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Dettaglio seduta n.264 del 31/07/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Esame progetto di legge n. 411: "Norme per l'erogazione di contributi regionali ad enti, istituti, fondazioni e associazioni di rilievo regionale"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziano i lavori con il punto ottavo all'ordine del giorno: esame progetto di legge n. 411: "Norme per l'erogazione di contributi regionali ad enti istituti, fondazioni ed associazioni di rilievo regionale".
Il Presidente della VI Commissione ha comunicato che ha licenziato a maggioranza il disegno di legge ed è stato esaminato oggi dalla I Commissione.
La relazione è svolta dal Consigliere Ariotti che ha facoltà di intervenire.



ARIOTTI Anna Maria, relatore

Il d.d.l. n. 411 "Norme per l'erogazione di contributi regionali ad enti, istituti e fondazioni e associazioni di rilievo regionale" risponde all'esigenza di ovviare alle difficoltà create da vuoti legislativi governativi e di eliminare le indeterminatezze procedurali a livello regionale, che tali vuoti hanno causato.
Infatti l'art. 49 del DPR 616 del 1977, stabilisce il trasferimento alle Regioni delle "funzioni amministrative concernenti le istituzioni culturali di interesse locale operanti nel territorio regionale e attinenti precipuamente alla Comunità regionale", prevedendo "l'individuazione specifica di tali istituzioni con Decreto del Presidente della Repubblica" individuazione finora mai avvenuta. D'altra parte l'art. 7 della L.R. 58/78 prevede la possibilità per enti, istituti, associazioni di carattere regionale o nazionale operanti nel territorio della Regione di presentare annualmente richieste di finanziamenti, ma non precisa ovviamente né i criteri di individuazione degli Enti (in attesa della definizione del Governo) né la continuità dei contributi.
Dopo 7 anni, durante i quali si è proceduto in sede deliberativa, la Giunta giudica opportuno intervenire con una legge che stabilisca una tabella con i soggetti e gli importi da assegnare sulla base di condizioni ben definite.
Questo, non solo per evitare la precarietà, ogni anno rinnovantesi, di decisioni che dovevano confrontarsi con sollecitazioni e pressioni non sempre motivate, ma soprattutto per offrire la garanzia, richiesta come necessaria dagli stessi Enti e istituzioni per una programmazione corretta ed efficace, di un sostegno finanziario assicurato e di una collaborazione in servizi articolati in tempi lunghi, comunque pluriennali. La serietà dei criteri per l'ammissione: che gli enti svolgano attività di rilevante valore scientifico, di almeno tre anni, disponendo di attrezzature idonee e garantendo larga utenza ed accessibilità pubblica, valutata positivamente dagli stessi istituti che hanno una tradizione di serietà correttezza e rigore - ed in Piemonte sono molti - è stata ribadita in Commissione soprattutto dopo che si è accettato, in seguito a suggerimenti venuti dalla consultazione, di non predeterminare il numero dei soggetti. La consultazione ha messo in rilievo una molteplicità di elementi che è bene ricordare: 1) innanzitutto la varietà e ricchezza delle presenze che in Piemonte operano con diversi orientamenti culturali ed ideali, garantiscono la conservazione e la valorizzazione dei beni bibliografici, archivistici storici, artistici e monumentali; promuovono attività di ricerca catalogazione, pubblicazioni di materiali inediti, scambi culturali 2) il proliferare, accanto alle grandi istituzioni, che mantengono la loro vitalità, di nuovi enti che rispondono ad esigenze ed interessi emergenti dalle trasformazioni di una società in rapido sviluppo, ad esempio le tematiche ecologiche, e che richiedono attenzione specifica e flessibilità negli interventi 3) la grande consapevolezza dimostrata da tutte le Associazioni a fronte di una situazione sempre più slabbrata per la mancanza della legge nazionale sui beni culturali che il DPR 616/77 si impegnava ad emanare entro il 31 dicembre 1977 e per la scarsità di finanziamenti impegnati in questo settore sia dal Governo sia dalla Regione - e temo che la situazione si aggravi dopo l'annuncio di nuovi tagli ad Università ed attività culturali - la richiesta allora di rigore negli interventi, di selettività per non disperdere quanto di valido è stato accumulato negli anni, a volte è il caso dell'Accademia delle scienze, nei secoli 4) la richiesta di continuare in questo confronto che ha visto dialogare la Giunta, le forze politiche presenti in Consiglio, gli enti e gli enti tra di loro: dialogo che consente di riesaminare alla luce del sole tutta la situazione: affida al dibattito del Consiglio, sottraendola alle pressioni sotterranee, la scelta dei soggetti da inserire nella tabella, nel rispetto del valore scientifico e del pluralismo ideale impegna enti e Regione ad una collaborazione ancora più stretta per mettere in comune le risorse materiali e la capacità di ideazione e progettazione per una programmazione efficace 5) l'evidenziarsi di una maturazione complessiva delle forze sociali culturali politiche nei confronti dei problemi del rapporto pubblico privato, del rispetto delle singole sfere di autonomia, dell'opportunità di momenti di coordinamento e di collaborazione.
Gli articoli 4, 5, 6 del disegno di legge sono significativi a questo proposito: da un lato si dichiara che la Regione, per la realizzazione del proprio programma di attività culturali, può avvalersi dei servizi e della collaborazione degli enti, istituti, fondazioni ed associazioni oggetto della presente legge e può assumere a proprio carico oneri derivanti da spazi attrezzati, risorse informatiche, attività editoriali, supporti per la catalogazione e conservazione di materiali bibliografici, storici ed artistici, collaborazione tecnica per la realizzazione di particolari programmi; reciprocamente si stabilisce, nell'articolo 6, che le biblioteche ed i centri di documentazione degli istituti, fondazioni ed associazioni di cui alla presente legge sono inseriti nel servizio bibliotecario regionale, portando avanti quella volontà politica, da sempre dichiarata da questa maggioranza, di gestioni non frantumate, di iniziative non frammentarie e quindi dispersive, ma di integrazione fra competenze diverse, di progettazione di interventi coordinati, che tendono ad eliminare privilegi ed esclusioni, anche nel settore dei beni culturali che devono essere beni di tutti e non appartenere di fatto a minoranze, in modo che il patrimonio culturale della nostra Regione diventi bene sociale in cui la nostra comunità si riconosca. Sono questi gli elementi emersi che ritenevo di dover sottolineare: credo meritino un'attenta valutazione che può dare utili criteri di giudizio e di comportamento per affrontare anche altri problemi, penso in particolare alla legge sul diritto allo studio.
Un'ultima osservazione.
E' ben chiaro a tutti che quelle Associazioni che non potranno far parte della tabella stabilita dal presente disegno di legge, non saranno esclusi dai finanziamenti regionali, ma entreranno in altre fasce di contributi, dal momento che la legge regionale 58/78 copre aree diverse e in questo campo vi sono vari canali di intervento, la legge sulle biblioteche, sulle attività teatrali, sulla tutela del patrimonio linguistico. Sarà forse opportuno, alla ripresa dei lavori, fare il punto su tutto il settore, per vedere insieme quanto di quelle impostazioni iniziali, concordate in un approfondito dibattito nel febbraio del 1981, si è potuto concretizzare, le difficoltà incontrate, le realizzazioni ottenute, e per il futuro, i progetti da definire, chiamando tutte le forze politiche e culturali, pur nella distinzione dei ruoli, ad uno sforzo comune di programmazione. Il presente disegno di legge è stato approvato a maggioranza.



PRESIDENTE

Apriamo la discussione generale.
La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale conviene con l'Assessore Ferrero il tentativo di riordinare e razionalizzare l'erogazione di contributi, specie per quanto attiene enti, istituti associazioni che abbiano rilevanza regionale, perché non si instauri un criterio di fatto già perseguito occorrono criteri selettivi rigorosi. Ci sono enti che vivono da decenni che, pur senza mai essere stati privilegiati hanno dimostrato vitalità e sono stati espressione di alto grado culturale e scientifico.
Per chiarire meglio la collocazione dei soggetti che troveranno posto nella tabella, occorrerebbe chiedere la prova delle attività di oggi come quelle di ieri, perché ciò abbia un riscontro positivo a fronte dei criteri fissati nell'art. 1 e 2 del disegno di legge.
La consultazione ha messo in evidenza che tutti gli enti rappresentanti hanno più o meno espresso l'intendimento di fruire delle agevolazioni quasi che ogni soggetto si ritenesse idoneo.
Da ciò, anche se può essere non vero, è scaturita la proposta di non indicare quantitativamente un tetto che era stato fissato nel numero di 15.
L'assunto è da noi condiviso non per il fatto che i fruitori dei contributi debbano o possano essere più di 15, potrebbero anche essere meno, ma perch la tabella possa essere riempita in base a principi e criteri ben definiti.
Diamo pure atto all'Assessore di aver recepito il principio informatore che non è venuto solamente dalla consultazione ma anche da alcuni membri della Commissione compresa la nostra parte politica.
I criteri enunciati nella legge - e qui non condivido la valutazione fatta poc'anzi dal relatore - ci sembrano abbastanza vaghi e potrebbero far pensare ad una tabella precostituita. Infatti, l'attività di conservazione di patrimoni culturali, l'attività di ricerca sono i fini istituzionali di ogni ente che potrà chiedere sostegni ed interventi.
Occorrerebbero forse altri parametri che possano delineare quantitativamente e qualitativamente le dimensioni di un ente a rilevanza regionale. Addirittura la proposta portata avanti da un centro di studi consultato di dichiarare all'atto della domanda per l'inserimento nella tabella i contributi ricevuti dallo Stato e da enti locali, potrebbe significare, a nostro parere, non un ostacolo alla fruizione di incentivi ma a dare rilevanza e riconoscimento alla attività, alla funzionalità e alla dimensione del centro o dell'ente stesso.
Ritengo ancora che possa sfuggire al controllo del Consiglio regionale così come è formulata la legge, vista la possibilità da parte della Regione di assumersi oneri per avvalersi dei servizi e della collaborazione di alcuni enti o istituti o associazioni o fondazioni per la realizzazione del proprio programma scientifico e culturale, oppure la partecipazione delle Regioni in via straordinaria nell'attività degli enti con supporti finanziari (ed è previsto nell'art. 4 e 5), in quanto senza un meccanismo abbastanza preciso i criteri, seppur vaghi, fissati nella legge, per tabulare potrebbero in qualche modo venire aggirati. Questi brevi concetti che possono apparire critici, non vogliono significare un invito a tornare indietro a operare nell'attuale, asservirci esclusivamente del canale che passa attraverso l'art. 7 della legge regionale n. 58. Siamo convinti che ci sono, e debbano esserci enti con caratteristiche ben definite da estrapolare che debbono godere di un gettito regionale non episodico, ma incentrato su una certa continuità e razionalità. La ratio di questo disegno di legge ha appunto lo scopo di privilegiare un certo numero di soggetti che hanno cittadinanza nel capoluogo della Regione.
I nostri appunti - lo ripeto - hanno un carattere di contributo costruttivo e creativo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Villa. Ne ha facoltà.



