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Dettaglio seduta n.22 del 26/11/80 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione vittime del terremoto avvenuto in Italia meridionale il 23 novembre 1980


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, presenti tutti, nelle prime ore della sera di domenica scorsa una scossa di terremoto, la più grave dopo quella di Avezzano del 1915, ha semidistrutto una gran parte dell'Italia del Sud e più precisamente le province di Napoli, Salerno, Potenza, Avellino Benevento, Caserta.
Sei province comprendenti due regioni tra le più povere di questa nostra Italia. Popolazioni povere, costrette da sempre ad emigrate in cerca di un lavoro, molte volte dimenticate, e che vengono sospinte improvvisamente alla ribalta da una spaventosa tragedia che colpisce profondamente noi e tutto il mondo civile.
La nostra Regione si è mossa, ritengo, con molta celerità, si è costituito un Comitato di emergenza per i terremotati, rappresentato da tutte le forze politiche esistenti in questo Consiglio, più l'Unione delle Province piemontesi e l'Associazione dei Comuni d'Italia.
Ieri a mezzogiorno partivano da Piazza Castello otto camion di tende lettini, coperte, sacchi a pelo. Giovedì partirà una colonna di 25 pullman con altro materiale. Dalle nostre Province altri soccorsi sono partiti ed altri ne partiranno. Abbiamo, tramite i giornali, le radio e le televisioni, invitato ad offrire quello che può servire: coperte indumenti, lettini, roulottes, medicinali e denaro.
Né possiamo dimenticare la generosità di enti privati, aziende cittadini che tramite il giornale "La Stampa" hanno già dimostrato la loro generosità e certamente continueranno a farlo e rivolgiamo il nostro ringraziamento alla Stampa perché sempre attenta ai grandi problemi è intervenuta tempestivamente.
Abbiamo a Torino migliaia e migliaia di immigrati provenienti da quelle zone devastate; la nostra solidarietà sia loro di conforto e di speranza perché la ricostruzione di quello che il terremoto ha distrutto avvenga in breve termine e bene.
Il nostro impegno, come Consiglieri regionali, come cittadini, a nome di tutti gli altri cittadini è che la nostra opera di aiuto e conforto non cessi dopo il primo momento traumatico, ma duri nel tempo fino a che le gravi ferite inferte dal terremoto non siano sanate, ed è questo l'impegno che noi prendiamo a nome di tutti i cittadini del Piemonte.
In segno di lutto, invito i Consiglieri e i presenti tutti ad osservare un minuto di silenzio per le vittime del terremoto.



(L'assemblea e i presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Passiamo all'ordine del giorno della seduta odierna. Al punto primo troviamo: "Approvazione verbali precedenti sedute".
I processi verbali delle adunanze consiliari del 13 novembre 1980 sono stati distribuiti prima dell'inizio della seduta odierna; se non vi sono osservazioni si intendono approvati.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza dei Consiglieri Paganelli, Picco, Cerchio e Brizio inerente allo sciopero del 10 ottobre u.s. presso tutti i palazzi della Regione


PRESIDENTE

Il punto secondo all'ordine del giorno reca: "Interrogazioni ed interpellanze".
Iniziamo con l'interpellanza dei Consiglieri Paganelli, Picco, Cerchio e Brizio inerente allo sciopero del 10 ottobre u.s. presso tutti i palazzi della Regione.
Risponde l'Assessore Testa.



TESTA Gianluigi, Assessore al personale

Nella mattinata del 10 ottobre, essendo in atto uno sciopero, vi era azione di picchettaggio presso tutti i palazzi della Regione. Questo è un dato di fatto che l'Assessore condivide con gli interpellanti.
Essendoci stato un picchettaggio, può essere probabile che sia stato impedito l'accesso, come alcuni dipendenti dichiarano. Innanzitutto, va sottolineato che questo argomento è estremamente delicato in quanto, come gli interpellanti sanno, il datore di lavoro, in questo caso la Regione Piemonte, non ha diritti soggettivi da far valere in caso di picchetta io che normalmente è ritenuto un oggetto di autodisciplina da parte dei sindacati non essendovi in materia precisa regolamentazione.
In ogni caso il diritto al lavoro è un diritto soggettivo che pu essere fatto valere ad iniziativa delle persone cui è impedito esercitarlo e non ad iniziativa del datore di lavoro cui non compete la titolarità di diritti in questo caso.
In casi di questo genere, normalmente, il picchetto dura un quarto d'ora o mezz'ora, quindi chi vuol lavorare può entrare verso le ore 9,30/10. La prassi vuole, considerata la tradizione regionale, che coloro che si trovano davanti ai cancelli e che sono impediti ad entrare, facciano constatare ai loro responsabili, se sono presenti, l'impossibilità ad entrare, ed entrino al termine dei picchetti, bollando e segnalando agli uffici questo fatto. Questa prassi è consolidata da tempo e finora non vi sono state significative eccezioni.
Devo anche dire che finora, rispetto al fenomeno dei picchetti, non vi è mai stata da parte dei lavoratori richiesta di intervento della forza pubblica.
Non credo, come peraltro è ampiamente consolidato nella giurisprudenza vi fosse da parte della Regione ne la possibilità né la volontà di intervento. D'altronde la serie di scioperi, per la vicenda Fiat, è stata caratterizzata dal picchettaggio ai cancelli che si è mantenuto costante durante il periodo di sciopero. Come ricorderete negli ultimi giorni vi era stata un'ordinanza della Magistratura sulla rimozione di questo picchettaggio fatta su richiesta dei diretti interessati e non certo dell'azienda che non ha in merito alcun titolo per agire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli, per una breve replica



PAGANELLI Ettore

La risposta dell'Assessore mi è parsa, sotto certi profili, imbarazzata e, per quanto ci riguarda, deludente. Sul fatto non è che sia stato "probabilmente" impedito l'accesso: è "certo" che è stato impedito l'accesso. Non chiedevamo alla Giunta regionale un intervento (sappiamo benissimo che questi diritti nelle sedi giudiziali sono i singoli che devono eventualmente farli valere), ma chiedevamo una valutazione e la Giunta questa valutazione non ha fatto.
Mentre le organizzazioni sindacali hanno fatto e fanno le meditazioni sui picchettaggi che sono avvenuti, ci è parso che la Giunta si sia sottratta a questa valutazione e a questa meditazione.
E' un atteggiamento che ci preoccupa; non vorremmo che queste valutazioni e queste meditazioni venissero procrastinate nel tempo e venissero fatte quando poi sarà troppo tardi. Noi abbiamo il coraggio di fare queste valutazioni e diciamo che mentre si lottava per uno dei più grandi diritti dell'uomo che è quello del lavoro, non si poteva calpestare un altro grande diritto dell'uomo che è quello della libertà.
La risposta dell'Assessore è per noi deludente e ci dichiariamo insoddisfatti.



PRESIDENTE

Grazie Consigliere Paganelli, l'interpellanza è discussa.


Argomento: Viabilità

Interrogazione dei Consiglieri Martini, Paganelli, Martinetti e Lombardi inerente al traffico stradale del contesto urbano della città di Cuneo


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione dei Consiglieri Martini, Paganelli Martinetti e Lombardi inerente al traffico stradale del contesto urbano della città di Cuneo.
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore ai trasporti e viabilità

Il Consiglio regionale, con l'approvazione della deliberazione n. 532 8700 del 19 dicembre 1979 il piano regionale dei trasporti, si è dato uno strumento tecnico, programmatico e quindi politico tale da avviare una profonda trasformazione dei rapporti istituzionali esistenti, prima di allora, fra la Regione e gli Enti locali (Province e Comuni), Anas, FF.SS.
fra Enti cioè che operano nel campo delle infrastrutture.
Il piano è strumento tecnico perché fornisce un'analisi dello stato di fatto del sistema infrastrutturale, con valutazioni sia pur di massima, del suo livello di funzionalità e dei volumi di traffico che si volgono su ciascun tronco. E' strumento programmatico perché partendo da una ripartizione e definizione territoriale funzionale della programmazione comprensoriale, con l'individuazione dei parametri e delle quantità di riferimento corrispondenti alla "condizione" del territorio nei suoi aspetti socio-economici più significativi, il piano è giunto prima alle previsioni delle modificazioni ipotizzabili per un futuro di alcuni anni fino ad indicare il quadro della mobilità su ciascun sistema ed in fine all'ipotesi di condizione futura dell'esercizio delle infrastrutture.
E' infine strumento politico quando determina l'entità dei fabbisogni finanziari, sui singoli tronchi della rete dei trasporti in coerenza con gli obiettivi del piano di sviluppo regionale.
Il quadro risultante delle proposte sulla viabilità, e ciò è indifferente nei riguardi dell'Ente proprietario, sia esso Anas, Province o altri, fornisce, dunque, anche un quadro di priorità nei fabbisogni complessivi ed una valutazione di larga massima dei fabbisogno finanziari che corrispondono anche all'effetto ottenuto con gli interventi prospettati.
Nulla dunque di simile alle programmazioni fatte, sino ad ora, da qualsiasi Ente, all'interno del territorio regionale.
Nulla da spartire con elenchi di opere, quali, ad esempio, quelli fatti nel passato dall'Anas rispetto ai quali la Regione doveva esprimere un parere nel vincolo che se non approvava perdeva le somme a disposizione.
Nulla di simile con la "contrattazione" locale fra esponenti dell'Anas parlamentari di zona e ministri compiacenti pronti a disputare sui bisogni e sulle urgenze.
Ora, dunque, si opera con riferimento ad un quadro complessivo di priorità, pur nelle sue riconoscibili approssimazioni. Ciò segna una svolta politica. La Regione ha inviato il documento di piano ufficialmente all'Anas e alle Province, affermando altresì che, in ordine alle competenze derivate dallo Stato con il D.P.R. n. 8 e il D.P.R. n. 616, ogni intervento sul territorio doveva essere compatibile con le indicazioni del piano regionale dei trasporti eseguito in attuazione della legge regionale n.
44/1917.
In questa ottica vengono esaminati i piani triennali degli interventi straordinari dell'Anas e viene espresso il "parere" della Regione richiesto dalla legge.
Questo non significa che il quadro dei rapporti Anas - Regione sia idilliaco e ciò perché molti sono i problemi che tuttora esistono. Alcuni di carattere tecnico e funzionale riguardanti situazioni specifiche (per esempio, alcune opere vanno completate, alcune situazioni presentano problemi di sicurezza); poiché queste situazioni non hanno un carattere generale, contemplato nel piano regionale dei trasporti, devono essere seguite singolarmente.
Altre di carattere politico quando gli Enti locali tendono a fare prevalere i propri bisogni su altri in effetti più urgenti.
Altri ancora di carattere finanziario in quanto spesso risulta più utile avviare con progressione, su un itinerario, interventi misurati, sui punti più critici e coerenti tuttavia con il disegno definitivo, tali da ottenere il massimo beneficio possibile e da consentire analoghi interventi su altri itinerari. E' il caso della SS. 20 dove risulta maggiormente significativo l'intervento per la variante di Roccavione e Borgo S.
Dalmazzo perché in grado di raccordare un'ampia raggera di vie di comunicazione provenienti dalla Francia e dalle Valli e quindi di costituire un vero nodo dell'economia cuneese e per il quale esiste il progetto definitivo ed esecutivo.
Questo significa che l'intervento proposto dagli interroganti è necessario; significa però anche che il piano regionale colloca il primo intervento indicato al gruppo 6 delle urgenze e il secondo al gruppo 16, e che tale graduatoria discussa con Comprensori e Province è stata riconosciuta corrispondente alle necessità.
Lunedì scorso si è tenuto un incontro a cui hanno partecipato i colleghi Cerutti e Penasso e i parlamentari piemontesi che operano nelle Commissioni dei lavori pubblici del Senato, nel quale abbiamo prospettato il problema del rapporto con l'Anas. Per il futuro piano triennale 1982/1984 abbiamo riposto all'attenzione dei parlamentari l'osservanza delle indicazioni del piano regionale. Un mese fa ho tenuto una riunione con l'Anas, le Province, i maggiori Comuni affinché l'operatività futura di questi vari Enti e istituzioni sia coordinata ed integrata e perché i finanziamenti di ciascun Ente vengano orientati e programmati in direzione dell'effettuazione degli interventi urgenti.
I parlamentari ci hanno fatto presente che la questione dei finanziamenti si porrà con estrema crudezza e quindi il rigore nella scelta delle priorità sarà ancora più necessario. E' emersa peraltro dai parlamentari la preoccupazione per i problemi che il nuovo evento nel Meridione implicherà, mettendo il Piemonte probabilmente in ancora maggiore ristrettezza rispetto al passato.
L'ultimo punto è a riguardo delle disponibilità dell'Anas che per il piano 1979/1981 ammontavano a 149,7 miliardi; entro questo e non certo elastico importo la Regione ha dovuto esprimere il proprio parere comprendendovi opere di certo indiscussa priorità come quelle sulla viabilità del Frejus (in assenza delle legislazione speciale) e della Valle Ossola.
Si allegano i documenti ufficiali del rapporto Anas - Regione per fare notare la ricorrenza delle indicazioni relative alla SS. 20.
Concludo dicendo che a maggior ragione oggi il rigore delle scelte di priorità diventa assoluto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Sull'impostazione della risposta posso dirmi relativamente soddisfatto d'altro canto non pretendevo, con i colleghi che hanno sottoscritto l'interrogazione, di stravolgere gli indirizzi che il Consiglio regionale si è dato approvando il piano dei trasporti.
C'è una constatazione di fondo da fare, che i ministri compiacenti della Provincia di Cuneo, di questo asse non si sono interessati. Quando si parla dei problemi della Provincia di Cuneo e di ministri compiacenti si tende subito a dare una colorazione politica, ma ho l'impressione che i ministri compiacenti dei lavori pubblici siano piuttosto da ricercarsi nell'area del governo regionale che non nell'area dei democristiani che sono all'opposizione.
Il problema rimane. E' stato messo a fuoco dal piano dei trasporti. Si tratta ora però di dargli credibilità. L'Assessore dice che si è mosso nei confronti dell'Anas, nei confronti dei parlamentari, perché l'Anas si convinca a prendere in considerazione questi strumenti programmatici che le Regioni si stanno via via dando in questo settore. Noi gli auguriamo successo; ma gli diciamo anche che l'augurio deve essere convalidato da una pressione continua che la Giunta deve fare sull'Anas. E' vero che ci sono gli indirizzi di carattere generale che coinvolgono la responsabilità della Giunta piemontese, del Governo sui rapporti tra Enti locali ed Anas, ma è altrettanto vero che, ad esempio, nel caso citato dall'Assessore, relativo alla viabilità della Valle di Susa, un indirizzo proposto dal Consiglio regionale del Piemonte è stato in gran parte accolto dall'Anas.
C'è stato un piccolo impegno della Regione su interventi diretti, ma è indubbio che sulla massa delle necessità che sono state prese in considerazione, l'impegno della Regione è estremamente marginale. Le Amministrazioni locali, come la Provincia di Cuneo, per essere più convincenti nei confronti dell'Anas hanno adoperato il metodo delle convenzioni su interventi finanziari integrativi che la Regione potrebbe dare per convincere l'Anas ad operare nei settori prioritari. Se ci si muoverà in questa direzione, con ogni probabilità si arriverà anche ad essere più convincenti nei confronti dell'Anas.
Non vorrei neanche che il piano dei trasporti venisse considerato come un Vangelo. E' vero che le priorità sono state scaglionate con dei numeri ma se al limite con un confronto con gli Enti locali, con le esigenze locali, quella priorità, che è contraddistinta con il n. 16, risultasse di più immediata necessità che non quella al n. 9, bisognerebbe avere quella necessaria elasticità per risolvere in un contesto globale i problemi che hanno maggiore urgenza.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali

