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Dettaglio seduta n.223 del 28/12/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto primo all'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", comunico che i processi verbali delle adunanze del 21 e 22 dicembre non sono stati distribuiti per difficoltà del Centro Stampa.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza dei Consiglieri Barisione, Di Gioia, Guasso, Montefalchesi Moretti e Bontempi ed interrogazione dei Consiglieri Cerchio e Brizio inerenti la chiusura dello stabilimento Fiat di Villar Perosa


PRESIDENTE

In merito al punto secondo all'ordine del giorno: "Interrogazioni ed interpellanze", l'Assessore Tapparo risponde congiuntamente all'interpellanza dei Consiglieri Barisione, Di Gioia, Guasso Montefalchesi, Moretti e Bontempi e all'interrogazione dei Consiglieri Cerchio e Brizio inerenti la chiusura dello stabilimento Fiat di Villar Perosa.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Sulla questione della Fiat di Villar Perosa, con l'ipotesi di trasferimento degli impianti e dei macchinari allo stabilimento Fiat Auto di Firenze, con il trasferimento dei lavoratori alla Fiat di Rivalta, vanno fatte alcune considerazioni.
Intanto va detto che il principio di razionalità produttiva e di economicità della gestione aziendale, va in qualche modo correlato ad elementi di equilibrio territoriale.
Riteniamo possano crearsi delle diseconomie esterne alle attività produttive proprio dagli squilibri territoriali.
In questo caso il tipo di scelta che la Fiat potrebbe compiere verrebbe a peggiorare notevolmente la situazione produttiva di un'area come la Val Chisone già colpita da processi pesanti di ristrutturazione nel settore tessile e nel settore minerario.
L'ipotesi di trasformazione per la Fiat di Villar Perosa, che occupa circa 380 dipendenti, è legata ad un processo di razionalizzazione produttiva del Gruppo Auto, che necessita di portare a delle compensazioni produttive nello stabilimento di Firenze.
Lo stabilimento di Villar Perosa è sostanzialmente valido, tra l'altro gravano in misura relativamente minore, su quelle produzioni, costi generali, essendo sostanzialmente un'officina staccata dallo stabilimento di Rivalta.
La scelta della Fiat comporterebbe il completo svuotamento dello stabilimento.
Ho avuto, nei giorni scorsi, un incontro con le organizzazioni sindacali per valutare in modo approfondito il problema. Intendiamo sentire nei prossimi giorni la Fiat e gli Enti locali: abbiamo dato inoltre la nostra adesione al convegno sulla crisi della Val Chisone che è previsto per la fine di gennaio.
Ricordo ancora che l'eventuale scelta che la Fiat pare intenzionata a fare andrebbe ad innestarsi sulla crisi della Filseta di Perosa, dove si prospettano 170 esuberanti su 350 dipendenti (questo stabilimento aveva negli anni 1974/1975 700 dipendenti) e sulla situazione della Talcografite per quanto riguarda l'area di produzione di componenti per l'industria elettrica ed elettronica (Isolantite) e si innesta anche sul fatto che la Riv-Skf da parecchio non reintegra il turnover e procede da tempo ad un'azione per favorire il prepensionamento e le dimissioni volontarie.
Tutti questi aspetti contribuiscono ad accrescere il degrado industriale ed economico della Val Chisone.
Noi risottolineiamo, e lo vorremmo esporre con chiarezza alla Fiat, il fatto che, con un ulteriore indebolimento di quell'area, si provocano delle diseconomie esterne che, in modo diretto o indiretto, si scaricano nel conto economico dell'azienda Italia. Per tale ragione riteniamo che debba essere riconsiderata la scelta Fiat della chiusura dello stabilimento di Villar Perosa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Barisione.



BARISIONE Luigi

Ringrazio l'Assessore per la tempestività della risposta.
Le scelte della Fiat indubbiamente possono rispondere a processi di riorganizzazione produttiva.
Credo però che si ponga una questione di fondo. La chiusura degli stabilimenti, il trasferimento delle produzioni e lo spostamento dei lavoratori con i relativi problemi di trasporto e di occupazione per chi non può trasferirsi, debbono essere confrontate con le strutture pubbliche.
Il Piemonte in questi anni ha lavorato per determinare uno sviluppo ed un decentramento produttivo equilibrato individuando le zone che avevano necessità di sviluppo, perciò scelte come quella della Fiat di chiudere comparti produttivi nella Val Chisone, che ha già avuto un forte attacco all'occupazione, sono scelte che vanno contro questa politica regionale che pure al suo nascere non era stata contrastata nemmeno dalla Fiat e dai grandi gruppi presenti in Piemonte.
Prendiamo atto dell'impegno della Giunta di convocare la Fiat per discutere di quello stabilimento e dei suoi lavoratori ed anche per valutare come si può innescare un processo che mantenga sia pur con altri tipi di lavorazioni lo stabilimento in efficienza. Diamo il nostro sostegno alle iniziative che la Giunta vorrà assumere, convinti come siamo che mantenere un pezzo di produzione Fiat in quella Valle sia importante per quell'economia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Nel quadro certamente difficile in ordine ai problemi dell'occupazione nel quale si trova la realtà piemontese la vicenda di Villar Perosa segna nel bacino e nel Comprensorio di Pinerolo, anche per i riflessi su tutta la realtà strutturale del Piemonte, un'importanza fondamentale.
Non possiamo che augurarci che a fronte della tempestività con cui i Gruppi della D.C. e del PCI hanno rivolto alla Regione le interrogazioni per un intervento immediato, si addivenga a soluzioni che non facciano pesare ulteriormente i costi relativi sui lavoratori piemontesi e pinerolesi in particolare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Sottolineo che l'interrogazione presentata dal Gruppo comunista ha anche la firma dei Gruppi PSI e PDUP, quindi non è un'interrogazione di parte.
E' un'interrogazione che ha un significato politico. Ringrazio l'Assessore per il lavoro che svolge in ordine ai problemi della Fiat, in particolare alla questione di Villar Perosa.
Quando si discuterà sui problemi generali con la Fiat sarà opportuno far rilevare anche questa questione particolare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Ringrazio l'Assessore per la tempestività della risposta all'interpellanza che abbiamo presentato insieme con i Gruppi comunista e socialista. Condividiamo la posizione espressa a nome della Giunta dall'Assessore sulla necessità di non pesare ulteriormente in termini di deindustrializzazione e di perdita di posti di lavoro, in una Valle già pesantemente colpita dalla crisi.
Condivido in particolare la posizione espressa sull'economicità dell'azienda Italia, che deve essere tenuta in conto in tutte le attività economiche e in tutte le operazioni che vengono compiute sul territorio dai vari soggetti economici e sociali.
L'economicità dell'azienda Italia non può essere invocata a senso unico facendola pesare sui lavoratori, ma deve essere tenuta in conto anche dalle imprese nel momento in cui si debbono avviare razionalizzazioni produttive che forse all'interno dell'azienda possono avere un senso, ma sono controproducenti nell'economia complessiva.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Difesa idrogeologica

Interrogazione del Consigliere Valeri inerente le opere di difesa idrogeologica


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione presentata dal Consigliere Valeri inerente le opere di difesa idrogeologica.
Risponde l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore all'assetto idrogeologico

Con nota n. 14710 del 25/11/1982 il Magistrato per il Po comunicava al Presidente della Giunta regionale del Piemonte lo stanziamento di 8 miliardi per l'esecuzione di opere ritenute urgenti e prioritarie nel territorio regionale.
Il Magistrato per il Po individuava i seguenti lavori: 1) torrente Terdoppio: sistemazione consistente nella ricalibratura dell'alveo L. 2 miliardi 2) torrente Agogna: ricalibratura dell'alveo, sistemazione di argini esistenti e adeguamento dei ponti esistenti L. 2 miliardi 3) fiume Sesia: recupero di arginature a monte di Vercelli L. 2 miliardi 4) fiume Toce : consolidamento di arginature esistenti nella piana Masera L. 2 miliardi.
Le proposte avanzate dal Magistrato per il Po sono state preliminarmente sottoposte all'esame del CROP, che nella seduta del 12/7/1983 si espresse favorevolmente sull'individuazione degli interventi come sopra proposti facendo rilevare che, per quanto concerne la sistemazione generale, i conseguenti problemi avrebbero dovuto essere esaminati nei dettagli in successivi incontri.
Venne, peraltro, segnalato al Magistrato per il Po che l'individuazione delle quattro localizzazioni poteva riconoscersi prioritaria non disconoscendo però la necessità di inserire nei futuri programmi operativi altre localizzazioni per situazioni di cui la Regione stessa era a conoscenza.
Di conseguenza venne individuata l'opportunità di pervenire, al più presto, ad una consultazione fra l'Amministrazione statale e gli Enti locali per l'esame congiunto delle indicazioni generali desunte dagli studi e progetti realizzati (cosa che è avvenuta perché la data della risposta è del 2 dicembre).
Nei prossimi giorni infatti è calendarizzato il primo incontro con il Magistrato per il Po per l'assunzione in loco di ulteriori elementi di conoscenza per redigere la corretta progettazione delle opere come sopra individuate.
Per tali interventi, stante la preliminare necessità e l'urgenza delle condizioni idrauliche, è stato espresso parere favorevole, limitatamente ai lavori d'importo suddetto; per quanto concerne, invece, le sistemazioni generali, che saranno esaminate nei dettagli in futuri incontri, si esprime la disponibilità politica e tecnica dell'Amministrazione regionale, al fine di garantire una fattiva collaborazione per le scelte da attuare e le iniziative da assumere con la partecipazione e la collaborazione degli Enti territoriali interessati.
E' di questi giorni la costituzione di un ufficio tecnico composto dalle Regioni del Nord e dal Magistrato per il Po, con l'utilizzo di tutte le strutture periferiche che avvierà un esame dettagliato ed una valutazione attenta di tutti i tronchi di competenza del Magistrato, sui quali la Regione intende portare il proprio contributo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Ringrazio l'Assessore per la comunicazione.
I fondi previsti dalla legge 53 del 1982 non sono di piccola entità quindi nell'interrogazione si chiedeva in che modo veniva coinvolta la Regione.
Condivido la scelta di sottoporre al CROP le proposte di utilizzazione dei fondi da parte del Magistrato per il Po. Sarebbe però opportuno che la scelta venisse sottoposta alla Commissione consiliare competente, come è già avvenuto in altre circostanze, e vengano interessati i Comprensori visto che non sempre le proposte del Magistrato per il Po corrispondono alle reali esigenze espresse dai Comprensori e dai Comuni.
Perciò ribadirei l'esigenza che in futuro nelle scelte di investimento si seguisse questa metodologia. Grazie.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interpellanza dei Consiglieri Picco, Genovese, Martinetti, Petrini, Ratti e Sartoris inerente gli IACP regionali


PRESIDENTE

L'Assessore Bruciamacchie risponde ora all'interpellanza presentata dai Consiglieri Picco, Genovese, Martinetti, Petrini, Ratti e Sartoris inerente gli IACP regionali.



BRUCIAMACCHIE Mario, Assessore all'edilizia residenziale

1) Situazione economica e finanziaria degli IACP.
La situazione economica e finanziaria degli IACP è evidenziata a grandi linee da dati sintetici riportati nelle tabelle in possesso dei colleghi Consiglieri.
E' evidente che l'esame più dettagliato della situazione finanziaria economica e patrimoniale dei singoli Istituti può essere condotto analizzando puntualmente gli atti contabili e di bilancio.
A tal proposito si rammenta che i dati qui di seguito riportati dovrebbero essere relativamente noti in quanto ogni singolo Istituto è amministrato da un Consiglio di amministrazione in cui sono presenti i rappresentanti dei partiti politici (di maggioranza e di minoranza) degli Enti, delle Istituzioni e delle organizzazioni sindacali.
L'attività esplicata dalla Regione in relazione a disavanzi di bilancio degli IACP si è rivolta più nel senso di individuare eventuali soluzioni migliorative che non assumere atteggiamenti di mero controllo restrittivo.
Le ragioni sostanziali dei disavanzi degli Istituti, fatta eccezione per l'Istituto di Torino, derivano sostanzialmente dalle seguenti ragioni: parte dei disavanzi pregressi degli Istituti derivano da perdite di gestione maturate in massima parte fra gli anni 1971-1977, periodo in cui i canoni di locazione degli alloggi sono rimasti sostanzialmente bloccati pur in presenza di notevoli incrementi dei costi di gestione. Attualmente si riscontra un generale tentativo di contenere al massimo gli oneri fissi quali le spese generali, di amministrazione e manutenzione per comunque mantenere i disavanzi entro limiti accettabili.
Una consistente parte dei disavanzi deriva dall'esposizione a bilancio delle quote di ammortamento degli stabili. Tali quote, rientranti nel conto economico, debbono essere mantenute per disposizioni fiscali fra l'1,50 % ed il 3 % del valore degli immobili. Risulta chiaro che per ridurre la quota di disavanzo è necessario scendere sensibilmente al di sotto del minimo sopra citato.
Un'altra ragione dei disavanzi discende dalla cessione di alloggi di proprietà degli Istituti, sia in ragione dei contratti stipulati con la legge 60 e non ancora regolarizzati, sia dei contratti in corso di stipula ai sensi della legge 513/1977. Il prezzo di cessione di tali alloggi risulta, in virtù del tempo trascorso, superiore al loro costo di costruzione, e dato che il ricavato della cessione deve essere versato al CER, il tutto si traduce in una perdita in termini finanziari per gli Istituti.
Per quanto riguarda i dati relativi alla morosità riscontrata dagli Istituti sia per quanto riguarda i canoni che i servizi, si precisa quanto segue.
Le morosità non possono rientrare nel conto economico in quanto sono crediti per i quali i singoli Consigli di amministrazione non hanno ancora dichiarato l'inesigibilità, essendo ancora in corso le pratiche legali per la riscossione degli stessi.
Questo influisce notevolmente sulla liquidità di cassa degli Istituti i quali per ora hanno fatto fronte evitando di accreditare o accreditando in ritardo al Ministero parte dei rientri finanziari derivanti dalla gestione speciale.
Va considerato che le morosità hanno in genere origine nella parte economicamente più disagiata di un inquilinato a reddito medio basso e sono causate ed incrementate dall'attuale situazione economica della Regione d'altra parte i beni mobili e gli stipendi su cui gli Istituti possono procedere ad esecuzione forzata consentono scarse possibilità di recupero.
L'Istituto di Torino, più gravato dal problema delle morosità, procede al sistematico perseguimento delle stesse con un onere finanziario molto pesante a causa delle alte spese di procedura e del ricavo irrisorio delle vendite giudiziarie, secondo una situazione generale ben nota.
A tal proposito è opportuno sottolineare che lo IACP di Torino ha organizzato un'attività stragiudiziale mirante a ridurre la grave incidenza di spesa e di tempo delle azioni giudiziarie: gli uffici provvedono a migliaia di convocazioni e solleciti prima di inoltrare le pratiche contenziose che attualmente ammontano per le ingiunzioni a circa 2.000.
Ulteriori valutazioni possono essere evidenziate per l'Istituto di Torino che, come si può riscontrare dai valori riportati nella tabella allegata, presenta quote di disavanzo, di morosità e di livello di indebitamento verso Istituti bancari abnormi rispetto a quelle degli altri Istituti piemontesi.
Le ragioni, oltre a quelle già illustrate per gli altri Istituti, sono molteplici e di varia natura.
La dimensione metropolitana dello IACP torinese ha influito pesantemente allorché si è dovuto far fronte ad una costante pressione di emergenza sociale verso il bene casa ancora oggi presente.
Alcune iniziative assunte negli anni '60-'70 hanno determinato ripercussioni in termini economici e finanziari estremamente rilevanti ed innescato processi di indebitamento verso gli Istituti di credito che si incrementano di anno in anno e che sono valutabili oggi in circa 202 miliardi (vedi ad esempio il piano Fiat - IACP).
E' inoltre opportuno rammentare che indubbiamente l'attuazione del nuovo regime di canone o di computo dei canoni di locazione dovrà migliorare la situazione finanziaria degli Istituti, tuttavia, al fine di chiarire alcuni equivoci circa il meccanismo dei rientri di quota parte dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia pubblica residenziale occorre sottolineare che qualsiasi eventuale aumento dei canoni non pu tradursi totalmente in un maggiore introito da parte degli Istituti, in quanto tolte le somme relative alle cosiddette quote b) e c) di cui all'art. 19 del D.P.R. 1035/1972, la restante parte deve, ai sensi dell'art. 25 della legge 513/1977, da questi essere versata al competente Ministero, mediante la gestione speciale di cui al D.P.R. 1036/1972.
Soltanto in tempi successivi gli Istituti potranno richiedere al Ministero previo nulla osta regionale l'utilizzo di tali fondi per nuovi pro grammi costruttivi o per il ripianamento dei bilanci.
La situazione dell'abusivismo, dopo anni di crescita consistente, si presenta oggi, per una pluralità di fattori, in regresso.
Permane in modo significativo in Torino ed in provincia, mentre nel resto della Regione è quasi assente. Gli Istituti stanno operando per sanare il periodo precedente il 1981, che è il più significativo procedendo alle assegnazioni per coloro che posseggono i requisiti ed intervenendo per gli altri casi in base a normativa di legge.
La situazione debitoria degli IACP a livello nazionale ammonta a 720 miliardi. Questa cifra è espressa quasi totalmente da 6-7 Istituti, che naturalmente detengono anche la maggior parte del patrimonio edilizio.
Appare evidente che una cifra di queste proporzioni non è recuperabile né con l'aumento degli affitti, né con l'alienazione di immobili che alcuni Istituti stanno realizzando. E' indispensabile un intervento dello Stato per consolidare il debito, occorre nazionalmente trovare queste risorse utilizzando anche una parte dei fondi GESCAL.
Un grande sforzo va fatto per ridare efficienza agli IACP peraltro già in atto nella nostra Regione tant'è vero che i, nostri Istituti sono tra i più efficienti a livello nazionale.
Il patrimonio di Torino (50.000 alloggi) non è pensabile che si possa gestire con efficienza in modo centralizzato. Occorre invece determinare unità immobiliari di gestione che si attestino al di sotto dei 10.000 vani permettendo un governo del patrimonio molto più agile e più efficace promuovendo un processo di autogestione degli immobili da parte degli inquilini e portando avanti con più celerità l'anagrafe dell'utenza e del patrimonio che è già ad uno stadio avanzato.
Ma poiché questi interventi da soli non risolveranno il deficit degli IACP e dell'edilizia, sovvenzionata, occorre una riforma nazionale degli IACP e delle risorse da destinare all'edilizia pubblica sovvenzionata.
2) Nell'interpellanza veniva inoltre sollecitata l'emissione di una normativa regionale per l'assegnazione e i canoni di alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ai sensi della delibera CIPE del 18/12/1981.
La complessità degli argomenti sollevati dalla cosiddetta "Delibera CIPE" e la situazione di disorganicità insita nel settore "Casa" a livello della legislazione nazionale, ha di fatto ampliato drasticamente i tempi previsti dalla delibera stessa.
In un primissimo momento è stato ritenuto che i termini di recepimento potessero essere minimi, in quanto i provvedimenti regionali apparivano sostanzialmente automatici, successivamente dai dibattiti promossi tra le Regioni a livello nazionale è emerso che il dispositivo di legge che le singole Regioni erano chiamate ad adottare avrebbe avuto valenze politiche ed economiche di vasta portata e soprattutto che l'eventuale trasposizione automatica avrebbe di gran lunga limitato l'autonomia delle Regioni con particolare riferimento alla rideterminazione di canoni e più in generale della politica d'uso del patrimonio IACP.
A sostegno di quanto sopra detto, si evidenzia la situazione delle adozioni delle normative in materia da parte delle altre Regioni.
Regioni a Statuto ordinario.
Disegni di legge relativi all'applicazione della delibera CIPE 19/11/1981 approvati: 1) Lombardia: legge n. 244 del 28/9/1983 - assegnazioni più canoni.
2) Umbria: legge n. 44 del 21/11/1983 - assegnazioni più canoni.
3) Liguria: legge n. 6 del 28/2/1983 - solo assegnazioni.
Disegni di legge relativi all'applicazione della delibera CIPE 19/11/1981 approvati dal Consiglio regionale e respinti: 1) Toscana - dal Commissario di Governo perché andavano oltre le disposizioni previste nella deliberazione CIPE.
2) Puglia - dal Commissario di Governo perché andavano oltre le disposizioni previste nella deliberazione CIPE.
Regioni a Statuto speciale.
Disegni di legge relativi all'applicazione della delibera CIPE 19/11/1981 approvati: 1) Trentino Alto Adige: legge n. 16 del 6/6/1983 - assegnazioni.
3) L'ultimo punto dell'interpellanza si riferisce al grado di applicazione negli IACP piemontesi dell'equo canone nei confronti di inquilini fruenti di reddito superiore.
La situazione, relativa all'applicazione dell'equo canone nei confronti degli inquilini fruenti di un reddito superiore, è diversa da Istituto a Istituto, sinteticamente si possono rilevare le seguenti notizie: 1) gli IACP di Alessandria e Novara hanno applicato le disposizioni relative all'equo canone a pochi casi isolati 2) l'IACP di Torino sta applicando l'equo canone progressivamente ai propri quartieri, in concomitanza con l'estendersi della ricerca sull'anagrafe dell'utenza. Le uniche variazioni previste rispetto alla legge 382 riguardano la categoria catastale: tutto il patrimonio è stato infatti accatastato in A/4 3) l'IACP di Cuneo ha applicato la legge senza alcuna variazione o modifica a tutti gli assegnatari in condizioni di revoca 4) l'IACP di Vercelli ha diversificato l'applicazione del valore locativo: per i redditi compresi fra il limite di revoca e 16.000.000 si applica un valore locativo pari a 0,03; a redditi superiori a 16.000.000 si applica il valore locativo previsto dalla legge 382 uguale a 0,0385.
L'aggiornamento del canone di cui all'art. 24/392 è fermo al 1980.
L'applicazione è estesa a tutti gli assegnatari in condizioni di revoca 5) l'IACP di Asti ha stabilito le seguenti variazioni: il costo base degli alloggi è pari a L. 250.000 sia per alloggi costruiti prima che dopo il 1975 il coefficiente del patrimonio con tipologia catastale A/2 viene sostituito da quello previsto per gli alloggi in A/3 al "piano rialzato" cioè sopraelevato di qualche gradino viene applicato il coefficiente del piano terreno (0,90). L'applicazione è estesa a tutti gli assegnatari in condizioni di revoca 6) l'IACP di Biella non ha applicato la legge 392, ma il raddoppio del canone previsto all'art. 22/513. La Regione non ha di fatto ritenuto di dover intervenire per suggerire linee comportamentali univoche, in quanto a fine 1982 - inizio 1983 si riteneva di poter portare in approvazione in tempi molto brevi il disegno di legge in materia di assegnazioni e canoni recependo i disposti dalla delibera CIPE del 18/12/1981.
Nel mese di febbraio si potrà iniziare in Commissione l'esame del disegno di legge che la Giunta sta approntando. Il Trentino Alto Adige ha adottato una deliberazione in attesa di approvazione da parte del Commissario di Governo. Sono quindi tre le Regioni che hanno presentato ed avuto approvato un provvedimento di cui due integrali ed uno parziale. Per quanto ci compete con il programma a breve termine che ci siamo dati la redazione del disegno di legge relativo al recepimento della delibera CIPE occupa precedenza assoluta ed in termini concreti intendo presentarlo alla Giunta entro la fine del mese di gennaio 1984 dopodiché spetterà al Consiglio di operare ed assumere le necessarie determinazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendiamo atto delle risposte della Giunta delle quali ringraziamo e preghiamo di volerle distribuire come rapporto aggiornato alla fine dell'anno 1983, auspicando che indipendentemente da altre occasioni che potremo avere nel mese di febbraio con la discussione della legge preannunciata dall'Assessore, ogni anno il Consiglio regionale venga informato su questa materia.
La legge stabilisce che le Regioni hanno competenza di controllo sugli IACP; questo Istituto di controllo però non deve essere meramente, inteso nei suoi aspetti fiscali e negativi, ma deve avere un carattere di costruzione della politica sugli insediamenti residenziali pubblici, per la quale la Regione si vanta di avere fatto molto, ma in realtà non ha fatto che da passacarte di finanziamenti dello Stato.
Il fatto che oggi forse per la prima volta in quest'aula si scopra questo velario dei deficit, delle morosità e degli indebitamenti degli IACP in Piemonte, ne è una testimonianza.
Questa interpellanza risale a quasi un anno fa e questo argomento è stato più volte sollecitato all'Assessore competente, però sono sempre state avanzate tesi di ineluttabilità sulla possibilità di intervenire quando invece, sia pur tardivamente, altre Regioni sono intervenute su aspetti non secondari.
L'Assessore non ci ha riferito sulle normative in termini di tipologia costruttiva, sugli appalti e sui canoni che le altre Regioni hanno approvato in ordine all'applicazione della deliberazione CIPE e del criterio dell'estensione dell'equo canone anche all'edilizia pubblica.
L'Assessore dice che quella del Piemonte è una situazione delle peggiori d'Italia, ma questo non può essere assolutorio che parzialmente in realtà siamo di fronte ad una grande tensione sul problema della casa ma né l'Istituto Case Popolari, né la Regione stanno dando delle risposte adeguate alle esigenze.
L'Assessore ritiene che il consolidamento del debito di fondo sarà l'unica soluzione.
Potrà anche esservi l'intervento dello Stato per sanare alcune situazioni debitorie, ma noi riteniamo che sulla gestione del patrimonio dell'edilizia pubblica si debba intraprendere una strada nuova perché è illusorio pensare che il consolidamento dei debiti possa sanare le situazioni. Come pensa la Giunta regionale di indirizzare i finanziamenti con relazione e con riferimento al tipo di patrimonio che questi Istituti hanno da gestire? Noi riteniamo, per esempio, che si sia consumata a danno degli inquilini oltreché a danno delle finanze pubbliche una diatriba sull'opportunità o meno di procedere alla cessione in riscatto del patrimonio di edilizia pubblica.
Di fatto si insiste su investimenti che sono del tutto sperequati rispetto agli obiettivi sociali che si possono perseguire (gli investimenti sul vecchio patrimonio dell'edilizia residenziale pubblica), soprattutto sottraggono benefici rispetto alle domande che vengono dalla nuova utenza che non sempre ha bisogno di disporre di un patrimonio di edilizia pubblica tipo anni '60 quando l'immigrazione era massiccia.
Pensavamo che la Regione in sede di risposta desse un'assicurazione e cioè che si stesse muovendo per orientare gli IACP a produrre degli investimenti e quindi degli effetti sociali che siano conseguenti ai tempi ed alle vicende congiunturali che stiamo attraversando.
Mentre ringraziamo l'Assessore per l'informazione che chiediamo venga distribuita a tutti i Consiglieri, ci dichiariamo insoddisfatti del taglio politico della risposta che lascia gravi carenze nonostante gli ovvi ritardi in ordine all'applicazione delle delibere e delle normative nazionali, ma anche nonostante le ovvie sperequazioni sulla programmazione che noi avevamo già denunciato in occasione dell'ultimo riparto di fondi relativi ai bienni di edilizia pubblica sovvenzionata. Ci riserviamo di ritornare su questi temi nelle sedi opportune in occasione di provvedimenti che auspichiamo siano celeri, ma soprattutto carichi di quella significatività che la congiuntura degli investimenti di edilizia pubblica richiede.


