però, il giorno in cui sia possibile introdurlo con una normativa di supporto statale penso che meriti di essere considerato nel merito, sotto il profilo di un provvedimento di urgenza.
Come il privato può subire il sacrificio del suo diritto fino all'esproprio, con congruo indennizzo, così può anche teorizzarsi l'autonomia comunale che debba subire un sacrificio su qualche cosa che le passa sulla testa, che svolge quella tal funzione di provvedimento ghigliottina, però solo nei casi di necessità ed urgenza; una specie di PTO che sta ai piani regolatori in atto e sta ai piani territoriali come il decreto legge sta alla legge; nei casi di urgenza, di esigenze impreviste e imprevedibili potrebbe scattare questo meccanismo che sacrifica l'autonomia dei Comuni.
Ma questo, se ci sarà una previsione, sia pure di massima e scheletrica, di una normativa statale. Tratterò brevemente della salvaguardia attiva. La salvaguardia attiva ha come presupposto la presa d'atto che la Giunta non riesca a compiere un atto dovuto.
Allora occorre la presa d'atto, dopodiché, di fronte alla incapacità di provvedere a un dovere istituzionale si provvede con il sistema del silenzio-assenso o salvaguardia attiva.
A me pare, che, fissando questo principio, si crea una situazione tipica di incertezza del diritto. Perché? E' chiaro che la Giunta dopo i 365 giorni, con la salvaguardia attiva, mantiene pur sempre il potere di approvare o respingere il piano. Il legislatore deve prevedere che il Comune attua il piano regolatore, che la Giunta passati i 365 giorni si pronunci in base all'art. 15 o restituendo il piano per il rifacimento totale o per il rifacimento parziale o apportando delle modifiche previe controdeduzioni.
A questo punto di fronte alle modifiche o di fronte al respingere del piano regolatore che cosa succede di tutte quelle attuazioni previste in base alla salvaguardia attiva, di quelle concessioni o di quelle autorizzazioni date ai privati? E' una situazione di incertezza del diritto che non può essere tollerata. C'è un altro aspetto che può apparire formale e cervellotico e che mi è stato suggerito dalla lettura di una sentenza del TAR del Piemonte del marzo 1984.
Il TAR del Piemonte si è posto questo problema: quando entra in vigore un piano regolatore con la pubblicazione per estratto sul Bollettino ufficiale della Regione come prevede la legge il cittadino non ha la cognizione legale del piano.
I1 TAR ha soggiunto che occorre una deliberazione del Comune la quale dà atto dell'avvenuto deposito degli elaboratori perché scatti l'entrata in vigore del piano. Qui siamo in piena incertezza perché non so come si possa sapere quando, scattati i 360 giorni e nell'inerzia della Giunta, il Comune comincia a far entrare in vigore il progetto di piano regolatore.
Siamo veramente nell'incertezza più assoluta, oltreché incertezza data dal certificato urbanistico.
Il terzo punto nodale riguarda il CUR che esamineremo in sede di articolato. Mi pare che abbia dei lati che possono essere condivisi perch si tende a snellire.
Vorrei rimarcare un punto soprattutto sotto il profilo politico. Nel corso della relazione il Consigliere Simonelli aveva detto che in Commissione si è verificato che le formazioni politiche della maggioranza si trovassero quasi a dover giustificare le proposte innovative avanzate di fronte alle formazioni delle opposizioni divenute a tratti i difensori più convinti della legge 56.