VILLA Antonino

Seguendo l'impostazione che è stata data dal relatore e dall'intervento del collega Gerini, si ha la visione dell'iter della legge, un iter molto rapido. E' stato uno sforzo meritorio per incanalare in un alveo riconoscibile tutte quelle attività che a livello culturale nella Regione hanno la loro esistenza. Effettivamente ha ragione il Consigliere Ariotti quando accenna alle inadempienze. Non c'è ancora il Decreto del Presidente della Repubblica che stabilisce quali siano gli enti culturali che dovrebbero essere conglobati in questo concetto.
Credo - e di questo ne ho dato atto in Commissione - che questo sforzo abbia anche un altro merito: quello di mettersi al di sopra di quelle che potrebbero essere le suscettibilità, del tutto comprensibili e del tutto umane, degli appartenenti alle varie organizzazioni. Infatti, se seguiamo gli interventi che ci sono stati nelle consultazioni abbiamo visto nettamente una diversificazione tra coloro che illustravano la loro azione e coloro che davano invece delle indicazioni, approfondivano il dettato legislativo, riflettevano su questi argomenti e cercavano di suggerire qualche cosa.
Queste consultazioni non ci hanno messo al riparo e non mettono al riparo coloro che approveranno la legge dalle suscettibilità umane e comprensibili delle varie organizzazioni e delle varie associazioni. Credo che sia d'altra parte positivo. Però quello che di primo acchito sorge nella mente è una parola grossa, "un tradimento" a quello che era un magnifico sogno, una ambizione positiva, concreta e vera che all'inizio aveva sostenuto l'opera dell'Assessorato. Si era parlato di un corpus riguardante la legislazione regionale in tema di cultura che conglobasse le leggi 58, 68, 28, 80 per dare una impostazione completa a questi interventi che sarebbero sottesi da un significato molto più accentuato e molto più robusto. Questo disegno è invece, a nostro avviso, un ulteriore colpo dell'accorpamento sperato. Non neghiamo questa esigenza, perché siamo verso la fine del ciclo legislativo, e quindi un'unghiata è anche comprensibile.
Sarebbe stato meglio però, se ci fosse stato da tempo quello sforzo cui accennavo prima. Quindi questa separazione, questo gruppo di organismi, di associazioni di fondazioni in un determinato alone, spezza l'attesa generale e scinde in modo definitivo la presenza culturale in Regione in una classificazione, che ammettiamo debba esserci, ma che avremmo desiderato superata in una visione più organicamente costruita attorno alle peculiari valenze dei vari organismi.
Si concorda con il principio di dare sicurezza non transitoria alla operatività degli enti. Troppe volte gli enti trovano l'ostacolo nella non sicurezza della loro azione proprio per le mancanze ricorrenti di finanziamenti, una speranza di azione che viene interrotta e che viene delusa.
Tuttavia quest'operatività deve essere osservata. La parola "vigilanza" che è stata discussa può avere un significato giuridico accettabile potrebbe sembrare persino eccessiva, a parte le implicazioni dottrinali, ma l'osservazione della Regione verso questi enti credo sia più che doverosa.
Il parlare dei vari criteri che determineranno la costituzione della tabella, credo sia non dico superfluo ma quasi ovvio nel senso che i tre argomenti che furono messi a fondamento della classificazione hanno indubbiamente le loro giustificazioni. Forse una raccomandazione in più pu essere utile: quella di avere una visione più completa anche degli interventi più generali di altri enti che aiutano la vita di questi organismi.
Dovremmo ancora vedere con quali criteri si spazierà nei vari campi del sapere. Non vorrei che quando saremo chiamati a redarre questa tabella fossimo presi da nostre affezioni particolari, dall'indulgere ad affinità elettive, per cui sarebbe diluita una visione completa di tutto l'arco culturale nei vari campi del sapere nella più ampia accezione e per tutto lo spazio territoriale piemontese. Probabilmente saremo troppo presi dalla visione più vicina che è la visione del capoluogo. Non vorrei che importanti realtà regionali venissero penalizzate o non conosciute (anche se alcuni accenni extra torinesi nelle consultazioni si sono avuti): sono espressioni del Piemonte. Quindi è necessario il panorama di tutto il Piemonte, anche se il capoluogo presenta situazioni precostituite e privilegiate. E' già una precostituzione che, essendo più immediata, pu più facilmente indurci a "tabellarizzare" con criteri riduttivi.
Il contributo non dovrebbe essere esclusivamente supporto di una ordinaria amministrazione, per il pagamento degli stipendi. Credo che il segno del contributo regionale debba essere dato sulle opere, sulle azioni e quindi un plafond assicurato ad incentivare particolari operazioni culturali.
Al di là di un puro processo classificatorio ci sono spunti interessanti. Effettivamente gli articoli 4-5-6 hanno delle innovazioni che devono essere viste con particolare attenzione. Credo che, mentre da una parte hanno una giustificazione della legge, dall'altra sono spunti che non giustificano la legge. Sembra un controsenso, un paradosso, ma ritengo che proprio perché si ha una visione dell'intervento della Regione, nell'art.
4, richiedendo una collaborazione a questi enti, nell'art. 5, apprestando strutture con oneri a carico regionale e nell'art. 6, inserendo le biblioteche e i centri di documentazione di questi istituti, nel servizio bibliografico regionale, quel corpus veramente sarebbe stato l'insieme delle leggi sulla cultura e sugli enti culturali. Proprio per questo motivo, perché incrina un assetto più generale, una sistematicità che sembrerebbe limitata a pochi enti, abbiamo presentato un emendamento, che serve sia per l'art. 4 che per l'art. 5 e che ha questo senso: le richieste di collaborazione non dovrebbero essere limitate soltanto a questi enti perché in determinate circostanze, in determinate zone, ci sono enti culturali che forse non saranno inseriti nella tabella, ma che potrebbero essere un felice aiuto alle operazioni culturali per la Regione. E' vero che ci soccorre l'art. 7 della legge n. 59, però credo che non sarebbe male se fosse consacrata una dignità a tutti gli enti culturali della Regione.
Perciò inseriremo enti diversi da quelli di cui si parla nella legge.
All'art. 6, penso che occorra non soltanto enunciare, ma confrontare la volontà degli istituti. Non possiamo solo dire "le biblioteche e i centri di documentazione degli enti di cui alla presente legge sono inseriti nel servizio bibliografico regionale", evidentemente anche la controparte dovrà pur dire qualche cosa e, sotto questo aspetto, sarebbe da vedere se occorrerà determinare delle modalità per questo inserimento e per l'azione conseguente l'inserimento. Per questi motivi in Commissione abbiamo proposto per quest'anno una soluzione di transizione. Abbiamo accennato alla possibilità, per quest'anno, di una sperimentazione di questi criteri.
Sono state date delle indicazioni, vediamo di concretizzarle nella sperimentazione di un anno. Possiamo agire, ma non cerchiamo, per ora, di consacrare con legge la nostra attività. Possiamo agire su queste basi o con la discussione di queste basi, magari più approfondite, più ampliate.
Si potrà agire: lo riconosciamo però, a nostro avviso, sarebbe stato meglio non fissare definitivamente in un dettato legislativo tabelle che seguano Enti che potrebbero pure entrare nella sfera dell'effimero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Abbiamo contrastato - e lo contrastiamo ancora in questa sede - l'esame velocizzato di questo provvedimento. Nemmeno accettiamo che ci si venga a dire che occorre fare così perché altrimenti si perde un miliardo o un mezzo miliardo di finanziamento. Una amministrazione seria non si pone mai in condizioni di perdere qualche cosa, ma cerca di svolgere i suoi atti a tempo debito.
La consultazione è stata impegnata, importante, largamente rappresentativa. Molti enti intervenuti avevano promesso delle memorie che però, nel momento in cui ci avviamo a votare la legge, non sono ancora pervenute.
Siamo contrari a questo iter velocizzato perché quello che abbiamo di fronte è un provvedimento importante.
E' un provvedimento attraverso il quale si tende a segnare un momento particolare della politica culturale della Regione. Si afferma che l'intervento pubblico nel campo della produzione culturale è un fatto importante, si stabilisce chi debbano essere i soggetti erogatori e i beneficiari del provvedimento. Dunque, noi ritenevamo che questo fosse anche un momento attraverso il quale verificare gli effetti della politica culturale che, in ogni caso, la Giunta a volte anche con delle critiche da parte nostra, in questi quattro anni ha portato avanti.
Mi spiace che la relatrice abbia sottoscritto l'ultimo capoverso che avrebbe dovuto diventare il primo. Sarebbe stato importante, infatti che nel momento in cui dopo 7 anni, la Regione si appresta a regolamentare un aspetto di questa delicatezza e di questa importanza che questo punto fosse stato valutato non alla ripresa, ma prima di procedere alla definizione del provvedimento. Avremmo potuto scambiarci le idee, avremmo potuto limitare certi aspetti che sono ancora indeterminati, come è stato osservato anche da altri.
Pensiamo che questa opportunità di programmazione che avrebbe avuto la Regione in questo campo sia stata ancora una volta mistificata e che si rimandi sempre a quando tutti i provvedimenti sono stati fatti la regolamentazione, la sintesi, il recupero e la razionalizzazione degli interventi. Questo è il motivo di fondo per cui noi continuiamo a rimanere profondamente critici anche se sul contenuto del disegno di legge, cioè sul fatto che occorra eliminare la prassi annuale rispetto alla quale gli enti devono presentare la domanda, poi aspettare che venga accolta, esaminata per sapere se il programma sarà stato abbastanza qualificato. Negli anni passati a volte i commissari avevano difficoltà ad esprimersi sui progetti che venivano presentati, per carenza di documentazione e di informazione.
Dopo il dibattito del 1981 l'Assessore Ferrero non ci ha più informati.
L'Assessore Ferrero dovrebbe dirci quali sono gli effetti concreti dei miliardi, e sono tanti ormai, che la Regione Piemonte ha speso in questi anni nel campo delle attività culturali. Sono state finanziate sette attività teatrali. Mi piacerebbe sapere per esempio rispetto alla azienda teatrale alessandrina o al Cabaret Voltaire quali sono state le presenze agli spettacoli di quelle sperimentazioni. Prima di ritornare sui finanziamenti e sulle iniziative di politica culturale, che sono importanti, sarebbe anche interessante conoscere gli effetti di questa politica culturale.
Sono d'accordo con chi ha proposto di eliminare dal testo il numero prefissato degli enti che dovrebbero far parte di questa tabella.
Francamente mi sembra un po' disinvolto, è un numero che mi ha fatto pensare automaticamente alla lottizzazione. Non è quello il criterio che ci deve guidare nella scelta degli enti culturali. L'aver tolto il numero prefissato è un atto importante e rispetto a questo articolo, il nostro giudizio non sarà più negativo.
Il contenuto è necessario, l'ambito nel quale è venuto a collocarsi però non è condivisibile. Per questo motivo il nostro giudizio su questo disegno di legge sarà negativo.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha la parola per la replica l'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore ai beni culturali

