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Dettaglio seduta n.222 del 22/12/83 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Opere idrauliche ed acquedotti

Comunicazioni della Giunta regionale e risposta ad interrogazione dei Consiglieri Sartoris, Chiabrando, Penasso e Genovese sui finanziamenti FIO


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Iniziamo i lavori con le "Comunicazioni della Giunta regionale".
E' stata inoltre presentata un'interrogazione dai Consiglieri Sartoris Chiabrando, Penasso e Genovese sui finanziamenti FIO e la Giunta si è dichiarata disponibile a rispondere immediatamente data l'importanza dell'argomento.
La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore al coordinamento progetti FIO

Oggi il CIPE dovrebbe riunirsi per decidere sui finanziamenti FIO 1983 sulla base dell'istruttoria svolta dal Nucleo di valutazione del Ministero del Bilancio che al CIPE l'ha inviata qualche settimana fa.
L'istruttoria è stata condotta con l'esclusione di qualsiasi interlocuzione con la Regione nonostante sollecitazioni, che i metodi e le procedure adottate dal Ministero, peraltro in via di sperimentazione, siano complessi e che gli orientamenti siano incompleti. Non conosciamo quindi l'esito dell'istruttoria effettuata dal Nucleo di valutazione e non conosciamo il quadro dei progetti che sono stati presentati al CIPE all'interno del quale il CIPE stesso sceglierà i progetti per un importo compatibile con i finanziamenti disponibili. In questo clima di inusitata segretezza, inspiegabile per un'Amministrazione pubblica, si è sviluppato un intreccio di voci e di indiscrezioni prefiguranti le scelte che il CIPE effettuerà. Non solo, attorno a queste indiscrezioni si è sviluppata una scoperta polemica, ingiustificata quanto deleteria, avente il carattere della strumentalizzazione politica e tendente ad attribuire alla Regione Piemonte la responsabilità di decisioni del CIPE che non rispettino la priorità delle indicazioni date dalla Regione.
E' in questo clima che si rende necessaria la comunicazione al Consiglio per un'informazione dei fatti oggettivi a noi noti, quelli a cui abbiamo partecipato, per chiarire ciò che la Giunta ha fatto a sostegno delle decisioni assunte.
Con questa comunicazione rispondo all'interrogazione urgente presentata dal Gruppo DC. Ai colleghi è noto che la Giunta ha presentato come prioritari i progetti riguardanti gli acquedotti. Prima della presentazione ha discusso con il Nucleo di valutazione, dott. Pennisi e dott. Fornasari i criteri della nostra presentazione.
Fummo sollecitati a presentare i progetti regionali nell'ambito di un'intesa interregionale per favorire il lavoro di scelta e di priorità da parte del Nucleo di valutazione. Ci fu detto che l'aggregazione dei progetti in un quadro interregionale costituiva un elemento politico di forza, fatte salve le valutazioni di carattere tecnico ed economico, che avrebbe facilitato il lavoro del Ministero del Bilancio.
Ci fu detto di indicare delle priorità di fronte al fatto che noi dichiarammo di aver lavorato su un numero non piccolo di progetti.
Il dott. Pennisi e il dott. Fornasari si impegnarono a sentire successivamente la Regione per una valutazione tecnica dell'elaborazione che la Regione avrebbe fatto e per una puntualizzazione ove questa si fosse resa necessaria.
Il dott. Pennisi, con molto garbo, volle sottolineare che tale interlocuzione tra gli uffici del Nucleo delle valutazioni e la Regione Piemonte sarebbe stato bene si fosse mantenuta a livello tecnico nel senso che un'elaborazione tecnico-economica seria, un garanzia era quella di non aprire gli uffici alle interferenze ed alle pressioni politiche. Il suo discorso l'ho inteso in questo senso.
Che questa interlocuzione tra gli uffici fosse necessaria, deriva dal fatto che questo metodo di valutazione e questa procedura economica finanziaria dei progetti sono fatte in via sperimentale ed è complessa proprio perché applicata ad operazioni che non hanno un puro carattere imprenditoriale. Anche gli altri Paesi sono in fase sperimentale. Si tratta di un'analisi tra costi e benefici volta a razionalizzare la spesa pubblica. Su questa finalità mi espressi a favore, fin dalla prima volta che fu annunciata dall'allora Ministro La Malfa in una riunione a Torino.
La spesa pubblica corrisponde quasi completamente alla fornitura di servizi, in qualche caso si tratta di servizi rivolti alla collettività e ai singoli e si tratta di valutare l'utilità fornita agli utenti oltre gli effetti esterni che derivano dalla produzione di questi servizi. Anche quando si tratti di imprese pubbliche, è il caso dell'impresa di trasporto se è più agevole l'analisi costi-benefici si tratta sempre di mettere in evidenza oltre al merito economico dell'attività dell'impresa il merito di carattere sociale.
Non si può dire che le indicazioni e il manuale fornito dal Nucleo di valutazione fosse esauriente. Leggo quanto è stato detto dal prof. Serpi Docente all'Università di Torino, su "24 Ore" un paio di mesi fa: "Ebbene per quanto si è potuto constatare, il manuale redatto dal Nucleo di valutazione è piuttosto lontano dal contenere precisi metodi di valutazione adatti alla realtà del nostro Paese" - "In questo campo, l'adozione del manuale conduce piuttosto all'imbarazzante risultato di mettere il dirigente pubblico, che ha il problema di farsi finanziare la costruzione della scuola materna o dell'ospedale o di una strada, di fronte al problema di assimilare una metodologia che è stata inventata per valutare il merito economico, sociale di progetto, tipo la produzione di chiodi di garofano nello Stato confederato di Zanzibar senza speranza di arrivare, una volta dipanata la matassa, ad una sensata guida per la valutazione, in chiave di pura efficienza, dei progetti che ha di fatto sulla scrivania. Con quanto successo per la promozione dell'analisi preventiva di efficienza è facile immaginare". Il riferimento ai chiodi di garofano della Repubblica di Zanzibar non è drasticamente polemico, nel senso che il prof. Serpi spiega che questa metodologia è stata derivata dal Nucleo di valutazione da una metodologia approntata dalla CEE per i Paesi in via di sviluppo. Ecco la ragione per cui noi chiedemmo, prima di presentare i progetti, di poter essere guidati da una discussione preventiva e, dopo la discussione dei progetti, seguire queste valutazioni per portare quegli affinamenti che ritenevamo fossero necessari non solo per responsabilità nostra ma per responsabilità del Nucleo di valutazione.
Non sto a citare le persone che interpellammo. Sempre ricevemmo la risposta che le schede da noi presentate andavano bene e che non c'era bisogno di interrogazioni. Il 29 settembre ho scritto al dott. Pennisi ribadendo la nostra volontà di partecipare costruttivamente alla definizione della metodologia e nella lettera allegavo i tabulati delle elaborazioni da noi fatte attraverso l'ausilio delle procedure automatiche di elaborazione presso il Centro di Calcolo. Nella lettera ribadivo che eravamo disponibili ad inviare i dischi con le registrazioni magnetiche delle elaborazioni fatte ove fosse stato necessario modificate i parametri posti alla base della valutazione.
La legge stabilisce che il CIPE, su proposta del Ministero del Bilancio, deve fornire i criteri di riparto tra Amministrazione centrale ed Amministrazione regionale e tra settori di intervento nonché i parametri di valutazione dei progetti.
Non avendo fornito i parametri di valutazione dei progetti, ci siamo preoccupati fin dall'inizio dell'incomparabilità che può venire a determinarsi tra progetti di un settore di intervento rispetto a progetti di altri settori e soprattutto fra le valutazioni condotte dalle singole Regioni.
Telefonai al dott. Pennisi personalmente nel mese di ottobre per avere spiegazioni. Il dott. Pennisi mi rispose nei termini del mese di luglio sul rispetto della loro autonomia tecnica ed economica di valutazione.
Riconfermai che non volevo assolutamente, com'è nel nostro costume interferire politicamente sul lavoro, ma ribadii che i nostri uffici venissero sentiti nel corso dell'istruttoria. Ebbi di nuovo una promessa del dott. Pennisi che, ove si fosse manifestata la necessità di approfondimenti, gli uffici sarebbero stati sentiti.
Il 9 novembre ci fu un incontro a Milano tra i rappresentanti delle Regioni ed il Ministro Longo, preceduto da una riunione preparatoria. Vi partecipò il Presidente della Giunta Viglione. Il Ministro Longo sottoline l'esigenza che le quattro Regioni della pianura padana si presentassero unitarie a sostegno delle politiche sul Po e ribadì che comunque sarebbero state rispettate le priorità indicate dalle Regioni. A seguito di quell'incontro il Presidente della Giunta regionale firmò, insieme con i Presidenti delle altre Regioni, una lettera indirizzata al Ministero del Bilancio e sollecitata dal Ministro Longo con la quale si ribadiva l'esigenza del rispetto delle priorità indicate dalle Regioni ai fini di una gestione unitaria delle operazioni che hanno carattere omogeneo sul bacino del Po e le quattro Regioni padane, così come richiesto dal FIO, si dichiaravano disponibili, pur nell'ambito di un'autonoma gestione degli eventuali finanziamenti ottenuti, ad attivare un ufficio comune che fungesse da referente tecnico nei rapporti con la BEI. Comunque le Regioni richiedevano il rispetto delle priorità indicate. Nelle settimane scorse ci fu risposto che i progetti erano a posto e furono persino espressi complimenti per il molto lavoro svolto. In questo spirito di collaborazione ho nominato una Commissione di tecnici che riverificasse perlomeno i progetti prioritari. La Commissione ultimamente ha comunicato che gli acquedotti Consorzio del Monferrato, Langhe ed Alpi Cuneesi, Val Tiglione acquedotto municipale di Torino per la collina torinese, Comunità montane Valle di Lanzo e quella della Val Borbera erano cantierabili.
In queste ultime settimane sono circolate voci di apprensione da parte degli enti erogatori dell'acqua potabile, secondo le quali gli acquedotti non sarebbero stati finanziati per incompletezza dei progetti. Questa notizia creò stupore negli amministratori dei Consorzi che avevano prodotto i progetti e creò stupore in noi stessi che avevamo costantemente ricevuto informazioni sulla completezza delle schede da noi presentate. L'altro giorno, il Presidente della Giunta ha ricevuto un telegramma dell'on.
Botta, Presidente della Commissione dei Lavori Pubblici, che accusa la Regione per una sua carenza gestionale nella presentazione dei progetti FIO ed informa che non saranno finanziati gli acquedotti, che la decisione sarà presa il 22 dicembre e che l'esito sarà totalmente negativo.
Tralascio di intervenire sul metodo. Sono però davvero sorpreso che nonostante la disponibilità mostrata dalla Regione, nonostante la ricerca di continui contatti, non ci sia mai stato alcunché, tanto più necessario se davvero le questioni sollevate dall'on. Botta fossero vere; che l'on.
Botta ne sia stato messo a conoscenza e se ne serva anche pubblicamente in una fase istruttoria che dal Ministero è stata considerata segreta inaccettabilmente segreta. D'altra parte la conoscenza dell'on. Botta non può neanche derivare dai suoi compiti di istituto, perché l'istruttoria è stata ritenuta segreta. Dal Nucleo di valutazione e dal Ministero del Bilancio le valutazioni passano al CIPE e in quella sede vengono assunte le decisioni. Il Presidente Viglione ieri con un suo telegramma ai Ministri Romita, Altissimo, Longo, Amato, Nicolazzi, ha ribadito l'esigenza che si tenga conto delle priorità indicate dalla Regione. Altro telegramma è stato inviato dal Presidente Viglione all'on. Botta in risposta al suo.
Telegrammi ho mandato anch'io al Ministro Longo, al Nucleo di valutazione e all'on. Botta per chiarire le questioni. Nel suo telegramma l'on. Botta spiega l'esclusione degli acquedotti del Piemonte, in ragione del fatto che la Regione avrebbe presentato una serie lunghissima di richieste, anche modeste, che non abbiamo avuto il coraggio di respingere.
L'on. Botta forse non è a conoscenza della deliberazione della Regione Piemonte relativa ai 21 progetti degli acquedotti oltre ai progetti degli altri settori che costituiscono la dimostrazione del fabbisogno primario della nostra Regione, costituiscono il piano di intervento che si dovrà realizzare negli anni futuri per risolvere il problema degli acquedotti. I 21 progetti rappresentano la realtà dei fabbisogni regionali che nessuno può disconoscere.
La presentazione dei 21 progetti ha anche il significato di introdurre una strada che vale anche per gli anni prossimi. Quando la legge finanziaria sarà approvata scatteranno i 90 giorni entro i quali le Regioni dovranno di nuovo presentare le richieste per il FIO '84 e indicare le priorità. La Regione Piemonte nella presentazione dei progetti ha indicato le priorità e ha individuato i binari su cui muoversi con carattere pluriennale. Se vi erano ragioni di esclusione in questi mesi dovevano esserci comunicate.
La Regione Piemonte si era dichiarata disponibile e messa in condizioni strumentali per poter completare le eventuali richieste di ulteriori approfondimenti e di ulteriori informazioni. Se non verranno prese in considerazione le priorità della Regione sarà importante conoscere le motivazioni. L'anno scorso il Nucleo di valutazione del Ministero del Bilancio non ha motivato le scelte che ha effettuato. Se le ragioni delle esclusioni sono, per esempio, dovute alla scelta di altri progetti, secondo quanto detta la politica economica nazionale, può essere una motivazione accettabile, ma ci deve essere data preventivamente, non a posteriori.
Avremmo predisposto ugualmente i progetti esecutivi perché sono un bagaglio utile per il futuro, ma avremmo orientato diversamente le richieste al FIO forse avremmo orientato diversamente le ripartizioni di bilancio e in futuro vedremo se non dovremo escludere gli acquedotti. Non vorrei che fra le tante corporazioni imprenditoriali, quella che produce dubbi per gli acquedotti e le escavazioni per gli acquedotti sia più debole di quella che produce depuratori. Se i motivi sono oscuri devono venire fuori: questo vuol dire rendere trasparente il modo di governare del Paese e dissolvere la rete di pressioni. Forse a questo si riferiva il dott. Pennisi quando mi chiedeva di consentire autonomia di valutazione tecnica.
Se il Ministero del Bilancio ha avuto conferma che gli acquedotti non sono finanziati con i fondi BEI è opportuno che lo dica pubblicamente.
Comunque se la ragione è questa, credo sia una motivazione accettabile, con un suo fondamento ed una sua giustificazione. Se ai 1.000 miliardi del FIO possono essere aggregati 1.000 miliardi dei fondi BEI, è una politica giusta di raddoppiamento degli investimenti con capitali comunitari. Sono invece ingiustificate le illazioni, le indiscrezioni e le strumentalizzazioni che su questa materia sono fatte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.



SARTORIS Riccardo

Devo subito dire che l'interrogazione di alcuni Consiglieri del Gruppo DC non ha preso le mosse dal telegramma dell'on. Botta.
Ho presentato altre due interrogazioni sull'argomento, questa è la terza scaturita da un provvedimento che il Prefetto di Torino ha assunto in data 17/12/1983 con l'invio, a parecchi Comuni della provincia di Torino di un telegramma con il quale, in relazione alla scarsità delle risorse idriche che si era venuta manifestando per la scarsa piovosità dei mesi di ottobre e di novembre, chiedeva ai Sindaci quali provvedimenti avevano in itinere per risolvere il problema degli acquedotti. Dall'iniziativa del Prefetto di Torino è venuta una protesta da parte dei Sindaci i quali ricordando lo sforzo fatto in passato per attribuire alla Comunità montana un'opera che ha delle dimensioni ciclopiche in relazione al territorio in cui viene collocata, ribaltavano il problema nelle mani dello stesso Prefetto perché intervenisse a Roma per sottolineare che le iniziative e i provvedimenti che intendiamo assumere sono legati al progetto, generale per la costruzione dell'acquedotto delle Valli di Lanzo. Mi pare che addirittura il Presidente Viglione avesse parlato nei giorni scorsi con i Sindaci manifestando il pericolo che il finanziamento delle opere prioritarie indicate nel programma regionale inviato a Roma non fosse rispettato. Questa è l'esclusiva motivazione della nostra interrogazione.
Ma, per l'amicizia sul piano personale che mi lega all'on. Botta, vorrei sdrammatizzare l'invio del telegramma senza entrare nel merito dello stesso. Secondo me è stato un utile campanello d'allarme, seppure mandato soltanto ieri, che ha provocato il telegramma del Presidente della Giunta che si richiama alle necessità di finanziare i cinque acquedotti indicati come prioritari. Se il Ministro Longo ha dichiarato che le priorità sarebbero state rispettate, vedremo se quella dichiarazione sarà avallata da un provvedimento concreto.
La procedura seguita dalla Regione l'abbiamo condivisa in I Commissione. Ci fu un chiarimento specifico rispetto all'acquedotto delle Valli di Lanzo, che all'ultimo momento fu introdotto nel programma, per cui riteniamo che non ci sia molto da obiettare sul modo con il quale la Regione ha presentato i programmi al Governo. Obiettiamo invece che in una Regione come il Piemonte, che qualcuno chiama Regione a dimensione europea nel 1983 si stia ancora a discutere sulla scarsità idrica. La legge 28 è del 1975 ed era stata varata per intervenire nel settore delle urbanizzazioni primarie. Che dopo otto anni il Presidente non sia ancora riuscito a destinare risorse per risolvere questo problema primario, ci lascia molto perplessi.
Richiamiamo questo aspetto di carattere puramente politico che investe la destinazione delle risorse regionali fatta dal 1975 ad oggi. Non entro nel merito delle iniziative dei parlamentari, che possono essere valutate più o meno positive od opportune, comunque rilevano la presenza del parlamentare che le ha formulate in ordine ad un problema che la comunità sente e che forse la Regione ha dimostrato di sentire con minore intensità rispetto alla comunità.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Di fronte all'obiettiva e completa comunicazione dell'Assessore Rivalta ho provato dell'amarezza e credo che molti Consiglieri l'abbiano provata.
L'amarezza deriva dal fatto che abbiamo svolto un lavoro corretto sul piano del metodo istituzionale, serio nella ricerca delle priorità, nello sviluppo del supporto a queste priorità da parte della Regione, ma che, di fronte a questo comportamento ineccepibile, abbiamo un clamoroso manifestarsi di un metodo contrario alla trasparenza, alla chiarezza gravemente lesivo delle prospettive democratiche delle popolazioni, prima ancora che delle istituzioni che le rappresentano. Di fronte a questo lavoro abbiamo avuto la cortina del silenzio, le raccomandazioni della segretezza, un'assoluta difficoltà ad interloquire con eventuali risposte alle osservazioni che potevano venire. Oggi, nel giorno in cui deve essere deciso dal CIPE un provvedimento importante, ci troviamo a discutere su un telegramma. Si può dire che il clamoroso incidente in cui è incorso l'on.
Botta è stato un utile campanello d'allarme? Il telegramma è firmato dall'on. Botta come Presidente della Commissione Lavori Pubblici. Come può la Commissione Lavori Pubblici, non avendone nessun titolo, intervenire? Il telegramma parla di pessima disordinata gestione regionale, ma non compete all'on. Botta dare giudizi di merito, tra l'altro sbagliati, sulle ragioni di un possibile non finanziamento degli acquedotti.