E' senz'altro una affermazione da ripudiare e contraria alla realtà. In sede di Commissione soprattutto quando si parlava delle innovazioni del PTO, della salvaguardia attiva e del CUR ci opponevamo con motivazioni diverse, più sfumate forse più intransigenti da parte mia per le ragioni che ho appena enunciato, ma contrasta con il nostro comportamento dire che siamo stati difensori della legge 56. Dal 15 luglio 1980 ad oggi, ogni qualvolta si è parlato di urbanistica o attraverso interrogazioni o attraverso interventi in leggi connesse con l'urbanistica può sembrare paradossale ma si è sempre detto qualche cosa che aveva già detto la Giunta nel suo programma del 1980 e ancora nel 1982 quando diceva e lo ha detto prima di noi che si dovevano semplificare le procedure di formazione e di approvazione degli strumenti urbanistici, che si dovevano responsabilizzare in misura crescente gli enti locali come soggetti di programmazione, che si dovevano predisporre le modifiche al funzionamento del CUR.
Penso sia proprio stato un lapsus calami del Consigliere Simonelli.
Soggiunge ancora il Consigliere Simonelli nella relazione scritta: "non sono giustificati i timori reverenziali o diffidenze verso il nuovo". Non è che abbiamo il timore reverenziale o diffidenza del nuovo. Non ci va per le ragioni preliminari e di merito che abbiamo accennato. Di merito c'è la possibilità per il privato che possa formarsi il PTO.
Mi pare che sia condivisibilissima l'osservazione fatta da un'associazione consultata la quale ha detto che, d'accordo, tutti i cittadini del Piemonte possono formare un progetto territoriale operativo in base alla legge, ma saranno quelli dotati di particolari mezzi economici e di particolari mezzi di pressione sulla Giunta che dovranno esaminare il progetto, e decidere che, a mio avviso, darà luogo a un grossissimo contenzioso.
Ipotizziamo la legge così come è formulata: più privati formano un progetto territoriale operativo, con quale criterio la Giunta motiverà la scelta? Siccome è un progetto territoriale operativo, stando agli elaborati, un'impresa estremamente laboriosa, con spendita di energie intellettuali ed economiche. E quando ci siano due progetti (facciamo solo l'ipotesi di due) di imprenditori dotati di mezzi di pressione in contrasto fra di loro e diversi fra di loro, la Giunta si troverà con la patata bollente di dover scegliere e adottare uno dei due.
Allora si deve prevedere un contenzioso davanti al TAR, un blocco e una sospensione di tutti e due e via dicendo.
La nostra opinione era che si sarebbe dovuto fare da parte della Giunta, che già nel programma del 1980 aveva proposto la revisione della legge urbanistica, un lavoro più modesto di ristrutturazione dell'esistente, un lavoro del tecnico minore rispetto all'ingegnere, per esempio, rendendosi conto che come abbiamo accennato nella parte conclusiva della relazione di minoranza, prima e avanti di ogni cosa si poteva fare un lavoro di ripulitura del testo sotto il profilo formale e lessicale, sotto il profilo dei sospetti di legittimità costituzionale che qua e là offuscano alcune norme.
Al riguardo sarebbe stato un documento tecnico di partenza, su cui ancorare poi le scelte politiche, la copiosa e penetrante giurisprudenza del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte.
Ad un certo punto noi coniamo le norme urbanistiche, le variamo, le quali entrano e fanno parte della legge, ma il diritto urbanistico vigente è quello che è interpretato dai giudici del Tribunale amministrativo. E' un dato di cui non si può non tenere conto. C'è una copiosa giurisprudenza che ha censurato molti istituti, che ha dato certe interpretazioni Uno dei tanti punti rimasti allo stato delle buone e pie intenzioni è l'istituzione di strumenti di consulenza tecnica e legale agli enti locali per la pianificazione e la gestione urbanistica.
Quando contestiamo ai Comuni i ritardi o quando nel documento dell'Assessore Calsolaro si dice che sovente si richiede un previo lavoro di ripulitura presso gli uffici della Regione per far rilevare le manchevolezze formali, la mancanza di documentazione o di presenza di elaborati non perfetti nelle scale previste, questo lavoro minuto necessario per mandare il tutto al CUR produce quei famosi tempi degli uffici regionali che tengono sei mesi una pratica ferma.