Ringrazio il Consiglio regionale per aver voluto rispondere in tempi tempestivi e rapidi alla necessità di continuità nell'attività culturale.
In realtà un attento lettore del bilancio regionale avrebbe notato come nell'assestamento, a fronte di alcuni capitoli impinguati non esistevano fondi disponibili per questa parte che, prima che il bilancio venisse approvato, era già stata dalla Giunta suggerita in termini di regolamentazione con il disegno di legge che oggi approviamo. La continuità quindi è in qualche misura una ragionevole contestualità di due provvedimenti: la variazione al bilancio e questa legge, mi pare potessero già trasparire dall'esame della variazione stessa. Vorrei ribadire due punti: il presente provvedimento si colloca a specificazione procedurale della legge n. 58. Per una mera ragione tecnica, si è preferito non strutturare il provvedimento in modo da inserire questi articoli all'interno della legge 58 e rinumerare gli altri articoli della legge. In realtà questa non è una legge nuova, ma è un modo per riempire l'art. 7 che, in sede di prima approvazione della legge, giustamente il legislatore regionale aveva affidato ad un minimo di sperimentazione di esperienza. La procedura e le modalità che sono previste sono identiche a quelle rigorosamente adottate a seguito anche della costituzione della Consulta.
Questo provvedimento ricalca esattamente la procedura che vedeva la Consulta, poi la Commissione, approvare una tabella che prevedeva annualmente dei soggetti e dei contributi, questo perché non pareva possibile adottare le procedure di valutazione comprensoriale per alcuni soggetti di particolare rilevanza. Gli stessi comitati comprensoriali dimostravano imbarazzo a dover ripartire fondi tra materie, soggetti ed interlocutori troppo diversi non soltanto per attività concreta ma anche per storia, rilevanza, funzioni, territorio di operatività Quindi questa procedura ha circa 4 anni di storia. Forse da tre anni in occasione di interrogazioni, di interpellanze, di leggi, di nomine, la Giunta dichiara la sua ampia e completa disponibilità a discutere sulle istituzioni culturali, sugli effetti della spesa, su qualunque argomento inerente la cultura.
Da alcuni anni si suggerisce che, senza violare la sovranità del Consiglio, la Commissione competente, possa scambiarsi opinioni e prime valutazioni per capire qual è il nocciolo che si vuole dare a questo dibattito; questo renderebbe più semplice predisporre materiali di documentazione e orientare la relazione della Giunta in modo che non spazi su tutti i campi possibili, dalla valutazione degli effetti della spesa, ai mutamenti intervenuti a livello internazionale, nazionale e regionale dalle istituzioni culturali al teatro, dalla musica ai cantieri in corso.
Si può anche decidere di adottare una relazione di ampia panoramica, questo dovrà mettere le forze politiche nella condizione di esprimere delle valutazioni sintetiche e compatte.
Appena si ritenga possibile, sapendolo 20 giorni prima in modo tale da poter avviare questa discussione in Commissione, sono sollecitato di questa ulteriore richiesta.
Come postilla di questa seconda considerazione forse potrebbe essere opportuno procedere ad una sommaria ristampa della documentazione sulle varie informazioni. Per esempio il piano annuale di attività ha avuto una scarsa discussione, peraltro è sempre stato approvato dalla Consulta e dalla Commissione.
Le deliberazioni hanno una immediata corrispondenza di cifre erogate al piano di attività esistente.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione del relativo articolato.
Art. 1 "In attuazione dell'art. 5 dello Statuto regionale e dell'art. 49 del DPR 24/7/1977 n. 616, la Regione Piemonte sostiene e valorizza il patrimonio culturale degli enti, degli istituti, delle fondazioni e delle associazioni che, con continuità e con elevato livello scientifico, operano in ambito regionale per la promozione di attività educative e culturali erogando contributi ai soggetti di cui all'art. 2 della presente legge.
A decorrere dalla data dell'entrata in vigore della presente legge, gli enti, gli istituti, le fondazioni e le associazioni elencati nella tabella di cui al successivo art. 2 sono ammessi a contributo annuale della Regione Piemonte nella misura indicata nella tabella stessa.
Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i soggetti che possiedono i requisiti di cui all'art. 2 presentano domanda per l'inclusione nella tabella.
Entro i trenta giorni successivi alla presentazione delle domande, il Consiglio regionale, con propria deliberazione, formula la composizione della tabella, nonché sulla base degli stanziamenti dello specifico capitolo di spesa, la determinazione dei contributi da assegnare a ciascuna istituzione.
Nella determinazione dell'importo da assegnare dovranno essere valutati con particolare rilievo gli oneri aggiuntivi derivanti ai soggetti inseriti in tabella da eventuali attività di ricerca nonché da compiti di conservazione, valorizzazione e fruibilità dei loro patrimoni bibliografici, archivistici, storici, artistici e monumentali di rilavante interesse".
Si passi alla votazione.



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 54 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 25 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "E' istituita la tabella degli enti, degli istituti, delle fondazioni e delle associazioni di rilievo regionale.
Condizioni per l'iscrizione nella tabella sono che: a) gli enti, gli istituti, le fondazioni e le associazioni svolgano servizi di rilevante valore scientifico b) gli enti, gli istituti, le fondazioni e le associazioni svolgano attività da almeno tre anni e dispongano delle attrezzature idonee allo svolgimento della loro attività c) gli enti, gli istituti, le fondazioni e le associazioni garantiscano una larga utenza delle loro iniziative e accessibilità pubblica ai servizi culturali offerti".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 54 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 25 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "La Giunta regionale provvede, annualmente, con propria deliberazione all'erogazione dei contributi agli enti, agli istituti, alle associazioni e per gli importi indicati nella tabella di cui all'art. 2 della presente legge.
Ogni eventuale variazione negli stanziamenti sul capitolo di competenza comporterà da parte della Giunta regionale una variazione proporzionale degli importi definiti in tabella per gli enti, gli istituti, le fondazioni e le associazioni.
Sulla base della documentazione di cui al successivo art. 7 della presente legge nonché delle eventuali domande presentate da soggetti non inseriti nella tabella, la Giunta regionale può proporre, ogni due anni, al Consiglio regionale di deliberare modificazioni circa la determinazione dei contributi da assegnare a ciascuna istituzione e variazioni nella composizione della tabella".
Si passi alla votazione.
(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 54 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 25 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "L'Amministrazione regionale, per la realizzazione del proprio programma di attività culturali, può, mediante specifico provvedimento avvalersi dei servizi e della collaborazione degli Enti, degli istituti delle fondazioni e delle associazioni di cui alla presente legge".
I Consiglieri Bergoglio e Villa presentano il seguente emendamento: dopo le parole "e delle associazioni", aggiungere: "anche diversi da quelli".
La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Come ho annunciato nel precedente intervento ritengo che la richiesta di avvalersi di servizi di collaborazione con gli enti non debba essere esclusivamente limitata a quelli inseriti nella tabella, ma che la Regione debba avere possibilità diverse da quelle di cui alla presente legge.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore ai beni culturali

Credo di dover apprezzare e condividere la volontà e lo sforzo dei colleghi della D.C.
Le considerazioni che ora svolgo valgono per gli artt. 4 e 5 E' difficile, intanto in termini di tecnica legislativa, sostenere che la Regione può avvalersi di chiunque. Mentre questo articolo costituisce un presupposto per un eventuale atto amministrativo l'emendamento tende a richiamare lo Statuto.
Esiste poi una conseguenza che chiunque avrebbe diritto, sulla base di una scelta discrezionale del Consiglio, di ottenere interventi di cui all'art. 5. Si apre un ulteriore canale di interventi e di contributo.
Questo intervento nasce per individuare un numero numerabile e definito di soggetti e in qualche modo ripetibile di anno in anno. Nel momento in cui agli articoli 4 e 5 si introduce questa valutazione si crea un doppione Se si ritiene che le altre procedure siano troppo flebili o troppo esili allora, in termini di bilancio o con altri provvedimenti di Giunta o di Consiglio si tratterà di renderle più robuste e più generose.
In termini di principio la Giunta regionale accoglie l'emendamento ma in termini legislativi è difficile trovarvi collocazione senza trasformarlo in qualcosa di indefinito. Suggerisco al Consiglio di non approvare gli emendamenti agli articoli 4 e 5.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio per dichiarazione di voto.



BERGOGLIO Emilia

L'Assessore Ferrero non ha colto totalmente il significato che intendevamo dare a questo emendamento. C'è una questione di fondo in questa interpretazione. Se è vero che la volontà della Giunta è quella di non chiudere rispetto alle varietà delle associazioni o dei gruppi presenti nella nostra Regione indipendentemente dall'esistenza della regolamentazione dell'art. 7, è anche vero che ponendo una norma limitativa, di fatto si escludono rapporti formali ed istituzionali con altre associazioni. Questo crea difficoltà per quanto riguarda gli spazi regionali. Se una associazione che non è compresa nell'elenco, chiede di utilizzare la sede del Consiglio regionale, sulla base di questa norma come ci comportiamo? Quale interpretazione diamo alla norma? I rapporti privilegiati istituzionali secondo questa norma dovrebbero essere limitati alle sole associazioni che sono riconosciute nell'elenco regionale. Questa interpretazione sarebbe limitativa intanto della autonomia complessiva della Regione e poi perché chiuderebbe rispetto al diritto-dovere della Regione di aprire a tutte le forze presenti nel territorio regionale gli spazi possibili. La nostra preoccupazione è che il non accoglimento dello spirito di questo emendamento creerà delle ingiustizie e delle sperequazioni.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 19 voti favorevoli, 28 contrari e 5 astensioni.
Pongo in votazione l'art. 4 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 54 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si sono astenuti 6 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 "La Regione Piemonte per iniziative culturali promosse dagli enti dagli istituti, dalle fondazioni e dalle associazioni, di cui alla presente legge, può assumere, in via straordinaria, a proprio carico oneri derivanti da : spazi attrezzati per svolgimento di convegni, seminari, mostre ed altre iniziative culturali risorse informatiche attività editoriali e di pubblicizzazione supporti per la catalogazione, l'inventariazione e la conservazione del materiale bibliografico, archivistico, storico e artistico supporti, servizi e collaborazione tecnica per la realizzazione di particolari programmi.
Ai benefici del presente articolo, sono ammessi anche gli istituti storici della Resistenza in Piemonte e l'Archivio nazionale cinematografico della Resistenza in Torino, di cui alla L.R. 22/4/80 n. 28".
I Consiglieri Villa e Bergoglio presentano il seguente emendamento: al primo comma, dopo le parole "e dalle associazioni", aggiungere: "anche diversi da quelli".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 19 voti favorevoli, 28 contrari e 5 astensioni.
Pongo in votazione l'art. 5 nel testo originario.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 54 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si sono astenuti 6 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 "Le biblioteche e i centri di documentazione degli istituti, delle fondazioni e delle associazioni di cui alla presente legge sono inseriti nel servizio bibliografico regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 52 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 23 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 "Gli enti, gli istituti, le fondazioni e le associazioni inserite nella tabella di cui all'art. 2 sono tenuti a fornire alla Regione Piemonte i documenti statutari, programmatici, di bilancio nonché relazione sulle attività svolte annualmente, ferma restando la possibilità dell'Amministrazione regionale di richiedere ulteriore documentazione nell'esercizio della sua attività di vigilanza".
Consigliere Vetrino presenta il seguente emendamento: sostituire le parole "nell'esercizio della sua attività di vigilanza" con: "nell'esercizio della sua attività di istituto".
La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Il termine "vigilanza" mi sembra poco consueto, mentre quello di "controllo" rientra fra le nostre attività specifiche. Tra l'altro c'era già stata da parte dei consultati la richiesta di togliere la parola "vigilanza" sostituendola con altro termine.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore ai beni culturali

Questo articolo è stato steso con alcuni componenti la Consulta, i quali ricoprono cattedre di diritto all'università di Torino.
La parola "controllo" forse è troppo restrittiva. Questa tabella determina dei rapporti bilaterali, ma non determina riconoscimenti di tipo giuridico o sanzioni per gli esclusi. Non solo, ma questi soggetti hanno titolo e diritto ad ottenere finanziamenti, contributi, facilitazioni da una molteplicità di soggetti pubblici e privati che hanno delle normative assai diverse dalla normativa di diritto pubblico, in particolare di quella regionale.
Il termine "controllo" non vorrei che riconducesse alle normative degli organi decentrati della Regione, le Commissioni regionali di controllo che esercitano il controllo su enti pubblici.
Questi enti hanno una natura giuridica assai diversa. Si riferiscono quasi sempre al Codice Civile e non al diritto amministrativo.
A fronte di un contributo che copre una quota soltanto delle attività la Regione chiede di avere una documentazione dell'attività svolta, ove per attività si intende quanto rileva sul piano culturale più che sul piano amministrativo.
Siccome però la Regione, insieme ad altri concorre con un contributo, è giusto che possa chiedere ulteriori informazioni, le quali non hanno tanto la funzione di organo di controllo, ma hanno la funzione per esempio (faccio un caso banale) di poter rispondere ad una interrogazione di un Consigliere. Siccome la Regione non ha titolo giuridico di chiedere a fronte di un contributo, chiede una relazione sull'attività; ovviamente si riserva la possibilità di chiedere, di vigilare in questo senso sul fatto che le iniziative avvengano in modo da fugare qualunque dubbio, qualunque sospetto, qualunque perplessità Non dimentichiamoci che modi e normative a cui questi soggetti sono sottoposti non hanno nulla a che vedere con quella propria degli enti dipendenti dalla Regione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