BRIZIO Gian Paolo

Il telegramma datelo a tutti i Gruppi.



BONTEMPI Rinaldo

Vedo che ti arrabbi, probabilmente ti ho toccato nel vivo.
Se ti avvicini al banco della Presidenza puoi leggere il testo.



PRESIDENTE

La Presidenza non ha il telegramma.



BONTEMPI Rinaldo

Sto parlando di un comportamento che non mi sembra l'utile campanello d'allarme, mi sembra sia un pesante giudizio di merito, tra l'altro non confortato dai fatti e che ci pare poco comprensibile.
Se ci trovassimo in una situazione analoga alla Regione Piemonte con un Presidente di Commissione che adotta lo stesso comportamento, mi chiedo quali sarebbero le giuste e sacrosante reazioni da parte di tutto il Consiglio. Ma, al di là di questo aspetto, credo sia necessario fare molta chiarezza. Ha fatto bene il Presidente della Giunta a indirizzare un telegramma al Governo e chiediamo al Governo di fare chiarezza, chiediamo che il Governo nella sua decisione si faccia carico della serietà del lavoro fatto dalla Regione e del fatto che in questi mesi nessuna indicazione tecnica sulle caratteristiche dei progetti è stata avanzata perché la Regione dovesse correre ai ripari. Un'assunzione di responsabilità da parte del Governo vuole dire anche togliere i dubbi che abbiamo in questa vicenda e i dubbi non sono solo relativi a questo.
Ormai sono troppi i casi in cui elenchi di opere pubbliche per Amministrazioni comunali inviati alla Cassa Depositi e Prestiti secondo scale rigorose di priorità vengono stravolti, grazie a pressioni di altri soggetti che non conosciamo, sulle quali sarà interessante indagare.
Ci associamo all'iniziativa del Presidente e speriamo che questa vicenda non si concluda negativamente. Se si concludesse negativamente, a me resterebbero molti dubbi sulla vicenda, sul ruolo dei vari personaggi ma soprattutto su quale sia il percorso corretto tra due grandi istituzioni dello Stato, salvo che mi sbagli su una cosa, che la considerazione fatta da uffici e da personaggi politici sugli interessi materiali dell'Istituzione regionale non sia verso una grande istituzione, ma verso gente che si può prendere tranquillamente in giro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Ringrazio la cortesia della Giunta che ha ritenuto di dover coinvolgere la totalità del Consiglio in una materia che era stata sollevata dall'attenzione di alcuni colleghi con un'interrogazione. Lo spazio che ci è messo a disposizione va, secondo noi, utilizzato con molto rigore perch la seduta ha pure altri incombenti.
Va distinto il merito dai comportamenti. Il merito, con una valutazione favorevole nei confronti dello sforzo che ha fatto l'Assessore Rivalta per rendere credibile la proposta acquedotti, inserendola nel progetto più ampio di sistemazione dell'area del Po, aveva visto il nostro entusiasmo.
Ma non voglio entrare nel merito, mi attengo invece ai comportamenti. Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Condivido il giudizio che ha espresso il Capogruppo Bontempi sull'operato del Presidente della Commissione Lavori Pubblici della Camera dei Deputati. E' un comportamento inaudito e mi auguro che il Consiglio trovi la forza per pronunciare in modo formale la disapprovazione alla Presidenza della Camera. Anche perché questo Consiglio regionale ha preso dei provvedimenti, sul piano politico, molto rigorosi nei confronti di alcuni suoi componenti.
Le forze politiche, che sono attente a questi problemi, sapevano che il clima in cui si sta decidendo questa materia a Roma non è un clima sereno.
Sarà opportuno fare qualche approfondimento, non solo per conoscere le valutazioni dei nostri progetti, ma per conoscere anche valutazioni dei progetti delle altre Regioni per capire quali priorità vengono fuori.
Il Presidente della Commissione Lavori Pubblici utilizza informazioni di cui non deve disporre, non per una funzione di sensibilizzazione, che va fatta semmai a livello parlamentare, e ne fa un atto di strumentalizzazione politica ed istituzionale in modo inaudito ed inaccettabile.
Le campane che sentiamo suonare sono estremamente tristi e la nostra attesa è trepida, ma non molto fiduciosa sulla decisione odierna del CIPE.
A questo punto, per rispondere alle attese della popolazione è necessario reperire risorse e, in questo senso, non faccio richieste formali, ma affido alla sensibilità della Giunta l'opportunità di valutare lo slittamento della consultazione sul bilancio, acciocché venga presentata la modifica che l'Assessore competente vorrà proporre. Ho sottolineato il comportamento criticabile dell'on. Botta, per rimarcare come la classe politica debba astenersi da comportamenti protagonisti che mettono l'istituzione nella necessità di decidere prima di conoscere, non di conoscere prima di decidere. La I Commissione non ha mai potuto esaminare la materia FIO con serenità, per difficoltà di ordine giuridico sistematico. I nostri funzionari, che a me sembrano preparatissimi, ci avevano subito avvertiti sulle difficoltà di capire se le priorità regionali sarebbero state un parametro di valutazione o meno, quindi avevamo suggerito di esercitare il massimo sforzo possibile sulla capacità progettuale della Regione. Presidente Viglione, quando è arrivato in I Commissione, il progetto acquedotti era diventato ormai uno dei cavalli di battaglia della sua proposta politica e ci siamo trovati una serie di bottiglie di acqua inquinata che i Sindaci avevano portato.
Anche se non pongo sullo stesso piano il comportamento del Presidente della Giunta, che anticipa il risultato del lavoro della Commissione, della Giunta e del Consiglio, con il giudizio del Presidente della Commissione Lavori Pubblici sulle deliberazioni che assumerà il CIPE, certamente sono due episodi che aprono in modo inaccettabile una vicenda e la chiudono in modo scandaloso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerutti.



CERUTTI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, intervengo per puntualizzare il pensiero del PSDI su questo episodio. Vorrei sottolineare la scelta politica che la Regione Piemonte ha fatto in materia di acquedotti. E' un salto di qualità per evitare che i Comuni facciano dei piccoli acquedotti con oneri alti di miliardi.
Il Comitato regionale delle opere pubbliche ha valutato attentamente i progetti, ne ha rinviati alcuni predisposti in termini non validi. Tutto questo lavoro ha creato alcune prospettive nei Consorzi di Comuni, che vedono nell'acqua uno dei problemi fondamentali per la sopravvivenza. Devo dare atto che gli uffici tecnici e l'ufficio della programmazione e pianificazione hanno fatto un ottimo lavoro, ricorrendo al sostegno esterno per elaborare le schede e predisporle in termini legali. Quando abbiamo inviato il nostro pacchetto e le nostre priorità sapevamo di essere forse perdenti nei confronti delle richieste delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia che ponevano la depurazione delle acque del Po con dei ritorni sul piano del recupero ambientale sulle spiagge dell'Adriatico; l'elemento del calcolo veniva ritenuto come elemento primario. Dopo l'invio di questo pacchetto, con il presidente della Giunta regionale ed il collega Mignone abbiamo avuto un colloquio con il Ministro Longo per spiegare le ragioni delle scelte della Regione Piemonte. In quell'occasione abbiamo evidenziato come la Regione Piemonte sia stata di guida nell'applicazione della legge Merli e come abbia impegnato la maggior parte delle risorse nella depurazione delle acque con l'utilizzo dei finanziamenti FIO, l'anno scorso, per completare il depuratore del Po - Sangone e come altre Regioni abbiano fatto scelte di comodo. Siamo stati perdenti forse sotto l'aspetto della priorità collegiale fra le Regioni, ma vincenti nella realizzazione delle opere. Abbiamo sottolineato al Ministro il finanziamento della legge 650 che non era negli obiettivi finanziari dei lavori pubblici ed anche qui saremmo stati un'altra volta penalizzati se non avessimo completato il programma che l'allora Assessore Salerno aveva predisposto e che aveva ottenuto riconoscimenti di merito da parte del Ministro dei Lavori Pubblici. Questa predisposizione da parte della Regione non ha trascurato il discorso relativo alla depurazione, anzi, intende completarlo con quella programmazione che a suo tempo era stata fatta nella consapevolezza che la fornitura di acque ai territori che hanno scarsità di questa materia prima e che la razionalizzazione e la captazione di acque in montagna pu consentire un notevole risparmio di energia. Mi auguro che questo breve dibattito ci consenta, come ulteriore rafforzamento della decisione politica della Regione Piemonte, di inviare un programma o di presentare un ordine del giorno al Consiglio per ribadire la sua volontà, la validità delle sue scelte che a suo tempo sono state presentate per la difesa di un atto di programmazione che la Regione Piemonte intende rivendicare nei confronti dello Stato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Devo prima di tutto ribadire il giudizio positivo sull'operato della Giunta.
La Regione ha lavorato correttamente, ha formulato progetti che sono stati riconosciuti validi, non ci sono state critiche sulle schede, tutti i Gruppi hanno riconosciuto la priorità dei cinque progetti che vanno a sanare problemi sociali urgenti e sentiti dalle popolazioni. Confermo la validità della scelta fatta per l'utilizzo delle risorse e l'importanza del ruolo svolto dalla Regione a conferma della sua capacità progettuale, per mi sembra che questo impianto stia venendo meno alla luce dei fatti. Il Governo non può costruire un impianto di questo genere, che presuppone un rapporto democratico con le Regioni le quali formulano i progetti e poi snaturare nella gestione pratica questo confronto. Le Regioni di fatto vengono tagliate fuori e a decidere sono altri, probabilmente in contraddizione con le priorità individuate dagli Enti locali e dalle popolazioni.
Ecco allora che, messo in piedi un impianto corretto, nella gestione prevale la logica degli amici degli amici. Quanto sta avvenendo è grave, ma non è limitato soltanto al comportamento inaccettabile di un parlamentare.
E' la logica complessiva del Governo che va posta sotto accusa.



BRIZIO Gian Paolo

Di chi parli? Parli della Giunta? Se parli della Giunta mi sta bene.



MONTEFALCHESI Corrado

Non parlo della Giunta, parlo del modo con il quale il Governo sta decidendo su questa partita. E' la logica degli amici degli amici, non è un rapporto corretto con la Regione. Il comportamento inaccettabile di un parlamentare rientra nella logica dell'uso del potere per inaccettabili strumentalizzazioni politico - partitiche, per trarre dei benefici politici di parte, travalicando un corretto rapporto tra istituzione centrale ed istituzione periferica.



PRESIDENTE

Cerca di andare più cauto con certe affermazioni.



BRIZIO Gian Paolo

Perché il parlamentare ha parlato con il Presidente della Regione? Bisogna sapere tutto.