Argomento: Edilizia scolastica

Interrogazione del Consigliere Moretti inerente i criteri di ripartizione stanziamenti per interventi di edilizia scolastica


PRESIDENTE

Esaminiamo infine l'interrogazione presentata dal Consigliere Moretti inerente i criteri di ripartizione stanziamenti per interventi di edilizia scolastica.
Risponde l'Assessore Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario, Assessore all'edilizia scolastica

Per il settore dell'edilizia, scolastica dopo la fase di programmazione, operata a norma della legge 412/75 che ha consentito investimenti in Piemonte per circa 118 miliardi, si è passati alla fase gestionale degli interventi programmati senza alcuna integrazione di fondi regionali per l'attuazione del programma approvato ai sensi dell'art. 3 della legge statale.
Le disponibilità finanziarie regionali per questo settore, nell'anno 1983, emergono dal seguente quadro: 1.800.000.000.
Cap. 7760: spese per l'esecuzione di opere urgenti di edilizia scolastica che non possono essere differite per esigenze di igiene o sicurezza (D.P.R. 24/7/1977, n. 616 e legge 5/8/1975, n. 412).
Per la natura stessa degli "interventi urgenti" non è possibile pensare ad una loro programmazione per cui, alla segnalazione dell'Ente, come si è sempre operato, è stato disposto un sopralluogo e, accertate le necessità d'intervento, si è provveduto al finanziamento tenendo conto delle situazioni rivestenti particolare pericolosità quali tetti pericolanti impianti di riscaldamento mal funzionanti o strutture lesionate.
In genere la necessità di intervenire segue ad un evento atmosferico eccezionale o comunque imprevedibile (bufere di vento in Val Susa, grandine nell'Eporediese per ricordare gli eventi dell'83).
La disponibilità di bilancio L. 1.800.000.000 è stata impegnata per n.
41 interventi dettagliatamente indicati nell'allegato A.
Per quanto riguarda i fondi regionali di cui al: Cap. 7800: contributi per l'adattamento di stabili di proprietà di Comuni da adibire a scuole materne, elementari e secondarie di primo grado (art. 29 della legge 28/7/1967, n. 641, legge 17/12/1957, n. 1229, art. 12 della legge 1/6/1942, n. 675 e legge regionale 12/6/1978, n. 31), il bilancio 1983 prevedeva uno stanziamento di L. 1.200.000.000 (allegato B).
Tale dotazione era stata inserita per il pagamento di interventi già programmati negli anni precedenti ed il cui finanziamento era stato utilizzato nel corso dei vari esercizi per il pagamento idi obbligazioni aventi scadenza immediata procrastinando l'erogazione dei contributi a favore dei Comuni.
A seguito di indagine da parte del servizio competente dei lavori eseguiti e da pagare è stata presentata la documentazione per lavori assommanti a L. 770.638.418 che sono stati impegnati con D.G.R. n. 147 del 5/5/1983 e n. 59 del 27/9/1983.
Con atti deliberativi del 6/10/1983 e 27/10/1983 si è provveduto all'impegno della residua somma di L. 429.000.000 per 11 interventi adottando come criterio di massima l'esistenza delle condizioni di non procrastinabilità dell'intervento o di cantieri in atto la cui chiusura avrebbe portato ad un sicuro aggravio di costi e ad una richiesta di interessi.
Inoltre i fondi del: Cap. 7770: contributi agli Enti autarchici territoriali, agli Istituti pubblici di assistenza e beneficenza e loro Consorzi, nonché ad Enti ed Istituzioni per la realizzazione di opere di edilizia per la scuola materna non statale (legge 18/3/1968, n. 444 e D.P.R. 24/7/1977, n. 616) per L.
50.000.000, sono stati destinati a due costruzioni già in corso così come a due costruzioni già in avanzata fase di esecuzione sono stati destinati i fondi di cui al: Cap. 7780: sussidi e contributi per la costruzione e l'adattamento di palestre ed impianti ginnico-sportivi scolastici (D.P.R. 24/7/1977, n. 616) per L. 150.000.000.
Infine, a seguito di accertamento di economie sul: Cap. 7755: somministrazione di fondi agli Enti obbligati per la realizzazione delle opere di edilizia scolastica di cui alla legge 5/8/1975, n. 412 e legge regionale 11/10/1976, n. 50 F.S.R., si è provveduto all'integrazione finanziaria di al cune opere programmate nel s secondo triennio e per le quali esistevano problemi finanziari che ne impedivano il completamento.
Considerato che tali fondi provenivano dall'assegnazione dello Stato vincolata all'esecuzione di .opere di edilizia scolastica i cui programmi erano stati preventivamente concordati con il Ministero della Pubblica Istruzione e quello dei Lavori Pubblici, l'integrazione del finanziamento è stata attribuita solo per le opere comprese nel secondo programma triennale predisposto ai sensi dell'art. 3 della legge 412.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Ringrazio l'Assessore per l'esauriente risposta e ne chiedo la documentazione.
E' opportuno però che per il 1984 il criterio sia mutato, altrimenti ci troveremo alle richieste dei Comuni ma non avremmo un quadro di programmazione.



PRESIDENTE

Le interrogazioni ed interpellanze sono così discusse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Carazzoni, Ferrari e Ratti.


Argomento:

b) Distribuzione relazione del Comitato regionale di solidarietà sull'operato dell'anno 1983


PRESIDENTE

E' stata distribuita a tutti i Consiglieri nella seduta odierna la relazione del Comitato regionale di solidarietà sull'operato dell'anno 1983 (ai sensi dell'art. 4, secondo comma, della legge regionale 28/1/1982, n.
4).
Le comunicazioni sono così terminate.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale


PRESIDENTE

Ha ora la parola l'Assessore Tapparo per una comunicazione della Giunta regionale.



TAPPARO Giancarlo, Assessore al lavoro

Sin dalla fine del mese di novembre le organizzazioni sindacali dei poligrafici e dei giornalisti, il Comitato di redazione della "Gazzetta del Popolo" e il Consiglio di fabbrica, hanno chiesto l'intervento della Regione in ordine alle non facili prospettive, della "Gazzetta del Popolo".
Questo giornale, tornato in edicola nella seconda metà dell'anno scorso, aveva come obiettivo la vendita di 25-28 mila copie, attualmente è attorno alle 15-17 mila.
La redazione è costituita da 34 giornalisti, dei quali 13 praticanti e circa 90 poligrafici.
Il giornale ha registrato un pesante squilibrio nel conto economico. Le perdite di gestione sono state elevate con un'erosione quasi completa del capitale sociale. Si può dire che una non perfetta assonanza di opinioni e di valutazioni degli azionisti ha portato ad una situazione di tensione via via crescente, che si è concretizzata nell'assunzione della decisione del 19 di questo mese, da parte dell'assemblea dei soci, di sospendere le pubblicazioni del giornale a partire dalla fine del mese di dicembre.
La maggioranza degli azionisti ha deciso di sospendere la pubblicazione del giornale al 31 dicembre, soprattutto a causa dell'impossibilità di comprimere dal lato dei costi la situazione di forte deficit.
Nei ripetuti incontri degli scorsi giorni abbiamo sottolineato che anche dal lato dei ricavi occorreva avere altrettanta attenzione e che una sospensione della pubblicazione poteva essere di grave danno per il rapporto tra lettori e giornale. Quindi, come Regione, abbiamo sostenuto la necessità di mantenere in edicola il giornale con delle decisioni straordinarie.
Per evitare la sospensione la Giunta ha proposto una "soluzione-ponte" ricca di contenuti imprenditoriali, una soluzione che prospettava l'uscita momentanea della società editrice per ritrovare nuovi equilibri economici.
Era una "soluzione-ponte" che sia dal lato dei costi, sia dal lato dei ricavi, prospettava aspetti interessanti che potevano aumentare il patrimonio di lettori (che certamente non ritroverà la società editrice qualora decidesse di riprendere le pubblicazioni dopo un certo periodo).
Tale soluzione è stata rifiutata.
Dinanzi a tale rifiuto da parte della società editrice e della società editrice di "Tuttosport" in cui si stampa la "Gazzetta del Popolo" abbiamo prospettato un'ipotesi di sospensione pilotata con tempi certi.
Soluzione certamente di livello inferiore rispetto a quella ponte, che comunque poteva garantire la possibilità di mantenere il giornale in vita.
Nella giornata di ieri sono maturate quattro ipotesi alternative, una delle quali prospettava un'iniziativa autogestionaria a partire dal 2 gennaio; un'altra soluzione prospettava una nuova testata per il Piemonte la terza è quella della costituzione di una cooperativa e dell'utilizzo della legge 416 sull'editoria (art. 5) nel caso in cui dopo una sospensione vi sia l'impossibilità di una ripresa della pubblicazione del giornale con la vecchia proprietà.
L'ultima ipotesi è quella, in mano all'attuale società editrice, di stabilire un tempo di sospensione (gennaio-maggio) all'interno di un processo che già definisca oggi la ristrutturazione del giornale soprattutto dal versante dei costi e che permetta., di- definire, per grandi linee, un progetto editoriale, in attesa dell'arrivo di nuovi soci e alla ricapitalizzazione del giornale.
Probabilmente in giornata o domani si costituirà la cooperativa tra giornalisti e poligrafici, quindi si valuteranno anche queste ultime due vie alternative che ho illustrato.



PRESIDENTE

Sulla comunicazione dell'Assessore Tapparo i Consiglieri possono intervenire per chiarimenti.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Cerchio. Ne ha facoltà.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore Tapparo per la comunicazione che il Gruppo D.C.
aveva richiesto nella riunione con le parti di ieri pomeriggio presso la sede della Giunta regionale.
Sulla vicenda della "Gazzetta del Popolo" purtroppo in questi ultimi anni siamo intervenuti ripetutamente proprio perché, al di là degli sforzi che la Regione sta facendo per salvaguardare questa gloriosa testata torinese, riteniamo sia opportuno garantire non solo formalmente il pluralismo di informazione nella realtà regionale e nella realtà torinese che questo pluralismo rischia di perdere.
Non tutti i soggetti e tutte le forze politiche e sociali sono coinvolte come nel passato in questa vicenda e non vorremmo che il silenzio o il non pronunciamento suoni come un abbandono a priori di ogni sforzo per trovare una soluzione.
Devo dare atto che la Regione ha tentato in queste giornate intense una mediazione. L'ipotesi di una soluzione-ponte rifiutata ci pareva giusta ed opportuna. Non intendo fare la storia degli errori del passato che indubbiamente sono stati la causa della situazione che si è verificata, mi riferisco al tentativo di fare della nuova "Gazzetta del Popolo", un giornale a dimensione nazionale in concorrenza con l'altra testata torinese e al di là di altre considerazioni si tratta ora di valutare che cosa è ancora possibile realizzare nei prossimi giorni.
Alcune affermazioni che il Presidente della Giunta regionale ha fatto nell'incontro di ieri con i sindacati, i poligrafici sul ruolo istituzionale della Regione in questa vicenda, sono giustificate.
Prendiamo atto delle quattro ipotesi indicate dall'Assessore Tapparo...



PRESIDENTE

Consigliere Cerchio, a norma di Regolamento, in questo momento deve semplicemente attenersi alla richiesta di chiarimenti, salvo decidere di fare una discussione generale.



CERCHIO Giuseppe

Mi attengo a quanto lei cortesemente mi ricorda indicando un'ipotesi ulteriore.
Chiedo all'Assessore al lavoro e alla Giunta se è possibile intervenire con un provvedimento di carattere legislativo del Consiglio regionale per tentare di salvare la gloriosa testata piemontese della "Gazzetta del Popolo".



PRESIDENTE

Se non ci sono altre richieste di chiarimento chiudo la discussione.


