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Dettaglio seduta n.260 del 19/07/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Controlli amministrativi: argomenti non sopra specificati

Esame progetti di legge n. 324 e 378: "Norme concernenti l'esercizio del controllo regionale sugli atti degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico con personalità giuridica di diritto pubblico"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Punto quinto dell'ordine del giorno: esame progetti di legge n. 324 e 378: "Norme concernenti l'esercizio del controllo regionale sugli atti degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico con personalità giuridica di diritto pubblico".
Tale disegno di legge è stato distribuito ai Consiglieri ed approvato all'unanimità dalla I e V Commissione.
La parola al Consigliere signora Vetrino che ha facoltà di svolgere la relazione.



VETRINO Bianca, relatore

Per la verità il relatore del disegno di legge avrebbe potuto essere il Consigliere Marchini perché i tre Consiglieri del Gruppo liberale avevano precedentemente presentato un disegno di legge per normare questa stessa materia.
Tuttavia per un disguido nelle assegnazioni e per una svista nell'interno della Commissione il disegno di legge del Partito liberale è pervenuto in un secondo tempo all'attenzione della I Commissione consiliare e soltanto quando la Commissione aveva nominato la relatrice, ci siamo trovati di fronte ai due disegni e in quel momento si è deciso di procedere comparativamente.
Il disegno di legge della Giunta è comprensivo delle norme che conteneva il disegno di legge del Partito liberale.
E' un piccolo disegno di legge che è dovuto come recepimento di un decreto con il quale si tende ordinare una materia che riguarda casi isolati, in particolare in Piemonte si tratta ordinare un solo istituto e ciò attiene al controllo sugli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico aventi personalità giuridica.
E' una norma che dobbiamo dare perché questi Istituti possano essere controllati; finora gli atti di questo istituto torinese sono rimasti in attesa della nostra legge per poter avere la verifica da parte del Comitato regionale di controllo.
Quindi è un provvedimento semplice che recepisce il decreto del Ministero della sanità dell'anno scorso, quindi invito i Consiglieri regionali a prenderlo in attenzione e a votarlo perché così si è anche espressa all'unanimità la I e la V Commissione nelle sedute nelle quali hanno dibattuto questo testo.



PRESIDENTE

Poiché nessun collega chiede di intervenire ha la parola l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Il Consigliere Majorino ha posto un problema in ordine all'art. 2. Al terzo comma, si dice che la Giunta regionale viste le deliberazioni e sentita la competente Commissione consiliare deve pronunciarsi entro 15 giorni e si aggiunge che: "le approva o le restituisce".
Propongo di inserire "le approva ovvero le respinge per motivi di legittimità, ovvero le restituisce all'istituto con motivati rilievi per il riesame".
E' un aspetto formale che mi pare giusto sottolineare.



PRESIDENTE

Passiamo ora alla votazione dell'articolato.
Art. 1 "In attuazione di quanto previsto dal primo comma dell'art. 19 del DPR 31/7/1980 n. 617, il controllo sulle deliberazioni degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, aventi nel territorio della Regione Piemonte propri presidi ospedalieri e di ricerca è esercitato per quanto concerne le deliberazioni aventi per oggetto materia di carattere assistenziale, dal Comitato regionale di controllo, previsto secondo le modalità di cui all'art. 49 della Legge 833, come sostituito dall'art. 13, quinto comma, della legge 26/4/1982 n. 181".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 "Sono soggette al controllo di legittimità e di merito della Giunta regionale le deliberazioni degli Istituti di ricovero e cura con carattere scientifico di diritto pubblico, con sede nella Regione Piemonte concernenti le materie indicate nell'art. 19, ultimo comma, del D.P.R.
31/7/1980 n. 617.
Entro dieci giorni dalla loro adozione gli Istituti sono tenuti a trasmettere alla Giunta regionale, copia autentica delle deliberazioni di cui al primo comma corredata dalla relativa documentazione.
Entro trenta giorni dalla data in cui le deliberazioni risultano pervenute, la Giunta regionale, sentita sulle deliberazioni di cui ai numeri 5, 6 e 7 dell'art. 19 - ultimo comma del D.P.R. 31/7/1980 n. 617 la competente Commissione consiliare che ha quindici giorni di tempo dalla richiesta per pronunciarsi, le approva, ovvero le restituisce all'Istituto con motivati rilievi per il riesame da parte del Consiglio di Amministrazione o con richiesta di chiarimenti o di elementi integrativi di giudizio. I rilievi sono comunicati, per conoscenza, anche al Presidente del Collegio dei revisori.
Sulle deliberazioni di cui ai numeri 5, 6 e 7 dell'art. 19, ultimo comma, del D.P.R. 31/7/1980 n. 617 è sentito altresì il parere del Comitato di gestione dell'U.S.S.L., nel cui ambito territoriale è ubicato l'Istituto, che si intende acquisito qualora non sia pervenuto alla Giunta regionale nel termine di quindici giorni dalla richiesta.
Trascorso il termine di cui al precedente terzo comma senza che la deliberazione sia restituita all'Istituto, ovvero trascorso il medesimo termine dalla data in cui sono pervenuti i chiarimenti o gli elementi integrativi richiesti o la nuova deliberazione senza che sia adottato il provvedimento negativo di controllo, la deliberazione diventa esecutiva.
Il provvedimento negativo di controllo che deve essere motivato impedisce l'efficacia delle deliberazioni e fa venire meno fin dall'inizio gli effetti di quelle provvisoriamente esecutive.
Copia delle deliberazioni e dei relativi atti di controllo è trasmessa dagli Istituti al Ministero della sanità".
L'Assessore Bajardi presenta il seguente emendamento: al terzo capoverso, dopo le parole "le approva", aggiungere "ovvero le respinge per motivi di legittimità, ovvero ..".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
Procediamo alla votazione dell'art. 2 così emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 "La Regione esprime parere con atto motivato dalla Giunta, sentita la competente Commissione consiliare che si esprime entro sette giorni dalla data richiesta dall'Istituto, sulle deliberazioni degli Istituti in materia assistenziale adottate in deroga alle disposizioni regionali vigenti ai sensi del secondo comma dell'art. 19 del D.P.R. 31/7/1980 n. 617".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri L'articolo 3 è approvato.
Art. 4 "La presente legge è dichiarata urgente, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e dall'art. 45 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi del quarto comma dell'art. 45 succitato".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Passiamo ora alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Formazione professionale

Esame deliberazione Giunta regionale n. 64-33426: "Piano pluriennale della formazione professionale 1984/1987 art. 7 L.R. 25/2/1980 n. 8"


