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Dettaglio seduta n.224 del 28/12/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Bilanci preventivi

Esame progetto di legge n. 344: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 e relativi allegati" (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo il dibattito sul punto quarto all'ordine del giorno: Esame progetto di legge n. 344: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 e relativi allegati".
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendo atto della novità metodologica di presentazione del bilancio preventivo per il 1984; infatti anziché essere un documento a contenuto prevalentemente ragionieristico esso è illustrato e vivificato da un corposo e diffuso documento di 473 pagine a contenuto politico che si denomina "Quadro programmatico di riferimento" e che viene ulteriormente sintetizzato in un altro documento pure allegato al bilancio, dal titolo "Programma di interventi relativo alle previsioni del bilancio 1984".
Questo documento, che sintetizza l'altro più corposo, non lascia dubbi in ordine allo scopo cui è finalizzato, tant'è vero che nel preambolo di esso si legge testualmente "... tale documento che accompagna il bilancio costituisce il riferimento politico-programmatico per il bilancio stesso".
Evidentemente la Giunta ed il suo Presidente con questo documento hanno voluto dare al Consiglio la fedele traduzione e la sua interpretazione autentica del bilancio in chiave politica.
Così facendo hanno voluto cogliere, almeno penso, trasferendolo alla materia del bilancio, un principio che viene enunciato nello Statuto in materia di piano di sviluppo di cui avremo occasione di parlare, principio in forza del quale l'acquisizione dei dati occorrenti per la formazione del piano di sviluppo ha da essere accessibile a ciascun Consigliere regionale.
Il quadro politico-programmatico di riferimento che accompagna il bilancio ha indubbiamente la caratteristica di essere accessibile ad ogni Consigliere regionale ed è nel contempo un documento inscindibile dal bilancio in quanto la sua traduzione politica e la sua interpretazione autentica costituiscono la chiave di lettura del bilancio stesso.
Per cui può ben dirsi che questi due documenti, bilancio e quadro programmatico, data la loro stretta connessione e la loro inscindibilità "simul stabunt" o "simul cadent".
E' allora agevole e possibile esaminare il bilancio alla luce di questa sua interpretazione autentica, quale risulta formulata dalla Giunta. Va subito detto che il documento politico inscindibile dal bilancio non pu essere condiviso per un'essenziale e rilevante considerazione.
Leggo testualmente dal preambolo del documento "tale documento che accompagna il bilancio costituisce il riferimento politico-programmatico per il bilancio stesso, ma, nello stesso tempo, risulta significativo punto di riferimento per il nuovo piano regionale di sviluppo e per il programma pluriennale di attività di spesa che saranno definiti in tempi brevi".
Allora questo documento politico, inscindibile dal bilancio, è a sua volta inscindibile dal piano di sviluppo, cioè a dire di quel documento programmatico che è di gran rilevanza politica, che ha efficacia, se e in quanto esistente, di indirizzo, di prescrizione, di vincolo per l'attività propria della Regione e dei suoi Enti strumentali, oltreché per gli Enti locali, nelle materie ad essi delegate e per ogni altro soggetto operante nel territorio regionale. In tali precisi termini si esprime la legge 43 del 1977 sulla programmazione. Se così è - e mi pare che al riguardo non possono sussistere dubbi - questo documento politico accorpato al bilancio è a sua volta inscindibilmente connesso con un documento programmatorio di enorme rilevanza che però non è operante e non è calato nella realtà regionale piemontese e che ha la caratteristica del ritardo storico nel suo decollo.
A proposito del ritardo storico nell'adozione del piano di sviluppo triennale, strettamente connesso con il bilancio 1984, va ricordato quanto ebbe a dichiarare in quest'aula l'allora Vicepresidente della Giunta Sanlorenzo (di una Giunta di cui l'attuale rappresenta, come è stato detto la continuità ideale e politica) il 12 novembre 1981: "Dobbiamo presentare il piano di sviluppo entro la fine dell'anno e se non lo presentiamo ci direte quello che ci viene".
In qualche altra occasione abbiamo avuto modo di dire rispettosamente "quello che vi viene" come lo ripetiamo adesso e cioè che le Giunte che si sono successe dal 1980 ad oggi al governo della Regione Piemonte sono state inadempienti a questo impegno istituzionale per "impotentia generandi" a formare un piano accettabile; "impotentia generandi" che siamo convinti sia dovuta agli scollamenti, alle contraddizioni che hanno caratterizzato nel suo interno le maggioranze della terza legislatura.
Scollamenti causati a loro volta dalla difficile coabitazione in Giunta di due anime: quella comunista e quella socialista, coabitazione difficile perché quella socialista è un'anima che ha in sé la disponibilità a trasvolare accanto all'anima laica in una nuova, possibile eventuale compagine di governo. Ma per tornare al tema concreto del bilancio ed alla connessione fra il bilancio 1984 ed il piano triennale di, sviluppo c'è di più.
Infatti lo Statuto - e qui io mi richiamo ad una norma statuaria e non regolamentare che potrebbe essere trascurabile, superabile o contrastata dalla prassi - prevede che il bilancio preventivo annuale, le leggi e gli atti della Regione che comportano investimenti devono essere coerenti con le linee fondamentali del piano pluriennale di sviluppo.
Intanto può trarsi una prima conclusione ed affermarsi che il bilancio 1984, come il suo confratello del 1983, si collochino in un quadro statutario anomalo o per meglio dire in un quadro di persistente violazione statutaria, in quanto non può evidentemente essere coerente né con un programma pluriennale di attività o di spesa né con un piano pluriennale che non esistono.
A questo punto, anziché richiamarsi nel quadro di riferimento ad un piano di sviluppo in itinere, che non si sa se e quando vedrà la luce tanto valeva non parlarne più e dichiararne implicitamente e tacitamente il suo fallimento. E non perché possa fare piacere alle opposizioni, ma per una ragione obiettiva. Se in un modo o nell'altro il piano di sviluppo verrà ad esistenza nella primavera del 1984, sarà a sua volta anomalo e violatore dello Statuto perché, se sarà triennale come pare, tenterà di impegnare due anni della quarta legislatura, con tanto di programma pluriennale di attività e di spesa. Il che penso proprio che non sia istituzionalmente immaginabile. Non solo per questo, ma in via assorbente e preliminare per questo, il nostro giudizio ad un bilancio strettamente collegato e connesso con un piano di sviluppo che non esiste, è negativo.
In concisa sintesi si può ora passare in rassegna il quadro di riferimento del bilancio, quanto meno nelle parti più rilevanti, quindi telegraficamente dirò quanto segue: nucleare: noi siamo sempre stati favorevoli all'impianto del nucleare ma con la contestuale preoccupazione espressa in numerose sedi, l'ultima volta al Ministro Pandolfi, qualche anno fa qui a Palazzo Lascaris preoccupazione dell'effettiva realizzazione di tutte le cautele doverose relative alla sicurezza degli uomini e delle cose.
E' una preoccupazione normale da buon padre di famiglia prima ancora che una preoccupazione da uomo politico. Con una nostra proposta di legge regionale per il Parlamento avevamo richiesto che i Comuni interessati potessero affiancare ai tecnici dell'ENEL e dell'ENEA i loro tecnici di fiducia in via consultiva.
Non si arriverà a questo, però, ben pensandoci, questo poteva dar luogo a qualcosa di macchinoso, anche perché l'affiancamento dei tecnici dei Comuni ai tecnici dell'ENEL e dell'ENEA deve essere attuato attraverso una convenzione a cui ha accennato il Consigliere Carletto. In buona sostanza non si rimanga nell'immobilismo.
Parte istituzionale: alcune petizioni di principio sono condivisibili soprattutto quando si accenna alla necessità di cancellare l'immagine di una Regione amministrativa e gestionale. In numerosissime occasioni abbiamo sostenuto, non dicendo cose tipiche della nostra parte politica, ma interpretando lo Statuto della Regione e la Costituzione, che la Regione con questa Costituzione e con questo Statuto è delineata come ente legislatore e programmatore, non come ente gestionale, quindi quando si dice "necessità di cancellare l'immagine" ci trova perfettamente d'accordo purché finalmente (questo era già scritto nel programma del 1980, venne ripetuto nella verifica ed è stato scritto nel programma del luglio scorso) attuino le deleghe e non siano limitate a pochi e scarsi settori come si è verificato finora.
Nella parte istituzionale si dice di dover essere propositivi nei confronti del Parlamento mediante la presentazione di progetti di legge nazionali di rilevanza regionale. Anche questo ci trova d'accordo e noi confidiamo che in questa ottica l'assemblea vorrà prendere in considerazione una proposta di legge nazionale al Parlamento che presenteremo nei prossimi giorni diretta all'istituzione, con legge regionale, del Difensore Civico nelle USSL, nelle Province e nei Comuni.
Quando si discusse si approvò la legge sul Difensore Civico e tutte le parti politiche misero in evidenza i limiti del Difensore Civico perch poteva occuparsi soltanto delle disfunzioni della pubblica amministrazione regionale.
Ne fanno fede le relazioni annuali, sulle quali discuteremo, dalle quali risulta che vengono segnalate le disfunzioni della pubblica amministrazione, ma la maggior parte nulla hanno a che vedere con le competenze regionali, ma che hanno costretto il Difensore Civico a non deludere il cittadino che chiede giustizia, in sostanza quell'istituto è diventato una specie di ufficio raccomandazioni.
Se è vero che la Regione deve essere propositiva al Parlamento, il nostro disegno di legge verrà preso in considerazione anche perché tutti avevano espresso la volontà di ampliare la sfera del Difensore Civico direi - soprattutto nelle USSL.
Deleghe: non possiamo non essere d'accordo sulla delega in coerenza con quanto detto circa la Regione come Ente legiferante e non gestore.
La delega è prevista dallo Statuto ed in questo documento programmatico si addita alla necessità di una legge quadro per le deleghe.
Nell'aprile 1981 senza voler vantare primogeniture, su "Notizie" rilevammo che alla previsione statutaria della delega non aveva fatto seguito una legge quadro regionale individuatrice degli Enti locali destinatari delle deleghe e delle relative singole materie da attribuire ad essi, oltreché legge individuatrice degli aspetti funzionali e strutturali delle deleghe stesse.
L'altro punto connesso con le deleghe è quello degli Enti strumentali per i quali riteniamo necessaria una legge quadro prima ancora di parlare della loro funzione e del riordinamento.
Nel 1981 avemmo già occasione di esprimerci in questo senso. E' necessario che i principi dello Statuto in materia di Enti strumentali vengano approfonditi, sviluppati e trasfusi in una legge quadro regionale che preveda in maniera concreta, penetrante e vigorosa sia le regole presupposte per l'istituzione e la strutturazione di ogni Ente strumentale sia le funzioni di vigilanza, di in dirizzo, di coordinamento e di controllo. Questi principi vanno sviluppati, studiati ed approfonditi. Per intanto si poteva quanto meno provvedere all'omogeneizzazione degli stessi.
Perché nelle leggi istitutive della Promark e della Stef non esiste una norma la quale preveda l'obbligo della relazione previsionale e programmatica da allegarsi al bilancio di previsione della Regione ed una relazione sull'attività svolta? Questi obblighi sono previsti per la Finpiemonte e per gli altri Enti strumentali.
Nell'attesa della legge quadro in materia di Enti strumentali avevamo proposto alcuni disegni di legge, che sono ancora da esaminare.
Ricordo che è giacente un progetto di legge con il quale si chiede di nominare una Commissione di inchiesta perché nel 1982 notizie giornalistiche confermate dall'allora Assessore al bilancio avevano esteriorizzato all'opinione pubblica che c'era un deficit di oltre un miliardo e mezzo per i Caseifici di Vigone e di Crescentino.
L'allora Assessore al bilancio ebbe a dire: "Non posso affermare se si tratti di passività riconducibili a condizioni di mercato oppure a gestioni che non siano all'altezza". Il Presidente della Coldiretti di Cuneo aveva parlato di errori commessi in buona fede. Mi sembra doveroso che per sapere se siano stati commessi errori in mala fede o in buona fede, per sapere se le gestioni siano state all'altezza e per sapere se ci sia stata o meno una colposa "mala gestio" la Commissione d'inchiesta avrebbe dovuto imporsi.
Non vedo nell'elenco degli Enti strumentali di cui in rapida sintesi si è occupato questo quadro programmatico, l'Istituto Cartografico. Forse sullo stesso è calata la cappa protettiva.



PRESIDENTE

E' bruciato.