MONTEFALCHESI Corrado

Confermo i giudizi che ho espresso e chiedo che sia messo a verbale.
Non credo di aver leso la dignità delle persone o delle forze politiche.
Perché siamo stati eletti dai cittadini torinesi? Siamo qui per rappresentare le esigenze della popolazione o siamo qui per fare i burattini? Per raccogliere le esigenze della popolazione e poi di fatto vederle vanificate con meccanismi decisionali assolutamente inaccettabili ed incompatibili con le norme vigenti? Credo sia opportuno assumere una posizione precisa che riconfermi la validità di quei progetti e che dichiari inaccettabili certi comportamenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Stiamo discutendo del FIO perché il Gruppo DC ha presentato un'interrogazione. La comunicazione della Giunta è stata annunciata ieri solo a seguito di un intervento in aula del collega Sartoris, che chiedeva risposta urgente all'interrogazione.
Di fronte ad una situazione così complessa e difficile, di fronte alle incertezze circa il finanziamento del FIO, è molto grave che la Giunta non abbia tempestivamente informato il Consiglio. Questo è il primo rilievo che formuliamo. Se non ci fosse stata la richiesta di discuterne urgentemente non ci sarebbe stata la comunicazione, che ci è stata annunciata nel pomeriggio di ieri.
Questo problema se si discute oggi è perché la DC si 'è mossa, e la DC si muove nella linea decisa dalla Regione, non su una linea diversa.
Occorrerà vedere chi, sedendo al Governo a Roma, si muove su una linea ambigua. Non la DC, questo è il nocciolo del problema.
Quanto al merito, fin quando sono apparse le prime incertezze circa il finanziamento degli acquedotti, il telegramma della Prefettura, le notizie della stampa, le dichiarazioni dei Ministri Nicolazzi e Longo, i deputati della DC hanno presentato un'interrogazione firmata da Botta e da Balzardi per chiedere notizie sul finanziamento degli acquedotti.
Di questo il Presidente della Giunta è stato informato, tanto che il Presidente stesso ha ringraziato l'on. Botta per il suo intervento e per il suo interessamento. Cerchiamo quindi di inquadrare i problemi in una giusta ottica.
Il telegramma visto fa seguito ad un colloquio telefonico o ad uno scritto e, in sostanza, informa che ancora oggi il Nucleo di valutazione sostiene che i nostri progetti non hanno la documentazione necessaria.
Questo è l'equivoco che dobbiamo chiarire. Quando è stata formulata l'interrogazione il Ministro del Bilancio ha detto all'on. Botta che i progetti hanno delle difficoltà ad essere accolti e questo si evince anche dall'intervento dell'Assessore Cerutti. Abbiamo apprezzato la risposta di Rivalta sull'impostazione generale per sostenere i progetti dell'acquedotto, ma un chiarimento di fondo con il Nucleo di valutazione deve essere esperito se vogliamo impedire che logiche diverse vadano avanti, che non sono le nostre, ma quelle di finanziare la depurazione delle acque e i metanodotti. Che senso ha la convocazione del Ministro Romita ad Alessandria per i metanodotti? Rispondiamoci su queste cose.
L'intervento di Botta va chiarito in questo senso ed il Presidente della Giunta ne deve dare atto. Le incertezze sul finanziamento del FIO emergono già dal bilancio, dove a questo proposito non troviamo nessuna indicazione.
Tutti gli interventi che sono di sostegno a questa soluzione sono positivi tutti gli interventi che non sono di sostegno a queste indicazioni li giudichiamo criticamente. L'intervento dell'on. Botta è stato di sostegno e non sono mancati i collegamenti con il Presidente della Giunta. Noi siamo d'accordo sulle scelte degli acquedotti perché coprono una vecchia carenza della Regione cui in questi anni non è stata data risposta. Se ci fosse stata una rete di acquedotti, avremmo potuto fare delle altre scelte quella della depurazione, quella dei metanodotti. La realtà odierna della Regione non piove dal cielo, ma si collega alla gestione di questi anni.
Respingiamo qualunque strumentalizzazione. Il telegramma non ci è mai stato sottoposto: riguarda collegamenti avvenuti tra il Presidente della Giunta e l'on. Botta. Noi ci muoviamo sui fatti e diciamo che sui fatti la nostra posizione è estremamente chiara. Siamo contenti che si venga pubblicamente a conoscere che ci sono delle perplessità e delle difficoltà a far passare i progetti del FIO. Attiveremo la nostra presenza politica. Più volte siamo stati richiesti di intervenire su vari problemi, di collegarci con i Ministri, con i Sottosegretari; molte volte siamo stati sollecitati da questa Giunta su espliciti problemi. Siamo andati anche presso le Commissioni parlamentari, anche dal tuo Alasia, caro Montefalchesi. Oggi sappiamo ufficialmente che esistono difficoltà sul finanziamento dei progetti solo perché abbiamo presentato un'interrogazione a seguito della quale la Giunta si è decisa a darci una comunicazione doverosa da tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Mi devo rammaricare che, ancora una volta, l'andamento dei lavori del Consiglio è stato stravolto, per quanto l'argomento che stiamo trattando sia importante, ma anche gli altri argomenti all'ordine del giorno hanno la stessa dignità, quindi occorreva maggiore rigore nel far rispettare il Regolamento. Al di là di questo rilievo, non so quali motivi abbiano indotto il Ministro del Bilancio, on. Pietro Longo, a condurre i lavori di analisi dei progetti presentati dalla Regione per il finanziamento del FIO in un'atmosfera definita di inusitata formale segretezza. Il Ministero è influenzato dalla personalità del Ministro ed è probabile che il Ministro Longo sia più avvezzo alla segretezza che alla pubblicità, peraltro discriminando perché per taluni questa segretezza c'è stata, non c'è stata per l'on. Botta e devo dire che non mi scandalizzo che un depurato della Repubblica abbia libero accesso ai documenti pubblici che riguardano la comunità. Mi scandalizza l'uso strumentale che si fa poi di queste informazioni. Non più tardi di ieri ho accusato questa maggioranza di una gestione scoordinata, disordinata, ma non accetto che l'on. Botta in un telegramma parli di una Regione che si comporta in un modo pessimo anche perché in questa Regione ci sono anch'io e quindi vorrei discutere con lui.
Il FIO, colleghi, quando è nato era una cosa seria, può darsi che la metodologia sia stata presa a prestito dalla CEE, per i Paesi in via di sviluppo: sta di certo che la gestione odierna è una gestione da Paese in via di sviluppo.
D'altra parte quando un Ministro della Pubblica Istruzione chiede che un articolo venga aggiornato e si inserisca l'edilizia universitaria e scolastica, quando un Ministro della Sanità invia una lettera alle Regioni chiedendo di approfittare del Fondo Investimenti Occupazione per inserire l'edilizia ospedaliera, io chiedo a che cosa ormai è ridotto il FIO. Di fronte a questo può esserci anche il Nucleo di valutazione degli investimenti, può esserci il calcolatore, tanto irriso peraltro anche in questo Consiglio al tempo in cui se ne parlò, ma non serve più a nulla perché i principi sui quali il Fondo era stato istituito sono stati del tutto snaturati da una gestione che è quella che è e i cui frutti stiamo discutendo ancora in questo momento.
Quando noi, in sede di I Commissione ed in aula, parlammo di queste scelte io dissi chiaramente che quella degli acquedotti era una scelta nuova. In quel momento c'era una bozza di piano di sviluppo con undici progetti prioritari, nei quali non erano compresi acquedotti; tuttavia, se la maggioranza riteneva che fosse una scelta da inserire si potevano considerare anche gli acquedotti, dissi però chiaramente che doveva esserci la sicurezza che i progetti rispondessero a criteri di analisi di costi benefici che sono previsti da una regolamentazione seria e rigorosa; dissi chiaramente che non avrei voluto che attraverso quei miliardi si riparassero i tubi, ricordiamolo, i tubi li devono riparare i Comuni attraverso i Consorzi, attraverso i normali finanziamenti.
Questo è il nodo di fondo: capire se i progetti avevano le caratteristiche per rientrare nel finanziamento previsto dal FIO. Se li hanno dobbiamo far valere l'autorità della Regione perché vengano inseriti se non li hanno vediamo se esistono altri progetti che più opportunamente siano cantierabili per poter accedere anche quest'anno al Fondo. E' chiaro che se tali finanziamenti non dovessero venire alla Regione, ci sono delle aspettative nella comunità che vanno recuperate. Credo che l'occasione del bilancio, del quale parleremo il 28, sarà propizia per tenere conto di questa situazione nuova.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Ringraziamo il Presidente della Giunta per l'esauriente informazione sulla questione relativa ai finanziamenti FIO. I progetti sono stati discussi lungamente in sede di I Commissione, che si è espressa favorevolmente all'unanimità.
Qualche amministratore si è dato subito da fare per informare alcuni Sindaci su ciò che era avvenuto in Commissione, prima di avere l'assicurazione del finanziamento del piano. Ritengo che ognuno di noi dovrebbe essere più responsabile.
Il mio Gruppo non ha dato notizia sulle decisioni della Commissione.
Sul ruolo dei partiti politici è stato pubblicato un mio articolo su "Notizie" del Piemonte.
Il nostro è un partito democratico che ha discusso lungamente sulla scelta della Giunta regionale di sinistra.
Nella campagna del 1980 il PSI ha dichiarato che in Regione la scelta era per una Giunta di sinistra e ha aumentato i voti su questa posizione politica.
Il nostro è anche un partito che non vuole essere allineato con il Governo centrale. In Regione facciamo questo distinguo. Il telegramma inviato dall'on. Botta è stato irriguardoso nei confronti del Consiglio regionale. Non possiamo subire giudizi da parte dei parlamentari, ne verrebbe meno la funzione dell'assemblea regionale.
Né possiamo anticipare i giudizi prima che siano prese le decisioni.
L'istituzione deve essere difesa anche con atteggiamenti corretti.
Sono pertanto del parere che, dopo questo dibattito, la Giunta debba riconfermare le scelte fatte per i finanziamenti FIO con un ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Sono state dette molte cose ed alcune decisamente condivisibili. Io però vorrei aggiungere la testimonianza di chi vive in una delle zone interessate ai progetti degli acquedotti. Da un mese a questa parte si è determinato un clima di paure, di sospetti, di incertezze, di illazioni.
Telefonate che intercorrono, non tanto quelle che ricevo, quanto quelle che mi riferiscono fatte ai Segretari dei Ministri, alle Commissioni, agli uscieri. Voglio dire queste cose proprio perché, secondo me, è mancata la trasparenza dei rapporti da parte governativa, in ogni aspetto e momento.
L'impostazione del FIO deve essere seria, ma per essere un'impostazione seria deve essere trasparente e coerente nelle priorità, nelle modalità nelle indicazioni dei progetti. Sono d'accordo quando si dice che gli investimenti devono essere redditivi. Il Governo però doveva indicare che gli indici di redditività degli acquedotti non dovevano scendere al di sotto di una certa soglia.
Ricordo inoltre che in un convegno a Moncalvo, promosso per sensibilizzare il Governo e la Regione su questi problemi, Goria, Botta Romita ed alcuni parlamentari comunisti, preso atto della situazione, si erano impegnati a sostenerla nelle sedi opportune proprio perché i dati che venivano portati erano preoccupanti.
La stampa aveva rilevato queste carenze fatte presenti dalla popolazione e se ne era fatta portavoce in un modo corretto e tempestivo.
La Giunta le aveva recepite, la I Commissione aveva lavorato in modo intelligente e si era assunta una decisione unanime. Non vorrei scendere nelle polemiche a proposito di telegrammi, di pressioni, di Ministri che vanno in giro sostituendosi alle istituzioni, vorrei invece ricordare che al di là delle polemiche che possiamo fare noi, rimangono i bisogni veri che si riacuiranno all'inizio della primavera e dell'estate. Teniamo conto di queste cose reali. Abbiamo il dovere di rispondere a queste esigenze perché la popolazione di quelle zone non può accettare ancora a lungo di non avere l'acqua per gli usi personali, per vivere decentemente civilmente.
L'economia locale che potrebbe essere integrata da iniziative interessanti, come quelle dell'agriturismo, non va avanti, proprio per queste carenze di fondo, per i continui pericoli di inquinamento e per dover pagare l'acqua quattro volte più cara di quanto la paghino gli abitanti di Torino.
Questi sono i dati concreti con cui dobbiamo confrontarci, per richiamare il Governo al rispetto delle scelte regionali, polemiche dovrebbe farle presenti nuovamente al Governo prima che decida, con tutta la forza ed il peso che può esercitare come istituzione.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Colleghi Consiglieri, la scelta degli acquedotti non è attuale, risale al momento in cui ero Assessore nella prima legislatura quando compimmo interventi quasi di piano, pur in assenza di strumenti idonei. L'acquedotto delle Langhe arrivava allora alla statale di Ceva, oggi attraverso l'opera della Provincia di Cuneo che ha fornito la progettazione, gli uffici sono stati attrezzati dalla Regione e dal Parlamento attraverso una legge dei Lavori Pubblici.
L'acquedotto delle Langhe, che abbraccia 82 Comuni, credo che oggi ne serva una settantina. Per quanto riguarda le Langhe sud-occidentali Dogliani ha riscattato il suo acquedotto che era delle Acque Potabili abbiamo provveduto nei confronti dell'acquedotto della Val Tiglione risolvendo problemi annosi, vertenze che erano davanti al Tribunale di Asti in sede di arbitrato, riscattando i pozzi, così come abbiamo fatto per quanto riguarda l'acquedotto del Monferrato, per il quale giace in Commissione un disegno di legge con una spesa di 6 miliardi. L'acquedotto delle Valli di Lanzo ha già fatto un lungo percorso e se avesse avuto i finanziamenti oggi potrebbe sfociare in tutto il Canavese.
Per citare solo alcuni acquedotti importanti che al momento della costituzione della Regione non avevano possibilità di sviluppo e che invece oggi riguardano circa 400 Comuni. Altri 300 Comuni negli anni dal 1970 ad oggi hanno ottenuto i finanziamenti. Si sono inoltre costituiti piccoli Consorzi tra Comuni che non possono essere inclusi in grandi sistemi acquedottistici.
La scelta del FIO, quindi, non è né occasionale, né emotiva.
La priorità dei sistemi acquedottistici è data da due livelli: 1) intanto perché è scelta che parte dal 1970 2) perché in Piemonte nel campo della depurazione delle acque abbiamo fatto più di quanto è stato fatto in altre Regioni.
E' andato a compimento il progetto dell'area torinese. Quando sarà a compimento il progetto di Torino nord collegherà un milione e 500 mila abitanti e tutto il sistema industriale di quella zona con una somma diretta e indiretta, non inferiore a 500 miliardi. Quindi sono interventi corposi ed altri ne faremo tanto più se sarà finanziata la legge 650 per i contributi ai depuratori.
Con il Ministro Longo abbiamo avuto due incontri durante i quali abbiamo ribadito le scelte fatte. Longo non ebbe ad eccepire nulla, non parlò assolutamente di imperfezioni in nessuna pratica, anzi, lodò la tempestività con la quale la Regione attraverso la Finpiemonte presentò le schede e i progetti che furono definiti esemplari.
Ma, ahimè, noi laici abbiamo sempre dei dubbi, voi, magari, avete maggiori certezze. C'è il problema del disinquinamento del Po che le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sostengono con forza, ritenendo che l'asta del Po inquinata inquini le spiagge dell'Adriatico. La Regione Veneto sostiene che la navigabilità è possibile soltanto se si interviene nell'ultima parte dell'asta del Po, a monte deve esserci una regolamentazione tale da renderlo navigabile, ecc.
Se non sarà dato il finanziamento, la causa non sarà da attribuire ai progetti, ma a scelte che altri hanno realizzato unitamente sul problema della depurazione e della navigabilità del Po. Abbiamo anche considerato che nel campo della depurazione rimaneva il Bormida il quale verrà depurato da un sistema della Regione Liguria.
Per quanto riguarda la scelta del metano vorrei ricordare che non è legata al FIO. Per il metano la Regione Piemonte presenterà in Commissione entro 90 giorni, un sistema progettuale. Stiamo definendo un possibile intervento della SNAM. Il Consiglio regionale con un ordine del giorno deve ribadire le sue scelte al Governo. Al di là delle polemiche che non rendono nulla, agli effetti pratici, dobbiamo ribadire quello che i Ministri Romita e Goria promisero di appoggiare. Un ordine del giorno di poche parole che rappresenti l'unità delle forze politiche della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Credo che le forze politiche accettino il suggerimento del Presidente della Giunta.
Non appena l'ordine del giorno sarà formulato lo porremo in votazione.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Questa iniziativa, che è la risposta a quanto si chiedeva nell'interrogazione, deve essere un'iniziativa diretta del Presidente della Giunta, perché le decisioni sono imminenti.



PRESIDENTE

Ho una bozza dell'ordine del giorno a firma dei Consiglieri Bontempi Moretti, Mignone e Montefalchesi.
Invito il Vicepresidente Petrini a verificare con gli altri Capigruppo se deve essere migliorata.


Argomento: Stemma - Gonfalone

Relazione della "Commissione per l'adozione dello stemma della Regione Piemonte", ai sensi della legge 23/1/1979, n. 3, ex art. 4


PRESIDENTE

Esaminiamo intanto il punto sesto all'ordine del giorno che reca: Relazione della "Commissione per l'adozione dello stemma della Regione Piemonte", ai sensi della legge 23/1/1979, n. 3, ex art. 4.
La parola al relatore, Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio, relatore