In effetti, le preoccupazioni che emergono sono meritevoli di attenzione. Intanto devo dire che le formule scelte non sono felici. Più andiamo nello specifico, più diamo l'impressione di caricare la Regione di una funzione propria che nasce dall'art. 7. Comunque la Regione nei confronti di questi enti si riserva quelle attività che pero sono finalizzate alla attività della Regione e non all'attività dell'ente.
Suggerirei la seguente dizione: "nell'esercizio della sua attività di istituto". La vigilanza è una situazione di minus habens dell'ente rispetto alla Regione, il controllo è un rapporto funzionale e contabile, La parola "istituto" significa che la Regione rispetto ai propri fini, non ai fini dell'ente, esercita questa attività. Ogni qualvolta la Regione, nell'ambito del proprio istituto, ritenesse di dover svolgere una sua funzione, chiede le informazioni per se stessa, per i propri fini, non in relazione all'ente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

L'osservazione del Consigliere Marchini è talmente importante che fa pensare addirittura se sia necessario fare questa precisazione. All'art. 7 è detto: "gli enti, gli istituti, le fondazioni e le associazioni inserite nella tabella, sono tenuti a fornire alla Regione Piemonte i documenti statutari, programmatici e di bilancio, ferma restante la possibilità dell'amministrazione regionale di richiedere ulteriore documentazione".
Potremmo aggiungere "nell'esercizio della sua funzione di istituto" così come consigliava il Consigliere Marchini.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore ai beni culturali

Forse una mediazione accettabile è l'accoglimento della proposta del Consigliere Marchini che riferisce alla Regione, alle sue generali funzioni e che può suonare campanello d'allarme rispetto agli atteggiamenti disinvolti degli enti. Avuti i soldi dovranno essere trasparenti sul modo in cui li spendono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Siamo d'accordo con l'emendamento proposto dai Consiglieri Vetrino e Marchini.
Dobbiamo avere molta attenzione nell'usare i termini "controllo" e "vigilanza", intesi come attività che concretano una determinata fattispecie amministrativa perché a questo compito dobbiamo dare una pregnanza giuridica minore. Mi va bene questo emendamento perché richiama un esercizio di attività di istituto in cui è ricompreso anche il dovere per le parti connesse all'attività regionale di compiere delle verifiche



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Concordo con la proposta fatta dal Consigliere Marchini. Si deve tener conto dell'attività che svolgono le associazioni, anche per la consistenza del contributo. Sono fra quelli che ritengono i documenti attendibili per dobbiamo anche verificare. Penso che la soluzione migliore sia quella proposta dal Consigliere Marchini che dà la possibilità di una verifica.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Pongo in votazione l'art. 7 nel testo modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 20 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 "Gli oneri derivanti delle finalità di cui alla presente legge ammontano complessivamente a 2.510 milioni a cui si farà fronte nell'arco di cinque anni. Per l'esercizio 1984 è autorizzata la spesa di 510 milioni cui si fa fronte per 500 milioni con i fondi di cui al capitolo n. 125000 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1984, mediante la riduzione di pari importo in termini di competenza e di cassa dello stanziamento previsto a copertura del disegno di legge avente per oggetto: "Recepimento contratto di lavoro 1982/1984 per i dipendenti regionali" e l'istituzione nello stato di previsione stesso di apposito capitolo con la seguente denominazione: "Contributi ad enti, istituti, fondazioni ed associazioni culturali di rilevante interesse regionale" e lo stanziamento di 500 milioni in termini di competenza e di cassa. Ai rimanenti 10 milioni si fa fronte con la riduzione di pari importo in termini di competenza e di cassa dello stanziamento di cui al capitolo 11740 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1984 e l'istituzione nello stato di previsione stesso di apposito capitolo con la denominazione: "Spese per oneri derivanti da supporti e servizi relativi ad attività svolte da enti istituti, fondazioni ed associazioni culturali di rilevante interesse regionale" e lo stanziamento di 10 milioni in termini di competenza e di cassa.
Agli oneri derivanti dalla presente legge per gli esercizi 1985 e successivi si farà fronte con le relative leggi di bilancio.
Il Presidente della Giunta regionale e autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio".
Il Consigliere Vetrino presenta il seguente emendamento: al primo comma sostituire la cifra "2.310 milioni" con: "3.010 milioni".
La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

I motivi per cui ho presentato questo emendamento sono diversi. Intanto vorrei dire che 500 milioni è una cifra indicativa per noi che non abbiamo avuto un quadro di riferimento generale rispetto alle attività in tema di politica culturale, né il rendiconto degli anni passati.
I consultati, di fronte al numero prefissato di 15 enti, hanno considerato questa cifra largamente deficitaria rispetto alle attese e alle istanze.
Ho chiesto l'aumento per due motivi: intanto perché ove nel 1984 si diano questi 500 milioni ed essendo questa cifra valida per un arco quinquennale, occorrerà tener conto della svalutazione, dunque, per fare in modo che i 500 milioni del 1984 siano gli stessi degli anni seguenti fino al 1988 occorre prevedere un adeguamento.
Il secondo motivo è che la Regione prevede un aggiornamento ma è assai più probabile in una società che desidera fare cultura, che il numero degli enti che si affida all'ente regionale per il finanziamento delle loro attività, possa aumentare.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore ai beni culturali

La Giunta accoglie l'emendamento sentito anche il Presidente che è competente in materia.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Pongo in votazione l'art. 8 nel testo modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 20 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 "Il primo e l'ultimo comma dell'art. 7 della L.R. 28/8/78 n. 58 sono abrogati".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 20 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Passiamo alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Purtroppo, ribadiamo il voto negativo. Infatti la discussione che è avvenuta dimostra che effettivamente la legge ha ancora una certa acerbità.
Probabilmente, se l'avessimo meditata ancora qualche tempo, avrebbe potuto forse avere un esito migliore. In pratica riconferma la validità di quella avance che avevamo fatto in Commissione di attuare la filosofia della legge con i criteri che vengono stabiliti, senza però codificarla. La si è voluta invece codificare per cui il nostro voto non potrà essere positivo, anche perché con l'emendamento che avevamo presentato pensavamo di dare uno spazio maggiore all'azione della Regione, non ritenendo certo di fare di ogni erba un fascio, però convinti di evidenziare grandi realtà che possono essere sul territorio regionale collegandole, pur nella loro contingenza all'altezza delle altre realizzazioni che avvengono con ripetitività che potrebbe in certe circostanze essere "vigilata".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Al Gruppo liberale, non ha fatto velo l'iter rapido di questo disegno di legge che si è espletato in sei giorni dalla consultazione in sede di VI Commissione e di I e finalmente in aula.
Condividiamo i principi ispiratori della legge che mira a razionalizzare gli interventi nei confronti di enti a rilevanza regionale.
Avremmo però gradito fissare criteri maggiormente selettivi. Il nostro emendamento voleva essere un contributo critico alla legge, ma anche un contributo creativo.
Esprimiamo una benevola astensione e attendiamo l'applicazione della legge per esprimere un giudizio definitivo.



PRESIDENTE

Possiamo procedere alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 52 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 16 Consiglieri si sono astenuti 6 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento:

Sull'ordine del lavori


PRESIDENTE

La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi del Consiglio ha deliberato di richiedere l'iscrizione all'ordine del giorno dei seguenti argomenti: 1) Progetto di legge n. 430: "Modificazione dell'art. 14, primo comma della legge regionale 25 febbraio 1980, n. 8 - Disciplina delle attività di formazione professionale" 2) Legge regionale rinviata dal Governo relativa a : "Disposizioni per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici di edilizia residenziale pubblica da realizzarsi da parte degli istituti autonomi per le case popolari e dei Comuni" 3) Deliberazione Giunta regionale n. 62-36058: "Legge regionale 31/1978 Contributi per limitati interventi di edilizia scolastica. Programma 1984 primo stralcio" 4) Ordine del giorno inerente la richiesta di scarcerazione della signora Selva Braselli, detenuta nel carcere di Montevideo, firmato dai Consiglieri Vetrino, Bergoglio, Ferrari, Fassio, Ariotti, Marchiaro Cernetti e Turco.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti in aula.
La Conferenza dei Presidenti ha assunto le seguenti altre decisioni: l'ordine del giorno relativo alla "regimazione idraulica e sistemazione d'alveo ai fini di navigazione e difesa del fiume Po nel tratto traversa Enel in Trino a foce Scrivia" firmato dai Consiglieri Montefalchesi, Genovese, Ariotti e Reburdo, verrà esaminato dalla II Commissione il 12 settembre prossimo il progetto di legge n. 397, di cui al punto 7) dell'ordine del giorno: "Modificazione alla legge regionale 28 dicembre 1978 n. 84 Istituzione del parco naturale Alta Valle Pesio", viene rinviato all'esame del Consiglio nel mese di settembre.


Argomento: Formazione professionale

Esame progetto di legge n. 430: "Modificazione dell'art. 14, primo comma della legge regionale 25 febbraio 1980, n. 8 - Disciplina delle attività di formazione professionale"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 430: "Modificazione dell'art. 14, primo comma della l.r. 25 febbraio n. 8 - disciplina delle attività di formazione professionale".
Relatore è il Consigliere Avondo che ha facoltà di intervenire.



AVONDO Giampiero, relatore

Signori Consiglieri, si tratta di ovviare ad una difficoltà che i centri di formazione professionale hanno incontrato e di avere a disposizione in tempi brevi fondi per il loro funzionamento al fine di evitare il ricorso alle anticipazioni bancarie.
La VI Commissione ha esaminato il provvedimento e l'ha approvato all'unanimità e ne consiglia l'approvazione al Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Procediamo alla votazione dell'articolato.
Art. 1 "Il primo comma dell'art. 14 della l.r. 25 febbraio 1980 n. 8 è sostituito dal seguente: 'La Regione stipula le convenzioni previste dall'art. 5, secondo comma, lett. b) della legge 21 dicembre 1978, n. 845 in deroga alla normativa di cui al titolo II della l.r. 23 gennaio 1984, n.
8. Alla stipula di tali convenzioni si provvede previo accertamento dei requisiti indicati nel terzo comma dello stesso art. 5 della legge n.
845/1978, sentiti gli Enti delegati".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 45 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Procediamo alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Disposizioni per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici di edilizia residenziale pubblica"


PRESIDENTE

Sulla legge regionale relativa all'eliminazione delle barriere architettoniche rinviata dal Governo è relatore il Consigliere Ariotti che ha facoltà di intervenire.