MAJORINO Gaetano

Poi è stato ricostruito o non sono stato informato. Comunque non credo sia bruciata la legge istitutiva e non credo siano bruciati tutti i costosi macchinari che erano contenuti. Comunque non se ne parla.
Allora chiedo a me stesso: è calata la cappa protettiva del segreto istruttorio o nell'ordinanza di rinvio a giudizio ci dirà qualcosa il Giudice Griffa? E' quello che staremo a vedere nei prossimi giorni.
Sanità ed assistenza: questo è il settore più tartassato dalla legge finanziaria, se è vero come è vero che le passività delle USSL dovranno essere sanate dalla Regione con i fondi versati dallo Stato.
Si è passata la patata bollente dallo Stato alla Regione e forse si dovranno applicare i tickets, ma di questo ovviamente non parla il bilancio, non parla la relazione programmatica; comunque tutto questo darà alla collettività piemontese un'immagine della Regione non piacevole.
Se la nostra fosse un'opposizione rozza, potremmo dire tanto peggio tanto meglio, ma non è una regola a cui ci ispiriamo.
Rimangono le pesanti passività delle USSL cui dovranno far fronte le Regioni e qui si risale al peccato d'origine della legge 833: la loro gestione prevalentemente politica.
Ancora una parola sulla sanità. Si accenna alla necessità, ma non in maniera prioritaria, della riforma dell'USSL Torino n. 1-23. Questa riforma dovrebbe essere compresa nell'elenco delle priorità, anzi dovrebbe essere la prima priorità, senza attendere che quella Commissione comunale di cui ci hanno parlato nelle consultazioni i rappresentanti dei Comuni si installi, designi il suo Presidente, ci dia dei suggerimenti come si era detto entro il 31 marzo.
Ormai la V Commissione consiliare ha gli elementi per poter decidere: ha consultato tutte le persone che dovevano essere consultate. Se i Consiglieri comunali di Torino erano presenti in due o tre non è colpa nostra.
In altri termini penso che i due disegni di legge, l'uno del Gruppo DC e l'altro della Giunta che trattano la medesima materia, debbano procedere senza ulteriori indugi.
Per concludere farò ancora un accenno alle ultime tre pagine del quadro programmatico di riferimento.
Sono pagine che lasciano perplessi. Sono intitolate: "Atti legislativi previsti dal programma".
Se le parole hanno un senso, dovrebbero significare proposte di legge o leggi già formulate che dovrebbero essere varate ed approvate entro il 30 giugno 1985. Sono 108 leggi, tutte piuttosto corpose.
Fra le altre ci sono il disegno di legge per la riforma della legge 56 ed il nuovo piano sanitario regionale. Se in altre occasioni si è parlato a proposito di progetti della Giunta, di libro dei sogni, in questo caso credo che i sogni siano di più palpitante attualità e se questo fa parte integrante del bilancio sul piano operativo, se sono gli atti legislativi previsti dal programma connesso con il bilancio, mi pare che si debba dire che questo è un programma faraonico e non credibile.
In sostanza, se la prima parte non poteva essere condivisa per le ragioni che ho esposto a proposito della convivenza fra bilancio e piano di sviluppo che non esiste questa ultima parte conforta il voto negativo che verrà formulato perché non è concepibile che ben 108 provvedimenti di legge vengano varati soprattutto se si tiene presente che nel 1982 ne sono stati varati 40, nel 1981 59 e nel 1980 87.
La media annuale è attorno alle 60 leggi.
Anche se si lavorasse a tempo pieno non è ipotizzabile che possano essere varati 108 provvedimenti di legge interpretativi ed attuativi del bilancio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nella relazione del Consigliere Valeri sinteticamente ed efficacemente si annunciano le caratteristiche che presenta il bilancio di previsione del 1984 che sono da un lato l'esiguità delle risorse libere e le disponibilità della Regione e dall'altro la crescente rigidità della spesa che riduce gli ambiti e i criteri di scelta nel determinare la quantificazione delle uscite. Credo si debba riflettere sul modo in cui lo Stato sta muovendosi in questo periodo in ordine al rapporto finanziario tra Stato e Regione. Si pensi alla mancata riforma della legge di finanza regionale.
Ho preso le mosse da questi due elementi richiamati nella relazione del Consigliere Valeri per dire che forse partendo da queste due debolezze si può far partire un discorso diverso sul tema del bilancio e sull'utilizzo delle risorse regionali e su come queste debbano essere collegate ad un quadro programmatico.
Per quanto riguarda il piano di sviluppo dobbiamo dire che non abbiamo compiuto fino in fondo il nostro dovere e che dobbiamo recuperare rapidamente un ritardo perché, senza questo quadro di riferimento complessivo, si finisce per cadere inevitabilmente nell'episodico e per non dare segnali di grande valenza lungo i quali anche la comunità regionale nelle sue articolazioni possa riconoscersi.
Se è vero che dobbiamo rapidamente predispone questo documento, bisogna dire che, per quanto riguarda una maggiore qualificazione della spesa questa è contenuta nel bilancio di previsione del 1984.
Il bilancio 1984 intende privilegiare interventi strutturali lungo alcuni filoni riconosciuti da tutto il Consiglio come prioritari e sono il settore dell'ambiente, il settore delle opere pubbliche, il settore della formazione professionale e, più in generale, quello della formazione umana oltre al settore del turismo.
E' naturale e giusto che vi siano difensori di settori particolari che possano avere qualche cosa da recriminare, ma rispetto alla prima questione occorre aver presente che vi è il pericolo di cadere nella corporativizzazione dei bilanci che possono diventare ingovernabili e che finiscono per essere una sommatoria di "desiderata" che non ottengono risposta.
Sempre più occorrerà muovere assieme risorse pubbliche e risorse private; tanto più riusciremo in questo intento nella misura in cui riusciremo ad avere proposte e progetti che siano condivisibili e credibili anche da parte della collettività regionale.
Nel bilancio predisposto si riconosce la necessità di modificare alcune parti della struttura storicamente consolidata della spesa regionale e si esprime la volontà di aiutare la comunità regionale verso la ripresa quindi non è un bilancio statico o di transizione, ma un bilancio che pur nella limitatezza delle risorse libere si pone l'obiettivo dell'avvio della ripresa.
Il fatto che il bilancio di previsione non è accompagnato da un quadro di riferimento finanziario va colto in tutta la sua positività e da quello che ho letto dai documenti scritti consegnati durante le consultazioni nella I Commissione mi pare che lo sforzo della Giunta sia stato colto dalle varie articolazioni sociali piemontesi come un segnale positivo e significativo, ancorché nel merito ci siano giudizi magari negativi o diversi su singole parti e singole voci di spesa e di intervento regionale.
Vanno fatti alcuni aggiustamenti in ordine a maggiori finalizzazioni di spesa secondo un quadro programmatico che non può più tardare anche se ormai abbiamo imboccato il finale.
E' un programma da limare, da irrobustire sul piano concreto e della certezza previsionale perché spesso gli altri richiami, da soli, non servono e sono, per parafrasare, come il sole d'inverno che illumina ma non riscalda.
Il piano di sviluppo dovrebbe irrobustire e dare maggiore certezza però siamo avviati lungo questa strada, che diventa sempre più il vero documento politico su cui confrontare atteggiamenti e posizioni relegando il bilancio, che è sempre stato l'unico vero atto significativo della politica amministrativa, quasi in seconda posizione.
Il bilancio di previsione del 1984 rappresenta un punto di riferimento importante per la comunità, per le forze sociali che non rifiutano il confronto e il dialogo in un rapporto costruttivo.
Sta a noi cogliere gli elementi di novità e di proposta. Ciò vale per il settore dell'innovazione, della formazione umana, del territorio che si costruisce salvando l'ambiente ed operando nella difesa idrogeologica.
Nel rapporto con gli Enti strumentali, nella politica del personale sul tema della professionalità sono auspicabili ulteriori passi avanti così come attorno al discorso del riordino legislativo.
Gli atti che dovremmo porre in essere sul piano legislativo debbono essere prevalentemente indirizzati lungo il filone del riordino legislativo, dell'accorpamento delle norme al fine di comporre un corpus legislativo ordinato, chiaro ed agile per la comunità.
Auspichiamo che attorno a queste previsioni vi sia anche l'impegno della comunità regionale perché l'Ente Regione da solo non può sostenere l'impatto della crisi e le risposte che a questa si debbono dare. Il bilancio è un punto fermo che può rappresentare un momento di coagulo che consenta nel 1984 di avviare alcune politiche innovative e di ripresa per la comunità piemontese.
Per queste ragioni il nostro Gruppo voterà a favore del bilancio di previsione per il 1984.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la rilevanza delle risorse impiegate, 2.287.803.370.180 lire per l'anno 1984, con un incremento del 15,7% rispetto al 1983, pur nella certezza che non sarà mai possibile coprire tutte le domande; le molte migliaia di persone impegnate nell'erogazione di servizi; l'enorme impatto esercitato sulla totalità dei cittadini, sono elementi che permettono alcune riflessioni sui capitoli della spesa socio-sanitaria.
Riflessioni che fanno nascere alcuni interrogativi sulla qualità del servizio fornito, sulle sue caratteristiche, sugli indirizzi seguiti ed in quale misura abbiano corrisposto alle attese ed alle reali necessità della gente.
Ci si chiede inoltre se gli operatori politici, amministrativi e tecnici, coloro cioè che ai vari livelli hanno determinato e realizzato le scelte, hanno tenuto fede o meno agli imperativi morali che una funzione per tanti aspetti unica, reca con se.
Non v'è dubbio che una crisi di notevole estensione investa la pubblica assistenza, crisi della quale in questi ultimi tempi mi sembra si tenda a sfumare la portata o a parlarne in termini ovattati. E di crisi si deve parlare anche nel campo della sanità, intorno alla quale si è invece avviato e sviluppato un ampio dibattito da cui è emersa ed emerge una grande varietà di opinioni. Sono crisi quelle della sanità e dell'assistenza che affondano le radici in cause disparate e provocano perciò valutazioni e giudizi diversi o addirittura contrastanti. Infatti non a caso, più di uno parla dell'urgenza di una controriforma. Noi non siamo tra coloro i quali la invocano, soprattutto se per controriforma si intende la volontà di cambiare i principi basilari da cui è nata e su cui dovrebbe reggersi la legge 833.
Le linee generali ispiratrici della legge le condividiamo ancora. Del resto non va dimenticata l'età in cui è stata varata, con tutti i suoi risvolti politici. Ecco perché francamente ripetiamo che come in allora non l'abbiamo condivisa nella sua globalità, così ora rimaniamo convinti che prima di assumere decisioni drastiche, occorra usare prudenza. Dopo cinque anni di riforma noi siamo convinti, ripeto, della sua sostanziale validità e della sua opportunità. Le motivazioni di carattere tecnico, economico sociale e politico che l'hanno determinata sono valide ancora oggi.
Ricorderò soltanto, perché ci tocca più da vicino come democristiani, che la riforma sanitaria ha ad esempio codificato il principio della solidarietà che vuole coinvolgere tutta la collettività nel soddisfacimento di un bisogno sociale e primario quale è quello del mantenimento della salute.
Inoltre, l'aver deciso di estendere a tutta la comunità l'assistenza socio-sanitaria per conseguire uniformità di trattamenti in condizioni di eguaglianza; l'aver voluto superare la vecchia concezione puramente curativa per passare ad un regime attivo di iniziativa in grado di prevenire il bisogno; l'aver voluto privilegiare il metodo della programmazione; l'aver saputo codificare e richiedere la partecipazione degli utenti alla formulazione dei programmi, nonché al loro successivo controllo; in una parola: l'aver voluto considerare il cittadino non come o :netto di interventi più o meno efficaci, ma come soggetto che difende e promuove il proprio benessere psico-fisico all'interno di correlazioni sociali equilibrate (come ebbe occasione di dire altra volta il collega Martinetti) sono altrettanti elementi della riforma che ci hanno visto in allora e ci vedono ora convinti assertori della sua utilità.
Noi crediamo però fideisticamente nell'intangibilità della legge 833 così come non ne osanniamo la sua abrogazione perché non siamo di fronte ad una legge utopica.
Realismo e concretezza richiedono, a nostro avviso, un umile coraggioso atteggiamento di disponibilità a verificare in tempi brevi le più marcate divergenze tra norma e realtà, per procedere con prudenza, ma senza pregiudiziali ideologiche, a tutte quelle correzioni che possono contribuire a far camminare il Servizio Sanitario Nazionale, affinché esso possa offrire risposte più rapide ed efficaci ai bisogni del cittadino.
E' il Paese tutto che richiede una risposta migliore ai problemi socio sanitari. E' anche la nostra Regione che lo richiede. Anche se essa dispone di un suo piano socio-sanitario. Correzioni, modifiche, aggiornamenti, sono indispensabili anche per la nostra Regione.
A titolo personale vorrei fare a questo punto una considerazione: il piano regionale 1982/1984 potrebbe forse cambiare semplicemente data e diventare il piano 1985/1987.
Noi votammo contro allora ed ozi siamo convinti di non aver sbagliato.
Infatti, nonostante tutte le affermazioni ottimistiche e le migliori intenzioni, il piano è stato attuato solo in minima parte. Esso continua a mostrare le sue rigidità, le sue carenze, il suo ancoraggio a schemi ideologici fissi: elementi tutti che ne hanno fatto uno strumento scarsamente realistico, quando non è diventato punitivo dell'esistente.
Dicemmo all'atto dell'approvazione che il documento non avrebbe favorito, come non ha favorito, la realizzazione di un soddisfacente ed uniforme servizio sull'intero territorio regionale. Nei fatti disparità e diseguaglianze continuano a sussistere e, laddove il vecchio è stato accantonato, il nuovo, quando c'è stato, quasi sempre lo ha fatto rimpiangere. Gli esempi sono sotto i nostri occhi. Mi riferisco alle vicende dei C.P.A., a quelle dei Laboratori di igiene e profilassi richiamate anche ieri dal collega Borando, alle grosse carenze del servizio veterinario, alle vicende delle discusse, ma utili infermerie, alle case di riposo, ecc.
Altra constatazione: nonostante il piano (stavo per dire proprio in virtù del piano) la burocratizzazione dei servizi si è fortemente accentuata (vedi lunghe code, acquisti ritardati, ecc.). La zoppia di cui soffriva il piano regionale all'atto di nascita per la mancanza dell'inclusione dell'area torinese è rimasta tale e non si sa come e quando potrà essere sanata. Basti ricordare le non risposte venute alla consultazione del 14 dicembre u.s.; basti pensare ai contrasti molto profondi che dividono all'interno del Comune di Torino le forze della maggioranza che qui governa la Regione; basti pensare alle recenti e polemiche dimissioni del prof. Olivieri.
Se nonostante tutto questo la maggioranza che qui ha votato il piano 1982/1984 è ancora convinta che sia valido e vuol realizzare quanto in esso previsto potrebbe riproporlo per il prossimo triennio, avrebbe modo di verificarne ulteriormente la rigidità. Noi continueremo a votare contro.
E veniamo alla tanto vituperata legge finanziaria che ha operato i tagli alla sanità. Essa ha però offerto per la prima volta allo Stato, alle Regioni, alle USSL la possibilità di assumere chiaramente le proprie responsabilità, ciascuno per la propria parte. Il Governo ha fatto conoscere in tempo utile le somme disponibili per l'intero anno. Si tratta come è noto, di 34 mila miliardi.
Si può, se si vuole, superare nei fatti l'aggancio alla spesa storica il cosiddetto rimborso a piè di lista e le Regioni possono, se vogliono impostare il riparto, improntandolo ai canoni più rigidi della programmazione.
E' quest'ultimo un risultato che abbiamo sempre auspicato e al quale sarebbe dovuta pervenire tanto più facilmente la Regione Piemonte che della programmazione, perlomeno a parole, si era fatta paladina fra i paladini.
Invece, una maggiore equità distributiva, anche nell'erogazione della parte corrente del Fondo Sanitario Nazionale, è stata promessa per i prossimi anni: è, come si suol dire, slittata ulteriormente. Si sono fissati cioè nuovi traguardi ed obiettivi che continueranno ad essere differiti e ad allontanarsi nel tempo futuro, così come è avvenuto per altre promesse.
Il Gruppo D.C. si è astenuto sulla deliberazione di riparto in Commissione motivando la propria posizione. Né la ripeterò qui per motivi di brevità; sta di fatto però che Torino è stata ancora una volta privilegiata, che certe USSL invece sono state ancora penalizzate nei confronti di altre.
In altri termini, gli squilibri non sono stati superati; la spesa storica detta sempre legge, anche in Piemonte. Il Governo quindi non pu più essere accusato di grave ritardo nell'adempiere ai propri compiti. Ma da parte della maggioranza regionale gli si imputa il fatto di aver operato tagli esagerati, di aver cioè penalizzato settori vitali, quali quello della spesa farmaceutica ed altri servizi di primaria importanza.
Ricordo per inciso che nel suo coraggioso ed antidemagogico (perci contestato) discorso ai medici di base al Congresso nazionale tenuto qui a Torino, il Ministro Degan, mentre riaffermava la volontà di far procedere la riforma, aveva chiaramente indicato, con realismo, la convinzione che in tempo di crisi i 34 mila miliardi assegnati alla sanità possono e debbono garantire l'erogazione di un'apprezzabile assistenza sanitaria a tutti gli italiani. Ed io concordo con tale affermazione, non solo perché appartengo alla stessa parte politica di chi l'ha pronunciata, ma perché se è vero che l'Italia non spende per la sanità più di altri Paesi civili, in rapporto al prodotto nazionale lordo, è altrettanto vero che ciò che spende lo spende male, così come lo spende certamente non molto bene la nostra Regione.
Con ciò si alimenta lo scontento con il pericolo, tra l'altro, già da più parti evidenziato, di veder sorgere due distinti servizi sanitari: uno pubblico per i poveri ed uno privato per i ricchi. Se così sarà nessun mezzo coercitivo varrà ad esorcizzarli come è dimostrato dall'esempio di chi ci ha preceduti in questa strada come la Gran Bretagna. La conseguenza certa sarà invece quella di un impiego di risorse economiche ben superiori al necessario, che saranno inevitabilmente sottratte ad altri investimenti produttivi. Se ciò è deprecabile sempre lo è ancor di più in periodi di forte recessione come l'attuale ed in un Paese di risorse limitate come il nostro.
Vediamo ora più da vicino e con dettaglio le cifre che riguardano il nostro bilancio regionale 1984.
L'elemento più importante dell'incremento della spesa del servizio socio-sanitario è rappresentato dall'adeguamento del Fondo Sanitario Nazionale di parte corrente, che ha determinato una quota di riparto per la Regione Piemonte di 2.500 miliardi, un aumento del 21,3 % rispetto a quella dell'esercizio 1983.
Dal programma per la riorganizzazione dei servizi socio-sanitari di base, si rileva poi che per il progetto per la tutela materna infantile le previsioni di spesa sono diminuite di 14.960 milioni, pari al 58,8 rispetto al 1983. Il progetto anziani presenta una previsione di spesa complessiva maggiore di L. 173.248.652, pari ad un aumento del 23,1 rispetto all'esercizio 1983. Sono stati stanziati 250 milioni per contributi nella spesa per la costruzione, ampliamento, ecc., di case albergo, di centri d'incontro e di case di riposo (mi spiace non sia presente in aula la collega Cernetti. Spero, almeno me lo auguro, che l'atteggiamento tenuto questa mattina da lei stia ad indicare un primo passo sulla via del superamento della tanto contestata - da parte nostra legge regionale n. 20).
Mancano poi alcune poste importanti quali: la quota a destinazione vincolata per la formazione professionale; la quota del Fondo Sanitario Nazionale per spese d'investimento; la quota per l'incentivazione dei progetti obiettivo di livello nazionale, pari a 10.190 milioni nel 1983.
Da rilevare infine che nel programma assistenza sociale gli stanziamenti si sono ridotti da 3.812 a 1.012 milioni e presenta una gestione di residui passivi dell'ammontare di 2.656 milioni, mentre nei programmi per "altri interventi" le previsioni di spesa si sono ridotte di 3 miliardi circa, pari al 24,7 %.
Dal quadro esposto molto sinteticamente si possono trarre alcune considerazioni: 1) l'incremento del Fondo Sanitario Nazionale che il Governo mette a disposizione della nostra Regione per il prossimo anno è di 424.897 milioni, pari cioè al 18,4 %, ben superiore al tasso di inflazione fatto registrare nel corso del 1983. Se poi ci limitiamo a prendere in considerazione la parte corrente, come si è detto, l'incremento rispetto all'anno che sta per concludersi è pari al 21,3 %.
2) Il progetto per la tutela materno-infantile fa registrare invece in Piemonte una riduzione di spesa del 58,8 % . E' una scelta che la Regione ha compiuto forse in omaggio al fatto che il Piemonte è la Regione più abortista d'Europa. Ne prendiamo atto, ma non condividiamo la scelta della maggioranza.
3) Il progetto anziani che fino a ieri, secondo le indicazioni dateci faceva registrare una diminuzione nello stanziamento è stato corretto fortunatamente in senso positivo, cioè ha una previsione di spesa superiore del 23,1 %, anche se in concreto è insufficiente, vista l'elevata popolazione anziana piemontese.
4) I fondi per la gestione dei servizi assistenziali ammontano in tutto a 16.317 milioni, se non ho letto male nelle cifre, compresi i residui passivi. Già negli anni decorsi abbiamo avuto occasione di richiamare l'attenzione dei colleghi su una situazione analoga. Ora siamo di fronte ad uno stanziamento che farebbe arrossire qualunque Assessore municipale di qualunque Comune di media grandezza (la collega Cernetti stamattina ha già stigmatizzato e sottolineato l'aspetto negativo di questa voce e ha levato alti lai contro queste carenze. Ci attendiamo dalla collega Cernetti la coerenza necessaria e quindi un voto conseguente a quanto affermato stamane). E' questo un settore in cui la Regione è praticamente assente. E' presente invece solo per porre freni, per non favorire l'iniziativa di enti o di associazioni private, per imporre tecnologie edilizie, ma non per compiere il minimo sforzo, né per operare scelte coraggiose. Infatti stanzia cifre né adeguate, né tanto meno sufficienti ad indicare una volontà politica di apertura verso problemi tanto urgenti. Affermazioni di principio molte, ma in concreto nulla o quasi! 5) La legge relativa al volontariato è stata approvata quasi all'unanimità. Saranno necessari emendamenti dopo le osservazioni del Governo, è vero, ma la maggioranza non dà alcun segno apprezzabile di avere a cuore il problema. Si vuol favorire il volontariato, della cui insostituibile funzione tutti ci diciamo convinti, ma nei fatti, cioè nel bilancio, non troviamo alcuna conferma.
6) Vorremmo poi anche un segno che indicasse la volontà della maggioranza di affrontare realisticamente i problemi complessi legati all'attuazione della legge 180. Io non ne ho trovato traccia. Desidero solo aggiungere che, dopo la risonanza suscitata dalla nostra interrogazione in merito, desidereremmo non si ponesse ulteriore indugio nella costituzione della Commissione di indagine.
7) Gli stanziamenti dei capitoli di bilancio concernenti l'igiene e la profilassi, nonché quelli del risanamento degli allevamenti del bestiame con relative prestazioni veterinarie, e che interessano non solo l'agricoltura (come ha rilevato questa mattina il collega Chiabrando) registrano sensibilissime diminuzioni. Ci sembra che anche queste cifre siano indicative delle scelte operate.
8) Per la formazione professionale sanitaria e l'aggiornamento il 1984 vedrà impiegata una quota puntualmente minore di quella dell'anno che sta per finire. In merito noi riteniamo sia utile una specifica legge regionale che disciplini le attività formative degli operatori socio-sanitari specie i non laureati. Riteniamo inoltre utile un piano degli interventi per le attività formative. L'allegato 6 del piano socio-sanitario regionale e la deliberazione sul regolamento tipo delle scuole per operatori socio sanitari non sono sufficienti, a nostro avviso, a dare organicità alla materia.
9) Tutto un lungo discorso potrebbe trovare spazio intorno alla politica del personale sino ad ora realizzata. Mi limito ad alcune constatazioni: il contratto nazionale non ha ancora trovato soddisfacente applicazione nella nostra Regione. Si ha l'impressione che non si vogliano in primo luogo scontentare i sindacati o i loro vertici. Né le spettanze arretrate pare siano state corrisposte agli aventi diritto. Un rigido centralismo burocratico pare mescolarsi con le gravi incertezze delle varie USSL periferiche, cui troppo spesso mancano guide interpretative valide di norme non sempre chiare. Che cosa si è fatto per premiare e favorire la professionalità degli operatori socio-sanitari? Nessun servizio socio sanitario può prescindere da una giusta esaltazione della professionalità.
Mi sono limitato a sottolineare alcuni aspetti che interessano le voci di bilancio dell'area di intervento n. 4, aspetti che ritengo per sufficienti ad avvalorare alcune considerazioni che vogliono anche essere le conclusioni di questo intervento.
Innanzitutto abbiamo la fondata impressione che l'impostazione del bilancio regionale per l'area socio-sanitaria risponda all'intento di dimostrare ancora una volta che le colpe maggiori sono del Governo, mentre noi, la maggioranza s'intende, siamo i "migliori", cioè i primi della classe. Noi, opposizione invece, siamo convinti che con questo bilancio la Regione mostri evidenti le sue carenze specie in campo socio-assistenziale carenze molto gravi, già sottolineate negli anni scorsi e delle quali purtroppo dobbiamo prendere atto.
In terzo luogo abbiamo il fondato dubbio che anche le non poche risorse disponibili non siano sempre indirizzate verso l'uso più consono ed adeguato.
Inoltre, siamo convinti che anche la nostra Regione (come le altre) sia ancora ben lontana dal conseguimento dell'obiettivo della produttività della spesa. Sarebbe veramente utile ed interessante poter formulare una casistica degli sprechi. Ognuno per conoscenza diretta potrebbe senza dubbio fornire esempi probanti ed interessanti.
Infine, e non vorrei essere frainteso, non posso non ricordare che tutta la filosofia che circola nel piano socio-sanitario e negli indirizzi operativi della Regione Piemonte è una filosofia che tende all'emarginazione della sfera privata, cercando di sottrarle spazio. Noi non la condividiamo perché, tra l'altro, anche la stessa legge 833 non assegna all'iniziativa privata un ruolo marginale o residuale. Infatti tanto nel settore assistenziale, nel quale le benemerenze specie in Piemonte sono infinite e non le cito per brevità, quanto nel settore sanitario, la sfera privata, secondo noi, ha una sua precisa funzione da svolgere accanto alla sfera pubblica. Ad essa è giusto e doveroso richiedere idonea preparazione professionale e limpidezza di intenti, ma non va dimenticato che - cito testualmente da una circolare della Regione Veneto - la sua presenza garantisce il democratico rispetto del pluralismo può offrire garanzia di un sano confronto di qualità nell'erogazione dei servizi e, non ultimo, può dare un utile contributo alla salvaguardia dei posti di lavoro e alla qualificazione degli operatori.
Per concludere veramente vorrei precisare che la vastità della materia e il desiderio di richiamare non solo la nostra posizione contingente, ma anche alcuni di quei principi nei quali ci riconosciamo e che riteniamo essenziali, mi ha indotto forse a dilungarmi più del voluto, anche se non tutti gli argomenti sono stati trattati come forse meritavano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Testa.



