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Dettaglio seduta n.240 del 05/04/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Boschi e foreste

Esame testo unificato dei progetti di legge n. 92 - 141 - 180 - 228 - 259 275: "Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/10/1978, n. 63 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste'" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo l'esame del testo unificato dei progetti di legge n. 92 - 141 180 - 228 259 - 275: "Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/10/1978 n. 63 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste", di cui al punto quarto all'ordine del giorno.
Essendo terminata la discussione generale, passiamo Alla votazione del relativo articolato.
Art. 1 (Premessa - Finalità) "Con la presente legge vengono apportate ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/10/1978, n. 63.
I richiami contenuti nella presente legge si riferiscono al testo della legge regionale 12/10/1978, n. 63 già integrato e modificato dalla legge regionale 22/4/1980, n. 27, dalla legge regionale 2/5/1980, n. 33 e dalla legge regionale 3/9/1981, n. 35".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo I della legge regionale 1211011978,n. 63) "1 - All'art. 1, le parole di cui all'ultima linea sono soppresse.
Alla fine dell'articolo sono aggiunte le parole: 'Il finanziamento degli interventi è disposto con la legge regionale di bilancio anche in rapporto al piano regionale di sviluppo e ai programmi regionali di settore di cui 5 della legge 27/12/:i 977, n. 984'.
2 - All'art. 2, comma primo, il punto 5) è così sostituito: '5) imprenditori agricoli a titolo principale di cui alla legge 9/5/1975 n. 153, modificata ed integrata con la legge 10/5/1976, n. 352 e alla legge regionale 22/2/1977, n. 15 e successive modificazioni ed integrazioni.
Ai fini della presente legge qualora alle parole 'imprenditore agricolo' non fosse aggiunta alcuna specificazione, deve essere inteso l'imprenditore agricolo a titolo principale di cui alle leggi sopra richiamate'.
All'art. 2 sono aggiunti i seguenti commi: 'Le agevolazioni previste dalla presente legge in favore degli imprenditori agricoli a titolo principale, possono essere estese agli imprenditori agricoli che, pur non dedicandosi a titolo principale all'attività agricola, conducono direttamente un'azienda agricola, anche coadiuvati dalla propria famiglia, ma senza salariati fissi.
Al fine di attuare quanto previsto al precedente comma, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, tenuto conto delle indicazioni della programmazione ed in particolare dei piani agricoli zonali, e dei piani di sviluppo socio-economici delle Comunità montane sentite la delegazione dell'UNCEM e l'URPP, stabilisce la consistenza minima e massima dell'azienda agricola, le zone, il tipo d'intervento l'indirizzo produttivo da prendere in considerazione nonché le condizioni ed i criteri.
3 - All'art. 3, comma primo, lettera a), le parole 'ove esistenti' sono sostituite dalle seguenti 'con i documenti della programmazione approvati ove esistenti o, in mancanza, con gli indirizzi della Giunta regionale'.
All'art. 3, lettera a), il terzo comma è soppresso e così sostituito: 'Gli importi finanziabili per investimenti fondiari ed agrari, anche non inseriti in un piano aziendale o interaziendale di sviluppo, non possono superare per la stessa azienda i limiti che saranno indicati nelle istruzioni.
Non sono ammessi al finanziamento per investimenti fondiari ed agrari gli imprenditori agricoli che, già nella situazione di partenza, hanno redditi di lavoro agricolo pari o superiori al reddito comparabile.
Non sono ammessi, inoltre, al finanziamento per investimenti fondiari ed agrari gli imprenditori agricoli nelle zone di pianura e di collina che nella situazione di partenza, pur avendo redditi di lavoro agricolo inferiori al reddito comparabile, raggiungono tuttavia livelli di redditi complessivi pari o superiori al livello del reddito comparabile, valutando oltre al reddito di lavoro agricolo, i seguenti redditi secondo i criteri stabiliti nelle istruzioni: redditi da capitali extragricoli degli imprenditori agricoli, delle altre unità attive familiari dell'azienda e degli altri componenti la famiglia redditi di lavoro extragricolo degli imprenditori agricoli; in assenza nell'azienda di imprenditori agricoli viene calcolato inoltre il reddito da lavoro extragricolo di tutte le unità attive del nucleo familiare'.
All'art. 3, lettera b), il punto 3) è così sostituito: '3) Impianti per energie alternative Al fine di dotare le aziende agricole singole o associate, di impianti per la produzione di energia termica, elettrica o meccanica dalle fonti rinnovabili di cui all'art. 1 della legge 29/5/1982, n. 308, possono essere concessi contributi, in conto capitale fino al 50% della spesa ammessa per imprenditori agricoli elevatile fino al 60% per le cooperative e, per la parte di spesa non coperta dal contributo in capitale, il concorso nel pagamento degli interessi sui mutui secondo le modalità di cui all'art. 12 della legge stessa e al decreto 18/3/1983 del Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste.
Tali interventi dovranno essere coordinati con gli altri interventi previsti dalla legge 29/5/1982, n. 308, per il settore agricolo e forestale'.
All'art. 3 sono aggiunti i seguenti punti: '5) Applicazione Regolamenti Comunità Economica Europea La Giunta regionale, sentita la competente Commissione del Consiglio regionale, emana le disposizioni per l'applicazione dei Regolamenti della Comunità Economica Europea in materia di agricoltura e foreste ed alimentazione, demandati ala Regione ai sensi dell'art. 6 del D.P. R.
24/7/1977, n. 616.
Gli adempimenti per l'applicazione, compresa la concessione delle agevolazioni, possono essere demandati in tutto o in parte: ai Servizi regionali centrali e periferici ad Enti locali e alle Comunità montane, fermo restando l'esercizio da parte della Regione dell'indirizzo, del coordinamento, della tenuta dei rapporti con lo Stato e del compimento degli atti da parte della Regione in sostituzione degli Enti inadempienti e della revoca nel caso di inattività.
Le spese per l'applicazione dei Regolamenti, comprese le anticipazioni di contributi a carico dello Stato e della C.E.E., sono determinate con la legge regionale di bilancio.
6) Finanziamenti fondi comunitari Ai beneficiari delle domande presentate ai sensi della presente legge ammesse al finanziamento della Banca Europea degli Investimenti (B.E.I.) o del Fondo di Ristabilimento del Consiglio d'Europa (F.R.C.E.) o di altri fondi comunitari, può essere concesso un contributo integrativo in conto interessi o, in alternativa, in conto capitale equivalente, come misura massima, all'attualizzazione del concorso negli interessi.
Il concorso integrativo negli interessi sarà stabilito nella misura massima risultante quale differenza tra il tasso praticato degli Istituti di Credito titolari della linea di credito ed il concorso negli interessi determinato per lo stesso tipo di intervento ai sensi dell'art. 10 della presene legge.
Con tali Istituti di Credito la Regione opererà mediante apposite convenzioni.
7) Leasing In alternativa al contributo negli interessi, previsto dalla presente legge, possono essere concessi contributi in capitale per operazioni di locazione finanziaria relativa a: macchine ed attrezzature agricole, zootecniche e forestali strutture, macchinari ed impianti fissi e mobili per la produzione raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, zootecnici e forestali bestiame da riproduzione.
La Giunta regionale nelle istruzioni per l'applicazione della legge stabilisce: 1) l'entità del contributo regionale anche frazionabile in rate annuali che comunque deve essere inferiore alla somma equivalente all'attualizzazione di un contributo negli interessi da determinare come indicato all'art. 10 della presente legge 2) il limite del valore dei beni oggetto della locazione nonché la durata dei contratti di locazione da ammettere al contributo 3) tutte le altre condizioni, modalità e criteri necessari.
Il contributo è liquidato ai beneficiari, oppure direttamente alle società di leasing, secondo le modalità e condizioni stabilite dalla Giunta regionale.
Le società di leasing debbono avere tra i propri soci la maggioranza di Istituti ed Enti esercenti il credito.
8) Progetti integrati La Giunta regionale può finanziare progetti integrati finalizzati a dare attuazione ad obiettivi previsti nei piani zonali di sviluppo agricolo o nei piani di sviluppo socio-economico delle Comunità montane.
Tali progetti devono interessare una pluralità di aziende comprendenti iniziative agricole silvo-pastorali e forestali ed in via di massima possono essere presentati dall'Ente di sviluppo agricolo o da Comunità montane'.
4 - All'art. 4, comma primo, punto 1), dopo le parole: '1) le opere e le iniziative da realizzarsi nelle zone delimitate ai sensi dell'ad. 3 della legge regionale 4/6/1975, n. 43. ...' sono aggiunte le parole: '...e comunque nelle zone sottoposte a vincoli naturalistici o paesaggistici. .
Alla fine del punto 1) sono aggiunte le parole: 'Le agevolazioni vengono concesse alle condizioni previste per le zone montane'.
5 - All'art. 5, lettera c), dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: 'Comunque la Giunta regionale può, in qualsiasi momento, sospendere la ricezione delle domande'.
All'art. 5, lettera e), secondo comma, le parole: '. ..viene rilasciato il certificato di idoneità...' sono sostituite dalle parole: 'ed, in mancanza di disponibilità finanziarie, può essere rilasciato il certificato di idoneità.. .'.
All'art. 5, lettera e), secondo comma, quinto trattino, le parole: '. .se esiste o meno . .' sono sostituite dalle parole: 'che non esiste. ..'.
All'art. 5, lettera e), quinto comma, le parole: '. .dal Responsabile del Servizio il quale può delegare a tale scopo il funzionario istruttore o altro funzionario' sono sostituite dalle parole : '. . , dall'Organo o Servizio competente dell'istruttoria e dell'emissione del provvedimento di concessione dell'agevolazione'.
All'art. 5, lettera f), il quinto comma è soppresso e sostituito dal seguente: 'Il recupero delle somme maggiorate degli interessi, viene disposto con deliberazione della Giunta regionale'.
6 - All'art. 7, penultimo comma, le parole: 'del Comitato tecnico consultivo regionale di cui all'art. 28 della legge regionale 22 / 2 / 1 97 7, n. 1 5 ' sono sostituite dalle seguenti: 'della Commissione consultiva regionale prevista dalla presente legge'.
7 - All'art. 10, comma quinto, dopo le parole: 'in unica soluzione dalla Regione' sono aggiunte le parole: 'direttamente agli interessati oppure'.
All'art. 10 sono aggiunti i seguenti commi: 'La durata dell'ammortamento dei mutui di miglioramento assistiti dal concorso negli interessi indicata nella presente legge e nelle altre leggi regionali deve essere considerata quale limite massimo; l'esatta durata è fissata con deliberazione della Giunta regionale.
In alternativa al concorso negli interessi, in presenza di mutui e prestiti contratti, per le finalità previste dalla presente legge, la Regione pu concedere un contributo da corrispondersi a rate annuali di entità non superiore all'ammontare dell'onere del mutuo o del prestito e comunque fino ad un massimo di sei rate annuali.
La Giunta regionale con le istruzioni per l'applicazione della legge stabilisce: 1) il numero delle rate annuali e l'entità dell'onere a carico della Regione nel rispetto delle misure massime di aiuti previsti dal presente articolo 2) il tipo di intervento e la figura di beneficiari tra quelli previsti dalla presente legge per i quali concedere le agevolazioni'.
8 - All'art. 11 sono aggiunti i seguenti commi: 'La Regione può concedere contributi a Consorzi regionali che costituiscono appositi fondi finanziari per il rilascio di fidejussione ai soci per operazioni di credito agrario previsti dalla vigente normativa.
I Consorzi debbono: essere costituiti con atto pubblico prevedere il voto pro-capite essere aperti a tutte le Cooperative agricole e loro Consorzi e aderire ad organizzazioni cooperativistiche agricole emanazioni di organizzazioni nazionalmente riconosciute essere retti da apposito Statuto.
I Consorzi inoltre debbono: avere personalità giuridica essere a larga base associativa avere un fondo finanziario ritenuto adeguato avere una struttura organizzativa ritenuta adeguata.
Comunque il contributo regionale non può superare il 25 % del capitale di rischio apportato dai soci".
Sono stati presentati i seguenti emendamenti: 1) dal Consigliere Gerini: al terzo comma del punto 2) vengono soppresse le parole "ma senza salariati fissi".
2) dal Consigliere Gerini: al quarto comma del punto 2), dopo la parola "stabilisce" vengono soppresse le parole "la consistenza minima e massima dell'azienda agricola".
La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

La proposta viene a riconoscere l'importanza di una figura relativamente recente, ma molto diffusa nel panorama agricolo piemontese che è quella del lavoro agricolo a part-time.
Noi non condividiamo, per principi di libertà, di opzioni e di scelte restrizioni in questo campo, anche se sappiamo che nella prima fase non saranno dati aiuti concreti a questa categoria.
Ci preoccupiamo perché non favorendo a pieno titolo la figura del part time, favoriremo maggiormente, specie in montagna ed in collina, l'esodo di parecchi agricoltori che attualmente svolgano due attività.
Pur sapendo di combattere una partita persa in partenza, propongo con tutta la mia forza di liberale questi due emendamenti soppressivi, sperando in un benevolo aiuto dei colleghi Consiglieri.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Nell'impostazione della legge il riconoscimento del part-time (o dell'economia mista) non ha diritto di cittadinanza. Questo perché nel caso di lavoro a part-time si tratta del membro di una famiglia che non ha sufficientemente terra per occupare tutta la sua forza lavorativa. In questo caso, quindi, se ha la forza lavorativa per essere occupato, non si tratta più di part-time, ma di un salariato fisso, di un imprenditore agricolo, di un conduttore di azienda.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tali emendamenti.
Chi è favorevole all'emendamento n. 1) è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 23 contrari e 15 astensioni.
Chi è favorevole all'emendamento n. 2) è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 23 contrari e 15 astensioni.
3) Dai Consiglieri Chiabrando e Lombardi: al punto 3) dopo il terzo comma aggiungere i seguenti: "All'art. 3, lettera a), il comma undicesimo è sostituito dai seguenti: 'Gli imprenditori agricoli che allevano bestiame bovino per ottenere le agevolazioni per strutture zootecniche e relativi contributi di avviamento per l'acquisto di bestiame da riproduzione e per l'alpeggio, richieste dopo la data dell'1/4/1982, devono essere in possesso, nei casi previsti dalle disposizioni sanitarie, dell'attestazione di allevamento ufficialmente indenne da tubercolosi e indenne da brucellosi.
Gli imprenditori agricoli che hanno richiesto le agevolazioni di cui al comma precedente entro il 31/3/1982, possono ottenerle, sempreché abbiano in corso di attuazione un piano di bonifica per la tubercolosi e per la brucellosi a norma delle leggi vigenti'" La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la Giunta accoglie questo emendamento con un comma aggiuntivo.
La prima parte dell'emendamento si riferisce agli interventi che avverranno dai momento in cui entrerà in vigore l'articolo di legge che riguarda il risanamento del bestiame.
Il secondo comma si riferisce alla sistemazione di pratiche presentate prima di quella scadenza.
Comunque, perché anche questo rappresenti un incentivo, chi ha ottenuto un contributo, in base all'ultimo comma dell'emendamento proposto dal Gruppo DC, è tenuto, in ogni caso, almeno entro un anno dal collaudo delle opere, a presentare la documentazione che attesti il risanamento contro la tubercolosi e la brucellosi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in linea, di massima concordiamo con il chiarimento dato dall'Assessore Ferraris, tranne che per il termine di un anno, anziché due anni, che avrebbe permesso una maggiore elasticità.
Propongo di aggiungere dopo le parole: "possono ottenere" le parole: "sempreché abbiano in corso di attuazione un piano di bonifica per la tubercolosi e per la brucellosi a norma delle leggi vigenti" con l'aggiunta: "e presentino, entro due anni dalla liquidazione delle agevolazioni, le attestazioni di cui al comma precedente".



PRESIDENTE

La Giunta accoglie questa formulazione.
Pongo pertanto in votazione tale emendamento. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti in aula.
4) Dai Consiglieri Ferro e Acotto: dopo le parole "avere una struttura organizzativa ritenuta adeguata" aggiungere: "- presentare progetti almeno di durata biennale, di ristrutturazione e sviluppo delle cooperative e/o consorzi ad essi associati".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti in aula.
5) Dall'Assessore Ferraris e dai Consiglieri Lombardi Emilio, Ferro, Acotto, Gastaldi e Chiabrando: all'art. 2 sono aggiunti i seguenti commi: "Alle cooperative agricole ed ai loro consorzi può essere concesso un concorso negli interessi per prestiti di durata fino a cinque anni per l'anticipazione del capitale sociale sottoscritto dai soci contratti con istituti, aziende ed enti esercenti il credito.
Con le istruzioni per l'applicazione della legge la Giunta regionale stabilisce: l'entità del concorso regionale negli interessi che comunque non pu essere superiore a quello previsto per il credito agrario agevolato di esercizio il limite della somma ammessa all'agevolazione tutte le altre condizioni, modalità e criteri necessari.
Il prestito deve essere garantito da fidejussioni o avallo dei singoli soci oppure dalla garanzia fidejussoria prestata dal consorzio fidi di cui alla presente legge, qualora richiesti.
In ogni caso il prestito non potrà essere garantito da fidejussioni della Regione o dall'Ente di Sviluppo Agricolo.
L'agevolazione è condizionata dall'esistenza di un idoneo programma di sviluppo o ristrutturazione o risanamento presentato dalla cooperativa".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti in aula.
Pongo in votazione l'art. 2 nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo II della legge regionale 12110/1978,n. 63) "1 - All'art. 15, comma ottavo, le parole: 'Per la prima dotazione di bestiame di stalle sociali realizzate con il concorso pubblico' sono sostituite con le parole: 'Per i primi tre anni di attività alle stalle sociali'.
2 - All'art. 18 è aggiunto il seguente comma: 'Nel caso dell'insorgenza di infestazioni ed infezioni che impongano, ai fini della difesa fitosanitaria, l'estirpazione delle piante, la Regione può concedere anche ai non imprenditori agricoli, sovvenzioni per il pagamento delle spese per l'acquisto di piantine esenti da malattie provenienti da vivai sottoposti a controlli specifici da parte dei Servizi addetti ai controlli fitosanitari'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo IV della legge regionale 12/10/1978, n. 63) "1 - All'art. 23, punto 3, viene aggiunto il seguente comma: 'Inoltre sono ammissibili ai benefici l'impianto, la trasformazione a frutto, il recupero ed il miglioramento di castagneti'.
All'art. 23, punto 7, dopo le parole: 'la produzione e la diffusione' sono aggiunte le parole: 'di castagni innestati e'.
All'art. 23, comma quarto, sono soppresse le seguenti parole: 'Nelle zone di cui alla lettera b)'.
All'art. 23, dopo il punto 7, è aggiunto il seguente punto: '8) l'avviamento della conversione di boschi cedui, semplici o composti verso la forma di governo a fustaia con le modalità ed i benefici seguenti: a) i servizi forestali della Regione sono autorizzati ad accordare gratuitamente la direzione tecnica dai lavori necessari allo scopo b) ai proprietari o possessori di boschi cedui che eseguono i lavori di avviamento della conversione verso la forma di governo ad alto fusto pu essere concessa un'indennità per ogni ettaro di bosco interessato dai lavori, a titolo di concorso per le maggiori spese di utilizzazione e per la ritardata percezione di redditi conseguente al prolungamento del turno derivante dalla trasformazione.
L'ammontare dell'indennità, entro i limiti che sono precisati dalla Giunta regionale, verrà stabilito tenendo conto anche dell'onerosità dei lavori necessari e della situazione del bosco nei confronti del mercato.
L'indennità di cui al punto b) può essere concessa solo per i soprassuoli cedui che hanno - aggiunto il turno minimo di utilizzazione stabilito dalle prescrizioni di massima e di polizia forestale vigenti nella provincia.
Nella determinazione dei periodi dell'anno durante i qual possono essere eseguite le operazioni necessarie all'avviamento della conversione saranno tenute presenti le prescrizioni di massima e di polizia forestale riguardanti i tagli nei boschi d'alto fusto.
c) Se oltre all'avviamento della conversione si opera anche la ricostituzione del bosco degradato, le spese necessarie potranno essere sussidiate nella misura prevista a tal fine, in aggiunta all'indennità precisata al punto 13;'".
Si passi alla votazione