ARIOTTI Anna Maria, relatore

In riferimento alla legge regionale "Disposizioni per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici per edilizia residenziale pubblica"da realizzarsi da parte degli IACP e dei Comuni, rinviata dal Governo, la Commissione accoglie le osservazioni che avevano rilevato: 1) che l'art. 3 limitando l'obbligo dell'installazione dell'ascensore agli edifici con più di tre piani fuori terra contrasta con l'art. 15 del DPR 384 che prevede l'obbligo dell'ascensore in tutti gli edifici con più di un piano 2) che l'art. 6 prevedendo l'esercizio della potestà regolamentare da parte della Giunta regionale, viola l'art. 121 della Costituzione che riserva al Consiglio regionale tale potestà.
Mentre il secondo punto non ha presentato problemi per l'accoglimento la Commissione ha discusso a lungo sulle conseguenze sia di carattere economico sia di carattere tecnico derivanti dall'accettazione del primo rilievo.
La formulazione che è stata decisa è la seguente: "Le presenti norme che si riferiscono alle nuove costruzioni e, ove possibile, a quelle già esistenti nel caso che queste ultime siano sottoposte a ristrutturazione vengono applicate alla totalità dell'edilizia pubblica", perché da un lato accetta le richieste del Commissario di Governo, dall'altro viene incontro alle difficoltà, soprattutto tecniche, che può presentare l'inserimento di un ascensore in strutture non adeguate come possono essere quelle di edifici soggetti a recupero.
La Commissione si è espressa all'unanimità.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione del relativo articolato.
Art. 1 "Al fine di consentire l'accesso e l'agibilità anche da parte di persone con ridotte o impedite capacità motorie permanenti o temporanee, in tutti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica da realizzarsi da parte degli Istituti autonomi per le case popolari e dei Comuni del Piemonte si dovranno adottare soluzioni progettuali che prevedono l'eliminazione delle barriere architettoniche, così come definite dal DPR 27 aprile 1978, n.
364.
Le presenti norme, che si riferiscono alle nuove costruzioni e, ove possibile, a quelle già esistenti nel caso che queste ultime siano sottoposte a ristrutturazione, vengono applicate alla totalità dell'edilizia pubblica".
I Consiglieri Ariotti e Biazzi presentano il seguente emendamento: al termine del secondo comma, dopo le parole "dell'edilizia pubblica", aggiungere l'aggettivo "residenziale".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Pongo in votazione l'art. 1 nel testo modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "Nelle strutture esterne connesse agli edifici, in applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 3 e 4 del DPR 27 aprile 1978, n. 384, dovrà essere prevista l'eliminazione delle barriere architettoniche relative ai percorsi pedonali e ai parcheggi, nonché ai posti auto e alle autorimesse singole. La previsione di aree parcheggio, di posti auto e di autorimesse singole senza barriere architettoniche di cui al precedente comma potrà essere limitata ad un'adeguata percentuale, la quale non dovrà essere inferiore al 5 per cento; in edifici con meno di venti alloggi dovrà comunque essere predisposto almeno un posto auto o un'autorimessa singola senza barriere architettoniche".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "All'interno degli edifici, al fine di permettere un agevole accesso agli alloggi, le soluzioni progettuali che prevedono l'eliminazione delle barriere architettoniche dovranno riferirsi, in applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 15 e 16 del DPR 27 aprile 1978, n. 384, principalmente ai seguenti elementi: accessi al piano terra, porticati, atri, ripiani di arrivo ai diversi livelli, scale, rampe corridoi e passaggi, porte, pavimenti, ascensori e apparecchi elettrici di comando e di segnalazione.
Qualora all'interno degli edifici siano previste cantine, soffitte autorimesse singole o posti auto, questi dovranno essere accessibili preferibilmente mediante percorso orizzontale e ascensore.
L'obbligo ad installare l'impianto di ascensore è limitato agli edifici con più di un piano fuori terra".
Il Consigliere Nerviani presenta il seguente emendamento: l'ultimo comma è soppresso e sostituito dal seguente: "L'impianto di ascensore negli edifici con più di un piano fuori terra è obbligatorio".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità.
Pongo in votazione l'art. 3 nel testo modificato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 "Negli alloggi le soluzioni progettuali che prevedono l'eliminazione delle barriere architettoniche dovranno riferirsi, in applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 12, 13 e 16 del DPR 27 aprile 1978 n. 384 principalmente ai seguenti elementi: porte, pavimenti, apparecchi elettrici di comando e segnalazione, nonché ai locali igienici. I locali igienici dovranno essere opportunamente dimensionati, e il posizionamento degli apparecchi sanitari dovrà permettere l'avvicinamento ed il trasferimento della persona su sedia a rotelle.
I locali igienici dovranno inoltre essere progettati e realizzati in modo tale da consentire l'eventuale installazione di corrimano orizzontali e verticali e di apparecchi elettrici di segnalazione. Particolare attenzione dovrà essere posta nella progettazione distributiva all'interno degli alloggi, in modo tale da permettere l'agibilità in tutti i locali anche da parte di invalidi motori su sedie a rotelle, tenendo conto dell'ingombro probabile dell'arredo".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 "Agli oneri derivati dall'applicazione della presente legge regionale si provvederà con i capitoli di spesa del bilancio regionale di previsione per l'esercizio finanziario dell'anno 84 e successivi, relativi all'edilizia sovvenzionata".
Si passi alla votazione.
(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 "La Giunta regionale, entro 60 giorni dall'approvazione della presente legge, predispone apposite norme tecniche di attuazione da sottoporre al Consiglio regionale per l'approvazione nei successivi 30 giorni. Tali norme ai fini di recepire le esigenze specifiche relative all'edilizia residenziale pubblica conterranno disposizioni ed integrazioni anche in deroga al regolamento approvato con DPR 27/4/1978 n. 384".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Procediamo alla votazione sull'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Edilizia scolastica

Esame deliberazione Giunta regionale n. 62-36058: "Legge regionale n. 31/1978 - Contributi per limitati interventi di edilizia scolastica. Programma 1984 - primo stralcio"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 62 36058: "Legge regionale n. 31/1978 - Contributi per limitati interventi di edilizia scolastica. Programma 1984 - primo stralcio".
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 12/6/1978 n. 31, nonché la ripartizione comprensoriale del finanziamento formulato a termine di legge ai Comuni interessati viste le segnalazioni in ordine alle priorità di intervento formulate dai Comprensori di: Torino, Ivrea, Pinerolo, Vercelli, Biella, Borgosesia Novara, Verbania, Cuneo, Saluzzo, Alba, Asti, Alessandria, Casale ai sensi dell'art. 3 della legge stessa e già valutate dalle competenti Commissioni consiliari vista la proposta di deliberazione della Giunta regionale n. 62-36058 del 17/7/1984 sentito il parere espresso dalle Commissioni consiliari competenti delibera di approvare, il primo stralcio del programma degli interventi relativo all'anno 1984, in riferimento agli ambiti territoriali dei Comprensori di: Torino, Ivrea, Pinerolo, Vercelli, Biella, Borgosesia, Novara, Verbania Cuneo, Saluzzo, Alba, Asti, Alessandria, Casale così come indicato negli elenchi allegati che fanno parte integrante della presente deliberazione.
La spesa complessiva di L. 1.882.300.000 farà carico sul cap. 7800 del bilancio di previsione per l'anno 1984, con successivi atti deliberativi.
Data l'urgenza di inviare le relative comunicazioni agli enti obbligati alla realizzazione degli interventi, la presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/53, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art.
65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti in aula.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione. E' approvata all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento internazionale extra-comunitario

Ordine del giorno inerente alla richiesta di scarcerazione della signora Selva Braselli, detenuta nel carcere di Montevideo


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno inerente la richiesta di scarcerazione della signora Selva Braselli, detenuta nel carcere di Montevideo, firmata dai Consiglieri Vetrino, Bergoglio, Ferrari, Fassio Ariotti, Marchiaro, Cernetti e Turco.
Pongo in votazione tale ordine del giorno. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte a conoscenza dello stato di gravità psicofisico nel quale si trova nel carcere di massima sicurezza di Montevideo la cittadina uruguaiana arch.
signora Selva Braseli, di origine italiana, già Consigliere comunale di Montevideo, arrestata dal 1975 per motivi politici tenuto conto delle azioni di solidarietà verso la detenuta e di pressione presso gli organi nazionali ed internazionali svolti in questi anni dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, in particolare l'intervento del Presidente del Consiglio dr. Germano Benzi e dell'Ufficio di Presidenza presso il Presidente della Repubblica in data 17/11/1982 per la consegna delle 15.000 firme raccolte dal 'Comitato di solidarietà per la liberazione di Selva Braselli' da anni operante sul territorio del Comune di Collegno tenuto conto altresì che nonostante le azioni vigorose anche recentemente intraprese dal Ministro degli affari esteri on. Andreotti attraverso l'ambasciatore italiano De Vergottini di Montevideo presso il Supremo Tribunale, nessuna notizia circa la libertà anticipata della signora Braselli è finora pervenuta invita l'Ufficio di Presidenza a proseguire nelle azioni volte ad ottenere la scarcerazione della signora Selva Braselli e la sua restituzione alla famiglia ed alla propria dignità di donna libera".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 40 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame progetto di legge n. 107: "Modifica alla L.R. 56/77 (Tutela ed uso del suolo e successive modifiche ed integrazioni)"


PRESIDENTE

In merito al punto undicesimo: esame progetto di legge n. 107 "Modifica alla legge regionale n. 56/77 (Tutela ed uso del suolo e successive modifiche ed integrazioni)", vi do lettura della lettera inviata dal Consigliere Marchini: "Egregio signor Presidente, la ringrazio per l'iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio regionale del 31/7 della proposta di legge n. 107 del 16/6/81: "Modifica alla legge regionale n. 56: 'Tutela ed uso del suolo e successive modifiche e integrazioni" a firma mia, di Attilio Bastianini e di Antonio Turbiglio. Progetto di legge per il quale il 14/10/83 era stata chiesta la discussione in aula ai sensi dell'art. 32 del regolamento del Consiglio regionale.
Poiché nel frattempo lo stesso progetto è stato esaminato dalla competente Commissione insieme al collega Turbiglio, rinunciamo alla richiesta di discussione in aula e pertanto ritengo che il punto 11) all'ordine del giorno debba considerarsi superato.
Il Gruppo svolgerà le sue argomentazioni nel corso del dibattito sul punto dodicesimo all'ordine del giorno".
Ringrazio il collega Marchini.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetti di legge nn. 91, 125, 185, 192, 214. 244, 249 e 337 relativi a: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 56/77 e successive modificazioni"


PRESIDENTE

Passiamo al punto dodicesimo all'ordine del giorno: esame progetti di legge nn. 91, 125, 185, 192, 214, 244, 249 e 337 relativi a "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 56/77 e successive modificazioni".
La Commissione II ha licenziato il provvedimento a maggioranza.
Relatore è il Consigliere Simonelli che ha la parola.



