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Dettaglio seduta n.257 del 12/07/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Esame dell'andamento della spesa sanitaria regionale e dei conseguenti provvedimenti da assumere in relazione all'assestamento dei bilanci delle Unità Sanitarie Locali piemontesi" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo il punto sesto dell'ordine del giorno: "Esame dell'andamento della spesa sanitaria regionale e dei conseguenti provvedimenti da assumere in relazione all'assestamento dei bilanci delle Unità Sanitarie Locali piemontesi".
Ha la parola la collega Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Il collega Martinetti ha illustrato la posizione complessiva del Gruppo sul tema della spesa sanitaria, quindi circoscriverò il mio intervento all'ultima parte della relazione dell'Assessore Bajardi.
Debbo dire che noi siamo venuti a conoscenza dell'esistenza di questo progetto in modo inusuale, perché non è stata data in tempi opportuni informazione né alla Commissione consiliare né al Consiglio regionale.
Comunque, di questo progetto si parla ormai da molti mesi. In una riunione che si tenne in Regione il 30 maggio dell'anno scorso questo progetto è stato presentato alle UU.SS.SS.LL. e in allora, in una relazione di cui peraltro noi non abbiamo avuto copia direttamente, e che si riferiva al sistema informativo socio-sanitario, alla sua definizione e agli strumenti di realizzazione a livello di Unità Socio Sanitaria Locale, veniva ricordato come la Regione deve provvedere ad indirizzare ed organizzare la domanda pubblica nel settore informatico in particolare modo nel comparto sanitario, prendendo riferimento e spunto dall'allegato 5 della legge di piano laddove si parla del sistema informativo e in particolare della terza parte in cui si divide il sistema informativo, in questo allegato, cioè nel cosiddetto sottosistema informatico.
Quindi si diceva in quella relazione: "è indispensabile a tal fine oltre a definire una congrua disponibilità finanziaria, una serie di politiche di intervento relative all'hardware e software e alla formazione professionale necessaria agli operatori; va altresì precisato che all'interno del settore in cui si opera vanno definite alcune priorità e procedure di tipo amministrativo che appaiono le più compatibili".
Mi riferisco al documento che, essendo stato presentato alle UU.SS.SS.LL., può essere considerato un documento ufficiale e utilizzabile perché in quel documento, che in parte è ripreso nella relazione dell'Assessore di questa mattina, è compresa la politica dell'informatica del C.S.I. e della Regione che di fatto individua nella dimensione regionale una guida e un vincolo alle scelte autonome delle Unità Sanitarie Locali, con un vincolo finanziario da un lato e dall'altro con atteggiamenti che vorrei definire decisioni dei Comitati regionali di controllo, che talvolta appaiono più come giudizi di merito sulle scelte che non come giudizi di pura legittimità. Sempre della relazione dell'Assessore Bajardi alla riunione del 30 maggio 1983 apprendiamo che il progetto X-TEL prevede la realizzazione sul territorio regionale di una rete di collegamenti fra le Unità Sanitarie Locali e la Regione per lo scambio reciproco di informazioni testuali, circolari, relative de- libere.
"In pratica quindi l'USSL sarà dotata di una apparecchiatura poco più complessa di una macchina da scrivere elettronica che oltre a svolgere funzioni locali e di automazione del lavoro sarà in grado di inviare testi ad altre Unità Socio Sanitarie Locali e all'Assessorato regionale ovviamente riceverne".
Mi soffermo un attimo su questi aspetti perché nella relazione di questa mattina sulla spesa questa parte è stata trattata in termini sintetici; invece io credo che sia giusto e importante che in questa sede approfondiamo questo aspetto.
Si tratta di una parte innovativa della spesa sanitaria non marginale rispetto alla costruzione del sistema sanitario della nostra Regione.
Il sistema informativo non è un fatto secondario quindi su questo aspetto è opportuno fermare la nostra attenzione. Sempre nella relazione del 30.5.1983 è detto: "Le caratteristiche delle macchine e della rete consentono di inviare informazioni di tipo numerico o di ricevere altre informazioni accedendo agli archivi di interesse socio-sanitario presenti presso il CSI Piemonte".
Nel corso dell'anno 1983 devo dire, Assessore Bajardi, che mi è stato laborioso ricostruire tutto questo lavoro. Le strutture che un semplice e modesto Consigliere ha a disposizione e la carenza di documenti ufficiali forniti direttamente dall'Assessorato non ci agevolano.
Nel novembre del 1983 - e lo dico per informare i colleghi - si è ripreso il secondo punto non so se del progetto X-TEL o se del progetto complessivo informatico con la costituzione di una struttura per l'elaborazione dei dati a livello di quadrante. Questo progetto, che prevede una costituzione presso le quattro USSL, sedi di quadrante a livello piemontese Torino, Cuneo, Alessandria e Novara, di altrettanti centri che, oltre a servire le Unità Sanitarie interessate per i propri problemi di gestione o di automazione dei servizi, dovranno anche costituire un punto di riferimento per le Unità Sanitarie minori. Tutto questo è collegato con il Centro regionale di calcolo e integrato nella cosiddetta rete X-TEL. Questa struttura dovrebbe, nel tempo, essere utilizzata per la gestione dei bilanci e dei rendiconti trimestrali (gestione magazzini, personale, servizi di prenotazione e diagnostica strumentale). Secondo quanto precisato nella bozza di progetto X-TEL si dovrebbe avere un materiale compatibile a livello tecnico sia a livello di progetti IBM che a livello di materiale Olivetti.
Non vorrei annoiare con dati tecnici però il software di base dovrà essere, secondo quanto scritto sempre nella relazione della prima stesura del progetto X-TEL un IBM di OS VS o altri dati tecnici (linguaggio Cobol ecc.) protocollo di trasmissione BSC ecc. ecc. Lascio i dati agli esperti ma voglio soltanto dimostrare che quanto sto dicendo è stato oggetto non soltanto di un semplice esame in chiave polemica, ma ha cercato di andare anche alla radice delle questioni tecniche perché anche il Gruppo democristiano ha dei collaboratori, amici o persone addette al settore che hanno dato ai nostri Consiglieri un supporto tecnico utile per supportare le nostre considerazioni in modo che non siano demolibili. Inoltre nell'aprile del 1984, in una nota informativa l'Assessorato, dichiara che ha intenzione di "sostituire le macchine VCS 3030 in dotazione ad alcune Unità Sanitarie in comodato gratuito, con macchine della società Olivetti M40, sulle quali dovrà essere sviluppata, a cura della Regione, procedura di gestione di bilancio che sarà funzionante dal 1 gennaio 1985. Sono state sentite le Unità Sanitarie che fruiscono del VCS 3030 e tutte le Unità che fossero interessate possono aderire al progetto".
A noi risulta, Assessore Bajardi, e su questo vorremmo anche dei chiarimenti che gran parte delle macchine fornite, sono usate come semplici normali comunissime macchine da scrivere e non sono invece state attivate le potenzialità che queste macchine hanno.
Non solo, ma risulta anche che queste macchine non siano dal punto di vista tecnico, le più efficienti o le più "moderne", ma risulterebbero superate da altre tecnologie e da altre possibilità che la stessa Olivetti badi bene - ha allo studio o in produzione e che comunque altri hanno sicuramente già e che presso le Unità Sanitarie o presso altri enti pubblici in alcuni casi, sono già disponibili.
Questo ci preoccupa. Se così è - e lo pongo in termini interrogativi vorrei un chiarimento. E' vero, come mi potrà rispondere l'Assessore Bajardi, che la Regione ha una convenzione, non approvata dal Consiglio ma dalla Giunta, che impegna in un accordo complessivo Olivetti e la Regione per un certo numero di miliardi di spesa, e questo, in linea di principio non ci vede contrari, perché si cerca di valorizzare la produzione italiana, cioè prodotti che sono fabbricati in Italia che danno lavoro alle maestranze italiane e rappresentano dal punto di vista occupazionale una utile politica. Noi siamo favorevoli a questo perché se fosse semplicemente una operazione di commercializzazione di prodotti che vengono fabbricati all'estero (per esempio in Giappone) su tecnologie di altro stato o americano o giapponese allora la ragione che ci fa essere favorevoli all'accordo Olivetti-Regione verrebbe rivista alla luce di questi fatti quanto meno sul profilo della rispondenza tecnologica dei prodotti.
Desidero avere assicurazione dall'Assessore.
Il finanziamento del progetto X-TEL è previsto in due miliardi.
L'Assessore stamattina ci ha parlato di un miliardo di spesa e la Regione ha finora già acquisito i sistemi Olivetti ETS 1010 e li ha concessi in comodato gratuito alle Unità Sanitarie, mentre a carico delle stesse rimane il canone di manutenzione e il cosiddetto costo-linea.
A questo punto vorrei porre un altro interrogativo all'Assessore Bajardi. Come ben sa l'Assessore e saprà anche la Giunta, c'è in Regione una Commissione regionale per l'informatica, formata da tecnici e competenti in materia che ha come compito quello di esaminare preventivamente tutti i progetti di intervento in materia di informatica. A me risulta che questa Commissione da un anno non si riunisce e mi risulta altresì che non ha mai esaminato questo progetto. Se così è mi chiedo il perché. Questa Commissione tecnica che dovrebbe dare pareri sulle impostazioni che la Regione offre all'Unità Sanitaria attraverso il CSI perché non si è mai occupata di questi problemi? Se questo è vero ci sembra molto grave, ma poiché chi è che ha dato questa informazione è un componente della Commissione, credo che sia vera fino a prova contraria. Quel progetto del quale siamo venuti in qualche modo a conoscenza (essendo però progetti presentati ufficialmente all'Unità Sanitaria Locale non li abbiamo rubati nei cassetti), prevede per le UU.SS.SS.LL. di quadrante uno stanziamento di quattro miliardi che con i due precedenti costituiscono una parte dei venti miliardi dell'accordo Regione-Olivetti, a cui avevo accennato prima.
Tralascio di indicare le spese che sono a carico dell'USSL, le spese a carico della Regione, le spese a carico delle UU.SS.SS.LL. di quadrante che sono contenute nel prospetto.
Di fatto tutta la parte strutturale dovrebbe essere a carico della Regione, mentre tutta la parte di gestione e di manutenzione deve essere a carico dell'USSL di polo, per la parte invece di stretta competenza ovviamente delle UU.SS.SS.LL. di quadrante. Mi pare però utile ancora ricordare l'impegno di costo che è stato indicato in questo progetto.
Si parla di 700-800 milioni per l'acquisto del centro di calcolo, di 250 milioni per l'affitto annuo (in alternativa) e di 8 milioni per ciascun terminale.
Il canone di manutenzione è di circa il 10 % del prezzo di acquisto; 20 milioni per procedure e programmi e 130 milioni per i programmi di gestione.
Altri dettagli per i collegamenti telefonici e per le forniture e si parla di 600 milioni (300 per anno) per il personale, escludendo il personale interno facendo riferimento ai programmi nuovi, la direzione del programma, l'avvio e la manutenzione dei programmi ed altri. Dopo questa breve illustrazione dell'argomento vorremmo a questo punto entrare in alcune considerazioni tecniche e poi trarre delle considerazioni di tipo politico.
Noi riteniamo che questo progetto X-TEL così come viene presentato, sia carente per la parte che riguarda la trasmissione dei documenti e per la parte che riguarda la costituzione della rete informativa.
Anche dal punto di vista dei materiali (questa è una indicazione che ci hanno dato alcuni tecnici) pare che non si siano scelti nell'ambito dei macchinari forniti dalla Olivetti dei protocolli all'avanguardia. Per esempio, gli ETS 1010 non sono considerati all'avanguardia.
Inoltre, per il sistema scelto, pur essendo dotato di una memoria, è necessaria la digitazione, pagina per pagina e il collegamento monopolizza la linea ed obbliga quindi le UU.SS.SS.LL. a schedulare i turni di trasmissione. Leggo tecnicamente e testualmente per non dire sciocchezze dal punto di vista tecnico.
A questo punto vorrei dire che i rendiconti trimestrali, con tutta probabilità, arriverebbero più puntualmente per posta. Inoltre, con questo strumento e con questa struttura, gli operatori sono costretti a digitare più volte i documenti al terminale.
Se così è, non pare del tutto soddisfacente la scelta tecnica, pur nell'ambito di macchinari prodotti dalla stessa ditta.
Potrei fare altre considerazioni, ma mi pare che da queste già emerga che questo progetto oltre che presentare delle carenze tecniche forse soddisfa un bisogno inesistente perché con le attuali strutture le UU.SS.SS.LL. che sono già meccanizzate con un supporto informatico significativo, sono già in grado di fare quello che il nuovo progetto dovrebbe consentire.
Per quanto riguarda il progetto delle UU.SS.SS.LL. di quadrante, che è una parte integrante del progetto X-TEL vorrei fare delle considerazioni rispetto alle varie Unità Sanitarie Locali. La prima riguarda Torino.
Diciamo subito che dal punto di vista della meccanizzazione (ma non solo da questo punto di vista) la situazione torinese è caotica e disorganica.
La settimana scorsa è stato approvato un progetto di massima che prevede una spesa di circa cinque miliardi per il centro unificato di prenotazione con un avvio sperimentale su quattro ospedali, tre ambulatori ecc.
Il costo presunto di questa iniziativa, almeno così come è stato detto ai Consiglieri dell'assemblea dell'USSL è di circa cinque miliardi.
E' strano che nel progetto di cui oggi si parla non si faccia cenno a questa ipotesi di spesa che è finalizzata alla creazione di un centro unico di prenotazione per le analisi e per le visite specialistiche. Inoltre la situazione della USSL di Torino è: il bilancio è gestito presso l'ospedale Martini Nuovo, la gestione dell'anagrafe per la scelta e la revoca del medico è agganciata alla rete Siemens del Comune di Torino, la parte delle convenzioni è gestita dal CSI direttamente su apparecchiature Olivetti Tachi con software IBM.
Gli stipendi sono su sistemi precedenti e in più sul calcolatore elaboratore Honeywell delle Molinette e del CTO. A parte la decisione della scorsa settimana che però riguarda il centro prenotazione e non la parte gestionale dell'USSL. la situazione non è minimamente modificata dall'entrata in funzione della riforma anzi, semmai abbiamo una difficoltà di gestione amministrativa.
D'altra parte l'USSL di Torino, anche questa di quadrante, dovrebbe essere affrontata proprio in vista dell'esigenza di uniformare i vari sistemi all'interno del Comune di Torino e della struttura della USSL di Torino, ma come ben sa l'Assessore, questo non è un grosso problema perch in effetti i moduli dei vari sistemi, prodotti da varie ditte o dalla stessa ditta, sono in qualche modo compatibili per una convenzione internazionale per cui i vari moduli, tranne poche eccezioni, sono intercambiabili tra una struttura di elaborazione e l'altra. L'altra USSL di quadrante alla quale vorrei fare esplicito riferimento che ha le stesse problematiche è quella di Novara. Su quella di Alessandria mi soffermer più brevemente perché è l'USSL di quadrante che ha minori strutture, anzi le sta mettendo in piedi in questa fase, quindi non si pongono in questo caso problemi di sovrapposizione tra strutture esistenti e nuove strutture anche se pare - e lo dico in termini dubitativi - che il Presidente dell'USSL di Alessandria non sia del tutto soddisfatto e entusiasta del progetto.
Infatti nella deliberazione assunta dall'USSL di Alessandria si dice che si aderisce al progetto regionale, purché ciò non comporti un incremento di spesa sulle ipotesi che l'USSL ha allo studio.
Pare tra l'altro che anche le UU.SS.SS.LL. di Cuneo e di Novara abbiano deliberato con riserva che tutto questo non comporti aggravio di spesa o ulteriori oneri a carico dell'USSL.
Cuneo ha in corso una serie di procedure sul sistema hardware IBM S38 per una serie di attività, accettazione e movimento degenti, gestione anagrafica dei donatori di sangue, gestione anagrafica di dipendenti e paghe, gestione del tariffario e prestazione ambulatoriale, ripartizione delle compartecipazioni sanitarie, equipes sanitarie, partitario fornitori gestione impegno e pagamento degli introiti patrimoniali, ritenuta d'acconto sul lavorò autonomo, presalario per gli allievi delle scuole professionali.
L'USSL di Cuneo aveva in programma un ampliamento per inserire nell'area acquisto e magazzino, bilancio e contabilità e le farmacie esterne, mentre nell'area sanitaria sono previsti interventi per gestire anche la sanità.
E' il caso di ricordare che in questo momento noi stiamo parlando di una struttura che in realtà non mette in piedi un modo nuovo di gestire la sanità, ma semplicemente delle procedure per gestire la parte amministrativa della sanità.
Mentre il progetto dell'USSL di Cuneo aveva già previsto una serie di attività legate all'area strettamente sanitaria. Per quanto riguarda le conseguenze - mi riferisco a una relazione tecnica che l'USSL ha preparato e chic probabilmente è anche a conoscenza dell'Assessorato, ci sono difficoltà relativamente alla scelta dei locali e all'esigenza di gestione parallela dei due calcolatori per un periodo di tempo che non è sicuramente inferiore all'anno; difficoltà di predisposizione dei locali, di impianti elettrici, di impianti di condizionamento e di sonorizzazione.
Tutti oneri aggiuntivi perché c'è un sistema accanto al quale se ne deve far funzionare parallelamente un altro.
Se mi sbaglio prego l'Assessore di correggermi.
C'è il problema della verifica delle compatibilità delle linee di collegamento e infine tutta una serie di altri elementi in base al disegno dei collegamenti tra l'USSL di quadrante ed il Centro di calcolo regionale e le altre UU.SS.SS.LL.
Inoltre ovviamente c'è un problema di personale che diventa insufficiente, per cui si può stimare obiettivamente un raddoppio del personale attuale fermi restando di fatto gli attuali servizi.
Inoltre c'è il problema della formazione professionale. Il Centro di calcolo ha già attivato una serie di attività di formazione del personale ma pare che per fare un buon analista ci vogliano due anni.
Vorrei anche ricordare all'Assessore e anche ai colleghi che proprio nel settore dell'informatica il problema del reperimento del personale è particolarmente delicato.
Si tratta di professioni che non conoscono ancora fasi di disoccupazione, almeno per quanto riguarda il personale realmente qualificato, quindi rischiamo di trovarci di fronte ad una impalcatura che non troverà sufficiente personale qualificato disposto a occupare queste posizioni visti gli stipendi tabellari previsti dalle norme che regolano i contratti dei dipendenti regionali ed i dipendenti della sanità. Questo aspetto può complicare i problemi già esistenti. Circa i requisiti del personale c'è l'esigenza di ampliamento delle capacità e delle funzioni se si vuole rendere realmente operativo un sistema così coordinato.
Lo stesso discorso vale per Novara ed Alessandria: c'è ritardo nella realizzazione del sistema meccanizzato nella gestione delle UU.SS.SS.LL.
dovuto all'inserimento del progetto regionale e ci sono incertezze e dubbi sul fatto che questo strumento sia più efficace di quello attuale.
C'è l'altra difficoltà che vorrei sottolineare ed è quella della gestione di programmi applicativi, costruiti su un Data Base di grande sistema sovradimensionato in relazione alle esigenze locali che comporta un rilevante investimento e l'impegno di un alto numero di personale.
Faccio mio il quesito che è stato posto dall'USSL di Cuneo sui problemi che sorgono per il contenuto e la struttura degli archivi locali, il contenuto e struttura degli archivi centrali, il contenuto e la caratteristica dei flussi informativi da realizzarsi.
Per quanto riguarda le macchine Olivetti M40 date in comodato gratuito quanto ho detto precedentemente è già sufficiente per sollevare degli interrogativi.
Ma un altro dubbio ci viene dal fatto che pare che queste macchine non siano collegabili con il cosiddetto software di collegamento alla rete.
Per quanto riguarda i costi, dopo aver accennato alla proposta che la relazione sul progetto X-TEL presentata all'USSL conteneva, pare che le ipotesi di 700/800 milioni per quadrante per ogni centro siano eccessive e che si riferiscano ad una struttura sovradimensionata rispetto a quella prevista attualmente in funzione.
Le UU.SS.SS.LL. attualmente hanno mediamente un costo per i loro centri, completi di terminale, di circa 250 milioni; tenendo conto di canoni già pagati potrebbero essere riscattati con una spesa di circa la metà. Mi riferisco ai dati di Cuneo che sono quelli che ho a disposizione.
Dopo queste critiche mi pare giusto fare delle proposte alternative e delle considerazioni politiche. Intanto non possiamo tacere in questa sede politica che il sistema che si va predisponendo è un sistema di controllo rigido di ogni automazione periferica che si esercita attraverso il CSI e che i Comitati regionali di controllo sembrano avvalorare. Alcune Unità Sanitarie Locali, piccole o medie si sono viste respingere dai Comitati di controllo (Alba, Cuneo, Biella) alcune deliberazioni con la motivazione che non è materiale previsto dai protocolli del CSI.
Le affermazioni che abbiamo fin qui svolto dovrebbero indurre l'Assessorato ad una attenzione anche perché il progetto prevede di fatto un arresto dei programmi delle UU.SS.SS.LL. almeno quelle di quadrante per almeno tre anni, un aumento sproporzionato del personale addetto a queste attività per la necessità di riqualificazione, l'abbandono di strade già avviate che comunque non hanno dato luogo a inconvenienti, la creazione di nuove strutture mentre quelle attuali risultano sufficienti anche per i progetti X-TEL e di fatto l'assunzione dei programmi applicativi, preparati dal CSI Piemonte, adatti ad assolvere ad una minima parte delle esigenze locali e non inseriti in un progetto generale idoneo ad assolvere nel suo complesso le esigenze locali.
Di fatto quindi una perdita di autonomia delle UU.SS.SS.LL. nella costruzione del loro sistema informativo rispondente ad esigenze di gestione e di governo, e qui contraddice anche quanto è detto nell'allegato 5 del piano, dove si dice esplicitamente che le funzioni di governo e informative sono di competenza delle UU.SS.SS.LL. mentre le funzioni di integrazione, di programmazione e di orientamento sono di competenza regionale.
Inoltre c'è un impegno di risorse che è sproporzionato rispetto ai risultati che si conseguiranno e c'è la difficoltà che ho già accennato per l'assunzione del personale.
L'Assessore Bajardi afferma nella sua relazione sulla spesa sanitaria del primo trimestre 1984 che nella Regione Piemonte, in assenza di interventi governativi, può essere comunque intervenuta una maggiore sensibilità nei confronti della necessità di contenimento della spesa evidenziata dal governo dovuta ad una tradizionale e più radicata responsabilità amministrativa degli enti piemontesi.
Non vorrei che dalle considerazioni che ho cercato di sviluppare risultasse che questa "piemontesità" degli amministratori sia abbondantemente disattesa.
Pertanto, per non essere dal punto di vista della proposta assenti diciamo che la proposta alternativa può essere che la Regione organizzi un proprio sistema informativo: individui i poli di quadrante, ponga formalmente il vincolo per ogni programma e progetto di automazione dei sistemi informativi locali debbono essere concordati tra le UU.SS.SS.LL. di quadrante sia in grado di trasmettere i dati necessari al funzionamento del sistema informativo regionale e sia il supporto gestionale a tutte le UU.SS.SS.LL. che ne sono interessate.
Le risorse ingenti che la Regione è disposta a impiegare per fornire le 4 UU.SS.SS.LL. sede di polo di nuove attrezzature, possono essere impiegate per finanziare i programmi ed i progetti autonomamente avviati purché in grado di soddisfare ai vincoli di cui sopra.
In questo modo si consentirebbe a più UU.SS.SS.LL. di poter accedere ai finanziamenti regionali senza duplicare le strutture esistenti presso i centri di calcolo. Questo appunto per non contraddire quanto si era detto sulla gestione oculata.
Inoltre, dal punto di vista della procedura, riteniamo che le procedure scelte per l'acquisto di questo materiale siano anomale in quanto riteniamo che la Regione avrebbe dovuto, attraverso il proprio progetto elaborato dal CSI, dalla Commissione e dall'Assessorato nella loro autonomia, fosse oggetto di una gara di appalto tra tutte le aziende interessate, gara di appalto che avrebbe dovuto darci dei raffronti e dei riscontri e obiettivi sulla fattibilità del progetto con il solo vincolo di tenere conto delle strutture già esistenti in modo da utilizzarle al meglio del loro potenziale. In questo modo noi avremmo potuto verificare se erano realizzabili delle economie, i sistemi migliori (probabilmente non uno soltanto rigidamente preselezionato) col solo vincolo che ci sono dei macchinari già esistenti sia presso il CSI, sia presso le singole Unità Sanitarie Locali.
In questo modo la Regione, la Commissione, il Consiglio stesso avrebbero avuto la possibilità di verificare più correttamente le scelte.
La scelta invece di "attaccare" a quanto già esistente presso il centro regionale CSI una serie di strumenti e di strutture, ci sembra dal punto di vista tecnico e dal punto di vista economico quanto meno discutibile.
Invitiamo l'Assessore a riconsiderare quanto abbiamo evidenziato e a predisporre uno studio, un'indagine che ci consenta di scegliere e decidere tranquilli sul fatto che le dimensioni che daremo alle strutture sanitarie siano eccessive.
Sulla rivista "Oggi" è pubblicata un'intervista al prof. Gaetano Azzolina che riferendosi alla nostra Regione ha detto testualmente: "mi risulta che l'Assessore comunista della Regione Piemonte accetti le prestazioni di chirurghi olandesi che operano a Torino in una clinica privata che appartiene ed è gestita da uomini legati al suo partito. Questo proprio mentre nega l'assistenza obbligatoria economica ai pazienti che decidono di venire da me a Firenze. E' una chiara offesa al diritto costituzionale di scelta del cittadino".
Leggo questa frase testuale del prof. Azzolina e chiedo all'Assessore che, se è vera, la giustifichi, se non è vera dia querela.