PRESIDENTE

Punto sesto dell'ordine del giorno: esame deliberazione Giunta regionale n. 64-33426: "Piano pluriennale della formazione professionale 1984/1987 art. 7 L.R. 25/2/1980 n. 8".
La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ieri sera nella trasmissione "Soldi, soldi" diretta da Arrigo Levi, che i convenuti hanno battezzato "Lavoro, lavoro" in quanto si occupa di occupazione e di disoccupazione, di produzione e di investimenti, ho sentito il Ministro De Michelis osservare a proposito della formazione professionale che i due mila miliardi spesi non servono e che altri sono i sistemi contenuti nel piano che sottoporrà al Parlamento per risolvere i problemi dell'occupazione dei giovani. Lunedì invece il nostro Presidente della Giunta nelle dichiarazioni a "Stampa sera", edizione del mattino: "Bilancio dopo un anno di Presidenza", diceva tra l'altro, a proposito di lavoro: "stiamo spendendo 100 miliardi l'anno per la formazione professionale. L'80% di coloro che escono dalle nostre scuole trova il posto di lavoro. Il problema è quello di riuscire a riqualificare tutti i 170 mila disoccupati" e qui chiudo le virgolette per Viglione.
L'Assessore regionale Tapparo, invece, nella prima seduta di Commissione in cui ci illustrò il piano di formazione professionale 1984/1987 con allegato regolamento e tabelle, ci disse papale, papale "non si hanno purtroppo i dati sull'occupazione post corsi". E qui chiudo le virgolette per Tapparo. Poiché De Michelis, Viglione e Tapparo sono della stessa area li inviterei a mettersi d'accordo su una questione così delicata e che mangia tanti soldi qual è la formazione professionale e sarei grato all'amico Presidente Viglione se, in sede di replica, per soddisfare una mia curiosità, volesse dirmi, anche per sommi capi, come si arriva a spendere in materia cento miliardi l'anno. Infatti nei tabulati di Tapparo appaiono ammontari meno consistenti.
Certo che è mancato un riferimento, seppure sommario, nella relazione al piano pluriennale circa gli sbocchi occupazionali, data la finalizzazione precipua di molti corsi che sosteniamo, non è il modo quello di fare la programmazione corretta così come la legge regionale n. 8/1980 ci indica.
C'è un'altra obiezione che vorrei permettermi, anche se non è di sostanza. Vien detto nella relazione che, con il piano della formazione professionale, la Regione coordina e determina gli indirizzi nel contesto più generale del Piano generale di sviluppo. Come è accaduto per altre leggi recentemente discusse, e forse per altre ancora, noi non coordineremo granché perché il piano è sì presente in noi, ma non è ancora approvato e chissà quando lo sarà; lo approveremo forse quando sarà in scadenza infatti scade nel 1985.
Per quanto attiene alla formazione professionale, chi ha voluto leggere i contenuti del Piano di sviluppo avrà notato che a pagina 288 dell'ultima edizione offertaci, si parla di poli di specializzazione, mentre nella relazione della Giunta i poli sono spariti, insieme all'art. 5 del Regolamento che vi è allegato.
Io, in linea di massima, non ero pregiudizialmente avverso al problema dei poli che risultano essere realtà zonali di alta qualificazione tecnologica e ove si formano speciali qualificazioni.
A ben guardare gli esiti della consultazione su questo specifico problema, mi pare che i consultati in larghissima parte non fossero avversi, senonché li avrebbero voluti più geograficamente diffusi e ci avrebbe voluto significare un costo eccessivo.
L'abbandono dell'idea, bene esplicitata nella relazione ipotizzante una serie di poli di specializzazione, correlati a progetti e politiche di settore che andavano dall'informatica industriale e gestionale, alla robotica, all'automazione, dal tessile alla grafica, dalla energia alla forestazione, al marketing, all'esportazione (settore importantissimo badate bene), ecc, ecc., è così caduta forse vittima di un illustre consultato che indicava in termini produttivi e territoriali sono due realtà polarizzabili, e cioè il tessile biellese e la Formont.
Tuttavia personalmente, Assessore Tapparo, non metterei una pietra tombale su questo progetto. Si tratta di connotare meglio i propositi progettuali che vengono timidamente (se mi permettete il termine) disegnati in breve a pag. 13 della relazione nel paragrafo che sostituisce i poli di specializzazione.
Sarebbe un modo efficace di sapere dominare le realtà nuove che si affacciano trasformando la formazione professionale da mero supporto della scuola alla finalizzazione di governo del mercato di lavoro e alla ripresa dell'economia e della produzione.
Sono ancora d'accordo con Tapparo quando afferma che il piano di formazione professionale per taluni aspetti opera scelte transitorie che dovranno sintonizzarsi con l'evolversi della legislazione nazionale prima e di quella regionale dopo in materia di istruzione e di lavoro.
Il piano De Michelis di prossima pubblicazione sarà un grosso elemento di riferimento. Le lamentazioni venute fuori da più parti sul modo di privilegiare la fascia formativa del cosiddetto secondo livello, in assenza e nel ritardo della riforma della scuola secondaria superiore, hanno certamente un fondamento.
Il dottor Schinferni della Confindustria rispondeva ieri sera in TV ad alcuni suoi interlocutori che, a fronte di una legislazione che sperpera e assiste male i disoccupati, è meglio erogare loro una cifra di 320.000 lire al mese (e non ho inteso come l'abbia calcolata) perché imparino un mestiere.
Quindi, trovandoci per molti effetti in una fase transitoria, un ridimensionamento brusco e generalizzato della prima fascia, potrebbe in assenza di metodi e di criteri procurarci amare riflessioni.
A tale fine, negli interventi, pur aumentando il peso del secondo livello, occorrerà non penalizzare il primo che non deve essere di serie B e va così riqualificato.
Alla luce di queste considerazioni il piano non delimita sufficientemente la gestione del periodo di transizione tra la presente situazione e quella che si determinerà allorché sarà attuata la riforma della secondaria superiore.
Il problema della docenza appare sufficientemente delineato per conseguire una impostazione organizzativa della docenza differente dall'attuale in modo che il corpo insegnante si aggiorni e acquisisca nuove capacità progettuali per essere in linea con il rinnovamento tecnologico in atto nel Paese.
I nodi del problema (come osservava ancora l'Assessore Tapparo in Commissione) sono molti, vanno dall'inquadramento del personale docente, in parte comunale, in parte regionale, ed ancora di estrazione diversa. Il corpo docente inoltre, come dicevo poc'anzi, è ancora ancorato a tecnologie ormai desuete.
Infine, il problema della delega, che è un aspetto importante del futuro sistema formativo. E' un problema da risolversi urgentemente in quanto l'attuale delega di funzione amministrativa ai Comuni e loro consorzi regolata dall'art. 12 della legge 8 del 1980, diventa ora improponibile, perché questi soggetti sono risultati carenti nel risultato e, per la burocratizzazione dei loro apparati ci fanno spendere di più.
Così, per evitare degradi in alcune aree, la delega delle funzioni gestionali alle Province, che appaiono sufficientemente strutturate e territorialmente presenti, appare logica ed opportuna.
Tuttavia non siamo d'accordo che la delega a Torino venga ancora accordata al Comune al posto della Provincia perché la Provincia di Torino che è sempre stata bene diretta (in questi ultimi due quinquenni ha avuto due Presidenti socialisti, il nostro collega Salvetti, oggi Maccari, quindi può benissimo come le altre Province ricevere la delega e non affidarla ancora al Comune di Torino in attesa della provincia metropolitana che è ancora al di là da venire.
Occorrerà modificare la legge n. 8, all'art. 8 e ciò dovrà avvenire almeno entro il corrente anno. Mentre si andrà a questa modifica occorrerà tener conto anche del rilievo messo in evidenza nella consultazione della Federazione delle associazioni industriali tendente a modificare alcune procedure, infatti alcuni meccanismi della legge ostacolano oltremodo il pronto recupero dei finanziamenti del Fondo sociale europeo a favore delle aziende che hanno erogato anticipazioni tenendo conto che i corsi di formazione professionale gestiti dalle aziende con il contributo del Fondo sociale europeo rappresenta un terzo del totale degli interventi nel settore, settori che sono finalizzati principalmente all'inserimento dei giovani nelle aziende e alla riqualificazione di personale già dipendente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel documento base del seminario nazionale di studio dei Centri di formazione professionale di ispirazione cristiana, tenutosi a Frascati all'inizio di quest'anno, si è rimarcata la sottovalutazione politica che del servizio di formazione danno anche le pubbliche istituzioni coinvolte in questo problema che è attuale e che determina prospettive basilari, con responsabilità di programmazione e finanziamento. Alcuni rapidi accenni: di ogni leva generazionale all'uscita della III media meno del 10 per cento dei soggetti entra nella formazione professionale di base la popolazione adulta (occupati, disoccupati e cassintegrati) frequentanti la formazione professionale rappresenta un quarto dei complessivi allievi iscritti ai corsi, pur con diversificazioni geografiche la spesa pubblica di formazione professionale rappresenta oggi il 2 per cento dei consumi collettivi e lo 0,38 per cento del reddito nazionale.
Non è necessario continuare l'elenco.
Tale sottovalutazione politica impedisce di individuare le potenzialità e le capacità intrinseche al sistema di formazione professionale nell'apportare un prezioso contributo di soluzione ad almeno tre gravi problemi che vi sono nella società italiana di oggi: 1) la disoccupazione giovanile (aumento quantitativo e cambiamento qualitativo; calo occupazionale sotto i 30 anni, crescita dell'incidenza dei giovani sul totale delle persone in cerca di occupazione, ecc.) 2) le ristrutturazioni aziendali che comportano necessità di riqualificazioni professionali (aumento delle ore autorizzate della c.i.g.
di ordinaria amministrazione; aumento per i lavoratori dipendenti dell'industria e per i lavoratori agricoli, ecc.) 3) l'emergere di nuove professioni specialmente nel settore terziario e nei settori a produttività differita (beni culturali, difesa del suolo, impegni ecologici, ecc.).
Gli obiettivi che la formazione professionale persegue, in modo provocatorio, e cioè realizzazione effettiva del diritto al lavoro crescita della personalità dei lavoratori, politica attiva del lavoro hanno nervatura e sangue in una fase storica in cui la disoccupazione aumenta, la professionalità dei lavoratori sembra richiedere una automatizzazione di capacità tecnico-operative superiori; la mobilità delle forza lavoro avviene fuori dei canali istituzionali di controllo ed orientamento del mercato del lavoro. Le persone svantaggiate ed handicappate hanno bisogno di trovare nelle attività di formazione professionale non tanto uno strumento di acquisizione di professionalità ma di autonomia sociale ed economica, ricercata con sacrificio e raggiunta attraverso l'inserimento nella società. Quest' ultimo aspetto in particolare è un messaggio universale che ribalta i valori assoluti di produttività economica a favore invece dei valori della produttività sociale, della partecipazione, della valorizzazione delle risorse umane con le loro nascoste potenzialità.
Da queste considerazioni preliminari che accompagnano in parte, pur se non pedissequamente, alcuni spunti della relazione che precede il regolamento del piano pluriennale della formazione permanente 84/87, ex art. 7 della legge regionale 8/80, desidero subito staccarmi per una pregiudiziale che ha motivazioni ben precise e che mi auguro vengano valutate se ancora vogliamo ritenere valido il lavoro nostro e di coloro che su questi banchi ci hanno preceduti.
Siamo ormai a quattro anni e cinque mesi dai dettati di una legge della nostra Regione, nata qui. Occorre finalmente ubbidire - è ora - se non altro per non porci come esempio tutt'altro che luminoso per i nostri corregionali, ai quali chiediamo l'ossequio delle leggi.
Ma si tratta di ubbidienza? Leggiamo l'art. 7 della 8/80 e vediamo subito l'inadempienza che ritengo possa invalidare l'approvazione del documento presentato dalla Giunta. Quanto ci viene proposto infatti è un terreno di discussione anche sollecitante, ma non è certo quello che dice la delibera di Giunta: un piano pluriennale. Si cita l'art. 7. Dov'è il corredo della documentazione che impone la legge? Ci troviamo di fronte alla dichiarazione di una filosofia, a tratti pragmatica ma per lo più sintetizzabile in una lettera d'intenti, che parte da una osservazione in superficie e teorizzante della realtà dinamica della formazione professionale e che chiude con delle tabelle riassuntive, nelle quali si riscontra una semplice operazione aritmetica di moltiplicazione per tre di un piano annuale.
Domanda: è corretta questa procedura? Nel negarlo non ci soccorre soltanto l'inesistenza dei documenti richiesti dall'art. 7 ma anche la contestualità statuita dall'art. 6 là dove parla di rapporto col piano di sviluppo (malignità vuole che ci si chieda quale dei due piani ha atteso fino ad ora l'altro) e con le procedure di cui alla L.R. 43/77, con l'aggiunta di riferimenti inerenti alla legislazione vigente.
O siamo di fronte a uno schema e quindi a prospettive e non a precise formule operative, essendo queste corredate dai supporti voluti dalla legge? Né ci si risponda che come documentazione di legge si possano intendere le 17 pagine di relazione che accompagnano il regolamento del piano.
Sono in questa mia convinzione suffragato a piene lettere dal documento presentato dalla Federazione regionale del Piemonte, Cgil, Cisl, Uil affiancata dalla Cgil, Cisl, Uil-Scuola, settore formazione professionale non certo entusiasta del piano.
La federazione unitaria difatti si rifà all'accordo Regione Piemonte organizzazioni sindacali del settembre 1982 (i tempi come si vede sono sempre piuttosto lunghi), il quale stabiliva che "la formazione professionale ed i relativi piani di intervento costituiscono oggetto di contrattazione tra l'Ente pubblico ed il sindacato. E' quindi necessario ristabilire immediatamente su questo terreno con la Giunta regionale, un momento di contrattazione sul ruolo della formazione professionale, linee di tendenza, prospettive della stessa, contenuti del piano pluriennale che superi l'attuale fase di consultazione. Le linee che esponiamo costituiscono un contributo ai lavori della Commissione consiliare, ma non sostituiscono la trattativa che deve contestualmente iniziare con la Giunta su un terreno centrale come la F.P. per i riflessi che essa ha sul mondo del lavoro e sugli interventi di politica attiva del lavoro".
E' questa una pregiudiziale che chiedo venga valutata in tutta la sua pregnanza, quale le deriva da leggi nostre. Signori Consiglieri è possibile, è lecito, è corretto, al limite è morale, superare senza risposte questa impasse? E non è solo una questione formale. Ciò che la legge chiede è sostanziale per varare un piano. In mancanza di quanto richiesto, non esiste piano, tanto è vero che nel primo anno di questa legislatura ci era stata consegnata una parte della documentazione voluta dal legislatore.
Quella parte è desueta ormai, l'adeguamento e il completamento non ci sono stati. Rileggiamo il citato art. 7 richiamato nella delibera di Giunta.
Desidero tuttavia, lasciando aperta la pregiudiziale, aggiungere alcune considerazioni sul piano pluriennale. Che il giudizio sulla prima stesura del piano pluriennale non fosse osannante l'ha chiaramente rilevato tutta la consultazione fatta: basta leggere i documenti pervenuti dagli Enti e dalle organizzazioni e non c'è bisogno di ricercare fra le righe interpretazioni recondite.
La stesura che ci viene oggi presentata e che costituisce l'oggetto del nostro dibattito, ha una forma certamente più edulcorata, più controllata ma i concetti di fondo permangono inalterati.
Le variazioni apportare anche di conseguenza delle numerose osservazioni critiche e aiutate da nostre posizioni nei lavori di commissione, sono più apparenti che di sostanza (tranne forse in un punto): lasciano comunque numerose e vistose contraddizioni che stanno a dimostrare la volontà di perseguire più o meno gli stessi obiettivi.
L'unico punto, a mio avviso, che è stato riveduto e corretto, almeno nella formulazione, è quello riguardante la questione dei "poli".
Non credo sia solo una questione nominalistica, specie se ricordo l'affermazione delle organizzazioni sindacali: "La rinnovazione della formazione permanente si lega ad una strategia complessiva che si ponga due grandi obiettivi e che si muova sul terreno della contrattazione tra Regione e sindacato per raggiungerli e cioè: 1) fare entrare l'attuale formazione permanente a programmazione regionale (diretta ed indiretta) in questi campi con un ruolo attivo: tale settore deve essere quindi protagonista dei processi che comunque sono già in atto, altrimenti il rischio è la sua progressiva emarginazione 2) operare per l'unitarietà del sistema formativo al fine di evitare una separatezza ed una frattura fra iniziative avanzate e la formazione professionale consolidati di cui al punto 1) (separatezza che pare destinata ad accentuarsi con l'ipotesi regionale dei "poli"); ciò significa fin da oggi intrecciare nei corsi di formazione professionale in tutti i territori le iniziative formative sui vari livelli".
Ma credo che ancora maggiori e più numerose esitazioni siano sorte nell'Assessore considerando che la ramificazione stellare dei poli, sotto poli, quasi poli (ad esempio per operatori lapidei) avrebbe variegato la nostra Regione (abbiamo preso nota che un Comprensorio ne esigeva almeno tre).
Il giudizio di fondo su questo piano, inoltre, non può essere positivo nei riguardi dell'articolazione delle attività umane, evidenziando a tale scopo l'unico accenno all'agricoltura, all'artigianato ed al commercio che si riscontra alla lettera f) dell'art. 1 del regolamento. E' pur vero che tali settori possono essere compresi in altre tipologie di attività formative, ma non soccorre molto questa speranza. Quando si passa alla consultazione delle tabelle riassuntive si incontra per i corsi di tipo f) (l'agricoltura, l'artigianato, il commercio ed altre professioni) un ammontare di 4 miliardi e 400 milioni su 87 miliardi e 100 milioni (circa 13 miliardi meno di quanto sbandierato in cifra tonda).
L'accezione del carattere surrogatorio dell'attività formativa (anche se in certi casi ciò può essere vero e allora con spregiudicatezza ed eventuale autocritica occorre intervenire) non è generosa nei confronti di tante realtà, in quanto la formazione professionale ha generalmente svolto un ruolo preciso di dialogo con il processo produttivo e quindi con il mondo del lavoro nel suo complesso, non venendo mai meno alle sue precise finalità e cioè quelle di dare sbocchi lavorativi, in particolare ai giovani che in mancanza di una precisa qualificazione non avevano la possibilità di inserirsi nel lavoro.
Ora si continua a parlare di formazione ricorrente, dato vero e impegnativo se si pone mente ai continui mutamenti tecnologici e scientifici ed anche "soltanto" organizzativi del processo produttivo, ma c'è da chiedersi su quale tipo di formazione ricorrente ci si possa fondare se venisse meno uno spessore ben solido di formazione di base.
Si insiste forse eccessivamente oggi, ed in un piano dalla proiezione triennale, a formulare ipotesi concrete di ampliamento della formazione di II livello, specie quella post diploma, di cui non si conoscono gli esiti ed i relativi sbocchi, se non in circostanze ben delineate e delineabili: c'è il pericolo o dell'utopia o della moda.
Intanto si taglia: e può essere che qualche realtà lo giustifichi.
Ricordo alcune impressioni non esaltanti avute nella visita che all'inizio della legislatura abbiamo fatto presso alcuni centri: si taglia la formazione di base, specialmente quella post-qualifica, la quale risponde con estrema validità alle richieste del mercato del lavoro. Le aziende continuano a sollecitare personale di questo tipo, in quanto non solo risponde alle loro esigenze di ciclo produttivo, ma, in funzione del tipo di formazione ricevuta, constatano che i giovani dipendenti sono in grado di aumentare autonomamente, anche se gradualmente, la loro professionalità raggiungendo gradi di responsabilità lavorativa e progettuale, che non sempre è in grado di assicurare un diplomato. Ne fa fede l'assorbimento nel mondo del lavoro dei giovani qualificati di alcuni centri che raggiungono il 50 per cento nei primi tre mesi post diploma e sfiora il 100 per cento dopo sei mesi.