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo V della legge regionale 12/10/1978, n. 63) "1 - All'art. 31, comma primo, dopo le parole: 'Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario' sono aggiunte le parole: 'di Consorzi stradali costituiti ai sensi del D.D.L. 1/9/1918, n. 1446 e successive modificazioni ed integrazioni'.
Dopo il secondo comma sono aggiunte le seguenti parole: 'E' accordata comunque priorità alle opere che sono esclusivamente o maggiormente al servizio di interessi agricoli.
In ogni caso devono esistere valide garanzie sulla titolarietà delle opere e l'esercizio della manutenzione delle stesse, dopo la loro realizzazione'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 (Modificazioni ed integrazioni Titolo VI della legge regionale 12/10/1978 n. 63) "1 - All'art. 37 dopo il punto 3 sono aggiunti i seguenti punti: '4) un contributo in capitale 'una tantum' fino al 70% della spesa per il ripiano e l'estinzione di passività onerose contratte entro il 31/12/1982 ed in essere alla data di entrata in vigore della presente legge relative a prestiti, mutui ed altre spese non assistite da finanziamenti pubblici o derivarti da interventi finanziari dei soci. Il contributo viene concesso sulla base di un piano di risanamento 5) un contributo in capitale fino all'80 % per le spese di gestione sostenute. Il contributo può essere concesso alla stessa cooperativa fino ad un massimo di tre anni, secondo percentuali decrescenti stabilite con deliberazione della Giunta regionale'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto Si 28 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 16 Consiglieri L'art. 6 è approvato Art. 7 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo VII della legge regionale 12/10/1978, n. 63) "1 - All'art. 41 è aggiunto il seguente comma: 'L'Amministrazione regionale può inoltre intervenire con contributi per l'attuazione di iniziative promozionali realizzate da Enti ed Istituzioni pubbliche o a maggioranza pubblica oppure da associazioni di produttori agricoli riconosciute, da consorzi di tutela e da altri consoni a larga base associativa'.
2 - All'art. 45 è aggiunto il seguente comma: 'Le agevolazioni di cui sopra per il ripiano, l'estinzione o la trasformazione delle passività onerose, possono essere estese, sotto forma di contributo in interesse e/o in capitale, alle passività onerose contratte entro il 31/12/1982 ed in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, relative a prestiti e mutui, ed altre spese derivanti da finanziamenti bancari a breve, medio e lungo termine non assistiti da concorso pubblico o derivanti da interventi finanziari dei soci.
Inoltre la Giunta regionale può concedere garanzia fidejussoria agli Istituti di credito mutuanti per la stipulazione di mutui per il ripiano l'estinzione o la trasformazione delle passività onerose sopra indicate'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo VIII della legge regionale 12/1011978,n. 63) "1 - comma dell'art. 47 le parole: 'sottoposti alla sua vigilanza' sono sostituite dalle seguenti: 'nonché istituzioni a prevalente partecipazione pubblica per la ricerca e la sperimentazione agraria e forestale applicata o per l'attività dimostrativa e divulgativa'.
All'art. 47 soni aggiunti i seguenti commi: 'La Regione può partecipare ad istituzioni aventi finalità di ricerca applicata in materia di agricoltura e foreste con sede nel territorio del Piemonte.
Tali istituzioni debbono prevedere nel loro Statuto tra l'altro: 1) la maggioranza negli organi collegiali dei rappresentanti di enti pubblici, nel caso figurino anche privati tra i partecipanti 2) il Presidente eletto tra i rappresentanti designati dagli enti pubblici e dalla Regione 3) il Collegio dei Revisori dei Conti o Collegio sindacale composto da tre membri designati dai partecipanti; il Presidente del Collegio è il membro designato dall'ente che versa la maggior quota di partecipazione finanziaria 4) un numero di rappresentanti negli organi collegiali rapportato alle quote di partecipazione finanziaria con l'osservanza comunque di quanto previsto al precedente punto 1).
Le istituzioni debbono essere costituite con atto pubblico, avere personalità giuridica e possedere i requisiti organizzativi, tecnici e scientifici fondamentali necessari per l'espletamento della ricerca applicata.
La partecipazione della Regione, autorizzata dalla presente legge, viene deliberata dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale.
La quota annuale di partecipazione della Regione viene determinata annualmente con la legge di bilancio regionale, tenuto conto: del bilancio consuntivo e del programma di attività e ricerca del bilancio consuntivo del programma di attività e di ricerca relativo all'anno precedente delle quote di partecipazione finanziaria degli altri partecipanti.
Il programma di attività e ricerca deve essere in armonia con la programmazione regionale e con i programmi degli enti delegati dalla Regione'.
2 - All'art. 48 dopo il primo comma è aggiunto il seguente: 'A tali fini nonché allo scopo di acquisire utili informazioni per la programmazione agricola la Regione può: formare con aziende rappresentative della realtà agricola un osservatorio di contabilità agraria avvalendosi anche della collaborazione di enti pubblici e delle organizzazioni professionali agricole concedere finanziamenti in capitali per la tenuta della contabilità agraria nei limiti e secondo le modalità e i criteri stabiliti con le istruzioni, agli imprenditori agricoli, nonché alle organizzazioni professionali agricole e ad enti pubblici che forniscono agli stessi la necessaria assistenza tecnico - contabile ed economico - gestionale sostenere, in favore di imprenditori agricoli, le spese per la tenta della contabilità agraria ed in particolare per la fornitura della modulistica, l'elaborazione dei dati contabili con mezzi informatici e per ogni altra operazione necessaria'.
3 - All'art. 51 sono soppresse dal titolo e dal primo comma le parole: 'relative ai settori diversi da quelli di cui agli artt. 15 - 20'.
All'art. 51 è aggiunto il seguente comma: 'Con le istruzioni vengono stabiliti criteri, priorità e procedure per l'utilizzazione delle assegnazioni a valere sul Fondo per la meccanizzazione dell'agricoltura di cui all'art. 12 della legge 27/10/1966 n. 910 e successive modificazioni ed integrazioni'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 18 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo IX della legge regionale 12/10/1978, n. 63) "1 - All'art. 54, dal comma terzo, è soppresso il richiamo all'art. 56.
2 - Al titolo dell'art. 55 vengono aggiunte le seguenti parole 'pronti interventi'.
All'art. 55 è aggiunto il seguente comma: 'Inoltre la Giunta regionale in situazioni di gravi difficoltà o di pericolo, a causa di eccezionali avversità atmosferiche o di calamità naturali, riconosciute dalla Giunta regionale stessa, può effettuare pronti interventi con spese anche a totale carico della Regione in favore delle persone, dei bestiame, delle opere e cose coinvolte.
I pronti interventi di cui ai precedenti commi sono effettuati anche senza procedere alla delimitazione delle zone di cui al precedente art. 54'.
3 - L'art. 56 è soppresso e così sostituito: 'Art. 56 - (Sovvenzioni per il ripristino di strutture danneggiate senza delimitazione di zona) La Giunta regionale può concedere sovvenzioni nella stessa misura prevista per i contributi in capitale di cui, all'art. 4, commi primo e secondo della legge regionale 25/5/1970, n. 364 e successive modificazioni ed integrazioni, ad imprenditori agricoli senza procedere alla delimitazione della zona ai sensi del precedente art. 54, per il ripristino di strutture danneggiate in seguito a calamità naturali o eccezionali avversità atmosferiche riconosciute dalla Giunta regionale stessa.
4 - All'art. 57, comma secondo, sono aggiunte, le parole: 'di produzione normale'.
All'art. 57 è aggiunto il seguente comma: ' Le agevolazioni previste dal presente articolo possono essere estese anche alle cooperative ortofrutticole alle condizioni fissate dalla Giunta regionale'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 32 Consiglieri si sono astenuti 16 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 (Modificazioni ed integrazioni al Titolo decimo della legge regionale 12110/1978,n. 63) "1 - Dopo l'art. 68 viene aggiunto il seguente articolo: 'Art. 69 - (Altre disposizioni finanziarie) A - Autorizzazioni di limiti d'impegno.
Con decorrenza dall'anno 1985 sono autorizzati i seguenti limiti di impegna a) concessione di contributi negli interessi su mutui per l'acquisto, la costruzione, l'ampliamento e l'ammodernamento di strutture per l'allevamento zootecnico di cui all'art. 14 della presente legge: L.
1.700.000.000 b) concessione di contributi negli interessi su mutui a favore di Cooperative agricole, loro consorzi ed associazioni di imprenditori agricoli, per strutture collettive di allevamento e strutture di trasformazione nonché per il ripiano di passività onerose di cui agli artt.
14, 39, lettera a) e' 45 della presente legge: L. 900.000.000 c) contributi negli interessi su mutui per !'acquisto, la realizzazione l'ampliamento e l'ammodernamento di strutture ed attrezzature per la raccolta, la lavorazione, la trasformazione, la conservazione e la commercializzazione dei prodotti vegetali nonché per il ripiano di passività onerose di cui agli artt. 39, lettere b) e c) e 45 del a prese:: e legge L. 400,00 ).000.
All'onere derivante dall'autorizzazione dei limiti d'impegno di cui al comma precedente, pari a complessive L. 3.000 milioni si farà fronte mediante riduzione di pari ammontare, dei cap. 12400 'Fondo a disposizione per l'attuazione del piano di sviluppo e per interventi programmati ' del bilancio pluriennale 1984-1986 e l'istituzione dei seguenti capitoli nello stato di previsione della spesa del bilancio di previsione per l'esercizio 1985: 'Limite d'impegno per la concessione di contributi negli interessi su mutui per l'acquisto, la costruzione, l'ampliamento e l'ammodernamento di strutture per l'allevamento zootecnico' con lo stanziamento di L.
1.700.000.000.
'Limite d'impegno per la concessione di contributi negli interessi su mutui a favore di Cooperative agricole, loro consorzi ed associazioni di imprenditori agricoli, per strutture collettive di allevamento e strutture ai trasformazione, nonché per il ripiano di passività onerose' con lo stanziamento di L. 900.000.000.
'Limite d'impegno per contributi negli interessi su mutui per l'acquisto la realizzazione, l'ampliamento e l'ammodernamento di strutture ed attrezzature per la raccolta, la lavorazione, la trasformazione, la conservazione e la commercializzazione dei prodotti vegetali, nonché per il ripiano di passività onerose' con lo stanziamento di L. 400.000.000.
B - Autorizzazioni di concorso negli interessi di preammortamento.
Per la concessione di contributi negli interessi di preammortamento derivanti dai limiti di impegno autorizzati al precedente paragrafo, sono autorizzate le seguenti ulteriori spese: a) sull'esercizio 1984: capitolo n. 2680 L. 400.000.000 capitolo n. 2720 L. 100.000.000 capitolo n. 3140 L. 100.000.000 b) sull'esercizio 1985: capitolo n. L. 800.000.000 capitolo n. L. 400.000.000 capitolo n. L. 200.000.000 All'onere derivante dalla concessione di contributi nelle spese di preammortamento di cui al comma precedente che per l'esercizio 1984 ammonta complessivamente a L. 600.000.000 si farà fronte rispettivamente con gli stanziamenti dei capitoli 2680 - 2720 - 3140 dello stato di previsione della spesa del bilancio di previsione per l'esercizio 1984 per i seguenti importi: cap. 2680 - L. 400.000.000; cap. 2720 - L. 100.000.000; cap. 3140 L. 100.000.000; in termini di competenza e di cassa. All'onere autorizzato per l'esercizio 1985 che ammonta complessivamente a 1.400 milioni si farà fronte con la riduzione di pari ammontare del cap. 12400 del bilancio pluriennale 1984-1986, e con l'istituzione nello stato di previsione della spesa del bilancio di previsione per l'esercizio 1985 dei seguenti capitoli: 'Contributi negli interessi di preammortamento su mutui fino a venti anni a favore di imprenditori agricoli singoli od associati, per l'acquisto, la costruzione, l'ampliamento e l'ammodernamento di strutture per l'allevamento zootecnico' con lo stanziamento di L. 800.000.000.
'Contributi negli interessi di preammortamento su mutui ventennali a 'favore di cooperative agricole, loro consorzi, ed associazioni di imprenditori agricoli per strutture collettive di allevamento, solo a cooperative e loro consorzi per strutture di trasformazione' con lo stanziamento di L. 400.000.000.
'Contributi negli interessi di preammortamento su mutui fino a venti anni a favore di cooperative agricole e loro consorzi, per l'acquisto, la realizzazione, l'ampliamento e l'ammodernamento di strutture ed attrezzature per la raccolta, la lavorazione, la trasformazione, la conservazione e la commercializzazione dei prodotti vegetali' con lo stanziamento di L. 200.000.000' ".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 18 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Passiamo ora alle dichiarazioni di voto. Ricordo che le stesse devono rientrare nel termine di cinque minuti.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, le modificazioni così proposte dalla Giunta regionale, come da diversi Gruppi consiliari, modificazioni che hanno portato al licenziamento di questo testo unico, vengono ad innovare sensibilmente e sostanzialmente la legislazione in materia agricola e possiamo anche dire che accolgono finalmente le richieste, da più parti avanzate, di emanare nuove normative per l'agricoltura piemontese, perch quelle sinora in vigore sono risultate essere troppe volte confuse contraddittorie e di difficile applicazione. Ciò spiega il nostro voto favorevole all'art. 1 e l'astensione agli articoli successivi della legge.
Abbiamo dato un riconoscimento che ci sembra essere obiettivo sull'importanza e sulla validità del disegno di legge, ma ora non possiamo tacere un'osservazione di fondo: che, cioè, il destinatario ultimo degli interventi pubblici in questo settore è l'imprenditore agricolo e che questo imprenditore agricolo continua, pur anche con la nuova normativa modificata e corretta, ad essere appesantito da una burocrazia che in molti casi è soffocante e viene a mortificare le sue legittime richieste.
Pensiamo, inoltre, che in questo difficile momento economico vissuto dalla Regione Piemonte, sarebbe stato preferibile indirizzare le già scarse risorse disponibili verso una logica di interventi produttivi.
Intendiamo, cioè, dire che avrebbe incontrato il nostro pieno consenso un disegno di legge che avesse fornito concrete e adeguate garanzie allo sviluppo di una moderna ed efficiente agricoltura, ponendo al bando ogni forma di superstite assistenzialismo sopratutto per le aziende di pianura e di collina, anche se riconosciamo che una forma di interventi di aiuto e di sostegno alle aziende di montagna vada pur data e conservata, se non altro per cercare di evitate in questo modo il fenomeno dello spopolamento.
A noi sta pure bene che si diano aiuti, per così dire, sociali a chi deve sopravvivere, ma non siamo invece d'accordo che si faccia confusione tra interventi soltanto assistenziali ed aiuti che sono invece indispensabili per l'autonomia aziendale, autonomia aziendale che essa sola noi diciamo - può servire a rendere la nostra agricoltora effettivamente competitiva. Obiettivamente, non crediamo che questo principio sia salvaguardato e che abbia informato di sé il disegno di legge, così come non siamo d'accordo con gli aiuti concessi ad una miriade di cooperative.
Per meglio dire, siamo d'accordo che nella situazione attuale vada salvato il salvabile, però non possiamo tacere che questa politica sia il frutto di errori pregressi, di errori precedenti, quando indiscriminatamente si sono volute aiutare tutte le cooperative Noi non siamo in grado - come chiedeva stamane l'Assessore Ferraris durante la sua replica - di denunciate con nome e cognome dei casi concreti, però sappiamo che questa osservazione sugli interventi dispersivi e a pioggia effettuati negli anni passati dalla Regione Piemonte è valida e sottoscrivibile.
Abbiamo invece riconosciuto essere buona l'introduzione ad esempio del leasing, gli impegni per la politica di forestazione, gli interventi previsti per i casi di avversità atmosferiche e di calamità naturali.
Pur riconoscendo, dunque, l'importanza finalistica di questo disegno di legge ed in gran parte almeno pur condividendone contenuti, il Gruppo del MSI-DN potrà dare soltanto un voto di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Nell'intervento di questa mattina, anche se sommariamente, avevo messo in evidenza luci ed ombre sulle modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 63.
Alcune spinte demagogiche, rivolte specialmente alla cooperazione non valida ed efficiente, le restrizioni, i limiti imposti al campo di azione dell'imprenditore agricolo a part-time, non ci soddisfano.
Ci soddisfano, invece, altri aspetti della proposta di legge, quali l'applicazione del leasing, gli interventi sulla forestazione, gli aiuti alla tenuta della contabilità agraria, gli interventi più rapidi in caso di danni arrecati da calamità naturali.
Il Gruppo liberale, quindi, esprimerà un voto di astensione sul complesso della legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, aggiungerò alcune valutazioni .alle considerazioni che il collega Chiabrando, noti in tono astioso, ma con puntualità, ha fatto questa mattina per il nostro Gruppo.
Innanzitutto non possiamo accettare l'impostazione evidenziata nella relazione che assegna al settore agricolo un ruolo di ammortizzatore nei periodi di crisi perché se questo fosse il ruolo dell'agricoltura sarebbe un ruolo marginale.
Dice bene il collega Ferro quando afferma che la cultura di sinistra nella nostra Regione, non ha tenuto in sufficiente conto e considerazione l'apporto che l'agricoltura può offrire all'intera economia regionale. E non si può non essere d'accordo con il Presidente della Giunta quando trovandosi ieri a Carmagnola con i produttori agricoli, evidenzia il ruolo dell'agricoltura con enfasi, con considerazioni e posizioni tali da suscitare l'invidia dei rappresentanti sindacali. Il settore primario conserva ancora, in una Regione industrializzata come la nostra, un notevole peso sull'economia, sull'occupazione: sia diretta che indotta e supera complessivamente il 20% sul totale degli occupati.
Deve essere un settore trainante e, per quanto concerne le strutture di esclusiva competenza regionale, deve vedersi assegnate le risorse finanziarie adeguate. Nasce qui la prima contraddizione tra le affermazioni di Ferro e i discorsi del Presidente.
L'impegno finanziario della Regione a favore del settore agricolo si è ridotto soprattutto in questa terza legislatura e non valgono a modificate questo dato di fatto le disquisizioni sulle pur esistenti inadempienze nazionali o sulle storture della politica comunitaria.
Questa riduzione di risorse ha determinato la situazione che l'Assessore questa mattina ha onestamente ricordato al Consiglio. Sono decine di migliaia le domande di intervento, su stalle, irrigazione miglioramenti fondiari per 1.000 miliardi di investimenti fermi negli uffici regionali. Avviene sempre più che colleghi Consiglieri, sollecitati su singole pratiche, chiedano, a chi più da vicino si occupa di problemi agricoli, come mai domande presentate nel 1980 (ben quattro anni fa) non ottengano i finanziamenti richiesti o previsti dalle vigenti disposizioni di legge.
Il perché è molto semplice: le aziende agricole piemontesi intendono migliorare l'agricoltura con grossi benefici per le aziende stesse e per l'intera economia.
Non dimentichiamo che gli investimenti nel settore agricolo significano lavoro per le industrie, per l'artigianato a monte e a valle dell'agricoltura, ma i finanziamenti sono insufficienti.
Queste cose noi le ripetiamo dal 1980, quando l'allora Assessore Simonelli ci rispondeva che "la Regione non è una befana". Siamo d'accordo su questo, ma gli agricoltori hanno diritto di sapere in tempi ragionevoli se hanno o non hanno diritto al finanziamento, se ci sono o non ci sono i finanziamenti richiesti.
Non siamo stati ascoltati su questa nostra impostazione di chiarezza.
All'interno delle risorse stanziate, le scelte non sempre sono state ispirate a quei criteri di efficienza e di imprenditorialità di cui tanto sentiamo par!are.
Prendo ad esempio la cooperazione. Dobbiamo fare una premessa molto chiara. Il nostro Gruppo è convinto sostenitore della cooperazione.
Respinge pertanto tentativi di strumentalizzare alcuni nostri richiami alla prudenza nel finanziare certe iniziative. Richiami che noi non facciamo oggi. Gli atti del Consiglio ci dicono che, già al termine della seconda e all'inizio della terza legislatura, questo problema lo avevamo posto con forza, i veri sostenitori della cooperazione non possono non chiedere prudenza nel promuovere iniziative nel settore, se si tiene conto che danneggia di più l'immagine della cooperazione una cooperativa fallita, di quanto la possano aiutare decine di iniziative valide ed efficienti.
Oggi si avverte, anche all'interno della maggioranza, una maggiore prudenza: ma sono passati quattro anni! Diciamo questo non per la soddisfazione di ricordare che noi avevamo previsto questa situazione, ma per evidenziare la nostra puntuale presenza sui complessi problemi della nostra agricoltura.
Come si possono definire interventi che oggi purtroppo sono necessari per il ripiano di passività che impegnano sempre più il nostro bilancio? Cooperazione valida significa preparazione dei dirigenti delle cooperative, significa rafforzamento delle centrali cooperative, significa soprattutto maggiore e migliore controllo sulle iniziative che vengono proposte. Questo controllo negli anni passati non c'è stato. Infatti era sufficiente presentare una domanda ed avere i nove o più soci formalmente presenti per ottenere le promesse di finanziamento. Ma anche nel settore della cooperazione non sempre le promesse venivano effettivamente mantenute.
E' necessario un momento di riflessione per consolidare quello che è consolidabile e per tagliare quello che deve essere tagliato.
Noi non accetteremo più il ritorno in Consiglio di una proposta che tenda a risanare passività che derivano da iniziative che non possono stare sul mercato perché non hanno le risorse e le capacità professionali Non ci soddisfa la politica che si è sviluppata negli enti strumentali e nelle società a partecipazione regionale.
L'ESAP non ha ancora approvato il bilancio. Sul Bollettino Ufficiale della Regione ci sono decine e decine di deliberazioni del Consiglio di amministrazione dell'ESAP per le quali vengono chiesti chiarimenti.
C'è un conflitto tra la Giunta e l'ESAP, che cosa è che non funziona in questo organismo? Riteniamo di avere diritto di conoscere la realtà e di sapere se l'ESAP è in grado di portare avanti i compiti istituzionali.
Per quanto riguarda l'IPLA abbiamo letto sull'ultimo numero di "Piemonte Agricoltura" che l'IPLA ha fatto uno studio sul bio-gas. Su questo tema siamo intervenuti in Consiglio e come l'avessimo fatto l'IPLA continua a percorrere una sua strada, senza tenere conto del Consiglio regionale e della Commissione competente.
Quanto costano iniziative di questo genere? In Piemonte esistono già delle strutture funzionanti ed ecco che si verificano doppioni ed iniziative, di cui uno non tiene conto per l'altro e tutto questo causa un enorme sperpero di pubblico denaro.
Non possiamo accogliere la politica portata avanti dall'Istituto Zooprofilattico.
Su questo argomento il discorso è lungo.
Noi proponemmo una divisione fra l'istituto ed il Centro Tori, due Consigli di amministrazione autonomi, ma non fummo ascoltati. Oggi il Centro Tori è diventato un'appendice ridicola dell'Istituto Zooprofilattico.
Siamo partiti volendolo portare all'Istituto Bonafous con una spesa prevista di 250 milioni. Siamo arrivati a spendere mezzo miliardo e chiunque vada a vedere in che situazione si trovano i tori, che devono migliorare la razza ed il bestiame della nostra Regione, si rende conto di questi problemi e dell'esigenza di coordinamento. E' necessario che la Giunta sia interlocutore valido di queste iniziative che costano, vanno, a carico del bilancio regionale, sottraggono risorse agli investimenti.
Purtroppo la situazione rimane quella che è, quando non peggiora.
La stessa Promark vediamo che partecipa con interventi su fiere mercati nazionali ed internazionali.
Le Camere di Commercio seguono la loro strada, la Promark la sua.
L'Assessorato porta avanti iniziative per conto proprio e magari per la stessa questione si prendono tic iniziative diverse e così ci sono settori scoperti.
Se questi problemi esistono, non si può sostenere - come fa l'Assessore che tutto funziona, e funziona bene.
Ma queste affermazioni non sono solo nostre: le sostengono anche realtà sociali, per la maggioranza, politicamente insospettabili.
E' difficile non solo per le incertezze derivanti dai livelli superiori, essere preparati, collega Moretti, a modificare alcuni aspetti di fondo della politica agricola regionale se si ritiene che quello che si fa e si promuove è tutto perfetto.
Pur mantenendo chiari i ruoli che ciascuno ricopre è necessaria una diversa apertura nei confronti delle proposte che provengono dalle forze politiche e dalle forze sociali.
In base a queste valutazioni e dalla reale portata delle modificazioni che d'altra parte hanno accolto anche nostre proposte di emendamenti migliorativi, noi ci asterremo.
E' un'astensione che vuole rappresentare uno stimolo per adeguare la politica regionale, soprattutto per quanto concerne la gestione, alle reali esigenze della nostra, agricoltura



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico

Il voto del nostro Gruppo alla legge sarà favorevole. Del resto, ci era già implicito nel fatto di aver accettato di esserne il relatore. E accettiamo questa legge - e puntualizzo quanto già detto nella relazione proprio perché è la quarta modifica alla legge regionale n. 63 in cinque anni. Questo dimostra, a me pare; non volontà di correzioni di errori precedenti, ma attenzione alle evoluzioni dell'agricoltura, evoluzioni richieste da quelle del mercato che condiziona il reddito agricolo, che solo interessa il mondo agricolo, al di fuori di tutte le considerazioni teoriche e ideologizzanti sulla priorità e sulla primarietà del settore.
Il compito di volano per la risoluzione di crisi di altri settori è un compito importante, ma è soprattutto motivo per cercare di dare reddito all'agricoltura. Ci pare che questa legge vada in questa direzione: prevedere tutto il necessario per garantire reddito all'agricoltura, per poi, dosare anno per anno e ridistribuire anno per anno gli interventi promessi e la loro entità tra i 116, ricordati dal collega Chiabrando, in base all'art. 5, in base cioè alla programmazione, che deve essere programmazione di quantità di produzione e presupposto di reddito.
Non mi pare esatto affermare categoricamente che l'art. 5 è di impossibile attuazione e soprattutto che non venga applicato. A me pare che si sottolinei invece la continua applicazione in quelle circolari, delibere di Giunta che poi vengono approvate in Consiglio, di adeguamenti di cifre e di capitali che più volte in Commissione: abbiamo esaminato, talora fatti modificare, correggere e poi approvati. Non affermo che tutto sia sempre stato atteso in modo ottimale, ma questo, d'altra parte, è anche umano, non sempre è possibile. Non possiamo però onestamente negare la buona volontà e la disponibilità ad accettare in Commissione i consigli offerti dalle varie forze politiche e ci pare che compito della Commissione sia anche quello di cooperare ed aiutare la gestione e l'attuazione della legge e quindi anche del suo art. 5.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nell'intervento di questa mattina il collega Ferro ha già ampiamente motivato il nostro assenso a questa legge.
Del resto, la relazione del collega Gastaldi, puntuale ed essenziale, e le risposte fornite dall'Assessore Ferraris, hanno potuto,:o mettere in evidenza i contenuti molto significativi dell'attuale modifica alla legge regionale n. 63. Siamo perciò convinti della positività del lavoro svolto in Commissione - lo sottolineiamo - con l'impegno di tutti i Gruppi. Il dibattito odierno ha riproposto parecchi temi. In questa dichiarazione di voto ne sottolineerò soltanto uno, relativamente alla sfida della politica di rigore; una sfida che accettiamo in pieno, ma che colleghiamo ai problemi di insieme che investono il settore dell'agricoltura, problemi che sono tradotti oggi in termini di mutevolezza infinita delle politiche agricole nazionali insieme con le forti penalizzazioni della politica agricola comunitaria. Il rigore va quindi collegato strettamente a questi elementi di vincolo, dimenticando i quali, rischiamo di noi fare alcun ragionamento obiettivo sulla politica agricola regionale.
Del resto, il rigore, se vogliamo riferirlo ad un tema che, nei contenuti della presente legge, ha sollevato qualche obiezione, lo possiamo leggere anche in rapporto alle indicazioni qui previste nel settore della cooperazione, perché rispetto a questo ambito si prevedono interventi a fronte dei quali, però vengono chiesti piani di risanamento e di rilancio.
Accanto a questi elementi di rigore la legge esprime forti elementi di innovazione. Ci siamo domandati, in altri termini, quale fosse lo strumento regionale più efficace nell'attuale situazione agricola che l'Assessore Ferraris definiva schizofrenica (e questa immagine ci pare corrispondere alla realtà). E' una situazione che determina, fra l'altro, profonde incertezze e malumori. Ebbene, abbiamo ritenuto più efficace uno strumento legislativo a tastiera, quale quello rappresentato dalla legge regionale n.
63 con le modifiche ché vi sono state apportate oggi. Si tratta, cioè, da un lato di sapere e poter battere il tasto giusto in relazione alle opportunità ed alle vicende alterne della politica agricola nazionale e comunitaria e dall'altro di battere quello più opportuno per selezione e l'intervento della nostra Regione.
Questo modo di procedere accresce indubbiamente le responsabilità nell'azione di governo regionale, ponendola in grande rilievo, facendo nel contempo - e ne diamo pubblicamente atto in questa nostra dichiarazione di voto - un immutato e tenace impegno da parte del suo Assessore Ferraris.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel mio intervento di questa mattina ho già precisato la posizione del Partito Socialista per quanto riguarda la legge n. 63 e riconfermo che questa legge trova una soluzione per quanto riguarda alcuni problemi del settore dell'agricolo.
Non siamo completamente soddisfatti, ma dobbiamo pur indicare le soluzioni che portino ad una politica (come già proposto dalla legge socialista presentata nel 1982, che non deve essere caratterizzata da una forma assistenziale, ma deve essere una politica programmatica di indirizzo economico nel settore dell'agricoltura.
Concordo con gli economisti che l'economia del Piemonte è prevalentemente industriale. Credo però che sia necessario creare un equilibrio in questo campo perché in assenza di un equilibrio economico prevalgono le forme monoculturali, le forme monoeconomiche e le forme monoindustriali.
Il Gruppo del PSI è favorevole alle modifiche proposte per trovare una risposta ai problemi del settore agricolo. Ripropone però un discorso di piano nel campi ed invita la Giunta e per essa l'Assessore ad affrontare in quest'aula un dibattito sulla politica futura nel campo dell'agricoltura.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione l'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 21 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Formazione professionale