MARCHIARO MARIA LAURA



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

L'argomento è stimolante però vanno puntualizzate alcune questioni fondamentali una delle quali è che siamo di fronte all'ennesima e assurda sceneggiata del Governo sulla politica sanitaria.
Mi riferisco all'iscrizione a bilancio di finanziamenti non adeguati per coprire le esigenze del 1984.
Ci sarebbe da ironizzare sull'atteggiamento del governo che da una parte stima una quantità di risorse e dall'altra ne iscrive a bilancio una quantità inferiore, ci sarebbe da ironizzare se non ci trovassimo di fronte ad una scelta gravissima che si ripercuote sulla nostra Regione in quanto mancano 250 miliardi per garantire l'assistenza fino alla fine dell'anno.
Il ritornello si ripete ogni anno. E' però un ritornello che fa parte di una strategia. Il messaggio che oggi dobbiamo lanciare all'esterno è questo: la Regione, se non intervengono fatti nuovi ed altri stanziamenti da parte del governo, rischia di non essere più in grado di garantire ai cittadini un loro diritto fondamentale, il diritto alla salute.
Ai 38.500 miliardi stimati dal Governo ha corrisposto un'iscrizione al bilancio dello Stato di 34.000 miliardi con una scelta di rigore falsa, a senso unico, perché penalizza le categorie sociali più deboli, quei cittadini che non hanno la possibilità di spendere centinaia di migliaia di lire o milioni per farsi curare nelle strutture private.
Alla società va detto con estrema chiarezza che il Governo deve intervenire con proprie risorse per far sì che in autunno nella Regione Piemonte non si chiudano i servizi e per pagare gli stipendi al personale del Servizio sanitario.
Questa vicenda assume aspetti grotteschi se la confrontiamo con l'atteggiamento del Governo assunto in ordine ai problemi fiscali.
Tre giorni fa il Ministro Visentini in un incontro con le organizzazioni sindacali ha fatto scena muta in merito al provvedimento per recuperare fiscalmente nell'area dell'evasione i 4.500 miliardi che servono per adeguare il Fondo sanitario nazionale, provvedimenti anch'essi previsti dal Governo nell'accordo del 14 febbraio cui due organizzazioni sindacali.
E' assurdo pensare di fronteggiare questa situazione facendo ulteriormente gravare sugli assistiti oneri per l'erogazione delle prestazioni.
La Regione fin d'ora deve dire che non attuerà nessun provvedimento relativamente ai tickets regionali se questa fosse la linea scelta dal Governo.
Dobbiamo affermare chiaramente che bisogna abolire anche i tickets esistenti che rappresentano una inaccettabile e vergognosa tassa sulla salute dei cittadini, tassa che ricade anche sulle prestazioni e sui medicinali fonda mentali per la cura di malattie gravi che spesso mettono le famiglie nell'impossibilità di giovarsi di cure, di prestazioni, di medicinali.
Chi tenta di risalire le cause dell'attuale situazione alla legge di riforma sanitaria ed alcuni echi si sono avuti anche questa mattina, lo fa per mascherare ben altre responsabilità, le responsabilità di quelle forze sociali e politiche che operano per la non attuazione della legge di riforma e perché si affermi una strategia controriformatrice tendente alla riduzione quantitativa e qualitativa della struttura pubblica a favore di quella privata.
In sostanza si tende ad affermare il concetto che il diritto alla salute vale solo per chi può pagarsi le cliniche private. Non c'è niente di più antidemocratico di una tale scelta. Bisogna prendere atto che è in atto uno scontro politico nel nostro paese e gli scontri bisogna affrontarli mobilitando le nostre forze. Per questo dico di rendere cosciente la società e le forze sociali della posta in gioco e dei rischi che corrono sulla erogazione dell'assistenza sanitaria. Che la posta in gioco sia alta è evidenziato dal fatto che secondo il Ministro della sanità il contenimento della spesa doveva basarsi sulla riduzione della spesa farmaceutica.
Ci sono però ritardi, incertezze, inadempienze nell'emanazione di norme adeguate per raggiungere questo obiettivo e si capisce. Su questa vicenda si scontrano molti interessi; quelli degli assistiti e quelli pubblici, che hanno interesse ad avere pochi farmaci ma efficaci, contro gli interessi della case farmaceutiche.
Incertezze, inadempienze, ritardi hanno dimostrato che a livello nazionale si è scelto di difendere gli interessi che non sono della collettività e dei cittadini. Ma c'è anche un problema di qualificazione della spesa che riguarda il Governo e le Regioni. Al contrario di altre Regioni l'incremento della spesa per il 1984 del Piemonte, è inferiore al tasso di inflazione.
La spesa farmaceutica ha avuto un andamento estremamente difforme tra le varie UU.SS.SS.LL. Occorre approfondire questo aspetto, capirne le cause ed intervenire con adeguate procedure di controllo in modo che i risultati positivi che si sono raggiunti in alcune UU.SS.SS.LL. siano estesi alle altre. Del resto come non rilevare che la spesa per l'assistenza ospedaliera continua a crescere, mentre quella della prevenzione è ancora una "cenerentola" della politica sanitaria.
Stenta ad affermarsi nel concreto, e non solo nelle parole, il concetto di difesa della salute intesa come difesa della persona perché non si ammali e dell'assistenza perché il malato recuperi lo stato sano.
Allora non si può ad esempio continuare a ripartire la spesa sanitaria in base alla spesa storica, ma deve essere ripartita sulla base delle reali esigenze e dei programmi delle UU.SS.SS.LL. alla cui base dovrebbero esserci i P.A.S. che non si capisce che fine abbiano fatto o perché le UU.SS.SS.LL. non li approntino ed i ritardi con i quali vengono approntati questi strumenti. Solo con questi salti di qualità nella gestione della sanità, con scelte adeguate per quanto riguarda l'uso dei farmaci, con il coraggio di difendere fino in fondo gli interessi della collettività si potrà arrivare all'effettivo contenimento della spesa sanitaria, alla reale qualificazione della spesa, problema che investe il nostro Paese e che sta di fronte a tutti, non solo al Governo, ma anche alle Regioni, alle UU.SS.SS.LL., agli enti locali, per rimediare ai quali però i segnali devono partire dal centro.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Biazzi. Ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Signor Presidente e colleghi, è importante discutere della spesa sanitaria anche a metà luglio, nonostante il calendario dei lavori del Consiglio regionale sia molto fitto di altri argomenti importanti. E' importante perché è un problema che tocca quasi tutti gli abitanti della nostra Regione, perché riguarda servizi che tutti potremmo o non potremmo utilizzare, servizi tra l'altro che generalmente sono pagati in anticipo con le trattenute sulle buste paga, o a pronta cassa con i tickets, che non possono essere più considerati solo come un filtro giusto e comprensibile per contenerne il consumo, spesso dannoso ed evitare eventuali sprechi. E' importante discutere della spesa sanitaria perché si tratta di discutere di gran parte del bilancio regionale e della spesa regionale ed è giusto dire alla nostra comunità quali sono i problemi, le difficoltà incontrate ed i limiti della nostra azione, come è stato gestito il denaro pubblico che ci è stato affidato, quali sono le prospettive che si presentano alla nostra comunità regionale. L'ampia ed esauriente documentazione che l'Assessore Bajardi opportunamente ha consegnato mette in grado il Consiglio e la comunità stessa di iniziare questa valutazione come è stato abbondantemente riconosciuto dagli intervenuti. E' opportuno quindi cercare di chiarire qui nella rappresentanza massima regionale i termini della spesa sanitaria anche per rendere giustizia alle centinaia e migliaia di amministratori ed operatori che sono impegnati a gestire i servizi sanitari con sforzi ed equilibrismi che derivano dalla provvisorietà dei provvedimenti nazionali via via adottati, che costringono gli amministratori in problemi che spesso poco hanno a che vedere con la gestione dei servizi e con lo sforzo per renderli migliori.
E' interesse quindi di tutti i Gruppi, di tutte le forze politiche cogliere l'occasione del dibattito anche per una campagna di informazione contro le deformazioni e le disinformazioni a cui noi assistiamo. Anche i giornali svolgono un ruolo molto spesso di disinformazione per quanto riguarda la spesa sanitaria, presentata troppo sovente come causa del dissesto delle finanze nazionali. "La Stampa" questa mattina in un articolo, che nel contenuto dava informazioni corrette aveva un titolo che in effetti andava nella direzione della disinformazione. La nostra valutazione sulla situazione della spesa sanitaria regionale è indubbiamente positiva e deriva da due dati molto semplici che l'Assessore e gli intervenuti hanno ricordato.
Ci troviamo di fronte a una differenza tra il riparto assegnato alla Regione Piemonte, in base alla legge finanziaria che prevedeva nel Fondo sanitario regionale 34.000 miliardi e il riparto che dovrebbe risultare in base alla stima fatta concordemente da Regioni e dal Ministero, è logico prevedere che potremmo avere questa integrazione di 326 miliardi, se ci muoveremo in modo adeguato. L'altro dato è che alla Regione Piemonte per pareggiare i conti si richiedono solamente 250 miliardi. In questa situazione ci troveremo a fine anno, secondo le nostre previsioni addirittura con un avanzo di amministrazione. Questo mi pare un elemento positivo, più ancora se teniamo presente che nella ripartizione del Fondo sanitario regionale la Regione Piemonte attinge meno di quanto gli compete in base alla ripartizione secondo i parametri relativi alla popolazione. Il dibattito è l'occasione per far conoscere questi dati di fondo e per discutere sui nodi che sono emersi per quanto riguarda la finanza relativa alla spesa sanitaria.
Per esempio molto spesso si parla di servizi gratuiti concessi indiscriminatamente, ma questa è una argomentazione che ha poco fondamento.
In effetti questi servizi sono pagati all'80 % secondo i dati del Ministero, secondo altri dati al 100 per cento. Si dice che si spende troppo per la sanità. Ma rispetto a che cosa si spende troppo? I dati indicano una percentuale riferita al prodotto interno lordo inferiore al 6 per cento, che sembra inferiore alla media della CEE e di altri Paesi cor quali potremmo confrontarci.
Anche la Corte dei Conti dà delle indicazioni e dei giudizi che si possono definire, con tranquillità, approssimativi, così almeno quelli pubblicati da "Il Sole 24 ore". La Corte dei Conti dice che sono stati sfondati tutti i tetti.
Rispetto a quali parametri, visto che le cifre ultime dicono che la spesa sanitaria era già stata valutata in partenza in queste dimensioni? Qualcuno sostiene che i guasti derivano dalla riforma sanitaria. A noi sembra che sia merito semmai della riforma l'aver messo in evidenza le numerose distorsioni. Sarebbe utile, ma non è questa la sede, avere un confronto tra lo stato dei servizi prima del 1981 e quello attuale nella Regione e nell'intero paese. A me sembra, in base ad un'esperienza empirica, che i servizi non sono diminuiti in questi anni. Certo, ci sono molte carenze, ma complessivamente si è andati avanti controllando l'espansione della spesa.
I dati forniti dall'Assessore sono chiari. Emerge un dato costante nel comportamento degli organi centrali per definire il F.S.N. e cioè che ci si è immobilizzati per anni e per mesi all'interno dei vari anni in un tira e molla ingiustificato che ha paralizzato molte energie che potevano essere utilmente messe a disposizione per interventi all'interno della ristrutturazione della spesa sanitaria.
Quante riunioni si sono avute su questi problemi, per arrivare a conclusioni che a nostro avviso erano prevedibili in partenza.
Per esempio, per il 1984, la legge finanziaria prevedeva 34.000 miliardi di F.S.N.; la stima concorde di Regioni e Ministero ne prevedeva 38.590. Venivano però proposti tagli di oltre 4.500 miliardi chiaramente impossibili. Dopo 6-7 mesi, ci ritroviamo così al punto di partenza, dopo perdite di tempo e di energie che si potevano evitare, guadagnando invece tempo nell'intervento per la ristrutturazione e la razionalizzazione della spesa sanitaria.
Certo, occorre anche intervenire sull'organizzazione e sulla razionalizzazione del sistema sanitario nazionale e del servizio sanitario regionale; ma sappiamo anche che non si può intervenire con pressapochismo ci vuole molta ponderazione per incidere efficacemente sui principali meccanismi di formazione della spesa e non tagli assurdi che creano solo confusione.
Siamo d'accordo sulle indicazioni contenute nella relazione generale presentata dal Ministero della sanità nel settembre scorso. Si deve intervenire sul comportamento prescrittivo dei medici, sull'organizzazione degli ospedali, sull'applicazione dei contratti, sull'acquisto di beni e servizi, sul ripianamento dei disavanzi e così via. Constatiamo che, dopo queste manifestazioni di volontà, non c'è stata un'azione concreta da parte degli organi nazionali per andare effettivamente in questa direzione. C'è il rischio di ritornare al rimborso delle spese a piè di lista. I problemi che abbiamo individuato indicano come sia necessaria una programmazione a livello nazionale che in alcune fasi potrebbe anche comportare costi aggiuntivi.
Certamente deve essere chiara negli indi- rizzi da perseguire e negli obiettivi da raggiungere. Il nodo ritorna nuovamente alla ripartizione del F.S.N.
Da questo dibattito è emerso che si deve arrivare alla definizione del F.S.N. al fine di evitare il rimborso a piè di lista e agganciare la determinazione del Fondo sanitario nazionale a parametri il più possibile certi. Se al termine del dibattito voteremo un ordine del giorno questo elemento dovrà essere evidenziato.
D'altra parte siamo in presenza di una serie storica di dati relativi a tre anni, quindi è possibile formulare dei parametri più precisi. Siamo al 6 per cento del prodotto nazionale lordo. Ricordo, per esempio, che quando si parlava di introdurre il F.S.N., il PRI proponeva un tetto massimo del 6,5. Oggi siamo al di sotto di quel massimo, quindi c'è la possibilità di intervenire in questa direzione.
E' stata abbandonata la strada degli accordi diretti fra Regioni e Ministero per la formazione del F.S.N. che dava luogo a mercanteggiamenti che non sempre tenevano conto dell'effettiva necessità della riorganizzazione del sistema sanitario nazionale, per cui l'aggancio al prodotto interno lordo, alle entrate o ad altri sistemi analoghi è un'esigenza ormai improcastinabile.
Occorre raggiungere un regime che permetta da una parte di avere un F.S.N. con determinazione certa e dall'altra di ripartire questo fondo secondo criteri di riequilibrio della spesa sanitaria sull'intero territorio nazionale. Ovviamente dovrà essere affrontato il problema del deficit arretrato che nessuno sa a quanto ammonti: chi dice 4000 miliardi chi dice 7000 miliardi; a Viareggio il rappresentante del Governo nell'ottobre scorso, aveva parlato di 12.000 miliardi. E' anche opportuno parlare del capitolo delle entrate spesso trascurato dalla pubblicistica che tratta la spesa sanitaria.
Raramente si fa una comparazione tra le entrate e le uscite della sanità.
I dati del Ministero della sanità dicono che le entrate del F.S.N.
previste nel 1983 per le contribuzioni INPS ammontavano al 74 per cento dell'intero Fondo. Se si aggiungono le entrate da contributi dei dipendenti statali od altri si arrivava a circa 20.400 miliardi, a fronte di 28.500 miliardi del Fondo previsto (l'85% della spesa che confluiva all'interno del F.S.N.).
Ma oltre a queste contribuzioni, che già arrivavano all'85%, va considerata la parte che i lavoratori dipendenti pagano per le prestazioni che ricevono dal Servizio sanitario stesso, a mezzo dei tickets.
Infine va rilevato che i contributi dei lavoratori dipendenti da aziende private sono nell'ordine del 13-14-15%, mentre lo Stato non contribuisce in modo adeguato alla formazione del F.S.N.: infatti paga solo l'8,25%. Con questa differenza di contribuzione tra Stato e privati si potrebbe quasi pareggiare il F.S.N. stesso. Su questa differenza tra l'altro ci sono problemi di incostituzionalità.
Un'altra distorsione nel nostro Paese è rappresentata dalla differenziazione esistente tra la contribuzione dei lavoratori dipendenti e quella degli artigiani e commercianti, i quali pagano solo il 3% sul reddito IRPEF accertato nell'anno precedente più una cifra fissa attorno alle 250.000 lire annue.
I professionisti hanno le stesse aliquote. Questo ci indica che se fossero adeguate le varie contribuzioni probabilmente il F.S.N. verrebbe pareggiato con le entrate proprie. Queste distorsioni vedono i lavoratori dipendenti che pagano più del doppio o più del triplo rispetto ad altre categorie di cittadini. L'accertamento del rapporto entrate-uscite potrebbe essere un tema importante per servizi giornalistici anche a livello regionale, per far comprendere come funziona la spesa sanitaria all'interno del Piemonte. La Regione ha chiesto all'Inps del Piemonte i dati relativi alle varie contribuzioni. La richiesta è stata girata a Roma. Non se ne è saputo più nulla! In conclusione mi pare di poter dire che la spesa pro-capite in Piemonte è inferiore alla media delle altre Regioni. E' una spesa in diminuzione, una diminuzione che si è accentuata nel primo trimestre del 1984, pur con tutte le cautele con cui devono essere presi questi dati.
Con le iniziative che le Regioni portano avanti in questo periodo per ottenere un decreto di rifinanziamento del F.S.N. questa spesa pu presentare addirittura un avanzo.
Quali prospettive ha il Piemonte? Probabilmente avrà meno problemi di altre Regioni: diminuzione della spesa, un possibile avanzo, un aggancio alla linea di tendenza di tutte le Regioni per arrivare ad una ristrutturazione della spesa sanitaria dalla quale il Piemonte sarà avvantaggiato.
Quindi i risultati sono positivi.
Certamente derivano da una radicata responsabilità amministrativa degli enti piemontesi, come è detto nella relazione dell'Assessore ma questo risultato è anche il frutto di un rapporto positivo tra Regione e comunità.
Rimangono aperti molti problemi, quello del riparto interno che deve essere avviato su nuove basi. Il Piemonte è tra le poche Regioni che hanno approvato una legge per riequilibrare la spesa. L'obiettivo è quello di ottenere questo riequilibrio nel giro di 6 anni. Occorre proseguire celermente su questa strada, l servizio di automatizzazione dell'informazione mi pare possa dare un contributo consistente in questa direzione.
Non sono in grado di entrare nel merito delle osservazioni che la collega Bergoglio ha fatto sulla scelta di questo sistema. Mi pare in ogni caso di cogliere nella proposta politica che la collega ha fatto una concordanza sostanziale con le iniziative della Giunta.
Su questo problema parlerà comunque l'Assessore.
In conclusione mi sembra che i presupposti per un riequilibrio della spesa sanitaria e delle risorse nella nostra Regione ci siano. L'Assessore Bajardi ci invita a leggere i dati con prudenza. Spesso i dati del primo trimestre sono contraddittori anche tra di loro. Per esempio all'interno di una stessa area la spesa farmaceutica è diminuita del 62% come a Borgo San Dalmazzo e del 72% a Mondovì. C'è anche da chiederci com'era prima questa spesa farmaceutica e se erano possibili tagli così radicali.
Invece a Fossano è aumentata del 44%, a Saluzzo del 30 %. E' giusto quindi vedere i dati globalmente e complessivamente prima di trarne delle indicazioni di fondo. Elementi positivi emergono però con forza. Questi risultati positivi sono stati ottenuti grazie alla collaborazione fattiva tra la Regione e gli Amministratori locali. E' utile continuare su questa strada visti i risultati positivi raggiunti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La discussione generale è conclusa. Per le conclusioni ha ora la parola l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Ringrazio i colleghi che sono intervenuti. Certo, i tempi stretti che pone la Presidenza sono un ostacolo per chi deve concludere un dibattito così importante. Assicuro i colleghi che ho apprezzato le critiche di cui ho preso puntualmente nota. In seno alla V Commissione, ma anche in Consiglio, avremo modo di riprendere questi argomenti e di verificare le evoluzioni. Con l'avvio del sistema informatico X-TEL sarà possibile una più ampia circolazione di informazioni. Sarà utile collocare un terminale anche presso la V Commissione per favorire l'accesso immediato delle informazioni.
La gestione della sanità è una casa di vetro relativamente alle informazioni amministrative. I dati sono resi pubblici trimestralmente ai vari livelli, come in nessun altro comparto della pubblica amministrazione.
L'accesso ai rendiconti trimestrali con il ritardo di un mese, che permette alle UU.SS.SS.LL. di chiudere i loro conti e di trasmetterli ai Ministeri della sanità e del tesoro e alle Regioni contemporaneamente avvia un processo di informazione rilevante.
La responsabilità globale dell'aggregazione delle informazioni è delle Regioni com'è previsto dalla legge 833. Vi fu un caso di defaillance che è stato oggetto di discussione in questo Consiglio: un ritardo nella trasmissione dei dati di Otto giorni che ci è stato immediatamente fatto pagare con una decurtazione nella assegnazione trimestrale, recuperata poi in quella successiva.
Mi chiedo se alle Regioni che non hanno ancora trasmesso i rendiconti del primo trimestre 1984 è stata applicata la stessa censura. Certo fu una occasione ghiotta per poter colpire il Piemonte, la nostra Regione, come la Lombardia.
La responsabilità dal punto di vista pratico non è dell'Assessore alla sanità, ma lo è dal punto di vista politico, abbiamo quindi trovato i rimedi in modo che non abbia più a verificarsi.
Vorrei precisare che il sistema informativo e il sistema informatico sono due cose sostanzialmente diverse. La collega Bergoglio non me ne voglia, ma il suo intervento è stato incentrato sul sistema informatico al servizio del sistema informativo.
Vado subito alle sue raccomandazioni. La raccomandazione di ordine politico è sul comportamento dell'amministrazione regionale. Sono disponibile con i miei collaboratori a verificarlo sulle concrete situazioni. Quanto alle valutazioni relativamente alla procedura, devo dire che l'Assessorato, con propria deliberazione, si è inserito nella convenzione Regione-Olivetti. Le valutazioni di ordine tecnico sono state date dal CSI.
Non sono in grado di sapere se le procedure interne del Centro hanno rispettato quei riferimenti che la collega richiamava nel suo intervento.
Non bisogna ignorare che la convenzione Regione-Olivetti offriva uno sconto del 42 per cento sul costo delle attrezzature, sconto più rilevante di qualsiasi altro mai verificato in qualsiasi attività.
Sono comunque pienamente disponibile ad affrontare una discussione di ordine tecnico in qualsiasi sede. Mi permetto solo di fare un rilievo in relazione al riferimento alle macchine BCS 3030 che starebbero in cambio con delle M40 in comodato gratuito. Queste macchine sono state acquistate nel 1979 dall'amministrazione regionale. Molte UU.SS.SS.LL. hanno richiesto di cambiare queste macchine con altre più aggiornate.
Le macchine in comodato attribuite alle UU.SS.SS.LL. erano 17, altre 5 UU.SS.SS.LL. hanno chiesto di potersi inserire in questo meccanismo; quindi l'ipotesi massimale, se si realizzerà per le altre 17 è di 22 M40 in comodato d'uso.
Il sistema informatico X-TEL è un sistema di trasmissione di messaggi che sostituisce la trasmissione di messaggi postali e di messaggi che in qualche Regione è stato individuato con i file copiers, con un sistema più sofisticato che possa essere usato anche per la trasmissione dei messaggi contenenti dati quali sono le rendicontazioni trimestrali, con la possibilità di inserirli nel sistema di informazione generale, quindi di accesso alla banca dati della Regione sia di tipo socio-sanitario che di tipo socio-economico.
Si tratta di un processo graduale diverso dalla organizzazione dei sistemi informatici delle UU.SS.SS.LL. dove abbiamo assunto una proposta di operare nei poli di quadrante che sono punti concentratori di informazioni dal livello periferico al livello regionale.
Si tratta di linee telefoniche commutate e di linee non commutate. Ogni UU.SS.SS.LL. richiede la linea nel momento in cui ne ha bisogno.
L'Assessorato è collegato permanentemente con i poli di Torino, Novara Alessandria, Cuneo.
E' possibile sostituire la centrale telefonica con un lavoro che veda integrare le scelte informatiche delle UU.SS.SS.LL. con l'unico vincolo delle tecnologie, intese come sistemi di trasmissione non come marca di tecnologia. Tutti i calcolatori sono compatibili gli uni con gli altri. E' la classe del calcolatore che ha un vincolo per cui nello stesso tempo è sistema di concentrazione per X-TEL e macchina dell'USSL per soddisfare le sue esigenze.
Non ci sono vincoli regionali solo gli standards debbono essere soddisfatti, al di fuori dei quali l'USSL è autonoma di fare ciò che ritiene. E' un'operazione con vincoli tecnici, non di marca delle fabbriche, quindi l'operazione è lasciata alla piena autonomia delle UU.SS.SS.LL.
E' vero, quando una USSL capoluogo di quadrante ritenesse di non accedere a questa impostazione, vi è il problema tecnico del trasferire le informazioni, raggruppate secondo particolari criteri, al sistema informatico regionale organizzato con il X-TEL.
Per evitare questo passaggio che comporterebbe duplicazione di macchine, c'è l'invito a ragionare su una sola macchina che possa eseguire tutte le operazioni. L'acquisto, la scelta, sono questioni loro. E' fuori di dubbio che nel momento in cui la scelta cadesse su tecnologie Olivetti qualora ci siano, cercheremo di far rispettare la convenzione Regione Olivetti per gli abbattimenti di costi a cui la Olivetti si è sottoposta.
In ogni caso sono procedure autonome a livello di UU.SS.SS.LL. nei confronti delle quali la Regione non interferisce. Se vi fossero delle valutazioni diverse sono pienamente disponibile ad esaminare altre ipotesi.
Vorrei dire qualcosa sull'intervento del prof. Azzolina.
La clinica a cui si fa riferimento è la clinica Pinna Pintor, che non è convenzionata con il Servizio sanitario nazionale e regionale. Nessuna richiesta di convenzionamento è mai pervenuta al sottoscritto. Quindi non ha nessun rapporto finanziario con la Regione per quanto riguarda la cardio chirurgia. Quale vantaggio può trarre in questa situazione il proprietario delle clinica? Il sottoscritto è legato si da amicizia e molti lo sanno sorta però in tempi non sospetti quando Plinio Pinna Pintor, giovane studente universitario, era partigiano come lo ero io. Dopo di allora ognuno ha fatto la propria strada, molto diversa; io operaio, poi dirigente politico e amministratore regionale, lui medico che ha ereditato la clinica del padre.
L'attività ispettiva è un'attività tipica svolta dalle UU.SS.SS.LL.
verso le strutture private. Non mi risulta che ci siano degli olandesi, ma cittadini italiani che operano e che lavorano in giro per il mondo; nulla esclude che ci siano anche altri cittadini italiani che nel loro rapporto professionale libero non hanno nessun vincolo con l'amministrazione regionale.
Il Prof. Azzolina mi aveva ripetutamente attaccato perché non era stata convenzionata la clinica Cellini. Il Dott. Azzolina vaga per l'Italia adesso mi rimprovera da Firenze. Io lo consideravo ancora un chirurgo della clinica Cellini. Aveva vagamente tentato di farmi cambiare idea con metodi ben più pesanti di quelli che sono stati oggetto dell' intervista su "Oggi". Non sono ricorso al Magistrato perché non ho l'abitudine di dare risonanza a coloro che oltre ad avere una indubbia abilità professionale hanno anche una notevole capacità giornalistica e televisiva.
Se denuncio o meno Azzolina è un problema che riguarda me personalmente, ma io non ho mai fatto ricorso a questi metodi. Al collega Gastaldi voglio assicurare che non esistono più debiti sommersi perché il consolidato al 31/12/1983 ci rassicura che, al di là di qualche marginale incompetenza che può esserci sempre, non siamo più in presenza di questo fenomeno.
E' sorto il problema di Novara perché c'è l'incrocio del consolidato alla fine dell'anno che ha fatto mettere in evidenza diversità di criteri contabili (che i Co.Re.Co passavano e questo commettendo degli errori) ma che, nel momento in cui un atto amministrativo nazionale blocca una certa data, allinea tutti; a chi come la USSL di Novara in quel periodo aveva uno slittamento dei pagamenti, sono sorte delle cifre da fanta-politica.
Per Novara e per qualche altra USSL ci sono delle sfumature di tipo locale con interpretazioni contabili che possono anche essere legittime per i dirigenti ma che non dovrebbero essere assunte uniformemente. Non è un fatto patologico, è una questione che deriva da una situazione particolare in cui compariamo dei dati che non sono comparabili.
Questo è un caso limite. Il collega Gastaldi ha posto la questione di definire il ruolo della spedalità privata, questione che mi trova particolarmente sensibile.
E' fuori di dubbio che nei confronti di quelle attività private che non hanno fine di lucro il discorso deve essere affrontato, ma si deve affrontare anche nei confronti di quelle che hanno fine di lucro distinguendo però le due posizioni.
Il problema della popolazione medica pone il nodo delle incompatibilità che rappresenta l'unico strumento per offrire un nuovo sbocco occupazionale a quella fascia di medici disoccupati. Nella nostra Regione questo tipo di disoccupazione non raggiunge i limiti di altre Regioni. Per esempio nella Regione Liguria i medici disoccupati sono il triplo. Grazie all'associazionismo circa 2.000 medici sono entrati in servizio negli ultimi tre anni.
Mi interessa molto il senso del discorso del collega Martinetti. Mi preme intanto evidenziare che il sostanziale equilibrio tra i quadranti lo abbiamo gradualmente avviato dal 1981. Oggi il punto cruciale è sul riequilibrio all'interno del quadrante. La possibilità di disporre di dati disaggregati ci permetterà di fare un salto di qualità. Come ho già detto in sede di Commissione, si tratta di superare i vincoli della legge 595 che organizza la contabilità dell'USSL; in ogni caso non ci impedisce una gestione extra contabile, il passaggio alla contabilità dei costi per fonte di spesa e per fonte di responsabilità, per passare al budget articolato non solo per USSL ma per reparto, per servizio, per divisione, per ogni unità funzionale, evidenziando i centri di costi, quelli multizonali di prevenzione che devono avere una attenzione particolare.
L'approfondimento della contabilità dei costi ci fornirà delle informazioni attraverso le quali approfondire l'esame, prospettare atti legislativi ed amministrativi di competenza regionale.
In qualche USSL si è operato bene, un po' meno in altre. Credo che dobbiamo operare con il consenso, cercando di convincere che ogni operazione non sia labile, che non viva tre mesi o sei mesi, che sia una operazione che conquisti non solo gli amministratori dell'USSL ma tutti gli operatori. Proprio oggi la Giunta regionale ha approvato un disegno di legge che passerà nelle prossime settimane all'esame della Commissione e del Consiglio, con il quale propone un meccanismo di coinvolgimento degli operatori per superare la distinzione tra amministratori ed operatori in un processo che non crei corpi separati.
Sono proposte perfettibili che tentano di dare una risposta partecipativa agli operatori ed ai cittadini. Il Gruppo del M.S.I. ha presentato una proposta di legge sull'istituzione del Difensore civico nella USSL. In autunno potremo ragionare attorno a questa proposta.
La dimensione per risolvere i problemi generali è quella nazionale, a livello regionale però dobbiamo fare il nostro dovere, portare avanti il discorso del contenimento della spesa, del miglioramento e della riorganizzazione dei servizi, della riorganizzazione dei Comitati di gestione, dell'uso corretto del contratto.
Alla collega Cernetti vorrei rispondere dicendo che esiste un duplice problema: il ritardo dei provvedimenti governativi e la scarsa attivazione delle UU.SS.SS.LL.
Complessivamente però registriamo un contenimento della spesa in Piemonte con una previsione di passività inferiore alla media. Su questo non alzerei assolutamente nessuna bandiera perché la sanità può creare delle sorprese proprio per quel discorso di ordine generale secondo cui noi possiamo assumere degli orientamenti ma i decisori della spesa sono in altra sede.
Il rapporto con questi decisori della spesa non può e non deve essere un rapporto amministrativo fiscale, ma deve essere un rapporto sanitario perché gli effetti di questo contenimento saranno interpretati domani da quei cittadini che possono dal contenimento burocratico trarre dei vantaggi delle valutazioni di ordine psicologico che possono essere assunte come indicazione di lavoro nel momento in cui con questi cittadini si fa un discorso generale in relazione a concetti di consumismo che tra gli addetti ai lavori sono facilmente acquisiti, ma che non possono cascare sulla testa dei singoli.
Sono profondamente convinto che non vi sono connessioni con il problema delle entrate del Servizio sanitario. La differenza fra le entrate che derivano dai contributi dei cittadini e le spese del Servizio sanitario non è così rilevante come si vuol far credere: sono pochi miliardi.
Sarebbe opportuno percorrere la strada della valutazione del peso delle evasioni fiscali, non per ricostituire il fondo delle mutue, ma per fare un tipo di contabilità sulla quale si sta cercando di fare luce.
Secondo me già oggi è possibile nel nostro paese l'auto-finanziamento del Servizio sanitario rifuggendo dagli espedienti del ticket, che è un aspetto amministrativo più che sanitario. C'è poi il problema della pianificazione nazionale con i relativi standards e la evoluzione a livello regionale di questa impostazione. La proposta di legge sui vincoli e sulla pianificazione regionale, giacente in Parlamento, anche se ancora non è legge è stata assunta dall'Assessorato come vincolo per l'elaborazione e l'arricchimento delle proposte per il piano nel 1985/1987. La politica degli investimenti e la politica della spesa finalizzata triennale contenute nella legge finanziaria rappresentano una variabile nuova.
L'unica leva che abbiamo a disposizione, oltre all'intelligenza e alla capacità di quanti operano nel Servizio sanitario, è la disponibilità per investimenti in attrezzature e in edilizia di tipo diverso.
La legge finanziaria ha commesso degli errori sulla spesa corrente, ma ha messo a disposizione del Piemonte per il triennio 84/85/86, 240 miliardi: 40 miliardi per il 1984 e 200 per gli anni 85 e 86 con i quali potremo compiere qualche cambiamento sensibile.
Ho illustrato in sede di Commissione un ordine del giorno conclusivo che contiene: la proposta di adozione di misure di contenimento della spesa, l'iniziativa assieme alle altre Regioni per accelerare l'erogazione dei fondi dal governo centrale, il mandato all'Assessorato di coordinare la fase di assestamento dei bilanci al fine di evitare situazioni laceranti nel corso dei prossimi mesi. Su questo ordine del giorno ho avuto proposte di emendamenti e se i Capigruppo sono d'accordo possono riunirsi per concordare una formulazione possibilmente unitaria.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Questo dibattito si concluderà con la votazione di un ordine del giorno. La bozza predisposta ha già raccolte le firme dei Consiglieri Bontempi, Cernetti, Mignone, Montefalchesi e Gastaldi.
Credo che se ne possa rinviare il voto a questa sera o a domani valutando l'opportunità di avere altre adesioni.
Il Consigliere Marchini chiede la parola. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Per mozione d'ordine sull'argomento da lei introdotto, mi pare quanto meno singolare iniziare il dibattito sul personale a quest'ora, suggerisco che la discussione venga rinviata a domani sostituendo l'argomento con l'esame del punto sulla variazione di bilancio.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Questa è una strada percorribile purché tutti i Gruppi siano d'accordo si dovrà rispettare l'ordine del giorno.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno presentato dai Consiglieri Montefalchesi, Brizio Marchini, Moretti, Di Gioia, Mignone e Vetrino inerente al biscottificio Wamar


