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Dettaglio seduta n.239 del 05/04/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute" non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze del 15 e 21 marzo si intendono approvati.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione dei Consiglieri Devecchi e Genovese ed interrogazione dei Consiglieri Montefalchesi e Reburdo inerenti la discarica sita presso il Comune di Pomaro Monferrato


PRESIDENTE

In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo per prime l'interrogazione dei Consiglieri Devecchi e Genovese e l'interrogazione dei Consiglieri Montefalchesi e Reburdo inerenti la discarica sita presso il Comune di Pomaro Monferrato.
Risponde ad entrambe l'Assessore Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'ambiente

Le pratiche interessanti il Comune di Pomaro Monferrato, attualmente giacenti presso l'Assessorato all'ambiente sono due.
La prima si riferisce alla domanda presentata il 14 marzo 1983 dalla ditta Quartero Ettore intesa a realizzare ed a gestire una discarica per rifiuti speciali provenienti dalle industrie dell'Alessandrino, oltre the per i rifiuti urbani del Comune di Pomaro.
In data 27 maggio 1983 il competente servizio regionale richiedeva alla ditta Quartero le integrazioni documentali necessarie per l'istruttoria della pratica.
Nello stesso tempo la Provincia di Alessandria, che aveva autorizzato la discarica in data 15 marzo 1983, ed alla quale il competente servizio regionale aveva comunicato in data 18 maggio 1983 che l'autorizzazione provinciale non poteva considerarsi valida in quanto rilasciata vigente il D.P.R. n. 915/82 che attribuisce alla Regione le competenze autorizzative comunicava alla Ditta Quartero di sospendere l'attività in attesa dell'autorizzazione regionale.
Alla richiesta di integrazioni, la ditta Quartero rispondeva nel successivo mese di giugno: considerata però la complessità del problema si rendeva necessaria la richiesta di ulteriori informazioni supplettive in data 28 novembre e 23 dicembre 1983. La ditta Quartero forniva le informazioni richieste il 13 febbraio 1984.
L'intera documentazione è attualmente all'esame del servizio competente per verificare se esistano le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione regionale.
La seconda si riferisce alla domanda presentata il 16 marzo 1983 dalla ditta Sagra di Quartero Ettore per stoccare, trattare e spandere su suolo agricolo, nel Comune di Pomaro Monferrato, i miceli prodotti dalla soc.
Farmitalia di Settimo Torinese e i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione di Genova per un quantitativo di 5.000 tonnellate all'anno di miceli e di 10.000 tonnellate all'anno di fanghi.
L'attività di smaltimento della ditta Sagra è iniziata il 3 marzo 1983 sempre su autorizzazione provinciale, e pertanto successivamente all'entrata in vigore del D.P.R. 915/82, per cui è da considerarsi "nuova" e conseguentemente non autorizzata con la deliberazione del 5 luglio 1983 assunta dalla Giunta regionale con i poteri del Consiglio. Come è noto questa deliberazione autorizzava provvisoriamente tutti coloro che esercitavano l'attività di smaltimento al tempo dell'entrata in vigore del D.P.R. 915/82, e che avevano presentato domanda di autorizzazione, a continuare la propria attività per un periodo di sei mesi, in attesa del rilascio dell'autorizzazione provvisoria nominativa.
I competenti servizi dell'Assessorato all'ambiente, considerata la notevole complessità del caso ed al fine di completare l'istruttoria della pratica, richiedevano alla ditta Sagra le necessarie integrazioni documentali in data 21 settembre e 2 novembre 1983. Essendo emerse alcune perplessità sulla caratterizzazione analitica dei fanghi, i servizi regionali richiedevano al Comune di Genova, in data 28 novembre 1983, le opportune informative.
Alla luce della procedura istruttoria, mentre le integrazioni documentali pervenute dalla ditta il 27 ottobre 1983, il 10 gennaio e il 2 febbraio 1984 risultano soddisfacenti; non altrettanto esaurienti, ma evasivi, dal punto di vista tecnico, appaiono i dati forniti dal Comune di Genova in data 7 marzo 1984.
La ditta Sagra ha, a tutt'oggi sospeso la sua attività in attesa dell'autorizzazione regionale. La precedente autorizzazione rilasciata il 7 luglio 1983 dalla Provincia di Alessandria è stata revocata il 10 agosto successivo a causa dell'inosservanza da parte della ditta di alcune prescrizioni stabilite dalla stessa Amministrazione provinciale.
L'Amministrazione provinciale di Alessandria ha confermato, il 23 settembre scorso, la revoca, ritenendo decaduta, ai sensi delle competenze regionali di cui al D.P.R. n. 915/82, l'autorizzazione precedentemente rilasciata.
Sul merito della domanda si ritiene che la Ditta Sagra possa essere autorizzata provvisoriamente a stoccare, trattare e spandere su suolo agricolo 15.000 tonnellate di fanghi della Farmitalia (come richiesto dalla ditta a modifica della precedente domanda) subordinatamente all'attuazione di un piano sperimentale di trattamento e spandimento che l'Assessorato all'ambiente intende prescrivere con l'atto autorizzativo, coinvolgendo la responsabilità della soc. Farmitalia e con l'intervento attivo dell'Ente di controllo e del laboratorio di sanità pubblica.
Si ritiene che le aree da destinare a stoccaggio siano idonee, sia dal punto di vista geologico sia dal punto di vista dell'impatto ambientale, in quanto naturalmente impermeabili e lontane da corsi d'acqua, fonti, pozzi idropotabili e abitazioni.
L'utilizzo dei fanghi della soc. Farmitalia ai fini agricoli è tecnicamente accettabile in quanto essi hanno un basso contenuto di metalli pesanti e non contengono antibiotici.
Il trattamento di compostaggio a lungo permette la loro innocuizzazione dal punto di vista igienico-sanitario e l'humificazione del prodotto.
I miceli già precedentemente stoccati, a loro volta e anche sulla base delle sperimentazioni effettuate dall'IPLA, sono da considerarsi buoni ammendanti del suolo agricolo. Il basso contenuto di antibiotici facilmente biodegradabili, viene eliminato attraverso il compostaggio in aia per almeno sei mesi.
Si suppone che la Provincia di Alessandria, nel rilasciare le due autorizzazioni, abbia inteso applicare la legge regionale 22 giugno 1979 n. 31, contenente norme integrative e di attuazione dei criteri e delle norme generali di cui al punto E), n. 2, 3 dell'art. 2 della legge 319/76 legge regionale che all'art. 4 attribuisce la competenza autorizzativa al Presidente della Giunta provinciale.
Questa disposizione è invece da intendersi implicitamente abrogata con l'entrata in vigore del D.P.R. 915/82. Di ciò è stata data a suo tempo comunicazione alla Provincia di Alessandria che ha assunto le conseguenti determinazioni.



PRESIDENTE

Ricordo che nella Conferenza dei Capigruppo si era stabilito di rispettare urgentemente i tempi stabiliti dal regolamento.
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Credo si tratti di un emblematico caso di aggressione all'ambiente.
La precedente società che in seguito si è trasformata in società Sagra ha scaricato, in violazione delle normative di legge, sostanze fortemente inquinanti.
Da qui ne è derivata una richiesta pressante degli abitanti delle zone di sospendere qualsiasi ipotesi di permesso di scarico alla ditta, ed è stato chiesto di avviare il recupero ambientale nelle zone nelle quali sono stati scaricati i rifiuti eccedenti le zone prescritte.
Si tratta quindi di fare molta attenzione nel rilasciare ulteriori autorizzazioni provvisorie anche perché ci risulta che fino a quando la Provincia di Alessandria non ha revocato l'autorizzazione, la ditta ha continuato a scaricare sostanze inquinanti senza tener conto delle denunce della locale Unità Sanitaria Locale e dei gruppi ecologisti.
Occorre anche verificare in che modo le zone del territorio inquinate eccedenti i siti, possono essere recuperate e verificare con attenzione la reale tossicità dei fanghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Cercherò di attenermi ai tempi indicati dal regolamento e ricordati dal Presidente anche se ritengo assurdo dedicare cosi poco spazio a problemi di questa rilevanza che coinvolgono la tutela dell'ambiente e che dovrebbero interessare tutti i Consiglieri. Protesto fermamente con la Presidenza del Consiglio per questo atteggiamento.
Troverò le forme regolamentari per poterne parlare in modo più diffuso e mi auguro che anche gli altri Consiglieri interroganti e interpellanti si associno alla decisione che in questo momento, a titolo personale, (credo però consenziente il mio Gruppo) ho annunciato.
Non credo si possa ritenere con l'Assesso- re Calsolaro, che la Provincia abbia inteso dare applicazione ad una legge o che il Sinda- co di Pomaro non conoscesse le leggi. Il sindaco di Pomaro appartiene al mio Partito ed è stato sospeso; ora mi auguro che non venga riabilitato dal Consiglio regionale.
Nell'Unità Sanitaria Locale di Casale c'è una violazione di legge permanente in più località che è legata a degli interessi precisi. Queste cose rendono bene. La salute della gente parrebbe contare molto di meno di quanto rendono queste cose.
E' triste dover dire questo in Consiglio regionale. Dà fastidio che i problemi vengano sollevati da pochi Consiglieri interessati che presentano interrogazioni, mentre la Giunta non adempie ai propri compiti di istituto io non posso più credere alla buona fede né della Provincia né del Sindaco di Pomaro o di Casale per tutte le cose che sono avvenute e stanno avvenendo nel territorio della mia Provincia e che compromettono gravemente l'equilibrio ambientale, con ripercussioni possibili sulla salute delle popolazioni.
La prima pratica di Quartero e quella della ditta Sagra, sempre di Quartero, sono ora giacenti in Regione per l'istruttoria.
Se ho capito bene, le autorizzazioni sono state revocate, è in corso l'istruttoria sulla base del D. 915 e l'opinione degli uffici della Regione sarebbe quella di valutare la possibilità di procedere ad una sperimentazione sul territorio e sulla "pelle" della gente per lo spandimento di 15.000 tonnellate di rifiuti che, si dice, sarebbero benefici per l'agricoltura in quanto arricchirebbero l'humus dei terreni attraverso i miceli e i residui di antibiotici in una zona impermeabile lontana dai corsi d'acqua. La zona per quel che mi risulta non è impermeabile né è lontana dai corsi d'acqua; inoltre è vicina ai pozzi a cui si attinge per l'acquedotto di Valenza poiché il Rio Grana va a finire nel Po a poche decine di metri dai pozzi dell'acquedotto del Comune di Valenza.
Mi limito a dire che per affrontare adeguatamente il problema dello smaltimento dei rifiuti, siano essi industriali, solido od urbani, la Regione dovrebbe riacquistare credibilità dando un seguito concreto alle leggi ed agli atti amministrativi assunti. E' stato approvato un piano dei siti: la Regione deve farsi garante verso le popolazioni e verso le Comunità locali di scelte precise, non all'insegna della sperimentazione per una soluzione al problema e precise garanzie alle popolazioni ed agli Enti locali.
Bisognerà pensare anche ad interventi sostitutivi se non vanno avanti le decisioni, che da lunghi anni abbiamo affidato agli enti locali e che non sono state sinora messe in atto: cioè la Regione deve prevedere poteri sostitutivi di localizzazione e di esproprio diretto delle aree, perch dobbiamo registrare, a distanza di anni, che la politica di settore non è andata avanti. La politica da attuare attraverso i consorzi non ha avuto successo e questi sono soltanto un costo secco per la Regione che non si traduce in nessuna decisione di carattere operativo.
Avevo detto all'Assessore Calsolaro che intendevo solo prendere atto della risposta e chiederne copia scritta, senza fare polemiche, ma dopo avere sentito la risposta sono preoccupato e non riesco ad essere sereno come avevo deciso prima della discussione.
Vorrei ancora dire che per quanto riguarda la tutela dell'ambiente siamo arrivati ad un punto limite; la politica della Regione è una politica di basso profilo al di là delle volontà dei singoli Assessori e forse anche della volontà collegiale della Giunta.
Non credo che questi problemi possano essere considerati in pochi minuti in assemblea e giudicati come "fissazioni" di alcuni Consiglieri regionali, i quali devono condurre battaglia "donchisciottesche" a colpi di interrogazioni ed interpellanze. Sull'inquinamento ambientale da anni inutilmente alcuni Consiglieri sollevano problemi all'interno di quest' aula. Non basta più e ci ripromettiamo, quindi, di assumere tutte le decisioni necessarie perché la Regione torni ad esercitare in modo serio i poteri di cui disporre per la tutela dell'ambiente.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza del Consigliere Ariotti inerente le discariche abusive nel Comune di Camino


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza del Consigliere Ariotti inerente le discariche abusive nel Comune di Camino.
Risponde l'Assessore Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, Assessore alla tutela dell'ambiente