Interpellanza dei Consiglieri Borando, Genovese, Devecchi, Brizio Sartoris, Lombardi e Beltrami inerente all'applicazione dell'art. 55 del Regolamento per la conservazione del catasto terreni


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza dei Consiglieri Borando, Genovese Devecchi, Brizio, Sartoris, Lombardi e Beltrami inerente all'applicazione dell'art. 55 del Regolamento per la conservazione del catasto terreni.
Risponde l'Assessore Testa.



TESTA Gianluigi, Assessore alle finanze, patrimonio e demanio

Con interpellanza del 15 ottobre scorso, è stato chiesto se la Giunta regionale non ritenesse di intervenire presso il Ministero delle Finanze affinché venga consentito alle Comunità montane di beneficiare degli stessi diritti e delle stesse agevolazioni previste per i Comuni dagli artt. 55 e seguenti del R.D. 8 dicembre 1938 n. 2153.
Al riguardo si comunica che la Giunta regionale ha già interessato il competente Ministero delle Finanze - Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali perché esamini la questione e provveda all'individuazione delle soluzioni idonee per riconoscere anche alle Comunità montane i benefici previsti per i Comuni dalle disposizioni di cui al citato R.D.
Si ritiene tuttavia doveroso far presente che le norme che prevedono agevolazioni fiscali, quali le norme sopra richiamate, sono di natura eccezionale e, pertanto, non sono suscettibili di applicazione analogica n di interpretazione estensiva.
Nell'attesa della definizione della questione, si potrebbe suggerire alle Comunità montane di richiedere le copie degli atti catastali e di quanto altro necessitano tramite i Comuni competenti per territorio e ricadenti nell'ambito della Comunità, con la procedura di cui agli artt. 56 e seguenti del R.D. n, 2153 più volte richiamato.
Si prende riserva di far conoscere le decisioni che il Ministero delle Finanze assumerà in proposito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando, che replica.



BORANDO Carlo

Il comportamento degli uffici finanziari da Regione a Regione, da Provincia a Provincia, non è sempre lineare.
Sul piano della logica, il trattamento riservato ai Comuni deve essere uguale a quello riservato alle Comunità montane, essendo queste nient'altro che un raggruppamento di Comuni. E siccome sul piano operativo le Comunità montane sono molto più oberate che non certi Comuni, bisogna insistere per ottenere questi benefici. Fino a due, tre anni fa le prestazioni di questi uffici statali costavano relativamente poco e quando una cosa costa poco si finisce per non farne solo una questione di principio e passarci sopra. Oggi ogni mappa catastale ed ogni estratto costa 5.000 lire e siccome si tratta di Comuni montani dove le proprietà sono molto frazionate è opportuno fare ogni sforzo possibile per trovare una soluzione al problema.
Credo di interpretare il pensiero di tutti anche dell'Assessore che proviene da una delle Comunità montane più note.



PRESIDENTE

L'interpellanza è esaurita.


Argomento: Caccia

Interpellanza del Consigliere Villa relativa all'applicazione della legge regionale n. 60 del 1979


PRESIDENTE

Interpellanza del Consigliere Villa relativa all'applicazione della legge regionale n. 60 del 1979.
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla caccia

Il Consigliere Villa nella sua interpellanza chiede di conoscere l'ammontare degli introiti regionali per le concessioni venatorie relative agli anni 1979 e 1980, le cause dei ritardi con cui sono stati versati i contributi alle Province e quali provvedimenti si intendono prendere per il 1980 I dati relativi agli introiti delle tasse delle concessioni regionali per la caccia sono: nel 1979 è stata accertata un'entrata complessiva di L.
1.659.827.669 nel 1980 di L. 1.845.301.357, con un aumento di 180 milioni rispetto all'anno prima.
Le somme relative al 1979 sono state tutte impegnate e liquidate con varie deliberazioni assunte nel corso dell'anno e in parte sono pagate. Il ritardo dei pagamenti è dovuto a carenze nella cassa che sono già a posto a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio regionale dell'assestamento di bilancio.
Per quanto riguarda il 1980 sono in corso di stesura le deliberazioni relative all'impiego totale dei fondi disponibili nei 4 capitoli che il bilancio comprende. I due più corposi riguardano i contributi alle Province e sono il cap. 8880 per i danni agli agricoltori e il cap. 8875 per il ripopolamento e la sorveglianza.
E' stata approvata una deliberazione a favore della Provincia di Novara per 69 milioni. La deliberazione per gli 800 milioni è in corso di preparazione e andrà in approvazione in una delle prossime riunioni di Giunta. Contiamo di impegnare interamente i fondi entro l'anno e, visto che il problema è risolto, di procedere tempestivamente all'erogazione dei contributi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Sono insoddisfatto del modo in cui si è agito finora: prima di tutto perché, secondo me, c'è stata un'inadempienza di legge ed una inattività deliberativa nell'ultimo scorcio del 1979 e durante il 1980. Infatti l'art.
3 della legge 58 del 1979 stabilisce che: "Gli introiti derivanti dall'attuazione della presente legge saranno iscritti nello stato di previsione dell'entrata del bilancio regionale a decorrere dall'anno finanziario 1979 e saranno destinati al finanziamento degli interventi per la protezione e la tutela della fauna e per la disciplina della caccia".
Questi fondi erano stati versati alla Tesoreria regionale; i cacciatori li avevano versati per quel fine e la legge imponeva che fossero impegnati in quella direzione. Ecco il motivo del punto interrogativo dell'interpellanza. Perché questi fondi sono stati tenuti fermi o dirottati in altre direzioni? Ho preso nota dell'entrata accertata di un miliardo e 659 milioni, così infatti si leggeva nel rendiconto del 1979, dove, però, le previsioni definitive assommavano a 2 miliardi e 500 milioni. Come mai una differenza di 840 milioni in una previsione che doveva essere abbastanza chiara (gli 83 mila cacciatori mediamente versano 20 mila lire pro capite che moltiplicate per 83 mila danno un miliardo e 660 milioni; un milione in meno di quanto è stato incassato)? L'introito delle tasse venatorie era prevedibile al millesimo, a meno che non si voglia far e riferimento all'altra parte riguardante le sanzioni amministrative (art. 55 della legge n. 60) di cui vorremmo avere informazioni che nessuno sa dare. A parte il fatto che, se non vado errato i 69 milioni versati per la Provincia di Novara non sono per il 1980 ma sono per il 1979, ho notato anche che nei versamenti c'è una discrepanza enorme tra Novara (69 milioni - deliberazione del 7 ottobre 1980) e Vercelli (2.737.950 - deliberazione del 29 novembre 1979). Quindi l'anno 1980 è del tutto scoperto. Permettetemi con un po' di pignoleria di osservare che i fondi presi sul cap. 8875 sono da impostare al cap. 8880.
Di fronte a queste incertezze e a queste inadempienze, di fronte all'incognita di non sapere dove siano andati a finire questi soldi (quelli provenienti dalle sanzioni amministrative) - non parlo di distrazione di denaro pubblico, ma parlo di indirizzo diverso e non so quanto legittimo dato ai fondi - è chiara la nostra insoddisfazione.



PRESIDENTE

La parola ancora all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI , Assessore alla caccia

I fondi sono stati destinati tutti secondo le indicazioni della legge.
Non sono stati tutti materialmente erogati perché c'erano carenze di cassa ma le deliberazioni di impegno sono relative alle intere somme contenute nel bilancio, quindi i soldi sono destinati. In qualche caso non sono ancora stati pagati.



VILLA Antonino

Non capisco perché non sono stati pagati quando i soldi c'erano.



PRESIDENTE

L'interpellanza è discussa.


Argomento: Caccia

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Penasso inerente ai danni arrecati all'agricoltura in Val di Susa da cinghiali, cervi, caprioli che popolano la zona in numero eccedente


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Penasso inerente ai danni arreca ti all'agricoltura in Val di Susa da cinghiali cervi, caprioli che popolano la zona in numero eccedente.
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla caccia

Il problema da anni è oggetto di attenzione da parte della Regione che ha già disposto dei piani di abbattimento per quella quota di animali che supera la normale consistenza della specie ammissibile e che provoca danni alle colture agricole.
Non è facile ottenere dei risultati perché il Piemonte non è attrezzato per questo tipo di operazione come invece lo sono i Paesi europei dove questi animali sono più numerosi e dove il piano di abbattimento della specie viene realizzato attraverso procedure, attrezzature e uomini addestrati. Ciò spiega come i tentativi effettuati negli anni passati non abbiano dato i risultati attesi, infatti la cattura dell'animale vivo con il fucile a siringa è stata praticamente impossibile e gli abbattimenti selettivi hanno dato risultati assai modesti. Si sta ora operando con criteri nuovi e con interventi più attivi della Regione.
Nell'area interessata esistono competenze diverse. I Comuni che fanno parte del parco dovrebbero formulare le proposte per gli abbattimenti. La Regione fa il piano di abbattimento e l'esecuzione è affidata alla Provincia. Comunque un abbattimento selettivo corretto va fatto anche dentro il parco, infatti gli Assessorati ai parchi e alla caccia, di concerto, stanno predisponendo misure di intervento di questo tipo.
Nelle zone limitrofe del parco ci sono i Consorzi alpini ai quali spetta di fare le proposte che la Regione recepisce. Abbiamo sollecitato la formulazione di queste proposte sulla base del censimento della consistenza della specie.
La Provincia ha comunicato di aver effettuato un censimento all'interno del parco ed ha proposto, nei Comuni compresi all'interno del parco l'abbattimento di 40 capi (cervi, caprioli e cinghiali). Stiamo predisponendo i provvedimenti per fare il piano di abbattimento.
Sollecitiamo i comparti alpini competenti fuori dal parco a fare proposte analoghe. Daremo l'assistenza tecnica e forniremo strutture adeguate tenendo presente che quei luoghi sono impervi, gli animali sono difficilmente raggiungibili e che l'abbattimento deve essere selettivo (femmine sterili, maschi malformati, maschi vecchi).
Tutto questo richiede tempo, procedure, personale addestrato, mezzi idonei per portare l'animale a valle dopo l'abbattimento, muli, strumenti di trasporto. Siccome crediamo che questo tipo di animale sia destinato in futuro, in determinate zone del Piemonte, ad avere sviluppo ed incremento anche perché può contribuire ad alleggerire gli oneri della nostra bilancia commerciale, sia dal punto di vista venatorio che dal punto di vista del consumo della carne, ci stiamo addestrando e penso che saremo in grado, in futuro, di effettuare abbattimenti tempestivi e secondo le regole giuste.
Il problema evidenzia la necessità di un intervento venatorio controllato, di un prelievo limitato di capi.
Stiamo affrontando questi problemi. La Regione darà dei contributi finanziari alla Provincia perché sia in grado di svolgere l'operazione di prelievo e di abbattimento selettivo.



PRESIDENTE

L'Assessore Rivalta vorrebbe aggiungere qualche notizia a compimento di quanto ha detto l'Assessore Simonelli.



RIVALTA Luigi, Assessore ai parchi

La Regione e la Provincia hanno promosso, nell'area del Parco del Gran Bosco, alcune iniziative per ridurre il numero dei cervi e per realizzare i recinti atti a consentire la cattura di cervi vivi. Con i recinti si è fatta qualche cattura. Tuttavia è insufficiente il numero dei cervi catturati. E' stato promosso il piano di abbattimento di 40 capi, sentito l'Istituto Nazionale di Biologia di Bologna, competente a dare i pareri.
Tuttavia occorre passare ad un livello di cattura e di abbattimento di scala superiore dato che i cervi si stanno rapidamente diffondendo e stanno invadendo la Val Chisone.
Stiamo ponendo la questione anche in relazione alla gestione faunistica della zona, ai fini anche della produzione di carne, e stiamo allacciando rapporti con altre Regioni per il trasferimento dei cervi. Si stanno ponendo quindi le basi scientifiche per poter controllare la situazione e poter dare una risposta risolutiva alle questioni che sono state poste nell'interrogazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Penasso.