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

E' stata richiesta l'approvazione urgente di un ordine del giorno che si riferisce al biscottificio Wamar.
Chiedo l'iscrizione all'ordine del giorno di questo documento.
Chi approva è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 46 Consiglieri.
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno, il quale recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la grave crisi che colpisce il biscottificio Wamar sotto l'aspetto finanziario (oltre 7 miliardi di deficit) e sotto l'aspetto produttivo (da 65 giorni lo stabilimento è presidiato dalle maestranze) nell'intento di unire tutte le forze politiche in difesa soprattutto dell'unità produttiva; essendo altrettanto noto che la Fondazione Gaslini di Genova sta trattando la vendita o la cessione sotto altro titolo della Wamar, e per coprire il deficit si intende alienare dai 12 mila ai 14 mila metri quadri di terreno, per i quali viene chiesta la variante d'uso al fine di poter realizzare un ricavato quanto più possibile vicino alle passività chiede queste garanzie: tutte le operazioni di vendita e di gestione dovranno garantire un assetto societario credibile e servire unicamente alla salvaguardia dell'esistenza dell'unità produttiva, ed alla garanzia degli attuali livelli occupazionali sia pure con l'ulteriore utilizzo, in qualche misura della cassa integrazione guadagni la concessione della variante d'uso, del terreno posto in vendita, va collegata senz'altro alla ripresa produttiva immediata.
Inoltre attende dalla proprietà, entro pochi giorni, una risposta che confermi quale tipo di gestione della Wamar subentrerà all'attuale, o meglio, chi sarà il nuovo imprenditore.
Impegna l'Assessore competente di concerto con la IV Commissione a seguire l'iter della crisi ed in particolare il rispetto delle garanzie sopra richiamate".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 46 Consiglieri presenti.


Argomento: Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Esame progetto di legge n. 363/bis: "Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali, in applicazione dell'accordo relativo al contratto nazionale di lavoro per il personale delle Regioni per il periodo 1982/1984. Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali n. 22/1974, 74/1979 e 5/1981"


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Punto quarto all'ordine del giorno: Esame progetto di legge n. 363/bis: "Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali, in applicazione dell'accordo relativo al contratto nazionale di lavoro per il personale delle Regioni per il periodo 1982/1984. Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali n. 22/1974, 74/1979 e 5/1981".
Il relatore è il Consigliere Valeri che ha la parola.