L'Assessore all'ambiente è informato dell'esistenza di una discarica che potremmo definire "problematica", nel Comune di Camino, così come è a conoscenza di alcune altre situazioni particolarmente difficili, che già hanno formato oggetto di specifiche interrogazioni ad iniziativa dei singoli Consiglieri regionali.
Occorre chiarire innanzitutto che queste situazioni sono esplose in così gran numero negli ultimi tempi non tanto perché il fenomeno si sia manifestato solo di recente, quanto piuttosto perché l'entrata in vigore del DPR 915 ha messo in evidenza l'illegittimità e l'abusivismo nel quale versano alcune attività di smaltimento dei rifiuti.
Si osserva infatti che le discariche male realizzate e mal gestite sono episodi di una realtà generale molto complessa, che si trascina da anni in una Regione dove si producono mediamente alcune migliaia di tonnellate di rifiuti industriali all'anno e dove non è facile risalire con certezza alla loro destinazione finale, soprattutto per il passato.
La Regione, molto tempo prima dell'entrata in vigore del DPR 915/82, si è preoccupata del problema approvando la legge regionale 22 giugno 1979, n.
31, che regola lo smaltimento finale o non finale, diretto o indiretto, dei liquami provenienti da insediamenti produttivi sul suolo e negli strati superficiali del suolo o in ogni altro ricettore finale diverso dalle acque superficiali e dalle fognature; dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione o potabilizzazione, dei fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa, salva l'applicabilità di disposizioni integrative da impartirsi per i singoli casi.
La situazione relativa alla discarica di Camino, Regione Tagliaferro, è la seguente.
Nel mese di aprile 1983 è stata presentata alla Regione una domanda di autorizzazione per gestire (o per realizzare: la domanda non è chiara) una discarica di rifiuti speciali nel Comune di Camino da parte del sig. Pietro Vogliotti, proprietario del terreno.
Il servizio preposto all'istruttoria ha predisposto una richiesta di documenti integrativi, trasmessa all'istante il 16 maggio 1983.
Il Sig. Pietro Vogliotti ha risposto alle interrogazioni richieste in data 6 febbraio 1984; nel frattempo, però, è stata presentata una nuova domanda per la gestione della discarica in oggetto da parte della Società servizi ecologici alla quale il signor Pietro Vogliotti risulta avere affittato la discarica.
La Società servizi ecologici considera la discarica non abusiva a monte della deliberazione della Giunta regionale 5 luglio 1983 assunta con i poteri del Consiglio, a norma dell'art. 40 dello Statuto, per il rilascio di una autorizzazione provvisoria avente carattere generale fino al 16 marzo 1984, alle ditte e agli enti che avevano presentato domanda ai sensi dell'art. 6 del DPR 915 per il proseguimento delle attività inerenti lo smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 2 dello stesso DPR già in corso alla data della sua entrata in vigore.
Il Comune di Camino ha effettivamente rilasciato al signor Pietro Vogliotti un'autorizzazione di validità annuale relativamente alla discarica; questa autorizzazione però è abbastanza vaga soprattutto nei contenuti prescrittivi.
A seguito dei sopraluoghi effettuati dall'Ente di controllo, nonché dai carabinieri, il Pretore di Casale ha decretato in data 8 febbraio 1984, il sequestro della discarica.
A seguito di questi fatti, l'Assessorato ha predisposto una comunicazione di risposta alla domanda presentata dalla Società servizi ecologici nella quale - senza per ora entrare nel merito della questione se la discarica sia o meno da considerarsi abusiva ai sensi del DPR 915 e del provvedimento regionale 5 luglio 1983 - si dichiara l'impossibilità di poter procedere, allo stato attuale, al rilascio dell'autorizzazione specifica all'esercizio della di- scarica successivamente al 16 marzo 1984.
Sono comunque ribadite le perplessità relative alla gestione dell'impianto che, nella sostanza, non sembra essere stata conforme allo spirito dell'autorizzazione comunale, considerati i tipi di rifiuti che sono stati depositati nel tempo.
Si prescrive infine alla Società servizi ecologici di inviare alla Regione un complesso assai ampio di informazioni suppletive, per l'ipotesi che, nel caso in cui l'autorità giudiziaria provveda al dissequestro della discarica, si debba procedere da parte del competente servizio regionale ad un riesame della domanda ai fini di un eventuale provvedimento autorizzativo o di un suo definitivo diniego.
Si è altresì provveduto ad informare la Pretura di Casale del ritardo con cui la ditta Pietro Vogliotti aveva a suo tempo presentato alla Regione la domanda di autorizzazione prevista dal DPR 915.
L'invio di questa comunicazione si è reso possibile solo ora in quanto dall'esame delle integrazioni inviate dal Sig. Pietro Vogliotti il 6 febbraio scorso, si è potuto stabilire che la discarica era in esercizio alla data del 16 dicembre 1982 (per cui la scadenza del termine per la presentazione della domanda relativa al proseguimento dell'attività era fissata al 16 marzo 1983) e non si tratta di un nuovo impianto (nel cui caso, evidentemente, non esiste scadenza).



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Di solito queste interrogazioni nascono sotto la spinta dell'opinione pubblica che si muove perché è interessata in modo diretto e vuole proteggere la propria salute. Siamo di fronte ad una situazione che sta diventando davvero insostenibile.
Ho colto l'occasione della discarica di Camino che ha suscitato tante polemiche, che ha visto camions senza targa arrivare durante la notte preceduti da un'auto con radio trasmittente che informava sulla presenza o meno di carabinieri; cose queste abbastanza divertenti se non nascondessero gravi pericoli per la salute pubblica.
Ripeto la falsariga dell'intervento del Consigliere Genovese, il fatto è che vivendo nella stessa zona abbiamo conoscenza degli stessi problemi e purtroppo degli stessi interessi che si nascondono sotto questioni di così grande entità. Citavo già la discarica Bagna, la discarica di Pomaro avverto l'Assessore che condivido gli interventi di chi mi ha preceduto.
Proprio ieri infatti, è arrivata una sollecitazione da parte degli abitanti di Pomaro che mi chiedevano di impedire una ulteriore discarica a Pomaro sul cui territorio sono stati riversati quantitativi di fanghi ben superiori alla portata permessa. C'è davvero una situazione estremamente pericolosa. Segnala l'insolita frequenza con cui si rinnovano tentativi di insediare depositi di sostanze altamente inquinanti nella zona di Casale senza rispettare le necessarie procedure, quindi senza le dovute precauzioni.
Anch'io non credo alla buona fede di tutti coloro che dovrebbero essere preposti alla salute pubblica: di fronte ad una serie di amministratori estremamente scrupolosi dobbiamo verificare come ci siano amministratori che non usano le dovute cautele.
Mi chiedo allora che cosa si può fare: è vero che è nelle intenzioni dell'Assessorato e della Regione di procedere in tempi brevi ad uno stralcio del piano per l'individuazione dei siti, però mi chiedo se questo sarà sufficiente, perché, mentre la Regione procede e la comunità piemontese attende, bisogna constatare che non sempre gli uffici hanno un'attenzione sufficiente per i problemi specifici locali probabilmente il piano stralcio arriverà quando le situazioni saranno ancora più compromesse.
Mi permetto di fare una proposta che potrebbe facilitare soluzioni positive: dal momento che gli amministratori locali conoscono la loro zona sarebbe opportuno che l'Assessore e la Giunta, attraverso la realtà del Comprensorio delle Unità Sanitarie Locali, esercitassero una sollecitazione nei confronti di questi amministratori e, mediante un confronto con loro suscitassero intorno a questo problema una attenzione maggiore.
Tra breve presenterò un'altra interrogazione che riguarda nuovamente una località del casalese, Ponte Stura, dove vi è una discarica che da anni riceve un quantitativo di materie altamente inquinanti. Di fronte a situazioni come queste non più tollerabili, ma che richiedono anche tempi lunghi di verifica, vorrei che l'Assessorato fosse estremamente attento nel concedere altre autorizzazioni; le ditte che precedentemente hanno agito in modo scorretto, sono facilmente individuabili.
In secondo luogo ripeto l'invito agli Assessori competenti ad andare sul posto, a sollecitare gli amministratori locali ad un confronto diretto.
Usino la loro presenza per dire che la Regione non accetta situazioni così pericolose: oramai si inquinano le falde degli acquedotti, come è avvenuto a Casale.
Vivo in una zona dove quotidianamente ci si confronta su problemi di questo genere, dove le decisioni politiche sono impedite nella loro soluzione perché si pretende di rimettere al governo di realtà che devono tutelare la salute pubblica, persone che sono state sfiduciate per aver permesso discariche abusive. In situazioni così gravi mi chiedo se il dovere della Regione non sia quello di intervenire anche con mezzi straordinari.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Interrogazione dei Consiglieri Reburdo e Montefalchesi inerente l'istituzione delle Commissioni comprensoriali per la tutela dei beni culturali ed ambientali


PRESIDENTE

L'Assessore Calsolaro risponde all'interrogazione dei Consiglieri Reburdo e Montefalchesi inerente l'istituzione delle Commissioni comprensoriali per la tutela dei beni culturali ed ambientali.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'urbanistica

L'art. 91 bis della Legge regionale 56/77 è stato introdotto nella normativa sulla tutela e l'uso del suolo con la modifica di cui alla legge regionale 20 maggio 1980, n. 50.
La sezione speciale del C.U.R. è stata costituita con deliberazione della Giunta regionale 4 maggio 1982 e successivo decreto del Presidente della Giunta regionale 18 giugno 1982.
La Sezione si è riunita una sola volta, in data 18 giugno 1982.
Sia il CUR. sia la Sezione speciale di cui all'art. 91 bis, scadono a norma dell'art. 76 della legge regionale 56/77, il 17 giugno prossimo.
Sono state tempestivamente avviate, sin dal 27 febbraio 1984, ad iniziativa dell'Assessorato regionale all'urbanistica, le procedure per il rinnovo del CUR. anche perché l'interpretazione prevalente degli articoli 76, 77 e 78 della l.r. 56/77 sembra escludere la validità di un'eventuale prorogatio.
Scartata quindi l'ipotesi della prorogatio, non resta che provvedere sollecitamente al rinnovo del CUR. anche se sembra prevedibile che la sua composizione ed i compiti ad esso attribuiti possano essere quantitativamente e qualitativamente modificati, e che quindi si debba poi procedere, a tempi brevi, ad un suo ulteriore rinnovo.
In particolare, per quanto riguarda la Sezione speciale del CUR. è mia convinzione personale che così come previsto, e come l'esperienza dimostra non sia in condizione di funzionare.
Il CUR speciale, infatti è composto ai sensi dell'art. 91 bis della L.r. 56/77, da membri del CUR.
Al momento della presentazione del disegno di legge che prevedeva l'istituzione del CUR speciale erano giacenti presso il CUR 50 pratiche oltre a 25 in attesa di delibera. Oggi le pratiche giacenti presso i CUR sono 127 oltre a 120 in attesa di delibera. I membri del CUR. alla loro volta nominati membri del CUR speciale, sono - ad eccezione del Soprintendente ai beni monumentali ed ambientali e del Soprintendente al patrimonio archeologico, e del capo servizio del CUR. che a sua volta presiede il CUR ristretto - sovraccarichi del lavoro necessario per l'esame degli strumenti urbanistici e non possono essere distolti da queste funzioni, pena un ulteriore ingorgo delle procedure di esame e di approvazione dei P.R.G. e delle altre pratiche urbanistiche.
Sarebbe forse più opportuno che in sede di modifica della legge 56/77 il cosiddetto CUR speciale venisse sostituito da una Commissione regionale per l'esercizio dei poteri trasferiti ai sensi dell'art. 82 del D.P.R. n.
616/77, presieduta dall'Assessore regionale delegato alla tutela dei beni ambientali e composta - ad eccezione dei due Sovrintendenti - da membri estranei al CUR.
Ciò non toglie che in occasione del rinnovo del CUR si proceda anche alla nomina del Presidente della sezione speciale del CUR in attesa della riforma che potrà essere introdotta in occasione della Legge 56.
Il CUR plenario si riunisce due volte al mese ed esamina in media da 15 a 18 piani per seduta, di cui alcuni intercomunali. Il CUR ristretto si riunisce una volta al mese ed avvia in ogni riunione da 30 a 40 pratiche il che vuol dire circa 60/70 pratiche al mese complessivamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

E' un problema non di poco conto in quanto si tratta di far funzionare gli strumenti che la Regione si è data per integrare gli elenchi delle zone sottoposte a tutela a norma della legge 1497, sulle bellezze naturali.
E' cresciuta una forte sensibilità nella nostra Regione e nella popolazione rispetto alla tutela dell'ambiente e della salute, che evidenza e denuncia sempre di più spesso atti di aggressione al territorio. Questo necessita di una risposta adeguata da parte della Regione per la tutela di zone che rischiano di essere aggredite e deturpate da interessi che nulla hanno a che fare con la salvaguardia dell'ambiente e con le caratteristiche paesaggistiche e ambientali delle zone.
Il fatto che la sezione preposta ad integrare gli elenchi non funzioni è estremamente negativo, di cui non possiamo non tenere conto e di cui la Giunta e le forze politiche debbono fatti carico.
Prendo atto della risposta dell'Assessore e gli chiedo di presentare nell'ambito delle modifiche alla legge regionale 56, che sono in discussione presso la II Commissione, un emendamento che risolva questo problema e che istituisca un organismo funzionante realmente e non soltanto sulla carta perché purtroppo da questo punto di vista la Regione è gravemente inadempiente.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione del Consigliere Mointefalchesi inerente la discarica di rifiuti urbani della Ditta SPAIC a Monteu Roero


PRESIDENTE

L'Assessore Calsolaro risponde ancora all'interrogazione del Consigliere Montefalchesi inerente la discarica di rifiuti urbani della Ditta SPAIC a Monteu Roero.