Argomento: Bilanci preventivi

Esame progetto di legge n. 344: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 e relativi allegati"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto quarto all'ordine del giorno che prevede l'esame del progetto di legge n. 344: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 e relativi allegati".
Colleghi, poiché sono già annunciati parecchi interventi, prima di avviare la discussione comunico che la Presidenza si atterrà rigorosamente alle norme dell'art. 59 del Regolamento che prevede tempi di intervento di 30 minuti per la relazione e per la replica della Giunta e di 20 minuti per gli interventi dei Consiglieri nella discussione generale.
La parola al relatore, Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche quest'anno il Consiglio regionale riesce a discutere ed approvare il bilancio di previsione per l'esercizio finanziario successivo (1984) entro il 31 dicembre, ossia nei termini previsti dalla legge.
Occorre dare atto, soprattutto alla Giunta regionale, ma anche alle altre istanze istituzionali coinvolte nella definizione, del bilancio dello sforzo compiuto per giungere alla sua approvazione nei termini previsti dalla legge, senza dover ricorrere, anche per breve periodo all'esercizio provvisorio. Dal punto di vista tecnico ed operativo ci avrebbe avuto poca influenza sull'attività regionale, ma l'averlo evitato costituisce un segno di funzionalità e di volontà politica degli organi regionali, di affrontare le molte difficoltà che la situazione socio economica presenta. Non a caso del resto questo aspetto è stato più volte sottolineato con favore dai rappresentanti delle forze sociali ed economiche, che la I Commissione ha consultato. Volontà politica e funzionalità che è tanto più importante rilevare in rapporto ad un atto quale il bilancio, di valenza generale e programmatica per una Giunta ed una maggioranza.
Quali caratteristiche presenta questo importante strumento dell'azione regionale? Essenzialmente due e cioè: 1) l'esiguità delle risorse libere e disponibili da parte della Regione 2) la crescente rigidità della spesa che riduce gli ambiti ed i criteri di scelta nel determinare la quantificazione delle poste in uscita.
Rigidità ancor più evidenziata dall'intento stesso di privilegiare in bilancio quegli interventi e quei settori che meglio possono rispondere all'esigenza di fronteggiare la crisi economica.
Questi due aspetti essenziali del bilancio regionale trovano per lo più origine in una serie di provvedimenti statali riguardanti il contenimento della spesa, nella mancata approvazione della legge di riforma della finanza regionale e nell'incidenza crescente delle entrate gravate da vincoli di destinazione.
Relativamente alle entrate regionali, alla mancanza di elementi di certezza circa i criteri di finanziamento, per l'assenza di una normativa che li definisca essendo quella in vigore ormai scaduta, si aggiungono elementi di indicizzazione delle risorse ai tassi programmati di inflazione che: o non riguardano tutte le poste di entrata, ma solo una parte di esse o non sono applicati in base a criteri esclusivamente automatici, o sono al di sotto del tasso effettivo di inflazione. Se ne ricava, pertanto, che la presentazione del bilancio pluriennale del prossimo triennio, con previsioni limitate al 1984 non è originata solamente dalla volontà di voler attendere la definizione, in itinere, del secondo piano regionale di sviluppo, ma anche e prevalentemente dalle condizioni di forzosa incertezza, in cui si trova ad operare la manovra finanziaria regionale, in assenza di un quadro di riferimento statale certo e definito.
Sostanzialmente, il bilancio di previsione dell'esercizio 1984 pareggia sulla somma di L. 4.027.207.220.293 con un incremento del 14,50 % rispetto a quella del 1983. Se però tale somma viene depurata delle risorse relative alla quota di riparto del fondo sanitario nazionale per le spese correnti essendo quella per le spese d'investimento iscritta soltanto per memoria che ammonta a 2.500.000.000.000, con un incremento del 21,3 % circa rispetto al 1983, il bilancio regionale si riduce a L. 1.527.207 milioni circa.
La corrispondente cifra del bilancio 1983 è stata di L. 1.463.006 milioni circa; dal che si può dedurre che il bilancio della Regione per l'esercizio 1984, al netto della spesa sanitaria, è aumentato del 4,4 circa.
Su questa riduzione complessiva si riflettono variazioni di diverso segno a seconda dei titoli delle entrate: cosicché le entrate del Titolo I derivanti dai tributi propri della Regione, dal gettito dei tributi erariali, o di quote di esso devolute alla Regione a titolo di ripartizione del fondo comune di cui all'art. 8 della legge 281/70, sono previste con un incremento del 9,11 % rispetto alle corrispondenti entrate del 1983.
Sull'altro versante, quello delle assegnazioni statali con vincolo di destinazione, al netto della quota di riparto dal fondo sanitario regionale, esse sono previste con una diminuzione del 10,6 % circa rispetto all'attuale esercizio. Ciò spiega le numerose iscrizioni di capitoli per memoria e rappresenta un ulteriore aspetto negativo della politica statale nei confronti della finanza regionale. Per cui non solo la nostra e le altre Regioni vengono a subire riduzioni in termini reali, stimate per il triennio 1982-1984 nella misura del 10 % delle risorse correnti a destinazione non vincolata e conseguenti all'applicazione di meccanismi di indicizzazione sistematicamente inferiori ai tassi sia reali che programmati di inflazione, ma le stesse risorse a destinazione vincolata che, pur limitando l'autonomia di spesa della Regione, costituiscono pur sempre un'importante fonte di investimento, vengono a ridursi a causa del mancato rifinanziamento di leggi poliennali dello Stato. Infatti non sono state rifinanziate la legge 403/1977 e la legge 423/1981 riguardanti l'agricoltura. Non è stata data copertura finanziaria alle annualità successive alla prima, disposte dall'art. 20 della legge finanziaria per il 1983, delle quote per il credito agrario di miglioramento. Non è stata rifinanziata la legge 650/1979 in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, mentre per la legge n. 94/1982 sulla casa è previsto uno slittamento del finanziamento agli esercizi futuri.
Per quanto riguarda il Fondo Nazionale Trasporti parte corrente destinata alla copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto pubblico il Parlamento ha provveduto ad incrementarla di 300 miliardi per gli anni 1983/1984 e si presume che in tal modo non abbia a scattare la norma che obbliga le Regioni ad integrare l'eventuale insufficienza del Fondo a coprire tutti i disavanzi.
Circa invece il Fondo Sanitario Nazionale parte corrente, pur essendo stato aggiornato, esso risulta ancora inferiore al fabbisogno per un ammontare stimato in 3.100 miliardi. Anche in questo caso il Parlamento ha modificato le norme della legge finanziaria 1984 proposta dal Governo, nel senso di assumere a carico del bilancio dello Stato la copertura delle situazioni debitorie pregresse delle USSL. Ciò non di meno gli stanziamenti sul Fondo Sanitario Nazionale rimangono ampiamente insufficienti. Solo a marzo-aprile, quando le USSL avranno accertato i reali disavanzi, si potrà conoscere l'ammontare effettivo di tale insufficienza, quanta parte di essa si accollerà o meno lo Stato e quanta se ne vorrà scaricare sulle Regioni per obbligarle ad introdurre ticket od altro genere di balzelli.
Ritornando ad esaminare le variazioni che presentano i vari tipi di risorse, rispetto alle previsioni del 1983, si può rilevare che le assegnazioni di fondi per l'esercizio di funzioni delegate, che riguardano quasi esclusivamente la legge 364/70 sui danni all'agricoltura provocati da eventi calamitosi, si sono ridotte a poco meno di una quarta parte passando da 18.641 milioni a 4.915 milioni.
Le entrate derivanti da rendite patrimoniali presentano un leggero incremento del 2,8 % circa nei confronti del 1983, ma in realtà costituisce una riduzione assai rilevante nei confronti delle stesse entrate di alcuni esercizi precedenti, allorché si potevano iscrivere a bilancio interessi attivi per 20-25 miliardi. La politica di cassa della Tesoreria dello Stato che, da un lato, ha reso in fruttiferi i depositi in conto corrente delle Regioni e, dall'altro, autorizza prelievi mensili di trances non sempre sufficienti a far fronte alle necessità di cassa, non consentono più di iscrivere stanziamenti consistenti di interessi attivi su depositi.
Un aspetto che non si può fare a meno di rilevare rispetto alle entrate di questo titolo è che, a fronte di stanziamenti di competenza per 24 miliardi e mezzo, sono stati iscritti residui attivi per 30 miliardi e mezzo, tra cui spiccano i 19.700 milioni circa di contributi della CEE, per le spese relative alla realizzazione di progetti di formazione professionale finalizzati a specifiche occasioni di impiego ed i 6.700 milioni provenienti dal fondo di rotazione, istituito ai sensi della legge 845/78 per l'attuazione dei progetti di formazione professionale.
Si tratta di ritardi nelle erogazioni di contributi, su iniziative già assunte dalla Regione nel settore della formazione professionale, che non solo si riflettono sull'attività del settore, ma hanno un'influenza negativa su tutta la finanza regionale.
Le entrate derivanti da alienazioni di beni patrimoniali, da trasferimenti di capitali e rimborsi di crediti, che ammontano complessivamente a 9.320 milioni, si incrementano del 257 % circa rispetto al 1983, esclusivamente per l'iscrizione di una prevista entrata di 5 miliardi derivante da erogazioni liberali in applicazione della legge 512/82.
Diminuiscono invece le entrate derivanti da mutui a pareggio del bilancio. Infatti la capacità di indebitamento della Regione passa da 181 miliardi nel 1983 a 152 miliardi nel 1984; ma occorre tener presente che esistono residui attivi per 96.738 milioni di mutui già autorizzati e non ancora contratti, o almeno non ancora riscossi.
Una delle poste delle entrate è rappresentata dall'avanzo finanziario presunto, che nel bilancio 1984 ammonta a 372.271 milioni. La sua determinazione, risultando anche dal concorso dei residui passivi, viene ad essere influenzata da quegli stanziamenti di spesa del bilancio 1983 finanziati con assegnazioni statali a destinazione vincolata, che sono stati reimpostati nella competenza dell'esercizio 1984, in quanto in relazione ai medesimi non sono stati assunti impegni o non sono sorte obbligazioni.
Per legge, la destinazione prioritaria dell'avanzo finanziario è quella della copertura delle suddette reimpostazioni, ma, in effetti, a fronte del suddetto avanzo, si hanno reimpostazioni per 380.071 milioni, per cui in realtà si ha un disavanzo finanziario di 63.579 milioni, alla cui copertura si dovrà provvedere con risorse libere regionali.
La pratica della reimpostazione, se da un lato presenta vantaggi, in quanto dalla competenza del bilancio appare sempre la reale possibilità di investimento, dall'altra può generare equivoci, sia in relazione all'avanzo finanziario che appare del tutto nominale, sia in relazione all'ammontare dei residui passivi, i quali con l'esclusione delle somme reimpostate non presentano il loro reale ammontare.
Un altro aspetto delle entrate regionali è rappresentato dai residui attivi, che nel bilancio 1984 assommano a 723.048 milioni e che per il loro rilevante ammontare, pari al 18 % circa dell'intero bilancio regionale incidono notevolmente sull'esplicarsi dell'attività regionale e concorrono in parte alla formazione dei residui passivi, che tanto preoccupano quando raggiungono dimensioni considerevoli.
Per la natura derivata della finanza regionale, essi rappresentano in gran parte ritardi nelle erogazioni delle risorse già assegnate da parte dello Stato o della CEE.
Una conferma si ha nel verificare la dislocazione dei residui attivi nei vari titoli di entrata: nel titolo I i residui attivi, che rappresentano il 31 % circa delle entrate di competenza, appartengono quasi esclusivamente alla categoria delle entrate per imposte sulla produzione e sui consumi.
I residui attivi del titolo II, che comprende tutte entrate provenienti dal bilancio dello Stato, rappresentano il 15,3 % dell'ammontare complessivo degli stanziamenti di competenza; ancora, al titolo III i residui attivi, che superano addirittura di un quarto circa le entrate di competenza, riguardano quasi essenzialmente erogazioni della CEE e dello Stato relative alla formazione professionale.
Residui attivi di rilevante ammontare, ma conseguenti alla politica finanziaria regionale, si hanno infine al titolo V e riguardano i 96.738 milioni di mutui autorizzati ma ancora da riscuotere; questa rilevante quota di risorse regionali conservata sui residui attivi è conseguente alla politica, fin qui seguita dall'Amministrazione, relativamente alla contrazione dei mutui. Politica che, da un lato, ha sempre avuto come obiettivo di far ricorso il meno possibile al finanziamento delle spese d'investimento con mutuo, utilizzando le disponibilità di cassa, magari relative a quegli investimenti vincolati che però non erano ancora in condizioni di attivarsi, dall'altro, quello di far ricorso alla contrazione di mutui soltanto nei momenti di scarsità della liquidità di cassa, al fine di non gravare il bilancio di eccessivi oneri di ammortamento, che ne aggravano ulteriormente la rigidità.
Potrebbe essere oggetto di riflessione, nella situazione di crisi che il Piemonte sta attraversando e nell'attuale incontestabile condizione di rigidità del bilancio regionale, per cui le risorse liberamente disponibili non consentono che una estremamente ridotta possibilità di formulare programmi d'intervento, se non sia opportuno, attraverso la contrazione di mutui, attivare nuove risorse, che collegate all'utilizzo di tutte le possibilità di finanziamento offerte dalla normativa comunitaria, agli investimenti realizzati con fondi dello Stato raccordati alle capacità d'investimento degli Enti locali ed infine alla capacità di coinvolgimento di risorse private, consentano di concorrere più massicciamente al superamento degli aspetti congiunturali e strutturali della crisi.
Ciò comporta, naturalmente, che l'Amministrazione si doti di capacità di progettazione e di analisi economico-finanziaria, in grado non solo di predisporre progetti che rispondano ai requisiti richiesti dai fondi comunitari, dalla BEI e dal FIO, ma anche di promozione dell'intervento di pool di banche, per il finanziamento di progetti o anche di singoli interventi.
Un ultimo aspetto che riguarda lo stato di previsione delle entrate sono le previsioni di cassa, che naturalmente tengono conto della massa dei residui attivi che potranno essere riscossi e dei ritardi relativi alle erogazioni delle assegnazioni di competenza. Complessivamente, le previsioni di cassa corrispondono al 79,8 % della somma delle entrate di competenza e dei residui attivi; naturalmente questa percentuale varia a seconda della natura delle entrate.
Abbiamo visto, dunque, che le risorse liberamente disponibili dalla Regione, con l'applicazione dei meccanismi di indicizzazione ai tassi programmati di inflazione, hanno perso in termini reali, nel corso di un triennio, il 10 % del loro valore.
Contemporaneamente sono cresciute, in misura più che proporzionale al tasso d'inflazione, le spese obbligatorie o, più in generale, quelle che hanno una destinazione prede terminata, come le spese di funzionamento, le spese per annualità, oneri di ammortamento mutui e garanzie, i fondi statali reimpostati, gli slittamenti di fondi regionali e gli stanziamenti per residui perenti, a proposito dei quali la I Commissione ha chiesto alla Giunta di poter disporre del loro elenco aggiornato, in modo da poter discutere le eventuali misure necessarie a ridurne l'incidenza, ponendo limiti temporali più contenuti all'attuazione degli interventi posti a bilancio. Non v'è dubbio che tutto ciò crea una sempre maggiore rigidità del bilancio regionale.
Relativamente all'esercizio 1984, da una tabella i cui dati erano validi prima della presentazione della prima nota di variazione al bilancio, allegata alla relazione della Giunta regionale, si rileva che, a fronte di entrate libere da ogni vincolo di destinazione per 937.929 milioni, esistono spese obbligatorie per 804.608 milioni, pari all'85,80 %.
Poiché le entrate libere al netto dei mutui ammontano a 785.929 milioni ciò significa che 18.679 milioni dei mutui contratti saranno destinati alla copertura di spese obbligatorie, anziché al finanziamento di nuovi investimenti e che soltanto 133.321 milioni potranno essere destinati a finanziare nuovi investimenti. Considerando il bilancio regionale al netto della quota di riparto del Fondo Sanitario Nazionale per le spese correnti come già ipotizzato in precedenza, lo stato di previsione della spesa limitato all'area di attività ed alle cinque aree d'intervento, assumeva prima della presentazione della prima variazione al bilancio la seguente composizione: i fondi regionali rappresentavano il 35,6 %; le reimpostazioni dei fondi statali costituivano il 29,6 %; i fondi statali concorrevano per il 34,8 %. Sulla massa complessiva delle spese, le annualità, conseguenti a limiti d'impegno già autorizzati, ed i fondi statali reimpostati rappresentavano il 42,5 % circa della spesa complessiva.
Relativamente alle sei aree di spesa, il confronto con gli stanziamenti complessivi del bilancio di previsione per l'esercizio 1983, pone in rilievo che la spesa è prevista in aumento del 16,2 %, quindi in, misura superiore al tasso di inflazione, per l'area di attività, ossia relativamente alle spese di funzionamento dell'apparato regionale in generale. Appare invece penalizzata, e vedremo in seguito in quali dei suoi programmi, l'area d'intervento agricoltura, in misura del 14,1 % circa, per la mancanza fondamentalmente degli stanziamenti relativi ai fondi provenienti dalle leggi 403/77 e 423/81, nonché per il mancato rifinanziamento, nella legge finanziaria, delle annualità relative al credito di miglioramento agricolo.
Nel rispetto delle indicazioni programmatiche di favorire in via prioritaria l'elemento, occupazionale, risulta incrementata l'area d'intervento relativa alle attività secondarie e terziarie, nella misura del 30,5 %.
La spesa per l'area d'intervento gestione ed assetto del territorio nonostante il mancato rifinanziamento della legge 650 in materia di depurazione delle acque, lo slittamento, da parte dello Stato, dei fondi provenienti dalla legge n. 94/82 sulla casa, si incrementa, nell'esercizio 1984, del 18,8 % rispetto al 1983. L'adeguamento, anche se ancora insufficiente, del Fondo Sanitario Nazionale parte corrente, ha invece determinato un incremento della spesa dell'area d'intervento Servizi sanitari e sociali, nella misura del 15,7 % circa.
La formazione e cultura vede infine incrementarsi gli stanziamenti di spesa del 4 %, nonostante la contrazione del contributo CEE per la formazione professionale da 12 a 5 miliardi e l'iscrizione per memoria di alcune poste importanti, relative sia a fondi provenienti da leggi statali che a fondi regionali.
Un problema importante, relativo alla spesa degli Enti pubblici, è quello dei residui passivi, che se fisiologicamente sono insopprimibili, il loro mantenerli entro limiti accettabili è segno di funzionalità e di buona amministrazione.
Nel bilancio di previsione dell'esercizio 1984 i residui passivi presunti ammontano a 353.246.490.998 lire, e sono pari all'8,8 dell'intero bilancio regionale. Se confrontati con i residui passivi definitivi del bilancio 1983, essi risultano diminuiti del 10,8 % ed inoltre i residui passivi definitivi del bilancio 1983 rappresentavano il 10,75 % dell'intero ammontare del bilancio assestato.
Si è detto però in precedenza che i fondi statali reimpostati nella competenza del nuovo esercizio altro non sono che residui passivi, dalla legge non considerati tali per motivi di opportunità contabile ed operativa.
Prima dell'entrata in vigore della legge di contabilità regionale, i fondi statali non utilizzati venivano infatti conservati nella gestione dei residui passivi e permanendo la loro condizione di non utilizzabilità, dopo due anni venivano resi perenti e reimpostati nella competenza del terzo anno successivo. Poiché la norma della reimpostazione, dei fondi statali non utilizzati, nella competenza dell'esercizio immediatamente successivo è stata applicata soltanto con l'esercizio 1982, con il bilancio dell'esercizio 1984 si sono dovuti reimpostare quei fondi statali dell'esercizio 1981 conservati ancora nella gestione dei residui e resi perenti proprio con la fine dell'esercizio 1983.
Ciò ha contribuito ad elevare il volume delle reimpostazioni dei fondi statali nel bilancio dell'esercizio 1984, pur non essendo questa la sola causa. Su questo aspetto hanno anche influito, da un lato, la forzosamente ridotta attività regionale nel periodo della crisi, che ha impedito l'utilizzo di un gran numero di fondi statali; dall'altro, la rigidità del termine di fine esercizio per la scadenza delle obbligazioni, ha impedito che, anche quando l'attività regionale ha ripreso a regime, fossero assunti degli impegni la cui relativa obbligazione non sarebbe venuta a scadenza entro la fine dell'esercizio.
Ora le reimpostazioni di fondi statali nel bilancio di previsione dell'esercizio 1984 prima della presentazione della variazione di bilancio ammontano a 380.071 milioni, mentre quelle effettuate nei confronti del bilancio 1983 ammontavano complessivamente a 132.725 milioni, per cui nel bilancio dell'esercizio 1984 si ha un notevole incremento di queste reimpostazioni che, se fossero state considerate nella gestione dei residui passivi, avrebbero determinato un accrescimento della medesima. Varie sono le cause che possono determinare l'incremento dei residui passivi.
Non si devono anzitutto dimenticare i 723.048 milioni di residui attivi presunti, che nei confronti della spesa, non determinandone la copertura finanziaria, non possono che tradursi in residui passivi e che sono originati essenzialmente dal ritardo con il quale vengono effettuate le erogazioni dei fon di statali, rispetto alla competenza dell'esercizio.
Per altro verso un ulteriore aggravamento della situazione dei residui passivi è determinata dalla situazione di cassa, sia a livello della Tesoreria Centrale - la quale autorizza prelievi mensili di quote di risorse assegnate, che non sempre sono sufficienti a far fronte alle necessità di liquidità occorrente - sia a livello regionale. Per cui la scarsità di liquidità non consente a volte di portare ad ultimazione gli interventi, a causa non di un'incompiutezza della pratica, ma più semplicemente perché non vi sono i fondi necessari al pagamento. Il che da un lato determina il formarsi di nuovi residui passivi e dall'altro non consente che quelli già esistenti possano essere smaltiti. A questa situazione si potrebbe solo ovviare facendo ricorso alla contrazione di nuovi mutui o ad anticipazioni di cassa, destinati peraltro ad accrescere la rigidità dei bilanci degli esercizi successivi. Un elemento che dovrebbe invece influire a mantenere il livello dei residui passivi entro limiti accettabili è la perenzione, dopo due anni di permanenza, dalla gestione dei residui passivi; la conseguenza però sarà quella di ritrovarci, tra le partite relative agli oneri non ripartibili, due capitoli, di residui perenti agli effetti amministrativi reclamati dai creditori: uno relativo a spese di natura corrente e l'altro relativo a spese d'investimento, di notevole ammontare.
Ovviamente, in termini di efficienza e di funzionalità, la formazione dei residui passivi può anche dipendere dai limiti della capacità di spesa e di spendibilità della medesima, da parte della macchina regionale indipendentemente dalla situazione di cassa. In proposito, in base ai dati del conto consuntivo dell'esercizio 1982, il tasso medio della capacità di spesa della Regione, limitatamente all'area di attività ed alle cinque aree d'intervento, è risultato dell'85,4 % rispetto agli stanziamenti di competenza, cori punte che sono giunte al 93-98 % per le spese di natura corrente, mentre la capacità di spesa d'investimento è risultata essere del 72 %. Complessivamente il tasso medio della capacità di spendibilità della Regione, rispetto alle somme impegnate nell'esercizio 1982, è risultato essere del 77,2 % circa; anche in questo caso con punte del 98 % per la sanità e minimi del 55 % circa per l'area d'intervento n. 3.
Per l'esercizio 1984 l'analisi può essere effettuata soltanto relativamente alla capacità di pagamento in base alla prevista situazione di cassa, non potendosi, in fase di previsione, considerare la capacità di spesa o di assunzioni di impegno da parte della Regione.
Relativamente alle sei aree di spesa il tasso medio previsto della capacità di spendibilità è del 93,6 %, che diventa 91,7 % per l'area di attività; 78,6 % per l'area d'intervento agricoltura; 87,6 % per l'area d'intervento attività secondarie e terziarie e per l'area d'intervento gestione ed assetto del territorio; 96,6 % per la sanità; 97,7 % per l'area d'intervento formazione e cultura. In questo caso il tasso è stato riferito agli stanziamenti di competenza ed ai residui passivi, non potendo ancora avere alcun riferimento alla situazione degli impegni.
Si tratta di dati che inducono ad una riflessione sulle strozzature che tuttora influiscono sull'efficienza della spesa regionale, ma senza smarrire la consapevolezza che gli sforzi sin qui compiuti hanno sensibilmente innalzato tale livello di efficienza, tra i più alti delle Regioni italiane e al di sopra della capacità di spesa dell'Amministrazione centrale dello Stato.