La duttilità che ancora è necessaria nella preparazione al lavoro viene sottolineata dalla constatazione che nasce da non poche indagini specialistiche specie in USA, ma anche nel nostro Occidente. Aumenta sempre più il numero dei giovani che aspirano a "compiere più percorsi lavorativi nell'arco della loro vita di lavoro".
E' giusto inoltre essere chiari, molto chiari, nell'interesse preminente dei giovani che desiderano una specializzazione, là dove si afferma che le imprese non solo devono certificare di voler procedere all'assunzione nominativa degli allievi, ma di avere "sicura volontà di farlo". Questo, a mio avviso, potrebbe essere una imposizione, persino pericolosa se venisse giocata in modo punitivo nei confronti dell'impresa se per caso, essendosi modificato lo scenario economico o il mercato del prodotto, non potessero ottemperare a quanto sottoscritto, senza evidentemente che possa sorgere l'alibi per imprenditori meno seri.
Un versante, che attiene più alla realizzazione che al pronunciamento è quello del pluralismo, continuamente asseverato, ma che difficilmente pu essere correlato a iniziative pubbliche con rilevanti investimenti finanziari, che creano nuovi centri (vedi oggi Collegno, vedi Vercelli nel passato), quando già sullo stesso territorio esistono realtà operanti da anni con notevole impegno e con ragguardevoli risultati raggiunti.
Mi permetto, Assessore, a questo punto di ricordare e di chiedere delucidazioni sulla estemporanea partenza a razzo del Comune di Settimo con una originale interpretazione delle deleghe ai Comuni, da parte della Regione considerata operante, proprio in un momento in cui si presenta nel piano una diversa forma di delega (sarebbe interessante vedere la convenzione). Il Comune inoltre, mi si conceda la parentesi, ha già dichiarato, con chiara preveggenza, come già avvenuta, l'approvazione del piano pluriennale che stiamo discutendo. In riferimento alle deleghe ritengo intervenga la collega Bergoglio. Io mi limito a salutare con soddisfazione la resipiscenza della maggioranza che propone all'art. 6 del regolamento la predisposizione di un disegno di legge di modifica e di integrazione degli artt. 12 e 13 della L.R. 8/80. Qualche volta allora anche l'opposizione dice cose sagge, e non è certo solo un appagato indulgere alla vanagloria del "noir l'avevamo detto". Mettiamo questo caso di pubblica confessione insieme al collegamento col Frejus, alla legge urbanistica, alla legge 20 sull'assistenza e speriamo in un futuro migliore. Sperando anche in maggiori risorse! E' questo un argomento invece che non concede scherzi e battute. La tabella A e la tabella C mettono alla nostra attenzione un volume di risorse sul quale si potrebbero intrecciare forse anche considerazioni ottimistiche, ma la cui consistenza non ha soddisfatto coloro che vennero alle consultazioni. Il discorso è veramente serio e riteniamo che si debbano compiere tutti gli sforzi idonei a trovare un contemperamento fra le possibilità ed i fabbisogni. Non si possono tuttavia dimenticare episodi giudiziari che toccarono altrove questo settore. Proprio perché non valga in questo Piemonte il vecchio adagio che "tutto il mondo è Paese", sarebbe molto bello se vi fosse maggiore perspicuità in tutta la gran massa di realizzazioni le più impegnate e le più varie; se i Consiglieri regionali (e quelli comunali, là dove il centro è gestito dal Comune) avessero agio di esaminare preventivi e consuntivi, missioni di dipendenti, distacchi consulenze, indagini, ricerche, materiali di consumo, attrezzature assunzioni di docenti, non docenti, esperti, ecc. Se non si riscontrassero a volte esagerazioni organizzative (es. docenti che percorrono 150 km, tra andata e ritorno per formare 2 persone: probabilmente costerebbe meno far viaggiare 10/15 docenti e si avrebbe una maggiore formazione); se certe richieste accolte non fossero eccessive (es. docenti che al bene della formazione aggiungono un complesso di 440.000 lire alla settimana per 40 ore di apprendimento - speriamo non nominali) più una tranche per vitto ed alloggio.
In sostanza io credo che ci sia spazio per una amministrazione oculata della formazione professionale senza grettezze ma rifuggendo da quelle posizioni assistenziali (escogitate anche con eleganza) che tutti deploriamo.
Ultimo argomento: il personale. Credo che presenteremo un ordine del giorno con la certezza che tutte le parti politiche del Consiglio vorranno associarsi per assumere l'impegno di giungere entro l'anno ad una soluzione del problema.
Ho terminato, ma ho lasciato in sospeso una domanda: la ripropongo: così come è stata presentata la deliberazione per l'approvazione del piano costituito dai documenti allegati alla presente deliberazione per farne parte integrante, considerato che l'art. 6 e 7 della L.R. 8/80 impone una documentazione non certo soddisfatta dalle tavole riassuntive, è possibile che venga posta in votazione? La risposta ritengo, oltre che sincera, debba essere politicamente credibile, non solo da noi ma da tutto il mondo che vive e lavora nella formazione professionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Credo che spetterà alla Giunta dare una risposta e credo che la Giunta abbia anche la documentazione valida per una risposta che dia soddisfazione.
Devo soprattutto dire che pochi atti della Giunta regionale hanno avuto una gestazione così lunga e così immediata come questo piano pluriennale della formazione professionale 1984/1987.
Esso non è soltanto l'adempimento formale di quanto stabilito dagli artt. 6 e 7 della legge regionale n. 8, ma l'atto con cui si concretizza un lungo cammino di ricerche, confronti fra la Regione e le varie parti sociali, sindacati, imprenditori, enti territoriali, approfondimenti sulle esperienze compiute, sui risultati positivi e negativi ottenuti in passato e che ha visto su questo problema (penso lo si possa affermare come un dato di base) una maturazione complessiva di tutte le forze politiche e sociali.
Sono ormai lontani i tempi in cui si inserivano nell'ambito della formazione agricola i corsi di uncinetto e si trovava qualcuno disposto a difenderli.
In tutti questi anni (la mia esperienza risale al 1975/1976) si è fatto pulizia, si è costruito un apparato attento ai problemi ed alle dinamiche nuove, si è cercato di leggere la realtà, di comprenderla e quindi di voltare pagina, e non poteva e non può essere diversamente di fronte ad alcuni fatti che si impongono con evidenza: la contraddizione interna di una formazione professionale che non sempre dà professionalità, i continui mutamenti e innovazioni nel mondo del lavoro in tutti i suoi settori, che rendono rapidamente obsolete le tecniche apprese, la necessità di legare sempre più strettamente formazione e politica produttiva con metodi e formule innovative, di fronte alla constatazione di un impegno di risorse umane e materiali notevoli e di una irrilevante incidenza sul mercato del lavoro.
Il Consiglio regionale, dopo aver formulato nella passata legislatura la legge sulla formazione professionale, è stato più volte chiamato a confrontarsi sui problemi ad essa connessi : nel maggio 1982 ad approfondire e discutere lo schema di relazione dell'Assessore Ferrero e la grande massa di materiali preparatori per il piano pluriennale, elaborati in una prospettiva, già chiaramente individuata, di perseguire attraverso la formazione professionale una politica attiva del lavoro, materiali in cui si possono ritrovare le premesse metodologiche e di contenuto dei successivi indirizzi e degli interventi regionali: il piano annuale 1983 e lo stesso piano pluriennale oggi in discussione nel settembre 1983 il piano annuale di formazione, in cui si ribadiva da parte dell'Assessore Tapparo, la volontà di qualificare il settore e di tendere a una maggiore professionalità degli addetti e, di fronte anche ad uno squilibrio rilevante tra richieste e possibilità di finanziamenti, la necessità di far procedere insieme tagli e riqualificazioni nell'aprile, maggio e giugno del 1984 in Commissione la presentazione del piano pluriennale di formazione professionale la cui consultazione con gli organismi interessati è stata un momento di particolare interesse.
Il fatto che la relazione che accompagna il regolamento e che ne contiene i criteri informatori dichiarati apertamente, di "riflettere un quadro di problemi irrisolti e di presentare ipotesi da sottoporre al confronto delle parti ed alla verifica dei fatti e di operare quindi scelte con carattere transitorio da modificarsi ed integrarsi con l'evolversi della legislazione nazionale e regionale, specie in materia di istruzione e lavoro", mentre da una parte ha facilitato il confronto per la dimostrata colpevolezza di star lavorando in un ambito di incertezze che elimina ogni presunzione di assolutezza, d'altra parte lo ha reso possibile proprio perché pur in uno sfondo di indeterminatezze, la Giunta non si è sottratta al suo compito fondamentale, che è quello di operare scelte indicando linee e prospettive di lavoro.
E non era semplice in un quadro di questo tipo. La mancata riforma della Scuola media secondaria e del collocamento, il problema mai risolto dell'apprendistato sono nodi che da decenni attendono una soluzione. La confusione giuridico-amministrativa, lo spreco di capacità intellettuali la perdita di valori fondamentali per la società, come la manualità intesa nella sua dimensione storica più vera: prima manifestazione culturale dell'uomo, modo di piegare la natura con la riflessione, costituiscono ormai da tempo, elementi di sempre rinnovate polemiche e di sempre più giustificate recriminazioni. Ma sui danni in particolare della mancata revisione della scuola secondaria, o meglio sui pericoli connessi alle ipotesi avanzate dal Governo in rapporto all'interconnessione con le Regioni per il settore della formazione professionale, mi sono già soffermata a lungo in occasione del precedente dibattito, nel 1982, e ad esso rimando. Da allora non è cambiato nulla, si sono soltanto allungati i tempi e diluite le polemiche di fronte a continui rinvii.
Non si può neanche polemizzare contro il nulla. E lo stesso direi sul collocamento ed altre inadempienze, come le definizioni delle fasce professionali. E tuttavia le scelte sono state fatte. Questo piano pluriennale presenta alcuni elementi positivi che non si possono non condividere e che è bene sottolineare.
1) E' innanzitutto un documento di programmazione di ampio respiro e su questo ne è venuto un riconoscimento unanime con indicazioni di tendenze con puntualizzazioni e finalizzazioni.
2) Vi è uno sforzo di leggere la realtà economica e sociale della Regione, cosa non facile in un momento come questo che viviamo e che vede coesistere momenti contradditori e l'emergere del nuovo, del terziario superiore, di punte avanzate e il persistere dell'antico.
3) Si dichiara con forza la necessità di legare la formazione professionale con il mondo del lavoro.
4) Si afferma la volontà di mantenere e qualificare la presenza pubblica.
5) Appare chiaro il suo legame con il Piano di sviluppo in fase di consultazione, anche da un punto di vista metodologico, quando dichiara di voler trasformare un sistema capace di operare per programmi e progetti con sufficiente elasticità rispetto alle esigenze di professionalità espresse dalla economia e dalla società.
6) Pone con particolare rigore l'urgenza dell'aggiornamento continuo del personale docente.
Il confronto in Commissione è stato lungo ed approfondito (vedo adesso non del tutto chiarificante però e di questo me ne dolgo, perché penso che la Commissione sia la sede centrale della discussione) ed ha permesso di chiarire, di precisare, a volte di ridefinire alcune posizioni, almeno da parte della Giunta. Così la decisione di favorire tendenzialmente e di dare maggiore peso al secondo livello, che è la conseguenza logica di una analisi che vede la formazione professionale legata al settore produttivo e non in funzione di pura assistenza e che voglia legittimare la presenza della dimensione pubblica nei settori avanzati della tecnologia in una posizione non subalterna agli apparati economici, ma di compresenza, di compartecipazione, di stimolo ai processi innovativi, si è confrontata con un'altra considerazione: le carenze di preparazione della scuola dell'obbligo e della secondaria unite ad uno smarrimento del valore sociale della scuola media unica e ad una ripresa dell'atteggiamento selettivo senza un adeguato sostegno per i più deboli, perpetuano e ripropongono fenomeni di emarginazione che riversano la loro carica negativa anche nella formazione professionale.
I corsi di primo livello diventano spesso scuola parallela, costretta a supplire alla mancanza di strumenti culturali di base.
Mi chiedo se è possibile non tener conto di queste fasce di popolazione scolastica che sono le più deboli, le meno protette. E' giusto che sia proprio l'Ente pubblico che le abbandoni in una situazione di rischio quale la nostra società così disgregata, presenta? Certamente le contraddizioni interne a situazioni mai risolte si accentuano e rischiano di paralizzare ogni tentativo di azione anche se positiva e razionale.
Penso che aver evitato l'esasperazione delle singole posizioni abbia consentito di raggiungere una situazione capace di equilibrare esigenze opposte ed entrambe legittime, impostando un processo graduale che tenendo conto dell'esistente, si muova su linee di tendenza più qualificanti. Pu evidenziarsi un rischio. Per impostare momenti di alta qualificazione occorrono investimenti finanziari notevoli. La Giunta tenga presente che senza adeguati sostegni, il pericolo di aver fatto semplici enunciazioni sia pur valide, è reale.
Altri punti meritano di essere ricordati. La discussione sui poli proposti come centri di alta specializzazione, di innovazione tecnologica di riqualificazione per docenti, di diffusione di conoscenze. Se questa era ed è la loro funzione, se non esiste il pericolo di una distinzione tra centri di serie A e di serie B, l'escamotage di eliminare il termine ma non la sostanza, per evitare ulteriori discussioni, non ha ragione d'essere. Se il contenuto dell'operazione è valido, e così può essere, in una logica di educazione permanente, lo si precisi, indicando realtà territoriali ben individuate, metodologie ben definite.
Ancora, il problema della delega. Di fronte alla proposta di delegare la Provincia che pure ha una sua giustificazione, sono affiorate preoccupazioni che secondo noi non devono essere trascurate e che l'Assessore ha già in parte recepite.
La Regione non può abdicare al suo compito di programmazione, le Province non possono lavorare dimenticando i Comprensori che attraverso gli schemi di piano territoriale hanno già elaborato proposte concrete ed i Comuni, soprattutto quelli che hanno già realizzato esperienze interessanti e hanno dimostrato elevata capacità di gestione.
A quanto è risultato dalla consultazione, non interessa più la delega come attribuzione di competenze fini a se stesse, ma la delega è accettata solo se vista come strumento per una funzionalità diversa del sistema.
Credo che ci si voglia e ci si debba verificare più sui fini, sui fatti sui contenuti effettivi, sulle esperienze realizzate. E questa è una dimostrazione di maturità che gli enti locali hanno dato e di cui dobbiamo tener conto.
Vi è un ultimo problema, che vorrei accennare richiamando il rischio sottolineato dalle organizzazioni sindacali, che i dati forniti non siano correlati ad una lettura di tendenze su quanto avverrà nel mondo del lavoro, per sottolineare la necessità di potenziare il ruolo dell'osservatorio sul mercato del lavoro e del costituendo sistema informativo dei processi economici, essenziali in una società in continuo mutamento.
Credo che il lavoro portato avanti dall'Assessore e da tutto l'Assessorato sia stato fatto con serietà, sensibilità verso i problemi e disponibilità a confrontarsi sui contenuti.
Una prima importante verifica sarà il piano annuale di formazione professionale che vede già porsi come momento di attuazione del piano pluriennale.
Lo aspettiamo in Commissione al più presto.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Questa discussione è di grande importanza perché la formazione professionale è il principale strumento in mano alla Regione per intervenire realmente nella politica del lavoro e per fare politica attiva del lavoro.
Non c'è dubbio allora che le scelte che si fanno sono di grande importanza di fronte al rapido mutamento dell'apparato produttivo e dell'organizzazione del lavoro, con l'introduzione delle nuove tecnologie che configurano il mutamento profondo anche delle professionalità dei lavoratori.
Discutere di formazione professionale regionale senza considerare gli intrecci esistenti tra le scelte regionali e le scelte o le non scelte del Governo nazionale è limitativo.
Il piano pluriennale in applicazione della Legge n. 8 non può che essere considerato in modo intrecciato con gli adempimenti della legge 845 che spettano al governo in materia di formazione professionale. Sono trascorsi sei anni dall'approvazione di quella legge e il Governo non ha ancora emanato le fasce di mansioni. E' un fatto estremamente grave che la Regione deve denunciare non essendo nelle condizioni di adempiere ai suoi compiti fino in fondo.
La formazione professionale è strettamente legata alla riforma della scuola secondaria superiore così come il dirottamento di risorse dal primo al secondo livello della formazione professionale è intrecciato con la riforma della scuola secondaria e con i suoi contenuti didattici per la preparazione al lavoro.
Uno dei due rami del Parlamento, nella scorsa legislatura, ha approvato una proposta di riforma della scuola secondaria superiore, ma quella proposta non è presa in considerazione dal Governo che intende invece riproporre un nuovo testo con tutto ciò che significa in termini di tempi per l'approvazione.
Esiste un rapporto tra la formazione professionale e la riforma del mercato del lavoro, riforma che ne permetta la programmazione e il controllo pubblico. Purtroppo però la riforma del collocamento non esiste e sta andando avanti attraverso scelte del Governo che tende ad azzerare il ruolo del collocamento, inteso come strumento di controllo pubblico sul mercato del lavoro.
Questa è la filosofia della L. 665 proposta dal Ministro De Michelis: in questo senso vanno i contratti di formazione e lavoro, istituiti con la legge 79 dello scorso anno e riproposti con decreti quest'anno. Cioè sta andando avanti la liberalizzazione pressoché completa del mercato del lavoro, un azzeramento della chiamata numerica con la completa liberalizzazione della chiamata nominativa; in questo senso, attraverso i contratti di formazione lavoro, la formazione professionale è usata come cavallo di Troia per smantellare quelle conquiste di controllo democratico che i lavoratori e le organizzazioni sindacali avevano costruito gli scorsi anni sugli avviamenti al lavoro.
Nel momento in cui si parla di formazione professionale non si può non considerare un altro aspetto che può incidere profondamente sul primo livello di formazione professionale: le non scelte del Governo in materia di apprendistato.
La mancata revisione e il mancato aggiornamento della L. 25 del '55 vanno in senso opposto al recupero del ruolo formativo di questo istituto.
Non c'è dubbio che le scelte o le non scelte del Governo, che ho brevemente richiamato, determinano incertezze e contraddizioni che sono presenti in questo piano, le quali sono anche frutto della indeterminatezza nelle scelte politiche, scelte non sempre condivisibili sul ruolo che si vuole far assumere alla formazione professionale e che delegano al momento gestionale lo scioglimento di alcuni nodi.
Il nostro voto sul piano sarà di astensione per i dubbi e le perplessità che abbiamo e che cercherò di spiegare.
Innanzitutto il piano, secondo la legge n. 8, è uno strumento di attuazione programmata delle scelte di sviluppo che la Regione vuole attuare, non a caso è legato alla conoscenza della realtà sociale ed economica, è legato alle ipotesi di sviluppo regionale che si vuole determinare.
Infatti è accompagnato da analisi, la stima dei fabbisogni di formazione professionale in rapporto alla situazione socio-economica, alle prospettive occupazionali, ai progetti di riconversione e ristrutturazione dei diversi settori della Regione articolati per aree comprensoriali (art.