Signori Consiglieri, la seconda legislatura regionale ha visto quattro iniziative dirette all'attuazione della previsione contenuta all'art. 1 dello Statuto: progetto di legge n. 357 a firma Marchini, Oberto progetto di legge n. 365 a firma Bellomo, Benzi, Fabbris, Paganelli Sanlorenzo, Castagnone Vaccarino progetto di legge n. 402 a firma Calsolaro progetto di legge n. 501 a firma Sanlorenzo.
I progetti di legge nn. 357 e 402 avevano contenuto e finalità propositive indicando un preciso stemma, mentre gli altri due erano diretti alla proposizione di un concorso destinato a raccogliere materiale (365) ed all'utilizzazione dello stesso materiale (501).
Le proposte Marchini, Oberto e Calsolaro concordavano nell'indicare quale stemma del Piemonte quello tradizionale "di rosso alla croce d'argento con lambello d'azzurro di tre gocce posto nella parte superiore" La terza legislatura ha visto la riproposizione dello stemma tradizionale tramite la presentazione di una proposta di legge a firma Marchini Viglione e la ricostituzione della Commissione istituita ai sensi della legge regionale 23/1/1979, n. 3.
La Commissione ha riesaminato il materiale e le proposte maturate nel corso della seconda legislatura con particolare attenzione alla conclusione della relazione svolta dalla collega Soldano nella seduta del 30 aprile 1980.
"Oggi, pertanto, noi presentiamo all'attenzione del Consiglio regionale una proposta di metodo secondo il seguente schema: adottare una struttura di legge che preveda tre usi possibili, con un elemento caratterizzante comune ai tre usi: vale a dire, il quadro rettangolare che contiene di rosso la croce d'argento con lambelle azzurro di tre gocce quale elemento costitutivo essenziale; specificarne gli aspetti di dettaglio grafico.
Gli usi: 1) lo stemma 2) il marchio 3) il gonfalone.
1) lo stemma: usare il simbolo 'di rosso la croce d'argento con lambello azzurro di tre gocce', alla stessa altezza, la scritta 'Piemonte' 2) il marchio: usare l'elemento grafico dello stemma composto di quattro quadrati ed una ruota dentata posta sopra alla scritta 'Piemonte' 3) il gonfalone: utilizzare in pezzo unico i simboli e i colori presenti nel testo e, come elemento essenziale, il simbolo grafico dello stemma Calsolaro.
La nota da noi fornita non affronta i problemi componitivi grafici (ad esempio, elemento centrale dello stemma quadrato o rettangolare ed il rapporto tra i lati).
Da parte della Commissione non si è ritenuto opportuno procedere alla stesura definitiva di un nuovo testo di legge. Si assicura comunque che le proposte da noi presentate rispecchiano obiettivamente i pareri espressi dalle forze politiche partecipanti ai lavori e tendono ad offrirne una sintesi equilibrata.
In ogni caso, la documentazione del lavoro svolto può costituire un'utile base di partenza per ulteriormente approfondire il complesso problema, sino alla completa definizione.
La scelta dello stemma e del gonfalone devono infatti poter coincidere, in seno al Consiglio regionale, con un momento di sintesi costruita da una concorde volontà.
Se oggi permangono dubbi o perplessità circa la scelta da effettuarsi, si consenta almeno che il complesso lavoro, che ha visto impegnati molti settori della comunità regionale (in primo luogo, i giovani) possa essere utilizzato, non appena possibile.
In tal senso e con tali precisazioni, consegniamo a questo Consiglio regionale, per la trasmissione al Consiglio regionale che risulterà eletto l'8 giugno, la documentazione del lavoro di studio ed approfondimento da noi svolto, con questa relazione, nella fiducia di fornire ai responsabili della terza legislatura regionale un apporto concreto di strumenti e di proposte" Unanimemente la Commissione della terza legislatura ha ritenuto che non fosse opportuno istituire con legge il marchio.
Con particolare attenzione si sono considerati i lavori del concorso indetto nella seconda legislatura che facevano emergere accanto ad un elemento di carattere tradizionale, il noto stemma "di rosso alla croce d'argento con lambello d'azzurro di tre gocce posto nella parte superiore" l'esigenza di una rappresentazione significativa della realtà popolare della nostra Regione, delle sue radici, della civiltà del lavoro e delle sue peculiarità democratiche ed in specie del substrato politico, sociale e culturale che ha alimentato ed alimenta i valori della resistenza.
Ad avviso della Commissione tale esigenza veniva peraltro proposta con simboli di significato troppo riduttivo rispetto all'obiettivo, fossero i simboli stessi la fabbrica, l'uva od altre espressioni del lavoro.
La Commissione per successivi approfondimento ha ritenuto di poter individuare un elemento di sicuro e consolidato valore popolare e repubblicano della tradizione piemontese nel "drapeau" della Repubblica proclamata ad Alba il 1 Floreale (25 aprile) 1796. Si sono quindi esaminate le possibilità di conciliare le due componenti così individuate ai fini di un'armonica utilizzazione rispettosa per quanto possibile della "tecnica" araldica. E' sembrato alla Commissione che sia possibile rispondere a questa esigenza individuando quale gonfalone della Regione i colori del "drapo" posti in verticale e recanti al centro, nella parte superiore, lo stemma, e quale stemma del Piemonte, lo stemma tradizionale.
E' opportuno a questo punto ricordare che lo stemma "di rosso alla croce d'argento con lambello d'azzurro di tre gocce posto nella parte superiore" è lo stemma del Piemonte e non dei Savoia e neppure della Savoia, anche se a questa Regione fa chiaro riferimento. Lo stemma "storico", o tradizionale, del Piemonte nasce il 15 agosto 1424 a Thonon nel Chiablese, quando Amedeo VIII, primo Duca di Savoia, conferisce al figlio primogenito, anche egli di nome Amedeo (o Amè), il titolo di Principe di Piemonte, per indicare quanta importanza fosse annessa alla parte cismontana dei territori sabaudi e come essa formasse ormai un'entità organica, autonoma ed efficiente. "Item leur sera dit par le Mareschal de Montmaieur" - così è descritto il cerimoniale di quell'investitura - "que affin qui soyt difference d'eux quant ils seront en fait d'armes et soyent cogneux l'ung de l'aultre, veult Monseigneur" (il Duca Amedeo VIII) "que Amè de Savoye, pourte en ses armes et enseigne les armes de Savoye et par difference trois lambeaux d'azur ainsi ques les ont acoustumè de pourter les esnès filz e le tymbre dessus ses armes sera pareillement que le pourte Monseigneur exceptè par difference trois lambeaux d'azur su l'armon des èles ". L'evento di Thonon segna così la nascita del blasone del Piemonte "di rosso, alla croce d'argento, caricato di un lambello d'azzurro a tre gocce". L'insegna della croce d'argento in campo rosso ha tuttavia origini assai più antiche, peraltro assai dibattute fra gli studiosi. Fra le varie interpretazioni vi è quella che la vede come simbolo "popolare" della Savoia in contrapposizione all'aquila nera in campo generalmente d'oro testimonianza di devozione all'Impero dei Conti di Savoia e pertanto simbolo "imperiale" O più semplicemente ancora, come lo stemma della Savoia, l'emblema della "regione" savoiarda, la "Savoye propre", il cui centro amministrativo, militare e politico, Montmèlian , conserva ancora oggi - unico fra i Comuni del Dipartimento della Savoia - l'arme identica a quella della Regione, ad indicazione e conferma di uno stemma puro e quindi antichissimo.
Va fra l'altro sottolineato che l'annessione all'Impero francese delle nostre province ultramontane, avvenuta nel 1860, provocò la creazione di due dipartimenti: la Savoye e la Haute-Savoye. Entrambi mantennero, pur nella nuova divisione amministrativa, l'antichissima arme che era appartenuta originariamente alla "Savoye propre" e che tuttora conservano.
All'inizio del secolo XVI, Margherita d'Austria ebbe l'idea di far erigere, in ricordo del marito Filiberto II il Bello, Duca di Savoia, la stupenda cattedrale di Brou, a Bourg-en-Bresse.
La costruzione dell'immenso edificio durò dal 1513 al 1532. Le magnifiche invetriate dell'abside poligonale di questo gioiello architettonico in gotico fiammeggiante furono eseguite, in buona parte, su cartoni fiamminghi fra il 1527 ed il 1530. Si notano le raffigurazioni laterali che raccolgono i blasoni dei rispettivi territori e feudi di Filiberto e di Margherita. Tra essi, nell'altissima vetrata sinistra dell'abside, figura anche lo stemma del Piemonte, dall'evidente brisura con il lambello d'azzurro a tre gocce. Il blasone ha al suo fianco quello di Susa, al di sotto quelli di Aosta, del Genevese, di Nizza e del Chiablese: la sua posizione di priorità araldica è significativa e conferma il rango assunto dal Principato del Piemonte in confronto ad altri domini più antichi. Dopo il 1713, allorquando Vittorio Amedeo II ottenne dalla pace di Ultrecht sensibili aumenti territoriali e l'isola di Sicilia con il titolo di regio, il Piemonte - che per qualche tempo non era più apparso nello stemma dello stato sabaudo - ricomparve nell'arme sabauda, figurando al quarto con Monferrato, Saluzzo e Genevese.
Da quell'anno il blasone piemontese non abbandonò più il grande scudo dello stato sabaudo e fu definitivamente adottato e riconosciuto come stemma del Piemonte.
Sarà ancora utile ricordare ai colleghi le origini ed il significato del "DRAPO" che la Commissione ha ritenuto di considerare come l'elemento portante del gonfalone.
Il 7 Floreale (25 aprile) 1796 viene proclamata ad Alba - ad opera dei due giacobini piemontesi Giovanni Battista Ranza (vercellese) e Ignazio Bonafous (albese) - la Repubblica. Viene sventolato per la prima volta il "DRAPO" repubblicano piemontese. Nel proclama si dice, fra l'altro: "La nostra coccarda sarà tricolore ancor essa come la francese, ma invece del bianco, che è l'emblema del realismo, noi prenderemo il rancio, che è l'emblema della democrazia: avrà dunque i tre colori, rancio bleu e rosso il rosso dinota il coraggio, il bleu la solidità ed il rancio la dolcezza l'unità, l'egualità, l'indivisibilità, di cui è simbolo il melarancio coi suoi spicchi uniti ed eguali" Quella di Alba non è soltanto una repubblica giacobina, bensì anche la manifestazione di un generale malcontento popolare che, travagliato dalla carestia e dai mali della guerra, cerca uno sbocco ed un governo di maggiore impronta democratica. I suoi promotori possono a ragione essere considerati come anticipatori di quelle che saranno le istanze del nostro Risorgimento ed in seguito della Resistenza: partecipazione popolare, maggiore giustizia sociale, autodeterminazione.
Già negli anni precedenti, tra il 1775 ed il 1793, vi erano stati dei disordini provocati dalla carestia, dal continuo rialzo dei prezzi, da una carente amministrazione statale: i disordini si erano succeduti, tra fermenti di repubblicanesimo, tra l'altro ad Asti, Racconigi, Savigliano Mondovì e Nizza Monferrato. Nell'aprile del '78, un corpo di spedizione reclutato in terra cisalpina, agli ordini del piemontese Giorna e composto da circa tremila uomini, si scontra con la truppa regia presso la Borgata Primeri di Ornavasso. L'esito dello scontro è disastroso per i repubblicani che lasciano sul terreno 180 uomini ed in mano nemica 400 prigionieri, di cui 45 sono fucilati a Domodossola ed altri 32 condannati a morte nel Castello di Casale, sono passati per le armi prima che giunga l'ordine sovrano di sospensione. Cadono nella mani dei regi due bandiere repubblicane piemontesi a strisce orizzontali rosso - bleu - arancio con le scritte: "Democrazia o morte - Libertà ed eguaglianza - Obbedienza alle leggi militari - Anno primo della Repubblica Piemontese" Il 9 dicembre 1798 il Re Carlo Emanuele IV abdica e lascia con la sua corte la capitale. Viene proclamata ufficialmente la prima "Nazione Piemontese" che conferma il tricolore rivoluzionario già sventolato nell'aprile del 1796 ad Alba e nell'aprile del 1798 nell'Orsola. La prima "Nazione Piemontese" cade il 26 marzo 1799 quando gli austro-russi entrano in Torino e restaurano i Savoia. Il 14 giugno 1800 Napoleone sconfigge gli austro-russi a Marengo. Viene proclamata la seconda "Nazione Piemontese" Il 19 Messidoro (8 luglio) 1800 un decreto della Consulta del Piemonte prescrive, all'articolo primo, che "è vietato a tutti gli abitanti del Piemonte l'uso di ogni altra coccarda, fuorché di quella con i tre colori del Piemonte. Essi sono il 'rosso, il turchino, l'arancio'" La seconda Nazione Piemontese dura fino al 22 settembre 1 8 02, quando a Torino viene pubblicato il decreto che sancisce l'unione alla Francia con la conseguente adozione del tricolore francese.
A conclusione dei suoi lavori la Commissione rassegna all'attenzione del Consiglio due proposte, l'una attinente allo stemma ed al gonfalone l'altra di metodo.
Si propone quindi quale stemma della Regione Piemonte quello tradizionale e quale gonfalone della Regione i colori "rosso - bleu arancio" in bande verticali recanti nella parte centrale e superiore lo stemma sormontato dalla scritta "Regione Piemonte"



PRESIDENTE

Ringrazio il collega Marchini per la dotta relazione storica.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Dichiaro che - poiché sulla relazione, in sede di Commissione, ci siamo astenuti - ci asteniamo anche ora: senza motivare, perché la motivazione è identica a quella dell'astensione in Commissione.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi pongo in votazione la presa d'atto di tale relazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva la presa d'atto con il seguente esito: presenti e votanti 36 favorevoli 34 Consiglieri astenuti 2 Consiglieri


Argomento: Stemma - Gonfalone

Esame progetto di legge n. 308: "Adozione del gonfalone e dello stemma della Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo al punto settimo all'ordine del giorno che prevede l'esame del progetto di legge n. 308: "Adozione del gonfalone e dello stemma della Regione Piemonte" La parola al relatore, Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio, relatore

Per quei colleghi che non avessero capito la procedura, anche perché la relazione precedente era incompleta in questo senso, faccio presente che la Commissione per lo stemma, istituita nella seconda legislatura, si chiudeva con un articolo che prevedeva che la Commissione stessa avesse riferito al Consiglio. Non era quindi una Commissione tendente a proporre una legge, ma a proporre materiale. La stessa Commissione ha poi elaborato una proposta di legge che è quella che oggi è sui nostri tavoli.
La I Commissione consiliare ha approvato a maggioranza il progetto di legge n. 308, apportando al testo presentato un'unica modificazione integrativa tendente a rendere più comprensibile la scelta dei colori del gonfalone ed il loro rapporto con la Repubblica di Alba del 1796.
La Commissione ha concordato con la linea seguita dalla speciale Commissione nel riconoscere nello stemma, che dal 1421 identifica il Piemonte, l'ipotesi più valida di individuazione di uno stemma che al di là dei riferimenti storici è nell'attualità considerato ed utilizzato quale riferimento simbolo al Piemonte da molte associazioni anche con sede esterna all'Italia.
La Commissione ha ancora convenuto sull'opportunità di utilizzare quali colori del gonfalone quelli della Repubblica di Alba del 1796, evento storico di rilevante significato sul piano politico perché anticipatore di un complesso di istanze e di valori democratici e popolari che sono una costante ed una caratteristica peculiare della storia e della cultura politica della nostra Regione nel secolo XIX e XX.
L'affermarsi ed il crescere di un blocco storico democratico e popolare destinato a completare e rafforzare la stessa vicenda dell'unità del nostro Paese, condizionata dall'essere espressione elitaria e non sufficientemente supportata dalla partecipazione e consapevolezza delle grandi masse popolari che peraltro prendono parte, negli ultimi decenni del XIX secolo e sino all'avvento del fascismo, sempre più significativa alla conduzione del nuovo Stato.
Un blocco sociale che si presenta all'appuntamento della Resistenza ricco dei valori acquisiti e sperimentati, capace di nuove e più avanzate forme di autonomia, di partecipazione e di democrazia.
L'articolazione regionale del CLN, le repubbliche partigiane piemontesi, Ossola ed ancora Alba, la partecipazione massiccia di giovani e donne ad una lotta che prima che azione è riflessione ed impegno politico è scelta di vita, sono momenti riconducibili ad un filone unico storicamente e politicamente consolidato. Lo stemma storico fatto proprio dalla Regione riafferma la presenza del passato, la consapevolezza di quanto sia parte del presente; i colori della Repubblica di Alba sul gonfalone della Regione indicano una volontà, una scelta di libertà, di democrazia, di partecipazione di tutta una collettività alla scelta ed al governo del proprio futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchiaro.