TESTA Gianluigi

Signor Presidente, signori Consiglieri, il contesto in cui viene presentato il bilancio 1984 non differisce molto dai contesti in cui si sono inseriti i bilanci precedenti: un contesto quindi di crisi economica di forte ristrutturazione dei fattori economici che mostra nel settore agricolo e nel settore industriale ancora una perdita di occupazione e che mostra luci ed ombre nel settore terziario.
La discussione che è avvenuta sinora in quest'aula non si è limitata ai dati di bilancio, ma ha cercato di porsi l'interrogativo, che anche io porrò nel mio intervento, sul tipo di risposta che danno le Regioni, la Regione Piemonte in particolare, rispetto a questa situazione e a questo quadro politico ed economico; non solo a livello regionale, ma anche a livello nazionale.
Alle notazioni pessimistiche che sono emerse durante il dibattito vorrei aggiungere, per completare il quadro, quanto dice il recente rapporto CENSIS sulla situazione sociale del Paese.
Al capitolo delle Regioni dice testualmente: "Non è facile innanzitutto trovare un filo attorno al quale riannodare e cercare di dare un senso a quello che quotidianamente avviene nella vita in quasi tutte le Regioni italiane. Se era infatti già abbastanza chiaro da alcuni anni che manca nel nostro Paese una seria e coerente strategia per l'intero regionalismo, era tuttavia meno scontato che quasi tutte le Regioni, una dopo l'altra rinunciassero ad elaborare con continuità una propria autonoma esperienza di governo regionale".
Ritengo quindi che ha fatto bene la Giunta regionale a presentare con il bilancio 1984 il quadro programmatico di riferimento per la politica regionale, che qualifica il bilancio e consente ai nostri discorsi di andare al di là dell'aridità delle cifre che sempre sono un limite nella discussione e di entrare nel merito. La Regione ha ancora uno spazio per esercitare una sua capacità di governo? Attraverso quali strumenti esercita questa sua capacità di governo? O non deve porsi in sede di discussione di bilancio il ragionamento opposto, ossia che la capacità di governo della Regione tende a contrarsi proprio perché il suo bilancio è sempre meno uno strumento di scelta? Partendo dalla constatazione che il soffocamento della finanza regionale è progressivo, che la potestà di governo della Regione è limitata dalla scarsità del suo bilancio, credo sia necessario fare un salto qualitativo, quale mi sembra cerchi di fare la Giunta con questo documento e superare il discorso del bilancio come strumento fondamentale di gestione della Regione.
Cerco di chiarire questo concetto. Non bisogna farsi illusioni nemmeno negli anni a venire e il bilancio pluriennale, presentato quest'anno, in una forma grafica elegante, è in proposito molto esplicito.
Infatti se andiamo ad analizzare i dati in esso contenuti ci rendiamo conto che gli 80 miliardi iscritti per la realizzazione del piano di sviluppo nell'esercizio 1985 sono più frutto di buona volontà da parte degli estensori, che di dati realisticamente elaborati.
E' sufficiente infatti analizzare all'interno del bilancio pluriennale le altre poste iscritte per rendersi conto come le poste relative alle spese siano, per tutta una serie di voci, abbastanza sottovalutate.
Ma questo non è il problema fondamentale, perché se riconduciamo il ruolo della Regione a quello di un ente che amministra e gestisce il proprio bilancio credo che le notazioni pessimistiche che sono state fatte sia in sede regionale sia in sede extra regionale, siano fondate e noi dobbiamo rassegnarci a trasformare la Regione in un ente di scarso rilievo e di scarso peso, cosa di cui non sono affatto convinto.
Nella seconda legislatura che a mio giudizio e a giudizio di osservatori esterni è stato il momento culminante della vita della Regione Piemonte, il bilancio regionale aveva una funzione estremamente importante perché consentiva, in un quadro di sviluppo economico, in cui si ponevano problemi di riequilibrio territoriale (problemi di diversa localizzazione delle industrie e quindi di decentramento produttivo) di dare alla collettività quei servizi di cui una collettività, che vive su un'economia ricca e, in sviluppo, ha estremamente bisogno.
In sostanza, il ruolo politico della Regione durante la seconda legislatura era sostanzialmente un ruolo di creazione di infrastrutture perché l'economia era in grado di sviluppare autonomamente la sua forza e traeva dalla creazione di appropriate infrastrutture elementi per ulteriormente incrementare la propria capacità di autosviluppo.
Il primo piano di sviluppo poneva problematiche tipiche di un'economia ricca o comunque di un'economia in via di sviluppo che deve cercare di razionalizzare le proprie caratteristiche, ma che non ha problemi forti di recessione.
Il problema fondamentale era la razionalizzazione dell'allocazione delle risorse e non la creazione di risorse aggiuntive.
In quel contesto il bilancio regionale era lo strumento principe di gestione della Regione anche perché le risorse consentivano di svolgere la funzione di creazione di infrastrutture pubbliche a servizio dell'economia anzi le risorse che la Regione è riuscita a mobilitare sotto alcuni aspetti erano addirittura superiori rispetto alle esigenze di cui l'economia aveva bisogno per il proprio sviluppo.
Ma quando l'andamento dell'economia cambia segno, il tipo di intervento che si chiede al soggetto pubblico diviene diverso nella qualità. Non si può più pensare che nel momento in cui il ruolo della Regione non è più quello della creazione di infrastrutture per un'economia che tira, ma addirittura della sostituzione del soggetto privato (come ambiziosamente qualche volta si è pensato e a mio giudizio erroneamente) nell'attivazione dei processi economici, la discussione del bilancio regionale possa essere sufficiente. A quel punto la sua ristrettezza balza nella sua enorme evidenza perché cambia la qualità del compito e quindi nemmeno il bilancio regionale nella sua dimensione storica più elevata del '75-'80, sarebbe stata sufficiente se ci si fosse posti già allora in un'ottica ambiziosa di sostituire i soggetti economici e quindi di rimpiazzare il ciclo di sviluppo economico che si è fermato per ragioni endogene al ciclo stesso.
Ecco perché il bilancio regionale mostra una drammatica insufficienza che non è derivata solo dal diminuire delle risorse, ma dal collegamento dell'utilizzo di queste risorse rispetto alle necessità della collettività la quale, ripeto, chiede all'ente pubblico e in particolare all'Ente Regione un intervento ed una logica di segno profondamente diverso rispetto a quella del passato.
Gli anni che abbiamo vissuto dal 1980 ad oggi segnano la crisi della concezione precedente e il tentativo di raggiungere una concezione nuova che probabilmente ancora non trova dei momenti e degli strumenti di elaborazione sufficiente nonostante il salto qualitativo.
Voglio dire, in altri termini, che se le economie fiorenti hanno bisogno di programmazione per non produrre squilibri e distorsioni, quelle ammalate ne hanno bisogno per guarire più rapidamente.
Ma se questa tipologia di intervento non nasce dalla Regione, come questo lento processo di trasformazione ha portato, allora succede che la gestione del processo politico sul territorio viene gestita dai grandi soggetti economici privati, così come è successo nei fatti in questi ultimi anni in Piemonte.
E' sufficiente che citi due esempi per capire questo tipo di concetto.
Pensiamo alle ristrutturazioni in atto alla Fiat e alla Olivetti. Una delle caratteristiche fondamentali della ristrutturazione Fiat è quella che accanto alle modifiche interne del processo produttivo e all'innovazione nei modelli ed al recupero di efficienza, di efficacia e di flessibilità nell'organizzazione interna (di cui sono testimonianza il rapporto fra numero di persone impiegate e fatturato, che pure hanno avuto ed hanno rilevante conseguenza nel tessuto sociale economico del Piemonte) i due aspetti che maggiormente emergono sono l'accentuazione del ruolo internazionale e la revisione del sistema delle sub-forniture.
L'accentuazione del ruolo internazionale è destinata a riservarci delle sorprese nel futuro. Man mano che un'azienda acquisisce una mentalità multinazionale rimane sempre meno legata al suo Paese d'origine e ragiona sempre più in termini di mercati mondiali e di conseguenza può trovare in qualsiasi momento più conveniente impiantare degli stabilimenti in Paesi diversi da quello d'origine, se nella logica del business questo tipo di scelta consegue meglio gli obiettivi della gestione.
Questa dimensione internazionale spinta non ha ancora oggi sortito degli effetti; però, a mio giudizio, è una delle variabili nascoste che pu maggiormente influire in futuro sulla presenza del gruppo Fiat all'interno del Piemonte.
L'altro discorso è la revisione del sistema delle sub-forniture.
L'indotto Fiat è stato riorganizzato secondo nuovi criteri e nuovi strumenti e ciò ha significato nell'economia, soprattutto torinese cambiamenti di notevole peso che porteranno nel giro di poco tempo ad un nuovo assetto del mercato delle lavorazioni per conto terzi, mercato che è molto rilevante all'interno dell'economia piemontese.
Basti pensare che nell'ultimo anno ciò ha portato una diminuzione delle imprese aventi rapporto di sub-fornitura con la Fiat da 1.100 a 800, con conseguente sparizione di alcune imprese ed immissione di altre in nuove fasce di mercato, con le conseguenze a catena facilmente immaginabili perché andando alcune di esse ad invadere altri mercati si sono creati nuovi squilibri.
Diverso è il discorso della ristrutturazione Olivetti che ha fatto una politica di incentivare le sub-forniture, ma le sub-forniture di software cioè le sub-forniture estremamente qualificate anche attraverso sostegni finanziari triplicando negli ultimi due anni il numero dei sub-fornitori.
Questi due casi che sono, a mio giudizio, abbastanza rilevanti e forse troppo poco approfonditi, del cambiamento avvenuto nell'economia piemontese dimostrano che è in atto un processo di ristrutturazione le cui caratteristiche non sono solo ed esclusivamente negative, ma che comunque viene governato prevalentemente dalle forze economiche, nella misura in cui la Regione non riprende una funzione di governo e non sposta la propria attenzione dall'utilizzo delle risorse proprie all'utilizzo delle risorse economiche e non economiche esistenti all'interno del contesto piemontese.
Voglio dire, ad esempio, che molte delle imprese, le quali hanno abbandonato il mercato, perché era insorto il contratto di sub-forniture della Fiat, non sono in grado in breve tempo di trasformarsi in società fornitrice di software all'altra grande potenza economica, la Olivetti, che in questo momento ha invece necessità di questo tipo di forniture.
Ma questo processo era facilmente prevedibile ed è anche in parte stato previsto, perché in tutto il mondo industriale vi è una trasformazione sempre crescente del contenuto tecnologico delle produzioni e quindi anche tutte le sub-forniture sono condizionate a questo processo.
Governare questi processi a me sembra un compito primario della Regione, così come è primario uscire dalla logica della gestione del proprio bilancio per entrare in una logica di una gestione del bilancio di una Regione.
E' necessario, a mio giudizio, che arriviamo a presentare in questa sede il bilancio della Regione Piemonte, inteso non come il bilancio dei conti interni della Regione, ma come il bilancio dell'economia piemontese, una specie di rapporto sullo stato dell'unione come viene effettuato in altri Paesi o anche nel nostro a livello più ampio, che ci consenta di vedere le interrelazioni esistenti all'interno dell'economia e di riacquisire quel ruolo di governo e di programmazione che ormai non passa più attraverso la gestione delle nostre risorse, ma che deve passare necessariamente attraverso la gestione delle risorse dell'azienda Piemonte che noi siamo chiamati in ogni caso a governare.
Credo che questa sia la sfida più significativa che abbiamo di fronte e mi pare di cogliere, dal documento presentato dalla Giunta, delle indicazioni in questo senso, indicazioni che indubbiamente ancora non esauriscono un campo che va profondamente esplorato con molta attenzione ma che se non sarà seguito ci porterà a discutere di bilanci sempre più striminziti, ma soprattutto sempre meno significativi rispetto alle esigenze della collettività piemontese, relegando così il nostro ruolo a quello di gestori di un ente che, nella misura in cui non svolge una funzione esterna, diviene sempre più un ente inutile.
Rischiamo di divenire quelli che discutono di problemi marginali mentre il mondo all'esterno cambia rapidamente e richiede da noi dei comportamenti che egualmente devono rapidamente cambiare (richiamano il vecchio detto latino che mentre si discuteva a Roma, Sagunto veniva espugnato).
Questo credo sia il significato di alcune pagine del programma della Regione; questo credo sia la dimensione che deve essere data al bilancio 1984; questa credo debba essere la via che vogliamo battere per non trovarci noi stessi e le altre Regioni in una situazione di ente che non ha più il significato e non ha più le funzioni per cui era sorto. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, diamo un giudizio positivo sui documenti di bilancio sottoposti alla nostra approvazione e sul lavoro della Giunta e dell'Assessore alle finanze in particolare.
Con la sua ampia relazione il Consigliere Valeri ha puntualizzato i vari aspetti del bilancio e degli allegati: il documento contabile da una parte, il quadro degli investimenti fino al 1985 dall'altra e più in generale le linee che la Giunta si propone di perseguire.
Non possiamo dire che i bilanci, così come sono, ci piacciano, come non piacciono agli altri Gruppi della maggioranza e della minoranza.
I documenti programmatici e contabili testimoniano però la volontà della Giunta e della maggioranza di intervenire nella crisi e di svolgere un proprio ruolo all'interno dell'economia piemontese. I bilanci non ci piacciono perché abbiamo presenti i loro limiti. Alcuni oggettivi e derivano ovviamente dalla situazione economica e finanziaria difficile per cui sono comprensibili le riduzioni alla spesa pubblica per ridurre il disavanzo del settore pubblico statale ed allargato. Altri limiti sono meno comprensibili.
Per esempio, il permanere della situazione di incertezza nel quadro di riferimento nazionale, manca ancora la legge sulla finanza regionale, per esempio, anche se è positivo il fatto che per la prima volta non arriva l'ennesimo decreto di fine anno in materia di finanza locale. Li riteniamo insufficienti per una politica dello sviluppo e questo non certo per colpa della Giunta, inadeguati alla gravità del dissesto economico e sociale e riteniamo che portino involontariamente il segno dell'ingiustizia sociale cui faceva riferimento il collega della D.C.
I ceti più deboli rischiano di essere ancora una volta schiacciati Carletto diceva "da questa società". Noi pensiamo che la parola "società" è termine troppo astratto. Noi diciamo che rischiano di essere schiacciati da scelte politiche nazionali precise e che avrebbero potuto essere schiacciati ancora di più se non fossero passate quelle proposte di modifica ai provvedimenti governativi, anche se parziali, grazie alla nostra battaglia in Parlamento. Era una battaglia che entrava nel merito dei problemi, che ha fatto proposte precise e che ha ottenuto dei risultati sia in Commissione che in aula. Mi pare che invece questa battaglia precisa e puntuale sia sostanzialmente mancata nella discussione e nel dibattito sui bilanci della nostra Regione.
Ma, ritornando ancora ai limiti che stanno alla base di questi bilanci non possiamo ignorare, come ho accennato, che manca una legge quadro per la finanza regionale; non c'è una nuova proposta del Governo, esiste quella delle Regioni, manca però un terreno per il confronto in tempi ravvicinati.
E' stato detto che i vincoli di destinazione alla spesa regionale avrebbero potuto essere allentati o sciolti, senza gravare minimamente sul bilancio dello Stato ed ottenendo per questa via benefici per tutti, una maggiore razionalizzazione della spesa regionale e più in generale del settore pubblico. Alla base dei limiti dei bilanci c'è infine una diminuzione delle risorse reali, che dura ormai da tre anni. Le risorse reali delle Regioni infatti aumenteranno solo dell'8,5 %, in meno del tasso di inflazione programmato.
Continuano gli slittamenti sui grossi comparti di spesa di settori fondamentali: l'agricoltura, l'edilizia economica e popolare. La legge 650 sembra non essere finanziata. Ancora una volta il bilancio dello Stato è stato utilizzato non come manovra di intervento programmato nell'economia ma come una manovra di parte che nella sostanza va contro il sistema delle autonomie e contro le esigenze dell'economia. E' antiprogrammatorio, quando la situazione richiede semmai di accentuare l'intervento programmato dei poteri pubblici. Basti vedere la differenza tra l'incremento delle risorse reali per le autonomie locali e quelle a favore dello Stato: le entrate fiscali, per esempio, sono sempre aumentate in favore dello Stato, in percentuale di gran lunga superiore al tasso d'inflazione (dal 30 al 40 %) i trasferimenti a favore delle autonomie locali e delle Regioni invece sono sempre diminuiti in termini reali negli ultimi anni.
Non solo sono diminuite le risorse libere, ma sono diminuite anche le risorse a destinazione vincolata. Infatti, se per il bilancio regionale sono aumentate di circa il 9 % le entrate proprie, sono diminuite di oltre l'11 % le entrate a destinazione vincolata.
Il fondo nazionale dei trasporti, per esempio, è diminuito di oltre il 3 % su scala nazionale. Per la sanità mancano almeno 3.100 miliardi per raggiungere il tasso di inflazione programmato dal Governo.
Non possiamo dimenticare quindi il quadro in cui si collocano i nostri bilanci. C'è un dato generale molto pericoloso: si accentuano quelle tendenze negative che tutti abbiamo denunciato. Si irrigidisce la settorizzazione dei flussi di risorse dallo Stato alla Regione, si trasferiscono al centro le scelte allocative finali delle risorse, con ingerenze sempre più evidenti circa la definizione degli obiettivi da raggiungere e delle procedure e manca ancora una proiezione pluriennale dei flussi di risorse, il che impedisce di fatto l'attivazione di politiche di sviluppo a medio periodo.
Probabilmente il pericolo dell'accentramento delle decisioni è stato sottovalutato dalle Regioni stesse e dalle autonomie locali.
E' di questi giorni il caso del FIO.
Per quanto riguarda la gestione del FIO è passata sotto silenzio una scelta che delegava ad un Ministero la decisione che riguardava l'insieme della collettività nazionale; cioè un Ministro doveva decidere con criteri tecnici ed oggettivi.
Già in questa delega, accettata passivamente dalle Regioni e dal sistema delle autonomie locali, c'era una stortura ed una rinuncia a proprie competenze. Ci si illudeva forse che affidando tutto ad una persona o ad un unico centro di decisione sarebbe stato più facile evitare spartizioni clientelari e far emergere scelte obiettive nella ripartizione delle risorse.
La ripartizione del FIO per il 1983 ci riporta bruscamente a confrontarci con questo accentramento di decisioni e a constatare come l'accentramento in effetti non solo soffoca ogni criterio oggettivo e mortifica le varie professionalità, ma ha favorito manovre non certamente ispirate alla trasparenza.
Infatti, a molte Regioni sono stati assegnati fondi consistenti non sulla base di progetti, ma semplicemente sulla base di deliberazioni di Giunta. E' il caso di una Regione (Calabria, mi pare) che ha avuto assegnati 120 miliardi. Il Piemonte aveva presentato proposte di ben altro ordine ed elaborazione: si pensi al piano degli acquedotti che copre le necessità di mezza Regione e in un quadro di pianificazione e di programmazione la scelta dei depuratori, ecc.
Questa impostazione non è stata nemmeno presa in considerazione, è stata scartata premiando ancora una volta il pressapochismo l'inefficienza, gli sprechi, mortificando persino la professionalità dei funzionari ministeriali che in buona fede avevano cercato di impostare criteri oggettivi di valutazione e di scelta.
Se confrontiamo quanto fa il Piemonte con quanto viene fatto attualmente, a livello nazionale o in altre Regioni, il confronto sul terreno della programmazione non è sfavorevole per la nostra Regione.
In Piemonte, e non è per difesa d'ufficio, si deve constatare che per i grandi settori di spesa una programmazione c'è stata in questi anni. Non si può onestamente dire che la spesa sanitaria sia nel caos. I dati portati in Consiglio regionale e non contestati da nessuno sono eloquenti.
Innanzitutto l'indebitamento della Regione Piemonte è sicuramente inferiore a quello delle altre Regioni e quando parliamo di spesa sanitaria ci riferiamo ai 2/3 del bilancio. Sarà utile entrare più nel merito della gestione della spesa sanitaria qui in Piemonte e nel resto d'Italia, sui servizi forniti prima del 1980 e dopo, sui limiti e sulle carenze, ma sarà utile anche fare dei confronti, perché tutto è relativo in una materia in cui i bisogni sono pressoché illimitati. E un giudizio serio può essere dato solo confrontando il prima e il dopo e il tutto con quanto avviene nel resto del Paese.
Si è detto che il sistema informativo regionale non funziona. Ma per quanto riguarda la sanità (e lo stesso può dirsi per altri settori) abbiamo un sistema informativo di rilevazione trimestrale sulla ripartizione dei fondi e su come sono stati spesi. Sono dati già a disposizione di tutti. Vi è ora l'accordo programmatico tra la Regione e l'Olivetti, che dà l'avvio alla realizzazione del progetto informativo regionale in materia sanitaria.
Semmai non c'è un sistema informativo analogo a livello nazionale e non solo per la sanità ma anche per settori fondamentali da cui per il reperimento di risorse che servirebbero a diminuire i deficit del settore pubblico, come il comparto tributario. Si è detto che in Piemonte il sistema informativo costa quattro o cinque volte di più rispetto alle altre Regioni. Confrontiamoci nel merito, siamo disponibili per correre gli eventuali errori che eventualmente ci fossero. Posta in modo generico la questione dei costi non convince, non serve a capire. I dati forniti dal CSI sembrano dire il contrario.
Il costo va sempre verificato in relazione a ciò che si fa. Il sistema informativo ci permetterà alla fine del primo trimestre 1984 di verificare se le misure che sono state introdotte dal Governo in materia finanziaria saranno congruenti o meno con l'obiettivo della riduzione e del contenimento della spesa sanitaria. E questo è già un risultato positivo.
Non possiamo tacere, però, che le misure proposte sono già ora inadeguate all'obiettivo del contenimento della spesa sanitaria. E se non avremo effettivi strumenti per ottenere economie non si potranno introdurre nuovi tickets o nuove tasse. Già in partenza sappiamo che per la spesa sanitaria mancano più di 3 mila miliardi.
Sempre in tema di programmazione, argomento su cui si è a lungo soffermata la D.C., altri settori potrebbero essere analizzati. Chi pu negare che una programmazione non ci sia stata nel settore dell'edilizia abitativa? Malgrado la grave crisi di Giunta, la Regione Piemonte ha emesso per prima il bando, chiudendolo il 31 luglio, e prima del 30 settembre ha già approvato le graduatorie per i buoni casa. La Lombardia, per fare un raffronto, chiuderà il bando solo il 24 febbraio 1984, sette mesi dopo il Piemonte. I programmi biennali per l'edilizia abitativa sono stati addirittura anticipati rispetto alle scadenze. Una proposta della Regione Piemonte, di intesa con la Commissione parlamentare competente accettata dalle altre Regioni, ha permesso nel mese di novembre di far passare alla Camera una norma che smobilizza ingenti risorse per l'edilizia agevolata.
Le risorse che affluiranno dal Piemonte passeranno dai 73 miliardi ad oltre 230 miliardi.
Lo stesso si potrebbe dire per i settori della viabilità e dei trasporti. Nel mese di gennaio la Giunta regionale presenterà una deliberazione che inquadra l'intervento della Regione e dello Stato in materia di viabilità. Si tratta di interventi programmati all'interno del piano decennale concordato con lo Stato.
Si dà così attuazione a buona parte delle indicazioni contenute nel piano regionale dei trasporti.
Il tempo a disposizione sta per scadere e non c'è quindi lo spazio per approfondire altri elementi dei bilanci.
In conclusione ci sembra di poter dire che, nonostante le innumerevoli difficoltà, la Regione ha fatto sforzi considerevoli per portare avanti una politica di programmazione che serva all'utilizzo migliore delle risorse.
Questo sforzo si continua con i bilanci che stiamo discutendo e queste constatazioni ci portano ad esprimere un voto favorevole sui documenti di bilancio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Intendo richiamare l'attenzione su alcuni problemi emersi nel dibattito. Mi riferisco alle principali priorità indicate nel bilancio e nel documento programmatico della Giunta che corrispondono alle esigenze ed ai problemi posti dalla crisi e che sono anche coerenti con gli elementi emergenti dalla relazione socio-economica dell'IRES, la quale, per molti versi, costituisce il quadro generale cui fare riferimento per valutare la corrispondenza o meno del bilancio e del documento programmatico alle priorità nascenti dagli sviluppi della situazione e dai processi che la caratterizzano.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore al bilancio