VALERI Gilberto, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi pare più opportuno, ai fini della discussione, concentrare la relazione sugli aspetti più salienti della legge di recepimento del contratto, evitando di indugiare minuziosamente su tutte le norme in essa contenute.
Cercherò cioè di concentrare la mia disamina, il più possibile sull'ossatura e sulla qualità dei problemi sottoposti alla nostra attenzione.
Il fatto che, rispetto al passato, esso sia stato firmato circa un anno e mezzo prima della sua scadenza il 31/12/1984, e due anni prima della scadenza dei suoi effetti economici, che avverrà il 30 giugno 1985, è positivo perché rende possibile una buona e rapida applicazione per certi istituti non ricontrattabili localmente, ed una applicazione ragionata e contrattata per gli istituti per cui è prevista la contrattazione regionale o aziendale. Va purtroppo rilevato che l'aver teso da più parti a rimettere in discussione aspetti non marginali del contratto, per forzarne i contenuti, ha concorso a determinare ritardi e contraddizioni.
Vale rilevare, circa i contenuti contrattuali, che la parte economica fa registrare una decisa rivalutazione degli stipendi dei quadri e dei dirigenti, mentre rimangono a livelli di pura sussistenza gli stipendi delle qualifiche più basse, allineati tuttavia ai minimi del settore industriale, il quale ha però in sé altri meccanismi integrativi di aggiustamento.
Per quanto riguarda il meccanismo di indennità del massimo livello dirigenziale, contiene per la Regione ancoraggi a valutazioni di merito professionalità e responsabilità abbastanza precisi, che possono consentire di premiare tali qualità in maniera del tutto nuova e impensabile fino a tre, quattro anni fa.
Circa le norme sulla mobilità e sui trasferimenti, se ben governate possono aiutare quella flessibilità nell'uso della forza lavoro di cui tanto si parla, e ciò in direzione, anche, del congiunto soddisfacimento di esigenze espresse dai lavoratori.
Tutta la normativa sull'accesso e sulle progressioni di carriera mentre da un lato appare persino eccessivamente garantista per gli interni e troppo limitativo dell'accesso dall'esterno e della attivazione di positivi processi di interscambio, appare dall'altro lato troppo rigida per le aree nelle quali è possibile la progressione di carriera, obbligando a meccanismi contrattuali complessi, lunghi e ripetuti. Inoltre non è contemplato il ricorso diretto all'Ufficio di collocamento per l'assunzione dei primi livelli, così come richiesto e autonomamente adottato dal Comune e dalla Provincia di Torino. In proposito, è prevalsa l'impostazione burocratica dei dirigenti ministeriali.
Nel complesso, comunque, un buon contratto, con alcuni istituti che appaiono addirittura più avanzati delle capacità medie locali di recepirli mentre, per altro verso, non ha di fatto recepito figure professionali nuove che il mercato va costruendo, soprattutto nel settore informatico.
Buono, anche per il suo essere tramite e ponte verso norme migliori, che gli spazi di sviluppo autonomo a livello regionale e locale della contrattazione di importanti norme potranno stimolare e in parte anticipare. Sviluppo autonomo, ovviamente, nell'ambito dei vincoli contrattuali.
Più in generale, mi pare importante sottolineare come il contratto, da cui trae origine e fondamento il disegno di legge in discussione, contenga non trascurabili novità rispetto ai precedenti. Novità che, pur con limiti ed insufficienze, appaiono sufficientemente coerenti con l'intento di fondo, voluto da entrambe le parti contraenti, di rendere la normazione del rapporto di lavoro funzionale ad una ridefinizione, pur in carenza della riforma delle autonomie, del ruolo delle Regioni. E ciò nel senso, anche in quest'aula numerose volte auspicato da tutte le parti politiche, di una progressiva ma più decisa politica di delega delle funzioni amministrative gestionali agli Enti locali, da accompagnarsi con l'attivazione delle condizioni atte ad accrescere e qualificare l'esercizio da parte delle Regioni delle loro peculiari e fondamentali competenze in materia di programmazione, legislazione ed indirizzo.
Una finalità, questa, il cui conseguimento presuppone evidentemente un concorso di condizioni politiche e legislative, di cui quelle connesse al funzionamento della macchina regionale rappresentano soltanto una parte.
Una parte tuttavia che tende a crescere di importanza nella misura in cui come sta accadendo, i problemi di qualificazione e di professionalità che il personale pone vengono oggettivamente a saldarsi con le esigenze di maggiore efficienza ed efficacia degli interventi, così come noi stessi le sentiamo e come i cittadini le esprimono nei riguardi delle istituzioni.
In questa ottica vanno certamente raccolti a livello politico gli stimoli provenienti dalle nuove normative contrattuali in materia di mobilità del personale, di costituzione della dirigenza, di crescita della professionalità e di processi di riconversione della stessa in funzione della mobilità, di valutazione della produttività, e, più in generale provenienti dal rilievo che il contratto assegna ai problemi dell'organizzazione del lavoro. Stimoli che, in fondo, delineano la seconda finalità di fondo del contratto: quella di far assumere ai problemi del funzionamento della macchina pubblica, nel nostro caso regionale, il rilievo di una grande questione politica e di governo, dalla quale molto dipende la realizzazione di quella ridefinizione e di quel rilancio del ruolo regionale cui prima accennavo.
I due temi si intrecciano strettamente essendo evidente che la determinazione delle scelte e la loro fattibilità non consentono una separazione troppo netta fra politica ed amministrazione; al contrario ne postulano un rapporto stretto, anche se distinto nelle funzioni e nel genere di responsabilità che ne conseguono. Qualsiasi sottovalutazione di ciò avrebbe quale conseguenza un accentuarsi della deresponsabilizzazione degli apparati, ulteriori cedimenti al tradizionale scambio fra bassa professionalità-basso rendimento-bassi salari, l'impossibilità di superare le sacche di inefficienza e di inefficacia.
Se questi sono gli aspetti principali evidenziati e proposti dal nuovo contratto, la Giunta regionale, per recepirlo, aveva a disposizione due strade: quella di un puro e semplice recepimento, trasponendo meccanicamente in forma legislativa il dettato contrattuale, oppure assumere quest'ultimo a base di un più impegnativo lavoro di definizione di situazioni critiche e precarie esistenti all'interno dell'apparato regionale, nonché di estrinsecazioni di soluzioni attuative di alcuni capitoli fondamentali, quali quello della dirigenza ad esempio, tali da compiere un ulteriore passo in avanti nella direzione delle finalità indicate dal contratto.
La Giunta ha scelto la seconda via, esperendo la necessaria contrattazione con le organizzazioni sindacali e mirando a dare una risposta positiva anche ai delicati e complessi problemi derivanti dall'esistenza all'interno della Regione di situazioni trascinatesi negli anni ed originate dai caratteri non certo rettilinei che hanno contraddistinto il processo di formazione degli apparati, e con personale proveniente da una molteplicità di uffici ed Enti, l'esistenza di una vasta gamma di professionalità diversamente inquadrate e di dipendenti precari a vario titolo.
Peraltro questo sforzo della Giunta ha incontrato limiti oggettivi nella rigidità dimostrata dal governo nei confronti delle leggi adottate in materia da altre Regioni e di cui si è dovuto tener conto onde evitare il più possibile il rischio di rinvio della legge. All'interno di questi vincoli esterni e nello spirito della normativa dettata dall'accordo contrattuale si è cercato di introdurre quegli aspetti e quei meccanismi che meglio servono ad adeguarla alle locali esigenze dell'Ente, senza precludersi la possibilità di futuri adeguamenti alle rinnovate condizioni strutturali dell'Ente. Si è trattato quindi di affrontare alcuni nodi e scelte politiche su problemi di carattere generale, che hanno impegnato da un lato la Giunta nell'interpretazione delle istanze che emergevano dalla contrattazione con le organizzazioni sindacali, e dall'altro la I Commissione, che dopo avere più volte ascoltato sia l'Amministrazione che le organizzazioni sindacali, nella propria autonomia legislativa ha operato per contribuire a maggiormente adeguare, nel rispetto dello spirito della normativa contrattuale, il disegno di legge alle esigenze strutturali organizzative ed operative della Regione. In proposito credo si possa affermare che si è lavorato con serietà da parte di tutte le forze politiche, in un impegno convergente di ricerca delle soluzioni meglio rispondenti alle esigenze di corretta ed equa applicazione delle clausole contrattuali, cercando in pari tempo di far sì che la legge di recepimento ponga talune premesse per la ristrutturazione della macchina regionale e per una piena utilizzazione in tale senso degli stessi incentivi che il contratto ha attivato in tale direzione.
La Commissione, nell'avviare l'esame del provvedimento legislativo, è stata anzitutto concorde di inserire nell'articolato i vari allegati relativi alle declaratorie delle otto qualifiche funzionali e delle due qualifiche dirigenziali, onde attribuire ad esse forza di legge. La Commissione ha altresì ritenuto, a proposito del rapporto di lavoro a part time, che per la prima volta viene previsto in un rapporto di lavoro del pubblico impiego, di introdurre una limitazione dell'utilizzo sperimentale di tale norma ad una quota di personale non superiore al 5 per cento degli organici delle singole qualifiche interessate, cioè quelle inferiori alla VI. E' una limitazione che pare ragionevole, dato che la norma, se pienamente utilizzata, riguarderebbe quasi 150 posti di lavoro, con un impatto sul funzionamento della struttura regionale che al momento non appare misurabile. Del resto la concreta attuazione di questo istituto è subordinata all'emanazione di norme legislative statali atte a definire gli aspetti previdenziali di questo nuovo tipo di rapporto di lavoro.
Di altri apporti dati dalla Commissione alla definizione del testo di legge oggi al nostro esame dirò più avanti.
A questo punto mi pare invece opportuno sottolineare l'attenzione particolare riservata al complesso di normative contrattuali afferenti ai grossi nodi della professionalità, della dirigenza e della strutturazione dei servizi. Mi riferisco al complesso di articoli concernenti l'accesso alle qualifiche funzionali dalla II all'VIII, ed alla prima ed alla seconda dirigenza, nonché le norme inerenti la definizione e l'attribuzione degli incarichi di coordinamento dei servizi regionali.
Un complesso di articoli tra loro strettamente correlati, i cui contenuti definiscono oggettivamente alcuni dei confini e dei fondamentali ambiti entro i quali dovranno collocarsi la prossima legge sulle strutture e gli atti e regolamenti necessari per la piena applicazione della legge.
Ovvia quindi la particolare attenzione ad essi prestata, e, direi, il profilo alto della discussione, i cui contenuti ritengo abbiano avuto essenzialmente due punti basilari di riferimento. In primo luogo la ricerca delle soluzioni più idonee ad utilizzare appieno le nuove norme sulla dirigenza, sulla mobilità e sulla professionalità, per la loro rilevanza intrinseca, nonché per le conseguenti opportunità che dette norme offrono di delineare primi embrioni di trasformazione dei modelli organizzativi precedenti. In secondo luogo la volontà, pur nel rispetto dello spirito e della lettera del contratto, di individuare norme di accesso ai vari livelli di qualifiche funzionali e dirigenziali, tali da consentire di cogliere e valorizzare le competenze professionali cresciute all'interno dell'apparato regionale in questi anni.
Per quanto riguarda la dirigenza, e particolarmente il suo secondo livello, l'intento è stato di affermare, pur nella opportuna gradualità alcuni concetti innovativi e di inversione di tendenza rispetto alla fisionomia attuale della funzione dirigente. Ciò principalmente attraverso l'individuazione di norme di accesso coerenti con l'esigenza di assicurare condizioni di apparato meglio rispondenti all' obiettivo di un esercizio adeguato e diffuso delle competenze di programmazione, legislazione ed indirizzo, che costituiscono il nerbo di quella ridefinizione di ruolo della Regione di cui s'è detto. Ma coerenti altresì con le esigenze di responsabilizzazione, autonomia e discrezionalità dei dirigenti, in materia tecnica e di organizzazione delle risorse umane e strumentali. Per porre in tal modo le premesse di un mutamento del rapporto, oggi tormentato ed ambiguo, tra funzione politica e funzione tecnica od amministrativa, anche attraverso la ridefinizione della funzione dirigente in ordine ai contenuti della funzione stessa e alle modalità del suo esercizio, nonché in termini di riconoscibilità interna ed esterna all'ente, e di conseguente imputazione dei corrispondenti risultati e delle corrispondenti responsabilità. Ciò deve valere sia per la figura del dirigente-esperto con funzioni prevalenti di consulenza ed assistenza, oltre che di direzione di equipes di lavoro, sia per il dirigente-manager, come Ormai viene definita la figura dell'organizzatore di risorse finanziarie ed umane preposto alla direzione di una determinata struttura organizzativa. Sulla base di questa impostazione, che qui ho cercato schematicamente di richiamare, la discussione in Commissione ha confermato la necessità di privilegiare la professionalità in ordine ai titoli di accesso alle qualifiche funzionali dalla II all'VIII; mantenendo cioè in vita il comma 17 dell'art. 12 della legge 24/79 che consente tale accesso anche in presenza di titolo di studio inferiore, purché accompagnato da adeguata esperienza e professionalità, maturate nel livello inferiore di quello a concorso. Peraltro è necessario ricordare che l'art. 18 del contratto necessariamente richiamato al comma I dell'art. 20 della legge in esame escluderebbe tale possibilità. In proposito non è stato sottaciuto in Commissione il rischio di impugnativa governativa che potrebbe conseguire a tale contraddittorietà contenuta nell'art. 20 dell'articolato legislativo.
La conclusione cui la Commissione è pervenuta è comunque stata di mantenere le norme in questione, prendendo atto delle assicurazioni in proposito fornite dalla Giunta.
Altri grossi nodi affrontati in Commissione sono stati quello delle norme di accesso alla seconda qualifica dirigenziale nella fase di prima applicazione, essendo esclusa in questa fase la prima dirigenza, alla quale accederanno automaticamente tutti coloro che alla data di entrata in vigore del contratto risultavano inquadrati all'VIII livello, e quello dell'accesso ad entrambi i livelli dirigenti nella fase a regime.
La discussione di questa complessa materia, e la volontà di tutte le forze politiche presenti in Commissione di introdurre primi elementi innovativi nelle norme di accesso alla dirigenza, coerenti con i principi generali che poco fa ho sommariamente ricordato, ha condotto alla formulazione di due articoli sostitutivi di altrettanti altri dell'originario disegno di legge.
Anche in questo caso, al fine di valorizzare le capacità professionali maturate in questi anni di vita della Regione, la Commissione ha deciso di proporre che nella fase transitoria di prima applicazione del contratto la richiesta del titolo di laurea per l'accesso alla seconda dirigenza sia limitata ai soli casi in cui essa espressamente prescritta da norma di legge. Intendo dire che se, ad esempio, sono richiesti un veterinario o un ingegnere, è chiaro che essi non possono essere soppiantati da altri non in possesso dei titoli richiesti.
Nella fase a regime invece, al personale interno è richiesta soltanto un'anzianità di servizio di 3 anni nell'ottava qualifica funzionale per accedere alla prima qualifica dirigenziale e solo per accedere alla seconda qualifica dirigenziale è richiesto espressamente il diploma di laurea.
Sempre in funzione della priorità riconosciuta alla professionalità interna, nella fase transitoria la valutazione dei titoli, nelle selezioni per l'accesso ai posti della II qualifica dirigenziale, avverrà valorizzando in modo particolare le precedenti esperienze in funzioni direttive e dirigenziali svolte nell'Ente Regione.
Sono peraltro previsti possibili inserimenti dall'esterno, di elementi provenienti dal privato i quali, se in possesso del titolo di laurea richiesto e di un'anzianità di servizio di 5 anni in qualifica direttiva corrispondente, per contenuti, alle funzioni proprie dell'ottava qualifica funzionale, possono accedere attraverso concorso pubblico alla prima qualifica dirigenziale, e, se in possesso di un'anzianità di servizio di 5 anni in qualifica dirigenziale, corrispondente, per contenuti, alle funzioni proprie della prima qualifica dirigenziale, possono concorrere per accedere alla seconda qualifica dirigenziale.
Per quanto riguarda la selezione dei candidati alla seconda dirigenza la necessità di compensare il disancoraggio previsto, nella fase di prima applicazione, dall'obbligo della laurea, e, dall'altro di improntare le prove a criteri in grado di assicurare una più alta coerenza coi risultati di managerialità, esperienza e professionalità che si vogliono ottenere ha suggerito di far sì che le prove d'esame vengano sensibilmente innovate rispetto ai concorsi tradizionali, prevedendo cioè che esse siano così articolate: una prova finale di un corso specifico inerente le funzioni dirigenziali di secondo livello, per valutare le capacità ed attitudini dei candidati a svolgere tali funzioni; una seconda prova consistente nella stesura di un elaborato progettuale concernente il settore di competenze regionali cui il concorso è riferito, nel quale il candidato dovrà dimostrare conoscenze e capacità oltre che tecnico-professionali, anche di applicazione del diritto amministrativo allo specifico settore di attività nonché le capacità tipiche del ruolo dirigenziale; ed infine una prova orale consistente nella discussione dell'elaborato progettuale predisposto dal candidato.
Delineate in tal modo le norme di accesso alla dirigenza, la I Commissione ha convenuto circa l'opportunità di distinguere e separare l'inquadramento dei vincitori dei concorsi per la II dirigenza nel conseguente livello di qualifica e di stipendio, dal provvedimento di attribuzione degli specifici incarichi di responsabilità organizzativa oppure di ricerca studio ed elaborazione, limitando temporaneamente la durata dell'incarico medesimo, per periodi determinati comunque non inferiori a tre anni. Incarichi, che al termine, possono venire confermati o meno, sulla base del principio della mobilità dei ruoli e delle funzioni.
Soprattutto, però, si è teso a caratterizzare l'attribuzione degli incarichi non come automatico portato di una selezione concorsuale, bensì come scelta politica autonoma dell'Amministrazione, da compiersi sulla base di una valutazione delle caratteristiche specifiche degli interessi e dei risultati da essi conseguiti nell'esercizio dell'incarico e della quale essa, nel bene o nel male, risponde di fronte ai cittadini e all'insieme dei dipendenti. Di qui è discesa l'opportunità di evitare un incardina mento delle posizioni di direzione nell'ordinamento dei ruoli e delle carriere, affermando invece quella temporaneità della funzione e quella valutazione del merito che sono elementi connaturati ad una funzione manageriale. In ciò esiste una analogia con quanto già sperimentato in materia di attribuzione degli incarichi di coordinamento, rispetto ai quali del resto le riflessioni prima svolte in ordine alle esigenze di capacità e managerialità che debbono caratterizzare questo genere di responsabilità valgono al massimo grado.
