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Dettaglio seduta n.237 del 21/03/84 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: USSL: Piante organiche

Interrogazione dei Consiglieri Montefalchesi e Reburdo relativa all'organico delle USSL


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni e interpellanze", esaminiamo per prima l'interrogazione dei Consiglieri Montefalchesi e Reburdo relativa all'organico delle USSL. Risponde l'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore alla sanità

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'interrogazione si riferisce ai problemi sorti in relazione al ciclo formativo dei laureati e dei tecnici di ambiente e al loro inserimento nei servizi di igiene ambientale e nelle Unità Socio Sanitarie Locali.
Si è provveduto con deliberazioni della giunta regionale n. 145-20700 del 9.11.1982 e n. 127-23226 dell'8.2.1983 ad individuare una prima ipotesi di distribuzione del personale per ogni U.S.S.L. sia per operatori laureati sia per operatori diplomati.
Nelle deliberazioni in argomento si è inoltre provveduto ad invitare le Unità Sanitarie Locali ad avviare i necessari meccanismi per l'istituzione nelle piante organiche di detti posti previa trasformazione di quelli vacanti e per la successiva copertura in ruolo o per incarico.
Di tali deliberazioni sono state informate le Unità Sanitarie Locali rispettivamente con circolare n. 0093/135A del 17.2.1983 e n. 0318/135A del 22.2.1983.
A tutt'oggi risulta che trenta Unità Sanitarie Locali su cinquantaquattro hanno provveduto a richiedere all'Assessorato alla sanità la trasformazione di posti vacanti nelle piante organiche in posti di assistente tecnico (diplomato) e dì laureati per un numero complessivo di circa ottanta unità, di cui venti laureati e sessanta diplomati.
Risulta che gli uffici competenti abbiano già evaso circa il 90% delle richieste pervenute.
All'inizio dello scorso anno l'Assessorato alla sanità ha posto al Ministero alla sanità un quesito relativo all'opportunità di poter procedere all'adeguamento quali-quantitativo delle piante organiche delle Unità Sanitarie locali piemontesi in relazione all'approvazione della Legge regionale n. 7/82 di Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1982/84, considerando che le possibilità di deroga agli ampliamenti delle piante organiche previste dalla Legge n. 12/82 risultavano limitative rispetto agli obiettivi del P.S.S.R. approvato.
Il Ministero della sanità a tale quesito ha risposto negativamente.
La Legge n. 730/83 (legge finanziaria per l'anno 1984) ha ribadito il divieto a nuove assunzioni con facoltà alle Regioni di autorizzare deroghe alle Unità Sanitarie Locali per la copertura di posti vacanti nelle piante organiche.
In tale contesto, infatti, il Consiglio regionale con deliberazione n.
670 CR 3171 del 15.3.1984 ha autorizzato le Unità Sanitarie Locali piemontesi ad assumere, senza ulteriore autorizzazione regionale, ma a condizione che sussistano congiuntamente i seguenti requisiti: esistenza di posti vacanti in pianta organica coerenza delle figure professionali richieste dalla normativa vigente, degli obiettivi fissati dalla Legge regionale n. 7/82 e dal piano di attività e spesai ove approvato esistenza della copertura finanziaria.
Si può comunque assicurare che le Unità Sanitarie Locali stanno attivando le procedure necessarie per la copertura dei posti per i quali è stata richiesta la trasformazione.
La verifica svolta in queste settimane, anche su sollecitazioni dei partecipanti ai corsi laureati e tecnici, ci ha permesso di recuperare ritardi ed incomprensioni in alcune Unità Socio Sanitarie Locali.
L'Assessorato alla sanità segue con particolare attenzione sia le procedure di assunzione sia quelle di trasformazione dei posti in pianta organica, anche se tali procedure risultano essere piuttosto complesse.
Rimane aperto il problema di ordine generale che ha determinato la risposta negativa del Ministero della sanità in relazione alla estensione delle piante organiche provvisorie delle Unità Socio Sanitarie Locali, derivante dall'interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale relativa alle competenze delle Regioni.
Nell'ultima seduta il Consiglio sanitario nazionale ha espresso un preciso parere riconducendo la competenza delle Regioni alle deroghe e anche alle variazioni delle piante organiche, fatto salvo il quadro di riferimento che un apposito decreto del Presidente del Consiglio ha fornito, sulla base della sentenza della Corte Costituzionale per il momento delle deroghe.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere interrogante. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore per l'esauriente risposta. La nostra interpellanza nasceva appunto dalla constatazione che nella fase di trapasso di poteri, esiste una carenza di servizi per quanto riguarda l'igiene ambientale, con tutti i riflessi che questo comporta per la salute.
Prendo atto con soddisfazione che la Giunta ha evaso quasi tutte le richieste di trasformazione dei posti.
E' necessario adeguare le piante organiche provvisorie alle reali esigenze. La risposta negativa del Governo alla richiesta della Regione non ha permesso di risolvere questo nodo. Ci auguriamo che il riconoscimento della facoltà della Regione di variare le piante organiche, fermo restando il decreto del governo, si concretizzi al più presto.
Si tratta di sollecitare il Governo affinché emani il decreto in modo che la Regione adegui realmente le piante organiche delle Unità Sanitarie Locali e i servizi di igiene ambientale alle reali esigenze del territorio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione dei Consiglieri Bontempi, Ferro e Barisione relativa allo smaltimento rifiuti solidi


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Bontempi, Ferro e Barisione relativa allo smaltimento dei rifiuti solidi.
Risponde l'Assessore Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, Assessore alla tutela dell'ambiente

Avevo predisposto una risposta scritta, ma nel frattempo la questione è stata risolta. L'opera sarà finanziata dal Comune di Torino che ne affiderà la realizzazione all'Azienda municipalizzata raccolta rifiuti.
La relativa somma è iscritta nel programma e nel bilancio della Giunta comunale testè nominata.
Abbiamo avuto un incontro con l'Assessore comunale Bianchi, con il presidente del Consorzio e con il presidente dell'AMRR. Rimangono da risolvere alcuni problemi di carattere tecnico-giuridico, che stiamo affrontando con l'Assessore Bianchi del Comune di Torino, soprattutto per quanto riguarda l'approvazione del progetto da parte della Commissione tecnica regionale che avverrà entro qualche giorno, non appena il Consorzio ci trasmetterà il testo modificato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sono soddisfatto della risposta. Si avvia a soluzione un grave problema.
Invito l'Assessore a farmi pervenire per iscritto la sua risposta.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione del Consigliere Montefalchesi relativa alla discarica in località Fornace nel Comune di Villanova della Ditta SPAIC


PRESIDENTE

L'Assessore Calsolaro risponde all'interrogazione del Consigliere Montefalchesi, relativa alla discarica in località Fornace nel Comune di Villanova della Ditta SPAIC.



CALSOLARO Corrado, Assessore alla tutela dell'ambiente

Alla ditta SPAIC è stata rilasciata con delibera della Giunta regionale in data 17/11 /1983 l'autorizzazione all'installazione ed alla gestione di una discarica per rifiuti urbani e per quelli speciali limitatamente a quelli indicati ai punti 1 e 3 dell'art. 2 del D.P.R. 915/982, in Villanova d'Asti nel rispetto delle disposizioni del D.P.R. 915.
Agli atti dell'Assessorato risulta che la ditta abbia iniziato i lavori di allestimento della discarica e non già l'attività di smaltimento dei rifiuti.
Nel corso dei lavori la Provincia di Asti e l'Unità Sanitaria Locale n.
68 hanno effettuato e stanno effettuando controlli in merito alla corrispondenza dei lavori stessi al progetto ed all'eventualità che i lavori di scavo abbiano interferito con una falda.
I controlli dovranno anche stabilire la reale profondità della falda, la sua portata e se la stessa interessa i pozzi preesistenti in zona.
Gli organi di controllo che si sono attivati in merito non hanno segnalato a questo Assessorato l'esistenza di carenze relative alla dotazione di strutture tecniche.
E' opportuno segnalare che i Comuni di Nichelino e di Moncalieri, per conto dei quali la ditta SPAIC provvede alla raccolta, hanno ripetutamente sottolineato l'urgenza della soluzione del problema: infatti se la ditta non potrà scaricare i rifiuti, non potrà più svolgere l'attività di raccolta.
Questi due Comuni (Moncalieri e Nichelino) fanno parte del Consorzio Torino Sud, che non riesce ad attivarsi in quanto tutti i Comuni che lo costituiscono si oppongono alla localizzazione sul proprio territorio della discarica.
E' evidente che i rifiuti devono essere smaltiti: alla Regione non rimane che prescrivere tutte le normative tecniche necessarie ai fini dell'osservanza dei principi generali stabiliti dall'articolo 1 del D.P.R.
915 e agli organi preposti al controllo il compito di verificare che le ditte autorizzate rispettino quanto ad esse prescritto.



MONTEFALCHESI Corrado

Mi dichiaro soddisfatto.


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione dei Consiglieri Carletto, Picco, Cerchio, Brizio e Bergoglio inerente il risanamento conservativo della Palazzina di caccia sita nella tenuta regionale "La Mandria"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione dei Consiglieri Carletto, Picco Cerchio, Brizio e Bergoglio inerente il risanamento conservativo della Palazzina di caccia sita nella tenuta regionale "La Mandria".
La parola al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Ho predisposto una relazione dettagliata che trasmetterò per non impegnare troppo tempo ora. Si tratta del restauro di una parte del tetto della Mandria. Nel 1982 l'incarico fu affidato ad un architetto il quale ha redatto il progetto.
La Sovrintendenza ai beni ambientali è intervenuta prima che iniziassero i lavori e ha preteso che alcune parti del Castello fossero tolte mentre si riparava il tetto. La Sovrintendenza si è impegnata a spese proprie. Evidentemente si è dovuto modificare il progetto.
E' stata approvata la relativa deliberazione ed i lavori dovrebbero ora procedere. La relazione tecnica è però ricca di dati che i Consiglieri potranno valutare.
La Sovraintendenza ha anche promesso un suo contributo il che è abbastanza raro. Credo che non vi siano danni per le parti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, ho avuto modo di visitare il cantiere e mi sono reso conto dei danni per incuria a un bene patrimoniale non di poco conto, non tanto per la specificità di natura artistica, quanto per i valori storici che sono legati alle vicende della realtà regionale.
Dal momento in cui feci il sopralluogo - mi pare almeno due anni fa ad oggi, la situazione non sarà migliorata, il degrado sarà proseguito quindi i lavori che si rendono necessari per rimediare saranno più consistenti. Ecco allora che la nostra interrogazione era necessaria per sollecitare un provvedimento della Giunta regionale, la quale, per imbastisce una trattativa privata per la quale non sarebbe inopportuno il richiamo alla legge regionale.
Personalmente non ho approvato quella legge perché non la sottoscrivevo. Fortuna volle che non fossi presente quando si votò, per esiste una legge regionale che stabilisce che le trattative private, specie quando superano certi importi, sono necessarie solo quando ricorrono le condizioni di urgenza.
Il lavoro è stato affidato tre anni fa e oggi viene recuperato con la procedura d'urgenza in un quadro di lassismo, di non efficienza della macchina regionale che di fatto provvede surrettiziamente rispetto a procedure che avrebbero potuto essere molto più corrette.
Mi rendo conto delle difficoltà che concernono i rapporti con la Sovraintendenza però, signor Presidente, quando si intravvedono queste esigenze, si tronca il rapporto. La ditta peraltro in questa circostanza si è comportata con un fair play encomiabile, ma, obiettivamente, avrebbe anche potuto portarci sul versante del contenzioso di non poco conto.
Sottolineo la scarsa efficienza dell'Amministrazione regionale e richiamo la nostra attenzione su questo modo di procedere rispetto alle trattative private.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo - Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente gli Uffici dell'Ispettorato agrario di Torino


PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta risponde ancora all'interrogazione del Consigliere Chiabrando inerente gli Uffici dell'Ispettorato agrario di Torino.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Nel piano di sistemazione generale degli uffici avevamo previsto sin dal 1978 l'accorpamento di alcune unità.
Poiché il Palazzo di Via Sacchi si è reso libero, abbiamo ritenuto di accorparvi l'Ispettorato provinciale di Torino, l'UMA e gli altri uffici decentrati sul territorio, facilitando l'accesso in quanto lo stabile è vicino alla stazione di Porta Nuova e all'Assessorato all'agricoltura.
Pertanto l'unità dell'agricoltura è accorpata in un ambito di poche centinaia di metri. Ci pare una operazione positiva.