Tale riflessione, inoltre, non può non partire dai due elementi di fondo che inizialmente ho richiamato e che caratterizzano lo stato della finanza regionale: da un lato il progressivo ridursi delle disponibilità finanziarie, in particolare di risorse libere per progetti e programmi di investimento; dall'altro lato il crescente irrigidimento della spesa regionale, dovuto principalmente al continuo aumento dei vincoli di destinazione e di procedura posti dal centro, ma in qualche modo influenzati anche da comportamenti finanziari specifici, che oggi sono entrati in contraddizione rispetto alle prospettive di medio periodo della finanza regionale. Mi riferisco al peso ormai quasi insostenibile di oneri in particolare per contributi in conto interessi, a carattere ripetitivo e ricorrente, del tutto o quasi anelastici e difficilmente contenibili.
Al di là dei pur fondamentali problemi istituzionali che sul ruolo delle Regioni gravano negativamente a causa della mancata definizione di più corretti rapporti con il Governo e con lo Stato centrale, nonché della mancata approvazione delle riforme, prima fra tutte quella delle autonomie locali, che avrebbero dovuto completare il disegno delineato dal D.P.R. n.
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Al di là di tutto ciò dicevo, mi pare che la, situazione finanziaria in cui esse versano, stia spingendo le Regioni e con esse la nostra, in un cul di sacco senza uscita; verso cioè l'esaurimento, o meglio dire la liquidazione per via surrettizia del ruolo originario per il quale l'istituzione regionale era stata ideata e progettata. Credo occorra averne consapevolezza se si vuole agire per porvi riparo con l'urgenza necessaria.
In tal senso l'obiettivo di ottenere dal Governo e dal Parlamento l'approvazione in tempi accettabili di una nuova legge della finanza regionale (così come proposto nel testo messo a punto dalla conferenza dei Presidenti delle Regioni) capace di dare alle Regioni un assetto economico finanziario meno precario e meno condizionato da vincoli esterni, anche attraverso una maggiore possibilità di manovra impositiva propria, credo abbia esso stesso una valenza politica ed istituzionale decisiva, al fine di recuperare una prospettiva di ruolo oggi resa quanto mai incerta e precaria.
Certo esistono Regioni nelle quali la capacità di spesa è ridotta al lumicino e da interi lustri non si presentano neppure i conti consuntivi ma non è pensabile di giustificare in tal modo l'offensiva neo centralistica da tempo in atto ed il progressivo affossamento delle Regioni quali soggetti di governo. Alla mancanza di taluni non è accettabile si risponda svuotando praticamente di significato un'importante norma costituzionale. Semmai occorre far ricorso a misure anche autotirative atte a ricondurre a normalità istituzionale le situazioni anomale.
In pari tempo, però, anche al fine di non dare contenuti puramente esortativi all'iniziativa politica ed istituzionale nei confronti del Governo e del Parlamento, occorrerebbe non trascurare gli spazi di iniziativa a noi propri, in materia di recupero di una più adeguata capacità di governo di medio periodo delle risorse a nostra disposizione.
Spazi d'iniziativa, cioè, in grado in qualche modo di ridurre gli effetti negativi prodotti dal passaggio della finanza regionale da un periodo di relativa "abbondanza" avutosi dal 1978 al 1981, che aveva reso possibile e credibile l'avvio di una serie di iniziative di spesa proiettate nel tempo, ad un altro di forte ristrettezza e precarietà, in cui il mantenere gli stessi schemi comporterebbe effetti non facilmente controllabili.
A tale riguardo mi pare possano essere meditate alcune delle indicazioni conclusive che accompagnano i primi risultati dell'indagine sui comportamenti di spesa delle Regioni a Statuto ordinario, avviata presso il Comitato Tecnico della spesa pubblica. In particolare l'invito a fissare in analogia con il tetto già previsto per gli oneri da indebitamento - un tetto massimo per gli impegni pluriennali, come i contributi in conto interessi su mutui o, comunque, in annualità costanti, i quali hanno in realtà la stessa natura economica degli oneri di ammortamento di mutui diretti. Stessa attenzione, credo, meriti la possibilità di fissare espressamente la destinazione delle entrate per mutui, al finanziamento esclusivo di investimenti in capitale. Esclusi cioè i limiti di impegno per contributi in annualità costanti, anche se riguardano investimenti.
Misure di tale genere, ancorché rese necessarie da una riduzione delle risorse disponibili, che non sembra destinata ad invertirsi nel breve e nel medio periodo, pongono in discussione, evidentemente, il tipo di rapporto finanziario con gli Enti locali e con il sistema delle imprese agricole artigiane e commerciali. Si tratta di un'esigenza di ripensamento e di ricalibratura di rapporto che è oggettivamente connessa all'eventuale mutare delle forme del concorso finanziario regionale, ma anche al procedere degli sforzi in corso, di rifinalizzazione di parte della spesa regionale, onde spostarne l'asse dal sostegno indifferenziato a programmi gestionali al sostegno di progetti di investimento finalizzati e per area.
Penso in proposito, ad esempio, alla possibilità di convertire almeno parte della spesa in materia di assistenza scolastica verso progetti di carattere intercomunale in direzione della sperimentazione di strumenti didattico-culturali collegati con le innovazioni tecnologiche in atto. Come pure alla possibilità di destinare parte delle risorse impegnate per sostenere interventi nel campo della viabilità comunale, verso progetti più qualificati di infrastrutturazione di aree intercomunali, accompagnando un'azione nei riguardi della Cassa Depositi e Prestiti, volta ad assicurare il suo intervento a favore dei più particolari interventi viabilistici previsti dai Comuni.
Man mano che si imbocca concretamente questa strada - che ha quale presupposto anche la crescita di capacità progettuale e politico organizzativa della Regione e dell'insieme del sistema delle autonomie non si riduce ma si accresce il ruolo della Regione e l'impatto della sua azione sulla comunità regionale. Infatti il recupero di elasticità nel governo delle risorse ed una più accentuata finalizzazione delle stesse a politiche e a progetti il più possibilmente integrati di intervento oltreché rispondere in misura più alta ai problemi socio-economici e territoriali, può consentire un dialogo ed un rapporto meno generico con il sistema della finanza locale e con quello delle imprese.
In tale direzione mentre da un lato si restituisce alla Regione un ruolo di governo complessivo, dall'altro sarà possibile sviluppare ulteriormente nei confronti dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane, le condizioni per la costruzione di un raccordo programmatico, un asse operativo del quale potrebbe consistere nella formazione di bilanci allargati degli investimenti per area comprensoriale. Si aprirebbe in tal modo un terreno di lavoro comune, atto a sperimentare forme più avanzate e generalizzate di investimento coordinato delle risorse, della Regione degli Enti locali e di Enti statali quali l'ENEL, la SIP, l'ANAS, il Magistrato per il Po e gli stessi ENI e SNAM per quanto previsto dalla convenzione con essi firmata due anni fa. Potrebbe diventare, questo, anche uno strumento finanziario attuativo dei piani socio-economici e territoriali di comprensorio che la Giunta sta fattivamente rilanciando come testimonia l'incremento dell'apposito stanziamento portato a 774 milioni con un aumento del 277 % rispetto al 1983, cui si accompagna l'incremento del 16,7 % dello stanziamento per programmi di ricerche per l'attuazione del piano di sviluppo regionale indicato in 4.298 milioni.
Contestualmente a ciò gli obiettivi concreti di impegno in materia di deleghe, che sono contenuti nel documento programmatico presentato dalla Giunta e posti a bilancio per memoria, in modo che possano essere definiti e quantizzati nel primo assestamento, conferiscono all'insieme delle problematiche connesse ai rapporti con gli Enti locali il respiro politico e culturale di un'azione non contingente, di ampio rinnovamento istituzionale. In proposito potrà essere di notevole contributo anche l'attuazione degli obiettivi di lavoro che il documento votato dal Consiglio regionale, al termine del dibattito sulle autonomie svoltosi all'inizio dell'estate, demandava all'Ufficio di Presidenza oltreché alla Giunta.
Sul versante del sistema delle imprese, l'azione per ridurre la rigidità della spesa regionale e per conseguire una sua più accentuata finalizzazione progettuale, può costituire l'occasione per una ricerca di terreni di impegno e di forme e strumenti anche diversi dagli attuali, atti a massimizzare gli effetti sui fattori produttivi dell'intervento regionale, anche mediante la creazione di nuove occasioni di collaborazione, sia progettuale che di investimento, tra il momento pubblico ed il momento privato.
Sarebbe riduttivo considerare questa esigenza come semplice conseguenza del ridursi delle risorse di libera disponibilità della Regione. Anche se così fosse sarebbe comunque giustificato ogni sforzo volto ad accrescere l'efficacia delle scelte di investimento regionale e ad incrementarne i possibili effetti moltiplicatori. Ma in realtà i motivi che spingono in questa direzione sono molto più profondi ed attengono alle scelte necessarie per superare la crisi che attanaglia con particolare durezza il Piemonte, agli obiettivi prioritari da darsi, alle forze che possono essere poste in campo ed alla natura stessa del ruolo che in questo frangente è chiamata a svolgere la Regione. Se deve trattarsi, cioè, di un ruolo di puro ausilio dei processi spontanei, attraverso politiche che non tendano ad intervenire sulle strutture, ma si risolvano in interventi di sostegno e di ammortamento degli effetti sociali ed occupazionali della crisi; o se invece, il ruolo regionale debba esprimersi ponendo anzitutto attenzione alle ragioni strutturali della crisi, per cercare di intervenire su di esse, non solo operando sul versante della distribuzione ed allocazione di risorse, ma in qualche misura anche sui meccanismi di formazione delle stesse. In questo modo rilanciando gli obiettivi di una programmazione fortemente progettuale, partecipata e contrattata; respingendo, anche sul terreno di questo impegno, le spinte ad una progressiva decadenza del disegno regionalistico e ponendo le basi per organizzare attorno alla Regione un insieme di atti, di comportamenti e di scelte coordinate, dei soggetti pubblici e privati operanti nella comunità regionale.
Non si tratta di un'orgogliosa forzatura, ma di un'esigenza oggettiva che è proposta dall'evolversi e per vari versi dall'involversi dei problemi connessi alla crisi.
In queste settimane si sta assistendo a qualche limitato segno di ripresa congiunturale, soprattutto in termini di esportazioni, ma non pu non colpire il fatto che dopo tre anni di ristagno produttivo e di grave caduta dell'occupazione - avutasi soprattutto nell'area metropolitana e nel Verbano, ma anche nella maggior parte delle sub-aree regionali - cui si è accompagnata anche una riduzione del salario di fatto nei principali comparti industriali, l'inflazione rimanga molto alta e si appesantisca la sua base strutturale. Allo stesso modo non possono non colpire i sintomi di un accresciuto distacco tra la crescita delle rendite finanziarie e gli spazi di crescita delle forze produttive. Emblematico, anche se non è il solo dato indicativo in proposito, è il pesante divario tra depositi bancari e reimpieghi, che in alcune zone, quali il Cuneese ed il Vercellese, ha raggiunto livelli record.
Discutendo in quest'aula dei piani Fiat, Pininfarina, Miroglio ed altri, si è venuti a contatto con realtà che mostrano come all'interno della crisi si muovano anche sforzi di innovazione tecnologica e di innalzamento della produttività, che danno un quadro di trasformazioni senza precedenti, cui conseguono, peraltro, effetti sconvolgenti sull'occupazione, sull'organizzazione del lavoro e sulla scala tradizionale dei valori professionali.
Ma, pur ponendo attenzione a tali trasformazioni, credo non si possa sfuggire all'impressione che, nel loro insieme, esse si collochino al di sotto del livello in cui si muovono le economie più avanzate e che anche le punte più avanzate, rappresentate da iniziative quali quella recente della Olivetti, non possano mascherare il fatto che il complesso dell'apparato produttivo regionale rimanga, comunque, subalterno ai più generali processi in atto, di polarizzazione in altri Paesi, soprattutto extra europei, del controllo e dell'uso della rivoluzione tecnica e scientifica. Processi che sono resi ancor più gravidi di conseguenze dalla crisi e dall'impotenza di fondo manifestata dalla CEE, particolarmente in materia di politica industriale, oltreché agricola e rispetto ai quali, sia detto per inciso appaiono del tutto piccini ed incongrui gli ostinati e ricorrenti assalti di una parte dell'imprenditoria privata contro il costo del lavoro e la scala mobile.
In queste condizioni, in cui raccogliere la sfida alla trasformazione ed all'innovazione rappresenta il terreno principale per riavviare una politica di sviluppo, appare quanto mai appropriata la priorità di intervento che il bilancio di previsione e il documento programmatico della Giunta individuano nella politica industriale, artigianale e del lavoro.
Priorità che si esprime particolarmente nel potenziamento degli interventi a favore delle imprese, in relazione alle esigenze di ristrutturazione e di riconversione, di diffusione delle innovazioni tecnologiche e di agevolazione dei processi di rilocalizzazione industriale; nel potenziamento dell'intervento, attraverso servizi di assistenza e di consulenza, a favore dei Consorzi tra piccole e medie imprese; nello svolgimento di un'azione di supporto alla promozione ed al sostegno delle imprese sui mercati internazionali e nella promozione di nuovi strumenti conoscitivi e d'intervento nel settore del mercato e della formazione professionale.
Nell'ambito di queste scelte, gli stanziamenti di bilancio, per quanto riguarda il programma di sviluppo industriale, prevedono stanziamenti per 1.500 milioni, con una riduzione del 25 % rispetto all'esercizio 1983, a favore delle spese per le opere di urbanizzazione primaria di aree destinate ad insediamenti industriali ed artigianali (1 miliardo) e per la realizzazione di infrastrutture finalizzate alla razionalizzazione di zone industriali già esistenti (500 milioni). Questi interventi infrastrutturali sul territorio appaiono significativi, specie nell'attuale momento congiunturale, in quanto tendono a portare un contributo alla soluzione del problema occupazionale, ed insieme ad alleviare le carenze infrastrutturali, che finora hanno penalizzato l'apparato produttivo in Piemonte. E' necessario però tener presente che per attivare tali interventi alla disponibilità delle risorse deve accompagnarsi l'esistenza di determinate condizioni urbanistiche ed amministrative,, che consentano di dare corso all'investimento.
Relativamente al programma lavoro gli stanziamenti sono aumentati del 15,1 %, passando a 190 milioni, di cui 100 milioni per le spese relative all'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro. Il programma di sviluppo e di qualificazione del settore artigianato vede aumentata la propria disponibilità di risorse, rispetto all'esercizio 1983, del 23,2 %, grazie soprattutto allo stanziamento di 1 miliardo per contributi in conto interessi, relativi all'ammodernamento ed al miglioramento della produttività delle imprese artigiane e ad un maggiore stanziamento di 1.250 milioni per contributi in capitale, per la costituzione di aree attrezzate per insediamenti artigiani.
E' emerso dalla consultazione che la I Commissione ha effettuato con le categorie imprenditoriali, in particolare con la Federpiemonte, un certo squilibrio tra lo stanziamento di 1.500 milioni per le aree industriali attrezzate e lo stanziamento di 3.500 milioni per la realizzazione di, aree attrezzate per insediamenti artigiani. Di un'altra esigenza si sono fatti poi portavoce i rappresentanti delle categorie imprenditoriali e cioè quella di una gestione congiunta dei due fondi, che consentirebbe, da un lato, la disponibilità di un volume sostanzioso di risorse da impegnare di volta in volta, allorché gli interventi pervengono ad una condizione di rapida ed efficace spendibilità delle somme stanziate e, dall'altro, di pervenire ad una unificazione delle normative relative alle due leggi quadro.
Le risorse disponibili per il programma d'intervento per la formazione professionale sono aumentate di 4.269 milioni, pari al 9,2 % . Elementi di segno opposto concorrono a questo risultato e tra questi i principali sono: un incremento del contributo regionale, per l'acquisto e la manutenzione straordinaria di attrezzature, per 1.200 milioni; un incremento di 21.800 milioni circa del contributo regionale per l'organizzazione ed il funzionamento dei corsi di formazione e addestramento professionale ; si è ridotto invece il contributo CEE per lo svolgimento di attività di formazione professionale, di ben 7 miliardi rispetto al 1983 ed è stato iscritto per memoria il fondo di rotazione istituito ai sensi della legge 845/78, che nell'esercizio 1983 ammontava a 3.500 milioni; aumentato di 1.400 milioni è invece il contributo regionale per l'attività nel campo dell'orientamento e dell'addestramento professionale dei mutilati od invalidi civili.
Complessivamente il settore della formazione professionale potrà contare, inclusi i 20 miliardi circa che dovranno venire dalla CEE, su un complesso di risorse pari a 75 miliardi. Il che testimonia il crescente impegno in questa direzione. Impegno che è coerente con l'apporto che da questo settore deve venire sia alle politiche dell'innovazione che a quelle del lavoro, anche attraverso un ripensamento, circa l'impiego di parte delle risorse del settore, in direzione di una crescita del secondo livello formativo, così come indicato nel programma di interventi che la Giunta ha allegato al bilancio.
Verificando altresì la possibilità inoltre di dare seguito operativo all'ipotesi, avanzata dalla Giunta nel recente dibattito svoltosi in quest'aula sull'artigianato, di sperimentare altre forme innovative, quali il sostegno a programmi di informazione in concorso con le botteghe artigiane.
Avrò modo di richiamare più avanti, entrando nello specifico delle aree di intervento, gli altri programmi che concretizzano le interdipendenze della priorità che il bilancio attribuisce ai problemi dell'apparato produttivo. Mi pare, però, che già gli elementi sin qui citati rendono possibile rilevare che il bilancio di previsione e il documento programmatico della Giunta configurano un impegno che contrasta l'ipotesi perseguita da taluno e paventata dai rappresentanti delle piccole industrie durante le recenti consultazioni, di un concentrarsi nelle grandi aziende dei benefici pubblici di sostegno ai programmi di ristrutturazione e di innovazione, lungo una linea che punti su segmenti ristretti del settore industriale con elevata capacità competitiva sul mercato mondiale tagliando o progressivamente emarginando il resto. Il risultato alla lunga finirebbe per penalizzare gli stessi segmenti ad altra produttività, che si troverebbero ad operare all'interno di una struttura economica che manterrebbe un basso tasso di accumulazione e di produttività complessiva incapace quindi di riprodursi adeguatamente e fatalmente destinata a regredire. E ciò quando invece, come emerso dallo stesso recente convegno di studi, svoltosi presso l'Associazione degli Industriali di Torino proprio il progresso tecnologico consente ormai anche a piccole imprese pur prive di legami con la ricerca di base e con grandi gruppi industriali di stare efficacemente sul mercato e di entrare in campi fortemente remunerativi perché caratterizzati da tassi di innovazione molto elevata.
L'esigenza che viene raccolta dal bilancio ed è contenuta nel progetto di legge della Giunta attuativo della legge nazionale n. 240, è dunque di operare affinché l'innovazione diventi una componente diffusa dell'apparato produttivo industriale, come pure dell'agricoltura, del terziario e della pubblica amministrazione. Aprendo in tal modo spazi concreti ad una politica di reindustrializzazione e possibilità di intervento imprenditoriale e cooperativo in nuovi comparti produttivi; cogliendo nel contempo tutte le possibili interdipendenze, incluse quelle riguardanti la qualità della vita e dell'ambiente, l'organizzazione delle città e del territorio, l'efficienza della pubblica amministrazione, nonché i grandi campi dell'informatizzazione, della produzione di nuove conoscenze e di nuove capacità professionali.
E' questa l'unica strada che consenta di riconnettere sviluppo ed occupazione e di uscire dalla morsa rappresentata, da un lato, dal declino storico di alcuni settori ad alta intensità di lavoro e, dall'altro, dalla crescente disoccupazione di origine tecnologica, rispetto alla quale le tradizionali terapie anti-disoccupazione risultano impotenti. Come pure è l'unica o quanto meno la principale possibilità a nostra disposizione per evitare che ai vecchi squilibri Nord-Sud e tra aree a sviluppo diseguale interne al Piemonte se ne aggiungano di nuovi. Ossia che a fronte di una parte dell'apparato produttivo in grado di attrezzarsi a competere con i sistemi esterni più avanzati, magari integrandosi in essi ed accettando di diventare la parte terminale di cicli industriali a dominanza estera, altre parti decadano ulteriormente, andando ad accrescere le parti di economia assistita e le aree territoriali con più ampie fasce di popolazione emarginata ed inoccupata.
Certo che se si commisurano questi problemi e queste esigenze con il volume di risorse libere a disposizione della nostra Regione il divario con le possibilità reali di intervento appare addirittura drammatico. Ciò non di meno le limitate possibilità di operare una scelta di priorità a tale riguardo sono nel bilancio sfruttate per intero e, per le parti non ancora quantizzabili, vale quanto contenuto nel documento programmatico, posto a base del lavoro per la formazione definitiva da parte della Giunta della proposta di secondo piano regionale di sviluppo e del corrispondente bilancio pluriennale, oggi forzatamente limitato alle indicazioni del bilancio annuale di previsione 1984.
In tema di incentivazione e diffusione dell'innovazione, oltre al disegno di legge prima ricordato, il cui iter di approvazione in I Commissione potrà concludersi appena si saranno potute esaminare le proposte di modifica proposte dalle organizzazioni imprenditoriali dell'industria e dell'artigianato, credo meritino attenzione le proposte di intervento presentate dalla Finpiemonte nel corso delle consultazioni. In particolare, lo studio-progetto di utilizzo della domanda pubblica in campo sanitario per interventi diretti non soltanto a stimolare l'innovazione, ma anche a promuovere nuove attività produttive e dunque nuova occupazione in una branca di mercato nella quale siamo in massima parte dipendenti dall'estero. Ma anche le proposte volte alla creazione di specifici strumenti organizzativi e finanziari, atti a massimizzare gli interventi che la 240 rende possibili in un campo quale quello del trasferimento delle tecnologie, in cui appare particolarmente utile la creazione di un'interfaccia tra istituzioni e soggetti economici, al fine di dar vita ad iniziative concrete quali: progetti pilota; forme integrate di sperimentazione in un de terminato settore; interessamento ed aggregazione di Istituti di credito per assicurare il necessario sostegno finanziario alle nuove iniziative. Di queste proposte varrà la pena credo tener conto nella predisposizione dei progetti sui quali richiedere i finanziamenti FIO 1984.
Mi sono a lungo soffermato sugli interventi nel campo dell'innovazione non soltanto per la rilevanza specifica che essi hanno ai fini del destino dell'apparato produttivo, ma anche per gli effetti che possono aversi nel campo del tanto discusso terziario avanzato.
In proposito dopo le discussioni avutesi anche in quest'aula credo si possa convenire che non esiste contraddizione tra sviluppo tecnologico industriale ed espansione armonica del terziario. Anzi ci possono essere positivi effetti sinergici. E se è vero che, diversamente che per i settori industriali classici, per il terziario non è pensabile programmare meccanicamente la nascita di attività ex novo, è altrettanto vero che uno dei modi più efficaci di promozione indiretta di tali attività è rappresentato dalla diffusione delle nuove tecnologie di know-how e delle procedure informatiche nei comparti industriali. Ciò anche in ragione della caratteristica delle nuove tecnologie, che è quella della sempre maggiore vicinanza tra prodotti e servizi. Basti pensare all'introduzione di macchine elettroniche e di procedure informatiche ed alla conseguente necessità di formazione ed aggiornamento degli operatori.
Vanno in questa direzione anche gli impegni contenuti a bilancio elevandone lo stanziamento ad oltre 12 miliardi, per lo sviluppo dell'attività del CSI, nel campo della predisposizione di programmi e procedure per l'elaborazione di dati al servizio della pubblica amministrazione nonché, ritengo, per la creazione di un vero e proprio sistema informatico regionale articolato sul territorio. In proposito, nel corso delle consultazioni, si è convenuto su richiesta del CSI di programmare per il prossimo gennaio uno o più incontri, finalizzati alla presentazione dell'attività sin qui organizzata in un settore fondamentale dell'innovazione della pubblica amministrazione e per discutere i possibili contenuti dei caratteri di un possibile progetto di sistema informativo regionale.
Venendo ora alle altre parti del bilancio di previsione.
Nell'area di attività, all'aumento delle spese del personale del 25,5 circa, in conseguenza dell'applicazione, dall'1/1/1984, del secondo acconto dell'aumento previsto dal contratto nazionale di lavoro per i dipendenti regionali, fa riscontro un incremento del 7,4 %, quindi inferiore al tasso programmato d'inflazione, delle spese per l'acquisto di beni e servizi ragione degli sforzi di contenimento intrapresi dalla Giunta e dal suo Presidente. Relativamente agli enti strumentali: IRES, ESAP e Consorzio di Calcolo, i contributi regionali nelle spese di funzionamento sono ridotte del 43 % circa, mentre relativamente all'ESAP il contributo per la realizzazione degli interventi è ridotto del 75 %. Nei confronti dei Comprensori la spesa complessiva per il loro funzionamento è stata ridotta del 28,9 %, mentre per le Comunità montane il fondo statale ha subito un incremento, portandosi al 95 % circa del finanziamento complessivo del passato esercizio, mentre continua ad essere erogato il contributo regionale di 1.300 milioni da destinare alle spese di funzionamento inteso in senso lato e quindi anche e soprattutto agli investimenti.