SIMONELLI Claudio, relatore

Il disegno di legge che contiene le integrazioni e le modifiche alla L.56 giunge in aula in questo caldo pomeriggio di fine luglio e non commetterò certamente l'errore di annoiare troppo a lungo i colleghi anche perché i Capigruppo hanno deciso di spostare a settembre la fase ulteriore di esame della norma, quindi avremo modo di confrontarci con serenità sui temi complessi che questa revisione pone in campo.
Mi limiterò a ripercorrere in estrema sintesi la traccia della relazione generale che è stata consegnata ai Consiglieri per richiamare i temi fondamentali che abbiamo affrontato nella revisione della norma.
Devo osservare che, la maggioranza e la Giunta che hanno predisposto il disegno di legge fin dall'inizio della legislatura hanno proposto delle modifiche e degli aggiornamenti non dimenticando che la legge 56 ha avuto riconoscimenti da parte della cultura urbanistica, del mondo dell'università e delle altre realtà regionali che ne hanno fatto oggetto di analisi e di discussione in molte sedi, ma ha avuto anche nella realtà del Piemonte un grado di applicazione ampio e lusinghiero. L'Assessorato all'urbanistica ha i dati aggiornati che dimostrano lo stato di applicazione di questa norma che è assai elevato e che sfata la leggenda secondo la quale la legge non sarebbe applicabile. Non è così perché molti Comuni l'hanno applicata e il grado di acquisizione dei connotati fondamentali tecnici della legge è ormai generale.
Questa legge deve essere modificata, non perché fosse una follia o una legge impraticabile o perché intendiamo ribaltarne gli essenziali contenuti, ma perché l'esperienza di questi anni ha messo in luce nodi che ne rendono più difficile e più tormentata l'applicazione, e che la legge così com'è, non è in grado di risolvere.
Quindi non un disegno di revisione dei valori che stavano alla base della norma, ma la volontà di tener in conto in modo empirico, razionale e ragionevole la realtà degli enti locali e della Regione in ordine alla difficile applicazione di talune norme, ai ritardi di alcune riforme istituzionali che hanno fatto alcuni riferimenti normativi ai quali la legge si ispirava. Basti pensare al fondamentale aspetto degli assetti istituzionali. Questa legge, puntando sui piani regolatori generali intercomunali, puntava al superamento dei cosiddetti Comuni polvere, cioè su una riforma istituzionale, che sopprimesse i piccoli Comuni e consentisse la aggregazione di unità comunali di dimensioni adeguate per fare lo strumento urbanistico. Questa riforma non c'è stata, di conseguenza, uno dei puntelli normativi sui quali la legge faceva affidamento è venuto a mancare. La legge 56 presuppone un sistema di pianificazione a due livelli: il piano territoriale e il piano regolatore generale comunale e sovracomunale e prevede una entrata in vigore per fasi di cui il funzionamento a regime, l'ultima fase, è quello che segue l'approvazione dei piani territoriali in cui si ha il massimo dispiegarsi delle capacità di espansione e di sviluppo dei Comuni. Questa fase non c'è ancora. A distanza di sei anni circa dall'entrata in vigore della legge non siamo ancora arrivati alla fase del funzionamento a regime, perché pur essendo stati approvati i quindici schemi dei piani comprensoriali, i piani comprensoriali non ci sono.
Questo importante elemento deve essere sottolineato; non possiamo fingere di considerare questo meccanismo come un accidenti incontrato sul nostro percorso. Le difficoltà per portare a regime questa legge sono difficoltà reali, dobbiamo tenerne conto se non vogliamo perseguire un disegno astratto che urta contro l'esperienza di questi anni.
Anche i tempi della pianificazione comunale si sono rivelati più lunghi di quelli previsti dal legislatore regionale nel 1976 vuoi per inerzia da parte dei Comuni vuoi - per dire fino in fondo le cose come stanno - per i tempi con i quali i progettisti redigono gli strumenti urbanistici.
Molti amministratori comunali sanno che molte volte il progettista ricevuto l'incarico, lascia passare sei mesi prima di conoscere di che cosa si deve occupare, quindi c'è anche un malvezzo di antichi costumi per cui il piano regolatore era un adempimento tradizionale di cui si prendeva atto. C'è anche una lentezza della Regione nell'esercitare la sua fase di controllo e noi non ce la nascondiamo. L'Assessore all'urbanistica dirà qualcosa su questo punto. Se sommiamo la lentezza dei Comuni, la lentezza dei progettisti nell'accingersi all'opera di redazione, la lentezza della Regione nell'esercitare la sua azione di esame e di controllo, rileviamo dei tempi che sono inaccettabili.
La Giunta, presentando il suo disegno di legge aveva l'intenzione di affrontare i nodi principali e qualificanti e ha limitato il nostro esame alle questioni maggiori e quantitativamente non molto significative.
Il testo che viene presentato al Consiglio ricalca il disegno di legge 337 che era stato presentato dalla Giunta. Se ne differenzia significativamente solo su alcuni punti. Il lavoro in sede di Commissione è stato attento, lungo, sofferto, ma anche produttivo di effetti. Giacevano in Commissione progetti di legge antecedenti a quello della Giunta, quelli dei Gruppi D.C., P.L.I. e P.S.D.I., oltre al documento di orientamento e di proposte presentato dal P.C.I. e iniziative legislative del Consigliere Majorino della Provincia di Torino e di alcuni Comuni dell'Alessandrino.
In Commissione abbiamo ripercorso tutto il materiale che era stato prodotto anche da altri soggetti e il testo che viene proposto all'esame del Consiglio, anche se ricalca il disegno di legge n. 337, tiene conto del lavoro svolto in Commissione e propone alcuni punti nuovi e significativi.
Quindi, anche se è un testo votato a maggioranza, è il prodotto di un intenso lavoro di Commissione.
Questi i punti salienti di revisione apportati alla legge 56.
La prima novità è caratterizzata dall'esigenza di maggiore flessibilità e operatività della norma. La pretesa di normare e di disciplinare in modo meccanicamente uniforme tutte le realtà estremamente diversificate presenti nella Regione era una pretesa assurda che dava luogo a inconvenienti. Era dunque opportuno trovare norme più flessibili sia per individuare strumenti nuovi che consentissero di tener conto della realtà diversificata, non tutti etichettabili secondo un preconfezionamento, sia per usare con maggiore articolazione gli strumenti esistenti.
Nello stesso tempo si è posta l'esigenza di dare alle norme una maggiore operatività. Si trattava di fissare norme non solo e non tanto in quanto tasselli di un disegno organico, di un modello giuridico, di qualcosa che stia insieme, esigenza peraltro insopprimibile, ma anche di vederle nella loro operatività, mettendoci dalla parte di chi deve applicarle siano enti pubblici che gestiscono il territorio, siano cittadini utenti finali della norma.
Collegata a questa c'è l'esigenza della certezza di regole, della necessità di dare a tutti i soggetti interessati certezza sulle procedure e sui tempi, eliminando dubbi di interpretazione che talora fanno sentire come un inutile vassallaggio per gli enti locali il dover subire delle pratiche, dei momenti dell'iter procedurale di cui non si sanno rendere ragione.
C'è anche una certezza sui tempi per evitare un allungamento eccessivo dell'esame e del controllo.
In ultimo abbiamo cercato di sviluppare al massimo l'autonomia degli enti locali i quali, a 6-7 anni dall'entrata in vigore della legge, si possono ormai ritenere maggiorenni, hanno cioè imparato a gestire l'urbanistica. Tutto ciò che in qualche modo apparteneva alla fase iniziale, cioè alla necessità di un maggiore controllo e di una più occhiuta presenza della Regione può essere accantonato. La Regione intende limitare il suo esame e il suo controllo soltanto sugli strumenti urbanistici generali, tutti gli strumenti attuativi, compresi i piani particolareggiati di iniziativa pubblica, rientrano completamente nella sfera di autonomia degli enti locali che si vedono quindi riassegnato un ruolo assai ampio di autonomia nella fase di gestione del piano regolatore.
Questi principi generali sono stati applicati in modo da tener in conto le estreme differenziazioni presenti nella realtà piemontese. Abbiamo cercato di mettere in evidenza che non soltanto è possibile, ma è anche opportuno trattare in modo differenziato realtà che sono tra loro molto diverse per dimensione, per dinamica demografica ed economica, per carattere di sviluppo passato e previsto.
Nello stesso senso ci è parso non corretto fissare procedure e norme identiche per interventi urbanistici differenziati secondo le tipologie dell'intervento e secondo il contesto in cui gli interventi si inseriscono.
Diverso è considerare gli interventi nelle aree dei centri storici o nelle aree di completamento, diverso è considerare gli interventi nelle aree di nuovi impianti nei nuovi quartieri.
Questi principi si sono tradotti nell'individuazione di alcuni indicatori che hanno diviso i Comuni del Piemonte in due categorie: Comuni che presentano una maggiore complessità di problemi e Comuni che presentano minore complessità di problemi. La distinzione non si identifica con le dimensioni dei Comuni, perché anche i piccoli Comuni possono avere grandi problemi; il criterio della soglia demografica è il criterio base, ma non è l'unico criterio che divide i Comuni.
Per i Comuni che stanno al di sotto della soglia e che presentano minore complessità di problemi, si sono dettate norme diverse, che attengono alle procedure di formazione del piano regolatore generale, alla dotazione minima degli standards urbanistici, al valore del consumo medio di spazio residenziale per abitante ai fini della determinazione della capacità insediativa residenziale e alla formazione del PEEP. In altri termini, le norme mirano a rendere più agevole, più semplice il processo di pianificazione territoriale da parte dei Comuni minori. Con riferimento invece ai diversi tipi di insediamento urbanistico e ai contesti in cui si colloca, si sono introdotte delle diversificazioni normative per quanto riguarda la dotazione degli standards per le aree di tipo produttivo e di tipo commerciale direzionale. Si sono introdotti nuovi strumenti di intervento finalizzati al riordino e al recupero degli impianti esistenti nelle aree destinate agli insediamenti produttivi.
Anche queste modifiche mirano a tener conto delle differenze che la realtà ci ha mostrato. Questi sono i criteri generali di riforma della legge. I punti nodali che sono stati affrontati con le modifiche proposte riguardano: la pianificazione territoriale, la pianificazione locale, gli strumenti esecutivi, la gestione urbanistica. Mi soffermerò brevemente su questi quattro capitoli. Sulla base di quello che ho detto circa i tempi lunghi del processo di pianificazione territoriale e circa la necessità di tenere conto delle logiche che pongono i problemi di sviluppo e di allocazione di interventi sul territorio, si è affrontato il tema della necessità di avere strumenti adeguati, quel tema che ha fatto proporre a qualcuno nel dibattito politico e culturale di questi anni tematiche, che viceversa noi abbiamo scartato; la tematica per esempio dell'urbanistica speciale, di una disciplina urbanistica distinta, per esempio, per le aree industriali o per l'area metropolitana; una sorta di legge urbanistica speciale per Torino, che consentisse di risolvere, attraverso strumenti speciali quindi diversi da quelli fissati per il resto del Piemonte, i problemi di riorganizzazione e di ristrutturazione dell'area metropolitana.
Sono problemi che nascono da esigenze di tempi rapidi, di modifiche sulla destinazione d'uso del suolo, di processi integrati di intervento, ecc.
Abbiamo scartato la soluzione delle leggi speciali e delle urbanistiche speciali ritenendo che non sia corretto perdere per strada i fondamenti del sistema giuridico, non solo piemontese ma italiano, e cioè che la disciplina urbanistica è una disciplina unitaria e globale sul territorio.
Da quando è stato introdotto il piano regolatore generale, come strumento che regola l'uso del suolo su tutto il territorio comunale e quindi su tutto il territorio della Regione, ci pare che tornare indietro verso forme di disciplina settoriale sia un modo per frantumare i principi dell'ordinamento giuridico in materia senza avere alcuna garanzia di sostituirli con qualche cosa di più valido. Abbiamo rifiutato questa strada, non per ciò abbiamo negato l'esigenza di tempi diversi per esempio per i processi di decisione in materia di allocazione di risorse rispetto alle procedure e ai tempi dell'urbanistica, che - si badi - saranno sempre tempi lunghi. Le procedure di formazione degli strumenti urbanistici attraverso il processo democratico che porta alla consultazione degli interessati, al processo di pubblicazione reiterato, alla richiesta delle osservazioni, all'esame, ecc, sono necessariamente lunghe ed è giusto che sia così.
Pur non negando questa esigenza, ci sono problemi strategici che esulano dall'ambito strettamente locale perché mettono in gioco interessi a scala molto più vasta, quella comprensoriale o regionale, e coinvolgono più soggetti di natura pubblica, il Comune, la Provincia, la Regione, aziende a partecipazione statale, aziende private le quali richiedono decisioni prese in tempi reali. I processi di riorganizzazione e di mutamento nei settori dell'economia hanno dei ritmi che richiedono decisioni tempestive.