Esame deliberazione Giunta regionale n. 99-33125: "Progetto straordinario per l'impegno in attività formative di lavoratori disoccupati a reddito zero"


PRESIDENTE

Colleghi, nella seduta di martedì della conferenza dei Presidenti dei Gruppi è stato stabilito di rinviare l'esame dei punti quinto, sesto e settimo all'ordine del giorno della seduta odierna a quella del 17 aprile p.v. e di collocare al loro posto l'esame di una deliberazione della Giunta regionale di particolare urgenza relativa a: "Progetto straordinario per l'impegno in attività formative di lavoratori disoccupati a reddito zero".
Pongo in votazione la richiesta di iscrizione di questa deliberazione all'ordine del giorno della seduta odierna. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 51 Consiglieri presenti in aula.
La parola all'Assessore Tapparo per l'illustrazione.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Si tratta di un progetto straordinario di riqualificazione professionale per lavoratori disoccupati di nuclei familiari a reddito zero della nostra Regione.
L'iniziativa è scaturita da una valutazione della particolarità della disoccupazione piemontese, frutto delle eccedenze espresse dalle grandi aziende dei settori tradizionali tra il 1979 ed il 1983.
Si tratta di lavoratori adulti, prevalentemente dequalificati, che si vengono spesso a trovare nella condizione del reddito zero, di soggetti quindi di nucleo familiare che non hanno alcuna fonte di reddito.
E' un fenomeno drammatico che potremmo definire veramente delle nuove povertà che, soprattutto nelle aree di grande concentrazione urbana, assume caratteri realmente preoccupanti per diffusione.
Partendo da questa considerazione, e cioè che questa parte di disoccupazione è troppo debole per trovare autonomamente uno sbocco nel mondo del lavoro, abbiamo predisposto un'iniziativa straordinaria di riqualificazione professionale, diversa da quella suggerita da una parte dei disoccupati di carattere assistenziale e che tendeva ad ottenere l'erogazione di un minimo vitale.
Il progetto è articolato in due blocchi di lavoratori: uno dell'area torinese, composto di 700 soggetti e, se la velocità di marcia della preparazione del progetto resta nei termini programmati, l'iniziativa dovrebbe partire nella prima metà di maggio; l'altro dell'altra parte del territorio della Regione, composto di 650 soggetti e il via dell'iniziativa è previsto per la prima metà di settembre.
Vi sono state molte difficoltà per il nostro sistema formativo professionale per poter assorbire, mentre sono in corso i cicli formativi ordinari, 1.350 soggetti adulti di complessa formazione, comunque diversa dal tipo di formazione che normalmente viene praticato.
Per, quanto riguarda il gruppo di Torino, poiché vi saranno presumibilmente settori più deboli, tra i 700 disoccupati di nuclei familiari a reddito zero, abbiamo ritenuto opportuno orientare parte di questi soggetti verso attività aventi carattere di manualità più spiccata: questi soggetti sono quindi impegnati anche in formazione sul campo, in stage esterni che prefigurano elementi di lavori di pubblica utilità, ma che comunque rappresentano invece una reale occasione di sperimentazione di quanto appreso a livello teorico. Si tratta di 300 soggetti ai quali verrà riconosciuto, poiché svolgeranno azione all'esterno, un emolumento maggiore (600.000 lire lorde mensili) rispetto agli altri 400 che seguiranno corsi di formazione in aula e/o in laboratorio (500.000 lire lorde mensili).



PRESIDENTE

Per favore, colleghi. Non è più possibile parlare perché c'è un brusio molto fastidioso.



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

Io vorrei sapere se anche al Parlamento le televisioni sono ammesse nell'emiciclo.



PRESIDENTE

Le televisioni sono ammesse in aula quando ritengono di voler intervenire. Prego, Assessore Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Il ciclo formativo ha una durata biennale, salvo che per un nucleo di disoccupati diplomati che ha durata di un anno. Il ciclo si conclude con la qualificazione, base essenziale per poter dare quegli sbocchi di lavoro autonomo o cooperativistico, oppure rientro sul mercato del lavoro su posizioni di maggiore forza. Non si tratta quindi di cicli formativi finalizzati. I disoccupati fanno pressioni perché si addivenga ad una finalizzazione che, ovviamente, non è facile e quindi non si può garantire.
Si tratta di un corso pesante. Abbiamo ritenuto opportuno renderlo tale perché è un riaggancio con la cultura del lavoro: non è dunque un'occasione per stare soltanto in aula alcune ore al giorno per simulare formazione: è un corso che prevede dapprima 300 ore di omogeneizzazione di ingresso e 2.400 ore nell'arco della formazione, che prevede l'impegno per cinque giorni alla settimana, salvo il lunedì mattina a Torino, o altre mezze giornate negli altri Comuni, per poter partecipare alle chiamate dell'Ufficio di Collocamento, in quanto non si intende togliere l'opportunità di collocazione a questi soggetti che seguono un ciclo formativo non finalizzato, dalle eventuali opportunità di lavoro che possono emergere dal Collocamento.
Per quanto riguarda il gruppo di Torino, il finanziamento dei corsi comporta un onere di 12 miliardi e 520 milioni. I fondi necessari provengono dal Fondo Sociale Europeo, dalla quota aggiuntiva a quella spettante alla Regione Piemonte del fondo di rotazione e dall'utilizzo dell'art. 18, lettera h), della legge sulla formazione professionale.
Per quanto riguarda i corsi esterni alla città di Torino, l'onere è di 11 miliardi e 38 milioni. Esiste per questa parte un problema di bilanciamento. Non tutti i centri infatti che sono stati coinvolti si sono dichiarati disponibili o erano materialmente idonei ad accogliere questi corsi, per cui è possibile ancora fare qualche aggiustamento all'interno della distribuzione territoriale di questi corsi.
Il nostro obiettivo è quello di dare non un contributo assistenziale ma un'occasione di reddito minimo, a fronte anche della possibilità di una crescita professionale (e tenendo conto dei vincoli della normativa C.E.E.).
Credo che questa iniziativa rappresenti un segnale che dobbiamo recuperare anche in altre esperienze: con i lavoratori in cassa integrazione e con la disoccupazione giovanile. Per questa strada certamente non risolveremo il problema della disoccupazione che è ampio e profondo, credo però che in questo modo noi operiamo correttamente al fine di concorrere a rimuovere le difficoltà in quella parte di disoccupazione composta da lavoratori adulti .espulsi negli ultimi anni dal ciclo produttivo.
Tale progetto è stato discusso in dettaglio in VI ed in IV Commissione ed in Commissione Regionale per l'Impiego. Non ho comunque difficoltà alcuna ad entrare nel dettaglio in merito al percorso formativo, agli orari, al contenuto dei corsi, alle tecniche ed alle metodologie che si intendono utilizzare, qualora lo si ritenga opportuno.
Abbiamo predisposto alcuni emendamenti, soppressivi e modificativi, di concerto anche con i funzionari del Ministero del Lavoro, al fine di rendere il progetto il più perfetto possibile. Passo ora alla loro illustrazione.
Il primo è un emendamento soppressivo al terzo capoverso del Titolo I parte a), del progetto, della frase: "Dunque, anche in carenza di risposte concrete ai progetti presentati in passato al Governo"; il testo emendato diventa pertanto: "A partire dal 1978, sono stati avviati dalla Regione Piemonte...".
Il secondo è un altro emendamento soppressivo, alla seconda riga del quinto capoverso del medesimo Titolo I, della parola "De Michelis"; il testo emendato è il seguente: "...stante anche l'attenzione del Ministro del Lavoro...".
Vi sono poi degli emendamenti modificativi suggeriti dal Ministero del Lavoro in merito al termine "di pubblica utilità" che viene sostituito con le parole "la cui utilità riguarda il territorio".
Infine, un emendamento aggiuntivo costituito da: "gestione economico finanziaria" e "prospetto finanziario riepilogativo per i progetti straordinari a favore della disoccupazione piemontese".
Concludo sottolineando che la rapidità con la quale dovremo procedere è imposta dal fatto che nell'incontro con i disoccupati, alla presenza del Ministro De Michelis, è stato assunto un impegno politico, relativamente a questo progetto, che avrebbe dovuto partire nell'arco del mese di aprile o al massimo nella prima quindicina di maggio.



PRESIDENTE

Chi intende intervenire sulla relazione dell'Assessore? Ha chiesto di parlare il Consigliere Biazzi. Ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono d'accordo sull'impostazione che l'Assessorato ha dato a questi progetti. E' un'impostazione che tende al recupero della professionalità e non ad attivare una semplice assistenza. E' anche vero però che questi due elementi non sono scindibili: in questo caso il recupero della professionalità va di pari passo con l'assistenza.
D'altra parte sono comprensibili le difficoltà di avviare il progetto tenendo conto dei tempi brevi che abbiamo a disposizione.
Con questo progetto ovviamente non si risolve il problema della disoccupazione che in Piemonte ha le dimensioni che tutti conosciamo.
Non ho avuto, come altri colleghi, la possibilità di esaminare a fondo i documenti presentati. Non mi sono chiari i passaggi con cui si è data attuazione concreta a quelle indicazioni. Anche se è comprensibile la difficoltà di rendere operativo il progetto date le strutture di formazione professionale esistenti attualmente nella nostra Regione, è però evidente per esempio, che c'è una discrasia tra gli obiettivi contenuti nelle proposte di piano di sviluppo e l'applicazione concreta di questo intervento.
Più volte abbiamo detto in quest'aula (e lo ripeteremo oggi con un altro ordine del giorno in relazione al problema di una fabbrica di Arona) che l'area torinese e l'area del Verbano-Cusio-Ossola meritano una particolare attenzione da parte della Regione per la grave situazione occupazionale di queste due zone.
Però, traducendo in percentuale questi interventi (che hanno come caratteristica quella di intervenire nel settore dell'occupazione) vediamo che le sperequazioni sono troppo marcate.
A livello di Comprensorio, se teniamo conto dell'intervento dei 700 posti proposti dal Comune di Torino più l'intervento dei 650 posti aggiuntivi per il resto della Regione, troviamo l'area del Verbano-Cusio Ossola, indicata come prioritaria, fanalino di coda.
Io ho provato a fare qualche calcolo un po' affrettato.
L'area torinese, indicata fra i settori prioritari di intervento assorbe circa il 75 % degli interventi complessivi, l'area del Verbano Cusio-Ossola assorbe solo il 4%; in proporzione addirittura inferiore alla stessa popolazione, dietro al Comprensorio di Alessandria, che assorbe l'8%, e a quello di Novara che assorbe il 7% .
Sottolineo questa discrasia tra gli obiettivi di carattere, generale che indica il Consiglio regionale e la loro traduzione pratica negli interventi, pur con i limiti che questo tipo di intervento ha nel risolvere il problema più generale dell'occupazione.
Sono quindi scelte da modificare in coerenza con le indicazioni che ci siamo date. Penso che la Giunta regionale tenga conto di questo e modifichi conseguentemente il progetto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa deliberazione giunge in porto dopo una lunga gestazione e, in certa misura, si ricollega alla polemica sui lavori socialmente utili che, con l'Assessore Sanlorenzo avevamo alimentato nella prima fase della legislatura in ordine al progetto, poi non realizzato, della protezione civile. La si riprende adesso in un discorso più ampio e più accettabile anche da parte nostra.
Certo, si tratta ancora di un intervento limitato, di dimensioni relativamente modeste di fronte ad un grave problema che continua a gravare sul Piemonte. Vi sono indici che danno segni di leggero miglioramento. Vi sono le previsioni avveniristiche della Fondazione Agnelli che ipotizza un nuovo triangolo di sviluppo per il Piemonte: Torino - Ivrea - Novara, ma ci sono anche indicazioni contrarie come quella apparsa sul quotidiano "24 Ore" (di ieri o dell'altro ieri) che ipotizzava un nuovo sviluppo ad oriente nel triangolo Veneto, Lombardia ed Emilia escludendo in qualche misura il Piemonte.
E' quindi un intervento ristretto che non potrà portare a grosse realizzazioni sul campo occupazionale, ma che è accettabile per parte nostra perché punta al recupero di professionalità più che a un discorso assistenziale.
Valutiamo positivamente l'intervento indirizzato alla formazione professionale, ma siamo molto perplessi sulla parte che riguarda i lavori socialmente utili veri e propri.
Abbiamo maturato questa posizione nella Commissione regionale per l'impiego e l'abbiamo ripetuta in ogni occasione. Malgrado ci sia la tendenza, per questi lavori socialmente utili, a cercare il recupero di professionalità vediamo una netta prevalenza dell'aspetto assistenziale.
Questi lavori non ci convincono né per la loro natura, né come elemento connesso ad un'effettiva produttività. Sono effettivamente interventi misti, assistenziali e professionali e costituiscono per noi la parte negativa del progetto sulla quale siamo perplessi.
In complesso sono risorse aggiuntive poste a disposizione dal Governo per un valore complessivo di 23 miliardi e mezzo, di cui 11 miliardi circa sono a carico dello Stato e gli altri a carico del Fondo Sociale Europeo (supposto che il finanziamento sia poi concesso).
Non si può quindi non accogliere positivamente queste risorse aggiuntive e lo sforzo che viene compiuto a favore del Piemonte, ma si devono anche avere presenti con chiarezza i limiti dell'intervento cercando di modificare gli errori che vi sono contenuti.
Approveremo questa deliberazione perché la parte positiva riguarda 1.050 lavoratori contro una parte che lo è meno riguardante soltanto 300.
Questa nostra riserva non porta ad un voto di astensione, che è stato anche meditato tra le ipotesi possibili del nostro atteggiamento, ma suggerisce una raccomandazione precisa e cioè che nella fase attuativa si riveda a fondo il discorso sui lavori socialmente utili per trasformarlo, se possibile in qualche cosa di più connesso alla formazione professionale ed accentuare quella funzione di recupero che è negli obiettivi generali della deliberazione.
Occorre inoltre definire con precisione i criteri con i quali saranno scelti i lavoratori perché nella deliberazione si enunciano criteri generali ed il problema è emerso nella Commissione regionale per l'impiego.
La polemica e la bagarre che sono nate al Palazzetto a Torino per i novanta posti di lavoro del Comune e le conseguenti prese di posizione sia del sindacato che delle organizzazioni imprenditoriali ci devono fare meditare sulle modalità di scelta di questi lavoratori, perché potranno nascere molte contestazioni e molte discussioni in ordine alle stesse graduatorie portate avanti dal collocamento.
Il problema è sul tappeto e dovrà essere risolto.
Per quanto riguarda l'aspetto territoriale, come è stato sottolineato dal collega Biazzi con il discorso dell'area del Verbano, devo dire che il problema della risistemazione forse potrà ancora essere esaminato, ma è chiaro che se si assegnano immediatamente 700 posti all'area di Torino, che è la più drammatica, gli altri 650 posti devono riguardare l'area periferica a Torino ed il resto del Piemonte così che i margini sono estremamente ridotti.
Non siamo comunque contrari a degli aggiustamenti, se si renderanno necessari nella fase attuativa.
Ci preme però che sia rivisto, possibilmente nell'attuazione, il discorso sui 300 posti nei cosiddetti lavori socialmente utili perché ci pare che l'aspetto assistenziale sia estremamente prevalente rispetto al discorso professionale.
Abbiamo letto gli emendamenti e li approviamo. In sede di VI Commissione abbiamo proposto alcune modifiche alla premessa perché ci pareva da un lato un po' trionfalistica e d'altro conto contraddittoria.
Questi emendamenti sono stati accolti a fatti propri dall'Assessore e dalla Giunta, per cui abbiamo un motivo di più per esprimere voto favorevole ferme restando la raccomandazione e la riserva formulate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi sia consentito in primo luogo fare una considerazione in ordine ai rilievi, a mio modo di vedere giustificati, sollevati dal Vicepresidente Rivalta, in ordine alla presenza nell'emiciclo degli operatori delle televisioni private. In particolare poi, quando alcuni di questi operatori, o meglio alcune di queste televisioni, si caratterizzano non per essere portatori del pluralismo dell'informazione, ma per essere molto puntuali ad appuntamenti provocati e prenotati da alcune forze politiche.
Non ritengo quindi che i lavori dell'assemblea possano essere disturbati oltre misura ed in modo così smaccato da servizi che non sono di informazione, ma di tipo elettoralistico e di apparato, per cui le correnti di partito che hanno relazioni privilegiate con alcune televisioni private hanno tutte le sedi in questo palazzo per svolgerle e non nell'emiciclo dove noi siamo chiamati a lavorare e dove, guarda caso, non hanno neanche accesso i funzionari regionali.
Venendo all'argomento all'ordine del giorno, intendo rilevare sul piano del metodo una scorrettezza tenuta dal PCI che ha ritenuto di sollevare grosse obiezioni in aula rispetto ad una deliberazione che a livello di conferenza dei Capigruppo era stata definita come un atto dovuto per dar corso ad un qualcosa che politicamente veniva considerato quel tanto poco discutibile, da essere ritenuto quasi un atto dovuto. Così non è. Il PCI ha contestato il contesto generale di questo provvedimento, sollevando gravi perplessità al riguardo. Mi sarebbe piaciuto leggere in che cosa consistevano le discrasie profonde rilevate dal PCI fra gli obiettivi del piano di sviluppo (mi sarebbe piaciuto anche sapere di quale piano di sviluppo) e gli specifici interventi. Inoltre, ha ancora sottolineato le sperequazioni troppo marcate a livello territoriale su scala comprensoriale. Mi pare che quando una maggioranza si trova divisa così marcatamente su un argomento molto delicato in un Paese civile dovrebbe raccogliere alcune conseguenze, certamente non le dimissioni (che ormai è un istituto superato come il suicidio da revolver che nella letteratura politica era un fatto quotidiano nel primo '900, mentre adesso non lo è più, al massimo, ora esiste la fuga in Sudamerica), ma quanto meno il ritiro del provvedimento, un ripensamento ed una riproposizione politicamente meno discussa e controversa. Anche qui misuriamo le profonde distanze che ci sono tra il PSI ed il PCI a livello nazionale su come si aggredisce una problematica generale: questo è un elemento politico da verificare.
Noi esprimiamo un giudizio positivo a questa delibera, facendo anche un atto di modestia.
Non ci è consentito di entrare nel dettaglio delle proposte, quindi un minimo di affidamento all'esecutivo deve essere pur dato, in quanto l'esecutivo nel momento in cui vota è anche il nostro esecutivo, non è solo l'esecutivo della maggioranza, e ci preme invece comprendere il significato di questa manovra che coinvolge il Governo che ha messo a disposizione risorse proprie per questo specifico tipo di obiettivo. Mi pare che anche la considerazione fatta dalla DC, critica rispetto ai lavori socialmente utili, debba in una qualche misura essere ripensata, seppure sia utile per indurci a riflettere.
Anche i liberali in passato erano stati tra quelli che avevano tenuto desta l'attenzione sul fatto che per lavori socialmente utili si intendessero sostanzialmente delle sinecure di livello piuttosto modesto mentre avevano sempre ritenuto di dover suggerire l'uso delle risorse finalizzato alla professionalità ed alla produttività.
Peraltro, la storia della civiltà che viviamo si muove "progressivamente", come si direbbe in Fisica, per cui quello che valeva sei mesi fa probabilmente non lo vale più adesso. Ciò vuol dire che l'espulsione dal mondo produttivo manifatturiero è così significativa e per certi versi irreversibile, a parità o ad aumento di ricchezza prodotta, che si apre lo spazio per la nostra generazione di poter vedere lavoratori, non soltanto più delle braccia, ma anche dell'intelletto, destinati ad occuparsi di versanti e di realtà che fino a ieri ci sembravano un perditempo.
Se nel '600 qualcuno avesse ritenuto di pensare che il 90% della forza lavoro di una grande area come quella torinese sarebbe stata destinata a produrre una cosa a quei tempi considerata non solo completamente marginale, ma addirittura inesistente o sconosciuta, il mezzo di trasporto probabilmente qualcuno avrebbe pensato che si parlasse di lavori socialmente utili o comunque di un secondario avanzato. Ecco che allora se quando parliamo di lavori socialmente utili abbiamo, in qualità di amministratori, la capacità di immaginare aree completamente nuove che rendano l'ambiente, la qualità della vita e delle relazioni umane più avanzate e più significative, probabilmente daremo un nostro contributo per inventare e trovare delle aree di occupazione, non soltanto manuale, ma anche intellettuale, quindi di ricerca di prospezione culturale, proprio perché questa crisi apparentemente matura della nostra società industriale venga considerata positiva, posto che continui ad essere prodotta la stessa quantità di ricchezza che in precedenza, però da un numero minore di persone che mettono a disposizione ricchezze e risorse per altri uomini perché si occupino di altre attività.
Mi pare quindi che questo sia un tipo di progetto sul quale non possiamo non impegnarci, anche perché il terziario avanzato, il terziario di servizio, al quale probabilmente sarà destinata gran parte dell'interesse di questo aspetto, è comunque e sempre finalizzato al processo manifatturiero o comunque produttivo e quindi in una qualche misura il processo manifatturiero produttivo tende fisiologicamente a ridurre l'occupazione e quindi ad un certo punto coinvolgerà anche il terziario superiore finalizzato ad essere supporto al settore manifatturiero. Immaginare un futuro in cui molti lavoratori saranno impegnati su nuove frontiere della qualità della vita e dei rapporti intersoggettivi, non mi pare una frontiera così lontana dai nostri giorni.
E quindi, mentre non esprimiamo un giudizio perché mancheremmo di umiltà rispetto al contenuto della fascia attinente ai progetti socialmente utili, cogliamo questa occasione per chiedere all'Assessore di volere in futuro considerare la nostra disponibilità critica a valutare le scelte della Giunta, in ispecie dell'Assessorato, in una realtà come quella torinese e piemontese che sarà la prima o la più toccata da questo processo, di spazi nuovi per l'occupazione di braccia e di cervelli.
Ritornando al problema di natura politica, è evidente che le critiche del PCI sono una dimostrazione ulteriore di come la "marcia su Roma" sia stata una marcia indietro - come è stata chiamata da qualcuno - una marcia verso il passato. Si ha difficoltà ad ammettere che il PSI possa governare con autorevolezza, con capacità, con responsabilità, un processo di riconversione produttiva, un processo di riconversione industriale, e quindi sostanzialmente una rivoluzione che farà certamente qualche morto e qualche ferito, che abbatterà qualche Bastiglia, ma che rappresenta un momento positivo dell'avanzamento della nostra società. Ciò sta a dimostrare come le divisioni tra PSI e PCI siano ormai divisioni storiche e progettuali e non siano soltanto di ordine tattico, occasionale contingente e da questa discrasia - questa sì se mi consente Biazzi sempre più accentuata e soprattutto oggettivamente giustificata ed irreversibile che si apre nella sinistra, nascono non soltanto prospettive che sono fatti storici, ma anche responsabilità che sono fatti politici per le forze di opposizione che devono culturalmente, politicamente e tatticamente porsi nelle condizioni di misurarsi con coraggio su questa tematica così complessa e così delicata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, signori Consiglieri, la proposta di deliberazione iscritta all'ordine del giorno sulla quale oggi siamo, anche in modo un po' affrettato, chiamati ad esprimere un giudizio, ha avuto un iter forse un po' troppo accelerato e quindi l'esame da parte dei Gruppi, non soltanto da quelli minori, ma anche da quelli maggiori, non ha potuto essere per forza di cose completo.
Noi comprendiamo l'entità e specialmente l'urgenza del problema tuttavia crediamo che quando si vuole fare una cose bisognerebbe anche farla bene.
Riguardo innanzitutto gli aspetti formali della delibera, credo sia stato molto opportuno, da parte dell'Assessore, proporre di correggere la frase: "stante anche l'attenzione del Ministero del Lavoro De Michelis" in quanto, malgrado il montante decisionismo, un dicastero non è assimilabile al Ministero di un soggetto che semmai può essere il Presidente del Consiglio ed anche perché le assicurazioni o le promesse di un Ministero non sono di un Ministro, non sono assimilabili all'enunciato di una relazione di delibera, se non altro per rispetto verso le persone cui la delibera è rivolta.
Riguardo invece alla sostanza, proposta nella delibera, vorrei rilevare come, malgrado i tanti discorsi e convegni che vengono fatti sul problema dell'innovazione industriale, della riqualificazione della manodopera sugli ammortizzatori sociali, eccetera, in questa delibera non si ritrova assolutamente nessuno degli aspetti trattati, cioè si percepisce l'emergenza regionale, non per introdurre modifiche strutturali nell'atteggiamento dell'ente pubblico verso la problematica e dunque aprendo concretamente nuovi discorsi, anche con i soggetti che vivono e producono sul territorio, ma per riproporre interventi decisamente unilaterali, direi culturalmente inamovibili, come se la situazione del 1984 fosse la stessa di dieci anni fa. Perché non si può dire, come è scritto nella delibera, che per ragioni giuridiche non sta alla Regione trovare i posti .di lavoro (certo a questo proposito esiste un Ufficio di Collocamento) ma la Regione ha il dovere di finalizzare nella prima proposta i corsi di formazione professionale di II livello. Non si pu affermare che il lavoro del saldatore e di addetto ai lavori di ufficio rappresentano i lavori del futuro: la verità è che i corsi potevano essere sì finalizzati, consultando le aziende e operando sulla mobilità: due concetti che nelle relazioni sindacali ed industriali nostrane sono pressoché sconosciuti o forse evitati. Non è possibile fare dei corsi di formazione professionale di II livello e poi rimettere questi soggetti all'Ufficio di Collocamento. Oltre che sprecare delle risorse, si vuole ancora una volta - ed ormai ricordo nemmeno più quante volte l'ho affermato in quest'aula - contrabbandare una formazione professionale culturalmente mascherata per rientrare nel solito calderone dell'assistenzialismo. Per fare corsi di questo tipo - l'ho già detto una volta - tanto vale rispiegare Manzoni ai diplomati e Joyce ai laureati.
Riguardo ai corsi socialmente utili, il nostro parere non è del tutto negativo, non lo è stato nemmeno quando si votò quel disegno di legge che poi non ebbe fortuna, portato avanti allora dall'Assessore Sanlorenzo. Non è del tutto negativo non tanto per i corsi e per come verranno svolti, ma perché rientrano tra quegli ammortizzatori sociali di cui purtroppo oggi c'è bisogno. I corsi socialmente utili sono una forma di assistenzialismo non lo neghiamo, né lo mascheriamo, ma la questione è assai diversa dai corsi di formazione professionale qualificati.
Al Comune di Torino, il Gruppo repubblicano consiliare ha votato a favore del progetto dei lavori socialmente utili, cui il progetto che stiamo esaminando si raccorda per un certo tempo, ma si opporrà a forme dannose e demagogiche che vanno a creare illusioni in persone già disoccupate riguardo ad altre forme di formazione professionale.
Recentemente, in un dibattito in cui sono stati trattati questi temi abbiamo chiesto alla Giunta di guardare a questo momento di crisi del Piemonte con un atteggiamento di straordinarietà ed abbiamo anche affermato che è proprio nel campo della formazione professionale che occorreva sviluppare questo atteggiamento.
Il contenuto della delibera non ci convince. E' un intervento limitato e ristretto - ha detto qualcuno -, io vorrei dire che è un ago nel pagliaio rovente della situazione della inoccupazione e della disoccupazione in Piemonte. Io credo di poter dire che di straordinario ci sarà alla fine soltanto il costo pro-capite che penso già adesso possiamo individuare certamente nell'ordine di 8-10 milioni.
Tuttavia, siamo consapevoli delle difficoltà che si frappongono ad azioni straordinarie che richiedono probabilmente anche un tempo più lungo altre informazioni, altri rapporti, altre documentazioni. Abbiamo chiesto l'intervento del Governo in più occasioni, sollecitandolo anche ad avere un occhio particolare per il Piemonte.
Il Governo pare abbia assicurato il suo interessamento rispetto a questo progetto e per queste difficoltà che noi riconosciamo a chi governa e per la disponibilità da parte del Governo, il nostro voto sarà di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono d'accordo con questi provvedimenti che sono di emergenza e sono indirizzati verso quelle fasce di società sempre più emarginate che costituiscono le cosiddette "nuove povertà": nuove povertà indotte e provocate dalla crisi in atto nell'apparato produttivo e da quelle ristrutturazioni gestite, in termini unilaterali, dal grande patronato attraverso l'introduzione delle tecnologie.
In questo senso, collega Marchini, il problema non consiste nello stabilire chi è legittimato a guidare la trasformazione, come non consiste nel fatto che è legittimato a guidare la trasformazione chi è, più e con più forza, a favore delle tecnologie dei terziario. Non vorrei che anche nella sinistra si avviasse questo tipo di rincorsa.
Il problema è un altro. Il problema non è di chi è legittimato a guidare la trasformazione, ma è nel prendere atto che quelle tecnologie (che sono in molti a ritenere portatrici di sviluppo e che io credo che lo siano se gestite correttamente e tenendo conto dei problemi occupazionali) provocano sostanzialmente un imbarbarimento della società.
Mi chiedo cosa c'è dietro alle nuove povertà, cosa c'è dietro un fenomeno che oggi affrontiamo - e io sono d'accordo - con provvedimenti di emergenza ma è un fenomeno che, nessuno in Piemonte, si sarebbe sognato tre o quattro anni fa. La verità è che dietro alle nuove povertà c'è un uso unilaterale delle tecnologie che porta ad un imbarbarimento della società.
La crescente disoccupazione e la nuova emarginazione sono in aumento perch dietro alle tecnologie e a chi le gestisce c'è anche una concentrazione del potere e della conoscenza: tutto questo significa meno democrazia in una società come la nostra.
C'è anche un uso delle tecnologie in funzione della manipolazione delle coscienze.
Faccio un inciso sul discorso dei provvedimenti.
Io credo che il problema da affrontare sia a monte, nelle cause che provocano i problemi che oggi tentiamo di affrontare e in che modo risalire a quelle cause per affrontarle compiutamente.
Sono d'accordo sul progetto perché sono convinto che la riqualificazione professionale è uno strumento che permette, ai partecipanti ai corsi formativi, di avere una maggiore forza in futuro sul mercato del lavoro Ricordo alla Giunta ed all'Assessore l'esigenza di una gestione estremamente trasparente di questa deliberazione ed estremamente rigida dei criteri per la scelta dei soggetti che parteciperanno a questi corsi.
Un criterio primario e fondamentale è costituito dai nuclei familiari a reddito zero.
Siamo tutti a conoscenza della situazione esplosiva esistente all'Ufficio di Collocamento.
E' vero, come dice la collega Vetrino, che questo provvedimento è un ago nel pagliaio: ma tenendo conto della situazione esplosiva del collocamento torinese nel pagliaio ci si può buttare un secchio d'acqua come è questa deliberazione, oppure un cerino. E sono due soluzioni diverse.
Inoltre dobbiamo tenere conto di un dato, per fare un invito al Consiglio; nella deliberazione sono chiaramente individuati i criteri della scelta delle 300 unità dell'area metropolitana torinese che svolgeranno lavori di pubblica utilità, mentre i criteri della scelta dei 400 soggetti che andranno a far parte dei corsi formativi dell'area metropolitana torinese e degli altri 650 che parteciperanno ai corsi formativi a livello regionale sono demandati alla Commissione regionale per l'impiego.
Invito il Consiglio regionale ed i suoi rappresentanti a portare nella sede della Commissione regionale per l'impiego la necessità che un criterio fondamentale sia costituito dal reddito zero.
E stata ventilata l'esigenza di un maggiore approfondimento dei criteri di ripartizione territoriale a livello regionale dei 650 soggetti che parteciperanno ai corsi formativi.
E' vero: questo è l'aspetto che è stato meno approfondito sia nelle discussioni generali, che si sono svolte in questi mesi, sia nelle sedi delle Commissioni (almeno della IV Commissione).
Credo che questo aspetto vada recuperato ed approfondito nelle Commissioni competenti con una precisazione da parte dell'Assessore sui criteri di scelta ed una discussione dei criteri di ripartizione territoriale che parta dalle aree prioritarie di crisi individuate per poter correggere, con il consenso di tutti, la ripartizione individuata.
Finisco con due flash.
Ho l'impressione che con questa deliberazione si metta definitivamente da parte il progetto sulla protezione civile che il Consiglio regionale aveva assunto votando una legge apposita al Parlamento.
Credo sia negativa la scelta della Giunta di abbandonare quel tipo di proposta perché il progetto del volontariato nella protezione civile aveva un grande valore di crescita civile rispetto alla concezione della protezione civile stessa e, all'interno di essa, del ruolo del volontariato.
Se questo è il senso e se questa è l'interpretazione da dare a quel progetto, il mio giudizio, sul fatto che quel progetto sia stato, almeno come scelta politica, abbandonato, è negativo.
Per quanto riguarda l'ultima questione devo dire che questi provvedimenti sono di emergenza e che intaccano solo in modo marginale i gravi problemi occupazionali.
Resta quindi l'urgente necessità di verificare come Regione quale ruolo dobbiamo svolgere affinché si avvii una reale redistribuzione del lavoro esistente con l'applicazione delle leggi che già esistono e che .sono state emanate quali, ad esempio, quella sui contratti di solidarietà ed il controllo sugli straordinari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Signor Presidente, la discussione su questa deliberazione è già avvenuta in sede di V Commissione e ha visto impegnate tutte le forze politiche.
Si tratta di un primo progetto predisposto dalla Giunta per quanto riguarda i disoccupati a reddito zero. A questo provvedimento ne dovranno seguire altri. La Regione deve intervenire per la qualificazione e la riqualificazione dei disoccupati.
Bisogna dare atto all'Assessore Tapparo della puntualità dei provvedimenti, soprattutto in un momento di crisi occupazionale in una Regione dove l'individuazione dei posti di lavoro si fa sempre più difficile. Questa tempestività rientra negli impegni assunti dalla Giunta per quanto riguarda questo specifico problema.
Intendo, infine, far rilevare una contraddizione della collega Vetrino.
Nella scorsa seduta, infatti, la collega Capogruppo del PRI ha firmato e votato un ordine del giorno che nell'ultima parte recitava: "...Esprime infine, un giudizio favorevole sulle intese fra le Federazioni della CGIL CISL-UIL ed il Ministro del Lavoro per l'avvio di interventi straordinari per i disoccupati a reddito zero"; mentre nella seduta odierna esprimerà un voto di astensione alla delibera in esame.
Il PRI ci deve spiegare qualche volta se questa è politica (fa molto piacere quando la collega Vetrino parla della correttezza del PRI), ma molte volte rileviamo delle contraddizioni. Pur trovandosi all'opposizione la collega repubblicana deve anche tenere conto di alcune decisioni che non solo hanno una rilevanza politica, ma costituiscono un impegno della maggioranza in questo Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Barisione.