CALSOLARO Corrado, Assessore agli scarichi industriali

La Giunta regionale, con deliberazione in data 26 marzo 1984, ha sospeso, fino al 31 maggio prossimo, l'attività di installazione e di gestione della discarica di rifiuti urbani e speciali sita nel Comune di Monteu Roero, svolta dalla ditta SPAIC, a seguito della nota del 15 marzo dell'Amministrazione provinciale di Cuneo con cui veniva trasmessa copia della relazione concernente il sopraluogo effettuato in data 7 marzo dagli Enti di controllo, alla discarica di Monteu Roero dal quale sono risultate numerose carenze in ordine alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione regionale.
Alla scadenza del periodo di sospensione l'Ente di controllo dovrà verificare l'avvenuto adempimento da parte della ditta Spaic delle prescrizioni contenute nella deliberazione, dandone comunicazione alla Regione.
In caso di ulteriore inadempimento, la Regione potrà adottare il provvedimento di revoca dell'autorizzazione con l'eventuale e conseguente applicazione delle relative sanzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Prendo atto con favore della risposta dell'Assessore rispetto a questo problema. Voglio riallacciarmi alle considerazioni fatte precedentemente da altri Consiglieri, in particolare dai colleghi Genovese ed Ariotti.
Dobbiamo decidere se sulla questione delle discariche dedichiamo metà del tempo spettante alle interrogazioni e interpellanze, come sta succedendo questa mattina, o se vogliamo affrontare diversamente questo problema.
E' cresciuta una forte sensibilità nella popolazione verso il problema della tutela della salute che si riflette anche in quest'aula.
Dobbiamo comunque prendere atto, a seguito delle notizie di questi giorni, che fino ad oggi c'è stata una crescente aggressione al territorio ed all'ambiente attraverso lo scarico incontrollato di rifiuti.
Prendiamo atto che una serie di strumenti, in particolare i servizi di igiene ambientale delle Unità Sanitarie Locali, sono ancora estremamente carenti di personale e quindi non riescono a svolgere adeguatamente il ruolo di controllo; prendiamo atto con sconforto che la Regione non è a conoscenza del numero delle discariche e della loro regolarità o meno con quanto prescrive la legge, altrimenti non si capirebbe perché vengono tollerate queste situazioni.
Non credo che la strada giusta sia soltanto quella delle interrogazioni ed interpellanze. La Giunta regionale attivando gli strumenti che ha (Comprensori e Unità Sanitarie Locali) deve disporre di un quadro completo delle discariche presenti sul territorio piemontese e verificarne la regolarità con le prescrizioni di legge. Su questa base in tempi rapidi la VII Commissione potrà aprire una discussione nel merito.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Parchi e riserve

Interrogazione dei Consiglieri Marchini, Gerini e Turbiglio, inerente il programma di fabbricazione del Comune di Ceresole Reale


PRESIDENTE

Esaminiamo infine l'interrogazione dei Consiglieri Marchini, Turbiglio inerente sul programma di fabbricazione del Comune di Ceresole Reale.
Risponde l'Assessore Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, Assessore all'urbanistica

Non so se rispondano a verità le notizie apparse sul numero di marzo 1984 del Bollettino della Pro-Natura relative alla seduta del CUR che ha esaminato, fra gli altri argomenti, le controdeduzioni del Comune di Ceresole Reale sulla variante al programma di fabbricazione, in quanto non l'ho letto. Comunque, la variante adottata dal Comune di Ceresole Reale prevedeva, fra l'altro, l'attivazione di un secondo impianto di risalita.
Questo impianto presentava due aspetti: uno urbanistico territoriale connesso al complesso del problema di questa parte di valle; l'altro di tutela ambientale connesso all'ampliamento del Parco del Gran Paradiso.
Sul primo aspetto è stato fatto rilevare che l'impianto può essere considerato elemento strutturale tale da poter attivare l'economia turistica del sito in ambito pluristagionale, altrimenti limitato alle sole escursioni estive.
Lo schema di piano territoriale comprensoriale infatti prevede il potenziamento dell'impianto di Chiapili. L'attrezzatura del resto, gode del consenso della Comunità montana Valle Orco e Soana, espressa con deliberazione del 7 novembre 1981, in quanto conforme al Piano di sviluppo della Comunità montana adottato il 22 marzo 1980 ed approvato il 1 febbraio 1982 che prevede il potenziamento dell'impianto di risalita.
L'attrezzatura integra un impianto esistente, con la previsione della dotazione di un'ampia area a servizi da attrezzarsi opportunamente, senza prevedere nuovi insediamenti residenziali.
Sul secondo aspetto, quello di tutela ambientale, è stato rilevato che l'impianto progettato si colloca sul versante territoriale dotato di conifere rade e spazi liberi, e consisterebbe in una seggiovia biposto di 1.000 metri che si può valutare comporti un impatto marginale sull'ambiente.
E' stato ricordato che l'Amministrazione del parco, che si è espressa in senso contrario al progettato impianto, avrebbe sempre potuto avvalersi del "diritto di veto" alla sua realizzazione che la legge e le norme in materia le attribuiscono.
La proposta dei relatori era pertanto quella di approvare la variante specifica al programma di fabbricazione del Comune di Ceresole Reale in fase di controdeduzioni in quanto coerente con le indicazioni dello schema di piano territoriale e del piano di sviluppo della Comunità montana.
Su questa relazione, sia io sia l'Assessore Cerutti abbiamo espresso parere favorevole; mentre il CUR è stato, a maggioranza, di avviso contrario richiedendo lo stralcio dell'area ed il ritorno alla primitiva destinazione d'uso.
Il parere del CUR ha carattere preventivo, e solo successivamente la Giunta esamina gli atti e gli strumenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Cercherò di interpretare l'orientamento che è emerso nella conferenza dei Capigruppo di procedere per una revisione dei nostri tempi di lavoro più che al rispetto ad elementi di tipo temporale.
La risposta dell'Assessore, meramente notarili, lascia trasparire quanto già è stato indicato da altri colleghi e cioè che l'attenzione ai problemi dell'ambiente da parte di questa Giunta sta scemando e tutta l'attività in materia è di gran basso profilo. Una Regione che è stata all'avanguardia sul problema del territorio, dei parchi naturali dell'ambiente, non dovrebbe allinearsi in termini controculturali dichiarando proprie disponibilità e riconoscendo valenza infrastrutturale a strutture che questa valenza hanno dimostrato ampiamente di non avere.
Ceresole Reale ha una propria vocazione che va approfondita come tale.
E' inutile, a mio modo di vedere anche da un punto di vista socio economico, inserire elementi che squilibrano addirittura la caratteristica della piana di Ceresole Reale. Cogne non è ricca di impianti di risalita e non ha che un modestissimo skilift eppure è la zona più frequentata della Valle d'Aosta.
Intendo dire che è la zona più ricca di targhe automobilistiche diverse. Cogne è frequentata d'inverno e d'estate da turisti che vengono da tutto il mondo e da tutte le province d'Italia. Questo sta ad indicare che un ambiente, anche non strutturato secondo la moda corrente del turismo da pista e dello sci da pista, qualora veda valorizzate appieno le sue vocazioni, come potrebbe essere nel caso di Ceresole Reale, può certamente essere un elemento di polarizzazione turistica superiore, non solo dal punto di vista qualitativo ma anche quantitativo rispetto ad altre strutture.
Il voler inserire comunque impianti di altra natura in un'area che non ne ha vocazione è evidentemente un elemento di sottocultura turistica o meglio, di cultura turistica di ritorno.
L'Assessore non ha risposto alla prima parte della nostra interrogazione in cui si chiedeva se rispondesse a verità quanto affermato nel numero di Pro Natura Piemonte del marzo 1984, perché evidentemente l'Assessore non lo conosce. Gliene farò pervenire una copia.
Chiederò all'Assessore di tutelare l'onorabilità sua in quanto espressione della Regione rispetto ai giudizi che in quegli articoli vengono espressi. Andremo poi in un pubblico dibattito a verificare se certi comportamenti sono stati tenuti o meno. Quando parlo di basso profilo da questo punto di vista tenuto da questo Giunta, anticipo per esempio che è presente sui banchi della Giunta una nostra interrogazione sulla vicenda di Viverone in cui si verifica un palleggio di lettere di diffida: c'è l'Assessore al territorio che diffida il Comune di Viverone a realizzare un porto turistico, c'è una diffida della Giunta da parte dello stesso Assessore a dare il contributo; c'è la diffida dell'Assessore al territorio all'Assessore ai trasporti a dare il contributo (l'Assessore ai trasporti dà il contributo e il Comune realizza il porticciolo). Sono convinto anch'io che bisogna recuperare tensione politica ed ideale su questo problema; mi rendo anche conto che la responsabilità non è solo della Giunta ma è anche del Consiglio e dell'assemblea nel suo complesso. Mi sembra giusto quanto è stato suggerito dal collega Montefalchesi che su questa materia si cerchi di recuperare spazio e capacità di iniziativa politica e culturale e probabilmente la ricerca di qualche occasione di meditazione e di riflessione, magari attraverso una serie di consultazioni che potrebbero portare ad un convegno o a un dibattito in aula su questi argomenti è il modo con cui potremo uscire da una situazione che lascia tutti molto imbarazzati.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Mancata risposta ad interrogazioni


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.



SARTORIS Riccardo

Nell'elenco delle interrogazioni al primo posto c'era una mia interrogazione riguardante gli Istituti autonomi case popolari. Chiedo giustificazione sul perché a questa interrogazione non viene risposto.



PRESIDENTE

Il motivo è che l'Assessore Bruciamacchie è in congedo.
Desidero però precisare, senza entrare nel merito dell'intervento del collega Genovese, che nel corso della riunione dei Capigruppo del 3 aprile scorso si è convenuto di raccomandare a tutti, Giunta e Consiglieri, di attenersi scrupolosamente al regolamento del Consiglio per quanto concerne la durata degli interventi; infatti, ai sensi dell'art. 59 del regolamento ricordo che in via ordinaria la durata di ogni intervento sia dei singoli Consiglieri che della Giunta non può superare i 10 minuti. Tale limite è elevato a 30 minuti per le relazioni e la replica della Giunta ed a 20 minuti per gli interventi nella discussione generale sui progetti di legge.
Il limite viene ridotto a 5 minuti per le repliche degli interpellanti e degli interroganti alle risposte della Giunta e per gli interventi relativi ai programmi dei lavori all'ordine del giorno del Consiglio, alle questioni procedurali e per l'illustrazione degli emendamenti.
Se i Gruppi consiliari intendono proporre una modifica al regolamento possono farlo. Alla Presidenza del Consiglio non resta altro che attenersi scrupolosamente all'applicazione delle norme che sono in vigore, questo evidentemente nell'interesse di tutti.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Genovese. Ne ha facoltà.



GENOVESE Piero Arturo

Chiedo la parola solo per precisare che non intendevamo non rispettare i termini regolamentari e l'abbiamo fatto presente. C'era e rimane un problema di sensibilità del Consiglio, ed anche dell'Ufficio di Presidenza: quello di comprendere che gli argomenti che vengono in discussione non sono tutti uguali. Il modo con cui l'appunto è stato fatto ci sembra di scarso rispetto nei confronti dei Consiglieri.
Per questo ci siamo permessi di farlo presente. Ci sono i regolamenti ma ci sono anche le regole del buon senso ed i rapporti umani che in qualche misura devono essere salvaguardati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Questa mattina nel rispondere alle interrogazioni si sono inseriti argomenti di particolare interesse.
Poiché l'argomento che è stato discusso non si limita alla sola interrogazione, il Consiglio regionale dovrà approfondirlo inscrivendone la discussione all'ordine del giorno. Altrimenti sembrerebbe che alcune forze politiche siano attente a queste questioni e altre assenti. Questo non è corretto né nei confronti di una parte politica, né nei confronti del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Vorrei ricordare al collega Moretti che il regolamento prevede anche strumenti diversi dalle interrogazioni e dalle interpellanze per chiedere un dibattito che interessa .tutto il Consiglio regionale: si tratta di utilizzare la mozione o gli ordini del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Vi è una interrogazione urgente che riguardava il finanziamento della XV giornata degli Stati Generali d'Europa che si terrà la prossima settimana che non ha avuto risposta.



PRESIDENTE

Nel corso della giornata, se arriverà il Presidente, lo pregheremo di rispondere, data l'imminenza della manifestazione.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Astengo, Bruciamacchie, Cerchio, Mignone e Turbiglio.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 386: "Diritto allo studio", presentato dalla Giunta regionale in data 28 marzo 1984, assegnato alle Commissioni VI in sede referente e I in sede consultiva in data 4 aprile 1984 N. 387: "Modifiche alla legge regionale 21/1/1980 n. 3 e successive modificazioni - Disciplina degli organi istituzionali del servizio sanitario regionale e norme transitorie", presentato dalla Giunta regionale in data 28 marzo 1984, assegnato alle Commissioni I e V in sede referente in data 30 marzo 1984 N. 388: "Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 27/4/1978 n. 20 relativa a: 'Norme per la formazione e l'approvazione dei piani zonali di sviluppo agricolo'", presentato dai Consiglieri Lombardi, Acotto Chiabrando, Gerini, Gastaldi, Ferro, Penasso e Giorsetti in data 2 aprile 1984, assegnato alla III Commissione in data 2 aprile 1984 N. 389: "Provvedimenti per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della produttività nel settore dell'artigianato", presentato dalla Giunta regionale in data 2 aprile 1984, assegnato alle Commissioni IV in sede referente e I in sede consultiva in data 4 aprile 1984.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 16 febbraio 1984 relativa a: "Norme di attuazione della legge 29 maggio 1982, n. 308 'Interventi in materia di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di energia" Nell'occasione il Governo ha osservato che l'art. 3, ultimo comma, contiene un riferimento errato all'art. 9, in quanto si tratta dell'art. 8 alla legge regionale del 16 febbraio 1984 relativa a: "Legge generale in materia di opere e lavori pubblici" alla legge regionale del 23 febbraio 1984 relativa a: "Modifica all'art. 1 della legge regionale 17/10/1979 n. 60 (Norme per la tutela della fauna e la disciplina della caccia)".


Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 13 15, 20, 22, 27 e 29 marzo 1984 - in attuazione dell'art. 7, primo comma della legge regionale 6/11/1978 n. 68 - concernenti la materia oggetto della legge sono depositate ed a disposizione presso il Servizio Aula.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Boschi e foreste

Esame testo unificato dei progetti di legge n. 92-141-180-228-259-275 : "Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/10/1978 n. 63 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto all'ordine del giorno: "Esame testo unificato dei progetti di legge nn. 92, 141, 180, 228, 259, 275: Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 12/10/1978 n. 63 'Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste'".
La parola al relatore, Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico, relatore

La legge 63/78 sarebbe dovuta essere, nelle intenzioni, l'unica legge di spesa della Regione Piemonte a favore dell'agricoltura: si sarebbe dovuto, cioè, prevedere in essa tutte le attività o direttamente agricole o connesse con l'agricoltura, meritevoli di essere agevolate o attuate dalle Regioni con capitali propri o derivati da stanziamenti statali.
Soltanto le leggi di spesa per l'attuazione dei regolamenti CEE dovevano stare fuori di essa. E, a parte la valutazione su alcune scelte si deve dire che, per quei tempi, non aveva deluso, tanto che aveva ricevuto le lodi dell'allora Ministro dell'agricoltura, il compianto senatore Marcora.
Una legge agricola però non può rimanere invariata ma necessita di continui e frequenti aggiustamenti, perché l'agricoltura è un settore in continua e rapida evoluzione.
Il problema base dell'agricoltura di tutti i tempi è quello del reddito: tutti gli altri problemi che la toccano (l'occupazione, il miglioramento delle tecniche, l'aumento della produzione, l'uso del territorio, la stessa programmazione regionale), diventano funzioni di quello o ne sono condizionati.
E il reddito agricolo non è proporzionato automaticamente né alla spesa per la produzione, né all'inflazione, e non è predeterminato dal CIP (le maratone che si ripetono tutte le volte che la CEE deve stabilire i prezzi d'intervento ne sono la dimostrazione).
Esso è legato solo al mercato, che è per le esigenze del consumatore e per le sue distorsioni, dipendenti in parte dalla debolezza dell'agricoltore ed in parte dalla forza del commerciante, estremamente variabile e di difficile prevalutazione.
Per questo, mentre è facile fare l'agricoltore, è difficile sapere adeguare l'attività agricola, l'uso delle tecniche, programmare là quantità e la qualità della produzione, ecc, in funzione dell'aumento del reddito; è difficile cioè essere un vero imprenditore agricolo.
Tocca all'ente pubblico aiutare ad orientare e indirizzare le scelte gestionali delle aziende, perché è più facile per tale ente, per le sue connessioni con i vari istituti di ricerca, di statistica, di mercato, ecc intraregionale ed extraregionali, consigliare il giusto uso delle tecniche delle colture e della produzione agricola.
Uno dei mezzi in mano all'ente pubblico per attuare questo compito è la legge. Garantire un reddito sufficiente e sicuro all'agricoltore, diventa poi utile non solo all'agricoltore, ma anche alla collettività, soprattutto in periodi di crisi economica.
L'agricoltura non è infatti un settore marginale e chiuso in se stesso: essa è un nucleo che lega e condiziona altri settori che le stanno a monte e a valle (con i suoi 180.000 addetti in Piemonte garantisce occupazione nelle industrie meccaniche, chimiche, ecc, a monte e in quelle alimentari di trasformazione a valle) e potrebbe diventare di conseguenza, in periodi economicamente difficili, un volano che ammortizza e attutisce la crisi di altri settori.
E' logico però che una legge, prevedendo nuovi interventi, impegni la Regione a nuovi capitali di spesa. Anche se ciò sembra illogico e non giustificabile in un periodo di difficoltà finanziaria, come è l'attuale in pratica non lo è per la 63/78.
Già all'inizio nel 1978, la 63 aveva precisato all'art. 5 che "i massimali di spesa..., gli importi di premi ed altri incentivi possono essere modificati dalla Giunta regionale", aveva precisato cioè di poter cancellare, e variare l'entità degli interventi e adeguarli alle necessità del momento, rendendo possibile, pur aumentando in numero gli interventi ottenere gli stessi vantaggi senza aumentare l'entità della spesa.
Per i motivi predetti una legge agricola deve essere soggetta a frequenti modifiche ed aggiornamenti.
Siamo con questa legge, in 5 anni, alla quarta modifica della 63/78.
Essa è, tra quelle finora proposte ed approvate, la più ricca sia d'interventi nuovi, sia di scelte politiche nuove.
Tra le più importanti si devono evidenziare: A) Interventi a favore del part-time agricolo di collina e montagna. Il part-time agricolo è ormai una realtà che si impone sia per la sua estensione, sia perché è già oggetto di regolamentazioni e di legislazioni nazionali ed estere. Quello poi in collina e montagna può diventare un rimedio al degrado, allo spopolamento ed all'abbandono di tale territorio.
B) Calcolo per la concessione dei benefici del reddito da capitale e da lavoro extragricolo. Questa realtà non è solo la conseguenza della crisi economica che non permette di soddisfare tutte le richieste di finanziamento agricolo, ma anche della convinzione che tali richieste anche se dimostrano la volontà dei produttori agricoli di migliorare le proprie aziende, non sempre sono dettate dalla impossibilità di farlo senza l'accesso ai contributi regionali.
L'esperienza dice infatti che il risparmio, specie nelle aziende più grandi e con zone agricole di più alto reddito, va verso investimenti più remunerativi finanziari o speculativi e non è utilizzato per il miglioramento delle proprie aziende che viene invece richiesto e preteso dall'aiuto dell'ente pubblico.
C) Interrompere la ricezione delle domande di credito agevolato. E' la prima volta che una legge regionale afferma una tale possibilità. E' una disposizione, questa, che, anche se apparentemente di poco conto, pu diventare molto importante.
I documenti di bilancio dell'area agricola ci dicono che, mentre diminuiscono i capitali disponibili, le domande di intervento aumentano. Si crea così una sproporzione tra richieste e concessioni sempre più incolmabile, che provoca, da una parte, per gli spostamenti ad anni successivi e per l'inflazione, diminuzione dei vantaggi e della utilità delle concessioni stesse, scontento ed illusione negli agricoltori prima e la convinzione poi che la Regione è un ente che promette e non mantiene; e dall'altra, uno stato di passività latente sul bilancio dell'agricoltura che impegnerà anche le amministrazioni future.
Ne sono un'eloquente dimostrazione le pagine della "Guida alla lettura del bilancio", dalle quali si ricava che, delle domande presentate entro il settembre 1983 e non ancora finanziate (914 miliardi) può essere coperto nel bilancio 1983 solo il 30/40%.
D) Leasing. E' un'alternativa al credito abituale, che ha ormai raggiunto una estensione ed un'applicazione in tutti i settori economici.
Certamente utile alle cooperative e alle società agricole perch rapidamente concedibile (perché senza richiedere ipoteche od altre misure di garanzia del credito, e perché, rientrando nelle spese di gestione potrà essere coperto dai contributi pubblici), sarà poco utilizzabile da parte degli imprenditori agricoli singoli sia perché essi sono tradizionalisti (preferiscono la proprietà delle macchine e delle strutture) e sia il particolare e discutibile sistema di tassazione attuale sul reddito agricolo (indipendente dal reddito reale) non permette la detrazione delle quote del leasing. Ciò nonostante una legge agricola generale deve prevedere la possibilità di un suo utilizzo per tutti e per tutte le fonti di servizio agricolo (strutture, macchine, bestiame da riproduzione, terreni, ecc.).
E) Altri interventi.
1) Nel campo creditizio e della fidejussione: distribuzione delle capitalizzazioni degli interessi per mutui per investimenti in strutture e colture negli anni che precedono la produzione ed il reddito. Integrazioni di finanziamenti concessi dalla BEI e dal FRCE; fidejussione ai prestiti per il ripiano delle passività onerose delle cooperative; aiuti ai consorzi per la concessione di fidejussione.
2) Disposizioni per l'attuazione dei regolamenti CEE (il finanziamento è lasciato alla legge di bilancio).
3) Interventi per progetti integrati interessanti più aziende.
4) Aiuti alla cooperazione: intervento straordinario e con le dovute garanzie per il ripiano delle passività onerose di cooperative della 285 e delle altre cooperative, non coperto coi fondi della legge statale.
5) Aiuti nel settore della forestazione per il miglioramento dei boschi e la trasformazione dei boschi cedui in boschi a fustaia o a frutto.
6) Partecipazioni a istituzioni per la ricerca.
7) Aiuti alla tenuta della contabilità agraria.
L'attuale testo raccoglie il frutto delle esperienze dell'Assessorato maturato nei continui contatti con il mondo agricolo, accoglie le proposte migliori dei progetti di legge del P.S.I. e della D.C. e migliora ed arricchisce, dopo discussioni competenti e precise in Commissione l'iniziale disegno di legge della Giunta.
E' stata approvata a maggioranza in commissione e si propone al Consiglio non perché venga approvato così com'è, ma per la discussione e perché possa essere migliorato con elementi provenienti da chi ha competenze più specifiche in altri settori; perché come ho detto all'inizio, l'agricoltura deve giocare un ruolo nuovo nella crisi economica attuale, perché essa è un volano che può ammortizzare o cooperare a ridurre la crisi di altri settori.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale sulla relazione del Consigliere Gastaldi.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Gerini. Ne ha facoltà.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, innanzitutto prendiamo atto della volontà della Giunta e della III Commissione di avere stralciato la materia che inerisce il riconoscimento delle qualifiche di coltivatore diretto ed imprenditore agricolo a titolo principale, le cui modifiche erano inizialmente scritte e comprese nel testo che andiamo a discutere come prendiamo atto della decisione di sopprimere l'art.11 che integrava la legge regionale 27 aprile 1978, n. 2O, che attiene alle procedure per la formazione e l'approvazione dei piani zonali di sviluppo agricolo e che sarà oggetto per questo ultimo provvedimento di una apposita proposta di legge da approvare a latere della legge che ci occupa.
Si rischiava di appesantire ulteriormente questo testo già unificato per sconfinare poi dalla materia che attiene strettamente alle modifiche della legge 63, e lo avremmo fatto con grande confusione, proprio come capitava al Governo centrale quando, qualche tempo fa, approvava a fine anno quei "Decretoni" dove c'è tutto e di tutto.
Dicevo prima dello stralcio e della discussione autonoma che si farà dell'Albo Professionale degli imprenditori agricoli, la revisione quindi si impone e non va ritardata: deve essere riproposta con un testo più aderente ai disposti comunitari e nazionali che tenda ad eliminare i punti che contrastano i principi di una libera imprenditorialità e che colmi le lacune che in qualche modo limitano, ma una completa operatività dell'Albo stesso. C'è a proposito un contributo pervenuto qualche mese fa a tutti i Gruppi consiliari, dalla Federazione regionale degli agricoltori, un contributo di chiarezza, che la proposta di legge di quella Federazione esprime che rende più completo ed efficace lo strumento dell'Albo professionale, Albo che fino ad ora, mi pare, non abbia realizzato la professionalità in agricoltura, ma abbia invece fornito una definizione burocratica dell'imprenditorialità.
La realtà odierna mette in luce nuove figure di operatori agricoli che sono soprattutto le persone giuridiche le quali sono in grado di convogliare nel settore primario quelle componenti che svolgono un nuovo ed importante ruolo per lo sviluppo e la rigenerazione dell'agricoltura reperendo, infine, nuove risorse.
Più presto faremo a varare le norme stralciate, più presto metteremo in grado i soggetti dell'Albo a rivolgersi alla legge 63 che si rinnova, si modifica e si integra.
Queste modifiche alla legge base dell'agricoltura piemontese contenute nei vari progetti, poi unificati, integrano e rinnovano una normativa che era nata per cancellare i provvedimenti di carattere congiunturale di tipo assistenziale e non finalizzate.
Infatti, molte volte in passato, l'assistenzialismo era elemento caratterizzante e anche ispiratore degli interventi in favore dell'agricoltura, ma che sovente penalizzava le vere capacità imprenditoriali dei produttori.