Nella realtà l'hanno tenuta con questi viaggi di andata e ritorno dalla Regione al Comune. Capisco che questi uffici di consulenza tecnica agli enti locali non possano sorgere come un fungo da un giorno all'altro, per è dal 1980 che si parla di necessità di revisione.
Penso poi che non sia mai stato esercitato dal 1980 ad oggi il potere sostitutivo, sia per ragioni di inadempienza sia per mancanza di strutture tecniche. Se per esempio il Comune di Moncalieri è inerte, è inadempiente cronicamente a predisporre la deliberazione programmatica e il progetto preliminare, dovrebbe predisporlo la Giunta, ma se la Giunta non approva nei termini i piani regolatori, come fa ad esercitare il potere sostitutivo? E' facile dirlo d'accordo, però eravamo nel 1980 quando si cominciava a parlare di ristrutturazione e di revisione della legge 56. Presenteremo nella discussione sull'articolato emendamenti per lo snellimento della formazione dei piani regolatori generali e per rendere il CUR una struttura operante.
La mia relazione di minoranza si conclude, con un giudizio negativo sull'efficienza che potranno avere le modifiche ai fini di snellire le procedure e di sbloccare la stasi edilizia.
Queste erano in sostanza le proteste, le istanze e le richieste pressanti degli enti consultati. Occorre snellire ai fini di poter rilanciare l'edilizia perché la connessione fra una buona legge urbanistica, rivista e rinnovata, e quanto si vuole ottenere è appunto il rilancio dell'edilizia in Piemonte.
Alcune norme sono degne della massima considerazione, quindi ci riserveremo di intervenire oltre che nella discussione generale con l'intervento del Capogruppo Carazzoni sui singoli articoli e ogni qualvolta ci renderemo conto che una qualche norma, di cui viene proposta la revisione con emendamenti di altri Gruppi o nostri, se saranno validi al fine dello snellimento delle procedure per raggiungere quei risultati che ho accennato nella parte finale di questa illustrazione, non avremo nessun complesso ad esprimere voto favorevole, norma per norma, mentre sull'impianto generale, sul progetto territoriale operativo e sulla salvaguardia attiva, salvo ulteriormente intervenire per arricchire le nostre argomentazioni, mi sono già espresso esaurientemente in maniera negativa.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento non può che riferirsi al testo di legge approdato in Consiglio, sul quale il P.d.U.P.
non può che dare un giudizio fortemente negativo.
E' necessario anzitutto chiarire la distanza che mi separa da quanti nel corso di questi anni di attuazione della legge urbanistica regionale hanno imputato a questa ogni sorta di male possibile: dalla eccessiva rigidità dei vincoli all'astrattezza fino al blocco di alcuni importanti settori produttivi come quello edile. Non credo che possa essere imputabile ad uno strumento legislativo quale la legge 56 nemmeno una delle difficoltà nelle quali si dibatte l'apparato produttivo della nostra Regione, così come non credo che l'assenza di una legge urbanistica come la 56 avrebbe permesso o permetterebbe maggiori opportunità di sviluppo e di occupazione di quante ne siano date dalle oggettive condizioni del mercato nazionale e internazionale. Vi è quindi prima di tutto una riconferma da parte mia della validità dell'impianto normativo dell'attuale legge urbanistica e un atto di fede nei principi che la ispirarono oltre che nei soggetti preposti alla gestione dei processi di pianificazione territoriale urbanistica.
Il processo avviato con l'introduzione della legge urbanistica, pur in avanzata fase di attuazione, non è affatto concluso, e la più recente esperienza ha permesso di mettere a nudo alcuni nodi problematici relativi alla sua attuazione che necessitano di urgenti provvedimenti. Penso ai nodi irrisolti cui ha fatto riferimento lo stesso relatore di maggioranza nel presentare il d.d.l., in particolare i tempi della pianificazione territoriale ed urbanistica. Nodi irrisolti, ostacoli frapposti al pieno e rapido attuarsi dell'intento legislativo. Questi ritardi a mio avviso sono imputabili però al cattivo uso di uno strumento di per sé idoneo a raggiungere i risultati per cui era stato pensato.