7 della Legge n. 8); non a caso il piano è legato ad ipotesi di sviluppo a livello di aree e subaree con la definizione ordinata per aree comprensoriali degli obiettivi del piano articolati per settori produttivi tipologie, fasce di mansioni. Perché il piano abbia tali caratteristiche necessita una forte capacità di analisi di conoscenza della realtà, invece c'è incertezza sugli strumenti che permettano di recuperare il ruolo di programmazione nelle scelte. Nel bilancio del 1984 sono stati quasi dimezzati i finanziamenti in materia di scelte sull'osservatorio sul mercato del lavoro.
L'utilizzo di questo strumento invece dovrebbe avere un forte sviluppo e una forte capacità di risposta alle esigenze di conoscenza. Il piano di formazione professionale individua tre livelli: un primo livello il sistema cosiddetto consolidato, per i giovani in possesso della scuola dell'obbligo, finalizzato al primo inserimento nel lavoro; un secondo livello di supporto all'innovazione ed allo sviluppo. Entrambi i livelli coesistenti all'interno del sistema dei Centri, direttamente o indirettamente gestiti e controllati dalla Regione; un terzo livello altamente qualificato, con la partecipazione anche del capitale privato, le cosiddette S.p.A.
Sul primo livello mi sembra di dover dire che nel momento in cui si afferma che gli investimenti debbono essere finalizzati alla formazione professionale per l'impiego, nascono perplessità perché le aziende hanno sempre rifiutato categoricamente di impegnarsi a priori nell'assunzione del personale determinando un'impossibilità di definire una formazione professionale finalizzata.
Se questa posizione da parte delle imprese permane, che cosa succede visto che secondo il piano gli investimenti devono essere utilizzati per la formazione finalizzata? Io credo che se anche non finalizzata, la formazione professionale comunque, è uno strumento utile per dare più forza al lavoratore, quindi non si può pensare di limitare la formazione professionale agli aspetti di finalizzazione.
Nel piano si parla esplicitamente di riduzione del primo livello e di dirottamento delle risorse sul secondo livello. Condivido il potenziamento del II livello, ma non ritengo corretto parlare di riduzione del I livello piuttosto si deve fare una scelta di riqualificazione e per questa via di riduzione dei costi del I livello.
Qui emergono dei nodi per sciogliere i quali va fatta una battaglia nei confronti del governo centrale.
Innanzitutto il ruolo dell'apprendistato.
Un discorso di riqualificazione dell'apprendistato si può fare incominciando a sperimentare quell'alternanza tra scuola e lavoro, molto trattata in articoli di stampa, in trattati in materia di formazione, ma che di fatto stenta ad avviarsi.
Chiedo alla Giunta di attuare, a partire dalla prossima apertura dei corsi, il progetto regionale sull'apprendistato che il Consiglio regionale ha votato.
Era un progetto legato ai contratti sull'artigianato e, dal momento che i contratti sono stati firmati va dato un segnale per sostenere una battaglia politica generale di riforma di questo istituto che pu contribuire a ridurre notevolmente i costi del primo livello attraverso l'alternanza scuola-lavoro.
Dobbiamo anche tenere presente che il livello della formazione professionale non può essere finalizzato all'insegnamento dei mestieri, i quali spesso non sono più aderenti alla realtà del mondo produttivo.
Occorre allora una riqualificazione del primo livello attraverso una trasformazione profonda, che possa fornire ai giovani un insegnamento di tipo orizzontale come base per svolgere una gamma di attività diverse e complesse e per accedere ad ulteriori fasi di riqualificazione.
Non è opportuno insegnare al giovane a fare il tornitore se questo mestiere non è più aderente alla realtà, ma è necessario fornirgli una gamma di nozioni che gli permettano di inserirsi in settori diversi e che gli permettano di riqualificarsi in fasi ulteriori. Solo così si pu pensare di ridurre i costi del I livello della formazione professionale.
Il potenziamento del II livello che è enunciato nel piano, non mi sembra adeguatamente accompagnato da scelte coerenti.
Innanzitutto è opportuno riqualificare e formare i formatori naturalmente impegnando notevoli risorse, mentre negli investimenti per gli anni di validità del piano di formazione professionale vediamo che da 1100 milioni per gli anni dell'84/85 si passa ai 1200 degli anni 1986/1987. E' una contraddizione che va verificata.
Il potenziamento del II livello richiede ingenti investimenti in attrezzature e tecnologie avanzate delle quali i Centri sono carenti. Anche in questo campo non si è fatta una scelta adeguata in termini di investimenti, nel senso che si passa dai 7 miliardi degli anni 1984 e 85 ai 6 miliardi dell'86/87 e con un aumento soltanto di 500 milioni (da 4000 a 4500 per i beni mobili).
Si ravvisa una diminuzione consistente di spesa per il I livello, ma non si aumentano, se non in modo marginale, le spese per il II livello.
Questa contraddizione mi fa dire che c'è ancora molta incertezza sulla destinazione delle risorse. Forse la scelta di fondo è quella di ridurre la formazione professionale gestita o controllata dalla Regione presso i Centri per dirottare le risorse verso la formazione professionale gestita dalle imprese, dalle società per azioni. Questo significa consegnare alle imprese le scelte politiche in materia di formazione professionale.
Queste sono le preoccupazioni che ci fanno esprimere un voto di astensione.
In ultimo voglio segnalare un'altra esigenza: quella dell'urgente definizione del ruolo unico del personale della formazione professionale più volte sollecitato dai lavoratori, dalle organizzazioni sindacali del settore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Condivido integralmente quanto ha detto la collega Ariotti. Desidero porre due problemi all'attenzione dell'Assessore. All'art. 5 del regolamento si parla della istituzione di un Centro di formazione specializzato nei problemi dell'energia.
Questo obiettivo, indicato come prioritario all'interno del regolamento, non si dice dove dovrebbe essere localizzato.
Voci che circolavano nelle settimane scorse dicevano che l'attuazione di tale obiettivo avrebbe dovuto costituire il baricentro della ristrutturazione del centro di formazione professionale "Giulio Pastore".
Non ho trovato indicazioni di questo genere all'interno del piano anche se al punto 7/2 della relazione, laddove si parla degli investimenti e dei progetti, la riorganizzazione del Centro di formazione professionale "Giulio Pastore" è indicata al terzo punto; essa però non la si ritrova più all'art. 5, per cui rimarrebbe da chiarire dove viene previsto il finanziamento di questo progetto di ristrutturazione e con quali contenuti la ristrutturazione dovrebbe realizzarsi.
La preoccupazione che esprimo è originata anche dal fatto che l'istituzione di un Centro di formazione specializzato nei problemi dell'energia non può non tenere conto di quanto si andrà ad impattare nella nostra Regione, con l'insediamento della centrale elettronucleare, la quale, con un investimento nell'ordine di diverse migliaia di miliardi diventa oggettivamente il referente principale di qualsiasi progetto di formazione professionale in materia di energia.
Propongo quindi di aggiungere all'art. 5 le parole: "da localizzarsi nell'area scelta come sito di insediamento della centrale elettro nucleare", e le aree interessate sono quelle in discussione relativamente alla individuazione del sito.
Tale esigenza è altresì giustificata da considerazioni di natura socio economica e di gestione degli appalti dei lavori, onde rendere competitive le imprese operanti in Piemonte ed evitare la calata dall'esterno di imprese in grado di monopolizzare i lavori di costruzione della centrale.
E' pertanto opportuno avviare nei comprensori di Vercelli, Casale ed Alessandria, che dovrebbero alternativamente essere interessati dall'insediamento della centrale nucleare, una verifica delle professionalità che saranno necessarie per la costruzione della centrale nonché delle ipotesi di lavoro da attivare a questo riguardo nei centri di formazione professionale.
Su questo versante occorrerebbe incominciare immediatamente ad attivare il nostro impegno non aspettando la scelta del sito e l'inizio dei lavori.
E' significativo che, ad esempio, l'Amministrazione provinciale di Alessandria per proprio conto si stia muovendo in questa direzione.
Credo però che l'iniziativa regionale debba riguardare l'insieme delle aree interessate all'insediamento, per non lasciare questa problematica all'improvvisazione o alla buona volontà di qualche ente locale.
L'ultima considerazione la ricavo dall'ordine del giorno presentato dalla D.C. Lo sbocco del disegno di legge n. 287 è subordinato ad alcune condizioni fondamentali che devono trovare una risposta da parte dell'Assessorato e precisamente: l'individuazione del numero degli addetti alla formazione professionale l'inquadramento dei dipendenti ai rispettivi livelli.
In assenza di questa definizione non si può procedere alla determinazione degli oneri finanziari conseguenti e alla conclusione dell'iter procedurale in I Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere signora Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, oggi discutiamo di formazione professionale, uno strumento e un indicatore tra i più sensibili della situazione economica, su di esso si riflettono i beni e i mali della nostra economia.
Traspare dalla stessa relazione dell'Assessore Tapparo la necessità di individuare più precisi riferimenti politici e sociali per dare efficacia alla formazione professionale come a tutte le altre misure, di cui abbiamo pure animatamente discusso in Consiglio, varate sul mercato del lavoro.
Le esperienze più avanzate sul mercato del lavoro vengono ora offerte da paesi come la Repubblica Federale tedesca e i Paesi Bassi che avendo una tradizione di più consolidata dialettica sociale (e questo anche se in Germania discutono sulle 35 ore) stanno operando sulla possibilità di incentivi agli investimenti di quelle imprese che accettino il principio del tempo parziale liberamente scelto. E' una giusta via, ma bisogna stare molto attenti nel tenere ferme le compatibilità necessarie ad impedire che il tempo parziale divenga un boomerang inflazionistico. Ci vuole un grande senso di responsabilità sul versante delle parti sociali ed accurata opera di sorveglianza da parte pubblica per evitare abusi. Come si vede, tutte condizioni che realisticamente rendono più difficoltosa l'introduzione del meccanismo in Italia. Se pensiamo che il 16/17 per cento del totale degli occupati USA ha un lavoro part-time e che tale cifra nella CEE è solo del 12 per cento, abbiamo uno scarto percentuale che investe ben 5 milioni di posti di lavoro. Se solo la metà di questi sdoppiassero in due part-time la loro occupazione, ecco due milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro. Che da soli sarebbero in grado di rispondere al problema dei due nuovi milioni di disoccupati che si dovrebbero oggi aggiungere in due anni ai 12 attuali della CEE. Appare evidente, da questo esempio, che esistono concrete possibilità ma che a base di questi interventi si pongono condizioni che vorrei definire insite nella normale dialettica di un paese democratico e moderno. Ho già affermato in quest'aula che le condizioni piemontesi e l'area torinese in particolare presentano caratteristiche eccezionali per le dimensioni che il fenomeno ristrutturazione e riflessi occupazionali è andato assumendo.
E' una osservazione venuta dalla stessa CEE.
E' evidente inoltre che a lungo periodo noi veniamo garantiti da una più vasta ristrutturazione. La proposta del dottor Pichetto, dell'Unione Industriale di Torino di sconti bancari e creditizi per le industrie che innovano, è significativa dei fermenti e delle necessità del nostro sistema industriale che, oltre chiamarsi Fiat, Olivetti, Riva e Ferrero, si individua in una moltitudine di piccole e medie aziende che stanno ricorrendo all'innovazione consapevoli del declino, della conseguente ulteriore perdita occupazionale a cui corrisponderebbe un non adeguamento.
A queste condizioni di eccezionalità devo corrispondere uguale atteggiamento da parte delle componenti sociali e dei livelli di Governo.
Evidentemente parlo di qualche cosa che si differenzia nettamente dalle scorse politiche e dagli avvenimenti del passato. Oggi parliamo in primis non solo della difesa degli occupati, ma delle figure, una moltitudine ormai marginale, al mercato del lavoro che sono cresciute rapidamente.
Le domande che ci pongono le delegazioni dei disoccupati organizzati cioè quelli che ci chiedono il lavoro, non sono domande ovvie, scontate nell'attuale situazione, ma sono domande che dovrebbero far assumere a tutti, nessuno escluso, un comportamento più critico e responsabile. Dare lavoro ai giovani con la formazione professionale o riqualificare i lavoratori con la formazione professionale ha bisogno di questi presupposti.
L'incontro-scontro con De Michelis avvenuto in quest'aula ha evidenziato molte tappe che dobbiamo ancora percorrere, però ha anche significato che da parte governativa deve esistere una disponibilità a discutere con le parti delle eccezionalità piemontese e torinese. Credo che responsabilmente si comprenda che non sto parlando dei bacini di crisi o di altre misure assistenziali, ma di interventi organici attivi che sono poi l'unica soluzione alla quale dobbiamo arrivare.
In questi giorni ho esaminato, in vista di questo dibattito, le misure adottate nei paesi della CEE nella legislazione per l'occupazione giovanile. L'unico dato significativo è che tutti i Paesi, dopo aver varato una normativa, l'hanno in seguito, coerentemente modificata riuscendo ad incidere sui diversi segmenti del mercato. Non che questi Paesi abbiano oggi una disoccupazione in rapporto a quanto hanno fatto più basso dell'Italia, tuttavia possiedono degli strumenti validi per capire il mercato, hanno degli indicatori precisi e finalizzati, mentre noi ci affidiamo ai grandi aggregati, che sono significativi a livello di magra economia, magari calcolando i sussulti e i mutamenti della formazione professionale, ma non possediamo sufficienti strumenti di analisi.
D'altronde in Italia abbiamo varato la legge 285 e noi avevamo votato contro alle indicazioni di maggioranza parlamentare, legge che è rimasta per poco misura assistenziale e senza seguito.
In Commissione lavoro alla Camera è all'esame il cosiddetto "Progetto De Mita" per l'occupazione giovanile. E' un progetto ancora indefinito per poter esprimere dei giudizi, tuttavia penso che la Regione Piemonte dovrebbe entrare nel merito di questo dibattito, proprio per il motivo che la Regione è particolarmente interessata a tutte queste misure in vista del recupero e dello sviluppo del Piemonte. Speriamo vivamente che il Progetto De Mita non sia integrativo ai 170 mila giovani che il Governo vorrebbe assumere nella pubblica amministrazione. Questa è una misura che si commenta da sé.
La relazione dell'Assessore Tapparo, in linea di massima, segna una positiva tendenza. Vorrei ricordare che abbiamo costantemente votato contro i piani di formazione professionale in questi anni. Permangono tuttora non poche ambiguità che sommariamente cerco di evidenziare.
Una formazione professionale come politica attiva del lavoro "immessa nel ciclo di programmazione regionale" e "ferma restando l'integrazione necessaria ed auspicabile tra i vari livelli dell'amministrazione" non pu come scrive Tapparo, entrare in un pluralismo di gestione che fa parte "della eredità della vecchia formazione professionale", quella contrassegnata cioè dalla logica della spartizione dei centri.
Quanto il richiamo ad una nuova formazione professionale sia necessario, viene individuato nella relazione anche con una autocritica rispetto agli altri dibattiti, il che è indice dello sforzo innovativo che evidentemente si sta tentando di imprimere.
Però dobbiamo metterci finalmente d'accordo su che cosa intendiamo per formazione professionale. Già nell'ultimo dibattito non abbiamo rifiutato il sostegno di politica sociale per certa fascia espulsa e a bassa qualificazione, però non bisogna confondere né mascherare le intenzioni.
Una cosa è la formazione professionale e un'altra l'assistenza. Invitiamo ad imprimere più chiarezza a questi concetti. Sono considerazioni che si possono fare alla luce del sole, ne beneficerà innanzitutto la formazione professionale per la quale ci battiamo e lavoriamo da anni.
Se invece parliamo della formazione professionale come provvedimento di politica economica, proprio perché la formazione professionale è un intervento economico mascherato, in tale chiave va progettato e valutato un itinere e verificato a posteriori. Ne consegue la necessità di introdurre nel piano una griglia di verifica con riferimento all'occupazione effettivamente provocata.
Dobbiamo eliminare totalmente il costante riemergere dei vecchi contenuti scolastici ed assistenziali. Sono distorsioni che dobbiamo correggere.
Un'altra questione che abbiamo a suo tempo posto in risalto è il rapporto con lo Stato. In questo devo correggere la relazione di Giunta perché la Commissione per la pubblica istruzione ha ripreso a discutere sul progetto del ciclo breve. La istituzione dei ciclo breve è un minimo di intervento dello Stato in chiave propedeutica all'intervento regionale previsto, tra l'altro, dall'attuale accordo di maggioranza sulla riforma che attenuerebbe tale carattere e consentirebbe di superare il carattere parallelo. D'altronde questo è sempre stato uno degli impegni del P.R.I.
lo ricordavo sulla prima relazione dell'Assessore Ferrero sul piano di formazione professionale nel 1980 e 1981, proprio per evitare e controbattere le tendenze esistenti affinché si formi un livello di istruzione regionale parallelo o concorrenziale allo Stato.
Permane il grave problema della definizione delle fasce, il Ministero del lavoro, tutti i Ministeri che si sono succeduti dal 1978 ad oggi, sono gravemente inadempienti rispetto all'art. 12 della 845 che indica di procedere entro due anni alla definizione delle fasce e dei contenuti delle qualifiche.
Decisiva e comunque non sostituibile rimane la scuola di stato per via degli strumenti intellettuali e delle conoscenze impartite. E' una situazione verificabile in Piemonte.
Un discorso a parte merita l'osservatorio sul mercato del lavoro. Il piano di lavoro per il 1984, come indica l'art. 8 della legge istitutiva, è stato predisposto in bozza ma non ancora discusso. Mi risulta, tra l'altro che l'unità flessibile dell'osservatorio del mercato del lavoro è stata smantellata. Vorremmo sapere come l'Assessore potrà acquisire i dati ed attuare il programma senza poter contare sui tecnici necessari.
Le vicende dell'osservatorio del mercato del lavoro mi richiamano al punto principale. Oggi non possediamo né i dati, né gli strumenti necessari per quantificare le risorse.
Concordiamo pienamente sulla politica dei poli, crediamo in proposito e vorremmo avere risposta dall'Assessore - se si ritiene che il settore pubblico possa essere tutto ricompreso nelle voci informatiche e robotica proprio per inserire in modo ottimale i discorsi che abbiamo fatto sul management pubblico non più tardi di una settimana fa.
Un'ultima osservazione riguarda il capitolo della sicurezza. E' necessario tener conto anche della dislocazione degli istituti professionali di Stato e della loro dislocazione sul territorio. Credo che una maggiore attenzione debba essere dedicata al tema delle convenzioni con gli istituti professionali di Stato. In Emilia, in particolare, hanno avviato numerosi accordi proprio nell'ottica che la sopravvivenza degli attuali istituti professionali, sinché la riforma non entrerà del tutto in vigore, consente di non farsi eccessivo carico di tutto questo.
Queste sono alcune osservazioni critiche che formuliamo al presente disegno di legge.
Il nostro voto sarà di astensione che significa apprezzamento per il tentativo avviato dall'Assessore di cambiare registro. Ci è parso nelle intenzioni e nelle dichiarazioni che questo si intende. Ci auguriamo che si possa proseguire e che finalmente queste osservazioni critiche a questo piano, in un futuro possano essere eliminate.
Possiamo votare a favore a dei provvedimenti che sono fondamentali proprio per il recupero tanto necessario di questa Regione e per assicurare ai tanti nostri giovani disoccupati o inoccupati finalmente di aver soddisfatto quel diritto fondamentale che è il diritto al lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