Dal punto di vista della tecnica legislativa abbiamo dubbi e riserve sul sistema di apportare troppo sovente modifiche a testi di legge già emendati e che abbracciano un numero elevato di settori di campi di azione modifiche che creano nel corpo della legge notevoli problemi interpretativi. Si pensi che la legge n. 63 dall'ottobre del 1978, in cinque anni ha subito tre modifiche; forse era il caso di riscriverla in toto, in quanto gli interessati a dover leggere, per esempio: "...
all'articolo tale sono aggiunti i seguenti commi...; all'articolo tal'altro le parole di cui all'ultima linea sono soppresse; ancora alla fine dell'articolo sono aggiunte le seguenti parole....; oppure, all'articolo X comma X, il punto ipsilon è così sostituito ..., e via discorrendo".
Occorrerà quindi, Assessore Ferraris, che venga stampato un altro libretto verde, con precisi richiami ed illustrazioni. Le modifiche introdotte contengono anche alcuni elementi positivi che si riconoscono in nuovi istituti e tipi di intervento che vanno dal leasing, al part-time, alla forestazione e che il relatore ha minuziosamente indicati e commentati.
Analizziamo ora brevemente i principali contenuti dei principali articoli del testo.
All'art. 2 permane anche se temporale, una contraddizione; se accettabile, come lo è l'impostazione tecnico-politica di ancorare gli interventi ex lege al Piano regionale di sviluppo, dobbiamo dire subito che ora come ora, il Piano non c'è ancora e non esiste.
Per quanto riguarda l'estensione delle agevolazioni pubbliche ai cosiddetti agricoltori part-time, siamo consenzienti perché la risposta riconosce l'importanza di una figura relativamente recente, ma ormai radicata e diffusa nel panorama agricolo del Piemonte. Non condividiamo però le restrizioni indicate nel porre il limite della necessaria assenza di manodopera dipendente e ancora di voler stabilire la consistenza minima e massima delle aziende agricole.
Proporrò nel corso della votazione un emendamento ad hoc.
C'è poi al punto 3 una scelta politica di una certa gravità che non ci soddisfa, è quella relativa ai criteri della non ammissibilità ai finanziamenti per investimenti fondiari ed agrari di imprenditori agricoli.
E' una scelta (come è stato scritto da alcune organizzazioni) illegittima e che viola l'art. 7 della legge 987 (la legge quadrifoglio) che nell'indicare tassativamente i beneficiari dei finanziamenti, non ammette discriminazioni all'interno degli stessi. Non si favoriscono e si mortificano quindi operatori in grado di apportare un elevato tasso di professionalità e di imprenditorialità.
Positiva è la migliore articolazione degli interventi a favore degli impianti per la produzione di energia delle fonti rinnovabili, ma poich ravvisiamo urgente da parte della Regione la dotazione degli strumenti amministrativi necessari per l'attuazione della legge 308, per rendere attuabili gli interventi previsti, rileviamo che, forse per una maggiore speditezza, era sufficiente l'adozione di una deliberazione.
Agli articoli 6 e 7 la nuova versione della legge 63 continua a privilegiare nelle agevolazioni le cooperative, anzi, aumenta il numero degli interventi a favore. E' il caso, all'art. 6 delle cooperative giovanili che hanno già dato risultati ampiamente negativi e che, nonostan te ciò, si continua ad incentivare in modo sempre più demagogico.
A nostro parere andranno oculatamente sostenute quelle cooperative della legge 285, che sono obiettivamente in grado di potersi inserire con risultati nel panorama produttivo.
E' appena il caso di dire che su circa 360 cooperative di giovani costituite nel 1982, in base alla legge 285, oltre 230 risulterebbero inattive.
Per quanto riguarda il ripiano delle passività onerose, occorre fare attenzione circa l'uso di questo strumento in quanto già da tempo la Commissione CEE ha dichiarato incompatibili con il Mercato Comune queste misure in quanto influiscono direttamente sui costi di produzione e sui prezzi di vendita dei prodotti e concretano così inammissibili ipotesi di aiuto al funzionamento delle cooperative agendo in modo pregiudizievole sulla concorrenza e sugli scambi intercomunitari.
Se tale normativa può consentire un modesto ristoro alle difficoltà incontrate dai produttori, tuttavia non appare in condizioni di attivare un processo di ripresa per i settori disciplinati.
C'è una crisi in atto del tutto evidente nel mondo agricolo e le spinte demagogiche concorrono ad influenzarlo ancora più negativamente.
Così ribadiamo il nostro punto di vista negativo su finanziamenti eccessivi, almeno rispetto alle possibilità, verso quelle "forme aggregate di comodo" che non hanno reali prospettive di reale imprenditorialità e che vanno a scapito di aziende singole che vengono a perdere competitività per mancanza di erogazione. La cooperazione ad ogni costo non è necessaria mentre riteniamo necessaria la cooperazione valida, efficiente, gestita con criteri imprenditoriali. Oltretutto in questo periodo di vacche magre per l'agricoltura, con scarse disponibilità di fondi a disposizione, i contributi regionali e più in generale i soldi pubblici che vengono richiesti, non sono un diritto da "pretendere", ma un aiuto da chiedere dopo aver dimostrato il fondamento economico e produttivo.
Dopo questo intervento che era teso a mettere in luce a nostro parere forse i lati più negativi delle modifiche della legge 63, rimaniamo perplessi sulla valutazione complessiva del testo e ci pronunceremo dopo le risposte della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Le modifiche della legge n. 63 del 1978 contengono alcune significative proposte sulle quali il Gruppo P.S.I. concorda.
Prima di entrare nel merito è necessario sottolineare due questioni: a) Le modifiche interessano solo alcuni problemi urgenti e non sulla complessità della struttura dell'intervento pubblico regionale in agricoltura coordinato nella legge regionale n. 63 b) è, di conseguenza, indispensabile un aggiornamento complessivo del sostegno pubblico all'agricoltura che tenga conto delle profonde modificazioni che stanno intervenendo nel settore agricolo. Per questo venne presentato dal Gruppo Socialista in data 27 gennaio 1982, un piano di legge (n. 180) tendente a ridisegnare le leggi in materia di agricoltura sia per quanto riguarda l'intervento sul territorio e sulla partecipazione dei soggetti alle decisioni di politica economica.
Il testo in discussione recepisce solo alcune delle proposte: rimane l'impegno del Gruppo P.S.I. sollecitare ulteriori approfondimenti per varare una nuova legge che abbia quali direttrici: 1) un articolato "molto leggero" nel quale siano fissati i "principi" 2) il rafforzamento e la qualificazione degli strumenti attuativi delle decisioni politiche assunte in sede di bilancio annuale e di Piano di sviluppo 3) il decentramento delle decisioni amministrative fissando i criteri per le deleghe.
In particolare la Regione dovrà assumere funzione di programmazione e di indirizzo con l'obiettivo principale di considerare l'agricoltura una parte del sistema economico e non un settore da assistere permanentemente.
Qui, peraltro, è necessario ricordare che il Governo e il Parlamento provvedano a ridefinire il quadro di riferimento modificando la legge 984 "Quadrifoglio" per renderla meno vincolante per gli interventi finalizzati.
La premessa non può che concludersi con un riferimento al grande dibattito politico nell'ambito della Comunità Europea il cui rilancio è in gran parte destinato all'agricoltura.
Per quanto riguarda il testo unificato si possono sottolineare alcuni punti sui quali c'e l'assenso del Gruppo Socialista.
a) L'estensione dei benefici agli agricoltori parti-time. E' una questione già sollecitata dal progetto di legge socialista che trova un suo primo momento di verifica nella proposta di modifica della legge n, 63/78.
Bisogna procedere con cautela, ma dall'altra parte non si possono non considerare i grandi mutamenti delle figure professionali che si dedicano all'attività agricola. Il problema è maggiormente sentito vicino alle zone industriali ed è oggi acuito dalla crisi dei grandi gruppi che pongono in cassa integrazione una quantità rilevante di mano d'opera. Molti di questi hanno ancora contatti con le loro origini contadini e con la propria terra.
Ma la questione è importante, e che ci deve impegnare in una soluzione in tempi brevi, è quella della figura dell'imprenditore agricolo a titolo principale. Lo stralcio apportato in III Commissione ci è apparso opportuno e da noi approvato.
Si tratta ora di dare soluzioni in positivo che rispondano alle esigenze dei soggetti (siano persone fisiche che giuridiche) titolari di aziende operanti nell'agricoltura.
b) Finanziamenti comunitari. Ritorna qui la nostra opinione di una profonda modifica della politica agricola della Comunità.
Contemporaneamente è necessario, però, approntare strumenti legislativi che permettano ai soggetti interessati di poter usufruire di tutti i possibili finanziamenti comunitari. In modo particolare ciò deve avvenire se questi finanziamenti sono finalizzati alla costruzione di strutture, ma soprattutto allo sviluppo di politiche attive rivolte al mercato.
Sarebbe interessante se l'Ente di sviluppo si dedicasse a fornire agli operatori agricoli tutti quei sostegni necessari ad ottenere in tempi celeri i finanziamenti comunitari.
c) Nuovi strumenti finanziari. Questa parte delle modifiche trova il consenso socialista perché allarga la gamma delle opzioni finanziarie disponibili per l'azienda agricola, sia essa singola che associata. Qui voglio ricordare la necessità della riforma del credito sulla quale si sono tenuti convegni e scritti libri.
Interessa sottolineare: la possibilità dell'erogazione dell'attualizzazione dei contributi in conto interessi direttamente al beneficiario (modifica dell'art. 10, quinto comma), che accoglie in parte una delle proposte contenute nel progetto di legge socialista l'introduzione del leasing per l'acquisto di macchinari, strutture e bestiame il finanziamento ai Consorzi regionali per la concessione delle fidejussioni a favore dei soci l'aggiunta all'art. 10 per quanto riguarda la possibilità di concedere un contributo in rate annuali dello stesso importo dell'onere del mutuo.
Questa operazione è particolarmente interessante per le cooperative in fase di avviamento.
d) Cooperative ex legge 285. Il bilancio 1984 prevede uno stanziamento di 2 miliardi a favore delle cooperative costituite provenienti da un riparto ministeriale ed assegnati alla nostra Regione con molto ritardo.
La proposta di destinare queste risorse finanziarie per ripiano di passività onerose e per le spese di gestione ci trova favorevoli ed anzi deve essere sollecita l'istruttoria delle domande e la determinazione regionale. Non è giusto far aspettare ancora giovani che hanno messo in funzione delle aziende senza gli indispensabili capitoli di base e perciò a prezzo di gravi sacrifici. Ma deve essere posta anche grande attenzione ad aiutare (e dare definitivo slancio) a quelle cooperative che poi cammineranno con le proprie gambe. E' indispensabile perciò un concreto piano economico-finanziario e un attento esame delle proposte future delle cooperative.
e) Passività onerose e crisi della zootecnia. E' un dato ormai noto a tutti la crisi della nostra zootecnia nazionale. Scelte non sempre coerenti a livello nazionale e punizione delle nostre iniziative in questo settore da parte della CEE.
E' però necessario mantenersi coerenti con la scelta compiuta di dare impulso ad un settore importante dell'agricoltura piemontese (da solo produce circa la metà della produzione lorda vendibile).
In particolare deve continuare l'impegno per le stalle sociali in quanto la valutazione che si può dare è complessivamente positiva anche se vanno corretti alcuni errori compiuti per l'inesperienza sia degli agricoltori che dell'ente pubblico. Non si può fare di ogni erba un fascio! Devono essere consolidate e ristrutturate le attuali stalle senza pensare ad interventi per nuove strutture senza aver valutato a fondo l'esperienza sin qui acquisita.
Le due proposte sono accoglibili con la raccomandazione di un confronto serrato con le organizzazioni cooperativistiche che oggi associano le totalità delle stalle sociali esistenti e che devono essere stimolate e valorizzate nella loro funzione di tutela e rappresentanza che la legge gli assegna. Tenendo conto del complesso delle modifiche approvate dalla legge n. 63, il Gruppo del P.S.I. vota favorevolmente, sottolineando però che questo discorso dovrà trovare una soluzione definitiva non con interventi assistenziali, ma attraverso interventi che possano incidere nel sistema economico in preoccupante crisi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Chiabrando. Ne ha facoltà.