Non sono certamente imputabili alla legge urbanistica i lunghissimi tempi che ancora oggi fanno sì che nessun piano territoriale sia vigente con le conseguenti giuste e necessarie limitazioni "transitorie" alle previsioni di piano locale. Ne alla legge sono imputabili i tempi lunghi di approvazione da parte della Regione dei piani regolatori. Per portare a compimento il processo di pianificazione urbanistica nella nostra Regione (fatta salva la filosofia che generò la 56) occorrerà agire sulle cause che determinano questo consistente rallentamento nell'iter approvativo degli strumenti urbanistici, e scorrendo lo stato delle giacenze degli strumenti urbanistici nella Regione Piemonte pare più legittimo attribuire responsabilità alla macchina regionale cui sono demandati i compiti di esame ed approvazione degli strumenti urbanistici, piuttosto che alla legge.
In un documento del settembre 1983 scritto da funzionari dell'Assessorato all'urbanistica, viene detto che alla capacità innovativa sfociata nell'approvazione della legge 56 non è corrisposta analoga capacità o volontà organizzativa di strutturare l'Assessorato in funzione non solo dei compiti che gli venivano assegnati dalla nuova legge, ma anche dei tempi per espletarli. Quindi i denunciati ritardi dalla Regione (destinati peraltro ad aumentare in diretto rapporto con l'aumento di affluenza degli strumenti urbanistici) per l'esame e l'approvazione dei piani sono una diretta conseguenza di questa trascuratezza organizzativa. E dopo l'inefficienza organizzativa dell'Assessorato c'è il funzionamento del Comitato Urbanistico Regionale che da solo, secondo gli stessi dati forniti dall'Assessore Calsolaro, sommando i tempi occorrenti per il voto e la predisposizione degli atti è responsabile di più della metà (278 giorni di media) dell'intero tempo medio occorrente per la definizione del provvedimento approvativo di un piano regolatore.
A me pare che questa serie di circostanze, che sinteticamente potremmo riassumere nel funzionamento della macchina regionale, da sola costituisca il principale nodo irrisolto il quale impedisce una rapida attuazione del processo urbanistico piemontese e che quindi questo più di altri problemi dovrebbe essere al centro dell'attenzione di quanti si propongono una maggiore razionalità e velocità all'interno del processo di pianificazione del territorio.
Non è per nulla scontato a questo proposito che lo strumento legislativo, nella fattispecie la modifica alla legge 56, sia la via più giusta per operare i mutamenti migliorativi necessari all'interno delle strutture cui prima accennavo. A me sembra di dover segnalare un'ambiguità politica di fondo e una contraddizione tra gli obiettivi che la Giunta ha dichiarato di voler raggiungere con la modifica della legge 56 ed i risultati che si raggiungono con il testo che è stato approvato in Commissione.
Infatti gli obiettivi dichiarati erano due: 1) superare la fase transitoria. A questo proposito credo che vada fatto un rilievo e dato un giusto riconoscimento politico ai Comuni i quali hanno tutti assegnato l'incarico per la redazione del piano. Questo dimostra che forse i Comuni, più della Regione, hanno risposto al dettato della legge 2) snellire il processo di pianificazione tentando di rispondere alle esigenze dei piccoli comuni. I risultati che si raggiungono con questo testo di legge sono invece del tutto diversi e tendenti a smontare la legge 56.
Infatti con il PTO, così come è formulato, si manda un segnale di disponibilità nei confronti degli interessi privati e si nega il livello territoriale della pianificazione. Le stesse proposte di modifica dei contenuti dei piani, quali ad esempio gli standard, sono proposte ininfluenti per quanto riguarda i problemi dei piccoli comuni, dove questo problema in genere è poco rilevante sia in termini quantitativi che in valore assoluto.