Nel settore dell'agricoltura, facendo riferimento alla programmazione agricola zonale, quale strumento per la realizzazione delle principali iniziative tendenti a mantenere i livelli occupazionali e ad ottenere un salto qualitativo della produzione nelle zone agrarie più sfavorite ed arretrate, vengono indicate precise priorità che si riflettono negli stanziamenti di spesa del settore. Stanziamenti che, peraltro, debbono fare i conti con i già richiamati tagli nei trasferimenti statali.
Il programma di ammodernamento delle aziende agricole presenta una riduzione del 10,8 % rispetto all'esercizio 1983, realizzato per attraverso il risparmio di spese di natura corrente.
Il programma zootecnia perde una disponibilità di risorse, rispetto al 1983, pari al 5,2 %, recuperate anche in questo caso non finanziando alcune spese di natura corrente. Anche il programma per il potenziamento delle colture pregiate perde una disponibilità di risorse, rispetto al 1983, pari al 17 % circa, essendo stato anch'esso depurato di alcuni contributi di natura corrente.
La spesa per il programma forestazione è stata diminuita del 6,7 rispetto al 1983, per un ammontare di 700 milioni circa; tra le variazioni più importanti quella di 1.500 milioni di contributi, sottratti alle Comunità montane, per la realizzazione del programma speciale forestale Piemonte.
Il settore della forestazione è però interessato ad un progetto d'intervento sul demanio regionale, per il quale è stato concesso un finanziamento FIO, di cui al momento però non si conosce ancora l'ammontare. Una riduzione del 33 % circa riguarda pure il programmi per la bonifica, l'irrigazione e le infrastrutture, riduzione alla quale concorre principalmente l'iscrizione per memoria del capitolo relativo ai contributi per la realizzazione di opere irrigue, che nel 1983 aveva uno stanziamento di 6.243 milioni; in ogni caso l'irrigazione rientra molto probabilmente nelle scelte prioritarie del piano di sviluppo che prevede l'attuazione di interventi molto importanti.
Relativamente al programma per il riordino fondiario e per la valorizzazione delle zone collinari e montane è prevista una minore disponibilità di risorse nella misura del 16 % circa, a formare la quale concorre, in via principale, l'iscrizione per memoria del capitolo relativo all'indennità compensativa prevista dalla legge 352/76, in attuazione alle direttive CEE sull'agricoltura di montagna e di altre zone svantaggiate capitolo che nel 1983 aveva uno stanziamento di 3.716 milioni. Il programma di assistenza tecnica di sostegno e di sviluppo delle 'aziende e delle cooperative agricole perde rispetto al 1983 in valore assoluto 11.843 milioni ed in percentuale il 17,6 % della disponibilità di risorse, la maggior parte delle quali non aventi natura di spesa per investimenti, ma corrente.
Da rilevare inoltre che l'ammontare dei residui passivi presunti, che raggiungono i 61.278 miliardi, pari al 30,4 % del finanziamento di competenza, si sono ridotti rispetto ai 68 miliardi che risultavano a consuntivo 1982: ma un raffronto più preciso potrà essere fatto soltanto in sede di consuntivo 1983. Per il programma per la distribuzione commerciale è stata accresciuta la disponibilità di risorse dell'8,4 Nel programma per la promozione commerciale fieristica, le cui risorse disponibili sono aumentate del 10 %, è stato incrementato di 100 milioni lo stanziamento relativo ai contributi per le manifestazioni fieristiche locali, provinciali, interprovinciali, nazionali nonché per le manifestazioni internazionali.
Passando al programma per i trasporti e le comunicazioni, merita di soffermare l'attenzione sul progetto autobus, le cui previsioni di spesa passano dai 9.647 milioni dell'esercizio 1983 ai 41.797 milioni del 1984 con un incremento del 333,3 % soprattutto a causa dell'assegnazione, da parte dello Stato, di una quota di 38.555 milioni sul fondo per i trasporti istituito con legge 151/81, destinata al rinnovo ed al potenziamento del materiale rotabile. Nel 1983 lo stanziamento era soltanto di 7.103 milioni ed il massiccio incremento avutosi consentirà oltreché il miglioramento delle strutture di trasporto pubblico regionale; anche un aumento dell'efficienza dei servizi.
Circa il progetto per la realizzazione di infrastrutture per il trattamento delle merci e per l'interscambio tra sistemi di trasporto, la disponibilità di risorse rimane inalterata rispetto all'esercizio 1983, ma è stato iscritto un capitolo per contributi in capitale di un miliardo mentre il capitolo per contributi negli interessi, il cui stanziamento nel 1983 era di un miliardo, è stato ora iscritto per memoria. Il finanziamento sia pure limitato, specie se confrontato con la complessità e la costosità degli interventi, dovrebbe produrre effetti positivi per tutto il sistema economico regionale.
Inalterati nella disponibilità di risorse risultano: il progetto Valle Susa, il progetto per la formazione dei piani comprensoriali di trasporto il progetto per lo sgombero della neve.
Il progetto Lago Maggiore viene invece incrementato di 3.160 milioni utilizzando la disponibilità di un fondo statale degli anni precedenti, che viene reimpostato nella competenza dell'esercizio 1984. Per le altre spese da sostenere nel settore dei trasporti pubblici, la disponibilità di risorse è aumentata di 30.898 milioni circa, pari al 14,5 %, soprattutto per un maggior stanziamento di 35 miliardi, rispetto all'esercizio 1983 relativo al fondo per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubblico di persone, istituito sempre con la legge n. 151/81.
Per il settore della viabilità, la maggior disponibilità di risorse ammonta a 12.667 milioni, pari all'81,5 %, rispetto all'esercizio 1983 essa è dovuta principalmente ad un maggior stanziamento di 3.600 milioni per contributi in capitale ai Comuni, loro Consorzi e Comunità montane nella spesa per la costruzione, il completamento e la sistemazione di strade comunali; ad uno stanziamento di 1.688 milioni per contributi costanti trentacinquennali, agli stessi soggetti e per le stesse finalità ad uno stanziamento di 10 miliardi per interventi in conto capitale nel settore della viabilità statale che riveste rilevante interesse regionale.
Si tratta di una prima quota dell'intervento triennale previsto dalla convenzione Regione-ANAS, che prevede la realizzazione di opere prioritarie per un importo di 170 miliardi, di cui a carico della Regione è la quota di 65 miliardi, pari al 38,24 % e a carico dell'ANAS la rimanente quota di 105 miliardi.
Passando all'area d'intervento gestione ed assetto del territorio il programma per la promozione della pianificazione territoriale ha incrementato di oltre dieci volte la disponibilità di risorse rispetto all'esercizio 1983, in quanto sono stati stanziati 600 milioni per il completamento dei piani territoriali comprensoriali, è stato incrementato lo stanziamento per le spese di funzionamento del servizio geologico ed è stato istituito un nuovo capitolo per 840 milioni relativo all'acquisto di attrezzature per il servizio geologico.
La disponibilità di risorse per il programma di promozione degli strumenti urbanistici si è incrementato del 43,5 %, soprattutto perché è stato portato da 94 a 300 milioni lo stanziamento relativo ai contributi ai Comuni per la formazione degli strumenti urbanistici.
In materia di costruzione, ampliamento di acquedotti, fognature e sedi municipali, la disponibilità di risorse si è incrementata di appena 809 milioni, pari al 3,15%.
Nell'importante campo dell'energia a bilancio è posto l'impegno finanziario che proverrà dalla firma e poi dall'applicazione della convenzione con l'Università ed il Politecnico, tuttora in via di definizione. Essa consentirà di far fronte adeguatamente agli impegni assunti per il coordinamento delle procedure di partecipazione degli Enti locali e per la vigilanza sul processo di qualificazione del sito idoneo all' insediamento della centrale elettronucleare, secondo le procedure di cui all'art. 4 della legge 333/75.
L'avvenuto incremento dei fondi per la pianificazione territoriale ritengo potrà anche consentire di attivare rapidamente stralci di piano sulle aree interessate dei Comprensori di Vercelli, Casale ed Alessandria in ordine ai problemi di natura socio-economica conseguenti al passibile insediamento. Ciò è tanto più indispensabile poiché, qualora le indagini che sta svolgendo l'ENEL concludessero che i due siti presentano condizioni geo-morfologiche, di ambiente e di sicurezza pressoché analoghi finirebbero per avere rilevanza di scelta le convenienze e i parametri socio-economici. In parte ciò sta già avvenendo da parte di talune forze locali, per cui occorre che anche su tale terreno si giunga preparati alle scelte finali.
Sempre in materia energetica a bilancio sono posti i 3.693 milioni per interventi nel settore agricolo assegnati alla nostra Regione sui fondi di cui all'art. 12 della legge 308. Non sono invece iscritti gli 83.080 milioni, di cui agli artt. 6 e 8 della stessa legge, per interventi nel settore edilizio e di risparmio di energia di processo, nell'industria e nell'agricoltura.
Per tali fondi il CIPI ha già fatto la delibera di assegnazione, mentre manca ancora il decreto, rinviato dalla Corte dei Conti a causa di errori tecnici del testo. Il nuovo testo dovrebbe però essere pronto a giorni e i finanziamenti assegnatici potranno essere recepiti attraverso semplici deliberazioni di Giunta.
Nel corso delle consultazioni i rappresentanti delle associazioni di categoria degli imprenditori industriali ed edili hanno informato di essere pronti con i progetti, sollecitando la predisposizione degli strumenti operativi necessari ad attivare la legge nazionale, la Giunta mi risulta abbia licenziato un progetto di legge, di per sé non obbligatorio, ai fini di dare applicazione alla legge 308, ma certamente opportuno al fine di dotarci di una legge quadro di programmazione in un campo tanto importante.
Mi domando però se non sia opportuno, ai fini di uno snellimento dell'iter attuativo della citata legge, procedere facendo sì che nel mentre il progetto di legge affronta l'esame in Commissione ed in Consiglio, si proceda alla formazione di delibere attuative così come già sperimentato da Regioni quali la Lombardia e l'Emilia. Delibere che dettino le procedure per l'erogazione dei finanziamenti, le priorità regionali e la modulistica e i criteri per la valutazione delle domande, consentendo così di abbreviare i tempi di attivazione degli oltre 300 miliardi di investimento mobilitabili attraverso l'impiego dei contributi previsti e tramite l'eventuale convenzione della Regione, con gli Istituti di credito che la legge contempla. Questa esigenza ed il recepimento dei finanziamenti della 308 potrebbero anche essere oggetto quindi di un'unica deliberazione.
Sempre a livello di politica di bilancio in campo energetico sarà anche utile seguire i tempi di attuazione del preannunciato riavvio della centrale elettronucleare E. Fermi di Trino, in ragione della riscossione del previsto contributo di L. 0,50 per ogni kw/ora prodotto, che pu portare nelle casse della Regione mezzo miliardo l'anno, per interventi sociali ed infrastrutturali sul territorio.
Relativamente al programma per l'edilizia residenziale pubblica, il progetto per l'edilizia sovvenzionata presenta un incremento della disponibilità di risorse di 11.141 milioni, pari al 26 % circa, anche se si è verificato uno slittamento ad esercizi successivi, da parte dello Stato, dei fondi provenienti dalla legge n. 94/82; si hanno invece reimpostazioni, per 28 miliardi circa, di fondi statali provenienti dalla legge 457/78 e per 25 miliardi provenienti dai contributi della legge 94/82 relativi al biennio 1982/1983.
Il progetto per l'edilizia residenziale agevolata dispone invece di una massa di risorse aumentata di 42.519 milioni pari all'85,8 %, in forza essenzialmente dell'assegnazione, da parte dello Stato, dei fondi per contributi negli interessi relativi ai bienni 1978/1979-1980/1981-1982/1983 per complessivi 61 miliardi, contro un ammontare degli stessi stanziamenti nell'esercizio 1983 di 20.235 milioni. Concorrono, inoltre, uno stanziamento di 2.300 milioni per contributi in annualità per cooperative edilizie a proprietà indivisa ed un maggior stanziamento di 1 miliardo circa per l'erogazione di fondi, relativi al biennio 1980/1981, per la concessione di contributi negli interessi, provenienti dalla legge n.
25/80.
Il programma per l'edilizia scolastica vede ridurre le proprie disponibilità di risorse per 1.335 milioni, pari al 14,4 %, a seguito dell'iscrizione per memoria dei fondi provenienti dalla legge 843/78 e di un maggior stanziamento di 800 milioni di contributi regionali.
Per il programma di interventi per i parchi e le riserve naturali è prevista una maggiore spesa rispetto all'esercizio 1983 pari al 26,7 %.
Relativamente al programma per lo sviluppo del turismo si rileva una minore disponibilità di risorse pari al 12,6 %, alla quale concorrono, con segno diverso, i fondi provenienti da diverse leggi regionali. Anzitutto si ha un risparmio di risorse per spese di natura corrente di 1.200 milioni circa. Concorrono inoltre: l'iscrizione per memoria di una serie di stanziamenti relativi a capitoli per la concessione di contributi in conto capitale, erogati ai sensi della legge regionale 56/79, che nell'esercizio 1983 ammontavano complessivamente a 1.165 milioni; maggiori stanziamenti per contributi costanti per 300 milioni circa, erogati in forza dalla stessa legge; ed infine un minore stanziamento di annualità, corrispondenti a contributi costanti di durata pluriennale, per 827 milioni.
Nella legge regionale n. 28/81 si ha un aumento di disponibilità di risorse, attraverso maggiori stanziamenti per contributi in capitale per 660 milioni e maggiori stanziamenti per contributi costanti della durata non superiore a quindici anni, per 875 milioni.
In materia di interventi per lo sviluppo dello sport, la Regione ha destinato una maggiore quantità di risorse per 2.450 milioni, pari al 196 . L'incremento riguarda per 1.800 milioni i contributi ai Comuni, ai Consorzi di Enti locali ed alle Comunità montane per il completamento ed il recupero di impianti sportivi sottoutilizzati o in disuso e per 700 milioni i contributi agli stessi soggetti per l'allestimento di aree per il tempo libero.
Quasi inalterato nella disponibilità delle risorse da spendere risulta il programma di interventi per la caccia e la pesca.
Relativamente al programma per la sistemazione idrogeologica le risorse disponibili sono aumentate di 5.546 milioni, pari al 124,5 %; la motivazione principale è il maggiore stanziamento di fondi regionali ai sensi della legge 54/75 per 4.500 milioni e la reimpostazione di fondi statali provenienti dalla legge n. 53/82 per 2.500 milioni, mentre risultano iscritti per memoria i fondi statali in materia provenienti dalla legge 162/82.
Prendendo in considerazione il programma per la protezione ed il risanamento delle acque non si può fare a meno di rilevare la perdita della disponibilità di risorse per 12.422 milioni, pari al 20,5 % circa dello stanziamento dell'esercizio 1983. Anche in questo caso concorrono diversi elementi in quanto diverse sono le leggi statali e regionali che regolano la materia; tra le prime si rileva anzitutto la mancanza dei fondi provenienti dalla legge 650/79 che non è più stata rifinanziata, fondi che nell'esercizio 1983 ammontavano a 16.342 milioni. Sono stati invece iscritti 39.800 milioni di fondi statali provenienti dalla legge 526/82 destinati al risanamento delle acque nell'area metropolitana torinese e del bacino della Valle Scrivia; questo stanziamento nell'esercizio 1983 ammontava a 25 miliardi.
Per quanto riguarda le leggi regionali sono stati iscritti per memoria gli stanziamenti per contributi alle imprese industriali ed alle imprese agricole, per l'ammodernamento degli impianti atti alla tutela delle acque che nell'esercizio 1983 ammontavano rispettivamente a 4.575 milioni e 4.842 milioni. Manca pure lo stanziamento per contributi in capitale a favore di Consorzi e di altri Enti locali per la costruzione di collettori e di impianti di depurazione, erogati ai sensi della legge regionale 22/79, che nel 1983 ammontava a 4 miliardi; ai sensi della stessa legge sono stati iscritti stanziamenti per contributi in annualità per 1.787 milioni circa a favore degli stessi soggetti e per gli stessi scopi.
Il programma per lo smaltimento dei rifiuti solidi deve anch'esso ridurre le proprie spese in ragione di una diminuzione della disponibilità di risorse pari al 39,7 % rispetto al 1983.
La causa principale è la diminuzione dei contributi in capitale erogati ai sensi della legge regionale n. 46/75, da 4.500 milioni a 300 milioni; a parziale compenso sono stati iscritti stanziamenti per contributi in interesse per la realizzazione di impianti di trattamento dei rifiuti solidi per un ammontare complessivo di 2.200 milioni. Infine la legge regionale 28/79 eroga, per il 1984, tra contributi in capitale e spese di natura corrente, una minore somma per 300 milioni.
Per il pronto intervento infine è prevista una minore disponibilità di risorse per 1.400 milioni circa, pari al 4,5 %. Alla sua determinazione concorrono diversi elementi di segno opposto, tra i principali dei quali un minore stanziamento di 1 miliardo per interventi urgenti a tutela dell'incolumità pubblica, attuati ai sensi della legge regionale n. 79/79 la mancanza dello stanziamento di 200 milioni per la partecipazione a fondi, operanti a favore di aziende danneggiate da calamità naturali; un maggiore stanziamento di 767 milioni per contributi in annualità, erogati ai sensi della legge 38/78; un maggiore stanziamento di 430 milioni circa per annualità di spesa, da erogare sempre in forza della stessa legge.
L'esame dell'area di intervento servizi sanitari e sociali ed in particolare del programma di interventi per la riorganizzazione dei servizi socio-sanitari di base pone in rilievo come le risorse da destinare al progetto per la tutela materna infantile siano diminuite di 15 miliardi circa, pari al 59 % . A ciò contribuiscono l'iscrizione per memoria dei fondi statali, a Comuni e Province, per lo svolgimento delle funzioni già esercitate dall'ONMI, che nel 1983 ammontavano a 5.294 milioni; un minore stanziamento, di fondi statali, provenienti dalla legge 891/77, per contributi per la gestione, il funzionamento e la manutenzione di asili nido; un nuovo stanziamento di 150 milioni per contributi a favore degli Istituti di patronato e di assistenza sociale, ai sensi della legge regionale 1/76.
Il progetto per gli anziani si incrementa di 170 milioni circa pari al 22,6 % rispetto all'esercizio 1983. Relativamente alle altre spese del programma, si riscontra una perdita di disponibilità di risorse per 26.992 milioni pari al 42,7 %.
La maggiore riduzione riguarda i fondi per la gestione dei servizi socio-assistenziali, che tra fondi statali e quelli regionali ammonta complessivamente a 16.317 milioni.
Altra riduzione è determinata dall'iscrizione per memoria dello stanziamento per indennità per l'abbattimento degli animali che nel 1983 era di 1.400 milioni; lo stesso dicasi relativamente all'indennità per l'abbattimento degli animali infetti da tubercolosi e brucellosi, che nel 1983 era di 6.716 milioni. Si tratta di fondi statali non quantificabili preventivamente e che verranno iscritti quando se ne conoscerà l'ammontare.
Sulla spesa sanitaria vera e propria, ossia sugli interventi per l'esercizio delle funzioni connesse all'attuazione del servizio sanitario nazionale si può dire poco, se non che l'adeguamento del fondo sanitario nazionale spese correnti ha incrementato le risorse a disposizione del settore per 424.897 milioni, pari al 18,4 % rispetto all'esercizio 1983 mancano tuttavia alcune parti importanti quali: la quota del fondo sanitario regionale di parte corrente, a destinazione vincolata per la formazione professionale, che nel 1983 ammontava a 20.380 milioni e la quota di riparto del fondo sanitario nazionale per le spese di investimento che nell'83 ammontavano a 60 miliardi; mancano inoltre una serie di stanziamenti, corrispondenti a quote di fondo sanitario vincolate a destinazioni varie che ammontano complessivamente a 26.464 milioni.
Lo stanziamento per interventi nel campo dell'assistenza sociale si sono ridotti da 3.812 milioni a 1.012 milioni e a ciò hanno contribuito sia la minore assegnazione per 1.500 milioni, da parte dello Stato, di fondi per contributi ad enti ed istituzioni di assistenza, sia la mancata assegnazione di 300 milioni da parte della CEE per un progetto di ricerca sulle nuove forme di povertà.
Per gli altri interventi nel settore sanitario le risorse disponibili si sono ridotte di 3 miliardi circa, pari al 24,8 %; di questi 1 miliardo è rappresentato dall'iscrizione per memoria dello stanziamento relativo alle spese di ristrutturazione del complesso edilizio di Pra Catinat e 400 milioni dall'iscrizione per memoria dello stanziamento per la costruzione l'ampliamento ed il completamento di opere sanitarie ospedaliere, ai sensi della legge regionale n. 28/75; altri 675 milioni derivano dalla mancata assegnazione dei fondi statali per il finanziamento di spese in conto capitale dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale e 941 milioni dalla mancata assegnazione dell'annualità di contributo in conto interessi nelle spese per il completamento degli ospedali civili e psichiatrici.
Nel settore della cultura le risorse da destinare alla realizzazione del museo di scienze naturali si riducono sensibilmente, passando da 6.253 milioni a 900 milioni, soprattutto a causa della mancata iscrizione del contributo regionale per l'allestimento e la ristrutturazione dei locali.
Nel 1983 è stato di 6 miliardi, 5.700 milioni dei quali però sono ancora conservati nella gestione dei residui passivi e non si prevede neppure di spenderli tutti entro l'anno. Rilevabile è l'incremento di 500 milioni del contributo regionale per l'acquisizione e la conservazione di attrezzature collezioni e singoli oggetti.
La disponibilità di risorse per le altre spese, riguardanti il programma per i beni e le attività culturali, si è incrementata per complessivi 2.200 milioni, pari al 18,25 %. Il contributo regionale al Teatro Stabile di Torino per attività ordinaria di produzione è stato incrementato e portato a 900 milioni, mentre il contributo allo stesso ente e ad altri per la realizzazione di iniziative di produzione teatrale e di particolare rilevanza regionale, per il livello culturale, artistico e professionale è passato da 1.400 milioni a 400 milioni.
L'iscrizione per memoria è avvenuta per il contributo ad Enti locali istituzioni o associazioni culturali per la realizzazione di iniziative culturali di rilievo regionale che nel 1983 ammontava a 1.300 milioni.
La stessa cosa è avvenuta per i contributi in conto capitale per interventi edilizi a favore di musei, biblioteche, centri culturali e dello spettacolo, che nel 1983 ammontavano a 1.200 milioni. A compenso di queste e di diverse altre riduzioni di stanziamento è stato istituito un nuovo capitolo con lo stanziamento di 5 miliardi per spese corrispondenti a proventi di cui alla legge 512/82 per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate dall'art. 1 della legge n.
1089/1939.
Per il programma che comprende altri interventi in campo culturale si ha una maggiore disponibilità di risorse per 5.214 milioni, pari al 13,2 cui concorre insieme ad altri elementi di segno opposto un incremento del 10 %, pari al tasso programmato di inflazione, del fondo per far fronte agli oneri derivanti dal trasferimento ai Comuni delle funzioni già esercitate dalle Regioni in materia di assistenza scolastica.
Con ciò avrei terminato di illustrare e di commentare il bilancio di previsione, la prima nota di variazione e gli allegati documenti programmatici della Giunta. Da quanto detto emergono, spero chiaramente, le ragioni per le quali la maggioranza della I Commissione ha licenziato tali documenti, raccomandandone l'approvazione da parte di questo Consiglio.
Nel concludere i propri lavori ieri mattina la I Commissione ha anche convenuto con la Giunta sull'opportunità di avere, nel corso del mese entrante, alcuni ulteriori incontri di lavoro. Sebbene, infatti, la prima nota di variazione contenga i trasferimenti da leggi statali pervenuti negli ultimi giorni, una parte di medesimi deve ancora essere comunicata.
Lo stesso dicasi per quanto concerne la formalizzazione dei finanziamenti dei progetti FIO accolti e per il già richiamato decreto di riparto dei fondi della legge 308. Per cui vi sarà probabilmente necessità di una seconda nota di variazione e, comunque, di una discussione in Commissione con la Giunta circa le prospettive della spesa sanitaria e dei possibili effetti sulla finanza regionale delle norme della legge finanziaria che sono state prima richiamate.
Analoga esigenza di avvio rapido di una discussione preliminare in Commissione a proposito dei criteri e degli indirizzi di lavoro per la predisposizione e la scelta dei progetti da proporre al finanziamento FIO per i quali vi sono ormai solo 80 giorni di tempo.
Contestualmente al varo del bilancio, dunque, sono state predisposte scadenze di lavoro atte a dare continuità e sviluppo ad una gestione finanziaria attenta all'incalzare dei problemi, nonché ad utilizzare tempestivamente tutti i margini di intervento che alla Regione si aprono.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Iniziamo la discussione sul bilancio di previsione 1984.
La parola al Consigliere Cadetto.