PENASSO Alfredo

Ancora una volta dobbiamo dire che la legge 60 sulla caccia non è una buona legge, anzi, in tempi brevissimi, dovrebbe essere rivista. L'art. 22 stabilisce che la Giunta provinciale "può disporre abbattimenti di esemplari di specie nel caso in cui moltiplicandosi eccessivamente ed alternando l'equilibrio naturale, arrechino danni gravi alle colture agricole".
Ancora una volta, le legge è stata disattesa Ci rendiamo conto delle difficoltà di controllo in particolari zone e proprio per questo insistiamo perché si realizzi quel programma non a tempi lunghi, ma a tempi brevissimi attuando subito alcune iniziative per alleviare i danni.
Per alcune specie, ma soprattutto per il cinghiale, proponiamo l'anticipo dell'apertura del periodo di caccia al l° o al 15 settembre.
Chi ha avuto occasione di vedere il cinghiale entrare nelle produzioni agricole si rende conto di quanto sia importante controllare tale specie.
Proprio per le difficoltà che l'Assessore ha annunciato nella risposta riteniamo che si possono dilazionare gli interventi di abbattimento allungando i tempi per favorire il riequilibrio naturale, per salvaguardare la fauna e per garantire i già magri redditi delle popolazioni montane.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita

Interrogazione dei Consiglieri Picco, Paganelli, Brizio e Sartoris inerente ai rapporti con la Cassa Depositi e Prestiti


PRESIDENTE

Esaminiamo, infine, l'interrogazione dei Consiglieri Picco, Paganelli Brizio e Sartoris inerente ai rapporti con la Cassa Depositi e Prestiti.
Risponde l'Assessore Testa.



TESTA Gianluigi, Assessore al bilancio e alle finanze

La Cassa Depositi e Prestiti com'è noto concede mutui per opere pubbliche agli Enti locali a tasso agevolato. Nell'anno 1980 è stato fissato un plafond massimo entro cui tali mutui potevano essere concessi.
In data 31 luglio 1980 la Cassa Depositi e Prestiti ha scritto alla Regione Piemonte e ai Comuni interessati per segnalare che tale plafond era superato e che quindi non potevano essere concessi per l'anno in corso ulteriori mutui. Questo fatto rischia di rendere più lento l'iter burocratico innescato nei Comuni per giungere alla costruzione di opere pubbliche ed inoltre favorisce quei Comuni che per primi si sono rivolti alla Cassa Depositi e Prestiti indipendentemente dal grado di urgenza che rivestivano le loro opere rispetto a quelle di altri Comuni che non hanno fatto a tempo ad accedere al credito.
La difficoltà dei rapporti fra i Comuni, soprattutto se di dimensione minore, e la Cassa Depositi e Prestiti, la sua accennata situazione relativa ai mutui, nonché la necessità di stabilire con la Cassa stessa un rapporto costante al fine di chiarire alcuni interrogativi per l'erogazione di mutui per opere quali quelle sanitarie o le Case di Riposo per anziani o altri analoghi casi su cui non esiste la necessaria chiarezza, hanno indotto la Giunta regionale e promuovere un'iniziativa tesa ad un confronto tra Regione e Cassa Depositi e Prestiti su questi temi e su altri di comune interesse Questa iniziativa è stata assunta da parte dell'Assessorato al bilancio, competente per materia, il quale come primo atto ha chiesto a tutti gli Assessorati di voler segnalare le problematiche connesse al loro rapporto con la Cassa Depositi e Prestiti al fine di presentare alla stessa un dossier globale delle richieste. E' intenzione della Giunta, non appena tale dossier sarà completato, procedere all'incontro con la Cassa per esaminare in prima istanza i problemi più urgenti che devono essere risolti. Ma la Giunta, nell'esame di tale materia, ha anche ritenuto opportuno che il rapporto con la Cassa non assumesse caratteri sporadici e limitati, ma che divenissero istituzionali e costanti al fine di garantire meglio il raggiungimento degli obiettivi in termini di costruzione di opere pubbliche che sia la Regione che gli Enti locali si prefiggono ed un più stretto collegamento fra gli obiettivi indicati nel piano di sviluppo della Regione e le risorse finanziarie atte a realizzarlo. In tal senso la Giunta ha dato mandato all'Assessore al bilancio di voler studiare una proposta per la creazione di apposito ufficio che mantenga con la Cassa Depositi e Prestiti dei rapporti costanti sia a nome della Regione sia in stretto coordinamento con il Comune con l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e con l'Unione Regionale Piemontese delle Province.
Il progetto che sarà frutto dello studio assegnato all'Assessorato al bilancio sarà sottoposto all'esame della I Commissione consiliare e confrontato con i competenti Comitati comprensoriali al fine, da un lato di ascoltare i suggerimenti e le proposte che in tale sede potranno emergere e dall'altro di informare sulle linee lungo le quali la Regione intende muoversi in questo delicato problema.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

La risposta dell'Assessore mi pare sostanzialmente soddisfacente. Ci spiace che queste comunicazioni al Consiglio siano fornite solo dietro la nostra sollecitazione, quando sarebbe opportuno e doveroso da parte dell'esecutivo fornire tempestivamente al Consiglio, nelle sedi opportune le informazioni su una materia così delicata.
Riteniamo che la materia del credito per le opere pubbliche non abbia trovato nella passata legislatura una configurazione di certezza, così come la materia delicatissima esigerebbe.
A suo tempo l'Assessore Bajardi aveva dichiarato di avere stabilito con la Cassa Depositi e Prestiti un accordo preliminare per ottenere che tutte le opere di iniziativa regionale, o comunque coordinate dalla Regione fossero sostenute dalla Cassa. In realtà non abbiamo mai avuto riscontri reali sugli effettivi risultati conseguiti. La riunione che sarebbe stata fatta o che sarebbe stata promessa dal Direttore Generale della Cassa Depositi e Prestiti con la Regione era l'occasione per un interesse diretto su quanto intendeva fare e sul modo in cui si intende mettere in relazione questo problema con quello più generale dell'utilizzazione della Tesoreria regionale. Anche questo è un aspetto che deve essere analizzato, tenendo conto che a suo tempo la Regione aveva costruito l'ipotesi consorziale tra le banche piemontesi anche sulla base di un accordo siglato relativo ai tassi di interesse per mutui per investimenti pubblici.
Accettando l'ipotesi fatta che è conseguente alla nostra richiesta di portare questa materia in sede di I Commissione come momento determinante anche ai fini della programmazione, attendiamo che l'oggetto della risposta abbia delle conseguenze di informazione e di decisione che possano vedere coinvolte le forze politiche del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Le interrogazioni ed interpellanze sono così esaurite.


Argomento:

Interrogazione dei Consiglieri Picco, Paganelli, Brizio e Sartoris inerente ai rapporti con la Cassa Depositi e Prestiti

Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto terzo all'ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente", comunico che sono in congedo i Consiglieri Astengo, Carazzoni Ratti, Sanlorenzo e Sartoris.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 30: "Anagrafe patrimoniale dei Consiglieri regionali e degli amministratori pubblici", presentato dal Consigliere Montefalchesi in data 12 novembre 1980 ed assegnato alla I Commissione in data 14 novembre 1980 n. 31: "Costituzione dell'Istituto Agrario Regionale Bonafous" presentato dai Consiglieri Chiabrando, Lombardi, Penasso, Cerchio e Picco in data 14 novembre 1980 ed assegnato all'esame congiunto della I e della III Commissione in data 20 novembre 1980.
Le comunicazioni sono così terminate.
Poiché mi sono state sottoposte varie richieste di integrazione dell'ordine del giorno, propongo di sospendere la seduta e convoco i Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 11 riprende alle ore 11,20)


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Dibattito sul programma della Giunta regionale per il quinquennio 1980/1985