CHIABRANDO Mauro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri. Ci presentiamo oggi a questo appuntamento, alla quarta modifica alla legge fondamentale per l'agricoltura piemontese, la legge n. 63 del 1978. Ci presentiamo oggi, in un momento di massima difficoltà per l'agricoltura piemontese, di minori disponibilità finanziarie, dopo tutta la, seppure breve, storia della nostra Regione, al culmine della delusione e della stanchezza dei nostri agricoltori, per motivi ovviamente non soltanto regionali.
Sono ormai lontani gli anni ruggenti di Viglione e compagni, dal 1975 quando il Presidente della Giunta e l'Assessore all'agricoltura (abbiamo ancora giornali e documenti in merito) garantivano la priorità per l'agricoltura stessa e promettevano tutto a tutti contando in quel momento sulla legge agricola n. 51 che era stata appena approvata dalla maggioranza precedente, legge che, oltre ad innovare le disposizioni in materia portava fondi per il 20% del bilancio regionale.
Era un momento di grande disponibilità finanziaria per il settore.
Poi, poco alla volta è giunta la crisi, venute a galla le scelte politiche della nuova Giunta con le manie di grandeut del Presidente.
Occorreva far sapere ciò che si diceva di voler fare e quindi bisognava stampare carta, pubblicizzare la Regione sui giornali e con altri mezzi di informazione, bisognava anche programmare (era di moda più allora che oggi), quindi studiare e stampare ciò che si studiava; bisognava ovviamente sentire consulenti di alto livello, per cui somme ingenti sono state destinate a quelle iniziative.
E' venuto il periodo degli asili nido, ora inutilizzati e in sfacelo che sono costati centinaia di miliardi. Alla Giunta è venuta l'idea di recuperare palazzi e castelli che hanno ingoiato altre decine di miliardi in appalti. La Giunta ha voluto porre rimedio al tradizionale carattere chiuso e triste dei bugia nen torinesi; in collaborazione con il Comune di Torino ha inventato i programmi per il tempo libero dei torinesi, gestiti dagli enti pubblici: cinema, teatro, musica e sport, con la valida collaborazione di qualificati personaggi ed attori come Dario Fo ovviamente pagati secondo le tariffe professionali ricorrenti, che hanno creato disavanzi corrispondenti al valore di centinaia di vacche per ogni iniziativa. Allora, siccome la Regione non è la zecca, si spiega come i fondi operativi destinati all'agricoltura ogni anno siano scesi fino a raggiungere il limite minimo di oggi del 2/3% contro quel 10% di cui avrebbe diritto, come quota di apporto di produzione agricola piemontese all'economia generale.
Questa Giunta ha così di fatto relegato l'agricoltura in un angolo come settore assolutamente residuo da sopportare come un acciacco. Quasi stessa fine hanno fatto altri settori economici come l'artigianato e il commercio.
Tornando comunque alla proposta di legge, non la condividiamo così come ci è presentata, seppure dopo un lungo lavoro svolto in Commissione sia stata di fatto riscritta con l'apporto di numerosi miglioramenti di cui diamo atto e che accettiamo anche per averli proposti noi stessi.
E' tutta l'impalcatura delle legge che non condividiamo e che abbiamo sempre contestato sin dal 1978, perché pesante, burocratica, di difficilissima attuazione e contenente scelte politiche e gestionali che non condividiamo. Rileviamo anche che con il declassamento a legge annuale ha un carattere quasi esclusivamente finanziario, viene a mancare il carattere di lungo respiro e la proiezione su almeno un triennio necessario per qualsiasi attività economica, ma specialmente per l'agricoltura. Verrà a mancare agli operatori agricoli qualsiasi certezza per il futuro e si impedirà la predisposizione di adeguati Piani di sviluppo aziendali ed interaziendali, associativi e cooperativi.
Ma più che delle insufficienti disponibilità e delle scelte politiche che la legge contiene, siamo preoccupati dell'ormai dimostrata e da tutti riconosciuta incapacità della Giunta a gestire la legge.
Credo che non si trovi in tutta la legge una norma, una priorità, un criterio, ed in particolar modo una scadenza che risulti rispettata nella pratica attuazione in modo omogeneo e corretto su tutto il territorio regionale. Credo che sia la legge più disattesa di tutte le leggi regionali (ve ne sono tante di disattese, ma questa ha certamente il primato).
Le istruzioni, che normalmente seguono la legge, quasi sempre complicano ancora di più le cose, creano confusioni e contraddizioni; tutto è lasciato alla capacità, allo spirito di iniziativa, all'intuizione dei funzionari addetti e si ottiene tutto meno che chiarezza, omogeneità e certezza del cosiddetto diritto per gli agricoltori.
Ecco perché noi non ci sentiamo neanche questa volta di approvare la legge.
Non crediamo, seppure qualche timido miglioramento faccia capolino dopo 9 anni di attesa, di insistenze di pungoli e di contributi costruttivi che abbiamo dato in tutte le sedi, che la Giunta sia in grado di rimediare alle gravi e croniche lacune che ha creato.
E c'è poi un altro problema di carattere squisitamente politico che dobbiamo rilevare. Quando nel 1975 abbiamo approvato la legge regionale n.
51, siamo stati pesantemente accusati di continuare a peggiorare gli interventi assistenziali e a pioggia, caratteristici dei mai troppo lodati piani verdi degli anni '60. Ricordo gli strali del Capogruppo comunista Berti in tale direzione e le sentenze scritte dal noto economista Maspoli il quale aveva poi salutato come era nuova quella aperta dalla Giunta di sinistra con la legge 63, del 1978, proprio quella che stiamo modificando perché operava, secondo lui, una scelta coraggiosa a favore dell'imprenditorialità, della selettività e dell'economicità degli interventi della spesa pubblica. Tutto falso, colleghi, e ve ne dò la dimostrazione: la famigerata legge regionale 51 del 1975 prevedeva 52 tipi diversi di aiuti agli agricoltori; la legge n. 63, quella osannata originaria, coraggiosa, ne prevedeva 97; questa, che la Giunta oggi ci propone, sapete quanti ne prevede? Ne prevede 116! E' un continuo ed enorme aumento del ventaglio degli aiuti, proprio in direzione opposta delle affermazioni tanto solennemente fatte da coloro che parevano essere i nuovi artefici della politica agraria regionale. Noi lamentiamo questo fatto, non tanto per la contraddizione plateale in cui questa maggioranza è caduta, quanto perché così continuiamo a promettere tutto a tutti sapendo già che non potremo mantenere le promesse, fatto che noi abbiamo sempre segnalato come scorretto nei confronti dei destinatari della legge, gli agricoltori.
Cito alcuni esempi. Il part-time lo accettiamo, ma è certamente un allargamento, un dare, un promettere qualche cosa quando non si hanno i soldi da dare nemmeno a quelli che ne hanno prioritario diritto, e poi progetti integrati, concorso negli interessi per anticipare i mutui contributi per costituire i fondi della fidejussione, prestiti anche per l'ingrasso quando non abbiamo saputo precisare garanzie e qualifica dei coltivatori, dei soci delle cooperative. E' un allargamento indiscriminato anche quello delle passività onerose, sproporzionato e non giusto alle cooperative, come ha già detto il collega Gerini, che hanno fatto fallimento in gran parte; contributi promozionali ad enti ed istituzioni.
Queste iniziative prese una per una non diciamo che siano sbagliate, ma nel contesto generale della legge non dimostrano né selettività né serietà di attuazione.
Gli agricoltori che sono i destinatari della legge, proprio per questo hanno più danni che vantaggi, specialmente quando Viglione promette 50 mila lire per capo di alpeggio in contrasto con l'Assessore all'agricoltura il quale ha dovuto correre ai ripari e dare soltanto 30 mila lire con grave danno agli agricoltori che avevano assunto degli impegni sulla promessa delle 50 mila lire per capo. Questo è stato un fatto molto grave, ma sono molti i tagli fatti a posteriori, come quello dei contributi definiti nelle istruzioni e distribuiti dopo tre anni, fortemente decurtati.
Il relatore osserva anche che questa legge tra le innovazioni porta alla possibilità di ridurre l'entità degli aiuti. Queste cose sono giuste ma bisogna farle a tempo debito, bisogna farle prima di promettere.
Come è gestita la sanità del bestiame? E' un problema che dibattiamo da mesi senza intravedere soluzioni. Il risanamento è fermo, anzi, sta arretrando perché la Regione, pur avendo i miliardi necessari, li tiene in cassa e non vanno neanche ai veterinari che hanno fatto il lavoro. Poi ci lamentiamo che la salute dei cittadini è compromessa! Non condividiamo la penalizzazione delle aziende singole familiari che concorrono per l'85% alla produzione agricola regionale.
Vengono penalizzate le buone stalle sociali che sono costituite da imprenditori agricoli che posseggono i terreni, contro finanziamenti dati a stalle sociali fasulle molte delle quali finite in mano agli speculatori.
Sono iniziative nate non per necessità o per convinzione o per spirito cooperativistico, ma soltanto per attingere ai facili aiuti disposti dalla Giunta di sinistra che di questi interventi ha fatto la sua bandiera.
Noi, come nostro dovere, persistiamo nella nostra battaglia di denuncia di queste situazioni irregolari, ma anche nella collaborazione attiva al fine di migliorare le leggi, di semplificare le procedure, di alleggerire gli adempimenti burocratici.
Sono tanti e fondamentali gli aspetti che non condividiamo. Così come non è possibile "raddrizzare le gambe ai cani", riteniamo impossibile correggere le distorsioni con la presentazione di emendamenti, per cui non chiediamo delle modifiche alla legge, salvo per quegli aspetti che abbiamo già concordato con l'Assessore, con la Giunta e con i colleghi della maggioranza. Sui singoli articoli e sugli emendamenti ci riserveremo di intervenire e di dare il nostro giudizio a mano a mano che li voteremo.
Ci riserviamo ulteriori valutazioni particolari in sede di votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dirò subito che condivido la relazione fatta dal Consigliere Gastaldi; condivido in particolare la scelta che la relazione fa di evidenziare come le attuali modifiche che si propongono alla legge 63 non siano dei semplici aggiustamenti di tecnica legislativa, ma rappresentino delle vere e proprie scelte politiche che per alcuni aspetti sono anche innovative rispetto al vecchio testo.
Del vecchio testo della legge 63 in questi anni si à parlato molto, ne parlava ancora poc'anzi il Consigliere Chiabrando, se ne è parlato ogni qualvolta sono state apportare delle modifiche in aula, se ne è parlato in occasione della approvazione dei bilanci, quando di questa legge ne sono stati evidenziati difetti e virtù. Non voglio riprendere antiche polemiche che non avrebbero senso anche perché il dibattito di oggi non credo sarebbe sufficientemente proficuo se fosse ancora ancorato ad antichi vizi di astiosità che spesso sulla legge 63 abbiamo registrato in quest'aula; è una eco di questa astiosità, di questa esasperazione, l'abbiamo ancora vissuta nell'intervento del Consigliere Chiabrando che dopo aver messo insieme Dario Fo, asili nido e vacche, pur tuttavia è costretto a riconoscere dei timidi miglioramenti.
Credo che sulla legge 63 occorra spesso fare non pochi sforzi per riportare la discussione su un binario più corretto; non avrebbe senso oggi il privilegiare affermazioni roboanti di chiara impronta propagandistica e ricercare nel giudizio di fondo delle forzature propagandistiche, come spesso ci è accaduto di assistere, finisce con l'essere in netta contraddizione con il comportamento che ogni Gruppo ha tenuto in Commissione, con gli indirizzi costruttivi che in quella sede abbiamo registrato e che hanno consentito, come già ricordava il Consigliere Gastaldi, di recepire e mettere insieme valide proposte, avanzate peraltro dal P.S.I., dalla D.C. con propri progetti di legge e dagli altri Gruppi compreso il nostro, che in Commissione ha dato il suo costruttivo contributo di impegno di proposta.
Vi è una questione che nella relazione del Consigliere Gastaldi viene data quasi per scontata e che invece credo debba essere sottolineata con un breve inciso.
Quando nel 1978 si licenziò la legge 62 si compì una scelta, la scelta del testo unico non solo per le ragioni che ricordava il relatore. La scelta del testo unico, il rifiuto a ricorrere a leggi più specifiche, più finalizzate sulle singole problematiche che l'agricoltura presenta, non era solo il derivato delle esigenze di una maggiore organicità, che pure era avvertita e considerata necessaria anche per creare un punto di riferimento unico per le altre leggi che hanno comunque una relazione, un impatto con l'agricoltura, penso, ad esempio alle leggi sull'ambiente, o alla stessa legge n. 56.
Non c'era solo questo aspetto. C'era insieme a questo il bisogno politico, la scelta politica di quella Giunta, di dare all'agricoltura il peso che anche in Piemonte essa ha di farla uscire dalla cultura dominante nelle forze politiche, e perché no, anche nella stessa cultura prevalente della sinistra, da una concezione settorialistica e di marginalizzazione c'era questo aspetto e bisogna, Consigliere Chiabrando, cogliere il senso dei processi politici, e quando si coglie il senso dei processi politici si ha anche la possibilità di avvertire dove questi processi vanno e di diventare dei validi interlocutori da questo punto di vista. Consentimi di dire che il tuo intervento mi pare non abbia colto il senso politico di quella scelta di allora e delle scelte successive che si fanno e continua a rimanere un intervento astioso, chiuso, che rimane comunque al di qua dei problemi, delle esigenze che sono state poste allora e che vengono riconfermate oggi.
Detto un po' schematicamente, nel Piemonte della Fiat, delle grandi imprese industriali, ma nel Piemonte dove esiste una Fiat verde l'agricoltura con i suoi 180 mila addetti, con il groviglio di contraddizioni che si riflettono sul mondo rurale, con le sue potenzialità e il suo prodotto lordo vendibile, le sue produzioni, non è un settore marginale o destinato ad avere sempre meno peso; basti pensare in questa fase - mi si consenta un inciso - alle grandi problematiche aperte che in qualche modo aprono un orizzonte tutto da scrutare, tutto da considerare e da valutare tra l'agricoltura ed i servizi, tra l'agricoltura e forme di terziario che siano organiche rispetto alle esigenze di valorizzazione e di sviluppo dell'imprenditorialità nelle campagne.
Ci sono nella proposta di legge del P.S.I. di revisione organica della 63 delle impostazioni, dei suggerimenti, forse delle indicazioni che possono apparire e che noi abbiamo anche considerato di difficile percorso di proposte, cioè di difficile praticabilità.
Detto questo però credo che la proposta avanzata a suo tempo dall'allora Capogruppo Viglione abbia avuto due meriti di grande rilevanza politica: 1) Di essere stata coerente con l'operazione anticulturale del 1978, di quando nacque la legge 63, di riproporre con forza come tema non marginale non secondario in questa nostra Regione, le questione dell'agricoltura. Ai colleghi socialisti va questo merito, che è anche un messaggio politico su cui la disponibilità al confronto, alla ricerca di basi e di piattaforme comuni più avanzate, migliorative della stessa legge nata nel 1978, è una condizione non secondaria, di rafforzamento della stessa alleanza che anche in questo settore più che subire i processi, intende governali 2) di avere posto con forza al centro i problemi dell'imprenditorialità e dell'azienda contadina come base concettuale da cui partire, come punto di partenza, di una visione più vasta dell'economia agraria intesa nella sua accezione più vasta, con le sue esigenze di maggiore puntualizzazione nel suo collegamento da un lato con il terziario, e dall'altro con l'agro industria.
Ecco quindi il rifiuto della marginalizzazione, del settorialismo, ecco il proporre in termini puntuali una indicazione (prima ancora politica che legislativa) che nel testo della proposta che oggi viene avanzata viene recepita.
Noi comunisti, è risaputo, davanti alle proposte di legge del P.S.I. e della D.C., preferimmo allora non percorrere la strada di una nostra proposta di legge. A questa strada preferimmo quella molto più proficua sul piano legislativo della paziente ricerca dei punti di consenso, della definizione chiara delle cose che possono essere recepite, intesa in questo senso a definire un miglioramento costruttivo della legge n. 63.