In effetti la modifica degli standard va ad agevolare i grandi comuni dove il reperimento delle aree, sia in termini quantitativi che in valore assoluto, è un problema rilevante. Con ciò non voglio affermare che il problema dei grandi comuni non vada affrontato e risolto, ma voglio evidenziare che tra l'obiettivo di agevolare i piccoli comuni e i risultati del testo approvato in Commissione c'è una contraddizione. Questo testo comunque non corrisponde all'obiettivo enunciato.
Ed ecco allora emergere quella che mi sembra la più rilevante delle innovazioni, l'approvazione degli strumenti urbanistici in regime di silenzio-assenso.
Il PDUP dà un giudizio fortemente negativo sia di questa proposta, sia di quella relativa all'introduzione del PTO così come è formulato.
Sul PTO le proposte così come sono approdate in aula configurano uno strumento che travalica l'area di operatività tipica dello strumento attuativo di natura urbanistica giungendo fino all'attribuzione di poteri (al PTO) che appaiono per nulla accettabili dal punto di vista "gestionale amministrativo". Due sono i punti in ordine a questa problematica che ci paiono focali del tipo di accezione sopra descritta; il primo è dato dall'analisi comparata degli articoli 4 e 5 (testo coordinato di lavoro).
Nel primo si afferma che compito della Regione è promuovere anche l'individuazione, il coordinamento e la formazione dei progetti territoriali operativi, nel secondo (art. 5) si stabilisce che il piano territoriale - macro-quadro-direttorio e di coordinamento degli interventi sul territorio - non è obbligato ad individuare le aree da sottoporre a progetti territoriali operativi, dimostrando palesemente quanto le intenzioni esplicitate dall'art. 4 siano poi contraddette e vanificate da quanto stabilito nell'articolo successivo.
Il PTO è quindi sostanzialmente uno strumento concepito non tanto o non solo per l'attuazione (rapida e veloce quanto si vuole) di quanto stabilito in sede di piano territoriale bensì per l'attuazione di "programmi" che nel tempo parallelo a quello della pianificazione ufficiale possono concretizzarsi intorno ad aree di contrattazione e di convenienze offerte.
Su questo ci pare obbligatorio dire che se la Regione ha intenzione di dare vita a nuovi strumenti operativi con l'intento di "velocizzare" il processo della pianificazione renderlo più snello e più confacente alle esigenze di una società in forte trasformazione dare risposta a opportunità di sviluppo, non può che trovare il nostro assenso e sostegno. Questo deve però avvenire nel massimo rispetto di quelli che sono gli stessi obiettivi che la Regione si è data.
Non si potrà quindi pensare ad uno strumento attuativo che non sia coerente con i programmi stabiliti dal piano territoriale, o peggio ancora ad uno strumento, quale è il PTO; che approvato possa costituire da variante oltre che ai diversi piani regolatori generali, anche agli stessi piani territoriali e quindi gerarchicamente superiore a quest'ultimo.
Un rapporto dinamico tra la pianificazione locale e la pianificazione territoriale non può certamente tramutarsi in un rapporto tra autonomie e sperare che ciò significhi organicità di contesto. Con l'introduzione del PTO, così come è strutturato nel testo approvato in II Commissione, si sovverte la filosofia della pianificazione complessiva del territorio governata dall'ente pubblico per sostituirla con la pianificazione per progetti caso per caso slegata da qualsivoglia quadro di riferimento complessivo.
A questa affermazione mi porta anche la più recente delle modifiche proposte: l'approvazione dei piani regolatori in regime di silenzio-assenso o come si vuol definire regime di salvaguardia attiva.
Quest'ultima proposta è inaccettabile oltre che per il metodo con la quale è stata presentata che ha provocato la viva reazione di una parte consistente delle forze sociali, anche per gli effetti non controllabili che provocherà sul territorio regionale.
Non si può ignorare che con meccanismi simili (legge nazionale n.