A proposito appunto degli incarichi di coordinamento, un nodo che la Commissione ha dovuto affrontare è quello relativo all'applicazione delle norme contrattuali nazionali, che prevedono che tali incarichi nella nostra Regione non possano superare le 21 unità.
Un numero dunque di oltre un terzo inferiore a quello attuale. A questa contraddizione ed ai rischi amministrativi conseguenti al pagamento di indennità non più dovute, si è fatto fronte con una soluzione che ha teso contemporaneamente a rispondere anche alla necessità di salvaguardare la continuità di funzionamento dell'apparato dirigenziale. La norma proposta prevede infatti che a partire dal sessantesimo giorno dall'entrata in vigore della presente legge gli incarichi di coordinamento non possono essere superiori a 21 e che a far tempo dalla stessa data venga dichiarata abrogata la precedente normativa prevista dalla legge n. 24/79.
Questi a grandi linee sono i principi e le norme che attengono alla nuova dirigenza regionale, il cui contingente, a norma del contratto, deve corrispondere alla responsabilità delle unità organiche complesse e delle attività di elaborazione, studio e ricerca che verranno definite dalle leggi di organizzazione, e il cui ammontare non potrà comunque superare di sei volte il previsto numero di coordinatori. Di questo contingente, in sede di prima applicazione del contratto, ne verrà ricoperto il 90%, mentre per i rimanenti posti si dovrà procedere mediante concorso pubblico per titoli ed esami. A regime, nei concorsi per accedere alla prima qualifica dirigenziale, il 25% dei posti è riservato ai dipendenti interni, mentre nei concorsi interni per l'accesso alla II qualifica dirigenziale, il 75 dei posti disponibili è riservato ai dipendenti appartenenti alla I qualifica dirigenziale.
In fase di prima applicazione del contratto, la copertura parziale dei posti disponibili nella I e II qualifica dirigenziale, ha lo scopo di non bloccare, anzi incentivare, lo sviluppo progressivo della fascia direttiva del personale.
Se con la definizione dei principi che devono presiedere alla formazione della dirigenza regionale è stato affrontato uno degli aspetti più importanti di politica del personale, posti dal nuovo accordo nazionale di lavoro, ne esistono altri, che non mancheranno di far sorgere problemi organizzativi e strutturali altrettanto importanti e delicati.
Ad esempio il contratto, nell' ottica di annullare l'appiattimento che si era determinato precedentemente tra le varie qualifiche funzionali prevede indennità fisse di ammontare diverso. Mentre, però, per alcune qualifiche essa viene corrisposta indiscriminatamente a tutti gli appartenenti, per altre, come nel caso della I qualifica dirigenziale e dell'ottava qualifica funzionale, l'indennità è previsto venga corrisposta unicamente a coloro che hanno, rispettivamente, la direzione di una struttura organizzativa di primo grado, ovvero la direzione di unità operativa organica. E' evidente che se tale situazione si protraesse nel tempo e si ritardasse la definizione del processo di ristrutturazione dell'Ente, che comporta la determinazione delle strutture organizzative di primo grado, delle unità operative organiche e dei rispettivi responsabili cui andranno corrisposte le indennità previste dal contratto, si creerebbero situazioni di oggettiva disparità che si rifletterebbero sul personale interessato e sul funzionamento dell'apparato.
Peraltro, una norma transitoria, inserita dalla Commissione, riguarda appunto le unità organizzative flessibili. In essa si stabilisce che, alla data di pubblicazione della presente legge e fino all'entrata in vigore della futura legge sulle strutture non è più possibile istituirne di nuove mentre quelle esistenti de cadranno dalla data di entrata in vigore della nuova legge sulle strutture regionali. Una normativa questa, di carattere restrittivo, mirante a stimolare i provvedimenti di ristrutturazione dell'Ente, evitando che determinate situazioni strutturali temporanee e posizioni precarie di responsabilità possano assumere un carattere definitivo, condizionante i futuri aspetti interni dell'apparato regionale.
Dalla legge sulle strutture dipende la soluzione di altri importanti problemi collegati alla normativa contrattuale, quali la determinazione degli organici definitivi delle varie qualifiche funzionali, nonché di quelle dirigenziali, i vari livelli di responsabilità dei capi delle diverse strutture, la definizione dell'utilizzo della quinta nuova qualifica funzionale e relativa dotazione organica. Occorrerà inoltre provvedere all'istituzione di un ruolo a parte per il personale docente ed amministrativo della formazione professionale regionale. Altri aspetti che qui non sono stati toccati, altro non sono che la trasposizione letterale della normativa contrattuale nel provvedimento legislativo, di cui ne recepisce il contenuto.
Una sottolineatura, credo, merita invece, specie in quest'aula, il ruolo riconosciuto al Consiglio regionale, nel processo di attuazione dei vari istituti previsti dal contratto.
In particolare la legge in esame prevede che gli specifici requisiti d'accesso alle qualifiche funzionali dalla II all'VIII, nonché alle due qualifiche dirigenziali, siano normati con apposito regolamento di Consiglio regionale, così come la normativa regolamentare, approvata dal Consiglio regionale, deve intervenire nell'attuazione di altri istituti contrattuali. La I Commissione, poi, su istanza dell'Ufficio di Presidenza ha operato per introdurre nella normativa di legge la garanzia che le deliberazioni relative ai corsi di qualificazione ed aggiornamento riguardanti l'attività del Consiglio regionale, possano essere assunte dall'Ufficio di Presidenza.
Analogamente per quanto riguarda le modalità di svolgimento delle selezioni per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, la I Commissione è stata unanime nel ritenere che il provvedimento che stabilisce le specifiche modalità di partecipazione alle selezioni, i posti da mettere a concorso, gli accorpamenti, i requisiti specifici di professionalità necessari per l'ammissione, i titoli di studio, nonché le modalità di svolgimento dei concorsi interni, venga, per quanto attiene la copertura dei posti del Consiglio regionale, concordato dalla Giunta con l'Ufficio di Presidenza. Infine non riveste minore importanza, ai fini della partecipazione delle rappresentanze consiliari, il fatto che il provvedimento della Giunta regionale inerente le selezioni per la formazione della seconda dirigenza, presupponga un preventivo parere della I Commissione.
Ritornando ai temi più generali, vale richiamare l'attenzione sul fatto che la ristrutturazione complessiva dell'Ente e la soluzione degli altri numerosi aspetti legati all'applicazione della normativa contrattuale richiedono lo scioglimento di alcuni nodi di politica del personale, che non possono prescindere dalla definizione di un quadro di riferimento più complessivo e che in quel quadro devono essere inseriti.
A tale riguardo, la Giunta regionale, nella persona del suo Presidente ha presentato ed illustrato in Commissione un documento nel quale sono indicati gli obiettivi prioritari, gli strumenti per il raggiungimento di tali obiettivi, i prevedibili tempi di attuazione, e le procedure inerenti gli istituti previsti dal nuovo contratto.
Tra gli obiettivi primeggiano: la revisione delle strutture regionali la redistribuzione degli organici, la determinazione dei profili professionali, la riqualificazione del personale, la determinazione di un sistema complessivo per un flessibile ed organico utilizzo del personale l'attuazione della dirigenza regionale, nonché la definizione dei ruoli dei due livelli di dirigenza e del coordinamento.
Circa gli strumenti per raggiungere tali obiettivi vengono indicati: la definizione della mappa dei profili professionali, con provvedimento di Giunta, la regolamentazione dei criteri di accesso alle qualifiche dall'interno e dall'esterno, con provvedimento del Consiglio, come previsto dal disegno di legge che stiamo discutendo; la legge di revisione delle strutture, il completamento e l'aggiornamento del regolamento generale per il personale regionale.
Per quanto concerne le procedure inerenti gli istituti previsti dal nuovo contratto sono esse stesse strettamente correlate con una revisione dell'organizzazione dell'Ente, ma i profili professionali, secondo un documento della Giunta, potrebbero essere assegnati al personale con l'entrata in vigore del contratto e con il primo inquadramento. Il che forse merita un momento di riflessione essendo evidente l'opportunità che tale operazione sia concomitante con le ristrutturazioni, conseguenti alle analisi in atto per la revisione delle strutture, in modo da non anteporre le definizioni giuridico-formali all'individuazione dei bisogni di contenuto professionale ed ai compiti da assolvere all'interno dell'organizzazione regionale.
Per quanto riguarda i concorsi speciali previsti dal contratto, il documento sulla politica del personale della Giunta li considera uno strumento da utilizzarsi nel quadro degli obiettivi funzionali che la Regione si pone. Si intende cioè articolarli, onde determinare inquadramenti funzionali, e non avanzamenti automatici per mera anzianità.
Circa i posti da mettere a concorso speciale, essi saranno valutati considerando le esigenze professionali evidenziate dalla riorganizzazione delle strutture. Sempre al piano di riorganizzazione è pure collegata l'attuazione della dirigenza regionale, di cui le relative norme contenute nella legge del contratto potranno trovare attuazione, sulla base della legge di revisione delle strutture e degli organici, con riferimento ai profili individuati, ed al regolamento dell'accesso alla seconda qualifica dirigenziale. Per quanto riguarda l'erogazione delle indennità a fronte di incarichi di responsabilità e di direzione, il documento della Giunta la condiziona all'individuazione delle relative strutture, da parte della legge di revisione dell'organizzazione. In particolare, relativamente all'ottava qualifica funzionale, l'indennità potrà essere correlata, oltre che alla responsabilità organizzativa, o alla direzione di struttura operativa, anche allo svolgimento di attività comportanti assunzione di autonoma e rilevante responsabilità professionale. Ciò in coerenza con la normativa contrattuale mirante alla valorizzazione della professionalità e di quelle che saranno le determinazioni circa i profili professionali. Il documento sulla politica del personale dell'Amministrazione prevede anche l'attuazione di progetti collaterali, tra cui la definizione, nell'ambito della legge di revisione delle strutture, di un ruolo a parte per i profili del personale addetto ai Centri di formazione professionale, mentre a livello nazionale e regionale saranno avviate iniziative per definire una disciplina unitaria Regioni-Enti locali, della funzione del docente, che non viene definita dal contratto nazionale.
Un altro progetto è costituito dall'attivazione di un apposito coordinamento tra la Regione, l'ANCI, l'URPP e l'UNCEM.
Questo raccordo dovrebbe riguardare oltre che le linee generali delle politiche del personale, e in specifico l'istituzione di un osservatorio del pubblico impiego a livello regionale, anche materie oggetto di trattativa regionale, quali la formazione professionale, le mobilità tra Enti e le nuove tematiche introdotte dal contratto, in materia di produttività. Questa degli incentivi di produttività previsti dal contratto è certamente una problematica complessa, ma anche estremamente importante al fine di far avanzare una organizzazione ed una gestione del personale fondati sulla capacità di valutazione del grado di efficacia e di efficienza degli interventi. Oggi, però, si parte pressoché da zero, anche per la totale inadeguatezza del Ministero della funzione pubblica e per l'incapacità dello Stato di rapportarsi alle moderne esigenze. Incapacità che ha prodotto la recente introduzione del premio di presenza per i dipendenti statali, camuffato da incentivo della produttività. Per quanto ciò appaia grottesco sarà bene però non sottovalutare il rischio che in assenza della capacità necessaria ad introdurre primi reali momenti di rilevazione della produttività, gli incentivi previsti dall'attuale contratto al prossimo rinnovo si chieda di forfetizzarli. Vanificando così l'indennità stessa, come è accaduto con l'uso forfetizzato dell'indennità di rischio, che ha portato ad una sua attribuzione generalizzata a prescindere dall'esposizione effettiva ai fattori di pericolo.
Il miglioramento dell'organizzazione e lo sviluppo della professionalità, costituiscono di per sé fattori di incremento della produttività, ma insufficienti se non sono accompagnati da un approccio specifico che, evitando il rischio di suggestioni di tipo tayloristico o di applicazione automatica e acritica di metodi semplicemente derivati dalle aziende private, sia in grado di enucleare primi parametri di valutazione e di avviarne la sperimentazione.
Per iniziare sarebbe utile cominciare con il rendere utilizzabili i dati già oggi disponibili, ma dispersi in servizi tra loro incomunicabili oppure non scorporabili perché troppo aggregati per esigenze di bilancio.
Ed altrettanto utile potrebbe essere l'affidare tale lavoro a un ufficio organizzazione e metodi, ossia ad una struttura interna appositamente competente ed in grado, per i problemi di particolare complessità che eventualmente insorgessero, di utilizzare la consulenza di esperti professionisti. Altri progetti indicati nel documento della Giunta riguardano infine la informatizzazione delle procedure di gestione del personale, in modo da creare un sistema integrato di automatizzazione dei vari settori di gestione economica e giuridica del personale; i servizi sociali, di cui verrà presentato un progetto di promozione e di interventi a favore del personale, nonché l'Ufficio di rilevazione esigenze del personale ed ispettivo, con il duplice obiettivo di rilevare le molteplici esigenze inerenti l'utilizzo del personale e verificare le eventuali anomalie di collocazione e di prestazioni lavorative.
Mi pare dunque che il taccuino degli impegni che la Giunta ha presentato sia quanto mai denso ed impegnativo. Questo dibattito di oggi consentirà, probabilmente, di precisare ulteriormente il quadro e le cadenze temporali delle varie tappe. Avviandomi a concludere, ritengo di sottolineare ancora una volta come le problematiche del contratto coincidano nell'evidenziare che gli obiettivi di un progetto di riorganizzazione quale si va definendo, devono anzitutto essere ancorati al ruolo che l'Ente è destinato istituzionalmente a svolgere. Favorendo cioè i processi di delega agli Enti locali di tutte le funzioni amministrative e gestionali che ancora oggi la Regione svolge, e privilegiando l'attività di programmazione, legislazione ed indirizzo, sia in termini di centralità dei processi decisionali dell'Ente, sia in termini strutturali e di politica del personale. Il ruolo della Regione si profila sempre di più come un sistema aperto, cioè finalizzato alla mobilitazione crescente di risorse esterne in un quadro di programmazione nazionale e regionale ed in un rapporto di iniziativa verso i soggetti economico-sociali e di interazione con gli enti locali. Un sistema aperto che significa anche capacità di passaggio, da una tipica struttura burocratica, ad un'organizzazione per obiettivi e progetti. La situazione degli organici della nostra Regione appare sufficientemente in grado di supportare queste scelte. Da un punto di vista quantitativo i 2941 dipendenti, rispetto ad una dotazione organica di 2630 unità, non rappresentano certamente una situazione di elefantiasi.
Pure sotto il profilo qualitativo le condizioni per poter puntare ad un salto di qualità sussistono anche se è bene non trascurare problemi quali l'eccessiva partelizzazione di funzioni ed attività, con servizi che a volte si limitano a gestire segmenti di leggi se non addirittura singoli articoli, la accentuata separazione esistente fra le unità destinate ad attività di studio, pianificazione, programmazione e progettazione, e le unità operative, con conseguente impoverimento di contenuti delle seconde la difficoltà che è emersa a progettare ed a gestire progetti intersettoriali che coinvolgano più unità organizzative; la netta prevalenza dell'attività gestionale rispetto a quella di programmazione legislazione ed indirizzo; la rilevante disomogeneità quantitativa e qualitativa tra le unità organizzative; la rigidità delle dotazioni organiche delle singole unità, le cui assegnazioni appaiono sovente sperequate e sganciate dalle reali esigenze. Gli obiettivi ed i progetti contenuti nel documento che la Giunta ha presentato in Commissione rispondono nel loro complesso all'esigenza di superamento anche di questi limiti, di recupero delle molte potenzialità presenti negli apparati e di superamento delle sacche di demotivazione esistenti. Più in generale l'esito del lavoro svolto per la formulazione del disegno di legge, prima dalla Giunta, anche attraverso una serrata contrattazione con le organizzazioni sindacali, e poi dalla Commissione, conferma anch'esso ritengo, l'oggettività dei giudizi espressi. La loro piena realizzazione è consegnata anche alla consapevolezza, espressa da tutte le parti politiche che la legge che vareremo è da intendersi come un momento, seppur importante, di un ben più ampio processo rivolto a promuovere, sia a livello politico che tra i lavoratori regionali, l'instaurarsi di una vera e propria cultura dell'organizzazione. Una cultura che mediante la conoscenza e l'utilizzazione dei fondamenti di ordine tecnico-scientifico favorisca una progressiva e migliore utilizzazione delle risorse primarie: umane, finanziarie e strumentali in funzione degli obiettivi che la Regione si è data e si darà. Con la convinzione che le norme della legge in esame riassumano in sé questo obiettivo strategico, sul quale fondare una nuova fase di progettazione e di governo delle strutture regionali, se ne raccomanda l'approvazione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Sulla relazione del Consigliere Valeri è aperta la discussione generale.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà



MARCHINI Sergio

Rinnovo alla Presidenza le mie perplessità sul fatto che si avvii la discussione generale alle ore 18 su una legge così importante.
L'intervento che svolgo a nome del Gruppo è lapidario, per problemi di carattere personale, ma anche perché su questo abbiamo acquisito delle convinzioni estremamente lineari che ci consentono una motivazione molto stringata.
In primo luogo devo richiamare l'attenzione dei colleghi del P.S.I. e del P.S.D.I. al duro attacco che il relatore ha ritenuto di muovere al Governo nazionale con specifico riferimento al Ministro per la funzione pubblica. Mi auguro, per un minimo di coerenza rispetto alle collocazioni di partito, che questi Gruppi vorranno prendere le distanze, in difetto di che ci troveremo una volta di più di fronte alla curiosa situazione di Gruppi che si atteggiano localmente in modo difforme come dire a Sparta quello che si può dire ad Atene.