BARISIONE Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, annuncio il voto positivo del Gruppo comunista su questo provvedimento ed informo che, da questo punto di vista, non c'è nessuna differenziazione nella maggioranza e tanto meno tra il nostro Gruppo e i compagni socialisti.
Questo provvedimento è stato elaborato partecipando alle riunioni della Commissione regionale per l'impiego (che è stata la prima ad esaminarlo) e prende spunto da alcune idee che qui sono state contestate, ma che la Giunta regionale e l'Assessore regionale precedente a Tapparo avevano già avvertite qualche anno fa per dare una risposta, non in termini di pura assistenza, al problema della disoccupazione e all'aggravarsi della crisi: i tanto vituperati lavori socialmente utili erano un primo nucleo di idea e cercavano di impegnare, per un certo periodo di tempo, disoccupati e famiglie intere che non avevano reddito.
E' un provvedimento che estende l'intervento alle fasce più deboli non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello culturale.
I corsi sono aperti anche alle persone in possesso della licenza di scuola media superiore.
Questo provvedimento non segna una rottura, ma una continuità, un approfondimento ed una maggiore finalizzazione dell'intervento.
Voglio precisare, in riferimento ad alcune osservazioni, che i lavori socialmente utili sono poi diventati di pubblica utilità e la loro utilità riguarda il territorio. Con queste modificazioni si è verificata un'evoluzione del linguaggio in riferimento a problemi di finanziamenti e a problemi di rapportarci al Fondo Sociale Europeo ed alla formazione professionale.
Se concepiamo la formazione professionale nel senso stretto della formazione classica credo che possa avere ragione chi sostiene che non sono utili i lavori la cui utilità riguarda il territorio. Però se concepiamo questo intervento come un'educazione al lavoro di persone che da anni non lavorano più, ecco che l'educazione al lavoro non passa solo attraverso momenti di formazione sui banchi ma anche e soprattutto attraverso momenti di intervento di lavoro reale.
Dobbiamo quindi intendere la formazione professionale come un'educazione ed una rieducazione al lavoro di chi, non per colpa sua, sono tanti anni che non lavora più.
In questo senso vanno recuperate le proposte del Comune di Torino per gli strati più deboli.
Concludo dicendo che appoggiamo pienamente questa iniziativa. Chiediamo però la disponibilità della Giunta di verificare un possibile riequilibrio di questi corsi che inizieranno nel mese di settembre: un riequilibrio che sia più corrispondente alle analisi sulle realtà della crisi e sul problema drammatico del reddito zero nelle diverse aree piemontesi anche in coerenza al piano di sviluppo regionale vigente ed alle indicazioni del secondo piano di sviluppo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Tapparo per la replica.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Vorrei subito fugare i timori attorno allo schema di riferimento della ripartizione dei 650 allievi disoccupati nel Piemonte. Per portare avanti la procedura si è dovuta compiere un'opera di bilanciamento tra disponibilità ed ubicazione dei centri ed i bisogni delle varie aree di crisi del Piemonte. Dunque nei lavori preparatori si era però anche detto che alcune rettifiche erano connesse al progetto, in quanto si dovevano giocare in base alle disponibilità delle scuole ed ai bisogni che avrebbero potuto manifestarsi. Poiché questo processo durerà due anni ed è un'esperienza estremamente complessa, perché tende a recuperare le categorie più deboli al lavoro, al fine di avere una gestione trasparente sarà possibile effettuare la scelta delle aree nella fase di messa a punto del progetto relativo ai 650 allievi.
Devo però sottolineare il fatto che fenomeni di nuove povertà si concentrano particolarmente nelle grandi concentrazioni urbane.
Inizialmente era stato fatto un ragionamento che sembrava corretto, che andava a cogliere proprio in quelle concentrazioni urbane quei soggetti più esposti, con minor retroterra sociale, per poter affrontare le difficoltà di una mancanza di lavoro.
La scelta dei lavoratori avverrà tra disoccupati di nuclei familiari a reddito zero di più vecchia iscrizione alle liste del collocamento, sulla base di un'adesione volontaria.
Credo che in questo progetto non sia stato escluso il problema della trasformazione del nostro assetto produttivo, del peso dell'innovazione tecnologica per poter essere competitivi. Tuttavia, qui abbiamo voluto significare un preciso messaggio, e cioè la nostra società si trasforma deve trasformarsi rapidamente, ma ci sono alcune sacche di disoccupazione che non vengono toccate e trascinate da questi cambiamenti per forza loro autonoma.
Questa iniziativa, sebbene sia piccola cosa, rappresenta comunque un elemento che mette in movimento questo grande contenitore di disoccupati a reddito zero; ritorna ad accendere le speranze; attenua le tensioni e le fa rendere più razionali e finalizzate ad un obiettivo comune.
Inoltre, credo che il progetto sia "unilaterale" fino ad un certo punto: la Commissione regionale per l'impiego, anche così come viene vista nella riforma del mercato del lavoro dal disegno di legge n. 665, viene individuata come una sede quadripartita di verifica dei progetti. In quella sede, anche il mondo imprenditoriale ha potuto fare le sue valutazioni ed esprimere un giudizio, che non è stato negativo.
Infine, per quanto attiene i lavori di pubblica utilità, riteniamo che costituiscano una componente del processo formativo ed un elemento utile a saldare l'esperienza di studio, in aula, con l'esperienza sul campo proprio su quelle categorie più lontane da tempo al lavoro.
Annuncio ancora che la Giunta ritiene di poter normare lo spazio assegnatoci dal livello centrale in merito al riutilizzo della legge del 1949 sui cantieri scuola, sui cantieri di lavoro, perché potrebbe essere uno strumento utile per certe aree di disoccupazione particolarmente grave e per certe iniziative degli Enti locali in tale campo.



PRESIDENTE

La discussione generale è conclusa.
Passiamo alla lettura degli emendamenti: 1) frontespizio: punto b), righe terza e quarta: sostituire "di pubblica utilità" con "la cui utilità riguarda il territorio" 2) parte A), pag. 1: al terzo capoverso sopprimere dall'inizio del capoverso stesso alle parole "stati avviati" 3) parte A), pag. 1: dopo l'espressione "a partire dal 1978" aggiungere "sono stati avviati dalla Regione Piemonte" 4) parte A), pag. 2: al primo capoverso sostituire alla parola "Ministero" la parola "Ministro" 5) parte a), pag. 2: dopo la parola "lavoro" sopprimere il nome "De Michelis" 6) parte A), pag. 4, primo capoverso, terza riga: sostituire "di utilità collettiva" con "la cui utilità riguarda il territorio" 7) parte A), pag. 5, primo capoverso, terza riga: sostituire "socialmente utili" con "la cui utilità riguarda il territorio" 8) parte A), pag. 5, quinto capoverso, righe settima ed ottava: sostituire "di pubblica utilità" con "la cui utilità riguarda il territorio" 9) parte A), pag. 7, al paragrafo "Gestione tecnico-operativa" alla terza riga sostituire "di pubblica utilità" con "la cui utilità riguarda il territorio" 10) parte B), pag. 3, primo capoverso seconda riga: sostituire "di utilità collettiva" con "la cui utilità riguarda il territorio" 11) parte B), pag. 3, quarto capoverso, seconda riga: "sostituire "di utilità collettiva" con "la cui utilità riguarda il territorio" 12) parte B), pag. 3, sesto capoverso, terza riga: sostituire "di utilità collettiva" con "la cui utilità riguarda il territorio" 13) aggiungere il paragrafo "Gestione economico-finanziaria" (allegato) 14) aggiungere il prospetto Finanziario Riepilogativo (allegato).
Pongo in votazione tali emendamenti. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. Sono approvati all'unanimità dei 51 Consiglieri presenti in aula.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il Consigliere Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, confermo la posizione del Gruppo repubblicano rispetto a questo provvedimento, per il quale era già stata anticipata una possibile astensione.
Confermo l'astensione per i motivi esposti nel mio intervento. Siamo sempre stati favorevoli a che il Consiglio regionale e la Giunta regionale del Piemonte affrontassero in termini straordinari il problema della disoccupazione per poter quindi avviare degli interventi straordinari. In questo senso nel momento in cui il Consiglio regionale votò l'ordine del giorno che esaminava i provvedimenti del Governo in termini di anti-crisi noi esprimemmo - unitamente agli altri Gruppi - un giudizio favorevole sulle intese che in quel momento si andavano realizzando tra la Federazione Unitaria, la Regione Piemonte ed il Ministero del Lavoro per l'avvio di interventi straordinari per i disoccupati a reddito zero.
Ma essere d'accordo sulle intese non vuole dire essere d'accordo sul progetto che ne è disceso. Su questo progetto non siamo completamente convinti e la nostra posizione spero sia di stimolo alla Giunta a procedere con maggiore convinzione e maggiore conoscenza su questo importante tema della formazione professionale, soprattutto tenendo conto delle possibilità che ha la Regione per cambiare le cose con il consenso e la collaborazione di tutte le altri parti in causa, perché non è solo responsabile la Regione di questi aspetti in quanto deve ottenere supporti all'esterno che a volte sono difficili da realizzare.
Queste considerazioni non tolgono la validità parziale di questo progetto, rispetto al quale esprimiamo voto di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non abbiamo potuto esaminare attentamente questo progetto di deliberazione perché è stato portato all'esame del Consiglio con inusitata celerità.
Interveniamo solo per dichiarare che ci è sembrato di cogliere, dai vari interventi dei Gruppi, talune perplessità e talune riserve che ci lasciano piuttosto scettici non sulle finalità che il disegno stesso si propone, ma su ciò che contiene il progetto stesso.
Noi ci asterremo per questo motivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Intendo riconfermare non solo il nostro voto favorevole al provvedimento, ma anche la raccomandazione per quello che riguarda un diverso modello attuativo relativo ai lavori cosiddetti socialmente o territorialmente utili. D'altra parte, l'Assessore nella sua replica ha dimostrato attenzione a questa nostra raccomandazione, facendo riferimento all'utilizzo degli spazi che il Governo metterà a disposizione tramite la legge sui cantieri di lavoro. Benché sia una legge del 1949 e riguardante un momento totalmente diverso, noi riteniamo che questo strumento rappresenti ancora la via maestra per dare produttività alla fase che unisce formazione e lavoro, in modo da superare l'aspetto meramente assistenziale.
Con questa raccomandazione, noi superiamo anche una riserva che tuttavia ancora formuliamo per quel che concerne i lavori socialmente utili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo liberale ribadisce l'espressione di voto favorevole alla delibera in esame.
Una materia così delicata avrebbe giustificato un approfondimento maggiore.
Mi pare peraltro che così come non si devono dare degli assensi in bianco, non si devono neanche dare riserve in bianco: le riserve devono essere compiutamente ed opportunamente motivate. Noi preferiamo in una qualche misura essere più disponibili a riconoscere la validità di un processo complessivo che non a voler motivare un distinguo senza motivazione.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione la suddetta deliberazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale valutata con preoccupazione la gravità della crisi occupazionale che ha investito la Regione Piemonte nell'intento di favorire il reinserimento nel mondo produttivo di quote di disoccupati privi di reddito e sprovvisti di un livello di qualificazione adeguato alle attuali esigenze del mercato del lavoro preso atto della disponibilità del Ministero del Lavoro a finanziare, ai sensi dell'art. 18, lettera h), della legge 21/12/1978, n. 845, attività di formazione professionale da realizzarsi nella Regione Piemonte per il conseguimento delle finalità di cui al punto precedente preso atto che per il conseguimento delle stesse finalità è stata inoltrata richiesta di contributo finanziario al F.S.E., in coerenza con i disposti C.E.E, n. 83 /516/CEE del 17/1011983, per un importo pari al 50% del costo degli interventi formativi, mentre per il rimanente 50% il Ministero del Lavoro ha assicurato la propria disponibilità ad intervenire finanziariamente attraverso il Fondo di Rotazione di cui all'art. 25 della legge 21/12/1978, n. 845 ed attraverso i fondi di cui all'art. 18, lettera h), della citata legge 845/78 che prevede la possibilità di finanziare interventi formativi intesi a favorire il superamento di rilevanti squilibri del mercato del lavoro a livello territoriale visto l'art. 11, lettera d), della legge regionale 25/2/1980, n. 8, che prevede lo svolgimento di attività di formazione professionale rivolte alla qualificazione, all'aggiornamento ed alla riqualificazione di lavoratori che nei diversi campi di attività siano coinvolti da processi di trasformazione tecnologica o all'organizzazione del lavoro oppure che intendano migliorare le proprie capacità professionali vista la proposta della Giunta regionale in data 22/3/1984, n. 99-33125 sentito il parere delle commissioni consiliari competenti delibera di approvare il progetto formativo, allegato alla presente deliberazione per farne parte integrante, destinato a lavoratori della Regione Piemonte disoccupati a reddito zero, in possesso dei prescritti requisiti di scolarità di autorizzare, ai sensi dell'art. 15 e dell'art. 18, lettera h), della legge 21/12/1978, n. 845, la presentazione del progetto stesso al Ministero del Lavoro, con carattere di urgenza, al fine di assicurarne la copertura finanziaria; di autorizzare la Giunta regionale a realizzare i corsi di formazione previsti all'interno del progetto previo accertamento dell'avvenuta approvazione da parte del Ministero del Lavoro del piano formativo di autorizzare la Giunta regionale, ove ciò si rendesse necessario, alla stipulazione di apposite convenzioni con Istituti ed Enti specializzati per l'attuazione delle attività di cui alla presente deliberazione.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 48 voti favorevoli e 3 astensioni.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

In merito al punto undicesimo all'ordine del giorno procediamo con le seguenti "Nomine".