291/1971) a quello proposto dalla Giunta regionale si sono prodotti fenomeni speculativi macroscopici, difficilmente controllabili da parte della Regione e dagli stessi Comuni.
Snellire e rendere più veloce l'iter burocratico di approvazione dei piani è necessario ed urgente, ma il problema deve essere affrontato salvaguardando il ruolo di controllo e di indirizzo dell'amministrazione regionale.
Con la proposta presentata invece si garantisce solamente la certezza burocratica dei tempi di approvazione degli strumenti urbanistici (360 gg) a scapito dell'opera di coordinamento e programmazione che la Regione deve svolgere se non vuole vanificare gli obiettivi ed i compiti che la legge urbanistica si era data.
Soluzioni alternative ci sono e possono essere subito realizzate. Se la struttura regionale non riesce a garantire tempi veloci di esame e approvazione del PRGC questo è il nodo sul quale bisogna intervenire assicurando il rispetto dei tempi indicati dalla legge, fatte salve tutte le procedure di controllo.
Probabilmente se fin dal 1980 si fosse agito su questa struttura, oggi non ci troveremmo a fare questa discussione in questi termini.
Sostanzialmente sono due i punti sui quali si potrà subito intervenire: la struttura assessorile che esamina gli strumenti urbanistici e il CUR che li approva. La struttura dell'Assessorato all'urbanistica deve essere a mio avviso adeguata quantitativamente e qualitativamente per poter assolvere con autorevolezza e rapidità ai compiti che le sono propri.
Il CUR. organo consultivo della Giunta regionale in materia di pianificazione urbanistica territoriale, deve recuperare la sua funzione eminentemente tecnica attribuendo maggiore spazio e responsabilità a funzionari e tecnici qualificati e riducendo al minimo lo spazio della rappresentanza e della mediazione politica.
Vi sono dunque alternative a nostro avviso più razionali e coerenti con gli obiettivi che in tema di tutela e uso del territorio l'ente regionale deve necessariamente avere. E' questione di volontà politica attuarle.
E' certamente un giudizio duro quello che esprimiamo sul testo approdato in Commissione e in particolare su due aspetti centrali; il PTO e l'approvazione di piani regolatori in regime di silenzio-assenso.
Francamente debbo dire che siamo delusi, anche perché avevamo approcciato le proposte di modifica alla legge 56 con spirito costruttivo, con l'intento di accettare tutte le modifiche che siano riconducibili a uno snellimento burocratico dell'operare urbanistico, maggiore flessibilità normativa e aumento degli spazi di autonomia degli enti locali, preservando a pieno le capacità e l'efficienza degli strumenti di controllo sulle operazioni urbanistiche e facendo anche noi delle proposte.
In questo senso sono leggibili le più importanti proposte innovative che il nostro Gruppo ha formulato. Certamente troppo lungo diverrebbe descrivere compiutamente il corpo delle modifiche che abbiamo proposto in sede di Commissione né questa è la sede più idonea per espletare tale compito. Lo farò in sede di presentazione e di illustrazione degli emendamenti. Quindi è sufficiente accennare alle modifiche più qualificanti che abbiamo presentato in Commissione, con la determinazione di presentare in aula quelle non accolte in Commissione.
Tra le innovazioni più importanti da noi proposte ricordo in particolare le aree attrezzate per orti urbani e l'introduzione della procedura di valutazione di impatto ambientale. Sulle aree per orti urbani la proposta accolta nel testo approdato in aula consiste appunto nell'individuare nei Comuni superiori ai 10.000 abitanti e, ove se ne ravvisi l'esigenza, aree di proprietà pubblica o da assoggettare ad uso pubblico all'interno o ai margini dei centri abitati per la costruzione e la coltivazione di orti urbani da assegnare in uso convenzionato a privati che ne facciano richiesta. Con ciò il PDUP ha inteso dare una prima collocazione di legge al fenomeno dilagante della coltivazione, soprattutto praticata dai pensionati, degli orti urbani obbligando i Comuni al di sopra di una certa soglia abitativa al reperimento di aree destinate a questo scopo.