MARCHIARO Maria Laura

C'è nella scelta che ci accingiamo a fare e che si materializzerà in un segno infinitamente riproducibile e nel gonfalone che rappresenterà la nostra istituzione attraverso le strade della Regione e del Paese un destino di permanenza e di durata che sicuramente e singolarmente lo proietta (pur nella sua innegabile esiguità di fatto) persino al di là nel tempo di scelte ben diversamente importanti e decisive per la vita della nostra collettività regionale.
Non dimentichiamo inoltre che dello stemma e del gonfalone parliamo ormai - nel bene e nel male - da più di sei anni. E tuttavia il risultato oggi all'esame del Consiglio, proprio in quanto perentoria esclusione di possibili altre ipotesi, lascia molti di noi insoddisfatti.
Tenterò di spiegare perché - pur nella nostra volontà unitaria - la vicenda che ha visto impegnato il Consiglio per ampi tratti di due legislature ha portato ad esiti che non convincono molti Consiglieri.
Intanto: si è fin dall'inizio, e forse senza averne pienamente coscienza (penso anche alla legge 21/12/1978 e ai lavori della Commissione istituita dalla stessa legge), esclusa una strada di ricerca sostanzialmente innovativa. Ricerca di un simbolo di estrema efficacia comunicativa, di autorevole e significante astrazione che da un lato sfuggisse a facili mode estetiche e culturali e dall'altro rappresentasse la stessa "novità in sé" della Regione - come fatto istituzionale - e contribuisse alla messa a fuoco di un'identità tutta presente e proiettata nel futuro, allusiva di rilevanti elementi caratterizzanti l'attualità sociale del Piemonte. Da questo punto di vista la ricerca di uno stemma è stata indubbiamente un'occasione mancata che poteva essere aperta a stimolanti apporti di discipline diverse e ad un confronto culturale di grande livello. L'impostazione metodologica che si è voluto dare ha messo invece in evidenza i limiti dell'autosufficienza, in una materia che esigeva varie competenze e grande capacità creativa. Occasione mancata, ma in quanto tale anche spiegabile e, se volete, anche scomodando Freud. Lo stemma è simbolo, sintesi estrema di un'identità e l'identità ha inevitabilmente radici nel passato.
Dunque si è dovuto sin dall'inizio fare i conti con il passato, con la storia, e questa è appunto la strada che, con diversi accenti e ponendo diverse istanze, da tutti è stata percorsa. Lo stesso concorso bandito con la legge del '78 sollecitava proposte e suggerimenti che tenessero conto delle "tradizioni storiche, politiche, culturali" del Piemonte. Imboccata questa strada, e imboccatala con queste carenze di supporti metodologici era del tutto evidente che sarebbe stato estremamente arduo, dentro ad una storia complessa e secolare come quella del Piemonte, trovare un segno - o comportare più segni - che racchiudessero in sé, nella semplicità di un messaggio peculiare e nettamente significativo quella complessità o le dominanti di quella complessità. Ed era altrettanto evidente che su questa strada ci si sarebbe dovuto imbattere nella cosiddetta scienza araldica. I tentativi che furono fatti raccogliendo i contenuti emersi dal concorso e rielaborandoli graficamente furono appunto non più che tentativi e dovettero essere abbandonati perché sostanzialmente non avevano i requisiti essenziali del simbolo, non riuscivano ad affermarsi in una sintesi. Uno sforzo in questa direzione narrativo-descrittiva fu fatto con la proposta di legge Calsolaro del 23/3/1979. Fu quella l'ipotesi più avanzata di recupero e di innovazione di contenuti, ma anche quella ricerca di definizione simbolica della realtà regionale approdò ad una soluzione troppo gremita di segni e il sovraccarico di contenuti e di immagini, se voleva rispondere a sentite esigenze per così dire ideologiche (il lavoro fabbrica e campagna - la Resistenza - le Autonomie), portava lontano da quella semplicità sintetica che si conveniva essere indispensabile per individuare lo stemma. Fu così che si impose e fu insistentemente ribadita con iniziative legislative la versione di stemma che oggi è presentata nel progetto di legge in discussione. Perché ebbe fortuna? Perché più persistente nel tempo, più legata (anzi l'unica nel passato legata) ad un'identità geografica e territoriale, più spontaneamente assunta in diverse situazioni del passato e del presente; perché - qui in Piemonte in una selva anche contraddittoria di possibili simboli era un segno notorio, quasi ovvio.
La relazione di Marchini tratta ampiamente il processo storico che motiva la proposta, la pregnanza geografica e territoriale della croce d'argento in campo rosso.
Certo, questo simbolo ha dalla sua la notorietà e - insisto - per certi versi l'ovvietà, ma non dà risposte adeguate a chi giustamente chiede una rappresentazione più fedele della complessità e ricchezza della realtà sociale e soprattutto della storia recente, che ha - con la Resistenza rotto nettamente con una parte cospicua del passato.
Personalmente sono convinta che - imboccata la strada cosiddetta della tradizione e della storia (lontana o recente che sia) - l'esito era scontato e non poteva che essere questo, o una variante iconografica di questo. Tuttavia mi pare che la scelta fatta per il gonfalone temperi notevolmente questa rigidezza e parzialità e consenta di far confluire nella rappresentazione contenuti e valori che sono stati eroicamente vissuti nell'esperienza antifascista e trasfusi, attraverso la Costituzione, a fondamento della nostra democrazia. Anche per questo rinvio alla relazione Marchini e spiace che la stessa non sottolinei con sufficiente forza gli elementi di continuità che dall'età napoleonica attraversano il Risorgimento, ritrovano forza e sostanza nella Guerra di Liberazione. Le tre bande di colore del Drapo della Repubblica di Alba hanno, alla fine del '700, un significato rivoluzionario. I valori che rappresentano sono il coraggio, la solidità e quelli che, nella fragilissima repubblica giacobina, sono l'essenza della democrazia: e cioè la dolcezza, l'unità, l'egualità, l'indivisibilità. Dunque valori permanenti. E permettetemi un'annotazione non necessariamente femminile: c'è da parte di quei rivoluzionari minacciati dagli eserciti d'Europa un richiamo singolare alla dolcezza. Anche nell'impervietà e pericolosità di una convivenza assediata. Prendiamo allora questo richiamo come un invito "virile" oggi così desueto ed auguriamoci che proprio la dolcezza accompagni questo gonfalone e diventi sale anche per la nostra convivenza.
Per quanto riguarda il comportamento di voto del Gruppo comunista devo precisare che verrà espresso un voto favorevole a sottolineare soprattutto il significato di rappresentazione dell'unità dell'istituzione, trattandosi appunto del simbolo della Regione.
Va detto però che il nostro Gruppo, anche per i motivi che ho tentato di esprimere nel mio intervento, sente che si potevano trarre dall'esperienza viva della realtà politica, culturale e sociale della nostra Regione di cui ci sentiamo interpreti e partecipi (la rivoluzione sociale e industriale, la lotta al fascismo, la costruzione della democrazia da cui peraltro le Regioni prendono origine) sente cioè che si poteva trarre - per impostazione e contenuto - un diverso simbolo. E ci anche in connessione con quei modi di comunicazione grafica che sono fra le espressioni più rilevanti e caratterizzanti della cultura del nostro tempo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri, nell'esprimere a nome del Gruppo DC il voto favorevole alla relazione testè presentata per la scelta che viene oggi compiuta sia per quanto riguarda lo stemma, sia per quanto riguarda il marchio ed il gonfalone, credo di non poter dimenticare come il riferimento storico della relazione finisca per avere una prevalenza che è stata ricordata non solo dal relatore Marchini ma anche nell'intervento precedente, della quale non solo non dobbiamo vergognarci ma per la quale esistono ragioni sufficienti per una rivalorizzazione ed un'attualizzazione. Oggi, dopo 560 anni circa dal primo evento che riguarda Casa Savoia e a circa 187 anni dal secondo evento, quello legato ad un evento storico fondamentale dell'epoca moderna, La Rivoluzione Francese ricordiamo questi due riferimenti perché in realtà hanno avuto nella nostra realtà geografica ed etnografica successivi sviluppi e sono stati embrionalmente capaci di produrre effetti.
Dovrei fare una disquisizione di carattere storico, ma preferisco affrontare il problema delle scelte e delle polemiche che queste scelte hanno provocato in tredici anni di vita della Regione.
Va innanzitutto chiarito che l'etimologia dello stemma, che se non vado errato vuol dire corona, è inequivocabilmente legata all'esaltazione di componenti storiche ed anche celebrative ed anche quando la sua ragione d'uso viene assunta a sostengo di simbolo a volte di famiglia, a volte di un territorio, deve essere ben chiara la differenziazione che sussiste tra diverse forme o differenti raffigurazioni.
Sappiamo infatti che anche una figura simbolica accompagnata da un motto o da una sentenza od un simbolo rappresentativo la spada, la bilancia, le squadre, i compassi, hanno invaso a volte sostituito il ruolo ed il significato dello stemma.
Non per questo il mezzo espressivo usato e quindi il significato di quella raffigurazione contengono quanto è necessario ad esprimere i valori permanenti, significativi e specifici di una realtà storico-geografica ed etnografica qual è appunto la nostra Regione. Sinteticamente, il dilemma che ha accompagnato in questi tredici anni l'elaborazione del nostro stemma è racchiuso appunto in questa dicotomia: c'era chi intendeva per stemma un emblema e chi giustamente ne richiamava gli autentici significati espressivi con radici e collegamenti storici, quindi con aspetti che riteniamo imprescindibili rispetto alla realtà etnografica e geografica.
Ci preme ricordare queste differenziazioni per sfatare la discriminazione tra progressisti, moderni, nostalgici, ritenendo che sui versanti storici non vi sono posizioni di mitologia da far salve o di formule politiche da relegare nel dimenticatoio o meno. La storia della nostra Regione è una storia di travagliate vicende che non ha glorie militari come uniche pietre miliari, ma ha una propria identità storica e culturale che non può essere sottaciuta in occasione di una scelta di questo tipo.
Se è vero che in epoca medioevale lo stemma era originariamente assunto come una lettura dell'ordinamento militare degli eserciti, però già allora se ne trasferì l'uso a rappresentazione dell'ordinamento del territorio e di quelle articolazioni feudali che non erano solo tipiche di un evento politico, si avvalsero le successive modificazioni dell'ordinamento territoriale, la nascita dei Comuni, la nascita, a volte, delle Repubbliche, quando queste erano in contraddizione, certo, la presa di coscienza da parte del popolo di una propria realtà territoriale sulla quale la sovranità del popolo, indipendentemente dal tipo di ordinamento giuridico - istituzionale, emergeva come realtà sostanziale. E così la simbologia dello stemma si è identificata anche con quella dello stendardo della bandiera, pur nelle alternanze delle vicende politiche-militari che hanno accompagnato la storia di queste entità territoriali. Per secoli e secoli il metodo di assimilare lo stemma come matrice a volte simbolica e a volte storico-celebrativa ha rappresentato il segno della continuità di riferimento, non già al sistema di governo o al sistema politico, ma alla continuità rispetto ai caratteri etno-geografici coincidenti nel significato ai caratteri etnici, oppure epici. Pensiamo a certe posizioni assunte e a certe campagne svolte delle quali è rimasto il segno nella nostra storia e che hanno rappresentato per questi nostri popoli e per i loro ordinamenti istituzionali dell'epoca un riferimento fondamentale rispetto ai successivi sviluppi.
Credo che il discorso del riferimento alle Crociate, all'impegno a difesa della libertà e della religione stessa non sia un valore epico da dimenticare.
E' per queste ragioni che il Gruppo DC ha sempre assunto una posizione favorevole a tutte quelle proposte che, sia pure con alcune differenziazioni, confluivano nell'ipotesi oggetto delle conclusioni alle quali ozi si perviene. Dobbiamo constatare - e mi rifaccio a quanto la collega Marchiaro ricordava - le difficoltà di recuperare in alternativa a qualsiasi altro simbolo o segno che sia altrettanto rappresentativo ed altrettanto sintetico rispetto a queste significatività.
Il concorso che abbiamo bandito nella seconda legislatura, le stesse esplorazioni anche se non ufficiali che sono state fatte con il contributo di grafici e di sociologi non sono riuscite ad offrirci contributi validi.
Non sono d'accordo nemmeno con quanto diceva la collega Marchiaro che cioè di fatto si sia persa l'occasione di una ricerca innovativa, non ritenendo che su questo argomento sia possibile impostare una ricerca ed un approfondimento tipico di tutti quegli oggetti o strumenti d'uso che normalmente definiamo tipologici per i quali il significato di invenzione e il contributo di innovazione che può essere dato in un concorso pu produrre certi risultati. Pensiamo si sia raggiunto, come è anche già stato detto dalla relazione di Marchini, un risultato compiuto in questi tredici anni di travaglio. Non direi che questo argomento sia oggetto di discussione da soli sei-sette anni.
Sono purtroppo tredici anni che esiste la Regione e lo stemma avremmo dovuto averlo fin dalla sua costituzione. Se il travaglio è stato lungo è perché in realtà la ricerca, cosiddetta fallita, in realtà non ha prodotto alternative sufficientemente valide rispetto ad alcune indicazioni e ad alcune proposte che già abbiamo ricordato e delle quali oggi abbiamo il dovere di rendere testimonianza. Ricordiamo, in particolare, il Presidente Oberto che a questo tema e a questa proposta ha dedicato larga parte delle sue appassionate ricerche e delle sue dotte considerazioni, a volte scritte a volte verbali, considerazioni appassionate legate da un lato agli aspetti più propriamente storici e dottrinali, ma dall'altro anche sul versante delle tradizioni di un popolo, delle sue forme di espressività, delle sue forme d'essere anche nella cultura moderna.
La testimonianza di Oberto, che noi oggi abbiamo qui immanente in questa vicenda, presente anche in altre iniziative regionali, deve essere illuminata di questa capacità di intuito da un lato e di laboriosa dedizione e di approfondimento non legata solo ad aspetti di intuito ma ad aspetti di grande maturazione e di profonda cultura.
Così non possiamo non rendere testimonianza ai colleghi, l'attuale relatore Marchini e la collega Soldano, che con la relazione conclusiva dei lavori della Commissione della passata legislatura ci hanno di fatto offerto per questa terza legislatura un contributo fondamentale che è stato poi determinante per riuscire in questi tre anni ad approdare ai risultati cui oggi siamo di fronte. Pensiamo si siano recuperate tutte le componenti storiche ed epiche posteriori alla Rivoluzione Francese.
Il riferimento ai colori che sono stati presi nello stendardo è chiara testimonianza del fatto che anche la vicenda cosiddetta "moderna" intendendosi per periodo moderno quello susseguente alla Rivoluzione Francese, ha avuto una chiara, esplicita riconsiderazione con quei valori e quei significati che soprattutto nella parte conclusiva della relazione Marchini, testé letta, sono stati chiaramente esplicitati e rivalorizzati.
Comunque riteniamo che la significatività di quegli eventi e delle sue riverberazioni, dirette od indirette, anticipatrici o susseguenti, hanno avuto in Piemonte una presenza che è stata embrionalmente capace di dare un secolo dopo con l'Unità d'Italia, ma ancora successivamente e forse tuttora in atto, effetti politici e sociali di portata storica indiscutibilmente positivi.
Per queste ragioni, egregi Consiglieri, diamo assenso all'impostazione della relazione e diamo testimonianza del contributo che il nostro Gruppo soprattutto ad opera del compianto avv. Oberto, ha offerto in questi tredici anni della vita regionale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro Gruppo è fra i presentatori della proposta di legge n. 308 che prevede l'adozione dello stemma e del gonfalone della Regione Piemonte.
Ne siamo stati presentatori (pur avendo in prosieguo manifestato il nostro dissenso con riferimento alla relazione conclusiva della Commissione speciale) in quanto, dopo le risultanze delle laboriose indagini conoscitive compiute dalla competente Commissione consiliare, in adempimento della legge n. 3 del 1979 che concerne le procedure da seguirsi, abbiamo ritenuto, come forza politica, che validamente potesse assurgere a stemma della Regione Piemonte, e quindi a stemma di tutti i piemontesi, quel "blasone di risso alla croce d'argento caricato di un lambello d'azzurro a tre fasce" che affonda le sue radici storiche nell'evento di Thonon del 15 agosto 1424 (protagonista Amedeo VIII) e che in successive epoche storiche, venne ufficialmente additato come stemma del Piemonte; stemma-blasone che non abbandonò più il grande scudo dello Stato sabaudo e che fu definitivamente adottato e riconosciuto come stemma del Piemonte.
Siamo stati presentatori del disegno di legge in questione, in quanto abbiamo ritenuto che altrettanto validamente potesse assurgere a dignità di gonfalone della Regione quella dosata combinazione di colori rosso-bleu arancio che caratterizzò quel "drapeau" repubblicano e piemontese che venne per la prima volta sventolato il 7 Floreale 1796 ad Alba ed i cui connotati consistevano nei menzionati tre colori. Leggo testualmente dal proclama dell'epoca che esalta il "drapeau": "il rosso denota il coraggio, il bleu la solidità e l'arancio la dolcezza, l'unità, l'egualità, l'indivisibilità di cui è simbolo il melarancio con i suoi spicchi uniti ed uguali" Ciò premesso ai fini di spiegare la ragione per cui abbiamo sottoscritto il disegno di legge, dobbiamo ricordare che naturalmente anche questa legge che fissa stemma e gonfalone della Regione Piemonte (con le caratteristiche che abbiamo visto) contiene in sé, come tutte le leggi "lettera e spirito" della legge stessa. E la lettera emerge dalle parole usate, che si traducono plasticamente nei grafici che tutti abbiamo sott'occhio e che condivido pienamente.
Per quanto concerne lo spirito della legge il discorso, vista l'interpretazione che si coglie dalla relazione Marchini, è per noi diverso. Possiamo condividere lo spirito della legge per quanto concerne lo stemma (che è poi il simbolo più caratteristico di questo disegno di legge) in quanto il relatore Marchini ce lo presenta ancorato all'evento storico di Thonon del 1424 ed in quanto ci precisa - nella relazione che costituisce l'ultimo documento di rilievo che accompagna in aula il disegno di legge - che va interpretato "al di là dai riferimenti storici". Non condividiamo invece lo spirito della legge per quanto concerne il gonfalone. E questo perché il relatore (sicuramente con il consenso della maggioranza del Consiglio) si sforza, a nostro avviso, di conferire al gonfalone un significato politico contemporaneo che, in realtà, se non è fazioso è sicuramente di parte oltreché non aderente alla realtà storica.
Questo perché? Perché, sempre per rimanere nella scia della relazione Marchini e nel campo dei significati e dei riferimenti politico-simbolici il "drapeau" sventolato ad Alba nel 1796 e due anni dopo ad Ornavasso contro i francesi è rimasto - da quell'epoca - negli archivi storici ed è stato oggetto di attenzioni solamente ad opera degli studiosi di storia subalpina.
In nessuna occasione successiva al 1796, in nessuna vicenda di storia patria, il "drapeau" non è mai più stato sventolato da nessuno, neppure nel corso della guerra civile 1943-45: né dall'una né dall'altra parte della barricata.
E allora - se è vero, come è vero, e come mi sono sforzato di dimostrare alla luce della relazione Marchini, interpretativa della legge lo stemma appare veramente come lo stemma di tutti i piemontesi, alla luce della medesima relazione il gonfalone viene a risultare un gonfalone di parte, che appartiene solamente a quei piemontesi che si identificano politicamente, moralmente e simbolicamente nell'interpretazione storica prospettata dalla relazione.
E' un gonfalone che sicuramente si proietterà nel futuro, è un gonfalone degli anni '80, che però nasce con un connotato nostalgico! Per questi motivi il nostro Gruppo si astiene.



PRESIDENTE

Ringrazio il collega. Non so a quale nostalgia si riferisce. Ho partecipato a tutte le riunioni della Commissione.



CARAZZONI Nino

Nostalgia della guerra civile.



PRESIDENTE

In Commissione non è emersa nessuna velleità.