Non è pensabile che possa essere posta la zeppa, quando forse è anche l'unica zeppa quella urbanistica ai problemi che si pongono sul terreno dell'economia, soprattutto quando a questi sono legati la difesa dei livelli occupazionali e il miglioramento qualitativo e la riorganizzazione del tessuto produttivo.
Guai se di fronte a processi di localizzazione e a interventi produttivi e di riorganizzazione, che sono possibili economicamente, che possono aumentare i livelli occupazionali, e che sono compatibili con la politica economica ed industriale generale del paese, non fossimo in grado di offrire delle soluzioni sul piano territoriale ed urbanistico e ponessimo questo come solo ed unico ostacolo alla realizzazione di quei programmi.
Come fare, rifiutando la logica facile della legge speciale? Abbiamo cercato di trovare una soluzione a questi problemi attraverso il discusso PTO (piano territoriale operativo). Il PTO ha una procedura ricalcata su quella del piano territoriale ma è più accelerata. Ha alcune caratteristiche tipiche, intanto quelle di avere una valenza superiore a quella del piano territoriale, però ne è anche uno strumento attuativo quindi può avere la stessa valenza del piano regolatore generale, può anche diventare strumento attuativo, quindi avere la valenza del piano particolareggiato, del piano esecutivo. Il Consiglio regionale è l'organo che approvato il PTO, gli attribuisce la sua valenza finale, il grado di dettaglio che lo strumento può avere. E' uno strumento accompagnato da relazioni sulla fattibilità, sull'impegno finanziario, sulle procedure, sui tempi, sui costi, individua i soggetti che sono coinvolti, è uno strumento che non nasce nel chiuso di una concertazione molto stretta, perché deve essere proposto alla Giunta regionale, deve essere portato all'esame del CUR. deve essere sottoposto al Comprensorio e ai Comuni interessati, ha tutta una procedura di formazione, alla fine viene votato dal Consiglio regionale. Ha la stessa fonte giuridica che hanno i piani territoriali. E' dunque uno strumento essenzialmente territoriale anche se ha una multivalenza. Non mi soffermo su questo strumento perché credo che ormai sia stato oggetto di attentissime considerazioni.
Il Consigliere Majorino ha presentato una relazione di minoranza che si può leggere come una memoria di costituzione e risposta contro il progetto della maggioranza e della Giunta sul tema "piano territoriale" e che ha alcune argomentazioni alle quali mi riservo di rispondere in sede di confronto in aula, per dargli la possibilità di replicare nella stessa sede.
A quali riferimenti ci siamo richiamati? Intanto ci siamo riferiti alle esperienze straniere. Spesso ci ballocchiamo con i riferimenti stranieri in tema di pianificazione territoriale ed urbanistica senza andare a vedere esattamente se quelle esperienze sono traducibili nella nostra realtà. Ci è parso che alcune esperienze straniere non fossero traducibili pari pari, ma offrissero elementi ai quali poterci agganciare per individuare uno strumento che fosse compatibile con il nostro sistema giuridico. Ci è parso di poter cogliere alcune esperienze inglesi che, per esempio, prevedono come tipo di piano locale piani di aree di intervento che nascono dal piano strutturale e che hanno come scopo precipuo la pianificazione complessiva di alcune aree ristrette nelle quali si pongono determinati problemi di risanamento, di ristrutturazione produttiva e così via. Sono piani limitati che di norma sono individuati dal piano di struttura e che hanno a livello locale una fase di approfondimento.
Sotto un altro profilo uno strumento al quale vale la pena di riferirsi è quello che si chiama ZAC (Zone d'Aménagement concerté). E' un piano che può essere fatto o dall'ente pubblico direttamente oppure può essere affidato a privati. E' una sorta di piano attuativo molto più strategico rispetto al piano esecutivo convenzionato. Nasce da una esigenza di carattere strategico di pianificazione che è prevista dagli strumenti urbanistici superiori in particolare o dal piano territoriale o dal piano regolatore. Ho citato soltanto due strumenti ai quali abbiamo fatto riferimento che non sono stati però tradotti nel PTO, perché il PTO è uno strumento che si colloca pienamente nel sistema della legislazione urbanistica italiana che però tiene conto dei risultati positivi raggiunti da strumenti della pianificazione di altri Paesi. Il PTO non è, come il p.p.a, qualcosa di nuovo inventato dal legislatore regionale che preveda dei poteri che non siano compresi negli strumenti esistenti. La sua novità consiste nel fatto che in esso sono compresenti livelli di efficacia propri di strumenti e di livelli diversi. Può avere contemporaneamente efficacia di piano territoriale, di piano regolatore e di strumento di attuazione.
Ogni livello di efficacia è previsto dalla legge nazionale. Non si sostituisce ai piani territoriali, ma si accompagna ad essi, è normalmente previsto nello strumento territoriale medesimo che individua le zone per le quali fare i PTO, quindi è normalmente strumento di attuazione del PTO o anche dello schema nella fase in cui i piani territoriali non sono ancora approvati, ma può anche essere a conclusione del suo iter, in variante al piano territoriale ovvero, abbiamo considerato che se, attraverso l'esame della Giunta, i pareri tecnici, l'esame con gli enti locali si rivela la necessità che questo strumento vada in variante al piano territoriale, col voto del Consiglio regionale va in variante al piano territoriale.
Può essere proposto da tutti i soggetti interessati compresi i privati.
Anche in questo caso ci siamo riferiti alle esperienze straniere ma anche alle esperienze italiane, nelle quali abbiamo visto che progetti di rilevanza strategica, che vanno al di là della sfera locale, possono essere proposti da gruppi grandi o piccoli, privati o pubblici; ed è giusto che siano confrontati senza surrettizie introduzioni sotto banco con qualcuno che se ne faccia inopinatamente sponsor e paladino. E' giusto il confronto con i progetti esistenti, alla fine, sarà l'ente pubblico che deciderà per il sì o per il no e valuterà la compatibilità, la congruenza dei progetti con il sistema di pianificazione in atto nella Regione.
Nelle norme che vengono rassegnate al Consiglio il PTO è ancorato maggiormente al sistema di pianificazione esistente. Il PTO è legato al piano territoriale. Se ne è fatto strumento di attuazione della politica di programmazione della Regione proprio per venire incontro alle esigenze che sono emerse nel corso del dibattito.
Ne discuteremo. Tutte le opinioni sono libere ritengo che intorno a questo strumento il fuoco della polemica si possa accendere. Ricordo che tutte le volte che abbiamo discusso di problemi di organizzazione del territorio e della necessità di essere puntuali nel dare risposte alle esigenze che dalla società civile emergono, soprattutto a quelle di trasformazione dei processi economici, si è sempre lamentato il ritardo nel dare delle risposte.
Quando discuteremo il PTO potremo sviluppare tutte le critiche più pungenti e più radicali, ma mancheremmo al nostro dovere se trascurassimo di considerare le esigenze da cui questa proposta nasce. Si possono offrire delle risposte diverse, si possono individuare degli altri metodi, degli altri strumenti per offrire delle soluzioni a queste esigenze, ma non si può fingere che queste esigenze non esistano. Mi auguro che il Consiglio possa offrire delle proposte alternative, non dovrà fingere però che il problema non esiste. Tutte le volte che abbiamo discusso di problemi di pianificazione territoriale l'urbanistica veniva intesa come una palla al piede per i processi produttivi e correvamo il rischio di essere i difensori di una sorta di "inaccessibilità al santuario", mentre i processi reali andavano avanti per conto loro. Con questo strumento si è tentata una soluzione non di disarticolazione del sistema di pianificazione ma di rispetto di un sistema che privilegia l'iniziativa, il controllo e la guida da parte dell'ente pubblico ma che tiene conto della necessità di procedure accelerate. Non viene in tal modo lesa l'autonomia locale perché in altri casi le scelte strategiche vengono affidate ad un soggetto diverso dal Comune. Lo stesso piano territoriale non è redatto dal Comune ma dalla Regione: l'autonomia incontra sempre un limite nel momento in cui l'entità delle scelte va al di là della stretta cerchia degli abitanti su cui quelle scelte vengono ad incidere.
Le altre modifiche riguardano la pianificazione locale. Ho già richiamato la differenziazione tra i Comuni con maggiori problemi e Comuni con minori problemi. I Comuni posti al di sotto di quella soglia, che non presentano indici significativi di sviluppo, passato o futuro, in termini di residenza, di sviluppo turistico, di iniziative industriali per quanto riguarda la formazione dei piani regolatori hanno una procedura semplificata. Di fatto salta la prima fase dell'iter di formazione. Possono approvare la delibera programmatica contestualmente all'approvazione del progetto preliminare, quindi la delibera programmatica c'è ancora.
L'individuazione degli obiettivi del piano resta, come atto a sé che viene votato dal Consiglio comunale prima di approvare il preliminare. Le stesse categorie di Comuni sono esentate dall'obbligo di formazione del PEEP, si vedono ridotti gli standard urbanistici a 18 mq per abitante ed hanno delle norme "più favorevoli" per quanto riguarda la capacità insediativa residenziale.
Per quanto concerne gli standards urbanistici al servizio degli insediamenti industriali, direzionali, commerciali viene introdotta una differenziazione a seconda che gli interventi si realizzino all'interno di aree di completamento, oppure in nuove aree, anche qui per rendere concretamente possibile la realizzazione degli standards nelle realtà urbane dove non vi sono più aree a disposizione e dove applicare gli stessi standards sarebbe impossibile. La realtà torinese e dei centri urbani ci ha portati a queste considerazioni realistiche. Ad analoghe considerazioni realistiche si ispira la norma che consente la realizzazione di servizi di parcheggi, sia sotto che in sopraelevazione realizzando uno standard di servizi anziché uno standard di aree, mentre è prevista pure la possibilità che il piano regolatore generale determini una aggregazione di aree per servizi destinate ad attività polifunzionali, in modo da realizzare con risparmi di superfici una migliore qualità dei servizi dati.
Queste sono le norme che riguardano la pianificazione comunale con un'ultima avvertenza: le modifiche proposte mantengono un certo favore che il legislatore regionale aveva manifestato con la legge del '77 per la pianificazione intercomunale. Anche se l'esperienza dei consorzi volontari di Comuni ha lasciato a desiderare il meccanismo è tale, che i Comuni dissenzienti sono in grado di paralizzare l'attività del consorzio e quindi la formazione dello strumento urbanistico. Restando le norme che incentivano la formazione di consorzi, l'attenzione che abbiamo posta è stata soprattutto verso i piani regolatori intercomunali delle Comunità Montane, che rappresentano in nuce questo nuovo Comune di dimensioni adeguate, almeno per alcune funzioni.
Ad esse, secondo la normativa proposta, può far carico il processo di formazione dello strumento urbanistico. Con delega dei Comuni è previsto che le Comunità Montane possono adottare lo strumento urbanistico senza bisogno delle delibere dei singoli Consigli comunali e, sempre su delega possono anche procedere alla sua attuazione. Se la delega non viene data si procede con la doppia adozione delle Comunità e dei Comuni.
Anche in questo caso si tratta di accompagnare con alcune innovazioni legislative, a cui sta ponendo mano il Parlamento con la nuova legge sulle autonomie, il processo di superamento della dimensione minima comunale per alcune funzioni. La funzione della pianificazione urbanistica è una di queste. Nel caso delle Comunità montane il superamento della micro dimensione comunale è più facile perché la Comunità Montana ha già natura di ente pubblico con compiti di pianificazione.
Ha fatto oggetto di particolare polemica nella fase finale di discussione della Commissione la fase finale del processo di approvazione del piano regolatore generale.
La normativa che viene proposta all'art. 15 prevede una sorta di "salvaguardia attiva" per gli strumenti urbanistici adottati che, dopo 360 giorni dalla loro adozione, possono essere applicati dai Comuni salvo per le parti che hanno fatto oggetto di contestazione e di rilievo da parte del Comprensorio o da parte della Regione.