Da circa quattro anni discutiamo il bilancio in una situazione di crisi economica sempre più accentuata.
Facciamo i conti con i settori dell'agricoltura e dell'industria che presentano un bilancio occupazionale deficitario e del terziario che segnala qualche ripresa, ma al suo interno allarga le sacche del terziario meno qualificato.
Nel quadro di deficienze che siamo abituati a rilevare è giusto cogliere i dati positivi che stanno nella ristrutturazione produttiva del settore industriale e dell'agricoltura.
In questi ultimi anni abbiamo dovuto modificare l'atteggiamento verso i problemi dello sviluppo economico-sociale. Abbiamo dovuto operare nella ristrettezza delle risorse e in presenza della caduta dell'accumulazione complessiva della nostra economia ed abbiamo riconosciuto l'esigenza di qualificare la spesa pubblica.
Al tempo stesso però ci siamo trovati invischiati nell'esigenza di continuare la tradizionale spesa che si era aperta nei periodi di disponibilità di risorse.
In questa contraddizione stanno dibattendosi istituzioni e forze politiche. Il bilancio del 1984 ha segnato un'ulteriore caduta delle risorse disponibili che sono accresciute solo con il raschiare a fondo le ultime briciole e il bilancio che si può prevedere per il 1985 e il 1986 come indica lo schema del bilancio pluriennale non saranno certamente migliori.
Il bilancio pluriennale è stato costruito computando le voci relative agli impegni già riconosciuti, coperture dei mutui regionali, limiti di impegno che decorreranno dal 1984 per le decisioni che sono state assunte l'aggiornamento delle varie annualità che devono essere corrisposte aggiornamento, in termini di stima, basato sulla crescita percentuale dei fondi per il trasporto e crescita delle aree di attività.
Le entrate sono basate sulle leggi statali e regionali in vigore e sull'indicazione della legge finanziaria nel momento in cui è stato delineato il quadro del bilancio pluriennale. E' stato inoltre computato l'aumento del 7 % del finanziamento del piano di sviluppo per il 1985 ed è stato indicato nel 5 % l'aumento del piano di sviluppo per il 1986, come stima cautelativa, sono stati incrementati i mutui della Regione sulla base della stessa percentuale, si è mantenuto un atteggiamento cautelativo sulle entrate reali regionali.
Da questo quadro, costruito in termini di stime per molte voci, emerge come le risorse effettivamente disponibili nel 1985 e nel 1986 saranno di circa 70 miliardi. Mancano in questo schema di bilancio pluriennale i finanziamenti che potranno essere attribuiti in forza di rifinanziamento delle leggi Quadrifoglio, 650 e 403, i fondi che saranno finanziati attraverso il FIO del 1984, 1985 e 1986 e i fondi che potranno provenire da altre leggi come la legge 457.
Si pone un problema di natura culturale. Siamo coscienti della situazione di crisi che investe settori fondamentali del nostro Paese siamo coscienti di dover meglio finalizzare le risorse, dobbiamo però avere il coraggio di farlo sapendo che per meglio finalizzare le risorse occorrerà che il Consiglio regionale sappia fare delle scelte nell'ambito del bilancio di quest'anno e dei bilanci futuri.
Quest'anno abbiamo cercato già di farle, ma per i bilanci futuri scarse disponibilità di risorse (70 miliardi per anno) dovremo giocarle con maggiore puntualità, con maggiore coraggio da parte di tutti.
Il momento di queste scelte è quello della discussione nelle prossime settimane e nei prossimi mesi sul documento di piano di sviluppo.
Il piano di sviluppo non sarà un documento mitico e tale da farci pensare che sia in grado di risolvere i gravi problemi del Paese e della Regione, ma sarà un documento di governo in questa situazione di incertezza delle disponibilità finanziarie, di incertezza persino degli indirizzi economici, sia nel settore pubblico che in quello privato.
Abbiamo operato con l'intendimento di prefigurare il futuro soprattutto quello più vicino e di indirizzare le operazioni che abbiamo compiuto in passato verso gli orientamenti che nei documenti di piano nelle discussioni, nei piani settoriali ci siamo dati. Credo sia sbagliata la posizione di chi non intravede nel lavoro quotidiano della Giunta, del Consiglio e delle Commissioni una politica di programmazione di piano. La formazione del bilancio in questo scorcio del 1983, l'elaborazione del quadro di riferimento operativo perché la discussione possa svolgersi sulle stesse indicazioni che vengono fornite, lo sforzo degli Assessorati all'interno di questo quadro di riferimento, costituiscono elementi di una politica di programmazione.
E' importante approvare atti formali dopo le discussioni ampie e necessarie dei documenti, ma è importante avere la convinzione che in questo quadro di incertezza non esiste un documento di piano approvato una volta per tutte nel corso del quinquennio; ma una successione di decisioni di discussioni, di esplorazioni sul futuro, di informazione su quello che sta avvenendo che diventano l'elemento processuale di una politica di piano.
Quindi respingiamo la denuncia dell'assenza di prospettiva, di una linea di programmazione da parte di questa Giunta. Gli obiettivi che ci siamo dati li riconduco a tre grandi filoni: riduzione degli acquisti dall'estero, in particolare nel settore dell'agricoltura, della forestazione e dell'energia - sostegno delle politiche capaci di favorire la produzione di beni da vendere all'estero - sostegno delle politiche capaci di avviare ristrutturazione tecnologica che deve inserirsi anche nelle produzioni che si consumano all'interno del Paese, ma che nella misura in cui vengono prodotte con tecnologie avanzate, consentono di produrre a costi più bassi e di accedere a tecnologie che possono essere vendute all'estero.
Tutto ciò richiede una maggiore qualificazione della spesa regionale.
Dobbiamo avere il coraggio di modificare le modalità di spesa del passato sapendo che il sistema economico del Paese e della Regione regge su spese tradizionali, l'eliminazione delle quali significa creazione di altra disoccupazione.
Penso, per esempio, alla formazione professionale, alla sua qualificazione e a quella parte della struttura che vive di una spesa tradizionale, penso al settore dell'agricoltura nell'ambito del quale quando si pensa a qualche modifica nei contributi sentiamo la reazione dell'intero settore agricolo che vive di una spesa tradizionale e che reagisce a difesa della situazione di sopravvivenza in cui si è mossa sinora.
A partire dal 1983 con proiezioni di programmi di intervento pluriennali fino al 1986, nel campo della produzione della carne nelle zone montane sono in preventivo di spesa 80 miliardi tra il 1983 ed il 1987 con una riduzione di acquisto dall'estero e con l'inserimento di questa politica nel progetto montagna della bozza di piano di sviluppo.
Nel campo della forestazione, tra il 1980 e il 1984, la Regione con concorso dei fondi FEOGA e con concorso, pur limitato, delle Comunità montane, ha investito 13 miliardi e 600 milioni con il "Progetto Piemonte" tra il 1983 ed il 1985, con il "Progetto Piemonte 2" altri 5 miliardi, con il "Progetto Piemonte 3", che entrerà in attivazione nel 1984, altri 5 miliardi, in sostanza oltre 23 miliardi a cui si aggiungono 14 miliardi dei fondi FIO.
Per le infrastrutture rurali nelle zone montane si sono attuate o sono in previsione di attuazione spese per 48 miliardi, questo è un esempio che dimostra come la Regione si sia mossa per sostenere quelle produzioni che permettono di ridurre gli importi dall'estero. Ma si potrebbero trovare molti altri esempi anche nell'ambito di altri Assessorati.
Sono stupito, per esempio, di come si possa sostenere il ruolo della Regione nel campo della formazione e del terziario avanzato capace di mobilitare intelligenze attorno e nel contempo discutere la presenza del Centro di Calcolo fino a dire implicitamente che sarebbe meglio rivolgersi a strutture di carattere privato. Bocca, giorni fa, su "Repubblica" sottolineava l'importanza di una presenza informatica, una presenza di analisti, di programmatori e citava il numero degli analisti che operano nell'area milanese.
Il CSI è diventato un centro di riferimento per la formazione ai livelli più elevati degli analisti e dei programmatori e crea quelle basi di intelligenza e di presenza umana che nel Milanese vengono considerate uno degli elementi forza, opera con l'Università e con il Politecnico a livello di ricerca scientifica, quella ricerca che siamo tutti pronti a denunciare come troppo scarsa perché scarsamente sostenuta da chicchessia ma, nella misura in cui la Regione la sostiene, la sostiene non solo a surroga, ma quasi a dispetto delle strutture ministeriali che si occupano dell'istruzione.
Le questioni che sono state poste come denuncia verso la politica della Giunta regionale possono essere ribaltate e viste al di là del vetro come dati positivi.
Per quanto riguarda il problema dell'energia accetto le critiche sui ritardi e i ritardi stanno in tanti luoghi, però è anche un fatto che il Consiglio regionale del Piemonte ha deciso per la centrale nucleare.
Credo sia positivo il fatto che la Giunta abbia approvato una legge che fissa i criteri per l'applicazione della legge 308, che dia quindi elementi di certezza soprattutto nel rapporto con la comunità.
Qualche Regione ha operato attraverso deliberazioni amministrative i primi provvedimenti di finanziamento, il Piemonte ha scelto il criterio della discussione in Consiglio regionale attraverso una le e per la fissazione dei criteri finalizzati al miglior utilizzo del finanziamento.
Anche le proposte per il finanziamento FIO fanno parte della politica di programmazione di questa Regione. Lo stesso finanziamento che è stato stabilito dal CIPE sottolinea la validità delle proposte che abbiamo fatto.
Tutti i filoni che avevamo indicato prioritariamente sono stati finanziati.
Non è stato finanziato quello dell'irrigazione, per questo si sono mossi telegrammi dei Ministri per spiegare che sarà finanziato con altri fondi.
Questi esempi mostrano che non ci siamo mossi alla cieca, ma nella linea dei grandi orientamenti che ci eravamo dati.
Miglioriamo la nostra capacità di movimento, rendiamo più rigorose le nostre scelte e sotto questo profilo chiedo di operare con spirito di unità e di collaborazione nella discussione, nel lavoro che dovremo fare insieme per darci un quadro più definito di quello attuale di qui alla fine di questa legislatura e per l'inizio di quella nuova attraverso la discussione del piano di sviluppo.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Colleghi Consiglieri, ringrazio coloro che sono intervenuti che mi hanno dato interessanti spunti per la prospettazione futura e l'attuazione del bilancio.
Ringrazio in modo particolare il relatore, perché ha fatto un lavoro molto utile ed egregio. Tento ora di dare qualche risposta. E' vero che presentiamo un bilancio che supera di poco i 4 mila miliardi però vi sono delle prospettive che nel corso dell'anno si possa arrivare ai 4.500 miliardi.
Giungono notizie buone sui fondi statali che oggi non possiamo quantificare, ma che probabilmente saranno oggetto di variazioni al bilancio.
Va sottolineata la tempestività della presentazione del bilancio. Il Piemonte è una delle poche istituzioni italiane che ha presentato tempestivamente il suo bilancio. Questo bilancio è in pareggio e questa è una base importante per il nostro lavoro.
Ma ripercorriamo all'indietro e andiamo con la nostra memoria a ciò che è avvenuto. Mancano complessivamente 300 miliardi.
Come è avvenuto questo disastro? Siamo nati dalla Costituzione, dalla legge abbiamo tratto il nostro alimento che seguiva l'incremento del bilancio dello Stato, che in questi anni è sempre cresciuto dal 26,27 % al 30 %.
Ebbene, colleghi Consiglieri, ritenete che abbia sbagliato la Giunta di anni e anni fa, quando, avendo la certezza costituzionale che le veniva dalla legge n. 281, non riceveva delle somme a caso, ma sempre collegate alla crescita del bilancio dello Stato? Oggi siamo vittime della politica del Governo Spadolini il quale seguito da Bettino Craxi dette inizio ai tagli alla spesa pubblica. Perciò mentre il Governo gestiva il bilancio dei tagli, noi gestivamo dei bilanci normali. Oggi la crescita, tolto il settore della sanità, è di circa l'8 %.
L'anno prossimo ci sarà una crescita zero.
La crescita del bilancio dello Stato sarà del 30 %, la nostra crescita sarà zero.
Abbiamo il diritto di chiedere allo Stato come amministra la crescita del 30 %. Si può chiedere qualche aggiornamento, ma non penso che nel futuro i tiri aggiustati siano di nuovo del 26, 28 %, probabilmente ci attesteremo attorno al 2, 3, 4, 5 % (l'inflazione è scesa al 13 % e per l'anno prossimo si prospetta un calo al di sotto del 10 %).
Noi perseguiamo la politica del rigore e dell'austerità. Potrete dire che in passato abbiamo badato meno a questo; ma è anche vero che avendo maggiori disponibilità si poteva operare con più facilità. Infatti noi abbiamo operato delle scelte.
Ho sentito molti lamentare tutte le caselle scritte "per memoria", ma questo vuol dire che abbiamo fatto delle scelte. Questo bilancio, a ben guardarlo, è perfettamente leggibile, perché riporta voci con le scelte che sono state fatte, le quali sono indicate ripetutamente nei nostri documenti e negli elaborati che abbiamo presentato.
La scelta principale è la formazione umana e professionale che consegue all'occupazione. Nessuno più troverà occupazione se non avrà una formazione professionale. Occorre dare avvio a questo processo di formazione malgrado le risorse scarse.
Il Ministro De Michelis si era impegnato a ricercare all'interno del bilancio dello Stato delle risorse da aggiungere a quelle che abbiamo indicato nel bilancio. Spero che in questo modo si possa portare ai 100 miliardi l'investimento per la formazione professionale. Nel settore dell'agricoltura sono stati fatti grossi sforzi verso la riconversione verso l'irrigazione, le sementi, la selezione zootecnica, i mercati, la conservazione dei prodotti.
Interventi diversi si stanno facendo nella collina e nell'alta montagna.
In questi giorni abbiamo conosciuto dati confortanti dalla Fiat e dall'Olivetti che ci inducono a pensare che il grande movimento innovativo tecnologico della Regione Piemonte stia avvenendo, un po' di fiducia nel prossimo futuro c'è.
Porto una nota di ottimismo di fronte al pessimismo di un'istituzione che ha subito alcune battute di arresto.
Il pessimismo deve esserci nella percezione della realtà, ma deve accompagnarsi alla volontà di sospingere le cose nel senso contrario.
Quanto al personale, la nuova tecnologia comporta una riconversione.
Propongo di fornire ogni Gruppo consiliare degli stessi strumenti di cui dispone l'esecutivo perché possano conoscere, attraverso i calcolatori ogni dato di bilancio.
Con questo si potrebbe realizzare un miglior rapporto tra le forze politiche ed il Governo, tra l'opposizione ed il Governo e porrebbe fine a carenze di informazione, ad equivoci e ad incomprensioni.
L'Assessore Rivalta vi ha parlato della proposta di legge 308 che è già all'esame della Commissione.
La Commissione ha all'esame anche la bozza della convenzione con gli Atenei. Proponiamo una cogestione, intesa come responsabilità comune nelle scelte, negli indirizzi. Abbiamo trovato unità di decisione relativamente ai finanziamenti FIO ed è stato positivo. Il fatto che si offra al Consiglio il terreno della dialettica, della cogestione, nel rispetto dei vari ambiti e dei vari ruoli potrà produrre degli effetti rilevanti nella conduzione politica.
Abbiamo bisogno del contributo di tutte le forze politiche. Non pensiamo arrogantemente di farcela da soli, che non sarebbe possibile d'altronde; abbiamo bisogno del contributo delle forze politiche e delle forze sociali, questo è l'appello che rivolgo per costruire insieme la società del futuro.
Il Piemonte, nei decenni che stanno alle sue spalle, ha prodotto ricchezza con il lavoro di tante aziende, di tanti imprenditori e di tanti lavoratori.
Certo, la riconversione tecnologica e produttiva ha un corso rapido e porta innovazioni con la caduta dell'occupazione.
Il mondo del lavoro è cambiato, dobbiamo fare qualcosa in questa direzione perché la nuova realtà produttiva crea delle possibilità, che dobbiamo saper cogliere.
Nella misura in cui sapremo cogliere questa nuova realtà il nostro Piemonte vedrà un giorno migliore.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La discussione è così conclusa.
Prima della votazione degli articoli passiamo alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, e sottolineo questa dizione signor Presidente della Giunta che ci viene dal collega Gerini che ha fatto pratica in questa sede in tempi in cui l'uso delle forme e dei rapporti istituzionali erano più attenti di quanto non siano oggi.
Faccio innanzitutto una considerazione di ordine preliminare: questa è una dichiarazione di voto, tengo peraltro a far notare che il bilancio per sua natura è caratteristico e quindi il dibattito generale scisso in due con la replica della Giunta, posto che nessuno pensa di far passare emendamenti, è un processo per certi versi improprio. Poiché abbiamo ritenuto di autogovernare il nostro tempo rinunciando ad un intervento nel dibattito generale e dando a quello del collega Germi la caratteristica settoriale, ci riserviamo le argomentazioni per giustificare il voto che andiamo ad esprimere, quindi non è detto che lo spazio sia mantenuto ai tempi che la Presidenza ritiene di dover introdurre.
Faccio subito una considerazione ai colleghi del Consiglio, non alla Giunta e non alla Presidenza: ci sarebbe una ragione preliminare per dire "no" a questo bilancio, la sua trattazione è avvenuta in termini che non fanno onore al Consiglio. La Giunta lo ha depositato in tempo sufficientemente utile, le consultazioni sono state strozzate ed improduttive, la Commissione ha trattato il bilancio di qualche migliaia di miliardi in due mezze giornate.
Tutto questo ci deve far riflettere. In aula abbiamo poi assistito ad un'altra vicenda che deve essere stigmatizzata. La Presidenza ha ritenuto di dover interpretare la volontà espressa dalla Giunta che nella giornata odierna il bilancio si dovesse approvare e ha gestito questo orientamento attraverso una scelta, che noi rispettiamo per il dovere che è dovuto alle istituzioni, ma che certamente ha mortificato il Consiglio. I colleghi della I Commissione sanno che tra me ed il collega Valeri non corre buon sangue, però tutti abbiamo di lui una grande stima e considerazione e farà certamente storia il fatto che il relatore di maggioranza non abbia avuto il tempo materiale per svolgere la sua relazione.
Questo è il quadro nel quale ci muoviamo, ma è già stato detto da altri perché a questo bilancio bisogna dire "no".
E' una dimostrazione del fallimento di questa maggioranza, soprattutto dal punto di vista statutario, del rispetto del quadro dei comportamenti e delle decisioni che devono stare a monte del bilancio: manca il piano di sviluppo, che è il documento principe, non ci sono più gli 84 progetti, non ci sono più gli 11 progetti, ma ci sono 473 pagine di un documento che ho l'impressione che pochi abbiano letto.
Non introdurrei questo ragionamento se il Presidente della Giunta non avesse ritenuto in termini grossolani di liquidare le obiezioni di ordine giuridico, sistematico e statutario che ho fatto al procedere della Giunta liquidando la mia lettera con la dichiarazione ai giornali: "Non c'è niente da ritirare, basta cambiare". Questo tipo di linguaggio tra la maggioranza e l'opposizione non è accettabile. Ci siamo sforzati di spiegare alla Giunta in quattro pagine scritte faticosamente le ragioni per cui secondo noi deve essere riproposto e ripubblicato il bilancio.
Ci offende il modo con cui ci viene risposto.
Dal momento che la I Commissione, Presidente Viglione, ha ritenuto di non essere in grado di fare i rilievi e le osservazioni o le proposte di cui all'art. 43 della legge relativa, la Giunta non ha la possibilità di apportare modifiche perché le modifiche sono determinazioni proprie autonome della Giunta e come tali sono proposte e come tali vanno pubblicate, perciò l'iter deve partire da zero.
La mia forza politica, anche se limitata nel numero, magari anche nella qualità, dei comportamenti e degli interventi, si batterà fino in fondo perché la Giunta non riesca a chiudere la bara della sua incapacità con un piano di sviluppo approvato in "articolo mortis" come diceva già la parte missina e sarebbe soltanto un condizionamento politico, indebito illegittimo, inqualificabile sulla futura maggioranza qualunque essa sarà a governare questa Regione.
Il nostro giudizio si articola ancora su altre argomentazioni.
Per esempio, questo non è il bilancio di una Giunta che dice che guarda al futuro, che guarda al terziario avanzato, che guarda all'informativa agli Enti locali e alle aziende che vogliono crescere e svilupparsi.
Basterebbe leggere la relazione della Finpiemonte a proposito dell'iscrizione a memoria del capitolo che prevedeva risorse alla Finpiemonte per intervenire con studi a sostegno delle autonomie locali capitolo che è stato cancellato.
Quindi, la funzione essenziale della Finpiemonte che è richiamata nel "Quadro di riferimento programmatico" viene negata dal bilancio.
Alla Finpiemonte si toglie la possibilità finanziaria di operare nel settore delle aree industriali attrezzate, quindi possiamo dire che la Regione tende a rivalutare la funzione del terziario qualificato.
Questo non è il bilancio della promozione, visto che si attribuiscono 50 milioni alla funzione promozionale dell'artigianato. Questa non è una Regione che tuteli l'ambiente visto che iscrive i capitoli relativi alla depurazione delle acque solo a memoria.
Ma c'è dell'altro, Presidente Viglione e signori Assessori. Questa non è neanche quella che andate a sbandierare, la Regione in cui si fanno delle scelte. Ho raccolto in tre paginette per somme voci alcune cifre che dicono chiaramente che questa Regione non ha scelto per lo sviluppo, ma ha scelto per la conservazione.
Le risorse non sono impegnate nei settori trainati, ma nei settori che fanno opinione, che fanno consenso, che fanno "politique" direbbero i francesi.
Le spese di amministrazione sono aumentate da 1.810 a 2.170 milioni e badate bene che non ci disturba la cifra, ma il trend. E' la prima volta dopo il 1980 che le spese di amministrazione aumentano, negli altri anni sono sempre scese, questo la dice abbastanza.
Sul settore dei trasporti, sul quale diciamo di dover puntare l'incremento percentuale è molto modesto e non è in linea con la tendenza che ha portato all'aumento del 4 % delle risorse in questo settore in cinque anni.
Parliamo poi della viabilità e delle opere pubbliche dove vi è una contrazione di circa l'1 %, che fa precipitare la percentuale delle risorse previste nel quinquennio al 4,9 %, dato molto preoccupante che abbiamo detto è da sottolineare per il fatto che il 50 % delle minori risorse che vengono destinate al settore sono sottratte proprio in questo nostro esercizio. Al contrario, il diritto allo studio e la formazione professionale hanno degli incrementi sulle quali dibatteremo quando capiremo che cosa si vorrà fare con questo 20 % in più destinato alla formazione professionale.
L'acquedotto e le fognature rappresentano un impegno dell'1,3 % delle risorse regionali, il che, cari colleghi, significa un minimo storico. Un minimo storico mai toccato da questa Regione lo troviamo anche nel settore dell'urbanistica: 0,1 % delle risorse regionali. Se poi queste voci le accorpiamo vediamo che gli interventi in campo economico sono passati dal 46 % al 46,4 %. Badate bene che in cinque anni l'aumento delle risorse a questo settore è stato del 16 %, questo vuol dire che il presente non è un bilancio che ha scelto di impegnarsi su questo settore. Non parliamo poi dell'area della gestione e dell'assetto del territorio che ha una caduta del 3 % su una caduta in generale del 6,2 % in cinque anni. Mentre il campo del sociale, pur penalizzato da interventi di carattere nazionale, è quello che ha avuto in cinque anni un incremento del 7,1 % .
Presidente Viglione, ho assistito quasi con commozione al suo intervento di ieri sera alla televisione: 45.000 posti di lavoro che saranno le famiglie a realizzare, gli studenti studiando, gli operai lavorando, i padri di famiglia pagando le tasse; è un messaggio natalizio che però non mi pare avesse molte motivazioni di supporto.
Il "Quadro di riferimento programmatico" porta molti elementi significativi. Ne colgo solo alcuni. Collega Testa, la constatazione che "l'evoluzione tecnologica della casa madre non avesse coinvolto e non avesse avuto riflessione sul mancato coinvolgimento del complesso industriale torinese e piemontese nell'effetto moltiplicatore che ha investito la tecnologia" è una riflessione che la maggioranza ha fatto che però non è mai stata oggetto di dibattito.
Caro collega Testa, non siamo più al tempo in cui si devono creare le condizioni di servizio per la domanda produttiva, infatti a paga 20 del documento c'è scritto: "Occorre puntare al rilancio dell'area metropolitana torinese, sia in termini di qualificazione industriale che del rapporto del terziario per lo sviluppo".
Questo vuol dire che è sì ancora alla logica che le condizioni per rendere ottimale l'insediamento industriale siano la leva e la linea di comportamento di un governo regionale. Non si parla più di riequilibrio sul resto del Piemonte, sul resto del Paese, si parla del rilancio dell'area industriale centrale di Torino, dell'area metropolitana, con tanti saluti alla logica del collega Testa, ma anche con tanti saluti al messaggio, che fa offesa alla cultura industriale laddove si dice, sempre a proposito dell'area centrale torinese che "il modello di sviluppo economico fondato sulla grande industria e sulla concentrazione metropolitana ha marginalizzato non solo nel contesto dell'economia ma anche nel quadro dei valori della società industriale". Nello stesso documento si dice che occorre rilanciare la centralità dell'area metropolitana torinese contemporaneamente si riprende una vecchia e ritrita polemica nei confronti della grande industria.
Questo è il livello di approfondimento programmatico a cui è giunto il Governo, espresso nel mese di agosto di quest'anno. Nel documento ci sono poi tutte le epigrafi delle sconfitte degli Assessori.
C'era stato nel 1981 il proclama del Presidente Sanlorenzo che diceva che entro l'anno si doveva fare una serie di cose, qui c'è un altro proclama dove è scritto: "Si pone l'obiettivo di chiudere entro il 1983 la fase di approvazione congiunta del secondo piano di sviluppo, del programma pluriennale di attività e di spesa e del relativo bilancio pluriennale".
Ma ce ne sono altre di occasioni mancate, ma non sto a tediare per la correttezza dovuta ai colleghi. Per esempio, c'è scritto che entro il 1983 deve prendere avvio l'ufficio di piano, allora sarebbe bene che i colleghi andassero a leggere che cos'è l'ufficio di piano.
L'ufficio di piano, cari colleghi, che farà evidentemente capo all'Assessorato al piano si occuperà del piano regionale di sviluppo, del programma socio-economico, della pianificazione territoriale, del programma pluriennale di attività e spesa, del bilancio pluriennale, del piano socio economico e territoriale dei Comprensori, del sistema informativo e delle ricerche.
La nostra impressione è che si sta assistendo alla nascita ed alla crescita di un super Assessorato. Non solo, ma nel documento che accompagna il bilancio dove è stato cancellato il finanziamento alla Finpiemonte per i supporti d'indagine e di studio agli Enti locali, si scrive che l'ufficio di piano dovrà farsi affiancare alla Finpiemonte in tutte queste iniziative.
Questi scollamenti e queste contraddizioni meritano un giudizio negativo.
Brevissime considerazioni ancora per respingere le considerazioni venute soprattutto dalla sinistra comunista sui ritardi del Governo.
Signori, vogliamo fare un po' di autocritica? Dimentichiamo tutti che cosa ha significato il consolidamento dei debiti degli Enti locali che in anni passati ha voluto che i Comuni spendaccioni siano stati premiati e i Comuni seri che chiudevano i bilanci in pareggio siano stati danneggiati.
Possiamo pensare che in un'epoca di risorse decrescenti e di prodotto nazionale interno che si muove a passi limitati le risorse a disposizione degli Enti locali continueranno ad essere quelle del passato? Certamente non sarà così.
Non c'è più spazio per l'effimero. Non c'è lo Stato da una parte e le Regioni dall'altra: la realtà mette sul terreno delle domande diverse da quelle che in passato hanno potuto gestire gli Enti locali.
Non esiste una contrapposizione tra lo Stato e gli Enti locali.
Signor Presidente, colleghi della Giunta, il bilancio regionale d'ora in avanti non si misurerà più in termini contabili sulla quantità di risorse sui capitoli o su come le risorse regionali siano in grado di incidere sullo sviluppo, perché non incideranno sullo sviluppo.
La Regione dovrà tornare ad essere quella che è delineata nella Costituzione: ente di programmazione e di legislazione. Per rubare l'espressione usata dal collega Testa si tratterà non più di gestire l'istituzione Regione, ma di gestire l'azienda Piemonte.
Ma questo è molto difficile, perché l'azienda Piemonte è diversa da quella dei documenti della Giunta e delle decisioni della maggioranza del Comune di Torino. L'azienda Piemonte è formata da una serie di soggetti, di categorie, di protagonisti che non hanno, a mio avviso, sufficiente rappresentanza politica rispetto ad altri interessi che hanno troppa rappresentanza politica. Il riequilibrio del Piemonte passa attraverso questi fatti politici, non passa attraverso le risorse.
Questa Giunta, comunque sia il voto della maggioranza, ha un anno di vita davanti. Nelle epoche cavalleresche si rispettava la regola della "pace sepultis" che significava avere pietà dei morti (o dei morituri; non so bene che cosa sia questa Giunta).
Certamente questa Giunta è la sopravvivenza decorosa, e per molti versi apprezzabile, di una maggioranza finita sullo scandalo delle tangenti. Devo dire che soltanto un personaggio dal carisma e dalle qualità del Presidente Viglione, al quale sono anche affezionato, è in grado di tenere in piedi una serie di persone, anche queste apprezzabili sul piano dell'impegno senza però un'anima politica comune. Noi accettiamo questo commissariamento improprio, o meglio questa situazione di amministrazione controllata, della Regione affidata ad un gruppo di degnissimi colleghi sotto la regia di un collega che stimiamo magari più di altri, ma non siamo nella pienezza del nostro dibattito politico, dibattito politico che riprenderà evidentemente nel 1985.
Le forze politiche nel 1985 devono prospettarsi non più in termini di scontro, ma in termini di capacità di recuperare rappresentanza politica del Piemonte.
Quello che è successo al Comune di Torino deve far riflettere molto, in particolare noi, i socialisti, i socialdemocratici e i repubblicani.
Se Novelli rimane in piedi è perché un certo tipo di realtà che doveva avere rappresentanza in Comune di Torino ha avuto meno rappresentanza di altri interessi, di altre volontà che poi sono quelle dei soggetti preminenti nella nostra realtà. Allora è inutile che noi parliamo di diversificazione.