CARAZZONI Nino

E' tutto un compromesso e l'ha detto chiaramente la collega Marchiaro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Sarò brevissima non soltanto perché ce l'ha raccomandato cortesemente il Presidente, ma perché ho una certa difficoltà ad inserirmi nel dibattito per due ordini di problemi: il primo è che non essendo stata presente nelle altre legislature non ho vissuto il pathos che molti Consiglieri hanno vissuto attorno a questo dibattito. E' un dibattito che non ha coinvolto solo i Consiglieri ma anche la comunità scolastica che ha partecipato all'elaborazione per pervenire alla definizione dello stemma.
In questa legislatura ho fatto parte della Commissione che è pervenuta alla relazione della quale parlava il collega Marchini. Devo dire che la fredda intelligenza del colto Marchini mi ha fatto apprezzare la cultura della tradizione che sta dietro alla presentazione del disegno di legge, ma non ho mai pensato di andare in giro con il gonfalone della Regione. Magari questo lo farà molto bene il nostro amato Presidente Viglione! Credo inoltre che non si possa smentire che lo stemma, l'araldica, le effigi di persone, famiglie, di enti e di stati appartengono più alla cultura monarchica che a quella repubblicana. E' nel Medioevo che si fregiavano degli stemmi i sovrani e i feudatari più importanti; soltanto successivamente gli stemmi vennero rilasciati ai feudatari minori o alle persone che fossero sprovviste di feudo. Occorre riconoscere però che da sempre, ed anche nei tempi moderni, ogni associazione, ogni ente, ogni Stato, tende a riconoscersi in un'immagine simbolica. Anche la Giovine Italia ebbe il suo simbolo. Quindi seppure in ritardo, rispetto alle altre Regioni, anche il Piemonte arriva a fregiarsi oggi di uno stemma e di un gonfalone che, per quanto mi riguarda, vorrei vedere soprattutto in una proiezione moderna iniziando magari dal gonfalone come stemma promozionale dell'immagine Piemonte in Italia e all'estero.
Devo anche dire che, al di là delle motivazioni politiche che hanno portato i Commissari a scegliere i colori della Repubblica di Alba, come albese sono molto orgogliosa che i colori di Alba abbiano la dignità dell'emblema regionale e possano raccontare alle attuali e future generazioni le istanze di libertà e di democrazia che sempre le popolazioni dell'Albese seppero esprimere sin dal 1796. Con un auspicio però che il protagonismo del Piemonte minore, del Piemonte provinciale non resti soltanto nello stemma o nel gonfalone della Regione Piemonte e cioè che attraverso atti legislativi, amministrativi, gestionali importanti, il protagonismo del Piemonte minore venga fuori. Non un gonfalone capace di dare risposte ai problemi del Piemonte, ma ai nostri atti ed il modo in cui sapremo sostanziare gli alti doveri a cui i cittadini ci hanno chiamati. Il voto del Gruppo repubblicano non potrà che essere favorevole. Credo, in ultima analisi, di dover anche ringraziare tutti coloro che con molta passione si sono occupati di questo problema, in particolare il relatore Marchini, che ci ha finalmente portati a questo risultato definitivo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi, esprimo il consenso del Gruppo socialdemocratico sul disegno di legge che vede la Regione adottare finalmente il proprio stemma ed il proprio gonfalone. Forse siamo in ritardo rispetto a questo adempimento che ha sicuramente un significato simbolico che non contribuisce nell'immediato ad affrontare e risolvere i problemi economici, ma che può comunque rappresentare un punto di riferimento importante per la comunità piemontese. Adottiamo lo stemma storico del Piemonte con l'aggiunta ed il richiamo a quei valori di libertà e di impegno civile della Repubblica di Alba da tutti richiamato. Su questo stemma il nostro Gruppo è sempre stato d'accordo, sul quale si è costruita anche nei secoli l'unità di una Nazione, un'unità non soltanto dal punto di vista territoriale, ma anche dal punto di vista storico e culturale. E' pur vero che ciascuna provincia o zona del Piemonte ha una sua storia che la richiama a Mantova o alla Repubblica di Genova, però lo stemma storico che adottiamo è quello che da più tempo ha rappresentato il punto di riferimento per l'unità della Nazione Piemonte. Anche per quanto riguarda la parte grafica vi è il nostro consenso anche se uno sforzo più deciso per un disegno grafico di maggior sintesi sarebbe stato sicuramente auspicabile.
Riteniamo che l'adozione dello stemma e del gonfalone rappresenti un significato simbolico da non sottovalutare per dare il senso di comunità di una comune volontà di intenti per cercare di trovare tutti assieme le vie d'uscita per i problemi della nostra Regione; il che vuol dire anche riconoscere che vi è un'identità dal punto di vista economico, storico e culturale. Credo che non ci si debba vergognare della memoria storica. Una comunità che non abbia una memoria storica è una comunità destinata progressivamente a decadere.
Credo vi sia anche del positivo nel richiamare la storia di una Regione che vuole proiettarsi nel futuro. Questo sta a sottolineare l'identità specifica della Nazione piemontese e la sua unità. Per queste ragioni e con questi significati esprimiamo parere favorevole al disegno di legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Già la scorsa legislatura il nostro partito aveva presentato una proposta di legge per l'adozione di uno stemma e del gonfalone. Forse il Piemonte è l'ultima Regione d'Italia che decide nella scelta del simbolo che deve rappresentarla. Il Gruppo socialista non è totalmente soddisfatto sulla scelta del simbolo, ma lo accetta perché se ne discute da troppi anni. Il simbolo deve racchiudere le rappresentanze territoriali di classe e non si può evitare un discorso di classe sullo stemma di un'istituzione.
Do atto al Consigliere Marchini che si è sforzato nel ricercare i riferimenti per motivare la scelta che viene fatta per il simbolo della nostra Regione.
Il Gruppo PSI esprime voto favorevole a questa proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Nel dare atto del lavoro che la Commissione ha compiuto nell'intento di recuperare valori storici antichi e più recenti, devo dire che a noi questa proposta non ci soddisfa perché fa troppo riferimento a tradizioni antiche e non fa i conti con i mutamenti sociali recenti e non raccoglie i valori legati alla Resistenza, alla Costituzione dello Stato democratico, non valorizza la vocazione lavorativa della nostra Regione.
La proposta è sproporzionalmente legata ai valori storici tradizionali della Casa Savoia, con la quale non possiamo identificarci.
Pertanto il nostro Gruppo si asterrà dal voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho il massimo rispetto per il lavoro che la Commissione ha svolto e per le conclusioni cui è pervenuta.
Rispetto però non vuol dire necessariamente adesione. La proposta non mi convince. Non riesco a vederla come sintesi ed espressione di questa Regione, della sua storia, della sua gente, delle sue lotte, dei suoi sacrifici, delle sue capacità. Certo non era facile rappresentare l'essenza del Piemonte alle soglie del 2000; o tradurre in simboli le emigrazioni, la lotta antifascista, la Resistenza, i drammi e le speranze di milioni di persone, la scienza, la tecnica e la cultura che hanno reso la comunità piemontese una tra le più avanzate del nostro Paese.
Gramsci, piemontese immigrato, scriveva in carcere che dobbiamo cercare lontano le radici del presente per capire meglio questo presente ed essere più attrezzati nella costruzione della città futura.
Forse non si è cercato a sufficienza. Non tutte le radici sono state ritrovate e si è scrutato forse troppo timidamente il futuro. Forse solo la sensibilità ed il genio di un artista potevano rappresentare la sintesi di una Regione di frontiera qual è il Piemonte. Rimane però l'impressione di un'occasione perduta. Una volta che il Consiglio avrà fatto le sue scelte i simboli adottati rappresenteranno tutti. Molti probabilmente faranno fatica a riconoscersi in questa simbologia. Penso però che saranno tra coloro che più intensamente lavoreranno per un Piemonte ed una società sempre più giusta e sempre più libera.
Mi asterrò dal voto.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Non intendo replicare quale relatore, ma integrare gli interventi dei Gruppi.
E' dovere storico e di correttezza riconoscere che gli elementi portanti della ricerca storica hanno trovato le loro origini nella proposta di legge Calsolaro e nella sua relazione. Di questo bisogna dargli atto e chiedo scusa se per ragioni di correttezza formale non è emerso dalla relazione della Commissione.
Devo dire ai colleghi del Movimento Sociale, non entrando in discussione con le loro valutazioni, che gli argomenti che ho introdotto nella relazione non sono argomenti "di motivazione", al contrario. La Commissione sullo stemma ha deliberato che il gonfalone doveva essere rappresentativo di quelle cose che ho detto nella relazione e non viceversa. Non si sono dette delle cose per ottenere il voto, si è cercato di trovare un simbolo, cioè i colori del gonfalone, sufficientemente rappresentativo di quelle cose. In effetti, l'inadeguatezza del lavoro attiene probabilmente troppo al peso della tradizione del passato e al suo radicamento, come bene ha detto la collega Marchiaro. Sul piano della correttezza volevo richiamare questa successione logica e metodologica. La Commissione per lo stemma ha individuato la necessità di trovare rappresentazione ai valori successivi a quelli sabaudi, che sono quelli della storia democratica e popolare della nostra Regione.
Il gonfalone è inadeguato a rappresentare questi principi. Non mi pare però si possa rimproverare al relatore faziosità, anche se mi rendo conto che non era questo il senso dell'intervento del collega Majorino.



MAJORINO Gaetano

E' l'interpretazione del pensiero della maggioranza.



MARCHINI Sergio

La maggioranza nella scelta del gonfalone aveva fatto una scelta di argomenti politici. Lo stemma è storico, il gonfalone è un elemento politico. Che poi questo elemento politico sia insufficiente per alcuni e sia ridondante per altri è un problema politico. Nella relazione ho ritenuto di dover dare atto che il gonfalone è una scelta di individuazione di valori politici della Regione Piemonte, non di valori storici.
Ovviamente il nostro Gruppo darà voto favorevole.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Condivido convintamente la scelta fatta. In questa vicenda convissero le due anime nel Consiglio da quattordici anni a questa parte; l'una era l'anima che voleva un simbolo che rappresentasse gli eventi più recenti l'altra quelli più lontani. Non c'è stata una mediazione, ma una riconduzione ai tanti valori e alle tradizioni della nostra storia che vanno dagli occitani, ai valser, ecc. E' stata portata avanti anche la tesi secondo cui il riprodurre determinati simboli sembrava fuori luogo, non essere nel nuovo, ma voler ripetere meccanicamente l'antico.
Non di questo si tratta. Un gonfalone e uno stemma vogliono, con poche immagini, rappresentare mille anni della nostra storia. Questa è una giornata importante.
La quasi unanimità del Consiglio sulla scelta fatta sta a dimostrare che la ragione è dalla parte di coloro che si inseriscono nel grande filone culturale, storico, politico, sociale del Piemonte.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, possiamo passare alla votazione dell'articolo unico del progetto di legge n. 308.
Articolo unico "La Regione Piemonte adotta ai sensi dell'ultima comma dell'art. 1 dello Statuto regionale: a) il gonfalone di cui all'allegato 1, facente parte integrante della presente legge: interzato in fascia; nel primo di rosso, nel secondo di blu, nel terzo d'arancio, colori della Repubblica di Alba, proclamata il 25/4/1976, sul tutto lo stemma del Piemonte che è di rosso alla croce d'argento, spezzata da lambello d'azzurro di tre pezzi b) lo stemma di cui all'allegato 2, facente parte integrante della presente legge, così descritto: di rosso alla croce d'argento spezzata da lambello azzurro di tre pezzi' già stemma del Piemonte dal 1424" Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 39 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'articolo unico è approvato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Modificazioni alla legge regionale 4/9/1979, n. 57"


PRESIDENTE

Il punto decimo all'ordine del giorno reca: Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Modificazioni alla legge regionale 4/9/1979, n. 57" La parola al relatore, Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria, relatore

Il Commissario del Governo ha inviato la legge "Modificazioni alla legge regionale 4/9/1979, n. 57" perché le sanzioni amministrative non erano definite da un atto legislativo come prevede l'art. 1 della legge n.
689 dell'81, ma da una deliberazione.
La Giunta aveva accolto il suggerimento governativo modificando il primo comma dell'art. 8 in questo modo: "I piani naturalistici di cui al precedente art. 7 sono approvati con legge regionale", e la Commissione si era espressa in modo favorevole.
Tuttavia, ad una riflessione più approfondita, pare più opportuno seguire un'altra strada, accogliendo gli emendamenti proposti dal Consigliere Majorino, i quali prevedono che insieme ai piani naturalistici mantenuti come atti amministrativi, vengano emanate leggi specifiche con le sanzioni relative alle normative contenute nei piani stessi. La Giunta ha recepito lo spirito di questi emendamenti ad integrazione dell'art. 8.
Le altre modificazioni apportate sono di breve entità ed è sufficiente seguire il testo della legge.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolo unico.
Articolo unico "La legge regionale 4/9/1979, n. 57 e successive modificazioni ed integrazioni, è così modificata: 1) l'ultimo comma dell'art. 4 è soppresso 2) l'art. 7 è così sostituito: 'Al fine di salvaguardare l'ambiente naturale la Regione redige piani naturalistici, riguardanti aree di particolare interesse ambientale e naturalistico, costituiti, generalmente e dove occorra, dal rilevamento del patrimonio faunistico, botanico e forestale, dallo studio geologico biologico ed idrobiologico dell'area e da ogni altro studio ritenuto opportuno e contenenti direttive e normative per il mantenimento e la gestione delle caratteristiche ambientali, paesaggistiche e naturalistiche individuate.
I piani naturalistici dovranno inoltre prevedere apposite sanzioni per interventi, le opere e le azioni contrastanti con le direttive e normative contenute nei piani stessi' 3) il primo comma dell'art. 8 è così modificato: 'I piani naturalistici di cui al precedente art. 7 sono approvati con legge regionale'".
Il Consigliere Majorino ha presentato il seguente emendamento: al punto 2) sostituire l'espressione "La Regione redige piani naturalistici" con l'espressione: "La Giunta regionale redige piani naturalistici" La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

L'emendamento da me proposto tendeva semplicemente ad evitare che i piani faunistici venissero approvati con legge. Siccome esiste la regola generale che non si amministra con legge, mi è sembrato opportuno proporre l'emendamento da cui risulti che i piani faunistici continuano ad essere predisposti dalla Giunta ed approvati dal Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Il Consigliere Majorino presenta ancora il seguente emendamento: al punto 2) abrogare l'ultimo comma.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Vi è ancora un emendamento del Consigliere Majorino: abrogare interamente il punto 3) e sostituirlo come segue: "Con legge regionale sono previste apposite sanzioni a tutela delle direttive e delle normative contenute nei piani naturalistici" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Il Consigliere Ariotti presenta infine il seguente emendamento: il punto 3) è modificato come segue: "L'art. 8 è integrato con i seguenti commi: 'Le previsioni e le normative contenute nei piani naturalistici hanno efficacia dalla data di esecutività della deliberazione del Consiglio regionale che li approva'" .
Segue il terzo emendamento del Consigliere Majorino.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Pongo ora in votazione l'articolo unico nel testo emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri L'articolo unico è approvato.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame deliberazione Giunta regionale n. 125-22324: "Piano di siti idonei allo smaltimento finale dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione e potabilizzazione, dei fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa e rifiuti solidi industriali non assimilabili agli urbani, ai sensi della legge regionale 22/6/1979, n. 31 art. 12"


PRESIDENTE

Passiamo al punto undicesimo all'ordine del giorno che prevede l'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 125-22324: "Piano di siti idonei allo smaltimento finale dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione e potabilizzazione, dei fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa e rifiuti solidi industriali non assimilabili agli urbani, ai sensi della legge regionale 22/6/1979, n. 31, art. 12" La parola al relatore, Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio, relatore

Poiché si tratta di una relazione specificatamente tecnica la darei per letta e riassumerei i termini più significativi di questa deliberazione relativa all'individuazione di 24 siti destinati a raccogliere i fanghi industriali. Tale provvedimento è importante perché ha la conseguenza di assumere il valore di variante tecnica degli strumenti urbanistici: questa previsione sostanzialmente supera le previsioni urbanistiche sul piano della programmazione urbanistica dei Comuni. Questo a giustificare l'attuale titolo della deliberazione leggermente diverso da quello originario: "Approvazione del piano dei siti idoneo allo smaltimento finale dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione". Ciò sta ad indicare che questo è un primo elenco estremamente prudenziale dei siti suscettibili di questa destinazione e peraltro la Commissione ha ritenuto tale indicazione del tutto insufficiente ad esaurire l'ampia domanda di questa natura e problematica.
Resta aperto il problema del superamento sul piano della programmazione urbanistica regionale per non abbandonarla a quella dei Comuni, delle situazioni circa le quali sono in corso domande di autorizzazione che, pur avendo ottenuto quella regionale, se non hanno la concessione di natura urbanistica che deve prevedere destinazioni coerenti negli strumenti urbanistici, di fatto mettono in grave difficoltà l'Amministrazione regionale che si trova impedita a realizzare atti di programmazione. La Commissione ha la consapevolezza che la Giunta dovrà adottare a breve tempo molti altri provvedimenti.
Si era tentato di introdurre all'interno di questa deliberazione un'anticipazione delle modalità da seguire da parte della Giunta per l'individuazione di altri siti. Peraltro la Commissione ritiene che l'unica via percorribile sia quella dell'individuazione di un successivo piano del sito e non certamente di poter procedere né con legge regionale né tanto meno attraverso delibera della Giunta, sia pure assunta dal Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

L'ora tarda non permette di dare alla discussione l'ampiezza che sarebbe necessaria. Non si tratta solo di individuare venti siti, ma di considerare il rapporto tra lo sviluppo e l'ambiente, visto che in questi anni abbiamo assistito ad una sempre maggiore aggressione ed alla distruzione dell'ambiente e del territorio. Non voglio entrare nel merito di questo tema delicato. E' cresciuta in questi anni la sensibilità delle popolazioni sull'esigenza di salvaguardare il territorio e l'ambiente ed è cresciuta la resistenza degli Enti locali e delle popolazioni ad accogliere sul loro territorio siti nei quali collocare i rifiuti. Gli emendamenti che propongo sopprimono le deroghe previste nel piano perché individuando un certo numero di siti che si ritengono idonei a ricevere i rifiuti più inquinanti, si rischia che vengano utilizzati a questo scopo anche gli altri siti, abbassando la guardia rispetto alle garanzie di non inquinamento.
C'è poi il problema che attiene al controllo del materiale che viene scaricato. L'art. 7 del D.P.R. 915 lo demanda alle Regioni che si avvalgono delle USL attraverso i laboratori multizonali di sanità. Ci sono però delle difficoltà nel far funzionare questi lavoratori, perché le USL di fatto limitano il campo di azione dei laboratori entro i limiti geografici dell'USSL. mentre invece dovrebbero interagire.
Vorrei ora illustrare le ragioni che ci hanno spinti a sottoscrivere l'ordine del giorno che è stato presentato. Secondo alcune valutazioni fatte dalla Federpiemonte, i siti individuati si esauriranno nel giro di due anni ed il problema quindi si riproporrà. Come è affermato nella relazione del Presidente della VII Commissione, occorre attuare l'art. 6 del D.P.R. 915 relativamente al trattamento e al riciclo dei rifiuti. Con il nostro ordine del giorno sollecitiamo la Giunta a costituire dopo sei mesi dall'emanazione delle norme di attuazione del D.P.R. 915 un catasto il quale dovrà essere delegato ad enti intermedi e definire programmi e strumenti per l'avvio del trattamento e del riciclo dei rifiuti.
Mi sembra comunque che siano scarse le esperienze su questo terreno alle quali fare riferimento, quindi è necessario disporre di strumenti tecnico-scientifici in grado di supportare la Regione nell'applicazione dell'art. 6.
La Giunta deve esprimersi su questo tema ed approntare, entro breve tempo, programmi e strumenti per il riciclo. Propongo di costituire una Commissione tecnico-scientifica utilizzando le esperienze dell'Università.
Questa è una questione fondamentale anche rispetto al piano.
E' chiaro che se si avvia questa partita il giudizio sul piano sarà di un certo tipo, giudizio che muterà se invece non si manifesta la volontà politica di muoversi in questo senso, in quanto ci ritroveremo fra breve con il problema irrisolto per non aver creato le prospettive per gli anni futuri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