A completamento dell'intervento del collega Villa, desidero soffermarmi ancora su tre aspetti che meritano approfondimento.
Non stupisca i colleghi se il Gruppo D.C. si riserva di esprimere in aula alcune valutazioni che in sede di Commissione non ha interamente sviluppate, non tanto per non voler considerare quella sede come punto di confronto serio, ma perché dobbiamo lamentare che spesso al nostro contributo collaborativo non viene dato il necessario supporto da parte della maggioranza e non vengono accettati suggerimenti che magari si rivelano a posteriori utili e richiedono dei ritorni o degli approfondimenti nel senso da noi a suo tempo indicato. Vorrei ancora affrontare il problema delle deleghe. E' proprio uno di quei punti che, a distanza di quattro anni richiama alcune osservazioni che avevamo fatto allora se è vero che nel regolamento, all'art. 6 laddove si parla delle deleghe molto scarnamente, si fa riferimento alla necessità di sottoporre all'esame del Consiglio un disegno di legge di modifica degli art. 12 e 13 della Legge regionale n. 8 del 1980.
Questo significa che le deleghe date allora ai Comuni e ai Consorzi di Comuni (anche se non sappiamo ancora in che forma) saranno oggetto di modifica.
Noi sosteniamo che il livello provinciale è un momento significativo di sintesi e può essere un centro di attrazione rispetto a questo problema della formazione professionale.
Questa nostra convinzione trova nella relazione che accompagna la proposta di deliberazione, un puntuale riconoscimento ma con il solito tema della extraterritorialità che viene ormai codificata e riconosciuta al Comune di Torino.
Su questo Consiglio regionale deve riflettere con attenzione perch ogni qualvolta ci troviamo di fronte ai problemi che riguardano la Città di Torino, la nostra scelta è quella di non scegliere.
Lo abbiamo fatto quando abbiamo approvato la suddivisione territoriale delle UU.SS.SS.LL., lo abbiamo fatto stamattina per il piano dei mercati.
In dieci anni di amministrazione di sinistra al Comune di Torino dovevano essere capaci di risolvere tutti i problemi, pare invece che non siano stati così perché anche in ordine ai mercati siamo andati a una operazione di stralcio.
Per quanto riguarda la formazione professionale le deleghe subiscono una nuova pesante eccezione per la Provincia di Torino.
Il considerare la Provincia di Torino "subnormale" o meno capace delle altre province ci sembra un atteggiamento, da parte della Regione, non giustificato dai fatti.
Obiettivamente è un atteggiamento di arroganza da parte del Comune di Torino nei confronti del quale la Regione Piemonte ha un atteggiamento di condiscendente passività.
Siccome una serie di Centri sono gestiti dal Comune di Torino, questo problema non si tocca, non si ha il coraggio di disturbare il manovratore.
E' un grande segno di debolezza della Regione Piemonte che non possiamo non sottolineare.
Non vediamo perché la Provincia di Torino debba essere considerata di serie B rispetto alle altre province del Piemonte.
Questa nostra convinzione è condivisa anche da parti non sospette di collateralismo nei nostri confronti, dalle organizzazioni sindacali che hanno presentato una loro memoria in sede di consultazione laddove esprimevano una loro contrarietà alle cosiddette sub-deleghe.
Del resto la Provincia di Torino nella consultazione su questo tema, ha sfumato, per non dire che non si è pronunciata, perché avrebbe instaurato un conflitto tra le maggioranze dello stesso schieramento e colore politico.
L'Assessore alla pubblica istruzione che ha partecipato per conto della Provincia di Torino alla consultazione in assenza dell'Assessore alla formazione professionale, ha parlato della riforma della scuola, ma sul tema della delega, che riguardava in particolare la Provincia e sul quale avremmo gradito sentire una precisa opinione, non ha dato delle indicazioni precise.
L'altro aspetto che vorrei sottolineare è quello dei soggetti handicappati.
Non intendo riferirmi a quelle forme a scavalco tra assistenza e formazione professionale per soggetti solo parzialmente capaci di formazione professionale, problemi di cui certamente bisogna farsi carico così come ha ricordato stamattina la collega Cernetti lamentando il mancato utilizzo di un finanziamento della CEE (queste cose non devono passare sotto silenzio perché la Regione stanzia 4 miliardi per l'assistenza e perde 837 miliardi di finanziamento per non aver predisposto in tempo i progetti relativi. E' un fatto, dal punto di vista politico ed amministrativo molto grave, e che nessuno reagisca a queste considerazioni è preoccupante), quanto invece ai soggetti handicappati, che sono in grado realmente di ricevere una preparazione professionale e che, in relazione alla specificità del loro handicap, possono essere orientati in scuole per acquisire un mestiere.
Qui gli esempi si potrebbero sprecare, partendo dai corsi per centralinisti ciechi, ai corsi per altri soggetti portatori di handicap motorio.
In realtà è scarsissima l'attenzione a questi ragazzi ed alla loro formazione professionale, tanto è vero che il numero dei corsi e il numero dei soggetti portatori di handicap che sono iscritti nei corsi di formazione professionale sono in diminuzione.
L'Assessore ci ha fornito un numero di persone inserite nei corsi che può sembrare significativo, ma in realtà molti di quei corsi sono per soggetti non totalmente in grado di svolgere una vera e propria attività altri soggetti invece hanno un atteggiamento di rifiuto all'iscrizione, una serie di soggetti portatori di handicap di tipo sensoriale e motorio sono perfettamente in grado invece di imparare correttamente un lavoro.
Questo non è stato minimamente affrontato né nella relazione né nel regolamento e ci sembra invece che la Regione debba farsi promotrice di questo intervento non con una visione assistenziale, ma con una visione di concreta solidarietà.
Voglio anche fare riferimento allo spostamento dal I al II livello di formazione professionale.
Concordo con l'Assessore Tapparo che la formazione professionale non può essere lo scarica barile di tutte le scolarità non riuscite. Non c'è dubbio però che molti ragazzi, finita la scuola dell'obbligo, non intendono per varie ragioni, seguire corsi di scuola media superiore, devono quindi essere avviati a corsi di formazione professionale che deve il più possibile essere in grado di assorbire tutte o la maggior parte di domande che vengono presentate.
Molte domande sono inevase e molti ragazzi sono costretti a ripiegare su altri corsi che finiscono per non dare sbocchi lavorativi. Mi rendo conto che la Regione non può da sola farsi carico di questi aspetti, deve però tenerne conto considerando i settori nei quali ci sono sbocchi occupazionali che non sono sorretti da un'adeguata formazione professionale in enti gestiti direttamente dalla Regione o da enti convenzionati.
Pertanto non siamo contrari a un ampliamento del II livello, ma non possiamo accettare che questo intervento si faccia a spese del I livello che è ancora essenziale e importante.
Abbiamo presentato una proposta di ordine del giorno che sottoponiamo all'attenzione degli altri Gruppi, che riguarda l'annoso problema dell'inquadramento nei ruoli regionali del personale addetto alla formazione professionale così come è previsto dalla legge statale 645 e dalla legge regionale n. 8.
L'occasione è opportuna per assumere un impegno da parte delle forze politiche ad affrontare in tempi brevi questo argomento anche perché era stata presentata dalla Giunta una proposta di legge che risale al gennaio 1983 ma che inspiegabilmente si è persa nelle sabbie di qualche Commissione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Tapparo per la replica.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che mai come in questo periodo di rapidi e profondi cambiamenti economici la risorsa strategica delle conoscenze implicite nella formazione professionale, sia fondamentale per avere adeguati livelli di competitività e per favorire la trasformazione del nostro sistema produttivo.
Ritengo occorra considerare il nostro impegno nel campo della formazione professionale come impegno strategico perché serve a dare forza e slancio al processo di trasformazione del nostro sistema produttivo.
Se tale è l'obiettivo, allora, dobbiamo dare un prodotto formativo adeguato e valido al processo di trasformazione citato, altrimenti non potremo rispondere ai bisogni dell'apparato economico, o daremo un contributo contraddittorio.
La formazione professionale si deve anche correlare alla politica attiva del lavoro e dell'occupazione e in qualche misura nel campo dell'innovazione tecnologica può svolgere la funzione di una vera e propria leva di politica industriale e del terziario.
Ecco la ragione dell'insistenza sul fatto di accrescere il peso del secondo livello formativo per rendere la formazione professionale adeguata (quantitativamente e qualitativamente) ai processi di ristrutturazione in corso.
Ma abbiamo anche un'altra "ambizione", che è stata oggetto di discussioni nelle consultazioni per l'elaborazione del piano. Fare esprimere alla formazione professionale le proprie potenzialità sul terreno della politica economica, non in una pura posizione statistica, soggetta solo a stimoli esterni.
L'eccezionalità del cambiamento economico e la gravità di fenomeni sociali della situazione piemontese pone l'obbligo di risposte all'altezza dei problemi. Ad esempio abbiamo individuato uno stock di mano d' opera adulta disoccupata composta da decine e decine di migliaia di soggetti espulsi dai grandi processi di ristrutturazione in questi ultimi anni e sostanzialmente non in grado di ricollocarsi autonomamente nel lavoro.
La formazione professionale è uno strumento che può fare qualcosa per tale drammatica situazione (i cui aspetti negativi non sono solo sociali).
Ebbene, un intervento si sta tentando con il progetto per 1350 adulti partendo dalle situazioni sociali più drammatiche, cioè dai nuclei familiari a reddito zero molto presenti nelle grandi concentrazioni urbane.
Per poter utilizzare la formazione professionale come una leva di politica economica, dobbiamo anche avere dei livelli di informazione da permetterci di ottimizzare la nostra funzione di governo. Oggi probabilmente non siamo strumentati in modo adeguato per poter ottimizzare queste scelte, in quanto ci manca ancora un livello di informazione adeguato, seppure l'osservatorio del mercato del lavoro gradualmente sta riducendo questa scarsa visibilità delle situazioni economiche e sociali.
Oggi la Giunta ha approvato una deliberazione per la costituzione di questo servizio che verrà gradualmente rafforzato. Dovremmo però poter avere informazioni su dove vanno le tecnologie, su dove vanno i processi di ristrutturazione, su dove si orienta la media e la grande azienda, per poter anticipare, per avere una visibilità più potente della pura conoscenza in tempo reale di certi processi, per poter programmare le nostre scelte. Operare nella logica dello "stimolo-risposta" rischia oggi di farci arrivare in ritardo sulla domanda di formazione del sistema.
Quali strumenti abbiamo usato oggi per poter programmare le nostre scelte, insomma per l'elaborazione del piano in discussione? Innanzitutto le relazioni dell'Ires, poi il copioso materiale che nella primavera-estate del 1982 l'Assessore Ferrero ha allegato alla sua relazione, inoltre il lavoro continuativo dell'osservatorio del mercato del lavoro ed infine altre informazioni sono arrivate dai Comprensori.
Questi elementi costituiscono la base delle scelte.
In tutte le realtà aziendali, come nella nostra che si può equiparare ad una azienda, occorre fare il rapporto tra le ambizioni, i desideri e le risorse esistenti.
Con risorse illimitate avremmo potuto prevedere un piano triennale più efficace, ma forse meno efficiente, con proiezioni più coraggiose. Con i vincoli finanziari noti abbiamo tuttavia cercato di non pregiudicare i punti di forza e di tagliare i punti di debolezza; abbiamo cercato di creare uno stimolo in aree nuove per poter contribuire al processo di modernizzazione del sistema produttivo.
Una scelta di fondo che abbiamo praticato è stata quella di cercare di massimizzare la finalizzazione della formazione. Occorre che il giovane al quale diamo una formazione professionale faccia tendenzialmente il mestiere per il quale l'abbiamo preparato.
Possiamo dire che abbiamo una finalizzazione della formazione grossolanamente attorno al 75 per cento con un certo margine di scostamento che può giustificare l'affermazione del Presidente che ha parlato dell'80 per cento.
Cercheremo di crescere ulteriormente in questo obiettivo della finalizzazione, anche per questa strada miglioreremo l'utilizzo delle nostre risorse.
Sarebbe finanziariamente problematico "inserire" l'evoluzione tecnologica con l'acquisto di apparecchiature ed impianti che diventano rapidamente obsoleti; dobbiamo invece, con un adeguato rapporto con le imprese, superare tali rischi.
L'Olivetti di Scaramagno, ad esempio, nel giro di poco tempo ha cambiato radicalmente la propria tecnologia di processo. Potrebbe la Regione stare dietro a questi ritmi di trasformazione che saranno sempre più veloci? Dinanzi a questi scenari, nuovi, mutevoli, complessi, c'è ancora una visione ritardata del ruolo della formazione professionale, c'è una concezione a volte corporativa; questo aspetto limita la capacità di fare formazione professionale, la spiazza rispetto ai bisogni che il sistema economico pone in essere. Com'è noto ci sono forti tendenze (esempio d.d.l.
sul mercato del lavoro) affinché la Commissione regionale per l'impiego abbia competenze nell'orientamento della formazione professionale, dove oggi si viene ad inserire in modo nuovo e forte il ruolo dei contratti di formazione e lavoro, i contratti in alternanza attraverso l'uso del fondo sociale europeo, l'apprendistato. Tutto questo mette in movimento una serie di trasformazioni che toccheranno inevitabilmente l'impianto della formazione professionale.
Perché l'impianto della formazione professionale non sia sottoposto a spinte tendenti a fare giustizia sommaria delle imperfezioni e dei limiti dobbiamo legittimare la formazione professionale regionale rendendola capace di dare delle risposte soddisfacenti ai bisogni di trasformazione tecnologica ed organizzativa del sistema produttivo. Non con una lotta corporativa, dei piccoli interessi, dei radicamenti passati possiamo difendere la formazione professionale, la difendiamo se essa diventa adeguata qualitativamente e temporalmente al bisogno del sistema economico sociale.
La mia proposta era sostanzialmente questa: dare attenzione ed un maggiore peso in termini relativi al secondo livello senza per questo tagliare il primo livello, che tuttavia va riadeguato e meglio finalizzato.
Quindi non è un'azione punitiva nei confronti del primo livello a favore del secondo, come qualcuno vorrebbe farmi dire.
Certamente chi nega il valore del secondo livello, nega i bisogni dei processi di ristrutturazione come fatto fisiologico e permanente del nostro sistema.
Tra pochi giorni arriverà in aula il progetto del Centro di formazione professionale di Biella che collega la formazione professionale alla diffusione dell'innovazione tecnologica (Tecnotex).
Questa è una proposta che può permettere di migliorare il rapporto tra formazione professionale ed innovazione tecnologica e di utilizzare la formazione professionale come leva di politica industriale. Il Consigliere Montefalchesi accusa il mio progetto perché tende a privatizzare la formazione professionale. Si riveda nei verbali quali sono stati i timori di alcuni settori imprenditoriali del ruolo che vorremmo affidare alla formazione professionale.
Certamente non vogliamo penalizzare il rapporto che c'è oggi nel nostro sistema del 15 per cento pubblico, 85 per cento privato, non andiamo a caccia di trasformazioni gratuite. Crediamo che il pluralismo che esiste all'interno del sistema formativo possa convivere con i bisogni di adeguamento del sistema formativo.
Ritengo che il Piemonte sia una Regione molto avanzata in questo settore, quindi posso dire che c'è un equilibrio soddisfacente, non ci sono quindi operazioni di privatizzazione o, all'opposto, di pubblicizzazione completa del sistema formativo.
Si è detto della volontà che alcuni Centri di formazione professionale siano anche sede di diffusione dell'innovazione tecnologica. E' un aspetto importante e necessario proprio per poter svolgere un ruolo adeguato ai bisogni.
Sul problema delle deleghe, la Regione deve mantenere il ruolo di programmazione con, tra l'altro, la definizione degli standards formativi i grandi orientamenti sull'innovazione tecnologica e la sua diffusione.
La gestione e l'amministrazione devono passare ad un livello inferiore.
La Provincia ci è sembrato il livello più adeguato per tale tipo di intervento. Nella Provincia di Torino esiste però una situazione particolare, vi è una entità, il Comune di Torino, che pesa quanto l'intera Provincia (esclusa, ovviamente, Torino).
Dobbiamo uscire da una visione schematica, puramente amministrativa e formale. Noi riteniamo che la Provincia possa essere soggetto di delega perché ha la forza, la dimensione e la struttura per potersi muovere in modo autonomo, dando anche dei contributi ed anche stimoli aggiuntivi.
Alcune note sul personale. Se la formazione professionale cambia, si adegua ai mutamenti del sistema produttivo, anche il corpo insegnante non può rimanere ancorato alle vecchie "cose", ad alcune forme di insegnamento inadeguate.
Proprio nell'interesse degli insegnanti, dobbiamo avere capacità di trasformazione, di autoregolazione interna del sistema formativo.
Evidentemente dobbiamo fare i conti con la realtà delle risorse finanziarie. Tuttavia va detto che dall'anno scorso a quest'anno abbiamo raddoppiato l'importo per la riqualificazione e l'aggiornamento, non possiamo però crescere questo trend negli altri due anni, anche se la linea di tendenza riconosce all'aggiornamento un ruolo importante.
Darò alcune brevi risposte al problema che sollevava il Consigliere Valeri.
Proprio per la necessità di avere dei Centri di formazione professionale collegati all'innovazione tecnologica abbiamo individuato il Centro "Pastore" che vive una situazione di crisi formale, come sede di presenza di una specializzazione, un elemento di evoluzione tecnologica senza pregiudicare l'impianto attuale, ma anzi razionalizzando l'attuale struttura già a piano corsi.
Per esempio, nel Centro "Pastore" si potrebbe innestare un modulo importante in campo energetico (energia rinnovabile, energia tradizionale energia nucleare). Abbiamo pensato che una parte del sistema formativo "Pastore" per l'energia (è un'ipotesi che discuteremo nel dettaglio) possa trovare collocazione in una delle province dove si insedierà la centrale nucleare.
Questa scelta evidentemente si collega ai bisogni formativi per la costruzione della centrale. Abbiamo già avuto dei primi approcci in questo senso con le varie realtà del "sistema energetico nazionale".
Non si può pensare però ad un sistema rigido, stabilizzato, per una situazione eccezionale come è la costruzione di una centrale. E' sui progetti che dovremo lavorare, che sono elementi transitori che non provocano il problema di pezzi di formazione rigidi che non servono più in seguito.
Il piano presentato non ha delle rigidità, non vuole essere un modello macroeconomico. Ha una serie di spazi aperti che permettono di compiere delle autoregolazioni e degli aggiustamenti interni. Non possiamo tarare un piano triennale nel dettaglio perché probabilmente tra due o tre anni emergeranno alcune esigenze che ci porteranno ad avere bisogno di aggiustamenti rapidi.
Abbiamo voluto dare delle direttrici, degli ambiti.
Non è una pianificazione rigida, ma è concepita in modo tale da essere capace di aderire alle turbolenze delle situazioni dei mercati, dei prodotti e delle tecnologie con le loro conseguenze sul sistema produttivo e capace di supportare nuove scelte della Giunta.
Il piano non presenta penalizzazioni "gratuite" per nessuno. Gli aggiustamenti eventuali sono razionalizzazioni inevitabili.
Il piano riconosce il pluralismo del sistema produttivo e del sistema formativo. Il piano dà un segnale di emergenza, perché se vogliamo dare un senso alla formazione professionale, questa deve essere immediatamente adeguata ai bisogni del mondo esterno.
Potremo legittimarci e contrattare con il Governo in una posizione di maggiore forza, se riusciremo ad assolvere al compito di contribuire a favorire la crescita della velocità di modernizzazione del nostro sistema produttivo.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa. La parola al Consigliere Brizio per dichiarazione di voto.