PRESIDENTE

Il collega Chiabrando ha facoltà di replicare.



CHIABRANDO Mauro

Colgo l'occasione di questa interrogazione per rilevare che il capitolo dei traslochi della Regione è ancora inesplorato, perché se ne è parlato poco malgrado si sia fatto molto.
A giudicare dai vari traslochi effettuati si può concludere che la Regione Piemonte è la Regione dal trasloco facile. Per la verità non conosciamo né il numero né il motivo dei traslochi avvenuti.
Sarebbe interessante registrare il numero e scrivere la storia dei traslochi e dei relativi costi, che forse sono sottovalutati.
Ritengo personalmente che molti traslochi siano stati fatti molto alla leggera, per motivi non fondati.
Nel caso specifico prendo atto della conclusione del Presidente. Noi partivamo dal fatto che c'era una soluzione ideale; quella del cosiddetto Palazzo di corso Stati Uniti che raggruppava tutti gli uffici dell'agricoltura facilitando l'accesso sia agli uffici che alle banche e all'istituto federale.
Adesso il Presidente dice che si dovrebbe ricreare questa unità in luogo diverso da quello di corso Stati Uniti. Staremo a vedere se veramente tutti gli uffici decentrati saranno raggruppati.
Comunque l'Istituto federale e l'Assessorato rimarranno staccati.
Ringrazio il Presidente della risposta.


Argomento: Contratti ed appalti

Interrogazione del Consigliere Nerviani inerente gli uffici regionali a Novara


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Nerviani inerente gli Uffici regionali a Novara. La parola al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Si tratta dell'accorpamento di tutti gli Uffici di Novara in un solo palazzo.
Il Consigliere Nerviani lamenta che nel momento in cui si è fatta la licitazione privata non si è data pubblicità sui giornali locali. Questo problema l'abbiamo valutato. I giornali locali sono a decine, quindi, o si pubblica su questi o si sceglie l'unico quotidiano esistente oltre "La Stampa" e il Bollettino della Regione.
Se l'orientamento fosse di pubblicare sui giornali locali si sappia che le pubblicazioni sono molte e anche gravose.
E' giusta l'osservazione, ma non si poteva fare diversamente.



PRESIDENTE

Se l'interrogante intende replicare ne ha facoltà.



NERVIANI Enrico

Ritengo sufficientemente convincente la risposta del Presidente, anche se l'importanza di notizie di questo genere deve passar sopra alla preoccupazione di orientarsi verso un unico canale.
E' importante far conoscere agli operatori locali che appalti di questo genere sono in atti, essi probabilmente potrebbero offrire a costi inferiori la propria attività. Capisco che la via di informare tutti i giornali locali è più complessa.
Era importante far sapere direttamente in provincia la notizia dalla gara d'appalto. Per quanto attiene alla destinazione dei locali, prendo atto che ospiteranno altri uffici regionali; debbo però dire che fino ad ora l'enorme spesa fatta per quell'enorme e bel palazzo è stata assolutamente improduttiva. Infatti, dopo che sono stati spesi centinaia di milioni, ora ospita solo il Comitato di controllo e Comprensorio.
La mia opinione sulla spesa per gli uffici del Comprensorio l'ho già manifestata altre volte, la ribadisco qui; è una spesa assolutamente inutile. Quelli di Novara sono uffici faraonici, bellissimi, che ospitano corpi assolutamente improduttivi, sarò ben lieto se quei locali verranno destinati ad altri uffici più produttivi e che giustifichino una spesa così consistente su un palazzo che, peraltro, non appartiene alla Regione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Di Gioia, Barisione e Turco relativa al trasporto dei lavoratori da Carmagnola alla Fiat Rivalta ed interrogazione dei Consiglieri Di Gioia, Barisione e Turco relativa al trasporto dei lavoratori della Stars di Villastellone


PRESIDENTE

Esaminiamo ora congiuntamente l'interrogazione dei Consiglieri Di Gioia Barisione e Turco relativa al trasporto dei lavoratori da Carmagnola alla Fiat Rivalta e l'interrogazione dei Consiglieri Di Gioia, Barisione e Turco relativa al trasporto dei lavoratori della Stars di Villastellone.
Risponde ad entrambe l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Per quanto riguarda il problema dei lavoratori residenti a Carignano che devono recarsi a Poirino il problema si può dire risolto. Infatti il servizio viene svolto dalla ATT mediante autolinee con spesa a totale carico dello stabilimento. Il servizio da Villastellone a Carmagnola ha avuto inizio il 2 gennaio u.s. Dal primo marzo il collegamento da Villastellone è stato prolungato a Carignano.
L'altro problema riguarda il trasporto dei lavoratori della ditta Chiesa. La ditta si faceva pagare degli importi superiori a quelli dell'abbonamento.
In relazione all'anomalo pagamento effettuato nel mese di gennaio dai lavoratori che usufruiscono della limea automobilistica Carmagnola-Rivalta gestita in concessione della ditta Chiesa, si precisa che l'Assessorato ha provveduto tempestivamente a richiamare il concessionario ad attenersi alle disposizioni emanate in materia tariffarla a livello regionale.
Accerteremo in questi giorni la regolarità della situazione.



PRESIDENTE

Il Consigliere interrogante intende replicare. Ne ha facoltà.
DI GIOIA Vittorio Ringrazio l'Assessore per la risposta. Prego di farmela avere per iscritto.


Argomento: Comuni - Consorzi - Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Picco e Cerchio relativa al Consorzio tra Comuni del Chierese per il servizio consortile di trasporto pubblico


PRESIDENTE

L'Assessore Cerutti infine risponde all'interrogazione dei Consiglieri Picco e Cerchio relativa al Consorzio tra Comuni del Chierese per il servizio consortile di trasporto pubblico.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Con la legge regionale n. 44 del 22.8.1977 la Regione Piemonte aveva dato avvio al processo di decentramento delle funzioni amministrative della Regione in materia di trasporti pubblici locali. In particolare, per quanto riguardava l'Unità territoriale di gestione n. 6 (Comuni del Chierese) la Giunta regionale emetteva il decreto di costituzione n. 8782/78 in data 22/12/1978.
Successivamente a tale atto i Comuni di Piobesi Torinese, Lombriasco Passerano Marmorito, Pancalieri, Pralormo, Osasio non ritennero più necessario aderire al Consorzio per i trasporti interurbani dell'unità territoriale n. 6, per cui deliberarono la loro rinuncia.
Nello stesso tempo si rilevò la difficoltà di rendere operative le 6 unità di gestione del comprensorio di Torino tenuto conto delle caratteristiche della rete di autolinee esercitate dal Consorzio T.T. e della possibilità quindi di suddividere competenze fra diverse autorità di controllo.
Ancora successivamente la Giunta regionale fin dal 15 marzo 1983 presentava alla II Commissione permanente il disegno di legge n. 312, in modifica della legge regionale 44/77, che tenuto conto oltre che delle leggi generali in materia di amministrazione pubblica locale, della legge nazionale 151/81 nonché delle leggi regionali di programmazione e di spesa propone la delega alle province delle funzioni amministrative regionali.
In sostanza con tale legge si dovrà definire il nuovo quadro istituzionale in cui collocare le funzioni e compiti dei vari livelli di governo (Regione, Province, Comuni, ecc.) oltre alle procedure ed alla definizione degli strumenti generativi.
Appare pertanto inopportuno, in questa fase interlocutoria, convocare i Comuni consorziati per definire linee e indirizzi operativi che come già accennato, troveranno collocazione nel disegno di legge regionale n. 312 attualmente oggetto di verifica e confronto politico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Prendiamo atto delle dichiarazioni dell'Assessore, ma dobbiamo protestare vivamente per questo modo, da un lato inconsueto e dall'altro assurdo, di concepire la gestione delle leggi regionali.
Noi non riusciamo a renderci conto come in questa Regione si continui con disinvoltura a ritenere che il processo legislativo debba essere continuamente in evoluzione e cambiare in una prospettiva che non si sa bene quale sia.
Su questo versante si collocano gli atteggiamenti della Giunta in riferimento ai Comprensori e alle Unità di gestione dei trasporti che sentiamo dall'Assessore essere ormai un istituto se non sepolto da seppellire.
Signor Assessore, non ci siamo nel modo più assoluto. Questo modo di concepire il rapporto gestionale della Giunta rispetto ad un istituto legislativo in atto e vigente non ammette comportamenti di questo tipo. Se vi fosse un difensore civico anche per i Consiglieri regionali potremmo adire al difensore civico per imputare vere e proprie colpe di omissione di atti di ufficio e per i danni che derivano dall'Amministrazione pubblica.
I casi sono due, o le leggi e gli istituti che stiamo gestendo, in questo difficilissimo contesto di eccessiva dilatazione degli organismi di rappresentanza e di gestione, sono quelli che legislativamente sono ritenuti i migliori per portare avanti una corretta gestione dei trasporti oppure la legge va cambiata immediatamente, però con dei provvedimenti consequenziali sul piano della gestione.
E' pur vero che l'unità, di gestione n. 6 ha avuto la disavventura della rinuncia in itinere di alcuni comuni che ha obbligato al ripercorrimento del percorso relativo alla costituzione del Consorzio, per non credo che vi siano motivazioni, sia sul piano tecnico, sia sul versante economico, per ritenere che la corresponsabilizzazione dei Comuni sul versante della definizione degli orari, sul versante della definizione delle razionalizzazioni dei percorsi, su una serie di componenti che determinano comunque nel complesso la responsabilità della gestione dell'istituto dei trasporti, per dire che il consorzio è ormai un riferimento superato.
Capire se tutto questo fosse stato sostituito da una proposta operativa diversa, se si fosse pensato per l'area torinese ad una organizzazione diversa, ma siccome tutto questo non avviene, mi chiedo dove andremo a finire.
Noi non ci riteniamo assolutamente soddisfatti della risposta e protestiamo vivacemente, con tutte le denunce che possono essere fatte anche in altre sedi.
Questo comportamento dovrà trovare il modo di sortire in una decisione tempestiva in termini legislativi o in termini operativi.
Non vogliamo nemmeno pensare che esista solo l'applicazione della leze perché vi sono comportamenti nell'ambito del potere discrezionale dell'esecutivo che si collocano responsabilmente e danno soddisfazione anche in termini di risposte reali sul piano economico, alle aspettative che, tra l'altro, provengono da istituti regolarmente costituiti secondo le norme legislative vigenti.