VALERI Gilberto

Io ho parlato di inadeguatezza.



MARCHINI Sergio

Tu hai dato tre giudizi: uno sullo Stato, uno sul Governo e uno sul Ministro.
Sullo Stato possiamo ragionare tutti nello stesso modo; sul Governo le forze politiche che lo sostengono devono dire se condividono il giudizio del relatore; sul Ministro le forze di Governo devono dire se condividono il giudizio del relatore. Questa è chiarezza politica che ritengo di avere il diritto di chiedere senza che il relatore la consideri uno sviamento della potestà di intervento che mi compete sulla sua relazione. Così come mi pare del tutto fuori luogo e poco corretto l'aver introdotto nella relazione elementi di merito che sono al di fuori dall'articolato della legge in esame perché il documento e gli intendimenti più volte richiamati dalla Giunta sono cose al di là da venire che discuteremo e valuteremo e sulle quali la I Commissione trarrà le sue conclusioni quando la materia sarà all'esame del Consiglio e della Commissione. Noi riteniamo che questa legge non debba andare al di là della discussione generale e debba fermarsi prima di passare all'esame degli articoli.
Ai sensi dell'art. 77 del regolamento abbiamo presentato un ordine del giorno in questo senso. Ci sono ragioni di ordine giuridico e di ordine politico.
Questa legge la si deve chiamare per quello che è al di là dell'enfasi che si è voluto dare: questa è la legge che si caratterizza per le norme le caratteristiche, gli strumenti e gli escamotages attraverso i quali si arriva alla seconda dirigenza.
In una logica di governo questo è l'ultimo momento rispetto ad altri momenti importanti che la Giunta pone invece come posteriori: la legge sulle strutture, l'individuazione dei sentieri di carriera l'individuazione dei profili professionali.
Noi riteniamo quindi che si possa procedere in un modo più lineare approvare una legge di recepimento del contratto, procedere agli incombenti che la Giunta riterrà di adottare, definire in Commissione il quadro, lo stato, l'organizzazione del personale, avviare le procedure concorsuali per la seconda dirigenza.
Perché se così non è, mi sembra dal punto di vista politico un procedere velleitario e disarmonico, come un millepiedi che vuole camminare soltanto con tre gambe dando sempre a credere che è un millepiedi. Ci sono poi alcune considerazioni di natura giuridica. Non intendo dire di corrispondenza alla norma, ma di corrispondenza al diritto in senso lato e cioè che tutti gli eguali devono essere trattati nello stesso modo e che tutti i diseguali devono essere trattati in modo diseguale.
Ho apprezzato che nella commissione si sia lavorato intensamente, mi chiedo se il passaggio della legge, la sua pubblicazione, l'approvazione entro il mese di agosto sia coerente rispetto a questa eguaglianza dei dipendenti in ordine alla richiesta fatta dal governo che il possesso dell'ottavo livello deve esistere al momento di approvazione della presente legge.
Mi pare che le leggi si debbano approvare considerando anche il tempo la data.
E' anche un elemento politico: in questo momento politicamente questa legge probabilmente serve a chiudere alcuni conflitti di alcune aree di dipendenti.
Si è cercato di non far esplodere questi conflitti con degli escamotages che tali sono e sulla cui legittimità ho forti dubbi.
Mi riferisco alla corrispondenza della nostra norma alla norma di carattere generale. Mi riservo sull'art. 20 di riflettere se sia il caso di presentare un emendamento abrogativo di una sua parte.
Ho l'impressione che ci si sia avviati in un'operazione estremamente risicata, dal punto di vista di legittimità: probabilmente approviamo una legge che per voler far tutto e subito non riuscirà a fare niente subito ed è molto risicata dal punto di vista dei nostri rapporti con il personale, perché mette in piedi una serie di meccanismi che fanno crescere molte aspettative, alle quali poi dovremo dare risposta con la legge sulle strutture, mentre dovrebbe essere la legge delle strutture a far nascere le aspettative. Quindi ci avviamo ad un percorso estremamente complesso.
Individuare per esempio dei canali di percorrenza delle carriere non lineari, ma paralleli, con conflittualità tra una parte del personale che riterrà di crescere in forza di titoli e un'altra parte che invece si dirà che cresce in forza di rapporti privilegiati, quindi, con questo contratto ci avviamo ad una fase molto delicata, molto controversa e molto conflittuale nei rapporti con lo Stato e con le forze politiche.
Ci sentiamo prevaricati rispetto alla funzione che ci compete di decidere politicamente nel merito. Queste sono le ragioni per cui noi insiste- remo perché venga preso in esame il nostri ordine del giorno di non passaggio agli articoli. Mi auguro che qualche riflessione sia fatta soprattutto sull'aspetto che attiene al diritto che ha il personale di essere trattato tutto in modo eguale o diseguale, quando le situazioni non sono eguali al di là delle contingenze che fanno maturare alcune situazioni il giorno 10, altre situazioni il giorno 20.
Siccome di questo processo siamo noi i decisori, non possiamo attribuire al fatto le ingiustizie che andiamo a compiere.
Sono ingiustizie che siamo in grado di evitare. Suggeriamo alla maggioranza di riflettere sul rischio che abbiamo illustrato e confidiamo che la Giunta ponga la dovuta attenzione alla nostra proposta di non passaggio agli articoli.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carletto. Ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le forze politiche che intendono contribuire da protagoniste al governo della Regione non possono non porsi il problema del riassetto organizzativo dell'ente alla luce della inadeguata capacità di risposte date, particolarmente nella terza legislatura, dall'amministrazione di sinistra alla Regione Piemonte. Questo era l'inizio del mio intervento che alcuni giorni fa ho pronunciato al Convegno della Cisl sul futuro delle Regioni. In questo quadro, con questo impegno e in questa logica, a nome del Gruppo della D.C., offro alcune considerazioni al Consiglio regionale sul recepimento di un contratto, che il mio Gruppo ritiene di grande rilevanza e di grande significato politico.
E' un atto importante per il significato che ha ed è importante per le novità che lo caratterizzano che tentano seppur faticosamente, di renderlo sempre più aderente alla ridefinizione del ruolo dell'ente Regione, così come è auspicato dalle forze politiche.
C'è il tentativo di ridefinire la Regione come ente legislativo, di programmazione e di indirizzo in modo da ridurre quegli aspetti di gestione quotidiana che hanno caratterizzato negativamente la vita delle Regioni negli ultimi anni.
Mi pare che nel contratto si debba cogliere in modo positivo l'individuazione del secondo livello di dirigenza, come vertice in grado di rendere un ente moderno.
Qualcuno dice che è un contratto troppo garantista. Nel nostro Paese si stava morendo di garantismo e in questo contratto ci sono alcune novità che mi fanno dire che il futuro non può essere meno garantista ma deve e pu essere più aperto quindi in grado di rendere la macchina regionale più snella per affrontare con immediatezza i problemi.
Sotto questo profilo mi pare che si vada verso la modernizzazione della struttura regionale così come mi pare si siano migliorati in parte gli aspetti economici del contratto.
E' un contratto che riduce l'appiattimento che in passato si è voluto da alcune parti ma che ha dimostrato di essere poco produttivo, un appiattimento che ha deresponsabilizzato i vertici degli enti pubblici, un appiattimento che non ha avuto effetti positivi sulla macchina pubblica e quindi sulla macchina regionale.
Un salto di qualità, non importante ma abbastanza significativo, nelle retribuzioni della dirigenza dà il segno di questo tentativo che si va facendo per rendere più aderenti le retribuzioni dei vertici degli enti pubblici con quelli delle aziende private. Spesso sentiamo dire che difficilmente i managers di aziende private vengono a lavorare in Regione e una delle motivazioni sono le retribuzioni che gli enti pubblici troppo spesso hanno trascurato rispetto ai vertici.
Questo contratto fa un primo recupero per ridare queste caratteristiche alla dirigenza regionale.
Un articolo del contratto parla di compensi incentivanti la produttività. E' la prima volta che leggiamo un termine di questo tipo e sarà difficile da attuare.
Dobbiamo e possiamo condividere questo sforzo presente nel contratto per cercare di rendere più aderente l'ente pubblico ai bisogni della nostra società.
Registriamo però con tristezza il ritardo con il quale questo contratto viene recepito: è un contratto, amici, per il triennio 82/84 che tra pochi mesi andrà in scadenza, è quasi ora di discutere il prossimo, oggi superata la metà del 1984 siamo qui a recepirlo e a discuterlo molto tardivamente rispetto a un problema così importante.
Ma quale è il ruolo dei dipendenti regionali in questa fase? E' una questione di governo di grosso rilievo politico. E' un problema nodale per il rilancio delle Regioni, quindi anche del Piemonte. Il Presidente Viglione in più occasioni ci ricorda la complessità della struttura regionale, le provenienze del personale da molteplici enti, la vasta gamma di professionalità, gli inquadramenti di vario tipo, i precariati, i distacchi, ecc. Sono osservazioni giuste e riconosciamo le difficoltà in cui si trova la Regione, non condividiamo però che a questa peculiarità si è risposto con una gestione del quotidiano. Questa non chiarezza di obiettivi ha generato negli ultimi anni una serie di problemi pesanti: numerosi ricorsi al TAR e controricorsi. Per riorganizzare la struttura regionale occorre un forte impegno del Consiglio, della Giunta e del suo Presidente a fare chiarezza per il futuro.
Il legislatore deve approvare il nuovo ordinamento delle autonomie locali al quale è legato il problema delle deleghe.
Se non risolviamo questo problema, se non tracciamo alcune strade lungo le quali l'ente possa muoversi nei prossimi anni, saremmo velleitari nel ritenere di poter riorganizzare l'ente. Il disegno di legge oggi in discussione si colloca come un pezzo di un grande mosaico della ristrutturazione della Regione Piemonte e la scelta della maggioranza di affiancare nel testo al recepimento del contratto anche delle indicazioni sulla futura dirigenza regionale noi non l'abbiamo condivisa perché la riteniamo una scelta negativa per i dipendenti regionali.
Anticipo qui la valutazione del mio Gruppo sulla richiesta del Capogruppo liberale di non passaggio agli articoli. Non passare all'esame degli articoli vuol dire aggiungere negatività a negatività.
Questo ragionamento lo abbiamo sostenuto all'inizio dell'anno quando insistevamo perché il contratto venisse subito recepito.
Non avremmo perso sei mesi e soprattutto non li avremmo fatti perdere ai dipendenti regionali che sono in attesa di vedere collocata legittimamente la loro posizione giuridica ed economica.
In quel momento era un'operazione utile ed intelligente per agevolare i dipendenti regionali, oggi è un'operazione che dimostra che la classe politica piemontese non è stata in grado di dare prima d'ora delle indicazioni sul futuro della dirigenza regionale. Ci troviamo a dover procedere in questa scelta della maggioranza che noi abbiamo per certi aspetti subito anche perché la vicenda ha un altro aspetto negativo che voglio ricordare: è il rischio, richiamato dal Consigliere Marchini e anche dal relatore, di incorrere in illegittimità per i contenuti di questo testo di legge.
Spiegherò in quali parti a mio giudizio è presente questo rischio che potrebbe farci perdere altri mesi. Bisogna saper leggere il senso politico che nascondono le battute scherzose e spesso simpatiche del Presidente Viglione. Non è colpa della D.C., caro Presidente, se si è perso del tempo la responsabilità della Democrazia Cristiana è di aver collaborato con altre forze politiche (non tutte) che, come noi, hanno messo impegno serietà, voglia di lavorare, attenzione.
Siamo arrivati oggi in aula dopo che l'ultimo testo è stato approvato in Commissione ieri mattina, con ciò dimostrando ancora una volta che la Democrazia Cristiana non ha e non vuole far perdere tempo su provvedimenti importanti come questo. Semmai è stato poco chiaro il processo che è venuto fuori in Commissione molto chiaramente: rapporti non sempre chiari fra il Consiglio, la Giunta e le organizzazioni sindacali che ci hanno fatto vivere rapporti strani all'interno della Commissione: la Giunta che verificava successivamente con le organizzazioni sindacali la legittimità di certi commi e di certi passaggi. E' stato un lavoro faticoso, difficile che ha prodotto otto o nove testi di proposte di legge.
Questo dimostra la complessità del problema ma dimostra anche che l'impostazione data dalla Giunta ha richiesto mesi di lavoro serrato.
Diamo al lavoro in Commissione un giudizio positivo. Abbiamo lavorato con quasi tutte le forze politiche, alcune sono state totalmente assenti e da queste non accettiamo né lezioni di comportamento né battute di tipo elettoralistico.
Ci stiamo avvicinando alle consultazioni elettorali e quindi vengono buttate in giro voci secondo cui la D.C. e il P.C.I. si sono accordati sulla legge del personale. Sono quelle forze politiche che prima delle elezioni sono anticomuniste, poi dopo le elezioni fanno gli accordi con i comunisti.
Speriamo che l'elettorato alla fine capisca. Noi abbiamo lavorato in Commissione con le forze politiche lì presenti essendo quella la sede istituzionale dove si deve discutere dei problemi e non abbiamo discusso nei corridoi, nelle anticamere, in luoghi non propri. L'impegno maggiore è stato dato alla dirigenza. Abbiamo discusso delle modalità di accesso al decimo livello, dei titoli di studio, di un utilizzo ottimale della dirigenza soprattutto del secondo livello che sarà il pilastro della futura Regione.
Abbiamo discusso dell'attribuzione degli incarichi, della loro temporaneità. E' la scelta di una Regione che vuole avere un livello apicale di grande professionalità in grado di offrire quelle risposte che la vita e la società oggi richiedono a un ente come il nostro. Abbiamo discusso di coordinatori e la Commissione all'unanimità ha ritenuto di richiamare il limite dì 21 coordinatori previsto dalla legge. Abbiamo parlato di formazione. Ci sono alcuni punti nodali ancora aperti sulle modalità per accedere al decimo livello.
Mi sconvolge l'idea che un governo regionale non si sia fatto carico dei problemi attinenti al personale regionale che prima di accedere in Regione era a livello apicale negli enti di Stato e che oggi sia costretto a sedersi su un banco per fare una prova. E' un problema di opportunità che lascio alla meditazione dei colleghi del Consiglio. Se il Governo regionale non sa valutare questi collaboratori che sono arrivati qui quando la Regione è nata e che hanno sempre percorso una carriera al livello apicale allora probabilmente dovremmo rimeditare sulla capacità di questo governo.
L'altro problema aperto è quello degli organici al secondo livello dirigenziale che non attiene a questo contratto, ma io voglio dire l'opinione della Democrazia Cristiana.
Noi riteniamo che ci si debba attenere al riordino delle strutture regionali.
Come dice il Consigliere Marchini, finché non esiste un quadro delle strutture, non si possono individuare gli organici di secondo livello dirigenziale. E' anche giusta la sua considerazione che con questo disegno di legge creiamo delle aspettative che non potremo poi disconoscere.
In questo contratto ci sono delle indicazioni che per la Regione Piemonte vogliono dire centoventisei funzionari di decimo livello che noi non possiamo non riconoscere e sui quali dovremo esprimerci.
Altri problemi sono: l'accesso ai livelli dirigenziali per chi arriva da aziende private, ma di questo parlerò domani su un emendamento presentato dalla Democrazia Cristiana, la validità della graduatoria per il decimo livello, anche su questo c'è un emendamento della D.C. e ne parler domani. Un aspetto è abbastanza chiaro: la mancanza di chiarezza e di linearità nelle forze politiche che sostengono la maggioranza.
Faccio due brevissimi esempi, il primo lo ha richiamato il collega Marchini, l'attacco del relatore al Governo, sul quale non mi soffermo avendone parlato il Capogruppo liberale.
Il secondo è il richiamo del relatore al problema del reclutamento del personale fino al quarto livello, che riprende un ordine del giorno presentato recentemente dai colleghi Montefalchesi e Barisione.
Chiedo al Presidente della Giunta regionale di darmi l'interpretazione autentica della posizione della Giunta sul reclutamento del personale fino al quarto livello. A giudizio della D.C. ci vuole un cambio nella politica del personale della Regione Piemonte.
La D.C. si è sempre assunta le sue responsabilità come risulta dagli interventi che il nostro Gruppo ha svolto in questa aula. La nostra posizione l'abbiamo espressa recentemente in due Convegni organizzati l'uno dal Gruppo della D.C. e l'altro dalla Cisl, nel corso dei quali abbiamo presentato delle proposte, sulle quali vorremmo confrontarci nelle prossime settimane con le altre forze politiche.
In uno di questi convegni un dipendente regionale ha detto al Presidente Viglione "chi ha lavorato in questa Regione è stato spesso penalizzato".
Noi vogliamo una Regione nella quale non ci siano penalizzati, ma dei dipendenti motivati che lavorino seriamente.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Testa. Ne ha facoltà.