Argomento: Nomine

a) Consiglio Direttivo dell'Associazione Museo Nazionale del cinema: nomina di due componenti


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 hanno riportato voti: Ventavoli Lorenzo n. 34 Barbera Alberto n. 33 schede bianche n. 2 Li proclamo eletti.


Argomento: Nomine

b) Rinnovo Consiglio Sanitario Nazionale: nomina di un rappresentante effettivo e di uno supplente


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 hanno riportato voti: Membro effettivo Bajardi Sante n. 27 Membro supplente Oberto Giuseppe n. 23 schede bianche n. 8 Li proclamo eletti.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione a norma dell'art. 65 dello Statuto.


Argomento: Nomine

c) Commissione di coordinamento per le questioni dell'irrigazione cuneese: nomina di tre rappresentanti


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 hanno riportato voti: Ferro Primo n. 30 Lombardi Emilio n. 33 Turbiglio Antonio n. 32 scheda bianca n. 1 Li proclamo eletti.


Argomento: Nomine

d) Collegio dei Revisori dei Conti del Consorzio per la gestione di formazione professionale di Cuneo: nomina di un rappresentante


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 ha riportato voti: Rabagliati Rodolfo n. 30 schede bianche n. 6 Proclamo eletto il signor Rodolfo Rabagliati.


Argomento: Nomine

e) Collegio dei Revisori dei Conti dell'USSL n. 71 di Valenza: nomina di un rappresentante per decadenza dell'assemblea.


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 hanno riportato voti: Ponzone Mauro n. 31 Ierace n. 1 schede bianche n. 4 Proclamo eletto il signor Mauro Ponzone.


Argomento: Nomine

f) Collegio dei Revisori dei Conti dell'USSL n. 32 di Moncalieri: sostituzione di Carlo Basso, dimissionario.


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 hanno riportato voti: Ierace Francesco n. 28 Mirate Francesco n. 1 schede bianche n. 7 Proclamo eletto il signor Francesco Ierace.


Argomento: Nomine

g) Collegio dei Revisori dei Conti dell'USSL n. 57 di Omegna: sostituzione di Giovanni Negri, dimissionario.


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 ha riportato voti: Saglietti Renzo n. 32 schede bianche n. 4 Proclamo eletto il signor Renzo Saglietti.


Argomento: Nomine

h) Commissione tecnico-consultiva in materia di cave e torbiere: sostituzione membro supplente dimissionario esperto in ecologia, Paolo Basso


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 ha riportato voti: Facciotto Pier Mario n. 32 schede bianche n. 4 Proclamo eletto il signor Pier Mario Facciotto.


Argomento: Nomine

i) Commissione regionale per il commercio ambulante: sostituzioni: membro effettivo dimissionario, Ernesto Nitova, rappresentante FIVA- ASCOM


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 ha riportato voti: Giurato Giuseppe n. 33 schede bianche n. 3 Proclamo eletto il signor Giuseppe Giurato.


Argomento: Nomine

l) Consulta regionale per la tutela della fauna e la disciplina della caccia: sostituzione di Attilio Borroni, rappresentante Confcoltivatori.


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 ha riportato voti: Musso Italo n. 24 schede bianche n. 12 Proclamo eletto il signor Italo Musso.


Argomento: Nomine

m) Consiglio di amministrazione dell'Azienda regionale dei parchi suburbani: sostituzione membro di missionario, Germano Calligaro.


PRESIDENTE

Si distribuiscano le schede e si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 ha riportato voti: Ronga Luigi n. 25 schede bianche n. 11 Proclamo eletto il signor Luigi Ronga.
Le nomine sono così terminate.


Argomento: Commercio al dettaglio

Esame deliberazione Giunta regionale n. 83-30226: "Criteri regionali concernenti gli orari di apertura e chiusura dei negozi e delle altre attività esercenti la vendita al dettaglio"


PRESIDENTE

Il punto ottavo all'ordine del giorno prevede l'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 83-30226: "Criteri regionali concernenti gli orari di apertura e chiusura dei negozi e delle altre attività esercenti la vendita al dettaglio".
La parola al relatore, Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la IV Commissione, nel prendente in esame la delibera della Giunta regionale n. 83-30226 che oggi è sottoposta all'approvazione del Consiglio regionale, ha ritenuto utile effettuare consultazioni con i rappresentanti degli operatori commerciali.
Sulla base delle consultazioni e d'intesa con la Giunta regionale la delibera è stata modificata accogliendo alcune delle osservazioni formulate dai rappresentanti delle organizzazioni di categoria.
Debbo precisare che il nuovo regolamento riprende sostanzialmente quello finora in vigore introducendo soltanto le modifiche che sono state rese necessarie sia dalla legge 29/11/1982, n. 887, che reca nuove disposizioni in materia di orari di apertura e chiusura dei negozi, sia il D.P.C.M. 30/4/1983 che fissa le direttive alle Regioni a Statuto ordinario in materia di orario di vendita per il commercio al dettaglio.
Le principali modificazioni introdotte rispetto alla precedente normativa concernono la determinazione dei limiti giornalieri degli orari di vendita al dettaglio, indicando esclusivamente l'ora di apertura antimeridiana da effettuarsi tra le 6,30 e le 9,00 e l'ora di chiusura serale non oltre le 20,00. Si dà facoltà agli operatori di scegliere entro tali limiti gli orari di apertura e chiusura degli esercizi fermo restando l'orario giornaliero e settimanale. Si ritiene in tal modo di consentire agli operatori di provvedere con sufficiente elasticità alle esigenze della popolazione.
Va ancora detto che nel corso delle sedute, la Giunta regionale e la IV Commissione hanno convenuto sull'opportunità di non apportare semplicemente modifiche ed integrazioni al regolamento già in vigore recante norme in materia di orario negozi, in quanto la lettura tra regolamento vigente ed integrazioni proposte sarebbe stata non agevole. Sulla base di tale constatazione si è preferito sostituire il testo approvato con delibera C.R. n. 299-5567 del 17/6/1982, con il nuovo regolamento che fa parte integrante della presente delibera.
Questi sono i motivi che hanno indotto la Giunta regionale a proporre la delibera al Consiglio regionale e, per quanto detto prima, la IV Commissione ne auspica l'approvazione in aula.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, su questo argomento avrebbe dovuto intervenire il collega Cerchio, che purtroppo è assente per il lutto familiare ricordato questa mattina dalla Presidenza.
Il nostro sarà un voto di astensione, non tanto sul contenuto (in quanto in buona parte si tratta di un contenuto che riguarda l'adeguamento di disposizioni nazionali), ma per sottolineare una critica al metodo seguito nell'affrontare l'argomento del commercio ed il confronto con le forze commerciali da parte dell'esecutivo regionale.
La deliberazione infatti ha avuto l'attenzione della consultazione con le categorie interessate solo dopo che il Gruppo della Democrazia Cristiana, tramite il collega Cerchio e me, lo ha espressamente richiesto nella IV Commissione.
A nostro avviso, occorre una diversa attenzione complessiva ed una diversa considerazione verso il settore del commercio affinché questa importante componente dell'economia nazionale si senza protagonista nelle scelte delle istituzioni.
Per queste valutazioni ci asteniamo quindi in merito a questa deliberazione.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo pertanto in votazione tale deliberazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la legge 28/7/1971, n. 558, concernente !a disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio visto l'art. 54, lettera d), del D.P.R. 24/7/1977, n. 616, in virtù del quale alle Regioni è demandato di stabilire i criteri per la fissazione, da parte dei comuni, degli, orari di apertura e chiusura dei negozi nonch l'erogazione delle relative sanzioni amministrative vista la deliberazione del Consiglio regionale n. 299-5567 del 17/6/1982 con la quale in esecuzione a quanto sopra, sono stati stabiliti i vigenti criteri per la disciplina comunale degli orari di vendita al dettaglio vista la legge 29/11/1982, n. 887, relativa alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1/10/1982, n. 697, recante, tra l'altro nuove disposizioni in materia di apertura e chiusura dei negozi visto il D.P.C.M. 30/4/1983, recane direttive alle Regioni a Statuto ordinario in materia di orari di vendita per il commercio al dettaglio riscontata la necessità, non disgiunta peraltro dall'urgenza, di aggiornare i criteri regionali concernenti gli orari di apertura e di chiusura dei negozi e delle altre attività esercenti la vendita al dettaglio, di cui alla succitata deliberazione del Consiglio regionale, in seguito alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1/10/1982, n.
697, recante, tra l'altro, disposizioni in materia di riordinamento della distribuzione commerciale e, in particolare, all'art. 8, sugli orari di vendita al dettaglio sentita la relazione della IV Commissione che ha approvato la delibera formulata dalla Giunta regionale n. 83-30226 del 5/12/1983; valutato che j criteri di aggiornamento proposti sono di carattere tecnico ritenuto che è opportuno sostituire il regolamento già approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 299-556/ del 17/6/1982, con un nuovo testo comprensivo degli aggiornamenti proposti delibera di approvare i 'Criteri regionali concernenti gli orari di apertura e chiusura dei negozi e delle altre attività esercenti la vendita al dettaglio' così come risulta dall'allegato A che costituisce parte integrante e sostanziale del presente atto.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 18 voti favorevoli e 15 astensioni.


Argomento: Università

Esame ordine del giorno sulla seconda Università in Piemonte


PRESIDENTE

Il punto nono all'ordine del giorno prevede l'esame dell'ordine del giorno sulla seconda Università in Piemonte.
La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

La discussione di oggi fa seguito alla posizione assunta nella scora seduta del Consiglio regionale su questo problema.
Da allora sono intervenuti, grazie al concorso fattivo e positivo delle forze politiche operanti in Consiglio regionale, degli ulteriori affinamenti e delle precisazioni rispetto al primo testo che allora, a mia firma, avevo presentato come dichiarazione di intenzione di volontà da parte della Giunta di procedere su questa strada.
Non sono in grado di fornire ai Consiglieri delle informazioni ulteriori rispetto a quelle di cui sono già a conoscenza attraverso gli incontri ai quali hanno partecipato con gli Enti locali interessati e da me brevemente riassunto,:, nella seduta passata, perché per impossibilità di fissare una data confacente, l'incontro con Ministro On. Falcucci è stato dilazionato, incontro nel quale il Governo dovrebbe illustrare gli iter e le proposte che in sede nazionale si intendono avanzare.
Il contenuto di questo ordite del giorno può essere così sintetizzato: la necessità di mantenere, per parte della Regione, i rapporti con gli Atenei oggi esistenti in Piemonte, affinché la Regione possa partecipare coi, una titolarità generale, anche di rappresentanza delle istanze culturali, alle iniziative fin qui promosse, non soltanto dagli Enti locali, ma in passato anche dalle rappresentanze parlamentati elette nei collegi piemontesi dalla maggioranza dei Gruppi politici, iniziative volte a realizzare compiutamente la riorganizzazione dell'Università di Torino dal punto di vista edilizio, ad individuare sedi di decentramento possibile dell'Università di Torino verso il Piemonte sud ma, soprattutto, e questo è l'elemento qualificante ed innovativo di questo ordine del giorno, nel riproporre con forza la richiesta che gli ulteriori decentramenti o riassestamenti sul territorio delle Università avvengano attraverso l'individuazione di un nuovo Ateneo, cioè avvengano attraverso una procedura che non sia soltanto legata ai problemi di pendolarità degli studenti e quindi non si muova soltanto in una logica di servizio, ma costituisca un'operazione di significato culturale, definendo un soggetto che, dotato di propria autonomia e frutto di un'opportuna progettazione culturale, possa costituire un elemento di dialettica e di discussione all'interno della nostra Regione tra le istituzioni culturali. Ciò deve costituire in qualche modo un contributo, sia pure nei tempi assai lunghi alla ridefinizione di una prospettiva e di una strategia di sviluppo della nostra Regione.
Ritengo che altro non vi sia da aggiungere e credo che la parola spetti innanzitutto alle forze politiche che intendono concorrere o hanno concorso, attraverso la firma dell'ordine del giorno, alla definizione di una posizione che, pare a me, debba, per realizzare gli scopi che ci si prefigge; rappresentar,, la massima unità ed il massimo consenso, non soltanto in Consiglio regionale, ma nell'intera comunità regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero intervenire anche perché sollecitato da alcuni Enti locali periferici dicendo che i problemi della riorganizzazione delle sedi universitarie in Piemonte non sono arrivati in questo Consiglio né ieri o l'altro ieri. Io che ho la ventura di occupare un seggio di Consigliere provinciale nell'Amministrazione provinciale di Alessandria ininterrottamente da quasi 25 anni e ho avuto un posto da Consigliere regionale nella prima legislatura ho vissuto questi problemi in Alessandria almeno una volta all'anno se non altro in occasione della relazione che accompagna ogni bilancio preventivo.
La Regione, già nel 1971, si occupò dell'Università con una mozione che vide impegnati i pezzi da novanta di allora quali Minucci, Zanone, gli attuali nostri due Presidenti, Bianchi, Sanlorenzo, Simonelli ed altri ancora ed alcuni dei quali oggi siedono nel Parlamento nazionale.
Venne proposta l'istituzione di una sede nell'area del Piemonte nord ovest, di un'altra nel Piemonte sud-ovest ed un'altra ancora che gli studi dell'IRES indicavano a Novara, Alessandria e Savigliano.
Si esprimeva l'avviso che solo dopo la realizzazione delle sedi indicate poteva essere affrontato il problema della seconda Università allora si diceva, nell'area torinese.
Tanto fervore e tanto impegno si spense però lentamente salvo un fremito nel 1977 (che confermava gli impegni del 1974) ed infine il grosso dibattito nell'estate del 1982 che occupo i Consiglieri attualmente in carica con l'approvazione dell'ennesimo ordine del giorno di decentramento universitario.
Tale dibattito si imperniava sul disegno di legge approvato dal Senato che poi divenne legge con l'approvazione della 590 in data 14/8/1982.
Se, dal 1971 fino al 1982, il problema di dare vita ad una seconda Università in Piemonte era, scusate il bisticcio, problematico, con l'entrata in vigore della 590 lo diventa meno.
Tale legge, come è noto, all'ultimo comma dell'art. 1, considera prioritariamente, nel quadro del primo piano di sviluppo quadriennale l'esigenza di realizzare una migliore articolazione territoriale universitaria nella Regione Piemonte prima, poi Campania, Emilia Romagna e Puglia.
Questa indicazione ha suscitato in periferia le speranze, mai sopite, e la certezza di poter rivendicare diritti ed aspirazioni.
Ecco riemergere, e questa volta con maggiore compattezza, negli Enti locali, la costituzione di Commissioni tecnico-scientifiche allo scope di indicare l'impianto di una seconda Università in Piemonte che abbia le caratteristiche di un nuovo orientamento culturale, scientifico e didattico.
Alessandria, e lo dico a suo onore, rispetto al problema ha sempre nel tempo mantenuto un atteggiamento serio e coerente rifuggendo dalla facile tentazione di avere spezzoni di facoltà come invece ottennero Novara e Vercelli.
Mi corre l'obbligo di leggere alture considerazioni messe in luce in un documento della Commissione tecnico-scientifica di Alessandria: "Appare invece opportuno che l'istituzione della seconda Università piemontese rappresenti l'occasione per giungere alla realizzazione di un vero e proprio 'sistema universitario regionale'. Questo processo dovrà necessariamente coinvolgere anche la partecipazione delle già esistenti Università, al fine di ottenere un servizio efficiente e completo per tutta la Regione. Appare inoltre quanto mai opportuno in questa occasione cercare di coprire settori assenti o carenti dell'attuale struttura universitaria, nei quali si senta l'esigenza di intervenire per la preparazione di nuove figure professionali da inserire nell'attività produttiva della Regione e del Paese".
Ed ancora: "Coerentemente a quanto prospettato, la Commissione ritiene che l'insediamento in Alessandria di una Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali sia opportuno per il suo carattere interdisciplinare per le strette connessioni realizzate con il settore tecnologico ma anche con settori economici, per la possibilità di produrre figure professionali nuove, indispensabili oggi, ma ancor più nel futuro, nel territorio in cui è collocata Alessandria, al centro del 'triangolo industriale".
Inoltre nel documento vi sono alcune delle Facoltà indicate, le cosiddette Facoltà moderne.
Perché non sarei alieno all'insediamento di una seconda Università in Piemonte? Per giungere ad una migliore articolazione territoriale nel nord Italia che vede due direttrici importanti (la Milano - Venezia e la Piacenza Bologna) senza vuoto alcuno con gli Atenei alla porta di casa. Ce ne sono due a Milano, poi abbiamo Brescia, Verona, Padova, Venezia per salire a Trieste.
L'altro filone va da Piacenza a Parma, Modena, Bologna, Ferrara (e magari poi in Romagna).
Qui c'è un modesto pendolarismo, ma è un pendolarismo di lusso per i tempi di percorrenza, se si ha riguardo ad alcune linee ferroviarie a veloce percorrenza e con frequenza altissima.
Provate invece, io vi chiedo, a viaggiare da Alessandria a Pavia, da Casale a Torino e da Casale ancora a Pavia. Ci sono treni d'epoca e pochissimi. Perciò parte del dibattito del luglio 1982 sulle distanze tra Atenei non ha molto senso (mi riferisco agli Atenei interregionali come Genova, Pavia, ecc.).
Né dovrebbe avere rilevanza l'elevato costo di nuovi insediamenti universitari.
La cultura, la vera cultura, non ha prezzo e lo Stato deve semmai risparmiare in altri settori improduttivi.
Il problema finanziario non è tuttavia urgente perché l'eventuale nuovo insediamento non lo vedo né per domani, né per dopodomani, anche perché la situazione dell'Ateneo torinese sta assumendo una nuova dimensione. Non "scoppia più" per usare un termine di dieci anni fa in quanto il numero degli studenti sta calando dal 1975 in poi.
Vorrei concludere dicendo, ma lo dirà meglio di me l'avv. Marchini, che nel costituendo Comitato tecnico-scientifico degli Enti locali la Regione deve trovare una posizione centrale e con un proprio ruolo di garanzia culturale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, dobbiamo innanzitutto, rettificare quanto da lei affermato e cioè l'ordine del giorno proposto non reca la firma di tutti i Capigruppo. Questa volta non si è trattato, pensiamo, della solita voluta dimenticanza. E' stata da parte nostra una scelta ben precisa. Ci rifiutiamo di condividere il contenuto di quel documento e ne spieghiamo i motivi.
In parte il collega Gerini ha già anticipato una ricostruzione dei fatti sulla quale noi vogliamo peraltro ritornare con qualche più pungente considerazione Il problema di nuove sedi universitarie in Piemonte, reso acuto dalla sin da allora accertata insufficienza dell'Ateneo di Torino, approdò per la prima volta in Consiglio regionale, dieci and fa, esattamente il 17 settembre 1974.
Vi ritorna oggi, 5 aprile 1984, in virtù di un documento di proposta che alcuni importanti Enti locali della Regione hanno già votato e che adesso il Consiglio regionale è sollecitato a fare proprio. Di tempo ne è passato, tra questi due dibattiti, e molte sono le cose venute a cambiarsi durante il lungo intervallo: a cominciare dalla composizione stessa del governo regionale, una volta a maggioranza democristiana, oggi a maggioranza comunista (con sempre, però, i socialisti ed i socialdemocratici presenti, come il prezzemolo d'ogni minestrone, nell'una e nell'altra coalizione...). Molte cose sono cambiate, dicevamo. Non sono mutate, invece, l'improvvisazione, l'incapacità e la demagogia della classe politica - dalla DC al PCI - nel risolvere il nodo della seconda Università in Piemonte, che - per essere correttamente sciolto - impone scelte coraggiose e non improvvisate, magari impopolari, ma tali comunque da assicurare al problema una soluzione decente e definitiva. Allora - 17 settembre 1974 - questa classe politica ebbe paura di scegliere e preferì non assumere decisioni risolutrici, ansando a nascondersi dietro la cortina di un ordine del giorno che era semplicemente di contenuto, non diciamo pazzesco, ma ipocrita. Si chiedeva infatti - e leggiamo testualmente da quel documento votato in allora - "l'istituzione di una sede universitaria per l'area del Piemonte nord-orientale; l'istituzione di una sede universitaria per il Piemonte sud-orientale; l'istituzione, infine, di una sede universitaria per il Piemonte sud-occidentale"; e venivano indicati come centri delle sognate Università le città di Novara, Alessandria e Savigliano. Naturalmente, non se ne fece niente: tutti sappiamo in quale considerazione questo documento ebbe ad essere tenuto, per cui sarebbe del tutto superfluo ogni ulteriore commento.
Oggi - 5 aprile 1984 - ancora una volta il Consiglio regionale è chiamato a pronunciarsi; ad indicare, cioè, dove dovrebbe andare collocato il secondo insediamento universitario del Piemonte.
Ad Alessandria, forse? Magari, pero si scontenterebbero Novara e Vercelli (di Savigliano non si parla più: la Regione si è limitata a pagare e crediamo anche lautamente gli atti, del convegno tenutosi nel dicembre 1981 sul tema del decentramento universitario del Piemonte sud e poi Savigliano è scomparso dall'orizzonte). A Novara, allora? Protesterebbero Vercelli ed Alessandria! Dunque, a Vercelli? No, perché si opporrebbero Alessandria e Novara! Ed ecco, allora, la gran trovata: ben venga la seconda Università purché sia "policentrica", ossia con Facoltà decentrate ad Alessandria Novara e Vercelli... E' l'uovo di Colombo che - nelle intenzioni di questa irresoluta classe dirigente - dovrebbe anche questa volta consentire attraverso un espediente di comodo e compromissorio, di evitare scelte approfondite e, soprattutto, di non perdere voti nell'Alessandrino, nel Novarese, nel Vercellese! All'insegna del motto "Una Università ad ogni campanile", in nome di una proclamata migliore articolazione territoriale universitaria, regaliamo dunque una manciata di Facoltà a questa, a quella od a quell'altra ancora città del Piemonte, così come un tempo si concedevano spacci di sali e tabacchi ovvero preture ed uffici del genere. Compiremo, attraverso questa operazione di equilibrismo politico, un sottile dosaggio di cattedre andando a dislocare Agraria a Vercelli, Economia a Novara, Biologia ad Alessandria e, perché no?, Scienze Tessili a Biella e Scienze Forestali a Cuneo...
Non potremo però dire di aver affrontato e risolto il problema della seconda Università in Piemonte con la richiesta chiarezza di idee, con il necessario impegno soprattutto, con la dovuta serietà. Perché vedete colleghi, l'Università - un'Università che sia correttamente concepita quale istituzione di alta cultura, così come la definisce !'art. 33 della Costituzione - questa Università, dicevamo, è tutt'altra cosa da quella che qui si viene ad ipotizzare, con la polverizzazione dei corsi di laurea universitari sparsi su tutto il territorio regionale.
Un'Università seria, che non si voglia condannare in partenza alla dequalificazione; che sia idonea a rispondere alle esigenze di studi superiori e non solo legittimata conferire diplomi; che punti ad avere Facoltà universitarie capaci di richiamare studenti da altre Regioni o da altri Paesi; che si prefigga l'obiettivo di reggere il confronto con gli altri Atenei in Italia, per il valore medio dei suoi docenti e per l'adeguamento delle strutture - ebbene, questo "tipo" di Università postula fatalmente un insediamento unico, tale da evitare la dispersione degli interventi e da favorire, invece, la concentrazione degli impegni organizzativi, finanziari, didattici.
Ma insediamento unico avrebbe significato dover compiere una scelta optare per una soluzione a scapito di altre, saper dire di no a talune richieste pressanti e cariche di campanilismo. Voleva dire capacità di dimostrare determinazione, senso di responsabilità, coraggio: tutte cose estranee allo spirito ed alla mentalità della classe politica dirigente..
che, infatti, è ripiegata sull'espediente dell'Università "policentrica"! Avremo, dunque, Facoltà articolate su Alessandria, Novara e Vercelli: quindi, tre sedi decentrate che però - come concetto generale - vanno in senso diametralmente opposto alla politica della interdisciplinarietà e dei dipartimenti, eppur sempre tanto sbandierata ogni qual volta si parla di riforma universitaria.
Tuttavia, per restare su questa soluzione, noi vorremmo che qualcuno ci spiegasse alcune cose non di poco conto.
Diceva l'Assessore Ferrero che questa ipotesi di Università "tripolare" o "tripartita", termine che preferiamo (o anche trina, ma questo lo diranno i democristiani; noi nostalgici preferiamo dire tripartita), rappresenta una proposta "realistica e praticabile". Benissimo.
Chiediamo allora come verranno distribuite le diverse Facoltà. Per esempio, quella di Medicina toccherà a Novara o a Vercelli? Il collega Valeri ha presentato, in data 12 marzo, un'interrogazione nella quale si afferma, tra l'altro, che "gli indirizzi di massima sinora maturati convergono sulla collocazione a Vercelli delle Facoltà mediche e chirurgiche del futuro Ateneo piemontese".
Ne prendiamo atto senza alcuna polemica: ma ci domandiamo, allora, se dovranno essere sacrificati i corsi staccati di Medicina e Chirurgia dell'Università di Torino in funzione da più anni a Novara, tenuto conto che nel locale Ospedale hanno sede i reparti neurochirurgico - di reputazione internazionale -; cardiologico con servizio di emodinamica pure internazionalmente quotato -; pediatrico chirurgico - d'ottimo livello e dove, prossimamente (come spesso viene a prometterci l'Assessore Bajardi) sarà aperta la seconda cardiochirurgia del Piemonte...
Ma ammettiamo pure che tutti questi casi siano facilmente componibili e torniamo invece alla nostra Università "policentrica", chiedendo ancora: con il piano di studi liberalizzato, cioè con la possibilità di inserire nel corso di laurea esami di altre Facoltà (per esempio, per Medicina, le materie tecnologiche legate alla bio-ingegneria, all'informatica, ecc.) visto che le Facoltà stesse verranno disseminate in tre città diverse, cosa dovrà fare lo studente? Correre da Novara a Vercelli e, da qui, ad Alessandria E poi, come si risolverà il problema degli Istituti di ricerca? Avremo tre Istituti per le materie comuni ad ogni corso di laurea? Oppure, se ne farà uno soltanto, con !a conseguenza, però, di avere dei professori pendolari verso le altre due città, costretti a fare didattica senza il supporto scientifico dell'Istituto? Si parla, per l'Università "policentrica", di sede legale a Vercelli dove andrà dunque sistemato il Rettorato. D'accordo: questo sottintende che si aprirà qui anche una Segreteria unica, evidentemente scomoda per tutti i frequentatori non vercellesi; oppure che si istituiranno, con enorme dispendio di spese, tre diverse Segreterie a Vercelli, a Novara e ad Alessandria? E l'Opera Universitaria, dove andremo a metterla? Così pure la Biblioteca, importantissima in un'istituzione di questo tipo: la terremo accentrata oppure la suddivideremo fra le varie sedi universitarie?