PRESIDENTE

Devo ricordare al collega Picco che se non è soddisfatto delle spiegazioni ricevute può adire alle altre iniziative previste dal regolamento consiliare.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Barisione, Bruciamacchie, Testa e Turco.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 384: "Norme per la formazione e la gestione dei bilanci di previsione e dei rendi- conti generali e per il controllo degli atti amministrativi degli Enti di gestione dei parchi naturali, delle riserve naturali e delle aree attrezzate della Regione Piemonte", presentato dalla Giunta regionale in data 15 marzo 1984 ed assegnato alla I Commissione consiliare in data 20 marzo 1984 N. 385: "Norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale" presentato dai Consiglieri Chiabrando, Lombardi, Penasso, Quaglia Giorsetti e Brizio in data 15 marzo 1984, assegnato alle Commissioni VII in sede referente e I in sede consultiva in data 20 marzo 1984.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 6 ed 8 marzo 194 - in attuazione dell'art. 7, primo comma della Legge regionale 6/ 11/ 1978 n. 68, sono depositate a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

d) Ordinanze del Tribunale Amministrativo regionale


PRESIDENTE

Il Tribunale Amministrativo regionale per il Piemonte, con ordinanza in data 19 gennaio 1984 ha dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 27 della legge 22 ottobre 1981 n. 865 e dell'art. 42 della legge regionale piemontese 5 dicembre 1977 n. 56, in relazione agli articoli 3 e 42 della Costituzione ed al criterio di ragionevolezza, nella parte in cui non prevede la possibilità di una realizzazione spontanea delle finalità del piano per gli insediamenti produttivi da parte dei proprietari delle aree assoggettate al piano stesso.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con ordinanza in data 25 gennaio 1.984 ha dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma della legge della Regione Piemonte 27 agosto 1982 n. 22 per contrasto con gli artt. 117 e 41 della Costituzione, laddove prevede la chiusura obbligatoria delle farmacie per un secondo giorno alla settimana.
Le relative sentenze sono a disposizione dei signori Consiglieri presso l'Ufficio Legislativo.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Esame ordini del giorno sui recenti provvedimenti assunti dal Governo nazionale


PRESIDENTE

Il punto quarto all'ordine del giorno prevede: "Esame ordini del giorno sui recenti provvedimenti assunti dal Governo nazionale".
Sono stati presentati i seguenti ordini del giorno: 1) n. 283 presentato dal Consigliere Brizio 2) n. 284 presentato dai Consiglieri Germi, Marchini e Turbiglio 3) n. 287 presentato dal Consigliere Montefalchesi 4) n. 288 presentato dai Consiglieri Moretti e Cernetti 5) n. 290 presentato dai Consiglieri Carazzoni e Majorino. Siccome sono relativi a fatti connessi tra di loro formeranno oggetto di una unica discussione. Do la parola al primo presentatore per l'illustrazione dell'ordine del giorno, il collega Brizio, che ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, i tempi estremamente ristretti mi obbligheranno ad essere schematico, mentre avrei voluto essere molto ampio perché l'argomento merita attenzione.
La crisi economica perdura sia a livello nazionale, malgrado il moderato aumento della produzione a gennaio dell'1,4%" sia a livello regionale. Il livello di disoccupazione raggiunge il 14% nell'area metropolitana.
Sappiamo che la Fiat non potrà più pesare come industria nell'economia piemontese come nel passato. Il rapporto Censis classifica Torino ad un livello di vita molto basso.
La nostra Regione è in forte declino. E' un dato estremamente preoccupante che abbiamo da tempo denunciato. Se ci sarà ripresa non ci sarà maggiore occupazione, almeno a breve termine.
Per la ripresa dell'economia è indispensabile ridurre il tasso di inflazione, rilanciare gli investimenti, avviare una nuova progettualità per il Piemonte.
Il tema della progettualità riguarda la capacità della Giunta, sulla quale noi siamo profondamente critici e non solo da oggi. La lotta all'inflazione e il rilancio degli investimenti sono temi che riguardano l'azione del Governo.
Il Consiglio regionale del Piemonte deve assumere una posizione di sostegno all'azione del Governo che può essere decisiva per la ripresa della nostra Regione. Come battere l'inflazione? Tra le cause si indicano generalmente il costo del lavoro, il costo del denaro e il decifit pubblico. A proposito di quest'ultimo occorre un chiarimento. Non interessa tanto il valore assoluto del deficit pubblico quanto il rapporto tra deficit pubblico e prodotto industriale lordo.
Solo attraverso la revisione di questo rapporto si possono creare le condizioni per far diminuire il debito pubblico in termini reali. Il costo del lavoro, è allora un elemento centrale nella lotta all'inflazione.
E' un nodo che deve essere affrontato. Noi avremmo preferito una soluzione concordata come avvenne con l'accordo Scotti, ma non è stata possibile perché ne è mancata la volontà.
Il veto posto non poteva essere accettato. Di qui l'iniziativa decisiva del decreto del Governo. E non si tratta di scegliere fra decisionismo e mediazione perché tutta la nostra presenza politica è stata caratterizzata dalla ricerca del consenso.
Abbiamo elaborato una cultura di governo che punta alla mediazione fra le parti sociali e non la rinneghiamo.
Una mediazione, non statica tra forze ferme, ma mediazione propositiva e finalizzata che non favorisca chi ha maggiore capacità di contrattazione chi è dentro il sistema: i forti che sono nel sistema a danno di chi non è nel sistema, i nuovi poveri e i disoccupati.
La decisione, non generalmente concordata, che il governo ha assunto è esigenza eccezionale di governo, peraltro necessaria, e noi in questo quadro e sotto questo aspetto la vediamo e la approviamo.
Ci preoccupa la frattura del sindacato e credo che preoccupi anche il Partito Comunista che l'ha determinata e voluta.
Non convince la spontaneità spintanea al pari di certe dimissioni dei lavoratori, non convincono le autoconvocazioni organizzate su ordine e che quindi non sono né libere né spontanee, non convincono neanche le manifestazioni che riempiono le piazze, ma non svuotano i posti di lavoro come quella di Torino, non convincono i Consigli di fabbrica usati ieri per la gestione del consenso (l'atteggiamento di fronte al decreto Andreotti sulla scala mobile e sul risparmio obbligatorio del 77 pure gestito nell'epoca di solidarietà con il consenso) e usati oggi per lo scontro.
Finisce così la fase dell'unità sindacale alla quale peraltro Cisl e Uil hanno pagato più di un prezzo.
Ricordiamo la proposta dello 0,40, importante e oggi pienamente rivalutata, che la Cisl ha dovuto ritirare e, per restare nell'ambito del Piemonte, ricordiamo l'accordo Teksid-Finsider che la Cisl non voleva e che all'insegna dell'unità ha siglato.
Condividiamo quindi il no al sindacato- partito o al sindacato del partito. La Cisl, la Uil e la corrente socialista della Cgil, come avviene sempre nei momenti cruciali per i lavoratori (ad esempio, nella Resistenza e durante la ricostruzione), hanno respinto con forza questa suggestione pericolosa per la democrazia.
E' finita quindi la meccanica unità formale che è costata anche la perdita del momento di espressione democratica dei quadri e della dirigenza, non ultima causa di una reale e grave caduta di rappresentatività. Noi non esultiamo con Ricossa che d'altra parte ha giustamente rilevato che il pluralismo sindacale è la norma democratica l'appiattimento e l'unità costituiscono l'eccezione.
Nè ci dogliamo con Vagliani perché pensiamo, al contrario di lui, che i migliori successi il sindacato li ha conseguiti negli anni precedenti l'unificazione.
Quest'ultima ha seminato il velleitarismo e gli equivoci che sono alla base della caduta di credibilità e di immagine del sindacato, e delle amare vicende odierne. Per noi è possibile ed auspicabile quella che abbiamo definito nel nostro ordine del giorno una positiva evoluzione dei rapporti fra i sindacati che eviti una drammatica e definitiva rottura e consenta invece un ragionevole riavvicinamento delle posizioni e degli atteggiamenti atto a promuovere una convergenza operativa che faccia del sindacato nel suo complesso un interlocutore significativo, ma pluralistico.
Il decreto sarebbe migliorabile e perfettibile, come ogni umana determinazione, ma non potrà esserlo perché si è scelto lo scontro parlamentare: l'ostruzionismo pervicace che comporterà il ricorso al voto di fiducia.
Cercare di impedire ad una maggioranza di esplicare il proprio diritto dovere di essere tale è azione di intolleranza, è azione arrogante e pericolosa per il funzionamento delle istituzioni, per quel funzionamento delle istituzioni tanto caro anche al Partito Comunista che sempre vi si richiama. Eppure il decreto poteva essere migliorato.
Noi facemmo una proposta con il responsabile nazionale on. Rubbi, che non era una proposta di sfiducia come qualcuno ha voluto dire, ma una proposta di garanzia offerta da chi ha fiducia nel meccanismo portato avanti a chi questa fiducia non ha o non vuole averla.
Si è tentato di speculare su questa parte come anche sulla proposta di Spadolini, che non poteva essere alternativa per la modestia dell'incidenza della semestralizzazione (semmai potrà essere un provvedimento successivo che incide nella struttura del salario, quando si potrà realizzare, ma non può essere alternativo alla riduzione del decreto).
Sul dopo decreto sul complesso delle manovre predisposte dal Governo si potrà correttamente esplicare la necessaria azione di perfezionamento per superare qualsiasi frammentarismo e dare corpo alla definizione di quel disegno politico progettuale organico che il governo si è proposto e che assume in questo momento per la nostra economia un valore strategico.
Siamo pronti e disponibili a migliorare i provvedimenti successivi.
In questo senso sono andate anche le indicazioni presentate dal senatore Donat Cattin alla Commissione Bilancio, presente il Ministro De Michelis, sulle quali (come su quelle di Rubbi) si è tentato soprattutto da parte dell'Unità di speculare facendone elementi di dissenso, mentre sono elementi di proposta e di puntualizzazione.
La nostra proposta di ordine del giorno che ha preceduto e probabilmente originato quelle successive degli altri Gruppi non è e non vuole essere una proposta strumentale. Non ci muove alcun velleitarismo n la volontà di creare particolari difficoltà al governo e alla maggioranza regionale. Le carenze della Giunta, le contraddizioni della maggioranza che noi cerchiamo puntualmente di fare emergere sono tali e tante che per quella svolta di governo dal nostro Gruppo più volte richiesta, manca soltanto la volontà di quelle forze politiche che compiendo e reiterando una scelta diversa se he sono assunte e se ne assumono la pesante responsabilità.
Se tale volontà non esiste, e sappiamo che non esiste oggi, a nulla serve l'emergere di una contraddizione in più. Sappiamo bene che non è un ordine del giorno che fa cadere una Giunta per quanto debole ed insicura.
Il nostro obiettivo per il quale siamo disponibili al confronto con gli altri ordini del giorno presentati da altri Gruppi con analogo indirizzo, è ben altro.
E' quello di contribuire attraverso la convergenza con le altre forze che sostengono con noi il Governo nazionale a far sì che il Consiglio regionale del Piemonte assuma su questo particolare argomento una posizione precisa, sappia esprimere al governo, in un momento di scelte difficili contrastate ma necessarie, il sostegno e l'adesione della comunità piemontese, guardando alto e lontano, senza i tatticismi ed i condizionamenti della situazione locale, agli interessi generali del Paese che non sono a nostro avviso cosa astratta, ma che al contrario si misurano nei fatti e nei comportamenti di ogni giorno.



PRESIDENTE

Illustra l'ordine del giorno del Gruppo liberale il collega Marchini.