La valutazione di impatto ambientale secondo la proposta che intendiamo ripresentare in Consiglio, essendo solo molto marginalmente accolta nel testo che stiamo esaminando, è obbligatoria nella redazione dei progetti territoriali operativi oltre che nella redazione di piani regolatori comunali a particolari ambiti territoriali che per le loro peculiarità ambientali lo richiedono oppure per opere che a livello comunale abbiano un'incidenza particolare sull'ambiente.
Non sto a descrivere più dettagliatamente i contenuti che farò appunto in sede di emendamenti. Voglio solo affermare che con ciò il Gruppo del PDUP ha inteso utilizzare il momento della discussione sulle modifiche della Legge 56, per introdurre, pur con le necessarie gradualità nella legislazione urbanistica regionale, il concetto di valutazione di impatto ambientale. Un concetto che porrà ancora una volta all'avanguardia nel campo della legislazione urbanistica la Regione Piemonte.
Ancora alcune brevi considerazioni sulla proposta del silenzio-assenso nel momento in cui in Commissione venne presentata la proposta di introduzione del silenzio-assenso o salvaguardia attiva, comunque la si voglia chiamare, il nostro Gruppo chiese l'effettuazione di nuove consultazioni su tale proposta, non essendo contenuta questa in nessuno dei progetti di legge andati in consultazione.
Lo abbiamo chiesto per un problema di correttezza e di rapporto democratico con la società ed anche per essere confortati o smentiti dalla società circa le nostre convinzioni. Alla fine di luglio, il sottoscritto insieme al compagno Reburdo, abbiamo attuato una iniziativa pubblica insieme a una serie di forze sociali che si erano pronunciate contro tale proposta.
Forse in modo irrituale, su iniziativa della Presidenza del Consiglio che ringraziamo, è stato comunque dato alla società la possibilità di esprimersi inviando ai vari soggetti il testo degli articoli e chiedendo delle risposte scritte. Vediamo soltanto brevemente il tenore di queste risposte. A fronte di una valutazione positiva della Federpiemonte sull'introduzione del silenzio-assenso vi sono le valutazioni negative di tutte le associazioni in difesa dell'ambiente, delle organizzazioni agricole preoccupate dalla possibilità che con questi meccanismi il territorio agricolo venga ulteriormente manomesso. Si può registrare uno sconcerto da parte degli enti locali rispetto a questa proposta. Infatti non solo non c'è quel plebiscito positivo che forse alcuni si attendevano ma gran parte degli enti locali non si esprimono su questa proposta e parlano d'altro. Quelli che si esprimono, prendo ad esempio per tutti il Comune di Torino, esprimono delle grosse perplessità sulla proposta del silenzio-assenso. Così come perplessità vengono dall'unione edilizia.
Queste prese di posizione ci confortano nelle nostre convinzioni, è per questo che noi chiediamo e ci adopereremo in aula per una radicale modifica delle norme che sono state votate in Commissione che riguardano il PTO e l'iter di approvazione degli strumenti urbanistici con l'eliminazione del silenzio-assenso. Se questo si realizzerà e se dal dibattito e dalla replica della Giunta emergerà una esplicita volontà politica e proposte in grado di affrontare in modo soddisfacente il nodo dell'adeguamento della macchina e della struttura regionale, che per noi è e resta il nodo principale da affrontare, siamo disponibili a un confronto positivo e costruttivo. Per contro, se ciò non si realizzerà, non potremo che confermare un atteggiamento intransigente verso proposte che non condividiamo e che sono a nostro avviso deleterie al processo di pianificazione e di gestione democratica dell'uso del territorio.



PRESIDENTE

Non vi sono le condizioni per svolgere un altro intervento.
Riprendiamo alle ore 15.
Il dibattito è molto lungo e vi sono molti iscritti a parlare.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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