La relazione che accompagna la deliberazione illustra i termini e gli obiettivi che ci proponiamo.
E' comunque opportuno che il Consiglio regionale si faccia carico delle prevenzioni che i cittadini nutrono nei confronti di questi problemi. E' necessaria una sempre più alta partecipazione, un maggior controllo per dare garanzie ad aumentare la credibilità attorno al problema del trattamento dei fanghi. Questa deliberazione non può affrontare complessivamente il problema, ma nel momento in cui variamo un atto di questa portata il Consiglio deve farsi carico di queste esigenze. Il Gruppo comunista considera il piano proposto potenzialmente idoneo anche se si dovranno svolgere ulteriori e più approfondite indagini ai fini di una loro corretta utilizzazione. La deliberazione metterà in moto un meccanismo che dovrà individuare quali tipi di rifiuto potranno essere depositati nelle discariche.
Sollecitiamo la Giunta ad attivarsi relativamente ai compiti nuovi che il D.P.R. 915 le affida. La complessità della materia e l'applicazione delle norme richiedono un governo forte non dimenticando che sul piano dei controlli da effettuare e delle garanzie da dare rimane ancora molto da fare.
Il D.P.R. 915 stabilisce che i controlli sono affidati alle Province ed alle USSL, ma dobbiamo valutare l'enorme difficoltà sul piano degli strumenti necessari. Forse sarà necessario creare un supporto tecnico scientifico alle Province ed alle USSL affinché possano svolgere il controllo ad un livello alto. La Regione ha anche competenze nell'elaborazione ed aggiornamento dei piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti.
Il D.P.R. 915 stabilisce ancora che la Regione ha competenze nella promozione di iniziative dirette a limitare le formazioni di rifiuti, a favorire il riciclo e la riutilizzazione degli stessi e/o l'estrazione di materie utilizzabili e di energia, a realizzare impianti che assicurano un corretto smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi. E' materia che richiede capacità di governo e di merito sui progetti e sulle tecnologie che verranno proposte che richiedono un controllo. C'è l'esigenza di creare uno strumento regionale altamente qualificato sul piano tecnico, scientifico e sul piano progettuale.
L'ordine del giorno che con altri colleghi ho sottoscritto va in questa direzione. Con fidiamo che la Giunta e l'Assessorato vogliano tenere conto delle preoccupazioni esistenti in questo campo e sappiano dare risposte ponderate e fornire le garanzie che la comunità richiede.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Spiace che questo argomento venga affrontato in chiusura di seduta perché le complesse caratteristiche del tema che stiamo trattando imporrebbero al Consiglio regionale un'attenta ed approfondita riflessione su un fenomeno di accompagnamento della nostra società che solo un'azione coerente e consapevole della problematica potrà ricondurre a criteri di gestione che diminuiscano le numerose e non sempre chiare incognite che pesano sulle dimensioni stesse del fenomeno. I tragici avvenimenti degli anni scorsi, i casi clamorosi di Seveso e di Otranto, oltre a fatti minori hanno posto alcune precise domande che riguardano direttamente, senza mezzi termini, la sicurezza della collettività.
Le polemiche e le denunce che hanno accompagnato lo studio e l'approntamento degli strumenti legislativi nazionali, hanno confermato che sul tema dello smaltimento dei rifiuti e delle sostanze anche nocive e della localizzazione dei siti idonei esistono tecniche diverse, priorità e condizioni che esigono precisi vincoli e scelte temporali, coordinate tra loro, anche con gli organi istituzionali di vario livello.
Le nostre perplessità, che sostanzierò successivamente, riguardano i tempi di attuazione di leggi che, pur nella corposità dell'articolato mostrano evidenti segni di scollamento nella fase operative che compete. In assenza del Regolamento applicativo della legge 915 dell'82, che deve comunque essere emesso entro il 31/12/1983, rischiamo di ridiscutere tutte le modalità attuative dei siti ma soprattutto rischiamo una diversa interpretazione da parte delle diverse Regioni e una disorganicità estremamente pericolosa per i noti motivi e fatti richiamati. Era possibile evitare questo principio di sfaldamento attraverso una tempestiva applicazione da parte dello Stato dell'art. 4 della legge 915 che, alla lettera h), parla di coordinamento dei piani regionali di smaltimento dei rifiuti attraverso conferenze interregionali.
Esiste d'altronde una problematica economica e territoriale che non pu essere sottovalutata e che deve esprimersi chiaramente nella quantificazione e nella localizzazione dei siti non solo per ovvi motivi di esaurimento biennale indicati dalla Federpiemonte, dall'Api e da Italia Nostra, nelle note di revisione del piano giunte alla VII Commissione, ma anche per non creare equivoci con le popolazioni locali che potrebbero sfociare in reazioni dovute a disinformazione. La fiducia tra cittadini ed istituzione nasce da comportamenti coerenti e può essere raggiunta solo con la chiarezza degli interventi e su questo tema la chiarezza e il dialogo con i cittadini nascono da precise garanzie di strumenti e di funzioni operative. La sicurezza dei siti e ciò che vi è concesso può essere garantito da una Commissione ad hoc, o meglio attraverso un migliore utilizzo delle competenze dei componenti la Commissione smaltimento rifiuti solidi. Questa Commissione sino ad ora è rimasta estranea alle consultazioni tecniche sui siti e sulle competenze comunali fissate dal D.P.R. 915. Chi controlla l'esecutività anche in tema di discariche? Le competenze per il controllo ambientale passano alle USSL. le quali mancano però del personale competente che dovrà concretizzare la legislazione. Il tema della sicurezza deve ancora trovare delle risposte precise. Il rapido aumento dei fanghi, pensiamo all'entrata in funzione dell'impianto del Po Sangone, provocherà una progressione geometrica sempre più alta di richiesta di smaltimento, così come sempre più alti saranno i rischi che dovremo affrontare.
Ricordiamo la vicenda della discarica di Asti, segnalata successivamente dalla Regione come zona protetta per la presenza di rari fossili, una discarica con un percolato inesistente e a contatto con numerose falde acquifere che hanno creato condizioni di inquinamento nocivo agli uomini e all'ambiente. Questo succede perché gli enti preposti si affidano esclusivamente a tesi accademiche, contrastanti, la cui validità deve essere supportata con studi approfonditi e di più largo coinvolgimento, in particolare dei geologi che, pur portatori di tesi diverse, sapranno individuare gli equilibri richiesti nei casi specifici.
L'arretratezza nazionale sugli interventi proposti trovano una prima risposta in questo piano dei siti sul quale responsabilmente abbiamo rilevato alcuni spunti critici che esigono un approfondimento.
I rischi sono alti. Abbiamo la conferma, dall'inchiesta tuttora in corso da parte della Prefettura di Torino sullo scarico di uno o più ospedali, di sostanze di estrema nocività. E' anche un fatto di coscienza civica e di cultura. Oltre al tema della sicurezza esiste un'altra esigenza espressa dal rapporto con i cittadini e con gli esperti del settore e cioè i sistemi economici ed efficienti per il riciclaggio e il riutilizzo dei rifiuti o il recupero ad essi di materiale od energia. E' noto che l'impianto di produzione del biogas unisce l'economicità a prestazioni discrete e che potrebbe rappresentare l'elemento per un più sereno ed accomodante rapporto con le popolazioni locali in questa scelta difficile ed obbligata.
Concludendo queste brevi note generali sul piano dei siti con le raccomandazioni che abbiamo sottolineato vorremmo soffermarci su un altro particolare aspetto dei fattori di inquinamento nocivo legato alle forme di sicurezza e salvaguardia della salute e dell'integrità fisica della popolazione.
Il rapporto territorio-ambiente non si esaurisce nell'individuazione delle discariche o dei siti speciali, ma si ripropone drammaticamente a monte di questo discorso nel problema di aziende o luoghi di lavoro con alti fattori di inquinamento sia esterno che interno derivanti da fattori di nocività chimica, fisica e biologica.
Le precauzioni e la cautela da adottare per evitare l'inquinamento delle aziende che svolgono questi trattamenti sono inserite nella legge nazionale n. 833 del '78 sulla sanità pubblica, dall'art. 20 all'art. 26.
L'art. 24 delegava al Governo di emanare entro il 31/12/1979 un testo unico in materia di sicurezza del lavoro che riordini la disciplina generale del lavoro, della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Questa delega è rimasta lettera morta con le conseguenze anche gravi che abbiamo registrato in Piemonte in alcune aziende che rischiano di diventare per i lavoratori dei veri e propri siti del tipo di cui stiamo discutendo. Ritengo che in proposito il Consiglio regionale piemontese possa sollecitare un'iniziativa urgente per l'applicazione della delega affinché in futuro si possa guardare a questi aspetti del nostro sistema industriale con più serenità. Il nostro giudizio sul piano dei siti è positivo: positivo con il beneficio di poter ridiscutere la materia sulle linee che abbiamo tracciato riguardo alla sicurezza, alla localizzazione e distribuzione ragionata sul territorio e differenziazione dei siti stessi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

La Giunta regionale ha presentato, circa un anno fa, il piano siti in obbedienza al disposto dell'art. 12 della legge regionale 31/79 nonch della legge statale 62 del 1982 che attuava per questa materia la legge Merli. Dopo la presentazione di questo piano è stato approvato il D.P.R.
915 che, attraverso le direttive CEE, norma la materia dello smaltimento dei rifiuti con particolare riguardo a quelli nocivi e tossici. Tale decreto specifica le competenze ai vari livelli statale, regionale e comunale e, tra l'altro, compete alla Regione la redazione del piano di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti con l'individuazione delle aree idonee per lo stoccaggio ed il trattamento, piano che la Regione dovrà presentare entro il mese di giugno 1985. Partendo da queste premesse occorre rilevare, in primo luogo, il grave ritardo con il quale si porta in approvazione al Consiglio regionale il piano dei siti, a fronte di pressanti richieste da parte del sistema industriale piemontese che continua a depurare senza indicazioni regionali su dove smaltire i fanghi.
La Giunta regionale è consapevole che il ritardo è tale da non poter sopportare ulteriori rinvii e il testo ultimo approvato in Commissione, che screma dei punti controversi, riduce in modo consistente il numero dei siti previsti nella nostra Regione. Le dichiarazioni della Federpiemonte, su questo tema, sono significative e parlano di stesura ridotta, numero di aree insufficienti come localizzazione e come ampiezza dei siti per soddisfare le esigenze di smaltimento attuali con una previsione di esaurimento di circa due anni. Per non tenere conto poi della situazione di alcuni Comprensori che sono scoperti a fronte di elevate quantità di rifiuti prodotti. Queste preoccupazioni ed altre, come la compatibilità di questo piano (che giudichiamo settoriale perché riguarda il solo smaltimento dei fanghi residuati dagli impianti di depurazione) con quello più generale previsto dal D.P.R. 915 che richiamavo prima, sono state presenti, nel lavoro svolto in Commissione, a tutti i Gruppi. Il Gruppo DC ha deciso di dare voto favorevole, convinto come è dell'esigenza primaria di dare una risposta alle richieste che in questo settore vengono dalla comunità regionale.La preoccupazione per i controlli, la preoccupazione di dare ai cittadini e agli Enti locali tutte le garanzie necessarie in una materia così difficile e complessa sono presenti anche al Gruppo DC e vorrei sottolinearle con forza.
Confermiamo in aula il voto favorevole non senza sottolineare con preoccupazione il grave ritardo che ha provocato grossi problemi e perplessità al settore produttivo piemontese. Invitiamo sin d'ora, unendoci ai colleghi che mi hanno preceduto, la Giunta e l'Assessore competente ad avviare gli studi per la realizzazione del piano generale previsto dal D.P.R. 915 comunque entro il termine previsto dalla legge del giugno 1985.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Il Gruppo PSI è favorevole al piano dei siti, assolutamente necessario per portare ordine e per evitare discariche selvagge con i pericoli conseguenti.
La rete dei siti deve essere omogenea sul territorio al fine di garantire che i rifiuti trovino realmente posto nelle discariche. Se un sito viene individuato alla distanza di molti chilometri dal luogo di produzione dei fanghi industriali, difficilmente verrà utilizzato.
Invitiamo la Giunta a svolgere uno studio dei terreni tecnico-scientifico molto approfondito ai fini della garanzia da inquinamento con grave pericolo per la salute della popolazione.
Molto importante è il capitolo dei controlli delle discariche. Come diceva la collega Vetrino le USSL non sono in grado di controllare essendo prive di strumenti. Pertanto le discariche incontrollate possono diventare delle bombe innescate che non sappiamo più disinnescare. Sono necessari i controlli perché queste operazioni possono dare adito a speculazioni anche se sono ammantate di buone intenzioni.
Proprio in questi giorni segnalavo all'Assessore il sito del Comune di Bellinzago, per il quale è stata avanzata la proposta di estenderlo per un'area quattro volte quella attuale per i rifiuti industriali provenienti da tutto il territorio nazionale, compresi quei rifiuti che non si sa ancora come trattare. Sappiamo che la Francia, dopo la diossina di Seveso non è più propensa a ricevere tali rifiuti industriali. Il Piemonte rischia di attivare nel Nord Italia la pattumiera di tutta l'Europa.
Ecco perché rivolgo un invito alla prudenza; è un invito che viene soprattutto dalla popolazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Fatto salvo l'intervento fatto a nome della DC dal collega Carletto e condividendo le preoccupazioni della signora Cernetti, voglio rappresentare l'opinione del cittadino il quale si chiede perché non c'è un'organizzazione regionale che controlli questi aspetti e soprassieda a questi problemi.
V'è stato un momento in cui le Amministrazioni provinciali si volevano "sostituire" con i Comprensori; da qualche tempo, per volontà del buon Presidente Viglione, le Province sembrerebbero rivalutate. Comunque ogni Provincia aveva nella sua struttura l'Istituto di Igiene e Profilassi funzionante. Caro Presidente e Assessore alla sanità, si tratta di far funzionare quegli organismi in maniera che siano al servizio di tutta la Provincia e non solo al servizio dell'USSL dove territorialmente esiste.
Io personalmente recentemente avendo bisogno di alcune analisi dall'Istituto di Igiene e Profilassi di Novara ho dovuto mettere a disposizione un'auto privata per trasportare due "prelevatori" e per riportarli a casa. In definitiva avevamo delle strutture nelle Province che bene o male funzionavano e adesso non funzionano più.
In questo campo la Regione deve farsi sentire e dare la dimostrazione della sua capacità e del suo valore.
In Provincia di Novara sono previste tre discariche. Pensiamo che l'Istituto di Igiene e Profilassi di Novara non sia in grado di controllare almeno una volta alla settimana le tre discariche? Mi rifiuto di crederlo.
Si tratta solo di fare funzionare le strutture esistenti. Quanto alla deliberazione oggi all'esame del Consiglio devo rilevare il grave ritardo con cui si interviene, soprattutto se teniamo conto che già ora ci sono rifiuti inquinanti. Vengono collocati di nascosto e quando si contesta questo comportamento ci si sente rispondere: "Dateci l'indicazione di luoghi precisi per la discarica" In questo modo la colpa è della Regione che interviene in ritardo.
L'importante è varare il piano dei siti, sia pure con tutte le preoccupazioni e le previsioni per il futuro qui adombrate.
Il mio parere è che è anche possibile condizionare la posa in opera di impermeabilizzazioni per le quali la tecnica moderna mette a disposizione materiale adeguato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Calsolaro per la replica.