GUASSO Nazzareno

L'importante è mettersi d'accordo.



MARCHINI Sergio

No, no è un'altra cosa.
L'impuntatura del PRI non è una prenotazione al Sindaco di Torino, così come il mio intervento non è una prenotazione alla Presidenza della Giunta regionale. Sappiamo tutti che dietro la ferma presa di posizione del PRI c'era la consapevolezza che cambiare un quadro politico al Comune di Torino significava chiedere alle forze politiche un approfondimento programmatico politico radicale, approfondimento che non c'è stato, sulla capacità di rappresentare finalmente nelle aule assembleari la totalità dell'azienda Italia, cercando di sottrarci non agli handicap come sono stati chiamati stamattina, ma alle ipoteche che gravano sulle nostre decisioni. Testa ha riconosciuto che il potere economico decide più del potere politico. Queste cose devono finire nella misura in tutta la realtà piemontese, tutta l'azienda piemontese deve avere rappresentanza, proprio per sgravare il Potentato economico, che deve anche fare politica, da una finzione che non gli compete e che non vuole fare.
Ma, fin quando le forze politiche non sapranno lanciare alla collettività piemontese un messaggio che la mobiliti nel suo complesso, il potentato economico continuerà a fare i conti, continuerà ad avere un rapporto privilegiato con chi non gli prospetta delle prospettive di sviluppo, ma gli prospetta delle condizioni di sopravvivenza decente.
L'anno che abbiamo di fronte cerchiamo di non utilizzarlo in polemiche sulla Giunta e in discussioni sugli ordini del giorno, ma per ricercare la nostra capacità della forza politica, ma in genere dell'istituzione di rappresentanza, della dialettica politica ché ormai è espulsa da queste aule affinché il 1985 torni ad essere un'aula di parlamento, un'aula di scontro in cui, come diceva Zanone in queste stesse aule, "la politica riacquisti la sua caratteristica che è sempre scontro all'interno dei partiti e fuori dei partiti".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