MARCHINI Sergio

In primo luogo non esprimo valutazioni sulla presunzione di alcune forze politiche di avere generato le iniziative politiche del nostro Gruppo. Non nascondo invece che il nostro ordine del giorno è strumentale per provocare un risultato. Non ci si deve nascondere dietro a un dito.
Chissà perché dopo un po' di tempo alcune parole assumono un significato curioso. Addirittura una grande città dell'antichità, che abbiamo studiato a scuola che ha resistito per dieci anni agli assalti è diventata sinonimo di cose che non resistono mai agli assalti.
Perché strumentale è diventato un termine politicamente squalificante? A me pare che così non debba essere: una forza politica deve pur utilizzare gli strumenti, finalizzati ai propri obiettivi, che possono essere i più diversi.
Si tratta di vedere se questi obiettivi sono condivisibili e se sono politicamente corretti. Parliamo pure di una ipotetica strumentalizzazione delle forze di opposizione di una vicenda nazionale di questa portata naturalmente finalizzata evidentemente a capire se la profondità della divaricazione che si verifica a livello nazionale su questo tema tra P.S.I.
e P.C.I. non individua ormai per le due forze politiche una così abissale distanza rispetto agli obiettivi, agli strumenti, rispetto alle strategie che possa consentire un governo ragionevole in una Regione post-industriale come quella piemontese.
Il problema politico è in questi termini, questa è la ragione sostanziale del nostro ordine del giorno. Ve né poi un'altra. Ho l'impressione che le forze politiche debbano pronunciarsi a tutti i livelli perché non vorrei che questo processo che noi consideriamo storicamente significativo, non solo politicamente, debba essere interpretato nella sua profondità e che non passi poi alla storia come qualche intemperanza alla Forattini e che quindi questa vicenda rimanga più legata alle vignette e alla aneddotica che non alla storia politica del nostro Paese.
Siccome la storia si fa non soltanto con gli incidenti di caviglie davanti ai banchi di Montecitorio o di Palazzo Madama, ma si fa nel corpo sociale, riteniamo opportuno che il Consiglio regionale misuri la profondità delle vicende che sono avvenute.
Caro Brizio, la distanza abissale che ci divide e che vi divide anche dal P.S.I. - dovete riconoscerlo con assoluta franchezza - è che voi continuate a considerare la politica come mediazione: la politica è la sintesi, che è una cosa leggermente diversa.
Chi governa fa la sintesi. La sintesi è la responsabilità di cogliere dalle istanze diverse quanto c'è di accoglibile. La mediazione, invece, è la politica della rinuncia. E' una cosa completamente diversa.
Politica è sintesi. La cultura moderna, da Cartesio in poi, prevede la dialettica, l'analisi e poi la sintesi, ma mai la rinuncia.
E' riconoscimento dei limiti della propria proposta che, arricchita dal contributo del soggetto interlocutore sul piano dialettico e politico è in grado di asserire.
Lo scontro che sta avvenendo nel nostro Paese tra il P.C.I. e il P.S.I.
poteva avvenire anche tra il P.S.I. ed altre forze politiche. Non è un fatto nuovo e sappiamo anche in che termini si rimarginerà e si comporterà.
E' un problema tattico e strategico, non è un problema politico.
Il problema politico è un altro. Se questa battaglia la perderà Craxi non la vinceranno i comunisti, ma la vincerà qualcun altro.
Su questo bisognerà fare chiarezza. Non è strano che a livello parlamentare i socialisti trovino come alleati su questa posizione i liberali e non per esempio chiaramente schierate altre forze politiche di democrazia laico- liberale, le quali si aspettano dalla sconfitta di Craxi di essere le vere vincitrici. E' una battaglia in cui i protagonisti apparenti sono il P.S.I. e il P.C.I., ma il P.C.I. non vincerà mai questa battaglia, si troverà al massimo come in un omicidio inglese in cui c'è un assassino ma l'eredità la prende qualcun altro.
Craxi potrebbe anche morire per mano di Berlinguer ma questo non significa che Berlinguer diventi il Presidente del Consiglio, non significa che si cambi maggioranza, probabilmente si cambia semplicemente Presidente del Consiglio e il pentapartito cambia in linea politica e di comportamento.
In questo senso la strumentalizzazione dovrebbe essere vista, per esempio, anche nelle assenze sui nostri banchi e su altre vicende di questo genere.
Invece la posta in gioco è molto grossa.
Leggevo ieri in una rivista che i cervelli elettronici della nuova generazione utilizzeranno come vettore la luce e le informazioni dovranno muoversi alla velocità della luce.
Allora se le informazioni si muoveranno alla velocità della luce sembra non più praticabile una politica nella quale le decisioni hanno la velocità dei gamberi, se non delle chiocciole.
Craxi non ha fatto altro che cogliere l'esigenza di governabilità di questo Paese e la governabilità è un problema di tempi, è un problema - mi consenta ancora la D.C. - di sintesi e non di compromesso.
Il comportamento del Governo ha messo in grave crisi una prassi politica consolidata con cui di fatto esisteva un disegno culturale di fondo con cui alcune forze politiche si autoalimentavano, dalla maggioranza alla opposizione, impedendo a questo Paese sostanzialmente di essere governato e alle forze politiche e ai governi di governare: questa è la realtà della storia politica dal dopoguerra ad oggi.
Con questo intervento sul costo del lavoro, cioè sul primo decreto sul costo del lavoro, preso con questo comportamento, siamo a una svolta di cultura politica estremamente significativa.
Queste due forze politiche a livello nazionale hanno scelto delle realtà molto lontane l'una dall'altra: quella di Craxi vede la democrazia in un certo modo, ha una certa concezione dei rapporti tra le componenti sociali e delle relazioni industriali, quella comunista di tipo paleocapitalistica e paleooperaistica.
Se questa concezione antitetica della realtà odierna, dei rapporti e della politica fa sì che si arrivi allo scontro fisico a livello nazionale chiedo che mi venga spiegato dalla forze di maggioranza come questa distanza consenta di governare una Regione come quella piemontese in cui i problemi che sottendono alle decisioni del Governo sono i più cruciali e i più attuali.
Potrei capire se il dibattito lo facessimo a Posillipo o in un'altra città turistica, dove lo spessore dei problemi sul costo del lavoro e sulla politica industriale non è così significativo, ma in una città come la nostra che ha 80.000 non occupati e in una Regione come la nostra che si trova di fronte a una monocultura di ritorno ancora più radicata e ancora più penalizzante per il terziario avanzato, cerco di capire come si possa pensare di elaborare insieme un progetto che è la contraddizione delle stesse politiche a livello nazionale.
E' per questo che strumentalmente ho presentato un ordine del giorno che è quello che, in una realtà molto simile alla nostra, Milano, ha segnato, più di altri la divisione profonda tra il P.S.I. ed il P.C.I.
Convengo con il Consigliere Brizio sull'opportunità che le forze politiche che a livello nazionale hanno responsabilità di governo trovino in questa aula un ordine del giorno comune, ma chiedo che mi si spieghi come possono forze politiche così lontane sulla prospezione del futuro governare il presente.
Evidentemente non accetteremo un ordine del giorno estremamente edulcorato, estremamente sfuggente e non impegnativo come quello che, per esempio, è stato predisposto da un'altra forza politica.
Quando abbiamo presentato il nostro ordine del giorno il dibattito politico era ancora lasciato alle idee, ai giornali, al massimo alle vignette, mentre stiamo parlando il dibattito politico è passato allo scontro fisico, siamo tra non molto a un nuovo natale di Roma, è chiaro quindi che le nostre modestissime considerazioni non muoveranno di tanto la realtà politica del Piemonte.
Quindi non ci sarà problema né di maggioranza né di Giunta anche perch per parlare di problema di maggioranza o di Giunta bisognerebbe che la maggioranza e la Giunta ci fossero.
Ma così non è. Infatti, se andiamo a leggere alcune deliberazioni della Giunta regionale scopriamo, per esempio, che la Giunta delibera malgrado e nonostante la diffida a non deliberare su un certo argomento proposto dall'Assessore competente. Ho presentato un'interrogazione a questo proposito che attiene al Lago di Viverone.
La maggioranza è anche sintesi, non soltanto la compresenza di alcune persone intorno a un tavolo. Questa non è maggioranza, è soltanto una somma, il che è molto diverso.
La maggioranza si costruisce sulla volontà politica, non sulla incapacità degli altri di accorparsi, come è avvenuto nell'amministrazione comunale di Torino.
Qui si continua a vivere sudi slogan. Ho sentito una battuta molto gustosa "finalmente hanno capito tutti cosa facevano per la strada alcuni anni fa 40.000 persone, stavano correndo ad occupare i 40.000 posti di lavoro preparati da Viglione". Questa barzelletta potrà far ridere o meno e certamente ce n'è una che fa piangere,quella raccontata dall'avvocato Viglione ad una televisione privata, dove ha detto che a Torino lavoro ce n'è per tutti, basta andarlo a cercare.
Quando un Presidente della statura politica dell'avvocato Viglione si riduce adempire i propri spazi di immagine con battute di questo genere significa che il bagaglio programmatico, politico ed ideologico della maggioranza e della Giunta è inesistente.
La maggioranza e la Giunta non esistono, esiste un collage, una specie di commissario liquidatore che aspetta semplicemente la sentenza del Tribunale che ne dichiari nel giugno 1985 il fallimento.
Questo giudice sarà l'opinione pubblica. Noi riteniamo che questo dibattito debba servire alle forze politiche per riflettere sul ruolo che dovranno svolgere.
Probabilmente se il dibattito sulla concezione del governo e della politica che socialisti e liberali hanno a livello nazionale fosse stata confrontata, sarebbe stata resa più comprensibile alla gente la strana vicenda del mancato pentapartito a Torino.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, voglio attenermi strettamente alle materie poste all'ordine del giorno. Il Gruppo P.d.U.P, non ha presentato l'ordine del giorno in modo strumentale, ma lo ha presentato perché ritiene che una istituzione come la Regione debba pronunciarsi di fronte alle decisioni del Governo.
In queste settimane assistiamo a grandi lotte e ad imponenti manifestazioni da parte dei lavoratori e un'altra straordinaria giornata di lotta si sta preparando per sabato 24 marzo a Roma.
Non era mai successo nel nostro Paese che i lavoratori autonomamente dessero vita ad un movimento così ampio e di portata superiore alle iniziative ultimamente promosse dalla Federazione unitaria.
Eppure molti ancora continuano a sostenere che tale movimento non è altro che una strumentalizzazione del Partito Comunista con l'obiettivo di lottare contro il primo Governo a guida socialista.
Tutto ciò non è vero. Non conoscete i lavoratori italiani, non sapete quanta fatica i militanti sindacali devono fare per mobilitare i lavoratori quando non sono profondamente convinti della posta in gioco e che per essa vale la pena di mobilitarsi.
E questo lo possono dire non soltanto i militanti della Cgil, ma anche i militanti della Cisl e della Uil. Dire che il movimento sindacale è strumentalizzato significa fare torto all'intelligenza dei lavoratori che invece hanno chiaramente compreso che la posta in gioco è ben più ampia dei tre punti o dei cinque punti di contingenza, come dice Pininfarina: hanno compreso che in gioco c'è l'autonomia del movimento dei lavoratori e del sindacato e la possibilità di decidere democraticamente le scelte del sindacato e le sue rivendicazioni.
Vi sono problemi di democrazia all'interno del sindacato, problemi che da tempo sono latenti nel rapporto tra sindacato e lavoratori, problemi che con le scelte del governo, accettate da gruppi dirigenti di alcune organizzazioni sindacali, rischiano di essere risolti sulla via irreversibile della subalternità del sindacato al Governo.
Questa è la convinzione profonda che ha fatto scattare una così ampia mobilitazione dei lavoratori.
Il movimento è stato definito sterile e senza obiettivi, quando invece gli obiettivi sono ben precisi e sono quelli di riporre sul tappeto questioni centrali da sempre irrisolte come quella della equità fiscale e dell'uso delle risorse.
Ancora una volta si colpisce solo da una parte, si colpisce il salario dei lavoratori dipendenti; mentre d'autorità si interviene sulla scala mobile, nei confronti della larghissima fascia di evasione fiscale non si ha il coraggio di andare oltre agli appelli all'onestà come quelli lanciati alla TV dal Presidente del Consiglio nell'ultima conferenza stampa.
Come non ricordare che nei provvedimenti del governo non c'è nessun impegno per quanto riguarda l'introduzione dell'imposta patrimoniale l'avvio di metodi efficaci per una corretta tassazione dei redditi derivanti da lavoro autonomo? Non bastano le raccomandazioni e gli appelli nei confronti di chi non paga, occorrono metodi e strumenti.
Questa discriminazione, questa ingiustizia che ancora una volta viene perpetrata a scapito dei lavoratori dipendenti è grave, anche per quanto riguarda il rapporto tra istituzione e società, in quanto fa crescere la sfiducia nelle istituzioni da parte degli strati meno abbienti che ancora una volta, da soli, sono chiamati a pagare.
Ci sono non pochi dubbi sulla costituzionalità del decreto del Governo che per la prima volta nel dopoguerra costituisce una gravissima ed inaccettabile violazione dell'autonomia contrattuale delle parti sociali su una materia come quella del salario che è di stretta pertinenza delle parti stesse.
Invito tutti i colleghi a considerare la gravità di tale scelta che toglie certezza politica e giuridica alla contrattazione sindacale, quella certezza che è sancita appunto dalla Costituzione.