PRESIDENTE

La seduta riprende con il punto quinto all'ordine del giorno: "Dibattito sul programma della Giunta regionale per il quinquennio 1980/1985".
La parola al Presidente della Giunta regionale, Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, prima di iniziare il mio intervento desidero ricordare le vittime del disastroso terremoto che domenica 23 novembre ha colpito la Campania e la Basilicata.
Il Piemonte ha iniziato l'opera di soccorso e di solidarietà con grande tempestività, ma la calamità ha ferito profondamente quelle terre e le loro popolazioni e l'opera di solidarietà deve proseguire e rafforzarsi perch la tragedia non assuma connotati ancora più spaventosi.
Faccio appello a tutti i cittadini del Piemonte e al loro grande senso civico perché offrano il loro aiuto alle popolazioni colpite dal sisma.
Signor Presidente, signori Consiglieri, questa maggioranza, che ho l'onore e l'orgoglio di presiedere, si presenta al dibattito in Consiglio regionale nella consapevolezza della propria responsabilità, conscia del difficile momento che attraversiamo e nella convinzione di fornire in maniera esaustiva ai signori Consiglieri ed a tutta la comunità piemontese gli orientamenti di principio, l'impostazione politica, le linee programmatiche, le valutazioni sui singoli fatti su cui riflettere e richiedere il consenso.
Nei molti decenni che ormai ci separano dalla nascita e dall'organizzazione del movimento dei lavoratori in Europa, si è indubbiamente andato formando un patrimonio di lotte, di esperienze, di traguardi, che è già e sempre più deve diventare patrimonio comune.
Attraverso vicende alterne, errori ed insuccessi, ma anche attraverso grandiose affermazioni che hanno "cambiato la vita" (per usare il termine dei socialisti francesi) ed hanno dato nuova dignità alle masse lavoratrici, prima diseredate, si è costituito un patrimonio che in Italia negli anni '60, si è chiamato "strategia delle riforme" o "politica delle riforme", ma che si colloca in un quadro assai vasto, di respiro europeo e di stampo prettamente occidentale.
E' una concezione, una filosofia, una scelta matura e consapevole in base alla quale la sinistra, nella società industriale avanzata, si è impegnata a svolgere la sua azione riformatrice nel rispetto rigoroso ed intransigente delle regole e delle garanzie democratiche; è una scelta di lealtà assoluta ed al di sopra di ogni sospetto verso le istituzioni del pluralismo; è una scelta di rinnovamento e di sviluppo della democrazia nella piena osservazione dei punti fermi del liberalismo. Si tratta insomma, in altre parole, di un patrimonio squisitamente "europeo" ed "occidentale".
Questi temi erano già ben presenti nelle grandi dispute ideologiche e politiche fra i padri fondatori del movimento operaio, alla seconda metà dell'800; basti ricordare il grande problema, che registrò allora discordanti posizioni tra Marx e Lassalle, se le istituzioni meritassero un impegno dei lavoratori e delle loro nascenti organizzazioni, e se potessero contribuire alla loro emancipazione, o se invece fossero destinate a restare una sovrastruttura puramente repressiva e borghese fino all'ora x ed alla palingenesi totale.
Oggi, ovviamente, in una sinistra "europea" ed "occidentale", nessuno ha più dubbi su questi nodi fondamentali; in questo senso apprezziamo senza riserve i passi compiuti dal P.C.I.
Vi sono dei punti di riferimento obbligati ed essenziali per tutte le politiche di riforma nel rispetto del pluralismo e della democrazia formale: le grandiose realizzazioni sociali dei socialdemocratici inglesi e scandinavi, forti di un saldo ed organico collegamento con le rispettive organizzazioni sindacali.
Il programma autogestionario dei socialisti francesi, ancora ultimamente ribadito da"Projet Socialiste pour la France des Années" ed altri ancora che sarebbe lungo anche soltanto menzionare.
In questo contesto si pone il discorso della "centralità socialista" che certo non si riduce ad un discorso di nuove aggregazioni o di nuovi schieramenti.
Il discorso della "centralità socialista" si basa sulla insostituibilità di una grande forza di sinistra, europea ed occidentale senza compromessi o mezze misure, ai fini di un decisivo passo avanti nella crescita economica, sociale e culturale della società italiana e della sua uscita dalla crisi presente.
In altri termini: una grande forza che sappia fare suo il patrimonio di lotte, di esperienze, di traguardi che abbiamo ricordato.
Chi riducesse la "centralità socialista" ad un discorso di aggiustamento un poco più a destra o un poco più a sinistra dimostrerebbe di non riuscire a capire il senso di quanto tali forze politiche hanno già realizzato ed indicato e possono in futuro realizzare nelle società dell'occidente industrializzato.
Nel nostro Paese, negli anni '60, grazie alla politica di riforme avviata dai Governi di centro sinistra, con errori ed incomprensioni, si sono già aperti ai cittadini spazi di libertà e di uguaglianza prima mai dischiusi.
Oltre che sul piano del costume e della maturazione democratica, anche sul piano legislativo, l'azione riformatrice e rinnovatrice ha registrato a partire da quegli anni successi senza precedenti nella storia d'Italia: dalla consacrazione dei diritti dei singoli lavoratori e sindacali (la giusta causa, lo Statuto dei lavoratori), all'affermazione ed emancipazione dei membri della comunità familiare (adozione speciale, divorzio, riforma globale del diritto di famiglia), all'intervento contro la rendita parassitaria e per un riordinamento del caos urbanistico (legge "ponte" legge "casa", patti agrari).
Ma l'elenco delle riforme sarebbe lungo e complesso ed o i non mancano i riconoscimenti anche da parte di forze che allora sottovalutarono e contrastarono quella politica di riforme e non riuscirono a vederci altro che una divisione della sinistra italiana. Mi consentano i compagni comunisti questo lieve e fraterno appunto, ma significativo per la volontà unitaria che ci anima.
Negli ultimi anni il ripensamento e la riflessione anche coraggiosamente autocritica sono venute dalle figure più illuminate e lungimiranti, al di là di ogni angusto schema di partito.
Basti ricordare l'analisi rigorosa di un grande militante dell'antifascismo e del movimento operaio, Giorgio Amendola.
Questi punti di riferimento, questa filosofia politica stanno sullo sfondo del rilancio e del consolidamento della nostra scelta di governo regionale.
Signor Presidente, signori Consiglieri, nel corso della seconda legislatura la Regione Piemonte è stata governata da una Giunta di sinistra formata dal Partito Comunista e dal Partito Socialista. Quella maggioranza ha saputo dare ai cittadini del Piemonte cinque anni di stabilità, senza un solo giorno di crisi; sono stati anni difficili e travagliati, nel corso dei quali si è acuita la crisi economica e si è assistito alla crudele aggressione terroristica.
Quella maggioranza si è presentata all'elettorato con le carte in regola, consapevole di aver svolto appieno il suo dovere.
Il responso delle urne ha dimostrato che i cittadini del Piemonte hanno apprezzato quell'esperienza di governo, tant'è vero che è stata maggiormente premiata proprio la forza politica nella quale milito e che i rapporti di forza tra i partiti presenti in Consiglio sono rimasti sostanzialmente immutati.
All'indomani dell'8 giugno è apparso a molti chiaro che per la peculiarità della Regione Piemonte la migliore soluzione possibile per il governo regionale era rappresentata da un accordo che indicasse nella centralità socialista il fattore di movimento, di evoluzione, di novità per sfociare in un governo formato con la partecipazione del P.C.I.
Il voto dell'8 giugno, che ha premiato la centralità e l'autonomia socialista, ha delineato una nuova situazione politica che ha avuto il suo svolgimento in due fasi.
La prima fase si è aperta con l'elezione dell'attuale Giunta e del suo Presidente.
Il 28 luglio si è delineata una significativa convergenza tra le forze della sinistra che ha permesso al Piemonte di essere la prima Regione ad avere un governo dopo la tornata elettorale.
Fu un atto di grande responsabilità delle forze politiche; e quanto fosse importante dotare il Piemonte di un governo si potè verificare all'inizio di settembre quando scoppiò la crisi della Fiat.
Tutta la comunità piemontese ha vissuto 35 giorni di grande tensione di ansia, di preoccupazione. Credo sia giusto ricordare qui il ruolo svolto dalla Regione Piemonte nel corso della lunga vertenza; ruolo sempre istituzionale, teso costantemente al mantenimento del dialogo tra le parti in continuo contatto con il Ministero del Lavoro, in chiara e precisa difesa dei posti di lavoro.
Quei lunghi 35 giorni sono ancora scolpiti nella mente di ognuno di noi e la conclusione della vertenza ha lasciato sul tappeto grandi problemi per tutti: sindacato, azienda e forze politiche, su cui tutti insieme siamo chiamati ad una seria ed attenta riflessione.
E' nostra opinione, e noti solo nostra, che la Regione abbia svolto in questa situazione un corretto ruolo di governo, non cessando mai di tessere, instancabilmente, la trama del confronto tra le parti, evitando la rottura ed evitando che la situazione, assai tesa, potesse precipitare e degenerare in qualche cosa di ingovernabile.
Mi preme sottolineare, a questo riguardo, il grande senso di responsabilità mostrato in questi frangenti dagli organi preposti alla tutela dell'ordine pubblico, polizia e carabinieri, e dal Prefetto, con cui siamo stati in costante contatto nei momenti più cruciali e che qui, ancora una volta, intendo pubblicamente ringraziare.
La ripresa del lavoro vede l'economia piemontese in crisi, con 70 miliardi mancanti all'appello e con le piccole e medie aziende dell'indotto e artigiane in gravi difficoltà: abbiamo preso le prime concrete misure insieme con gli Istituti di credito per incidere efficacemente su questa situazione; su questa direttrice intendiamo continuare.
Questi quattro mesi di inizio della legislatura sono stati densi di problemi e di avvenimenti che ci hanno duramente impegnato nel nostro ruolo di governo; tuttavia il dibattito politico non si è arrestato e le forze della maggioranza democratica di sinistra hanno proficuamente lavorato creando le condizioni politiche per l'apertura della seconda fase, con l'ingresso organico del P.S.D.I. nell'esecutivo.
Il programma è frutto del lavoro congiunto delle forze della sinistra che hanno disegnato un quadro organico e realistico dello sviluppo della nostra Regione nei prossimi cinque anni: questo sforzo credo vada riconosciuto e siamo spiacevolmente sorpresi quando sentiamo, ad esempio, i repubblicani accusare di meschinità il P.S.D.I.: ci eravamo forse illusi sull'atteggiamento di questo partito, che si era astenuto nella votazione sul Presidente della Giunta (e del quale atteggiamento comunque intendiamo ringraziare).
Ci domandiamo se il P.R.I. con queste posizioni assolve pienamente al ruolo di rigoroso, efficace, stimolante guardiano del governo razionale dell'economia con cui si è sempre voluto caratterizzare.
Se mi è concesso aprire una breve parentesi sugli atteggiamenti dei partiti in questa prima fase della terza legislatura, vorrei dire che apprezziamo il rigoroso e costruttivo ruolo di minoranza svolto dai liberali; voglio assicurare loro che faremo tesoro dei loro suggerimenti e dei loro rilievi.
Ci pare di cogliere all'interno della Democrazia Cristiana aspetti che ci fanno dire che essa è realmente e compiutamente espressione di interessi precisi e legittimi, che la radicano fortemente nella società piemontese tuttavia talvolta da taluni settori democristiani appare un interesse più alle piccole questioni che ai grandi temi, sembra quasi che per costoro il ruolo di opposizione debba essere più quello di retroguardia che quello di cavalli di razza: ai primi voglio dire che non condividiamo la loro politica, ma la rispettiamo, ai secondi che non è il tempo della rabbia della rivalsa, ma che è necessario lo sforzo di tutti, pur nella distinzione dei ruoli, per uscire dalle secche della crisi.
Nelle scorse settimane la D.C. ha rivendicato all'opposizione la Presidenza del Consiglio regionale.
Voglio qui assicurare che il rifiuto della maggioranza non ha significati discriminatori, rientra nella tradizione della Regione Piemonte, che ha sempre visto a capo del Consiglio un uomo espresso dalla maggioranza e poi - consentitemi - il Presidente Benzi, per le sue qualità morali e politiche, ci rappresenta degnamente.
Al Partito di Unità Proletaria, che non è rappresentato in Giunta, ma che ha votato il Presidente e dato il suo autonomo, critico e costruttivo apporto al programma, voglio dire che mi auguro che nei prossimi anni vi siano tante occasioni di convergenza, che si possa fare tanta strada insieme.
Infine, alcune parole sul P.S.D.I. e sul P.C.I.: questi due partiti pur nella differenza di patrimonio culturale, politico, storico, che riflette le differenze esistenti della sinistra, hanno saputo reciprocamente saldare obiettivi e programmi, affinare le diversità che li separavano caratterizzandosi ciascheduno nella propria autonomia e peculiarità e della qual cosa non posso che compiacermi per il lavoro che abbiamo fatto insieme, a cominciare dal programma per la terza legislatura, e dichiarare tutta la mia fiducia nella collaborazione tra le tre forze della sinistra: sono convinto che la maggioranza democratica di sinistra che si è formata in Piemonte saprà ben operare nell'interesse della comunità regionale e potrà essere un esempio per l'intero Paese.
Viviamo tempi cupi; la crisi economica che travaglia non solo il Piemonte, ma l'intera Nazione e più in generale il mondo intero, a occidente come ad oriente, non permette certo di stilare programmi ambiziosi, magari affascinanti, ma avulsi dalla triste realtà della crisi del nostro tempo. Tuttavia, se non è possibile scacciare la crisi che ci affligge né in un mese, né in un anno, ugualmente si può dare il segno che le cose possono cambiare, che governare non è un verbo che si coniuga in un solo modo, che una certa rassegnazione rispetto alla cosa pubblica non è sempre giustificata.
Lasciatemi dire con una punta di orgoglio che dopo il 1975 in Piemonte come in altre parti d'Italia, si è operato sforzandoci di governare in modo diverso, che la volontà di cambiamento che emergeva prorompente dalle urne (e che non è stata certo smentita nel 1980) si è tradotta nel nostro modo di governare.
Certo questo non significa che con un colpo di spugna si potevano cancellare tutti gli elementi negativi della nostra società, per costruire con rapidità sorprendente l'utopia. Ma significa che si è iniziato un lavoro, con umiltà, ma con decisione, che ha costruito giorno dopo giorno un'immagine diversa dell'amministratore. E questo lavoro noi vogliamo continuare.
La crisi che ci attanaglia necessità più di medicine che di ricette.
Occorre calarci fin nell'intimo dei problemi per cercare di risolverli senza lasciarci avvinghiare e attanagliare da ideologismi o da soluzioni precostituite (e magari surgelate), ma sforzarci di cercare la strada, con il dibattito, con il confronto, con il coinvolgimento di tutte le parti sociali, aperti ai contributi che potranno venirci da chiunque voglia in buona fede aiutarci nel nostro impegnativo compito.
Ha detto Deng-Siao-Ping: "non importa che i gatti siano rossi o siano bianchi: l'importante è che mangino i topi".
Attingiamo alla saggezza orientale e cerchiamo di badare più ai topi che ai gatti. La comunità piemontese si aspetta da noi ( da noi tutti insieme: maggioranza ed opposizione) che sappiamo allontanare le nubi oscure e paurose che si addensano all'orizzonte, anzi, che sono già sulle nostre teste. Sta a noi non deludere le aspettative di quattro, cinque milioni di piemontesi, che non vogliono sentire che abbiamo litigato, ma vogliono accorgersi che le cose vanno meglio.
Diceva Pietro Nenni: "i fatti sono duri come pietre".
Con queste pietre è nostro compito costruire un edificio migliore.
Con le parole o con le buone intenzioni questo non sarà mai possibile.
Ed eccoci al programma.
Gli anni '80 segnano un cambiamento sensibile dello scenario economico e sociale che aveva caratterizzato il decennio precedente. Le gravi difficoltà del settore automobilistico ed altri importanti settori chimico, elettronico, siderurgico, hanno investito il Piemonte e le sue industrie forti e il loro indotto.
In un momento in cui l'intensità del processo inflazionistico, la rigidezza della politica monetaria conseguente anche alla mancanza di una politica economica complessiva a livello governativo, hanno portato il costo del denaro a livelli pericolosi per l'intero sistema delle imprese anche di quelle medie e piccole che "tirano" e che potrebbero favorire quel processo di diversificazione, essenziale nella politica economica del momento.
La Regione, la sua Giunta, come la comunità che è chiamata a governare non vuole gestire la recessione, intende mobilitare tutte le proprie capacità politiche ed istituzionali per rispondere all'attuale sfida.
Ricorderete che i punti di crisi sono stati, su iniziativa della Giunta, analizzati dal Consiglio regionale in un appassionato dibattito conclusosi con un ordine del giorno, al quale è stata data immediata attuazione dall'esecutivo.
Se il Governo ed il Parlamento garantiranno di perseguire una politica economica complessiva e adotteranno gli strumenti individuati nel programma, la risposta alla crisi sarà una strategia articolata in grado di arrestare i processi recessivi ed innescare un'inversione di tendenza.
Una strategia che basandosi sulla sempre più presente necessità del riequilibrio territoriale e della diversificazione dell'attività produttiva, ne agevoli un nuovo modello di sviluppo.
Lo sforzo anche economico della Regione sarà indirizzato alla formazione professionale, allo "straordinario" snellimento delle procedure urbanistiche per "acquisizioni" di suolo per aree e per settori che presentano urgenze di ristrutturazioni o nuovi insediamenti; a favorire la crescita di organizzazioni dirette alla fornitura di servizi alle imprese al sostegno finanziario del processo di localizzazione e riallocazione industriale, con interventi coordinati e corali di tutte le diverse competenze della Giunta per l'attuazione della legge 9/1980, nonché a favorire in raccordo con il Governo le iniziative per il credito agevolato.