La mia dichiarazione di voto sarà brevissima perché ho già esposto in maniera esauriente il pensiero della nostra parte politica sul bilancio.
Preciso solamente che, a sostegno del voto negativo, richiamo le ragioni addotte nel corso dell'intervento e in particolare la preliminare censura di collocazione del bilancio preventivo 1984 in un quadro di violazione statutaria in quanto, come già ricordato diffusamente, lo Statuto prevede espressamente che il bilancio preventivo annuale deve essere coerente con le linee fondamentali del piano pluriennale di sviluppo. Questo lo dice testualmente lo Statuto non è un'opinione politica espressa dalla nostra parte. Il piano di sviluppo non esiste, dopo le consultazioni è stato rinviato alla Giunta e quindi il bilancio non pu essere coerente con un piano di sviluppo in itinere che non ha esistenza istituzionale, che non è calato nella realtà piemontese. Questa è stata la preliminare considerazione che ho svolto nel corso dell'intervento e che ritengo di per sé sola giustifichi ampiamente e legittimamente il voto negativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Anch'io sarò brevissima.
Nonostante l'ideale di una libera società in sviluppo, che mi accomuna al Presidente Viglione e che quindi accomuna socialisti e repubblicani, i repubblicani voteranno contro il bilancio 1984 e il bilancio pluriennale 1984-1986 perché questi due documenti non soddisfano le istanze di chiarezza di lettura del bilancio, di chiarezza di impostazione finanziaria, di revisione delle leggi di spesa, di definizione dei programmi di intervento delle priorità e delle scelte. Tutte istanze che in questi anni con determinazione il PRI ha indirizzato alla Giunta.
Alla gestione della cosa pubblica si può guardare sotto molti profili si può anche pensare che i documenti che abbiamo di fronte siano squisitamente contabili e quindi abbiano un valore strettamente tecnico contabile. Per noi hanno un valore politico e di conseguenza hanno un valore morale. Certo è già stato importante - lo rilevava la relazione di Valeri e l'ha rilevato il Presidente Viglione - rispettare i tempi della presentazione, anche questo fa parte del metodo morale e noi abbiamo apprezzato questa volontà della Giunta di pervenire alla presentazione del documento nei tempi corretti. Così come è stato importante che il Consiglio, per volontà di tutte le forze politiche, ma certamente per volontà delle forze di minoranza, abbia dedicato un'intera giornata peraltro in un periodo di festività, al dibattito in Consiglio regionale.
Noi pensiamo che il nostro Consiglio regionale non sia soltanto uno strumento per diffondere un'eco, un luogo di dibattito e di confronto, ma anche un momento del processo decisionale democratico, un elemento di determinazione essenziale della vita della società e della Regione. Un luogo di determinazione e di deliberazione che però dovrebbe avere in futuro una caratteristica diversa, quella della prontezza e della tempestività della decisione.
Il Presidente Viglione ha riconosciuto che alcuni appunti che venivano dalla minoranza potevano anche avere costrutto e quindi valore. Io mi sarei aspettata che, per esempio, di fronte alla mia osservazione che 5 miliardi nel capitolo degli incarichi e delle indagini fossero tanti, fosse stata espressa una volontà di depennare quella spesa.
Quindi, ma non soltanto per questo, il bilancio di previsione non soddisfa i repubblicani. Il Consigliere Testa diceva in termini di accortezza: "Stiamo attenti a non far diventare il bilancio della Regione soltanto il bilancio dei conti". Noi diciamo che il bilancio del 1984 è la somma dei conti di un Ente indebitato e proteso al mantenimento di se stesso, per contro, di fronte ad un documento programmatico che è stato rilevato molto spesso quindi con degli impegni che probabilmente la Giunta non avrà il tempo di rispettare e non rispetterà come non ha rispettato molti altri impegni.
Queste contraddizioni tra il dire ed il fare sono l'altra faccia della questione morale di un modo di intendere e di gestire la cosa pubblica che non condividiamo e che giustificano il nostro voto negativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in linea con quanto diceva il Consigliere Gerini, il Gruppo consiliare del PSI, sia in sede di I Commissione come in sede di conferenza dei Capigruppo ha sostenuto la tesi dell'approvazione del bilancio entro i termini stabiliti. Sappiamo quali possono essere le conseguenze di un esercizio provvisorio, soprattutto nella situazione politica della Regione e sappiamo che è opportuno utilizzare le disponibilità in bilancio, ai fini dello sviluppo. Forse il discorso deve essere rivolto al Governo centrale. E' vero che stiamo discutendo di un bilancio di 4.157 miliardi, ma in realtà dovremo gestirne solo 147.
E' un problema politico che non ci permette nemmeno di pensare in prospettiva a ciò che la Regione può fare: ecco il discorso del piano di sviluppo.
Il piano di sviluppo 1975-1980 era legato alle risorse di quel momento.
Oggi con le poche risorse non possiamo affrontare tutto il discorso legato al piano di sviluppo.
Possiamo fare una scheda che rifletta la situazione, possiamo parlare di sviluppo dell'"azienda Piemonte", come diceva il Consigliere Testa.
Non è problema di rappresentanza politica della Giunta. C'è anche una ragione economica e sociale che è legata allo sviluppo della Regione.
Abbiamo appreso dai giornali quello che la Fiat sta facendo per il Lingotto, ma sarebbe stato molto più opportuno che la Direzione Fiat verificasse con le istituzioni i modi di valorizzare quel territorio.
Purtroppo la parte industriale molto spesso considera estranee a questi temi le istituzioni. Parlare dell'"azienda Piemonte" significa parlare di piano di sviluppo, che tenga conto di tutte le espressioni economiche della Regione, a partire dalla classe imprenditoriale, compresi i piccoli imprenditori dell'artigianato fino al sindacato. Solo così è possibile collocare l'azienda Piemonte" nell'ambito nazionale, tenendo conto delle differenti situazioni economiche esistenti tra Nord e Sud.
Riconosco il grande sforzo compiuto dal relatore sul documento di bilancio 1984 per dimostrare come spendere in termini programmatici i 147 miliardi che sono a disposizione.
Dobbiamo chiarire l'impostazione critica della collega temetti che qualcuno ha interpretato in contrapposizione alle scelte della Giunta regionale. Sottolineo che i Consiglieri regionali non debbono appiattirsi sulle impostazioni della Giunta regionale, ma sono chiamati ad esprimersi anche in termini critici.
Quello del Consiglio regionale è un momento di dialettica democratica ma spesso differenti valutazioni vengono considerate in questa assemblea posizioni difformi.
Non esistono però posizioni difformi: il Consigliere Cernetti ha proposto delle alternative, quindi non ha assunto una posizione contraria nei confronti della Giunta.
Non è tanto importante che la Giunta dia delle risposte ozi, mentre sarà importante quello che la Giunta farà in sede di assestamento fra quattro o cinque mesi che dovrà essere valutato in termini politici. Quanto è emerso dalla discussione di questa mattina sarà tenuto in conto dalla Giunta nel momento in cui predisporrà l'assestamento del bilancio. Quanto ai richiami a memoria, penso che la Giunta li abbia inseriti nel bilancio riferendosi agli interventi dello Stato. Questa impostazione della Giunta è corretta perché non crea delle aspettative.
Di questi richiami si dovrà tenere conto in sede di assestamento di bilancio.
Un richiamo frequente è quello relativo ai residui passivi sui quali è opportuno fare chiarezza.
Chi ha vissuto dall'interno l'attività dell'esecutivo sa come siano residui impegnati per il meccanismo delle leggi e per garantire la Regione.
Di fronte ad un privato che rivolga domanda per ottenere facilitazioni di intervento, quale garanzia ha l'Amministrazione regionale se non quella di erogare le somme dopo l'ultimazione dei lavori? Non si può correggere questo meccanismo? Non condivido totalmente l'ordine del giorno presentato da Montefalchesi, ma in linea di massima sono d'accordo con lui sull'appello da fare al Governo per quanto riguarda le risorse, ma anche per quanto riguarda le entrate che permettano di affrontare una politica di programmazione.
Le Regioni devono poter aumentare le entrate proprie. Occorre portare avanti il discorso della riforma delle autonomie locali.
Occorre creare uno strumento che per le finanze locali potrebbe avere la Regione come punto di riferimento dei Comuni e delle Province.
Ricordo che la gestione diretta delle entrate da parte dei Comuni ha risolto in breve termine problemi molto pesanti relativamente all'afflusso migratorio. Quella politica va sostenuta attraverso una presa di posizione delle Regioni, in particolare del Piemonte.
Il Gruppo consiliare del PSI vota a favore del bilancio ed invita la Giunta ad impegnarsi in sede di assestamento secondo le conclusioni del dibattito di questa mattina.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il giudizio del nostro Gruppo sul bilancio è negativo e lo riconfermiamo anche dopo il dibattito e la replica della Giunta.
D'altro canto, le voci critiche sono state assai più numerose di quelle favorevoli al documento ed alla politica complessiva della Giunta regionale.
Abbiamo consapevolezza dei limiti finanziari e che - come ha detto il Presidente Viglione - siamo in una fase diversa e non possiamo più registrare incrementi di entrate superiori al tasso di inflazione come in passato; complessivamente però negli ultimi anni l'incremento dei fondi è stato del 129 %, cioè mediamente del 20 % annuo.
Non si è saputo tener conto del fatto che nel tempo le, risorse avrebbero anche potuto scendere. La rigidità è crescente: il complesso delle spese di funzionamento, delle spese ricorrenti e rigide e delle reimpostazioni era del 34 % della spesa totale, al netto della sanitaria nel 1982; nel 1983 è diventato il 38 %; nel 1984 il 54 %.
E' crescente la spesa ferma. Il complesso dei residui passivi (353 miliardi) e delle reimpostazioni (464) portano a 817 miliardi il totale della spesa ferma. Stiamo superando lo stesso record del 1982 e non lo si può imputare ai ritardi del Governo, perché, al contrario, c'è addirittura un utilizzo da parte della Regione di fondi vincolati nella cassa in sostituzione dei mutui non contratti che sono di gran lunga inferiori ai residui passivi.
L'avanzo di amministrazione non esiste, si tratta di un disavanzo effettivo di 60 miliardi e ciò malgrado si dia un'interpretazione della legge di contabilità che frena le deliberazioni nell'ultima fase dell'anno interpretazione che, a mio avviso, è del tutto gratuita e che costituisce un altro elemento che farà crescere lentamente i residui o creerà delle economie solo nominali. E' un errore di interpretazione che deve essere assolutamente modificato.
Del discorso dell'approccio rigoroso e nuovo, del muoversi in modo diverso da più parti richiesto e da noi proposto nel documento programmatico del giugno scorso con un apposito capitolo che puntualizza questo modo nuovo di agire di fronte alla spesa, avendo il coraggio di incidere con il bisturi nella gestione regionale, non vi è traccia nel bilancio.
I tentativi del contenimento della spesa, di quella politica di rigore che è stata annunciata e portata avanti, sono in verità simbolici. Non si frena la spesa effimera, sono tentativi velleitari che non incidono affatto nella struttura della spesa la quale ricalca fedelmente, salvo pochi mutamenti, quella degli anni precedenti. Ancora una volta manca il quadro del piano di sviluppo. Possiamo anche accettare la processualità cui accennava l'Assessore Rivalta, ma in un quadro definito con delle linee di tendenza che in qualche modo prefigurano i settori in cui muoversi e mentre con gli obiettivi mirati al 1985 si presuppone una sostanziale revisione del vecchio piano pubblicato nel gennaio 1983.
Già allora facemmo delle riserve sulla procedura adottata nella presentazione del piano di sviluppo, ma non traemmo, da questo, alimento per una decisione contraria alla partecipazione alle consultazioni. Anzi il nostro Gruppo è stato presente in tutte le sedi e non abbiamo potuto non rilevare la sostanziale inadeguatezza del documento, inadeguatezza che anche lo stesso nuovo documento della Giunta ampiamente presuppone.
Al di là delle affermazioni fatte dal Consigliere Marchini, anche per parte nostra non possiamo evitare che sul piano di sviluppo avvenga un confronto metodologico ed operativo fra Giunta e Consiglio che faccia chiarezza sulle procedure anche perché esistono aspetti, formali e sostanziali importanti ed una scadenza amministrativa che non può essere sottaciuta, se si vuole non ipotecare il futuro oltre un certo limite. Non c'è coerenza fra il programma degli interventi mirati ed il bilancio. Le stesse tre priorità indicate nel documento: occupazione, programmazione rapporto con gli Enti locali, non si concretano nel bilancio in modo consistente.
Non c'è una politica delle risorse vincolate. E' un aspetto importante perché già in questa edizione di bilancio monco le risorse vincolate superano, dopo la nota di variazione, quelle dell'anno precedente e sfiorano i 400 miliardi.
Ma mancano, come trasferimento di fondi vincolati che non sono compresi in bilancio, i fondi dell'energia, i fondi del FIO che saranno probabilmente quelli del 1983 e 1984 e i fondi dell'edilizia agevolata attraverso il nuovo provvedimento: centinaia di miliardi che andranno ad aggiungersi ai precedenti e che testimoniano lo sforzo del Governo riconosciuto dal Presidente Viglione e non da altri, di venire incontro alle esigenze delle Regioni, destinandoli specificatamente agli investimenti, per rilanciare lo sviluppo e promuovere l'occupazione. E' infine, un bilancio chiuso, a nostro avviso, perché non ha accolto le sollecitazioni amplissime che sono venute dalle consultazioni e dal Consiglio.
L'unica osservazione accolta in sede di consultazioni è quella delle Comunità montane ma non altro né dalle consultazioni, né dal Consiglio e questo rinvio all'assestamento ci pare un rituale nel quale ormai non crediamo più.
Per quel che riguarda il bilancio pluriennale non facciamo commenti perché non esiste. Quello del 1982 lo abbiamo definito un bilancio sui generis; quello del 1983 un abbozzo di bilancio; quello di quest'anno non saprei neppure come definirlo perché ci sono solo quattro cifre, non un bilancio.
Il nodo complessivo che ci induce a dare un giudizio negativo è l'incapacità di governo che rileviamo in questa maggioranza; incapacità di generare - come diceva il Consigliere Majorino - oppure mancanza di ruolo di governo. Il Consigliere Testa nel suo intervento ha affermato che occorre un ruolo di governo e ciò significa, se le parole hanno un senso che c'è mancanza di ruolo di governo. Abbiamo evidenziato questa mancanza sin dall'inizio della legislatura; l'abbiamo analizzata e ne abbiamo fatto oggetto di un capitolo del nostro documento sul piano di sviluppo edito nell'ottobre del 1981, al quale rimanderei per un'attenta lettura.
Il ruolo di governo è fondamentale se si vuole puntare sullo sviluppo in modo credibile. Lasciamo alle spalle un 1983 che per l'intera Regione Piemonte è stato un anno nero che segue, a partire dal 1980, anni grigi ed opachi.
All'inefficienza ed alla caduta di tono della programmazione dell'azione regionale si è aggiunta nel 1983 in modo pesante la questione morale; la caduta di credibilità dell'Ente è stata grave e credo che la sua risalita sia ben lontana.
Nel 1983 si è delineata la possibilità di una svolta. Alla fine di quest'anno siamo profondamente sereni perché tutta la nostra azione è stata tesa a facilitare questa svolta. Non abbiamo perseguito interessi di partito, né posizioni di potere o ruoli di governo diretto; abbiamo perseguito una svolta che ritenevamo assolutamente necessaria.
Se questa non si è realizzata, la responsabilità non è certamente nostra, forse altri sono caduti in esasperati tatticismi o hanno avuto momenti di incertezza.
Non abbiamo atteso né i risultati del 26 giugno, né la seconda crisi del Comune di Torino, né ancora il risultato elettorale del mese di ottobre, per chiedere un governo pentapartito o quanto meno una maggioranza pentapartito in quest'aula.
Se non ci fossero state incertezze forse si poteva giungere ad una svolta, a nostro parere necessaria per lo sviluppo del Piemonte, al quale tanto crede il Presidente Viglione, ma che per essere gestito e portato avanti ha bisogno di una maggioranza omogenea, di tensione morale e di una cultura dello sviluppo che, a nostro avviso, non c'è oggi in questa maggioranza.
Cosa sarà il 1984? Da ciò che vediamo in questo bilancio non traiamo favorevoli presagi. Più che un bilancio realistico ci pare un bilancio rinunciatario perché le cifre hanno pur un significato, non possono essere sostituite soltanto dall'entusiasmo e dalle parole.
Si richiederebbe un grande sforzo per cogliere i cenni di ripresa cui faceva cenno Viglione nel suo intervento. I cenni di ripresa ci sono, come anche la possibilità di inserirvisi, ma bisogna saper creare le condizioni perché questa ripresa avvenga, perché in qualche modo il declino del Piemonte si arresti e si imbocchi una strada in salita.
Occorre volontà di azione ed occorre muoversi con decisione su questa strada. Ho già citato il sindacalista Perini della FLM che quando parlava in quest'aula durante il dibattito sulla siderurgia richiamava questo maggiore ruolo di azione, maggiore ruolo di presenza della Regione negli investimenti, nelle infrastrutture, nelle opere che possono generare occupazione e che possono creare e mettere in moto meccanismi di sviluppo.
Non credo possa essere sufficiente l'invito alle famiglie di muoversi, di attivarsi, perché il 1984 sia migliore.
Noi crediamo nella famiglia da sempre come elemento di continuità e non soltanto nei momenti di crisi. Crediamo anche nella responsabilità individuale che viene prima ancora del sociale e delle aggregazioni politiche e che è l'elemento fondamentale alla base della ripresa.
Credo però che le famiglie chiedano all'istituzione regionale di fare la sua parte, di muoversi, di utilizzare tutte le risorse esercitando quel ruolo di governo, fondamentale per dare una svolta alla Regione Piemonte.
Senza fare questo, difficilmente si potrà uscire dalla crisi. Le fughe in avanti non servono; può anche andare bene l'introduzione del computer sia tra i bambini che tra noi; può anche servire una convenzione con l'Olivetti, ma non pensiamo che il discorso debba essere estremamente lontano; il ruolo e la ripresa del Piemonte si giovano nel 1984 e nel 1985 possono essere gli anni decisivi per invertire la rotta e quindi è anche l'azione a breve termine che deve essere intesa e portata avanti con assoluta determinazione. Non servono né gli slogan fumosi, né l'ordinaria amministrazione, bensì occorre un'azione concreta di largo respiro che non vediamo in questo bilancio e che è la nostra aspirazione e per la quale ci batteremo per fare crescere il nostro Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Perché diamo un giudizio positivo di questo bilancio? Perché credo sia giusto darlo al di là del dovere come forza di maggioranza. Lo sforzo compiuto per presentare in tempo il bilancio (e la variabile tempo in momenti di crisi è un fatto politico di grande importanza) non è andato a scapito di un'attenta ricognizione delle disponibilità e della realistica impostazione delle somme.
L'approccio modesto a questo bilancio significa anche capire che cosa si può fare per innovare. In altri termini è difficile avere un dialogo produttivo, degli stimoli utilizzabili, di convincenti approcci al cambiamento, se non si pone mente ad un processo ampio e già oggi verificabile scientificamente di tutto ciò che si è fatto in questi anni delle politiche delle Regioni, della Regione Piemonte in particolare dal 1975 in poi, dalle maggioranze di sinistra.
In altri termini, credo sia molto facile, per svolgere la propria parte di opposizione, farsi prendere la mano, specie quando non si ha l'obiettivo di realizzare molto concretamente delle innovazioni e dei cambiamenti, da una forte aggettivazione, da richiami al bisturi e alla radicalità degli interventi.
La realtà delle cose purtroppo è molto più spessa. Si tratta invece di lavorare nella percezione chiara che di nuova fase si deve trattare e che le condizioni intanto per realizzare questa nuova fase sono date dal fatto che si assicurano oggi elementi di operatività e di certezza all'Ente regionale (questo è un bilancio fatto ancora nell'anno 1983, senza esercizio provvisorio) che dobbiamo trarre dal ragionamento sui rapporti Regione-Stato, da una parte con il Governo ed il Parlamento e dall'altra sulle politiche regionali, così come si sono succeduti negli anni elementi di riorientamento che non possono che essere assistiti da forte momento di consenso e di discussione, anche al di là della semplice e sola maggioranza.
Non si può chiedere il bisturi e su che cosa poi? Io non l'ho capito perché non sono venute affatto delle indicazioni concrete.
Non si può chiedere il bisturi nel momento in cui si deve affrontare molto concretamente la vasta gamma degli interventi, dove la Regione spesso in funzione di supplenza, ha sostituito vuoti e clamorose inadempienze che il vecchio sistema senza le Regioni aveva prodotto negli anni.
La strada da seguire è quella di riorientamento graduale per segnali comprensibili e significativi. E lo dico proprio con la preoccupazione di chi ha in realtà, come abbiamo noi comunisti, l'ansia di realizzare una fase nuova nel governo degli Enti locali, intanto da parte delle stesse Giunte di sinistra.
Noi siamo perfettamente consapevoli della necessità obiettiva, dato il mutato scenario economico, di una nuova fase.
Ma come si costruisce questa nuova fase? Uno degli elementi di fondo è la ripresa del dialogo, anche tra noi.