RIVALTA Luigi, Vicepresidente della Giunta regionale

Esiste l'informatica.



CARAZZONI Nino

Io prendo atto che esistono sistemi avanzati, modernissimi telematici, faccio però delle obiezioni, perché nonostante questi enormi progressi, noi da dieci anni stiamo a ripeterci le stesse cose senza avere risolto il problema.
Adesso, l'Assessore Rivalta mi dirà che esistono anche dei sistemi di ristorazione modernissimi, ma io voglio ugualmente chiedere: avremo una Mensa universitaria localizzata in un solo centro, oppure ne apriremo tre? Non sono, tutte queste, domande oziose: perché può essere molto comodo vagheggiare un'Università articolata sul territorio, ma è certo un po' più difficile tradurre in pratica simili progetti...
Ecco perché noi pensiamo che un insediamento universitario così delineato non soltanto non giungerà a dare credibile soluzione al problema del secondo Ateneo della Regione, ma soprattutto non .renderà ai giovani alcun serio servizio ed anzi rappresenterà solo un contributo al disordine ed allo scadimento, già tanto gravi, della nostra istruzione pubblica e della nostra vita civile.
Per questi motivi voteremo contro l'ordine del giorno proposto, del quale ci sentiamo di condividere soltanto l'affermazione che, per l'importanza dell'apporto culturale e progettuale, diviene urgente - alla luce anche dell'allarmata situazione di recente denunciata da "La Stampa" del 27 marzo - completare il programma edilizio degli Atenei torinesi.
Per il resto sottoscriviamo la necessità inderogabile di una seconda Università piemontese: ma non ci sentiamo di sposare anche noi la tesi che assurdamente si sostiene essere, come diceva l'Assessore Ferrero, "di rilevante originalità nell'impianto culturale, scientifico, didattico" - di un surrogato - così ci pare giusto chiamarlo - di Università localizzato nei poli di Alessandria, Novara e Vercelli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è la quarta volta ormai che il Consiglio regionale discute il problema delle sedi universitarie.
Di solito, quando un problema ritorna tante volte in aula, significa che non ha avuto una soluzione. Possiamo infatti constatare che, dal lontano 1973 ad oggi, il Piemonte è forse tra tutte le Regioni l'unica che ha richiesto invano una seconda Università.
Il collega Gerini ha già ricordato il lavoro svolto nella prima legislatura a cui voglio ricondurmi non tanto o non solo per la levatura di chi vi ha partecipato quanto per il metodo che era stato usato e che aveva visto un lavoro coordinato della Commissione Programmazione, della Commissione Territorio, della Commissione Cultura, la collaborazione con l'IRES, coinvolgendo anche l'Università.
Tutto questo aveva dato origine ad un lavoro estremamente serio terminato con l'ordine del giorno, ricordato da Gerini, che proponeva, in una visione orientata soprattutto sulla necessità di un'articolazione territoriale tenuto conto del problema della pendolarilà, le sedi universitarie di Novara, Alessandria e Savigliano. Solo dopo la realizzazione di queste tre Università si sarebbe pensato alla seconda Università di Torino.
Nella seconda legislatura, data l'insoddisfazione per le decisioni governative, ci fu un ulteriore richiamo all'ordine del giorno precedeste che non ebbe peraltro nessun risultato.
Io mi soffermo più a lungo sulla dimensione che ha assunto l'ordine del giorno del mese di luglio del 1982, quando, prevedendo che le speranze del Piemonte sarebbero state nuovamente disattese (come lo furono di fronte all'istituzione di otto nuove Università statali e a 15 Facoltà universitarie in altre Regioni sancite con legge. 14/8/1982, n. 590), il Piemonte si trovava nuovamente senza spazio alcuno.
Ricordo questo ordine del giorno perché è il più vicino a noi e perch raccoglie i dati di una situazione diversa: invitava cioè il Governo ad istituire una Università Policentrica nel Piemonte orientale. Si parlava di un decentramento nel Piemonte meridionale dell'Ateneo torinese. Si sottolineava la necessità di incentivare le virtualità culturali e tecnologiche delle varie zone. Si sollecitavano gli Enti locali l'Università ed il Politecnico a collaborare così come si sollecitava il Governo ad intervenire per le sedi edilizie torinesi.
La legge del 14/8/1982, n. 590, offriva una sola apertura per il Piemonte: la collocava come prima delle Regioni in cui si sarebbe dovuti intervenire.
Dopo l'ultimo ordine del giorno del 1982, l'Assessorato ha at u, con più o meno fatica a seconda dei casi momenti di verifica con le altre Regioni, con il Ministero, con gli Enti locali.
Si sono soprattutto mossi gli Enti locali di cui bisogna tenere conto pur nell'autonomia decisionale della Regione.
Sono già stati esposti dall'Assessore gli elementi di fondo. Sottolineo soltanto due punti su cui, secondo me, è necessario insistere.
Dico innanzitutto che non dobbiamo orientarci sul decentramento da Torino bensì su una seconda vera Università. Conosciamo tutti i pericoli di un semplice decentramento di corsi e lo scarso livello culturale che di solito segna operazioni di questo tipo.
In secondo luogo è necessaria una qualificazione molto seria di questo secondo Ateneo individuando quei settori di ricerca mancanti nell'area italiana o, almeno, piemontese.
La Giunta ha già posto le basi per poter impostare un discorso di profilo molto alto non solo per i rapporti esistenti con l'Università ed il Politecnico, ma per aver la presenza, in una sene di istituti, di studiosi di fama internazionale di ogni settore.
Solo così è possibile avere le carte in regola per pretendere dal Governo quello che è giusto per il Piemonte e potremo pretenderlo, non solo invocando il valore della giustizia distributiva: in caso contrario il Piemonte sarebbe l'unica delle grandi Regioni ad avere una sola Università.
Vi è la necessità, come è già stata ricordato da molti, ormai improrogabile, di alleviare il carico delle presenze a Torino, presentando ipotesi di strutture che non solo si leghino alle realtà culturali ed economiche in cui andranno ad inserirsi ma che soprattutto creino spazi nuovi di indagine di ricerca di grande serietà scientifica.
Credo che avere insistito su questo punto sia un elemento positivo dell'ordine del giorno, per cui inviterei la Giunta portarlo avanti sottolineando in particolare la disponibilità e la volontà del Piemonte di individuare ambiti di ricerca altamente qualificanti, dal momento che le potenzialità, per un'operazione di questo genere, esistono in Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Illustrerò le ragioni per le quali il Gruppo del PDUP esprimerà un voto di astensione ali 'ordine del giorno in esame.
Credo che l'istituzione di un'Università si giustifichi nella misura in cui essa è legata alle reali esigenze di supporto alle vocazioni di sviluppo di determinazione. Che legame esiste, dunque, tra questa ipotetica seconda Università e le vocazioni e i programmi di sviluppo delle zone dove dovrebbe sorgere.
Ritengo che questo sia un aspetto da chiarire e da approfondire, visti anche gli alti costi che l'istituzione di una Università comporta. Credo sia essenziale, partendo da tali questioni, risalire alle reali esigenze di questo secondo Ateneo tenendo anche conto del calo demografico del nostro Paese e della nostra Regione, tenendo conto inoltre che Novara è a non più di 20 minuti di treno da Milano ed ancora che esiste l'esigenza prioritaria di dotare di sedi idonee gli Atenei del polo torinese.
Noi, dunque, non siamo affatto convinti della necessità dell'istituzione di questa seconda Università. A nostro parere, esiste un criterio di fondo per verificare questa esigenza a partire appunto dal collegamento tra Università e territorio, altrimenti prevalgono criteri localistici e, in questo caso, le dinamiche che si svilupperebbero sarebbero altre: ogni Provincia vorrebbe la sua Università; dinamiche incontrollabili, fuori da ogni logica, che risponderebbero a logiche non coerenti con l'esigenza di utilizzare l'incremento delle sedi universitarie per lo sviluppo armonico della nostra Regione. Del resto, per molte ragioni, in una situazione di grave crisi come l'attuale, un po' di 'terziario" fa gola a tutti. Noi continuiamo a ritenere che anziché creare una seconda Università, sia più utile decentrare alcune Facoltà di quella esistente, adottando come criterio di fondo il rapporto fra Università e territorio, tra le Facoltà da decentrare e i progetti di sviluppo a livello territoriale e facendoci carico, in questo modo, dei problemi di risorse e di ulteriore qualificazione delle Facoltà esistenti. Non credo, infatti sia automatico il rapporto tra decentramento e deprofessionalizzazione.
Questo problema deve essere risolto operando delle scelte chiare dotare non solo gli Atenei del polo tornese di strutture idonee, ma anche riqualificare tutte le Facoltà esistenti, condizione necessaria perch decentramento non significhi dequalificazione



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se vogliamo discutere seriamente della seconda Università in Piemonte dobbiamo tenere presente che questa situazione non può non prescindere dalla situazione della prima ed unica Università piemontese. Infatti alla sommatoria di errori della legislazione nazionale, a volte per dimenticanza come accennava la collega Ariotti, dobbiamo aggiungere una discutibile politica universitaria a livello locale.
Il mio intervento avrebbe dovuto essere assai lungo, ma i tempi mi consigliano di abbreviare.
Il problema più urgente riguarda l'edilizia universitaria. Gli stanziamenti governativi da anni arrivano molto lentamente e a singhiozzo creando problemi non indifferenti alla realizzazione e ristrutturazione di numerosi complessi.
Non è possibile, come avviene da tempo, aprire e poi chiudere dei cantieri nell'attesa dei contributi. Oltre a maggiorare i costi e a gonfiarli in modo spropositato ciò crea delle difficoltà tecniche incredibili.
Ho saputo che all'Università "Tor-Vergata" a Roma sono stati assegnati 35 miliardi per la realizzazione ed il completamento dell'altra Università romana.
A Torino per ottenere 2 miliardi bisogna attendere mesi.
E' senz'altro un problema di trascuratezza e di dimenticanza politica.
Ma fare i coccodrilli, in questo momento, serve poco per affrontare la situazione: d'altra parte si deve sottolineare il ritardo progettuale locale che è stato accumulato.
Il piano delle permute ha privilegiato la ristrutturazione di numerosi edifici che non sempre si adattano alle esigenze a cui sono stati destinati.
L'ipotesi di insediare la Facoltà di Economia e Commercio nel settimo lotto dell'ex Istituto Poveri Vecchi ha subito la modifica di inserire tra un dente e l'altro del Palazzo un prefabbricato per poter contenere le Aule Magne che altrimenti non avrebbero all'interno del Palazzo stesso lo spazio sufficiente.
La stessa ristrutturazione del Palazzo porta ad una spesa per metro quadro, vorrei sbagliarmi ma non credo, che supera il milione.
Mi domando se non era forse il caso di considerare la costruzione ex novo di questa Università e migliorare alcune di queste Facoltà.
Per quanto riguarda le opere siamo in attesa di 6 miliardi che dovrebbero arrivare in forma di mutuo fra sei mesi e saranno da dividere tra le diverse Facoltà.
Rilevo che la scelta di seguire la via della ristrutturazione è stata fatta, malgrado gli oneri previsti, dagli Enti locali piemontesi, ma a questa scelta non è seguito uguale impegno nella ricerca dei finanziamenti.
Oggi negli ambienti universitari si chiedono se gli Enti locali sono disposti ad impegnare proprie risorse finanziarie per sostenere l'ipotesi ormai avviata, di ristrutturazione: insomma ci si chiede se la scelta politica che è stata fatta era consapevole dei rischi a cui si andava incontro.
L'ipotesi di girandole di trasferimenti tra Grugliasco, la Caserma Podgora e Palazzo Campana, a cui si sta pensando molto seriamente, è una scorciatoia ed è forse l'unica soluzione dei ritardi accumulati nel campo dell'edilizia universitaria.
C'è poi la situazione della docenza e dei non docenti.
La Facoltà di Informatica è senza docenti.
Gli Istituti scientifici non hanno tecnici per far funzionare i macchinari, i dipartimenti sono stati modellati non tanto in base alle esigenze reali dell'Università quanto sulle trame politiche interne ed esterne all'Università.
C'è poi il problema del diritto allo studio, capitolo dolente che dovrebbe far meditare la maggioranza regionale per il non certo edificante risultato della legge.
Prendiamo, ad esempio, il capitolo delle mense. L'Assessore competente al Comune di Torino, a cui la legge regionale ha delegato la gestione del diritto allo studio, è riuscito ad accumulare un passivo di 6-7 miliardi.
Ma come è possibile arrivare ad un simile sperpero? L'Università di Milano che ha molti più studenti di quella di Torino è riuscita a contenere i costi unitari di questo servizio precisamente alla metà di quelli torinesi. Questi 7 miliardi di passivo sono stati accumulati tramite la politica delle consulenze che l'Assessore comunale ha avviato in modo faraonico.
Di questi dati dovremmo occuparci prima che se ne occupi qualcun altro per fare chiarezza su una delle tante vicende che, trascendendo l'indirizzo politico, ci offrono esempi di cattiva gestione.
Ripeto ancora una volta che il diritto allo studio non deve essere confuso con l'assistenzialismo ed i finanziamenti a pioggia. Se questi fatti si sono verificati è perché la Regione ed il Comune di Torino hanno leso fortemente l'autonomia universitaria, compromettendo ruoli e scelte.
Per sommi capi è questa la situazione dell'Università torinese.
Dobbiamo discutere della seconda Università. La seconda Università non è un tema a sé stante.
La ristrutturazione della prima ed unica Università piemontese doveva comprendere in sé la questione della seconda Università, altrimenti (ed è questo il rischio di questo dibattito) continueremo a discutere della seconda Università a colpi di ordini del giorno e di appelli.
Sulla questione edilizia, sui dipartimenti, sul diritto allo studio chiediamo un ripensamento alla maggioranza per quanto riguarda le sue competenze e questa non è una condanna senza possibilità di uscita, ma è un tentativo per allargare i propri orizzonti rispetto all'entità dei problemi.
Dobbiamo considerare questi problemi complessivamente, non con interventi e pronunciamenti particolari, altrimenti i problemi cui ho accennato si perpetueranno con le conseguenze innegabili che oggi è sempre più difficile apprendere o insegnare nelle Università.
Nella scorsa legislatura nazionale il Partito Repubblicano aveva presentato alla Camera, per la firma dell'on. Gandolfi, un progetto di legge per la costituzione di Università policentrica con sedi universitarie a Vercelli, Novara ed Alessandria.
Sottolineo che il progetto non prevedeva la costituzione di Università di serie B, come ad esempio è la sede vercellese della Facoltà di Medicina ma prevedeva la costituzione di poli universitari rispondenti alle esigenze del territorio: non Università provinciali, ma Università insediate nello sviluppo piemontese e nazionale tese a decongestionare Torino e a creare con un progetto specifico, Università e Facoltà che possano godere di quei privilegi di insegnamento e di possibilità di ricerca propri di ogni Facoltà funzionante.
In questo senso il nostro disegno di legge parlava di tre poli nei quali prevedeva, una Facoltà di Scienze, una di Lettere ad indirizzo moderno - Tecniche di Comunicazione - Cinema e Teatri, una di Medicina ed una di Agraria.
Per quanto riguarda le Facoltà di Economia e Commercio e di Ingegneria vedevamo la sede di Novara, tenendo conto che la città di Novara dista solo venti chilometri da Vercelli ed ha collegamenti frequenti e comodi: le strutture delle due città si potrebbero utilmente integrare e Novara, con la realtà economica della sua provincia, potrebbe dare supporto di competenza alla struttura universitaria.
Il nostro progetto prevedeva anche il coinvolgimento di Alessandria e in un secondo tempo, di Ivrea e di Biella. La città di Alessandria ha un forte potenziale economico e da tempo si propone come sede di corsi d'istruzione universitaria ad indirizzo scientifico e tecnologico. Ad Ivrea esiste la più grossa concentrazione del nostro Paese di attività di ricerca e di ricercatori nel campo dell'Informatica. E' quindi assurdo non pensarla sede di corsi di laurea in Ingegneria elettronica e di Informatica nel quadro di un progetto universitario (naturalmente mi riferisco ai trienni di specializzazione).
Analogo discorso si poteva fare per Biella. L'approccio nuovo con il quale si era guardato a questo problema è un approccio che, secondo noi deve essere perseguito ed è un approccio per il quale siamo favorevoli all'ordine del giorno che raccoglie anche il pronunciamento degli Enti locali.
Ci auguriamo che l'ordine del giorno possa trovare il consenso del Consiglio regionale e possa rappresentare una stimolo ulteriore affinch questo problema, che ormai da dieci anni, come ha ricordato la collega Ariotti, viene dibattuto, trovi finalmente un pronunciamento definitivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ancora una volta un argomento che ha sempre avuto le caratteristiche della necessità e dell'urgenza ci trova impegnati in un discorso che non potrà ormai più essere vanificato da sottintesi astuti, né minimizzato in superficiali posizioni moderatamente polemiche, né tanto meno affossato nell'arido terreno di una facile o affrettata dichiarazione unitaria.
Ben lieto, se veramente coincidono i punti di vista e i giudizi finali ben lieto, se veramente si avvia dal Consiglio regionale di oggi un'operatività concreta; ben lieto, se gli obiettivi riconosciuti comuni lo sono veramente.
Sarebbe persino troppo facile ironizzare con i riferimenti temporali che hanno scansioni difficilmente giustificabili e per ora non vado alla ricerca di chi ha posto o di chi pone la mano al freno. L'importante è che sia giunto il momento, e speriamo sia questo, di schiacciare l'acceleratore.
Non posso tuttavia esimermi dall'indicare almeno le date della presenza della Regione. Ordini del giorno: 19 luglio 1974, 16 giugno 1977, 15 luglio 1982 ed oggi 5 aprile 1984. L'arco dei dieci anni è impreziosito da "le indicazioni programmatorie in campo universitario previste nella proposta della Giunta per il piano regionale '76/'80". E proprio perché l'ordine del giorno del luglio 1982 considerava tale proposta come "premessa di indilazionabili scelte per il piano di sviluppo '82/'85" non posso neppure esimermi da alcune rapide considerazioni.
L'azione programmatoria della Regione in campo culturale, cui in logica connessione si aggancia il tema universitario, non ha mai avuto un inserimento lievitante nel panorama previsionale del Piemonte e si è praticamente conclusa nella stesura dell'arcaico documento dell'IRES ripreso a scadenze lunghissime come strumento di salvazione nel passare neghittoso del tempo. Né l'Università ha diritto di degna cittadinanza nel "miro gurge" dei remoti ed inattuati 84 progetti, vessilli un giorno clamanti nelle annunciazioni dell'allora Vicepresidente Sanlorenzo. Nè questo problema ha modo di essere considerato, poiché inesistente, nella novità più ricercata che reale degli 11 progetti che ci sono stati indicati (per lo spazio di un mattino, ma con documenti ufficiali ed esecutivi) quali costituenti il secondo piano di sviluppo del Piemonte (e mi è difficile a quali anni riferirlo). A proposito, e mi sia concessa la non fatua divagazione, che comunque ha interrelazioni con l'argomento che trattiamo. Il piano di sviluppo regionale ha da farsi? Che significa allora questo dato: la delibera n. 29 del 3/1/1984 recitante testualmente: "Piano di sviluppo regionale. Affidamento incarico all'arch. Barone, all'arch.
Garzena e al dott. Vinay. Spesa complessiva L. 21.521.165" veniva trasmessa al Commissario di Governo in data 19/1/1984. Seguiva richiesta di chiarimenti l'1/2/1984. Ad oggi non sappiamo se ci furono controdeduzioni certo non ci furono fino al 29 febbraio. E' tramontato solo l'affidamento ai citati professionisti oppure è tramontato tutto il piano? Chiedo scusa della divagazione e torno nel seminato.
Eppure il Consiglio regionale del Piemonte, all'unanimità (credo di non errare) parlava un giorno, lontano, di "indilazionabili scelte".
Superando tuttavia la fin troppo facile presa polemica, ritengo sia doveroso per tutti, come d'altronde è già stato richiesto da noi e dalla stessa Giunta (Ferrero, Rivalta) verificare nel profondo i paesaggi culturali propri della nostra Regione nei loro risvolti di attaccamento al concreto, di culto delle memorie, di varietà autoctone su motivi omogenei di apertura secolare nel territorio del lavoro e dell'imprenditoria, di saldezza ed intuizioni scientifiche, di estetica e di critica.
Sono questi panorami, opportunamente considerati, la sostanza apportatrice di frutti perspicui che dovranno essere, che devono essere già fin d'ora, il vero progetto per il futuro piano di sviluppo piemontese. Non si nega lo sforzo, anche meritorio per collegamenti che esaltino le virtualità rilevanti di intelligenza, di genialità e di genio della nostra Regione, ma occorre con sorvegliata attenzione evitare la solitudine del Titanismo: è appagante la conquista della vetta himalayana, ma soltanto il riverbero sul paese dei viventi è fecondo.
Quindi ragioniamo in termini realistici ed effettuali possibilmente, di Università, in modo che le capacità degli uomini della nostra terra rimangano nella nostra terra, in modo che le articolazioni del sapere, del provare, del ricercare, dell'inventare, del proporre, del raffigurare e del cantare, raccolgano tutte le vibrazioni potenziali e le trasmutino in atto qui, senza fughe verso lidi più gratificanti che sarebbero certo giustificate se da noi, negli Atenei e nelle applicazioni esterne, non trovassero spazi dove consistere.
Tralascio l'argomento degli strumenti umani che sono meritevoli di essere rivalutati: e Vattimo si chiede "l'Università s'è desta?"; ed è dovere nostro non svilirli, ma aprire loro terreni, anche inesplorati, di fatica antica e nuova.
Tralascio gli argomenti delle cose: strutture edilizie, attrezzature didattiche, centri promozionali (musei, biblioteche ed archivi, servizi esistenziali e culturali non merita proprio un ripensamento la legge regionale di delega per il diritto allo studio in campo universitario? Se ne parla in questi giorni a Parma).
Tralascio tutta questa problematica ed esclusivamente mi rifaccio all'ordine del giorno proposto il 21 marzo scorso, che chiosa quello analogo delle Province e dei Comuni di Alessandria, Novara e Vercelli. Sono convinto che sia una pietra angolare su cui poggiare la costruzione dello sviluppo universitario piemontese.
I dati sono arcinoti: esuberanza numerica delle iscrizioni e a questo riguardo sarebbe più che auspicabile una ricerca sul valore quantitativo di presenze (e di assenze) nelle varie Facoltà determinate in modo quasi esclusivo da un mimetizzarsi necessitato dall'inesistenza di sbocchi occupazionali; dispersione delle localizzazioni di sedi che determinano un irrazionale vagabondaggio nell'ambito metropolitano; rapporti docente discente talora portati all'estremizzazione da una conoscenza affidata ad una manciata di minuti costituenti la verifica di una difficoltosa preparazione, spesso aleatoria; sommersione quasi obbligata in una routine che mira prevalentemente a smaltire, sotto la specie della quantità, gli esami imposti dai curricula, affidando la valenza della preparazione al senso etico dello studente. E si potrebbe continuare.
Ha senso allora la seconda Università del Piemonte? Nel migliore dei modi una risposta affermativa sarebbe valida? Io ritengo, con tutti, coloro che si sono fino ad ora pronunciati, o quasi tutti, che nel nostro momento storico, nella nostra realtà geografica un assenso abbia molte più giustificazioni che una risposta negativa, che potrebbe presentarsi ammantata di paludamenti economicistici, ma nello stesso tempo certamente inficiata o da tramontate concezioni elitarie o da ottiche distorte per miopia.
Concordiamo allora con lo sforzo meritorio e faticato compiuto dagli Enti locali; sensibili nella vigilante percezione delle correnti ormai nitide di intendimenti e di tracciati.
Non possiamo "snobbare" il travaglio di nostri amici impegnati nelle Amministrazioni comunali e provinciali che hanno saputo superare la grettezza del natio borgo, e sono stati capaci di pervenire alla sintesi di una decisione che li onora. E li onora soprattutto perché colsero i significati profondi che una cultura universitaria può portare alle loro e nostre popolazioni.
E' certo mal posto il problema che, con deteriore sofisma, quasi contrappone l'esigenza dell'apertura di un Ateneo alla chiusura di una fabbrica.
Noi vogliamo la diffusione della cultura di livello universitario perché le urgenze attuali pretendono risposte sempre più qualificate e perché, nell'evolversi dell'umana civiltà, non è più permesso l'attardarsi ai bordi della strada, con apatia rinunciataria o con crassa ignoranza.
Essere istruiti, cioè costruiti intellettualmente e volonteristicamente, è supporto indispensabile ad una cosciente partecipazione esistenziale e quindi all'acquisizione di una reale valenza politica.
Noi, rappresentanti politici di un'espressione democratica, non possiamo negligere la volontà democraticamente ed unanimemente espressa da altri rappresentanti della gente piemontese.
Approviamo quindi la richiesta di istituzione della seconda Università del Piemonte policentrica, nei termini prospettati dall'ordine del giorno del 10/2/1984 sottoscritto dalle Province e dai Comuni di Alessandria Novara e Vercelli; e contestualmente il decentramento degli attuali Atenei indirizzato verso le zone del Piemonte sud.
Non dimentichiamo tuttavia che la strutturazione delle sedi universitarie del polo torinese è ben lungi dall'essere idonea all'espletamento dei compiti che correttamente si pretendono da un moderno Ateneo. Allora acquista urgenza la considerazione di un problema più vasto urbanistico e di strutture, di livello metropolitano, non traguardato in termini di maggioranze e di minoranze, né risolto con la preponderanza del potere-numero, ma discusso al crogiuolo dialettico delle forze sociali.
Un pensiero di chiusura desidererei che suonasse come risveglio, prima che il gallo canti.
Non è giusto che la Regione sia trainata.
Veramente, Assessore, veramente, amici Consiglieri, la Regione deve porsi come forza propulsiva di questo processo verso l'affermazione del diffondersi culturale. E dobbiamo farlo con onestà, correttezza caparbietà. Lo sbocco lo conosciamo. Non avvenga che fra due, tre anni qualcuno in quest'aula debba ripetere questi discorsi, debba abbrancarsi a questi auspici, debba richiedere all'Assessore ed alla Giunta di allora di onorare le promesse fatte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il collega Gerini ha già svolto uno degli interventi del Gruppo e si è fatto carico, sia pure in termini impropri, di una rappresentanza istituzionale anticipando la valutazione che il nostro Gruppo dà all'ordine del giorno che è stato sottoscritto.
Peraltro, per debito di testimonianza e di memoria storica, il Partito Liberale non può qui non ribadire le perplessità che ebbe ad esprimere nei dibattiti richiamati in quest'aula. Le perplessità erano non solo nostre ma erano anche del Presidente Viglione (nel dibattito del 1982) e si incentravano su un'ipotesi di decentramento universitario non legata ad un disegno programmatico. Per parte nostra avevamo messo in luce come fosse molto rischioso far credere che attraverso il messaggio dell'Università decentrata, o comunque su una pluralità di poli universitari, si riaprisse una domanda al titolo accademico come mezzo per risolvere i problemi delle aree meno privilegiate di quella torinese presenti nella nostra Regione.
Rimane forte in noi la preoccupazione che si perda di vista l'obiettivo che, al di là del momento meramente universitario, si dovesse tendere alla maggiore formazione professionale (anche post-universitaria) dei giovani attraverso centri di alta qualificazione professionale e che, anche in questo, il Piemonte sapesse cogliere il momento nuovo della storia e dell'innovazione tecnologica, dell'innovazione sociologica e, in una qualche misura, anche dell'innovazione istituzionale in termini di scolarità.
Questo processo è andato avanti per fatti concludenti: la legge n. 590 indica la nostra Regione come la prima sulla quale deve svilupparsi il ragionamento del decentramento universitario e, in questa misura, non ci dobbiamo attardare sulle preoccupazioni e sulle riflessioni, ma abbiamo il dovere di concorrere, con tutte le nostre capacità, a che la soluzione e la decisione sulle quali siamo avviati, siano le più produttive per l'intera collettività piemontese.
L'ordine del giorno predisposto di intesa con l'Assessore fa giustizia di molte nostre preoccupazioni e soprattutto individua l'esigenza di collocare la seconda Università e di tenere presente i problemi specifici del Piemonte sud che, curiosamente dal punto di vista della programmazione territoriale, era il più trascurato ed era l'ultimo ad essere preso in considerazione dalla legge nazionale. Quindi a questa stortura o ci pensiamo noi amministratori regionali o non ci pensa nessuno! Il problema del Piemonte sud è certamente la parte alla quale possiamo dare la soluzione del problema.
Non faremmo cosa saggia e prudente politicamente se corressimo soltanto su un fronte della battaglia, che noi stiamo combattendo, per ottenere il massimo della professionalizzazione e della cultura nella nostra Regione e certamente non posso non avere apprezzato le preoccupazioni e l'attenta valutazione dei problemi esposti dalla collega Vetrino sui poli universitari torinesi. I nostri Atenei sono certamente le cenerentole in Italia. Io non ho più i dati sottomano, ma l'Assessore Ferrero potrà fare una ricerca e comunicarvela.
Il rapporto delle risorse che arrivano in Lombardia rispetto alle risorse che arrivano in Piemonte è lontanissimo dall'uno al dieci, ma non nel senso che è più vicino l'uno al nove che l'uno al venti: è probabilmente più vicino l'uno al venti che l'uno al dieci. I problemi sono di questa dimensione. Le risorse che arrivano nella nostra Regione sono dei decimali rispetto a quelle che arrivano nella Regione Lombardia.
Immaginiamo di avere gli incassi per la cultura universitaria delle diverse Regioni. In questa classifica noi siamo sotto la metà: al massimo siamo nel girone di sopravvivenza.
Questo dimostra che, in una qualche misura, qualcosa non funziona.
Mentre registriamo la decisione del Parlamento che con legge ha dato questo tipo di soluzione al problema, prendiamo atto di questo ed apprezziamo il metodo che hanno scelto le collettività locali di lavorare in termini consortili.
Dobbiamo però dire che contestualmente alla battaglia della seconda Università, dobbiamo combattere la battaglia per l'Università tout court in Piemonte che comprende la necessità di affrontare immediatamente i problemi dell'Ateneo torinese.
I problemi della seconda Università probabilmente si risolveranno non prima di una generazione accademica.
Non penso che questi problemi verranno assolti prima di cinque, sei sette anni. Nel frattempo la dequalificazione strutturale e culturale dei nostri Atenei, se non poniamo rimedio, farà sì che non solo avremo un'Università di serie B, come paventa qualcuno rispetto a quella decentrata, ma due Università di serie B, perché lo diventerà anche Torino.
Anzi, ricordo che nell'intervento del 1982 io avevo detto che l'Università di Torino era una Università di serie B perché i docenti più accreditati tendevano a lasciare le rive del Po per andare, ad esempio, sulle rive del Tevere.
Quindi, mi consenta il collega Villa, non si tratta di trattenere nella nostra Regione delle risorse culturali che se ne sono già andate, ma di creare le condizioni, perché ne arrivino di nuove o se ne creino delle nuove: togliamoci dalla testa il mito nel quale siamo cresciuti (e qui in una qualche misura siamo tutti della stessa generazione) e cioè di avere a Torino l'Università più qualificata ed il Politecnico più qualificato d'Italia.
Le cose non stanno più così. Non è qui il caso di discutere di chi sia la responsabilità. Certamente c'è la responsabilità di porre rimedio a tutto questo.
A nostro modo di vedere, ci vuole una forte difesa della funzione dell'Università e del Politecnico nella realtà torinese e questa funzione deve essere difesa e tutelata in una serie di scenari.
Nell'ordine del giorno l'Assessore ha brillantemente, in una qualche misura, risposto a questa nostra esigenza, riconoscendo che l'Università ed il Politecnico di Torino debbono essere il supporto culturale e scientifico della Regione e non solo della Regione istituzione, ma anche e soprattutto della Regione realtà, in senso più lato, in ordine alle decisioni che dovremo assumere per la seconda Università.
Nell'ordine del giorno viene anche fatto cenno all'esigenza che si risolvano contestualmente i problemi edilizi torinesi.
Per mia tranquillità, ma anche per sollecitare all'Assessore l'opportunità di sottolineare questo tipo di messaggio, faccio presente che i problemi dell'Ateneo torinese non sono solo di tipo residenziale, ma sono anche di tipo gestionale in quanto mancano risorse per la gestione dei servizi.
Alcuni di questi problemi sono già stati indicati dalla collega Vetrino e, per brevità di esposizione, anche nel rispetto delle gentili ospiti cercherò di ridurre al minimo le lamentele. Faccio soltanto presente, ad esempio, che a seguito della modifica della gestione contabile, che è passata alla contabilità centralizzata, l'Università e l'Ateneo torinese insieme hanno perso qualcosa come 5 miliardi all'anno.
Faccio per esempio notare che il Presidente della Giunta regionale ha minacciato, con suo telegramma, il Magnifico Rettore dell'Università di Torino di "azione legale nei tuoi confronti per ritardi in ordine ad adempimenti che ti competevano".
La Regione Piemonte a suo tempo, quando gli interessi venivano utilizzati per opere di mecenatismo, si era impegnata ad eseguire a proprie cure e a proprie spese i lavori di ristrutturazione dell'immobile di Via Po n. 31. Erano promesse di altri tempi, ma evidentemente non andiamo a lagnarci. Esiste il grosso problema delle norme di sicurezza che renderanno inagibili a tempi brevi buona parte delle strutture degli Atenei torinesi.
Quindi tutto questo ci fa ritenere che il Consiglio regionale e la totalità delle forze che lo compongono, anche su posizione critica, hanno il dovere preciso di concorrere affinché la decisione del Parlamento di realizzare una seconda Università nella nostra Regione non possa, imprimo luogo, disconoscere la necessità che ci sia un'articolazione degli Atenei esistenti nel Piemonte sud e si richieda prioritariamente maggiore giustizia nei confronti degli Atenei e, inoltre, si agisca al massimo per risolvere i problemi di questo nostro Ateneo.
Sul piano del riconoscimento del titolo agli Atenei torinesi molto abbiamo ottenuto con questo ordine del giorno. Tuttavia abbiamo qualche preoccupazione, che peraltro non' so come possa trovare risposta, in ordine alla possibilità che l'Università che andiamo a realizzare finisca per essere un terreno di caccia di aree culturalmente e politicamente più solide di quanto non sia l'area culturale torinese.
In altri termini, non vorremmo che le Università che andiamo ad individuare finiscano per diventare divisioni e discipline degli Atenei lombardi, quindi sul piano politico qualcosa sarà opportuno fare.
Nell'esprimere voto favorevole all'ordine del giorno che abbiamo sottoscritto affidiamo all'Assessore, senza insistere oltre il debito della correttezza e del buon gusto, l'opportunità di riflettere, prima della votazione, se non sia il caso di integrare il passo che si riferisce ai problemi finanziari ed agli aspetti edilizi dell'Università.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Quaglia.