A questo proposito riteniamo importante sottolineare la rivendicazione del ruolo regionale nell'amministrazione del credito.
Com'è noto, tale ruolo non è ancora stato definito dalla legislazione ma per questo non intendiamo limitarci ad una posizione rivendicativa nei confronti del Governo e del Parlamento.
Intendiamo invece giocare un ruolo che, pur nei limiti dell'attuale legislazione, sia attivo e sperimentale e possa costituire elemento di proposta per il livello centrale.
Nell'attuale situazione economica del Piemonte, la manovra di rilancio deve investire i settori primario e terziario sia per le evidenti interconnessioni, sia per le difficoltà del settore agro-alimentare, sia per le necessità che alcuni settori innovativi assumano un rilievo davvero strategico, come una leva da utilizzare per lo sviluppo e l'assestamento della politica economica piemontese.
Appare necessario uno sviluppo centrato sulla ricerca dell'efficienza complessiva del settore agro-alimentare. Quindi: indicazioni programmatiche ai vari livelli una moderna efficiente amministrazione pubblica. In questo quadro va accelerata l'elaborazione dei piani agricoli zonali e dovranno essere sviluppate e rafforzate le integrazioni fra settori, dovranno essere ridotte le condizioni di isolamento fisico, culturale e locale delle campagne ed occorre intervenire risolutamente nei settori in crisi, il vitivinicolo e quello del latte.
Altrettanto importante è una politica attiva nei confronti del terziario ed in particolare di quello di ordine superiore afferente i settori dell'innovazione.
Credo che se avremo la capacità di governare il processo pur difficile della "sterzata" e la capacità di adottare anche gli eventuali correttivi che man mano potranno pure presentarsi, riusciremo a fare del Piemonte di nuovo un'area forte, alternativa e concorrenziale con le altre aree forti dell'Europa in funzione del Mediterraneo.
Il Piemonte deve diventare un'area ad elevato livello di integrazione economica che deve competere sul piano commerciale e produttivo con i Paesi dell'Europa forte, anche per impedire che lo sviluppo delle relazioni commerciali di questi Paesi con quelli in via di sviluppo e con quelli del bacino del Mediterraneo tagli fuori non solo il Piemonte ma anche il nostro Mezzogiorno e le aree deboli italiane dal processo di sviluppo.
Come si legge sul documento programmatico: "Il perseguimento di tale linea strategica implica un orientamento coerente del complesso delle politiche regionali, e sul piano economico e sociale, e sul piano territoriale, e sul piano culturale".
Il ruolo che può svolgere la nostra Regione in un quadro di questo genere non è di secondaria importanza.
Il Piemonte si colloca infatti non solo e non tanto dal punto di vista geografico, quanto per le relazioni economiche che il suo apparato produttivo intrattiene, in un punto cruciale dei processi in atto sul piano internazionale.
Saldamente legato all'Europa industrializzata, il Piemonte pu diventare un punto di vitale importanza nel quadro dei rapporti che i Paesi europei più industrializzati stanno intensificando con i Paesi in via di sviluppo ed in modo particolare con i Paesi del bacino mediterraneo.
La scelta è, insomma, tra il restare relegati in una posizione di dipendenza dalle aree forti del Nord Europa, nel ritagliare in questo ambito margini di sopravvivenza per la nostra economia, o nell'ambire ad acquisire un ruolo strategico, ponendosi in una posizione di competitività con le aree forti dell'Europa.
La sfida è dunque decisiva, per il Piemonte, ma soprattutto per il Paese, per il Mezzogiorno.
La nostra Regione deve diventare perno di un asse di scambio Europa Mediterraneo in grado di competere con quello del Sud della Francia, capace di collocare l'intero Paese nella rete di rapporti economici che si vanno aprendo con quelle aree economiche.
Per raggiungere questi obiettivi occorre intensificare e rendere più snelle e veloci le vie di comunicazione; è pertanto necessario un nuovo modo di considerare il Frejus, la superstrada della Valle di Susa l'autostrada del Sempione, alle quali va assegnata " assoluta priorità" e procedere con il raddoppio della Torino-Savona.
Occorre inoltre assumere un ruolo nelle Regioni dell'arco alpino che faccia del Piemonte un punto di riferimento e che lo stringa sempre più all'Europa favorendo attraverso un'incisiva politica viaria la posizione geografica di Regione di frontiera dell'arco alpino occidentale che ne fa il naturale collegamento dell'Europa centrale con il Mediterraneo.
Un sistema di collegamenti veloci dei trafori del Frejus, di quello svizzero del San Gottardo con il completamento dell'autostrada Voltri Sempione oltre agli esistenti trafori del Monte Bianco e del Gran San Bernardo, costituisce un modo necessario e nello stesso tempo risolutivo per inserire il Piemonte "fisicamente" nell'Europa e trainare in questa integrazione tutto il Paese.
Per realizzare questo progetto occorre anche la scelta prioritaria sugli assi fondamentali della rete viaria piemontese indicati nel documento come asse nord-sud, asse pedemontano e asse trasversale.
Nell'ottica del ruolo trainante del Piemonte e del suo afflato europeo appare quanto mai significativa la presenza del "Bureau International du Travail" che rappresenta e deve rappresentare sempre più un punto di coesione ed emblematizzare la vocazione industriale, produttiva e insieme europea del Piemonte.
Nella strategia europea, ovviamente fondamentali sono le iniziative che, nel quadro delle normative nazionali, possono avere un rapporto più costruttivo con la Comunità Europea.
A tal fine è stata già presentata una legge intesa ad istituire una struttura quale mezzo concreto per seguire compiutamente l'attività della Comunità e poter conoscere ed utilizzare pienamente gli strumenti finanziari che la CEE mette a disposizione degli Stati membri.
Ma non si può, nella strategia di rilancio dell'economia piemontese prescindere da quel nodo fondamentale che rappresenta non solo in Piemonte non solo in Italia, ma in larga parte del mondo, il problema della crisi energetica.
Come chiarisce il documento programmatico: "In attesa di un piano energetico nazionale che programmi e realizzi il necessario ed urgente processo di diversificazione delle fonti energetiche e la modellazione di iniziative e di tecnologie volte al risparmio energetico al fine di ridurre sensibilmente la dipendenza dal petrolio, la Regione Piemonte orienta la propria politica complessiva di programmazione e di pianificazione territoriale in modo da favorire sistemi di vita di produzione e consumo, a bassi assorbimenti di energie, promuovere e realizzare una tecnologia diversificata per lo sfruttamento di fonti energetiche reperibili localmente, anche attraverso propri interventi legislativi e finanziari senza sottrarsi all'esame di soluzioni realistiche ed immediate per il reperimento di nuove fonti energetiche ivi compresa quella nucleare".
Partendo dall'ovvia premessa che l'integrazione tra interventi diversi è un modo necessario di operare connaturato alla Regione e insieme presupposto stesso della sua esistenza che postula il superamento delle strutture verticali proprie dello Stato, la stessa cultura è insieme qualità della vita, investimento produttivo, causa ed effetto di una qualità di governo, elemento di crescita e di maturazione dei cittadini.
Questa Giunta si propone, ed il dibattito su questo grande tema fondamentale è già annunciato in Consiglio, di rispondere alla sfida anche attraverso una politica culturale di largo respiro, che connoti l'attività della Regione sia nei suoi momenti istituzionali sia nel suo tessuto sociale, sia nei suoi sistemi produttivi, in un confronto reale aperto con tutte le sue forze vive recuperando i valori esistenti per "coltivarli" e quindi per farne il punto di partenza per l'elaborazione di progetti complessivi del nuovo sviluppo.
Del resto, mai come nei momenti di crisi, è necessario riflettere ripensare la propria tradizione e la propria storia e la Regione deve individuare la sua riorganizzazione e la sua ristrutturazione partendo da un disegno culturale che non potrà essere una bacchetta magica per risolvere i problemi in tempi brevi, anche se alcuni effetti potranno essere riconoscibili a breve e medio termine, orientando la ricerca garantendo la contrapposizione pluralistica delle parti, non consentendo una divaricazione tra le fonti della produzione e dell'innovazione culturale e le sedi della divulgazione e della distribuzione.
E' necessario soprattutto rafforzare e consolidare la presenza della nostra Regione negli scambi culturali internazionali, costruire e consolidare strutture permanenti per la ricerca scientifica e la promozione culturale, utilizzando quei punti di forza che sono gli Atenei.
Occorre altresì costruire una rete regionale di strutture accessibili e permanenti per la produzione e la diffusione culturale ed assumere iniziative per la formazione di quadri per la politica culturale delle Amministrazioni locali e l'aggiornamento professionale in funzione delle esigenze didattiche.
Ma per realizzare questo sforzo, è necessario, indispensabile un corretto rapporto tra Regione, Governo e Parlamento ed autonomie locali che è in definitiva il modo di governare della democrazia della Costituzione repubblicana.
Cito dal documento: "La linea di sviluppo del potenziale innovativo dell'istituto regionale passa attraverso la piena espansione e valorizzazione della capacità di autogoverno delle comunità locali attraverso l'attivazione capillare delle risorse di cultura e di lavoro che sono presenti nei ceti produttivi della società".
Occorre accorciare le distanze tra cittadino e centri di governo occorre avvicinare al cittadino il livello delle decisioni di governo, in particolare di quelle che incidono direttamente sulla realtà locale in cui egli vive ed opera.
Questo non per impoverire e sminuire il ruolo del governo centrale. Al contrario, il processo di riforma democratica dello Stato deve arricchire e sviluppare la caratteristica unitaria e nazionale del nostro Stato repubblicano; poiché senza la creazione di sedi di governo autonome e decentrate non è possibile combattere i vizi centralistici, gli impacci burocratici, lo svuotamento degli organi preposti alla formazione della volontà collettiva della comunità.
Dunque, potenziamento delle Regioni e delle autonomie locali e pieno riconoscimento del diritto all'autogoverno costituiscono il terreno fecondo e solido su cui il Governo centrale può recuperare un nuovo ed effettivo potere di decisione e di indirizzo sulle scelte di fondo del nostro Paese.
In tale contesto l'autonomia è individuata come momento fondamentale di chiarezza dei ruoli e delle competenze in una Repubblica che deve essere sempre più unitaria e che deve trarre la sua compattezza proprio dalla corretta articolazione centrale e periferica dei suoi momenti istituzionali che sono sia lo Stato che le Regioni come tutte le autonomie locali.
Una Repubblica unitaria fondata sull'efficienza e la cooperazione delle autonomie locali.
Occorre innanzitutto creare le condizioni perché si affermi un dialogo ed un costante confronto tra le Regioni e le istituzioni statali, il Parlamento ed il Governo, come posizione attiva di generale processo di raccordo, specie nel campo della programmazione nazionale e regionale in un continuo processo di osmosi che consenta al Governo di assolvere al suo ruolo di coordinamento e alle Regioni di programmare nel quadro della programmazione economica nazionale.
D'altro verso, la stessa efficacia della programmazione regionale è strettamente connessa all'elaborazione dei piani zonali e, nonostante limiti e contraddizioni, l'attività svolta dai Comitati comprensoriali (all'interno dei quali le problematiche anche dei più piccoli Comuni hanno potuto trovare una sede di verifica), può servire da punto di riferimento avanzato nel contesto nazionale.
L' esperienza piemontese può essere infatti preziosa ai fini dell'individuazione dei nuovi compiti della Provincia, nuovo ente intermedio di programmazione, secondo quanto previsto dalla futura normativa sulla riforma delle autonomie locali.
Il segno positivo di questa esperienza non va perduto, anzi rafforzato.
Per questo si è ritenuto giusto rieleggere i Comitati comprensoriali pur nella prospettiva dell'avvio della fase costituente del nuovo ente intermedio.
A questa scadenza occorre arrivare, in Piemonte, preparati, avendo creato le condizioni, affinché il processo di programmazione, avviato nella passata legislatura, non subisca rallentamento e recuperi quanto di positivo vi è nell'esperienza comprensoriale.
Lo stadio di avanzamento che ha raggiunto in Piemonte la pianificazione comprensoriale fa riconoscere ed impone di non attendere ma di preparare la transizione dalla situazione presente a quella nuova.
Come affermiamo nel documento: "Occorrerà stabilire una stretta collaborazione tra Province e Comprensori e occorrerà anticipare l'azione di decentramento dagli Assessorati regionali alle Province, attribuendo loro quelle funzioni previste dalla proposta di legge".
La Giunta regionale si propone altresì di evidenziare la centralità del ruolo amministrativo del Comune continuando il processo di trasferimento delle deleghe, il rilancio delle Comunità montane, favorendo la nascita e la crescita della strumentazione istituzionale degli Enti locali, che consenta lo svolgimento corretto delle numerose funzioni loro attribuite.
Ma il salto di qualità dovrà essere rappresentato dal coordinamento delle capacità di intervento finanziario dell'intero sistema delle autonomie locali, in funzione di una economicità di gestione complessiva delle risorse e di risposta immediata alle esigenze emergenti, eliminando i rischi dei doppioni, dei residui passivi, della lentezza dei meccanismi della spesa, in definitiva, garantendo l'efficienza delle istituzioni.
Il problema è naturalmente connesso anche alla riforma della finanza locale che deve rispondere, come illustrato nell'ordine del giorno approvato dal Senato ai principi autonomistici degli enti democratici locali, anche ai fini di dare applicazione al dettato costituzionale della nostra Repubblica.
Infatti la valorizzazione del ruolo degli Enti locali deve consentire di far concorrere gli Enti locali al disegno complessivo di efficienza dello Stato.
Per raggiungere pienamente tale obiettivo, appare necessario un Comitato di coordinamento tra le autonomie locali, un'ipotesi di stati generali delle autonomie che sia però operativo, che individui i modi procedure e tempi del coordinamento e che soprattutto li attui.
Per un'incisiva azione di governo, per legare fra loro strettamente le autonomie locali ed i cittadini che le esprimono, perché l'autonomia locale possa nutrirsi delle idee della comunità che amministra e coglierne i segni in tempi reali, l'Amministrazione regionale ha il dovere di far conoscere tempestivamente le iniziative, le strategie, gli atti che essa assume.
In questi anni abbiamo registrato tendenze alla costituzione di movimenti autonomistici, spesso in polemica con i partiti e gli organi dello Stato.
Questi sintomi di crisi e sfiducia ci fanno domandare: è sufficiente il metodo di consultazione e di circolazione delle notizie? La Regione non solo è disponibile a cercare nuove e più valide soluzioni a questo problema, ma intende compiere un grosso sforzo per creare canali di comunicazione continuativi sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri, nei Comprensori, nelle Province, per intensificare il rapporto con la stampa quotidiana, periodica locale, con la TV, per realizzare una politica editoriale di documentazione rigorosa ed oggettiva.
In questo continuo processo di osmosi, rilevanza massima deve essere attribuita agli incontri con le autonomie da un lato, con le altre Regioni dall'altro, con il Parlamento ed il Governo.
Voi sapete, e alcuni di voi ci hanno confortato della loro presenza che questo programma è stato presentato dopo incontri con le Province, i Comprensori, i Comuni, le Comunità montane e ritroverete in questo documento temi, spunti, suggerimenti ricevuti in quelle occasioni.
Non è stato quindi un mezzo per acquisire il consenso.
Su questa strada, di confronto, di verifica, di accettazione di critica, vogliamo continuare.
Con la stessa forza ci impegnamo a confrontarci tra Regioni, a trovare momenti di coordinamento sempre più impegnati e soprattutto occorre incentivate un serrato ma equilibrato e sereno confronto con il Governo.
Le premesse favorevoli ci sono. Ne è testimonianza l'incontro che il Presidente del Consiglio dei Ministri Forlani ha concesso ai Presidenti delle Regioni, tempestivamente, all'atto dell'insediamento del Governo, a ciò sollecitato, tra gli altri, anche da me personalmente, a nome del Piemonte.
Il significato politico di questo fatto è già una garanzia e giustifica la convenzione che il metodo democratico di governo è ormai patrimonio acquisito di tutti i momenti istituzionali dello Stato.
Non penso sia necessario che io mi soffermi sulle diverse parti del programma per settori, ampiamente illustrate nel documento rimessovi a suo tempo, tanto in fretta e tanto tempestivamente da non aver dato neppure il tempo ai "correttori di bozze" di ripulirlo.
Mi pare però importante richiamare velocemente alcune "idee-guida" per i singoli settori.
Come già ho avuto modo di sottolineare, il riequilibrio territoriale è condizione prima per una corretta politica di rilancio.
Bisogna creare le condizioni affinché l'allocazione spaziale delle risorse avvenga in modo coerente con gli obiettivi di sviluppo e di riequilibrio regionale che ci si è posti.
In particolare per quanto concerne la pianificazione territoriale di scala regionale - comprensoriale, occorre dare concretezza attuativa agli schemi di piano territoriale dei Comprensori.
Occorre promuovere, secondo scale di priorità, la formazione di progetti di aree industriali, comunicazioni, aree per grandi servizi, aree per il tempo libero, grandi infrastrutture, insediamenti e recuperi residenziali, il tutto in forma integrativa.