CALSOLARO Corrado, Assessore alla tutela dell'ambiente

Mi riferisco all'ordine del giorno che è stato presentato dai Consiglieri Montefalchesi, Reburdo, Moretti e Avondo e non mi soffermo sulla deliberazione essendo la relazione della Commissione ampiamente soddisfacente.
Vorrei dire al Consigliere Carletto che non è colpa né della Giunta n mia personale se il piano dei siti viene in aula soltanto oggi.
La Giunta l'aveva presentato nel 1982. L'ordine del giorno riassume i discorsi che sono stati fatti qui ed impegna la Giunta a predisporre entro sei mesi dall'emanazione delle norme di attuazione del D.P.R. 915 (che dovrebbero essere emanate entro la fine dell'anno) il piano definitivo per la costituzione del catasto regionale dei rifiuti trattati dal piano dei siti previsti dal suddetto D.P.R. 915.
Il secondo impegno è quello di predisporre in tempi brevi un piano programmatico e definire gli strumenti per l'avvio di un processo volto al trattamento e al riciclo dei rifiuti trattati nel piano dei siti.
E' valida la proposta della Commissione tecnica composta da un gruppo di consulenti di alto livello che dovrebbero affiancare la Regione in questa complessa materia. Nello stesso spirito dell'ordine del giorno, la Giunta si è mossa tempestivamente in ordine all'opportunità di un'ampia delega alle Province nella materia delle autorizzazioni. Leggo una lettera dell'Unione delle Province piemontesi del 4 novembre 1983: "Nel corso della riunione del direttivo URPP svoltosi a Torino il 18 ottobre è stato rilevato e sottolineato positivamente il nuovo corso della politica regionale nell'affrontare la problematica della tutela ambientale che ha sempre rappresentato motivo di grande interesse ed impegno delle Province piemontesi.
In riferimento al D.P.R. 915 del 1982 le cui normative confermano la tendenza a riconsiderare il ruolo delle Province, come unico ente intermedio fra Regione e Comune, in attesa dell'auspicata riforma delle autonomie locali, l'URPP ha preso atto della proposta di pervenire in tempi brevi, con la fattiva partecipazione delle Province, all'attuazione della normativa succitata mediante la predisposizione di un disegno di legge delega per garantire la collaborazione alla stesura del disegno di legge in sede URPP è stato costituito un gruppo di lavoro che potrà utilmente lavorare assieme agli esperti e funzionari dell'Assessorato regionale all'ecologia.
Il direttivo URPP ritiene utile l'istituzione prevista dal disegno di legge di un'apposita Commissione consultiva di cui facciano parte le Province e che abbia tra i suoi compiti quello di esprimere pareri obbligatori per gli enti sulle materie di cui il succitato D.P.R. allo scopo di assicurare ogni possibile aiuto e il massimo grado di omogeneità nell'applicazione sul territorio nelle sei Province delle norme delegate.
Con la certezza che l'occasione per la formulazione del disegno di legge regionale di delega alle Province nelle materie previste dal D.P.R.
915 rappresenti l'avvio di un nuovo e più fattivo piano di collaborazione tra le Regioni e le Province".
La delibera non è stata ancora approvata dalla Giunta per ragioni di bilancio. Aggiungo che da tempo è stata predisposta una deliberazione di affidamento di incarico per l'elaborazione di una normativa uniforme in materia di tutela ed uso delle acque e di smaltimento dei rifiuti nonch per l'interpretazione e l'attuazione della normativa statale nelle citate materie ed in materia di energia.
Per quanto riguarda i rifiuti, si prendono in considerazione tutte le normative che devono essere raccolte in un testo unico di attuazione del D.P.R. 915 e lo stesso si deve fare in materia di inquinamento delle acque.
Sono sei leggi regionali e cinque statali per cui è necessario procedere alla formulazione di due testi unici, uno per l'attuazione del D.P.R. 915 e l'altro per il riordino di tutta la materia relativa alle acque. Da tempo gli uffici hanno predisposto l'ipotesi di un disegno di legge relativo all'istituzione del catasto regionale dei rifiuti e degli impianti di smaltimento. Questa ipotesi di disegno di legge non si è tradotta ancora in un formale disegno di legge della Giunta in quanto mi è sembrato opportuno che fosse necessario, anziché procedere per singoli settori di intervento giungere ad una normativa generale di attuazione della normativa statale contenuta nel D.P.R. 915 per favorire l'interpretazione legislativa.
Per quanto riguarda i tempi, la Giunta accetta l'ordine del giorno in via di raccomandazione. Il D.P.R. 915 fissa alle Regioni il termine del 30 giugno 1985 per l'elaborazione, la predisposizione e l'aggiornamento di piani di organizzazione dei servizi di smaltimento, per l'individuazione delle zone idonee e realizzare gli impianti di trattamento e di stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti, per l'emanazione di norme integrative di attuazione del D.P.R. 915 per l'organizzazione dei servizi di smaltimento e le procedure di controllo. Mentre l'autorizzazione provvisoria ad effettuare operazioni di smaltimenti a soggetti che svolgono attività per conto terzi il termine è di sei mesi dalla presentazione della domanda e lo stesso vale per i rifiuti speciali.
Nel disciplinare è inserita una norma per cui almeno 15 giorni prima dell'inizio dell'attività colui che esercita questa attività deve dare comunicazione scritta con lettera raccomandata e ricevuta di ritorno alla Regione, alla Provincia e al Comune.
La Provincia è così informata tempestivamente dell'apertura della discarica e potrà svolgere il controllo preventivo.
Vorrei richiamare un particolare emerso dall'intervento del collega Marchini. Mentre il piano dei siti è considerato stralcio del piano territoriale per cui gli strumenti urbanistici devono adeguarvisi, lo stesso non vale per le altre discariche, nel senso che possiamo dare l'autorizzazione all'apertura della discarica e il Sindaco non dare la concessione. Fra l'altro gli artt. 55 e 56 creano difficoltà di interpretazione: perché l'uno 55 stabilisce che ci vuole la concessione l'altro l'autorizzazione. Di questa difficoltà obiettiva di interpretazione bisognerà tenere conto in occasione della modifica della legge 56 visto che nel testo predisposto non si fa cenno di questa normativa.
Resta il fatto che l'autorizzazione della Regione (1.300 domande depositate) non costituisce stralcio al piano territoriale per cui occorre comunque la concessione o l'autorizzazione del Sindaco.
A questo proposito mi riservo di fare una comunicazione al Consiglio.
Per quanto riguarda gli emendamenti proposti da Montefalchesi la Giunta ritiene di non accettarli perché esistono tipi di trattamento dei rifiuti le cui caratteristiche iniziali di tossicità e di nocività vengono di molto diminuite se non annullate.
In conseguenza di ciò non si ritiene di dover collegare rigidamente e in senso assoluto il tipo di rifiuto alla permeabilità del terreno, ma di permettere all'ente preposto all'autorizzazione della discarica, la Regione in base al D.P.R. 915, una seppur parziale e motivata discrezionalità sulla valutazione del progetto di una discarica, la cui validità è collegata secondo criteri tuttora ancora in parte aleatori e non suffragati da approfondite conoscenze scientifiche, al tipo di rifiuti, ai trattamenti dei quali questi ultimi sono sottoposti, a particolari esigenze di smaltimento, alle caratteristiche del terreno.
Ricordo che lo Stato sta predisponendo i criteri di applicazione del D.P.R. 915 ai quali seguiranno ulteriori normative regionali di attuazione.
Non si dimentichi pertanto che il significato di questo piano, almeno nella sua impostazione generale, è un primo intervento per affrontare un problema assai grave ed urgente e che come tale dovrà subire nel tempo i necessari aggiustamenti sulla base dei progressivi approfondimenti che la conoscenza della materia dovrà necessariamente subire negli anni futuri.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Poiché la volontà di tutte le forze politiche e della Giunta è di affrontare questo problema rigidamente per quanto riguarda i controlli e la gestione delle discariche e di assumere le indicazioni contenute nell'ordine del giorno, ritengo di poter ritirare gli emendamenti presentati.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione tale deliberazione nel testo originario.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la legge regionale 22/6/1979, n. 31, che all'art. 12 stabilisce che la Giunta regionale predisponga un piano di siti idonei allo smaltimento finale dei residui di cui alle lettere b) e c) dell'art. 1 della legge stessa vista la proposta della Giunta regionale relativa all'approvazione del piano di sii idonei allo smaltimento finale dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione o potabilizzazione dei fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa e rifiuti solidi industriali non assimilabili agli urbani, di cui alle lettere b) e c) dell'art. 1 legge regionale 22/6/1979, n. 31 tenuto conto della procedura prevista all'art. 12 della legge regionale 22/6/1979, n. 31 e visto in particolare il parere espresso dal CUR in data 1/10/1982 considerato inoltre che successivi provvedimenti legislativi hanno ribadito la competenza della Regione in merito all'individuazione di aree idonee allo smaltimento dei residui in questione ed in particolare: visto l'art. 2 della legge 5/3/1982, n. 62, che stabilisce che le Regioni individuino, mediante apposito piano, le zone idonee ad effettuare lo smaltimento dei liquami e dei fanghi residuati dalle lavorazioni industriali o dai processi di depurazione visto l'art. 2, punto b), della legge regionale 26/10/1982, n. 30 'Riordino delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica', che conferma quanto disposto dalla legge 5/3/1982, n. 62 tenuto conto che l'art. 6, punto b), del D.P.R. 10/911982, n. 915 'Attuazione delle direttive CEE n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78 /319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi' attribuisce alla Regione la competenza all'individuazione delle zone idonee in cui realizzare gli impianti di trattamento e/o stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti sentita la competente Commissione consiliare delibera di approvare il piano di siti idonei allo smaltimento finale dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione o potabilizzazione, dei fanghi o residui ad essi assimilabili a base non acquosa e rifiuti solidi industriali non assimilabili agli urbani, ai sensi della legge regionale 22/6/1979, n. 31, allegato alla presente deliberazione di cui costituisce parte integrante.
Il piano suddetto costituisce a tutti gli effetti stralcio dei piani territoriali di cui all'art. 4 della legge regionale 5/12/1977, n. 56 e successive modificazioni.
Risulta così costituito: 1) Analisi dei fanghi urbani ed industriali e dei rifiuti industriali prodotti 2) Carte della potenzialità allo smaltimento dei fanghi e rifiuti industriali sul suolo 3) Delimitazione di siti utilizzabili per ospitare discariche per lo smaltimento dei fanghi e dei rifiuti industriali 4) Criteri per l'attrezzatura dei siti ed esercizio dell'attività di smaltimento 5) Analisi organizzativa e gestionale del centro di smaltimento dei rifiuti 6) Esempi di specifiche tecniche delle discariche per lo smaltimento dei fanghi e rifiuti industriali 7) Seconda fase dello studio: consultazione degli Enti pubblici interessati alla localizzazione di siti e verifica finale della loro idoneità ad ospitare discariche per lo smaltimento dei rifiuti 8) Smaltimento dei rifiuti nocivi ad elevata tossicità.
Le indicazioni contenute nel 'Piano di siti' e le relative norme di attuazione sono efficaci e vincolanti dalla data di entrata in vigore della presente deliberazione e si sostituiscono a previsioni e prescrizioni eventualmente difformi dagli strumenti urbanistici vigenti, anche ai fini dell'attrezzamento dei siti stessi.
L'individuazione di nuove aree per lo smaltimento finale dei residui compresi nel piano, avuto riguardo anche all'evoluzione tecnologica delle relative operazioni di trattamento e smaltimento, verrà approvata con deliberazione del Consiglio regionale, secondo le procedure di cui all'art.
12 della legge regionale 22/6/1979, n. 31" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario - Università

Esame deliberazione Giunta regionale n. 36-28766: "Convenzione quadro regolante i rapporti di collaborazione tra la Regione Piemonte e l'Istituto Universitario di Studi Europei di Torino"


PRESIDENTE

Il punto dodicesimo all'ordine del giorno prevede l'esame della deliberazione della Giunta regionale n. 36-28766: "Convenzione quadro regolante i rapporti di collaborazione tra la Regione Piemonte e l'Istituto Universitario di Studi Europei di Torino".
La VI Commissione l'ha licenziata a maggioranza.
La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giovanni, Assessore all'istruzione

Il Consigliere Villa, in sede di Commissione, ha suggerito molto opportunamente l'immissione della parola "prioritariamente". Non è un atto nuovo della Regione, è la riconduzione ad un rapporto istituzionale con l'intera Regione. Fino a ieri era considerato un contributo alle associazioni culturali. In Commissione, nel quadro della ristrutturazione della politica di contributi alle associazioni, si è valutato di estrapolare questo servizio che deve essere ricondotto amministrativamente al servizio CEE. Il primo articolo dava l'impressione di prevedere un canale unico, con la parola "prioritariamente" si offre la possibilità di aprire anche ad altri soggetti le relazioni puntuali o convenzionali che si ritiene opportuno di avviare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ariotti.



ARIOTTI Anna Maria

Il Consigliere Villa mi ha pregato di rendermi interprete della richiesta di inserire la parola "prioritariamente" Mi associo a questa richiesta.
Rinuncio all'intervento che do per ascoltato e consegno agli atti.
Votiamo all'unanimità perché l'unica riserva che il Gruppo DC aveva fatto era appunto subordinata all'accoglimento di questa parola.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Ariotti: art. 1, terza riga, dopo "al quale fare riferimento", aggiungere: "prioritariamente" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Pongo ora in votazione la suddetta deliberazione. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale vista la proposta di deliberazione della Giunta regionale n. 36-28766 del 13/10/1983 sentito il parere della Commissione consiliare competente delibera a) di approvare lo schema di convenzione quadro tra la Regione Piemonte e l'Istituto Universitario di Studi Europei di Torino, nel testo allegato alla presente deliberazione, di cui è parte integrante b) di demandare la definizione delle forme concrete di collaborazione, da instaurarsi tra i due Enti, a specifiche convenzioni, attuative della presente convenzione quadro, da approvarsi rispettivamente dalla Giunta regionale o dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale a seconda della competenza nell'ambito delle quali convenzioni specifiche saranno individuate le modalità, i tempi e gli impegni finanziari a carico del bilancio regionale.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Comunico che l'ordine del giorno relativo al piano dei siti verrà votato in una seduta successiva per dar modo di apportare qualche integrazione migliorativa.


Argomento: Opere idrauliche ed acquedotti

Ordine del giorno dei Consiglieri Brizio, Vetrino, Montefalchesi, Bontempi Moretti, Marchini e Mignone relativo ai finanziamenti FIO


PRESIDENTE

Pongo ora in votazione l'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Brizio, Vetrino, Montefalchesi, Bontempi, Moretti, Marchini e Mignone relativo ai finanziamenti FIO.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale udita la comunicazione della Giunta sui fondi FIO e a seguito dell'ampio dibattito a cui hanno dato vita i Gruppi consiliari, di fronte al grave problema della penuria di approvvigionamento idrico di ampie zone a prevalente economia agricola particolarmente evidenziato in queste ultime settimane dalle iniziative delle popolazioni interessate sollecita pressantemente il Governo ad ammettere, con provvedimento urgente, ai finanziamenti del Fondo Investimenti ed Occupazione i progetti indicati come prioritari dalla Regione Piemonte, in particolare quelli relativi agli acquedotti, garantendo che la loro valutazione avvenga unicamente sulla base dei richiesti requisiti tecnici e di idoneità complessiva, sia economica che sociale" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno dei Consiglieri Biazzi, Montefalchesi, Cerutti, Vetrino Cernetti, Nerviani e Marchini relativo alla Federtessili


PRESIDENTE

I Consiglieri Biazzi, Montefalchesi, Cerutti, Vetrino, Cernetti Nerviani e Marchini hanno presentato un ordine del giorno relativo alla Federtessili.
Lo pongo in votazione.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale rilevato che sin dallo scorso anno è aperta una vertenza riguardante il futuro degli stabilimenti del settore delle fibre in crisi che l'assenza di interventi risolutivi minaccia le capacità produttive degli impianti e gli spazi di mercato del nylon 6.6 che vi è comune riconoscimento del valore delle produzioni e della necessità della sua difesa, validità riconosciuta dalla presa di posizione della Federtessili, la quale riconferma l'esigenza di garantire un'approvvigionamento interno agli utilizzatori di fibre invita il Governo a mantenere gli impegni assunti con le delibere del CIPI, del 28 maggio 1981, successivamente ribaditi nel Comunicato Ministeriale 6 luglio 1 agosto" Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Ordine del giorno dei Consiglieri Montefalchesi, Marchiaro, Bergoglio Vetrino, Cernetti, Marchini, Cerutti e Reburdo relativo alle carceri


PRESIDENTE

Inoltre è stato presentato dai Consiglieri Montefalchesi, Marchiaro Bergoglio, Vetrino, Cernetti, Marchini, Cerutti e Reburdo un ordine del giorno relativo alle carceri.
Pongo in votazione tale ordine del giorno. Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte di fronte all'estendersi della protesta nelle carceri italiane, comprese quelle che esistono sul territorio piemontese sottolinea l'importanza che riveste il carattere pacifico e civile della protesta sottratta ai tradizionali ricatti della violenza mafiosa e terroristica presente nelle carceri rileva che le richieste dei detenuti sono generalmente condivise ed oggetto di proposte di legge riformatrici presentate dal Governo e da varie parti politiche, in particolare per quanto attiene: la riduzione a livelli accettabili della detenzione preventiva il miglioramento delle condizioni di vita all'interno degli istituti penitenziari la riforma del sistema penale onde permettere una più rapida celebrazione dei processi chiede al Governo ed al Parlamento di dare corso al più presto alle norme riformatrici, attinenti gli aspetti di cui sopra e per la riforma del Corpo degli Agenti di Custodia che migliori nettamente le loro condizioni di lavoro.
Impegna la Giunta a presentare al Consiglio regionale entro il 31 gennaio 1984, una relazione in merito alla gestione delle delibera concernente 'Linee programmatiche di intervento su: disadattamento, devianza, criminalita' , e relativo finanziamento, nonché a presentare un piano di intervento relativamente alle materie di propria competenza e sulle quali pu influire, ed in particolare per quanto riguarda: edilizia carceraria e potenziamento delle carceri mandamentali assistenza sanitaria istruzione formazione professionale attività ricreative, culturali e sportive inserimento nel mondo del lavoro altri provvedimenti che si ritengono utili per sviluppare il collegamento tra detenuti e territorio, al fine di favorire il recupero sociale del detenuto.
Si impegna a proseguire l'iniziativa avviata con il convegno sulla riforma penitenziaria e del corpo degli agenti di custodia.
Sollecita inoltre al Ministro di Grazia e Giustizia un integrativo di organico per la Magistratura piemontese oggi impossibilitata ad operare a causa di una strutturale mancanza di personale".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Questioni internazionali

Ordine del giorno dei Consiglieri Vetrino, Brizio, Montefalchesi, Moretti Bontempi, Marchini e Mignone relativo al prof. Prokop di Cracovia


PRESIDENTE

Infine è stato presentato dai Consiglieri Vetrino, Brizio Montefalchesi, Moretti, Bontempi, Marchini e Mignone un ordine del giorno relativo al prof. Prokop di Cracovia.
Pongo in votazione tale ordine del giorno.
Ve ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte, venuto a conoscenza della drammatica vicenda del cittadino polacco prof. Jan Prokop di Cracovia, titolare di lingua e letteratura polacca alla Facoltà di Lettere dell'Università di Torino, che dopo essere rientrato, nell'autunno del 1982, in Polonia dove ha la famiglia, si è visto ritirato il passaporto e non ha potuto quindi più rientrare in Italia rilevato che il prof. Prokop, nominato docente associato di lingua e letteratura polacca con telegramma ministeriale del 21 ottobre u.s., è stato invitato a prendere servizio entro dieci giorni dalla data del telegramma, pena la decadenza dal posto rilevato che il Rettore di Torino ha concesso di far valere i 'dieci giorni' intimati da quando la Corte Centrale dei Conti avrà formalizzato la pratica del prof. Prokop rilevata la grave situazione degli studenti quadriennalisti di polacco, che avendo scelto il polacco come prima lingua non possono laurearsi per l'assenza forzata del docente rilevata la solidarietà e l'impegno espresso dal consiglio regionale del Piemonte al popolo polacco e al Sindacato Solidarnosc contro la repressione attuata dal regime militare in occasione dell'instaurazione dello stato marziale e della privazione delle libertà fondamentali dei cittadini polacchi attraverso l'ordine del giorno approvato in data 24 novembre 1982 impegna il Consiglio regionale del Piemonte a sollecitare un intervento del Governo italiano presso il Governo polacco, affinché sia concesso al prof. Prokop di rientrare in Italia per riprendere la sua attività professionale alla Facoltà di Lettere dell'Università di Torino".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Prima di concludere la seduta comunico che il Consiglio verrà convocato per il giorno 28 dicembre prossimo e formulo gli auguri di Buon Natale a tutti i presenti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.35)



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