QUAGLIA Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo opportuno precisare brevemente il punto di vista prevalente degli Enti locali della provincia di Cuneo.
Risalgono ormai ad alcuni anni fa i primi convegni sulla questione del decentramento universitario nel Piemonte sud che presero l'avvio dal noto studio dell'IRES di ormai dieci anni fa. Ricordo soltanto il convegno organizzato a Mondovì dal Partito Liberale e quello promosso a Savigliano tre anni fa dal Comitato comprensoriale di Saluzzo - Savigliano - Fossano con la partecipazione di politici, amministratori, sindacalisti e rappresentanti del mondo accademico torinese. Da tali incontri è emersa la necessità costante di considerare l'esigenza di prevedere la presenza nel Cuneese di strutture universitarie particolarmente confacenti con la realtà economica della provincia e che potrebbero servire da utile supporto ad un suo sviluppo scientifico e tecnologico particolarmente nel campo agricolo e forestale.
L'ordine del giorno presentato, che richiama quello già votato da questo Consiglio regionale nel luglio 1982, ribadisce l'esigenza di indirizzare il decentramento dell'attuale Ateneo torinese verso il Piemonte sud. Ora, dal momento che gli Enti locali della provincia di Alessandria si sono pronunciati, come viene ribadito dallo stesso ordine del giorno, per dar vita ad una seconda Università policentrica con sede, oltreché in Alessandria, a Novara e Vercelli, e considerato che martedì scorso l'Amministrazione provinciale di Asti ha all'unanimità deliberato di orientarsi verso la suddetta istituenda seconda Università, si pu chiaramente intendere che la dizione dell'ordine del giorno circa la riaffermata esigenza di un decentramento verso il Piemonte sud possa riferirsi essenzialmente o forse unicamente alla provincia di Cuneo. Questo è il significato che almeno i Consiglieri della DC della provincia di Cuneo intendono assegnare all'ordine del giorno predisposto che riafferma l'esigenza di non privare il Cuneese, almeno a livello di sollecitazione di strutture universitarie.
Non riteniamo che sia essenziale sottilizzare tra decentramento e nuove istituzioni (tema che potrà essere ancora ulteriormente sviluppato).
L'essenziale è per noi affermare una precisa volontà politica e programmatica che tenga conto, anche dal punto di vista delle dotazioni di carattere culturale, della sempre presente validità di perseguire l'obiettivo di un serio riequilibrio territoriale.
Sollecitiamo quindi la Giunta, nel dare il nostro voto favorevole all'ordine del giorno presentato, a farsi parte attiva e trainante di una seria iniziativa che coinvolga gli Enti locali del Cuneese, presso la cui Amministrazione provinciale si sta costituendo un'apposita Commissione, e' i responsabili degli attuali Atenei, per andare finalmente oltre la manifestazione di buone intenzioni ed approdare a qualche, seppur limitato risultato concreto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, conoscendo la sofferta maturazione di questo testo, non ho riservato questo intervento in coda alla discussione per esprimere dissenso, ma per apprezzare il lavoro svolto in termini di mediazione e di composizione di una posizione che obiettivamente, si presentava difficile per i punti di partenza rispetto alla quale si trovavano e credo si trovino tuttora le forze politiche rispetto a questo problema.
Condivido pienamente le considerazioni espresse dai colleghi del mio Gruppo, ma ho il dovere di fare alcune precisazioni soprattutto per accentuare criticamente (ma in senso costruttivo) il vuoto politico che sta alla base delle preoccupazioni e dei programmi della Giunta regionale su questo tema.
L'Assessore deve convenire che, al di là del fatto che questa materia sia passata di mano in mano in competenze diverse, dal momento in cui l'IRES fece una certa elaborazione ed individuazione dei problemi la maturazione delle intuizioni di quella elaborazione e i conseguenti atti programmatori che avrebbero dovuto essere affrontati sono di fatto caduti nel nulla. Non abbiamo infatti assistito in questi anni ad alcuna strategia di posizione politica della Regione e della Giunta che non fosse quella di rivolgersi in due direzioni: da un lato la strategia dell'attesa che ha finito per aggravare e fagocitare i problemi del polo torinese e questa strategia, se poteva coincidere con la strategia di alcune forze politiche non vediamo come possa oggi essere posta a sostegno di un'individuazione strategica e di una linea perseguita sia sul territorio, sia sui rapporti con i livelli istituzionali, sia sullo stesso versante delle istituzioni assistenziali sulle quali pure la Regione ha una competenza specifica. La strategia dell'attesa è palese e non credo si possa qui commentarla ulteriormente, perché le stesse soluzioni istituzionali date al problema del diritto allo studio sono tipiche della strategia del ribaltamento di alcune responsabilità ai livelli che non competono a questi livelli istituzionali per poter trarre alcune conclusioni sul piano politico.
Questa linea, sulla quale le forze di maggioranza si sono mosse perch sollecitate dalla strategia dei partiti più che da una strategia politica credo meriti, Consigliere Moretti, una meditazione, ma non credo sia questa la sede più opportuna. Ho parlato di alcune forze politiche all'interno della maggioranza e può darsi che non ci sia la vostra forza politica.
Dall'altro lato c'è la strategia di muoversi in una linea contraddittoria rispetto alle soluzioni che erano state evidenziate prima del 1975 sulla soluzione dei problemi del polo torinese. Questa è un'altra carenza sulla quale, a nove anni dal momento in cui cambiarono le maggioranze in Regione, credo si possa fare il bilancio di alcune realizzazioni o di alcuni fallimenti.
I fallimenti sono prevalenti rispetto alle realizzazioni.
Se non vado errato nessuna facoltà in questi anni è riuscita a modificare la propria sede. Le Facoltà di Economia e Commercio e di Architettura, che erano le punte di diamante delle maggiori difficoltà strutturali, hanno aggravato le loro condizioni e le loro posizioni.
Noi ci troviamo quindi di fronte ad un bilancio che ha visto sistematicamente bocciare alcune ipotesi di decentramento nell'area torinese (basti pensare alle soluzioni della Facoltà di Agraria e così via) e diciamo pure anche con il consenso dell'intreccio mondo accademico mondo burocratico. Infatti alcune ipotesi di mancati decentramenti dalla struttura urbana, nella quale ovviamente alcune Facoltà non possono più sussistere, hanno avuto la compiacente accondiscendenza di alcune difficoltà trovare nei rapporti con il docente.
Dico questo perché ho vissuto anche in prima persona queste situazioni in quanto a suo tempo me ne sono occupato e ho avuto anche delle responsabilità per individuarne le soluzioni.
La sistematica bocciatura delle ipotesi di decentramento si è accompagnata, sull'altro versante, al boicottaggio delle soluzioni di decentramento in poli esterni sui quali decentramenti si sarebbero potuti conseguire in questi anni alcuni risultati concreti che avrebbero potuto essere posti a base concreta di un'ipotesi di seconda Università in Piemonte e non a base astratta così come oggi ci stiamo collocando.
Credo di dover dire queste cose per rendere testimonianza non solo delle posizioni politiche ma anche delle verità. Oggi la scarsa elaborazione di tipo concettuale e la genericità dei contenuti, alla base dell'unanime volontà espressa dalle forze politiche che ogni due anni ripercorrono questo versante dell'ipotesi della seconda Università, si appoggia anche ad una serie di insuccessi che se avessero trovato attuazione forse oggi troverebbero i problemi dell'Università piemontese affrontabili in un clima di maggiore serenità e di maggiore obiettività.
Devo fare un'ultima precisazione sul problema del completamento del programma edilizio nel polo torinese.
In quest'aula ho sentito parecchie enfatizzazioni del ruolo della Regione su questo tema.
Debbo però far meditare i colleghi su ciò che è stato finora conseguito in questo campo e debbo richiamare l'attenzione sulla gravità della situazione la quale, indipendentemente dal fatto che la competenza specifica sulla situazione di alcune opere sia delegata al Comune di Torino e sia delegata all'Università, investe complessivamente responsabilità di tutta la classe politica e della classe dirigente piemontese.
Come ho già ricordato le realizzazioni di fatto sono nulle ed oggi ci troviamo di fronte a ripensamenti emblematici ad esempio in ordine al problema dell'utilizzazione della struttura dei Poveri Vecchi in Corso Unione Sovietica. E' un problema dei ripensamenti in ordine al ruolo di alcune strutture centrali attigue alla sede storica dell'Università di Torino come già ricordava il collega Marchini. Sono episodi significativi dell'assoluta mancanza da parte della Regione, dal punto di vista programmatico, di saper dirigere questo problema in direzioni che siano congruenti rispetto alle competenze in ordine di pianificazione territoriale, di programmazione, di investimenti, quand'anche questi investimenti debbano essere, per una certa parte, sostenuti da finanziamenti statali o da interventi di enti delegati alla realizzazione delle infrastrutture.
Credo che questo fosse doveroso ricordarlo.
Votiamo l'ordine del giorno. Ricordiamo però che ci lasciamo dietro le spalle un vuoto che dovremo colmare se vogliamo essere credibili rispetto alla nostra comunità.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero per la replica.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Molte delle considerazioni svolte dai colleghi mi pare rimandino ad un dato essenziale che mi limiterò a denunciare: non c'è dubbio che nei fatti al di là delle volontà, negli anni del grande sviluppo della nostra Regione, quindi nei decenni passati, ormai nella nostra sensibilità forse più lontani ancora di quanto non siano dal punto di vista della scala cronologica dei tempi, in qualche modo il Piemonte partecipasse, con un ruolo rilevante, allo sviluppo nazionale, attraverso la presenza massiccia in alcuni settori industriali. Credo che la Regione Piemonte, le sue aziende e la sua società, quindi anche le sue strutture politiche, siano state uno dei più eleganti esempi dell'applicazione delle teorie fuordiste.
Il Piemonte non ha avuto, a differenza di altre Regioni, investimenti pubblici significativi: ha avuto, infatti, un supporto straordinario attraverso delle grandi infrastrutture a livello nazionale, basti pensare al settore dell'automobile. In Piemonte, in quei settori che risultano essere oggi decisivi per prefigurare il futuro, tanto più decisivi in una situazione in cui non si può riproporre soltanto il sostegno del reddito come soluzione e neppure si può riproporre un antagonismo localistico rispetto ad un disegno nazionale, il rapporto tra gli investimenti pubblici e le strutture impegnate non solo nel settore della ricerca pubblica dell'Università, ma in molti altri settori collaterali, è rispetto ad esempio alla vicina Regione Lombardia straordinariamente basso, così basso da non essere neppure lontanamente confrontabile.
Questa situazione richiede un'analisi attenta dei singoli dati che concorrono alla descrizione di un fenomeno; richiede forse un consenso ed un concorso politico, ma anche sociale ed economico, più vasto di quello che il tema oggi in discussione permetta di affrontare nella sua generalità. Voglio citare ad esempio il fatto che al momento del passaggio delle competenze in materia di diritto allo studio alla Regione Piemonte era appena stato avviato un lavoro di investimento positivo da parte delle Opere Universitarie che avrebbe dovuto estendere la quantità e la qualità dei servizi disponibili per gli studenti.. La decisione assunta in sede nazionale, però, è stata quella di indicizzare, dal momento di questo passaggio in poi, le quote, non sulla base delle necessità o di parametri obiettivi o degli stessi progetti previsti dalle Opere Universitarie, ma sulla base della legge generale di contabilità dello Stato. Il passaggio delle Opere Universitarie alla Regione ha significato quello che per l'edilizia universitaria in via di principio non è mai stato enunciato, ma in via di fatto abbiamo patito e sofferto, e cioè che la Regione non accede ai fondi dell'edilizia universitaria e quindi più nessun cantiere di opere di diritto allo studio per gli studenti può essere finanziato con altri fondi che non siano quelli propri della Regione..
Accanto a questo nodo fondamentale, che a me pare andrebbe affrontato per quello che è, vi sono anche stati degli elementi di comprensione della necessità di invertire il fenomeno, che però hanno cozzato probabilmente per il ritardo con cui sono intervenuti, al di là della volontà degli Enti locali piemontesi, con un cambiamento di stato che non ha reso possibile il decollo che pure era stato progettato. Proprio per questo, è molto importante realizzare oggi un largo consenso attorno a questo ordine del giorno, in modo particolare perché rappresenta non un consenso attorno ad una generica ipotesi di aumento quantitativo della disponibilità di infrastrutture, sia pure molto qualificate come quelle universitarie, ma perché pone come elementi fondamentali: la riaffermazione dell'importanza delle strutture universitarie per il polo metropolitano e la costituzione di un secondo Ateneo, accanto alla ridiscussione di una funzione più generale del polo metropolitano rispetto ad alcune zone del Piemonte.
La questione del secondo Ateneo, però, vorrei venisse colta da tutti i colleghi. E' un elemento straordinario .ed importante, perché non v'è dubbio che dal punto di vista della pendolarità degli studenti, in una concezione cioè di comodità di accesso al servizio, vi possano essere parecchie soluzioni organizzative che offrono margini ragionevoli e quasi equivalenti di risposte, in via di principio una Facoltà o un raggruppamento di Facoltà è, rispetto agli studenti di una certa zona indifferentemente vicina, che si tratti di un nuovo Ateneo, sia che si tratti di un decentramento di Facoltà esistenti.
Ma dal punto di vista della dialettica culturale della nostra Regione dal punto di vista anche della capacità di incentivare l'immissione e la costruzione di nuove idee, di personalità, di scuole, di cultura nel senso più lato del termine, la costituzione di un nuovo Ateneo rappresenta obiettivamente un polo di attrazione che è molto meno dipendente da un processo di fuga e di allontanamento, di quanto non sia un mero meccanismo di decentramento. Su questo punto, non dobbiamo nascondercelo, ci possono essere degli elementi sui quali la votazione di oggi è molto importante nei confronti del Governo nazionale: noi non chiediamo un'espansione generica in base ad esigenze localistiche di poli universitari; noi chiediamo l'accensione in Piemonte, unica grande Regione che ne è priva, di un progetto che abbia al suo centro un'ipotesi culturale.
Le trasformazioni in corso nella nostra società sono assai profonde: cambiano non soltanto gli elementi economici, ma anche le scale dei valori e se è lecito comparare le cose frivole (quelle di cui sto per parlare) gli spettacoli, a quelle serie, il decentramento universitario credo che il problema fondamentale che noi ci dobbiamo porre è quello dell'individuazione di nuovi interlocutori sociali, dal punto di vista dello spettacolo, di nuove fasce di pubblico, compiendo un'operazione di collegamento fra i livelli alti di produzione di idee, livelli alti che non sono più confinabili, né all'interno di un singolo Ateneo, né di una singola Regione, e che vivono in qualche modo di un dibattito culturale le cui frontiere sono fissate semmai dalle discipline, non dai confini geografici, con l'attivazione delle risorse e delle energie esistenti. Su questo si misurerà il coraggio degli Enti locali e della politica: se decidere di paracadutare e frenare una discesa relativamente inarrestabile oppure se tentare una nuova via, sia pure con tutto il rischio che il nuovo comporta, devo anche aggiungere l'entusiasmo e l'impegno che la divergenza di opinioni può avere in questo caso, cioè la progettazione del nuovo non è più elemento di freno, ma è elemento positivo di democrazia.
Vorrei aggiungere tre postille, che sono collaterali rispetto all'ordine del giorno, che essendo state sollevate, mi pare sia giusto vengano almeno menzionate nella replica della Giunta.
Prima questione: Opere Universitarie - diritto allo studio.
Vorrei distinguere due ordini di problemi: 1) soluzione istituzionale dei problemi generali riguardanti il diritto allo studio.
Non credo si possa continuare a mescolare, come è stato fatto anche in quest'aula, e come io ho respinto con una qualche maggiore brutalità in un'assemblea di studenti, il problema del costo del pasto o degli appalti o della gestione del Comune di Torino, con le forme istituzionali e con le scelte strategiche. Voglio solo ricordare che certo poca - questo non è un fatto politico, ma un fatto personale - è la mia fiducia nell'attuale situazione, soprattutto nazionale, che ringrazio e benedico, pur da non cattolico, il giorno in cui ho ritenuto che si dovesse spingere sulla scelta della delega al Comune di Torino, perché operazioni come quella di ridurre in un anno le risorse, da parte del Governo, di circa 3 miliardi (alle Opere che erano deficitarie è stato ripianato il debito, mentre agli enti che avevano degli avanzi, la Regione, già destinati a degli investimenti, questi sono stati tolti) avrebbe portato un ente autonomo alle condizioni di non agibilità. L'anno scorso noi avremmo assistito al fallimento ed alla chiusura delle attività di diritto allo studio. Siamo stati costretti ad effettuare operazioni di bilancio straordinarie che si sono basate soltanto sulla capacità del Comune di Torino di procedere ad anticipazioni di cassa per alcuni miliardi.
In questa situazione di chiari di luna, devo dirvi che se non vi sono dei progetti a termine, ho molti dubbi che la sola costituzione di un'azienda autonoma possa mettere al riparo da imprevisti che non dipendono dagli Enti locali e che sono sempre più pesanti.
Per quanto riguarda il secondo ordine di problemi, la gestione dell'amministrazione, vorrei che questo venisse affrontato seriamente in una sede propria, perché non v'è dubbio che dietro alcuni suggerimenti si possa avere il sospetto che le modalità di esercizio delle funzioni, non le linee generali o gli enti di gestione, non siano corrispondenti a quanto recita la Costituzione all'art. 97 (la migliore amministrazione). In questa sede propria si dovrebbe entrare nel merito e, se necessario, procedere a dei supplementi di indagine amministrativa, da parte della Regione, per individuare le aree di dubbio, perplessità o critica, del tutto legittime da parte dei Consiglieri.
Dico questo perché in altra sede ci sono stati alcuni studenti, gli stessi che il giorno del convegno sul diritto allo studio, durante la mia relazione, in quest'aula, hanno manifestato con cartelli nei quali mi veniva dato del ladro, i quali, mescolano con un po' troppa facilità piani diversi di discorsi, talché, ad esempio, gli avanzi di amministrazione diventano soldi che sono spariti, ecc. Poiché la Regione ha delle funzioni di vigilanza, in quanto ente delegante, credo si dovrebbe arrivare a discutere in sede di Commissione, di conferenza dei Capigruppo, in una sede che io sollecito ed esigo, per chiarire come deve operare sul piano amministrativo l'organo esecutivo per tutelare la legittima aspirazione di conoscenza dei Consiglieri.
Vorrei fare una precisazione doverosa. Comincia a non essermi più chiaro se si parla della gestione della passata Giunta municipale sugli appalti delle mense o se si parla della legge 3 gennaio nel futuro. Sono materie diverse: in campo amministrativo, ogni materia, sia pur riconducibile ad una generalità progettuale, ha una sua specificità operativa ed in quanto tale andrebbe affrontata.
La seconda postilla, nella quale possiamo anche riassumere la terza riguarda, e non vuole essere polemica, la necessità di riprendere in senso positivo - l'ordine del giorno ne fa carico la Giunta - lo sforzo di individuare i soggetti decisori di operazioni che riguardano tutti, quindi anche questo esecutivo regionale o la mia persona, ma che non possono per più che tanto; cioè accettiamo pure una collegialità, ma nel trovare le soluzioni bisognerà anche individuare delle leve precise e specifiche sulle quali sia possibile intervenire.
Concordo con quanto qui è stato detto sulla difficoltà nell'operare la riorganizzazione delle sedi universitarie nell'area metropolitana; sulla carenza, non solo edilizia, ma anche finanziaria; sulle difficoltà amministrative; sul rischio, ed in alcuni casi non solo il rischio, che docenti importanti per caratterizzare il ruolo di un'Università e per costituire un tessuto culturale, considerino altre sedi più interessanti o più affascinanti; ma devo dire che di questo deve anche risultare cosa è stato fatto e da chi, che cosa occorre fare e chi deve farlo. Su alcuni dei punti che sono stati sollevati, la Regione è in qualche modo obiettivamente interessata alla soluzione, non solo per ragioni politiche, ma anche per ragioni amministrative. Se la questione della Caserma Podgora, così come da intese, non procede: non vi sono gli appalti e neppure i fondi necessari sicuramente, una certa progettazione del Museo Regionale di Scienze Naturali incontra ed incontrerà in misura crescente degli ostacoli anche fisici; non solo, ma è chiaro che la risistemazione delle collezioni universitarie di scienze naturali diventerà sempre più complessa.
Sulla questione dell'informatica e delle biblioteche, ad oggi, il polo l'interlocutore degli universitari, è troppo la Regione e troppo poco l'Università. Non c'è dubbio, infatti, che il contributo alle Università per i propri centri di calcolo e per le proprie strutture informatiche sia uno dei più bassi d'Italia e la prima pubblicazione del catalogo collettivo dei periodici delle biblioteche universitarie piemontesi reca l'intestazione "Regione Piemonte" perché la banca dati, il lavoro necessario e financo le spese tipografiche sono state sostenute di concerto con il Ministero dei Beni Culturali dalla Regione.