Va altresì potenziata l'attività di ricerca, soprattutto per quanto concerne la definizione delle potenzialità produttive delle risorse fisiche del suolo e delle caratteristiche limitative delle stesse in funzione della salvaguardia delle risorse primarie ed ambientali è della difesa e prevenzione degli eventi calamitosi.
Per il settore urbanistico occorre continuare lo sforzo di gestione, di aggiornamento della legge regionale 56 di coordinamento del complesso della legislazione regionale afferente al territorio individuandone anche livelli intermedi di governo, conferendo certezza all'iter burocratico.
Considerato il ruolo strategico che deve assolvere l'industria nella nostra Regione, occorre rimuovere quei vincoli strutturali che impediscono la piena operatività delle imprese.
Si tratta di imprimere nuovo vigore anche agli strumenti individuati nella passata legislatura: localizzazione industriale, enti strumentali, in particolare, Finpiemonte, per l'assistenza finanziaria, Promark per la promozione commerciale.
Specie quest'ultimo ente dovrà farsi carico di alcuni momenti promozionali anche attraverso il recupero di una tradizione fieristica nazionale e internazionale, che agevoli la nostra industria e il nostro artigianato, che richiami operatori dall'Italia e dall'estero e che consenta la conoscenza e la commercializzazione dei nostri prodotti.
Essenziale è naturalmente la collaborazione delle organizzazioni sindacali e degli industriali.
In secondo luogo occorre impostare una politica della domanda indotta della spesa pubblica su alcuni importanti aggregati di imprese, settoriali e territoriali.
Si tratta di definire, nell'ambito delle politiche di competenza del sistema delle autonomie locali, alcuni progetti di spesa pubblica capaci di creare, nel medio periodo, un quadro di convenienze e di opportunità d'investimento per l'industria.
Ma occorre altresì richiedere al Governo di rendere pienamente operativa la legge 675 per la riconversione industriale, di definire il piano di settore per l'auto e aggiornare quelli già varati per la chimica e l'elettronica, rivedere i criteri per il credito agevolato nelle zone del centro nord, procedere all'istituzione del servizio nazionale dell'impiego per la gestione del mercato del lavoro.
Ho avuto già occasione di accennare all'importanza della rete viaria in funzione dello sviluppo del Piemonte (e non solo di esso), economico culturale, turistico.
Altrettanto essenziale è l'ampliamento ed il rinnovamento delle ferrovie il cui punto di riferimento rimane il piano regionale dei trasporti e il completamento della riforma del trasporto su gomma, settore nel quale la Regione ha pieni poteri di indirizzo e di controllo.
Obiettivo, anche in questo caso, è fare in modo che la spesa pubblica si trasformi da momento di pura erogazione in elemento dinamico di indirizzo, di contributo allo sviluppo.
Lo stesso rigore programmatorio, la necessità della valorizzazione del sistema delle autonomie locali e della partecipazione popolare alla gestione dei servizi, debbono caratterizzare gli interventi in materia di sanità ed assistenza.
Il piano socio-sanitario, già presentato al Consiglio quando ero Assessore alla sanità, aperto ancora a tutti i suggerimenti che l'Assessore Bajardi sta raccogliendo, arricchito dal vostro contributo, costituirà davvero il punto di forza per il superamento degli squilibri territoriali anche in tema di tutela della salute, cioè del benessere fisico e psichico dei cittadini.
Le imminenti elezioni degli organi a regime delle Unità Sanitarie Locali, il nucleo delle leggi già in vigore, quelle già approvate e in via di approvazione da parte del Consiglio, testimoniano la volontà del Piemonte di realizzare con coerenza e decisione con il contributo di tutti organizzazioni sindacali, categorie, forze politiche e sociali, il servizio sanitario riformato.
Ma come risulta chiaro dalle scelte che sottendono alla proposta di piano, dai suoi progetti-obiettivo, e dalla sua stessa denominazione, le attività sanitarie devono essere integrate a quelle socio-assistenziali.
Questa scelta già fatta in Piemonte non potrà non influenzare, una volta di più, anche quella nazionale quando verrà attuata la riforma dell'assistenza, tale è l'intreccio tra il sanitario ed il sociale.
Si pensi al problema degli anziani, dei tossicodipendenti, degli handicappati.
Il 1981, anno internazionale dell'handicappato, deve rappresentare un'occasione preziosa per mobilitare tutte le nostre risorse per fornire un contributo reale a questo grave problema.
Così come ci impegneremo a migliorare le condizioni della "qualità della vita" con i servizi sociali per il tempo libero, il turismo e lo sport, anche intervenendo con le altre istituzioni (scuola, Coni) verificando il rapporto Regione - associazionismo ampliando tale rapporto alle organizzazioni sindacale ed alle libere associazioni.
Nel corso di una recente riunione del Consiglio regionale, durante la quale era in discussione l'assestamento di bilancio, ho avuto modo di apprezzare l'intervento del Capogruppo democristiano perché improntato ad una chiara volontà di offrire un contributo, anche se in molti aspetti critico, su una linea aderente ai criteri di austerità, come la difficile situazione ci impone.
Vorrei assicurargli che l'impronta generale dell'azione della Giunta sarà di una rigorosa programmazione: si impongono scelte chiare in un quadro di priorità.
In questo contesto e su alcuni obiettivi generali e di grande rilevanza ricercheremo sempre maggioranze ben più vaste di quella che sostiene ora la Giunta.
Così come per la politica del personale vorremmo graduare la nostra azione all'insegna del recupero di quella professionalità che ha fatto grande il piccolo stato del Piemonte, tale da rendere più efficiente la macchina regionale.
Vorremmo però ricordare che per dare conseguenza a questa linea non accetteremo politiche del "tanto peggio, tanto meglio", bensì lo spirito che ha animato l'intervento del Consigliere Paganelli.
Desidero qui ribadire il ruolo centrale del Consiglio regionale massima assemblea elettiva del Piemonte, ed assicurare i Consiglieri sulla volontà della Giunta di dare impulso all'attività legislativa del Consiglio, garantendo tutta la collaborazione tra esecutivo ed assemblea legislativa.
Signor Presidente, signori ,Consiglieri, se dovessi scegliere una citazione che raccogliesse il senso di frustrazione e di ira di molti italiani di fronte agli scandali dilaganti sarei tentato di ricordare l'invettiva del grande fiorentino: "Ahi! Serva d'Italia di dolore ostello nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"; ma siccome la stragrande maggioranza del popolo italiano per la sua fierezza ed onestà non si lascia prendere né dall'ira né dalla frustrazione, mi limito a registrare che la gente oggi è stanca, confusa delusa, attonita.
Ed allora mi preme ricordare i tanti morti nella lotta per la costruzione dell'Italia repubblicana.
Certo non è per questo che gli uomini che hanno fatto la Resistenza, i giovani che sono stati nelle galere fasciste, le molte donne e uomini che sono morti per fare sì che noi potessimo vivere liberi, hanno lottato sofferto e gioito il 25 aprile di 35 anni fa.
Essi volevano, come noi vogliamo oggi, una Repubblica libera, in cui il diritto al lavoro onesto, soddisfacente, giustamente retribuito fosse una realtà e non una parola.
La vera ricchezza di un Paese, povero come il nostro di materie prime è il lavoro e la gente domanda solo di poter lavorare serenamente, veder giustamente ricompensati i propri sacrifici, spesso ancora pesanti, poter serenamente educare i figli, avere uno Stato ed una pubblica amministrazione che fornisce i servizi per cui vengono pagate, purtroppo non ancora da tutti, le tasse, dare un senso alla propria fatica, alle aspettative, alla vita.
Certo i padri della nostra Repubblica, nella loro azione politica grandemente unita nello spirito dell'unità nazionale da salvaguardare e dell'economia del Paese da ricostruire, pur nelle differenze ideologiche che contraddistinguono le diverse aspirazioni ideali dei partiti, hanno sempre tenuto bene in vista il senso dello Stato come bene supremo della collettività ed hanno amministrato la "cosa pubblica" cercando l'interesse di tutti e non la bassa cucina del potere fine a se stesso, il tornaconto personale, il facile arricchimento.
La gente è stanca, delusa, disorientata.
Forse a qualcuno fa comodo che sia così e manovra per accrescere la confusione e il polverone; qualcuno, un po' snob, dice che è qualunquismo e crede di risolvere il problema con un'alzata di spalle leggermente disgustata e rifugiandosi nella sua "turris eburnea", qualcuno gioca irresponsabilmente una specie di schedina per stabilire se il potere logora chi ce l'ha o chi non ce l'ha.
Noi ci ribelliamo a questo stato di cose, come si ribella chi oggi sta al vertice della Repubblica, dopo essere stato nelle galere fasciste; in esilio, sulle montagne da partigiano, dopo aver lottato insieme a molti altri per dare a tutti noi la libertà e il diritto di manifestare liberamente e democraticamente le proprie opinioni.
Ci ribelliamo come ogni cittadino onesto ai soprusi, all'ignavia all'indifferenza, all'incapacità, alla slealtà, all'ipocrisia all'ottusità.
Noi non crediamo che il nostro Paese sia un bordello e non vogliamo che lo diventi.
Noi ne facciamo una questione morale! E' lontano da noi il pensiero di ergerci a giudici di persone o avvenimenti.
Sentiamo però elevarsi dall'Italia che lavora e non specula, un desiderio di onestà, pulizia e di moralità di cui sentiamo di doverci fare interpreti.
Da troppo tempo l'aggettivo "morale" sembra essere scomparso dal vocabolario; quando viene ritirato fuori ogni tanto, quando la misura sembra colma, lo si tenta di esorcizzare, riponendolo in un angolo, come si fa con i ferrivecchi.
Da troppo tempo la politica e la morale sembra non sposino più tra loro; le istituzioni continuano a perdere credibilità, gli elettori si sentono sempre meno rappresentati dagli eletti.
Certo, i problemi di governo di una società industriale moderna sono molti e complessi; ma è necessario che la classe dirigente tutta del Paese torni ad un linguaggio chiaro, comprensibile, sappia dire sì quando è sì e no quando è no; sappia dire ciò che ritiene giusto e ciò che ritiene sbagliato; possa e debba essere giudicata per quello che ha fatto, sui fatti e non sulle parole.
In democrazia c'è persuasione e non costrizione; consenso e dissenso conoscenza, informazione e di conseguenza partecipazione; c'è libertà di confronto sulle cose chiare e nette, non zone d'ombra, non angoli bui, non trame nascoste.
In democrazia tutto deve avvenire alla luce del sole, gli angoli bui e l'immondizia vanno spazzati via.
Se non c'è conoscenza non c'è fiducia, ma sospetto; se c'è sospetto non c'è chiarezza; se non c'è chiarezza, non c'è persuasione, ma inganno ricatto, intrigo.
L'articolo di Bobbio sulla "Stampa" di domenica, è quanto mai significativo ed illuminante.
Bisogna che ognuno faccia la sua parte; la classe dirigente deve dire dove vuole portare il Paese, come e quando e dimostrare con i fatti di esserne capace; la Magistratura deve fare giustizia, senza guardare in faccia nessuno, perché la legge sia davvero uguale per tutti, nessuna frangia del potere o sottopotere politico deve insabbiare.
Noi crediamo che la stragrande maggioranza degli uomini che operano nelle istituzioni siano onesti e facciano onestamente il loro dovere, pur in condizioni difficili e spesso tragiche.
Non possiamo dimenticare, perché sono marchiate a sangue nella nostra memoria, le immagini di morte di questi ultimi anni: le nostre strade, le nostre piazze sono, state insanguinate dagli atti criminali del terrorismo.
La nostra regione e il suo capoluogo sono state colpite in modo particolarmente crudele dalla mano assassina.
Sono caduti sotto il piombo delle P 38, talvolta feriti, talvolta purtroppo, uccisi, uomini politici come giornalisti, tutori dell'ordine come ignari cittadini, magistrati come avvocati.
Abbiamo imparato, quasi con fatalismo, a convivere con il terrorismo l'azione criminale non faceva quasi più notizia, lo sdegno sembrava quasi un rito.
Mentre sentimenti di rassegnazione sembravano appropriarsi di noi vi era chi quotidianamente, a rischio della propria vita, conduceva la battaglia per liberarci dall'incubo che ci affliggeva.
Voglio qui ricordare l'opera delle forze dell'ordine, Polizia e Carabinieri, rendere omaggio ai loro caduti sul fronte del terrorismo partigiani della democrazia e della libertà come coloro i quali, rischiando la vita contro il fascismo, gettavano le basi dell'Italia repubblicana.
Voglio qui pubblicamente plaudere al lavoro della Magistratura, che mai si è piegata al ricatto della vita, giudicando il proprio dovere superiore alla vita stessa.
Voglio dire qui che noi siamo orgogliosi della Procura della Repubblica torinese, che ha sempre lavorato con scrupolo e con onestà, con imparzialità e senso del dovere.
In questo Paese sconvolto dagli scandali, dai quali non sempre è indenne la Magistratura, credo sia giusto fare pubblicamente atto di fiducia nei confronti di chi lavora con scrupolo e senso del dovere.
Ricordando questi esempi luminosi di attaccamento al dovere ci si rende sempre più conto come la questione morale si identifichi come la questione dell'attaccamento alle istituzioni e della loro credibilità.
Le nostre preoccupazioni non si fermano ai confini nazionali.
Avvenimenti internazionali suscitano la nostra preoccupazione più viva anche per le conseguenze che essi possono avere sulla vita della comunità piemontese.
Da mesi ormai si sta combattendo nel Golfo Persico una guerra di religione davvero; la religione del XX secolo: il petrolio.
Questo conflitto deve finire, sia perché il prezzo di vite umane non cresca con il passare dei giorni, sia perché occorre ripristinare la convivenza civile tra Iran e Iraq e superare lo scontro di interessi intorno ai colossali giacimenti di oro nero che hanno dato la parola alle armi.
Il nostro pensiero va ai popoli dell'Afghanistan e dell'America Latina: il diritto all'autodeterminazione travalica qualunque ragion di Stato, e dovunque un popolo lotta per la libertà noi saremo al suo fianco.
Con trepidazione seguiamo le vicende della vicina Polonia.
Nel cuore dell'Europa si sta sviluppando un confronto duro e per molti versi senza precedenti per l'Est europeo.
In ogni caso nessuno può arrogarsi il diritto di intervenire dall'esterno per interrompere il dibattito che si sta sviluppando in Polonia, neppure in nome di una vera o presunta fratellanza.
Di qui, da questo angolo della vecchia Europa, salutiamo il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America.
Non possiamo tuttavia nascondere preoccupazione per talune affermazioni di Ronald Reagan, pronunciate nel corso della campagna elettorale.
Noi diciamo che la distensione è un processo che non deve interrompersi né tanto meno arretrare, che il dialogo per la limitazione delle armi nucleari non deve cessare, che la pace è un bene troppo grande per essere disperso con leggerezza.
Noi vorremmo che il Presidente Reagan al termine del suo mandato potesse dire, come il suo predecessore Carter, di essere orgoglioso che nessun soldato americano abbia dovuto combattere guerre durante la sua presidenza.
Il miglior soldato - ha detto Jimmy Carter - è quello vivo; e noi siamo pienamente d'accordo con lui.
A questo processo di distensione intendiamo dare il nostro modesto contributo, inserendoci nel solco delle azioni dei grandi statisti europei che hanno operato in questo settore.
E qui, non può non essere ricordato il nome di Willy Brandt.
Signor Presidente, signori Consiglieri, non posso chiudere questo mio lungo intervento senza fare alcune considerazioni, molto umilmente ma decisamente, sulla classe dirigente, su di noi, sul nostro modo di essere su me stesso e sui giovani che sono la speranza del domani.
Noi per primi dobbiamo quindi essere chiari: i nostri atti devono essere trasparenti e dobbiamo rendere conto in ogni momento a chi ci ha eletto, delle nostre azioni, perché noi tutti, con le diverse opinioni valutazioni e decisioni sulle cose da fare, rappresentiamo un'intera comunità e ne siamo responsabili.
La responsabilità non ci spaventa; per assolvere ai nostri compiti dobbiamo, possiamo, vogliamo essere credibili.
Consapevoli dei nostri limiti, ma sicuri della nostra volontà, vogliamo rappresentare degnamente quell'importante parte dello Stato che noi siamo e far sentire il peso esemplare di una comunità che tanta parte ha nella vita del Paese, come quella del Piemonte.
E vogliamo dire ai giovani, a quelli che studiano, a quelli che lavorano, a quelli disoccupati, a quelli che si abbattono e si demoralizzano che la vita è una cosa seria e non facile, ma che una vita libera è il bene maggiore che ciascuno di noi può possedere e a cui deve aspirare.
La libertà è un bene che non si ottiene gratis, ma bisogna lottare anche duramente, per mantenerlo; bisogna lottare contro i soprusi, le ottusità, le malversazioni, le corruzioni, le slealtà; bisogna battersi per ciò in cui si crede e credere in ciò per cui si lotta, a viso aperto rispettando lealmente gli avversari leali e usando, sempre e comunque, come unica arma quella della ragione e come metodo quello del confronto chiaro e netto.
La crescita di ognuno è la condizione per la crescita di tutti e nessuno deve avere paura a farsi vedere per quello che è, a manifestare le proprie opinioni, a cercare di arricchirle confrontandole con quelle degli altri.
Noi, classe dirigente, dobbiamo avere coscienza del ruolo e dei compiti generali che abbiamo, ed essere, con umiltà e intelligenza, al servizio degli interessi di tutti.
Dobbiamo essere i primi a dare l'esempio e a prendere l'esempio da un Paese che spesso si dimostra migliore della sua classe dirigente. Vogliamo prendere l'esempio da chi compiutamente rappresenta i valori morali su cui si fonda il nostro Stato, da Sandro Pertini, Presidente della Repubblica.
Noi siamo qui per lavorare e per essere al servizio della comunità piemontese. Credo che questo debba significare, per tutti noi e per la comunità che rappresentiamo, senso del dovere.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Informazione della Giunta regionale sulle iniziative per dare applicazione al punto 5) dell'accordo Fiat sui corsi di formazione professionale