BRIZIO Gian Paolo

Le motivazioni critiche espresse dai colleghi Villa e Bergoglio rimangono intatte anche dopo la replica dell'Assessore, che tuttavia ha mostrato attenzione agli aspetti del pluralismo del sistema formativo.
Il piano di formazione professionale non ci pare adeguato alle esigenze per le ragioni che abbiamo esternato. Il Consigliere Villa nel suo intervento aveva fatto una pregiudiziale circa la legittimità della deliberazione. Non facciamo richiesta formale di non passaggio agli articoli, ma non possiamo non rilevare però che questi aspetti hanno un preciso fondamento.
Sulla deliberazione ci esprimeremo con un voto contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Consigliere Gerini, intervenendo a nome del Gruppo liberale, ha svolto un intervento articolato, approfondito e compiuto. Il Gruppo si riconosce in quella commentazione.
Si tratta ora di trarre le conclusioni politiche.
Le conclusioni che il mio Gruppo trae sono di un voto di astensione conclusioni che al di là delle argomentazioni oggettive svolte dal Consigliere Gerini, sono anche di natura politica.
Non prendiamo posizione nel dibattito tra Viglione, De Michelis e Tapparo, pensiamo però che il Ministro non sia lontano quando sostiene che in Italia in genere la voce "formazione professionale" è un buco verso l'ignoto.
Non possiamo non riconoscere peraltro che la maggioranza ha sempre perseguito con sufficiente disponibilità le novità che venivano dal mondo esterno.
I giudizi liberali più che sul dettaglio sono sul processo su cui si muovono le forze politiche e soprattutto il Governo regionale.
Un giudizio negativo non può essere espresso ma un giudizio positivo non può uscire da una forza di opposizione che deve sempre essere attenta e rigorosa a cogliere i limiti di una proposta, nella misura in cui ci sembra che lo sforzo innovativo verso il quale la Giunta sembrava indirizzata, che si evince dal Piano di sviluppo, ha avuto una battuta d'arresto o di ripensamento in questa deliberazione e di questo noi siamo dispiaciuti.
Dobbiamo anche dire che la deliberazione, quanto meno, non meriterebbe un giudizio positivo per l'errore di natura istituzionale laddove si discrimina ancora una volta la Provincia di Torino rispetto alle altre Province.
Capisco che ci sono delle ragioni ponderali che fanno sì che il Comune di Torino sia portatore di una domanda, di una problematica che non soltanto territorialmente, ma anche funzionalmente va addirittura al di là dei suoi confini, ma siccome il processo culturale e politico che dobbiamo porre in essere è di natura inversa, è evidente che ogni volta che compiamo un atto che riconosce la funzione prevalente e minimizzante del ruolo degli altri punti di riferimento sul territorio, andiamo in senso contrario a quello del progetto politico di questa maggioranza ma anche di tutte le forze presenti in Consiglio.
Il voto di astensione è di apprezzamento per l'innovazione che esiste in questo Piano, ma è di rincrescimento perché non si sono colte appieno le potenzialità che nel ragionamento dell'Assessore Tapparo in altra sede erano previste ed ipotizzabili. E' soprattutto occasione per puntualizzare la mostra non adesione alla ribadita sudditanza non di natura politica, ma di natura psicologica, in questo salto di qualità; la Provincia di Torino è la Provincia di Torino e quando ce ne renderemo conto sarà meglio per tutti. Questo non vale soltanto per la formazione professionale, ma vale per una serie di cose. Anche le forze politiche dovranno prendere atto che i loro livelli provinciali e regionali hanno un valore significativo e non minore dei ruoli comunali. Sono problemi che attengono alla cultura generale della gente.
E' un voto di astensione che la Giunta vorrà apprezzare, più che in termini collaborativi, in termini critici e di attesa.



PRESIDENTE

Pongo ai voti la deliberazione nel testo che recita: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 25 febbraio 1980, n. 8 'Disciplina delle attività di formazione professionale' visti in particolare gli articoli 6 e 7 della citata legge regionale n.
8/80 che prevedono le procedure della programmazione ritenuto di dover procedere alla definizione del piano pluriennale della formazione professionale visto lo schema di piano pluriennale della formazione professionale per gli anni 1984/87, predisposto dalla Giunta regionale con proposta di deliberazione al Consiglio regionale n. 64-33426 del 3 aprile 1984, su cui sono stati sentiti gli Enti e gli organismi interessati sentito il parere della Commissione consiliare competente delibera di approvare il piano pluriennale della formazione professionale per gli anni 1984/87, costituito dai documenti allegati alla presente deliberazione per farne parte integrante.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano. La deliberazione è approvata con 28 voti favorevoli, 16 contrari e 5 astensioni.


Argomento: Problemi energetici

Esame deliberazione Giunta regionale n. 105-34793: "Regolamento di applicazione della legge regionale 23 marzo 1984 n. 19. Norme di attuazione della legge 29 maggio 1982 n. 308. Interventi in materia di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di energia"; esame deliberazione Giunta regionale n. 29-34897: "Piano di riparto dei fondi di cui all'art. 9 della Legge regionale n. 19/84"


PRESIDENTE

Punto settimo all'ordine del giorno: esame deliberazione regionale n.
105-34793: "Regolamento di applicazione della legge regionale 23 marzo 1984 n. 19. Norme di attuazione della legge 29 maggio 1982 n. 308. Interventi in materia di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di energia".
Tale deliberazione deve essere discussa contestualmente alla relazione del punto ottavo dell'ordine del giorno: esame deliberazione Giunta regionale n. 29-34897: "Piano di riparto dei fondi di cui all'art. 9 della Legge regionale n. 19/84".
Le due deliberazioni sono state licenziate all'unanimità dalla VII Commissione.
La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

I due provvedimenti sono stati licenziati all'unanimità. Se il Consiglio permette, darei per letta la relazione dal momento che è stata distribuita questa mattina.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Richiamo la Giunta ad una attenta lettura della relazione. La Commissione ha trasferito alcune raccomandazioni che probabilmente sarebbe stato opportuno trasferire in modifiche al testo. Le abbiamo lasciate nella relazione per facilità di lavoro della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Il nostro Gruppo ritiene di dover sottolineare l'importanza di questo provvedimento nel quadro del problema dell'energia. In più occasioni abbiamo richiamato l'esigenza di intervenire in altri settori, nel settore delle energie rinnovabili, come nel settore che tratta questo regolamento in attuazione della legge 308.
Sono risorse significative, si superano gli 80 miliardi, quindi è uno stanziamento consistente in un settore strategicamente importante, sul quale la Regione deve soffermarsi con attenzione. Si sta attuando finalmente il PEN e questo è un passaggio importante di questa attuazione.
I settori interessati sono quelli dell'edilizia pubblica e privata industriale, artigianale, dell'agricoltura, del turismo, quindi questo provvedimento atteso dalla comunità regionale e che finalmente, se pure in ritardo, arriva all'attenzione del Consiglio regionale.
Nel confermare il voto favorevole del Gruppo della D.C. espresso già in Commissione, devo ricordare alcuni aspetti di questo provvedimento nel quadro della programmazione regionale.
La programmazione regionale è carente perché non ha colto tutte le occasioni di progettualità che si dovevano cogliere.
Anche questo provvedimento lascia degli spazi di perplessità e di preoccupazione. Mi riferisco in particolare all'art. 12 della L. 308 che qui non è compreso. E' un articolo importante che attiene all'incentivazione della produzione di energia nel settore dell'agricoltura, attiene al biogas, attiene ai problemi dell'energia solare, dell'energia idraulica; è un comparto significativo e importante che però non viene regolamentato con questo provvedimento.
E' questo un altro segnale di scarso coordinamento e di scarsa programmazione complessiva della Giunta regionale nel settore dell'energia.
La scelta della legge 63 che la Giunta fece a suo tempo come momento attuativo di questa parte della legge 308 a nostro giudizio è stata una scelta sbagliata. Chiediamo all'Assessore all'agricoltura di dare una informazione al Consiglio regionale su come intende muoversi sul comparto che attiene all'agricoltura. Vogliamo avere informazioni rispetto alle modalità di presentazione delle domande, rispetto alla modulistica, alle schede, rispetto all'istruttoria delle pratiche, tutti aspetti che per gli altri comparti sono ben delineati e determinati in questo regolamento.
Il Gruppo della D.C. chiede ufficialmente all'Assessore di presentare in tempi strettissimi un regolamento analogo a quello che stiamo approvando intanto perché la VII Commissione sia informata sul processo che si ritiene di mettere in atto e poi perché si sappia come operare per ottenere i contributi.
Inoltre devo nuovamente sottolineare la mancanza del piano energetico regionale. E' stato annunciato in questi giorni e ci auguriamo che venga rapidamente presentato in aula il dibattito sul problema dell'energia che era stato ventilato e noi riteniamo importante che quel dibattito si collochi in un quadro complessivo dei bisogni presenti del nostro territorio e delle risorse necessarie.
Non si può ragionare a comparti un giorno sulle centrali nucleari e un altro giorno sulle fonti rinnovabili, un altro giorno sul biogas. Ci vuole un disegno complessivo e strategico della Giunta.
Due raccomandazioni: che su questo regolamento sia data la massima informazione e una grande diffusione alla comunità regionale.
Sappiamo che le grandi aziende, i grandi complessi hanno forti opportunità di raccordo con la Regione e filoni di informazione tali per cui conoscono le notizie prima dei Consiglieri, ma la maggioranza degli artigiani, dei piccoli operatori, degli agricoltori non ha queste possibilità.
La seconda raccomandazione è di non perdere tempo per non rischiare di perdere i fondi. Si attivino le procedure il più rapidamente possibile perché il tempo in questo settore è denaro e siccome diamo i contributi per risparmiare denaro un'attenzione particolare ai tempi è importante.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Calsolaro per la replica.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'energia