PICCO Giovanni

L'Università fa parte del Consorzio.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Il contributo finanziario che l'Università è in grado di dare, per le sue difficoltà e forse anche per scelte politiche, è irrilevante e marginale.



PICCO Giovanni

Non avevate da assumere tutto quel personale e dovevate seguire una politica diversa.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Per quanto riguarda il Consorzio, non sull'edilizia universitaria credo di saperne abbastanza e credo di non essere d'accordo, anzi di essere in radicale disaccordo, con quello che dice il collega Picco, perché io non sono convinto di alcune dichiarazioni fatte anche in questa sede da altri Consiglieri del Gruppo DC in merito all'esistenza di macchine sottoutilizzate, di pletoriche dotazioni di dipendenti, ecc.



PRESIDENTE

La prego, Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Oh, perbacco! Ho trascorso otto anni lì dentro.



PRESIDENTE

E io mi trovo qui da vent'anni! Non si può continuare così per tutta la sera!



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Sono stato interrotto due volte e, valutando che il Consiglio ritiene di grande importanza una questione che avrei soltanto accennato, mi vedo costretto a dilatare questa parte dell'intervento.



PRESIDENTE

La prego, Assessore Ferrero, di rientrare nei limiti di regolamento.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Il primo limite è quello di evitare le interruzioni. Il Consigliere Picco mi ha interrotto due volte.
Posso anche sedermi, ma le questioni che sono state affrontate rimangono in piedi, soprattutto rimane la mia esigenza personale di fare i conti su queste cose con i colleghi Consiglieri, in una sede propria che verrà stabilita dagli organismi competenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la legge 590/82 che individua it Piemonte quale Regione prioritariamente interessata al primo piano di sviluppo quadriennale delle sedi universitarie richiamato l'ordine del giorno votato in Consiglio regionale in data 15/711982 che invitava ad istituire una Università policentrica nel Piemonte orientale preso atto con favore delle proposte avanzate in materia dalle Province e dai Comuni di Alessandria, Novara e Vercelli sottolineata l'importanza dell'indispensabile apporto culturale degli Atenei torinesi riafferma 1) la volontà di dare vita in Piemonte ad una seconda Università caratterizzata da una rilevante originalità nell'impianto culturale scientifico e didattico localizzata, per poli omogenei, nelle aree di Alessandria, Novara e Vercelli 2) l'esigenza che il decentramento degli attuali Atenei debba indirizzarsi verso le zone del Piemonte sud 3) l'urgenza di completare il programma edilizio che permetta una strutturazione idonea delle sedi universitarie del polo torinese.
Impegna la Giunta regionale a proseguire gli incontri con gli Enti locali piemontesi onde approfondire ed attuare gli aspetti operativi di detta proposta anche al fine di rendere possibile la partecipazione agli organismi proposti dagli Enti locali interessati, della Regione Piemonte che si avvarrà del contributo tecnico - scientifico degli Atene: piemontesi.
Impegna altresì la Giunta regionale a compiere i necessari passi verso il Governo e le rappresentanze politiche a livello parlamentare affinché si addivenga ad una sollecita soddisfacente risposta alle proposte avanzate dalla comunità piemontese, richiedendo con forza l'applicazione della legge 590/82 in via prioritaria alla nostra Regione, così come peraltro esplicitato dallo spirito e dalla lettera della legge stessa".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 31 voti favorevoli, 1 contrario e 2 astensioni.


Argomento: Condizione femminile

Ordine del giorno inerente la violenza sessuale


PRESIDENTE

Prima di passare al punto successivo informo che sono stati presentati due ordini del giorno Il primo è all'esame da parte del Parlamento dei progetti di legge contro la violenza sessuale.
Lo pongo in votazione.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, chiedo la parola per dichiarazione di voto.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Da parte della mia forza politica c'è la consapevolezza che ci apprestiamo a votare un ordine del giorno non solo in termini processuali cioè in termini di atti che devono essere compiuti, ma lo votiamo anche per il significato politico dell'iniziativa che il gruppo delle nostre ospiti ha voluto assumere.
Le bandierine sui nostri tavoli non recano scritto: "La legge subito" ma "Io, donna, quindi persona".
L'interpretazione del mio voto favorevole non tende soltanto a sollecitare un provvedimento di legge, ma a prendere posizione rispetto al problema che questa bandierina rappresenta: i reati in materia sessuale sono reati che offendono la morale, il costume e la collettività ed incidono in primo luogo e segnatamente sulla persona che ne è destinataria.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Marchini per questa precisazione.
Sono perfettamente d'accordo con quanto ha detto il Consigliere Marchini. Mi auguro che su questo tema si possa anche avviare una discussione che ritengo oltre modo necessaria.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerata l'importanza e l'urgenza del problema relativo alla normativa che si riferisce alla violenza sessuale tenuto conto che con l'anticipata chiusura della legislatura i progetti di legge presentati dalle varie forze politiche sono decaduti e devono ora seguire un nuovo iter parlamentare tenuto conto altresì che il problema ha visto recentemente un'iniziativa di legge popolare promossa dal movimento delle donne che ha raccolto 300.000 firme chiede alla Camera dei Deputati una sollecita discussione in aula delle proposte di legge e la conseguente approvazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno relativo alla crisi occupazionale alla STEFFEN-S.p.A.


PRESIDENTE

Il secondo ordine del giorno presentato è relativo alla crisi occupazionale alla STEFFEN-S.p.A.
Lo pongo in votazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la grave e perdurante situazione di crisi industriale esistente nel territorio novarese, che ha già determinato negli ultimi anni la perdita di enormi quote di occupazione; preoccupato per la decisione unilaterale della STEFFEN-S.p.A, di Arona di ridurre il personale di 70 unità, suscitando Menzione ed allarme delle autorità locali e regionali constatato che la Giunta regionale e l'Assessore al lavoro, di concerto con il sindacato di Arona, promesso più di un incontro tra le parti per un esame della situazione e per individuare margini di una possibile intesa atta alla soluzione migliore e più equa possibile della crisi constatato che il risultato dell'incontro si è però dimostrato non risolutivo poich anche nella riunione odierna la proprietà della STEFFEN ha ritenuto di non partecipare declinando ufficialmente l'invito dell'Amministrazione regionale concorda con la Giunta regionale sulla possibilità e l'utilità della richiesta di intervento del Governo per la ricerca di una soluzione adeguata, ad esempio, anche per la verifica della Possibilità di adozione di contratti di solidarietà previsti dal D.L. n. 12 del 21 /2/1984 e quindi non per un intervento per la ratifica dei licenziamene esprime la propria unanime disapprovazione per L'operato della STEFFEN che preannuncia un'azione unilaterale e che non aderisce all'iniziativa dell'autorità regionale ribadisce il proprio sostegno a tutte le ulteriori possibili azioni tendenti ad un'equa soluzione del problema invita la Giunta regionale a procedere sulla linea soprannunciata, prevedendo anche una prossima verifica presso gli organi ministeriali competenti al fine di un eventuale intervento del Governo".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Comunita' montane

Esame deliberazione relativa a: "Piano di sviluppo socio-economico ella Comunità montana Alta Langa Montana"


PRESIDENTE

Propongo ora di iscrivere all'ordine del giorno per la seduta in corso l'esame della deliberazione relativa a: "Piano di sviluppo socio-economico della Comunità montana Alta Langa Montana". Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.
Pongo pertanto in votazione tale deliberazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale visto il piano pluriennale di sviluppo socio-economico della Comunità montana 'Alta Langa Montana' visto il parere del Comitato comprensoriale competente visto il parere espresso in merito dalla I Commissione consiliare esprime parere favorevole sul piano citato in premessa redatto ai sensi della legislazione vigente fatto salvo le esigenze di variazione, aggiornamenti ed adattamenti da effettuarsi in sede di piano stralcio - derivanti dal piano regionale di sviluppo, dal piano comprensoriale e territoriale di coordinamento di cui agli, artt. 4 e seguenti della legge regionale 5/12/1977, n. 56 'Tutela ed uso del suolo' dai piani urbanistici comunali ed intercomunali, dai piani settoriali - al fine (P realizzare le necessarie compatibilità programmatiche e finanziarie".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Variazioni di bilancio

Esame deliberazione Giunta regionale n. 2-32582: "Prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1984, della somma di L. 6.118.457.897 per consentire pagamenti relativi alla gestione dei residui"


PRESIDENTE

Propongo altresì di iscrivere all'ordine del giorno l'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 2-32582: "Prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1984, della somma di L. 6.118.457.897 per consentire pagamenti relativi alla gestione dei residui".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.
Pongo pertanto in votazione tale deliberazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale visto l'art. 40 della legge regionale 29/12/1981, n. 55, concernente il prelevamento dal fondo di riserva di cassa preso atto che per taluni capitoli di .,:pesa iscritti nei bilanci 1982 e 1983, in base ai dati del preconsuntivo l'ammontare presunto dei residui passivi al 31 dicembre 1983,è stato iscritto nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 in misura non sufficiente a provvedere ai pagamenti che è necessario disporre prima dell'assestamento al bilancio 1984 ritenuto necessario di procedere all'iscrizione in aumento dell'ammontare presunto dei residui passivi, nonché delle previsioni in termini di cassa per i seguenti capitoli, nell'ammontare a fianco di ciascuno indicato: Ammontare presunto Previsioni in dei residui passivi termini di cassa Cap.n. 780 +L. 60.000.000 +L. . 60.000.000 Cap.n 2705 +L. 66.949.000 +L. 66.949.000 Cap.n 2706 +L.1.642.000.000 +L. 1.642.000.000 Cap.n 3460 +L. 36.640.000 +L. . 36.640.000 Cap.n 3560 +L. 24.310.000 +L. . 24.310.000 Cap.n 3850 +L. 49.340.000 +L. . 49.340.000 Cap.n 5080 +L. 11.425.000 +L. . 11.425.000 Cap.n 5090 +L. 15.000.000 +L. . 15.000.000 Cap.n 7721 +L. 7.295.750 +L. 7.295.750 Cap.n 7950 +L. 30.000.000 +L. 30.000.000 Cap.n 8020 +L. 20.000.000 +L. 20.000.000 Cap.n 8148 +L. 30.000.000 +L. 30.000.000 Cap.n 8200 +L. 280.009.719 +L. 280.009.719 Cap.n 11165 +L. 320.000.000 +L. 320.000.000 Cap.n 11505 +L.1.000.000.000 +L.1.000.000.000 Cap.n 12730 +L. 41.807.428 +L. 41.807.428 L.3.634.777.897 +L.3.634.777.897 vista altresì la necessità di aumentare lo stanziamento in termini di cassa dei seguenti capitoli, nell'importo a fianco di ciascuno indicato: Previsioni in termini di cassa Cap. n. 5080 +L. 10.000.000 Cap. n. 7615 +L. 228.720.000 Cap. n. 7625 +L. 2.224.960.000 L. 2.483.680.000 ritenuto di provvedere alle maggiori spese mediante prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1984 visto il parere favorevole espresso dal a Commissione consiliare permanente, delibera 1) l'incremento delle previsioni in termini di cassa per l'anno finanziario 1984 in relazione al corrispondente incremento dell'ammontare presunto dei residui passivi alla chiusura dell'esercizio finanziario 1983 relativamente ai capitoli e negli importi sotto indicati: Ammontare presunto Previsioni in dei residui passivi termini di cassa Cap.n. 780 +L. 60.000.000 +L. . 60.000.000 Cap.n 2705 +L. 66.949.000 +L. 66.949.000 Cap.n 2706 +L.1.642.000.000 +L. 1.642.000.000 Cap.n 3460 +L. 36.640.000 +L. . 36.640.000 Cap.n 3560 +L. 24.310.000 +L. . 24.310.000 Cap.n 3850 +L. 49.340.000 +L. . 49.340.000 Cap.n 5080 +L. 11.425.000 +L. . 11.425.000 Cap.n 5090 +L. 15.000.000 +L. . 15.000.000 Cap.n 7721 +L. 7.295.750 +L. 7.295.750 Cap.n 7950 +L. 30.000.000 +L. 30.000.000 Cap.n 8020 +L. 20.000.000 +L. 20.000.000 Cap.n 8148 +L. 30.000.000 +L. 30.000.000 Cap.n 8200 +L. 280.009.719 +L. 280.009.719 Cap.n 11165 +L. 320.000.000 +L. 320.000.000 Cap.n 11505 +L.1.000.000.000 +L.1.000.000.000 Cap.n 12730 +L. 41.807.428 +L. 41.807.428 L.3.634.777.897 +L.3.634.777.897 2) l'incremento pari a L. 2.483.680.000 delle previsioni in termini di cassa iscritte ai capitoli n. 5080, n. 7615 e n. 7625 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1984, nella rispettiva misura di L. 10.000.000, L. 228.720.000 e L. 2.244.960.000 3) la riduzione complessiva di L. 6.118.457.897 del fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1984 4) di autorizzare il Presidente della Giunta regionale ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Variazioni di bilancio

Esame deliberazione Giunta regionale n. 3-33140: "Secondo prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1984, della somma di L. 4.204.475.769 per consentire pagamene relativi alla gestione dei residui"


PRESIDENTE

Propongo, infine, di iscrivere all'ordine del giorno l'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 3-33140: "Secondo prelievo dal fondo di riserva di cassa: di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1984, della somma di L. 4.204.475.769 per consentire pagamenti relativi alla gestione dei residui".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.
Pongo pertanto in votazione tale deliberazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale visto l'art. 40 della legge regionale 29/12/1981, n. 55, concernente il prelevamento dal fondo di riserva di cassa preso atto che per taluni capitoli di spesa iscritti nel, bilancio 1983; in base ai dati del preconsuntivo l'ammontare presunto dei residui, passivi al 31 dicembre 1983, è stato iscritto nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 1934 in misura non sufficiente a provvedere ai pagamenti che è necessario disporre prima dell'assestamento al bilancio 1984 ritenuto necessario di procedere all'iscrizione in aumento dell'ammontare presunto dei residui passivi, nonché del :e previsioni in termini di cassa per i seguenti capitoli, nell'ammontare a fianco di ciascuno indicato: Ammontare presunto Previsioni in dei residui passivi termini di cassa Cap. n 10060 +L. 106.206.809 +L. 106.206.809 Cap. n 10105 +L. 2.321.130.364 +L. 2.321.130.364 Cap. n 10490 +L. 810.000 +L. 810.000 Cap. n 10510 +L. 745.843.150 +L. 745.843.150 Cap. n 10683 +L. 963.461.446 +L. 963.461.446 Cap. n 10684 +L. 67.024.000 +L. 67.024.000 L. 4.204.475.769 +L. 4.204.475.769 ritenuto altresì di provvedere alle maggiori spese mediante prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello 'stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1984 visto il parere favorevole espresso dalla I Commissione consiliare permanente delibera 1) l'incremento delle previsioni in termini di cassa per l'anno finanziario 1984 in relazione al corrispondente incremento dell'ammantare presunto dei residui passivi alla chiusura dell'esercizio finanziario 1983 relativamente ai capitoli e negli importi sotto indicati: Ammontare presunto Previsioni in dei residui passivi termini di cassa Cap. n 10060 +L. 106.206.809 +L. 106.206.809 Cap. n 10105 +L. 2.321.130.364 +L. 2.321.130.364 Cap. n 10490 +L. 810.000 +L. 810.000 Cap. n 10510 +L. 745.843.150 +L. 745.843.150 Cap. n 10683 +L. 963.461.446 +L. 963.461.446 Cap. n 10684 +L. 67.024.000 +L. 67.024.000 L. 4.204.475.769 +L. 4.204.475.769 2) la riduzione complessiva di L. 4.204.475.769 del fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1934 di autorizzare altresì il Presidente della Giunta regionale ad apportare con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti in aula.
Comunico infine ai presenti che il Consiglio è convocato in sessione ordinaria per il giorno 17 aprile prossimo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.30)



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