Credo che non possiamo andare avanti molto a lungo contrapponendo polemiche gli uni con gli altri, garantendoci di fare ognuno la sua parte maggioranza od opposizione, senza invece tentare di fare qualcosa di più.
Noi, che pure abbiamo rilevato criticamente alcuni interventi, siamo consapevoli del fatto che si debba lavorare su una nuova fase che ridefinisca l'identità della Regione, i suoi compiti, ma che poi, anche molto più concretamente, orienti la spesa e l'attività di governo in direzioni che sono diverse e obbligatoriamente diverse dal periodo in cui il grande effetto distributivo dello sviluppo delle amministrazioni era il punto di riferimento. Intervenire ozi sul processo di accumulazione è il compito che ci è dato ed è un compito di grande difficoltà, intanto politica, perché non è affatto detto che questo compito sia condiviso da certe correnti di pensiero.
Credo, per esempio, che nelle proposte venute dagli industriali durante le consultazioni, ci siano molti elementi di grande interesse e dignità.
Mi permetto di dire che alcuni punti iniziali li giudico scarsamente accettabili, perché sono elementi che mettono in discussione una funzione di governo democratico dell'economia che deve essere visto in maniera e con strumenti diversi, che mettono in discussione una conquista che in questi anni, grazie anche alle Giunte di sinistra, si è realizzata nel nostro Paese, che è quella di un intervento sull'azienda Piemonte, sul complesso dei fattori di produzione come coordinamento e stimolo delle energie presenti nella società.
Questo è il famoso raccordo di cui, quando relazionava come Capogruppo della maggioranza, il Presidente Viglione faceva sempre menzione.
Concluderei il dibattito a nome del mio Gruppo dando un segno netto di questa ripresa di dialogo. Abbiamo soltanto più un anno e mezzo di tempo il che è poco, ma occasioni mi pare siano anche venute dal modo in cui si è avviata la discussione, dal fatto magari positivo di avere avuto un giorno di tempo in più chiesto dall'opposizione per poter meglio valutare i documenti e discuterli.
Questo però ci ha portati ad un metodo nuovo. Ricordo le lamentele dell'opposizione: non c'era la relazione, non c'erano i documenti; oggi caso mai, è stata fatta una critica perché la corrispondenza fra il quadro degli interventi operativi, una relazione corretta al bilancio e l'impostazione di bilancio, non c'è del tutto, ma questo fa parte di una strategia che non dichiara che le 108 leggi - collega Majorino - sono tutte quelle che si dovrebbero fare, ma entro le quali, per limiti di tempo dovremo scegliere quelle che riusciremo concretamente ad attuare. Questo discorso vale anche per le risorse: si tratta pressapoco di 1.500 miliardi destinati a quegli interventi con una disponibilità pluriennale di 300 miliardi, è chiaro che il processo di scelte e di selezione, anche attraverso la discussione, quel dialogo a cui io do comunque grande importanza per una presa di dignità e di forza dell'istituzione regionale si collochi innanzitutto sui problemi da risolvere urgentemente.
In questo senso, caricherei molto questa discussione del tentativo di andare oltre le battaglie di bandiera. Sono state rivolte delle critiche alle spese su studi e ricerche da parte dei colleghi Vetrino e Carletto.
Con chiarezza ora diciamo che non tutti gli studi e le ricerche commissionate siano state utili ed utilizzabili, e su questo credo si debba entrare nel merito. Dobbiamo però cominciare a dire quali sono le spese inutili e non che queste spese sono inutili.
Il Consigliere Chiabrando ha dichiarato, ad esempio, il numero delle stalle che avremmo potuto costruire, io non nego l'importanza delle stalle ma questo termine mi pare imbarattabile, perché se vogliamo trasferire nella società regionale un elemento elevato di progettualità o d'intelligenza complessiva e se vogliamo rispettare una funzione di coordinamento e di governo, ciò non si compie semplicemente con le parole dei documenti, ma credo addentrandoci nel compito dell'oggi che è quello dell'innovazione, per esempio.
Io non credo che noi possiamo effettuare studi e ricerche. Siamo in grado però di predisporre quegli strumenti, anche studi e ricerche, per costruire un vasto sistema di diffusione delle tecnologie e di messa in contatto, quindi di ambienti diversi che possano interloquire e dialogare tra loro.
Questo esempio vale anche per altre questioni. Si è parlato delle deleghe quale elemento di non spesa, ma non è assolutamente così.
Occorre affrontare con serietà questi problemi: dare la delega significa predisporre progetti specifici di delega che, almeno nel breve termine, rappresentano un onere e non è quindi vero il contrario.
Usciamo quindi dalle battaglie di bandiera: io ho scelto una strada che pone questi elementi di riflessione sul contenuto anche scientifico che possiamo determinare nel governare e nel tentare di dare un nostro apporto di governo ad una società complessa, moderna ed in via di grande trasformazione, anche molto dolorosa.
Il personale. Non intendo in questa sede richiamare le tabelle della Commissione per la spesa pubblica che pone il Piemonte nella spesa pro capite per il personale ai tassi più bassi insieme alla Lombardia ed al Veneto. Dico questo per confutare il grido: "Al lupo, al lupo!" indifferenziato che non aiuta certo a fare passi in avanti, ma io vado oltre e mi domando: quale composizione di personale, quali funzioni? Non possiamo, ad esempio, non rimarcare come alcuni ritardi nella strutturazione progettuale e pianificatoria, compito primario della nostra Regione, rispetto ad altre funzioni, siano dei ritardi da rimontare velocemente.
La programmazione non si fa con le parole, certamente vi sono le idee ed il confronto politico, ma si tratta, oggi più che mai, di lavorare con serietà sui progetti, imboccando una strada che dovrebbe diventare la caratteristica del progetto regionale o meglio del progetto pubblico (un esempio è dato dal FIO).
Questa ripresa del dialogo deve anche partire da uno sforzo che facciamo, non tanto per presentare delle piattaforme elettorali da parte di vari partiti, ma quanto per uscire da una fase che è stata di tormento e di difficoltà, che noi non neghiamo (credo peraltro che in altre Regioni la situazione non sia diversa, purtroppo, acuita in Piemonte dal gravissimo fatto dello scandalo e della crisi politica), ma che ha portato in realtà ad un mutamento di scenario molto drastico e rapido, senza negare le esigenze di compressione delle risorse. Insieme a questa esigenza si è aggiunto un elemento che, francamente, come comunisti, riteniamo non accettabile perché tende a spossessare le possibilità di dialogo, di inventiva e di proposta, perché noi diciamo al Governo che è peggio l'eccessivo vincolo della spesa e la sua rigidità eccessiva da parte del Governo, che non meno risorse.
Possiamo anche interloquire con difficoltà e grande fatica sui tagli delle risorse, se siamo poi in grado però di contare nel definire la destinazione e di costruire delle priorità attraverso leggi che lascino il principio di autonomia intaccato, non leso.
Questo lavoro è svolto in funzione della prossima legislatura certamente per i programmi elettorali, ma io credo anche per uscire da una fase tormentata, dando atto a ciò di cui disponiamo: di un bilancio che viene approvato, di una Giunta che governa, della sua consistenza anche che va ben al di là della sopravvivenza e che non è certo priva di nuovi elementi.
Abbiamo detto questo fin dal 1980 perché capivamo la situazione politica: le mutazioni politiche e strutturali.
E' una Giunta non priva di nuovi connotati, anche problematici, ma che fanno parte dello zoccolo forte di questa alleanza di sinistra.
E non è diversamente spiegabile perché si sia ricostituita. Capisco la giusta aspirazione dei partiti che sono all'opposizione di operare una svolta, però bisogna pur registrare che questa svolta non c'è stata nonostante una crisi che è perdurata e che avrebbe potuto, in Regione, come al Comune di Torino, darne occasione.
Registriamo questo fatto senza iattanza, nel suo spessore politico, in quello zoccolo forte delle alleanze che non si disfano e costruiscono dall'oggi al domani, ma devono avere retroterra, obiettivi e questioni su cui si è lavorato.
Credo che l'accettazione di questa non avvenuta svolta e il non riproporla più voglia anche dire, forse, produrre un dialogo più utile sulle cose, un confronto in questa nuova fase a cui noi comunisti non siamo mai stati chiusi.
Abbiamo una grande fiducia nella ragione, anche noi non sempre ne siamo assistiti come vorremmo e non sempre la razionalità che cerchiamo di introdurre si realizza, non sempre forse è giusta, ma questa fiducia nella ragione è accoppiata ad un intervento di governo fortemente connotato dei caratteri di trasparenza, di equità e di progresso generale.
Noi non intendiamo assolutamente avere atteggiamenti chiusi, né di iattanza, nei confronti di nessuno.
L'occasione del dialogo va cercata e le materie su cui si può discutere vanno individuate.
Nella relazione di Valeri ne abbiamo enucleate alcune e siamo pronti a vederne altre, ma i segnali che dobbiamo dare rappresentano un grande servizio ad un ruolo che riteniamo appartenga alla Regione, anche se molti senza dirlo, lo stanno negando.
Gli effetti dell'incapacità delle Regioni, di certe Regioni in particolare, sono stati amplificati, strumentalizzati.
In realtà, io credo che l'esperienza del Piemonte dimostri che per riuscire a restituire forza a questo istituto, occorre percorrere con molta forza e coerenza la strada di quel patto per lo sviluppo che abbiamo proposto, come partito e che riservi all'istituzione un ruolo di governo che attualmente anche qui viene ignorato.
Non ci scandalizziamo di ciò che viene deciso all'esterno perché il sistema capitalistico è anche così, ma rivendichiamo, per le garanzie di progresso e di avanzata, che i termini corretti delle sintesi istituzionali del rapporto pubblico-privato vengano posti anche negli interventi che dovremo attuare.
In questo, non abbiamo né apriorismi, né chiusure, una priorità soltanto, che non è né apriorismo, né una chiusura, e cioè che il rilancio dello sviluppo si accompagni a quello che, peraltro, questa Giunta sta facendo tramite i suoi Assessori ed il suo Presidente, ad una difesa cioè non statica dell'occupazione e della grande questione del lavoro o dei lavori.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, possiamo passare alla votazione del relativo articolato.
Art. 1 (Stato di previsione dell'entrata) "Il totale generale delle entrate della Regione Piemonte per l'anno finanziario 1984 è approvato in L. 4.027.207.220.293 in termini di competenza e in L. 4.157.171.312.743 in termini di cassa.
Sono autorizzati, secondo le leggi in vigore, l'accertamento e la riscossione dei tributi istituiti dalla Regione ed il versamento nella cassa della Regione delle somme e dei proventi dovuti nell'anno finanziario 1984".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Stato di previsione della spesa) "Il totale generale delle spese della Regione Piemonte per l'anno finanziario 1984 è approvato in L. 4.027.207.220.293 in termini di competenza ed in L. 4.157.171.312.743 in termini di cassa.
E' autorizzata l'assunzione di impegni di spesa entro i limiti degli stanziamenti di competenza dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1984.
E' autorizzato il pagamento delle spese entro i limiti degli stanziamenti di cassa dello stato di previsione della spesa per l'anno 1984 in conformità delle disposizioni di cui alla legge regionale 29/12/1981, n.
55".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art. 3 (Quadro generale riassuntivo) "E' approvato il quadro generale riassuntivo del bilancio per l'anno finanziario 1984 con gli allegati prospetti di cui all'art. 33 della legge regionale 29/12/1981, n. 55".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
Art. 4 (Bilancio pluriennale) "E' approvato il bilancio pluriennale della Regione per il periodo 1984 1986, allegato alla presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Riclassificazione della spesa) "Sono approvati, ai sensi dell'art. 32, penultimo ed ultimo comma della legge regionale 29/12/1981, n. 55, i quadri di riclassificazione e di riassunto delle spese, allegati allo stato di previsione della spesa".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Art. 6 (Spese obbligatorie e d'ordine) "Sono considerate spese obbligatorie e d'ordine, ai sensi e per gli effetti dell'art. 38 della legge regionale 29/12/1981, n. 55, quelle descritte nell'elenco n. 1, allegato allo stato di previsione della spesa".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Art. 7 (Variazioni di bilancio) "Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, ai sensi dell'art. 15, primo comma, della legge 19/5/1976, n. 335, e su conforme deliberazione della Giunta regionale, le variazioni al bilancio dell'esercizio in corso per l'istituzione di nuovi capitoli di entrata, per l'iscrizione di somme derivanti da assegnazioni dello Stato destinate a scopi specifici e per l'iscrizione delle relative spese quando queste siano tassativamente regolate dalle leggi statali o regionali in vigore".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Art. 8 (Garanzie prestate dalla Regione) "E' approvato ai sensi dell'art. 50 della legge regionale 29/12/1981 n. 55, il prospetto delle garanzie principali e sussidiarie prestate dalla Regione a favore di Enti e di altri soggetti, di cui all'elenco n. 2 allegato allo stato di previsione della spesa".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
Art. 9 (Pagamenti mediante aperture di credito) "E' approvato, ai sensi dell'art. 63 della legge regionale 29/12/1981 n. 55, il prospetto dei capitoli delle spese alla cui gestione si pu provvedere mediante aperture di credito a favore di funzionari della Regione, di cui all'elenco n. 3 allegato allo stato di previsione della spesa".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
Art. 10 (Fondi globali) "Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 41 della legge regionale 29/12/1981, n. 55, è autorizzata l'iscrizione nello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1984: a) del capitolo n. 12500 denominato: 'Fondo occorrente per far fronte ad oneri derivanti da provvedimenti legislativi che si perfezioneranno dopo l'approvazione del bilancio, recanti spese di parte corrente attinenti alle funzioni normali' (elenco n. 4 allegato allo stato di previsione della spesa) b) del capitolo n. 12600 denominato: 'Fondo occorrente per far fronte ad oneri derivanti da provvedimenti legislativi che si perfezioneranno dopo l'approvazione del bilancio, recanti spese per investimenti attinenti ad ulteriori programmi di sviluppo' (elenco n. 5 allegato allo stato di previsione della spesa)".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
Art. 11 (Fondo di riserva di cassa) "Il fondo di riserva di cassa di cui all'art. 40 della legge regionale 29/12/1981, n. 55, destinato a far fronte al maggior fabbisogno di cassa che si manifesti nel corso dell'esercizio finanziario 1984 sui singoli capitoli di spesa è determinato in L. 47.590.104.930 ed è iscritto al capitolo n. 12900".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
Art. 12 (Autorizzazione a contrarre mutui a ripiano del disavanzo) "Per far fronte al disavanzo esistente fra il totale delle spese di cui si autorizza l'impegno ed il totale delle entrate che si prevede di accertare nel corso dell'esercizio finanziario 1984, è autorizzata, ai sensi dell'art. 48 della legge regionale 29/12/1981, n. 55, la contrazione di mutui per un importo complessivo di 152.000 milioni.
I mutui saranno stipulati ad un tasso massimo del 22,50 % annuo, oneri fiscali esclusi, e per la durata massima dell'ammortamento di 25 anni.
La Giunta regionale è autorizzata a provvedere alla stipulazione dei mutui predetti nei limiti, alle condizioni e con le modalità previste dal presente articolo.
Agli oneri derivanti dall'ammortamento dei mutui di cui al presente articolo, previsti in L. 2.000.000.000 per l'anno finanziario 1984 e in L.
32.000.000.000 per l'anno finanziario 1985 e per ciascuno degli anni finanziari successivi, si provvede: per l'anno finanziario 1984, con le disponibilità iscritte in corrispondenza dei capitoli n. 13090 e n. 13095 del bilancio per l'anno finanziario 1984, nella rispettiva misura di L.
1.500.000.000 e L. 500.000.000 e, per gli anni finanziari 1985 e successivi, con le somme che sono iscritte, nell'ambito delle disponibilità esistenti alla voce 'Oneri non ripartibili' del bilancio pluriennale 1984 1986.
Le spese al cui finanziamento è possibile provvedere mediante l'assunzione dei mutui a pareggio del bilancio di previsione per l'anno 1984, sono quelle iscritte, nello stato di previsione della spesa del bilancio medesimo, ai capitoli numero: 1000 - 1060 - 2680 - 2709 - 2720 - 2730 - 2936 - 3020 - 3125 - 3140 3161 - 3285 - 3450 - 3485 - 3509 - 3586 - 3630 - 3815 - 3840 - 3857 - 3860 5010 - 5025 - 5165 - 5175 - 5200 - 5285 - 5300 - 5330 - 5370 - 5385 5386 - 5390 - 5420 - 5617 - 5640 - 5680 - 5750 - 5756 - 5820 - 5849 - 5921 6010 - 6020 - 6115 - 7075 - 7110 - 7140 - 7260 - 7626 - 7721 - 7755 7760 - 7770 - 7780 - 7800 - 8405 - 8466 - 8477 - 8480 - 8610 - 8620 - 8900 9100 - 9130 - 9230 - 9300 - 9440 - 9530 - 11500 - 11505 - 11695 - 11751 11765 - 11970 - 12600 - 12760".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Art. 13 (Autorizzazioni di spesa da determinare con la legge di bilancio) "L'autorizzazione di spesa per l'esercizio 1984 concernente leggi regionali e statali attualmente in vigore che regolano attività od interventi di carattere continuativo o ricorrente, è determinata dalla presente legge negli importi indicati in corrispondenza a ciascun capitolo di spesa nell'allegato stato di previsione.
Le procedure di gestione e le modalità di erogazione sono quelle indicate dalle leggi statali e regionali espressamente richiamate nella denominazione dei capitoli, aggiornate sulla base della normativa in materia di gestione delle spese, introdotta dalla legge regionale di contabilità 29/12/1981, n. 55".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 13 è approvato.
Art. 14 (Variazioni compensative) "Fra i capitoli rispettivamente appartenenti alle seguenti coppie di capitoli di spesa: 520 - 760, 3751 - 3752, 5540 - 5545, ciascuna concernente una stessa autorizzazione di spesa ed uno stesso oggetto di intervento, ma con diversa caratterizzazione quanto alla classificazione economica di secondo grado - Acquisto di beni e servizi; trasferimenti - è autorizzato lo storno di fondi in via di compensazione mediante provvedimenti amministrativi, in deroga al disposto dell'art. 42 della legge regionale 29/12/1981, n. 55".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 14 è approvato.
Art. 15 (Variazione ai capitoli di spesa delle partite di giro) "La Giunta regionale è autorizzata ad apportare con proprio atto le variazioni ai, capitoli di spesa delle partite di giro nn. 14000 - 14010 14020 - 14050 - 14060 - 14070 - 14080 - 14145, in relazione agli accertamenti sui corrispondenti capitoli di entrata delle partite di giro ed entro i limiti tassativi di importo degli accertamenti stessi".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 15 è approvato.
Art. 16 (Utilizzo dell'avanzo finanziario presunto alla chiusura dell'esercizio 1983) "L'avanzo finanziario presunto alla chiusura dell'esercizio 1983 ed applicato al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 nell'ammontare di L. 372.271.585.493, è utilizzato per la copertura delle spese iscritte ai seguenti capitoli: 2506 - 2525 - 2530 - 2550 - 2565 - 2575 - 2584 - 2579 - 2594 - 2599 - 2610 - 2625 - 2640 - 2652 - 2703 - 2705 - 2740 - 2751 - 2761 - 2780 - 2819 - 2825 - 2829 - 2850 - 2855 - 2860 - 2870 - 2976 - 2993 - 2998 - 3045 3055 - 3080 - 3090 - 3195 - 3218 - 3231 - 3240 - 3301 - 3305 - 3355 - 3370 3423 - 3427 - 3575 - 3610 - 3655 - 3680 - 3695 - 3705 - 3759 - 3767 3769 - 3770 - 3793 - 3805 - 3811 - 3889 - 3895 - 3900 - 3910 - 3930 - 3950 3975 - 3981 - 4005 - 4013 - 4015 - 4022 - 4028 - 4030 - 4040 - 4044 - 4047 - 4110 - 4140 - 4145 - 4155 - 4164 - 4166 - 4175 - 4180 - 4183 - 4190 4209 - 4225 - 4230 - 4335 - 4395 - 4520 - 4525 - 5614 - 5795 - 5857 5932 - 6090 - 6100 - 6110 - 7270 - 7280 - 7290 - 7615 - 7626 (per 20 miliardi) - 7632 - 7637 - 7677 - 7684 - 7688 - 7707 - 7741 - 7745 - 8915 8920 - 9255 - 9406 - 9430 - 9435 - 9445 - 9455 - 9550 - 9565 - 5975 - 9595 - 10065 - 10100 - 10105 - 10345 - 10421 - 10441 - 10445 - 10460 - 10480 - 10495 - 10511 - 10525 - 10540 - 10570 - 10580 - 10672 - 10679 - 10682 - 10683 - 10684 - 10687 - 10690 - 10695 - 10715 - 10730 - 10735 - 10770 - 10785 - 10790 - 10795 - 10800 - 10970 - 11530 - 11563 - 11564 - 11566 - 11611 - 11981 - 12750 - 12800 (per 3.207.427.061)". Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 16 è approvato.
Art. 17 (Bilancio degli Enti dipendenti) "E' approvato il bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 allegato alla presente legge dell'Azienda Regionale dei Parchi Suburbani già 'Azienda regionale per la gestione della tenuta La Mandria'".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 17 è approvato.
Art. 18 (Approvazione del piano di attività del Museo regionale di Scienze Naturali) "E' approvato ai sensi e per gli effetti derivanti dall'applicazione dell'art. 5, ultimo comma, della legge regionale 29/6/1978, n. 37, il piano di attività per l'anno 1984, del Museo regionale di Scienze Naturali allegato alla presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 18 è approvato.
Art. 19 (Urgenza) "La presente legge regionale è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 45 dello Statuto ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'art. 19 è approvato.
Pongo ora in votazione l'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 57 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 24 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Artigianato