Come non rilevare che sulla grande e vera emergenza del Paese, che è il problema dell'occupazione, i provvedimenti del Governo sono assolutamente carenti. E questo è tanto più grave se si considera che se la ripresa, alla quale si guarda con speranza, sarà lasciata ai meccanismi spontanei del mercato, porterà la crescita della disoccupazione.
Qui verifichiamo e misuriamo il fallimento di questo Governo come degli altri governi che si sono succeduti nel Paese. Come non ricordare che manca qualsiasi serio impegno volto al superamento delle norme fortemente inique contenute nel disegno di legge 665 di riforma del mercato del lavoro che discrimina le fasce sociali più deboli? No, noi non ci rallegriamo della r ottura del sindacato, ma appoggiamo con convinzione e con decisione la scelta fatta dalla Cgil di non firmare l'accordo e di affiancarsi al movimento dei lavoratori guidati dalle strutture unitarie che i lavoratori si sono dati, cioè dai consigli di fabbrica, alla testa dei quali ci sono delegati non solo della Cgil, ma ci sono delegati senza tessera di partito, ci sono delegati della Cisl, ci sono delegati della Uil.
E' sintomatico che mentre si invoca per la Cgil l'autonomia e la democrazia, per quanto riguarda la democrazia interna alle organizzazioni sindacali che hanno accettato l'accordo proposto dal governo, si fa ricorso al commissariamento di dirigenti sindacali della Cisl che manifestano il loro dissenso come è avvenuto a Torino e a Pinerolo.
Appoggiamo questo movimento in atto ed appoggiamo le scelte della Cgil che ha avuto l'intelligenza di comprendere che se avesse accettato questo ulteriore accordo dopo quello del 22 gennaio 1983, ancora un accordo perdente sul proprio terreno, tutto a scapito dei lavoratori, si sarebbe operata una frattura drammatica, forse irreversibile, tra i lavoratori ed il sindacato, al di là della quale c'era la frammentazione dei lavoratori in tanti rivoli, in tanti corporativismi, facile preda certamente delle iniziative unilaterali delle imprese.
Ci sarebbero stati i lavoratori disperati e senza obiettivi che avrebbero scioperato contro il sindacato, contro un sindacato di stato senza più autonomia alcuna, perché subalterno alle scelte del governo, un sindacato che avrebbe dato sì in questo senso - che l'espressione sia felice - l'anima, quell'anima costituita dalla rinuncia alla legittimità a trattare che gli viene dal consenso dei lavoratori, in cambio di quel pugno di mosche costituito dalla legittimazione istituzionale che la centralizzazione della trattativa presuppone.
No, quelli che si stanno giocando non sono solo i tre punti di contingenza, non è nemmeno solo la pretesa del Presidente del Consiglio di far passare il decisionismo per capacità di governo.
Ma io mi domando quale capacità di governo? Guardiamo ai risultati di questo decreto, valutiamo i danni che il decreto sta comportando ai lavoratori, alle imprese e al Paese. E' uno scontro politico attraverso il quale si vuole mettere in ginocchio il movimento dei lavoratori.
Quello che si sta giocando è lo scontro sulla natura del sindacato in Italia, se ancora deve essere sindacato di classe e legittimato dal consenso dei lavoratori, come le grandi manifestazioni, come questo movimento rivendica, o sindacato subalterno al potere che trae la sua ragione di essere da un riconoscimento istituzionale: è questa la posta in gioco.
Che cosa è se non questo ciò che sottende la polemica tra centralizzazione delle trattative e partecipazione dei lavoratori. Ecco la natura dello scontro.
Ciò che è grave e avvilente è che a giocare questa partita contro i lavoratori è un Presidente del Consiglio socialista. Noi del PDUP siamo a fianco di questo movimento e lo appoggiamo con tutte le nostre forze affinché vinca e perché da esso parte una rifondazione del sindacato di classe, che tragga la sua ragione di essere e di trattare dalla legittimazione che gli viene dal consenso dei lavoratori. Lo facciamo anche perché riteniamo vitale per la democrazia salvaguardare la sua autonomia dal potere dominante oggi, domani, sempre, qualsiasi ne sia il colore.
Ma voi, forze del pentapartito che a livello nazionale governate guardate le vostre contraddizioni. Alcuni mesi fa nel nostro Paese e anche in quest'aula difendevate, come noi abbiamo fatto, come i compagni comunisti hanno fatto, l'autonomia del sindacato Solidarnosc.
Giusto, profondamente giusto. Oggi voi teorizzate la fine dell'autonomia del sindacato e dei lavoratori italiani dalle scelte di governo. Noi siamo invece perché il sindacato, qualsiasi sia la natura del potere, qualsiasi ne sia il colore, sia autonomo dalle scelte del governo e del potere.
Noi siamo sempre stati con i lavoratori e sempre lo saremo, perch riteniamo che la vittoria di questo movimento è la condizione per guadagnare la svolta della politica economica che abbia come priorità la vera emergenza, l'occupazione.
Solo dalla vittoria di questo movimento può venire la ricostruzione dell'unità sindacale fondata sulla sua natura di classe e sul recupero del rapporto democratico tra i lavoratori ed i gruppi dirigenti del sindacato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Stiamo discutendo nella sede del Consiglio regionale problemi che in realtà investono altre assemblee, tuttavia questo dibattito è utile e interessante in quanto si esprimono posizioni diverse per quanto riguarda la politica nazionale, la quale, non necessariamente, deve avere una ripercussione automatica sui rapporti nelle assemblee regionali.
Ricordo che anche all'interno dei Consigli comunali di Torino e di Milano ci sono stati pronunciamenti diversi che non hanno però provocato la caduta delle Giunte di sinistra.
Nell'affrontare un dibattito di questo tipo non possiamo non ricordare che la politica deflazionistica sia stata già attuata da tutti i Paesi dell'Occidente e anche da quei Governi di sinistra, come quello della Francia di Mitterand che, dopo un primo tentativo espansivo dei servizi, di fronte alle esigenze poste dalla situazione economica, ha dovuto cambiar rotta e passare alla lotta all'inflazione.
Il tasso di inflazione in Francia, anche se elevato, è assai inferiore a quello italiano e che in vista di una ripresa od almeno di un accenno di ripresa del sistema economico mondiale, l'Italia verrebbe a trovarsi assai svantaggiata se i differenziali dei tassi di inflazione continueranno a permanere sugli attuali livelli. Come si poteva avviare una politica antinflazionistica se non affrontando il costo del lavoro? Teniamo presente che in Francia, dove esiste un governo di sinistra con la maggioranza assoluta socialista in Parlamento e con la presenza comunista nel Governo il costo del lavoro è stato risolto bruscamente con un decreto che ha bloccato i salari, mentre in Italia, dove esiste un governo a presidenza socialista e fondato su una coalizione diversa da quella francese, non si è cercata una via breve, ma si è percorsa la strada della ricerca del consenso sociale.
Si è cioè avviato un dialogo con le parti sociali, i sindacati dei lavoratori e il mondo economico e imprenditoriale, per cercare di favorire un naturale terreno di confronto, per far sì che nell'ambito della manovra economica complessiva la parte riguardante il costo del lavoro venisse affrontata e risolta nel confronto fra le controparti.
Il Ministro del lavoro De Michelis, riprendendo un'azione svolta già nel precedente Governo dal Ministro Scotti e che aveva avuto un momento significativo nell'accordo del gennaio '83, si è confrontato e ha portato avanti una trattativa difficile, complessa, articolata; ha fatto tutto il possibile perché un' intesa venisse raggiunta; ha poi passato la palla al Governo, ma ha registrato la posizione pregiudizialmente contraria da parte di un movimento sindacale.
L'atteggiamento della componente di maggioranza della Cgil non è tanto determinato dalla valutazione obiettiva della manovra economica del Governo e dal peso che possono avere i punti di contingenza rispetto all'insieme delle misure proposte in favore dell'occupazione e del contenimento dei prezzi e delle tariffe e della lotta all'evasione fiscale, quanto da una posizione politica per non consentire al Governo di raggiungere, in accordo con le parti sociali, un risultato nella manovra antinflazione.
Questo ha portato come conseguenza un notevole stato di sofferenza all'interno del sindacato, che noi ci auguriamo possa comunque essere superato.
Non è intenzione dei socialisti, anche se danno una valutazione negativa alle scelte compiute dal movimento sindacale, favorire ulteriori momenti di rottura.
Noi riteniamo che il sindacato debba e possa ritrovare, se non lo spirito iniziale che ha animato la Federazione unitaria sull'onda nel 1969 per lo meno forme di convivenza tali da consentirgli di essere un reale interlocutore. Non si possono confondere tre punti sulla scala mobile con il grave problema della disoccupazione.
Constatata l'impossibilità di realizzare un'intesa con tutte le parti sociali, il Governo ha deciso di attuare la manovra economica a favore della quale si erano pronunciate due organizzazioni sindacali.
All'interno della Cgil, una parte di essa non ha condiviso la pregiudiziale posta dalla maggioranza della stessa Confederazione.
Il Governo ha pertanto deciso di imboccare l'unica strada percorribile: quella del decreto. E' un decreto non intangibile, ma modificabile, è parte essenziale di una manovra che deve essere vista nel suo complesso.
Nascono scioperi autoconvocati nei quali si pongono i temi dell'attacco al salario e si dice che le misure decise dal Governo sono una decurtazione delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, degli, operai e si punta al ritiro del decreto.
In realtà si compie un'opera di mistificazione dei problemi reali perché se la manovra antinflazionistica andrà in porto e riuscirà a contenere il tasso di inflazione entro il 10% non vi sarà nessuna decurtazione del salario reale.
Quello che conta non è la quantità di carta moneta che ci troviamo in tasca alla fine del mese, che a causa dell'inflazione svuota l'incremento derivante dagli scatti della contingenza, ma è il potere d'acquisto della carta moneta stampata, potere d'acquisto che tanto più viene difeso quanto più l'inflazione è contenuto.
E questo discorso vale per le retribuzioni più basse, perché da conteggi effettuati è stato ampiamente dimostrato che per i livelli più bassi la decurtazione di tre punti di scala mobile, con un tasso di inflazione del 10%, provoca un sostanziale mantenimento del salario reale quindi del potere d'acquisto; invece per i livelli medio-bassi, addirittura il salario reale aumenta perché il vantaggio che deriva dal contenimento del tasso di inflazione è assai superiore agli scatti di contingenza (tenuto conto che progressivamente sugli scatti di contingenza c'è l'incidenza del fisco, quindi quel che resta al netto è assai limitato).
Dunque non c'è nessun attacco ai salari reali, si tratta invece di una manovra complessa che prevede - e questo non può essere dimenticato - il contenimento dei prezzi e delle tariffe.
L'elemento fondamentale della manovra è di riuscire ad innescare l'inizio della ripresa per consentire il nuovo decollo della produzione, la creazione di posti di lavoro.
Nell'ordine del giorno che socialisti e socialdemocratici hanno presentato sono espressi giudizi favorevoli sull'intesa raggiunta tra la Regione Piemonte, il Ministro del lavoro e la Federazione unitaria Cgil Cisl-Uil per l'avvio di interventi straordinari per i disoccupati a reddito zero.
Con i compagni socialdemocratici, non sulla base della presunzione, ma per l'affinità che esiste tra le due forze politiche, abbiamo ritenuto di introdurre una politica dei redditi che deve essere verificata nel suo insieme, tenendo conto che questa verifica non è soltanto legittimata dall'appello del Consiglio dei Ministri. Sulla base dell'affinità tra le due forze socialiste, è stato deciso di presentare un documento che ci auguriamo registri anche il consenso del Consiglio regionale.
Nonostante che questi temi vedano momenti talora di scontro, vedano i compagni del sindacato ed i lavoratori vivere momenti drammatici, noi riteniamo che non debba esserci una automatica trasposizione di questi temi, di questa dialettica, di questi scontri all'interno del Consiglio regionale che è impegnato nel confronto sulle iniziative da realizzare nella comunità regionale.
Non è aria fritta, ma sono iniziative di ampio respiro.
Occorre lavorare seriamente per far si che ancora una volta la Regione Piemonte sia un polo trainante dell'economia del Paese, sia una Regione che offre possibilità di occupazione e di lavoro, una Regione che sappia utilizzare i momenti di crisi per costruire, per puntare su settori nuovi che sappia utilizzare il territorio, il suo tessuto sociale per innescare la via della ripresa e dello sviluppo.
Siamo persuasi che da una discussione franca e chiara trarranno benefici il Paese, il Parlamento, la Regione e tutta la sinistra. Pensiamo che la democrazia viva non soltanto di accomodamenti, ma anche di confronti.
Il nostro obiettivo è stato di confrontarci, e dopo il confronto, di scegliere.
Su "Notizie" della Regione, in riferimento alla continuità è stato inserito un articolo che richiama il ragionamento politico che noi facciamo all'interno del nostro partito la continuità delle Giunte di sinistra.
Il nostro non è un partito centralizzato.
Ha una sua autonomia, un suo decentramento. A livello di sezione, a livello di federazione, a livello di comitato regionale dibattiamo i nostri problemi e facciamo delle scelte politiche. Abbiamo fauci delle scelte politiche anche per quanto riguarda la costituzione della Giunta regionale che sono state quelle di appoggiare il sostegno alla Giunta di sinistra che è quella che ha affrontato i problemi in questi anni, sia pure con difficoltà.
Non esiste una strumentalizzazione. Se a livello nazionale siamo su una posizione diversificata, noi difendiamo la nostra posizione scelta a livello locale.