CARLETTO Mario

Vorrei chiedere alla cortesia della Presidenza dell'assemblea di chiamare gli Assessori che sono nel Palazzo, perché non credo sia giusto che il dibattito si faccia alla sola presenza, se pur autorevole, del Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

Invitiamo gli Assessori che sono nel Palazzo di portarsi in aula.



CARLETTO Mario

Come sarà per la Regione Piemonte il 1984? Mi pare sia questo l'interrogativo che sta di fronte a noi oggi e di fronte a questo interrogativo la Giunta e la maggioranza hanno dato una risposta con il bilancio presentato: l'occasione della sua discussione in aula è l'appuntamento classico, durante il quale le forze politiche danno le loro valutazioni ed esprimono i loro giudizi su questo atto importante della nostra istituzione.
Il Gruppo D.C. esprime un giudizio negativo sul bilancio presentato dalla Giunta per il 1984.
La situazione dell'economia italiana nel suo complesso è certamente pesante, in presenza di una recessione sempre più marcata e di un'inflazione ancora troppo elevata.
Lo sforzo compiuto dal Governo per ridurre il nostro tasso di inflazione si sta rivelando ininfluente nel rapporto con gli altri Paesi industrializzati, che nello stesso periodo hanno raggiunto risultati migliori.
Il differenziale si è così ulteriormente ampliato ed è di 8 punti nei confronti della media comunitaria e di 12 punti superiore addirittura nei confronti della Germania Federale.
Tra le cause principali, come è riconosciuto da tutte le parti politiche e sociali, vi è il deficit pubblico che supererà i 100 mila miliardi, che rappresenta quasi il 15 % del prodotto interno lordo.
Siamo in presenza di una crisi profonda del sistema industriale, che richiede una grande e profonda trasformazione, che pesa negativamente sul dato occupazionale ed il volume degli investimenti previsti non appare adeguato per controbilanciare il calo della domanda interna e sostituirsi ad essa nel sostegno dell'economia.
Appaiono quindi evidenti le difficoltà del bilancio regionale, che noi riconosciamo, inserito in una situazione nazionale così complessa e delicata.
Ma prima di passare alle valutazioni del nostro Gruppo nel merito vorrei fare alcune osservazioni di metodo.
Veniamo da un'esperienza, quella del bilancio 1983, che noi giudicammo negativamente per la totale assenza di consultazioni, promesse sull'assestamento e mai svolte.
Bene, il bilancio 1984 ha avuto le consultazioni, ma svolte in modo troppo affrettato, assolutamente inadeguate ad una reale volontà di partecipazione.
Basti pensare che i consultati non hanno potuto esaminare il bilancio pluriennale e il documento sugli "interventi operativi mirati al 1985" che in mancanza del piano di sviluppo assumono notevole importanza per capire le priorità individuate dalla Giunta nel bilancio 1984.
Appare sempre più evidente quindi, non solo a noi, che queste consultazioni si sono rivelate ancora una volta un rito.
Mi auguro non sia così ed attendiamo quindi di conoscere dalla Giunta quali delle numerose proposte, presentate dai consultati, saranno accolte nel bilancio regionale. Solo allora potremo dare un giudizio politico sulla serietà con la quale sono state svolte queste consultazioni; così come attendiamo di conoscere quali proposte fatte dalle opposizioni saranno accolte dal governo regionale.
Questi fatti, tuttavia, ci preoccupano non poco e non vorremmo che la partecipazione si limitasse ad essere una volontà espressa in tutte le occasioni, ma raramente realizzata.
La maggioranza ha voluto comunque, a tutti i costi, approvare in queste condizioni il bilancio 1984 entro dicembre, ed eccoci qui oggi, pronti a discuterlo ed a votarlo. Volevate approvarlo il 21 e 22 dicembre quando ci avete consegnato le variazioni il 23 dicembre e quando stamattina abbiamo dovuto partire in ritardo perché la relazione è arrivata pochi minuti fa.
Come è diversa, Presidente Viglione, la Giunta regionale che hai ripreso a guidare nel 1983 da quella che hai lasciato nel 1980, ahimè non per scelta tua.
Diversa sul piano delle alleanze di Governo, diversa in molti uomini ingigantita nelle strutture, sconvolta dalla crisi economica e sociale prostrata dagli scandali, ma soprattutto un'altra Regione nelle ambizioni che allora erano smisurate ed oggi sono appassite come le foglie nel tardo autunno.
Tu mi dirai, e con te la tua maggioranza, che in grande misura questo non dipende dalle scelte e dalle volontà regionali, ma che la scure del taglio alla spesa pubblica, quella che richiamavo prima, si è abbattuta anche sulla nostra Regione.
Questo è sicuramente vero e siamo pronti a sostenere questa politica anche a livello regionale, come facciamo a livello nazionale e come abbiamo sempre fatto negli Enti locali, convinti come siamo che è l'unica possibile per fare uscire il nostro Paese dalla crisi in cui si dibatte.
Ma proprio perché le risorse sono modeste ed occorre gestirle con grande oculatezza è indispensabile una programmazione seria per obiettivi tale da consentirci di destinare le poche risorse spendibili in settori chiave della politica regionale.
Quali sono i settori chiave? Dov'è la programmazione? Nulla di tutto questo è rilevabile dal bilancio 1984.
Come possiamo essere amministratori regionali credibili se la nostra immagine di programmatori regionali negli ultimi tre anni è stata: 1) la non realizzazione del piano di sviluppo regionale? 2) la presentazione dei surrogati: 84 progetti - 11 progetti documento sugli obiettivi mirati al 1985, che definirei con una battuta "libri dei sogni"? 3) l'aver disatteso, nella presentazione di questi surrogati, la programmazione comprensoriale, cui spesso ci richiamiamo? In questo quadro di caos programmatorio allora, caro Presidente, si possono commettere grossolani errori, quali l'aver affermato che la Regione è in grado di mettere in moto 40.000 posti di lavoro entro il 1985 e l'aver affermato che sulla spesa del personale si otterranno tagli di parecchi miliardi, mentre il bilancio ne indica un aumento sensibile.
Sono due quindi, a mio giudizio, gli elementi fondamentali di questo bilancio: 1) bilancio con risorse scarse.
E' sufficiente il dato della spesa autonoma calata in termini reali quindi al netto dell'inflazione, del 59,8 % dal 1979 al 1984.
2) Grande rigidità del bilancio.
Il 95 % della spesa è vincolato, mentre nel bilancio 1983 era del 90,7 (quindi un ulteriore 5 % in più di spesa vincolata), in parte dovuto certo alle risorse scarse, ma in parte dovuto alla pessima gestione delle risorse regionali, talché, il bilancio risulta ormai essere un documento puramente contabile anziché strumento di programmazione. E questo in presenza di dichiarazioni in Commissione del Presidente di volontà della maggioranza di non renderlo rigido ma lasciarlo quanto più possibile libero da vincoli.
Bella affermazione, Presidente, qui da vincolare ci siamo solo più noi Consiglieri, tutto il resto è vincolato! Ovviamente queste affermazioni fanno salve la professionalità e l'impegno del dott. Lesca e dei suoi collaboratori, verso i quali nutriamo grande stima ed ammirazione. Certo, la moltiplicazione dei pani e dei pesci non sono ancora in grado di realizzarla.
Sicuramente nel passato sono stati commessi degli errori grossolani che oggi pesano sul bilancio regionale e che noi abbiamo in più occasioni denunciato: a) errori per mancati investimenti e cito un caso emblematico l'irrisolto problema viario della Valle di Susa (Frejus), un problema sollevato tanti anni fa rispetto al quale una forza politica ha assunto una posizione demagogica di rifiuto di certe soluzioni. Oggi piangiamo tutti su un problema non risolto per quell'errore politico fatto agli inizi degli anni 1975.
b) La politica sfrenata sul patrimonio che costa decine di miliardi all'anno per la sua gestione.
c) La politica di certi Enti strumentali: il Cartografico, l'ESAP (acquisizione dei Caseifici Crescentino, San Matteo di Vigone).
Oggi mettiamo in licenziamento i dipendenti di quei Caseifici. La Regione non è in grado di fare l'imprenditore. Lo abbiamo voluto fare negli anni d'oro e oggi paghiamo i prezzi pesanti di quegli errori.
Così come oggi riteniamo continuino ad esistere aree di spreco di risorse che vanno assolutamente recuperate: 1) personale: 1979 - 24,9 miliardi 1984 - 77,9 miliardi più 47,3 % in termini reali di aumento dal 1979 ad oggi in questo settore.
Chiediamo il blocco delle assunzioni del personale.
Chiediamo se la linea sul personale è la linea del Presidente Viglione e delle sue dichiarazioni, o è la linea del Partito Comunista e delle dichiarazioni fatte a suo tempo da Sanlorenzo, quando disse che gli Enti pubblici potevano riassorbire personale liberato dalle strutture private che poi in pratica si rileva anche negli ultimi comportamenti, perch l'Assessore Bajardi ha, negli ultimi mesi, messo in cantiere parecchi posti per VIII livello.
Chiediamo su questo di avere una risposta precisa ed unitaria della Giunta.
2) Studi e Ricerche per P.S.R.: 1979 - 1,9 miliardi (linea PCI) 1984 - 5,1 miliardi (linea Viglione) più 26,3 % in termini reali.
Lo spreco su Studi e Ricerche con una spesa totale dal 1979 al 1984 è di 19 miliardi (per non avere il P.S.R.).
3) C.S.I.: 1979 - 2,1 miliardi 1984 - 7,2 miliardi più 61,9 % in termini reali di risorse impegnate rispetto al 1979.
Una struttura questa nella quale si spende quattro-cinque volte in più di quanto si spenderebbe in una struttura analoga privata.
Con ben 230 dipendenti il cui costo per unità è di circa 30 milioni con un costo complessivo di più di 7 miliardi, una struttura che in dieci anni è riuscita a consorziare solo sei Comuni oltre al Verbano-Cusio Ossola, che ha perso per strada Università e Politecnico che si sono via via meccanizzati non potendo sopportare i costi richiesti da questa megastruttura.
I dati sono sui progetti in programma: 600 milioni per l'Università 150 milioni per il Politecnico, 7.500 milioni per la Regione. A fronte di quote di partecipazione iniziale di: cinque parti la Regione, tre parti l'Università, due parti il Politecnico. Dati che dimostrano il disimpegno di queste strutture.
E' diventata una vera struttura di potere anche se sul piano della qualità dei servizi appare di livello discreto.
4) Spese per pubblicità: risulta dalle relazioni periodiche alla legge nazionale sull'editoria che nel 1981 il Piemonte ha speso in inserti di varia natura, su giornali e radio Tv la somma di oltre 1.300 milioni, un record italiano! Nel 1982 tale somma è scesa poco al di sotto del miliardo. Per il 1983 non esistono ancora i consuntivi, ma certo sarà una quota non indifferente.
Quindi non ha nessun senso limitarsi a reclamizzare un drastico taglio al capitolo 540 da 100 a 10 milioni. In compenso si assiste all'espansione delle pubblicazioni: "Notizie" che costa circa 300 milioni annui Rivista mensile della cultura Rivista del lavoro Rivista dell'agricoltura Nuovo inserto sui parchi Rivista bimestrale di educazione sanitaria "Tuttovacanze" che è sponsorizzato dall'Assessorato al turismo.
Queste pubblicazioni hanno in comune solo due cose: il direttore responsabile ed i costi caricati sul bilancio regionale.
Non sarebbe il caso di evitare che il singolo Assessore o il singolo funzionario appagasse in proprio la sete di immagine o il lustro di avere una pubblicazione esclusiva fissando in un solo capitolo di bilancio tutti gli stanziamenti per pubblicità e pubblicazioni? Questa sarebbe reale trasparenza di bilancio.
Ma non è sufficiente indicare le aree di spreco. Allora noi facciamo delle proposte per recuperare risorse libere su due livelli: 1) di breve periodo.
a) Pulizia delle annualità e degli oneri di ammortamento, aumentati del 56,1 % che consentirebbero da un nostro calcolo di recuperare circa 5 miliardi.
b) Mantenere le spese di funzionamento dell'Ente entro i limiti del bilancio 1983 più tasso di inflazione programmato a fronte di un aumento previsto nel bilancio 1984 del 20,9 % sul 1983.
Recupero valutato in circa 10 miliardi.
c) Recupero nelle aree che ho definito di spreco, alcune delle quali ho citato in precedenza, che potrebbero consentire un recupero valutabile in 10-15 miliardi. Per un totale complessivo ipotizzabile in 30 miliardi circa.
2) Di medio periodo.
a) Riesame funzioni dell'Ente che dovrà abbandonare tutti gli aspetti di gestione diretta, in raccordo con gli Enti sub-regionali e ritornare Ente di programmazione.
b) Aumentare la capacità di accedere a risorse statali, ordinarie e speciali e comunitarie, senza tralasciare le occasioni di accordi tra pubblico e privato e tra pubblico, privato ed istituti finanziari per interventi in settori specifici trainanti la nostra economia.
c) Riorganizzare la struttura della spesa evitando quei residui passivi palesi o mascherati che non sono altro che ritardi nella capacità di spesa il cui totale è passato dai 162 miliardi del 1983 a 407 miliardi del 1984.
Occorre, in questo comparto, valutare l'opportunità di rimettere ordine nelle finanze regionali, approvando una nuova legge di contabilità che sappia introdurre correttivi a certi sistemi perversi ed in particolare sappia affrontare le esigenze dei prossimi anni ponendo vincoli all'espansione delle spese rigide.
Tutto ciò senza togliere autonomia agli Enti locali, come traspariva in Commissione da alcuni interventi della maggioranza, i cui bilanci dovranno continuare ad essere liberi da vincoli rigidi regionali, autonomia della quale continueremo ad essere strenui difensori.
d) Maggiore equità, legata ad una progettualità aderente ai bisogni nell'uso delle risorse a destinazione vincolata. Su queste due partite importanti, la sanità e l'agricoltura, interverranno i colleghi Devecchi e Chiabrando, quindi non do altre valutazioni.
Quali sono, a giudizio della Democrazia Cristiana, i settori obiettivo.
1) Settore dell'energia.
a) Centrale nucleare.
Ci pare utile richiamare l'attenzione del Consiglio regionale su questo tema.
Le indagini dell'ENEL sulle due aree stanno proseguendo e noi siamo fortemente preoccupati per lo scadimento del rapporto tra Regione e realtà locali. Richiamiamo costantemente questa esigenza e a noi pare che il ritardo accumulato nella firma della convenzione con Università e Politecnico sia un ulteriore dato negativo.
Per non parlare del progetto informazione che non è mai decollato e rischia di far perdere alla Regione il ruolo di governo della materia che tutti insieme, in quest'aula, abbiamo sempre richiamato.
Riteniamo provocatoria la richiesta dell'Unione Edilizia di realizzare due centrali in Piemonte, una in Po1 ed una in Po2, ma sicuramente questa realizzazione, posto che esistano le condizioni, sarebbe un volano notevolissimo sul piano delle risorse impegnate (circa 10.000 miliardi fra dirette ed indirette) e dei benefici all'economia ed al sistema produttivo piemontese.
b) Attuazione della legge 308.
I contributi previsti dagli artt. 6, 8, 9, 12 della legge per il risparmio energetico nell'edilizia, nei settori agricolo e industriale pari a 87 miliardi per il Piemonte, da calcoli abbastanza attendibili dovrebbero mettere in moto risorse per un totale di circa 300 miliardi.
Una legge molto importante che prevede da parte delle Regioni una serie di adempimenti che la Regione Piemonte non ha ancora attuato.
Non solo, non sono stati iscritti a bilancio questi contributi, tranne una piccola parte in agricoltura (ci pare), cosa sulla quale non siamo assolutamente d'accordo, anche se in Commissione sono state tentate delle difese a questo modo di procedere, con motivazioni tutte da verificare (non sono state previste neppure nel pluriennale per cui, consentitemi, ci pare una dimenticanza).
Ma la Regione non si è neppure dotata di strumenti di attuazione, così come prevede la legge e la delibera CIPE. Ritardo questo imperdonabile, se paragonato all'efficienza della Regione Lombardia che ha già approvato questi provvedimenti (e ne ho copia). Questo poi in presenza di tempi ristretti essendoci la previsione che il decreto di assegnazione dei fondi possa essere emanato tra poche settimane. Invitiamo pertanto la Giunta a predisporre rapidamente questi atti, molto attesi dal mondo produttivo piemontese.
2) Settore delle infrastrutture.
Occorrono maggiori risorse. Parlo dei servizi al sistema produttivo sul territorio.
Riteniamo utile venga fatto uno sforzo in una duplice direzione: nei confronti delle aree attrezzate industriali ed artigianali, di piccola dimensione, senza ripetere errori del passato di interventi di dimensioni eccessive che non trovano riscontro nella realtà produttiva. Occorrono interventi in grado di riequilibrare il territorio ed aiutare aree o comparti più deboli del Piemonte.
Inoltre questo sforzo deve essere fatto nei confronti dei centri merci che possono offrire occasioni di sviluppo per alcune zone e servizi indispensabili per il sistema produttivo che vedrebbe ridotti alcuni comparti di costi derivanti dalla gestione delle materie prime e delle merci.
Questi interventi dovrebbero avvenire esclusivamente là dove gli strumenti urbanistici lo consentano immediatamente per evitare i ritardi che tanto hanno pesato nel passato.
A proposito degli strumenti urbanistici chiediamo che quel malloppo che è in attesa di approvazione abbia una rapida risposta da parte della Regione.
3) Settore della formazione professionale.
Circa il trend di bilancio regionale relativo alla formazione professionale bisogna tenere presente che la formazione deve giocare un ruolo sempre più significativo, in una società alla ricerca di nuovi equilibri produttivi, ma anche sociali e culturali, con sempre maggiori necessità di cambiamento di professionalità, di comportamenti e di cultura da parte di un numero crescente di persone.
Ora, pur riconoscendo valido l'espandersi delle risorse a ci destinate, si può notare che in mancanza di una ben definita e necessaria programmazione, si viene a presentare, da parte della Giunta, un'offerta dì occasioni formative caratterizzata da una moltiplicazione di luoghi e di soggetti. Ciò comporta la costituzione di un panorama variegato ed anche confuso, cui utenze singole e collettive si trovano a poter accedere, senza tuttavia avere un supporto adeguato per le scelte e per la ricomposizione di percorsi realmente significativi.
Questo prefigura uno sforzo non tanto di aggiustamento quanto di una specie di rivoluzione culturale nei presupposti e negli approcci da adottare da parte del sistema di formazione professionale.
Tutto ciò richiede una grande quantità di risorse finanziarie che rischiano però di esser e vanificate in mancanza di programmazione e di definizione dei vari percorsi formativi, lasciando in questo modo aperta la strada ad interventi che di formazione hanno ben poco, mentre si prestano molto bene all'allargamento ed alla gratificazione di vecchie e nuove clientele.
Saremo quindi attenti, con i miei colleghi della Commissione, sull'uso di queste risorse e sulla loro finalizzazione ad obiettivi precisi.
4) Settore agricoltura.
Su questo tema interverrà il collega Chiabrando.
La sola valutazione che desidero fare, amara, è che questo comparto significativo del Piemonte è stato collocato in un ruolo marginale mentre a nostro giudizio, occorreva inserirlo tra le priorità.
Vorrei fare alcune valutazioni di carattere generale avviandomi alla conclusione dell'intervento.
Il ruolo che la Regione deve svolgere non può essere di basso profilo ma realisticamente aderente al periodo storico che viviamo di grande dialettica con il Governo ed il Parlamento e di raccordo con Enti sub regionali senza megalomania e ambizioni sfrenate, espresse nel passato con i risultati che conosciamo, ma in stretta collaborazione con tutte le parti sociali e le categorie produttive che hanno riconfermato la loro disponibilità in questa direzione.
Occorre una capacità senza precedenti di operare scelte coraggiose, su obiettivi realizzabili immediatamente, selezionando le molteplici richieste che legittimamente salgono dalla comunità piemontese.
E' indispensabile evitare la polverizzazione quindi degli interventi recuperando elasticità e margini di manovra autonoma al nostro bilancio che deve essere gestito con maggiore rigore se non vogliamo che dallo stato comatoso in cui versa passi rapidamente a quello che il collega Montefalchesi ha definito ieri "bilancio cadavere".
Caro Presidente Viglione, noi comprendiamo bene le legittime esigenze di appagamenti personali di molti Assessori; comprendiamo il bisogno di chi, all'interno dello stesso partito, ha sostituito un compagno o più compagni in successione allo stesso Assessorato e desidera responsabilmente fare bene, o un po' più bene; comprendiamo il tuo desiderio di mantenere le promesse fatte ai piemontesi, tra il 1980 ed il 1983 quando eri all'opposizione con noi, di risanare questa Regione e di farla lavorare bene grazie alle tue personali capacità di guida e nonostante la coalizione che ti sostiene comprendiamo tutto, ma oggi non è più tempo di scherzare e tu sei tornato in maggioranza.
I problemi non aspettano.
Le aziende sono in crisi e molte sono sull'orlo del tracollo.
I lavoratori dipendenti sono sotto la spada di Damocle continua della cassa integrazione o, peggio, del licenziamento.
La malavita e la corruzione imperversano nella nostra Regione senza pietà.
I giovani non trovano un posto di lavoro e sono disperati, molti di loro trascinati in esperienze devianti. I poveri, gli anziani, i più deboli sono schiacciati da questa società spesso impietosa.
No, Presidente Viglione, la tua maggioranza non deve più rilasciare interviste sul taglio dato alla spesa per le auto blu, o sui 40.000 posti di lavoro che la Regione creerebbe entro il 1985.
Questa è demagogia che crea speranze ed illusioni pericolose.
Il malato Piemonte è molto più grave e necessita di rimedi seri.
Questa affermazione penso sia condivisibile da tutti, in particolare da chi crede che l'uomo, da solo, possa risolvere tutti i suoi problemi e sappia rispondere a tutti gli interrogativi e non ha, come abbiamo noi, la speranza nel messaggio d'amore e di pace che tre giorni fa è stato lanciato al mondo dalla capanna di Betlemme.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gerini.