Ringrazio il relatore, il presidente della Commissione e il Consigliere Carletto che hanno puntualizzato alcuni punti importanti. Oggi si concluder l'iter normativo per l'attuazione della L. 308, un iter piuttosto complesso che, come dice nella relazione il collega Ferro, ha consentito a pochissime Regioni di avviarsi sulla strada dell'attuazione della legge nazionale.
Il Piemonte a differenza delle altre Regioni ha optato per un'attuazione della normativa nazionale che si fondasse su una legge regionale anziché su una semplice deliberazione, ciò al fine di dare maggiore chiarezza al testo normativo e quindi una più organica sistemazione agli interventi previsti.
Sia il disegno di legge regionale, sia il regolamento di applicazione sono stati predisposti dall'Assessorato regionale all'energia attraverso i suoi servizi, con il supporto tecnico-scientifico degli enti nazionali indicati all'art. 15 della legge nazionale 308 dell'Enel, Eni, CNR. Ciò ha consentito di elaborare e di predisporre, per l'esame della VII Commissione e del Consiglio, testi normativi e regolamentari che hanno ottenuto la più larga approvazione delle forze politiche.
Occorre aggiungere che il lavoro della Giunta e del competente Assessorato ha potuto avvalersi del generale consenso e della giusta sollecitazione di tutti i Gruppi consiliari che nella nostra Regione sono sempre stati particolarmente sensibili alle problematiche energetiche e che hanno portato nel passato all'approvazione di provvedimenti legislativi regolarmente rigettati dal Governo o copiosamente mutilati.
Siamo l'unica Regione che per l'attuazione della 308 si è dotata di uno strumento di consulenza tecnico-scientifica di altissimo livello che permetterà di evitare avventate erogazioni di fondi o una gestione burocratica o peggio clientelare delle procedure di intervento. Sono stati messi a punto, in collaborazione con il Ministero dell'industria e con l'Enea, tutti gli strumenti necessari per una sollecita istruttoria delle domande, fra i quali gli schemi per la modulistica, le schede tecniche, i programmi e l'elaboratore M.20. Per la parte informativa sono stati coinvolti i competenti servizi dell'Assessorato regionale all'urbanistica.
Resta un interrogativo al quale in questo momento non può essere data alcuna risposta ed è il numero delle domande che saranno presentate.
In questo senso ha un fondamento quanto ha detto il collega Carletto.
Sembra che in Lombardia, che pare la Regione leader in questa materia, il numero delle domande sia di gran lunga inferiore a quello previsto e che i contributi che la Regione dovrebbe erogare siano largamente inferiori alle disponibilità del bilancio relativamente alla legge 308.
Abbiamo fissato con un certo "responsabile ottimismo" termini relativamente brevi per la presentazione delle domande, sono di 60 giorni per gli interventi già realizzati e di 120 giorni per gli interventi da realizzare, ed un termine altrettanto breve di 120 giorni per la deliberazione della Giunta regionale, previo parere della competente Commissione di approvazione dei progetti ammessi al finanziamento.
E' chiaro che le domande relative agli interventi già realizzati e le domande relative agli interventi da realizzare procederanno separatamente in relazione alle due scadenze finali: la deliberazione relativa al piano di riparto dei fondi, con la riserva del 50 per cento dei fondi sulla prima tranche, e del 50 per cento sul nuovo. Occorre peraltro aggiungere che i servizi dell'Assessorato, anche per l'esperienza fatta nell'applicazione della L. 650, che prevedeva gli esami istruttori e le deliberazioni sulle domande relative agli impianti di depurazione per i tre settori civile industriale, agricolo, sono stati in grado di rispondere sollecitamente alle necessità richieste.
Ogni attenzione sarà pertanto rivolta dalla Giunta a che il rigore nell'esame delle domande si accompagni alla rapidità delle decisioni.
Per quanto riguarda l'appunto che è stato fatto nella relazione informo il Consiglio che siamo sempre in attesa delle decisioni del Ministero dell'industria sulle domande di contributo presentate per le cosiddette centraline.
I termini per la loro presentazione sono scaduti rispettivamente a fine febbraio ed a fine dicembre 1983. Per quelle scadute a fine febbraio 1983 l'istruttoria è terminata, il decreto di riparto si trovava fino a pochi giorni fa alla Corte dei Conti; per quelle scadute a fine dicembre 1983 sembra che l'Enel abbia pressoché terminato l'istruttoria. I tempi della Regione non possono certamente essere quelli del Ministero dell'industria dal quale è anche difficile per non dire impossibile avere informazioni puntuali.
In questo senso c'è stata una precisa presa di posizione da parte delle Regioni.
Si sta predisponendo in questa direzione una formale richiesta da parte delle Regioni affinché questa materia venga delegata, così come è già avvenuto per l'edilizia, l'industria e l'agricoltura, alle Regioni. Non dimentichiamo che la nostra Regione, come risulta dalla relazione che è stata consegnata a tutti i Consiglieri regionali, è particolarmente interessata al problema come è dimostrato dal fatto che circa un terzo delle domande presentate su tutto il territorio nazionale è di provenienza del Piemonte.
Vorrei ancora assicurare il collega Carletto per quanto riguarda la predisposizione del piano energetico regionale che domani ci sarà una riunione del Comitato Regione Piemonte-Enea che discuterà appunto della predisposizione del piano che contiamo di presentare nel prossimo autunno al voto del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Chiede la parola l'Assessore Ferraris. Ne ha facoltà.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura

Circa le richieste formulate dal Consigliere Carletto almeno per quanto riguarda l'Assessorato all'agricoltura, informo che sono pronte le norme di attuazione che verranno esaminate dalla III e dalla VII Commissione e poi dal Consiglio regionale.
L'altra questione, relativa al coordinamento, credo possa essere risolta dopo una discussione in Giunta, in sede di Comitato tecnico (punto 2 dell'art. 5).



PETRINI LUIGI



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Più volte si è lamentato uno scoordinamento delle procedure. Questo è un punto da coordinare. Prego l'Assessore all'agricoltura di far rientrare la parte che si riferisce all'agricoltura nell'ambito dell'Assessorato all'energia.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Credo non ci sia altro da aggiungere, tranne l'invito alla Presidenza della Giunta di adempiere a questo coordinamento.
Procediamo alla votazione della deliberazione della Giunta regionale n.
105-34793, nel testo che recita: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 23 marzo 1984, n. 19 'Norme di attuazione della legge 29 maggio 1982, n. 308 - Interventi in materia di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di energia' considerato che, ai sensi dell'art. 4, secondo comma, di detta legge regionale, il Consiglio regionale è tenuto ad approvare, entro il termine di 60 giorni dall'entrata in vigore della stessa legge regionale, il relativo regolamento di applicazione visto lo schema di regolamento con i relativi allegati tecnici proposti al riguardo dalla Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare delibera di approvare il regolamento di applicazione, con i relativi allegati tecnici, alla legge regionale 23 marzo 1984, n. 19, uniti alla presente deliberazione per farne parte integrante, concernenti le modalità e le procedure istruttorie per la concessione dei contributi di cui agli articoli 2 e 3 della citata legge regionale".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
In merito alla deliberazione della Giunta regionale n. 29-34897: "Piano di riparto dei fondi di cui all'art. 9 della legge regionale n. 19/1984" viene presentato dai Consiglieri Marchini e dall'Assessore Calsolaro il seguente emendamento: al secondo comma dell'allegato, sostituire le parole "previsti dalla prima tranche", con le parole: "di cui sopra".
Chi è favorevole all'emendamento è pregato di alzare la mano L'emendamento è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Procediamo alla votazione della deliberazione, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 23 marzo 1984, n. 19 'Norme di attuazione della legge 29 maggio 1982, n. 308 - Interventi in materia di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di energia' considerato che ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 9 di detta legge regionale il Consiglio regionale, contestualmente all'approvazione del regolamento di applicazione della stessa legge regionale 23 marzo 1984 n.
19, deve approvare, su proposta della Giunta, il piano di riparto dei fondi per i settori di intervento di cui agli articoli 2 e 3 della legge regionale in argomento, concernenti rispettivamente l'edilizia l'agricoltura e l'industria visto l'allegato piano di riparto dei fondi per i settori di intervento sopra indicati, proposto dalla Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare delibera di approvare il piano di riparto dei fondi, proposto dalla Giunta regionale, relativo ai settori di intervento di cui agli articoli 2 e 3 della legge regionale 23 marzo 1984, n. 19, unito alla presente deliberazione per farne parte integrante".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione . è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Regolamento per l'autonomia funzionale e contabile del Consiglio regionale in attuazione della L. 6/12/1983 n. 853