MARCHIARO MARIA LAURA



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Carazzoni per illustrare l'ordine del giorno presentato dal Gruppo M.S.I.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri. Vogliamo subito premettere di renderci ben conto delle difficoltà comportate da questo nostro intervento.
Intervento che - nella valutazione della manovra economica adottata dal Governo Craxi - deve venir strutturato in modo tale per cui, da un lato, la nostra opposizione ai provvedimenti antiinflattivi deliberati non debba e non possa essere assimilata e confusa con quella manifestata a sinistra dal P.C.I. (che, tra parentesi, come diremo in seguito, non appare credibile n convincente), onde non ne abbia a risultare neppure sfiorata l'immagine peculiare del nostro partito, che è quella di una forza politica prima di tutto ed innanzitutto anticomunista, cioè nobilitata (o ammalata, se volete) di un anticomunismo indiscutibile, profondo, viscerale anche.
Mentre dall'altro lato, il fatto contingente di opporci, come il P.C.I. ma per ben altre ragioni, al decreto-legge governativo, non può e non deve impedirci di considerare positivamente alcuni effetti che quello stesso decreto-legge ha prodotto, quali - ad esempio - l'isolamento comunista e soprattutto la spaccatura della triplice sindacale. Tenteremo di fare fronte a questo non facile impegno affidandoci ad una esposizione quanto più possibile concisa e chiara.
Anzitutto perché diciamo "no" ai provvedimenti antinflattivi del Governo Craxi. Ecco: il Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale ha ritenuto, in primo luogo, che motivazioni costituzionali, politiche sociali avrebbero dovuto evitare il ricorso al decreto-legge in materia di retribuzione del lavoro, per la cui regolamentazione un capoverso specifico della Costituzione - .articolo 41, terzo comma - prevede la riserva della legge ordinaria.
In secondo luogo, ha giudicato il decreto-legge come un prelievo forzoso sulla scala mobile, che non favorirà la ripresa economica perch comprimendo ancor più le capacità di acquisto della famiglia italiana verrà ad ostacolare maggiormente la produzione di beni e di servizi destinati al mercato interno, cioè a danneggiare le attività delle imprese agricolo- commerciali, industriali, artigianali, turistiche, professionali.
Colpirà innanzitutto i lavoratori dipendenti, ma anche altre componenti sociali quali ad esempio i proprietari d'appartamento che, con il blocco dell'equo canone, vedono proseguire ostinatamente la stessa politica già dimostratasi fallimentare negli anni passati, oltreché conseguenza prima della crisi nel settore dell'edilizia, a sua volta volano per altre molteplici attività economiche.
Infine - ed è questa la ragione di fondo della nostra critica - ci opponiamo al decreto-legge perché lo riteniamo del tutto modesto nei suoi risultati, comunque inadeguato ed insufficiente a combattere il processo inflattivo. L'inflazione è notoriamente determinata dalla abnorme dilatazione della spesa pubblica, clientelare improduttiva ed in costante aumento; oltreché dall'eccesso nell'importazione di combustibili e di prodotti agricoli che, nei soli primi dieci mesi del 1983, ha raggiunto il tetto dei 37 mila miliardi di lire. Orbene: i provvedimenti assunti dal Governo Craxi non incidono minimamente su queste cause, che sono poi alla radice dell'inflazione italiana. Dunque, diventa inutile, anzi dannosa qualsiasi manovra che prescinda da questa esigenza e, in particolare, che non agisca sulla spesa pubblica per azzerare il disavanzo corrente di ogni amministrazione e per lasciare alla produzione tutte le disponibili risorse finanziarie della Nazione.
Questa è la politica di alternativa del Movimento Sociale Italiano. Ma perché la nostra opposizione non può e non deve essere confusa ed assimilata a quella comunista? Responsabilmente, noi rispondiamo che la pretesa del P.C.I. e della corrente maggioritaria della Cgil di combattere oggi, in difesa dei lavoratori in Parlamento e nelle piazze, è contraddetta e vanificata da quanto fecero, ieri, lo stesso P.C.I. e la stessa corrente maggioritaria della Cgil, sottoscrivendo la resa a discrezione sul blocco delle liquidazioni e sul costo del lavoro - il cosiddetto "Patto Scotti" del febbraio 1983. E, allora come credere al disinteresse ed alla buona fede dell'odierna battaglia? L'obiettivo, tutti ormai l'hanno capito, non sono i decreti congiunturali tanto meno gli interessi della classe lavoratrice.
L'obiettivo è, invece e soltanto, Craxi, cui Berlinguer, con l'aiuto di Lama, vuol "dare una spallata", come testualmente affermato nel Comitato centrale comunista del 21 febbraio scorso.
Questo, lo sanno gli stessi comunisti che, quando furono in maggioranza, accettarono essi pure congelamenti di scala mobile e tagli di assegni familiari. L'opposizione del P.C.I. è dunque, puramente pretestuosa e strumentale: e, in quanto tale, non può pretendere d'essere considerata credibile e convincente.
Chiarite quindi - almeno dal nostro punto di vista - le diversità di fondo che esistono tra opposizione di destra ed opposizione di sinistra ai provvedimenti di lotta all'inflazione, classico topolino partorito dalla montagna, non intendiamo comunque sottrarci ad un commento politico di tutto ciò che questi stessi modestissimi provvedimenti stanno provocando.
Ripercussioni ed avvenimenti oltremodo significativi ed importanti e che noi riteniamo di dover sottolineare perché ci pare incomincino a delineare una realtà politica tornata finalmente in movimento rispetto ad una situazione rimasta anche per troppo tempo bloccata dal bipolarismo confessionale rappresentato dalla D.C. da un lato e dal P.C.I. dall'altro.
Vediamoli, dunque, questi fatti nuovi: essi sono, nell'ordine l'isolamento comunista, la rottura della triplice sindacale, la spaccatura nella Cgil.
Un terremoto, che noi registriamo con soddisfazione, accaduto nel volgere di pochi giorni, dopoché per un lungo e disastrato periodo era invalso l'uso sciagurato di subordinare qualsiasi decisione governativa al concordato consenso del P.C.I. e dei sindacati ! La prima volta che di questo condizionamento non s'è voluto tener conto; che non si è inteso cedere ad alcun ricatto; che si è cominciato ad affermare la possibilità di governare anche senza, o addirittura contro, il P.C.I. (con buona pace di vent'anni di politica morotea) . ecco che ti avviene in Italia! Certo, lo scontro è in atto e noi non sappiamo come andrà a finire. Ma per ora, questo il dato di cui - ribadendo la nostra opposizione al decreto legge - oggi noi siamo chiamati a prendere atto: che, cioè, la spaccatura del fronte sindacale è netta e che, demitizzandone l'unità, si toglie al P.C.I. una poderosa arma di pressione (e vogliamo per inciso ricordare, lo si prenda pure come un auspicio, che la frantumazione del mito della Trade Unions è stata la prima mossa vincente della signora Thachter...).
Oddio, vi è ancora spazio perché la situazione venga rappattumata perché si ricomponga il trio Cgil-Cisl-Uil; perché il P.C.I. torni alle più o meno occulte collusioni con il regime: ma, tutto questo, dipende soltanto dalle complicità che i comunisti potranno trovare entro i partiti della maggioranza e, in particolare, nella D.C., in una parte della quale almeno lo ha dimostrato l'intervento di Zaccagnini al XVI Congresso democristiano - è tuttora amorevolmente coltivato il vecchio sogno del compromesso storico.
Può accadere di tutto, dicevamo. Ma, per intanto, dobbiamo fermarci alla constatazione dei risultati politici che la manovra economica - una manovra, vogliamo ripeterlo ancora una volta, che noi giudichiamo nel merito iniqua ed inadeguata - ha determinato e potrà determinare. Per cui dobbiamo anche aggiungere, senza alcun timore che - se il progetto craxiano passa attraverso la rottura di schemi che hanno imprigionato per anni la vita della nostra società; e se rilancia l'attività politica come occasione, e concezione stessa, di scontro ideale - ebbene, questo modo di procedere (lo diciamo responsabilmente) ci interessa. Non per condividerne la sostanza - sia chiaro - ma perché convinti, pienamente convinti, della necessità di finalmente sbloccare la realtà politica italiana.
Ecco: questo è il nostro pensiero sul decreto-legge. E queste le considerazioni che esso ci suggerisce.
Non senza aggiungere ancora - lo diciamo per concludere - che misure antinflattive, costo del lavoro, riduzione della scala mobile certo sono problemi molto importanti ai fini dell'economia. Ma guai a pensare che i mali veri siano questi o soltanto questi. I mali veri sono, invece, quelli di una democrazia che non ha più idee, che non trova più slanci; che è incapace di dominare i nuovi equilibri o i nuovi squilibri che si determinano rapidamente nel campo politico come in quello economico come in quello morale, religioso, culturale. Il mondo sta attraversando una gigantesca crisi di trasformazione da un tipo di società ad un' altro: i l'Occidente e, in particolare l'Italia non soltanto danno l'impressione di non saperla dirigere, ma anche - il che è più grave - di non saperne tenere il passo. E qui sta il dramma, e insieme la condanna, della civiltà occidentale.
Signor Presidente, colleghi, noi riteniamo a questo punto di giovare all'economia dei lavori rinunciando alla nostra dichiarazione di voto finale ed anticipando sin d'ora che voteremo il documento presentato dal nostro Gruppo e non prenderemo parte alle votazioni sugli altri documenti degli altri Gruppi.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

E' aperta la discussione generale sugli ordini del giorno. Ha chiesto di intervenire il Consigliere Di Gioia. Ne ha facoltà.
DI GIOIA Vittorio Onorevoli Consiglieri, Signor Presidente, l'atteggiamento critico assunto dalla grande maggioranza dei lavoratori, e per essi dai consigli di fabbrica di tutto il paese, sul rifiutare il metodo con cui il governo ha attuato con decreto legge il taglio della scala mobile, è dovuto a fattori non certamente immotivati.
Non sta certamente a me dare un giudizio sulla sua incostituzionalità già insigni magistrati, eminenti personaggi della cultura si sono pronunciati.
L'intervento del governo con decreto legge su una materia di pertinenza delle parti sociali, quali gli imprenditori ed il sindacato, lascia perlomeno dubbi ed incertezze sulla sua costituzionalità. Per cui credo di poter affermare che da parte dei consigli di fabbrica ci sia la richiesta che, fra le organizzazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil e le associazioni degli imprenditori, si riapra al più presto la trattativa senza la forzatura del decreto legge, e che i lavoratori siano interpellati e messi al corrente durante il prosieguo della trattativa ed una eventuale ipotesi di accordo.
Oggi i lavoratori sono estremamente critici su quanto viene proposto dal governo in cambio del taglio della scala mobile. Di certo essi sostengono, c'è solo il taglio della contingenza, tutto il resto è incerto.
Il governo mette come punto fondamentale l'impegno della lotta alle evasioni fiscali; pur riconoscendo al governo questa volontà siamo convinti che la lotta all'evasione non può essere materia di scambio con il taglio della scala mobile. Comunque vadano le trattative, la lotta all'evasione da parte del governo è un dovere civile e morale nei confronti di chi le tasse le ha sempre pagate.
Per quanto riguarda il blocco dei prezzi amministrati, già negli ultimi mesi dell'83 essi hanno subito un forte aumento, oltre il tasso d'inflazione programmato, esempio benzina, e non bastano le venti lire di meno a modificare il giudizio nei fatti.
Per quanto riguarda i prezzi liberi, tutto si è lasciato alla buona volontà dei singoli operatori commerciali. Nel caso prezzi il governo non ha pensato ad un decreto legge per imporne il blocco, ma ha solo raccomandato ai responsabili di restare sotto il tetto d'inflazione programmato. Nei fatti si è assistito ancora una volta ad aumenti al di fuori di ogni controllo.
Quindi, ancora una volta, è convinzione generale che i sacrifici siano a senso unico e a pagare saranno sempre i più deboli: i lavoratori dipendenti, i disoccupati, i pensionati. Cioè coloro che hanno sempre pagato.
Ecco perché i lavoratori sono contrari a questa politica dei redditi.
Essi non credono che i loro sacrifici possano avviare nuovi processi produttivi, investimenti capaci di sviluppare nuova occupazione; anzi sono convinti che il risparmio che le aziende ne trarrebbero possa essere incanalato verso investimenti speculativi di tipo finanziario o sui titoli di stato i quali godono di esenzione fiscale, come i CCT ed i BOT. Quindi ancora una volta verrebbero sottratte ingenti somme ai settori produttivi per ingrossare i conti in banca dei più furbi, mantenendo alto il costo del denaro, penalizzando sempre più le piccole e medie imprese.
D'altronde non è stata minimamente esaminata una possibile patrimoniale sulle grandi ricchezze; questo è quanto pensano i lavoratori e per questo si sono mobilitati.
Quello che è certo è che i lavoratori non sono scesi in piazza contro il sindacato, ma per il sindacato. Essi sollecitano una iniziativa autonoma e unitaria tesa a riprendere il confronto con il governo su basi costruttive, con proposte credibili per uscire dalla crisi battendo l'inflazione.
Tutto questo non certo, come vorrebbero alcune forze politiche attuando una falsa democrazia, ma attraverso un'ampia consultazione ed un ampio consenso. Con la certezza che ognuno faccia la propria parte. Quindi con la democrazia del consenso, in grado di coinvolgere tutti i lavoratori gli operatori economici, tutto il mondo del lavoro e della scienza.
Se a tutto questo non si vorrà dare ascolto potrebbe risentirne in futuro il nostro stesso sistema politico democratico.
Quelle forze politiche che della ricerca del consenso hanno fatto un modo proprio del far politica, non possono rimanere insensibili a quanto viene loro sollecitato da migliaia di lavoratori, operai e tecnici pubblici e privati, democristiani, socialisti, laici e comunisti, di questa maggioranza produttiva che chiede il diritto di contare, maggioranza che nei momenti difficili è stata in prima fila nella difesa della democrazia e che per essa oggi si batte.
Non serve lanciare scomuniche o anatemi, ciò che serve è chiarire senza strane veline e senso e la portata della manovra economica garantendo il potere d'acquisto dei salari.
Mi auguro che dopo un chiarimento franco nel sindacato fra la Cgil-Cisl Uil, fra i consigli di fabbrica e le stesse confederazioni sindacali si possa tornare ad una forma di unità più solida di quanto non è stata nel passato.
Sono queste le ragioni per cui non ci convince la manovra economica del governo, che consideriamo ingiusta, sbagliata ed inefficace.
Sono queste le ragioni per cui voteremo contro gli ordini del giorno d'appoggio a tale manovra.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