GERINI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la considerazione preliminare che va fatta sui contenuti del bilancio di previsione 1984 è ancora quella dell'allarmante esiguità delle risorse globalmente disponibili e in special modo di quelle che Bastianini chiamava risorse manovrabili, tenuto conto della complessità della domanda della comunità piemontese.
Lauro Colombini, uno dei massimi esperti di finanza regionale che ha recentemente svolto un'indagine sui comportamenti di spesa di dieci Regioni a Statuto ordinario, ricava un dato preoccupante: "La spesa è sempre più rigida e gravata di vincoli imposti dall'esterno; è una spesa in gabbia".
Egli rappresenta la necessità di liberare le Regioni dalla "gabbia" di un sistema di finanza completamente derivato attraverso la restituzione di margini appropriati di autonomia impositiva.
E' una tesi suggestiva che ha trovato concorde la maggioranza dei delegati alla recente assemblea dell'ANCI a Sorrento per la finanza degli Enti locali. Tuttavia un margine di spesa manovrabile è sempre esistito ed esiste ancora ed è appunto su questa manovra, sulle linee di comportamento relative che si identifica una corretta politica. Appare quindi corretto non disperdere le risorse su troppi campi di azione, garantire l'efficienza della spesa stessa, non provocare troppe zone di spreco, intessere un più organico insieme di rapporti con gli enti strumentali, le società a partecipazione regionale.
Il bilancio annuale che ci occupa è orfano del bilancio pluriennale che avrà come punto di riferimento il nuovo piano regionale di sviluppo, il cui decollo ho l'impressione che non potrà avvenire nei tempi brevi lasciati intravedere.
Infatti lo rimarca con ragione e convincimento il mio collega Capogruppo avv. Marchini in una lettera del 16 corrente inviata al Presidente della Giunta nella quale specifica come e perché in forza dell'art. 6 della legge regionale n. 43 sulle procedure di programmazione la I Commissione non ha potuto dar corso agli adempimenti previsti rimettendo alla Giunta i verbali delle consultazioni sulla proposta del piano di sviluppo.
Si delinea quindi un quadro di incertezza politica ed operativa anche a fronte del giudizio negativo espresso dai soggetti consultati che giudicano inadeguato e superato il piano di sviluppo.
Vogliamo aggiungerci la bomba-Botta sui progetti finanziabili dal FIO di cui si è discusso già nell'ultima seduta, con la quale si mettono in discussione alcune proposte prioritarie (vedi acquedotti) anche se notizie lampo apparse subito dopo su organi di stampa riportano un po' di sereno.
Il quadro rimane sempre incerto e complesso e viene proprio di dire che "di doman non v'è certezza".
E intanto c'è chi manovra a Roma presso il CIPE in vista della campagna elettorale prossima, alla faccia delle priorità assolute da noi indicate annunciando su organi di stampa "Pioggia di miliardi dall'Europa per l'irrigazione del Tortonese". Si tratta del progetto semiprioritario indicato dalla Giunta regionale per ristrutturare e riattivare la rete di rogge tortonesi a scopi irrigui.
Un Ministro comunica al Presidente del Comprensorio (e mi auguro almeno per conoscenza al nostro Presidente) l'assicurazione di un finanziamento di 10 miliardi attraverso un mutuo della Banca Investimenti Europei anzich utilizzare i finanziamenti FIO.
Personalmente sono soddisfattissimo della notizia, come lo saranno i colleghi alessandrini, ma mi chiedo: cosa programmiamo a fare? Accennavo poc'anzi a non provocare troppe zone di spreco e debbo dire che mi ha fatto piacere, accingendomi a consultare il bilancio, trovare nelle primissime pagine di previsione della spesa una significativa contrazione di esse che riguardano la Giunta. Il nostro Presidente ha creduto di ridurre da 200 a 10 milioni le spese di rappresentanza sostenibili anche in occasione di manifestazioni organizzate da terzi. Da 250 a 150 milioni le spese per acquisto libri, rassegne, riviste quotidiani, ecc. Da 200 a 50 milioni le spese per contributi per convegni rassegne, mostre, ecc. Ha tolto i telefoni dalle macchine da trasporto. E' poca cosa si dirà; sono forse gesti plateali! Ma il principio è giusto; è un principio squisitamente piemontese che onora la figura del nostro Presidente e che ha saputo cogliere anche in questo modo di fare il senso della nostra opposizione creativa.
Tuttavia sappia, signor Presidente, che non tutti i piemontesi si comportano come tali e che alcuni Presidenti di Enti locali non esitano a mantenere in bilancio spese di rappresentanza che sfiorano il miliardo e che il telefono sull'autovettura presidenziale funziona ancora.
Dopo queste brevi premesse di carattere generale mi occuper altrettanto brevemente, di alcune questioni di carattere settoriale che mi occuperanno nelle Commissioni cui sono stato designato.
Nel programma di intervento per lo sviluppo e la promozione del turismo "la nave va", come suol dirsi. Il neo Assessore Mignone deve avere battuto i pugni sul tavolo per non farsi tagliare troppo i viveri, mentre addirittura per lo sport rispetto al 1983, anche se le cifre da spendere non sono trascurabili, si è visto quadruplicare il capitale.
E' un pedaggio che la nuova Giunta ha dovuto pagare ai socialdemocratici? Il turismo, dell'azienda Italia e dell'azienda Piemonte, è il settore che tira di più e che ormai nel corso dell'anno non conosce più pause. Dal turismo di fine settimana, al turismo di montagna e quello vacanziere è tutto un crescendo che fa dimenticare, per qualche momento, agli italiani e ai piemontesi la crisi economica, sociale, politica cui siamo pervenuti e dalla quale chissà quanto tempo e con quali sacrifici ci vorrà per uscirne fuori.
E' un settore quindi che merita la più alta considerazione, così come il potenziamento e lo sviluppo dello sport e delle attività motorie per portare i giovani il più possibile lontani dal vizio e dal crimine.
Per la pesca e la caccia non vi sono problemi di spesa perché c'è l'autofinanziamento. Occorrerà modificare al più prestò la legge attuale ampliando i comparti alpini, creando le zone autogestite e tutto quanto è connesso per un esercizio di caccia più ordinato e razionale, procedere insomma, agli adempimenti consacrati nell'ordine del giorno votato qui a settembre.
Dove le cose vanno meno bene, anzi non vanno bene affatto, è nel programma per le attività culturali. La spesa messa in previsione cala del 40 %.
C'è chi sostiene che, negli anni decorsi, l'attività culturale era stata privilegiata rispettò ad altri settori. Io non c'ero e quindi non lo so, ma so per certo che di fronte all'inerzia statale il cui Ministero ha poche competenze e pochi mezzi soprattutto, non è giusto abbandonare o ridurre iniziative che creano e riscoprono valori importanti che inciviliscono l'uomo.
Sull'importanza dell'artigianato e sul suo ruolo trainante il Consiglio regionale ha dedicato un'intera seduta a metà novembre e gli interventi dei colleghi Turbiglio e Marchini hanno portato un contributo sostanziale al dibattito.
Non sto qui a ripetere cosa compete fare al Governo centrale e a quello regionale per risollevare dalla crisi una categoria che potrebbe creare nuova ricchezza e nuovi posti di lavoro.
Vorrei raccomandare alla Giunta che, nel secondo piano di sviluppo, le considerazioni enunciate dalla categoria in sede di consultazione trovino maggiore corrispondenza e che le proposte offerte recentemente per l'istituzione di un'agenzia regionale di sviluppo per l'artigianato trovino propensa la Giunta regionale a riconsiderare la richiesta abbandonando diffidenze pregresse, considerando che i tempi sono maturi e che, di fronte ad una categoria così seria ed impegnata, il rischio di creare un carrozzone inutile è pressoché zero.
Vorrei ora dare un poco più di spazio alla disamina della spesa e dei problemi in agricoltura.
Ringrazio l'Assessore Ferraris che, all'antivigilia di Natale, mi ha avvertito di ritirare alcuni volumi compilati per la guida alla lettura del bilancio.
Il noioso malanno che da oltre un mese mi affligge e che, nemmeno in queste festività, mi ha dato tregua, non mi ha permesso di analizzare a fondo la copiosità di dati, tabelle, parametri, quadri di impatto, di investimento, di sostegno, di credito che l'elaboratore elettronico ha partorito. Un elaboratore è stato addirittura approntato per soddisfare alcune curiosità manifestate dai colleghi Chiabrando e Penasso che devono essere riconoscenti.
Ho dunque appreso che gli stanziamenti che investono l'agricoltura ammontano a circa 200 miliardi, compresa la nota di variazione approvata dalla Giunta il 16 novembre corrente ammontante a 19 miliardi tra cui 13 per crediti a breve termine, 2 per interventi di ripristino strutture aziendali colpite da avversità atmosferiche.
Rispetto al bilancio assestato 1983 hanno un saldo negativo di circa 35 miliardi che percentualmente costituisce il 15 % in meno circa. Non è certo un salto di qualità, né ci confortano alcuni dati riferiti sullo stato delle pratiche giacenti negli uffici centrali e periferici.
Le domande strutturali ed infrastrutturali di aziende singole presentate sulla legge regionale 63/78, fino a due mesi fa, erano oltre 58.000 per un importo a domanda di 1.281 miliardi. Alla stessa data le domande finanziate erano circa 19.000 per un importo di 367 miliardi a domanda e 302 miliardi di spesa effettiva.
Ci vien di pensare che con i tempi che corrono e con un bilancio così in crisi molte aspettative andranno deluse.
Nonostante ciò il nostro agricoltore è cocciuto e tenace e non si risparmia.
L'annata agraria 1983 è stata nel complesso una buona annata e il valore della produzione lorda vendibile in termini monetari dovrebbe aggirarsi sui 3.000 miliardi, rappresentando così l'agricoltura una parte non trascurabile dell'economia regionale tenendo anche conto dei suoi 180.000 addetti.
Il documento della Giunta che attiene ad interventi mirati sino al 1985 ha degli obiettivi ambiziosi, ma di difficilissima realizzazione.
Non è facile infatti con le risorse dirette e indirette che disponiamo di favorire il conseguimento da parte degli addetti al settore di redditi comparabili con il reddito di lavoro dipendente dai settori extra agricoli magari così fosse! L'esodo dalla campagna verrebbe scongiurato! Non è facile mantenere un adeguato livello di occupazione agricola soprattutto di forze giovanili. E' invece possibile, e condivido, un incremento della produzione specie di qualità, se con l'adeguamento della legge 63 prenderanno corpo le innovazioni del leasing, l'accelerazione di agevolazioni creditizie, la possibilità di incentivare in alcune forme il part-time. Ne trarranno giovamento, oltre alle tradizionali coltivazioni quelle pregiate e la forestazione.
Particolarmente interessante sarà l'attuazione del Regolamento CEE 458/80 che attiene alla ristrutturazione dei vigneti, introducendo vitigni alternativi al fine di aumentare la produzione di vini bianchi che oggi con i gusti mutati, incontrano di più.
Particolari incentivazioni dovranno avere sbocco in quei versanti, ove il part-time si è vieppiù sviluppato e cioè verso produzioni che richiedono manodopera e lavoro, come la frutta in genere e specialmente pere, pesche nocciole.
Ma perché alcune cose grandi e piccole, alcune fondamentali, in agricoltura siano realizzabili occorre che gli addetti vivano più civilmente e socialmente. La proposta legislativa sui servizi sostitutivi illustrata recentemente al Presidente della Giunta dalla Confagricoltura e contenuta anche in un disegno di legge a firma Chiabrando, Lombardi e Penasso va presa in seria considerazione anche se, personalmente, da ora in avanti fino al 1985 sarei per l'anno delle non leggi, mirando alla revisione e al chiarimento della legislazione vigente.
Concludendo, per questo settore che mi sta particolarmente a cuore, il bilancio di previsione conferma l'insufficienza dell'impegno di spesa ad esso riservato anche se obiettivamente esistono serie difficoltà, in cui la Regione è costretta a dibattersi, dovute in primis alle minori entrate per l'agricoltura connesse al mancato rifinanziamento di alcune leggi-base nazionali quali la 403/77, la 423/81 e in considerazione che di fatto è inoperante la 984 detta Quadrifoglio.
E' altresì comprensibile la rigidità cui deve sottostare la spesa pubblica ma queste ulteriori decurtazioni, a danno di un siffatto settore primario, sono destinate ad aggravare una situazione già di per sé critica caratterizzata ad esempio da un preoccupante esodo dalle campagne di addetti autonomi e dipendenti. E' quindi insufficiente assegnare all'agricoltura solo il 5 % circa delle somme complessivamente stanziate a bilancio! A livello comunitario, le oscure prospettive della politica agricola comune contribuiscono ad accentuare disagi che, per quanto in parte arginabili, produrranno effetti negativi di non poco conto.
A queste difficoltà vanno poi aggiunte quelle derivanti dalla gestione della politica economica del nostro Paese responsabile di un livello inflazionistico insostenibile per i produttori agricoli che vedono aumentare sempre più i costi e diminuire i redditi a causa della politica comunitaria sui prezzi. Anche se il tasso inflattivo interno è stato (si fa per dire) ridotto quasi tutti i nostri partners comunitari hanno conseguito risultati migliori cosicché la forbice si amplia ulteriormente; alla fine del 1983 sarà presumibilmente di 8 punti nei confronti della media comunitaria e addirittura di 12 sarà lo scarto con la Germania.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Il mio intervento sarà riferito al settore dell'assistenza, mentre sul bilancio complessivo parlerà il collega del PSI che fa parte della I Commissione.
Leggendo i capitoli di bilancio relativi all'assistenza balzano agli occhi alcune cifre che parlano da sole. Il capitolo dei fondi statali scende dai 32 miliardi del 1983 ai 20 miliardi del 1984. Il capitolo dei fondi regionali scende da 14 miliardi a 10 miliardi.
Il capitolo 10810, interventi in conto capitale per le strutture scende da 2 miliardi e mezzo, che erano già irrisori, ad 1 miliardo.
Superflue sono le considerazioni sullo stato delle strutture socio assistenziali, molte delle quali sono decotte, tuttavia le risorse disponibili per i pronti interventi quali possono essere il crollo di un tetto o lo scoppio di una caldaia che in Piemonte sono addirittura nell'ordine di migliaia, di 1 miliardo ci paiono puramente simboliche.
Capisco che in un periodo di crisi come l'attuale si è necessariamente più portati ad investire che ad erogare fondi per l'assistenza ma anche le strutture socio-assistenziali possono dare occupazione così come la danno altre strutture pubbliche per le quali sono stanziati consistenti fondi.
Vediamo che non sono stati tolti i 15 miliardi per le ristrutturazioni e i contributi agli asili nido comunali e sono stati tolti i contributi per gli asili ONMI, che avevano contributi maggiori per ogni bambino proprio perché non sono ancora stati ristrutturati; scompaiono così 5 miliardi e mezzo che avevamo nel 1983, addirittura questa voce è segnata per memoria per il 1984.
Questo ci lascia alquanto perplessi perché proprio le Regioni Piemonte e Lombardia per prime hanno incentivato le strutture per l'infanzia e lodevolmente le hanno portate avanti. Ora vengono a mancare i fondi per gestirle e questo avrà delle conseguenze economiche ed anche sociali per la donna soprattutto.
Inoltre dai fondi regionali vengono a, mancare i fondi per i consultori, i fondi per le tossicodipendenze e i fondi per gli handicappati.
Nella nota di variazione sono stati recuperati 350 milioni per i patronati e si sono messi 250 milioni sulla legge 28 per le strutture (anche se 250 milioni attivano circa 2 miliardi e mezzo che sono comunque sempre insufficienti).
Nella relazione si fa riferimento ad un miliardo per il programma per il disadattamento, la devianza e la criminalità, ma di questo miliardo nel bilancio non c'è traccia. Manca persino il capitolo.
La Regione ha ottenuto dalla CEE circa 300 milioni per predisporre il piano sulle nuove povertà, ma neanche di questo c'è traccia nel bilancio.
Mi auguro che questi 300 milioni vengano destinati all'area delle attività con una raccomandazione però, che non finiscano a determinati Assessorati ed ancora una volta vengano tolti all'assistenza.
Ho l'impressione che da questo bilancio l'assistenza uscirà handicappata.
Il paventato pericolo di un Assessorato unico che comprenda la sanità e l'assistenza temo che finirà per ridimensionare in modo drastico il settore dell'assistenza. E' già una realtà, nonostante servano maggiori fondi.
Ultimamente, fondi consistenti sono stati stanziati per i disoccupati di Torino e per i disoccupati dei bacini in crisi.
Questo dicevo quando ero in Giunta, questo ripeto dai banchi del Consiglio.
Il settore assistenziale non può essere abbandonato con tagli sempre più consistenti: l'assistenza era una Cenerentola, ora sta purtroppo riducendosi a cenere. E' indubbio che i pochi fondi a disposizione debbono incentivare la produttività ma è anche vero che non si devono dimenticare le fasce deboli che purtroppo sono in espansione se vogliamo essere una Regione civile in una Nazione civile.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'attenzione dedicata dalla stampa al bilancio previsionale 1984 fin dalla fase della sua elaborazione e della sua definizione come proposta della Giunta al Consiglio e soprattutto della fase della cosiddetta "consultazione" testimonia dell'importanza che il progetto di piano previsionale della Regione Piemonte per il 1984 può rappresentare, pur nel vasto panorama dei bilanci pubblici e privati incidenti sul tessuto economico e sociale della nostra Regione.
E' importante intanto per la sua dimensione, quest'anno 4.000 miliardi e in secondo luogo perché questo del 1984 è il primo bilancio previsionale della nuova maggioranza, a guida Viglione, ed è in un certo senso anche l'ultimo documento finanziario contabile della terza legislatura: tanto è vero che esso - è detto nella relazione che accompagna il disegno di legge si riferisce al quadro programmatico di riferimento per la politica regionale ed interventi operativi mirati alla scadenza amministrativa del 1985.
Non solo, ma perché in un momento nel quale gli investimenti produttivi sono scarsi e la disoccupazione aumenta ci si aspetta che l'ente di riferimento regionale sappia cogliere tutte le opportunità possibili per concorrere al superamento delle situazioni di crisi.
E per la verità nella relazione che accompagna il bilancio di previsione delle prime pagine, la Giunta ed alcuni passi interessanti della lunga e circostanziata relazione del relatore Valeri che credo debba essere ringraziato a nome di tutto il Consiglio per avere saputo svolgere una relazione di 40 pagine nel giro di poco più di 20 ore, in questi documenti la Giunta appare consapevole della gravità della situazione e di quale debba essere il ruolo della Regione, non solo ma di quale debba essere il quadro nuovo di riferimento di metodo diverso e di scelte coraggiose.
Leggo brevemente alcuni passi dalla relazione della Giunta: "Appare con evidenza quanto sia necessario proseguire - avviare, io direi - una politica di razionalizzazione delle scelte di programma in termini di maggiore efficienza e di incisività privilegiando per quanto possibile gli interventi a carattere strutturale".
Leggo nella relazione di Valeri: "Operare affinché l'innovazione diventi una componente diffusa dell'apparato produttivo e industriale, come pure dell'agricoltura, del terziario e della pubblica amministrazione, aprendo in tal modo spazi concreti ed una politica di reindustrializzazione e possibilità di interventi imprenditoriali e cooperative in nuovi comparti produttivi cogliendo nel contempo tutte le possibili interdipendenze incluse quelle riguardanti la qualità della vita e dell'ambiente, l'organizzazione delle città e del territorio, l'efficienza della pubblica amministrazione, nonch i grandi campi dell'informatizzazione, della produzione di nuove conoscenze e di nuove capacità professionali".
Questi sono dei grandi programmi. Peccato però che tali condivisibili enunciazioni rimangano enunciazioni e nulla più, perché non è nemmeno necessario approfondire molto le cifre del bilancio per cogliere un'autentica contraddizione tra il dire ed il fare.
Credo che se ne avessimo avuto bisogno, forse l'intervento della collega Cernetti basterebbe a cogliere nel segno questa osservazione che ho fatto alla stessa, la quale forse voterà contro questo bilancio: certamente se votassimo il bilancio per capitoli è indubbio che il capitolo dell'assistenza non avrebbe il voto della collega Cernetti.
Infatti, mentre si enuncia che occorre privilegiare gli interventi a carattere strutturale non sfugge ad alcuno che è ancora una logica assistenziale quella che ispira tutti i capitoli del bilancio. E' la stessa Finpiemonte ad osservare l'assoluta esiguità di fondi per la realizzazione di aree industriali attrezzate dove lo stanziamento di 500 milioni attribuito alla legge 9 appare insufficiente non solo per l'avvio per nuove aree di insediamento industriale, ma anche solo per la prosecuzione dell'attività di infrastrutturazione nelle aree la cui realizzazione ha avuto inizio negli anni precedenti.
E non convince alcuno che le difficoltà per avviare nuove politiche di bilancio risalgano alla carenza delle risorse e dunque all'assenza o alla carenza dello Stato.
Se oggi la Regione Piemonte non ha la libertà di manovra rispetto al suo bilancio, che pur escludendo la sanità che è vincolata ai 2.800 miliardi e a tutti gli altri fondi statali vincolati, tuttavia potrebbe agire su una quantità di 600-700 miliardi e da più parti si parla di rigidità del bilancio; la causa sta nelle passate politiche di bilancio che hanno visto scelte costanti di indebitamento non verso quegli investimenti produttivi che oggi potrebbero rappresentare valvole di recupero o di sostegno all'economia in crisi, ma si è costantemente indirizzati verso una legislazione di spesa corrente, oggi pregressa e vincolante, oggi e negli anni a venire.
La verità è che il bilancio di oggi è il bilancio di un ente indebitato che per anni ha gestito al di là e al di fuori di qualsiasi indirizzo programmatico e che a fronte di un volume di risorse via via decrescenti in termini reali, ancora oggi pratica tutti i possibili equilibrismi contabili per far quadrare i conti almeno formalmente, mentre non vengono operate le scelte indispensabili a limitare un progressivo irrigidimento del bilancio e a favorire l'effettivo contenimento della spesa corrente per sviluppare invece gli investimenti produttivi.
In questo senso il bilancio del 1984 non è un bilancio di sviluppo, ma è un puro e semplice bilancio di mantenimento.
Non riprenderò in questa sede il discorso della mancata programmazione: si leggano in proposito i contributi scritti degli enti consultati sul documento previsionale perché ormai proprio tutti, dagli agricoltori agli artigiani, attribuiscono al metodo programmatorio le possibilità di finalizzare al massimo le risorse disponibili per ottenere i massimi risultati in rapporto agli obiettivi che si vogliono perseguire.
Anche la variazione di bilancio che abbiamo di fronte, variazione che si è resa necessaria per l'aggiornamento sull'ultima variazione dell'esercizio 1983 e sulla necessità di inserire le assegnazioni statali della legge 130, è la risultante di una serie di richieste di spesa dei diversi Assessorati, mentre lo sforzo effettuato per contenere le spese di gestione volute dal Presidente Viglione, se pur lodevole, non appare sufficiente.
Certo, può fare presa sull'opinione pubblica un ridimensionamento delle spese di rappresentanza o quello delle spese di consulenza o l'asportazione dei telefoni dalle macchine assessorili.
Questa scure però sarebbe più credibile se a manovrarla fosse la mano di una maggioranza di colore diverso da quella che negli anni passati teneva pure i cordoni della borsa, perché quando negli anni passati una voce repubblicana si levò da questo Consiglio a denunciare una certa spesa facile nella cosiddetta strumentazione organizzativa regionale, i repubblicani furono accusati di una concezione biafrana della gestione regionale.
Abbiamo troppo alto il senso delle istituzioni per non pensare che anche negli aspetti formali, ad essa si debbono accompagnare situazioni di decoro, decoro che non vuol dire spreco e nemmeno lusso.
Ma come facciamo a credere alla volontà di risparmio quando da un lato si riduce il capitolo delle consulenze, ma dall'altro si incrementano i capitoli per indagini, analisi e ricerche per oltre 5 miliardi, di cui soltanto 474 finalizzati alle ricerche sul piallo di sviluppo, mentre tutte le altre sono lasciate libere? Senza dimenticare che dall'inizio di questa legislatura a tutto il 1982 la Regione ha speso per studi, indagini e ricerche 36 miliardi e 454 milioni: non conosciamo ancora il consuntivo del 1983, quindi si può dire che a tutt'oggi le spese sono state di circa 40 miliardi e a queste si aggiungono altri 5 miliardi nel 1984.
E' vero che da un lato si riducono le spese per le informazioni e i convegni ma dall'altro non c'è Assessorato che non abbia la sua rivista, lo ha già ricordato Cadetto nel suo intervento, ognuno con un proprio piano e canali di distribuzione e con spese di redazione, stampa e diffusione.
L'ultima rivista, bellissima, non si discute sul contenuto, quella sui parchi, utile alla comunità: c'è un errore, viene attribuito un articolo a Rivalta che invece è di Viglione, ma questo è conseguenza del metodo collegiale della Giunta, siete intercambiabili.
Come facciamo a credere alla trasparenza del bilancio quando si considerino che le previsioni di indebitamento consentono un pareggio (che noi consideriamo solo fittizio) del bilancio, perché già si prevede che i mutui da contrarre saranno assai inferiore a quelli previsti, se essi vengono messi in relazione agli oneri passivi, dei quali come minimo occorre dire che sono sottostimati.
Uno dei sotterfugi classici degli enti pubblici per nascondere il deficit è quello di scrivere in conto capitale degli oneri che hanno tecnicamente natura di spesa corrente. Questa soluzione permette di proporre la copertura con mutui: la "raffinatezza" consiste nel rinvio puro e semplice del pagamento degli oneri in un certo esercizio, nel riconoscimento successivo del debito e nella proposta formulata dopo qualche anno in bilancio di ripianarlo attraverso mutui.
Noi abbiamo ripetutamente denunciato questa situazione dal 1979 quando chiedemmo se queste raffinatezze fossero state impiegate anche per i fondi statali a destinazione vincolata.
D'altra parte il conto è assai veloce. Risulta che l'ultimo mutuo contratto dalla Regione è stato ottenuto ad un tasso del 21,50 %. Poiché i miliardi previsti per il pareggio sono 152, presumibilmente occorre considerare che 33 miliardi costituiranno gli interessi passivi. Ma dove sono in uscita questi 33 miliardi; e pur tenendo conto che non di due semestralità si tratti, ma soltanto di una, dove sono in uscita i 16,5 miliardi? Ci sono invece e molti miliardi in uscita per il capitolo 1000, quello della gestione del patrimonio regionale: circa 27 miliardi, cifra destinata anche questa ad incrementarsi costantemente, sulla, quale occorrerà riflettere (non so fino a quando potremo permetterci il mantenimento delle 15 o 20 sedi regionali che abbiamo).
Così come passando dal patrimonio immobiliare a quello finanziario e dunque agli enti strumentali, mentre rilevo per l'ennesima volta che ancora una volta viene disatteso l'art. 46 della legge di contabilità laddove prevede che i bilanci degli enti dipendenti dalla Regione sono approvati con la legge per l'approvazione del bilancio regionale e sono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione (a ieri risultavano pervenuti soltanto quello del Museo delle Scienze e quello della Mandria e rilevavo anche l'assenza dei prospetti, ma poco fa ci sono stati consegnati) colpiscono nel capitolo degli enti strumentali, alcune cifre.
Intanto la riduzione dello stanziamento dell'IRES induce a pensare che di fatto la Regione intenda eliminare il suo Istituto di Ricerche, mentre l'aggiornamento nella variazione degli stanziamenti ESAP, con il passaggio di 1 miliardo e mezzo dal capitolo degli investimenti a quello del funzionamento avvalora la considerazione fatta dal Presidente dell'Ente di Sviluppo nel corso della consultazione e cioè che la Regione, intenda per il 1984 assicurare all'ESAP unicamente l'amministrazione ordinaria (che nel passato purtroppo ha significato rilevare imprese fallimentari).
Questa dell'Ente di Sviluppo Agricolo è una ben triste considerazione se valutiamo che nel campo dell'agricoltura la Regione ha la più ampia delega e può essere sì determinare le condizioni per una strategia nuova nei confronti dei problemi dell'agricoltura e della politica alimentare.
Il problema però non è di assegnare qualche miliardo o qualche decina di miliardi in più, il problema è quello di avere la consapevolezza dell'importanza strategica di questo settore, ove si consideri che il deficit accumulato dalla voce agro-alimentare nella bilancia comunale è un deficit secondo solo alla voce costituita dai prodotti energetici (ed anche sul campo dell'energia il nostro contributo ad eliminare questi deficit non è molto, visto che non ci siamo posti in condizione di inserire i miliardi che ci erano stati assegnati nel bilancio del 1984 attraverso l'utilizzazione della legge n. 308).
Ma per ritornare al campo agricolo, occorre da parte della nostra Regione maggiore attenzione al fatto che tutte le società industrialmente avanzate hanno di fatto assegnato all'agricoltura e all'attività industriale e commerciale connessa un'importanza crescente.
Il problema quindi, ripeto, non è quello di trovare qualche miliardo o qualche decina di miliardi, per poter eventualmente allargare il raggio del finanziamento a pioggia, ma è quello di vedere come le più sofisticate tecniche produttive possono essere assimilate dalla nostra agricoltura occorre che sappiamo dire - e mi rivolgo a Gerini che su questo argomento ha detto che gli sta molto a cuore - come un'agricoltura inserita in una società industriale debba e possa essere. Mi risulta che è in preparazione una nuova legge sull'agricoltura e quindi questa legge sarà anche una verifica di come la maggioranza ed il Consiglio intendono assumere le responsabilità che loro derivano verso la comunità agricola, ma vorrei dire verso la comunità regionale e verso la comunità nazionale su questo problema pilastro della nostra economia.
Il Presidente Viglione vuole che i nostri ragazzini sappiano usare il computer: i ragazzini del nostro tempo sanno già utilizzare il computer pur non essendo il computer materia di studio. I video-games hanno fatto strada.
Quello che deve fare la Regione, con la sua peculiare delega in materia di formazione professionale, è di preparare al lavoro ed alle professioni.
Purtroppo, la Regione Piemonte (come la maggioranza delle Regioni) ha nei suoi progetti di formazione professionale ignorati i bisogni reali delle aziende e delle domande di professionalità che pervengono dal sistema produttivo in cui cominciano a manifestarsi dinamiche tecnologiche e organizzative di tipo radicalmente nuovo.
In questo Consiglio abbiamo recentemente parlato di formazione professionale e non mi dilungo a questo proposito.
Però fino a che non si metteranno attorno a un tavolo scuola-Regione imprese, non per fare una tavola rotonda, ma per progettare in concreto alcuni modelli da verificare in situazioni reali chiedendosi seriamente che cosa devono trarne i giovani da un lato ed il sistema produttivo dall'altro e non quanto potere o quattrini ne trarranno le forze politiche e sociali ai diversi livelli istituzionali: ecco fino a quando non si farà questo credo non si potrà affrontare seriamente il problema della formazione professionale.
Nel frattempo posso anche compiacermi che i nostri parrucchieri con il concorso della Regione vadano a Londra ad apprendere le più moderne tecniche delle coiffure, ma non è in questo modo che ci si prepara a vivere il lavoro in quel mondo nuovo che aspetta i ragazzini cui Viglione vuole insegnare l'uso del computer.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