In questo quadro il nostro comportamento partiva dalla consapevolezza che si trattava di mettere a punto due ordini di questioni: A) Da un lato si trattava di respingere quanto già nei fatti era stato respinto. Voglio dire che la legge 63 non è una omnicomprensiva. Pu apparire così, ma le istruzioni applicative consentono margini di manovra che puntano a definire priorità di intervento, indirizzi di applicazione che rispondono più a fondo a esigenze rispondenti alle finalità di politica agraria.
Tuttavia lo riconosciamo, sì trattava di introdurre norme dispositive in grado di privilegiare di più i momenti di miglioramento e di trasformazione rispetto a quelli di sostegno, ben sapendo che una simile scelta, almeno in questa fase, sembra andare contro-corrente rispetto alle scelte compiute in questi anni a livello nazionale che, invece, mi si smentisca se è diversamente, mi sembrano privilegiare il momento del sostegno rispetto a quello del miglioramento e della trasformazione. Sotto questo aspetto le proposte che vengono avanzate rispondono in modo puntuale a questi indirizzi. Certo, allargano l'area del sostegno al part-time nelle zone montane e collinari, dove l'economia agricola presenta una integrazione persino fisica con gli altri settori, ma nel contempo guardano in avanti, guardano all'imprenditoria singola ed associata per rispondere meglio alle esigenze e alla domanda politica che questa imprenditoria pone anche in rapporto, da una parte alle esigenze di programmazione territoriale, che in questi anni con i piani agricoli zonali sono venute avanti, e dall'altra con le problematiche aperte con lo sviluppo che la cooperazione in questi anni ha conosciuto, specie nel settore zootecnico.
B) Nello stesso tempo si trattava non di costruire ex novo una nuova legge, come in qualche modo chiedeva il Consigliere Gerini, in questi anni in cui manca sul piano nazionale la definizione di coordinate generali (oggi la legge quadrifoglio viene considerata nei fatti dal Governo una legge pressoché superata, ogni tanto sentiamo dallo stesso Ministro Pandolfi il proposito di presentare un piano agro-alimentare che innovi le stesse indicazioni e gli orientamenti del Quadrifoglio in questa situazione dove mancano delle coordinate a livello nazionale), diventava e diventa difficile, diventa un'ardua scommessa politica il praticare la strada di un nuovo impianto legislativo che sapesse andare oltre a una semplice proposta politica di testimonianza, quale potrebbe essere e sarebbe un nuovo impianto legislativo.
Tanto più difficile questa strada dal momento che la maggior parte della finanza regionale in agricoltura è una finanza derivata, con vincoli predeterminati che per il momento vanno in una direzione che privilegia il sostegno.
Su un nuovo impianto legislativo, come da qualche parte è stato chiesto, bisogna evitare tentazioni che possono anche apparire politicamente nobili, ma che in questa fase rischierebbero di tradursi in indicazioni improvvisate che entrerebbero immediatamente in rotta di collisione con certi processi, quali sono quelli assunti dalla CEE le cui conseguenze in Piemonte sono ancora tutte da calcolare per il peso negativo che esse esercitano.
Voglio dire in sostanza che come forze politiche noi abbiamo il diritto ed il dovere su queste cose di esprimere il nostro giudizio, di tradurre i nostri comportamenti in atti legislativi che si pongono all'interno di una possibilità di manovra più ampia qual è quella offerta dalla legge 63.
Diventa difficile pensare a leggi diverse, a dispositivi più rigidi meno "omnicomprensivi", giacché la rigidità in fasi come l'attuale apparentemente offrirebbe più certezze, in realtà vanificherebbe uno sforzo che è orientato a superare difficoltà e imposizioni che mal si adattano alla struttura agraria del Piemonte.
Credo che un po' tutti questo lo abbiamo avvertito in passato sulle direttive CEE che avevano come riferimento il reddito comparato, i vincoli che questo riferimento ha posto, gli aspetti unidirezionali di questi vincoli che privilegiavano l'agricoltura ricca e abbandonavano al proprio destino le aree di marginalizzazione.
Credo che altrettanto si possa dire qualora si volesse percorrere oggi un'altra strada che non sia quella contenuta negli indirizzi della legge 63.
Si è parlato molto in passato della legge 63 come legge omnicomprensiva che prevederebbe tutto, lo diceva poc'anzi il Consigliere Chiabrando: 97 tipi di intervento prima, 116 oggi, non li ho contati, non sono quindi in grado di contestare od avallare le affermazioni fatte dal Consigliere Chiabrando, credo però che il collega dovrebbe non dimenticare che comunque con queste proposte di modifica si pongono degli sbarramenti.
Voglio ricordare due importanti sbarramenti che la proposta di legge pone: il primo è quello che ricordava il Consigliere Gastaldi, la possibilità della Giunta di sospendere la ricezione delle domande. Si tratta di un dispositivo destinato a ridurre la pressione sociale specie su quelle provvidenze di sostegno previste da leggi nazionali, recepite dalla legge 63 sulle quali in questi anni abbiamo registrato il divario tra domande e risorse a disposizione con tutto quello che ne è conseguito nella ricerca di colmare questo divario.
Il secondo è quello di escludere da domande per investimenti fondiari e agrari quanti hanno raggiunto il reddito comparabile sia con il lavoro agricolo che extragricolo.
Un'ultima considerazione positiva sta nei dispositivi sulle passività onerose, sul consorzio fidi, sulla capitalizzazione (su cui si è raggiunto un accordo su un emendamento presentato da diverse forze politiche). Si tratta di disposizioni che consentono di fare il punto sull'attuale stadio dello sviluppo della cooperazione, caratterizzata in Piemonte dalla scarsa capitalizzazione delle imprese, dal peso negativo che questo ha in termini di oneri, di rigidità di manovra delle imprese cooperative, di una situazione di mercato, peraltro, in rapida evoluzione e che quindi richiede meno vincoli e più elasticità nelle possibilità di intervento delle imprese stesse.
In sostanza, credo si tratti di una buona legge; usciamo da questa discussione e dal voto, credo con un testo aggiornato, più aderente alle problematiche che lo sviluppo dell'agricoltura ha posto in evidenza: un testo che lascia peraltro soluzioni aperte a questioni importanti, quali possono essere quelle delle deleghe e del rapporto tra il sistema delle imprese ed i servizi, problemi su cui ogni forza politica chiamata a fare la propria parte, e noi come Gruppo comunista intendiamo di fare la nostra.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Signor Presidente, colleghi, ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti nel dibattito, in particolare il collega Gastaldi per la sua relazione chiara, sintetica e precisa che ha messo in luce le modifiche, le integrazioni e le innovazioni che con questo testo vengono apportate alla le:e 63 che resta la legge fondamentale dell'intervento agricolo nella Regione Piemonte.
E' una legge che continua ad essere assai apprezzata e copiata a livello nazionale e comunitario per il modo in cui è congegnata in quanto consente di incanalare i vari interventi statali, comunitari, anche quelli che il Parlamento italiano decide in modo un po' schizofrenico. Per esempio, con questa legge, abbiamo potuto attuare gli interventi Nicolazzi quando sono stati assegnati i fondi. Da due anni però i fondi non sono più stati erogati.
E' una legge che ha previsto un quadro di tutti gli interventi con carattere di selettività e di finalizzazione. Le innovazioni non sono di poco conto, sia perché adeguano lo strumento legislativo alle nuove esigenze, per esempio al part-time. Questa forma particolare di conduzione dei terreni si sta sviluppando ovunque, maggiormente in un Paese come il nostro che non ha avuto né la rivoluzione borghese come la Francia, né le riforme della Germania ed anche della Francia. Ciononostante anche in quei Paesi si va diffondendo il part-time.
Ho qualche conoscenza di casi in provincia di Cuneo nella Valle Stura e nella Valle Madra. Da Demonte in sù si contano in una mano gli imprenditori a titolo principale. Volete che conti quanti sono coloro che gestiscono aziende agricole di un certo rilievo e che fanno i cantonieri provinciali o che lavorano alla Michelin? Si vuole tener conto di queste situazioni? Noi attuiamo una introduzione molto graduale prendendoci tutte le cautele necessarie in ordine all'ambito territoriale e al tipo di aziende. Vengono introdotti nuovi meccanismi per gli interventi di carattere creditizio, il leasing con la possibilità di concentrare nei primi anni l'intervento pubblico, quando l'iniziativa, sia una stalla sociale, sia l'impianto di una serra o di un vigneto, non è ancora in grado di produrre un reddito, con il duplice vantaggio di favorire il nascere di quella iniziativa e di ridurre il ricorso ai limiti di impegno che irrigidiscono i bilanci dell'ente pubblico per 15/20 anni.
L'introduzione dei piani integrati o dei progetti ha un grande significato. E' un intervento destinato ad assorbirne altri 10/20, ad affrontare problemi di carattere territoriale, al servizio di aziende agricole, singole od associate, in fatto di infrastrutture, di strumenti di irrigazione, di attività silvo-pastorali. Non piacerà ai professionisti perché un gruppo o una comunità predispone un progetto e in quella zona non si darà più il finanziamento per un pezzo di strada, per la sistemazione di un alpeggio, per il ritocco di un canale. In questo modo si realizzano economie complessive al servizio dell'azienda e per la infrastrutturazione del territorio. Sono novità di grande rilievo e, a mio avviso, preparano la strada ad una sostanziale modifica dell'intervento pubblico in agricoltura anche di quello previsto dalla legge 63, proprio perché occorre utilizzare meglio le risorse che abbiamo e utilizzarle al servizio della pluralità e delle aziende il che vuol dire destinarle al territorio, creare l'insieme delle economia esterne che si uniscono a supporto dell'impegno e dell'investimento aziendale che deve essere sempre più auto finanziamento.
Abbiamo accettato alcuni allargamenti. Intanto quelli di cui siamo promotori sono sostitutivi di altri interventi: il leasing per esempio sostituirà prestiti quinquennali o prestiti decennali per l'acquisto di macchine o di capi di bestiame selezionato, o altre strutture che normalmente ricorrevano al prestito ed al contributo.
Si tratta in sostanza di una legge che innova, introduce strumenti nuovi e nello stesso tempo individua e prevede criteri più selettivi ai fini della determinazione del reddito tenendo in considerazione i redditi da capitale ed i redditi extra aziendali. Infine, prevede di chiudere particolari interventi.
Le questioni sollevate dal collega Chiabrando le avevo sentite in anteprima a Poirino, domenica mattina, in un incontro con lui, con Penasso Balzardi ed altri. E' vero che esiste dello scontento e sfiducia nelle nostre campagne, ma non certo per la politica della Regione Piemonte, ma per l'assenza assoluta di una politica agricola nazionale. Da quando Marcora non è più Ministro dell'agricoltura non c'è più una politica agricola nazionale. Era un uomo che ha cercato di dare un'impronta individuando alcuni filoni sui quali si è impegnato con la grinta che tutti gli hanno sempre riconosciuto. Dopo di lui ci è stata una mutevolezza infinita delle risorse, slittamenti, recuperi e soprattutto abbandono delle linee che quel Ministro e le forze politiche di quel momento avevano avviato: il piano agricolo nazionale che doveva trasformarsi in un piano agro-alimentare.
Lo scontento, lo scoramento, la sfiducia viene dalla conclusione della trattativa comunitaria sui prezzi per la campagna 1984 ma soprattutto sulla riforma della Pac. La riforma comunitaria va nella direzione opposta a quella che è sempre stata chiesta dal governo italiano, dalle forze politiche, dalle organizzazioni professionali e della cooperazione. Le coltivazioni meridionali sono ulteriormente penalizzate mentre si doveva andare verso l'equilibrio delle coltivazioni cerealicole e lattiero casearie del Nord e del Sud. Per quanto riguarda la zootecnia abbiamo la cristallizzazione della produzione al livello del 1983 e per il nostro Paese significa assicurare, almeno per 5 anni, lo status quo per quanto riguarda il deficit lattiero caseario che supera i 2000 miliardi annui e vuol dire frustrazione degli sforzi, degli impegni, degli investimenti della Regione, dello Stato, della CEE per l'ulteriore incremento del patrimonio zootecnico della produzione lattiero-casearia.
Come Assessore all'agricoltura sono molto preoccupato della fissazione della quota a quel livello con tutto quel che segue. Il Piemonte ha speso 100 miliardi in contributi per il premio vitelli, previsto dalla CEE e dal Parlamento italiano nel 1984.
Il Ministro ha già sentito alcuni Assessori regionali per verificare l'opportunità di mettere in moto un provvedimento che dia nuovamente un contributo a favore di coloro che vogliono abbattere le vacche. La mia prima risposta è stata che sul piano estetico era uno sconcio e sul piano economico era un disastro. E' vero che c'è molta incertezza per l'assenza di obiettivi produttivi e per l'insufficienza delle risorse. Il quadro del collega Chiabrando non risponde al vero se lo confrontiamo con i dati. Ho qui una pubblicazione dalla quale risulta che la nostra Regione dal 1978 in avanti è la prima Regione in fatto di pagamenti.
Allora se così stanno le cose, il processo che sta a monte dei pagamenti, non è il caos di cui ha parlato il collega Chiabrando, è invece un processo snello, adeguato alle esigenze delle aziende agricole, singole od associate.
Certo molte domande difficilmente avranno soddisfazione addirittura entro gli anni '90. Sulla legge 63 furono presentate 64.944 domande per circa 2000 miliardi, di queste 14.000 circa sono state respinte o decadute per 365 miliardi; 21.000 domande, per un importo di 523 miliardi, sono state approvate, circa 30.000 domande, per circa 1000 miliardi, sono in attesa di essere finanziate. Non si possono fare miracoli. E' stato citato il recupero di palazzi e castelli, con un impiego di risorse notevole, ma anche questo rientra nelle facoltà della Regione in ordine alla tutela ambientale. L'agricoltura è importante, ma ci sono anche altri settori.
Il Consigliere Chiabrando è tornato sull'entità del finanziamento regionale che si è ridotto. Non dobbiamo sommare fagioli con rape, cosa che fa sovente.
Questa legge stanzia 4 miliardi, dai quali almeno tre non sono cumulabili al contributo in conto capitale, perché sono limiti di impegno il che vuol dire che con tre miliardi si può fare fronte ad investimenti agevolati per 40 miliardi.
E' bene allora che si sappia che la Regione Piemonte è quella che sopravvanza tutte le altre per la qualità della spesa, cioè per il limite d'impegno. Se Goria mantiene gli impegni assunti dal Ministro del Tesoro dell'epoca dell'approvazione della legge Quadrifoglio, la Regione Piemonte nei prossimi anni dovrebbe ottenere un ristorno di circa 18 miliardi di limiti di impegno. Se questo non avverrà è chiaro che la spesa complessiva e la spesa agricola incontreranno limiti invalicabili.
Qualcuno ha detto che sulla cooperazione si è insistito esageratamente.
Ripeto quanto dico da sempre. Abbiamo una buona legge per quanto riguarda la cooperazione, ma nessuno ha forzato alcunché. Se ci sono cooperative fasulle, occorre denunciarle. Ogni volta che mi dicono questo faccio fare una verifica. Tutti i soci hanno la certificazione dell'Albo professionale e dello S.C.A.U., quindi sono soggetti giuridicamente validi. Comunque anche sotto questo aspetto nell'utilizzazione delle risorse il criterio adottato ha equamente ripartito la maggior spesa a favore delle iniziative singole. E' una spesa non sufficiente a favore della cooperazione, come non ci sono state risorse adeguate per i singoli, così non ci sono state risorse adeguate per la cooperazione.
Alcuni interventi previsti per la legge 285 utilizzano fondi dello Stato, specificamente stanziati e trasferiti alla Regione a quello scopo.
L'ulteriore intervento a favore delle passività onerose va nel disegno del consolidamento di quel grosso comparto di cooperazione che si è radicato e spero possa consolidarsi e dare i suoi frutti nell'ambito della nostra comunità.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame deliberazione Giunta regionale n. 132-33268: "Recepimento d'intesa tra Regione Piemonte - ANCI Sanità Regione Piemonte - Organizzazioni sindacali su uniformità applicativa ed indirizzi operativi dell'accordo nazionale unico di lavoro per il personale delle Unità Socio Sanitarie Locali - D.P.R. 25/6/1983, n. 348"