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto quarto all'ordine del giorno: "Informazione della Giunta regionale sulle iniziative per dare applicazione al punto 5) dell'accordo Fiat sui corsi di formazione professionale".
La parola all'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore al lavoro

Come sapete, signori Consiglieri, il punto quinto dell'accordo tra Ministero del Lavoro, organizzazioni sindacali e Fiat, recita: "Adozione con l'impegno del Ministero del Lavoro e della Regione, di adeguati corsi volontari di formazione e riqualificazione professionale tra i lavoratori in cassa integrazione, miranti alla crescita professionale degli stessi".
Data l'importanza della vicenda Fiat, la Giunta vuole tempestivamente dare informazione sull'azione che è stata svolta per dare applicazione all'accordo.
Alcune settimane fa, il problema della formazione professionale nell'ambito dell'accordo Fiat è stato richiamato da più parti: politiche sindacali, sociali ed istituzionali, al punto che alcuni Gruppi del Consiglio si sono espressi anche esternamente all'aula, come era del resto loro diritto. Purtroppo questo argomento è stato ripreso non sempre con quella precisione che il problema merita. Rilevo solo il fatto, e non ne faccio colpa a nessuno, perché capisco che la complessità della questione rende arduo un giudizio per chi non è direttamente interessato. Questa è una ragione in più perché la Giunta renda l'informazione di oggi.
L'accordo è stato stipulato nelle prime ore della mattina del 18 ottobre, la cui formulazione definitiva è in parte diversa dalle ipotesi che si conoscevano nei giorni precedenti.
Secondo rilievo. La Commissione CEE aveva fissato al 20 ottobre la scadenza per la presentazione di progetti da parte degli Stati membri.
Quindi non potevamo presentare la richiesta al Fondo sociale europeo prima dell'accordo né dopo il 20. Il tempo utile era compreso tra sabato domenica e lunedì, tenendo presente che la domenica gli uffici a Bruxelles erano chiusi. D'intesa con il Ministero, abbiamo presentato un progetto prenotazione con procedura urgente, peraltro consueta in queste vicende.
Lunedì 20 abbiamo consegnato la richiesta, mentre; sempre nella stessa giornata, arrivava la richiesta ufficiale del Ministero.
Chiedo scusa ai colleghi Consiglieri per il puntiglio che ho posto su questa comunicazione, ma ritengo doveroso ricordare le condizioni obbligate nelle quali ci siamo mossi. Ciò malgrado, credo che darete atto della tempestività e sensibilità per rendere possibile (oggi o domani, a seconda degli sviluppi) l'accesso della Regione Piemonte al Fondo sociale europeo.
Vengo al merito della questione. La Regione non è firmataria dell'accordo, ma è chiamata in causa nella gestione, almeno per la parte che le compete, rifiuta un utilizzo inteso come parcheggio assistenziale ma vuole una gestione formativa e all'altezza delle richieste dell'industria.
I nostri rilievi si sono incentrati anche sul fatto che, mentre la Regione è coinvolta nella formazione professionale, viene esclusa - dato che non se ne fa menzione - dalle verifiche periodiche per l'esame delle situazioni di mercato e di equilibrio occupazionale fissate dall'accordo stesso.
Abbiamo fatto presente questo al Ministero del Lavoro nel corso della trattativa, aggiungendo che ritenevamo - cito testualmente - "che l'osservatorio regionale sul mercato del lavoro, che già collabora con il Ministero e con le parti sociali possa essere un utile strumento tecnico per l'accertamento e la verifica delle situazioni di mercato e di equilibrio occupazionale".
L'altra questione è quella relativa al rapporto fra corsi, cassa integrazione e mobilità. La finalità dei corsi non può esse re la mobilità esterna. L'art. 8 dell'accordo lo esclude almeno nella prima fase. Potrebbe essere invece mobilità interna se e quando la Fiat individuasse esigenze di formazione, come è richiamato al punto 3) dell'accordo stesso.
Infine, l'art. 8 dell'accordo dice testualmente: "La permanenza dei lavoratori in cassa integrazione non avrà alcun rilievo ai fini del coinvolgimento nel processo di mobilità".
Signori Consiglieri, in queste condizioni è difficile fare concrete e serie previsioni formative.
Il 23 ottobre abbiamo avuto un incontro con la Fiat, la quale prevede che solo verso la fine del 1981 e all'inizio del 1982 potrà aver bisogno di momenti formativi, comunque, a suo giudizio, è difficile fare oggi previsioni.
Abbiamo chiesto alla Fiat una valutazione dei 23 mila lavoratori sospesi e dei 18 mila dell'area piemontese, in ordine al grado di scolarizzazione, all'età, al sesso e alla residenza.
Nonostante l'impegno della Fiat a formulare questo quadro, tuttora non è pervenuto nulla. Va detto che questi dati non sarebbero risolutivi perch risolutivo è lo sbocco occupazionale per poter avviare una formazione finalizzata; tuttavia, in assenza di una previsione certa, circa lo sbocco occupazionale, costituirebbero una base di valutazione quanto meno in ordine ad una progettualità d'insieme.
Il 27 ottobre abbiamo promosso presso la Regione una riunione con il Ministero del Lavoro, l'Ufficio Regionale del Lavoro, con le organizzazioni sindacali e con la Federpiemonte. Il Vicepresidente Sanlorenzo ed io abbiamo chiesto di conoscere le esigenze di professionalità delle industrie, problema a cui non deve rispondere la sola Regione.
Sulle questioni della mobilità e della domanda non soddisfatta, si era sollevato un gran polverone, ma i polveroni, come tutti i carnevali, si dimenticano. L'Assessorato a cui sono preposto aveva risposto ai pressapochismi con una nota che definisco seria e argomentata, nota da alcune parti ritenuta pessimistica. Ricordo, per esempio, l'intervento della collega Vetrino Nicola. Ricordo che la Giunta regionale attende che si dichiari in modo esplicito la qualità e la quantità della domanda dell'industria e si dichiara pronta a corrispondere con adeguati progetti e momenti formativi. Il problema è legato al progetto di legge in discussione in Parlamento. Abbiamo sollecitato un incontro con la competente Commissione della Camera; l'incontro ci è stato fissato per la prossima settimana. In quella circostanza faremo presenti le nostre opinioni rispetto all'assetto legislativo della materia.
Devo informare che il Fondo sociale europeo ci ha inviato un telegramma datato 20 novembre con il quale richiede, entro il 4 dicembre, un progetto che precisi la destinazione occupazionale dei lavoratori beneficiari, i profili professionali, i programmi di formazione, le strutture e le modalità organizzative, precisando che se lo Stato membro non presenterà per iscritto le informazioni entro il termine fissato, la richiesta di contributo si intende ritirata. Al momento della nostra prenotazione (sabato 20) il Governo si era riservato di presentare una domanda parallela la cui validità sarebbe partita dal secondo semestre del 1981 e che avrebbe spostato la titolarità della formazione alla Fiat.
Tale domanda non è stata presentata. Siamo in rapporto con il Ministero del Lavoro: venerdì 28 novembre avremo un incontro per il progetto.
Colleghi Consiglieri, credo di avervi spiegato a sufficienza le difficoltà odierne; Regione e Ministro Foschi sono orientati a presentare i progetti entro il 4 dicembre. La Giunta si farà premura di informare il Consiglio su i successivi passi e sulla documentazione che la Fiat fornirà.
Faremo programmi finalizzati secondo lo stato attuale delle informazioni che le parti contraenti dell'accordo ci hanno dato. Ci rendiamo conto che le previsioni sono ancora di carattere generale e sappiamo anche, peraltro, che avremo la possibilità di portare correzioni ai progetti a seconda delle disponibilità, necessità ed indicazioni di fabbisogni che ci verranno successivamente precisate.
Spero di aver fatto tutto quanto da parte mia era doveroso per consentire alla Regione Piemonte l'accessibilità al Fondo senza, peraltro precostituire gli impegni che dovranno essere gestiti in futuro in una situazione che sarà soggetta ad evoluzioni e a cambiamenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Dal momento che l'Assessore Alasia - come sappiamo - lascerà l'incarico, dobbiamo innanzitutto cogliere questa occasione per ringraziarlo dell'impegno che ha sempre posto nell'assolvimento del suo compito.
L'informazione che ci ha dato è molto importante e, proprio per questo avrebbe dovuto avere maggiore attenzione da parte della Giunta che, invece lo ha lasciato per tre quarti dell'intervento completamente solo nell'illustrare un problema di grande rilievo.
Il nostro Gruppo è d'accordo sulle iniziative di riqualificazione professionale atte a garantire i posti di lavoro e a consentire ai lavoratori di rimanere nell'ambito del processo produttivo migliorando la capacità professionale. Anche la prenotazione dei fondi la riteniamo un'iniziativa non solo corrispondente alla linea dell'accordo siglato a Roma, ma giusta e tempestiva. Siccome si è letto e si è sentito parlare di cifre notevoli che verrebbero richieste al Fondo sociale europeo, e siccome il problema è di grande importanza, riteniamo sia opportuno coinvolgere il Consiglio prima di passare agli impegni.