Ordine del giorno dei Consiglieri Montefalchesi, Vetrino, Sartoris Barisione, Moretti, Turbiglio e Mignone inerente l'artigianato


PRESIDENTE

E' stato presentato dai Consiglieri Montefalchesi, Vetrino, Sartoris Barisione, Moretti, Turbiglio e Mignone un ordine del giorno inerente l'artigianato.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Faccio presente che vi è un primo ordine del giorno presentato su questo argomento dal Gruppo liberale e come tale ha la precedenza.
Non mi oppongo che questa votazione venga registrata, con che ci sia impegno della Presidenza a mettere in votazione il nostro ordine del giorno in altra seduta.



PRESIDENTE

Tale ordine del giorno verrà posto in votazione in una prossima seduta.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno firmato dai Consiglieri Montefalchesi, Vetrino, Sartoris, Barisione, Moretti, Turbiglio e Mignone.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte, a conclusione del dibattito del 17 novembre 1983 sulla situazione dell'artigianato piemontese rilevato lo stato di grave disagio e le difficoltà in cui si dibattono numerose imprese del settore per effetto, da un lato, della pesante situazione di crisi produttiva ed occupazionale che ha investito l'economia della Regione e, dall'altro, di una legislazione complessiva disorganica per tutto il comparto della piccola impresa in genere e dell'artigianato in particolare considerato che gli sforzi e le iniziative sin qui realizzate dalla Regione Piemonte per il perseguimento dei propri fini statutari diretti al potenziamento e all'ammodernamento dell'impresa artigiana hanno permesso alla categoria di disporre di strumenti legislativi e risorse sconosciute in passato; ravvisata tuttavia la necessità di un aggiornamento di tali strumenti per rispondere appieno ai problemi posti da un'imprenditoria artigiana moderna e dinamica ritenuto che per dare più soddisfacente risposta ai problemi posti dalle esigenze di tutela e di sviluppo dell'artigianato occorre un rinnovato impegno di tutti i livelli di governo, nazionale, regionale e locale affinché siano predisposti organiche politiche che tengano conto delle virtuali capacità delle imprese artigiane di innescare assorbimenti occupazionali e fattori di innovazione tecnologica e produttiva sottolineata la peculiarità delle attività artigiane, che richiedono apporti e tempestivi atteggiamenti anche in materia di programmazione intesa con criteri di flessibilità e adattabilità alla dinamica tipica del mondo artigiano richiede al Governo e al Parlamento, la rapida emanazione della legge quadro per l'artigianato, la riforma degli istituti di governo del mercato del lavoro (collocamento, apprendistato, ecc.) in modo da rispondere più efficacemente alle esigenze delle imprese valorizzandone nel contempo il ruolo formativo una politica creditizia capace di farsi carico dei problemi reali di finanziamento delle imprese artigiane e, all'interno di questa, la riforma dell'Artigiancassa che permetta un coerente raccordo degli interventi di questo istituto con i programmi regionali di sviluppo del settore. In particolare dovranno essere attivati gli interventi già previsti per il leasing agevolato e per il sostegno delle esportazioni, elevando nel contempo l'attuale fido limite ad almeno 150 milioni di lire per impresa e garantendo altresì una disponibilità di risorse programmate per almeno due o tre anni. Richiede infine che siano rimossi gli ostacoli che di fatto intralciano più efficaci politiche coordinate, tra Stato e Regione, di penetrazione sui mercati esteri impegna la Giunta regionale a: 1) integrare la proposta per il secondo piano regionale di sviluppo attualmente in fase di elaborazione, con le indicazioni e le politiche di intervento nel settore artigiano emerse durante il dibattito consiliare 2) attuare tali indicazioni e politiche di intervento attraverso i seguenti provvedimenti: a) presentazione di un nuovo disegno di legge in materia di agevolazioni creditizie e finanziarie che, tra l'altro, favorisca ulteriormente l'accesso al credito di esercizio delle imprese e contenga norme che valorizzino il sistema delle cooperative artigiane di garanzia b) ampliamento delle iniziative nel campo della formazione professionale, favorendo la collaborazione tra strutture scolastiche ed organizzazioni artigiane c) aggiornamento della politica regionale sulle aree attrezzate, da attuarsi attraverso una revisione della legge regionale n. 64/79 che massimizzi l'utilizzo delle risorse e che affronti il problema del rapporto tra artigianato e centri urbani d) in un quadro generale di deleghe agli Enti locali competenti l'avvio della delega di funzioni nella materia dell'artigianato, non disgiunta da interventi concreti di valorizzazione delle Commissioni provinciali e regionale per l'artigianato e) sviluppo di adeguati sistemi conoscitivi sulla struttura e sull'andamento del settore artigiano, necessari per una più rigorosa ed articolata individuazione delle politiche da praticare f) verifica dell'utilità e delle possibilità esistenti per la creazione di un ente strumentale in materia di artigianato che, ai sensi dell'art. 72 dello Statuto, abbia il compito di garantire il raggiungimento degli obiettivi di settore previsti dal piano di sviluppo dà mandato alla Giunta affinché siano ricercate le più ampie in tese a livello interregionale relativamente alle questioni di competenza degli organi centrali, assumendo altresì valide iniziative di coordinamento e di indirizzo per quanto concerne le iniziative attivabili in sede piemontese".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 57 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Informazione

Ordine del giorno dei Consiglieri Montefalchesi, Vetrino, Cerchio, Moretti Bontempi, Viglione, Rivalta, Tapparo e Marchini sulla "Gazzetta del Popolo"


PRESIDENTE

E' stato presentato un altro ordine del giorno firmato dai Consiglieri Montefalchesi, Vetrino, Cerchio, Moretti, Bontempi, Viglione, Rivalta Tapparo e Marchini sulla "Gazzetta del Popolo".
Lo pongo in votazione. Ve ne do lettura: "Dinnanzi alla volontà di sospendere, con il prossimo 31 dicembre, la pubblicazione della 'Gazzetta del Popolo', espressa dalla Società Editrice con notevoli rischi per la ripresa delle pubblicazioni, il Consiglio regionale del Piemonte considerando la pluralità dell'informazione come un importante valore da difendere ed ampliare ritenendo la sospensione delle pubblicazioni un fatto capace di inficiare qualsiasi ipotesi di rilancio non marginale della 'Gazzetta del Popolo' valutando positivamente la proposta avanzata dalla Giunta alle parti, nei giorni scorsi, di una soluzione-ponte (significativa dal lato dei costi e dei ricavi e della difesa del patrimonio costituito dai lettori) che permetta alla Società Editrice di ridefinire i propri assetti interni, potendo eventualmente trovare nuovi partners su basi più solide invita la Società Editrice a non sospendere le pubblicazioni ed a riprendere con tutte le parti interessate una trattativa di merito, per l'individuazione di un punto di equilibrio gestionale, organizzativo e produttivo ribadisce la volontà e disponibilità a sostenere (come la Regione ha fatto negli anni scorsi sempre in merito alla 'Gazzetta del Popolo') tutte quelle iniziative fattibili, di difesa e di rilancio del quotidiano oggetto del presente ordine del giorno".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 56 voti favorevoli ed un'astensione.


Argomento: Enti Locali - Forme associative - Deleghe: argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno del Consigliere Montefalchesi relativo alla grave situazione finanziaria delle autonomie locali


PRESIDENTE

Vi è, infine, un ordine del giorno firmato dal Consigliere Montefalchesi relativo alla grave situazione finanziaria delle autonomie locali.
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Chiedo che la Presidenza dia lettura dell'ordine del giorno e, poi lo metta in votazione.



BRIZIO Gian Paolo

Occorre innanzitutto iscriverlo all'ordine del giorno.
Il nostro Gruppo ha presentato una mozione ed allora discutiamo tutto.



PRESIDENTE

L'ordine del giorno è relativo al bilancio.



BRIZIO Gian Paolo

Il bilancio s'è votato come tale, come legge.
L'ordine del giorno quindi è un fatto a parte, perché oltre tutto è un ordine del giorno che non condividiamo.
Poniamo l'eccezione di forma.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Chiedo al Presidente del Consiglio di sospendere per breve tempo la seduta per conoscere e valutare tale ordine del giorno.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 18,20 riprende alle ore 18,35)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Do lettura dell'ordine del giorno del Consigliere Montefalchesi con le modifiche apportate.



PICCO Giovanni

Non è iscritto all'ordine del giorno.



PRESIDENTE

L'iscrizione all'ordine del giorno non è necessaria in quanto è sufficiente la presentazione da parte di almeno un Gruppo ed in quanto si riferisce alla discussione che si è svolta oggi.
Pertanto la Presidenza non ritiene di dover porre in votazione l'iscrizione all'ordine del giorno.
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Presidente, non mi pare che gli argomenti affrontati siano pertinenti al tipo di discussione ed alle valutazioni degli argomenti che sono stati oggetto delle deliberazioni di oggi, ivi compreso il bilancio.
Chiedo che, nonostante il riferimento al fatto che sia sufficiente la presentazione da parte di almeno un Gruppo, costituito da un solo Consigliere, l'argomento venga iscritto all'ordine del giorno della prossima seduta e quindi che non si proceda alla votazione.



PRESIDENTE

Do ragione al Consigliere Picco perché tale ordine del giorno esula da tutto il complesso del bilancio.



MONTEFALCHESI Corrado

Chiedo che in quest'aula venga rispettato lo Statuto, il quale prevede anche che i Gruppi composti da un solo Consigliere hanno la dignità di gruppo e come tali hanno il diritto di proporre ordini del giorno e mi riferisco all'inciso del collega Picco: "Un ordine del giorno presentato da un Gruppo costituito da un solo Consigliere".
Chiedo il rispetto del Regolamento che prevede la presentazione di ordini del giorno e la relativa votazione sulle materie attinenti alla discussione.
Oggi è stato discusso il bilancio, si è quindi parlato della finanza regionale e del futuro delle Regioni. L'ordine del giorno da me presentato attiene esattamente questi problemi.
Ne chiedo pertanto la messa in votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

L'ordine del giorno presentato originariamente dal collega Montefalchesi non corrisponde all'attuale: è stato sostanzialmente modificato.
A quanto pare, nella sospensione si sono susseguiti interventi di vario tipo che comunque non hanno tenuto alcun conto dell'esistenza del nostro Gruppo. Ribadisco quanto già detto dal collega Picco che per parte nostra il documento così presentato non ha alcuna attinenza sostanziale al dibattito sul bilancio regionale.
E' un documento complessivo sulla finanza locale e sulla politica finanziaria dello Stato, che solo lontanamente riguarda il bilancio regionale.
Non si può votare un ordine del giorno simile perché necessita discussione e quindi deve essere iscritto all'ordine del giorno di altra seduta se si intende proseguire sulla linea finora adottata.
Chiediamo formalmente che non si discuta tale ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

A me pare che la questione si sia spostata dall'ordine del giorno presentato da Montefalchesi ai rapporti Consiglio-Presidenza del Consiglio.
Nel momento in cui l'ordine del giorno viene letto in Consiglio è stato dichiarato implicitamente ricevibile dalla Presidenza e come tale deve fare il suo corso. Il Consiglio non può discutere sulla ricevibilità o meno di un argomento che ormai è in trattazione. Nel momento in cui la Presidenza a buon diritto o no, ha ritenuto di introdurre nella discussione un argomento, un ordine del giorno, il Consiglio si deve adeguare, altrimenti su qualunque argomento noi mettiamo in discussione l'operato della Presidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Vorrei cercare di riportare in questo nuovo dibattito improvvisamente sviluppatosi un elemento di buon senso.
L'ordine del giorno in realtà è del tutto attinente agli argomenti che abbiamo discusso, tant'è vero che in tutti i nostri interventi mentre si discuteva circa le cifre del bilancio abbiamo toccato degli elementi di riferimento: i rapporti tra la finanza statale e la finanza regionale, la questione dell'agenzia di spesa; abbiamo cioè toccato l'insieme delle questioni che quando si discute un bilancio hanno un riferimento proprio.
In questo senso, propenderei francamente per un'interpretazione regolamentare che consideri l'inserimento dell'ordine del giorno, in quanto attinente ad un argomento in discussione nella seduta.
Credo sia profondamente sbagliato o comunque strano chiedere un rinvio e non votare l'ordine del giorno quando, in realtà, per i temi che tocca si può comunque ricorrere alla procedura della messa dell'ordine del giorno attraverso la votazione del Consiglio.
Questo ordine del giorno, per il carattere generale che riveste soprattutto nella stesura frutto dell'intervento dei Gruppi della maggioranza disposti a votarlo, rappresenta un'utile riproposizione di questioni ampiamente generali, alcune delle quali note, che corredano bene questa discussione.
Poiché è stato trovato l'accordo all'interno della maggioranza è inutile riproporre il motivo procedurale da parte dell'opposizione.
Non capirei perché non si vada al voto, salvo il motivo di dispetto che non ha riscontro nei contenuti in quell'ordine del giorno che altri Gruppi quello democristiano per esempio, hanno votato in altre parti d'Italia cito l'Abruzzo - e che rappresentano la questione regionale rispetto al Parlamento ed al Governo.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

L'ordine del giorno così formulato corrisponde anche a tutte le prese di posizione che hanno avuto i Presidenti delle Regioni negli ultimi mesi.
Uno degli iniziatori di questo processo è stato il Presidente della Lombardia, Guzzetti e molti documenti sono stati votati dai Presidenti delle Regioni.
Esprimo su questo ordine del giorno l'opinione della Giunta. Tale documento rispecchia l'interezza delle prese di posizione delle Regioni italiane nei loro documenti.
Anche recentemente nell'incontro a Villa Madama a Roma per la formalizzazione del rapporto Governo-Regioni è stato sottoposto al Presidente del Consiglio un documento che rispecchiava questo ordine del giorno. E' stato un fatto unitario, non c'è stata diversità rispetto all'appartenenza politica dei vari Presidenti e credo che lo stesso Presidente del Consiglio abbia apprezzato quel documento.
Le modalità di voto spettano all'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Genovese.



GENOVESE Piero Arturo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a nome del Gruppo D.C. vorrei fare osservare che forse si potrebbe avere l'impressione che ci siamo soffermati solo su aspetti di natura procedurale. Ma il problema è diverso infatti, se il Capogruppo del PCI ha richiamato nel suo intervento in sede di dichiarazione di voto il problema del dialogo all'interno dell'istituzione e del confronto tra le forze politiche, credo sia poco conseguente proporre in questa sede un'immediata discussione del documento che è stato proposto su temi che riguardano complessivamente la finanza pubblica ed aspetti di carattere ordinamentale.
Il nostro Gruppo desidererebbe con altro spazio ed altra considerazione, poter fare le proprie riflessioni, svolgere le proprie osservazioni ed eventualmente formulare anche proposte di modifica.
Se si insiste nel voler votare oggi questo ordine del giorno la posizione del nostro Gruppo sarà di non partecipazione al voto.
Il Consigliere Montefalchesi ha, come tutti gli altri colleghi, diritti che nessuno vuole non riconoscere, però credo abbia anche l'intelligenza per capire che nel momento in cui si propone un ordine del giorno di questa importanza ci deve essere lo spazio sufficiente di valutazione e di considerazione da parte di tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Per quanto riguarda l'aspetto puramente regolamentare, voglio ricordare che quando in Consiglio si discute di un problema il dibattito pu concludersi, oltreché con la dichiarazione di voto, anche con la presentazione di un documento.
Attraverso le dichiarazioni di voto di oggi sono emersi alcuni elementi, per esempio, nel mio intervento ho rilevato il problema della riforma riguardante la finanza locale e le entrate della Regione.
Per quanto riguarda invece l'aspetto sostanziale dell'ordine del giorno presentato dal Consigliere Montefalchesi, penso che in molte sedi, il convegno dell'ANCI ad esempio, i documenti votati all'unanimità sono inerenti ai problemi della riforma della finanza locale.
Occorre essere coerenti e non creare degli atteggiamenti pur di arrivare ad esprimere una posizione che non ha nessuna motivazione per quanto riguarda anche il discorso dialettico da affrontare in quest'aula.
Il nostro Gruppo è dell'opinione di porre in votazione l'ordine del giorno, ma se vi sono ragioni per le quali i Gruppi di opposizione chiedono di discutere questo documento durante la prossima seduta, non creiamo delle difficoltà che possono anche diventare di rottura dei rapporti.
Questo deve essere chiarito, perché si ha l'impressione che si voglia forzare da parte nostra su un documento che trova la sua collocazione su problemi più volte elencati in questa assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

E' un peccato svilire questo argomento per questioni di dati, rispetto ad un contenuto che è di grande significato.
Con le modifiche apportate in seguito all'ordine del giorno il nostro Gruppo ne condivide i contenuti e le finalità che peraltro rispondono per larga parte alle indicazioni che vengono dalle Regioni, nel loro complesso in una dialettica naturale che deve esserci fra articolazioni diverse dello Stato.
Peraltro, non possiamo non cogliere anche il richiamo del collega Genovese al fatto che un documento di questa portata e di questo rilievo forse abbia bisogno di uno spazio maggiore di esame, di approfondimento e di dibattito tra le forze politiche.
Ci spiace rilevare che proprio il Gruppo D.C. durante la breve sospensione della seduta diceva, forse a mo' di battuta: "Votatelo, così vediamo come sono le posizioni", mentre ora dice: "Non votatelo".
Da questo punto di vista non ci troverebbe d'accordo l'invito della D.C., in riferimento però all'intervento del Consigliere Genovese non possiamo non capire l'importanza di questa affermazione e quindi la possibilità che l'ordine del giorno del cui testo ormai la Presidenza ha dato lettura, possa essere anche oggetto di una valutazione fra i Gruppi e di votazione in seduta successiva o magari anche di ulteriore sospensione e votazione in questa seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Prendo la parola perché il nostro Gruppo è stato chiamato in causa dal Consigliere Genovese durante il suo intervento.
Credo sia giusto ascoltare l'opinione del proponente dell'ordine del giorno, in uno spirito che dovremmo valutare non strumentalmente, ma per i contenuti e la disponibilità manifestata rispetto a dei contenuti originari e delle modificazioni che tenessero conto delle opinioni della maggioranza.
All'inizio sono state sollevate delle eccezioni formali. Dato che sto sempre all'interno del percorso della ripresa del dialogo, ritengo non si possa, da un lato, prima sollevare le più ferme eccezioni procedurali e poi, seguire gli sviluppi per poi riproporle.
Il problema posto dal Consigliere Genovese non ha certamente del fondamento perché si tratta di questioni di carattere del tutto generale e su cui variamente anche oggi ci siamo intrattenuti.
Per parte nostra accogliamo lo spirito di avere un dialogo completo su questi temi. Tutto questo presuppone però, a mio avviso, una linearità continua.



PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Innanzitutto devo dire che l'ordine del giorno letto dal Presidente dopo le dichiarazioni fatte dai Gruppi del PCI, PSI e PSDI e del Presidente della Giunta, non è più un ordine del giorno del PDUP, ma è un ordine del giorno patrimonio di questi quattro Gruppi.
Prendo atto delle dichiarazioni fatte dal collega Genovese che sono sensibilmente diverse dalle argomentazioni precedentemente portate a nome del Gruppo D.C. dai Consiglieri Brizio e Picco, che erano essenzialmente procedurali e formali.
La richiesta del collega Genovese non può non trovarci sensibili onde permettere la più ampia discussione e se è possibile trovare anche altre convergenze su un testo che è patrimonio di quattro Gruppi.
Siamo disponibili nella misura in cui venga chiarito che essendo l'argomento già in discussione è il primo punto all'ordine del giorno della prossima seduta del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

D'accordo.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Voglio solo precisare che il nostro Gruppo non ha seguito una linea contorta bensì una linea ampiamente concordata. All'inizio abbiamo fatto delle eccezioni formali perché ritenevamo che fossero fondate.
Abbiamo successivamente sostenuto nel merito - io personalmente non facendo un'eccezione formale - che l'ordine del giorno era sostanzialmente mutato e introduceva dei temi che non erano attinenti al dibattito.
Il Consigliere Genovese ha concluso questa nostra linea molto coerentemente chiedendo che da parte della maggioranza ci fosse un ripensamento in modo che si potesse discutere pacatamente questo ordine del giorno in una prossima seduta.
Il nostro comportamento è stato perfettamente lineare, senza quei contorcimenti che invece abbiamo osservato nella linea della maggioranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Vorrei ringraziare il Consigliere Montefalchesi per la disponibilità a fare in modo che questo ordine del giorno possa diventare anche occasione di dibattito per le altre forze politiche che non hanno più partecipato nel momento della sua rielaborazione.
Resta dunque chiaro che il collega Montefalchesi ritira il suo precedente ordine del giorno e che quello letto dal Presidente reca le firme dei rappresentanti delle forze politiche della maggioranza.



PRESIDENTE

La votazione di tale ordine del giorno è pertanto rinviata.
Il Consiglio è convocato per il giorno 17 gennaio a norma di Statuto.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,15)



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