TESTA Gianluigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, cercherò di recuperare il tempo che Carletto ha sottratto, secondo il regolamento, a chi segue facendo alcune considerazioni sul contratto che penso possano forse chiarire meglio ai colleghi Consiglieri alcuni aspetti che il Consigliere Marchini prima e il Consigliere Carletto poi hanno voluto evidenziare ma che trovano eco anche nella relazione Valeri.
In sostanza, a chi non ha seguito questo contratto nella sede della I Commissione, credo possa parere dal dibattito che stiamo facendo come questo contratto contenga parecchi punti problematici e parecchie contraddizioni o comunque dei punti non risolti.
Il contratto è molto difficile, ma vanno viste le cause. Possiamo definirlo un contratto di frontiera, un contratto che non ricalca più le tradizione ed i principi della gestione del personale dello Stato del passato, ma che non è ancora il futuro; contiene alcune cose che sono nel futuro e alcune cose che sono ancora nel passato. Di qui l'immagine di contraddizione e di qui una serie di problemi che è molto difficile risolvere in questa sede e che potranno dar luogo anche a visioni diverse da quelle che sono state indicate nella legge elaborata in I Commissione.
E' un contratto di frontiera perché introduce elementi che attengono già ad una concezione diversa dell'ordinamento del personale nell'ente pubblico, ma nel contempo mantiene altri elementi che invece sono di una concezione vecchia e sicuramente superata, ma che ciò nonostante, come tutte le concezioni vecchie, è dura a morire e quindi richiederà ancora del tempo prima di essere totalmente modificata. Sono di esempio alcuni istituti che sono introdotti nel contratto. Il part-time che abbiamo regolato in maniera molto prudenziale, l'istituto delle dirigenze.
Vorrei ricordare che è la prima volta che viene istituita la dirigenza regionale, in quanto nei contratti precedenti ai funzionari non veniva riconosciuto il ruolo di dirigente.
Questa prima introduzione di dirigenza indubbiamente porta a diverse versioni della logica con cui è stata introdotta.
Non introduce altri elementi, che saranno a mio giudizio indispensabili in futuro se si vorrà modificare il tipo di rapporto che lega il dipendente all'ente pubblico, quale ad esempio la valutazione del merito, in quanto come ha giustamente rilevato il relatore, il discorso della produttività qui introdotto rischia di essere assai vuoto di contenuti se non viene supportato da un'altra serie di istituti, la valutazione del merito e delle prestazioni.
E' mancato il coraggio di inserire anche questo elemento, per cui abbiamo un disegno innovatore che in parte è realizzato e in parte è nella penna.
Di conseguenza nascono contraddizioni. Nasce anche il fatto che questo contratto non ha più la logica dei contratti precedenti, ma non ha ancora la logica dei contratti nuovi, quindi, come tutti i punti di transizione, è estremamente difficile da gestire. Questo va detto perché altrimenti noi rischieremmo di intendere il lavoro svolto in Commissione come un lavoro di contrasti fra le persone che lì vi hanno lavorato o fra le idee politiche mentre il lavoro in Commissione, è stato un lavoro di cucitura fra logiche diverse che sono contemporaneamente presenti nel contratto.
Alla fine ha prevalso la logica più avanzata, quella logica che interpreta questo contratto con un'anticipazione del futuro e non come una rimanenza del passato. In questa logica si inseriscono alcuni istituti come il concorso dei dirigenti che è oggetto di molte discussioni, anche se devo notare con dispiacere - la rappresentanza di coloro che in un modo o nell'altro si ritengono interessati a questo contratto è assente o comunque è estremamente limitata. Forse si dimentica che questa è la sede in cui queste cose vengono discusse o forse se ne è discusso così tanto in sedi diverse dal Consiglio che non si è più ritenuto opportuno essere presenti in sede di Consiglio.
Di questo mi rammarico anche perché non credo che possa essere considerata come una prova di maturità.
Il disegno che stiamo valutando non è compiuto perché richiede, come è stato proposto in sede di Commissione, una serie di strumenti che diano sostanza al contratto, a cominciare dalla riorganizzazione della Regione alla definizione del contenuto delle mansioni dei famosi profili professionali, oltre a quegli istituti che il relatore Valeri ha ricordato nella sua relazione che costituiranno oggetto di discussione nei prossimi tempi.
Infatti una serie di decisioni che sono contenute in questa bozza di contratto non divengono effettive se gli altri strumenti non vengono realizzati, in sostanza questo contratto è un primo passo che rischia di non avere delle conseguenze operative se gli altri strumenti ritardano o se gli altri strumenti non sono coerenti.
Quello di oggi è un dibattito che vedrà probabilmente l'ultimo scorcio di questa legislatura molto presente, diversamente il contratto rischia di rimanere lettera morta. E vorrei venire al punto più dolente o perlomeno al punto più discusso: quello della normativa di accesso al decimo livello che è uno dei problemi fondamentali del contratto.
Vorrei chiarire le linee che ognuno di noi ha seguito in Commissione lasciando da parte i calcoli elettorali.
Non bisogna dimenticare che nella gestione del personale se ci sono 3.000 persone ci sono 3.000 casi quindi bisogna stare molto attenti quando si fanno i calcoli elettorali sul personale, perché si rischia di guadagnare 200 voti e di perderne 2.800. Lo dico perché credo sia opportuno guardare più alla sostanza del problema che non al fatto che Tizio o Caio sia scontento e che magari Tizio e Caio sia portatore di un certo pacchetto di risultati (che poi non sono mai garantiti) e non si sa mai quale sia la contropartita.
Quindi lasciamo da parte atteggiamenti demagogici. L'unico modo serio di affrontare questi problemi è di dimenticare chi viene favorito e chi viene sfavorito, riferirsi a una linea di principi disciplinare la materia secondo i principi. Su questa linea in Commissione abbiamo portato avanti il discorso dell'accesso al 10 livello.
Il principio fondamentale è stato quello di riconoscere nella dirigenza un livello fondamentale per lo sviluppo della Regione e di considerare l'occasione della dirigenza come un'occasione da non buttare al vento, da non sprecare da non svilire con le promozioni automatiche.
Con questo non voglio negare che ci sono persone le quali hanno maturato particolari esperienze, ed hanno dato prove e dimostrazioni di essere capaci, ecc., ma, anche per la loro dignità è opportuno che tutti siano messi sullo stesso piano, chi ha più filo fa più tela, e mi stupirei che proprio quelli che hanno più filo abbiano paura di far più tela, semmai il timore dovrebbe essere da quelli che ne hanno meno, non da quelli che ne hanno di più.
Sulla base di questo discorso abbiamo stabilito che l'accesso al 10 livello avvenisse per concorso e non avvenisse in modo automatico.
Mi rendo conto che altre Regioni hanno deciso diversamente. Questo fa parte delle scelte. Noi abbiamo lungamente discusso questa scelta e il fatto che un'altra Regione adotti un provvedimento di tipo diverso non è un elemento che conforta una tesi piuttosto che un'altra, anche perché questo tipo di argomentazione può essere usato al contrario su altri argomenti.
Sulle 20 Regioni italiane, su qualsiasi argomento, c'è tutto il contrario di tutto.
Noi dovevamo dare alla dirigenza una sua dignità e per dare questa dignità dovevamo stabilire un criterio di accesso. Questo criterio di accesso semmai non doveva punire o comunque umiliare coloro che da più anni fanno questo tipo di lavoro.
E qui nasce un'altra obiezione.
Si dice: l'amministrazione ci usa da dieci anni al livello apicale e adesso ci sottopone ad un esame per dimostrare che siamo a livello apicale.
Col sistema che abbiamo studiato questo è evitato. Vorrei togliere le illusioni che alcune persone possano passare automaticamente e altre persone non possano passare automaticamente. Non esiste nessun criterio oggettivo. Se lo sancissimo in base all'età, faremmo sicuramente un'ingiustizia perché sicuramente c'è chi a cui mancano i due giorni o i tre giorni.
Quindi a mio giudizio la scelta di fondo è: passaggio automatico con concorso. Ritengo che non esista una via di mezzo. Ci sono delle proposte di emendamento in merito, ma ritengo che possano dar garanzia di obiettività nel dividere le persone che sono favorite automaticamente da quelle che non lo sono, quindi l'eguaglianza per tutti va data da uno strumento selettivo. Lo strumento selettivo è stato particolarmente studiato in modo da non essere frustrante, di tipo scolastico, da non danneggiare le persone che più avessero dimostrato queste capacità.
E' costituito da due aspetti: il primo aspetto è un corso-concorso di taglio manageriale che dia ai dirigenti della Regione quegli aspetti che non per colpa loro ma forse per colpa della Regione, finora non sono loro stati dati. Ritengo che l'allargamento delle conoscenze e delle capacità di chi svolge una funzione dirigenziale debba essere una preoccupazione prima della Regione, ma anche della persona che svolge questo tipo di funzione.
E' chiaro che se il corso viene fatto male o in modo poco serio o non ha contenuti, questa obiezione cade, ma noi partiamo dall'idea che le cose siano fatte in modo serio. Il fatto che abbiamo discusso in Commissione per tre mesi dimostra che l'oggetto di quelle discussioni e le decisioni derivanti da quelle discussioni avrebbero avuto serietà di applicazione.
Il corso-concorso si conclude con una prova, la quale verrà stabilita nel regolamento e che in sostanza è la verifica del tipo di apprendimento e del tipo di frequenza che è stata fatta nel corso.
La seconda prova che abbiamo posto è composta di una parte scritta e di una parte orale.
La parte scritta è un elaborato progettuale, una specie di tesi di laurea che dovrebbe essere scelta dal candidato nell'ambito di una lista di titoli che dovrebbe essere data dalla Commissione, inerente la propria materia di lavoro, quindi non tesi astratte, non discorsi astratti di diritto amministrativo, ma la dimostrazione della professionalità.
Ritengo che se un funzionario ha la professionalità non deve avere nessuna preoccupazione di dimostrarlo presentando un elaborato progettuale.
E' chiaro che la Commissione dovrà attenersi alle materie di competenza dovrà rimanere il più possibile sul pratico e non sul teorico evitando la tentazione di ricorrere ai luminari del diritto amministrativo.
In Commissione tra l'altro abbiamo detto che la prova che concerne le attività professionali del candidato recupererà il diritto amministrativo all'interno dell'attività e non viceversa.
A questa prova è già stata fatta l'obiezione che qualcuno si farà fare all'esterno la tesi di laurea. Voglio dire però che nel momento in cui individuiamo le materie specifiche che sono connesse all'attività che il dirigente svolge, nessuno all'esterno è in grado di fare una tesi meglio di quanto la può fare quel dirigente.
Se poi il dirigente ha intenzione di farsela fare dall'esterno è perch non ha fiducia nelle sue capacità.
A questa obiezione si può anche rispondere con un'altra tecnica di esame, quella che la Commissione esaminatrice non si limiti al contenuto dell'elaborato progettuale, ma analizzi la maturità del candidato dal punto di vista metodologico, della scelta delle fonti, degli strumenti, delle opere consultate. Diventa difficile allora farsi fare dall'esterno la tesi perché dovrebbe farsi fare la tesi e dovrebbe farsi dare delle lezioni sul come è stata fatta la tesi, alla fine tutta questa simulazione diventa un po' artificiosa.
La legge rimanda questi aspetti al regolamento. Chi è professionalmente preparato avrà all'esame il risultato conseguente alla propria preparazione professionale, nessuno deve sentirsi offeso o sminuito dal fatto di dover affrontare questa prova per passare al 10 livello.
Come ho detto la discussione con la Commissione verterà sia sul contenuto dell'elaborato sia sulla metodologia attraverso la quale si è arrivati all'elaborato. Mi rendo conto che è un'idea un po' illuminista che qualche critica può suscitare.
Sono anche cosciente che se non cerchiamo di innovare cedendo anche alle idee illuministe e non resistendo alle critiche qualunquistiche progressi in questo settore se ne fanno pochi.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere signora Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando si parla della politica del personale c'è molta attenzione da parte delle forze politiche, come stiamo rilevando questo pomeriggio, c'è molta attesa da parte dei protagonisti che nel caso sono i dipendenti regionali. Qualche volta c'è anche la censura da parte degli organi giudicanti. Infatti la legittimità amministrativa della politica del personale in Piemonte è stata recentemente censurata anche dal Tribunale amministrativo regionale, una censura che assume peso politico nella responsabilità che la maggioranza ora deve assumere di fronte al Consiglio al di là delle solite dichiarazioni di intenti, perché, rileggendo gli interventi nel merito dei Presidenti e degli Assessori che a tali competenze sono succeduti appare evidente e preoccupante l'ennesima e totale scollatura tra le dichiarazioni fatte in aula o nelle Commissioni e l'operato quotidiano della Giunta.
Dunque pongo innanzitutto e nuovamente la questione istituzionale che la maggioranza fa vivere su due binari separati, fra Consiglio e Giunta, non volendo rispondere conseguentemente né dall'uno né dall'altra anche se la gestione Viglione ha fatto constatare la volontà di superamento di questa separazione e devo dire che la presenza costante del Presidente Viglione nelle Commissioni consiliari è da noi evidentemente molto apprezzata.
Quanto questi due corpi - Giunta e Consiglio - siano separati ed estranei tra loro, è proprio riconducibile alla politica del personale, che è politica di struttura, cioè elemento basilare per la costruzione ed il buon funzionamento dell'Ente Regione. Io ho partecipato la settimana scorsa, inviata dal Consiglio regionale, a Trieste ad un convegno nel quale si parlava della Regione Friuli Venezia Giulia, ma in particolare si toccavano tutti i temi che attengono al funzionamento del Consiglio regionale e delle sue strutture. Ad un relatore che esaminava in particolare la figura del Consigliere regionale ho prestato molta attenzione, perché egli indicava tra le cause di disagio che avverte il Consigliere regionale nella sua attività nell'ente pubblico, erano proprio quelle determinate dalle devianze apportate dalla sistematica lottizzazione dei ruoli e dalla inevitabile tessera di partito del personale, tessera di partito e devianze e lottizzazioni che poi si possono ricondurre a numerosi danni all'attività del Consigliere regionale, a causa della censura politica svolta dai funzionari verso i Consiglieri che può essere condotta con l'omissione di atti o la comunicazione inesatta di atti, oppure ancora con la comunicazione preferenziale di atti.
Evidentemente la regione Friuli Venezia Giulia diceva che questi aspetti non riguardavano i suoi Consiglieri regionali, e se io affermassi che queste cose succedono nella nostra Regione, qualcuno mi potrebbe chiedere subito precisazioni ed indicazioni. Ma io non ho intenzione di assurgere al ruolo di poliziotto. Questi fatti, però, ove succedessero, non solo provocherebbero un danno e una lesione profonda all'immagine della Regione, ma ne inficerebbero l'efficacia dell'azione, la ridurrebbero ad una burocrazia inefficiente e dequalificata allontanando dagli enti pubblici le energie migliori.
Prima di compiere qualche osservazione sul disegno di legge in discussione, vorrei che fosse chiaro questo grado di responsabilità politica che attiene alla classe dirigente, di garanzia, di condizioni di neutralità nelle quali deve poter agire il personale regionale.
Io non so quale sarà domani l'atteggiamento della maggioranza verso i nodi ancora aperti di questo disegno di legge. Oggi la maggioranza è riluttante ad esprimere una verifica politica complessiva del proprio operato stretta, come è alla difesa di ciò che è difendibile. Ed è drammatico constatare come dagli avvenimenti del marzo 1983 nulla sia stato fatto per quel recupero di credibilità di cui la Regione Piemonte ha ancora bisogno. Spero che la maggioranza comprenda che non è con un veloce vernissage che si cambiano le sorti della Regione o si riesce a dare l'impressione al cittadino che in fin dei conti il sistema Regione funziona con tutto il rispetto e la simpatia che ho per il collega Moretti, non credo che il suo ingresso in Giunta possa migliorare le condizioni di questo coma abbastanza irreversibile nel quale è venuta a trovarsi la Regione Piemonte. Per tornare al personale, ove il personale regionale venisse identificato nell'attivista di partito, si potrebbe pensare che anche il cittadino viene identificato non come cittadino, ma come elettore.
Questa sarebbe una visione distorta, non solo politicamente, ma culturalmente, e su questo ho espresso negli scorsi dibattiti l'opinione che i grandi partiti di massa e quei partiti minori che in tale orbita sono entrati, hanno trasposto forme e modi del proprio partito-struttura nell'istituzione senza riconoscere l'istituzione propria. In proposito vorrei citare una dichiarazione riportata oggi dalle agenzie stampa dell'on. Tina Anselmi, a cui va il nostro sentito ringraziamento per il lavoro svolto nella Commissione di inchiesta sulla P2. La Anselmi afferma che i partiti devono cambiare, devono uscire dalla crisi in cui si trovano che è crisi culturale, di legittimazione morale. Mi è capitato infelicemente, parlando con del personale regionale, di assistere allo scambio di soggetti determinati per qualificare una appartenenza politica quel personale regionale evidentemente non ha "senso della Regione", non è responsabilizzato rispetto alla sua qualifica, ma rispetto all'idea che serve o per meglio dire, in tali circostanze, gli uomini che serve.
Certamente una solida ed efficiente classe burocratica ha bisogno di più di una legislatura per affermarsi. Le Regioni a Statuto ordinario per sono operative da 14 anni pur tra mille problemi, e certo non solo regionali, da affrontare. In questi 14 anni il personale assorbito dalla nostra Regione o dagli Enti di Stato disciolti ha avuto il tempo e le possibilità necessarie ad una riqualificazione funzionale della Regione e con le nuove leve esterne si poteva operare ponendo addirittura un vero e proprio imprimatur nell'approccio lavorativo con una struttura pubblica.
Queste possibilità sono state in larga parte sprecate perché si è operato in senso opposto. Appare dunque evidente che esiste una responsabilità politica e legislativa in tutto ciò, responsabilità che non può essere liquidata con delle promesse. Le promesse che sono state fatte in quest'aula dipendono anche dalla grande discrezionalità che in materia la Giunta può adoperare. Sia chiaro che è una discrezionalità che in minima parte può essere cancellata legislativamente perché, più di altre tematiche, il personale, i rapporti interni e la mobilità sono elementi che si qualificano nel rapporto professionale che si instaura. Il rapporto professionale oltre ad una quota di stabilità nelle direttive impartite esige un certo rispetto delle mansioni sul quale il politico può esprimere sino ad un certo punto cioè ponendo il dovuto rispetto alle sfere che al politico competono rispetto alle competenze della sfera amministrativa.
Questa è la discrezionalità della quale parlavo.
Tutte le Regioni italiane hanno avuto numerose difficoltà nell'assemblare queste norme per rispondere adeguatamente alla legge nazionale. Il testo discusso in I Commissione risente innanzitutto di una certa approssimazione nell'individuazione dell'assetto della struttura. Non appaiono chiare le funzioni tra le strutture organizzative e le unità operative anche perché prevale la tendenza a costruire prima le carriere e poi gli uffici.
Una carriera senza ufficio o viceversa non è giustificabile anche perché i tempi di adeguamento è probabile che non avverranno ordinatamente.
Si aprono invece larghi varchi alla discrezionalità sulle carriere che, in mancanza degli uffici ancora da varare, evidentemente non risponderanno ai parametri indicati nella normativa. La legge sulle strutture si pone con urgenza, altrimenti non potremmo dare una valutazione obiettiva alle intenzioni della Giunta ed alle osservazioni da parte sindacale.
Il relatore Valeri ha dedicato particolare attenzione all'individuazione dei criteri di responsabilizzazione e competenza del personale. Criteri che condividiamo pienamente, ma che riteniamo siano ancora esclusi o recepiti ambiguamente, come dice Valeri, nell'assetto delle norme. Infatti la responsabilità politica deve rimanere separata dalle responsabilità amministrative, ma gli articoli 16 e 17 ci sembrano disegnare un ventaglio assai ampio di ciò che si richiede al dirigente dando origine ad una struttura pesante che bene o male è una compenetrazione delle due sfere, indubbiamente discutibile. Queste norme vengono successivamente squilibrate dall'art. 20 riguardo alla competenza ed alla professionalità che debbono essere richiesti all'ammissione degli impieghi.
La richiesta di abrogazione di alcuni commi dell'art. 12 della legge regionale 74 del 1979 mantiene in vigore il comma che richiama la possibilità che soggetti, con esperienze lavorative qualificate, accedano senza avere il titolo di studio normalmente richiesto. Noi repubblicani siamo per il mantenimento del valore legale del titolo di studio per una precisa ragione che si riassume nel termine "competenza" e perché riteniamo discriminante un libero e personale vantaggio sulle professioni per soggetti magari poco preparati ma con esperienze lavorative qualificate magari da esperienze di partito. Immettere soggetti non laureati in una carriera che si vuole responsabilizzare, aumentando il carico delle responsabilità proprie, ci sembra quanto di più ambiguo si poteva costruire. In proposito sarebbe interessante conoscere, e se il Presidente recepirà subito questa richiesta mi eviterà un'interrogazione, quanti sono attualmente i dipendenti regionali che non hanno i requisiti cui accennavo.
L'introduzione di un secondo livello di dirigenza, data l'attuale struttura esistente, solleva da parte nostra alcune perplessità. Infatti la legge statale sulle disposizioni generali sull'impiego pubblico dello Stato prevede da sempre e unicamente due soli concorsi: uno per accedere alla carriera e un altro per la dirigenza. Indubbiamente questa innovazione si lega alle nuove ipotesi di struttura richiamate nella presente normativa anche in assenza della legge sulle strutture. La seconda perplessità riguarda la revoca delle funzioni perché l'ulteriore concorso dirigenziale sostituito al normale merito di anzianità presuppone anche un ritorno conseguente di stipendio. Rischiamo cioè di creare delle gravi sperequazioni. Dunque non dichiaro contrarietà all'introduzione di fasce di dirigenza più responsabilizzate nello spirito della relazione Valeri, ma i meccanismi normativi che si vogliono introdurre metterebbero in atto dei fenomeni imprevedibili.
L'art. 39 sul lavoro straordinario riduce il limite massimo delle prestazioni da 150 a 100 ore. Si taglia una possibilità a parte dei dipendenti che era invece apprezzata da altri. All'art. 32 sulla onnicomprensività non ricordo - probabilmente perché non ero in Commissione nel momento in cui se ne discusse - se vengono o meno inseriti i collaudi.
L'art. 49 sui compensi incentivanti la produttività è importante ma ci sembra generico nella sua formulazione e, come diceva il Consigliere Testa è ancora nella penna. Un'ultima osservazione riguarda l'indennità di missione che nella nostra Regione è stabilita con una diaria. Pur non essendo mai stati effettuati controlli sul tempo reale di missione, si rimane nell'incertezza se si tratti o meno di una retribuzione adeguata. In proposito sarebbe interessante conoscere anche i sistemi adottati dalle altre Regioni. Vorrei sottolineare che questi brevi cenni sull'articolato e i problemi sollevati in Commissione da altri colleghi, dalle organizzazioni sindacali e dagli uffici regionali non sono osservazioni tendenti a cambiare o mutare parti non estremamente condizionanti, ma sono osservazioni politiche e di sostanza sulla politica del personale. Avendo questo tema una prevalenza istituzionale, perché è più legato di altri all'immediato funzionamento della Regione e sulla sua immagine, sarebbe preoccupante che si trovassero tra le forze politiche consiliari posizioni molto distanti sulla politica per il personale; anche perché, tra l'altro si tratta di recepire un accordo nazionale. E' una puntualizzazione dovuta e che dovrebbe dare misura dei problemi, ma specialmente dei comportamenti a cui tutti i Consiglieri da una parte o dall'altra di questi banchi dovrebbero attenersi.
Il Gruppo repubblicano in particolare conferma le perplessità verso alcune operazioni che in passato e nel presente sono state fatte sulla struttura regionale, alle quali si è anche accennato nel corso del dibattito odierno.
Abbiamo detto che la professionalità e la competenza non sono nei fatti sufficientemente salvaguardate. La loro difesa non è dovuta però alle semplici peculiarità politiche o culturali di una forza politica piuttosto che di un'altra. E' dovuta al riconoscimento dell' istituzione Regione e del rispetto che ad essa dobbiamo perché finalmente la Regione si estrinsechi e sia finalmente se stessa. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Cerutti. Ne ha facoltà.