PRESIDENTE

Prima di passare all'esame degli articoli, chiedo al Consiglio di esaminare la deliberazione della Giunta regionale n. 132-33268: "Recepimento d'intesa tra la Regione Piemonte - ANCI Sanità Regione Piemonte - Organizzazioni sindacali, su uniformità applicativa e indirizzi operativi dell'accordo nazionale unico di lavoro per il personale delle Unità Socio Sanitarie Locali D.P.R. 25/6/1983 n. 348".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti in aula.
Tale deliberazione è stata licenziata ieri dalla V Commissione.
La parola al Presidente della V Commissione, Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la deliberazione che recepisce l'estensione alla Regione Piemonte del contratto dei dipendenti della parte pubblica della sanità, e che interessa una massa di circa 50.000 persone giunge all'approvazione del Consiglio regionale dopo una contrattazione che ha impegnato per quasi un anno le rappresentanze sindacali di tutte le categorie: mediche, paramediche, tecniche ed amministrative da un lato e la Regione e l'ANCI dall'altro. Il contratto nazionale e per le difficoltà intrinseche alla complessità della materia e per la stesura del testo accolto e sottoscritto dalle parti interessate, non pare di facile lettura e di altrettanta facile interpretazione. Questo va detto per obiettività.
Di qui sono nati i contrasti. Alcune circolari ministeriali che, forse nell'intento di dare uniformità di interpretazione e di indirizzo alla complessità della materia, hanno provocato in alcuni settori dei dipendenti della sanità ulteriori perplessità.
Bisogna del resto comprendere le difficoltà, cui è costretto a far fronte soprattutto sul versante economico il Governo, il quale perciò cerca di premunirsi (attraverso le varie circolari mirando a non aggravare ulteriormente il deficit pubblico).
Sul contratto in discussione, la parte pubblica e le organizzazioni sindacali in sede regionale hanno raggiunto l'accordo che è sostanzialmente un onorevole compromesso e sul quale sino ad ora sono state avanzate riserve dalla parte medica, perciò da questo non è stato sottoscritto. Non voglio in questa sede entrare nel merito delle riserve le quali, forse hanno delle valide ragioni ed altrettanto valide motivazioni.
Ritengo invece doveroso informare il Consiglio regionale sull'iter seguito dal provvedimento che viene sottoposto oggi alla nostra approvazione.
Mercoledì scorso 28 marzo, a conclusione della trattativa in sede regionale e mentre permanevano alcune perplessità in ordine ad alcuni punti sottoscritti in sede regionale e contrastanti con la circolare del Ministero della funzione pubblica, datata 9/2/1984, le organizzazioni sindacali chiedevano di incontrarsi con i membri della V Commissione consiliare, incontro richiesto anche da parte dell'Assessore alla sanità.
L'incontro è stato fissato ed è avvenuto nel pomeriggio stesso. Durante l'incontro tutti ribadivano l'opportunità di giungere in tempi brevi all'approvazione della deliberazione da parte del Consiglio regionale anche la parte medica. Infatti, in quella sede il rappresentante dell'AMPO che dichiarava di parlare a nome di tutte le altre organizzazioni mediche ribadiva che pur permanendo dalla sua parte e da parte delle altre organizzazioni sindacali mediche, alcune riserve, tuttavia riteneva che il Consiglio regionale dovesse approvare il testo così come era stato sottoscritto da tutti gli altri. Sempre durante l'incontro con la V Commissione, veniva evidenziato che nel contratto non erano previste soluzioni per le qualifiche atipiche, i sindacati inoltre ribadivano che tali qualifiche, in Piemonte, riguardano pochissime persone perciò il problema sarebbe stato affrontato in tempi successivi e relativamente brevi.
Ieri, la V Commissione ha esaminato il contratto nelle sue parti. Sono Stati rilevati alcuni punti di discrepanza con la circolare già citata del Ministero della funzione pubblica. In particolare i punti che riguardano gli art. 12, 17, 23. Per i primi due articoli il 12 e il 17, la Commissione ha ritenuto che le divergenze non siano tali da ingenerare perplessità ed incertezze: essi riguardano la pronta disponibilità e reperibilità ed i permessi sindacali, mentre sull'art. 23, la Commissione non ha potuto non prendere atto che le divergenze di interpretazione sono abbastanza marcate anche se nella sostanza non sono gravissime. Si tratta di un punto che prevederebbe un esborso da parte dello Stato per tutta l'Italia di ulteriori 90 miliardi di lire. E' stato ribadito dal Ministero della funzione pubblica, che non possono le Regioni impegnare delle cifre oltre quelle già previste in sede di legge finanziaria.
In altri termini il contrasto riguarda le 180.000 lire annue (15 mila lire al mese), attualmente corrisposte solo al personale che non fruisce di altre indennità (come viene descritto nella parte introduttiva della deliberazione stessa) e che non fruisce di altre indennità di compartecipazioni, ecc. Sono 15.000 lire che erano state estese a tutto il personale come indennità di avvio riforma. Devono o non devono essere riassorbite dalla nuova indennità di lire 240.000 annue previste dal nuovo contratto? C'è quindi discrepanza di interpretazione per quanto riguarda questa cifra. Il Ministero della funzione pubblica è dell'avviso che deve essere riassorbita. I dipendenti, i sindacati e la parte pubblica che hanno portato a termine il contratto sono invece dell'opinione che debbono essere considerati in aggiunta a quelle già date. La Commissione ha ritenuto all'unanimità che l'accordo stipulato in sede regionale sia sostanzialmente corretto, che la materia del contendere non sia così rilevante da dover fare segnare una battuta d'arresto al contratto stesso.
Da parte nostra come Gruppo D.C. ci auguriamo che vengano superate le riserve espresse in sede romana con la circolare del Ministero della funzione pubblica e che il contratto diventi operante nei tempi più brevi possibili su tutto il territorio regionale.
Concordiamo con l'azione che è stata intrapresa da tutti gli Assessori alla sanità delle Regioni italiane, azione volta a trovare una soluzione per il recepimento e il reperimento di quelle cifre che pare manchino per giungere alla felice conclusione dell'accordo in sede nazionale.
Riteniamo cioè che il tempo perso sinora sia già troppo e che il danno arrecato al servizio dalla mancata o incompleta attuazione del contratto sia stato anche in termini economici sostanzialmente maggiore di quello derivante dalla corresponsione di 5.000 lire mensili in più o in meno.
Diamo quindi il nostro voto favorevole alla deliberazione che ci è stata sottoposta, nonostante la perplessità che l'accordo sottoscritto pu aver ingenerato. Riteniamo sia il frutto di un onorevole ed accettabile compromesso tra le parti.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Il Presidente Devecchi ha esposto i fatti e non voglio aggiungere altro. Ricordo che il problema è nel contratto del personale dipendente e nel rinnovo delle convenzioni, per quanto riguarda il restante personale che opera nel servizio sanitario con rapporto convenzionale.
E' un elemento di grande turbativa in questi giorni. Mi auguro che in virtù degli accordi che stiamo faticosamente tentando con l'Ordine dei farmacisti non si producano conseguenze nel funzionamento del servizio. I cittadini che debbono pagarsi le medicine richiederanno il rimborso alle Unità Sanitarie Locali, il che, oltre a creare fondati e legittimi elementi di malcontento comporterà gravi complicazioni nel personale che dovrà essere dirottato ad altri uffici.
Il richiamo alla parte convenzionale non era pretestuoso anche perché a livello nazionale si è convenuto sul processo di omogeneizzazione e di scadenza contemporanea di tutti i rapporti che regolano il personale che in modo diverso opera all'interno del Servizio sanitario nazionale. Il processo di omogeneizzazione non è semplicemente e facilmente risolvibile.
La responsabilità che oggi si assume il Consiglio regionale giocherà positivamente sugli aspetti che sono già stati approfonditi a livello regionale. La contrattazione con le organizzazioni sindacali mediche e non mediche prosegue sul primo e sul secondo tavolo sugli aspetti relativi agli incentivi di produttività e all'aggiornamento professionale. Mi auguro che nel corso delle prossime settimane si concludano anche queste parti in modo che possa essere sottoposto all'attenzione del Consiglio regionale il provvedimento.
Le Regioni che si sono riunite ieri a livello nazionale con le organizzazioni sindacali (Cgil-Cisl-Uil), hanno richiesto che nella prevista riunione tra Regione e Governo, fissata per mercoledì 18 aprile con all'ordine del giorno la situazione del Servizio sanitario nazionale contratti e convenzioni, finanziamenti, sia posto il quesito del funzionamento a livello nazionale della prevista Commissione di vigilanza sull'applicazione del contratto.
Mi auguro che la decisione che andiamo ad assumere sia ratificata dagli organi di Governo e quindi nelle prossime settimane ogni Unità Sanitaria Locale possa procedere speditamente ai propri adempimenti.
Ringrazio i colleghi che hanno accolto la richiesta di anticipare la discussione, motivata dal fatto che debbo partecipare ad un convegno con la presenza anche delle organizzazioni sindacali. Mi pare giusto dare atto in quell'occasione dell'impegno del Consiglio regionale del Piemonte.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione tale deliberazione.
Ve ne dò lettura: "Il D.P.R. 348/1983 recepisce il primo accordo nazionale unico di lavoro per il per- sonale delle Unità Socio-Sanitarie Locali.
A seguito della pubblicazione di tale D.P.R. si è posta la necessità di definire gli indirizzi applicativi omogenei su tutto il territorio regionale, onde evitare difformità e sperequazioni, preoccupazione comune non solo all'Amministrazione regionale, ma anche alle stesse Unità Docio Sanitarie Locali.
In materia è stata pertanto avviata un'ampia trattativa d'intesa con l'ANCI e con le organizzazioni sindacali confederali e medi- che, che ha portato alla sigla d'intesa che si allega alla presente deliberazione per farne parte integrante.
L'intesa è stata definita con tutte le organizzazioni sindacali, ma non ha visto la sigla delle organizzazioni sindacali mediche che, pur sostanzialmente concordando con il testo proposto, richiedevano alcune integrazioni al testo che non potevano essere accolte in quanto in difformità al testo contrattuale.
Nel frattempo, il Ministro della funzione pubblica, a seguito di alcune richieste di chiarimento, come puntualmente precisato dal Ministro stesso nella lettera di trasmissione, ha emanato una circolare che dava l'interpretazione di tale Ministero, e non del Dipartimento della funzione pubblica come sarebbe stato auspicabile.
La circolare, purtroppo, proprio perché fatta sulla base di richieste di chiarimenti, non può considerarsi esecutrice, per cui è rimasto d'attualità l'accordo-quadro in sede regionale, proprio perché necessario garantire omogeneità e univocità di comportamenti.
Il testo dell'accordo, partendo da una sostanziale intesa con le indicazioni fornite dal Ministero, fornisce adeguate risposte anche a punti normativi non previsti in circolazione ma altrettanto attuali e determinativi.
Vista in particolare l'unica e vera divergenza fra l'intesa sottoscritta in sede regionale e la circolare ministeriale per quanto concerne il ricomprendere o meno le 180.000 lire di premio di avvio riforma nel calcolo relativo agli inquadramenti economici (e applicazione art. 56) si ribadisce che il ricomprendere le 180.000 lire nel calcolo dell'inquadramento sembra destituito di ogni fondamento, sia dal punto di vista giuridico che da quello contrattuale. Infatti le 180.000 lire non sono un'indennità prevista per il personale inquadrato tra il primo e l'ottavo livello, ma una indennità di risulta che si attribuisce per differenza al personale a cui non competano le indennità previste dall'art.
45 del D.P.R. 348/83. Inoltre tale indennità non è fissa per ogni operatore per l'intera vigenza contrattuale, ma è connessa alle mansioni e ai servizi realmente svolti, e varia con essi.
Si può pertanto affermare che non esiste un'indennità in quanto tale ma unicamente un premio di avvio riforma previsto in modo differenziato fra i vari operatori a secondo della loro collocazione funzionale, da cui discende per le categorie escluse un premio di 180.000 lire, ancorch rivalutabili.
D'altronde questa tesi trova piena conferma nel successivo art. 55 quando, nel precisare le modalità con cui si determina il beneficio da attribuire scaglionato, esplicitamente non si prevede tale somma.
Inoltre durante la trattativa i costi del rinnovo contrattuale sono stati sempre valutati e definiti ricomprendendo l'indennità ospedaliera e questo è stato sancito dal Governo quando ha definito il tetto della compatibilità di spesa.
Il Consiglio regionale del Piemonte visto il D.P.R. 25/6/1983, n. 348 visto l'accordo sottoscritto fra l'Amministrazione regionale, l'ANCI sanità regionale e le organizzazioni sindacali confederali vista la deliberazione della Giunta regionale n. 132-33268 del 27/3/1984 sentito il parere espresso dalla V Commissione consiliare permanente delibera di approvare l'intesa, che si allega alla presente deliberazione per farne parte integrante, sottoscritta fra Amministrazione regionale, ANCI sanità Regione Piemonte e organizzazioni sindacali confederali su uniformità applicativa e indirizzi operativi dell'accordo nazionale unico di lavoro per il personale delle Unità Socio Sanitarie Locali - DPR 25/6/1983, n, 348.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti in aula.
I lavori del Consiglio terminano qui e riprenderanno nel pomeriggio alle ore 14,30 con il proseguimento dell'esame del punto quarto all'ordine del giorno.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,40)



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