Ha chiesto di parlare il Consigliere Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, io credo che le contraddizioni palesi, riconosciute da taluni e negate da altri, della situazione politica piemontese, ciò che quotidianamente viviamo in Consiglio, non debba essere ulteriormente sottolineato, se non altro perché i nodi politici sono conosciuti e dunque ritengo per lo meno inutile radunarsi per l'ennesimo scontro-incontro.
D'altra parte l'intervento di Di Gioia di questo momento e l'intervento di Moretti credo pongano due situazioni e posizioni talmente diverse che è nemmeno il caso di soffermarsi. Tra l'altro non fa parte del mio bagaglio di concezione della vita politica insistere oltre su queste palesi differenziazioni, anche perché sono di una evidenza lampante.
Parlerò invece del motivo per il quale il Consiglio regionale questa mattina si è riunito: e cioè per esprimere una valutazione rispetto al decreto che tanta parte, nel dibattito, nell'opinione pubblica, dalle forze politiche sta prendendo in questi giorni e probabilmente anche nei giorni a venire.
Io ricordo che il 29 giugno del 1981, con il primo governo Spadolini che non era ancora nella pienezza dei propri poteri, si evitò grazie al famoso protocollo che la tensione sociale degenerasse in una crisi dalle dimensioni perfino imprevedibili.
Quel documento era una nota programmatica non volta ai problemi contingenti: conteneva degli obiettivi di rientro dall'inflazione e indicava le condizioni di compatibilità rispetto ad essi; parlava di ristrutturazione del salario, ivi compresa la scala mobile, e dei livelli di contrattazione, dei mezzi per ridurre il divario fra costo del lavoro e salario in busta paga. Inoltre il documento fissava i tassi programmati di inflazione che sono sempre rimasti alla base della trattativa, come punto di riferimento per una politica economica, per l'attività contrattuale, per l'andamento dei prezzi e tariffe.
Un mese dopo, in un comunicato congiunto, i sindacati accettarono formalmente il principio di correlazione fra gli obiettivi macroeconomici e l'attività contrattuale, fra le esigenze della riduzione del disavanzo e della lotta all'inflazione; mentre il dibattito sulla revisione della struttura salariale metteva in luce l'obiettivo primario di difesa della professionalità.
Il gioco incrociato dei veti politici non consentì che la trattativa avviata dai primi governi a guida laica si concludesse sotto di essi neanche con l'intervento di autorità del governo.
La Democrazia Cristiana avallò la disdetta della scala mobile da parte delle aziende a PP.SS., favorendo l'irrigidimento delle controparti. Il P.S.I. si oppose all'intervento, ad ogni intervento governativo, in materia salariale (siamo nel 1981).
Il P.C.I. disse "no" ad ogni modifica, anche contrattuale dei meccanismi di indicizzazione, salvo poi avallare il confuso risultato dell'accordo Scotti. Ma ora possiamo dire che la trattativa impostata allora, con le caratteristiche di contenuto e di consenso sociale che prevedeva, non si è mai conclusa.
La nostra valutazione dell'accordo del 22 gennaio 1983 è ben nota. I riflessi negativi sulla finanza pubblica furono tali da compromettere ampiamente gli obiettivi di contenimento della spesa e di lotta all'inflazione; le ambiguità del testo conclusivo furono tali da innescare una polemica che non è stata ancora composta; la questione della professionalità uscì intatta e forse aggravata dalla decisione del "punto unico pesante" di scala mobile.
Restava solo il metodo della triangolarità, anche se di una triangolarità particolare, cogli imprenditori e i sindacati che non si erano mai incontrati direttamente al tavolo delle trattative.
Tale e tanta era la consapevolezza dell'insufficienza di quell'accordo che la ripresa del dialogo con il governo attualmente in carica originariamente denominata verifica dell'accordo precedente, si è ben presto tramutata nella ricerca di un nuovo accordo: che non c'è stato, a causa della divisione del sindacato.
La coerenza molto spesso è cosa estranea alle forze politiche italiane.
In uno degli ordini del giorno si alza la bandiera della politica dei redditi; sì è una cosa che fa piacere, meglio tardi che mai, perché i repubblicani parlano di politica dei redditi dalla fine degli anni '50, e la condizione economica del Paese era un po' diversa, avrebbe offerto occasione assai diverse da una politica dei redditi datata 1984, 25 anni dopo. C'è una significativa frase di Ugo La Malfa che dice: "Se la sinistra vuole applicare alla società la sua carica riformatrice, deve sapere come tale società è fatta, quale è il suo meccanismo di sviluppo e come su di esso si deve operare, per raggiungere il risultato riformatore cui mira".
Questo ammonimento di Ugo La Malfa è ancora attuale. Esso esplica un duplice rifiuto e un'opzione.
Il primo rifiuto si riferisce al "rifornimento a naso del politico alla giornata che segue a ruota il mutamento sociale, limitandosi a legalizzarlo. Il secondo rifiuto riguarda il riformismo di matrice marxista, di carattere dogmatico, secondo il quale le riforme sono davvero tali quanto "incarnano la rivoluzione".
Fu il riformismo che si espresse nell'ideologia dei movimenti del '68 che influenzò la strategia sindacale di quegli anni, che si realizzò in termini caricaturali nella "dissennata politica di spesa corrente" promossa dai partiti di massa nel chiuso delle aule parlamentari. L'opzione lamalfiana è invece quella del riformismo basato "sul sapere e sul metodo critico", che si esprime attraverso una politica di interventismo, affronta i problemi con gradualità e "tanto più riesce a modificare il cosiddetto sistema in atto quanto meno sproloquia sull'intenzione di modificarlo".
Che cosa ha fatto la sinistra a Torino in questi anni di crisi profonda? Si potrebbe sintetizzare in uno slogan: "Dal blocco ai cancelli Fiat del 1980 allo sciopero previsto sabato 24".
Ma la sinistra in Piemonte vuole cambiare, ha scoperto il nuovo. C'è scritto nel documento della Convention del P.C.I. che credo si avvierà nei prossimi giorni; è un documento sul quale oggi tutti dibattono. Ma il problema della sinistra dal 1975 ad oggi, che è lo stesso del documento della Convention, anche se qualche autorevole commentatore sembra dimenticarlo, è il problema di fondo delle forze politiche italiane e cioè l'incapacità che il sistema politico denuncia di fronte alla necessità di venir ai problemi di sostanza e di fondo, per stabilire che cosa bisogna fare, come condursi per incidere profondamente nella società quale essa è e non sulla società quale si crede o si finge di credere che essa sia.
Il P.C.I. oggi consegna una centralità tolemaica alla classe operaia in tutta la sua analisi, nel suo modo di amministrare, e in questo con l'assenso ed il consenso socialista. Noi siamo invece convinti che senza una autentica rappresentatività del sindacato non si possa fare politica dei redditi; ecco perché noi consideriamo la situazione sindacale odierna un salto all'indietro di molti anni, se non addirittura un salto nel buio.
In queste condizioni, signor Presidente e colleghi Consiglieri, che senso può avere questo dibattito e la presentazione di tanti ordini del giorno che il più delle volte si differenziano, non per il loro contenuto reale, ma per il lessico che si impiega per esprimersi? La Democrazia Cristiana ha presentato un ordine del giorno per vedere cosa farà il Partito Socialista.
Il Partito Socialista ha presentato autonomamente un ordine del giorno sul quale da poche ore sono confluiti anche i voti del Partito Socialdemocratico, per coprirsi da giochi, giochetti o difficoltà che il dibattito avrebbe forse potuto, o potrebbe, riservargli nel suo corso.
Brizio e Marchini, o Marchini non ricordo, hanno detto che con questo ordine del giorno non si tenta assolutamente di far cadere la Giunta di sinistra.
Ma quando l'onorevole La Ganga, che è anche responsabile degli Enti locali del Partito Socialista, arriva a dire in una dichiarazione che coi pare oggi sulla stampa quotidiana: "Se ci si prende a pugni in Parlamento non si può poi far finta di niente nelle Giunte regionali e comunali" e un altro esponente del Partito Socialista dice: "Bisogna andare fino in fondo costi quel che costi: è l'unico modo per affermare l'autonomia del Partito Socialista"; e l'onorevole socialdemocratico Long o sulla stessa scia dice: "Ora siamo convinti di dover andare avanti anche a costo di rispondere con fermezza al Partito Comunista. Per esempio troncando le alleanze negli Enti locali che senso possono avere le strumentalizzazioni a livello locale".
Le alleanze di governo sono ormai, non soltanto da oggi ma certamente segnatamente oggi, merce di scambio. Quale è quindi l'obiettivo di questo nostro dibattito, chiarito che la strumentalità non può essere stata alla base delle iniziative politiche, anche perché la usano altri. Può essere una presa di coscienza della situazione italiana e dei riflessi nel Piemonte delle misure conseguenti. E allora se è così non è possibile che il Partito Socialista, che nel suo ordine del giorno sposa come fondamentale - e finalmente diciamo noi - la tesi della politica dei redditi, non faccia poi conseguire all'azione politica a livello nazionale ma anche a livello regionale e comunale, azioni rigorose di comportamento gestionale.
Qualcuno si è chiesto come mai i repubblicani non abbiano presentato un ordine del giorno. Ebbene io vorrei ricordare che quando alla Camera qualche tempo fa, i repubblicani presentarono un ordine del giorno che riaffermava una serie di principi per un maggior rigore, l'ordine del giorno fu bocciato.
Noi auspichiamo un ordine del giorno che sia coerente con le cose che si affermano a livello nazionale, e a livello locale: se questo ordine del giorno deve essere un sostegno al governo così prepotentemente chiamato a decisioni che noi avremmo volute più incisive e rigorose, ebbene questo ordine del giorno lo si costruisca attraverso la disponibilità di quelle forze che sostengono il governo Craxi.
Io credo che oggi a dibattito parlamentare romano avviato più che del decreto, noi dovremmo interrogarci sul dopo decreto, se ci sarà, perché il tempo del dopo decreto è molto più vicino di quanto le polemiche di questi giorni non inducono a pensare e può essere anche pericoloso se ci si arriverà nella situazione di disgregazione sociale e sindacale che si sta profilando con contorni inquietanti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE MARCHIARO