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Propongo l'iscrizione all'ordine del giorno: "Regolamento per l'autonomia funzionale e contabile del Consiglio regionale in attuazione della L. 6/12/1983 n. 853".
Relatore è la collega Vetrino che dà per letta la relazione.
Chi è favorevole all'iscrizione è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Procediamo alla votazione dell'articolato.
Art. 1 (Gestione del fondo) "L'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale provvede secondo le norme del presente regolamento, alla gestione del fondo destinato al funzionamento del Consiglio regionale, istituito nell'ambito del bilancio della Regione ai sensi della legge 6 dicembre 1973 n. 853".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Anno finanziario e previsione di spesa) "Agli effetti della gestione dei fondi attribuiti al Consiglio, l'anno finanziario comincia il primo gennaio e termina il 31 dicembre.
L'Ufficio di Presidenza determina il fabbisogno annuale delle spese occorrenti per il funzionamento del Consiglio e dei relativi Uffici. Il Presidente del Consiglio regionale indica tale fabbisogno alla Giunta, per le correlative iscrizioni nel bilancio della Regione dell'anno successivo almeno 20 giorni prima del termine stabilito per la presentazione del bilancio preventivo al Consiglio da parte della Giunta regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Ripartizione della previsione di spesa) "La previsione di spesa, ai sensi dell'art. 2 della legge 6 dicembre 1973 n. 853, è ripartita nei seguenti sei capitoli, da inserire nel bilancio regionale: Capitolo I: spese per le indennità di carica e di missione spettanti ai componenti del Consiglio regionale.
Capitolo II: spese di rappresentanza del Presidente del Consiglio regionale.
Capitolo III: spese postali, telefoniche, di cancelleria, di resocontazione, di stampa, di documentazione, biblioteca e in genere di economato; spese per attrezzature ed arredamento.
Capitolo IV: spese per il personale addetto al Consiglio regionale.
Capitolo V: contributi per il funzionamento dei Gruppi consiliari.
Capitolo VI: compensi, onorari e rimborsi per consulenze prestate da Enti o privati a favore del Consiglio regionale; convegni, indagini conoscitive, studi e ricerche".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Bilancio) "L'Ufficio di Presidenza, con propria deliberazione, provvede a predisporre un bilancio interno relativo alle entrate ed alle uscite del Consiglio regionale nonché alle eventuali partite di giro suddividendo in articoli i diversi capitoli e lo trasmette alla Commissione programmazione e bilancio.
All'interno di ogni capitolo può essere previsto - in un apposito articolo - un fondo di riserva per spese impreviste o per l'integrazione degli articoli divenuti insufficienti.
Il prelievo di somme da tale fondo viene effettuato con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza.
Gli interessi attivi maturati sui fondi destinati al funzionamento del Consiglio regionale e sul fondo economale sono versati, successivamente all'approvazione del conto consuntivo, sul capitolo delle entrate del bilancio regionale intestato: 'Interessi attivi sulle disponibilità di cassa, sulla giacenza dei fondi economati e sulle aperture di credito agli uffici periferici'.
L'autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione si, applica anche al fondo destinato al funzionamento del Consiglio regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Storni - Variazioni di bilancio) "L'Ufficio di Presidenza individua le esigenze di storni di fondi tra i capitoli di competenza, nonché le variazioni che comportino un aumento o una diminuzione del fabbisogno totale destinato al Consiglio, indicandoli al Presidente della Giunta regionale per i provvedimenti conseguenti.
L'Ufficio di Presidenza, con propria deliberazione, può procedere a variazioni fra articoli dello stesso capitolo, senza alterare lo stanziamento complessivo".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 (Rendiconto) "Il rendiconto delle spese sostenute, accompagnato da motivata relazione, è predisposto dall'Ufficio di Presidenza ed è sottoposto all'esame, in sede referente, della Commissione programmazione e bilancio di cui all'art. 22 dello Statuto, entro il 31 marzo dell'anno successivo cui l'esercizio finanziario si riferisce.
I componenti dell'Ufficio di Presidenza che siano anche membri della commissione programmazione e bilancio, non possono partecipare all'esame del rendiconto. I Gruppi consiliari devono designare i Consiglieri che li sostituiscono, con le modalità previste dal regolamento per il funzionamento del Consiglio.
Al conto consuntivo è allegato anche il conto consuntivo del fondo di previdenza nonché le note riepilogative circa l'utilizzazione dei fondi erogati ai Gruppi consiliari.
Le risultanze del conto finanziario e del conto del patrimonio del Consiglio regionale integrano il rendiconto generale della Regione. A tal fine il rendiconto corredato dal parere della Commissione di cui al primo comma è sottoposto all'Assemblea in occasione dell'esame del rendiconto generale della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 (Controlli) "Ciascun Consigliere regionale può prendere visione in qualunque momento degli atti e documenti relativi alla gestione dell'autonomia funzionale e contabile del Consiglio contemplati nel presente regolamento.
Il controllo contabile sugli atti dell'Ufficio di Presidenza che importino spese sui fondi ad esso attribuiti dal bilancio regionale è esercitato unicamente dalla Commissione programmazione e bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 (Servizio di cassa) "Il servizio di cassa per la gestione dei fondi destinati al funzionamento del Consiglio regionale è affidato, con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza, o all'istituto di credito che gestisce il servizio di tesoreria della Regione, o, per comprovate ragioni, ad un istituto di credito di cui agli articoli 5 e 99 del r.d.l. 12 marzo 1936 n.
375 e successive modificazioni, anche a trattativa privata sulla base di apposito capitolato.
L'Istituto di credito così scelto, per gli adempimenti previsti dal presente regolamento, assume la denominazione di 'Cassiere speciale del Consiglio regionale', indicato nel seguito come 'Cassiere speciale'.
I rapporti con il Cassiere speciale sono disciplinati da apposita convenzione stipulata dal Presidente del Consiglio sulla base di uno schema approvato dall'Ufficio di Presidenza.
La durata della convenzione non può superare i cinque anni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 (Cassiere speciale del Consiglio regionale) "Al cassiere speciale è affidata la riscossione delle entrate, il pagamento delle spese del Consiglio regionale ed ogni altra incombenza derivante dall'assunzione del servizio, così come previsto nella convenzione di cui al primo comma dell'articolo precedente.
Il cassiere speciale deve tenere una contabilità analitica, atta a rilevare cronologicamente i movimenti di cassa.
Il cassiere speciale è responsabile dei pagamenti effettuati sulla base di titoli non conformi al presente regolamento, dei valori affidatigli e delle incombenze derivanti dall'assunzione del servizio.
La vigilanza sulla regolare esecuzione del servizio di cassa viene esercitata dall'Ufficio di Presidenza, tramite il servizio amministrazione del Consiglio regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 (Riscossione e versamento delle entrate) "Approvato e reso esecutivo il bilancio della Regione, i fondi iscritti nei capitoli di bilancio ai sensi della legge 6 dicembre 1973 n. 853, di cui al precedente art. 3, sono messi a disposizione del Presidente del Consiglio regionale mediante titoli di spesa intestati al Presidente stesso.
I fondi sono accreditati sul conto corrente intestato al Presidente del Consiglio regionale presso il cassiere speciale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Art. 11 (Impegni di spesa) "Gli impegni di spesa, di qualsiasi importo, sono deliberati dall'Ufficio di Presidenza nei limiti degli stanziamenti dei capitoli e degli articoli di competenza del bilancio dell'esercizio finanziario in corso.
Tutte le proposte di provvedimenti che autorizzano spese a carico dei capitali di cui all'art. 3 del presente regolamento, debbono essere comunicate al Servizio amministrazione del Consiglio per l'esatta imputazione ai capitoli ed articoli di competenza, l'esistenza della disponibilità di spesa e la registrazione del relativo impegno.
In caso di urgenza, gli impegni di spesa possono essere assunti con provvedimento del Presidente il quale ne dovrà informare l'Ufficio di Presidenza nella prima riunione per la presa d'atto".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Art. 12 (Esecutività della spesa) "La conferma, la modifica o la mancata adozione del provvedimento di spesa di cui al secondo comma del precedente articolo 11, debbono essere comunicati immediatamente al Servizio amministrazione per la formalizzazione dell'impegno e l'esecuzione della spesa o per l'eventuale cancellazione della precedente registrazione.
Ove i capitoli e gli articoli risultino esauriti o di insufficiente disponibilità, il funzionario responsabile del Servizio amministrazione ne riferisce al Presidente, formulando proposte per l'adozione degli opportuni provvedimenti di cui ai precedenti articoli 4 e 5".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Art. 13 (Liquidazioni) "La liquidazione delle spese relative a forniture, lavori e prestazioni d'opera in esecuzione e nei limiti di cui ai precedenti artt. 11 e 12 è disposta, previa deliberazione dell'Ufficio di Presidenza, dal Presidente o da uno dei Vice Presidenti del Consiglio.
Alla proposta di liquidazione il Servizio amministrativo allega i documenti comprovanti il diritto acquisito dai creditori, vistati dai competenti funzionari del Consiglio regionale per l'attestazione di regolare esecuzione delle opere, forniture, lavori ed altre prestazioni rese nei tempi, modi e quantità pattuiti".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 13 è approvato.
Art. 14 (Ordine dei pagamenti) "Il Servizio amministrazione, verificate le disponibilità contabili sui corrispondenti capitoli ed articoli del bilancio, provvede a predisporre il mandato di pagamento della spesa.
I mandati sono firmati dal Presidente del Consiglio o, in sua assenza da uno dei Vice Presidenti, nonché dai funzionari designati con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 14 è approvato.
Art. 15 (Mandati di pagamento) "I mandati di pagamento sono emessi in triplice esemplare, numerati progressivamente ed in ordine cronologico.
Ogni mandato deve contenere le seguenti indicazioni: a) l'esercizio cui si riferisce la spesa ordinata b) il capitolo e l'articolo cui va imputata la spesa c) l'importo da pagare in cifre e lettere d) il numero progressivo e) la data di compilazione f) la previsione iniziale di spesa, l'eventuale assestamento, il totale progressivo dei pagamenti già disposti g) la denominazione e il codice del creditore o creditori e di chi per loro fosse legalmente autorizzato alla quietanza h) l'oggetto del pagamento i) gli estremi del provvedimento di impegno o di liquidazione l) le modalità di pagamento.
Con lo stesso mandato non possono essere disposti pagamenti inerenti più capitoli o più articoli di bilancio.
I mandati di pagamento sono registrati e contabilizzati con appositi tabulati così come indicato nel successivo art. 20".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 15 è approvato.
Art. 16 (Pagamento delle spese) "Per il pagamento delle spese impegnate entro il 31 dicembre, la chiusura dei conti è protratta sino al 31 gennaio successivo.
I mandati di pagamento non estinti entro il 31 gennaio devono essere restituiti dal cassiere speciale.
Il Servizio amministrazione provvederà all'emissione di altri mandati sul nuovo esercizio, con imputazione al conto dei residui. Fatto salvo quanto stabilito nel successivo art. 22 il pagamento di qualsiasi spesa deve essere fatto esclusivamente dal cassiere speciale sulla base dei mandati inviati per i pagamenti.
Mensilmente i mandati quietanzati, con allegato l'estratto del conto corrente, vengono rimessi al Presidente del Consiglio regionale. Tale obbligo è inserito nella convenzione del Servizio di cassa.
Il Servizio amministrazione, ricevuti i mandati, vi allega le deliberazioni di impegno e di liquidazione, le fatture relative ed ogni altro documento giustificativo della spesa, curandone la conservazione per il rendiconto e per il controllo da parte della Commissione programmazione e bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 16 è approvato.
Art. 17 (Pagamento indennità ai Consiglieri e contributi ai Gruppi consiliari) "Al pagamento delle indennità mensili spettanti ai Consiglieri regionali e dei contributi ai Gruppi consiliari, ai sensi delle leggi regionali 13 ottobre 1972 n. 10, 10 novembre 1972 n. 12 e loro successive modificazioni, si provvede sulla base dei ruoli aggiornati, predisposti dall'Ufficio di Presidenza, con l'emissione di mandati indicanti le modalità di quietanza.
I contributi mensili sono accreditati su appositi conti correnti bancari aperti dai singoli Gruppi.
Ai Gruppi consiliari vengono altresì versati i finanziamenti di cui all'art. 7 della L.R. 8 giugno 1981 n. 20, con le modalità e norme previste dalla deliberazione del Consiglio regionale 2 febbraio 1984 n. 640 -1393".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 17 è approvato.
Art. 18 (Spese di rappresentanza) "Rientrano nel capitolo 'Spese di rappresentanza del Presidente del Consiglio' le spese relative ad accoglienza di delegazioni in visita e quelle relative al cerimoniale, nonché a mostre, rassegne, iniziative e manifestazioni di carattere sociale e culturale, acquisto di pubblicazioni ed altro materiale illustrativo ed artistico da offrire a visitatori e studenti come documentazione della realtà regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 18 è approvato.
Art. 19 (Compiti degli Uffici di contabilità del Consiglio regionale) "Gli uffici preposti alla gestione contabile del fondo per il funzionamento del Consiglio regionale debbono: a) temere le scritture contabili in ordine sistematico e cronologico atte a far risultare in ogni particolare la situazione delle entrate e delle spese per ciascun capitolo ed articolo del bilancio interno con movimento di cassa complessivo b) fornire elementi necessari alla determinazione del fabbisogno annuale di spesa e predisporre il rendiconto c) vigilare e riferire sull'andamento del servizio di Cassa d) compilare trimestralmente la situazione riassuntiva delle entrate e delle spese e trasmetterla all'Ufficio di Presidenza e) tenere la contabilità del fondo di previdenza e la gestione dell'indennità di fine mandato dei Consiglieri regionali di cui alla l.r.
23 gennaio 1984, n. 9".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 19 è approvato.
Art. 20 Scritture contabili) "Presso il servizio amministrazione del Consiglio regionale sono istituiti i seguenti documenti di contabilità: a) registro o tabulato meccanizzato delle reversali d'incasso e dei mandati di pagamento che sono stati disposti b) partitario o tabulato meccanizzato delle entrate e delle spese suddivise per capitolo ed articolo con relativa annotazione delle operazioni di impegno, liquidazione e dei pagamenti disposti".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 20 è approvato.
Art. 21 (Economo) "E' istituito un servizio di economato nell'ambito del servizio amministrazione del Consiglio regionale.
L'Ufficio di Presidenza, con proprio provvedimento, attribuisce l'incarico di gestione della cassa economale ad un dipendente facente parte del personale assegnato al Servizio amministrazione del Consiglio regionale.
Il responsabile della cassa economale provvede alla tenuta delle scritture contabili di cassa relative alla gestione del fondo economale di cui al successivo articolo.
L'economo è tenuto ad aprire un conto corrente presso il cassiere speciale per il deposito dei fondi a disposizione da cui verranno prelevate le somme occorrenti per la gestione economale.
Gli interessi attivi maturati su detto conto sono versati dall'economo nelle entrate di cui all'art. 4 del presente regolamento". Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 21 è approvato.
Art. 22 (Fondo economale) "L'economo dispone di un fondo economale la cui entità è stabilita con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza. Tale fondo può essere utilizzato per far fronte alle spese di cui all'articolo seguente e quando per le stesse è previsto un ammontare non superiore a L. 600.000 (seicentomila) per ogni singolo pagamento.
L'erogazione di ogni spesa sul fondo economale, ove non sia già prevista da deliberazione dell'Ufficio di Presidenza, deve essere preceduta da autorizzazione scritta del Presidente o di un componente dell'Ufficio di Presidenza a ciò delegato.
Nel caso di urgenza, per l'acquisto di materiale di consumo nonché per altre spese minute, l'economo cassiere è autorizzato a provvedere direttamente nell'ambito della somma di L. 300.000 (trecentomila).
L'Ufficio di Presidenza con propria deliberazione può provvedere all'aggiornamento dell'ammontare delle somme fissate dal presente articolo.
Le spese erogate sul fondo economale possono essere effettuate solo a fronte di idonei e regolari documenti giustificativi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 22 è approvato.
Art. 23 (Pagamenti sul fondo economale) "I pagamenti che possono essere effettuati sul fondo economale sono i seguenti: a) acquisto di articoli di cancelleria, stampati, timbri, targhe ed altri articoli per ufficio la cui necessità non sia prevedibile nella fase di periodiche forniture b) l'acquisto di libri, giornali e pubblicazioni periodiche c) spese postali, valori bollati, tasse e imposte di vario genere d) manutenzione di automezzi, tasse sugli autoveicoli, premi di assicurazione delle vetture di servizio nonché rimborso di pedaggi e posteggi e) riproduzioni fotografiche, riproduzione di documenti e disegni registrazione e trascrizione di atti, traduzioni e copiatura di testi f) manutenzione impianti elettrici, idrici, igienici e telefonici g) manutenzione di mobili ed infissi h) minute spese di rappresentanza i) spese relative alle quote di iscrizione e partecipazione a convegni e congressi l) acquisto urgente di suppellettili ed attrezzature d'ufficio m) acquisto di carburante e lubrificanti n) liquidazione di trattamento di missione e trasferte nonch anticipazioni sulle spese da sostenere per ogni singola missione o) ogni altro piccolo intervento relativo al normale funzionamento ed all'ordinaria manutenzione degli uffici e servizi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 23 è approvato.
Art. 24 (Rendiconto e reintegro del fondo economale) "L'economo rendiconta in ordine cronologico le spese sostenute e ne redige periodico elenco mensile, con l'imputazione delle spese ai singoli capitoli ed articoli del bilancio nonché con riferimento all'eventuale preventiva deliberazione di impegno.
L'Ufficio di Presidenza, accertata la regolarità del rendiconto dispone, con apposita deliberazione, il reintegro del fondo economale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 24 è approvato.
Art. 25 (Patrimonio del Consiglio regionale) "L'Ufficio di Presidenza provvede all'acquisto di beni mobili attrezzature e arredamenti necessari per gli uffici del Consiglio regionale, nell'ambito degli stanziamenti previsti in bilancio.
I beni mobili appartenenti al Consiglio regionale del Piemonte costituiscono il patrimonio del Consiglio stesso.
Essi si distinguono in indisponibili e disponibili.
Fanno parte del patrimonio indisponibile gli arredi artistici degli uffici del Consiglio regionale e gli altri beni destinati a un pubblico servizio. Fanno altresì parte di detto patrimonio le opere d'arte provenienti da donazioni o cessioni a qualunque titolo da parte di Enti o terzi.
I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dal presente regolamento.
Tutti gli altri beni patrimoniali del Consiglio regionale non compresi fra quelli rientranti nel patrimonio indisponibile, fanno parte del patrimonio disponibile.
I beni del patrimonio disponibile sono soggetti alla disciplina del presente regolamento.
I beni patrimoniali indisponibili che cessano dalla loro destinazione a un pubblico servizio o che non abbiano né possano avere particolare destinazione, passano al patrimonio disponibile con apposita deliberazione dell'Ufficio di Presidenza".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 25 è approvato.
Art. 26 (Conto del patrimonio) "Con riferimento a quanto disposto dall'art. 75 della l.r. 29/12/1981 n. 55, l'Ufficio di Presidenza invia annualmente alla Giunta regionale l'elenco con i relativi valori dei beni mobili inventariabili acquisiti dal Consiglio regionale nel corso dell'esercizio finanziario precedente".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 26 è approvato.
Art. 27 (Inventario dei beni mobili) "L'inventario del Consiglio regionale costituisce sezione dell'inventario generale della Regione Piemonte.
I beni mobili sono indicati nell'inventario del Consiglio regionale che deve contenere: a) la denominazione e descrizione dei singoli oggetti secondo la loro diversa natura e specie b) il numero di inventario attribuito ad ogni singolo oggetto, anche con numerazione discontinua per le eventuali esigenze del sistema meccanizzato di tenuta delle scritture c) l'ufficio o il locale in cui si trovano gli oggetti d) la classificazione in nuovo, usato, fuori uso e) il valore attribuito in base al prezzo di acquisto o di stima.
Non dovranno essere inventariati, ma semplicemente elencati a parte gli oggetti ed il materiale di facile consumo. Il servizio amministrazione del Consiglio regionale ha il compito di redigere l'inventario e di apportarvi le opportune modificazioni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 27 è approvato.
Art. 28 (Consegnatari dei beni mobili) "L'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale nomina i consegnatari dei beni mobili in rapporto all'ubicazione ed alla dislocazione dei vari uffici scegliendoli fra i dipendenti assegnati agli Uffici stessi.
I consegnatari sono personalmente responsabili dei beni ricevuti in custodia, fino a che non abbiano ottenuto formale discarico.
Ogni consegnatario tiene copia descrittiva dei beni ricevuti con l'indicazione del numero d'inventario e del valore assegnato al bene nonché del dipendente al quale il bene stesso è stato dato specificatamente in uso.
Il consegnatario vigila sulla buona conservazione e sul regolare uso dei beni stessi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 28 è approvato.
Art. 29 (Norma di rinvio) "Per la vigilanza, la ricognizione periodica, l'uso e la dichiarazione di fuori uso dei beni a disposizione del Consiglio regionale, si fa riferimento alla disciplina prevista dalla l.r. 23 gennaio 1984 n. 8 in quanto applicabile, intendendosi sostituita nei vari articoli l'espressione 'Giunta regionale' con 'Ufficio di Presidenza'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 29 è approvato.
Art. 30 (Contratti) "In materia di contratti per acquisti, locazioni, forniture somministrazioni, alienazioni ed appalti per le esigenze funzionali del Consiglio regionale, si applicano in quanto compatibili le norme della legge regionale 23 gennaio 1984 n. 8, intendendosi sostituite nei vari articoli le espressioni: 'Giunta regionale' con 'Ufficio di Presidenza' 'Presidente della Giunta regionale' con 'Presidente del Consiglio regionale' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 30 è approvato.
Art. 31 (Ufficiale rogante) "Per i contratti e gli atti previsti dall'art. 34, primo comma della legge regionale 23/1/1984 n. 8, il funzionario reggente la Segreteria del Consiglio regionale è l'Ufficiale rogante del Consiglio. L'Ufficio di Presidenza può designare a ricevere i contratti altro funzionario del Consiglio regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 31 è approvato.
Art. 32 (Abrogazione) "Le norme del presente regolamento si applicano a decorrere dal giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione e da tale data è abrogata la deliberazione consiliare 24 ottobre 1974 recante 'Regolamento per l'autonomia funzionale e contabile del Consiglio regionale in attuazione della legge 6 dicembre 1973 n. 853".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 32 è approvato.
Art. 33 (Norma transitoria) "In caso di modifica delle strutture del Consiglio regionale i compiti del Servizio amministrazione previsti dal presente regolamento saranno demandati alle strutture competenti per la gestione del patrimonio e del fondo di funzionamento del Consiglio regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'art. 33 è approvato.
Procediamo ora alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno relativo alla crisi della FIAT-TTG


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno firmato da tutti i Gruppi relativo alla crisi della Fiat-TTG. Il testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la grave crisi produttiva che attraversa la Fiat-TTG, con la dichiarazione di 540 esuberi su un organico di 1.660 lavoratori e con un ricorso crescente alla cassa integrazione guadagni considerato che tale azienda, inserita nel comparto della produzione di tecnologie per l'energia, riveste un'importanza strategica per una reale diversificazione produttiva e per il mantenimento di tecnologie qualificate nel nostro Paese rilevato il ruolo centrale che assume per l'economia della nostra Regione e del Paese, lo sviluppo del settore energetico ritiene necessario operare affinché il superamento della crisi della Fiat-TTG avvenga attraverso una ripresa produttiva, scongiurando il rischio di un ridimensionamento produttivo ed occupazionale a tal fine il Consiglio regionale impegna la Giunta regionale: alla presentazione del piano energetico regionale, con una valutazione delle ricadute produttive ed occupazionali a verificare con le parti sociali l'adeguatezza del sistema produttivo piemontese alle necessità di produrre tecnologie appropriate in rapporto agli obiettivi fissati dal piano energetico regionale, e favorire eventuali diversificazioni ed adeguamenti dell'industria piemontese a richiedere in tempi rapidi un incontro con il Governo per verificare le linee di attuazione del piano energetico nazionale e le sue ricadute produttive ed occupazionali".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.


Argomento: Acque minerali e termali

Ordine del giorno in merito alla crisi del termalismo in Piemonte


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PETRINI

Vi dò lettura dell'ordine del giorno firmato da tutti i Gruppi in merito alla crisi del termalismo in Piemonte: "Il Consiglio regionale preso atto della preoccupante crisi del termalismo italiano, che trova una sua accentuazione nelle stazioni termali piemontesi, di cui è sintomatico il fenomeno verificatosi lo scorso inverno ad Acqui con il primo caso, in Italia, di cassa integrazione per dipendenti di stabilimenti termali visto che la situazione è maggiormente aggravata dalla direttiva della Regione Lombardia datata 25/6/1984, con cui viene disposto che le impegnative per cure termali fuori dal territorio regionale possono essere rilasciate solo ad esaurimento delle potenzialità degli stabilimenti lombardi considerato che successivamente e limitatamente al corrente anno le Unità Sanitarie Locali lombarde sono state autorizzate, con una seconda direttiva al fine di evitare disagi ai cittadini già prenotati presso stazioni termali fuori Regione, a derogare al provvedimento in merito alle istanze presentate entro il 30/6/1984 preso atto che la caduta delle presenze nelle stazioni termali piemontesi oltre a fatti contingenti è imputabile anche a ritardi governativi e parlamentari per quanto concerne l'approvazione delle norme di legge relative ai patrimoni e pertinenze delle aziende termali ex Eagat, nonché agli impegni concernenti la classificazione e riqualificazione degli stabilimenti termali per quanto sopra il Consiglio regionale: dà mandato alla Giunta regionale di prendere contatti con la Regione Lombardia al fine di promuovere un riesame delle decisioni da quest'ultima assunte, in quanto discutibili dal punto di vista legale e dannose per il termalismo italiano dà altresì mandato alla Giunta regionale di valutare le iniziative politiche, in sede di Conferenza dei Presidenti delle Regioni, e legali ad assumere di conseguenza invita il Parlamento ed il Governo affinché siano adempiuti sollecitamente gli impegni previsti in relazione alle aziende ex Eagat e alla riqualificazione e classificazione degli stabilimenti termali".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Il Consiglio è convocato per il giorno 26 luglio prossimo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.0)



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