Non si tratta di un silenzio-assenso generico, perché il piano regolatore non diventa esecutivo automaticamente al decorrere di un certo periodo di tempo. Diventa esecutivo quella sola parte che non ha fatto oggetto di rilievi, quindi al limite può essere fatto oggetto di rilievo l'intero piano, anche con un provvedimento cautelare provvisorio, prima della vera e propria deliberazione che approva o respinge il piano regolatore. Questa norma è giustificata da una esigenza di rispetto dei tempi e di certezza che, mentre cerchiamo di rendere applicabile agli altri soggetti, dobbiamo in qualche modo cercare di rendere cogente per la Regione stessa. Mentre forziamo gli enti locali a darsi dei tempi certi ed a rispettare le scadenze dettate dalla legge, occorre che anche la Regione rispetti queste scadenze.
Mettere una data limite, al di là della quale il piano regolatore diventa efficace per le parti non contestate, ha un valore anche nei confronti degli uffici, dei servizi regionali, della stessa Giunta che devono procedere rapidamente all'esame ed all'approvazione dello strumento urbanistico. Questa norma dovrebbe consentirci di ritenere che la sua applicazione sia un caso del tutto eccezionale.
La norma è certamente perfezionabile.
Si è in qualche modo ipotizzata una possibile eccessiva discrezionalità da parte della Regione nel bloccare talune parti del piano regolatore, e forse, uno sforzo lo possiamo fare per dare il massimo possibile di obiettività e certezza, ovvero scrivere una norma nel testo finale che consenta di individuare quelle parti del piano regolatore che possono entrare in funzione alla scadenza dei 360 giorni piuttosto che prendere in esame quelle parti che non possono entrare in funzione. Nel corso dei lavori della Commissione è stato anche eccepito il fatto che questa proposta fosse innovativa rispetto ai testi che erano stati distribuiti in sede di consultazione.
La discussione si è provvisoriamente chiusa con una interpretazione che il relatore condivide, e cioè che ad una vera e propria consultazione su questo argomento non può più dar corso perché tra i documenti inviati in consultazione c'erano gli orientamenti presentati dal Gruppo del P.C.I. che contenevano questa proposta.
Detto questo, il relatore si permette di suggerire in questo caso alla Presidenza del Consiglio, che visto che non si conclude in questa sede l'iter di discussione della legge, se lo ritiene opportuno e possibile, di inviare ai soggetti che furono a suo tempo consultati, senza un'altra consultazione che sarebbe irrituale, questa specifica proposta nel testo varato dalla Commissione, chiedendo delle risposte scritte, in modo che ci sia il tempo per poterle esaminare prima dell'esame dell'aula.
Si valuti se questa proposta può essere accolta. Il tempo c'è. La maggioranza ritiene questa proposta difendibile, non c'è alcun timore, che altri soggetti, favorevoli o contrari discutano di questa proposta. Se ci sono soggetti interessati a dire la loro opinione, prima che esaminiamo e votiamo gli articoli di questa legge, credo che possano essere consultati senza che faccia strillare nessuno allo scandalo.
Gli strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica vengono assimilati a quelli di iniziativa privata e sono tutti approvati dal Consiglio comunale purché non vadano ovviamente in variante al P.R.G.
Alcune norme innovative significative sono state introdotte per quanto riguarda gli insediamenti nelle aree produttive. Si è cioè prevista la possibilità di una attuazione del PIP in modo articolato anche attraverso procedure concertate, che consentono un convenzionamento dei privati che si impegnino a realizzare gli interventi all'interno delle aree per insediamenti produttivi.
Si è cercato di tener conto della realtà che molte volte rendeva il PIP strumento troppo rigido e al limite inapplicabile in quelle situazioni di riordino di aree industriali o produttive in senso lato che hanno già al loro interno insediamenti realizzati, per cui sottoporre quelle aree a un PIP comporta l'obbligo per il Comune di espropriare anche gli stabilimenti già in funzione per poi riceverli agli stessi privati con una procedura assurda che infatti non viene fatta (il Comune chiede lo stralcio di un pezzo il PIP va avanti prima sull'area complessiva, poi viene stralciato per una parte con complicazioni enormi).
Prevedere uno strumento che in alternativa a quelli già esistenti dell'esproprio e del comparto preveda anche la possibilità di un convenzionamento che coinvolga i privati attraverso questo intervento anche in questo caso di pianificazione zonale concertata, può essere uno strumento utile e credo che la realtà confermerà come uno strumento operativo.
Analogamente, l'altra norma introdotta, sempre a proposito di insediamenti produttivi, consente la formazione di un piano di recupero per gli insediamenti produttivi, applicando cioè le disposizioni che il piano di recupero prevedeva limitatamente agli insediamenti residenziali anche alle aree occupate da insediamenti produttivi.
L'esperienza di questi anni purtroppo ci ha mostrato che lo scenario che ci troviamo a traguardare nelle nostre scelte di politica economica e industriale è profondamente cambiato. La legislatura passata ci ha visti impegnati a individuare strumenti, come la realizzazione di aree industriali attrezzate, strumenti intesi a favorire processi di rilocalizzazione o di nuovo impianto, che apparivano sul nostro futuro nella seconda metà degli anni '70. Le norme della legge urbanistica (le convenzioni quadro per le rilocalizzazioni industriali per esempio) erano centrate a consentire la guida di processi di questo tipo che si immaginavano su vasta scala.
Oggi la realtà è cambiata e ci troviamo a fare i conti con problemi diversi: l'esistenza di capannoni inutilizzati, sono il grande problema del riordino e del riuso degli impianti industriali produttivi. Tematica che abbiamo in parte affrontato discutendo sull'attività dei consorzi con la legge che è stata presentata dalla Giunta in attuazione della L. 240.
Se questa è la realtà con la quale ci dobbiamo confrontare, dobbiamo immaginare strumenti che ci consentano di padroneggiare una realtà mutata.
Il piano di recupero degli impianti produttivi potrebbe essere uno di questi strumenti.
Gestione urbanistica. L'attività di amministrazione in campo urbanistico è molto importante perché è quel settore nel quale l'amministrazione regionale viene direttamente in contatto con la pluralità dei cittadini, in cui si verifica o tra la Regione direttamente o tra gli enti locali l'impatto diretto, concreto tra la pubblica amministrazione e chi è interessato a realizzare degli interventi e dei mutamenti sul territorio. E' importante disporre di norme il più possibile certe, che consentano rapidità nei processi decisionali e certezza della norma agli utenti. Una delle innovazioni rilevanti introdotta è l'estensione generalizzata del certificato urbanistico per tutti i Comuni: è una specie di carta d'identità delle possibilità giuridiche di utilizzo urbanistico ed edilizio del suolo che la legge 94 introduceva a fini limitati e per periodi di tempo limitati per i Comuni sopra i 30.000 abitanti. L'abbiamo estesa a tutti i Comuni in senso generale ritenendo in questo senso di soddisfare una di quelle esigenze di certezza che il cittadino sente.
Chiunque di noi si sia trovato investito dalle lamentele o dalle richieste di qualcuno sa che il cittadino normale, che non sia un tecnico o un professionista che deve fare i conti con le leggi che esistono, i piani regolatori di cui non sa qual è il grado di valenza e di efficacia, i piani particolareggiati, i PPA, i piani di recupero, si trova in un ginepraio tale, da non riuscire ad avere la certezza e spesso da non riuscire a capire qual è il grado di utilizzabilità del proprio bene su cui può fare affidamento. Il fatto che possa ottenere dall'amministrazione comunale un certificato in cui gli viene scritto quali sono le possibilità edificatorie e le dimensioni quantitative del suo intervento è, secondo noi, un elemento che aiuta nella certezza e nella rapidità del rapporto tra cittadino e amministrazione. Allo stesso spirito si ispirano le modifiche apportate alle norme relative alle autorizzazioni che definiscono gli interventi previsti dall'art. 7 della L. 94, tra l'altro generalizzando il principio del silenzio-assenso per tutti gli interventi che sono assoggettati ad autorizzazione. Dello stesso tipo è la previsione dell'obbligo e delle modalità di rimborso da parte dei Comuni dei contributi versati dai cittadini, in caso di concessioni edilizie che non vengono utilizzate per cause indipendenti dalla volontà del cittadino stesso.
I due ultimi punti concernono gli interventi a tutela dei beni culturali ed ambientali e il funzionamento del Comitato Urbanistico Regionale.
In materia di intervento a tutela dei beni culturali ed ambientali si è prevista la soppressione dei due strumenti rappresentati dalle Commissioni comprensoriali da un lato e dal CUR speciale dall'altro, riconducendo gli interventi medesimi ai Comitati comprensoriali e al CUR in seduta plenaria e coinvolgendo nelle procedure per gli interventi medesimi il servizio regionale competente. In questo modo si soddisfano le esigenze anche di tutela dei beni culturali ed ambientali, che non sono una sorta di sottosettore specializzato che va per conto suo, ma che devono essere, con tutte le competenze tecniche necessarie e gli approfondimenti necessari ricondotte nell'ambito generale di esame, dello strumento urbanistico. Il funzionamento del CUR è stato materia di lunghissime discussioni e di moltissime proposte. Questo tema sarà oggetto di discussione, anzi, la Giunta in sede di Commissione si è impegnata a presentare una proposta di ordine del giorno, atteso che in sede di Commissione non è stata presa in esame l'ipotesi di modifica delle norme di legge per quanto riguarda il funzionamento del Comitato, mentre è sicuro che il funzionamento del comitato deve cambiare. Può darsi che possa cambiare senza modificare la legge, ma deve essere cambiato nel funzionamento degli uffici e delle procedure.
Mi riservo di intervenire quando discuteremo l'ordine del giorno.
Ringrazio il Consiglio per l'attenzione, che ritengo eccezionale e non prevista. Questa materia, comunque la si voglia valutare e qualunque siano gli esiti finali del voto, merita l'attenzione del Consiglio, non solo perché è stata oggetto di scontri politici, perché su questa si sono giocate le dichiarazioni, le polemiche, i voti, i programmi, le opposizioni, ma perché è una questione che tocca profondamente gli interessi e il funzionamento della macchina amministrativa nel Piemonte.
La legge urbanistica del Piemonte è stata una delle più analizzate delle più criticate ma anche delle più apprezzate nel contesto nazionale.
Non la rinneghiamo, non crediamo che vada ribaltata nella sua intelaiatura di fondo. Non ci siamo accinti modificando questa legge a creare un sistema legislativo ad esso contrapposto, alternativo. Però, affrontando il tema della revisione, alla luce dell'esperienza ed anche con una certa spregiudicatezza, ponendoci nell'ottica di chi la deve utilizzare e non nell'ottica del legislatore astratto o del filosofo che predica la legge ottimale, abbiamo proposto delle modifiche che sono marginali. Se per un verso non è ribaltata l'impalcatura tecnico-culturale della legge, per un altro verso le modifiche proposte sono significative e meritano attenzione.
Ci pare che non abbiano disarticolato il sistema della legge. Ci pare che siano innovative, non ce ne spaventiamo.
Crediamo che il Consiglio regionale tutto abbia il coraggio di non spaventarsi delle novità, cioè che non rifiuti il nuovo in quanto nuovo.
Sarebbe un errore, in una materia nella quale troppo spesso la tradizione ha fatto premio sulla necessità di adeguarsi ai tempi. C'è una evoluzione in atto nella cultura urbanistica. Alcuni pilastri, che pareva impossibile barcollassero, oggi sono rimessi in discussione. C'è la possibilità di fare un'azione di revisione intelligente che introduca degli elementi importanti di novità al servizio di questa società.
La Regione, nel momento in cui legifera in materia urbanistica, deve vedere tutti gli aspetti della vita della società in cui opera. Il legislatore non è uno specialista del suo settore, deve tener conto della realtà multiforme e diversa.
Questa è una legge fortemente innovativa. Gli elementi di differenziazione che introduce nella realtà piemontese sono abbastanza inediti. E' un difetto del nostro sistema giuridico nazionale quello di immaginare la norma sempre uniforme, sempre calata dall'alto, sempre uguale per tutte le realtà, anche le più diverse.
Dobbiamo avere il coraggio di tener conto della realtà diversificata in cui ci troviamo ad operare. Non spaventiamoci delle novità. Questo è l'augurio che il relatore, fa, insieme a quello di buone vacanze per tutti noi.



PRESIDENTE

Grazie.
La proposta di una richiesta ulteriore di osservazioni scritte da parte dei soggetti interessati che sono già stati consultati verrà esaminata nella seduta dell'Ufficio di Presidenza di domani.
Come da accordo nella Conferenza dei Presidenti la presentazione della relazione di minoranza del Consigliere Majorino, la discussione generale l'esame e la votazione dei progetti di legge sono rinviati alle prossime sedute di settembre.
Il Consiglio regionale è convocato per i giorni 13 e 18 settembre p.v.
La Presidenza augura a tutti i colleghi un sereno periodo di riposo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.10)



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