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi, il dibattito introdotto dai numerosi ordini del giorno non è certo secondario rispetto ai problemi della nostra Regione; più volte in quest'aula abbiamo discusso della situazione economica della nostra Regione e non si può non riconoscere che le scelte e le indicazioni che vengono dal Governo centrale hanno inevitabili conseguenze sul tessuto economico, produttivo ed occupazionale anche sul nostro territorio.
Ovviamente, dato il clima che si è venuto progressivamente creando nelle istituzioni nel Paese, vi sono vari elementi che rientrano in un dibattito sul decreto oggi in discussione. Ci limiteremo perciò a pochi spunti che attengono anzitutto al contenuto ed alle finalità del decreto stesso, poi al confronto politico generale conseguente agli atteggiamenti assunti dalle varie forze politiche su tale strumento giuridico ed infine sulla rilevanza degli ordini del giorno all'interno del Consiglio regionale.
Pochi spunti, dicevo, al fine di sgombrare anche il campo da animosità inopportune e da taluni atteggiamenti estremizzanti assunti da varie parti a dimostrazione peraltro che il laicismo ha ancora bisogno di parecchio cammino da percorrere nel nostro Paese.
Anzitutto, il riconoscimento che il decreto si inserisce come intervento in un quadro economico fortemente preoccupante, specie per la nostra Regione, con una stazionarietà, quando va bene, nei livelli occupazionali e con una crescita della disoccupazione giovanile che non pu non essere al centro delle nostre attenzioni e delle nostre preoccupazioni.
Con queste difficoltà, ancor più evidenti nel nostro territorio, ha cercato di confrontarsi positivamente il governo centrale, la cui azione con il decreto si inserisce in un quadro più generale di politica economica che ha come obiettivo prioritario il mantenere il tasso di inflazione entro il 10%, assicurare salari reali migliori ai lavoratori attraverso una manovra complessa che tocca il freno alla politica dei prezzi e delle tariffe e che cerca di destinare risorse in interventi sempre meno assistenziali e sempre più finalizzati alla ristrutturazione e alla modernizzazione dell'apparato produttivo.
Il decreto è diventato poi una necessità, dopo mesi di trattative, a fronte della constatata impossibilità nata per spirito di parte e di partito, di trovare un accordo, un consenso tra tutte le parti sociali e questo decreto ha sicuramente effetti positivi, al di là di discussioni generali e sull'ipotesi di trovarsi di fronte ad una vera e propria deregulation, nella misura in cui finisce di accrescere in realtà il potere d'acquisto in termini di salario reale, sul cui esempio già faceva ampio riferimento il collega Moretti nel suo precedente intervento.
Certo, come si potrebbe dire, ricordando che oggi è il 21 marzo, che una rondine non fa primavera, così un decreto da solo non fa ripresa.
Tuttavia, noi riteniamo che si sia imboccata la strada corretta delle scelte, anziché della mediazione spicciola, ancorché in un momento di trattativa convulsa. Certo, dobbiamo anche riconoscere che abbiamo assistito nei mesi scorsi a una trattativa per alcuni versi anche ingarbugliata e sovente disarticolata in cui sono confluite di volta in volta tentazioni neosolidaristiche da un lato e neostatalistiche dall'altro, e che possono anche aver prodotto in alcuni casi un irrigidimento del sistema; infatti sono regolati, oltre ai salari, anche il collocamento e la mobilità, prezzi e tariffe.
Tuttavia non è un decreto contro i lavoratori, come da alcune parti si dice, né contro le fasce più deboli, poiché la previsione dei meccanismi tipo ammortizzatori sociali esistono, tanto che, guarda caso, su queste parti vi è il dissenso ad esempio degli imprenditori ed anche previsioni particolari per aree di crisi, per spese assistenziali a carico dello Stato, per deroghe alle assunzioni in alcuni organismi pubblici. Del resto per la ripresa produttiva nelle imprese il duplice meccanismo di alleggerimento degli oneri, sia sul lato del lavoro, con la contingenza e il suo raffreddamento, che sul versante finanziario, con la riduzione dei tassi non può che essere considerato come un intervento positivo. Del resto credo vi fosse ormai la convinzione diffusa che la scala mobile andava rivista e che il salario non è una variabile indipendente rispetto al complesso degli elementi che intervengono nella sua natura e nella sua dinamica.
Certo, rimangono ancora aperti molti dei problemi dell'economia italiana che sono i problemi più generali di una moderna politica industriale, tale da evitare interventi non programmati e di mera sussistenza: basti pensare che nel 1983 abbiamo avuto complessivamente 1.100 nuovi casi di ricorso alla cassa integrazione straordinaria con un incremento del 26% sul 1982 e mentre le proroghe sono state- nel 1983 oltre 700. Questo è un quadro preoccupante che va tenuto presente. Da sempre noi sosteniamo la necessità, e come Regione qualche passo certo magari inadeguato, ma pur l'abbiamo compiuto, di intervenire nel campo della ricerca e dell'innovazione dei progetti finalizzati della formazione professionale. Anzi la ricerca va ancor più sostenuta: basti ricordare il dato che il finanziamento pubblico copre appena il 9% della ricerca sviluppata dalle imprese contro il 33% degli Stati Uniti il 29% della Gran Bretagna e il 18% della Germania.
Ecco, questi sono anche segnali che la manovra del Governo in cui si rinserisce il decreto come prima misura, sia per frenare il mostro dell'inflazione "mangia risorse", generatore di disoccupazione, sia per avviare una vera politica dei redditi in cui si riconosce che non vi sono "totem" intoccabili nella struttura del salario e che politiche coraggiose possono rendere di più nel medio e nel lungo periodo.
Certo, passando al confronto politico più generale, non si può non evidenziare con preoccupazione il difficile momento sindaca le, anche se non era certo la soluzione migliore una unità fittizia rispetto ad un serio confronto sui contenuti e sulle proposte concrete, perché il sindacato non deve andare solo a discutere del decreto o dei punti di contingenza, ma di proposte serie e innovative per l'occupazione e lo sviluppo. Di sicuro, al di là comunque della questione dell'unità, vi è un indebolimento generale del movimento sindacale che subisce forti strumentalizzazioni partitiche fra l'altro, sindacati deboli non servono neanche per il sistema delle relazioni industriali in genere e non si recupera questa capacità soltanto con manifestazioni di piazza, alcune magari spontanee, certo, ma in prevalenza orchestrate, orientate e organizzate per scopo di confronto politico.
Non sappiamo se la scelta della tattica "gatto selvaggio" porterà vantaggi a quei Partiti, come il Partito Comunista, che hanno inteso estremizzare il confronto. Un sindacato investito dal Governo di compiti istituzionali e dall'opposizione di compiti contestativi finisce per essere un movimento sempre meno autorevole e rappresentativo, e questo di sicuro non giova a nessuno.
Noi pensiamo che se non vi fosse stata la scelta di estremizzare il confronto avremmo forse potuto recuperare capacità di dialogo e di comune lavoro tra le organizzazioni sindacali. In ogni caso, dobbiamo tutti assieme lavorare in questa direzione e per recuperare questo rapporto costruttivo.
L'altro riferimento generale è il passaggio da una democrazia consociativa, nel nostro Paese poi intesa più come mediazione che come confronto e capacità di aggregazione e di sintesi, a quella che è stata chiamata "democrazia governante". La capacità di scegliere e di decidere è nelle moderne democrazie, che sono complesse, spesso corporative, vitale e fondamentale, che non va vista come la prova di forza, ma come assunzione di responsabilità verso una concezione più moderna della politica del lavoro.
Su questo fronte riteniamo che il Partito Comunista abbia perso una grande occasione per dimostrare appieno la propria scelta occidentale discussione sull'Eurocomunismo a parte, l'abbandono del massimalismo e dello scontro, un'occasione per indicare la presenza di un movimento progressista di convinzione e di organizzazione riformista ed europea.
Noi auspichiamo si mantenga fermo quindi l'impegno, anche se abbiamo notato nel dibattito ammiccamenti solidaristici modificativi del decreto presenti in alcune parti della Democrazia Cristiana e tentativi di ridiscussione da parte ad esempio del Partito Repubblicano, a resistere alle pressioni di piazza organizzate e a superare l'ostruzionismo parlamentare. Quindi non vi può che essere consenso sulla scelta dei contenuti e di procedura avviata dal Governo, indicazione peraltro che non ha riflessi rispetto all'attuale maggioranza in questo Consiglio regionale che già in altre occasioni ha assunto determinazioni differenti al suo interno. Ciò fa parte della dialettica tra le forze politiche che peraltro anche all'interno del Governo nazionale esiste e su numerosi problemi ha già avuto modo di esprimersi. Ma, si sa, il pluralismo è il sale della democrazia. Queste sono le indicazioni contenute nell'ordine del giorno presentato dal Gruppo socialista e sottoscritto dal Gruppo socialdemocratico, ordine del giorno non chiuso chiaramente, ma aperto a possibili valutazioni di convergenza auspicabili in questo difficile momento.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Chiedo la parola per fare una proposta. Poiché è emersa da parte di forze politiche che si riconoscono nel governo nazionale la disponibilità a concordare un ordine del giorno comune, chiedo di sospendere la seduta e di riaprirla alle ore 15 con la votazione degli ordini del giorno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Non siamo contrari a questa richiesta, d'altra parte abbiamo già espresso il nostro voto contrario all'ordine del giorno.
Però, perché questa discussione non sposti gli argomenti all'ordine del giorno proporrei di utilizzare questa mezz'ora, di qui fino alle 13, per verificare le convergenze dei partiti su un ordine del giorno comune. Alla ripresa dei lavori si esauriranno le dichiarazioni di voto, quindi si potrà passare agli altri punti all'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Mi pare che la proposta del collega Bontempi sia molto logica. Chiede di parlare il Consigliere Moretti. Ne ha facoltà.



MORETTI Michele

Alcuni colleghi nel loro intervento hanno toccato problemi che richiedono una risposta che intendo dare perché in quest'aula si continuano a ripetere alcune affermazioni che non possono passare inosservate.



PRESIDENTE

Credo che la dichiarazione di voto possa contemplare anche eventuali precisazioni.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Le dichiarazioni di voto sono le conclusioni del dibattito. Se qualche forza politica ritenesse necessario un momento interlocutorio, come sembra avanzare il P.S.I., questa facoltà va riconosciuta altrimenti andremmo a precostituire un precedente che in qualche occasione potrebbe anche essere pericoloso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Se si ritiene di proseguire il dibattito, si prosegua adesso, se invece si ritiene di utilizzare il termine delle dichiarazioni di voto per dare alcune risposte si può fare, rimanendo nei termini.
Certo non possiamo reinventare un dibattito.



PRESIDENTE

Potremmo sospendere i lavori con l'intesa di riprenderli alle due e mezzo tenendo conto che il tempo che intercorre tra le dodici e trenta e le tredici servirà per tentare di presentare un testo concordato.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Presidente, devo dire che la maggioranza, che in qualche misura governa anche questo Consiglio, è riuscita a non far votare alcuni ordini del giorno per la stessa maggioranza molto imbarazzanti e questo ha determinato un precedente. Io insisto nel dire che la rinuncia ad intervenire nel dibattito può essere un atto di autoregolamentazione e di scelta di opportunità dei Gruppi e non può essere né imposta né richiesta.



PRESIDENTE

Il dibattito dovrebbe proseguire per dare modo evidentemente a ciascuna forza politica di precisare ulteriormente il suo punto di vista, quindi se non c'è unanimità nell'accogliere la richiesta di sospendere adesso per tentare un testo concordato, io sono dell'idea che il dibattito debba proseguire e le forze politiche facciano le precisazioni che intendono fare a seguito dei diversi interventi che si sono succeduti.
Quindi il dibattito è ancora aperto.



MARCHINI Sergio

La sospensione riguarda le forze politiche, non .il Consiglio.
Desideravo che rimanesse nella storia del Consiglio la non adesione al principio che si possa pensare che su un ordine del giorno non si prevedesse il dibattito. Ci tenevo che questo fosse precisato, che però non attiene all'oggi. Per parte nostra faremo una dichiarazione finale comunque sia l'esito della nostra trattativa.



PRESIDENTE

Nessuno vuole sopprimere il dibattito se le diverse forze politiche intendono proseguirlo.
Noi ci troviamo di fronte ad una richiesta di sospensione per tentare un testo concordato. Credo che la Presidenza debba accedere a questa richiesta.
Sospendo i lavori e comunico che saranno ripresi puntualmente nel pomeriggio alle ore 14,45.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.0)



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