CERUTTI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il recepimento di un contratto non è un atto determinante di riorganizzazione dei servizi, ma è sicuramente un tassello importante per consentire quel salto di qualità che tutti auspichiamo. Questo contratto che consente una certa omogeneità alle strutture regionali, dovrebbe annullare soprattutto le disparità che oggi esistono in certe situazioni territoriali e creare regole obiettive per tutto il personale della Regione.
Ho sentito dire dal Consigliere Carletto visto che non ho partecipato ai lavori della Commissione avendo contribuito alla predisposizione dell'elaborato della Giunta, della grande partecipazione e del notevole apporto dato dalla D.C. tant'è vero - pensavo - che la D.C. in questo atto conclusivo desse il suo voto favorevole.
E' indubbio che per certe parti questo contratto diventa un atto automatico rispetto a norme che la legge dello Stato ha imposto. I problemi fondamentali però non sono risolti a mio avviso e se li ritroverà la Giunta perché parecchi mandati sono ribaltati alla Giunta stessa, forse perch nella Commissione era difficile trovare un accordo sulla ricostruzione delle carriere e sulla valutazione dei titoli.
La Giunta infatti in ordine al passaggio al secondo livello dirigenziale aveva scelto la strada già percorsa dalle altre Regioni come la Toscana e l'Umbria, attraverso la valutazione dei titoli non intendendo con ciò un passaggio automatico.
Vogliamo anche dire che l'anzianità non significa professionalità occorre fare un distinguo.
Nell'anzianità si può trovare maggiore professionalità perché il funzionario che ha svolto il suo lavoro nell'Amministrazione dello Stato e poi nella Regione si è portato un buon bagaglio di esperienza e questo aspetto deve essere valutato e non può essere disatteso.
Condivido quanto il collega Testa ha detto sulla serietà dei corsi concorsi. Sul secondo esame voglio ribadire, a nome del Gruppo P.S.D.I., il significato che noi intendiamo dare. Noi non accettiamo una prova di tipo scolastico che costringe i candidati sei/otto ore seduti al tavolo per svolgere un compitino, perché non sarebbe dignitoso per una categoria dirigenziale, ed anche perché vogliamo ricercare nei funzionari qualcosa di più.
Non dobbiamo nasconderci, colleghi, che nei concorsi ci portiamo dietro un certo retaggio del passato.
Nell'ambito del personale dirigente della Regione, c'è una diffidenza che viene dai risultati dei concorsi del passato che non sempre hanno valutato la loro professionalità, ma a volte anche la loro appartenenza politica. Questa situazione potrebbe ricrearsi malgrado le prove che vogliamo introdurre, ma noi vogliamo effettivamente promuovere la professionalità e ricercare uno stato dirigenziale di prim'ordine.
Qualsiasi forma che vogliamo adottare di concorso sarà importante il comportamento delle commissioni e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Pur restando legati alla valutazione della professionalità, dei titoli di studio e del lavoro svolto, riteniamo che l'elaborato progettuale sul tipo di tesi universitaria e la discussione nell'esame orale finale consenta alla commissione una valutazione globale ed anche quel funzionario con 30 anni di attività, che potrebbe rivendicare se non un passaggio automatico, almeno una valutazione più attenta dei suoi titoli e dei suoi meriti, può trovare un giusto riscontro rispetto al suo passato.
Io faccio presente ai colleghi alcuni problemi non risolti, forse il motivo dello slittamento del contratto. Non possiamo dimenticare la sentenza del TAR, verso un concorso di ottavo livello. L'art. 43 parla di concorsi in itinere.
Noi valutiamo i problemi del personale con obiettività e non con atto di protezionismo, perciò penso che dovremmo tenere presente anche questa situazione, tuttora pendente, perché costituirebbe un atto discriminante nei confronti di chi ha vinto un concorso. Una particolare situazione retaggio del passato, riguarda un certo numero di dipendenti di sesto livello nell'area del territorio per i quali la situazione è contraria a quella precedente. Mentre i funzionari di ottavo livello non hanno vinto il concorso e si trovano nelle condizioni di partecipare a un nuovo concorso qui ci troviamo di fronte a personale privo di titolo di studio, ma che ha vinto il concorso e che, a seguito di una sentenza del TAR si vede retrocesso di grado. Ho voluto, prima di passare all'esame degli articoli ricordare queste situazioni che soprattutto ci impongono obiettività di comportamento. Abbiamo esaminato gli emendamenti all' art. 44 che i colleghi della D.C. hanno presentato.
Diciamo subito che non è possibile trovare una soluzione mediana: dire che il 50 per cento dei canditati può passare per titoli e l'altro 50 per cento con esame, crea disparità nei confronti del personale. Quali sono quelle categorie che possono passare con soli titoli? Non vogliamo fare i moralisti. Il contratto ci consente di rivolgerci al personale con una buona carta di credito. L'entità degli stipendi del livello dirigenziale è tale da richiedere una vera professionalità che forse gli stipendi attuali vanificano. E' un grosso salto di qualità. Dipende da noi modificare le strutture prima di tutto e poi dare un atto di credibilità in quello spirito di moralizzazione da più parti predicato, ma che è difficilmente applicabile negli atti concreti.
Le condizioni ci sono per chiedere al personale attaccamento dedizione, professionalità.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione del disegno di legge è ricognitiva ed esplicativa e richiede alcune brevissime precisazioni da parte del nostro Gruppo.
Il Gruppo comunista ha lavorato con serietà e con continuità in Commissione a fianco con il Gruppo socialista tanto è vero che concordo totalmente con quanto ha detto il collega Testa.
Ci sono delle motivazioni fondamentali per le quali noi riteniamo che il disegno di legge sia approvabile.
Prima di tutto per la grande connessione degli art. 43 e 44 con l'ordinamento dell'ente e con i principi generali che vorremmo travasare anche nella legge delle strutture. E qui c'è la coerenza e la continuità dell'impegno del nostro Gruppo perché nel luglio dell'anno scorso, insieme ai partners di maggioranza, avevamo fissato l'organizzazione e la strumentazione come questioni cruciali su cui fondare il rilancio dell'organizzazione dell'ente.
A questo primo appuntamento non abbiamo voluto rispondere con un buco ovvero con un mero recepimento del contratto. Questi mesi sono stati utilizzati per delineare un itinerario, gli indirizzi, gli orientamenti che oggi o almeno domani quando voteremo, riceveranno una prima sanzione.
Dobbiamo dare atto all'esecutivo di aver mantenuto un atteggiamento aperto, pienamente rispettoso delle prerogative del Consiglio: questo va detto perché la materia è precipuamente di responsabilità della Giunta quindi questa apertura ai contributi reali dei Gruppi è un atto di cui dobbiamo dare merito alla Giunta ed al Presidente che tra l'altro ha la delega del personale. Ci siamo mossi in maniera che forse ci è peculiare ma che non vorrei sfuggisse all'attenzione dei colleghi. Ci sono due modi per trattare le questioni del personale: avere grande attenzione e capacità di presenza su ogni caso specifico, su quelli rilevanti e significativi o quello di muoversi in maniera diversa pur avendo presente a larghi settori i problemi.
Noi abbiamo cercato di ricorrere alla logica politica e alla logica deduttiva; quanto questo corrisponda a singole e specifiche soluzioni personali non compete al legislatore. Qualche soddisfazione l'abbiamo avuta. Il partito comunista molto spesso viene accusato strumentalmente di essere in ritardo su certi temi.
Nel momento in cui il Partito comunista, acquisita la sfida della modernità e delle questioni che pongono la società di fronte alla strumentazione nuova, più rispondente agli obiettivi, si muove, trova gli alleati, ma trova anche le incertezze e le difficoltà. Il modo vecchio di agire che ci viene addossato difficilmente è scrollato di dosso dalle altre forze politiche. Questo l'abbiamo potuto valutare soprattutto quando abbiamo introdotto i principi di responsabilità. Non parlo solo di responsabilità dei funzionari, c'è anche una responsabilità dei politici del tutto nuova. Un nostro emendamento, che sottoporremo all'attenzione del Consiglio, stabilisce un tempo determinato di tre anni.
Questo principio oltre che responsabilizzare i funzionari responsabilizza anche gli amministratori, obbliga in altre parole, ad arrivare ad un punto al quale nel nostro ordinamento amministrativo non si è quasi mai arrivati: al giudizio concreto sull'operato di un dirigente che essendo dirigente è parte assolutamente decisiva del funzionamento dell'istituzione.
E' una conquista che va conquistata nei fatti. In altre parole è molto più semplice non decidere e non assumersi le responsabilità ricorrendo a realtà non più sostenibili che non ricorrere a procedure coraggiose moderne ed avanzate. Il nostro Partito ha fatto una lunga battaglia nello Stato contro il protezionismo clientelare e politico quindi le osservazioni di Cerutti vanno colte fino in fondo.
Sulla questione della selezione dovremmo avere molto coraggio innescando momenti di precisa responsabilità e pensando a forme di selezione del tutto spoliticizzate. In sede di Commissione abbiamo detto anche di valerci di istituti specializzati per la selezione di idoneità nella direzione manageriale degli uffici. Credo che questo sia uno dei terreni su cui lavorare per determinare una scelta obiettiva.
A questo lavoro abbiamo dato la nostra impronta netta di maggioranza quindi non di scollamento si deve parlare ma di collaborazione tra Giunta e Consiglio. Dobbiamo dare atto alla Democrazia Cristiana di essere stata sempre presente e di conoscere i meccanismi e le situazioni. Tuttavia pur confermando la presenza e l'impegno del Gruppo D.C., devo dire che quando la maggioranza sa spingersi su terreni nuovi, la D.C. si trova un pochino in difficoltà: prima di lasciare il vecchio per percorrere il nuovo, forse preferisce stare a mezza strada.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Il relatore ha diritto di replica.



VALERI Gilberto, relatore

Poiché si è detto che la relazione è antigovernativa, desidero precisare che essa fa cenno al governo solo per ricordare che il Ministro della funzione pubblica, il quale ha un preciso ruolo, riconosciutogli anche dalle Regioni, dagli Enti locali e dalle Province, al fine dell'individuazione di parametri per il riconoscimento della produttività si è dimostrato inadeguato alla bisogna e non ha presentato una sola proposta in merito.
Non so se per proposta si deve intendere quel premio di presenza che quasi tutte le parti politiche hanno giudicato grottesco. E' una constatazione oggettiva questa, prima ancora, non un giudizio semmai. Se qualcuno ritiene che quel premio di presenza costituisce una scelta appropriata abbia allora il coraggio di dirlo e confronti tale suo atteggiamento con i rimproveri che in tema di rigore e di efficienza si vuole fare in quest'aula nei confronti della maggioranza.
Per quanto riguarda lo spazio dato al programma presentato in Commissione dal Presidente Viglione, devo dire che ad esso ho dato tanto spazio, perché la sua presentazione da parte della Giunta, è stata richiesta dai Gruppi di minoranza, quale condizione sine qua non per la prosecuzione dell'esame dell' articolato. Se detto programma ha avuto tanta parte nella valutazione del d.d.l. compiuta dai vari Gruppi in Commissione mi pare del tutto inopportuno rimproverare ora che la relazione abbia rispettato l'andamento della discussione. Come relatore ho anche ricordato che tra le tante cose sul tappeto in ordine al contratto vi era, su richiesta delle organizzazioni sindacali, l'assunzione diretta del personale al di sotto della quarta qualifica funzionale. Ho però aggiunto che questo punto non è trattato dal contratto, quindi non mi pare che nascano problemi di applicazione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha la parola il Presidente della Giunta per le conclusioni.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Carissimi e cortesi colleghi, desidero ringraziare tutti dal relatore Valeri a quanti sono intervenuti, Marchini, Carletto, Testa, Vetrino Bontempi oltre all'Assessore Cerutti. Ringrazio anche i sindacati con i quali la Giunta ha avuto fin dai lontanissimi mesi di marzo e aprile dell'anno scorso lunghi scontri, riscontri che hanno però portato se non ad una legge ottima, perché è difficile avere una legge ottima, quanto meno una legge buona.
La legge è per tutto il personale regionale. E' un errore dire che questa legge riguarda soltanto quanti accederanno alla dirigenza. Si insiste sul fatto che il Piemonte come ogni altra Regione deve avere una "testa" a Torino. Però non dobbiamo dimenticare Alba, Cuneo, Alessandria Novara, Vercelli.
Quindi diciamo che la legge si pone il primo obiettivo di far fare un salto immediato a tutto il personale, poi stabilisce dei criteri che non rendono soltanto giustizia alla dirigenza, ma a tutto il personale. Questa legge che recepisce il contratto per i dipendenti regionali, innova profondamente perché porta avanti la contrattazione. Dobbiamo dare importanza a questa parola che non vuol più dire "sentito il sindacato"' ma sostanzialmente, che ci avviamo ad una forma di cogestione di tipo francese. Il che vuol dire che non soltanto la dirigenza fa parte del cervello, che deve separare il potere politico da quello burocratico, ma tutto il personale è chiamato a cogestire l'Ente.
Questa è la filosofia del nuovo contratto e non è cosa di poco conto. A volte si usa la parola "coma", si dice che non si è fatto nulla, ma io vi consiglio di non usarla mai, perché come ho già detto, in Piemonte molte cose sono cambiate e molte cose che sembravano in coma improvvisamente, a seguito di qualche iniezione salutare, sono ritornate alla normalità.
In Piemonte per esempio, è cambiata la Langa, l'Astigiano. Ho già detto che non mi attribuisco il merito di questo, così come Bernini nel commemorare l'on. Bisaglia, intelligentemente non si è attribuito il merito davanti alla salma di chi per tanti anni ha contribuito al cambiamento del Paese.
Il Piemonte è la prima Regione ad approvare una legge di recepimento con queste caratteristiche. Se volevamo recepire il contratto era facile farlo già nei mesi di aprile, maggio, giugno dell'anno scorso. La parte importante di questa legge non è quella salariale, alla quale abbiamo già adempiuto, ma è quella della quadratura dell'innovazione.
Il Piano di sviluppo parla di innovazione anche nel settore degli operatori della pubblica amministrazione. Le caratteristiche del contratto sono: introduce istituti nuovi per il pubblico impiego (part-time produttività) pone in rilievo i problemi di organizzazione del lavoro e crea incentivi ad affrontare la revisione delle strutture organizzative degli enti (attraverso l'istituto della produttività, l'istituzione della dirigenza, la previsione di indennità collegate a responsabilità organizzative, la previsione di concorsi speciali collegati alla ristrutturazione) definisce la dirigenza regionale collocandola su due livelli organizzativi e professionali e prevedono norma di selezione per l'accesso alla seconda qualifica: dà rilevanza alla contrattazione decentrata con conseguente avvio della delegificazione in materia di personale prevede benefici economici ai vari livelli funzionali con ampia divaricazione della forbice e modifica la tendenza dell'appiattimento dei precedenti contratti privilegia la retribuzione della professionalità ed ancor più della responsabilità organizzativa con l'introduzione di indennità per alcuni livelli sopprimere la progressione economica orizzontale e la sostituisce con il salario di anzianità in somma fissa da erogarsi all'1.1.1985 (è pari a prima classe di progressione pari al 6 per cento) definisce una normativa sul riconoscimento dell'anzianità che modifica l'appiattimento dei precedenti contratti dà rilevanza alla normativa sulla mobilità fra enti in previsione delle deleghe.
Le soluzioni alle problematiche che il dettato contrattuale ha aperto e, pertanto, la compiuta attuazione delle intese assunte a livello regionale, non ha potuto prescindere da un quadro di linee generali di politiche del personale che la Giunta ha portato avanti ed in tale quadro vanno inserite. Infatti, nel programma della Giunta ha una posizione strategica e prioritaria la politica del personale.
Ho promesso di presentare entro la fine del mese di luglio o ai primi di agosto, posto che il contratto venga recepito, un modello di riorganizzazione della Regione. Questo contratto disegna già alcuni momenti di questa riorganizzazione.
Entro il 1985 avremo una Regione nuova, cambiata. L'innovazione del piano regionale di sviluppo riguarda anche noi, perché la prima innovazione è la formazione umana e professionale, questo è il primo mattone. Ci sarà chi metterà un mattone più importante, chi ne metterà uno meno importante, tutti insieme però costituiranno l'elemento definitivo della Regione. Attenzione per perché c'è ancora un errore in qualcuno di voi. Non sono né pedagogo, n maestro ma un modesto osservatore della Provincia di Cuneo. Ricordiamoci che parliamo sempre di una istituzione che ha tra i compiti principali la promozione legislativa, la programmazione, ma anche l'alta amministrazione.
Se dimentichiamo l'alta amministrazione, dimentichiamo un tassello della promozione, della programmazione.
Sono tre modelli sui quali si fonderà entro il 1985 la nuova Regione Piemonte che è uscita dal coma, ha aperto gli occhi, le gambe si sono sveltite e si è messa a correre.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Colleghi, abbiamo concluso la seduta di oggi. Vorrei ricordarvi che domani mattina inizieremo passando subito al voto dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo liberale di non passaggio agli articoli. Invito tutti ad essere puntuali.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.50)



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