1) Cogliamo questa occasione per fare una valutazione sulla conduzione complessiva dell'agricoltura da parte della Giunta regionale.
Abbiamo altri strumenti, come interrogazioni ed interpellanze, ma si dimostrano quasi sempre inefficaci, perché gli Assessori o il Presidente non sono in grado di dare risposte esaurienti sui problemi sollevati perch o loro non c'erano o non sanno o è competenza di altri o sono gli uffici che sbagliano: in sostanza per noi dell'opposizione è assolutamente impossibile contribuire al miglioramento della macchina regionale e all'applicazione più corretta delle leggi perché la controparte sfugge. Non riusciamo ad intavolare un discorso costruttivo nell'interesse della collettività che dobbiamo servire.
2) E questo in particolare capita per l'agricoltura che pure è una delle poche materie interamente trasferite alla Regione e settore che stando alle pubbliche dichiarazioni della maggioranza, merita attenzioni ed impegni particolari. Ebbene, nella realtà capita tutto il contrario: è evidente all'occhio di tutti che l'agricoltura è ai margini dell'attività della Giunta, che non c'è collegialità, che l'Assessore è lasciato solo forse sopportato e deve agitarsi, a noi pare quasi sempre senza successo per coprire il vuoto di idee, di programmi e di finanziamenti, che sta sotto, la cui colpa non è certamente solo dell'Assessore, ma dell'intera Giunta e della maggioranza che la sostiene.
3) In questa occasione a noi preme pertanto mettere in evidenza il ruolo assolutamente marginale in cui è lasciata l'agricoltura, rispetto al quadro regionale, per volontà o incapacità o per entrambi i motivi, dalla Giunta di sinistra. Pressapochismo, superficialità, indecisione, promesse di tutto a tutti, che emergono ancora di più dalla nuova legge in elaborazione, mancanza di scelte, attuazione farraginosa delle leggi, ecc sono tutti ingredienti che, uniti all'insignificante disponibilità finanziaria, rendono la Politica agraria della Regione Piemonte assolutamente inaccettabile.
4) Diamo intanto uno sguardo alla conduzione: si tratta degli errori dei ritardi e delle inadempienze che continuamente segnaliamo, senza successo e che provocano agli operatori del settore danni più gravi dei vantaggi che invece dovrebbero derivare dagli aiuti concessi.
a) Il risanamento è un primo problema: invece di andare avanti, va indietro, perché c'è sfiducia e rabbia negli allevatori, perché la Regione non paga, nonostante abbia vari miliardi versati dallo Stato e quando paga poi, magari si dimentica di avvisare gli interessati, come è capitato; e così tutto torna da capo. E a rimetterci non sono solo gli allevatori, ma la salute di tutti i cittadini.
b) Una mania di questa Giunta, dovuta all'incapacità di fare le previsioni in tempo utile, è costituita dalle decisioni a posteriori, già instaurate nel 1978 con la legge 63 e poi proseguita con l'alpeggio e ora con la brusca riduzione dei finanziamenti a 25 milioni per azienda: prima si promette tutto (noi è da anni che lamentiamo questo) e poi, al momento di pagare, ci si accorge che i soldi non ci sono... e si inguaia malamente la gente a cui bastava dire subito che l'aiuto non era possibile: non è un modo serio di operare.
c) Le leggi 57 e 27 sulla difesa idrogeologica e forestale, diciamo solo che "non sono gestite": nessuno le legge, nessuno sa quali sono gli uffici che se ne devono occupare e così se ne occupano quelli sbagliati (geologico); nessuno si accorge che i tempi di 45 giorni diventano due anni e che tre atti progettuali diventano otto: se ne accorgono però gli operatori di montagna, che in barba a tutte le iniziative per il rilancio dell'economia, si vedono bloccare sine die anche il più piccolo movimento di terra.
d) L'Albo professionale era la speranza per gli imprenditori agricoli specialmente giovani, che si attendevano un riconoscimento di qualificazione, di imprenditorialità e l'incoraggiamento a lavorare, ad investire e a produrre a costi minori: ma questa soddisfazione, che non costava neanche una lira, la Giunta rossa proprio non gliel'ha data. Non gli ha detto di no, è vero, ma dal '75 in poi, da quando governa, non ha mai deciso, ha sempre rinviato, sempre modificato, sempre declassato fino a dire che, sì, l'Albo, se proprio qualcuno vuole, c'è, può aderire volontariamente, ma senza impegni e validità giuridica, sennò si pesterebbero i piedi a qualcuno. Qualcuno ha anche avuto il coraggio di scrivere quello che pensava: che l'Albo sia revocato, ma questo andava contro il comportamento di indecisione, il non pronunciamento, la volontà di lasciarlo morire per asfissia, durati per otto anni, per cui quella frase è stata eliminata. Ma intanto il vuoto legislativo e normativo in materia permane: 1.209 Sindaci continuano a non sapere a chi rilasciare una concessione edilizia gratuita in zona agricola; gli agricoltori che devono costruire continuano ad attendere, mentre i prezzi continuano a salire. Per fortuna, la grande maggioranza dei nostri Sindaci usa il buon senso, sa trovare le soluzioni tra le righe delle leggi e così rimediano all'incapacità della Regione di pronunciarsi. Il pericolo che tutte queste concessioni diventino illegittime a seguito di sentenza su qualsiasi ricorso, come è già capitato, comunque sussiste.
e) Quando abbiamo approvato, nel 1978, la legge 63, il cosiddetto testo unico, abbiamo discusso tanto sull'obbligo del piano di sviluppo che la Giunta voleva generalizzato e che noi contestavamo per il meccanismo complicatissimo che lo componeva e perché ritenevamo che una larga parte delle nostre aziende non poteva rientrare nei parametri così stabiliti.
Venne fuori il compromesso del limite dell'80 % massimo dei fondi a favore dei piani ed una quota minima del 20 % dei fondi per le domande senza piano. Ebbene ora, in contrasto pieno con l'atteggiamento tenuto allora, la Giunta regionale finanzia indifferentemente i due tipi di domande, al punto che i tempi necessari per avere i finanziamenti con le due modalità differiscono di pochi mesi, su un totale di tre anni. E questo nonostante che i piani assorbano solo il 23,6 % dei fondi stanziati (il 77 % è assorbito dalle domande senza piano). Se la legge fosse correttamente applicata, i piani aziendali dovrebbero essere stati finora tutti finanziati, invece ciò è avvenuto solo per 771 su 1.692 totali, pari al 45,5 %, di poco superiore al 41 % che è la quantità totale delle domande finanziate rispetto alle pervenute.
f) Quando abbiamo approvato la legge 63 abbiamo anche stabilito precisi tempi per esaminare e definire eventuali controversie tra operatori agricoli, a cui volevamo garantire certezza sui loro diritti ed amministrazione regionale: abbiamo scritto 60 giorni. Ma anche qui dobbiamo constatare che "le leggi son...", ma nessuno si preoccupa di farle rispettare. Consapevoli che in materia ci fosse un andazzo tutt'altro che legittimo, abbiamo presentato un'interrogazione a cui abbiamo avuto una risposta apprezzabile, almeno per il peso... e dalla quale abbiamo avuto conferma ufficiale di quanto sentivamo dire: alcuni ricorsi dell'81 e dell'82 sono tuttora pendenti; quelli dell'83 sono moltissimi. Poi ce ne sono anche di più vecchi, ma questi nell'elenco non risultano...
g) Degli espropri e del modo con cui la Regione opera sul territorio agricolo non parlo perché abbiamo presentato una mozione su un caso di Moncalieri che è molto eloquente e su cui il Consiglio regionale dovrà pronunciarsi. Il nostro partito si è pronunciato anche in riferimento a convegni di categoria, sul mancato rispetto, da parte di organi regionali di precise norme della legge regionale 56 sull'urbanistica, sulla tutela del territorio agricolo.
h) Avevamo anche lamentato, in passato, le sperequazioni con le quali venivano assegnati i finanziamenti alle varie Province: 25 % delle necessità alle une, 45 % alle altre. Ora qualcosa è stato fatto, ma permangono differenze tra il 34 e il 46: questo comporta ovviamente tempi più o meno lunghi nell'accoglimento delle domande e non è giusto.
Detto questo, anche se l'elenco delle cose che non costano e non si fanno potrebbe continuare, possiamo passare al bilancio vero e proprio: questo è però talmente scarno che le valutazioni si possono sintetizzare in poche parole.
Impegni da 234 e 180 miliardi, pari a 54 miliardi e 23 % in meno rispetto all'83. Il disimpegno della Regione per l'agricoltura è sempre più evidente: le destinazioni delle proprie disponibilità sono ridotte ad un terzo, parzialmente compensato dagli stanziamenti statali che raggiungono i due terzi del totale.
La mancanza di continuità nei flussi crea incertezza e blocca gli investimenti nel settore.
Nell'83 non sono stati finanziati per niente i mutui.
I 61 miliardi di residui passivi dimostrano che la macchina regionale seppure migliorata, non gira ancora a dovere.
E i pochi soldi che ci sono risultano impegnati in quantità sproporzionata a favore delle forme associate, anche discusse, come le stalle sociali, per le quali ormai tutti concordano che è necessario un periodo di riflessione: 1.300 milioni di contributi in interessi per 120 domande di forme associate contro 1.700 per ben 2.137 domande di agricoltori singoli, che rappresentano la quasi totalità della produzione agricola piemontese.
Per tutto l'84 poi non sono previsti finanziamenti a mutuo per le seguenti iniziative: colture pregiate, opere irrigue, acquisto terreni e case di abitazione...
I fondi operativi regionali sono ridotti a 17,8 miliardi, pari all'1,2 del bilancio regionale senza sanità, mentre 51,5 sono quelli statali pari al 3,6 % e così in totale 69 miliardi e 4,8 %: nel 1983 questi erano ancora 94.
Siamo ben lontani dagli anni ruggenti della politica agraria regionale ('74-'75-'76), quando i fondi operativi, esclusivamente regionali, erano stati rispettivamente il 22,5, 15,0 e 12,8 % del bilancio totale della Regione.
E' vero che c'è la crisi: è vero che, anche per colpa della svalutazione, lo Stato trasferisce di meno, ma quante spese inutili e comunque non produttive questa Giunta ha fatto e continua a fare: inutile che ripetiamo cose ormai risapute.
Insistiamo solo a dire che prima di far divertire la gente e migliorare il tempo libero, dobbiamo pensare a darle un lavoro e a sfamarla e quindi dobbiamo pensare agli investimenti, all'agricoltura, all'artigianato e E' ovvio che il comportamento e le scelte della Giunta regionale, che noi contestiamo, derivano dalla sua ideologia politica, che differisce ovviamente dalla nostra.
Noi abbiamo però il dovere di mettere in guardia almeno i partiti della maggioranza, che credono in questa società libera e sicuramente progredita che stanno operando in direzione completamente opposta, che conduce all'appiattimento, all'impoverimento e al deterioramento della nostra struttura produttiva: guasti che si stanno già riflettendo sull'intera collettività.
Per questo noi non condividiamo il bilancio che ci è proposto dalla Giunta regionale di sinistra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intendo svolgere due tipi di considerazioni: una legata al quadro generale nel quale ci troviamo ad operare ed alle difficoltà delle Regioni nell'assolvere il loro ruolo l'altra riferita al merito del bilancio di previsione del 1984.
E' un eufemismo parlare di difficoltà delle Regioni, in effetti, quello che più o meno coscientemente si sta svolgendo è una lenta, ma inesorabile orazione funebre per le Regioni e non per loro responsabilità, non un bilancio cadaverico, collega Carletto! Non solo siamo in presenza dell'attacco neo-centralista, ma siamo ormai al collasso della finanza, regionale, intesa come strumento legato alla programmazione.
Da tempo si dice giustamente e lo si afferma anche nella relazione al bilancio, che la Regione deve spogliarsi dell'attività gestionale attraverso lo strumento della delega, per assumere il ruolo di programmazione che le è assegnato dalla Costituzione.
Ma come si fa a programmare senza avere le risorse per gli investimenti? Come si fa a programmare in carenza di un quadro minimo di previsione pluriennale delle risorse. Oggi formalmente stiamo discutendo di 4.157 miliardi a bilancio per il 1984, ma in effetti la discussione è sui 147 miliardi che possiamo utilizzare liberamente per investimenti, le risorse libere che rappresentano meno del 4 % del bilancio regionale. Se ci rendiamo conto che l'unica previsione che riusciamo a fare per i prossimi anni è di un'ulteriore riduzione delle risorse libere da vincoli, non possiamo non constatare che siamo al collasso della finanza regionale.
Se questo nodo non viene affrontato e sciolto rapidamente rischia di portare alla morte delle Regioni come organi di programmazione, di raccordo tra il Governo e gli Enti locali e strumento di partecipazione alle scelte degli Enti locali e della popolazione.
Poco importa se le Regioni, in quanto strutture burocratiche sopravviveranno, visto che saranno sempre di più delle agenzie di spesa senza nessun ruolo e serviranno di copertura delle decisioni sempre più centralizzate ed autoritarie.
I partiti che qui sono all'opposizione e che a Roma sono al Governo hanno chiesto di allungare i tempi prima di discutere il bilancio per poterlo meglio esaminare, ma non hanno avuto il tempo per fare una riflessione su questa questione determinante del ruolo della Regione.
La scarsità delle risorse, la rigidità crescente della spesa, i vincoli di destinazione, problemi comuni a tutte le Regioni e questo è un segnale preoccupante, sono questi i problemi che vanno affrontati alla radice.
I fattori che concorrono nel determinare questo stato di cose sono diversi, innanzitutto il fatto che i trasferimenti statali alle Regioni non corrispondono né al tasso reale di inflazione, né al tasso di inflazione programmata: nel 1982, a fronte di un riconoscimento formale di incremento del 16 %, l'inflazione è stata del 17,6 %, nel 1983, a fronte di un incremento formale del 13 %, l'inflazione è stata del 15 %. Per l'84 i trasferimenti complessivi sono inferiori al 10 % e l'inflazione reale prevista è intorno al 12 %.
E del resto è emblematica la vicenda del non rispetto da parte del Governo delle norme e delle discipline previste per i trasporti dalla legge 151.
La seconda questione è relativa al fatto che i Governi succedutisi alla guida del nostro Paese non solo non hanno avviato una programmazione pluriennale delle risorse, ma non hanno applicato nemmeno quelle leggi che prevedevano una programmazione pluriennale della spesa, in particolare quella relativa alla spesa sanitaria che dovrebbe essere ripartita per trienni.
La terza questione riguarda la mancata riforma della finanza regionale decisiva per mettere fine alla provvisorietà ed alla indeterminatezza delle scelte sulla finanza regionale e locale, con l'obiettivo di riequilibrare il rapporto tra fondi a destinazione vincolata e fondi a destinazione libera.
Una quarta questione è la non corresponsabilizzazione delle Regioni e delle autonomie locali nella politica delle entrate, nella lotta all'evasione e nella partecipazione generale al processo tributario.
Allo strangolamento e all'esautoramento delle Regioni e delle autonomie locali fa degna cornice la legge finanziaria recentemente approvata dal Parlamento che si caratterizza per i tagli alle spese sociali, tagli che tuttavia non sono ancora sufficienti secondo il Ministro del Tesoro, Goria.
Non nego che sia necessario contenere il deficit pubblico, non ammetto però che il Governo faccia pesare i provvedimenti di contenimento sulle spese sociali penalizzando le categorie dei cittadini più deboli e nel contempo continui a spendere migliaia di miliardi per spese militari.
Mentre si chiede il taglio dei salari e della scala mobile per ridurre l'inflazione, è proprio il Governo invece a spingerla in alto con la sua politica delle tariffe, mentre le entrate tributarie pesano in modo preponderante sul lavoro dipendente e si evita di tassare i grandi patrimoni.
Nel momento in cui ci apprestiamo a votare il bilancio 1984 non possiamo non tenere in conto questi problemi e non possiamo non interrogarci su che cosa fare per evitare l'asfissia delle Regioni quali enti di programmazione.
Il Gruppo PDUP ha presentato un ordine del giorno che proponiamo di votare insieme al bilancio 1984 nel quale si chiede al Governo di far fronte al deficit pubblico attraverso l'incremento delle entrate istituendo l'imposta patrimoniale ed avviando indagini sui redditi da lavoro autonomo.
Per quanto riguarda il rapporto tra personale ed Enti pubblici sollevato dal collega Carletto, non credo si possano fare delle facili generalizzazioni, mentre nell'Ente Regione questo rapporto deve essere visto anche alla luce dell'istituto della delega, in generale non si pu dire che non è necessario assumere personale presso gli Enti pubblici.
Presso gli uffici fiscali di Torino manca quasi il 50 % del personale di qui la causa dell'enorme arretrato nell'esame delle pratiche, su tale questione mi sembra ormai ineludibile il problema della corresponsabilizzazione delle Regioni e delle autonomie locali nella politica delle entrate e nella lotta all'evasione. Nell'ordine del giorno chiediamo al Parlamento di approvare rapidamente la riforma della finanza locale e regionale al fine di riequilibrare il rapporto tra le entrate vincolate e le entrate libere e l'approvazione della legge sull'ordinamento delle autonomie locali. Nel merito del bilancio regionale per il 1984 possiamo dire che esso contiene riferimenti in termini politico programmatici mirati alla scadenza amministrativa dell'85. Questo quadro di riferimento è importante per il piano regionale di sviluppo, nel quale questi interventi operativi dovranno essere precisati, giacché non è ipotizzabile finanziare tutti i progetti prima della fine della legislatura. Il bilancio pluriennale non può che essere collegato al piano di sviluppo e alla definizione delle priorità da attuare, quindi discuterne ozi è un'esercitazione inutile, che non dà molto profitto. Ci auguriamo che finalmente il piano di sviluppo vada in porto nei prossimi mesi. Sarebbe stato auspicabile che con il bilancio di previsione per il 1984 fosse stato predisposto il quadro degli interventi operativi e delle priorità del piano di sviluppo. La non corrispondenza di questi due momenti è una carenza che si dovrà recuperare in sede di assestamento di bilancio. Io credo che il bilancio e le scelte programmatiche a cui fa riferimento devono caratterizzarsi per affrontare l'emergenza occupazionale, del resto questo "è il motivo di fondo delle relazioni che accompagnano il bilancio.
Chiediamo alla Giunta, rispetto ai progetti operativi, che quantifichi per ogni progetto, laddove è possibile, le ricadute occupazionali in modo che le priorità vengano decise anche sulla base dell'occupazione che ogni progetto è in grado di promuovere.
Vanno riconfermati impegni ed obiettivi prioritari, innanzitutto sulla formazione professionale, su questo argomento, con il Fondo Sociale Europeo siamo in termini finanziari sui livelli dello scorso anno, con il rischio di avere a malapena le risorse per far fronte alle spese fisse del personale e delle strutture che si aggirano intorno all'80 %.
Se vogliamo essere coerenti con i discorsi fatti sulla formazione professionale e sul ruolo che vogliamo fargli assumere, è opportuno provvedere in sede di assestamento alle esigenze finanziarie per questo settore tenendo anche conto che alcune strutture dei centri gestiti direttamente dalla Regione sono in una situazione veramente disastrosa.
Chiediamo a questo proposito che la Giunta prima dell'assestamento di bilancio presenti un piano di riassetto di tali centri.
Va riconfermato l'impegno, del resto già assunto dall'Assessore in sede di Commissione, di approvare e finanziare la legge sulle cooperative.
Occorre concretizzare con precisi progetti gli impegni finanziari assunti nel campo della criminalità e della devianza (nella relazione si parla di 1 miliardo) e per l'inserimento al lavoro di handicappati.
Quanto al FIO, occorre esaminare la possibilità di legare il progetto forestazione ai progetti socialmente utili, con utilizzo di lavoratori disoccupati al fine di dare sbocchi di lavoro stabile.
Per quanto riguarda l'energia è noto come siamo sempre stati contrari alle centrali nucleari. Per primi abbiamo denunciato le carenze della Regione per quanto riguarda l'informazione ed il controllo relativamente all'impatto socio-economico ed ambientale nelle zone interessate. Abbiamo denunciato il ritardo nello stipulare la convenzione relativa. La costruzione di un tale impianto comporta una valutazione anche delle diseconomie indotte che esso può provocare sull'ambiente e sul territorio.
Credo sia follia pensare a due centrali nucleari come qualcuno ipotizza. Per quanto riguarda la legge 308 il problema non è tanto nell'iscrizione a bilancio degli 87 miliardi, quanto l'attivazione e l'operatività della legge.
A questo proposito abbiamo sollecitato la Giunta a presentare il disegno di legge sulle norme di attuazione.
Il disegno di legge è ora giacente in Commissione, quindi si tratta di esaminarlo e di votarlo. Riteniamo sia opportuno legare il riassetto idrogeologico all'installazione di piccoli impianti e delle centraline per la produzione di energia affinché gli investimenti diano risultati più incisivi.
In sede di consultazioni è stato sollevato l'argomento della scarsità dei fondi per realizzare le aree attrezzate che è uno dei pochi strumenti di cui la Regione dispone per intervenire nel campo dell'industria. In I Commissione si è detto che la legge sulle aree industriali attrezzate e la legge sulle aree artigiane dovrebbero integrarsi, condivido tali argomentazioni ed invito la Giunta a provvedere in merito.
Inoltre esistono dei contenitori vuoti che possono essere riutilizzati a fini produttivi e per la rilocalizzazione di piccole e medie industrie, è vero che in alcuni casi il costo potrebbe essere alto, ma le convenienze vanno valutate anche in rapporto ai benefici derivanti dalla non urbanizzazione di altre porzioni di territorio che potrebbe essere destinato ad altre attività.
Questo aspetto del riutilizzo dei contenitori vuoti potrebbe costituire un pezzo da inserire nel piano di sviluppo.
Vanno fatte altre riflessioni su tre questioni: sulla sanità e sui riflessi che le norme della legge finanziaria producono sulle Regioni, le quali devono ripianare i deficit delle USSL.
Dovremmo assumere l'iniziativa affinché non venga peggiorata la qualità dei servizi con l'applicazione di nuovi tickets sui trasporti. Occorre verificare se l'aumento dei 300 miliardi del fondo nazionale per i trasporti, deciso dal Parlamento in sede di approvazione della legge finanziaria, è sufficiente ad evitare ulteriori e controproducenti manovre sulle tariffe.
Dobbiamo chiederci quali effetti potrebbe avere sulla finanza locale il disegno di legge Nicolazzi approvato dal Consiglio dei Ministri 4 giorni fa sull'esproprio delle aree.
E' una legge nefasta per l'edilizia che ha il solo scopo di rilanciare la rendita.
Con queste considerazioni e con l'obiettivo di adeguare il bilancio regionale in sede di assestamento e di legarlo al piano di sviluppo esprimo voto favorevole e chiedo che venga votato l'ordine del giorno presentato dal nostro Gruppo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

A questo punto sospendiamo i lavori che riprenderanno oggi pomeriggio alle ore 14. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,20)



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