ALASIA Giovanni, Assessore al lavoro

Sono 11 miliardi. La cifra ci è stata indicata dal Ministro.



BRIZIO Gian Paolo

E' una cifra rilevante della cui gestione deve essere investita opportunamente e tempestivamente la Commissione competente prima della presentazione dei progetti definitivi.
I fondi, quando messi a nostra disposizione, dovranno essere utilizzati correttamente. Il collega Alasia conosce esperienze in cui progetti di minore consistenza, sia pure nell'ambito di aziende in corso di ristrutturazione e in presenza di possibilità di mobilità interna, non hanno avuto risultati concreti. E' vero che c'è l'esigenza di conoscere lo sbocco che avrà questa mano d'opera, ma c'è anche l'esigenza di creare corpi docenti dotati di serietà professionale e di correttezza. Certi problemi di cultura generale non possono scadere ad una preparazione spicciola, tutt'altro che di carattere professionale. Purtroppo queste cose le abbiamo constatate e le abbiamo vissute. C'è una diffidenza verso un certo tipo di gestione dei corsi di riqualificazione professionale e la possiamo comprendere.
Possiamo anche comprendere le incertezze delle forze economiche che si trovano di fronte a problemi del mercato del lavoro di difficile valutazione. La notizia sul coordinamento fra l'osservatorio regionale e le rilevazioni delle associazioni industriali è positiva e potrà dare maggiori certezze anche al discorso della finalizzazione. I problemi fondamentali sono: quantificazione, finalizzazione e gestione dei corsi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Colleghi Consiglieri, ancora una volta ringraziamo l'Assessore Alasia per il suo intervento e cogliamo l'occasione per ringraziarlo per l'opera che in questi anni ha condotto con intelligenza e cultura rendendolo noto ed amato dalle masse lavoratrici.
Oggi Alasia ci sottopone un problema che già abbiamo analizzato qualche giorno addietro: che cosa è l'investimento? In cortese polemica con il P.L.I., dobbiamo dire che il vero e autentico investimento non è il "mattone", ma è a monte, è la preparazione culturale, scientifica, è l'aggiornamento professionale.
Le esigenze di formazione professionale di oggi sono essenzialmente modificate. Un tempo c'erano le scuole di taglio, le scuole per visagiste ecc., ma quella era una formazione professionale che ha fatto il suo tempo.
La formazione professionale di oggi non ha il compito di condurre il lavoratore ai livelli universitari, ma ha la caratteristica di inserire immediatamente nei processi di lavoro i lavoratori. L'assemblea non ha ancora aperto un autentico dibattito su questo problema. Diciamo solitamente: "se qualcuno sa fare qualcosa in Piemonte trova impiego".
L'Ente pubblico, però, che cosa ha fatto perché si sappia fare qualcosa? La triste vicenda della Fiat ci offre un altro terreno sul quale misurarci: non sono più 1.000 o 2.000 persone da riconvertire professionalmente, ma sono migliaia di lavoratori che debbono trovare una nuova professionalità, quindi il problema si allarga. Il Consiglio su questo importante tema deve aprire un dibattito per puntualizzare il fatto che il vero investimento è l'investimento della cultura umana, del processo di formazione professionale, delle capacità di inserimento nella società e non solo l'investimento del "mattone".
Il collega Paganelli, in uno degli ultimi dibattiti, rilevava come alcuni momenti di investimento costruttivo non si fossero realizzati e dava la colpa al meccanismo delle leggi, al ritardo burocratico, ma non spiegava come in molti casi, invece, la costruzione era avvenuta tempestivamente pur in pendenza di leggi, e come questo in altri casi non è avvenuto.
Perché? Perché è mancato in alcuni casi il salto di qualità culturale e professionale a cui si fa riferimento. Oggi si fa riferimento alla Fiat alla meccanica, ma questo discorso vale per tutto il campo professionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Anch'io ringrazio il compagno Alasia per averci informati su un problema tanto importante.
Mi rammarico del fatto che, probabilmente, non lo vedremo più sui banchi della Giunta, ma, poiché la sua esperienza e le sue capacità sono in qualche modo uniche, non voglio salutarlo perché so che queste esperienze e queste capacità dovrà usarle ancora per affrontare molti altri problemi del lavoro della Regione in qualità di Consigliere.
Venendo al tema in discussione, ritengo che la formazione professionale sia determinante in un momento di ristrutturazione e riconversione dell'apparato produttivo.
A me sembra che questo strumento sia fondamentale per la ristrutturazione e per la ripresa dell'apparato produttivo se ha alle spalle progetti finalizzati e piani di sviluppo in settori determinati. E' importante avere il quadro di riferimento a cui accennava l'Assessore Alasia e un progetto di riorganizzazione aziendale che non consiste soltanto nella riduzione del personale.
Rispetto a questo rischio è necessario assumere posizioni chiare e nette.
L'altro aspetto della questione è riferito alla Federpiemonte. Ho seguito la polemica tra il Presidente della Federpiemonte e l'Assessore Alasia e ritengo che le aziende non possano dire che mancano i lavoratori qualificati quando c'è un Fondo europeo da sfruttare e quando mancano progetti ed indirizzi. Queste sono posizioni strumentali finalizzate a mettere fumo negli occhi dell'opinione pubblica. Allora bisogna essere estremamente chiari: o si impone alle aziende un confronto con gli Enti locali, con la Regione finalizzato ad un progetto di formazione professionale che significa programmazione dello sviluppo e della ristrutturazione industriale oppure la Regione e gli Enti locali saranno destinati ad assistere ad uno sviluppo unicamente guidato e deciso dalle aziende che espellono o assumono personale secondo i loro criteri facendone pagare i costi alla collettività in termini di assistenzialismo.
Per questo credo si debba esprimere una posizione chiara e netta rispetto alle associazioni industriali e agli imprenditori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bastianini.



BASTIANINI Attilio

Il Presidente del Consiglio regionale, i Consiglieri e l'Assessore Alasia mi scuseranno se non intervengo nel merito dell'informazione che l'Assessore stesso ci ha fornito, perché in questi giorni la nostra attenzione è rivolta al programma e quindi con fatica avremmo potuto acquisire informazioni e notizie per contribuire a questo dibattito.
Ho chiesto la parola solo per esprimere all'Assessore Alasia un apprezzamento per la serietà con la quale fino all'ultimo momento ha onorato il suo impegno con la relazione dettagliata, su questo problema che è di grande importanza e per esprimergli, indipendentemente dalle valutazioni di merito, la nostra stima per il lavoro svolto in questi anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

La delicatezza della questione posta dall'Assessore è tale che avremo occasione di svolgere un dibattito completo. Vorrei fare sul merito due valutazioni.
Ci rendiamo conto dell'estrema delicatezza della gestione dell'accordo Fiat sul quale si è sviluppato nel mese scorso un dibattito vivacissimo anche polemico, all'interno della società, del sindacato, delle forze del lavoro.
Credo che faremmo un errore politico se non facessimo mente locale e chiarezza sulla portata della questione, sui ruoli e sulle responsabilità.
Ha ragione Montefalchesi: gli interventi di riconversione hanno un senso anzi, possono essere elementi positivi per l'atterraggio di uno sviluppo diverso della nostra Regione e per l'individuazione di nuove figure professionali, di nuovi settori soltanto nel caso in cui gli accordi siano chiari. E' stata richiamata la questione della finalizzazione dei corsi da parte degli imprenditori, ritengo comunque che la questione abbia come grande interlocutore il Governo. Alasia potrebbe ricordare meglio di me episodi precedenti (caso Olivetti) di strani rimbalzi di responsabilità e di ruoli per non chiarezza, in cui fummo quasi accusati di non avere espresso la finalizzazione dei corsi.
La priorità che diamo alla questione formazione professionale, come variabile strategica di una politica, dobbiamo coglierla come elemento positivo ed attivo per cambiare. E' chiaro che la Regione non può da sola giocare una partita del genere, quindi le forze politiche devono esigere chiarezza ed impegno al Governo, agli imprenditori ed alle organizzazioni dei lavoratori.
In merito alle espressioni che ho sentito rivolgere al compagno Alasia devo ammettere che tutti gli hanno riconosciuto doti di intelligenza tensione morale ed ideale nel suo lavoro.
Non è il caso di introdurre altri argomenti che potrebbero farmi scivolare su un discorso diverso basato sull'affetto, sulla conoscenza quotidiana di quanto questi risultati determinano a livello di impegno personale, a livello di fede e di grande speranza anche nelle situazioni più difficili da parte di un Assessore al lavoro, comunista, senza faziosità, anzi, con apertura al cambiamento, alla prospettiva in cui vogliamo ritrovarci.
Questo giudizio onora anche il partito che ha indicato Alasia per un ruolo del genere per questo impegno e questa preziosità.
L'avvicendamento negli incarichi è normale nel nostro partito e intendiamo applicarlo nelle istituzioni in generale, comunque l'esperienza la capacità e le caratteristiche del compagno Alasia potranno ancora servire al Consiglio, alle Commissioni e all'attività stessa di questa assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerutti.



CERUTTI Giuseppe

Aggiungo anche il nostro pensiero alla valutazione che tutte le forze politiche hanno fatto sia sul problema sia sulla persona che, per sua dichiarazione, ha detto che rimetterà l'incarico quanto prima.
Ho una brevissima esperienza regionale, che comunque mi ha dato modo di poter constatare come unanimemente tutte le forze politiche hanno sempre dato all'Assessore Alasia una giusta valutazione del lavoro, della professionalità che ha dimostrato nel ricoprire questo suo incarico.
Non vorrei che quanto avverrà lunedì sia indirettamente una colpa di carattere personale, anche se non sarò chiamato a svolgere le funzioni che l'Assessore Alasia ha svolto finora. Sono convinto però che la sua esperienza e la sua capacità potranno esplicarsi anche dai banchi del Consiglio.
Desidero ringraziare l'Assessore Alasia per il suo impegno in questi giorni per problemi che riguardano la città di Borgomanero.
La sua relazione di questa mattina lascia una pesante eredità non solo a chi lo sostituirà, ma all'intera prospettiva del Consiglio regionale che è collegata al piano di sviluppo e al programma della Giunta.
L'Assessore Alasia fino all'ultimo momento ha compiuto gli atti che gli erano di competenza, non li ha completati per carenze che sono al di là della sua volontà.
I colleghi intervenuti hanno già sottolineato le carenze della questione in discussione. Giunta e Consiglio dovranno farsene carico in tempi brevi per dare un significato preciso non solo in ordine all'impegno finanziario, ma circa al significato dell'obiettivo che si vuole raggiungere.
Il problema Fiat è soltanto accantonato nel senso che esistono momenti attuativi da compiere se non vogliamo, dopo un anno, ritrovarci con questo problema ancora aggravato.
Le forze politiche debbono farsi carico di questo impegno per completare l'azione che l'Assessore ha svolto e che questa mattina ci ha prospettato.



PRESIDENTE

La parola alla collega Vetrino Nicola.



VETRINO Bianca

Intervengo non per assolvere ad un obbligo ma perché sentiamo di dover all'Assessore Alasia un riconoscimento per tutto quello che ha fatto nella sua qualità di Assessore. Voglio riconoscergli l'attenzione che ha sempre portato in particolare al tema della formazione professionale che sta particolarmente a cuore al Partito Repubblicano.
Esprimo all'Assessore Alasia la mia personale simpatia in un modo - mi sia consentito - abbastanza informale: quando ci siamo conosciuti ci davamo del lei e parlavamo in italiano. Oggi ci diamo del tu e parliamo in piemontese: mi sembra un bel risultato. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al collega Alasia per una breve replica.



ALASIA Giovanni, Assessore al lavoro

Il discorso si è allargato, forse per colpa mia. Ho richiamato questo argomento in relazione all'urgenza e al desiderio di non precostituire delle soluzioni. Posso solo dirvi un grazie. Voglio dirvi che sono un militante comunista. Non vi ricorderò, in questa sede, che cosa significa essere comunista. Significa moltissime cose e, ai fini dei lavori del Consiglio, corrisponde ad un impegno a tempo pieno. In questo senso continuerò a portare il mio contributo ai lavori della Regione.
Per ritornare all'argomento, rispondo con una breve precisazione su una questione che mi è stata posta.
Condivido le osservazioni del Consigliere Viglione, in ordine alla sottovalutazione dell'attività formativa e credo abbia fatto bene il Consigliere Bontempi a ricordare l'esigenza di chiarezza di ruoli e di responsabilità, senza la quale ci troveremo in difficoltà ad attivare anche quantitativamente ciò che ci siamo proposti.
Nei giorni scorsi abbiamo presentato in Commissione il piano annuale sulla formazione professionale, il quale, evidentemente, risente dell'impostazione precedente dell'attività.
Vorrei ricordare che dovremmo arrivare all'applicazione della legge ed alla preparazione del piano pluriennale al quale la legge ci impegna.
Anche questo rischia di essere messo in forse, dal momento che, a termini di legge, la Regione dovrà provvedere ai programmi didattici, che però sono vincolati dalla definizione delle fasce professionali, peraltro di competenza del Ministero del Lavoro.
Anche su questo abbiamo assunto, in Commissione, un impegno. La Giunta porterà la proposta di costituzione degli organi previsti dalla legge, per l'attuazione della stessa, per la preparazione del piano pluriennale e per la previsione dei fabbisogni quantitativi e qualitativi per l'inizio di dicembre.
Il Consigliere Brizio, in ordine alla richiesta sul Fondo sociale europeo, chiede che la progettualità venga esaminata in Commissione. Credo di poter assumere questo impegno a nome della Giunta. Venerdì sarò a Roma per definire, di comune intento con il Ministero, il tipo di progettualità che dovrà essere presentato entro giovedì 4 dicembre. Sono disponibile anche sabato e domenica, se il Consiglio decide di convocare la Commissione. Grazie.



PRESIDENTE

Ringrazio l'Assessore Alasia e, per ora, terminano i lavori.
Riprenderanno alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,25)



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